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n. 3 – 2020 Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.353/2003 (conv. in L 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, Aut. n. MBPA/CN/P/0011/2016 - Periodico Quadrimestrale - Dicembre

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In questo numero

ISSN 2611-7444 (print) • ISSN 2611-9366 (online)

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Direttore Responsabile Patrizia Alma Pacini

Comitato EditorialeRino AgostinianiFrancesca BelliniRoberto BernardiniSalvatore De Masi Gianpaolo DonzelliSusanna FalorniValdo FloriRosanna MartinFrancesca MenegazzoPatrizia MondiniMassimo Resti

In copertina illustrazione diArianna Papini

© Copyright Fondazione dell’Ospedale Pediatrico Anna Meyer Onlus

Redazione Maria Vittoria Giannotti, Giulia Righi

EdizionePacini Editore Srl, Via Gherardesca 1, 56121 PisaTel. 050 313011 - Fax 050 3130300 www.pacinimedicina.it

Stampa Pacini Editore Srl, Via Gherardesca 1, 56121 PisaTel. 050 3130 11 - Fax 050 3130300www.grafichepacini.com

Registrazione al Tribunale di Pisa n. 747/2016 R.N.C. - 6/16

Finito di stampare presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore Srl - Febbraio 2021. L’editore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare e per le eventuali omissioni. Rivista stampata su carta TCF (Total Chlorine Free) e verniciata idro. Le fotocopie per uso personale del lettore (per propri scopi di lettura, studio, consultazione) possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico, escluse le pagine pubblicitarie, dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dalla Legge n. 633 del 1941 e a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi: https://www.clearedi.org/topmenu/HOME.aspx. La Rivista We people viene inviata a medici e operatori sanitari, solo ed esclusivamente per l’aggiornamento professionale, informare e promuovere attività e prodotti/servizi strettamente inerenti e attinenti alla professione degli utenti, garantendo sempre una forte affinità tra il messaggio e l’interesse dell’utente. Si prega i prendere visione della Privacy Policy al seguente link: www.pacinimedicina.it/privacy-policy-informativa-privacy/. Per comunicazioni/informazioni: [email protected]

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EDITORIALE

Nessun bambino deve rimanere indietroL’impegno del Centro di Salute Globale per la tutela del diritto alla saluteMaria José Caldés Pinilla, Michele de Luca

PRIMO PIANO: IL CONTRIBUTO DELLA REGIONE TOSCANA PER LA TUTELA DELLA SALUTE DEI BAMBINI E DELLE BAMBINE DEL MONDO

Il diritto alla salute dei bambini a livello globaleGherardo Rapisardi

Progetto Neonatologia ad Aber (Uganda)Stefano Zani, Barbara Tomasini

La gestione della malnutrizione infantile. Dalla cooperazione internazionale alla ricercaElena Banci, Silene Casari, Monica Paci, Paolo Lionetti

Progetto Cardiochirurgia PediatricaEsperienza in Palestina di PCRF-ItaliaMartina Luisi

Esperienza in EritreaBruno Murzi

Formazione sulle emergenze pediatriche ad Asmara: un’occasione di crescita per gli operatori italiani ed eritreiFrancesco Severi

Sicurezza e qualità delle cure in KenyaGiulia Dagliana, Sara Albolino, Stefan Guidi, Barbara Tommasini, Stefano Zani, Maria Vittoria Devita, Mercy Akamu , Florence Chege ,Vieri Lastrucci, Maria Josè Caldes

Educare alla salute: programma formativo e di educazione sanitaria per i giovani della baraccopoli di Mathare a NairobiLuca Scali, Alessandro Dadomo

Wash e prevenzione delle parassitosi nel Chaco BolivianoVieri Lastrucci

L’ambulatorio del bambino adottato all’estero e immigratoLeila Bianchi, Barbara Bortone, Carlotta Montagnani, Elisabetta Venturini, Elena Chiappini, Luisa Galli

I minori stranieri non accompagnati in ItaliaSimona La Placa

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EDITORIALE

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C’è un futuro per i bambini di tutto il mondo? Questo il titolo con il quale la rivista The Lancet, su invito dell’UNICEF, pubblicava lo scorso 20

febbraio il rapporto redatto da una commissione composta da oltre 40 esperti internazionali di salute infantile nominati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dallo stesso prestigioso periodico scientifico.Il rapporto è stato pubblicato prima che esplodesse l’attuale pandemia da coronavirus e per tanto quanto descritto assume un valore ancora più rilevante. “Si stima che circa 250 milioni di bambini sotto i 5 anni che vivono nei paesi a medio e basso reddito, rischino di non raggiungere il loro pieno potenziale di sviluppo, in base agli indicatori su malnutrizione cronica e pover-tà. Ma è ancora più preoccupante il fatto che ciascun bambino nel pianeta si trovi oggi ad affrontare pericoli concreti per il proprio avvenire, a causa dei cambiamenti climatici e delle pressioni commerciali”, sono le parole di Helen Clark, co-presidente della commissione autrice del rapporto.Il rapporto focalizza l’attenzione sull’interazione tra am-biente, salute e futuro, responsabilizzando gli stati sulla mancanza di protezione del futuro dei nostri figli e nipoti esposti alla “minaccia incombente del degrado ecologi-co, dei cambiamenti climatici e di pratiche di marketing nocive che spingono bambini e ragazzi verso il consumo di cibo spazzatura, bevande zuccherate, alcol e tabacco”. I bambini non rappresentano il volto della pandemia: il

COVID-19, infatti, è una malattia che colpisce prevalen-temente le persone più anziane e più fragili. Eppure, nel lungo periodo, proprio i bambini rischiano di essere tra le vittime più numerose di questa pandemia e il loro futuro appare sempre più compromesso.Già prima della pandemia, nei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente un bambino su sette aveva bisogno di assistenza sanitaria internazionale, sia essa umanitaria o sia essa frutto di iniziative di cooperazione allo svi-luppo. All’interno di questa regione, metà dei bambini vivevano in condizioni di povertà e i livelli di disoccupa-zione giovanile erano particolarmente elevati. Su questi paesi già fragili, l’emergenza coronavirus ha avuto un impatto devastante sul diritto alla salute. L’erogazione e l’accesso ai servizi di assistenza sanitaria di base relativi a vaccinazioni, cure neonatali e nutrizione sono stati interrotti a causa della paura, della disinformazione e delle limitazioni alla circolazione imposte alle persone e alle merci, tra cui il materiale medico. I calcoli di UNICEF prevedono per quest’area del mondo il rischio di morte per quasi 51 mila bambini con meno di 5 anni di età. In tutta l’Africa subsahariana, secondo le stime di Save the Children, entro l’anno circa 67.000 bambini corrono il rischio di morire di fame estrema a causa dell’impatto della pandemia di coronavirus che sta esacerbando una situazione già critica nell’area. Secondo l’organizzazione infatti, l’impatto del COVID-19 si è aggiunto a una serie di crisi derivanti dai cambiamenti climatici che scon-volgono habitat e biodiversità e che causano, secondo molti studi, anche le crisi virali in cui si inserisce l’attuale pandemia. L’insufficienza di risorse come quelle sanitarie e un sistema economico sempre più globale, ma sempre più debole e incapace di ammortizzare gli urti ma anzi di ripercuoterli a grande velocità, ha contribuito ad aggra-vare l’impatto della pandemia anche nell’area balcanica. Aldilà dell’Adriatico, i paesi sono così fragili che il forte impatto della pandemia crea nuovi margini per rivolte sociali e la certezza della prospettiva di un loro ingresso all’interno dell’Unione sembra lasciare spazio a un futuro di incertezza e instabilità. Il presente, nel frattempo, è quello di chiusura delle frontiere e con esse, per molti

Nessun bambino deve rimanere indietroL’impegno del Centro di Salute Globale per la tutela del diritto alla salute

Maria José Caldés Pinilla, Michele de LucaCentro Regionale Salute Globale, AOU Meyer

[email protected] - [email protected]

Conflitto di interessiMaria José Caldés Pinilla e Michele de Luca dichiarano nessun conflitto di interessi.

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Open AccessL’articolo è open access e divulgata/o sulla base della licenza CC-BY-NC-ND (Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale). L’articolo può essere usata/o indicando la menzione di paternità adeguata e la licenza; solo a scopi non commerciali; solo in originale. Per ulteriori informazioni: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.it

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genitori, anche della possibilità della ricerca di migliori cure per i loro figli. Il vincolo delle risorse, scarse e insufficienti alle esigenze di tutta la popolazione, rischia di schiacciarci sul conflit-to causato dall’istinto di sopravvivenza, annullando la spinta verso la cooperazione e la solidarietà, negando da un lato il nucleo più profondo della persona umana, dall’altro l’evidenza della necessità di un’azione sinergica e condivisa che permetta di individuare risposte adeguate alle sfide globali, come quella dettata dalla pandemia. È fondamentale, infatti, adottare una visione a tutto campo che permetta di individuare e mettere in pratica soluzioni adeguate a sfide che investono tutti i settori e che partendo da quello sanitario, sconfinano in quello economico, sociale e ambientale. La consapevolezza della necessità di un approccio di sistema per la promozione e la tutela della salute, che tenga conto delle influenze che su di essi esercitano i determinanti socio-economici, politici, demografici e am-bientali; la necessità di esplicitare le interconnessioni tra globalizzazione e salute in termini di equità, diritti umani, sostenibilità e collaborazioni internazionali, è all’origine dell’istituzione del Centro di Salute Globale (CSG). Il Centro nasce nel 2012 all’interno del Meyer come struttura di riferimento regionale per le iniziative di cooperazione sanitaria internazionale e salute dei mi-granti. Gli enti di sanità pubblica, le istituzioni regionali e nazionali in ambito socio-sanitario, l’accademia, le comunità di migranti sul nostro territorio e il terzo settore rappresentano gli attori principali delle nostre iniziative di cooperazione che hanno al centro le sfide in materia di salute globale sintetizzate, oggi, nei 17 obiettivi di svilup-

po sostenibile contenuti nell’Agenda 2030. Quest’ultima rappresenta il riferimento per la cooperazione sanitaria della Regione Toscana, in quanto espressione dell’ap-proccio olistico in cui emerge il legame inestricabile tra la salute e le altre dimensioni del vivere di ciascuno di noi: l’ambiente, il lavoro, l’economia. Punto di riferimento per tutta la nostra attività è anche il principio trainante che è sotteso alla strategia dell’Agenda 2030 per cui “nessuno deve rimanere indietro”. La pandemia ci ha confermato che sono le persone ai margini della società quelle più fragili a subire l’impatto della malattia, amplificatore senza confini delle disuguaglianze sociali. All’interno dei paesi dove la cooperazione sanitaria toscana interviene, ci adoperiamo dunque per catalizzare e sostenere il diritto di ogni cittadino di poter sviluppare appieno le proprie potenzialità di salute, con iniziative mi-rate a rafforzare e potenziare il sistema sanitario pubblico e tutelare, principalmente, la salute dei bambini e delle donne che rimangono il nostro focus di intervento prio-ritario. L’impatto a livello globale della pandemia ha raf-forzato, infatti, la nostra consapevolezza della fragilità di donne e bambini e della necessità che ogni intervento di cooperazione debba avvenire in una cornice di sviluppo a lungo termine dei sistemi sanitari pubblici, fondamentale per poter far fronte a questa e altre epidemie o crisi. Assicurare la salute dei nostri bambini nella sua accezione di condizione di benessere economico, sociale e psicolo-gico significa farli crescere in un mondo senza conflitti, senza persecuzioni politiche, con diritti e dignità garanti-ti, in primis quello della salute e quello di poter vivere in un ambiente salubre. Oggi più che mai la salute è globale e garantirla dovrebbe diventare un impegno universale.

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PRIMO PIANO

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Il diritto alla salute dei bambini a livello globale

Adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata da 190 Paesi nel mondo, tra cui l’Italia, la Convenzione Onu sui

diritti dell’infanzia e dell’adolescenza si fonda su quattro princìpi: la non discriminazione; il superiore interesse dei bambini; il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo; l’ascolto delle opinioni del minore. Viene posto al centro il bambino con i suoi diritti, tra cui anche quello all’educazione. Il diritto alla salute, fisica, psichica e sociale è ovviamente fortemente correlato agli altri principi.Purtroppo, mentre è stata ottenuta una ratifica quasi universale della Convenzione sui diritti del fanciullo, i diritti di milioni di bambini rimangono irrealizzati. I progressi sono stati irregolari e spesso disomogenei. In molte regioni i bambini più poveri ed emarginati, ancor più se affetti da disabilità, vengono penalizzati e le diseguaglianze tendono ad aumentare.

Gherardo RapisardiPediatra e neonatologo, Firenze

[email protected]

Conflitto di interessiGherardo Rapisardi dichiara nessun conflitto di interessi.

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Il tasso globale di mortalità in bambini sotto i 5 anni è diminuito di circa il 60% (Fig. 1), grazie anche a miglioramenti nello stato nutritivo e nell’educazione delle madri, nel livello di immunizzazione e di interventi per ridurre le malattie trasmissibili, nella disponibilità e qualità dei servizi sanitari per mamme e bambini, inclusa l’assistenza prenatale, accesso ad acqua potabile e a servizi igienico-sanitari, e nella sicurezza globale dell’ambiente del bambino. Ma ogni giorno muoiono 15.000 bambini sotto i 5 anni, la maggioranza per malattie curabili o prevenibili, con un rischio di morte doppio nei bambini di famiglie più povere.Il numero di minori che non frequenta la scuola primaria è sceso dal 1989 dal 18 all’8% (Fig. 2), così come le differenze di genere nell’accesso e quattro bambini su 5 frequentano ora anche la scuola media inferiore. Ma il miglioramento è stagnante dal 2007, specie in Africa e nel sud dell’Asia, ed è evidente che molti bambini lasciano la scuola senza le competenze necessarie per l’inserimento sociale produttivo.Globalmente nel 2018 19,4 milioni di bambini non sono stati vaccinati e sono stati registrati circa 350mila casi di morbillo, più del doppio rispetto all’anno precedente, in controtendenza rispetto alla diminuzione tra 2000 e 2015. La stragrande maggioranza sono bambini che crescono in famiglie povere, comunità rurali poco servite, slums urbani o aree coinvolte in conflitti armati.C’è stata una forte riduzione della prevalenza della mutilazione genitale femminile e del numero dei minori

che contraggono matrimonio, ma i 5 paesi in cui la prevalenza è maggiore non hanno fatto cambiamenti negli ultimi 10 anni. E dove ci sono stati, i cambiamenti sono a carico della parte più ricca della società. I divari di genere persistono in molte aree e le ragazze hanno ancora maggiori probabilità di svolgere un lavoro non retribuito, oltre ad avere un rischio più elevato di violenza di genere. Persistono grandi sfide specie nella realizzazione dei diritti dei bambini più poveri ed emarginati, aggravati dalle crisi umanitarie e il protrarsi dei conflitti armati che li costringono ad abbandonare la casa e la famiglia, privati del cibo e dell’istruzione, esposti a sfruttamento e abuso. Inoltre, i bambini del mondo di oggi hanno da affrontare nuove sfide allarmanti per la loro sopravvivenza e per la loro salute, a partire dai cambiamenti climatici, la ridotta disponibilità di cibo e di acqua potabile, l’urbanizzazione. I rapidi cambiamenti climatici possono causare sconvolgimenti sociali, politici ed economici e comportare una modificazione degli ambienti delle malattie, un aumento della insicurezza sulla disponibilità di cibo, e minacciare la disponibilità e qualità dell’acqua e dei servizi igienico sanitari. I bambini sono molto vulnerabili rispetto all’insicurezza della disponibilità di cibo. Nel mondo un bambino su tre sotto i 5 anni non cresce bene a causa di una malnutrizione nelle sue varie forme. Nel 2018 quasi 200 milioni di bambini di età inferiore ai 5 anni hanno sofferto di arresto o deperimento della crescita e almeno

Figura 1. La mortalità nei bambini sotto i 5 anni si è ridotta di più della metà tra il 1989 e il 2018.

