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NATALE 2019 PASQUA 2020 Dio con noi

Sussidio per la preghiera quotidiana e la celebrazione domenicale

Eremo Santa Maria - I Rami - Oltre le mura Piazza Araceli 21, Vicenza

Tel. 3491674552 - [email protected]

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Gesù è il nostro umanesimo In lui scopriamo i tratti del volto autentico dell’uomo. Lasciamoci inquietare sempre dalla sua domanda:

Voi chi dite che io sia? (Mt 16,15) Guardando il suo volto che cosa vediamo? " ...Nella cupola di questa bellissima Cattedrale è rappresentato il Giudizio universale. Al centro c'è Gesù, nostra luce. L'iscrizione che si legge all'apice dell'affresco è "Ecce Homo". Guardando questa cupola siamo attratti verso l'al-to, mentre contempliamo la trasformazione del Cri-sto giudicato da Pilato nel Cristo assiso sul trono del giudice. Un angelo gli porta la spada, ma Gesù non assume i simboli del giudizio, anzi solleva la mano destra mostrando i segni della passione, per-ché Lui «ha dato sé stesso in riscatto per tutti» (1 Tm2,6). «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17). Nella luce di questo Giudice di misericordia, le no-

stre ginocchia si piegano in adorazione, e le nostre

mani e i nostri piedi si rinvigoriscono. Possiamo

parlare di umanesimo solamente a partire dalla cen-

tralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del voltoau-

tenticodell'uomo.È la contemplazionedel volto di

Gesù morto e risorto che ricompone la nostra uma-

nità, anche di quella frammentata per le fatiche del-

la vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addo-

mesticare la potenza del volto di Cristo. Il volto è

l'immagine della sua trascendenza. E il misericor-

diae vultus. Lasciamo ci guardare da Lui. Gesù è il

nostro umanesimo. Facciamoci inquietare sempre

dalla sua domanda:«Voi, chi dite che io sia?» (Mt

16,15)."

Innanzitutto il volto di un Dio «svuotato», di un Dio che ha assunto la condizione di servo, umilia-to e obbedientefino alla morte (cfr Fil 2,7).Il volto di Gesù è simile a quello di tanti nostri fratelli

umiliati, resi schiavi, svuotati. Dio ha assunto il loro volto. Se non ci abbassiamo non potremo ve-dere il suo volto. Non vedremo nulla della sua pienezza se non accettiamoche Dio si è svuotato. Alcuni tratti dell'umanesimo cristiano dei «sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5)

•Il primo sentimento è l'umiltà. «Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso»( Fil2,3) dice san Paolo ai Filippesi. Più avanti l'Apostolo parla del fatto che Gesù non considera un «privilegio» l'essere come Dio ( Fil 2,6). Qui c'è un messaggio preciso. L'ossessione di preservare la propria influenza non deve far parte dei nostri sentimenti. Dobbiamo perseguire la gloria di Dio, che sfolgora nell'umiltà della grotta di Betlemme o nel disonore della croce di Cristo.

•Un altro sentimento di Gesù che dà forma all'umanesimo cristiano è il disinteresse. «Ciascuno non cerchi l'interesse proprio, ma an-che quello degli altri» (Fil 2,4).Dobbiamo cercare la felicità di chi cista accanto. L'umanità del cri-stiano è sempre in uscita. Non è autoreferenziale. Evitiamo di «rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli» (Ev. G. 49). Qualsia-si vita si decide sulla capacità di donarsi. E lì che arriva ad essere feconda.

•Un ulteriore sentimento di Cristo Gesù è quel-lo della beatitudine. Il cristiano è un beato,ha in sé la gioia del Vangelo. Nelle beatitudini il Signo-re ci indica il cammino per arrivare alla felicità più autenticamente umana e divina. Gesù parla della felicità che sperimentiamo solo quando sia-mo poveri nello spirito (nella parte più umile del-la nostra gente c'è molto di questa beatitudine). Per essere «beati», per gustare la consolazione dell'amicizia con Gesù Cristo, è necessario avere il cuore aperto. Se noi non abbiamo il cuore aper-to allo Spirito Santo, le beatitudini sembreranno sciocchezze perché non ci portano al "successo". I tre tratti, umiltà, disinteresse, beatitudine ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal "potere", anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all'immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimen-ti di Gesù, si disorienta, perde il senso. Se li assu-me, invece, sa essere all'altezza della sua missio-ne. I sentimenti di Gesù ci dicono che una Chiesa che pensa a sé stessa e ai propri interessi sarebbe triste. Le beatitudini, infine, sono lo specchio in

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cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo camminando sul sentiero giusto: è uno specchio che non mente. Ripeto ancora oggi a voi: «preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per es- sere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di es- sere il centro e che finisce rinchiusa in un gro-viglio di ossessioni e procedimenti (Ev. G.49).

Le tentazioni da affrontare

La prima di esse è quella pelagiana Ci porta ad avere fiducia nelle strutture, nelle or-ganizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte, ad assumere uno stile di controllo, di du-rezza, di normatività. In questo trova la sua forza, non nella leggerezza del soffio dello Spirito. La riforma della Chiesa non si esaurisce nell'en-nesimo piano per cambiare le strutture ma radi-candosi in Cristo lasciandosi condurre dallo Spiri-to. La Chiesa italiana, come i suoi grandi esploratori, navighi in mare aperto, non spaventata dalle fron-tiere e delle tempeste. Sia una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difesa per timore di perdere qualcosa. Incontrando la gente lungo le sue strade, si faccia tutto per tutti (1Cor9,22).

La seconda è lo gnosticismo Porta a confidare nel ragionamento logico e chia-ro, il quale però perde la tenerezza della carne del fratello. Il soggetto in definitiva rimane chiuso nell'immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti (Ev.G.94). La differenza fra la trascendenza cristiana e lo gnosticismo sta nel mistero dell'incarnazione. Non mettere in pratica, non condurre la Parola alla realtà, significa co-struire sulla sabbia. Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popola-re,umile, generoso, lieto.

Che cosa ci sta chiedendo il Papa? Invito voi, popolo e pastori insieme, ad alzare il capo e a contemplare ancora una volta l'Ecce Ho-mo che abbiamo sulle nostre teste. Torniamo al Gesù che qui è rappresentato come Giudice uni-versale. Che cosa accadrà quando «il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria?» Potrebbe dire: «Venite, benedetti del Padre mio...» Ma potrebbe anche dire: «Via, lontano da me...» Due pilastri: le beatitudini e le parole del giudi-zio finale, ci aiutano a vivere la vita cristiana a livello di santità. Guardiamo ancora una volta ai tratti del volto di

Gesù e ai suoi gesti. Vediamo Gesù che mangia e beve con i peccatori (Mc2,16; Mt 11,19); mentre conversa con la samaritana (Gv4,7-26);mentre incontra di notte Nicodemo (Gv 3,1-21); che si fa ungere i piedi da una prostituta (cfr Lc7,36-50); ... Ai vescovi chiedo di essere pastori. Sostenuti dalla propria gente.Annunciatori, popolo e pa-stori, del Vangelo (cfrEv.G111-134).

A tutta la Chiesa italiana raccomando: • l'inclusione sociale dei poveri «Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a pre-stare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche a essere loro amici, ad ascoltarli, a com-prenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di lo-ro» (Evangelii gaudium, 198). Che Dio protegga la Chiesa italiana da ogni sur-rogato di potere, d'immagine, di denaro. La po-vertà evangelica è creativa, accoglie, sostiene ed è ricca di speranza.

• la capacità di dialogo e di incontro Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria "fetta" della torta comune. Intendo cercare il bene comune per tutti. Il mo-do migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà. E senza la paura di compiere l'e-sodo necessario ad ogni autentico dialogo

«A voi, giovani chiedo di essere costruttori dell'Italia. Non guardate dal balcone la vita, ma impegnatevi, immergetevi nell'ampio dialogo sociale e politico. Le mani della vostra fede si alzino verso il cielo, ma lo facciano mentre edi-ficano una città costruita su rapporti in cui l'a-more di Dio è il fondamento. E così sarete liberi di accettare le sfide dell'oggi, di vivere i cambia-menti' e le trasformazioni. Questo nostro tempo richiede di vivere i proble-mi come sfide e non come ostacoli: il Signore è attivo e all'opera nel mondo ...

Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati. Desi-dero una Chiesa lieta col volto; di mamma, che comprende, accompagna, accarezza... In ogni comunità cercate di avviare, in modo si-nodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni».

Papa Francesco Martedì 10 Novembre 2015

Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze

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La Parola si fece carne e venne ad abitare

in mezzo a noi e noi vedemmo

il suo volto (Gv 1,14)

Quest’anno liturgico, che va dall’Avvento alla festa di Cristo Re nel novembre dell’anno prossimo, leggeremo prevalentemente il Vangelo di Matteo durante la messa. Matteo scrive il suo Vangelo verso il 70-80 d.C. L’ambiente dove vive è una comunità di ebrei convertiti al cristianesimo. Oltre quindi a curare molto il tema della comunità, della Chiesa, Matteo si preoccupa soprattutto di mostrare che Gesù non rompe con la tradizione ebraica, la porta a compimento; per Matteo il vero ebreo è quello che si fa cristiano. E per questo raccoglie tutta la predicazione di Gesù in cinque grandi discorsi, in cui Cristo certo non abolisce la legge di Mosè e l’Antico Testamento, ma li porta a compimento ritornando al disegno originario di Dio. Matteo però non vuole assolutamente ridurre il Vangelo a una dottrina. Gesù non può essere visto solo come un maestro di morale, di principi generali: questi maestri li troviamo in tutte le religioni. Ecco dove sta l’equivoco di molti cattolici che si lasciano affascinare dalla New Age: considerare Gesù semplicemente come un maestro di vita tra i tanti, e buttare così tutto nel calderone, cristianesimo, buddismo, induismo, filosofie orientali, gli ufo, la magia, il paranormale... Gesù è molto più di questo! Contro queste tentazioni, Matteo ci presenta un volto di Gesù molto preciso, che si rivela attraverso degli episodi-chiave (ne riportiamo alcuni). 1) Il Battesimo di Gesù (Mt 3, 13-17) Gesù va a farsi battezzare come se fosse un peccatore: qui troviamo chiarissima l’idea di un

figlio di Dio che anziché distaccarsi, anziché affermare la sua grandezza distinguendosi dagli uomini peccatori condivide la loro vita fino in fondo ...questo è già un Dio alla rovescia! 2) Le tentazioni (Mt 4) Lo stesso Spirito che è sceso su Gesù nel Battesimo lo sospinge nel deserto, dove Satana lo tenterà. È così anche per noi: Dio la pensa in un modo, il mondo in un altro, dovremo pur scegliere! Il Battesimo non ci sottrae alle tentazioni, anzi, ci pone continuamente di fronte a delle scelte. 3) Il perdono (“Amate i vostri nemici” Mt 5,43) Questo comandamento non è certo ovvio e naturale, ma se uno guarda in profondità è più evidente di quello che per noi è ovvio. È la rottura della solidarietà tribale: “Io devo stare con i miei e difenderli, dando loro ragione anche se hanno torto; e devo dar torto agli altri anche se hanno ragione”. Ma che senso ha? È bellissima l’argomentazione che porta Gesù: “Amate i vostri nemici, perché siete figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti… Siate voi dunque come il Padre vostro celeste”. Questa legge è scritta nella natura!

4) La preghiera; il Padre Nostro (Mt 6,1 ss.). Se leggiamo il capitolo 6 di Matteo, ved4iamo che Gesù ce l’ha con un certo modo di essere religiosi: è per i farisei, ma è anche per noi cristiani. La propria fede e le proprie opere di bene non vanno esibite di fronte a tutti per dare l’esempio agli altri: occorre un po’ di umiltà, perché uno solo è il Maestro, noi siamo solo dei poveri discepoli. E quindi non dobbiamo fare preghiere piene di frasi complicate per riempirci la bocca: rivolgiamoci umilmente a Dio con parole semplici, chiamandolo “Papà nostro…”

IL VOLTO DI GESÙ SECONDO MATTEO

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5) Non affannarsi (Mt 6, 31-33) “Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. Non dice forse una cosa vera Gesù? Arrivare alla morte con una vita persa ad affannarsi per avere di più, per stare meglio non serve a niente: muori lo stesso e hai vissuto male. Se mi affanno per il futuro, per la borsa, per il conto in banca, per i regali di Natale… perdo tempo e non concludo niente: bisogna avere un po’ di fiducia in Dio!

Attenzione però: non che i bisogni materiali (mangiare, bere, vestirsi) non contino nulla. Se uno dice così vuol dire che ha la pancia piena! Ma questi problemi si risolvono molto meglio mettendo il Regno di Dio al primo posto: così costruirai la tua casa sulla roccia, e ci sarà spazio anche per tutto il resto (a questo proposito leggete il salmo 127: sarebbe da recitare mattino e sera!) 6) La parabola del grano e della zizzania (Mt 13,24 ss.) È una parabola che invita alla tolleranza. Il male c’è – non è però colpa di Dio ma del “nemico”, di Satana – e non si può dire “tutto è bene”, confondere il male con il bene: ma il giudizio sulle persone spetta solo a Dio. Chi siamo noi per giudicare gli altri? Anche noi siamo peccatori, anche in noi c’è un misto di grano e di zizzania, di bene e di male. La Chiesa deve essere una comunità di povera gente che crede nel perdono di Dio e non si vanta: non nega il peccato, ma proprio per questo sa di avere bisogno del perdono. Quando si dice che la Chiesa è santa e infallibile, è perché Dio è santo; è lo Spirito Santo che è infallibile, non gli uomini. Altrimenti rovesciamo tutto: i santi stessi sanno benissimo di essere peccatori; è la grandezza di Dio che compie in loro grandi opere, loro hanno il solo merito di lasciarglielo fare. 7) La Passione (Mt 26, 68) “Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggia-rono; altri lo bastonavano, dicendo: Indovina, Cristo! Chi ti ha percosso?. Se il Vangelo continuasse così: “e subito Gesù in-dovinò”, avremmo un Dio come lo vorremmo noi. E invece Gesù sta zitto, tace per tutta la pas-sione, e muore con una domanda (Mt 27, 46. “Dio mio, perché mi hai abbandonato?).

Gesù vuole che la “sua memoria” sia legata all’e-sperienza del nutrimento, al rituale del pasto. Di-ventiamo un “solo corpo”, capaci di amarci come lui ci ha amati, perché “amati”, capaci di stare in mezzo agli altri come Gesù, come coloro che ser-vono (la logica nuova).

LE ORIGINI DI

GESÙ CRISTO

RACCONTATO

DA MATTEO

Da Rinaldo Fabris

I primi due capitoli del Vangelo di Matteo sono chiamati anche il vangelo delle origini nel senso che ci aiutano a capire chi è Gesù per noi a partire dalla sua origine lontana, da Dio, e la sua origine dentro la storia umana. Ci introducono nel mistero della manifestazione di Dio, fedele e solidale in Gesù Cristo. È una contemplazione che suscita prima lo stupo-re e poi l’adorazione. Origine storica di Gesù.

Il vangelo di Matteo, che è il primo degli scritti sacri cristiani (cioè dei 27 piccoli libretti che for-mano la biblioteca delle comunità cristiane) si apre con una frase: “Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo”. Genealogia, nella lingua ebraica, si può anche rendere con la parola “vicenda”, “storia”: non è solo l’albero ge-nealogico di Gesù, la sua ascendenza a partire da Maria e Giuseppe, ma le sue radici lontane. L’e-vangelista Matteo ci presenta Gesù come il Mes-sia, discendente dal re David ma anche discen-dente dal padre dei credenti, Abramo. Attraverso Abramo le benedizioni vanno oltre il popolo ebraico e si riversano su tutti i popoli: egli è guidato da Dio attraverso i percorsi della fede per diventare padre di una moltitudine che non è

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per diventare padre di una mol-titudine che non è la discenden-za carnale, fisica, ma la discen-denza nella grazia e nella fede, come dice Paolo nella lettera ai Romani. Non dimentichiamo che gli isla-mici si considerano discendenti di Abramo attraverso Ismaele e Abramo è l’amico di Dio. Se per noi cristiani è il credente, per gli ebrei è il giusto, per i musulmani è l’amico di Dio. Entriamo dentro questa prospet-tiva che ci porta a scoprire la fe-deltà di Dio in questo intricato mondo di conflitti qualche volta coperti da motivi religiosi. In questa storia turbolenta intri-cata, piena di complotti e di tra-dimenti che va da Abramo a Gesù, Dio è presente. Questa storia ci conduce alla venuta di Gesù, che viene al mondo in modo strano. In que-sta sequenza di 14, 14, 14 sud-divisa in 3 blocchi le uniche donne menzionate sono donne irregolari; non per ragioni etni-che o religiose e neppure per la vita morale, ma perché hanno generato in una situazione di ir-regolarità. La prima ricordata è Tamar , la donna che vuole a tutti i costi avere un figlio e metterà in moto le sue abilità per averlo; poi Raabat, la pro-stituta, quindi Rut, la straniera, che sta con la suocera da cui di-scenderà Davide, e infine la moglie di Uria che Davide ha fatto uccidere per coprire il suo adulterio. Inizia così il testo : “Giuda ge-nerò Fares e Zares da Tamar”, e poi , più sotto: “Boor generò Ober da Rut” e ancora “Davide generò dalla moglie di Uria Sa-lomone”. E in questa storia di donne c’è un’altra donna irrego-lare, c’è una nascita irregolare anche nel caso dell’ultimo anel-lo – irregolare secondo il nostro punto di vista dato che un figlio nasce da un uomo e da una don-na –Al verso 16 si dice che “Giacobbe generò Giuseppe,

sposo di Maria, dalla quale fu generato Gesù”. In questa sequenza di irrego-larità Matteo ha visto una prefigurazione della nascita irregolare di Gesù da Maria. Non è generato da Giuseppe. Inoltre non è un figlio catapul-tato giù dai cieli con un gesto spettacolare, è nato con fatica dentro la storia dell’uomo, spo-sando questa storia di conflitti, non cercandosi un albero genea-logico pulito, ma il nostro san-gue, la nostra carne tramite la madre. E allora una domanda ci viene spontanea: perché il pa-dre è stato messo fuori gioco? È un segno che ci fa riflettere sulla nascita come dono. 2 - Gesù figlio di Dio e Salvatore (Mt. 1,18 – 25) Il verso 18 riprende la storia di Gesù in questo modo: Ecco co-me avvenne la nascita di Gesù Cristo, il Messia (cioè la “genesis” che richiama il libro della Genesi, la genesi del mon-do: dentro questa storia che è iniziata con l’atto della creazio-ne … “ ecco come avvenne la nascita di Gesù”): sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andas-sero a vivere insieme, si trovò in cinta per opera dello Spirito Santo. Matteo, dicendo “ … per opera dello Spirito Santo” dà già la soluzione alla nostra do-manda; ma questa è la soluzione di fede. Questa formula – “per opera dello Spirito Santo” – la risentite ogni domenica durante la Liturgia, e così è da venti se-coli; si tratta di capire il senso del Natale, che non è la nasci-ta in sé, ma la manifestazione di Dio nella storia. È stata la resurrezione di Gesù a far capi-re il significato di quella nasci-ta. Tante sono le nascite di bam-bini nella terra dei patriarchi che noi chiamiamo Terra Santa: che differenza c’è tra queste

nascite e la nascita di quel fi-glio? Che differenza c’è tra le migliaia di crocifissi voluti dai Romani e il crocifisso conosciu-to come Gesù il Nazareno figlio di Maria? L’unico segno è la re-surrezione, che non è altro che la potenza di Dio creatore. Per dire potenza di Dio nella Bibbia si dice “Spirito Santo”. Dio ha resuscitato il Crocifis-so: vuol dire che Lui è figlio di Dio fin dalle sue origini. Da qui si rilegge la storia delle ge-nerazioni e si dice “generato dalla potenza di Dio, concepito per opera dello Spirito Santo”. È la fede che ci ha fatto scoprire nel Crocifisso il Cristo. La re-surrezione non è altro che il trionfo dell’amore sulla morte: questa è la potenza di Dio che sta all’origine della Creazione, di tutte queste storie umane contorte fatte dal peccato. Se cerchiamo il significato profon-do del Natale a partire dalla esperienza di Pasqua, capiamo perché i primi cristiani per 20 – 25 anni hanno celebrato la Pa-squa in cui era incluso anche il mistero della presenza di Dio nella carne, che è il Natale. Il cammino interiore di Giuseppe

Non si tratta della crisi di un fi-danzato con una ragazza madre vicino, ma di Gesù che non si può scoprire unicamente con la propria logica, ma solo attraver-so la rivelazione di Dio.

In un primo momento Giu-seppe si muove dentro una logi-ca umana, religiosa ebraica. Il fidanzamento ebraico aveva a tutti gli effetti valore di matri-monio. Non c’era coabitazione, ma se moriva l’uomo, lei era considerata vedova; se la donna aveva un bambino era un’adul-tera e doveva essere così ripu-diata. Giuseppe però non ha il coraggio di esporre Maria al pubblico ludibrio e pensa di mandarla via, senza fare chias-so.

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A questo punto però si assiste all’itinerario spirituale di Giu-seppe. “Mentre meditava queste cose gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Giuseppe, figlio di David, non temere di prendere con te Maria tua sposa perché quello che è generato da lei viene dallo Spi-rito Santo”. In Giuseppe si vive il dramma del cristiano che ve-de Gesù venire al mondo dentro la cornice di una coppia e deve scoprire qui il dono di Dio: è necessaria una rivelazione da Dio. E avviene in sogno. È que-sto il modo di Dio di comuni-care ai patriarchi. Attualmente noi abbiamo rivalutato il sogno come momento della comunica-zione profonda.

Qui interviene un angelo a ren-dere esplicita la comunicazione di Dio. Giuseppe capisce qual è il suo compito accanto a que-sta donna che aspetta un bam-bino non suo. “Ella partorirà un figlio e tu, Giuseppe, lo chia-merai Gesù. Egli infatti salverà il popolo dai suoi peccati”. “Gesù, deve discendere da Da-vide”. Ma Maria non è della stirpe di Davide e Gesù lo sarà solo per la presenza di Giuseppe che le rimane accanto per ga-rantirgli la fedeltà di Dio. Il dramma di Giuseppe passa attraverso le sue riflessioni, la comunicazione di Dio nel pro-fondo e soprattutto una parola che gli ha toccato il cuore: “Tutto questo avvenne perché si adempisse tutto quello che era stato detto dal Signore per mez-zo del profeta”. Giuseppe deve quindi stare accanto a Gesù per

garantirgli la paternità Davidica. Nel versetto “Ecco la vergine concepirà e partorirà un fi-glio”, l’accento è posto più che sul problema e sul modo della generazione, sul nome del fi-glio Emmanuele, che significa (tradotto dai cristiani di Matteo che non capiscono l’ebraico) Dio con Noi. È questo il punto più alto di tale pagina della manifestazione di Dio nella carne. Lungo la catena delle genera-zioni Dio resta fedele al suo im-pegno fatto a Davide, impegno che riguarda non solo il suo ca-sato, ma tutti gli uomini: è la presenza permanente di Dio in mezzo a noi e con noi. Tutti gli esseri umani che si aprono all’iniziativa di Dio fanno esperienza della sua fe-deltà, Dio-con-noi. Il Vangelo di Matteo si chiude con un’espressione: Gesù, dopo aver inviato i discepoli a procla-mare il Vangelo dell’amore di-cendo loro di osservare tutto ciò che è loro comandato, aggiun-ge: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mon-do” (Mt. 28, 19-20). C’è al centro del Vangelo una frase che riprende la promessa di Isaia e che si rende evidente nella nascita di Gesù: “dove so-no due o tre riuniti nel mio no-me, io sono in mezzo a loro”. Abituiamoci a questa idea del Natale come presenza perma-nente di Dio in mezzo a noi. L’esito di questo cammino spiri-tuale è il seguente: destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Si-gnore e prese con sé la sua spo-sa. Questa decisione non è più dettata dalla giustizia legale, ma da un altro tipo di giustizia. Quale? Giuseppe è stato presen-tato come “giusto”. Quella di Giuseppe fu una ob-bedienza “disubbidiente”; quan-do usiamo la parola “fede”,

“credenza”, abbiamo sempre dentro di noi la concezione gre-ca di un insieme di verità, di dogmi. La fede è entrare in sintonia con qualcuno, impli-ca un processo, un cambia-mento lento, faticoso. Quello di Giuseppe è un pro-cesso che sconvolge la sua vita non solo di ebreo, ma di uomo. Deve restare accanto a Maria per dare al figlio che nascerà un nome perché quello che è gene-rato in lei viene dallo Spirito Santo”: è il grande dono di Dio, l’Emmanuele, Dio con noi. Ogni nascita è un segno della fedeltà di Dio, non siamo noi che creiamo i nostri figli. Riflettiamo pertanto sul cammi-no spirituale di Giuseppe, uomo che deve sintonizzarsi con lo stile di Dio che è uno stile stra-no: è un Dio che rimane fedele nelle cose storte e nelle miserie umane, non per coprirle ma perché ogni nostra fedeltà di-pende dalla sua che è la base, il modello del nostro restare fede-li.