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altri 340 milioni hanno sofferto di quella che viene chiamata la “fame nascosta“, data dalla carenza di micronutrienti e vitamine che mette in grosso pericolo la salute dei bambini e delle donne e aumenta il rischio di problemi nello sviluppo fisico e cognitivo oltre che fisico. Anche l’obesità tra i bambini fra 5 e 19 anni è in forte aumento; dal 2000 al 2016 passa dal 10 al 20%. I bambini che vivono in aree urbane hanno indicatori di salute globalmente migliori rispetto a quelli che vivono in zone rurali, ma vi sono enormi diseguaglianze nelle aree urbane. In una nazione su quattro i chi vive in aree urbane più povere ha una maggiore mortalità prima dei 5 anni rispetto ai pari età che vivono in comunità rurali.L’uso dei servizi igienici è fortemente aumentato, dal 28% nel 2000 al 45% nel 2017, ma solo un quarto dei paesi è in linea per il raggiungimento della quasi universale igienizzazione dei servizi nel 2030. In particolare, sono indietro le regioni rurali e più povere.Come ribadito con fermezza nell’ultimo report dell’UNICEF sullo stato di salute dei bambini nel mondo, senza un cambio radicale di direzione fra 30 anni la loro salute globale è a rischio di un peggioramento, i cambiamenti climatici saranno irreversibili e porteranno effetti disastrosi sul pianeta e su tutta l’umanità ben prima che la Convenzione raggiunga i suoi 60 anni. È tempo per un rinnovato impegno nei confronti della Convenzione e dei bambini del mondo, in particolare i più svantaggiati, sia a livello socio-economico che fisico, concentrando le energie e l’impegno per debellare le

malattie, affrontare la crisi dell’apprendimento globale anche proponendo soluzioni innovative, come il Global Learning Passport, per migliorare l’accesso e la qualità dell’istruzione. La tecnologia digitale e mobile ha un grosso potenziale per condividere conoscenze e soluzioni, facilitando l’erogazione di servizi essenziali a comunità difficili da raggiungere, remote ed emarginate. Soprattutto, c’è speranza nei bambini e giovani del mondo che – come Greta Thunberg e Malala Yousafzai – stanno parlando di questioni che riguardano direttamente le loro vite, come il cambiamento climatico e il conflitto prolungato. I giovani avranno un ruolo sempre più importante nel plasmare il futuro dell’infanzia. Le istituzioni consolidate hanno una responsabilità e un’opportunità per trovare nuovi modi di collaborare con loro e co-creare soluzioni e scoperte. Consapevoli dei rischi e danni provocati dalla mancanza di opportunità per lo sviluppo cognitivo e socio-relazionale nei primi anni e dei vantaggi degli interventi precoci, abbiamo oggi forti evidenze sulla necessità di investire maggiormente in salute, nutrizione, educazione precoce, supporto alla genitorialità responsiva e protezione sociale in quel periodo cruciale della vita che va dal concepimento al terzo anno di vita. Ciò produce effetti a lungo termine in salute, competenze cognitive e sociali, percorsi scolastici e lavorativi. Le indicazioni e raccomandazioni in tal senso, che hanno un valore globale, per paesi ad alto, medio e basso reddito, sono contenute nel recente documento Nurturing Care

Figura 2. Riduzione del numero di bambini che non vanno alla scuola primaria dal 1989 al 2018.

Figura1–Lamortalitàneibambinisottoi5annisièridottadipiùdellametàtrail1989eil2018

Figura2–Riduzionedelnumerodibambinichenonvannoallascuolaprimariadal1989al2018

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Framework for Child Development (NCF), prodotto dall’OMS, UNICEF, Banca Mondiale e Partnership per la Salute Materno Infantile, presentato a Ginevra Il 23 maggio 2018. La versione italiana, curata dal Centro per la Salute del Bambino di Trieste, è stata presentata alla Camera dei Deputati a fine 2018 in collaborazione con Save The Children Italia. A tutto questo si aggiunge la minaccia globale dettata, in questo 2020, dalla pandemia, che ha messo ulteriormente a dura prova e a rischio il raggiungimento dei diritti dei bambini a più livelli. Le previsioni di Save the Children, a tal proposito, sono allarmanti: il numero dei bambini che vive sotto la soglia di povertà potrebbe superare i 700 milioni entro la fine dell’anno. Anche l’accesso all’istruzione è stato messo in discussione, andando a negare uno dei diritti fondamentali previsti proprio dalla Convenzione dell’Onu.Come scrive Henrietta Fore, direttore generale UNICEF:“Sappiamo che in ogni crisi i giovani e i più vulnerabili sono soggetti a una maggiore sofferenza. Questa pandemia non è differente. È nostra responsabilità prevenire la sofferenza, salvare vite e proteggere la salute di ogni bambino. … Si comincia, in tempi di potenziale recessione globale, resistendo alla tentazione di rendere gli investimenti sul futuro meno prioritari. Aumentare investimenti adesso su istruzione, protezione dell’infanzia, salute, nutrizione, acqua e servizi igienico-sanitari aiuterà il mondo a ridurre i danni causati dalla crisi ed evitare crisi future. Il mondo tornerà alla normalità e, quando accadrà, la resilienza dei sistemi sanitari più fragili rappresenterà la misura di quanto bene faremo contro future minacce”.

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTOFAO, IFAD, UNICEF, WFP and WHO. The state of food security

and nutrition in the world 2019: safeguarding against economic slowdowns and downturns. Rome: Food and Agriculture Organization 2019.

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Levels & trends in child mortality, Report 2019: estimates developed by the United Nations Inter-agency Group for Child Mortality Estimation. UNICEF 2019.

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Searchinger T, Waite R, Hanson C, et al. World Resources Report. Creating a sustainable food future. Washington, DC: World Resources Institute 2018.

Stop the War on Children. Save the Children 2019.Tamburlini G. Il Nurturing Care Framework. Implicazioni per

l ’Italia e per il lavoro dei servizi sanitari: i “punti di contatto” nei primi 1000 giorni. Quaderfni acp 2019;26:122-4.

The State of the World ’s Children 2019. Children, food and nutrition: growing well in a changing world. New York: UNICEF 2019.

United Nations Children’s Fund and United Nations Population Fund. Key drivers of the changing prevalence of child marriage in three countries in South Asia: working paper. Kathmandu: UNICEF 2018.

Water under fire. UNICEF 2019. World Health Organization, United Nations Children’s Fund, World

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www.unicef.it/doc/9801/da-soli-insieme-giovani-artisti-creano-una-comunit-contro-il-coronavirus.htm

www.unicef.org/publications/files/UNICEF_Education_Uprooted.pdfwww.unicef.org/t opics/covid-19www.who.int/entity/immunization/monitoring_surveillance/routine/

coverage/U ser_Ref_Country_Reports.pdf

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PRIMO PIANO

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Progetto Neonatologia ad Aber (Uganda)Il periodo di vita che va dalla 28a settimana di

gestazione al primo mese dopo la nascita è cruciale ed estremamente importante non solo per la

sopravvivenza ma anche per lo sviluppo cognitivo, fisico e psicologico 1-3. È durante l’ultima fase della gravidanza, il parto e il primo mese di vita che si concentra la percentuale maggiore di mortalità e morbilità. Nonostante gli obiettivi 4 e 5 dei Millennium Developmental Goals (2000/2015) 4 fossero specifici per mamme e bambini, ancora oggi la mortalità neonatale è responsabile di oltre il 49% della mortalità dei bambini

sotto i 5 anni di vita (Fig. 1), indicando che tutto il periodo perinatale necessita di un grande sforzo e di una grande attenzione da parte di tutte le agende mondiali 5. Ogni anno (2019) nel mondo muoiono circa 2.400.000 neonati durante il parto o nel primo mese di vita (1 ogni 13 secondi), mentre 2.600.000 nascono morti (still birth) (1 ogni 12 secondi) e l’85% di queste morti avviene nei paesi a risorse limitate. Più di 1 milione di neonati muore nel primo giorno di vita, significando che il momento della nascita, dove si conta il più alto numero di morti neonatali e materne, e le prime 24 ore di vita rappresentano la fase più pericolosa dell’essere umano; ciò accade in tutto il mondo, nei paesi sia a basse sia ad alte risorse 6. Tutto ciò sta a significare che il nuovo nato deve essere accompagnato da personale qualificato nella fisiologica transizione-adattamento feto-neonatale, conoscendo il necessario legame di benessere/dipendenza tra madre e neonato e le cure essenziali e universali da praticare nei primi giorni di vita. Proteggere il neonato significa assicurare cure adeguate alla madre prima, durante e dopo la gravidanza (Strategia della Continuum of Care) 7 e significa implementare e applicare a livello globale i pacchetti sanitari d’intervento

Stefano Zani1, Barbara Tomasini2

1 Medico Referente, Cooperazione Sanitaria Internazionale, AOU Senese-Siena (AOUS); 2 Medico Responsabile, UOC Terapia Intensiva Neonatale, AOU Senese-Siena (AOUS)

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Conflitto di interessiStefano Zani e Barbara Tomasini dichiarano nessun conflitto di interessi.

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dimostrati efficaci per la qualità della cura in gravidanza, durante il parto e nel primo mese di vita. Le principali cause di morte neonatale sono complicanze dovute alla prematurità (35%), complicanze intra-partum (24%), infezioni/sepsi (15%), e sono per il 75% prevenibili e curabili, come note e documentate sono le azioni da applicare per ridurre la mortalità e la morbilità 8,9. Nel 2012, supportata da fondi Regionali con il coordinamento del Centro Salute Globale, inizia la collaborazione tra il Sistema Sanitario Toscano, con capofila l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, e il Pope John XXIII Hospital di Aber (PJHA) - Distretto di Oyam in Uganda e l’organizzazione non governativa Medici con l’Africa Cuamm, che ha una presenza pluridecennale nel paese. L’obiettivo principale di questa collaborazione, sviluppata in Progetti triennali, è di migliorare la qualità delle cure rivolte al neonato durante il parto e nei primi giorni di vita nell’intero Distretto rurale di Oyam, del quale l’Ospedale è centro di riferimento. Il PJHA è un ospedale della Diocesi di Lira, privato non for profit, situato a circa 200 km dalla capitale Ugandese, Kampala, sulla strada del Nord, con un’ottima integrazione nelle attività distrettuali governative.

L’ospedale nel 2012 contava quattro reparti maternità, pediatria, chirurgia generale e medicina, per un totale di circa 200 posti letto, di una sala operatoria funzionante per chirurgia d’urgenza generale e ostetrica/ginecologica, un laboratorio d’analisi, ambulatori per esterni e un’attività articolata di supervisione e supporto alle molte unità sanitarie periferiche del distretto, con un personale sanitario (medici, infermieri, clinical officer) estremamente ridotto, come spesso capita in contesti rurali molto distanti dalla capitale. Il coordinamento del progetto ha visto l’effettuarsi di una/due missioni all’anno, durante le quali i referenti del progetto della Regione Toscana e il personale locale dell’Ospedale e del Distretto hanno condiviso i punti di forza e di debolezza delle cure per le madri e i neonati al PJHA. All’inizio della collaborazione è stato condiviso con il personale locale l’obiettivo principale dell’intervento e il metodo di lavoro “Ciclo della qualità nella valutazione degli Ospedali WHO” (Fig. 2), che permette, partendo dalla situazione iniziale e dalla condivisione degli standard, di definire le aree d’intervento dove agire per migliorare la qualità dei servizi e, continuando la valutazione nel corso delle azioni e la condivisione di informazioni/formazione, permette una nuova

Figura 1. Dati 2019 sulla mortalità e morbilità dei bambini sotto i 5 anni di vita - WHO.

LEADING cause of child deaths & disability Global causes of child deaths under 5 years of age in 2019

WHO and UNICEF, 2020, From Li Liu, et af. Lancet, 2016

Figura 1. Dati 2019 sulla mortalità e morbilità dei bambini sotto i 5 anni di vita WHO

Biggest condition in GBD 2019 Neonatal conditions 7.3% of all DALYs

mostly due to mortality, especially preterm

Preterm birth now top cause of CHILD deaths - 1 million Also important cause of disability and loss of human capital

Preterm birth complications

16%

Intrapartum related events

11%

Sepsis and meningitis

7%

Pneumonia3%

Tetanus1%

Congenital5%

Neonatal complication

3%

49%neonatal

Other5%

Injury6%

Other 12%

Congenital4%

Pneumonia13%

Malaria5%

Diarrhoea8%

AIDS1%

More than all of Cancer DALYS, 3 x AIDSPreterm deaths & disability are mostly preventable

5.2 millionChild deaths

#ChildHealthWeek

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10 We people | 3 - 2020

ripianificazione delle azioni, in un continuo ciclo di miglioramento “ciclo della qualità” 10,11.Dall’analisi dei dati neonatali raccolti in loco è emerso un dato di mortalità perinatale e neonatale non allineato ai dati del Paese Uganda 12, mentre dall’osservazione del contesto lavorativo quotidiano in ospedale e nel territorio e dal confronto con i sanitari locali è affiorata la scarsa conoscenza della gestione del neonato durante il parto e nei primi giorni di vita, come se il neonato fosse un’appendice della madre e non un individuo del quale prendersi cura per sostenerne l’evoluzione fisiologica nel momento della nascita e prevenire e curare le più comuni patologie correlate. Il dato sulla mortalità intraospedaliera e le caratteristiche dei neonati deceduti ha profondamente sorpreso la Direzione dell’Ospedale che non si capacitava di una mortalità così elevata soprattutto durante il parto e di bambini con peso adeguato (sopra i 2500 g); i medici erano certi al contrario (ne sono testimoni le richieste di attrezzature tecnologicamente avanzate, come incubatrici e ventilatori) che le morti neonatali si verificassero in neonati di peso molto basso e/o pretermine, per i quali è necessaria una terapia intensiva neonatale. Dal confronto dell’attività quotidiana nella gestione del parto e delle prime ore dopo la nascita con gli standard WHO per madre e neonato, sono emerse le criticità e i comportamenti che favoriscono la maggior parte delle cause di mortalità neonatale (separazione madre-neonato quando non necessaria, ipotermia, ipoglicemia/alimentazione, infezioni, ittero, disidratazione, asfissia

ecc.), che si riassumono in assenza di presa in carico sistematica e strutturata del neonato incapace per sua natura ad accudirsi da solo. Le risorse umane dedicate alla cura del neonato erano pressoché assenti, se non quelle fugaci durante il parto e, nel momento della patologia, quelle del Reparto di Pediatria, costretto per convenzione a occuparsene, ma senza nessuna specifica formazione e/o procedure di cura. Parimenti nessuno spazio fisico era dedicato alla cura del neonato patologico, destinato ai vari reparti di cura delle patologie, specialmente infettive, dei bambini della pediatria. È apparso evidente che i dati raccolti in precedenza, sommariamente e non in modo sistematico, non contribuissero a modificare gli atteggiamenti nei confronti del neonato, bensì a mortificare tutto lo staff dell’Ospedale, Direzione compresa, ritenendo la mortalità neonatale un fatto ineluttabile e incomprimibile, e risolvibile solo con strumenti tecnologici (incubatrici e respiratori), non cambiando comportamento e modalità di cura. Lo strumento che ha rappresentato un punto di svolta nella collaborazione è stata la raccolta dei dati basata sul metodo Babies matrix (CDC Atlanta-USA), che consiste in una raccolta dei dati legata al numero dei morti neonatali categorizzati in base al peso e al momento del decesso, con il vantaggio altresì di proporre soluzioni e strategie d’intervento 13,14 (Fig. 3). La discussione continua sui dati raccolti ha permesso di focalizzare il momento di maggiore difficoltà dei neonati, le caratteristiche degli stessi e le cause di morte, individuando e proponendo in modo chiaro le azioni da intraprendere secondo

Figura 2. Il Ciclo della qualità nella valutazione degli Ospedali WHO.

Figura 2. Il ciclo della Qualità nella valutazione degli Ospedali WHO

PLAN

CHECK

ACT DO

1. Country Orientation

2. Hospital Assessment (Baseline)

3. Agreement on standars

7. Sharing of Information

5. Improvement in hospitals

4. Definition of intervetions & area

6. Monitoring and Evaluation

Assessment of Hospital Care for Children

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11We people | 3 - 2020

evidenza scientifica per migliorare la qualità della cura verso il binomio madre-neonato. Il processo di formazione continua è derivato di conseguenza, sviluppandosi nel far conoscere le cure essenziali per i neonati e i pacchetti certificati per comunità, territorio e sistema sanitario (ospedali e centri periferici di salute) del Paese Uganda 24 in grado di ridurre mortalità e morbilità 15-23. Durante il processo di formazione, che ha aumentato le conoscenze nonché la consapevolezza dei bisogni di cura del neonato, è venuto spontaneo costituire un Team Neonatale – che negli anni seguenti è diventato Perinatale – costituito da tutte le figure professionali coinvolte nelle cure neonatali, con l’appoggio convinto della Direzione dell’Ospedale. Il lavoro del Team Perinatale ha portato a individuare strumenti idonei per le cure neonatali, quali la cartella neonatale integrata, protocolli, istruzioni operative ecc., contenenti gli indicatori essenziali per seguire il processo di miglioramento nel tempo 15,16. La migliore conoscenza della fisiologia neonatale, delle esigenze del neonato alla nascita sano e/o patologico, hanno portato alla consapevolezza della necessità di un miglioramento globale, con rafforzamento delle infrastrutture principali (acque bianche e nere, energia elettrica, manutenzione), conoscenza e applicazione della catena del pulito (pulizia e igiene) 25 e della catena del caldo 26, e a un adeguamento strutturale dell’Ospedale seguendo flussi logici e di priorità in base alle esigenze sanitarie della comunità. Il progetto di miglioramento della qualità delle cure neonatali si è ben presto trasformato in un progetto volano per il miglioramento di tutto il sistema sanitario

ospedaliero e distrettuale. Il percorso di miglioramento delle cure neonatali iniziato nel 2012 ha portato nel 2018 alla costruzione e attivazione del Reparto di Neonatologia (NBU) dove ci sono spazi, tecnologie appropriate e risorse umane adeguate e dedicate per i neonati; siamo passati da uno spazio in Pediatria a una NBU e a un Dipartimento Perinatale (ostetricia-neonatologia-pediatria, ambulatori), riconoscendo la presenza del binomio madre-neonato sano e/o patologico ovunque si trovi in Ospedale (ambulatori con clinica prenatale e clinica postnatale, maternità, pediatria, NBU), dove ogni sanitario è formato sulle stesse conoscenze e sulle stesse procedure e istruzioni operative. Nell’NBU dedicata ai neonati patologici ci sono stanze adibite alla “Kangaroo mother care” 27 per la cura dei nati pretermine e di basso peso, dove si pratica in modo continuativo la CHNC (cura dell’ittero, RDS, basso peso) 20, mentre in Ospedale a tutti i neonati sani è applicata la ENC (Essential Newborn Care) (roseo, caldo pulito al seno) 17 e l’attivazione del programma di follow-up ospedaliero e distrettuale. Dopo aver rafforzato la cura della coppia madre-neonato in Ospedale, sempre attraverso i dati raccolti, è venuto indispensabile occuparsi delle unità periferiche del distretto, diffondendo gli stessi strumenti di lavoro agli operatori sanitari, contestualizzando le attività, coinvolgendo il Team Perinatale ospedaliero nella formazione delle cure essenziali al neonato, sui segni di pericolo e sulla necessità e modalità di trasferimento in sicurezza dei neonati insieme alle madri 21-23. Il cambiamento nell’atteggiamento verso madre e neonato ha portato quale risultato tangibile la riduzione del 50% della mortalità neonatale e perinatale, riallineando i dati

Figura 3. Schema semplificato raccolta dati Babies Matrix.

Figura 3. Schema semplificato raccolta dati Babies Matrix

Ante-partum

Intra-partum

Pre-discharge

Post-discharge

Alive Total

1 2 3 4 17 18

19 20

21 22

23 24

5 6 7 8

9 10 11 12

13 14 15 16

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ospedalieri agli standard del Paese Uganda, con continua e costante riduzione, proponendo e condividendo per ogni annualità un percorso di miglioramento da seguire e da valutare con indicatori puntuali di processo e di risultato; certamente non sono da sottovalutare gli atteggiamenti propositivi di tutto lo staff/direzione che è passato da una condizione di accettazione passiva a una condizione di attiva operosità: il neonato si è rivelato l’anello forte per l’implementazione del processo di miglioramento della Qualità della Cura in tutto l’Ospedale, essendo esso l’elemento più fragile: se anche lui accede a servizi sanitari adeguati tutti i pazienti ne possono usufruire. In conclusione, nel corso degli anni il lavorare CON ha consentito di consolidare un continuo lavoro di Team che ha permesso molteplici cambiamenti nel miglioramento della Qualità delle cure al neonato sia sano che patologico; anche in momenti così difficili di pandemia mondiale 28,29 questo tipo di collaborazione (divenuta forzosamente telematica), che vede un intenso collegamento tra il Sistema Sanitario Toscano, il Distretto di Oyam e il PJHA in Uganda, ha comunque permesso di dare continuità al lavoro iniziato nel 2012.

RINGRAZIAMENTISi ringrazia la Direzione dell’Ospedale Pope John XXIII Aber, il Team di Medicina Perinatale dello stesso Ospedale e il Team di Medici con l’Africa Cuamm nel Distretto di Oyam - Uganda per il costante e continuo supporto e collaborazione.

BIBLIOGRAFIA1 Nurturing care for early childhood development: a framework for

helping children survive and thrive to transform health and human potential. WHO 2018.

2 Wertlieb D. Nurturing care framework for inclusive early childhood development: opportunities and challenges. Wiley Online Library 2019.

3 Olusanya BO, de Vries PJ. Nurturing care for children with developmental disabilities: a moral imperative for sub-Saharan Africa. Lancet Child Adolesc Health 2018;2:772-4.

4 Sachs JD. From Millennium Development Goals to Sustainable Development Goals. Lancet 2012;379:P2206-11.

5 Health in 2015: from MDGs, millennium development goals to SDGs, sustainable development goals. WHO 2015. Sustainable Development Goals: www.un.org/sustainabledevelopment/

6 United Nations Inter-Agency Group for Child Mortality Estimation (UNIGME). Levels & Trends in Child Mortality: Report 2020, Estimates developed by the United Nations Inter-agency Group for Child Mortality Estimation. New York: UNICEF 2020.

7 Evashwick C. Creating the continuum of care. Health Matrix Spring 1989;7:30-9.

8 Newborn health. WHO. www.who.int/health-topics/newborn-health#tab=tab_1

9 Documents on Integrated Management of Pregnancy & Childbirth (IMPAC). www.who.int/maternal_child_adolescent/documents/impac/en/

10 Hospital care for children: quality assessment and improvement

tool. Copenhagen: World Health Organisation - Regional Office for Europ 2015. Available from: www.euro.who.int/en/health-topics/Life-stages/child-and adolescenthealth/publications/2015/hospital-care-for-children-quality-assessment-and-improvement-tool

11 Health 2020: The European policy for health and well-being. Copenhagen: WHO - Regional Office for Europe 2012. Available from: www.euro.who.int/en/health-topics/health-policy/health-2020-the-european-policy-forhealth-and-well-being

12 Dati paese Uganda dal sito Healthy Newborn Network: www.healthynewbornnetwork.org/

13 McCarthy BJ, Lawn JE, Ross SR. BABIES: An adaptable tool for managing newborn health programs. https://apha.confex.com/apha/129am/techprogram/paper_21052.htm

14 Averting Maternal Death and Disability Program. Needs Assessment of Emergency Obstetric and Newborn Care: Data Collection Modules. New York: Columbia University 2010. www.k4health.org/sites/default/files/AMDD%20NA%20Data%20Collection%20Modules.pdf

15 Every Newborn: an action plan to end preventable deaths. WHO 2014.16 Health Organization, March of Dimes, The Partnership for

Maternal, Newborn & Child Health, Save the Children. Born too soon. The global action report on preterm birth - 2012. www.who.int/maternal_child_adolescent/documents/born_too_soon/en/

17 Essential newborn care. www.healthynewbornnetwork.org/issue/essential-newborn-care/

18 Pocket book of hospital care for children: guidelines for the management of common illnesses with limited resources, second edition. Geneva: WHO 2013. Available from: http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/81170/1/9789241548373_eng.pdf

19 The Healthy Newborn: a Reference Manual for Program Managers. IV. The Birth Weight and Age-at-Death Boxes for an Intervention and Evaluation System Matrix (2.39/2.65). CDC, CCHI, CARE - 1986.

20 Kenner C, Lott JW. Comprehensive neonatal care: an interdisciplinary approach. St. Louis: Saunders Elsevier 2007.

21 WHO, UNICEF. Management of the sick young infant aged up to 2 months: IMNCI training course Participant manual and facilitator guide - 2019. http://158.232.12.119/maternal_child_adolescent/documents/management-sick-young-infant-0-2-months-training/en/

22 Helping babies survive. www.aap.org/en-us/advocacy-and-policy/aap-health-initiatives/helping-babies-survive/Pages/default.aspx

23 Helping babies breath. www.aap.org/en-us/advocacy-and-policy/aap-health-initiatives/helping-babies-survive/Pages/Helping-Babies-Breathe.aspx

24 Guidelines for Management of small & Sick Newborns in Hospitals. First Edition. Uganda Paediatrics Association (UPA) 2017.

25 Catena del pulito. www.newbornwhocc.org/Dec2014_pdf/Care-at-Birth-2014.pdf

26 Catena del caldo: controllo termico neonatale. https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/60042/WHO_FHE_MSM_93.2.pdf?sequence=1

27 Kangaroo mother care. www.who.int/publications/i/item/9241590351

28 Updates: Newborn And Perinatal Health Covid-19 Resources. www.healthynewbornnetwork.org/

29 COVID-19 could reverse decades of progress toward eliminating preventable child deaths, agencies warn. www.un.org/development/desa/en/news/population/igmereport.html

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13

PRIMO PIANO

We people | 3 - 2020

La gestione della malnutrizione infantileDalla cooperazione internazionale alla ricerca

In queste pagine vi racconteremo in sintesi la nostra esperienza in Africa iniziata dodici anni fa. Siamo partiti essenzialmente con un progetto di cooperazione

internazionale studiato in loco per le esigenze delle problematiche dell’età evolutiva in un ospedale situato in una zona rurale dell’Africa sub-sahariana, dedicandoci in particolare alla cura e alla prevenzione della malnutrizione infantile. Per un medico il lavoro

in Africa consente straordinarie opportunità di crescita professionale e umana e per chi è dedicato all’indagine scientifica offre formidabili spunti di ricerca atti sia al miglioramento dell’approccio alle condizioni di malattia che affliggono i paesi in via di sviluppo, sia alla comprensione dell’evoluzione delle cause di malattie tipiche del mondo occidentale industrializzato.

IL BURKINA FASOIl paese scelto per il nostro intervento è stato il Burkina Faso. La sfavorevole situazione geografica, l’estrema povertà del suolo, le avverse condizioni climatiche e l’eccessiva crescita demografica ne fanno uno dei paesi più poveri del mondo. Il sistema sanitario dello stato è di tipo non assistenziale, i costi di tutte le prestazioni erogate sono quindi interamente a carico del paziente. È tra i dieci Paesi con il più alto tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni, oggi ancora di più a causa della grave situazione umanitaria che il Paese sta attraversando. A

Elena Banci, Silene Casari, Monica Paci, Paolo LionettiUniversità di Firenze, AOU Meyer

[email protected]

Conflitto di interessiElena Banci, Silene Casari, Monica Paci e Paolo Lionetti dichiarano nessun conflitto di interessi.

© Copyright Fondazione dell’Ospedale Pediatrico Anna Meyer Onlus

Open AccessL’articolo è open access e divulgata/o sulla base della licenza CC-BY-NC-ND (Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale). L’articolo o il fascicolo può essere usata/o indicando la menzione di paternità adeguata e la licenza; solo a scopi non commerciali; solo in originale. Per ulteriori informazioni: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.it

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circa 85 km a nord-ovest della capitale Ouagadougou si trova il villaggio rurale di Nanoro. Il suo comune-dipartimento comprende 14 villaggi. Tutto è iniziato nel 2007 da un’iniziativa dell’Associazione Madirò-medici per lo sviluppo. Un’attenta valutazione in loco aveva evidenziato gravi deficit nell’assistenza pediatrica presso l’Ospedale S. Camille di Nanoro. Il 50% degli assistiti di questo Ospedale era formato da bambini che venivano curati insieme agli adulti. L’approccio alla malnutrizione veniva effettuato in modo separato dall’assistenza alle comuni patologie, in primis la malaria, che affliggono soprattutto la fascia di età sotti i 5 anni. L’Associazione Madirò ha coinvolto in un progetto di cooperazione la Scuola di Specializzazione in Pediatria dell’Università di Firenze e l’AOU Meyer in un progetto dedicato al sostegno della Pediatria di questo Ospedale. Il progetto è stato approvato e finanziato come progetto di iniziativa regionale dalla Regione Toscana. La presenza di giovani medici della Scuola di Specializzazione e dei loro tutor strutturati presso il Meyer, il loro lavoro e impegno nell’approccio alle problematiche pediatriche in breve tempo è divento un riferimento per la gestione della Pediatria nelle zone rurali del paese. Come conseguenza sono confluite presso l’Ospedale S. Camille altre fonti di finanziamento che hanno consentito la realizzazione di un Reparto di Pediatria all’interno dell’Ospedale di Nanoro, con infermieri burkinabè dedicati e stipendiati dal progetto stesso. Obiettivo primario del nostro progetto è stato quello di dedicarsi alla formazione specialistica pediatrica del personale infermieristico burkinabè: dal 2008 al 2016, su base volontaria e con l’approvazione della Scuola di Specializzazione in Pediatria dell’Università di Firenze, è stata garantita la presenza continuativa di un medico in formazione specialistica pediatrica espatriato con alternanza ogni 4 mesi. Il lavoro a fianco dei pediatri italiani e i momenti di formazione dedicati ed effettuati sia dai medici in formazione sia dai tutor hanno portato alla formazione di un grande numero di infermieri che hanno raggiunto l’autonomia nella gestione del paziente pediatrico e delle principali patologie (malaria, diarrea, polmonite e malnutrizione). Dal 2016 a oggi il progetto ha preso una nuova forma, visto l’obiettivo finale di rendere la Pediatria dell’Ospedale S. Camille autonoma. Fino allo scorso anno era prevista la presenza saltuaria di medici espatriati per effettuare una supervisione dell’attività in Pediatria che però veniva gestita tutta dal personale locale. In questi 10 anni più di 50 medici specializzandi della Scuola di Pediatria di Firenze sono partiti dall’Ospedale Meyer per andare a lavorare in un contesto a risorse limitate: questo ha offerto loro una grande opportunità formativa di crescita professionale,

oltre a una esperienza umana ineguagliabile. Purtroppo a seguito del deteriorarsi della stabilità socio-politica del Burkina, a causa di un’escalation di violenza da parte di vari gruppi estremisti che effettuano attacchi terroristi al nord e all’est del Paese, e successivamente a causa della pandemia COVID-19, siamo stati costretti a sospendere momentaneamente anche le missioni di supervisione e le formazioni per personale medico-sanitario. Stiamo attualmente valutando la possibilità di organizzare delle formazioni virtuali a distanza per il personale. Abbiamo condiviso questa idea con i nostri partner Burkinabè, gli stessi che lo scorso anno sono stati nostri ospiti in visita al Meyer. Il loro stage in un ospedale di terzo livello e il nostro lavoro svolto negli anni in un ospedale rurale, in uno scenario molto differente da quello al quale siamo abituati, hanno rappresentato sicuramente per tutti una grande opportunità di crescita. Ci concentreremo adesso sulle formazioni a distanza, nello spirito di una collaborazione che possa proseguire nel tempo e nell’ottica di una cooperazione che possa essere soprattutto scambio e arricchimento bilaterale. Durante gli anni di collaborazione con il personale locale della Pediatria di Nanoro abbiamo trattato un gran numero di bambini malnutriti (Fig. 1), secondo le linee guida dell’OMS adattate alle risorse locali 1. Nel 2013 abbiamo valutato gli outcome dei bambini malnutriti di età compresa tra 6 e 59 mesi (n = 615) ricoverati nei 4 anni precedenti con malnutrizione acuta severa (MAS) (63,6%) e moderata (MAM) (36,4%) complicata. Un bambino su tre è risultato malnutrito e la forma più frequente di malnutrizione è risultato il marasma (90,3%) seguito dal kwashiorkor (7,9%) e dalla forma mista (1,8%). Le motivazioni principali riferite dalle madri o da altri familiari a giustificazione del ricorso al nostro ospedale sono state febbre, diarrea, tosse e vomito. Solo nel 7,5% dei casi la malnutrizione è stata riconosciuta come un problema prioritario di salute (Fig. 2). Più della metà dei ricoverati presentavano malaria, la maggior parte complicata da anemia severa con necessità di trasfusione ematica. Il tasso di mortalità ottenuto (11,7%) è stato di poco superiore al livello indicato dagli standard internazionali proposti dallo Sphere Project (10%) 2. La fase di follow-up è risultata caratterizzata da elevati tassi di abbandono, soprattutto durante la stagione delle piogge, periodo in cui avviene l’annuale semina del miglio, lavoro che impegna soprattutto donne e bambini e che garantisce la sopravvivenza dell’intera famiglia fino alla semina successiva (Fig. 2). Al fine di prevenire l’alto tasso di abbandono e di migliorare la gestione domiciliare dei bambini dimessi, dal 2012, all’interno del CREN (Centro di Recupero ed Educazione Nutrizionale), abbiamo creato un Centro di Produzione di Farina arricchita, a oggi riconosciuta e certificata anche a livello statale.