AVVENTO

La novità dell’Avvento con-siste nel fatto che agli uomi-ni è data un’attesa; ed è re-stituita anche a quelli che l’hanno perduta. Questo avvenimento atteso è Dio stesso che viene: è Gesù. Il Natale non pone termine all’attesa. I cristiani spesso dimenticano di es-sere uomini di attesa, prote-si verso il ritorno del Signo-re … talmente immersi da non riuscire a discernere la sua presenza, le sue chia-mate e a rispondervi.

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Dal libro del profeta Isaia (2,1-5)

Messaggio che Isaia, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le gen-ti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, per-ché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Geru-salemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una na-zione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, ve-nite, camminiamo nella luce del Signore.

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani (13,11-14)

Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è or-mai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la no-stra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impuri-tà, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.

1 dicembre 2019

I Avvento

Dal vangelo secondo Matteo (24,37- 44)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al gior-no in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini sa-ranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sape-te in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non imma-ginate, viene il Figlio dell’uomo».

Dal Salmo 121 Andiamo con gioia incontro al Signore. Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore!». Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme! È là che salgono le tribù, le tribù del Signore, secondo la legge di Israele, per lodare il nome del Signore. Là sono posti i troni del giudizio, i troni della casa di Davide. Chiedete pace per Gerusalemme: vivano sicuri quelli che ti amano; sia pace nelle tue mura, sicurezza nei tuoi palazzi. Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: «Su di te sia pace!». Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene.

Saliamo sul monte del Signore

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Avvento: vieni Signore Gesù Tempo di attesa. E’ una dimensione dell’intera esistenza. La nostra vita, dalle più piccole alle grandi esperienze, è segnata dall’atte-sa di qualcuno o di qualcosa. Attendiamo un lavoro, una guarigio-ne,la venuta di una persona cara, la nascita di un figlio… Più semplice-mente attendiamo l’autobus,il nostro turno dal medico… Non dimentichia-mo poi le grandi attese di interi popoli che invocano pace, giustizia… Quan-do smettiamo di attendere, è come se smettessimo di vivere:è la disperazio-ne. Nelle letture bibliche delle domeni-che di Avvento si sovrappongono due attese: -i Profeti che attendono il tempo mes-sianico -i discepoli di Gesù che attendono il ritorno glorioso del Signore. I cristiani sanno che il Signore è già venuto (non aspettano il Natale) e che il mondo nuovo è già iniziato:tuttavia vivono ancora nell’ attesa:attendono che il Regno di Dio diventi un grande albero e che la vittoria del Signore si manife-sti in tutta la sua pienezza.”Affretta la venuta del tuo Regno”: era una delle preghiere più frequenti dei primi cri-stiani. Il coraggio di sperare sempre e co-munque E’ la prima lezione che ci viene dalle parole del profeta Isaia. E’ una visione

coraggiosa, frutto di quella grande fe-de che soltanto i veri uomini di Dio hanno il dono di possedere. Teneri germogli di pace, di giustizia, di fraternità sembrano talvolta spunta-re nel tronco nodoso di una umanità segnata da violenze feroci, ma altri segni ci portano in senso contrario. Dove sta andando veramente l’umani-tà? Verso quale approdo?In uno dei periodi più tormentati della storia del vicino Oriente (seconda metà VIII sec. A.C., caratterizzata da guer-re,oppressione dei poveri,corruzioni) Isaia,con una lucidità, frutto dello Spi-rito,descrive l’approdo del nostro pe-regrinare:un mondo dove le spade di-ventano aratri e le lance falci. Isaia parla di un mondo rinnovato(e non come semplice desiderio,ma come co-sa sicura:”Vide”) Invito alla conversione E’ la seconda lezione. La visione del mondo rinnovato (in pace, affratellato, sottomesso al Signore) si conclude con un imperativo:”Casa di Giacob-be,vieni,camminiamo nella luce del Signore”,(espressione che nel Vange-lo diventa “seguiamo Gesù”). Non ba-sta la fiducia nel futuro per poterci di-re persone di speranza. La speranza è attenzione,impegno,rinnovamento. Sperare è gettare -qui e ora- nelle pro-prie concrete situazioni le basi del mondo nuovo,cioè semi di pace,di fra-ternità,di obbedienza al Signore.

Il Vangelo ci invita a rimanere vigi-lanti Per non lasciarci sorprendere impre-parati dagli avvenimenti,per mantene-re il coraggio e la lucidità in ogni si-tuazione, per saper scoprire le occa-sioni di rinnovamento che anche nei momenti più oscuri non mancano mai ( questo è sperare) occorre essere so-bri, non appesantiti, non distratti dalle troppe cose che reclamano la nostra attenzione. Altrimenti succede, come ai tempi di Noè :” Mangiava-no,bevevano,si sposavano..” e non si accorsero di nulla. La salvezza o la perdizione dipende da come si vivono queste cose di ogni giorno. La generazione di Noè, perì per mancanza di discernimento. Noè seppe discernere e così salvò se stesso e il futuro. Il Signore giunge all’improvviso. Ciò che conta è essere pronti “Due uomini…due donne…sono al lavoro:uno sarà preso, l’atro lasciato. L’esito è diverso. Dipende dall’attitu-dine coltivata nel quotidiano. Questo ci dice che ciò che nella quotidianità può rimanere nascosto, sarà manife-stato alla venuta del Signore. E’ un invito a ricominciare il cammi-no di fede: ascoltando di nuovo la Parola di dio ( 1 lettura) facendo memoria degli inizi della no-stra fede (Battesimo: 2 lettura) vivendo la vita quotidiana con vigi-lanza, sotto lo sguardo di Dio che fa verità

L’oggi: luogo di discernimento e di responsabilità

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8 dicembre 2019

II di Avvento Immacolata Concezione

Dal Vangelo secondo Luca (1,26-38)

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepi-rai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altis-simo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Gia-cobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poi-ché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la po-tenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chia-mato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Dal Salmo 97

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie. Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie. Gli ha dato vittoria la sua destra e il suo braccio santo. Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa di Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio. Acclami il Signore tutta la terra, gridate, esultate, cantate inni!

Abbiamo contemplato, o Dio,

le meraviglie del tuo amore

Dal libro della Genesi (3,9-15.20)

Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell'albero, il Signore Dio lo chiamò e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai for-se mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangia-re?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha in-gannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpen-te: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.

Dalla lettera di S. Paolo Apostolo agli Efesini (1,3-6.11-12)

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’a-more della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo.

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Questa festa mariana contiene almeno due importanti signifi-cati. Il primo L’umanità sembra caratterizzar-si per una ostinata volontà di peccato, di un continuo rifiuto di Dio. Ma nonostante l’infedel-tà dell’uomo ,Dio si schiera dal-la parte dell’uomo e annuncia che nella discendenza della donna si compirà la vittoria de-finitiva sul male. La madre e la discendenza( il Figlio) sono in-timamente collegati in questa promessa di Dio. In ciò sta la radice del mistero cristiano che proclama Maria liberata da que-sta storia di peccato fin dal suo primo inizio, perché è la madre di Gesù, nel quale Dio vince il peccato. Il saluto dell’angelo sottolinea questi due aspetti: Maria di Nazareth sarà la madre di Gesù e sarà madre in forza della potenza dell’Altissimo. La Vergine Immacolata è il capola-voro dell’amore gratuito di Dio e, nel contempo,il frutto miglio-re che l’umanità ha saputo esprimere.

Il secondo La storia di Maria è una lezione di grazia: è la dimostrazione più convincente che la salvezza è un puro dono dell’iniziativa di-vina. E’ lo specchio nel quale possiamo cogliere una legge del comportamento di Dio che ci riguarda tutti: la salvezza è gra-zia, dono gratuito: qui sta la no-stra speranza. Rileggendo l’episodio dell’ Annunciazione troviamo tre espressioni che racchiudono le caratteristiche dell’esperienza cristiana. “Rallegrati”,” piena di grazia”, “La serva del Signore”. Rallegrati: il cristiano, no-

nostante la fatica del vive-re, ha una serenità di fondo. Che poggia nel modo di concepire la propria esi-stenza: grazia e servizio

Grazia: il vero cristiano è convinto di essere circon-dato dell’amore di Dio: tut-to vede come dono.

Servizio: il vero cristiano non tiene per sé la vita, ma riceve e dona, condivide.

Paolo, nella Lettera agli Efesi-ni, annuncia che questo proget-to di liberazione che ci rende immacolati, strappati alla storia di “inquinamento” è esteso a tutta l’umanità, in forza della solidarietà con Gesù Cristo, morto e risorto. Come Maria, redenta in quanto madre, così’ noi siamo salvati grazie al lega-me che abbiamo con tutta l’u-manità. Per questo ogni nostro gesto, ogni nostro atto può esse-re un passo in avanti della vita e della libertà, oppure un arretra-mento o un’occasione mancata. Tutte le nostre scelte si colloca-no in questa lunga storia di soli-darietà per il bene o per il male. Nonostante le nostre scelte falli-mentari, c’è però l’impegno li-bero e gratuito di Dio per la vi-ta. E’ un dono che può essere accolto o rifiutato, ma all’origi-ne c’è questa possibilità gratuita offerta da Dio. Maria è la figura del credente Il credente non si arrende alla ripetitività delle leggi di natura (sterilità di Elisabetta, verginità di Maria, morte di Cristo). Cre-de nell’impossibile, perché fa affidamento su Dio , a cui nien-te è impossibile: ha resuscitato Gesù Cristo dai morti. Maria è la credente per eccel-

lenza perché la sua fede è di-

ventata scelta, in un m omento

preciso della sua vita, ha avuto

una incidenza sulla sua esisten-

za, sulla sua carne. Il suo Fiat

provoca un mutamento del suo

corpo, riplasmato dalla creatura

che lei si trova a portare in

grembo. Credere non è espres-

sione astratta di appartenenza,

ma trova il suo senso quando si

accompagna ad un gesto, a de-

cisioni che lasciano una traccia

della presenza di Dio nell’esi-

stenza di una persona.

L’ Immacolata

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Dal libro del profeta Isaia (35,1-6.8.10)

Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la step-pa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giu-bilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le gi-nocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e fe-licità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.

Dalla lettera di S. Giacomo apostolo (5,7-10)

Siate costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.

15 dicembre 2019 III Avvento

Dal vangelo secondo Matteo (11,2-11)

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbat-tuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uo-mo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In veri-tà io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Dal Salmo 145

Vieni, Signore, a salvarci. Il Signore rimane fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dá il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri. Il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri. Egli sostiene l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi. Il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.

Rallegratevi: la liberazione è vicina

Lodiamo il Signore per come esercita la sua regalità … Lo lodiamo … Vivendo davanti a lui … Ponendo la speranza in lui Contando su di lui … Rifiutando la logica cor-rente … Vivendo un amore solidale e fedele … Così ha fatto Gesù

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L’attesa del Signore richiede discernimento

“Ecco il vostro Dio, viene a sal-varvi: coraggio, non temete”

Il primo brano che abbiamo ascol-tato appartiene al secondo Isaia:il profeta ,con immagini splendide, canta il gioioso ritorno di Israele dai campi di concentramento di Ba-bilonia dove era stato deportato.Il profeta descrive il ritorno come una processione festosa. Appena risuo-na l’annuncio di liberazione avvie-ne come una resurrezione: il deser-to fiorisce. I corpi deboli degli esuli sono percorsi da una nuova giovi-nezza. La venuta del Signore muta le sorti degli esclusi, anticipando i segno del Regno che Gesù porrà nella sua vita pubblica, gli stessi che vengono additati al Battista. Con la libertà rinasce la speranza e la gioia di vivere.La rivelazione di Dio è parola che si fa storia . Se l’attesa dell’Avvento si riduce al ripetersi di cerimonie religiose tra-dizionali, mescolate a riti consumi-stici profani, diventa insignificante. Deve nutrirsi di preghiera e di cari-tà e accoglienza di un dono che si fa assunzione di un compito.

La costanza insita nell’attesa In attesa della venuta del Signore l’apostolo Giacomo ci esorta a per-severare con costanza, ponendo la nostra fiducia nella fedeltà dell’a-more del Signore,prendendo l’e-sempio dal contadino che attende i frutti della terra con pazienza fin-chè maturino ,senza affrettare i tempi. Il raccolto verrà. Nel frat-tempo, come la terra ha bisogno delle piogge,così noi rinfranchiamo i nostri cuori con la Parola di Dio.

Sei tu colui che deve venire?

Quando verrà il Messia- aveva an-nunciato Giovanni Battista nel de-serto- purgherà l’aia gettando la pu-la nel fuoco. Gesù invece si presen-ta diverso… medico per gli amma-lati, pastore in cerca degli smarri-ti,paziente e misericordioso. Gio-vanni è in carcere:il modo di proce-dere di Gesù lo sconcerta. Invia pertanto un gruppo di suoi discepo-li da Gesù per interrogarlo (fa tace-re le proprie attese,le proprie cer-tezze e si mette in ascolto). Gesù risponde rinviando alle sue opere “Riferite a Giovanni ciò che udite e vedete”. Sono i segni profetizzati

da Isaia che rivelano la presenza e l’azione di Dio nella storia. Gesù è venuto ad aprirci gli occhi, a gua-rirci dalle nostre infermità,ci riapre l’udito, ci fa passare dalla morte alla vita. Tutte le situazioni di po-vertà ricevono la buona notizia. Gesù conclude con una beatitudine.

“Beato chi non si scandalizza di me”

Gesù incarna la Parola proclamata sul monte. Si congratula con chi sceglie lui:povero, afflitto, mite, puro di cuore,perseguitato per la giustizia, misericordioso, operatore di pace, piena realizzazione del Re-gno…Così diverso da come lo at-tendiamo noi!

Gesù elogia Giovanni Battista

Chi siete andati (usciti) a vedere nel deserto?Un uomo autentico:per l’austerità della sua vita,per la for-tezza del suo carattere, per la testi-monianza resa a Gesù ( è stato un segno di Gesù Cristo)Il più grande tra i nati da donna, ma il più picco-lo nel Regno di Dio è più grande di lui :Giovanni è il punto di arrivo della promessa, il più piccolo nel Regno e l’inizio del compimento.

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Dal libro del profeta Isaia (7,10-14)

In quei giorni, il Signore parlò ancora ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Acaz rispose: «Non lo chiede-rò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uo-mini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Per-tanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanue-le».

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani (1,1-7)

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scel-to per annunciare il vangelo di Dio – che egli aveva pro-messo per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secon-do la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ri-cevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbe-dienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!

22 dicembre 2019 IV Avvento

Dal vangelo secondo Matteo (1,18-24)

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vi-vere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non vole-va accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segre-to. Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compis-se ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del pro-feta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Dal Salmo 23

Ecco, viene il Signore, re della gloria.

Del Signore è la terra e quanto contiene, Il mondo con i suoi abitanti. È lui che l'ha fondato sui mari, e sui fiumi l'ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Natale: il “Dio-con-noi”

Siamo una generazione che cerca Dio?

Lo cerchiamo con le mani, il cuore, la lingua?

Abita in noi il desiderio di Dio?

Siamo frantumati?

Pensiamo di poter fare a meno di Dio?

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Nella parola di Dio di oggi si respira già l’aria del Natale.

Il profeta annuncia la nascita di un bambino

Il piccolo regno di Giuda teme di essere invaso. Il profeta esorta il re a non confidare nella forza delle armi, ad avere fede e confidare soltanto nel Signore. Ma il re non si fida. Di fronte all’incredulità del re, Dio è disposto a dargli un segno: promette la nascita di un bambino che sarà il “Dio con noi”. Sta qui la meraviglia del Natale, che poi è la meraviglia dell’amore di Dio: Dio non si allontana dalla nostra incredulità, ma la vince avvicinandosi, facendosi fratello degli uomini peccatori. Noi, questa nascita, la desideriamo veramente? L’evangelista Matteo precisa che quel bambino: è Gesù, generato nel grembo di Maria ad opera dello Spirito (dunque la sua origine viene dall’alto, è figlio di Dio), tuttavia è anche inserito in una genealogia e fra i suoi antenati ci sono giusti e peccatori, credenti e increduli (Mt 1,1 seg.). È questa la grande consolazione, la roccia su cui poggia la speranza cristiana: Gesù è di origine divina, ma nello stesso tempo solidale con gli uomini e la loro storia.

Protagonista di questa nascita è Dio, attraverso l’opera dello Spirito Santo nella donna di Nazaret. Costei è vergine, cioè in una situazione di impotenza rispetto al fatto della nascita che ne seguì. Giuseppe, che era sposo di

Maria, di fronte a tale evento è colto di sorpresa. L’annunciazione a Giuseppe

Giuseppe vede “il segno” annunciato da Isaia: Maria, la sua promessa sposa è incinta. L’evento dapprima lo sorprende e inquieta, ascolta il proprio profondo, i sogni che lo abitano: l’uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio. Essendo uomo giusto, Giuseppe, illuminato dal Signore, accetta di mettersi in relazione con Maria a partire dal progetto di Dio su di lei e fa “come gli è stato ordinato dall’angelo”. Prende con se Maria e il bambino che chiamerà Gesù. L’annunciazione a Maria e a Giuseppe avviene nelle loro case. Dio viene sempre nelle nostre case, ci parla attraverso le persone che ci ha messo accanto, ci guarda con i loro occhi, ci interroga con le loro domande. Invia sogni e progetti, che vivono con noi e sono affidati alle nostre mani e al nostro cuore.

Gesù è l’“Emanuele”: significa Dio con noi. Comprendere che Gesù è il Dio con noi è la cosa più importante di tutte. Natale non è altro che questo. L’espressione “Dio con noi” si illumina leggendo le parole che concludono il vangelo di Matteo: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del

mondo» (28,20). Gesù è presente in tanti modi, in diversi luoghi: nella comunità radunata nel suo nome («Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»: 18,20), negli apostoli missionari («Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato»:10,40), nei fratelli bisognosi («Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me»: 25,31), nella comunità che annuncia il vangelo («Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»: 28,20). Se Natale significa che Dio è venuto in mezzo agli uomini ed ha assunto un volto umano, il Natale non finisce mai, perché Dio continua ad essere in mezzo a noi, con il volto degli uomini.

Giuseppe, uomo giusto

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25 dicembre 2019 Natale di Gesù

Dal vangelo secondo Luca (2,1-14)

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Que-

sto primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censi-

re, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla

città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva

farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compi-

rono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in

una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori

che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del

Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore,

ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco ...Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:

oggi nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore….Questo per voi il segno:

troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo

una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla

terra pace agli uomini, che egli ama...».

Dal Salmo 95

Oggi è nato per noi il Salvatore Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome. Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue me-raviglie. Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto rac-chiude; sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta. Davanti al Signore che viene: sì, egli viene a giudicare la terra; giudicherà il mondo con giusti-zia e nella sua fedeltà i popoli.

Un bambino è nato per noi (Is 9,1-6)

“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai molti-plicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. Per-ché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni man-tello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a con-solidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Que-sto farà lo zelo del Signore degli eserciti”.

Celebriamo il Natale di Gesù

È apparsa la grazia di Dio, salvezza a tutti (2 Tito 2,11-14)

È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con so-brietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stes-so per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popo-lo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

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Il racconto di Luca – che costi-tuisce la lettura della Messa di mezzanotte e del mattino – vuole consolare, ma soprattutto vuole convertire. Il Natale infatti non è soltanto un evento di cui gioire perché compimento della nostra attesa (“vi annuncio una grande gioia…”); è anche un evento su cui convertirci (convertire la no-stra stessa attesa!) è rivelatore di una strada da percorrere.

L’avventura cristiana è un movimento

1 - c’è un avvenimento: Augusto ordina un censimento che mette in movimento tutti, anche la fami-glia di Gesù; e in quell’occasione a Betlemme nasce Gesù. Il fatto importante sembra il cen-simento, in realtà è la nascita di Gesù. C’è modo e modo di valu-tare gli avvenimenti. Il protagoni-sta sembra l’imperatore, ma allo sguardo della fede, la svolta del mondo l’ha impressa questo bam-bino. 2 - Poi l’annuncio: gli angeli an-nunciano ai pastori ciò che è ac-caduto: gli angeli sono i primi missionari, i pastori sono gli ulti-mi (gente ai margini, che dava fa-stidio) La novità è che gli angeli scelgono i pastori come primi de-stinatari della notizia. Non si li-mitano a raccontare l’avvenimen-to ma spiegano anche il senso di quel avvenimento infatti dicono “ecco, vi annunciamo una grande gioia che sarà di tutto il popolo: oggi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Messia Si-gnore. Questo è per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangia-toia”. La comunità cristiana, il credente, è colui che vede l’avve-nimento, ne comprende il signifi-cato e, quindi, lo annuncia. Il pa-radosso è che il Salvatore è un

bambino deposto in una mangia-toia. 3 - l’accoglienza: i pastori, accol-gono l’annuncio senza indugio, vanno, vedono Maria, Giuseppe e il bambino che giaceva in una mangiatoia, e dopo averlo visto, “riferirono”. Tutti quelli che udi-rono si stupirono. I pastori rac-contano ad altri quanto hanno vi-sto. Avviene sempre così: chi ha incontrato il fatto cristiano e ne ha compreso il significato di sal-vezza non lo tiene per sé ma lo annuncia ad altri. Il Natale è una festa missiona-ria, non da tenere per sé: è una gioia da condividere e non da go-dere da soli.

Maria

Maria invece “conservava tutte queste cose meditandole”. “Conservava” vuol dire “ne te-neva da conto” man mano che le sentiva e “meditandole” vuol di-re che le confrontava l’una con l’altra per cercare di capirle, per approfondirle dentro di sé. Nella storia cristiana ci vogliono sia i pastori che gridano la lieta novel-la sia Maria che conserva dentro, custodisce e approfondisce. Il punto centrale del racconto è racchiuso nelle parole degli an-geli ai pastori, parole che espri-mono il senso profondo dell’av-venimento e la fede in Cristo del-le prime comunità. Il bambino povero e rifiutato (non c’era po-sto nell’albergo) è il Salvatore, il Messia, il Signore. Sta proprio qui la sorpresa: il Signore glorio-so ha il volto di un bambino po-vero, rifiutato, avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia (quest’ultima espressione è tanto importante che ritorna tre volte). Povertà e gloria sono intrecciate: si delinea la strada di Dio come strada di povertà, e si afferma il

profondo legame fra la presenza di Dio e la storia dei poveri: è in una storia di povertà che si na-sconde la gloria di Dio, ed è ai poveri che essa si rivela. L’inno cantato dagli angeli: “Gloria a Dio e pace in terra...”. L’evangelista collega la pace a Gesù. La pace è la conseguenza dell’amore di Dio verso l’uomo, è dono di Dio. La pace, è il ri-svolto terrestre della gloria che Dio ha in cielo; una pace con tutti (“...agli uomini che egli ama…”, cioè tutti), perché Dio ama tutti gli uomini. Se dunque vogliamo dare gloria a Dio, dobbiamo co-struire la pace fra noi.

Le vertigini del Natale

… Un Dio che scende nella carne

dell’uomo, che calpesta la terra e

muore per mano dell’uomo...

Questa è una cosa inaudita, che

nessun’altra religione ha mai osa-

to affermare.

Per gli Ebrei fu uno scandalo

Per il Corano “Dio non ha ge-

nerato né è stato generato” ( Su-

ra 112) “lungi dalla Sua gloria

l’avere un Figlio (Sura 4-169)

Il Natale rappresenta una novità

inattesa:

Il Dio assoluto, il Trascendente,

il totalmente altro, viene nella

carne dell’uomo, per assumere

l’uomo nella vita divina.

La sola immagine di Dio è

l’uomo, in cui Dio, attraverso

Cristo, svela il suo volto, un

volto preciso, di un profugo, di

un perseguitato.

E’ un Dio che viene e resta. Il

suo nome è l’Emmanuel, è un

uomo da accogliere.

Il fatto importante: la nascita di Gesù

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29 dicembre 2019 Santa Famiglia

Dal vangelo secondo Matteo (2,13-15.19-23)

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore appar-ve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambi-no e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, do-ve rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chia-mato mio figlio». Morto Erode, ecco, un angelo del Signore appar-ve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

Dal Salmo 127

Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie. Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie. Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene. La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa. Ecco com’è benedetto l'uomo che teme il Signore. Ti benedica il Signore da Sion. Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita!

Dal libro del Siracide (3,2-6.12-14)

Il Signore ha glorificato il padre al di sopra dei figli e ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espia i peccati e li eviterà e la sua preghiera quotidiana sarà esaudita. Chi onora sua madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli e sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi glorifica il padre vivrà a lungo, chi obbedisce al Signore darà con-solazione alla madre. Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Sii indulgente, anche se perde il senno, e non disprezzarlo, mentre tu sei nel pieno vigore. L’opera buona verso il padre non sarà dimenticata, otterrà il perdono dei peccati, rinnoverà la tua casa.