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15We people | 3 - 2020

Questa farina arricchita è costituita da alimenti prodotti localmente (miglio, arachidi, soia) con aggiunta di minerali e vitamine. È un alimento nutrizionalmente completo e bilanciato in proteine, lipidi e carboidrati, adeguato sia per il trattamento dei bambini con malnutrizione acuta

moderata che per il divezzamento dei più piccoli. La produzione di questa farina vede il coinvolgimento delle donne del luogo, adeguatamente formate. Vengono inoltre organizzate localmente sessioni didattiche che coinvolgono le stesse donne addette alla produzione per insegnare alle madri misure igieniche elementari e buone pratiche di alimentazione del bambino, sempre nell’ottica di una formazione continua che possa essere anche prevenzione.

LA RICERCAIn Burkina Faso l’osservazione di come vive la popolazione nei villaggi rurali, nei quali ancora prevale un’economia di sussistenza, i cambiamenti delle abitudini di vita e, in particolare, la modifica della dieta con il fenomeno dell’urbanizzazione che vede lo spostamento in villaggi più organizzati, come quello di Nanoro o nella capitale Ougadougou, ci ha fornito importanti spunti di indagine scientifica. La dieta nei villaggi rurali è prevalentemente vegetariana, caratterizzata dall’associazione del miglio, coltivato intorno al villaggio, e i piccoli fagioli Niebè. ll tipo di esistenza condotta in questi villaggi a noi che veniamo da un paese sviluppato sembra essere molto lontana dalla nostra realtà. Eppure, anche nel nostro Paese, i nostri contadini un secolo fa vivevano di un’economia

Figura 2. Malnutrizione acuta severa: outcome della popolazione in studio [da Banci E, et al. Poster presentato al 47° Congresso ESPGHAN, Gerusalemme 2014 (PO-N-0317), JPGN 2014;58(Suppl 1)].

Figura 1. Una bambina con malnutrizione acuta severa assistita presso l’Ospedale S. Camille di Nanoro, Burkina Faso.

Figura2.

Malnutrizioneacutasevera:outcomesdellapopolazioneinstudio.(daElenaBancietal.Posterpresentatoal47°congressoESPGHAN,Gerusalemme2014-PO-N-0317,JPGN,Volume58,Supplement1,Giugno2014)

Figura1.

Unabambinaconmalnutrizioneacutaseveraassistitapressol’OspedaleS.CamillediNanoro,BurkinaFaso

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di sussistenza che non era molto diversa da quella che ancora oggi sostiene queste popolazioni. A Nanoro invece sicuramente aumenta il consumo di carne e alimenti di provenienza animale. Infine, nella capitale la popolazione più abbiente ha a disposizione nei supermercati tutti i generi alimentari tipici del mondo occidentale. Come noto la dieta ha importanti implicazioni sul nostro stato di salute e negli ultimi anni è stato ulteriormente chiarito che l’alimentazione gioca un ruolo cruciale nella composizione del nostro microbiota. Con questo termine si definisce l’insieme di tutti i microrganismi che vivono nell’intestino umano in una relazione simbiotica e omeostatica con il loro ospite. Il microbiota, mentre gioca un ruolo chiave per lo stato di salute, ha anche delle implicazioni nella patogenesi delle malattie umane. Esso ha infatti ha importanti ruoli fisiologici, metabolici, strutturali e protettivi per l’ospite, ancora in parte in fase di studio. L’altra faccia della medaglia tuttavia è rappresentata dal fatto che molte delle malattie infiammatorie e autoimmuni croniche umane tipicamente “occidentali”, come le malattie infiammatorie croniche intestinali, il diabete tipo 2, l’obesità e le allergie sono state associate a modificazioni del nostro microbiota e a una riduzione della sua biodiversità, un fenomeno che viene definito disbiosi. Nel 2010 abbiamo pubblicato sulla rivista di scienza PNAS un primo lavoro 3 in cui abbiamo descritto le profonde differenze nella composizione del microbiota fra bambini che vivevano nel villaggio rurale nei pressi di Nanoro e bambini dell’area urbana di Firenze: due tipi di

dieta completamente diverse e due mondi separati per quanto riguarda le caratteristiche del microbiota fecale. Tale pubblicazione ha avuto un considerevole eco nel mondo scientifico e ha dato il via a livello internazionale a numerose ricerche atte a valutare l’impatto della dieta sulla composizione del nostro microbiota in aree diverse del mondo. Nel 2017 abbiamo invece indagato come l’urbanizzazione e i cambiamenti dietetici porti nel bambino a una modificazione della composizione del microbiota, che diventa progressivamente più simile a quella del mondo occidentale 4. Grazie a queste pubblicazioni attualmente il nostro gruppo di ricerca ha vinto un bando di ricerca europeo JPI (Joint Program Initiative) con un progetto denominato Transmic, in collaborazione con l’Università di Nimega in Olanda e del un Centro di Ricerca LIMES di Bonn in Germania. Questa volta analizzeremo la composizione del microbiota, le abitudini alimentari e lo stato di salute di intere famiglie che vivono in tre diversi ambienti: i villaggi rurali remoti, il villaggio di Nanoro (che rappresenta uno stadio iniziale di urbanizzazione) e le famiglie abbienti che vivono nella capitale Ouagadougou (Fig. 3). Al momento l’analisi nutrizionale di questi tre gruppi di famiglie ha evidenziato, come atteso, differenze consistenti: nelle famiglie provenienti da villaggi ancora poco urbanizzati la dieta è ancora prevalentemente vegetariana ed è caratterizzata da un alto contenuto di fibre e carboidrati complessi, proteine per lo più di origine vegetale e pochi o nulli grassi saturi e zuccheri. Al contrario, nelle famiglie africane della

Figura 3. Le tre aree del nostro intervento in Burkina Faso: i villaggi rurali, il villaggio di Nanoro, che rappresenta una prima fase di urbanizzazione, e la capitale del paese Ouagadougou.

Figura3

Le tre aree del nostro intervento in Burkina Faso: i villaggi rurali, il villaggio di Nanoro cherappresentaunaprimafasediurbanizzazioneelacapitaledelpaeseOuagadougou.

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capitale, per quanto molto lontana dall’Europa, lo stile di vita e l’alimentazione occidentale sono sempre più diffusi e il profilo nutrizionale rispecchia questa transizione delle abitudini: molti zuccheri e grassi saturi, proteine per lo più di origine animale e poca fibra. L’analisi dei campioni biologici attualmente in corso permetterà di studiare se queste differenze nelle abitudini alimentari si riflette anche nei livelli di molecole infiammatorie in circolo e nella composizione del microbiota, permettendo di correlare specifici profili alimentari con profili di rischio per le malattie del mondo occidentale. Il progetto Transmic fornirà nuove informazioni su come una transizione a standard di vita più elevati e la conseguente esposizione agli alimenti ormai diffusi in tutto il mondo occidentale potrebbero alterare la composizione e l’equilibrio del nostro microbiota, un fattore sempre più determinante nella protezione o nell’aumento del rischio di contrarre le malattie non trasmissibili che sono in progressivo aumento nel nostro continente.

L’UGANDALa nostra esperienza in Burkina Faso nella gestione della malnutrizione infantile ci ha consentito di sviluppare un progetto con il Cuamm Medici con l’Africa, a nostro giudizio una delle più grandi e attive organizzazioni non

governative italiane per la cooperazione internazionale in Africa. Il progetto di ricerca si svolge in Uganda e si inserisce all’interno di un programma dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, per il miglioramento della sicurezza alimentare e lo stato nutrizionale della popolazione Karimojong che vive nell’area più povera del paese nel Nord-Est dell’Uganda, la Karamoja. Si tratta per lo più di pastori seminomadi, in conflitto fino agli ’90 con le popolazioni dei territori limitrofi e con le loro stesse tribù. Mancano le strade, le infrastrutture e i servizi. C’è un solo ospedale di riferimento per l’intera regione. La malnutrizione è la piaga principale, la categoria a maggior rischio è quella dei bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 5 anni. Il progetto di ricerca vuole indagare la composizione del microbiota in bambini affetti da malnutrizione acuta e cronica. A tal fine sono stati arruolati 40 bambini sotto i 5 anni con malnutrizione acuta e 40 con malnutrizione cronica. Sono stati raccolti dati sul loro stato di salute e sulla qualità della loro dieta e i dati verranno poi confrontati con quelli di 40 bambini sani della stessa regione ugandese. La raccolta di campioni fecali ci permetterà inoltre di studiare la composizione del microbiota dei 3 gruppi considerati. Per quanto riguarda il microbiota nella MAS, è stato dimostrato che si verifica una diminuzione dei batteri anaerobi considerati fondamentali per la composizione di un microbiota sano 5. La dietoterapia e gli antibiotici utilizzati per la gestione della MAS potrebbero non essere in grado di ripristinare un microbiota anaerobico maturo sano. Non ci sono invece dati sulla caratterizzazione del microbiota dei bambini con malnutrizione cronica. La dieta gioca un ruolo chiave nel modellare il microbiota e lo studio della relazione tra malnutrizione e batteri intestinali ci potrebbe consentire una modifica del trattamento dietetico standard attualmente utilizzato al fine di migliorare la gestione della rialimentazione dei bambini con malnutrizione acuta severa.

BIBLIOGRAFIA1 WHO. Management of the child with a serious infection or severe

malnutrition. Geneva: World Health Organization 2000.2 The SPHERE humanitarian charter and minimum standards in

disaster response, 2nd edn. Geneva: The SPHERE Project 2003.3 De Filippo C, Cavalieri D, Di Paola M, et al. Impact of diet

in shaping gut microbiota revealed by a comparative study in children from Europe and rural Africa. Proc Natl Acad Sci USA 2010;107:14691-6.

4 De Filippo C, Di Paola M, Ramazzotti M, et al. Diet, Environments, and Gut Microbiota. A Preliminary Investigation in Children Living in Rural and Urban Burkina Faso and Italy. Front Microbiol 2017;8:1979.

5 Million M, Diallo A, Raoult D. Gut microbiota and malnutrition. Microb Pathog 2017;106:127-38.

Figura 4. Bambini di un villaggio rurale della Karamoja in Uganda. A differenza che in Burkina i villaggi sono circondati da barriere difensive fatte da un fitto intreccio di rami.

Figura4

BambinidiunvillaggioruraledellaKaramojainUganda.AdifferenzacheinBurkinaivillaggisonocircondatidabarrieredifensivefattedaunfittointrecciodirami.

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PRIMO PIANO

Progetto Cardiochirurgia Pediatrica Esperienza in Palestina di PCRF-Italia

Le cardiopatie congenite costituiscono la terza causa di morte per i bambini in Palestina 1, con un’incidenza di 10 per 1000 nati vivi 2. Il loro

trattamento, come per altre patologie complesse, presenta ostacoli di ordine politico che si traducono inevitabilmente anche in sfide di natura economica e medica. Comprendere tali difficoltà è fondamentale per affrontare i problemi unici della regione e contribuire sia al miglioramento delle cure chirurgiche che dell’allocazione delle risorse 3.

L’occupazione militare della Cisgiordania, il blocco totale della Striscia di Gaza e l’annessione di Gerusalemme Est da parte israeliana rappresentano la barriera principale che impedisce ai palestinesi di accedere a cure mediche adeguate. La limitazione più evidente riguarda la libertà di movimento, come rilevato dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) 4, poiché anche i viaggi per motivi medici sono sottoposti ad autorizzazioni rilasciate dalle autorità israeliane, che spesso sono negate o giungono molto in ritardo, vanificando ogni possibilità di cura. A ciò si aggiungono le limitate risorse dell’Autorità palestinese, impossibilitata a sviluppare autonomi reparti specialistici e indebolita dalle distruzioni di ospedali (soprattutto nella Striscia di Gaza), dalla carenza di manutenzione, pezzi di ricambio, farmaci e aggiornamento professionale del personale. Di conseguenza, aumenta sempre più il numero di ammalati che devono essere indirizzati a strutture al di fuori della Palestina, implicando un onere elevatissimo di acquisto di servizi

Martina LuisiCoordinatrice PCRF-Italia

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Conflitto di interessiMartina Luisi dichiara nessun conflitto di interessi.

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sanitari da Israele o da altri paesi esteri (anche fino al 40% dell’intero bilancio sanitario) 5.

È in questo scenario che si è inserito l’impegno toscano di cooperazione sanitaria, attraverso iniziative volte a favorire l’accesso a servizi sanitari adeguati per i bambini palestinesi cardiopatici, garantendo loro il diritto alla salute e contribuendo a sviluppare un sistema di cure anche in un contesto di “emergenza cronica” come quello di Gaza. L’avvio di tali esperienze risale al 2007, quando Vincenzo “Stefano” Luisi, cardiochirurgo pediatrico dell’Ospedale del Cuore “Gaetano Pasquinucci” di Massa, ha realizzato la sua prima missione presso il “Makassed Islamic Charitable Hospital” di Gerusalemme Est. Punto di riferimento per l’intero Sistema Sanitario palestinese, è qui che dal 1998 la principale ONG impegnata in ambito sanitario in Palestina, “Palestine Children’s Relief Fund” (PCRF), ha inteso organizzare il primo reparto di cardiochirurgia pediatrica a supporto del Ministero della Sanità (MoH). PCRF si è pertanto impegnato a fornire attrezzature mediche, a sostenere la formazione del personale locale, a facilitare l’accesso dei pazienti e a inviare team internazionali di specialisti volontari per l’esecuzione diretta dei casi più complessi. Per sostenere il coordinamento dei propri volontari con i colleghi palestinesi, PCRF ha costituito un apposito organismo, l’International Palestinian Cardiac Relief Organization (IPCRO), che a oggi vede la partecipazione di due esperti toscani. Infatti, al primo chirurgo volontario

si sono via via aggiunti numerosi collaboratori, tra medici, infermieri e tecnici, facenti capo alla Fondazione Toscana Gabriele Monasterio (FTGM), ente pubblico specialistico del SSR della Toscana che gestisce l’Ospedale del Cuore. È soprattutto a questa Regione e all’Ospedale massese che si deve il maggior impegno in ambito di cardiochirurgia pediatrica in Palestina. Basti pensare che complessivamente, nel periodo 2007-2014, il team di FTGM ha realizzato 25 missioni presso il Makassed, durante le quali sono stati operati 233 bambini con cardiopatie congenite. Inoltre, due medici (un anestesista e un neonatologo) e quattro infermieri sono stati ospitati presso l’Ospedale del Cuore per ricevere un training di aggiornamento intensivo.