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Colossèsi (3,12-21)

Fratelli, scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tene-rezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sop-portandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rive-stitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cri-sto regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre. Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trat-tatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gra-dito al Signore. Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non

Vita e benedizione sulla casa che teme il Signore

Per una vita felice due so-no le cose necessarie:

* Riconoscere Dio come solo Signore.

* Riconoscere che il frutto del lavoro è un dono di Dio e così la

famiglia e i figli.

Un’esistenza felice suppo-ne una famiglia felice:

l’uomo che lavora, la donna in casa, i figli seduti a mensa.

La felicità della vita è nel quotidiano.

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All’interno del racconto di Ge-sù profugo in Egitto si ripete per quattro volte la frase: “Prendi con te il bambino e sua madre”. Essa è indirizzata a Giuseppe e raccoglie in unità la famiglia che fa da fondale alla celebra-zione di questa domenica. Spesso noi dimentichiamo in che contesto è nato e cresciu-to Gesù.

Una famiglia di profughi Per Matteo Gesù e i suoi geni-tori sono dei semplici profu-ghi, appartenenti a quella cate-na illimitata di vittime che per-correranno terre inospitali, de-serti, città estranee e ostili du-rante l’arco di tutti i secoli. Essi sono i compagni di que-gli emigranti che tentano di passare clandestinamente i nostri confini per trovare qual-che lavoro umile e che vengono spesso incompresi e rifiutati. Sulla scena descritta da Matteo incombe poi lo spettro sangui-nario dell’oppressione e di un potere feroce. Gesù, perciò, fin da piccolo si mette nella schiera dei deboli e degli ultimi e la sua famiglia è agli antipodi di ogni famiglia reale (eppure Gesù è il re del mondo!). È un Dio che condivide la sorte degli esuli, un Dio debo-le che pianta la sua tenda nei campi-profughi, nelle “favelas” della miseria totale; è un Dio che sceglie di essere più povero della sue stesse creature perché “le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20)

Che ha come guida la Parola di Dio

La famiglia di Nazaret è una famiglia in ascolto e a servizio, attenta al disegno di Dio che si svolge nel figlio. Una Parola a volte mite, a volte esigente (alzati...e va in Egitto…), una Parola a volte incomprensibile (...quel che è generato in lei viene dalla Spirito Santo) ma comunque sempre accettata (Giuseppe fece come gli aveva detto l’angelo…,Giuseppe, de-statosi, prese con se… e fuggì..) probabilmente anche pregata e fatta oggetto di meditazione e di riflessione (Maria serbava tutte queste cose meditandole nel cuore). S. Paolo nella seconda lettura ci ricorda che la famiglia deve non solo nutrirsi delle parole di Dio (“la parola di Cristo di-mori tra voi abbondantemen-te”), ma anche costruire all’in-terno di se stessa dei rapporti umani nuovi: la famiglia è il primo luogo dove si può impa-rare ad amare.

La famiglia: luogo dove si impara ad amare

L’unico modo per costruire questi rapporti nuovi - dice S. Paolo - è coltivare una se-rie di atteggiamenti che sono completamente all’opposto della mentalità di oggi: la mi-sericordia, la bontà, la man-suetudine, la pazienza, il per-dono, la serenità, la ricono-scenza. Oggi si va tutti di fretta, e si da più importanza alle cose da fare che alle persone e si perde il bene più importante, la pace del cuore e quindi la pace della famiglia.

Ecco allora litigi, incompren-sioni, separazioni e divorzi, fi-gli che crescono disorientati e senza punti di riferimento per-ché nessuno si è dato la briga di ascoltarli, di consigliarli, di guidarli. Una famiglia non cresce se non si ha la pazienza di aspetta-re i ritmi dell’altro; se non c’è da una parte la capacità di per-donare, dall’altra l’umiltà di sa-per chiedere scusa; se non si è in grado di donare con bontà e generosità e anche di essere ri-conoscenti per ciò che gli altri ci danno; se non si sa anche di-sdire un appuntamento di lavo-ro quando c’è qualcuno che ha urgente bisogno di parlare e di essere ascoltato; cioè se, come riassume S. Paolo, al di sopra di tutto, non c’è la carità. Con l’”io” e con il “mio” non si co-struisce una famiglia, ma una somma di individui che stanno insieme per forza o per abitudi-ne.

Il rapporto tra figli e genitori

La prima lettura ci parla dell’amore tra figli e genitori.

- si rivolge ai figli adulti perché si occupino dei loro genitori an-ziani che non possono più lavo-rare e guadagnare, ma non per questo devono considerarsi un inutile peso. Vanno onorati, ri-spettati e aiutati.

- L’onore verso Dio e l’onore verso i genitori sono legati fra loro. A chi onora il padre e la madre è promesso il dono di una “lunga vita”. Si prepara un futuro di accoglienza. Trasmet-te ai figli che vedono i genitori amare i nonni una lezione di vi-ta per il futuro.

Proprio il Nazareno è il figlio di Dio, il Dio con noi

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Dal libro dei Numeri (6,22-27)

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti be-nedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplen-dere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».

1 gennaio 2020

Maria Ss. Madre di Dio

Dal vangelo secondo Luca (2,16-21)

In quel tempo, i pastori andarono, senza indugio, e tro-varono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lo-dando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli ot-to giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo no-me Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Dal Salmo 66

Dio abbia pietà di noi e ci benedica. Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le genti. Gioiscano le nazioni e si rallegrino, perché tu giudichi i popoli con rettitudine, governi le nazioni sulla terra. Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti. Ci benedica Dio, e lo temano tutti i confini della terra.

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Galati (4,4-7)

Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!». Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

Dio faccia brillare il Suo volto

su di te e ti conceda la pace

“Non c’era posto per loro nell’alloggio”

Il Salmo si apre e si chiude invocando la benedizione del Signore. C’è un invito a tutti i popoli a riconoscere il vero Dio e a lodarlo per la sua giustizia e il suo governo nel mondo. Di particolare bellezza è l’invito al Signore “Perché faccia ri-splendere il suo volto per noi”

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Maria madre dei Signore

Nel giorno del capodanno la liturgia celebra la solennità di Maria Madre di Dio. Semplicemente per porre l'anno nuovo sotto la sua protezione? Molto di più. La maternità divina di Maria è infatti la novità che si è inserita nel tempo degli uomini, trasformandolo. A capodanno si fanno gli auguri, e si finge di credere che l'anno nuovo sarà diverso da quello passato. Ma si sa benissimo che l'anno nuovo sarà come quello passato, se non peggio. Ma ciò che non è possibile allo sguardo privo di fede, diventa una realtà per la fede. Il tempo non è più uno scorrere senza capo né coda, quasi un girare in tondo senza nulla concludere. Nella pienezza dei tempi è venuto il Figlio di Dio, nato da una donna (seconda lettura della Messa). Con questa venuta il tempo si è trasformato: ha acquistato consistenza, direzione e novità. Nella monotonia del tempo e nel succedersi delle giornate, è presente il Signore, la cui parola garantisce alla vita un futuro. Nella monotonia del tempo è presente il Signore che rende possibile agli uomini peccatori la speranza, il coraggio di amare, la fiducia in se stessi e negli altri. È questo il senso primo della maternità divina di Maria (proclamata solennemente dal Concilio di Efeso 431: ci riporta al saluto di Elisabetta “a che bebbo che la madre del mio Signore venga a me?”. Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore. La grandezza di Maria sta nel suo “si” totale a Dio). Dio è qui con noi, solidale con noi. Che sarebbe mai il

tempo senza questo evento sorprendente? Il brano evangelico è una parte del Vangelo di Natale. Il bambino e la madre non sono separabili. La madre è all’ombra del figlio. C'è un punto che Luca sottolinea, ed è l'atteggiamento della Madre nei confronti del Figlio, il modo con cui ha vissuto

la sua maternità: “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. In lei le parole si fanno ascolto consapevole, pensoso e intelligente. La funzione della Madre è anzitutto di custodire: il Figlio nato da lei, le parole che si dicono di Lui, gli eventi che accadono attorno a Lui, tutto questo non lo considera "suo", ma semplicemente affidato, da custodire con fedeltà. E poi meditare: il mistero di Gesù (come il mistero di Dio e il mistero della vita) è difficile da comprendere, e comunque lo si comprende a mano a mano che si svolge davanti agli occhi, a

mano a mano che lo si vive con fiducia. Maria sa penetrare nel segreto profondo delle cose e sa in tu i re in esse un va lo re “simbolico,” sa che esse parlano di un mistero più alto. E solo “meditando” che anche noi ritroviamo in noi stessi e nei nostri fratelli il profilo “simbolico” di figli di Dio. Il nome: Gesù

Come ad ogni ebreo, l’ottavo giorno dalla nascita, viene imposto al bambino il nome di Gesù. “Dio salva”. * La missione di questo bambino è di essere un salvatore. * Riceve il nome da Dio, a lui solo appartiene, è il dono per l’umanità. *Attraverso il rito della circoncisione: questo bambino, Gesù, è solidale con tutto l’Israele. * il dono della pace passa attraverso questo bambino Celebriamo oggi la pace Nella notte di Natale gli angeli hanno cantato “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”: se vuoi dare gloria a Dio, costruisci la pace. È dono e compito. A riceverla per primi sono i pastori (i poveri) Il Signore ci benedica e ci protegga faccia brillare il suo volto su ciascuno di noi ci conceda pace.

Celebriamo la maternità di Maria

e la giornata della pace

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5 gennaio 2020 II di Natale

Dal vangelo secondo Giovanni (1,1-18)

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’han-no vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimo-ne per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha rico-nosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e pro-clama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

Dal Salmo 147

Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi. Celebra il Signore, Gerusalemme, loda il tuo Dio, Sion, perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. Egli mette pace nei tuoi confini e ti sazia con fiori di frumento. Manda sulla terra il suo messaggio: la sua parola corre veloce. Annuncia a Giacobbe la sua parola, i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele. Così non ha fatto con nessun’altra nazione, non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.

Dal libro del Siracide (24,1-4.8-12)

La sapienza loda se stessa, si vanta in mezzo al suo popolo. Nell'as-semblea dell'Altissimo apre la bocca, si glorifica davanti alla sua po-tenza: «Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo e ho ricoperto come nube la terra. Ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. Il creatore dell'universo mi diede un ordine, il mio creatore mi fece piantare la tenda e mi disse: Fissa la tenda in Gia-cobbe e prendi in eredità Israele. Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi creò; per tutta l'eternità non verrò meno. Ho officiato nella tenda santa davanti a lui, e così mi sono stabilita in Sion. Nella città amata mi ha fatto abitare; in Gerusalemme è il mio potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore, sua eredità».

Dalla lettera di S. Paolo apostolo agli Efesini (1,3-6.15-18)

Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e imma-colati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto. Perciò io, Paolo, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell'amore che avete verso tutti i santi, non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, per-ché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda cono-scenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi.

“A quale speranza vi ha chiamati” (Ef. 1,18)

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La creazione e la storia sono marcate da un disegno sapiente di Dio

al cui centro sta Gesù “il vivente”

La Liturgia natalizia continua in questi giorni a proporre il tema dell’Incarnazione.

La “sapienza”

La prima lettura tratta dal Libro del Siracide (II secolo a. C.) è un inno che esalta l’incarnazione della “sapienza divina”. Essa in origine sta presso Dio. Ma ecco la grande svolta, che è anche la sorpresa dell’ Incarnazione. Dio invia la Sapienza nel mondo con una destinazione precisa: “Fissa la tua tenda in Giacobbe”. La sapienza, cioè il progetto che Dio ha sul mondo e sull’uomo, si incarna nella storia di un popolo (Israele).

È la grandissima novità che distingue l’ebraismo (e quindi il Cristianesimo) da tutte le altre religioni: Dio è sicuramente “ nei cieli”, cioè al di là di quello che noi uomini possiamo capire; eppure il Dio in cui noi crediamo si fa vicino all’uomo, viene ad abitare in mezzo a noi, ci parla tramite gli avvenimenti piccoli e grandi della nostra vita. Il Dio infinito non lo troviamo cercando di salire verso il cielo, ma guardando dentro alle nostre vicende umane. Non è un Dio che si trova solo nei templi, nei segni grandiosi, in occasione particolari e straordinarie, ma è un Dio che cammina con noi, giorno per giorno, guidandoci verso la salvezza.

Gesù

Il Vangelo ci ricorda che la sapienza si è incarnata in Gesù Cristo. È Lui la Parola che da sempre è presso il Padre. È Lui il “progetto” che sta all’origine di tutti: il mondo è stato creato per mezzo suo e tramite Lui è stato salvato.

La storia

Il mondo, la storia, ad un primo sguardo, sembrano tenebre senza senso, invece sono pieni di luce, hanno dentro un progetto che si sta realizzando. È una lettura nuova della storia, è un grido di speranza. Giovanni sapeva che c’è la luce ma ci sono anche le tenebre e che c’è guerra tra la luce e le tenebre, eppure ci vedeva dentro un progetto che va avanti. Il cristiano, se vuole essere luce e non introdurre nuovi equivoci nel mondo, deve conoscere questo progetto, mettersi in atteggiamento di obbedienza e accoglienza.

Gesù, volto di Dio

Gesù è la Parola che si è fatta carne, ha assunto un volto umano, fragile, sconfitto. Ogni credente sa vedere, come l’evangelista Matteo, il Dio con noi nel “Nazareno, o come Luca, sa vedere il Salvatore in un bambino in fasce, o come Giovanni, sa vedere la gloria, il volto di Dio, nel Crocifisso. Dio è presente cioè in un progetto che sembra fallimentare. Dio non ha vergogna di farsi uomo nella debolezza, non rifiuta nulla di ciò che è umano, lo assume. Il cristiano quindi non fugge dal mondo, (è nel mondo anche se la sua logica non è quella del mondo), è solidale fino in fondo con la realtà a volte deludente. Il Cristiano è coinvolto nella lotta che si svolge nella storia tra la luce e le tenebre, ed è chiamato quotidianamente ad una scelta di campo, per la verità. Nel cammino di ogni uomo e dell’intera umanità si è inserita una presenza che salva dalla vanità. Ciò che permane ha assunto ciò che è caduco.

“Dio, nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio lo ha

rivelato” “Dio, nessuno l’ha mai visto, non c’è”: può essere il grido dell’ateo. A questo Giovanni risponde: il Figlio unigenito, Gesù, ce ne ha parlato. Guarda lui e capirai chi è Dio. Non possiamo giustificare l’ateismo col fatto che Dio non si vede, perché Dio per noi ha un volto preciso di un uomo che ha vissuto in mezzo a noi, Gesù. “Dio nessuno lo ha mai visto”, è il grido dello stesso Giovanni contro coloro che credono di aver conosciuto Dio a modo loro, coi loro sforzi. Oggi c’è una certa tendenza, con la nuova spiritualità new age, a pretendere di trovare Dio dentro di sé, tramite una ricerca interiore fatta con le proprie forze. Giovanni contro tutto questo ribadisce che nessun uomo ha mai raggiunto Dio. Solo Gesù ci rivela il volto autentico di Dio. È sì possibile conoscere Dio, ma solo tramite la vita di Gesù.

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Dal libro del profeta Isaia (60,1-6)

Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Si-gnore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli oc-chi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si river-serà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.

Dalla lettera di S. Paolo apostolo agli Efesini (3,2-3.5-6)

Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Esso non è stato mani-festato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condivi-dere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.

6 gennaio 2020

Epifania del Signore

Dal vangelo secondo Matteo (2,1-12)

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ec-co, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e diceva-no: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire

questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Al-lora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi ac-curatamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bam-bino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scri-gni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Dal Salmo 71

Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra. O Dio, affida al re il tuo diritto, al figlio del re la tua giustizia; egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia e i tuoi poveri secondo il diritto. Nei suoi giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace, finché non si spenga la luna. E domini da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra. I re di Tarsis e delle isole portino tributi, i re di Saba e di Seba offrano doni. Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti. Perché egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri.

Ti adoreranno, Signore,

tutti i popoli della terra

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… la stella Epifania significa manifesta-zione, e il suo simbolo è la lu-ce: “alzati, risplendi, perché viene la tua luce”, esclama il profeta Isaia (60, 1). Un invito (“alzati”) a smetterla con la stanchezza e le lamentele, co-me se tutto fosse senza sbocco e senza senso. “Volgi intorno gli occhi e guarda”, continua il profeta (60, 4). Se ti alzi e guardi - uno sguardo capace di andare un po’ più lontano - ti accorgi che attorno non c’è soltanto confusione. C’è “il Signore che viene”, e ci sono “i popoli in cammino”. Ma per accorgertene devi alzarti, guardare e metterti in ricerca, come i Magi che videro la stella (un segnale!) e intrapre-sero una ricerca lunga e fati-cosa. È una festa che ci invita a prendere coscienza della lu-ce che ci è stata donata. Ma quale luce? E che cosa ri-schiara? E donde proviene? La risposta è nella lettera di Paolo agli Efesini:

Il mistero svelato È il mistero di Dio nascosto e inaccessibile. Solo Gesù, fi-glio di Dio fatto uomo, è riu-scito a farcelo vedere. Gesù è l’epifania del mistero di Dio, con la sua persona, le sue pa-role e le sue azioni. L’invito del profeta (“alzati e guar-da”) è quindi per noi un invi-to a leggere Gesù e a coglier-ne il senso. Ciò che a lungo è rimasto nascosto è ora svelato a noi tutti. Per questo siamo invitati a gioire. E a cogliere la “novità” di questo tempo che ci è dato di vivere. Il mistero di Dio, il suo pro-getto rivelatoci da Gesù, deve essere rivelato a tutti. Noi og-gi dobbiamo essere l’Epifania di Dio. L’Epifania non è solo una festa da ricordare ma

un compito da attuare. Co-noscere Dio e il suo progetto non è qualcosa che l’uomo può raggiungere da solo, è un dono, una luce che viene. Dobbiamo metterci in ascolto degli interrogativi della vita e delle scritture e renderci di-sponibili al Signore, con cuo-re giovane e libero che ci aiu-ta e decifrare i segni della pre-senza di Dio nella vita di tutti i giorni. Il mistero è il “progetto di Dio”, il suo disegno su di noi. È un progetto di riunione, di comunione. Le barriere da far crollare sono molte, è un’im-presa lunga e difficile. Ciò che conta è il fatto che la luce che proviene da Cristo (Epifania) ci assicura che que-sta è la direzione giusta, que-sta è la strada da percorrere.

Gesù figlio di Maria

e figlio di Dio solidale

con il destino umano

La seconda parte del vangelo delle origini di Gesù secondo Matteo (capitolo 2) è più nota attraverso l’immaginario col-lettivo cristiano: la storia dei magi, la fuga, il riparo in Egit-to, il ritorno, la ricerca di un luogo tranquillo, di una patria. Finalmente, la ricerca di questa famigliola emigrante, profuga, esiliata, approderà sulle colline della Galilea, Nazareth.

La storia dei Magi La prima cosa che colpisce è l’arrivo di questi personaggi dal lontano Oriente; non a caso sono osservatori del mondo ce-leste e cercano di capire la vita a partire dai segni. Per questo si chiamano “magoi” (magi). Da sempre gli esseri umani hanno cercato di controllare il proprio futuro utilizzando tec-niche di comunicazione. Sono questi “maghi” che vengono alla ricerca di un senso leggen-do le stelle. Vengono da lonta-no, non solo geograficamente, ma anche in termini religiosi, culturali. Vengono dall’Orien-te, mondo della ricerca delle cose segrete, dell’esotico. Si scontrano a Gerusalemme con i detentori dell’esperienza reli-giosa ormai codificata e notifi-cabile. È interessante vedere come quelli che controllano la religione ufficiale si muovano attorno al potere rappresentato da una figura scelta molto be-ne, non inventata. Matteo uti-lizza dei riferimenti di carattere storico. Il dato storico è che Gesù è nato al tempo del re Erode: questi è uno dei pochi re indigeni che ha avuto un grande successo, ma ottenuto attraverso una repressione im-petuosa. La vicenda di Gesù si colloca in questa storia macabra del re Erode. Il luogo è ben indicato, controllato dagli “esperti di Dio”. La città è turbata dalla ri-cerca dei lontani. Sullo sfondo potete intuire anche la vicenda della Chiesa di Matteo, che ha rotto i ponti con il giudaismo. I vicini, gli ebrei, non l’hanno riconosciuto; sono i lontani, i poveri, che lo riconoscono. Ve-diamo come termina il vangelo di Matteo: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le

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nazioni (…)” (28, 18-19). Le nazioni sono questi orientali che arrivano seguendo il loro istinto e impulso, il loro biso-gno di decifrare la propria vita. Riconosceranno Gesù nel figlio di Maria, seguendo questa luce, rappresentata in modo simboli-co dalla stella: “prostratisi, lo adorarono”. Il cammino storico dell’uomo quando è fedele e perseverante incrocia il percorso che il pro-getto di Dio ha tracciato per la salvezza di tutti in Gesù Cristo. Due sono le strade che condu-cono al Signore:

La lettura attenta dei fatti alla luce di Cristo (S. Paolo 2^ lettu-ra)

Il cammino fedele e perseve-rante di pagani

Matteo ci offre alcuni insegnamenti

Gesù è Colui che L'Antico Testamento attendeva, in Lui confluisce l'attesa dei popoli, in Lui le speranze diventano real-tà. E c'è un particolare che non va trascurato: Matteo è ricorso alle Scritture per comprende-re (e farci comprendere) in pro-fondità il significato delle vi-cende di Cristo, il loro valore religioso e vitale; in altre paro-le, le Scritture sono la chiave di cui l'evangelista si è servito per capire, leggere il "messaggio" dei fatti che si è accinto a rac-contare. Lo ritengo un metodo valido sempre: la Parola di Dio resta anche per noi la chiave che ci permette di cogliere il senso e il messaggio delle no-stre situazioni, delle vicende del nostro tempo, di ciò che pa-pa Giovanni e poi il Concilio hanno chiamato i “segni dei tempi”.

I Magi I Magi sono i primi pagani che incontrano la salvezza, C'è un evidente sapore missio-

nario nel nostro racconto. L'E-pifania è la manifestazione pubblica, universale, di Gesù. Egli non è venuto solo per Israele, ma anche per i paga-ni: si direbbe - addirittura - che questi ultimi siano i primi ad incontrarlo. L'evangelista vuole dirci che le barriere del particolarismo ebraico - riflesso di un egoismo e di un malinteso senso di Dio che sono nel cuore di ciascuno di noi - sono definitivamente crollate. Cristo è di tutti. Gesù è un Dio venuto fra noi (il suo nome è Emmanuele, Dio con noi), ma la sua gloria è racchiusa in un'apparenza di sconfitta. Sulla sua strada non ci sono soltanto i Magi che lo cercano. Ci sono anche Erode e Gerusalemme che alla notizia della sua nascita si turbano, e che lo cercano per farlo perire.

Gesù ha il volto di un pro-fugo e di un perseguitato. Bisogna dunque - ed è il terzo insegnamento - scoprire il compimento delle speranze nella vicenda di un Crocifisso. È questo il volto inatteso del Messia, contro cui il popolo ebraico (e spesso anche noi) ha urtato, provandone scanda-lo. Gesù è amato da Dio e tut-tavia è abbandonato alla vio-lenza degli uomini, figlio di Dio e perseguitato. Esattamente come l'amore di Dio nei nostri confronti non ci sottrae alla contraddizione.

La fuga di Gesù e lo sterminio dei bimbi

a Betlemme C’è una seconda parte più drammatica: la fuga di Gesù, lo sterminio dei bimbi a Betlem-me. Non possiamo non ricorda-re, a questo proposito, le mi-gliaia di bambini che vengono uccisi oggi. Perché? La morte di quei bambini non risparmia a Gesù la sua morte. Quando muoiono dei bambini subito ci sentiamo toccati, più che quan-do muoiono degli adulti. Perché la morte? Non c’è una risposta a questo. C’è un Dio che guida la storia: essa non è solo il prodotto del caso o di forze fisiche, morali e politiche non controllabili. C’è un Dio che non sta nell’al-to dei cieli a fare il regista. Dov’è questo Dio? È il figlio di Maria che vive le vicende del suo popolo perseguitato, esilia-to, profugo. È la parabola di quello che succede ai popoli, questi esseri umani con i quali Dio è solida-le non “dall’alto”: Dio entra nella nostra umanità a suo ri-schio e pericolo. È il Dio-con-noi. Il cristiano è chiamato ad ama-re il mondo non solo, ma a da-re il nome alle realtà, a ricor-dare l’origine e il fine di tutto, a ricordare che il liberatore ul-timo e definitivo è Gesù.