Se il reparto di cardiochirurgia pediatrica del Makassed ha raggiunto una certa autonomia e buoni standard operativi, al contempo è stata rilevata l’impossibilità per molti pazienti residenti nei territori esterni a Gerusalemme (con particolare riferimento a quelli di Gaza) di raggiungere questo ospedale. Per ovviare a tale problematica, è stato pertanto definito un piano volto a portare direttamente nella Striscia di Gaza servizi sanitari non presenti come quelli di cardiochirurgia. Peraltro, è in quest’area della Palestina che si registrano i bisogni maggiori espressi dall’alto tasso di malformazioni congenite derivanti dall’inquinamento ambientale da metalli pesanti dovuti alle operazioni belliche israeliane e ad altri effetti di ordine economico e sociale legati al blocco militare della Striscia 6.A partire dal 2013 l’IPCRO, allora guidato dal coordinatore toscano di FTGM, ha dato avvio col MoH a un programma volto a costituire un dipartimento apposito presso lo European Gaza Hospital (EGH) di Khan Yunis, nell’omonimo Governatorato meridionale. Dall’avvio dei lavori nel 2013 alla fine del 2019 le missioni guidate da FTGM presso l’EGH sono state 12 per un totale di 107 pazienti. Degne di nota: a) la partecipazione di esperti da altre ASL toscane (AOU Pisa, AOU Meyer, Azienda USL Toscana Nord Ovest per l’Ospedale Versilia) e italiane (AO Padova, AO Brotzu di Cagliari, Università Federico II di Napoli) che hanno coadiuvato il team di FTGM; b) la fornitura di un ingente quantitativo di strumentazione chirurgica, di materiale monouso e di attrezzature per le terapie intensive pediatriche e neonatali, resa possibile non solo dal contributo toscano, ma anche dal cofinanziamento ottenuto in virtù di questo da altri donatori; c) la formazione on the job del personale locale, straordinariamente attivo e disponibile; d) corsi di aggiornamento presso l’Ospedale del Cuore di Massa di due operatori di EGH (un infermiere di sala operatoria e un tecnico di circolazione extracorporea); e) l’avvio della cardiologia interventistica accanto alle attività chirurgiche

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grazie alla quale, sotto la guida del dott. Roberto Tumbarello del Brotzu, sono stati curati 55 bambini nel corso di 3 missioni.Attualmente, con la crisi legata alla pandemia di COVID-19, l’EGH è stato trasformato in ospedale dedicato al trattamento del coronavirus, pertanto anche le attività cardiochirurgiche realizzabili dal solo personale locale sono state in larga parte sospese e solo in misura residuale trasferite allo Shifa di Gaza City.

A fronte delle richieste del MoH di rispondere ai bisogni dell’utenza della Cisgiordania, l’IPCRO ha inteso sviluppare una terza iniziativa presso il Palestine Medical Complex (PMC) di Ramallah, capitale amministrativa dei Territori Palestinesi Occupati, per cui sono attualmente in corso gli sforzi di PCRF per la costruzione di un reparto dedicato comprensivo di terapie intensive. Dal 2016 al 2019 le missioni toscane sono state 5 per un totale di 31 pazienti operati. Anche presso il PMC è stata sperimentata un’attività di cardiologia interventistica nel corso di 2 missioni di cui hanno beneficiato 16 bambini, mentre presso l’Ospedale del Cuore è stato accolto un medico chirurgico palestinese per un aggiornamento professionale.Complessivamente, grazie al sostegno economico della Toscana e professionale di FTGM e altre Aziende Sanitarie, nel corso di 12 anni sono state realizzate 47 missioni, con una media di 9 volontari ciascuna, a favore di 442 bambini palestinesi inoperabili dai soli colleghi locali. Numeri importanti

che confermano il primato di FTGM e del Sistema Toscano della Cooperazione Sanitaria nel sostenere le cure dei bambini cardiopatici palestinesi.

BIBLIOGRAFIA E NOTE1 Ali-Masri H. Maternal and Child mortality in Palestine - 2019.

www.comcec.org/en/wp-content/uploads/2019/11/6-F-Palestine-Presentation-MMR.pdf

2 Zaqout M, Aslem E, Oweida F, et al. Incidence of congenital heart disease in Palestinian children born in the Gaza Strip, occupied Palestinian territory: a cross-sectional study. Lancet 2013;382(Special Issue):S36.

3 Erez E, Erez E, Golender J, et al. Surgical treatment of Palestinian patients with congenital heart disease in a Medical Center in Israel: challenges and outcome. Eclinical Medicine Research Paper/The Lancet 2019;10:P42-8. www.thelancet.com/journals/eclinm/article/PIIS2589-5370(19)30075-6/fulltext

4 Tra le varie fonti, si veda ad esempio World Health Organization, Right to Health. Crossing barriers to access health in the occupied Palestinian territory, 2014 2015, 2016 (www.emro.who.int/palestine-press-releases/2016/news-release-who-releases-latest-health-access-report-for-the-occupied-palestinian-territory-november-2016.html) o il più aggiornato Right to Health 2018 Right to health 2018 (www.emro.who.int/images/stories/palestine/documents/who_right_to_health_2018_web-final.pdf?ua=1)

5 Stefanini A. Il diritto di curarsi sotto l ’occupazione militare israeliana, 2017. Salute Internazionale. www.saluteinternazionale.info/2017/01/il-diritto-di-curarsi-sotto-loccupazione-militare-israeliana/

6 Naim A, Al Dalies H, El Balawi M, et al. Birth defects in Gaza: prevalence, types, familiarity and correlation with environmental factors. Int J Environ Res Public Health 2012;9:1732–47.

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Esperienza in Eritrea

La prima volta che sentì parlare di Asmara fu una notte del 2003, durante un volo verso lo Yemen. Con il solito team di medici stavamo andando a

Sana’a per una missione cardiochirurgica pediatrica sostenuta dalla Regione Toscana. Il mio vicino di posto, che poi scoprì essere un eritreo che viveva a Roma, forse incuriosito dalla mia lettura medica attaccò discorso. In breve, scoperto chi ero e cosa facevo assieme allo stanco gruppo di compagni, il signore iniziò a parlarmi della “bellissima città sull’altopiano, costruita dagli

Italiani durante gli anni 20 senza lesinare materiali, idee architettoniche e soluzioni urbanistiche avveniristiche“ (nel 1920 Asmara, assieme a Manhattan, era l’unica città dotata di una rete fognaria). Il signore non si limitò alla descrizione di questo, a suo dire, “posto magnifico dal clima mite”, ma a lungo mi parlò dello stretto legame che esisteva tra questo posto e la nostra cultura artistica, edilizia e … gastronomica. Attratto dall’idea di vedere Asmara “la Latina dell’Africa”, mi disse il tizio, e incredulo all’idea di mangiare buonissime lasagne alla bolognese e spaghetti all’amatriciana in Africa, decisi che si … sarei andato ad Asmara. Iniziò cosi, per curiosità, senso di avventura, voglia di scoperta e perché no … ritorno alle origini, la nostra avventura chirurgica ad Asmara. Dopo un anno da quella notte, assieme a un cardiologo, un anestesista e un logista della Croce Rossa Italiana, volai ad Asmara per effettuare una missione di ricognizione. In un vecchio ospedale militare costruito dagli Italiani un’associazione tedesca, ARCHMED, aveva costruito un piccolo ma attrezzatissimo ospedaletto cardiochirurgico. Il piccolo centro pediatrico, usato in diversi periodi dell’anno

Bruno MurziFondazione Toscana Gabriele Monasterio per la Ricerca Medica e di Sanità Pubblica, Direttore Dipartimento Pediatrico

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Conflitto di interessiBruni Murzi dichiara nessun conflitto di interessi.

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anche da chirurghi generali, urologi, oculisti, ortopedici provenienti da tutta Europa, rimaneva aperto per la cardiochirurgia pediatrica circa tre mesi all’anno. I gruppi chirurgici, ognuno composto da circa 18 persone, provenivano da Ginevra, Sant’Augustin (Germania) e Padova. Noi, dopo essere stati profondamente valutati nelle nostre capacità, fummo aggregati alle varie missioni. L’Eritrea è uno tra i cinque stati più poveri del mondo. Il suo sistema sanitario è fragile e assolutamente incompleto. Fino a sette anni fa i medici in Eritrea si contavano sulle dita di una mano. Da circa un anno l’Università di Asmara ha iniziato, grazie a uno stretto rapporto di cooperazione internazionale, a laureare giovani medici pieni di entusiasmo e di volontà. La nostra attività (di tutti i gruppi cardiochirurgici e chirurgici) ad Asmara, in quasi quindici anni, ha visto operati più di 1.500 bambini con risultati in termini di mortalità e morbilità assolutamente simili a quelli europei. Da circa cinque anni il nostro gruppo è stato scelto tra i vari team per portare avanti un progetto specifico sulla

malattia reumatica, una patologia ormai quasi scomparsa qua da noi ma ancora endemica in Africa. La malattia parte da una “feroce reazione autoimmunitaria” dopo un banale mal di gola streptococcico e conduce in alcuni anni alla completa distruzione delle valvole cardiache. Migliori condizioni di igiene, una prevenzione adeguata e l’uso di comuni antibiotici possono interrompere sul nascere il meccanismo patologico. Il nostro progetto prevede uno screening di massa nelle scuole di ogni ordine e grado alla ricerca dei soggetti affetti, utilizzando ecocardiografi portatili, e l’insegnamento di basilari regole di igiene e del riconoscimento della malattia, insegnando alle mamme e ai bambini stessi cosa cercare. I soggetti individuati vengono riferiti al centro delle malattie reumatiche presso l’Ospedale di Asmara per la profilassi antibiotica e l’intervento per i soggetti con indicazione chirurgica. Dall’inizio del progetto più di 8.000 bambini sono stati valutati nelle scuole dai nostri team cardiologici e oltre 100 bambini sono stati operati per plastica valvolare o sostituzione delle stesse.

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PRIMO PIANO

Formazione sulle emergenze pediatriche ad Asmara: un’occasione di crescita per gli operatori italiani ed eritrei

L’ASSOCIAZIONE ANLADI E IL PROGETTO DI FORMAZIONE SANITARIA IN ERITREA

Ho lavorato al Pronto Soccorso dell’Ospedale Meyer quando era direttore Francesco Mannelli, che una volta in pensione, da persona irrefrenabile quale è,

ha proseguito nella sua opera di formazione nell’ambito dell’emergenza sanitaria in giro per il mondo. È stato così che mi ha coinvolto, come altri operatori del Meyer e del Maggiore di Bologna, nei progetti in Eritrea di cui è responsabile sanitario per l’associazione ANLADI “Annulliamo La Distanza”.ANLADI è un’associazione nata a Firenze e da sempre

Francesco SeveriInfermiere presso SOSA Simulazione e Risk Management, AOU Meyer, Firenze

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Conflitto di interessiFrancesco Severi dichiara nessun conflitto di interessi.

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impegnata nella battaglia per combattere la fame, le malattie e gli altri disagi che minacciano il futuro dei bambini in ogni parte del mondo e si riconosce nel motto “i bambini prima di tutto”.Annulliamo la Distanza ha realizzato vari progetti di cooperazione nel campo dell’assistenza sanitaria pediatrica in Eritrea, primo fra tutti nel 2004 la ristrutturazione del Pronto Soccorso dell’Ospedale Pediatrico Orotta di Asmara, l’unico ospedale pediatrico sul territorio eritreo dove ogni anno vengono visitati 30.000 bambini. Dopo quasi dodici anni si sono resi necessari nuovi interventi sulla struttura; opere di muratura e fornitura di attrezzature mediche. In quest’occasione, al Pronto Soccorso Pediatrico dell’Orotta sono stati donati un defibrillatore e un ecografo, per contribuire alla gestione delle emergenze dei bambini. Nel dotare l’ospedale di nuovi spazi e dispositivi l’associazione si è posta la questione di provvedere anche alla formazione del personale. Da qui la nascita di un progetto intitolato “Rafforzare le capacità del personale medico di fornire servizi di riferimento di qualità per la gestione degli interventi di emergenza pediatrica presso l’Ospedale Pediatrico Orotta di Asmara”, con obiettivo lo sviluppo e il mantenimento della cultura dell’emergenza pediatrica. L’intervento di formazione che ha accompagnato questi dispositivi è stato logico e graduale; fornire competenze teorico-pratiche sulla gestione di base dell’arresto cardiorespiratorio in età pediatrica, successivamente approfondire le cause che più facilmente portano i bambini in condizioni critiche e formare gli operatori sulla gestione avanzata delle emergenze con farmaci e presidi. Sono stati anche costruiti specifici moduli didattici per l’utilizzo dell’ecografia Point of Care (POCUS) in emergenza. I corsi sono stati organizzati in lingua inglese sul modello degli stessi utilizzati in Italia per la formazione del personale medico e infermieristico.In questa maniera si sarebbero potuti formare un buon numero di operatori ma l’obiettivo finale, più ambizioso, voleva essere quello di rendere gli operatori dell’Orotta autonomi nel mantenimento delle competenze. Con questa prospettiva, durante i primi corsi, tenuti dagli istruttori portati da ANLADI, sarebbero stati individuati i candidati per iniziare un percorso di istruttori e facilitatori della formazione dei colleghi. Per i corsi sulla rianimazione avanzata sono inoltre necessari manichini sofisticati, adeguati per dare feedback su monitoraggio, intubazione, defibrillazione, cardioversione e posizionamento di accessi vascolari in emergenza. Quello utilizzato durante i corsi è stato acquistato da ANLADI e donato all’ospedale per il proseguimento delle attività di training.

IL CONFRONTO CON I COLLEGHI ERITREIAi miei occhi, quelli di uno che si occupa di formazione nell’ambito dell’emergenza, è sembrato un progetto bellissimo e affascinante, perché mi avrebbe portato in un paese di cui sapevo molto poco e di cui non avevo affatto un’idea precisa. Ho scoperto poi che per me, come per molti italiani, Asmara è un luogo che sembra per qualche verso familiare da subito, pieno di dettagli, più o meno evidenti, di un passato italiano, macchine, arredi e architettura dell’epoca fascista. Nonostante questi siano i segni, purtroppo, di un passato coloniale percepiamo un’accoglienza calorosa. Oltre a questo, la cultura Eritrea si propone con tutte le sue peculiarità; il mercato rumoroso dal profumo di spezie, donne che passano avvolte nel Zurià, tipico abito bianco a bande colorate, i popcorn serviti a fine del pranzo della domenica assieme al caffè tradizionale. Cose che si possono comprendere solo se c’è qualcuno del luogo che le spiega. Ed è Alem, il riferimento locale di ANLADI, la persona che ci ha aiutato a comprendere la cultura del paese. Una presenza fondamentale per riuscire a navigare tra le dinamiche eritree ed essere efficaci nelle nostre azioni. Arrivare ad Asmara con questa facilitazione all’integrazione, alla comprensione e al rispetto reciproci hanno reso incredibilmente rapida l’interazione con gli operatori dell’Orotta, perché in qualsiasi intervento formativo il presupposto è sempre quello di interpretarsi reciprocamente nel tentativo di trasferire delle conoscenze e riceverne altre indietro.Lo scambio con i colleghi è intenso: si passa tutta la giornata insieme, parlando, lavorando con i manichini e con i dispositivi e condividendo il pranzo. La lingua che usiamo è l’inglese, noi formatori ce la caviamo tutti

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bene, loro sono fluenti. L’inglese è infatti la lingua usata nei corsi universitari e viene praticata per accedere ai contenuti della comunità scientifica internazionale e sono in generale più abituati di noi a utilizzarlo. Alcune dinamiche non sono sempre immediate e intuitive da capire; ad esempio, capita che la mattina arrivino in ritardo rispetto agli orari proposti. Poi intuiamo che, per gentilezza, probabilmente hanno delle difficoltà a dire di no alle proposte che gli arrivano dai loro ospiti, anche se la mattina hanno delle attività ospedaliere inderogabili.Sono estremamente attenti e partecipi durante lezioni, workshop e attività pratiche. La trasmissione dei contenuti dà moltissima soddisfazione a noi e a loro, ce lo dicono esplicitamente: sia noi che loro siamo molto emozionati. Nonostante siamo all’estero, dalla sera del secondo giorno non notiamo più alcuna differenza con qualsiasi altro gruppo con cui abbiamo lavorato in Italia. Al termine delle giornate non si torna subito in albergo, spesso si va a vedere qualche parte dell’ospedale, per piacere sia nostro che loro, e spesso medici eritrei e italiani si confrontano su qualche caso dubbio. Più di una volta vanno a visitare i bambini insieme.Nella continuità di questo progetto/percorso, è emozionante vedere come – in qualsiasi contesto, che sia questo più o meno familiare – le competenze vengano immediatamente trasferite nell’attività clinica.