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Eremo Santa Maria dalle 18,00 alle 22,00

20 ottobre 2019 Incontro di organizzazione, con-divisione e integrazione del per-corso. La santità della posta ac-canto, don Luigi Ciotti. 17 novembre 2019 Charles de Foucauld e l’incon-tro con l’altro attraverso la riflessione di fratel Michael Davide Semeraro, a cu-ra di Marco Vincenzi 15 dicembre 2019 Silenzio e condivisione al Mona-stero del Bene comune di Sezano

19 gennaio 2020 La fraternità con la Terra, a cura di Paolo Vidali 16 febbraio 2020 Silenzio e condivisione al Mona-stero del Bene comune di Sezano

15 marzo 2020 La fraternità nell’economia ca-pitalista, a cura di Gianni Zulian 19 aprile 2020 Silenzio e condivisione al Mona-stero del Bene comune di Sezano

17 maggio 2020 La fraternità con lo straniero, a cura di Marco Vincenzi 21 giugno 2020 Silenzio e condivisione al Mona-stero del Bene comune di Sezano

22-23 agosto 2020 due giorni di riflessione e pre-ghiera in montagna

Gli appuntamenti

I Rami dalle 12,00 alle 17,00

10 novembre Lectio e condivisione 7-8 Dicembre Uscita a Villabalzana 28 dicembre — 1 gennaio Campo invernale a Durlo 9 Febbraio Lectio e condivisione 8 Marzo Lectio e condivisione Aprile Da definire 10 Maggio Lectio e condivisione

Oltre le mura dalle 18,00 alle 22,00

23 Novembre Ascolto e condivisione 14 dicembre Ascolto e condivisione 18 gennaio Ascolto e condivisione 22 febbraio Ascolto e condivisione 21 marzo Ascolto e condivisione 18 aprile Ascolto e condivisione 16 maggio Ascolto e condivisione

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Dal libro del profeta Isaia (42,1-4.6-7)

Così dice il Signore: «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né al-zerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamen-to. Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho pre-so per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclu-sione coloro che abitano nelle tenebre».

Dagli Atti degli Apostoli (10,34-38)

In quei giorni, Pietro allora prese la parola e disse: «In ve-rità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Voi sa-pete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui».

12 gennaio 2020

Battesimo del Signore

Dal vangelo secondo Matteo (3,13-17)

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Gio-vanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impe-dirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battez-zato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giusti-zia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Dal Salmo 28

Il Signore benedirà il suo popolo con la pace. Date al Signore, figli di Dio, date al Signore gloria e potenza. Date al Signore la gloria del suo nome, prostratevi al Signore nel suo atrio santo. La voce del Signore è sopra le acque, il Signore, sulle grandi acque. La voce del Signore è forza, la voce del Signore è potenza. Tuono il Dio della gloria, nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!». Il Signore è seduto sull’oceano del cielo, il Signore siede re per sempre.

Chi è Gesù e chi è il cristiano

Quel Dio che è tanto potente da scuotere la natura, è un Dio che ama il suo popolo.

La sua potenza è al servizio del suo amore.

Puoi sperare non perché è cessata la tempesta ma perché è cambiato il modo di guardarla.

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Ecco il mio servo

È ciò che Dio vuole farci co-noscere: Dio vuole parlarci di Gesù e del cristiano. Gesù è sottomesso e docile alla vo-lontà del Padre, è il servo, ma è più di servo è figlio. Così è il cristiano: servo e figlio. La sua missione è rivolta al mondo intero perché il Signo-re ama l’intera umanità. Privilegia tuttavia i poveri, i deboli, i più trascurati. È umi-le e discreto, ma fermo e sicu-ro. Questo è il suo stile, ma non sempre è lo stile dei suoi seguaci. Proclama il diritto e la giustizia. Scende dalla Galilea al fiume Giordano da Giovanni per far-si battezzare, confuso tra i peccatori. È il primo atto del-la sua vita pubblica. È un gesto di partecipazione, di condivisione con il suo popo-lo, mostra di intendere la sua vita come una strada di solida-rietà con l’umanità peccatrice. In questo gesto è già racchiusa tutta la sua storia successiva, la logica che lo guiderà e a cui resterà fedele fino alla fine.

Conviene che adempiamo

ogni giustizia

L’immersione rituale di Gesù nelle acque del Giordano con i peccatori sconcerta Giovanni Battista. Come mai Gesù, l’in-viato di Dio, il giusto, si sotto-mette come un peccatore qual-siasi a un rito di purificazio-ne? (è come se Gesù si met-tesse nella fila dei peccatori, per andare a confessarsi). Il motivo si chiarisce nel dia-logo tra Gesù e Giovanni Bat-

tista, riportato da Matteo: Ge-sù si sottopone al Battesimo perché così viene compiuta ogni giustizia. Giustizia per noi vuol dire ri-conoscimento e tutela dei di-ritti disattesi in base a un mo-dello di riferimento (una legge che stabilisce ciò che è giusto o no). Nella Bibbia giustizia è anche questo ma non solo perché il modello di riferimento è il co-dice dell’alleanza che inizia con una frase programmatica: “Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese di Egitto, dalla condizione di schiavitù”. (Es 20,2). Prima delle condizione per vivere nell’alleanza (le 10 parole) c’è l’iniziativa gratuita di Dio che da all’uomo la possibilità di rispondere: lo mette cioè nella condizione di libertà in modo che possa aderire al progetto di Dio. La giustizia di Dio è la sua fe-deltà alla sua promessa di una libertà piena e definitiva per ogni uomo. La giustizia dell’uomo è adesione a questo progetto di Dio, è l’impe-gno per renderlo attuale e operante nella storia dei rapporti umani.

“Ecco il figlio mio, l’ama-to”

Al rito del battesimo di Gesù segue la rivelazione celeste: si aprono i cieli, scende su Gesù lo Spirito, si ode la voce del Padre che invita a riconoscere nell’uomo Gesù confuso e so-lidale con i peccatori, il figlio amato, che porta a compimen-to la giustizia con la fedeltà e la perseveranza del servo. La sua morte non sarà un inciden-te, ma la conseguenza logica di tutta la sua attività pubblica inaugurata dalla scena battesi-male.

Il battesimo di Gesù tipo del nostro battesimo

E’ dono e progetto di vita: Un dono che ci immerge

nel grembo trinitario di Dio e ci rende realmente figli, partecipi della sua stessa vita.

Progetto di vita, che si realizza secondo la logica pasquale e ci immerge tra la gente e a farci carico delle gioie e delle soffe-renze, ed essere un segno di speranza.

Solo lo Spirito Santo è in grado di trasformare uo-mini meschini ed egoisti in servi e figli, come Ge-sù.

Il battesimo di Gesù al Giordano

I due volti del suo mistero

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Dal libro del profeta Isaia (49,3.5-6)

Il Signore mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Ora ha parlato il Si-gnore, che mi ha plasmato suo servo dal seno mater-no per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ri-condurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’e-stremità della terra».

Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi (1,1-3)

Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!

19 gennaio 2020 II tempo ordinario

Dal vangelo secondo Giovanni (1,29-34)

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il pec-cato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battez-zare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israe-le». Giovanni testimoniò dicendo:

Dal Salmo 39

Ecco, Signore, io vengo, per fare la tua volontà. Ho sperato: ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, una lode al nostro Dio. Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo». «Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi: non tengo chiuse le labbra, Si-gnore, tu lo sai.

Il cristiano ideale è

colui che serve

L’uomo che ha ottenuto la grazia viene al tempio per offrire un sacrificio al Si-gnore. Ma i presenti gli chiedono: dov’è la vittima? La rispo-sta è straordinaria: sono io la vittima. Dio non vuole sacrifici di animali o di cose ma l’ob-bedienza alla sua volontà: vuole il dono della tua persona non delle cose che hai.

«Ho contemplato lo Spirito di-scendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battez-zare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

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Ecco “l’agnello di Dio”

S. Giovanni nel deserto

Anche oggi protagonista è Giovanni Battista. Le sue pa-role ci orientano verso la meta: Cristo. Abbiamo ascoltato la sua tri-plice professione di fede in Gesù: “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mon-do” (1,29) “Ho contemplato lo Spirito scendere … e rimanere su di lui” (1,32) “È il figlio di Dio” (1,34) Ogni domenica questa testimo-nianza risuona nell’assemblea: colui che stai per incontrare è l’agnello di Dio … (da non in-terpretare nel senso di rasse-gnazione e passività). In questa immagine convergo-no due espressioni bibliche:

Quella dell’agnello pasqua-le, memoriale della liberazione dall’Egitto (Es 12): l’uomo fe-dele e solidale che prende su di se, togliendolo, il peccato del mondo. Il verbo usato significa “portare”, prendere sulle pro-prie spalle e insieme “togliere” via. Tutti e due i significati so-no presenti

Quella del servo del Signo-re. Isaia, cap. 53, canta il de-stino e l’atteggiamento del ser-vo, il valore della sua offerta per tutta l’umanità, valore che si fonda la sua innocenza e la sua solidarietà con il destino del popolo di cui fa parte.

Non è più l’offerta di un ani-male il simbolo dell’incontro con Dio e della ricomposizione dell’alleanza, spezzata dalla in-fedeltà del peccato. È la fedeltà e la solidarietà di un uomo fino alla morte il nuovo spazio del perdono e dell’incontro con Dio. Solo l’amore fedele fino alla morte ricostruisce l’allean-

za (la salvezza). Nella prima lettura il servo (il Messia, il popolo di Dio, ogni cristiano) leggendo la propria vita, alla luce del Si-gnore, comprende: - di essere oggetto di un amo-re preveniente e gratuito (chiamato per nome e plasmato sin dal seno materno) tutto è dono gratuito dell’amore di Dio, da spendere per tutti. - che il Signore ha fiducia in noi e vi si affida “in te manife-sterò la mia gloria”. Dio realiz-za i suoi disegni insieme con noi uomini, non si scoraggia, a differenza di noi. Non ci toglie la fiducia, anzi la raddoppia: - al compito di radunare i di-spersi di Israele, aggiunge - il compito di portare la sal-vezza, la speranza al mondo intero. Lezione per noi Giovanni Battista sa dare volto e nome a colui che sta in mezzo a noi e che noi non conosciamo: - Gesù è il servo fedele e soli-dale che prende su di se e to-glie il peccato del mondo. - Ha il compito di riunire i di-spersi e di essere luce, speran-za per tutti. - Vive in una vicinanza singo-lare con Dio. Lo Spirito è sceso su di lui e rimane in lui, è il figlio di Dio, in grado quindi di introdurre ogni persona in una nuova fa-migliarità con Dio.

… per imparare a leggere

LA BIBBIA

Meditazione sul Vangelo di Matteo (B. Maggioni)

Al pozzo della Parola (B. Maggioni)

Eucarestia e Parola Comunità di Bose)

Una comunità legge il Vangelo di Matteo (S. Fausti)

Secondo le Scritture (G. F. Ravasi)

La bellezza della Parola (Timoty Verdon)

Le ragioni della speranza (E. Ronchi, M. Marcolini)

Davanti a Dio: i Salmi (B. Maggioni)

25 gennaio Apertura del

festival biblico

LOGOS. PARLARE PENSARE AGIRE

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Dal libro del profeta Isaia (8,23-9,3)

In passato il Signore umiliò la terra di Zàbulon e la ter-ra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande lu-ce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una lu-ce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l'opprimeva, la sbarra sulle sue spalle e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian.

Dalla prima lettera di S. Paolo ai Corinzi (1,10-13.17)

Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pen-siero e di sentire. Infatti a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono di-scordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «Io invece di Cefa», «E io di Cristo». È forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo? Cristo infatti non mi ha mandato a battez-zare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga re-sa vana la croce di Cristo.

26 gennaio 2020 III tempo ordinario

Dal vangelo secondo Matteo (4,12-23)

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàza-ret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abi-tava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annuncian-do il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

Dal Salmo 26

Il Signore è mia luce e mia salvezza. Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario. Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Domenica della Parola

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Gesù iniziò la vita pubblica scandalizzando i Giudei

Una parola profetica diventa storia di salvezza Matteo inizia il racconto della vita pubblica di Gesù riportan-do un fatto in apparenza sem-plice, ma che in realtà costituì per le attese religiose del tem-po una grossa sorpresa, se non uno scandalo:” Gesù si ritirò nella Galilea e, lasciata Naza-reth, venne ad abitare a Cafar-nao”. Era logico aspettarsi che l’annuncio messianico partisse dal cuore del giudaismo, cioè da Gerusalemme, invece partì Da una regione periferica, ge-neralmente disprezzata perché contaminata dal paganesimo (“Galilea dei Gentili”). Ma proprio ciò che costituisce una sorpresa è per Matteo il com-pimento di un’antica profezia. Il profeta Isaia, fondandosi sulla fedeltà di Dio, preannun-ciò per queste regioni e popo-lazioni un futuro di liberazio-ne. Lì Gesù inaugura la sua at-tività pubblica . E’ lui il libera-tore. Nella sua persona Dio porta a compimento la parola di speranza del profeta. Nel 732 a.C. il territorio occupato dal-le tribù di Zabulon e di Nefthali, all’e-stremo nord della Palestina presso il lago di Tiberiade (la Galilea) viene occupato dalla Assiria. Sono tempi durissimi:a questo popolo angosciato e smarrito e oppresso (si parla di gio-go pesante, di verga sopra le spalle, del bastone dell’aguzzino) il profeta si rivolge, ricordandogli la certezza della liberazione. Qualsiasi cosa acca-da, c’è sempre la certezza che il Si-gnore è con il suo popolo. Una certez-za così assoluta che il profeta parla dell’oppressione come se si trattasse già di un fatto passato: “ Nel passato umiliò la terra di Zabulon e di Neftha-li”.Dall’umiliazione alla gloria, dalle tenebre alla luce il contrasto è netto, il passaggio è improvvido come quando un viandante, sperduto nell’ oscurità, sbocca improvvisamente nella luce; “Un popolo che camminava nelle te-nebre vide una grande luce”. La gioia è incontenibile. Si esprime : con due immagini (la gioia di una

mietitura abbondante e della sparti-zione del bottino) ed un ricordo ( allude al tempo di Madian, quando Gedeone con un pu-gno di uomini fiaccò la prepotenza dei madianiti) La lezione è chiara: è il Signore che salva il suo popolo e non la forza de-gli eserciti. Essenziale è fidarsi di Dio. Isaia sa che l’oppressione di que-sti territori è dovuta alla politica im-perialistica della Siria, ma il profeta vede in profondità e può scrivere: “Il Signore umiliò la terra di Zabulon… “cioè l’oppressione è conseguenza dell’idolatria, ma anche la liberazione è nelle mani del Signore che sono più forti del nostro peccato.

I primi passi del regno di Dio: un invito e una risposta Gesù proclama apertamente che ora e qui Dio interviene per stabilire la sua regalità. La giustizia, la libertà, la fe-deltà di Dio, entrano nella sto-ria umana per cambiarla, sono disponibili per ogni uomo. Egli viene come liberatore de-gli oppressi e donatore di gioia a quelli che vivono nelle tene-bre e nel pianto. L’unica con-dizione è una piena disponibi-lità al cambiamento, alla con-versione. Un esempio concreto Della forza e efficacia di que-sto annuncio: la chiamata dei primi discepoli. Accogliere il Regno, convertirsi per i quat-tro pescatori del lago vuol dire lasciare tutto (la barca e il pa-dre: le due sicurezza sulle qua-li fondiamo la nostra vita) e seguire Gesù, con libertà e il coraggio di impegnarsi con la sua persona, di coinvolgersi con il suo destino, diventando così collaboratori e testimoni del regno di Dio. “Vi farò pe-scatori di uomini”. La loro risposta diventa il tipo della risposta che ogni creden-te deve dare nel seguire Gesù.

Sintesi dell’attività di Gesù Il brano del vangelo conclude con una piccola sintesi della attività di Gesù. L’annuncio del regno di Dio si rende visibile e constatabile ne segni di guarigione, diventa buona notizia per quelli che sono colpiti da “ogni sorta di malattie e di infermità”. È una parola che diventa storia di salvezza, libera dalle schia-vitù, apre a un futuro nuovo. S. Paolo, che ha fatto esperien-za di questa forza creatrice e innovatrice dell’annuncio evangelico della croce ci rende sospettosi di fronte ai discorsi retorici: se una comunità, dice, è divisa a causa di beghe parti-giane, vuol dire che si è svuo-tato l’annuncio di Cristo Cro-cefisso. L’avventura cristiana inizia con una scelta religiosa ben precisa. Gesù ci rinvia a gesti liberanti che ha compiuto e di cui le scritture hanno parlato prima di lui. Noi ci preoccupiamo di aggiornare la catechesi e rifor-mare i riti o di porre gesti libe-ranti espressione di fede, spe-ranza, carità? Gesù annuncia il regno di Dio in una regione periferica, si ri-volge e chiama dei semplici pescatori pronti a piantare tut-to per dedicarsi a un’altra pe-sca. C’è in noi traccia di que-sto “metodo di Gesù?”. Non si limita a conservare e sviluppa-re la fede dove già esiste ma il luogo dell’annuncio e della in-carnazione dell’annuncio è il mondo intero, e in questo mondo si rivolge primaria-mente ai più emarginati e di-sprezzati.

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Dal libro del profeta Malachia (3,1-3)

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospira-te, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è co-me il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affi-nerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’of-ferta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani».

Dalla lettera agli Ebrei (2,14-18)

Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impoten-za mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò do-veva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguar-dano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, pro-prio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personal-mente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.

Dal vangelo secondo Luca (2,22-40)

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sa-crificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consola-zione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Si-meone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezio-ne di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’ani-ma –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni do-po il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel mo-mento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ri-torno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Dal Salmo 23

Vieni, Signore, nel tuo tempio santo. Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e valoroso, il Signore valoro-so in battaglia. Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è mai questo re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria.

2 febbraio 2020 IV tempo ordinario Presentazione del

Signore

Lo offrono davvero al Signore

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Chi è questo bambino? Il primo insegnamento del passo evangelico riguarda Ge-sù. Fra due quadretti di vita famigliare (Gesù portato al tempio dai suoi genitori e Ge-sù che cresce in casa come un figlio obbediente) è inserito il cantico di “Simeone”, che ci svela il senso profondo degli avvenimenti raccontati e nel contempo la gioiosa risposta dell’uomo a tali avvenimenti. Le parole del vecchio Simeo-ne sono composte sulla falsa-riga dei tre passi di Isaia: “allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la ve-drà” (40,5); “io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra” (49’6); “i popoli vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria” (62,2). Dunque, il bambino che Maria e Giuseppe portano al tempio (un bambini sottomesso alla legge come tutti) è la luce di cui i popoli hanno bisogno, la salvezza di cui Israele e le genti sono in attesa. Simeone ha però introdotto una modifi-ca sostanziale: i verbi non so-no più al futuro (“vedranno”), ma al passato (“hanno visto”): la speranza è un fatto compiu-to, il Messia è già venuto. Simeone intravvede anche un altro aspetto di questo bambi-no, il suo destino: sarà cercato e rifiutato, amato e crocifisso, sconfitto e vittorioso. Sarà un “segno di contraddizione”. Il figlio di Dio ci vieni incontro in un bambino di cui soltanto gli occhi della fede sanno pe-netrare il segreto. È il primo lato del mistero: Dio si fa pre-sente in una realtà quotidiana e normale, in un bambino che cresce in obbedienza, nel la-

voro, in una povera famiglia di paese. Questa presenza del divino nel quotidiano fa molto riflettere, ed è insieme conso-lante e impegnativa. Consolante perché allora Dia va cercato nella vita quotidia-na, nella vita di tutti, e non al-trove. Impegnativa, perché allora non si può più far finta che le cose quotidiane siano di poco contro, trascurabili: sono inve-ce luogo in cui incontriamo o rifiutiamo la presenza di Dio. Il figlio di Dio non è sottratto alla contraddizione, e condivi-de la sorte di tutti coloro che amano la verità e la dicono. È amato dal padre e tuttavia non è sottratto alla sofferenza e al rifiuto. È l’altro lato del miste-ro che fatichiamo a compren-dere, ma che siamo invitati a condividere.

La madre Il secondo insegnamento del brano evangelico riguarda la madre. La profezia della croce messianica, ma è diretta a Ma-ria. Simeone prevede il desti-no doloroso del figlio attraver-so il dolore della madre: Ma-ria sarà associata al destino del figlio (invito rivolto all’in-tera chiesa e ad ogni creden-te). “Una spada ti trafiggerà l’anima”. Isaia 53,5 usò la stessa espressione per profe-

tizzare il destino del servo di Dio: Simeone la applica alla madre. Il dolore di Maria è il medesimo dolore del Cristo: una stessa croce condivisa da ambedue. Una famiglia osservante È il terzo insegnamento. L’evangelista insiste molto sull’osservanza della legge. Gli ebrei la ritenevano un do-no di cui continuamente rin-graziare il Signore. La fami-glia di Gesù è osservante. È una osservanza da comprende-re bene: non soltanto portano il figlio al tempio e compiono un rito: lo offrono davvero al Signore. Lo depongono sim-bolicamente sulle braccia di Simeone e lo ricevono di nuo-vo come una spada. Il figlio che ricevono appartiene al Pa-dre e deve percorrere la via del Padre (la croce): non è più loro. A loro è richiesta l’accettazio-ne e le condivisione della via che il figlio dovrà percorrere, ma non sono loro a tracciarla. Qui sta il “mistero” della fa-miglia cristiana: una comunità che si apre - nei figli - al regno dei Dio e alla via della croce. Non si crescono i figli per se ma si offrono a Dio. Questo in concreto significa aprirli alle esigenze dell’amore e del ser-vizio universale, alle dure ri-chieste della fedeltà a Dio, della verità, della solidarietà, della giustizia, del dono di se. Ci vuole tutto il coraggio di Giuseppe e di Maria, i quali hanno saputo crescere un fi-glio che si è allontanato (apparentemente!) da loro, tut-to dedita alla causa del Padre e degli uomini suoi fratelli.

Chi è questo bambino?

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Dal libro del profeta Isaia (58,7-10)

Così dice il Signore: «Non consiste forse (il digiuno che voglio) nel dividere il pane con l’affamato, nell’in-trodurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si ri-marginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giu-stizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invoche-rai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!». Se toglierai di mezzo a te l’oppres-sione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio».

Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi (2, 1-5)

Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sape-re altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

Dal vangelo secondo Matteo (5,13-16)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi disce-poli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gen-te. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul can-delabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Dal Salmo 111

Il giusto risplende

come luce.

Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti: misericordioso, pietoso e giusto. Felice l’uomo pietoso che dà in prestito, amministra i suoi beni con giustizia. Egli non vacillerà in eterno: eterno sarà il ricordo del giusto. Cattive notizie non avrà da temere, saldo è il suo cuore, confida nel Signore. Sicuro è il suo cuore, non teme. Egli dona largamente ai poveri, la sua giustizia rimane per sempre, la sua fronte s’innalza nella gloria.

9 febbraio 2020 V tempo ordinario

Questo è il digiuno che piace

al Signore

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Il cristiano deve essere “luce” e “sale” e le “sue ope-re buone” devono risplende-re di fronte agli uomini. È quanto proclama oggi il van-gelo di Matteo. Ma che significa essere lu-ce e sale? Quali sono concretamente le opere buone da mostra-re, opere capaci di indurre gli uomini a glorificare il Signore? La risposta è nel passo di Isaia che abbiamo ora ascoltato.

Questo è il digiuno che piace al Signore.

Il profeta Isaia prende posi-zione contro una religiosità tutta riti e pratiche e poco preoccupata per l’uomo. Prende spunto dal digiuno a cui erano tenuti in certe ri-correnze. Dio – insiste il profeta – vuole ben altro ed elenca i comportamenti che costituiscono il vero digiuno che piace al Signore. Certo la nostra situazione oggi è molto mutata rispetto a quel-la che ha suscitato la polemi-ca del profeta. Il nostro non è più il tempo dei molti digiuni, delle molte pratiche rituali, delle fre-quenti preghiere per farsi ve-dere: si prega poco. Ma se è cambiato il contesto che ha spinto il profeta a po-lemizzare, il suo discorso conserva intatta la sua attua-lità. Ciò che piace a Dio è un at-teggiamento nei confronti dell’uomo: il Dio dei profeti anziché preoccuparsi in primo luogo di quanto i suoi fedeli fanno per lui, si preoccupa anzitut-

to di quanto i suoi fedeli fan-no per gli altri uomini. Tra i modi concreti di aiutare il prossimo, due sono quelli che al profeta stanno mag-giormente a cuore: Il primo è: “sciogliere le ca-tene”, rompere il giogo dell’oppressione, ridare la libertà ai prigionieri, in una parola la “liberazione” (Israele in esilio ha capito che cosa significhi la man-canza di libertà). Aiutare uomini e popoli a re-cuperare la libertà è cosa gradita a Dio più delle prati-che di mortificazione perso-nale. Il secondo è: “dividere il proprio pane con l’affama-to”. I profeti sanno quanto la fa-me possa umiliare un uo-mo. Liberare dalla schiavitù e lottare contro la fame, ecco due cose che il Dio dei pro-feti si aspetta dal suo popolo. È un Dio che si preoccupa della schiera sempre più nu-merosa dei diseredati e di es-si parla a chiunque venga al tempio per incontrarlo.

E così è anche il Dio di Ge-sù Cristo come mostra la parabola del giudizio: Mt. 25, 31-45 “ho avuto fame e mi avete dato da mangia-re ...”.

Dentro la storia alla sequela di Gesù

(essere trasparenza del Padre)

Come essere allora luce e sa-le? Il profeta e il Vangelo con-cordano: spezzare le catene e dividere il pane con l’af-famato. Opere capaci di in-durre l’uomo a glorificare Dio e capaci di trasformare chi le compie in luce che il-lumina cioè in un punto di riferimento che attira, stimo-la, incoraggia e in sale che dà sapore, che dà senso a una vita che rischia essere senza senso o di “andare a male”.

Voi siete il sale e la luce del mondo

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Dal libro del Siracide (15, 16-21)

Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stan-no la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. Grande infatti è la sapienza del Signore; forte e potente, egli vede ogni cosa. I suoi occhi sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare.

Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi (2, 6-10)

Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei domina-tori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo in-vece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta na-scosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra glo-ria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano». Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni co-sa, anche le profondità di Dio.

Dal vangelo secondo Matteo (5,17-37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegne-rà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato

grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario men-tre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo! Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato

Dal Salmo 118

Beato chi cammina nella legge del Signore. Beato chi è integro nella sua via e cammina nella legge del Signore. Beato chi custodisce i suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore. Tu hai promulgato i tuoi pre-cetti perché siano osservati interamente. Siano stabili le mie vie nel custodire i tuoi decreti. Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita, osserverò la tua parola. Aprimi gli occhi perché io consideri le meraviglie della tua legge. Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti e la custodirò sino alla fine. Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge e la osservi con tutto il cuore.

16 febbraio 2020 VI tempo ordinario

Dio rispetta la libertà

ma ci vuole responsabili

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nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue mem-bra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il ca-so di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudia-ta, commette adulterio. Ave-te anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate af-fatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Geru-salemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Mali-gno».

Non sono venuto per abolire,

ma per dare compimento

La prima lettura pone le pre-messe al discorso evangelico. Il Libro dell’Ecclesiastico (che significa libro dell’as-semblea) fu scritto nel 190-180 a.c. da un certo Ben Sirah (Siracide). Autentico figlio d’Israele, egli insegna la vir-tù, il coraggio, la tenacia, il dominio di sé, la rettitudine e la fedeltà. Condanna con vi-gore l’invidia, l’avarizia, l’ar-roganza, il rispetto umano. Nulla di particolarmente eroico nei diari di vita che egli propo-ne. Non sono ancora il Vange-lo. Sono però le indispensabili premesse. Se manca l’uomo non si fa il cristiano. Il suo umanesimo costituisce il buon terreno sul quale il seme del Vangelo ha speranza di germo-gliare.

Dio ci vuole responsabili

Il brano di questa domenica ci insegna che tra ciò che rende autentico un uomo c’è la franca ammissione della propria re-sponsabilità. Per quello che sei e fai non dare la colpa a Dio, e a nessun altro, ricordati che sei libero. La responsabilità è tua. La Bibbia conosce i condizio-namenti, il peso della tentazione e della fragilità dell’uomo. Par-la anche della presenza di Sata-na. Tuttavia non scusa mai l’uo-mo (cf. Gen. 4,7). Nessuno, neppure Dio, ci co-stringe a fare il bene, sta a noi decidere, ad osservare la legge per persuasione, per motivazio-ni interiori. La ricerca di Dio e del bene scaturisce dall’interno, dalla convinzione che Dio è un Padre interessato a noi, la legge è libertà e non schiavitù.

Gesù porta a compimento

Gesù è in continuità con l’anti-co testamento perché ne ricupe-ra l’intenzione di fondo e la porta a compimento. Recupera il centro della volontà di Dio e ci offre un metodo di lettura: per cogliere la volontà di Dio è necessaria una lettura globale della scrittura, che sappia di-stinguere tra la logica di fondo e le sue espressioni parziali, provvisorie. Gesù è rispettoso della Legge, va all’essenziale: l’eroismo del-la carità, la purità dei pensieri, non solo delle azioni, il corag-gio della franchezza in ogni cir-costanza.

la porta a compimento,

la interiorizza. L’ottica nuova è chiara. Possia-mo prendere il “non uccidere” o il “non commettere adulterio”, come due aspetti che evidenzia-no l’esigenza per il rispetto del-la vita e della fedeltà. Nella pro-spettiva nuova questi due pre-cetti devono diventare un cam-mino verso la pienezza di vita, devono diventare impegno a promuovere la vita, la fedeltà. “Non commettere adulterio” viene ricompreso nel “chiunque guarda una donna per desidera-la ha già commesso l’adulte-rio”, ma allora non è sola da pe-nalizzare l’azione esterna ma il cuore adultero.

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Dal libro del Levitico (19, 1-2, 17-18)

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signo-re, vostro Dio, sono santo. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossi-mo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti ven-dicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signo-re”».

Dalla prima lettera di S. Paolo apostolo ai Corinzi (3,16-23)

Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distrug-gerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. Nessu-no si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sa-pienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani». Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il pre-sente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

Dal vangelo secondo Matteo (5,38-48)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia

destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu la-scia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e su-gli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straor-dinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Pa-dre vostro celeste».

Dal Salmo 102

Il Signore è buono e

grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia, Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe. Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono,

23 febbraio 2020 VII tempo ordinario

Siate santi perché io, il Signore,

vostro Dio, sono santo

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La prima Lettura è tratta dal libro del Levitico. Molte prescrizioni rituali e com-portamenti in esso contenu-te sono superati, ma non i valori che esse intendono esprimere e che conservano tutt’ora la loro freschezza: “siate santi perché Io sono santo”; “camminerò in mez-zo a voi, io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio po-polo”. Santità, vista in Dio, desi-gna la sua grandezza e la sua distanza dall’uomo, che paradossalmente si manife-stano nell’avvicinarsi all’uomo. Colui che è infi-nitamente diverso si avvici-na a noi per elevarci e per attirarci a sé. Vista nell’uomo, santità è la completa appartenenza al Signore. Santo è colui che ha il coraggio da porsi dalla parte di Dio e non dalla par-te del mondo, non ha paura di separarsi, di perdere se stesso, di tradire il mondo. Chi appartiene a Dio ritrova se stesso, il mondo, gli uo-mini in modo più genuino. È separazione dal peccato, dall’egoismo, dalle logiche devianti, ma non dalla soli-darietà. L’appartenenza al Signore e la separazione dal mondo,consistono nell’ama-re il prossimo come se stes-si. Il comando dell’amore del prossimo termina con l’af-fermazione “io sono il Si-gnore”. Con questa formula Dio ci invita ad imitarlo, a far nostri i suoi pensieri, i suoi ragionamenti. È lo stesso semplice ragio-namento che ci propone Ge-sù: “Dio fà sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e fà

piovere sugli onesti e diso-nesti, perciò anche voi ama-te i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”.

Un modo diverso di vivere:

la logica dell’amore

Tutto il discorso della Mon-tagna è una semplificazione di come si vive nella logica della carità, ha una sua sin-tesi nella conclusione di questo testo: “voi dunque siate perfetti come è perfet-to il Padre vostro celeste”. La perfezione è l’amore e questo diventa giudizio di Gesù sulla vita umana. La logica della carità con-duce al superamento della:

Legge del taglione, una legge incentrata su una giustizia commutativa.

Della rigida demarcazione tra il prossimo e il nemico per considerare ogni uo-mo prossimo.

Amare i nemici vuol dire far cadere, soprattutto, dalla propria coscienza la catego-ria del nemico e considerare ogni uomo prossimo, fratel-lo degno di essere amato per se stesso in quanto ama-to da Dio. Ne conseguono due dinami-che: 1. Quella della non violenza

come comportamento e come atteggiamento di fondo.

2. La disponibilità per acco-gliere ogni uomo per se stesso come persona ama-ta da Dio.

Amare e pregare per il ne-mico costituisce la differen-za fra il cristiano e gli altri. E’ molto di più del sempli-ce perdono, del semplice rifiuto di rispondere con la violenza alla violenza. È amore pieno, attivo, solida-le, che non attende di essere ricambiato per donarsi. Non si aspetta il ravvedimento del nemico per poi amarlo, ma lo si ama già prima, per-ché già ci si sente responsa-bile nei suoi confronti. L’a-more al nemico evidenzia le note profonde di ogni auten-tico amore: la tensione all’universalità e la gratuità. Le motivazioni: rivela chi si è: se pagani o figli di Dio. Amare tutti è qualità divina: chi la fa propria mostra di essere veramente figlio di Dio.

Il comandamento difficile; amate i vostri ne-

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Fin dall'inizio la Chiesa ha capito che la festa più importante di tutte è la Pasqua, celebrazione della passione, morte e risurrezione del Signore. Per sottolineare questa importanza la Chiesa vi ha premesso un tempo di preparazione, che si è via via allargato fino a raggiungere i quaranta giorni. Il numero quaranta è di origine biblica, un numero simbolico, e indica il tempo di purificazione che occorre perchè l'uomo possa incontrare il Signore: i quaranta anni del cammino di Israele verso la terra promessa, i quaranta giorni di Elia nel deserto, i quaranta giorni della tentazione di Gesù. Nel quadro dell'anno liturgico la Quaresima si distingue dunque come un tempo particolarmente importante, nel quale il discepolo è invitato a ripercorrere il cammino della propria fede in modo da riscoprirne la vivacità e la direzione.

1. UN ITINERARIO DI FEDE La Quaresima intende dunque essere inanzitutto un itinerario di fede, e questo significa che da una domenica all'altra, da una lettura liturgica a un'altra, c'è una progressività. Ma è una progressività particolare: non una serie di temi nuovi che via via si aggiungono, ma una continua ripresa, sempre più approfondita ed assimilata, del medesimo tema che è la fede; fino ad arrivare al duro confronto con la Croce, che mette in luce le radici dell'incredulità, le paure, le resistenze e le esitazioni del cuore dell'uomo. È con questo spirito che dobbiamo ascoltare le letture durante la Quaresima: non un discorso nuovo, ma il discorso di sempre. Ricordando, se è il caso, che la fede la si comprende dall'interno, vivendola. Chi sta fuori a guardare non comprende.

2. DALLA PENITENZA ALLA CONVERSIONE

Fra le parole cristiane più frequenti, e oggi non troppo di moda, c'è la parola penitenza. Far penitenza significa cambiare, anzitutto il cuore (il centro della persona): il modo di ragionare, di valutare, di scegliere. Il cambiamento dal cuore deve passare poi alla vita, deve tradursi in pratica, deve diventare cioè un modo nuovo di vivere, di instaurare rapporti, di lavorare, di incontrarci.

Tempo di quaresima MERCOLEDÌ DELLE CENERI

CON CRISTO DALLA TESTA AI PIEDI Il cammino quaresimale si snoda tra due riti, l’imposizione delle ceneri (Mercoledì delle ceneri), ovvero la conversione, e la lavanda dei piedi (Giovedì Santo), ovvero il servizio e la condivisione. Sono il simbolo di una conversione completa che coinvolge tutta la vita.

Cenere in testa e acqua sui piedi. Tra questi due riti, si snoda la strada della quaresima. Una strada lunga, apparentemente, poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa, perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri. A percorrerla non bastano i quaranta giorni, che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta una vita, e il tempo quaresimale è un tempo privilegiato. Pentimento e servizio sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all’acqua, più che alle parole. Non c’è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche. Le altre, quelle fatte dai pulpiti forse si dimenticano subito. Queste, invece, no, perché espresse con i simboli, che parlano un “linguaggio a lunga conservazione”. È difficile, per esempio, sottrarsi all’urto di quella cenere. Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un’autentica martellata quel richiamo perentorio all’unica cosa che conta: “convertiti e credi al Vangelo”. Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci dalla testa ai piedi.

Tonino Bello

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Un itinerario di fede

Prima domenica di quaresima (1 marzo) La tentazione: l’esistenza cristiana è tesa e contesa tra il Padre e il maligno che ci suggerisce di interpretare a modo nostro la volontà di Dio. Crea uno spazio di silenzio, di ascolto, di dialogo … per deci-dere, in ogni situazione, da che parte stare, che strada prendere.

Seconda domenica di quaresima (8 marzo) La trasfigurazione: Gesù sta percorrendo l’ultimo trat-to di strada verso la croce. I discepoli non capiscono … Ecco la voce del Padre: questi è il figlio mio prediletto … ascoltate lui. L’ascolto è ciò che definisce il discepolo.

Terza domenica di quaresima (15 marzo) Gesù, acqua viva, punto di approdo della ricerca. La sete dell’uomo: il cammino della Samaritana. Un Dio che ha sete dell’uomo. Gesù luogo dell’incontro col Padre. Chi incontra Gesù si fa missionario, lo racconta a tutti.

Quarta domenica di quaresima (22 marzo) Gesù è la luce che ci permette di cogliere il mistero di Dio e della vita. Crediamo di vedere ma siamo ciechi. Il vero peccato è l’incre-dulità.

Quinta domenica di quaresima (29 marzo) Gesù è la vita. La resurrezione di Lazzaro splende sul nostro cammino come una promessa: la morte non è la fine. Nulla può separarci dall’amore di Dio.

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Dal libro della Gènesi (2,7-9;3,1-7)

Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue na-rici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva pla-smato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi gra-diti alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giar-dino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si apri-rebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il ma-le». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani (5,12-19)

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mon-do e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propaga-ta la morte, poiché tutti hanno peccato. Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputa-to quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della tra-sgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.

Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono ri-versati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la cadu-ta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedien-za di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.

1 marzo 2020 I quaresima

La tentazione: sfida alla libertà

Dal vangelo secondo Matteo (4,1-11)

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scrit-to: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il dia-volo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteran-no sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Dal Salmo 50

Perdonaci,Signore: abbiamo peccato. Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito.

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Gesù spartisce con noi anche la tentazione Il racconto della tentazione di Adamo Questa antichissima pagina contiene almeno tre insegnamenti che con-servano tutta la loro attualità.. A parte il linguaggio potrebbe essere una pagina scritta oggi. Primo: l’uomo è colto nella sua ca-ducità e nella sua grandezza e so-prattutto nel suo dramma. E’ tratto dalla terra e destinato a tornare alla terra: così il cerchi o si apre (2,7) e si chiude (3,19): “Tu sei polvere e in polvere ritornerai”. Eppure viene da Dio ed è amato da Dio: Dio gli è fe-dele, qui sta tutta la sua dignità e la sua speranza. L’uomo si dibatte in una contraddizione che sembra in-sanabile. Da una parte, i molti segni che assicurano che Dio è buono e che ha fatto l’uomo e il mondo se-condo un disegno sapiente. Dall’al-tra il dilagare del male, della violen-za e della morte. Il male dice il no-stro passo ha un’origine storica, nel-la libertà. La storia è piena di con-traddizioni perché l’uomo si ostina a volerla costruire disobbedendo al Signore. Di conseguenza il male non è qual-cosa da accettare con rassegnazio-ne, come una fatalità o peggio come se fosse la volontà di Dio: il male è stato introdotto nel mondo dall'uo-mo, e va combattuto, va tolto dal mondo. Ma il male da combattere nasce dentro di noi, non fuori: quin-di la prima battaglia da compiere è dentro il nostro cuore. Secondo: c'è una solidarietà nel pec-cato da Adamo fino a noi. Il peccato - quello di Adamo e quello di tutti gli altri - non resta chiuso nell’inti-mo dell’uomo, ma dilaga all’ester-no, si traduce in mentalità e abitudi-ni, crea cultura, legami e condizio-namenti, si fossilizza in strutture. Il suo peccato ci condizione e il no-stro, a sua volta, condiziona le gene-razioni future. E per mettere in luce questa storia di peccato che i primi racconti della Bibbia si sviluppano

secondo uno schema genealogico. Terzo: il peccato di Adamo non so-lo è il primo peccato, ma è anche il modello di ogni altro peccato. Nella tentazione di Adamo vediamo foto-grafata la nostra. La tentazione sta nel dubitare di Dio, nel credere che Egli imponga una legge per impe-dirci di divenire simili a Lui. La ten-tazione sta nel credere che la legge di Dio sia alienante e che l’uomo viva meglio al di fuori di essa. Ten-tazione attualissima, sembra descri-vere la mentalità dell’uomo moder-no, che nell’obbedienza al Signore e nell’ascolto della sua Parola ha pau-ra di sminuirsi, di perdere libertà e autonomia. Invece quando l’uomo travalica i limiti e si atteggia a signo-re e vuole costruire una storia per proprio conto è allora che perde la libertà, genera violenza e l’uomo è ridotto a strumento. Il racconto della tentazione di Ge-sù Che troviamo nel Vangelo ripropone - nella sostanza - la medesima tenta-zione di Adamo. In superficie le ten-tazioni sono molte, ma alla radice è sempre una sola. Percorrere la via messianica indicata da Dio (la via della croce) oppure percorrere una via propria, conforme alle valutazio-ni degli uomini (la via del successo, del prestigio, del dominio)? L’ultima risposta di Gesù al tentatore è: “Sta

scritto: adorerai il Signore e servirai Lui solo.”E’ una risposta che ogni uomo deve fare sua. A nessuno sfug-ga la sincera ammissione di satana: “Tutto questo ti darò, se mi adori”. Esatto: tutti coloro che si sottraggono a Dio per fare da soli e per porsi nel mondo come padroni, in realtà sono costretti ad adorare Satana. Non vo-gliono il vero Signore e ne trovano un altro, tirannico e mortificante. Un tiranno che ha molti nomi (denaro, successo, potere) ma un unico vol-to: è contro l'uomo” La tentazione, sfida alla nostra libertà Tutti siamo continuamente sottoposti alla tentazione, come Adamo, come Gesù. Ogni volta che siamo di fronte ad un bivio, alle scelte piccole e grandi della vita, siamo tentati da Satana: il mondo la pensa in un modo (denaro, successo, potere), Dio in un altro (la strada debole della Croce); dobbi-amo decidere da che parte stare, che strada prendere. S. Agostino scriveva che “nessuno può riconoscersi finchè non è tenta-to”. Il vero credente si riconosce nelle scelte che fa, non nelle parole o nelle pratiche religiose. Di fronte ad ogni singola situazione concreta della vita (nel lavoro, a scuola, in famiglia) si chiede: qual’è la vo-lontà di Dio? E agisce di conse-guenza.

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Dal libro della Gènesi (12,1-4)

In quei giorni, il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benedi-ranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si di-ranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore,

Dalla seconda lettera di S. Paolo apostolo a Timòteo (1,8-10)

Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazio-ne santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cri-sto Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibi-lità per mezzo del Vangelo,

8 marzo 2020 II quaresima

Dal vangelo secondo Matteo (17,1-9)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condus-se in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò co-me il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i disce-poli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvici-nò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Dal Salmo 32

Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo. Retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera. Egli ama la giustizia e il diritto; dell’amore del Signore è piena la terra. Ecco, l'occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame. L'anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo. su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo.

Abramo:

il coraggio di cambiare la vita

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Non possiamo vivere senza la domenica per essere trasfigurati con il Signore

La storia di Abramo (il grande cammino di ritorno a Dio) inco-mincia con questo racconto bre-vissimo, asciutto e tuttavia così ricco di significato.

Una chiamata che chiede obbedienza e fiducia.

Al primo posto l’iniziativa di Dio: “il Signore disse ad Abramo”. Tutto parte da qui, da questo intervento di Dio descritto con semplicità. Abramo ha già alle spalle una intera vita, ha moglie e figli, un ambiente e un passato, e tuttavia è come se la sua vita cominciasse soltanto ora. La sua vera storia inizia qui quando Dio gli rivolge la parola e imprime alla sua esistenza una svolta. Prima era come un camminare senza direzione e senza senso, il solito affannarsi de-gli uomini giorno dopo giorno, cer-cando che cosa? Ora diventa un cammino che imbocca una direzione e un significato. La Parola di Dio si presenta come un ordine (“Parti dalla tua terra … ver-so una terrà che io ti indicherò …”), e come una promessa (“Farò di te un grande popolo, ti benedirò, renderò grande il tuo nome”). Ordine e promessa che, esigono dall’uomo obbedienza e fiducia. Abramo è chiamato a un cambia-mento di esistenza (“Lascia e vie-ni”), ad abbandonare cioè tutto il suo mondo già noto, abituale (la casa, la terra, i parenti) per andare verso un futuro la cui unica garanzia è la Pa-rola del Signore. Questo è obbedienza, ma soprattutto fiducia. Si tratta di imparare a vivere non più nello sforzo disperato di conservare ciò che già si possiede, ma nello sforzo fiducioso di andare avanti, di uscire da ciò che ci è già noto e attuale per andare verso un mondo che il Signore garantisce, ma che noi ancora non vediamo.

La chiamata di Dio non è un privilegio ma per una missione.

Perché Dio ha chiamato Abramo? Se è il Dio di tutti, perché chiama un

uomo solo? Non c’è che una risposta: Dio non chiama una salvezza per se stessi, ma per un servizio e una responsa-bilità nei confronti di tutti. (“In te saranno benedette tutte le nazioni”).

La fede va rinnovata ogni giorno

Il seguito della storia di Abramo ci dice che il suo cammino fu continua-mente messo alla prova. Gli anni passano, i figli non vengo-no, le promesse sembrano sempre più allontanarsi. Commovente è il racconto del collo-quio notturno fra Abramo e il Signo-re (Genesi 15,3-6): “Abramo disse al Signore: tu non mi hai dato figli”. Allora il Signore lo condusse fuori dalla tenda e gli disse: “Guarda il cielo e conta le stele, se ti riesce!”. “Così sarà la tua progenie”. Abramo credette, ebbe fiducia nel

Signore Ma l’episodio più impressionante è il racconto del sacrificio di Isacco (Genesi 22), che inizia con una bat-tuta che già lascia trasparire la lezio-ne: “Un giorno Dio volle mettere alla prova Abramo e lo chiamò …”. Dio ha promesso ad Abramo una nu-merosa discendenza, ora gli chiede l’unico figlio. È un Dio misterioso, un Dio che

mette alla prova, un Dio le cui vie non sono le nostre.

La trasfigurazione Il Vangelo di oggi ci racconta il cammino di Gesù, che in compa-gnia dei discepoli si dirige verso Gerusalemme. Sullo sfondo c’è la croce, e questa incute ai suoi discepoli timore e resistenza. Occorre uno sguardo più acuto per accorgersi che dietro la croce (la strada del dono di sé, nonostante tutto, per tutti) c’è la resurrezione. Questo è il senso dell’episodio della trasfigurazione. I discepoli non riescono a capire come possa la Gloria di Dio mani-festarsi in un apparente fallimento, cioè la morte in croce. Gesù mostra ai discepoli che lo accompagnano che cosa veramente li attende alla fine del cammino: non la croce, ma la resurrezione e concede loro, per un momento, di anticipare la gloria della resurrezione. È però un anti-cipo fugace e provvisorio. I tre di-scepoli che vedono Gesù trasfigu-rato sono gli stessi che fra poco ve-dranno tutta la sua debolezza nel Getsemani, prima della Passione. Nel nostro cammino c’è posto per la tentazione, per le prove e per le luci.

“Ascoltatelo” Il punto centrale del racconto è dato dalla voce celeste: “Questo è il mio figlio prediletto: ascoltatelo!”. La Parola di Dio si è manifestata chiaramente negli insegnamenti e nella vita di Gesù incamminato verso la Croce. La vita di Gesù ci rivela chi è Dio, chi siamo noi e ci indica la regola da seguire. Non ci resta che ascoltarlo con cuore aperto, e seguirlo. Questa è la fede, questa è l'unica via che conduce alla Pasqua (cioè alla re-surrezione).

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Dal libro dell'Esodo (17,3-7)

In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di ac-qua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicen-do: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani (5,1-2.5-8)

Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa gra-zia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella spe-ranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, per-ché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a mo-rire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

15 marzo 2020 III quaresima

Dal vangelo secondo Giovanni (4,5-42)

In quel tempo, Gesù giunse ad una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi disce-poli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro pa-dre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Ge-sù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’ac-

Dal Salmo 94

Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore. Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia. Entrate, prostràti adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. È lui il nostro Dio, e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Se ascoltaste oggi la sua voce! «Non indurite il cuore, come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere.»