RISULTATI, SFORTUNATE BATTUTE D’ARRESTO E POSSIBILI SVILUPPI

Il 24 ottobre 2019 è stato inaugurato il nuovo Pronto Soccorso dell’Ospedale Pediatrico Orotta di Asmara, con le nuove tecnologie operative e con personale formato per utilizzarle. Nel corso delle 5 missioni svolte tra il 2017 e il 2019, sono stati rilasciati 315 attestazioni delle competenze raggiunte dai sanitari dell’Orotta (Tab. I). Durante i corsi sono stati selezionati 9 medici per diventare futuri formatori locali: questi hanno partecipato a un corso formatori realizzato a ottobre 2019. A maggio 2020 era prevista una nuova edizione di corsi nella quale i docenti sarebbero stati i medici eritrei con la supervisione degli istruttori italiani.I medici eritrei (senior e general practitioners), insieme

a specializzandi in pediatria e studenti dell’ultimo anno della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Asmara (interns), rappresentano la maggior parte dei partecipanti. Ci sono anche infermieri (nurses e head nurses), formati prevalentemente per la rianimazione cardiopolmonare di base. I colleghi infermieri sono meno presenti rispetto ai medici, ma sono stato felice di vedere l’inizio del loro coinvolgimento. ANLADI ha avviato infatti un progetto specifico per la formazione degli infermieri dell’Orotta, di cui la prima missione è stata svolta a fine 2019. Poi tutti i progetti sono stati sospesi a seguito della pandemia e l’attuale conflitto nel Tigrai ne rende ancora più incerta la prosecuzione nelle modalità prestabilite.Potrebbe però esserci ancora possibilità di collaborazione e scambio, utilizzando alcuni dei cambiamenti che ci sono stati recentemente imposti. In Italia, come in molti paesi, la formazione a distanza sta divenendo un metodo comune e per i nostri colleghi eritrei lo era già da prima. A fine corso ci hanno chiesto materiale video da rivedere e da diffondere tra chi non aveva potuto partecipare, perché per loro è consuetudine ricorrere a contenuti video come quelli messi a disposizione on-line da centri americani. In questo momento di difficoltà nel raggiungersi ed essere fisicamente vicini, potremmo tentare di proseguire l’attività di confronto e di supporto ricorrendo proprio a queste modalità, con cui stiamo prendendo confidenza come formatori e di cui iniziamo a comprendere meglio le potenzialità.

Il Gruppo di Formatori coinvolti nel progetto “Rafforzare le capacità del personale medico di fornire servizi di riferimento di qualità per la gestione degli interventi di emergenza pediatrica presso l’Ospedale Pediatrico Orotta di Asmara”:

Responsabile sanitario e coordinatore: Francesco Mannelli

Ospedale Maggiore “Carlo Alberto Pizzardi”, Bologna: Medici pediatri: Rosa Francavilla, Elisa Mazzoni, Paola SalvagoInfermieri: Gennaro Bevacqua

Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer, FirenzeMedici pediatri: Cristiana Benucci, Giulia Giusti, Alessandra Montemaggi, Anna Pazzaglia, Ludovica PalermoInfermieri: Francesco Severi

Le foto sono state realizzate dal fotografo Andrea Mafrica.

Il Progetto è possibile grazie al presidente di ANLADI Michele Muffi, a Paola Cerea, ad Alem e a tutti i volontari dell’associazione.

Tabella I. Attestati rilasciati ai sanitari dell’Ospedale Orotta di Asmara durante le missioni ANLADI tra il 2017 e il 2019.

Totaleattestati

Attestati di rianimazione Base

Attestati di rianimazione avanzata

Attestati POCUS

General Practitioners 47 10 10 27Interns 225 111 114 —Nurses 34 20 14 —

Head Nurses 5 1 4 —Senior Pratictioners 4 4 — —

Totale 315 146 142 27

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Sicurezza e qualità delle cure in Kenya

INTRODUZIONE

La sicurezza e la qualità delle cure, pur essendo un tema relativamente recente, nel corso degli ultimi anni è stato il protagonista del dibattito

internazionale che ha portato nel 2019 all’approvazione da parte della World Health Assembly di una risoluzione, la 72.6WHA/2019, che definisce un’agenda di azioni per i prossimi decenni e riconosce la sicurezza delle cure come uno dei pilastri fondamentali per garantire qualità ed equità di accesso alla salute a livello globale 1.La nascita del dibattito sul tema della sicurezza e della qualità delle cure può essere ricondotta al 1999, anno in cui l’American Institute of Medicine pubblica quello che poi diventerà uno dei principali testi di riferimenti per il settore, “To Err is Human” 2. Da questo momento prendono avvio studi, ricerche, interventi orientati a comprendere i fallimenti che avvenivano nei vari sistemi sanitari e che avevano conseguenze sui pazienti dal punto di vista sistemico, andando a scardinare la c.d. “cultura della colpa”, orientata a individuare i responsabili diretti di eventuali eventi avversi piuttosto che i fallimenti organizzativi e sistemici che potevano sottendere a tali eventi. Per molto tempo gli studi si sono concentrati e realizzati in contesti socio-tecnici con alti livelli di risorse, fino a che nell’ultimo decennio hanno iniziato a convergere anche verso contesti a risorse

Giulia Dagliana1, Sara Albolino1, Stefan Guidi2, Barbara Tommasini3, Stefano Zani3, Maria Vittoria Devita4, Mercy Akamu4 , Florence Chege4 ,Vieri Lastrucci5, Maria Josè Caldes5

1 Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente-WHO Collaborating Centre in Human Factor and Ergonomics for the delivery of Safe and Quality Care, Regione Toscana, Italia; 2 Dipartimento Scienze Sociali, Politiche e Cognitive, Università di Siena, Italia; 3 AOU di Siena, Italia; 4 World Friends Kenya Ruaraka Uhai Neema Hospital, Nairobi, Kenya; 5 Centro Salute Globale, Regione Toscana, Italia

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Conflitto di interessiGiulia Dagliana dichiara nessun conflitto di interessi.

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limitate, supportati dalla necessità di far procedere di pari passo l’esigenza di accessibilità ai sistemi sanitari con quella della loro qualità e sicurezza 3. Uno studio condotto nel 2012 riporta infatti che in paesi a basso e medio reddito, l’incidenza degli eventi avversi è dell’8,2% e di questi l’83% sia prevenibile. La limitata formazione e le difficoltà degli operatori sanitari a seguire le procedure e i protocolli ospedalieri risultano essere le cause principali di tali eventi avversi 4. Questi dati sono in linea con quelli dello studio condotto dalla Joint Commission volto a indentificare le principali cause di eventi sentinella negli ospedali statunitensi tra il 2004-2014. Dallo studio emerge che la comunicazione, il fattore umano, il lavoro di squadra e la leadership rappresentano le principali cause di eventi avversi 5. Per quanto riguarda la sicurezza in ambito materno-infantile, si stimano che tra il 1990 e il 2015 circa 10,7 milioni di donne siano morte per cause relative alla gravidanza e al parto e che il 44% dei nati morti, il 73% dei decessi neonatali e il 61% delle morti materne avvengono al momento del travaglio e del parto ed entro la prima settimana dalla nascita. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che nel 2017 circa il 94% delle morti materne siano avvenute in contesti a risorse limitate e in particolare che circa due terzi si siano verificate nell’Africa subsahariana (196.000) e quasi un quinto nell’Asia meridionale (58.000) 6. Le principali cause di morte neonatale includono: complicanze della prematurità (18%), polmonite (16%), morti neonatali legate al parto (inclusa l’asfissia) (12%) e sepsi (9%) 7

(WHO 2015). Rispetto alla principali cause di morte materna l’OMS riporta l’emorragia post-partum, le infezioni, pre-eclampsia ed eclampsia severe, complicanze del parto e interruzioni di gravidanza insicure 8.Diversi studi condotti in Africa, Asia e America Latina, mostrano che molti fattori che influenzano l’assistenza fornita alle madri durante il parto non sono legati alla competenza clinica ma piuttosto all’accesso alla formazione e alla supervisione, al numero del personale, al carico di lavoro e all’accesso a strutture sanitarie ben attrezzate e ben organizzate, esistenza di lavoro di squadra e di fiducia, collaborazione e comunicazione tra operatori sanitari e con le madri 9.L’OMS da tempo richiama la necessità di allargare il focus degli interventi in aree con risorse limitate dalla pura garanzia di accessibilità ai servizi sanitari alla fornitura di cure di qualità e orientate alla sicurezza dei pazienti e degli operatori 10. Sono diversi gli esempi di esperienze in cui miglioramenti rispetto all’accessibilità dei servizi sanitari non necessariamente corrisponda a un miglioramento in termini di outcome clinici. Uno studio condotto in Pakistan ci dice che sebbene tra il 2001 e il 2013 il numero di

donne che partoriscono in ospedale o che sono assistite da personale formato sia aumentato dal 21 al 48%, la mortalità materna è diminuita di meno di ¼ 11.Nel quadro del più ampio programma di riduzione della mortalità materna e neonatale, nel 2008 l’OMS ha promosso una campagna per l’adozione della Safe Childbirth Checklist (SCC), una checklist dedicata all’assistenza alla nascita. La SCC è un elenco organizzato di buone pratiche clinico-assistenziali, evidence based e fortemente raccomandate per garantire un’assistenza al parto sicura e di qualità. La checklist monitora infatti tutte le principali cause di morte materna e neonatale durante il parto 12. Lo studio pilota condotto da Atul Gawande et al. in India, ha messo in evidenza un marcato incremento nell’adesione alle principali pratiche clinico-assistenziali necessarie per l’assistenza al parto da parte degli operatori sanitari dopo l’introduzione della SCC. Complessivamente è stato rilevato un aumento da una media di 10 pratiche su 29 (34%) in assenza della SCC a 25 pratiche su 29 (86%) dopo la sua introduzione 13.La SCC è stata testata anche in vari paesi africani e gli studi che hanno seguito la sperimentazione confermano i risultati dello studio indiano: si rileva un sostanziale miglioramento dell’aderenza alle pratiche clinico-assistenziali evidence based dopo l’implementazione della SCC. In Namibia, ad esempio, durante il periodo di sperimentazione della checklist si è osservato un aumento dal 68 al 95% di adesione alle principali pratiche di sicurezza e una riduzione dei tassi di mortalità perinatale da 22 morti/1.000 parti a 13,8 morti/1.000 parti 14. Risultati simili sono stati ottenuti in Rwanda dove è stato condotto uno studio pre-post-intervento che ha registrato un aumento del tasso complessivo di compliance alle buone pratiche dal 46% pre-intervento al 56% post-intervento (p = 0,005). Miglioramenti significativi sono stati osservati in 11 su 29 pratiche 15.

RAZIONALELa Regione Toscana nel 2015 ha promosso una partnership tra il Ruaraka Uhai Neema Hospital (Kenya), l’Ospedale Universitario di Siena, il Centro di Salute Globale della Regione Toscana e il Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente – Centro Collaborativo dell’OMS – con l’obiettivo di condurre un progetto di ricerca-intervento per migliorare la sicurezza e la qualità nell’assistenza materna e neonatale nell’Ospedale del Kenya, introducendo la Safe Childbirth Checklist promossa dall’OMS 16.Per la realizzazione dello studio è stata scelta la metodologia dalla ricerca-intervento che rappresenta uno degli approcci preferenziali per il trasferimento di soluzioni basate sull’evidenza nella pratica clinica e

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nell’assistenza sul campo. La ricerca-intervento è infatti definita in letteratura come “lo studio scientifico dei metodi per promuovere l’adozione sistematica dei risultati della ricerca e di altre pratiche basate sull’evidenza nella pratica quotidiana e migliorare la qualità e l’efficacia dei servizi sanitari“. Le differenze tra i contesti (ad es. le politiche, la cultura e le caratteristiche dell’organizzazione sanitaria) possono infatti spiegare le variazioni negli effetti dell’implementazione delle soluzioni per la sicurezza dei pazienti e quindi devono essere considerate come elemento imprescindibile nella programmazione di qualsiasi intervento 17.Questo studio può quindi essere definito come una ricerca-intervento il cui obiettivo principale è stato quello di introdurre una versione adattata al contesto della SCC presso il Ruaraka Uhai Neema Hospital e di valutare l’impatto dello strumento sulla sicurezza e qualità dell’assistenza durante parto. Lo studio ha voluto indagare gli effetti dell’introduzione della checklist in termini di organizzazione del lavoro e standardizzazione dei processi e in termini di impatto sulla compliance degli operatori sanitari alle pratiche clinico-assistenziali fondamentali per la cura della madre e del neonato.

METODI

Disegno dello studio Lo studio è un’analisi quali-quantitativa volta a valutare l’effetto dell’introduzione dell’SCC su alcuni indicatori di processo e di esito attraverso una revisione prospettica delle cartelle cliniche pre- e post-intervento.

SettingLa ricerca-intervento è stata condotta nel reparto Maternità dell’Ospedale Ruaraka Uhai Neema Hospital, a Nairobi (Kenya), un centro sanitario polivalente che presta servizi sanitari ai pazienti più poveri delle baraccopoli e che garantisce l’educazione sanitaria della popolazione, la formazione del personale medico e paramedico locale.

Fasi dello studioL’approccio operativo seguito nello studio combina il modello in 6 fasi promosso dall’OMS nel programma “African Partnership for Patient Safety” (Partnership Africana sulla Sicurezza del Paziente n.d.r) 18 con il modello del Collaborative Breakthrough promosso dall’Institute for Healthcare Improvement 19. Il progetto è stato quindi condotto secondo le seguenti fasi:• valutazione delle caratteristiche specifiche del

contesto in termini di risorse e flussi di lavoro; • personalizzazione della checklist insieme agli operatori

sanitari locali (ostetriche, infermiere, ginecologi) sulla

base dell’organizzazione del lavoro, delle necessità degli operatori e delle caratteristiche culturali;

• coaching degli operatori all’uso dello strumento; • sperimentazione dello strumento per 6 mesi; • revisione delle cartelle cliniche pre- e post-intervento

per valutare l’impatto dell’introduzione della checklist su alcuni indicatori di esito e di processo selezionati e relativi alle principali cause di morte materna e neonatale;

• revisione della checklist sulla base dei risultati della sperimentazione e dei risultati della revisione delle cartelle;

• somministrazione di un questionario agli operatori per valutare l’usabilità e la fattibilità dello strumento.

Raccolta dati e procedure di campionamentoLe cartelle cliniche sono state campionate in modo casuale dalla lista dei parti dell’anno 2016 (periodo pre-introduzione della check list) e dalla lista dei parti dell’anno 2017, 2018-2019 (periodo post-introduzione della check list). Sono state pertanto arruolate 150 donne e relative cartelle dalla lista parti del periodo pre-introduzione della checklist e 150 dalla lista parti del periodo post-introduzione della checklist. Le donne sono state arruolate seguendo i seguenti criteri di inclusione:• donne che hanno effettuato l’accesso al Dipartimento

Materno-Infantile per eseguire un parto spontaneo;• donne di qualsiasi età;• donne con qualsiasi storia ostetrica e numero di parti;• donne con gravidanza singola o gemellare;• donne a più di 24 settimane di gravidanza.I criteri di esclusione sono stati:• donne che hanno effettuato l’accesso al Dipartimento

Materno-Infantile per eseguire un taglio cesareo programmato o di emergenza e che non erano in travaglio;

• donne che hanno effettuato l’accesso al Dipartimento Materno-Infantile per motivi diversi dall’espletamento del parto.