Un popolo tra libertà

e nostalgie di schiavitù

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qua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. An-zi, l’acqua che io gli darò di-venterà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non conti-nui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritor-na qui». Gli risponde la don-na: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo mari-to; in questo hai detto il ve-ro». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su que-sto monte né a Gerusalem-me adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non cono-scete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la sal-vezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori ado-reranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devo-no adorare in spirito e veri-tà». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annun-cerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlas-se con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa

cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna in-tanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dal-la città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo prega-vano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i disce-poli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha for-se portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio ci-bo è fare la volontà di co-lui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guar-date i campi che già bion-deggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita

eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semi-na e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che te-stimoniava: «Mi ha detto tut-to quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunse-ro da lui, lo pregavano di ri-manere da loro ed egli rima-se là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna diceva-no: «Non è più per i tuoi di-scorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

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Il Vangelo di questa domenica racconta l'incontro di Gesù con la donna samaritana al pozzo di Giacobbe, mentre la prima lettura riporta un episodio del cammino di Israele nel deserto. A prima vista i due fatti non sembrano avere nulla in comu-ne. Uno sguardo più attento in-vece scorge molteplici risonan-ze: l'incredulità dell'uomo, la pazienza di Dio, il dono dell'acqua.

Un popolo tra libertà e nostalgie di schiavitù

Dopo essere stato liberato dalla schiavitù del faraone, il popolo di Israele deve affrontare un lungo viaggio nel deserto: una esperienza che ha messo a nu-do alcuni atteggiamenti che ac-compagnano sempre il cammi-no dell’uomo verso Dio. Privo di acqua per sè e per il bestia-me il popolo protesta con Mo-sè e pretende: “dateci acqua!”. Questo è “tentare il Signore”. Poi dalla protesta passa alla

mormorazione: “Perchè ci hai fatto uscire dall'Egitto?”. “Mormorare” significa mette-re in dubbio la validità di ciò che Dio ha fatto. Valeva la pe-na uscire dall’Egitto per poi trovarsi in questa situazione precaria? La libertà è un gran-de dono, ma la vita in Egitto era pur sempre tranquilla: vita da schiavi, però almeno il cibo e l'acqua erano assicurati. Di fronte alla fatica della liber-tà nasce la nostalgia della schiavitù. Infine, dopo la protesta e la mormorazione, si mette in dubbio la stessa presenza del Signore: “Dio è in mezzo a noi, sì o no?”. Qui è in discussione tutto. Questo interrogativo riemerge in ogni difficoltà. Eppure le prove della presenza di Dio ci sono, ma non bastano mai. Il Vangelo chiama questo atteg-giamento “durezza di cuore”. In contrasto con l'atteggiamen-to del popolo, c’è il comporta-

mento di Dio, che riafferma la sua presen-za e, alla pro-testa risponde con il dono: “Colpisci la roccia e ne scaturirà l'ac-qua”. Dio è pazien-te. Ma è al-trettanto vero che Dio è esi-gente: inter-viene ed aiuta, ma non toglie la fatica e la precarietà del cammino. Do-na l'acqua, ma non conduce direttamente il

suo popolo dalla schiavitù d'E-gitto alla Terra Promessa. La libertà richiede un cammino che Dio non può e non vuole togliere all'uomo: pretendere un Dio che risolva i nostri pro-blemi (come il popolo di Israe-le a Massa e Meriba) vuol dire non avere capito nulla. Il cam-mino di Israele è un simbolo dell’intera storia umana. Il cammino della chiesa verso il Regno, dei popoli verso la li-bertà, di ogni uomo verso il Si-gnore non cessa di essere fati-coso, tortuoso e minacciato.

La ricerca dell'uomo e la ricerca di Dio

L'acqua è una realtà che per chi vive nel deserto (come Israele) cerca con ansia perché da essa dipende la vita propria e del bestiame e la fecondità della terra. Tutti noi siamo alla ricerca di qualcosa. Tutta la vita è un correre dietro a ciò che pensia-mo ci dia la felicità (i soldi, la professione, l'amore, la mac-china nuova...); per poi essere delusi da ciò che cercavamo, e ricominciare da capo: la nostra sete di felicità non trova l'ac-qua che la plachi. Anche la Samaritana che in-contra Gesù nel Vangelo di og-gi ha alle spalle una vita affan-nata nella ricerca di qualcosa che non riusciva a trovare (“hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito”). Ma non è lei che va in cerca di Gesù: è Gesù che va in cerca di lei per primo. Si direbbe che è l'uomo che deve cercare Dio, e invece lungo tutta la Bibbia troviamo Dio che va in cerca dell'uomo: è un Dio che ha sete dell'uomo.

L’acqua viva, il punto di approdo della ricerca

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Gesù dapprima suscita la sor-presa della Samaritana chie-dendole da bere: per la menta-lità del tempo era inconcepibi-le che un uomo, un maestro, rivolgesse la parola ad una donna, per di più Samaritana (i Samaritani erano considerati eretici adoravano Dio sul monte Garizin invece che a Gerusalemme). Tutto il dialogo che segue è un gioco che mette in luce l'in-comprensione della donna di fronte al mistero di Dio, e la pazienza di Dio che parte dalle esigenze immediate della don-na per suscitare in lei delle at-tese più profonde. La Samari-tana è preoccupata dell'acqua da attingere al pozzo, mentre Gesù vuole suscitare in lei la ricerca di un'altra acqua: Dio va in cerca dell'uomo perchè vuole che l'uomo si metta i cerca di Lui. Gesù chiede da bere a lei, ma le fa notare che dovrebbe essere il contrario (“Se conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti chiede da bere gli chiederesti tu stessa di darti quell'acqua viva che ti salverà”). Poi Gesù suscita una seconda sorpresa nella donna dimostrandole di conoscere la sua vita (“hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito”). Rivelandosi come profeta, Gesù induce la Samaritana a chiedere dove bi-sogna adorare Dio, una do-manda che costituisce il punto di partenza per rivelarle qual è il vero luogo dove incontrare il Padre.

È Gesù il vero luogo dell’incontro col Padre

Gli antichi luoghi di preghiera hanno perso il loro significato. Il nuovo tempio è Gesù. È nel-la comunione con lui, sotto l’a-zione dello Spirito Santo che i

credenti adorano il Padre. E la adorazione a cui Cristo ci con-duce è essenzialmente figliale. Gesù ci porta a una vicinanza a un rapporto con Dio finora sconosciuto. Chi possiede lo Spirito che rende figli (Rom. 8,15-16), lo Spirito che rigene-ra dall’alto (Gv. 3,5) può rivol-gersi a Dio chiamandolo Abba (papà).

Il cammino della samaritana

La Samaritana, condotta da Gesù, scopre gradualmente chi è la persona che le sta di fron-te: un giudeo diverso dagli al-tri (perchè si rivolge ad una sa-maritana), forse più grande del Patriarca Giacobbe, un profe-ta. Ma tutte le definizioni che la donna cerca di dare vengono lasciate una dopo l'altra, quan-do finalmente arriva quella de-cisiva: Gesù è il Messia, atteso dai giudei e dai samaritani. La donna cerca di situare Gesù nelle categorie religiose e tra-dizionali, ma Gesù ne mostra la loro inadeguatezza, sia a proposito del dono dell’acqua, sia del luogo del culto. La donna inoltre nella sua ri-cerca è chiusa nel passato, nell’attesa di un messia che de-ve ancora venire (“so che deve venire il messia”). Gesù invece attira l'attenzione su di se, sul presente: “Sono io, che ti par-lo”. La ricerca della donna giunge al termine quando si accorge che il futuro che spera è già iniziato. Ma Gesù non è il punto termi-nale dl cammino: è uno spazio che si apre sul Padre, è il luogo della vera adorazione, del vero incontro con Dio. La ricerca termina in Cristo, ma Cristo è a sua volta, uno spazio aperto sul Padre.

Testimonianza ed esperienza

Chi ha incontrato Dio non può star fermo: la gioia che lo prende è tale che lascia tutte le sue vecchie preoccupazioni e diventa subito un testimone in missione verso gli altri uomini (“la donna lasciò la brocca e andò in città...”). Il suo incon-tro con Cristo si fa corale e missionario. Gesù mette in cammino l'uo-mo perchè lui a sua volta metta in cammino gli altri uomini verso di Lui. E per questo non serve aver studiato teologia, avere un lungo cam-mino di fede alle spalle o una vita coerente e irreprensibile: i samaritani si convertono per la testimonianza di una donna che non era una discepola di Gesù ma lo ha incontrato per caso al pozzo. La fede parte sempre dalla te-stimonianza di qualcuno che ha già incontrato Dio: i samari-tani giungono alla fede stimo-lati dalla testimonianza della donna, ma poi abbandonano questa testimonianza per far posto all’esperienza personale e diretta con Gesù: “Dicevano alla donna: non è più per la tua parola che crediamo, ma per-chè noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è vera-mente il Salvatore del mondo.(Gv 4,43). Questo cammino - ricerca della donna è un’immagine del cam-mino di ogni uomo verso Dio.

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Dal primo libro di Samuele (16,1.4.6-7.10-13)

In quei giorni, Il Signore disse a Samuele: «Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato. Quando fu entrato, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo con-sacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’appa-renza, ma il Signore vede il cuore». Iesse fece passare da-vanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chie-se a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, per-ché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: «Àlzati e un-gilo: è lui!». Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Da-vide da quel giorno in poi.

Dalla lettera di S. Paolo apostolo agli Efesini (5,8-14)

Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di ca-pire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condanna-tele apertamente. Di quanto viene fatto in segreto da coloro che disobbediscono a Dio è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti il-luminerà».

Dal vangelo secondo Giovanni (9,1-41)

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo in-terrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» che significa “Inviato”. Que-gli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’ele-

Dal Salmo 22

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca, l’a-nima mia. Mi guida per il giusto cammino, a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni.

Dio guarda il cuore

e non alle apparenze

22 marzo 2020 IV quaresima

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mosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomi-glia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandaro-no: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io so-no andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Con-dussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. An-che i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dice-vano: «Quest’uomo non vie-ne da Dio, perché non os-serva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dis-sero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giu-dei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamaro-no i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interroga-rono: «È questo il vo-stro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci ve-de?». I genitori di lui

risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chie-detelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché aveva-no paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse rico-nosciuto come il Cristo, ve-nisse espulso dalla sinago-ga. Per questo i suoi genito-ri dissero: «Ha l’età: chiede-telo a lui!». Allora chiamaro-no di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sap-piamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete for-se diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma

costui non sappiamo di do-ve sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sape-te di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avreb-be potuto far nulla». Gli re-plicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuo-ri. Gesù seppe che l’aveva-no cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signo-re!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non ve-dono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste paro-

le e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose lo-ro: «Se foste ciechi, non avre-ste alcun pecca-to; ma siccome dite: “Noi vedia-mo”, il vostro peccato rima-ne».

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La liturgia chiama questa

quarta domenica “laetare” (la

domenica delle gioia) perché il

cammino quaresimale è un

cammino di conversione, non

di tristezza. Convertirsi signifi-

ca ritornare a casa, ritrovare

Dio e se stessi e questo è gioia.

La prima lettura rac-

conta la consacrazione

di Davide a re di Israele.

Di Davide si ricorda l’a-

bilità politica e militare,

il coraggio, l’intelligen-

za, ma soprattutto l’ob-

bedienza al Signore.

Davide è il re secondo il

cuore di Dio. E non per-

ché senza debolezze -

conosciamo il suo pec-

cato - ma perché ha

sempre avuto la consa-

pevolezza di essere a se-

vizio dell’unico re: il Si-

gnore. Non ha mai ten-

tati di sostituirsi a Dio,

che resta l’unico re. La regalità

di Davide si esercita nell’obbe-

dienza e nel servizio.

Dio guarda al cuore non

alle apparenze

Davide era il più giovane di otto figli, "fulvo, con begl'oc-chi e gentile d'aspetto". Dove-va ispirare una certa simpa-tia… a vederlo pascolare il gregge. Con termini di oggi lo potremmo definire un ragazzo sveglio, generoso e leale, ma non certo adatto a comandare un popolo diviso al suo interno e sempre in guerra con in pro-pri vicini.

Eppure Dio lo consacra re di Israele per mano del suo pro-feta Samuele. Agli occhi del mondo è senza dubbio una scelta perdente, contro ogni lo-gica di utilità ed efficienza. Ma "l’uomo guarda l'appa-renza, Dio guarda il cuore". Questa frase, posta al centro

del racconto di Samuele, rende ragione della scelta di Dio. Egli non si lascia incantare dal-le apparenze -quante volte an-che noi pensiamo che ciò che ci risulta utile sia per lo stesso motivo anche buono! - ma va-luta secondo altri criteri. Corre una profonda differenza tra le valutazioni degli uomini e le valutazioni di Dio. Anche gli uomini migliori, come Samue-le, rischiano sempre di lasciarsi incantare dall’aspetto e dall’imponenza della statura. Ma non Dio: egli valuta in base ad altri valori. È una legge co-stante dell’agire divino.

Scegliendo Davide, Dio ci in-vita a convertirci, a cambiare mentalità per cominciare a ra-gionare con i suoi criteri. Davide sarà un grande re, il più valoroso agli occhi del po-polo, il più santo agli occhi dei credenti. Pur peccando, non

smetterà mai di tende-re a Dio, riconoscendo che solo in Lui la vita dell'uomo può trovare senso e pienezza.

Gesù

è la nostra luce

Anche il racconto

della guarigione del cie-

co nato si può leggere

in questa prospettiva.

Gesù avrebbe potuto

rivelarsi ai dottori del

tempio, alle autorità,

ai farisei ed invece si

rivela a un cieco, un

uomo lasciato ai margini per-

ché considerato oltre che inuti-

le anche peccatore (il modo di

pensare del tempo imputava

ogni malattia ad un peccato

commesso) e non a coloro che

si reputavano maestri.

La ragione è la medesima: Dio

guarda il cuore e non alle appa-

renze.

La guarigione del cieco nato avvenne durante la festa delle capanne l’ottavo giorno che commemorava il soggiorno di Israele sotto le tende nel deser-to quando il Signore marciava alla loro testa, di giorno con

Il dramma della luce, l’esito che incontra,

la radice del suo rifiuto o della sua accoglienza

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una colonna di nubi, e di notte

con una colonna di fuoco per

far loro luce (Es 13,4 e Gv

7,1)

Durante la festa il sommo sa-

cerdote scendeva processional-

mente alla piscina di Siloe per

attingere l’acqua da versare

sull’altare delle offerte, mentre

la sera i bracieri posti sulle

mura del Tempio illuminavano

la Città Santa.

In questo contesto acquista

pieno significato la rivelazione

di Gesù: “Io sono la luce del

mondo, chi segue me non

camminerà nelle tenebre” (Gv

8,12). Questa proclamazione

fatta da Gesù si scontra con

l’incredulità e l’ostilità dei

Giudei (Gv 8,59), lo conferma

la guarigione del cieco nato.

Il miracolo: uscito dal tem-

pio, Gesù vide un uomo cieco

dalla nascita (rappresenta la

condizione naturale dell’uo-

mo, che è nell’oscurità anche

se non ha peccato). Gesù guar-

da per primo questo uomo. I

discepoli sono curiosi di cono-

scere l’origine della sua malat-

tia (“chi ha peccato”). Gesù

invece vede un uomo concre-

to, in una situazione concreta e

vuole insegnarci come si uti-

lizza una tale situazione, come

viverla. La malattia - dice Ge-

sù superando la curiosità dei

discepoli - è segno e occasione

di salvezza, ha un significato

nel piano di Dio.

Gesù compie quindi un gesto

simbolico (come facevano i

profeti): raccoglie del fango e

lo spalma sugli occhi del cieco

(ancora coperti col fango della

creazione: è la nostra condi-

zione di creature che non ci

permette di vedere) e lo invia

alla piscina di Siloe, il cieco

andò, si lavò e tornò che ci ve-

deva.

Gesù non chiede la fede ma

l’obbedienza. Il cieco non co-

nosce Gesù ma si abbandona a

lui e compie così in vero gesto

di fede nella misericordia di

Dio che non abbandona i suoi

poveri.

Le diverse reazioni di

fronte a Gesù e alla verità La reazione della folla è di in-

certezza e di imbarazzo, la rea-

zione dei parenti è di paura, la

reazione dei farisei è di totale

rifiuto: cercano dapprima di

negare la realtà del miracolo e

alla fine negano comunque che

si tratti di un miracolo che vie-

ne da Dio perché Gesù ha vio-

lato il sabato. Non accettano la

spiegazione del cieco perché

viene da un uomo della folla,

da un incompetente.

Tutto il contrario è l’atteggia-

mento del cieco.

È il testimone coinvolto nello

stesso rifiuto del maestro. È i

contrario dell’atteggiamento

dei farisei: riconosce di non

sapere, è disponibile, ragiona a

partire dalla realtà del fatto ac-

caduto. A ogni domanda che

gli viene rivolta, il cieco ri-

sponde con una confessione di

Gesù: un uomo (9,11), un pro-

feta (9,17), un inviato di Dio

(9,33).

È un cammino di fede, che tro-

va il suo culmine nell’incontro

con Gesù dopo la cacciata dal-

la sinagoga, dove Gesù è chia-

mato figlio dell’uomo e Signo-

re.

Tre volte il cieco dichiara di

non sapere, riconosce la pro-

pria cecità.

Voi credete di vedere

ma siete ciechi Tre volte invece i farisei di-

chiarano di sapere, sono chiusi

nella loro verità, credono di

avere già la luce: per questo

non sono aperti alla novità di

Gesù. Sono prigionieri della

loro falsa sicurezza, non si la-

sciano smuovere neppure

dall’evidenza dei fatti.

Secondo Giovanni il vero pec-

cato è l’incredulità.

Rifiutare Gesù significa chiu-

dere gli occhi di fronte a una

luce che è giunta al suo pieno

meriggio.

Gesù è come la lampada che

rischiara il cammino

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29 marzo 2020 V quaresima

Dal libro del profeta Ezechièle (37,12-14)

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri se-polcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivre-te; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani (8,8-11)

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non pos-sono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.

Dal vangelo secondo Giovanni (11,1-45)

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era ma-lato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cam-mina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro:

Dal Salmo 129

Il Signore è bontà e misericordia. Dal profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica. Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi ti può resistere? Ma con te è il perdono: così avremo il tuo timore. Io spero nel Signore. Spera l'anima mia, attendo la sua parola. L'anima mia è rivolta al Signore più che le sentinelle all'aurora. Più che le sentinelle l’au-rora, Israele attenda il Signore, perché con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.

Ecco io apro i vostri sepolcri

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«Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dis-sero allora i discepoli: «Signore, se si è addormen-tato, si salverà». Gesù ave-va parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del son-no. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdi-mo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a mori-re con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Ma-ria a consolarle per il fratel-lo. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratel-lo non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualun-que cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello ri-sorgerà». Gli rispose Mar-ta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo gior-no». Gesù le disse: «Io so-no la risurrezione e la vi-ta; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non mo-rirà in eterno. Credi que-sto?». Gli rispose: «Sì, o Si-gnore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Det-te queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama».

Udito questo, ella si alzò su-bito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incon-tro. Allora i Giudei, che era-no in casa con lei a conso-larla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguiro-no, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi di-cendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse pro-fondamente e, molto turba-to, domandò: «Dove lo ave-te posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non moris-se?». Allora Gesù, ancora

una volta commosso pro-fodamente, si recò al sepol-cro: era una grotta e contro di essa era posta una pie-tra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Mar-ta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro gior-ni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo gra-zie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sem-pre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta at-torno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e la-sciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, cre-dettero in lui.

Risurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-45)

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Una resurrezione che è come una promessa

Il racconto della morte e ri-surrezione di Lazzaro, occupa nel vangelo di Giovanni un po-sto centrale. In questo episodio arriva alla conclusio0ne il tema della vita, iniziato nel prologo “in lui (Gesù) era la vita e la vita era la luce degli uomini. La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno ac-colta”. Il simbolo della vita e della lu-ce sono strettamente congiunti. ma prima viene la vita, poi la luce. Il tema della vita è ripre-so nel capitolo 5,28 “verrà l’o-ra in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la mia vo-ce e usciranno”, (ecco che Laz-zaro ode la voce di Gesù ed esce dal sepolcro) e nel capito-lo 10 dove si parla del buon pastore che da la vita per le sue pecore. La morte e risurrezione di Lazzaro prefigura la sorte di Gesù, la sua morte e la sua re-surrezione. Il racconto di Laz-zaro occupa nel vangelo di Giovanni un posto analogo al racconto della trasfigurazione nei vangeli sinottici: prima di affrontare la passione, Gesù of-fre ai discepoli disorientati un anticipo della risurrezione (trasfigurazione) per mostrare loro il significato profondo e inatteso della Croce. Gesù sta percorrendo l’ultimo tratto di strada, e su questo cammino splende la risurrezione di Laz-zaro come una promessa: la morte non è la fine, né la sua né la nostra. Riflettiamo ora sulla malat-tia e la morte di Lazzaro e sul comportamento strano di Gesù, che ama Lazzaro e lo lascia morire. Significativo è il modo in cui Marta e Maria avvertono

Gesù: “Signore, ecco, il tuo amico è malato”. È una pre-ghiera molto discreta e molto cristiana: non fanno leva su ciò che loro e Lazzaro hanno fatto per Gesù ma sull’amore di Ge-sù per Lazzaro. ma Gesù sem-bra abbandonare l’amico al suo destino. Gesù non è venuto ad alterare il ciclo normale della vita fisica ma a dare alla morte biologica un nuovo significato. “Questa malattia non è per la morte - esclama Gesù - ma per la gloria di Dio”. È desti-nata a diventare luogo di rive-lazione, un luogo in cui la po-tenza di Dio e del figlio si ma-nifesterà come vittoria sulla morte. Passati due giorni Gesù dis-se ai discepoli: “Andiamo di nuovo in Giudea”, “il nostro amico Lazzaro si è addormen-tato, ma io vado a svegliarlo”. Gesù, per salvare gli amici non teme di esporsi al pericolo. Per Gesù la morte non è definitiva: c’è un risveglio. Ma i discepoli temono per lui e per loro stessi (ricordano il tentativo dei Giudei di lapidare Gesù durante la festa della consacrazione del Tempio,

10,39) e non capiscono il mi-stero racchiuso nella morte e risurrezione di Lazzaro, che è il mistero di Cristo che deve morire per risorgere e il miste-ro dell’uomo che sembra desti-nato alla morte, al fallimento, ma in realtà è aperto alla risur-rezione. Comunque i discepoli, a differenza dei Giudei, si pure brontolando, senza capire, non rinunciano ad andare con Gesù a Betania. Giunto a Betania, Gesù in-contra Marta, che saputo del suo arrivo, gli va incontro pro-fessando la sua fede in Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe mor-to!... (11,21-22)”. Marta non ha smesso di credere nella po-tenza di questo Messia. La sua fede è salda ma ha bisogno di un approfondimento per diven-tare cristiana. “Io sono la risur-rezione e la vita - le dice Gesù - chi crede in me, anche se muore, vivrà. Chiunque vive e crede in me, non morirà mai”. Al centro c’è la persona di Ge-sù: credere in lui è condizione unica e irrinunciabile perché questa nostra vita, segnata dal-la caducità, superi la frontiera della morte. Nella fede in Cri-sto, la vita presente acquista già una forza nuova: “non mo-rirà mai”. La resurrezione è già vicina, presente nella persona di Gesù. La vittoria sulla morte corporale e la resurrezione fi-nale non sono che la logica conseguenza della vita nuova che già ora il cristiano possie-de nella fede e che lo rende ca-pace di amare, di fare dono di se. Giunge nel frattempo Maria che si getta ai piedi di Gesù e scoppia in pianto.

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Gesù vedendola piangere, eb-be un fremito di ribellione di fronte alla morte e una volta di fronte al sepolcro dell’ami-co scoppia in lacrime (come accadrà di fronte all’imminen-za della Croce 12,27). La mor-te, come la croce, restano uno scandalo: sei di fronte a un Dio che dice di amarti e tutta-via sembra abbandonarti. È il mistero dell’esistenza dell’uomo amato da Dio, e tut-tavia abbandonato alla morte. Gesù stesso non si è sottratto a questa contraddizione. ma la morte dell’uomo e la croce di Gesù non sono il segno dell’abbandono.

Lazzaro viene risuscitato: “togliete la pietra”, - ordinò Gesù - e, a Maria che obbiet-tava disse: “se credi vedrai la Gloria di Dio.

La gloria di Dio Di fronte alla croce e di fronte all’esistenza dell’uomo sono possibili due letture. C’è lo sguardo di chi si arresta allo scandalo, e c’è lo sguardo di chi si apre alla fede e supera lo scandalo. Gesù ci invita a ve-dere nella morte di Lazzaro e nella croce la gloria di Dio. Per “Gloria” si intende la ma-nifestazione di Dio. È il luogo dove l’amore potente di Dio trova il modo di manifestarsi. Lazzaro che sembrava abban-

donato non lo è stato: si chie-deva la guarigione e ha avuto la risurrezione. È qui anticipa-to il mistero di Gesù.

Ma questo segno divide gli uomini

Alcuni dicono: è proprio il messia, altri, per il bene comu-ne chiedono che venga elimi-nato. I segni di Dio sono si convincenti ma anche deboli, sono affidati alla libertà dell’uomo. I gesti di Dio ci rivelano il vol-to di Dio e mettono anche a nudo quello che davvero c’è dentro il tuo cuore.

Dai rami d’ulivo alla croce DOMENICA DELLE PALME

INGRESSO DI GESU’ A GERUSALEMME: “Osanna al figlio di Davide, benedetto colui che viene nel nome del Signore: è il re di Israele. Osanna nell’alto dei cieli.”

Gesù entra a Gerusalemme: e va davvero verso il tro-no, che sarà la croce. È attorniato da una folla che agita al suo passaggio rami d’ulivo. I rami di ulivo siamo noi.

Il cammino che facciamo con Gesù ci porta ad innestarci nell’albero della vita lasciandoci “crocifiggere con Ge-sù”, e nelle nostre vene ricomincerà a scorrere la linfa che ci rinnoverà totalmente nell’amore. Gesù entra cavalcando un asinello.

Per instaurare il Regno del Padre, Gesù ha bisogno solo di un asinello. È dal punto di vista di … un asinello che possiamo capire un “re” che si preoccupa di vincere la pace disarmandosi … Entrato in Gerusalemme tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: “Chi è costui?”.

(Mt. 21,10-11) La persona, le scelte, i criteri di vita di Gesù, ci lasciano indifferenti o ci in-quietano?

(Rom. 11,17) “Se alcuni rami sono stati tagliati via, tu, essendo un olivastro selvatico sei stato innestato al posto loro, venendo così a partecipare della linfa che pro-viene dalla radice dell’ulivo.”

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1° Quadro - il Cenacolo L’arresto di Gesù In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, an-dò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta mo-nete d’argento. Da quel mo-mento cercava l’occasione propizia per consegnare Ge-sù. Il primo giorno degli Azzi-mi, i discepoli si avvicinarono

a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: “Il mio tempo è vicino; farò la Pa-squa da te con i miei discepo-li”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venu-ta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, co-minciarono ciascuno a do-mandargli: «Sono forse io, Si-gnore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello

che mi tradirà. Il Figlio dell’uo-mo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, dis-se: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto». Istituzione dell’Eucarestia Ora, mentre mangiavano, Ge-sù prese il pane, recitò la be-nedizione, lo spezzò e, men-tre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue

Lettura della Passione di nostro

Signore Gesù Cristo secondo Matteo (26,14-27,66)

Dal libro del profeta Isaia: 3° canto del servo di Dio (50,4-7)

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Si-gnore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resi-stenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Si-gnore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Filippesi: l’inno contem-

pla Gesù in tutte le tappe del suo viaggio nella storia (2,6-11)

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non riten-ne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

5 aprile 2020 Domenica

delle Palme

Dal Salmo 21 Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo: «Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama!». Un branco di cani mi circonda, mi accerchia una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa. Si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto. Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all'assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d’Israele.

Gesù entra decisamente

in Gerusalemme

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dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel re-gno del Padre mio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Allo-ra Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: “Percuoterò il pastore e sa-ranno disperse le pecore del gregge”. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Gali-lea». Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i disce-poli. 2° quadro - il Getsemani L’angoscia e la preghiera di Gesù Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsè-mani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Poi venne dai di-scepoli e li trovò addormenta-ti. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di ve-gliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spiri-to è pronto, ma la carne è de-bole». Si allontanò una se-

conda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allon-tanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stes-se parole. Il tradimento Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai pec-catori. Alzatevi, andiamo! Ec-co, colui che mi tradisce è vi-cino». Mentre ancora egli par-lava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e ba-stoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; ar-restatelo!». Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rab-bì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti,

misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Compimento delle scritture Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. Al-lora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendo-no la spada, di spada mori-ranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici le-gioni di angeli? Ma allora co-me si compirebbero le Scrittu-re, secondo le quali così deve avvenire?». In quello stesso momento Gesù disse alla fol-la: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegna-re, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scrit-ture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.

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3° quadro - Gesù davanti al Sinedrio Gesù davanti al Sinedrio Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal som-mo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fi-no al palazzo del sommo sa-cerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimo-nianza contro Gesù, per met-terlo a morte; ma non la trova-rono, sebbene si fossero pre-sentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentaro-no due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”». Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costo-ro contro di te?». Ma Gesù ta-ceva. Allora il sommo sacer-dote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo». Allora il som-mo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestem-miato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli ri-sposero: «È reo di morte!». Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaf-feggiarono, dicendo: «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?». Rinnegamento di Pietro Pietro intanto se ne stava se-duto fuori, nel cortile. Una gio-vane serva gli si avvicinò e

disse: «Anche tu eri con Ge-sù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Men-tre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai pre-senti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non cono-sco quell’uomo!». Dopo un poco, i presenti si avvicinaro-no e dissero a Pietro: «È ve-ro, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradi-sce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subi-to un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente. 4° quadro - il Pretorio Gesù davanti a Pilato Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio con-tro Gesù per farlo morire. Poi lo misero in catene, lo con-dussero via e lo consegnaro-no al governatore Pilato. Allo-ra Giuda – colui che lo tradì –, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimor-so, riportò le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». Egli allora, get-tate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. I capi dei sacerdo-ti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel te-soro, perché sono prezzo di sangue». Tenuto consiglio, comprarono con esse il “Campo del vasaio” per la se-poltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato “Campo di sangue” fino al giorno d’oggi. Allora si compì

quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: «E presero trenta monete d’argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore». Gesù intanto comparve da-vanti al governatore, e il go-vernatore lo interrogò dicen-do: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla. Allora Pilato gli disse: «Non senti quante te-stimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase as-sai stupito. Gesù o Barabba? A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a lo-ro scelta. In quel momento avevano un carcerato famo-so, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era raduna-ta, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiama-to Cristo?». Sapeva bene in-fatti che glielo avevano con-segnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giu-sto, perché oggi, in sogno, so-no stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sa-cerdoti e gli anziani persuase-ro la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Es-si allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!». Pilato, visto

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che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicen-do: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Gesù oltraggiato Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. Allora i soldati del governatore con-dussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fe-cero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una can-na nella mano destra. Poi, in-ginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». 5° quadro - il Golgota Sulla via della Croce Sputandogli addosso, gli tol-sero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo. Mentre uscivano, incontrarono un uo-mo di Cirene, chiamato Simo-ne, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diede-ro da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guar-dia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Ge-sù, il re dei Giudei». Insieme a lui vennero crocifissi due la-droni, uno a destra e uno a sinistra. Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che di-

struggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scen-di dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scri-bi e gli anziani, facendosi bef-fe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scen-da ora dalla croce e credere-mo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol be-ne. Ha detto infatti: “Sono Fi-glio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo. A mezzo-giorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomerig-gio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sa-bactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo que-sto, alcuni dei presenti dice-vano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la in-zuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a sal-varlo!». Ma Gesù di nuovo gri-dò a gran voce ed emise lo spirito. Veramente costui era figlio di Dio Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitaro-no. Uscendo dai sepolcri, do-po la sua risurrezione, entra-rono nella città santa e appar-vero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che suc-cedeva, furono presi da gran-de timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!». 6° quadro - il Sepolcro Vi erano là anche molte don-ne, che osservavano da lonta-

no; esse avevano seguito Ge-sù dalla Galilea per servirlo. Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Gia-como e di Giuseppe, e la ma-dre dei figli di Zebedeo. Gesù nel sepolcro Venuta la sera, giunse un uo-mo ricco, di Arimatea, chia-mato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un len-zuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màg-dala e l’altra Maria. Il giorno seguente, quello dopo la Pa-rasceve, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, dicendo: «Signore, ci siamo ricordati che quell’im-postore, mentre era vivo, dis-se: “Dopo tre giorni risorgerò”. Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: “È risorto dai morti”. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». Pilato disse lo-ro: «Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete». Essi andarono e, per rendere sicu-ra la tomba, sigillarono la pie-tra e vi lasciarono le guardie.

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GIOVEDÌ SANTO

nella cena d’addio Gesù sintetizza la sua vita (una pro-esistenza) nei segni profetici del pane spezzato e del vino versato, con i quali anticipa il dono di sé nella pasqua

chiede di entrare in comunione con la sua scelta attraverso il gesto del mangiare e del bere, deci-dendosi quindi a spartire la sua stessa sorte l’invito “Fate questo in memoria di me” è possibile praticarlo nella comunione con lui, che ci costituisce come suo corpo ecclesiale, re-so capace di farsi corpo d’amore per l’umanità

affinché il memoriale eucaristico non si riduca a rito, nel cuore della cena il vangelo di Gio-vanni pone la lavanda dei piedi, accompagnata dal medesimo invito di fare come lui ha fatto

lavandoci i piedi gli uni gli altri celebriamo il mistero dell’agàpe donataci dal Cristo stesso e rendiamo possibile la koinonìa ecclesiale, la fraternità concreta, sacramento della comunio-ne cui è destinata l’umanità intera

La vita di Gesù è una vita “messa a disposizio-ne”, un dono per tutti, nonostante il tradimento, il rinnegamento, il rifiuto. Siamo chiamati a condividere questo progetto, a incarnarlo in ogni situazione, resistendo alla tentazione di imporlo.

VENERDÌ SANTO siamo chiamati ad adorare l’albero della cro-ce, legno maledetto che diviene l’albero di vi-ta degli inizi, dopo che è stato “svelato”: non evento unicamente di morte, ma di vita (il chicco di grano…) se la fede non toglie il velo dalla croce, non è possibile vedere in essa la salvezza quale esito dell’amore più forte della morte (dal fianco squarciato, nell’acqua e nel sangue, avviene il parto di un mondo nuovo) il grande racconto della passione secondo Gio-vanni ci fa contemplare l’umanità sfigurata di Gesù (Ecco l’uomo) quale paradossale luogo dove di manifesta la gloria di un Dio, identifi-catosi con la nostra carne mortale (Ecco Dio) celebrare il venerdì santo è contemplare la glo-ria del Crocifisso (la “bellezza” che salva il mondo) e accogliere la grazia (l’amore assolu-tamente gratuito) che da lui proviene.

Gesù crocifisso ci rivela il volto del Padre e la sua solidarietà nei nostri confronti.

Gesù accetta l’apparente debolezza dell’amore: non ha usato la potenza per sottrarsi al rifiuto, ha resistito alla tentazione “dell’imposizione” si è affidato alla libertà dell’uomo.

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SABATO SANTO È il giorno del grande silenzio, nel quale la chiesa accompagna il Cristo nel sepolcro, vi-vendo una sorta di “tempo sospeso” (tra la morte e la vita, l’antico e il nuovo, le tenebre e la luce…) Cristo sperimenta davvero la morte e discende agli inferi per raggiungerci là dove siamo: toc-ca il fondo con noi, vivendo l’abbandono, soli-darizzando con quanti sono sottomessi al pote-re della morte (in senso sia fisico che spiritua-le) accompagnare Cristo in questa discesa, condi-videndo la sua estrema solitudine, significa fare propria fino in fondo la domanda che sale dalla storia in tutta la sua tragicità, non cercan-do scorciatoie o facili consolazioni nel grembo freddo di un sepolcro il seme cade e va a marcire, in attesa che la spiga germo-gli, e noi affidiamo tutto all’iniziativa di Dio, dandogli fiducia come il contadino (che dorma o vegli…)

VEGLIA PASQUALE è la madre di tutte le veglie, che porta a matu-razione il paradigma biblico del vegliare come atteggiamento proprio della fede (il dormire è incompatibile con la fede, altrimenti si cade nel sonno della morte…) il passaggio dalle tenebre alla luce rievoca in-sieme la creazione (sia la luce) e la nuova crea-zione (nel segno dell’acqua battesimale): il ce-ro è Cristo, primogenito di ogni creatura e pri-mo dei risorti da morte, il vero Adamo nel qua-le veniamo riplasmati in novità di vita il canto dell’Exultet è vangelo, la buona noti-zia che siamo chiamati ad accogliere e annun-ciare, capace di fugare le tenebre dei cuori e di far risplendere la speranza accesasi definitiva-mente nella storia (al di là delle sue contraddi-zioni) il grande racconto della storia della salvezza racconta di noi, personaggi e simboli biblici in-terpretano il nostro cammino di vita, come sin-goli e come comunità attraverso la parola di Dio e l’eucaristia an-che noi facciamo pasqua, passiamo dall’uomo vecchio all’uomo nuovo, veniamo alla luce con una rinascita dall’alto (Gesù a Nicodemo…): siamo risorti con Cristo!

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Dal vangelo secondo Giovanni (20,1-9)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata

tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insie-me tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario, - che era stato sul suo capo, - non posa-to là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Dagli Atti degli Apostoli (10,34.37-43)

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il bat-tesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e ri-sanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui com-piute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui do-po la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, co-stituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (5,6b-8)

Fratelli, non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pa-sta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievi-to di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.

12 aprile 2020 PASQUA

Dal vangelo secondo Matteo (28,1-10)

Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria anda-rono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come fol-gore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto». Abbandonato in fretta il se-polcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

Dal Salmo 117

Alleluia, alleluia, alleluia.

Rendete grazie al Signore, perché è buono; perché il suo amore è per sempre. Dica Israele: «Il suo amore è per sempre». La destra del Signore si è innalzata, la destra del Signore ha fatto prodezze. Non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d'angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi.

Questo è il giorno di Cristo

Signore: alleluia, alleluia

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Pasqua: nel Cristo risorto è il futuro dell’uomo La resurrezione di Cristo è il cardine della fede, proprio per questo le letture liturgiche della Pasqua sviluppano attorno ad essa un’ampia riflessione, che va dal racconto dell’avvenimento (Vangelo) al suo annuncio (Atti) e alle conseguenze morali che ne derivano (il passo di Paolo)

La nascita del mondo nuovo

Le donne si recano, di primo mattino, a visitare il sepolcro: probabilmente Matteo pensa al lamento funebre. L'evangelista non si limita a de-scrivere, come fa Marco, la pie-tra ribaltata, ma dice che ci fu "un gran terremoto" e che un an-gelo del Signore "dall'aspetto della folgore e in vesti bianche" discese dal cielo. Sono elementi simbolici, derivati dai racconti apocalittici, in parti-colare del profeta Daniele (7,9 e 10,6.8.9). Sono tutti motivi che si collega-no ai temi della manifestazione di Dio e del giudizio. Con questi tratti Matteo ci offre un codice di lettura e ci schiude il senso della risurrezione stessa. L’Apocalittica attendeva un mondo nuovo, nato dalla po-tenza di Dio e dal suo giudizio. È la risurrezione - dice Matteo - che segna la svolta apocalitti-ca: la fine del vecchio mondo e l'inizio del nuovo.

Il Crocifisso è risorto Ma al di là di quanto abbiamo detto, Matteo sottolinea soprat-tutto un fatto, e cioè che il Croci-fisso è risorto. Come in Marco (16,6) e in Luca (24,54), anche in Matteo il senso dell’avvenimento e della sorpre-sa è sostanzialmente racchiuso nelle parole del Messaggero cele-ste, parole che illuminano le don-ne incapaci da sole a capire: “io so che cercate Gesù, il Crocifis-so; non è qui, è risorto”. L’angelo non si limita a correggere la ri-cerca delle donne, né si accon-tenta di dire che colui che cerca-no morto è risorto, ma attira l’at-tenzione sul Crocifisso. Perché

sta proprio qui la sorpresa dell’avvenimento: la vittoria del-la Croce. La Pasqua svela il sen-so positivo e salvifico del vener-dì Santo.

La via dell'amore percorsa con ostinazione da Gesù, non è dunque vana: contrariamente al giudizio degli uomini, essa è la via che porta alla vita e co-struisce il mondo nuovo. Il giu-dizio di Dio è diverso da quello degli uomini. Questi hanno con-dannato Gesù, appendendolo alla Croce, giudicandolo un falso Messia, incapace di offrire sal-vezza. Dio, invece, approva Gesù di Nazareth e lo fa risorgere. A documentare la risurrezione non ci sono soltanto il Sepolcro vuoto e le parole dell’angelo. C’è l’incontro con lo stesso Signore. Le donne si stringono attorno a Gesù, e i loro gesti esprimono af-fetto gioioso, venerazione e pre-ghiera. Ma Gesù le invia ai di-scepoli. L’incontro con il risorto

diviene testimonianza E una volta compreso l’avveni-mento, si impone con urgenza (“presto”) un compito: annun-ciare che il Cristo è risorto (“Andate ad annunciare ai disce-poli …”) e che la storia rico-mincia (“..vi precede in Galilea, là lo vedrete”). Questo ci riporta agli Atti degli Apostoli: “Dio ci ha ordinato di annunciarlo al popolo” dice Pie-tro alla gente radunata in casa del centurione Cornelio. La resurrezione di Gesù non è un avvenimento da tenere per sé, ma da annunciare a tutti, perché è il cardine della fede e del’esistenza. Che sarebbe la vita di un uomo senza questa speranza? La Pa-squa è una festa in cui i cristiani

dovrebbero gridare al mondo la loro speranza, il senso ritrovato dell’esistenza. C’è uno stile in questo annuncio, tanto che i testi Sacri spesso lo indicano con la parola testimo-nianza, e questo significa corag-gio, fede e convinzione. Si an-nuncia con le parole e con la vita. Nella seconda lettura S. Paolo ricorda ai cristiani di Corinto che sono uomini pasquali” (“siete pani azzimi”, cioè pani pasquali), uomini nuovi, che si sono scrol-lati di dosso il vecchiume (“la malizia e la perversità”) e hanno indossato un abito nuovo (“la sincerità e la verità”). Nell’imminenza della Pasqua, si usava nelle case ebraiche buttar via il lievito vecchio, per poi - dopo la festa - fare il pane con il lievito nuovo. È a questa usanza che Paolo pen-sa quando scrive: “togliete via il lievito vecchio per essere pasta nuova”. Malizia e perversità sono due pa-role generiche, e indicano la cat-tiveria in generale, le storture della mente e delle azioni. Ognuno sa molto bene qual è la propria cattiveria da buttare. “Sincerità e verità, sono i conno-tati dell’uomo risorto con Cristo, dell’uomo che ha fatto Pasqua.

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Dagli Atti degli Apostoli (2,42-47)

Quelli che erano stati battezzati erano perseveranti nell’insegna-mento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insie-me e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signo-re ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati Dalla prima lettera di S. Pietro apostolo (1,3-9)

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurre-zione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’ere-dità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivela-ta nell’ultimo tempo. Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora do-vete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – desti-nato a perire e tuttavia purificato con fuoco –, torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.

19 aprile 2020 II Pasqua

Dal vangelo secondo Giovanni (20,19-31)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a

voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché cre-diate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Dal Salmo 117 Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre

Dica Israele: «Il suo amore è per sempre». Dica la casa di Aronne: «Il suo amore è per sempre». Dicano quelli che temono il Signore: «Il suo amore è per sempre». Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato mio aiuto. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. Grida di giubilo e di vittoria, nelle tende dei giusti: la destra del Signore ha fatto prodezze. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d'angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi. Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo!

Gesù risorto, è in mezzo a noi

ma in modo nuovo

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Gesù risorto si manifesta

nell’assemblea domenicale “La sera di quello stesso giorno” Gesù apparve ai discepoli chiusi nel Cenacolo. (I fatti centrali del-la salvezza - resurrezione di Ge-sù e apparizione ai discepoli - so-no avvenuti tutti di domenica: che significato ha per noi il giorno del Signore?)

Nel Cenacolo Gli apostoli sono riuniti (non an-cora uniti) nel Cenacolo, dove hanno sperimentato il massimo dell’amore (avendo amato i suoi, Gesù li amò fino in fondo). Sono rinchiusi per paura, per man-canza di fede. Venne Gesù: è un lieto annun-cio. Gesù viene anche se le no-stre disposizioni sono minime, e “sta” da “vivente” da “risorto” in mezzo, in modo nuovo (nella Pa-rola, nel Sacramento, nella Fra-ternità). Consegna ai discepoli i doni del-la nuova esistenza: la pace e la gioia, frutto di una scelta non violenta. I doni della pace e della gioia Questi due doni sono presenti an-che nelle altre due letture: gli Atti ricordano che i primi cristiani “spezzavano il pane a casa pren-dendo i pasti con letizia e sempli-cità di cuore”. Nella lettera di Pietro c. 1,3-5 viene subito messa in evidenza l’iniziativa del Padre che con la resurrezione di Gesù Cristo ci fa rinascere per una speranza che è “viva”, perché si fonda sul Vi-vente; è una speranza sicura, de-finitiva, “conservata nei cieli”, ma che ha bisogno della nostra adesione di fede: non c’è niente di automatico, di scontato!

Nei vv. 6-9 viene ripetuto l’invito alla gioia piena, anche se la co-munità è afflitta dalle prove, nell’ostilità del mondo. Sembra paradossale, una assurdità essere ricolmi di gioia proprio mentre ci si trova nella sofferenza, ma qui sta il cuore dell’annuncio della lettera. “Voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui”: è la fede delle donne al sepolcro, nel mattino di Pasqua, nel buio della visione, ma nella luce della Parola. Sono le parole del Vangelo di oggi, ri-volte a noi: “Beati quelli che pur non avendo visto, crederanno”. Mostra le mani bucate e il fianco squarciato dai quali scaturisce una umanità nuova. La tristezza dei discepoli si trasforma in gioia: si aprono gli occhi e lo ri-conoscono. È ciò che viviamo ogni qualvolta che ci riuniamo per celebrare l’Eucarestia.

La missione dei discepoli Dall’Eucarestia nasce la missio-ne. Gesù affida ai suoi discepoli il compito di continuare la sua missione: “come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Importante è l’avverbio co-me. La missione dei discepoli trova in quella di Gesù l’origine e il modello: si compie nell’ob-bedienza al Padre e per la salvez-za del mondo. Gesù compie la sua mis-sione in perfetta obbe-dienza, rivela le parole del Padre non le proprie: chi lo ascolta, ascolta il Padre, chi lo rifiuta, ri-fiuta il Padre. Il Padre ha mandato il Figlio per salvare il mondo. Tutta-via la Parola del Figlio è una Parola che provoca una crisi. Così deve es-

sere la Missione del discepolo: si esercita nell’obbedienza (e qui sta la sua autorità) ed è un an-nuncio di salvezza che provoca la crisi. Ci raduniamo ogni domenica per imparare ad amare il mondo, per dilatarci. La missione nasce dall’amore. Il mondo in cui siamo inviati è amato dal Padre.

Il dono dello Spirito è il perdono dei peccati

Gesù soffia e dona lo Spirito. Lo Spirito può essere solo accol-to. È un invito a lasciarci amare da lui che sta alla porta e bussa. L’esito è il perdono dei nostri peccati. È affidato alla comunità, cioè passa attraverso di noi. In ogni Eucarestia abbiamo la possibilità di sperimentare il perdono dei peccati (l’Eucarestia è il luogo proprio di tutti i sacramenti). La comunità è il luogo di riconci-liazione autentica tra Dio e gli uomini: “ricevete lo Spirito San-to … a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li ri-metterete, resteranno non rimes-si”. .

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Dalla prima lettera di S. Pietro apostolo (1,17-21)

Carissimi, se chiamate Padre colui che, senza fare preferen-ze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stra-nieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come ar-gento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, eredita-

ta dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è mani-festato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.

Dagli Atti degli Apostoli (2,14.22-33)

Nel giorno di Pentecoste, Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò a loro così: «Uomini d’Israele, ascoltate que-ste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, conse-gnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucci-so. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della mor-te, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo po-tere. Dice infatti Davide a suo riguardo: “Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lin-gua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: “questi non fu ab-bandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione”. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testi-moni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».

26 aprile 2020 III Pasqua

Gesù risorto si manifesta

nell’Eucarestia

Dal Vangelo secondo Luca (24,13-35)

Ed ecco, in quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversa-vano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Ge-sù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno conse-gnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui

Dal Salmo 15

Mostraci, Signore, il sentiero della vita. Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu». Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce. Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare. Per questo gioisce il mio cuore, ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa . Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra.

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che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e han-no trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a cre-dere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scrittu-re ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villag-gio dove erano diretti, egli fe-ce come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistet-tero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pa-ne, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi disse-ro l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Parti-rono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è appar-so a Simone!». Ed essi narra-vano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

I tratti dell‟uomo nuovo A voce alta

Il passo degli Atti di questa do-menica ci dice che, ripieno di Spirito Santo, “Pietro levatosi in piedi con gli altri undici, parlò a voce alta così”. A voce alta: il cristiano - e questo è un primo tratto del rinnovamento - deve annuncia-re la sua fede pubblicamente, coraggiosamente, a tutti. Il coraggio di confessare Cri-sto apertamente è un segno della vita nuova. La prima lettera di Pietro ri-corda che Dio non agisce se-condo personalismi. È un chia-ro invito al cristiano perché, a sua volta, non faccia favoriti-smi. La tentazione di trattare le persone diversamente in base alla loro importanza nella so-cietà è sempre in agguato. Chi si comporta in questo mo-do è un uomo vecchio.