Sono state raccolte le caratteristiche socio-demografiche delle donne arruolate: età, stato civile e numero di parti. Sono stati quindi calcolati gli indicatori di processo relativi alla fase pre-parto, intra-parto e post-parto. Per quanto concerne gli indicatori relativi alla fase pre-parto, ai fini dello studio sono state prese in considerazione le seguenti misure: • presenza nelle cartelle cliniche di partogrammi

correttamente compilati; • la somministrazione della terapia ipertensiva per

pressione arteriosa superiore a 100 mmHg;• la rilevazione della frequenza cardiaca materna;• la valutazione ogni 4 h.

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Per gli indicatori relativi alla fase intra-parto:• somministrazione delle terapia antibiotica in caso di

temperatura superiore a 38° o rottura precoce delle membrane;

• la somministrazione della terapia antibiotica in caso di rimozione manuale della placenta.

Per gli indicatori relativi alla fase post-parto: • la somministrazione di farmaci uterotonici in caso di

perdita ematica superiore a 500 ml;• la rilevazione della frequenza cardiaca materna;• la rilevazione della temperatura corporea del neonato; • l’allattamento precoce al seno (entro 2 ore).

Analisi statisticaLe differenze nella distribuzione delle variabili tra i due gruppi (pre- e post-intervento) sono state valutate utilizzando il test del Chi-quadrato e il test t di Welch per le variabili continue.Gli indicatori relativi alla pratica clinica sono stati poi

valutati confrontando le frequenze nel campione pre-intervento e nel campione post-intervento utilizzando il test Chi-quadrato. L’associazione tra la presenza della checklist e ogni indicatore di processo è stata indagata con la regressione logistica al fine di stimare l’Odd Ratio (OR). In ogni modello di regressione logistica la variabile di outcome era l’indicatore di processo e il predittore la presenza della checklist. Per ciascuna analisi è stato considerato significativo un livello a di 0,05.

RISULTATIIn primo luogo, è stato effettuato un confronto sulle caratteristiche socio-demografiche tra i gruppi pre- e post-intervento. Nella Tabella I sono presentate le caratteristiche socio-demografiche dei due campioni. Non sono emerse differenze significative tra i gruppi di studio.Nella Tabella II sono riportate le distribuzioni delle variabili per i campioni pre- e post-intervento. Il test quadrato non ha rilevato differenze significative nella distribuzione delle variabili tra i gruppi.Gli indicatori relativi all’adesione alle pratiche clinico-assistenziali sono stati valutati confrontando le frequenze nel campione pre-intervento e nel campione post-intervento utilizzando il test Chi-quadrato. Nella Tabella III sono riportati i risultati di queste analisi.Nel campione post-intervento, la checklist era presente nel 92,6% delle cartelle cliniche revisionate. Il partogramma compilato correttamente era presente nell’86,1% nel campione post-intervento, mentre nell’80,1% dei casi nel campione pre-intervento. Questa differenza tra i due campioni non è statisticamente significativa per il test Chi-quadrato.Nel campione pre-intervento, la terapia ipertensiva è stata somministrata nel 50% dei casi in cui la pressione arteriosa era superiore a 100 mmHg, e la terapia antibiotica non è mai stata somministrata in caso di temperatura > 38° o in caso di rottura precoce delle

Tabella I. Caratteristiche socio-demografiche dei campio-ni pre- e post-intervento.

Pre-intervento (N = 150)

Post-intervento (N = 149)

N (%) N (%) p-value*

Media età della madreanni (sd)

26,8 (4,8) 26,6 (6) 0,72

Stato della madre** 0,06

Nubile 17 (23,3) 28 (38,9)

Sposata 56 (76,7) 44 (61,1)

Numero di parti 0,43

1 79 (55,6) 73 (49,3)

2 35 (24,6) 37 (25)

> 2 28 (19,7) 38 (25,7)

* p value from Chi-Squared test for categorical variables, and from 2-sample Welch’s t-test for continuous variables. ** N = 145.

Tabella II. Distribuzione delle variabili cliniche nei campioni pre- e post-intervento.

Pre-intervento (N = 150) Post-intervento (N = 149)

Variabile N (%) NA* N (%) NA* p-value

Pressione arteriosa > 100 mmHg 6 (4,9) 28 4 (2,9) 12 0,52

Perdite ematiche > 500 ml 13 (9) 6 21 (15,6) 14 0,14

Rimozione manuale placenta 28 (19) 3 25 (16,9) 1 0,74

Rottura prematura membrane 3 (2,6) 35 8 (6,3) 22 0,22

Temperatura > 38° – 150 4 (5,8) 80 –

* NA = N di dati mancanti.

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membrane. Nel campione post-intervento le due terapie sono state somministrate in maniera appropriata rispettivamente nel 75% e nel 54,5% delle cartelle revisionate. Nonostante il notevole miglioramento in termini di appropriatezza di trattamento, non si rilevano differenze statisticamente significative nella distribuzione delle due variabili tra il campione pre- e post-intervento. Questo con molta probabilità è dovuto alla ridotte dimensioni del campione che, per eventi rari come quelli monitorati dalle due variabili, non permette di raggiungere la numerosità necessaria. Nel campione post-intervento la rilevazione della frequenza cardiaca nella fase pre-parto è avvenuta con una frequenza significativamente più elevata rispetto alla fase pre-intervento (91,3% vs 76,6%) e la regressione logistica ha rivelato una relazione statisticamente significativa tra la rilevazione della frequenza cardiaca e la presenza della checklist (OR: 3,8; 95% IC: 2-7,7). Anche rispetto alla valutazione della donna ogni 4 ore, nel campione post-intervento sono state riscontrate frequenze significativamente più alte (95,3% vs 88%), così come rispetto alla rilevazione della frequenza cardiaca nel post-partum (86,6% vs 76,7%), alla rilevazione della temperatura corporea del neonato entro le 2 ore (34,9% vs 0%) e all’allattamento precoce al seno (75,1% vs 61,1%).Rispetto alla rilevazione della pressione arteriosa nel post-partum (87,9% vs 81,3%) il test del Chi-quadrato non ha rilevato significatività statistica. Infine, i modelli di regressione logistica hanno mostrato che la presenza della checklist era significativamente associata alla valutazione ogni 4 h (OR: 2,7; 95%

IC: 1-8,7), alla rilevazione della frequenza cardiaca nel post-partum (OR: 2; 95 % IC: 1,1-3,6) e all’allattamento al seno entro 2 ore dalla nascita (OR: 1,9: 95% IC: 1,1-3,3).

DISCUSSIONE E CONCLUSIONIMigliorare gli standard di qualità e sicurezza non significa solo intervenire sugli interventi clinico-assistenziali e sulle competenze tecniche degli operatori, ma anche su aspetti organizzativi e legati al fattore umano, stimolando lo sviluppo delle cosiddette competenze non tecniche, quali la cultura e l’attitudine alla sicurezza, la comunicazione interprofessionale il lavoro di squadra e la cosiddetta “consapevolezza situazionale”. I progetti di miglioramento hanno infatti l’obiettivo principale di modificare i comportamenti, creare processi virtuosi nell’approccio all’erogazione delle cure, creare una cultura e un modo di pensare orientati alla sicurezza dei pazienti e degli operatori. L’introduzione della checklist di sala parto al Ruaraka Uhai Neema Hospital ha prodotto effetti positivi sull’adesione degli operatori sanitari alle pratiche cliniche per l’assistenza della donna e del neonato durante il travaglio, parto e nelle ore immediatamente successive alla nascita. Come rilevato negli altri studi condotti in Africa – Namibia e Rwanda – 14,15 e in India 13, la maggior parte degli indicatori misurati nel nostro studio ha mostrato un miglioramento in termini di adesione da parte degli operatori a quel set di pratiche volte a ridurre le principali cause di mortalità materna e neonatale. Si è rilevato infatti un aumento della compliance a 9 pratiche su 11 a seguito dell’introduzione della checklist.

Tabella III. Frequenze delle variabili nei campioni pre- e post-intervento.

Pre-intervento (N = 150) Post-intervento (N = 149)

Variabile N (%) NA N (%) NA p-value*

Partogramma correttamente compilato 117 (80,1) 4 124 (86,1) 5 0,23

Terapia ipertensiva (in caso di pressione arteriosa > 100 mmHg) 3 (50) – 3 (75) – 0,57

Terapia antibiotica (in caso di TC > 38° o rottura premature delle membrane) 0 (0) – 6 (54,5) – 0,46

Terapia antibiotica (in caso di rimozione manuale della placenta) 27 (96,3) 1 24 (96) – 1

Farmaci uterotonici (in caso di perdite ematiche > 500 mL) 13 (100) – 18 (94,7) 2 1

Controllo battito cardiaco (pre-partum) 110 (73,3) – 136 (91,3) – < ,001

Valutazione ogni 4 h 103 (88) 33 100 (95,2) 44 0,09

Rilevazione pressione arteriosa 122 (81,3) – 131 (87,9) – 0,16

Controllo battito cardiaco (post-partum) 115 (76,7) – 129 (86,6) – ,05

Rilevazione temperatura corporea del neonate entro le 2 ore 0 (0) – 52 (34,9) – < ,001

Allattamento al seno entro le 2 ore 77 (61,1) 24 97 (75,2) 20 < ,05

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Anche se è stata riscontrata un’associazione statisticamente significativa con la presenza della checklist solo per gli indicatori relativi al controllo della frequenza cardiaca nella fase pre-parto, la valutazione della donna ogni 4 h, l’allattamento al seno e rilevamento della temperatura corporea del neonato entro 2 h, altri indicatori fondamentali per la sicurezza di madre e bambino, come la somministrazione appropriata della terapia ipertensiva in casi di pressione arteriosa era > 100 (50% vs 75%) e la somministrazione di terapia antibiotica in caso di temperatura corporea era > 38° o rottura prematura delle membrane (0% vs 54,5%), hanno mostrato miglioramenti importanti. Possiamo ipotizzare che l’assenza di una differenza statisticamente significativa nelle distribuzioni di queste variabili sia dovuta alle dimensioni limitate del campione.

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safety - May 2019. https://apps.who.int/gb/ebwha/pdf_files/WHA72/A72_R6-en.pdf?ua=1

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4 Wilson RM, Michel P, Olsen S, et al. Patient Safety in developing countries: retrospective estimation of scale and nature of harm in patient and hospital. BMJ 2012;344:e832.

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7 WHO. Trends in maternal mortality: 1990 to 2015. Estimates by WHO, UNICEF, UNFPA, World Bank Group and the United Nation Population Division. Geneva: WHO 2015.

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9 Munabi-Babigumira S, Glenton C, Lewin S, et al. Factors that influence the provision of intrapartum and postnatal care by skilled birth attendants in low- and middle-income countries: a qualitative evidence synthesis. Cochrane Database Syst Rev 2017;11:CD011558. https://doi.org/10.1002/14651858.CD011558.pub2

10 WHO. Everybody business: strengthening health systems to improve health outcomes. WHO’s framework for action 2007.

11 WHO, UNICEF. Every Newborn: an action plan to end preventable deaths: Executive summary. Geneva: WHO 2014.

12 WHO. Safe Childbirth Checklist Programme: an overview. Geneva: WHO 2013.

13 Semrau,KEA, Hirschhorn LR, Delaney MM, et al. Outcomes of a Coaching-Based WHO Safe Childbirth Checklist Program in

India. N Engl J Med 2017;377:2313-24. https://doi.org/10.1056/NEJMoa1701075

14 Kabongo L, Gass J, Kivondo B, et al. Implementing the WHO Safe Childbirth Checklist: lessons learnt on a quality improvement initiative to improve mother and newborn care at Gobabis District Hospital, Namibia. BMJ Open Quality 2017;6:e000145. https://doi.org/10.1136/bmjoq-2017-000145

15 Tuyishime E, Park PH, Rouleau D, et al. Implementing the World Health Organization safe childbirth checklist in a district Hospital in Rwanda: a pre- and post-intervention study. Matern Health Neonatol Perinatol 2018;4:7 https://doi.org/10.1186/s40748-018-0075-3

16 Dagliana G, Tommasini B, Zani S, et al. WHO Safe Childbirth Checklist: the experience of Kenya according to the WHO African Partnership for Patient Safety. In: Proceedings of the 20th Congress of the International Ergonomics Association (IEA 2018), Volume I: Healthcare Ergonomics. Springer 2018.

17 Ghobashi MM, El-ragehy HAG, Ibrahim HM, et al. Assessment of Patient Safety Culture in Primary Health Care Settings in Kuwait. Epidemiol Biostat Public Health [Internet].

18 WHO. Twinning Partnerships for Improvement, Building capacity to reactivate safe essential health services and sustain health service resilience. WHO 2016.

19 Institute for Healthcare Improvement. The Breakthrough Series: IHI’s Collaborative Model for Achieving Breakthrough Improvement. IHI Innovation Series white paper. Boston 2003.

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PRIMO PIANO

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Educare alla salute: programma formativo e di educazione sanitaria per i giovani della baraccopoli di Mathare a Nairobi

SINTESI DEL PROGETTO

Duemila minori della baraccopoli di Mathare a Nairobi in Kenya sono stati coinvolti in un progetto che ha avuto come obiettivo la promozione della

salute e l’inclusione sociale. Il progetto finanziato dalla Regione Toscana per un valore pari a 40.000 euro si è concluso in data 30/06/2020, ha avuto come capofila e coordinatore delle attività la USL Toscana Sud Est e si è sviluppato nei territori in prossimità del Ruaraka Uhai Neema Hospital, gestito dalla ONG italiana Amici del Mondo - World Friends, partner locale del progetto. Le attività realizzate sono state: A) sessioni

Luca Scali1, Alessandro Dadomo2

1 Medico responsabile delle attività di Cooperazione Sanitaria Internazionale, UO promozione ed etica della salute, USL Toscana Sud Est; 2 Vice-Coordinatore Regionale, Amici del Mondo - World Friends, Kenya

[email protected]

[email protected]

Conflitto di interessiLuca Scali e Alessandro Dadomo dichiarano nessun conflitto di interessi.

© Copyright Fondazione dell’Ospedale Pediatrico Anna Meyer Onlus

Open AccessL’articolo è open access e divulgata/o sulla base della licenza CC-BY-NC-ND (Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale). L’articolo o il fascicolo può essere usata/o indicando la menzione di paternità adeguata e la licenza; solo a scopi non commerciali; solo in originale. Per ulteriori informazioni: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.it

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di educazione per i bambini/giovani su temi vari: life skills, salute riproduttiva, prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, uguaglianza di genere, contrasto ad atteggiamenti violenti; B) creazione e rinforzo di infrastrutture idonee per creare spazi sicuri alla formazione e al gioco e acquisto di attrezzatura sportiva e di materiale igienico-sanitario; C) formazione dei docenti scolastici ed educatori locali in ambito sanitario e pedagogico; D) visite mediche dei bambini/giovani residenti in un’area che presenta un’estrema carenza di servizi sanitari di qualità. In questo periodo è in fase di avvio un nuovo progetto, che è la continuazione del precedente, ma che include anche nuove attività nell’ambito del supporto a bambini/giovani portatori di disabilità fisiche e sensoriali.