La nuova vita dei battezzati

È il momento centrale dell’e-sortazione di Pietro, nella qua-le viene ricordato il prezzo del riscatto pagato da Cristo, il suo sangue prezioso. È la grazia “a caro prezzo” di cui parla Bon-hoeffer quando affronta il tema della sequela di G. Cristo. Ascoltiamo le sue parole: “La grazia è a caro prezzo perché è

costata molto a Dio; a Dio è costata la vita del suo Figlio e perché per noi non può valere poco ciò che a Dio è costato caro. È soprattutto grazia per-ché Dio non ha ritenuto troppo caro il suo Figlio per riscattare la nostra vita, ma lo ha dato per noi. Grazia cara è l’incar-nazione di Dio”.

In un altro passo aggiunge: “Grazia a caro prezzo è il teso-ro nascosto nel campo, per amore del quale l’uomo va e vende tutto ciò che ha, con gioia; è la perla preziosa, per il cui acquisto il commerciante dà tutti i suoi beni; è la Signo-ria di Cristo, per la quale l’uo-mo si cava l’occhio che lo scandalizza; è la chiamata di Gesù Cristo che spinge il di-scepolo a lasciare le sue reti e a seguirlo. È a caro prezzo perché ci chia-ma a seguire, è grazia perché chiama a seguire Gesù Cristo; è a caro prezzo perché l’uomo l’acquista al prezzo della pro-pria vita”. Ma è soprattutto il vangelo che può illuminarci.

In quello stesso giorno, il pri-

mo della settimana.

Ci diciamo cristiani, ma forse

ci siamo dimenticati che per

noi la settimana inizia con la

domenica. Da qui dobbiamo

partire.

Come riconoscere il Signore nel nostro cammino quoti-diano?

Come valutare gli eventi che troppo spesso sembrano contraddire ogni speranza?

Il Cammino

dei discepoli di Emmaus

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In quello stesso giorno, il pri-

mo della settimana.

Due dei discepoli erano in

cammino … Gesù in persona

si accostò e camminava con

loro

Per strada, cioè imbarcati a vi-vere la vita, lo siamo tutti. Il passo dio ognuno, tuttavia dif-ferisce. Chi si trascina e chi sembra volare … chissà com’è il tuo passo in questo momento … dipende da che cosa bolle dentro il tuo cuore I due discepoli camminano verso Emmaus, voltando le spalle a ciò in cui avevano spe-rato. Sono delusi, amareggiati, per-ché ciò su cui avevano scom-messo, alla fine è stato inghiot-tito dal nulla. L’inversione di marcia avviene quando Gesù il vivente si affianca e cammina con loro, condivide il loro pas-so e la loro tristezza. La fede, è prima di tutto ed essenzialmente questo: rico-noscere la prossimità di Dio alla nostra vita, la compa-gnia discreta e forte di Gesù, amico silenzioso che condivi-de i nostri passi. Gesù si fa raccontare la vicen-da che dapprima li ha entusia-

smati e poi li ha resi tristi. Av-viene qui qualcosa di grande, che comincia a trasformare la loro vita. Se lo diranno l’un l’altro quando Gesù sparirà dalla loro vista: “non ci ardeva forse il cuore nel petto quando lungo la via, egli ci parlava e ci spiegava le Scritture?”. Gesù legge con loro quella

Parola di Dio che conosce-vano ma non avevano com-preso, perché mancavano di una chiave interpretativa.

Questo vale anche per noi: la Parola di Dio rimane chiusa se non la leggiamo in riferimento alla vita di Gesù e alla nostra vita, se non facciamo dialogare la sua esistenza con la nostra. L‟inversione di marcia avvie-ne quando Gesù suggerisce di leggere gli eventi in modo nuovo: ”Cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spie-gò loro in tutte le scritture ciò che si riferiva a Lui”. Gli eventi sono rimasti quelli di prima (la croce, il sepolcro vuoto), ma ora sono letti diver-samente, con occhi nuovi.

La luce che illumina gli avve-nimenti è dono di Dio, ma esige la disponibilità dell„uomo. I due discepoli si allontanava-no da Gerusalemme, però sta-vano insieme discorrendo fra loro non di cose futili, ma di ciò che era accaduto, di Gesù di Nazareth e della liberazione di Israele. Sono le condizioni perché la parola di Dio possa illuminare e perché l’uomo possa ritrovare il senso delle cose. A uomini frastornati o rinchiusi in problemi margina-li, la parola di Dio ha ben poco da dire. La novità sta: nella capacità di cogliere la presenza di Dio, reale, vicina, ma velata;

nel comprendere, con l’aiuto delle Scritture e alla luce della resurrezione, che la via dell‟a-more percorsa da Gesù non è fallimentare, anzi è la sola che porta alla vita e costruisce un mondo nuovo. La novità sta nel credere che la storia è nella mani di Dio e che la via per affrontare i problemi non è quella della forza, della guerra ma della debolezza dell’amore.

Si aprirono i loro occhi

e lo riconobbero

Giunta la sera, ormai vicini al villaggio di Emmaus, i due di-scepoli invitano il viandante misterioso a rimanere con loro. “Rimani con noi perchè si fa sera” … È ciò che il bimbo dicde alla madre, invitandola a colmare la sua paura del buio con una presenza amorosa … è ciò che dice l’amico all’amico, confes-sandogli una soitudine che do-manda di essere condivisa … èe ciò che dice il malato sfinito dalla sofferenza, invocando aiuto per affrontare un’altra notte di dolore ... Preghiera breve ma stupenda, da ripetere senza stancarci a un Dio che sostiene le nostre oscurità. A tavola, nell’intimità della cena che mette in comu-nione più di tante parole,

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Gesù spezza il pane e “i loro occhi si aprirono”.

Riconoscono l’amico, il mae-stro, il Messia crocifisso ora vivente. Spezzare il pane è il gesto profetico che Gesù aveva fatto la sera del giovedì, antici-pando la croce del venerdì, la sua vita spezzata e donata per amore. Spezzare il pane è diventato,

per i cristiani di tutti i tempi,

l’Eucarestia, celebrata nella

memoria di Cristo morto e ri-

sorto.

Il pane eucaristico è, da quel momento, la presenza stessa di Cristo donata come cibo al-la nostra fame di amore, di giustizia, di pace. Mangiare di quel pane è un modo semplice e concreto di condividere la sorte di Gesù, di divenire gente pasquale che vive in sé quanto afferma Gio-vanni nella sua prima lettera: “noi sappiamo che siamo pas-sati dalla morte alla vita poiché amiamo i fratelli”. Eucarestia e Pasqua sono lo stesso mistero, quello che an-che tu sperimenti quando vuoi bene e senti che per amare bi-sogna avere il coraggio di morire a ciò che di vecchio porti dentro di te (l’egoismo, la presunzione, l’autosufficienza, la voglia di prevaricare…) per risorgere alla novità di un’esi-stenza che si fa dono.

E senza indugio fecero

ritorno alla comunità

I due vorrebbero prolungare questa esperienza, ma Gesù sparisce dalla loro vista. Ulte-riore delusione? No, ormai hanno capito che la presenza del vivente la portano dentro,

li abita come respiro che ti av-volge, si è fatta Spirito che non li abbandona più, e cor-rono dagli altri discepoli, per-corrono la strada fatta e non è più un allontanarsi dal fanta-sma delle loro paure e delle lo-ro delusioni, bensì il gioioso condividere la speranza che li ha afferrati. Ti sarà capitato di vivere qual-cosa di così bello da avere den-tro l’urgenza di spartirlo con altri. La vita cristiana è così, se dav-vero è tale.

Essere cristiani da soli non ha più senso

Insieme si ama e si spera, si coltivano speranze e si intesso-no sogni, si affrontano le paure e si concretizzano i desideri.

Il Cristo risorto affida ai suoi amici un’utopia possibile di un mondo da rendere vivibile, il progetto, sul quale scommette-re, di una umanità pacifica, fraterna e giusta. La Pasqua Gesù l’ha fatta, vin-cendo la morte con l’amore.

Tocca a noi, ora, fare Pa-squa: non la festa di un gior-no, ma il gioioso impegno di una vita.

INVOCAZIONE

ALLO SPIRITO

Signore, noi ti ringraziamo

perché ci raduni ancora

una volta alla tua presen-

za, ci raduni nel tuo nome.

Signore, tu ci metti da-

vanti alla tua Parola, quel-

la che tu hai ispirato ai

tuoi profeti: fà che ci ac-

costiamo a questa Parola

con riverenza, con atten-

zione, con umiltà; fà che

questa Parola non sia da

noi sprecata, ma sia ac-

colta in tutto ciò che essa

ci dice. Noi sappiamo che

il nostro cuore è spesso

chiuso, incapace di com-

prendere la semplicità del-

la tua Parola. Manda il tuo

Spirito in noi perché pos-

siamo accoglierla con veri-

tà, con semplicità; perché

essa trasformi la nostra vi-

ta.

Fa', o Signore, che non re-

sistiamo, che la tua Parola

penetri in noi come spada

a due tagli; che il nostro

cuore sia aperto ad essa e

che la nostra mano non vi

resista; che il nostro oc-

chio non si chiuda, che il

nostro orecchio non si vol-

ga altrove, ma che ci dedi-

chiamo totalmente a que-

sto ascolto. Te lo chiedia-

mo, o Padre, in unione

con Maria, per Gesù Cri-

sto Nostro Signore.

Carlo Maria Martini

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Dagli Atti degli Apostoli (2,14.36-41)

Nel giorno di Pentecoste, Pietro, con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Sappia con certezza tutta la casa d’I-sraele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso». All'udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbia-mo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il per-dono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno fu-rono aggiunte circa tremila persone.

Dalla prima lettera di S. Pietro apostolo (2,20-25)

Carissimi, se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise pec-cato e non si trovò inganno sulla sua bocca; insultato, non ri-spondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non viven-do più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue pia-ghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora sie-te stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime.

Dal vangelo secondo Giovanni (10,1-10)

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono per-

ché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, so-no ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attra-verso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in ab-bondanza».

Dal Salmo 22

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino a motivo

del suo nome. Anche

se vado per una valle

oscura, non temo alcun

male, perché tu sei con me. Il tuo bastone

e il tuo vincastro

mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli

occhi dei miei nemici.

Ungi di olio il mio capo;

il mio calice trabocca.

Si, bontà e fedeltà mi

saranno compagne

tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella

casa del Signore per lunghi giorni.

Il Signore è il mio pastore:

non manco di nulla

3 maggio 2020 IV Pasqua

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Gesù risorto si manifesta nei pastori della chiesa

Le letture di oggi sottolineano alcuni tratti dell’uomo nuovo. Sono almeno tre:

Le certezze del cristiano

Nel passo degli Atti degli Apo-stoli si legge che “Pietro, pro-clamò solennemente: «Sappia con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso»”. Con certezza: Credere è abban-donare le sicurezze mondane per affidarsi a Dio. L’uomo nuovo possiede molte certezze: per esempio la certez-za della morte e resurrezione di Gesù e, quindi, la certezza del-la nostra resurrezione; la cer-tezza che la via della croce è vittoriosa; la certezza che è il Signore, e non gli uomini, che dirige gli avvenimenti.

La pazienza

La lettera di Pietro invita a sopportare con pazienza la sof-ferenza che proviene dal fare il bene. Non raramente una vita onesta, disinteressata, se con-

dotta secondo criteri diversi da quelli comuni, è motivo di di-sagio. Per viverla gioiosamente oc-corre pazienza, parola che si-gnifica molte cose: la fatica della perseveranza, la fiducia e la serenità anche nei momenti più duri, il coraggio di saper attendere superando la pretesa di vedere subito i risultati. È l’insegnamento più duro da accogliere, ma è la risposta ad una “chiamata”, quella di se-guire le orme di Cristo. Ci lasciamo aiutare da un pen-siero di Etty Hillesum, giovane ebrea morta ad Auschwitz nel 1943. Nel suo Diario, fortunosamente salvato e passato poi di mano in mano, scrive: “Volevo solo dire questo: la miseria che c’è qui è veramente terribile; eppu-re, alla sera tardi, quando il so-le si è inabissato dietro di noi, dal mio cuore s’innalza sempre una voce – non ci posso far niente, è così, è di una forza elementare -, e questa voce di-ce: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo co-struire un mondo completa-mente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere.”

Gesù: Pastore e porta (La forza di donare se stessi)

Raccontando la parabola del Pastore, Gesù sottolinea che Egli è il vero pastore, perché a differenza del mercenario - non viene a rubare le pecore ma do-nare la vita. Il falso pastore pensa a se stes-so e sfrutta le pecore. Il vero

pastore, invece, pensa alle pe-core e dona se stesso. La caratteristica del vero pasto-re e del discepolo è anzitutto il dono di sé. Nel Vangelo, poi Gesù si identifica con la porta. Ogni cosa è sospesa a lui. In lui vi è la salvezza e la vita.

Il discepolo

Seguire Gesù è frutto di una chiamata (“Egli chiama le sue pecore una per una”), implica un‟appartenenza ed esige un‟ascolto. Costituisce una comunione di vita, un camminare insieme e il rifiuto di ogni altro maestro, di ogni altro pastore.

Per capire meglio

La parabola del pastore richiama uno sfondo molto familiare alla vita palestinese. La sera i pastori conducevano il gregge in un recinto per la notte. Un recinto comune serviva generalmente a diversi greggi. Il mattino ciascun pastore gridava il suo richiamo e le pecore – le sue pecore che conoscono la sua voce – lo seguivano.

“Sono venuto perché abbia-te la vita e l’abbiate in so-vrabbondanza” (Gesù)

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10 maggio 2020 V Pasqua

Dal vangelo secondo Giovanni (14,1-12)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò pre-parato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sap-piamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le paro-le che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».

Dal Salmo 32 Il tuo amore, Signore, sia in mezzo a noi: in te speriamo. Esultate, o giusti, nel Signore; per gli uomini retti è bella la lode. Lodate il Signore con la cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate. Perché retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera. Egli ama la giustizia e il diritto; dell’amore del Signore è piena la terra. Ecco, l'occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore, per Liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame.

Volgiti a noi, Signore:

in te speriamo

Dagli Atti degli Apostoli (6,1-7)

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assi-stenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, inve-ce, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Piac-que questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pie-no di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si molti-plicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

Dalla prima lettera di S. Pietro apostolo (2,4-9)

Carissimi, avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uo-mini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non re-sterà deluso». Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è di-ventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo. Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.

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Gesù risorto si manifesta come via, verità e vita

Nella comunità cristiana sorge un primo dissenso, una prima tensione. Per ritrovare la co-munione gli Apostoli istitui-scono i diaconi: scelgono delle persone capaci e le incaricano di regolare con giustizia, senza favoritismi, la distribuzione de-gli aiuti ai poveri. Ma gli Apo-stoli sanno che questo non ba-sta. Le divisioni hanno radici profonde, hanno deciso di de-dicarsi alla preghiera e all’an-nuncio della Parola. La vittoria sulle divisioni, sempre in ag-guato, è dono del miracolo di Dio: richiede perciò un am-biente di preghiera e di ascolto. Per questo gli Apostoli dicono: “noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio del-la Parola”.

UN NUOVO POPOLO SACERDOTALE

La prima lettera di Pietro ci as-sicura che la comunità cristiana è “stirpe eletta, sacerdozio re-gale, nazione santa, popolo di Dio”. Sono titoli che non ap-partengono alla comunità cri-stiana per conquista propria, ma come puro dono che di-scende da Cristo. Sono qualità che indicano un compito preciso: proclamare

nel mondo le opere meraviglio-se di Dio, e soprattutto sono in funzione di un compito: pro-clamare le opere di Dio. L’unione dei cristiani (1Pt 2,4-9) a Cristo è presentata con l’immagine della “pietra viva” cui sono strettamente unite le “pietre vive”. Su questa imma-gine si fonda il sacerdozio dei fedeli: è un testo unico, origi-nale, in tutto il Nuovo Testa-mento. Come Cristo, pietra viva, cen-tro di tutta la nostra fede, riget-tato dagli uomini, offre la sua vita per la costruzione di un mondo nuovo, così i cristiani, pietre vive, offrono sacrifici spirituali, cioè il proprio corpo, la propria vita per il mondo, per la salvezza di tutti. La Chiesa non è un’istituzione umana, ma l’unione a Cristo di tutti coloro che offrono se stes-si per gli altri, superando confi-ni e barriere di ogni genere.

NON SI TURBI

IL VOSTRO CUORE Il discorso di Gesù riportato dal vangelo di Giovanni si apre e si chiude con un invito a su-perare la paura: “non sia turba-to il vostro cuore”. Si tratta di

un motivo importante: Gesù intende aiutarci a riconoscere i motivi della fiducia e del co-raggio. Egli conosce soltanto un mez-zo con il quale il cuore di un uomo si può difendere dalla paura: la fede. Soltanto Dio è la roccia. Le altre sicurezze deludono. Nessun turbamento, perché Dio non ci abbandona: questa è la grande certezza.

IO SONO LA VIA,

LA VERITÀ E LA VITA A Tommaso e a Filippo (di tutti i tempi) che ancora non hanno capito quale sia la via da per-correre per arrivare a Dio, Ge-sù risponde: Io sono la via che conduce al Padre perché so-no la verità e la vita. Gesù non dice: io dico la verità ma io sono la verità. La verità è il disegno di salvezza di Dio che si è svelato attraverso le parole, la persona, la storia di Gesù. La verità è il movimento di co-munione che unisce il padre al figlio: di questa comunione Gesù è la trasparenza, la mani-festazione piena e concreta, vi-sibile. Non è solo una verità da conoscere ma da accogliere. Va cercata nella conoscenza e nell’incontro con Gesù di Na-zaret. Soltanto in Gesù si può e si deve avere l’esperienza del Padre: “chi vede me vede il Pa-dre”.

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Dagli Atti degli Apostoli (8,5-8.14-17)

In quei giorni, Filippo, sceso in una città della Samaria, pre-dicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano atten-zione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati usciva-no spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città. Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Sa-maria aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pie-tro e Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le ma-ni e quelli ricevevano lo Spirito Santo. Dalla prima lettera di S. Pietro apostolo (3,15-18)

Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcez-za e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momen-to stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire ope-rando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli in-giusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito.

17 maggio 2020 VI Pasqua

Dal vangelo secondo Giovanni (14,15-21)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comanda-menti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Dal Salmo 65

Acclamate Dio, voi tutti della terra. Acclamate Dio, voi tutti della terra, cantate la gloria del suo nome, dategli gloria con la lode. Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere! A te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome». Venite e vedete le opere di Dio, terribile nel suo agire sugli uomini. Egli cambiò il mare in terraferma; passarono a piedi il fiume: per questo in lui esultiamo di gioia. Con la sua forza domina in eterno. Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me ha fatto. Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia.

Grandi sono le opere

del Signore

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Gesù risorto si manifesta nei cristiani che si amano Continua il discorso sui tratti che caratterizzano l’uomo nuo-vo.

La missione e la comunione

Il passo degli Atti lascia intra-vedere qualcosa dello slancio missionario nella chiesa primi-tiva. Il messaggio esce da Ge-rusalemme e dalla Giudea e ar-riva in Samaria. Le barriere del giudaismo co-minciano ad essere infrante. Il Vangelo è universale. Il brano sottolinea anche una seconda caratteristica del cristianesimo primitivo: la comunione. Avuto la notizia del sorgere in Sama-ria di nuovi gruppi cristiani, la Chiesa di Gerusalemme vi in-via Pietro e Giovanni. Le co-munità di Samaria non devono vivere slegate a se stanti. De-vono invece formare una unità con la Chiesa di Gerusalemme. Una unità di fede e una comu-nione di carità. L’uomo nuovo guarda al mondo intero.

Pronti a rendere ragione della speranza ...

Il passo della prima lettera di Pietro si apre con un imperati-vo di grande attualità: “Pronti sempre a rispondere a chiun-que vi domandi ragione della speranza che è in voi”. Rendere ragione della propria fede è un obbligo, un vero e proprio dovere morale, che spetta a ciascun cristiano, non solo ad alcuni. Un dovere di fronte a chiunque. Ogni uomo ha il diritto di interrogarci sulla nostra fede, e ciascuno di noi ha il dovere di saper renderne ragione. Non si scelgono gli interlocutori. Rendere ragione significa almeno tre cose: sape-re con precisione che cosa bi-sogna credere; saper dire i mo-

tivi per cui crediamo; mostrare che la fede è una forza capace di trasformare la vita. Nel brano di oggi ritornano i temi centrali della sofferenza e della speranza. L’apostolo insi-ste: è “meglio soffrire operan-do il bene piuttosto che fare il male”, il v. 14 diceva: “se an-che doveste soffrire per la giu-stizia, beati voi!” Questa è bea-titudine! Questa è la nostra di-fesa, il nostro rendere conto davanti al mondo con la nostra vita, con dolcezza, senza fana-tismo. La novità cristiana sta nel fon-damento di questa speranza: il comportamento di Gesù Cristo e soprattutto la sua resurrezio-ne. Anche se viene “messo a morte nella carne” è tuttavia “reso vivo nello spirito”. Que-sta è la nostra fede, questo è il fondamento della nostra spe-ranza, questo è il comanda-mento che ci lascia il primo apostolo, il primo Papa.

“Non vi lascerò orfani”

Il Vangelo ci assicura che sa-lendo al cielo e sottraendo la sua presenza visibile, Gesù non ha lasciato soli i suoi discepoli. Semplicemente si rende pre-sente in modi diversi da prima. Due sono le modalità della nuova presenza: L‟Amore e lo Spirito. Per quanto riguarda l‟Amo-re, come appare dal versetto 15

(“se mi amate”) e dal versetto 21 (“chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”), due sono le idee dominanti. La prima è che il test più adat-to per verificare la realtà dell’amore per Cristo e l’obbe-dienza alla sua volontà, l’os-servanza completa dei coman-damenti, che sappiamo ridursi al comandamento dell’amore fraterno. La seconda: la pratica dell’a-more è il luogo in cui Gesù si manifesta. L’amore è l’Epifa-nia di Dio. Se ne sottolinea la concretezza: non le parole, non le idee, ma i fatti. È nella concretezza della carità, del dono di sé, che si in-contra la presenza del Signore. Per quanto riguarda lo Spiri-to. Si sottolinea la profondità e la intimità della sua presenza . Per descrivere questa presenza, l’evangelista ricorre alla prepo-sizione ”con”, che indica inti-mità e amicizia, poi alla prepo-sizione “presso”, che in greco indica ospitalità e comunione fra persone. Infine usa la preposizione “in” che denota la più profonda in-teriorità. L’uomo nuovo sa vedere i se-gni della presenza di Dio nel mondo, nella storia, nella co-munità cristiana, nell’intimità di se stesso.

LOGOS. PARLARE PENSARE AGIRE

Dal 28 al 31 maggio 2020

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… Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”

IN CASA…

Ritagliati uno spazio di silenzio Invoca il dono dello Spirito Mettiti in ascolto di un brano della

Parola della domenica Rispondi al Signore con il salmo del-

la domenica Ringrazialo per gli incontri che hai

fatto Ricordati di… Domanda al Signore di benedirti e di

essere benedizione per molti.

CON LA COMUNITA’: L’ EUCARESTIA ...

… Pasqua settimanale, incontro con il

Risorto che convoca la sua comunità at-

torno alla mensa della Parola e del Pane.

Solo facendo spazio in noi alla Parola (e

al dono del Signore), solo immettendo

la nostra vita nel gesto fondamentale

che ci ha salvati (la Pasqua di Gesù) è

possibile incamare lo stile di Gesù nelle

scelte della vita quotidiana.

IN GRUPPO...

ascolto e condivisione

5 giugno 2020

Ascensione di Gesù al Padre Atti degli Apostoli 1,1-11

Salmo 46

Lettera di S. Paolo apostolo agli Efesini 1,17-23

Matteo 28,16-20

“Andate e fate discepole tutte le genti…

Invocazione allo Spirito Vieni, Santo Spirito manda a noi dal Cielo Un raggio della tua luce

Vieni Spirito di Sapienza: dona alla nostra vita il sapore del Vangelo.

Vieni Spirito di Intelletto: rendici capaci di leggere dentro la nostra storia il segno della tua presenza.

Vieni Spirito di Consiglio: illuminaci sulle scelte da seguire nella vita

Vieni Spirito di Fortezza: donaci il tuo sostegno per vincere il male e per testimoniare Gesù.

Vieni Spirito di Scienza: rendici cristiani capaci di dare ragione della nostra fede e della speranza che ci sostiene.

Vieni Spirito di Pietà: donaci occhi per vedere il tuo amore per noi e capire il bisogno di amore del mondo.

Vieni Spirito del santo Timore di Dio: accompagna i nostri giorni con la certezza che tu sei il Signore della storia e dell’universo, giudice di misericordia e di amore.