IL CONTESTO DEL PROGETTOLa Repubblica del Kenya sta sperimentando da qualche anno un’importante crescita economica e di innalzamento del reddito medio; tale condizione è solitamente accompagnata da un miglioramento generale delle condizioni di salute della popolazione, il Kenya non fa eccezione. Tuttavia è pur vero che tale crescita economica non si distribuisce in tutte le classi sociali in egual maniera; l’Indice di Gini, spesso usato come indice per misurare la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza di una comunità, si attesta attorno allo 0,416 (anno 2018), il più critico in tutta l’Africa Orientale: ciò denota uno squilibrio rilevante tra le classi più abbienti e la cosiddetta “base della piramide” (il valore di zero descrive una perfetta equità di distribuzione delle risorse, mentre il valore di uno la disuguaglianza massima). Nairobi rappresenta il caso più emblematico di questo divario; la città ospita, allo stesso tempo, la più ricca e dinamica comunità imprenditoriale del Corno d’Africa e la più ampia popolazione urbana che versa in condizioni di povertà. A quest’ultima appartiene quasi il 60% dei 3,5 milioni di residenti, che vive nel 5% dell’intera area residenziale della metropoli; ciò comporta l’emergenza continua di nuovi insediamenti informali o “baraccopoli” a un tasso di crescita molto alto. In baraccopoli come quella di Mathare, in cui il progetto si sviluppa, la densità di popolazione raggiunge i 100.000 abitanti al km; l’elevata densità e la coabitazione forzata in dimore anguste e poco salubri insieme all’assenza di occasioni di sana aggregazione, inducono i bambini a passare molto del proprio tempo per strada, ambiente nient’affatto consono alla protezione dei minori da rischi di vario genere. La coesione sociale, in tale contesto, è costantemente messa alla prova: l’insicurezza è rampante (oltre il 75% degli intervistati in un’indagine effettuata all’inizio del progetto

ha subito più volte episodi di violenza), il tasso di disoccupazione è estremamente alto, le relazioni familiari e amicali perdono gradualmente la propria solidità – l’humus ideale, purtroppo, per il coinvolgimento dei giovani in attività illecite, nel consumo di alcool e droghe e di esposizione a rischi socio-sanitari (ad es. HIV e malattie sessualmente trasmesse). Uno studio ha evidenziato che tra il 3 e il 5% delle ragazze di età compresa tra i 13 e i 17 anni – dunque ancora in età scolare – sono in gravidanza oppure si occupano già di uno o più figli. Per oltre il 41% delle ragazze madri, la gravidanza è indesiderata: si comprende, dunque, come molte adolescenti ricorrano all’aborto, attraverso canali illeciti e ad alto rischio. Inoltre, una gravidanza di una minorenne proveniente da questo contesto significa spesso l’abbandono del percorso scolastico con serie implicazioni sulla salute e sulle sue prospettive di inclusione nella società. Povertà, mancanza di opportunità, insicurezza, insufficiente sostegno familiare sono tutti elementi che hanno un impatto tutt’altro che insignificante sui comportamenti e le attitudini sociali, emotive e sessuali dei minori che qui risiedono. Il Ministero della Salute e il Ministero dell’Educazione del Kenya hanno da tempo adottato il cosiddetto “Life Skills Education Program”, nel solco del quale si inseriscono le azioni di prevenzione ed educazione sanitaria facenti parte dell’iniziativa in oggetto. Tuttavia, il programma ministeriale sopracitato rimane il più delle volte solo sulla carta a causa di difficoltà connesse al contesto istituzionale ed economico che

Figura 1. Lo slum di Mathare (Nairobi).

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caratterizza gli insediamenti informali di Nairobi. Il settore pubblico, dunque, invita organizzazioni operanti sul territorio in ambito di Primary Health Care ed educazione a supportare tale programma nelle aree più marginalizzate. Alla luce di tali raccomandazioni la priorità di intervento è stata diretta al coinvolgimento strutturato dei minori in attività pedagogiche e salutari, che promuovano la consapevolezza dei rischi a cui sono inevitabilmente esposti, nonché l’acquisizione delle abilità, competenze e strategie utili a gestire tali rischi e le loro conseguenze.

GLI OBIETTIVI E LE ATTIVITÀ DEL PROGETTOIl progetto ha contribuito al raggiungimento dell’Obiettivo Sostenibile di Sviluppo n. 3, “Good Health and Well-being” a favore di bambini e giovani particolarmente vulnerabili della baraccopoli di Mathare a Nairobi (Kenya), attraverso le seguenti attività:

A. Educazione sanitaria/Life Skills Education e sessioni specifiche sulla salute riproduttiva e sull’uguaglianza di genere

Sono stati calendarizzati e realizzati interventi in sette scuole riguardanti l’educazione sanitaria e le life skills; sono state coinvolte anche 31 scuole informali per un totale di 2.133 studenti raggiunti, 1.140 ragazze e 993 ragazzi. Sono state realizzate anche sessioni specifiche sulla salute riproduttiva e sull’uguaglianza di genere presso la Why Not Academy (uno spazio fisico dedicato agli incontri, attività formative, ecc.). Su questo secondo tema gli argomenti proposti sono stati: 1) il corpo umano e il sistema riproduttivo, incluso l’igiene; 2) lo sviluppo e i cambiamenti del corpo nell’adolescenza; 3) il sesso, la sessualità e le malattie sessualmente trasmesse; 4) le cause delle gravidanze

precoci; 5) la sessione con proiezione di video educativi, tra cui “La regina del Katwe” e “Schiavizzata dalla droga”. Le successive sessioni sono state impostate in modo partecipativo e i giovani hanno discusso con gli educatori in merito a situazioni sperimentate nel proprio contesto di vita. A ogni sessione hanno partecipato in media circa 100 giovani suddivisi fra ragazze e ragazzi.

B. Opere di ristrutturazione di infrastrutture scolastiche e sportive e acquisto di attrezzatura sportiva e di materiale igienico-sanitario

È stato rinnovato il sistema di drenaggio delle acque reflue all’interno del perimetro dell’accademia Why Not per prevenire incidenti e garantire un’igiene adeguata. Inoltre, è stato costruito un percorso pedonale sicuro per collegare le aule al campo da basket e sono state ristrutturate e messe in sicurezza parti del campo di gioco. Inoltre, sono state acquistate attrezzature e abbigliamento sportivo per ragazzi e ragazze. L’area del campo di basket rappresenta una area di estrema importanza in questo contesto di degrado, che consente ai bambini di giocare in aree sicure e di trovare motivazione e speranza nella pratica sportiva.

C. Formazione degli operatori socio-sanitari, dei peer-educators e degli allenatori di basket in ambito sanitario e pedagogico

Nel mese di aprile 2019 operatori della USL Toscana Sud Est hanno effettuato un training riguardante il primo soccorso e il PBLS (Pediatric Basic Life Support). I beneficiari sono stati 27 tra allenatori e insegnanti delle scuole partner del progetto. La formazione si è concentrata sulle tecniche da adottare in caso di emergenza prima dell’arrivo di personale sanitario, sia da un punto di vista teorico che pratico di primo Figura 2. Sessioni di educazione sanitaria e life skills.

Figura 3. Il campo di basket, spazio sicuro per lo sport e per il gioco.

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soccorso. La missione degli operatori della USL Toscana Sudest ha avuto anche l’obiettivo di visitare i ragazzi e le ragazze che partecipavano alle attività dell’accademica con valutazione dell’idoneità sportiva. Per cinque giorni sono state effettuate visite che comprendevano: il controllo ECG, a riposo e dopo sforzo, misurazione del visus, misurazione della pressione, controllo funzionale dei distretti articolari maggiori e auscultazione cardiaca e toracica. Sono stati visitati 126 ragazzi/e e sono state individuate 15 situazioni patologiche da approfondire. Inoltre, nell’ambito del progetto si è svolta una missione volontaria da parte di un allenatore di pallacanestro toscano che ha lavorato prevalentemente sul valore del gruppo e sul rispetto dei compagni e avversari.

D. Indirizzo e riferimento dei minori che necessitano di assistenza sanitaria dal territorio verso il Ruaraka Uhai Neema Hospital

Circa 100 minori sono stati riferiti presso l’Ospedale Ruaraka Uhai Neema accompagnati dagli educatori di progetto per accertamenti, cura e trattamento di patologie sospette o conseguenti a traumi e incidenti.

GLI SVILUPPI FUTURIIn questo periodo è in fase di avvio un nuovo progetto, che è la continuazione del precedente, ma che include anche attività per i bambini/giovani portatori di disabilità fisiche e sensoriali. Nel contesto difficile delle baraccopoli i portatori di disabilità si trovano in condizioni di estrema vulnerabilità non essendo in grado di accedere ai servizi sanitari, alla scuola e ad altre attività per lo sport e il tempo libero. Inoltre, in queste aree si assiste a una diffusa discriminazione nei confronti dei portatori di disabilità, un atteggiamento che determina spesso l’emarginazione e la mancanza di opportunità in particolare per i bambini. Il fenomeno è così profondamente radicato che persino i genitori stessi si vergognano di avere un figlio disabile; questi sentimenti talvolta causano l’abbandono della famiglia da parte del padre, la principale fonte di reddito familiare. Di conseguenza, la famiglia diventa più debole, sicuramente impossibilitata a rispondere ai bisogni legati alla crescita di un bambino portatore di disabilità.In questo nuovo progetto, ancora finanziato dalla Regione Toscana per due annualità, si vengono ad aggiungere i seguenti obiettivi:1. potenziamento di servizi socio-sanitari di base dedicati

ai bambini disabili, più accessibili da un punto di vista economico e geografico;

2. accesso gratuito a trattamenti specializzati di fisioterapia e chirurgia correttiva per i casi idonei;

3. organizzazione di attività per combattere lo stigma esistente nei confronti delle persone con disabilità, sia a livello di comunità che a livello familiare;

4. supportare e migliorare il coordinamento e le attività delle organizzazioni (ONG locali, associazioni) che si occupano di disabilità in Kenya.

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTOBanca Mondiale. http://data.worldbank.org/indicator/SI.POV.GINI?UN-Habitat. Nairobi Urban Sector Profile. Nairobi 2006.UNDESA-Population Division. World Urbanization Prospects – The

2011 Revision. New York 2011.WHO global disability action plan 2014-2021 - 30 November 2015.WHO Guidance note on disability and emergency risk management for

health - 2 December 2013.

Figura 4. Formazione sul primo soccorso, operatori della USL Toscana.

Figura 5. Visite mediche, operatori della USL Toscana Sudest.

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Wash e prevenzione delle parassitosi nel Chaco BolivianoLe parassitosi intestinali costituiscono un importante

problema di salute pubblica, in particolare nei paesi a basso e medio reddito delle regioni tropicali e

sub-tropicali, dove il modesto livello socio-economico, la scarsa igiene e il clima ne favoriscono la diffusione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che nel mondo 3.5 miliardi di persone ne siano affette e che 450 milioni di persone, soprattutto bambini, presentino manifestazioni cliniche correlate. Sebbene la mortalità per queste infezioni sia relativamente bassa, le complicanze non sono rare e molti casi necessitano di

cure ospedaliere. Le parassitosi intestinali figurano tra le maggiori cause di morbosità nei bambini tra 5 e 14 anni, potendo indurre malassorbimento di nutrienti e perdite ematiche croniche, con effetti a lungo termine sulla crescita staturo-ponderale e sullo sviluppo cognitivo, e dando luogo talvolta a complicanze chirurgiche. La maggior parte dei parassiti è ubiquitaria; tuttavia, nei paesi più sviluppati, la creazione di un adeguato sistema di fognature e di rifornimento d’acqua potabile su larga scala, il miglioramento dell’igiene personale, della nutrizione, dell’educazione sanitaria, dell’accesso ai servizi sanitari e, più in generale, del tenore di vita della popolazione hanno portato negli ultimi decenni a un notevole abbattimento della prevalenza delle malattie parassitarie endemiche. La massima diffusione di parassitosi intestinali si registra oggi nei paesi tropicali e subtropicali in cui tali progressi sono stati più scarsi. I temi dell’acqua, dei servizi igienico-sanitari e dell’igiene, in inglese ricompresi sotto l’acronimo WASH (Water, Sanitation and Hygiene), sono dunque al centro delle politiche di diversi programmi internazionali di sviluppo. Infatti, le tematiche WASH rientrano all’interno degli Obiettivi di

Vieri LastrucciCentro di Salute Globale, AOU Meyer/Regione Toscana

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Conflitto di interessiVieri Lastrucci dichiara nessun conflitto di interessi.

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Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, il piano d’azione a livello globale per lo sviluppo sostenibile adottato dai Paesi membri delle Nazioni Unite e perseguito da diverse agenzie internazionali per lo sviluppo, prime tra tutte l‘OMS.Il progetto “WASH e prevenzione delle parassitosi nel Chaco Boliviano” portato avanti dall’Unità di Malattie Infettive del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze, dal Centro di Salute Globale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer e dalla Scuola di Salute Pubblica Tekove Katu, si colloca all’interno delle iniziative che l’OMS sta supportando per il raggiungimento di un accesso equo a servizi WASH adeguati in tutto il mondo, con l’obiettivo generale di ridurre le parassitosi intestinali infantili attraverso un intervento di educazione ai principi WASH nelle scuole primarie del Chaco Boliviano.Il progetto si inserisce, inoltre, in un tessuto di iniziative pregresse portate avanti dai sopramenzionati partner nel Chaco Boliviano, la cui collaborazione in quest’area risale a iniziative finanziate dalla Regione Toscana nell’ambito dei Progetti di Iniziativa Regionale (PIR), a partire dal 2010 fino a oggi. Collaborazioni contraddistinte da attività di ricerca scientifica, assistenza tecnica e supporto alla formazione del personale sanitario locale, attività portate avanti in sinergia con il Ministero della Salute Boliviano, con il quale l’Università degli Studi di Firenze può vantare una storica collaborazione, a partire dal

1987, formalizzata attraverso la firma di una convenzione nel tempo rinnovata e tutt’ora in vigore.L’area d’intervento del progetto (Fig. 1), il Chaco Boliviano, è una zona rurale situata a sud-est del paese al confine con Argentina, Brasile e Paraguay, popolata da numerose comunità di nativi, prevalentemente di etnia Guaraní. L’economia di queste aree è basata sull’agricoltura di sussistenza e l’allevamento di animali; le case sono per la maggior parte costruite con fango e pali di legno, con pavimenti di terra, tetti di paglia o lamiera. Non c’è elettricità, né sistema fognario e l’accesso all’acqua è generalmente garantito attraverso sistemi di raccolta e conservazione dell’acqua piovana.Proprio dall’attività di ricerca nel Chaco Boliviano, in particolare da indagini copro-parassitologiche portate avanti dai partner del progetto 1,2, è emerso un altissimo tasso di parassitosi intestinale, soprattutto di natura protozoaria. In particolare, i bambini sono risultati ad alto rischio: circa il 70% dei bambini di età inferiore a 12 anni presentava una qualche forma di parassitosi intestinale. Dato il contesto sopradescritto, non è difficile individuare quali possano essere i fattori del così elevato tasso di parassitosi intestinale riscontrato. Infatti, le scuole primarie delle comunità soffrono di mancanza di acqua potabile, di acqua corrente e sapone per lavarsi le mani, assieme alla carenza di servizi igienico-sanitari.

L’alta commistione degli spazi scolastici con gli animali di allevamento rende poi l’ambiente ad alto rischio di contaminazione fecale.Proprio per l’alto tasso di parassitosi registrato nei bambini in età scolare e per la carente situazione scolastica, il progetto si è focalizzato sulla scuola come setting all’interno del quale intervenire per cercare di ridurre le infezioni parassitarie. In particolare, il progetto ha mirato a elaborare una metodologia d’intervento che potesse essere replicabile e i cui effetti potessero essere misurabili. Per tali motivi è stato portato avanti attraverso un approccio tipico della implementation research 3, nella quale ricerca e pratica si integrano per accelerare lo sviluppo e l’integrazione di politiche, programmi e interventi di sanità pubblica efficaci e comprovati dalle evidenze. Il progetto si è così configurato come uno studio controllato randomizzato con l’obiettivo di misurare l’impatto di un programma di educazione alle corrette pratiche Figura 1. Mappa delle comunità coinvolte nel progetto.

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igienico-sanitarie inerenti le tematiche WASH rivolto ai bambini della scuola primaria.Lo studio ha coinvolto le scuole elementari di 8 comunità rurali del Chaco Boliviano selezionate casualmente tra le comunità della regione (Fig. 1). Le comunità sono state assegnate in maniera casuale in rapporto 1:1 al braccio di controllo (nessun intervento) o al braccio di intervento. Quest’ultimo ha previsto lo svolgimento di un programma intensivo di educazione alle corrette pratiche igienico-sanitarie WASH composto da 14 sessioni educative e due eventi collegiali scolastici per anno scolastico per una durata totale di tre anni. Il programma educativo è stato sviluppato da un team multidisciplinare composto da medici infettivologi e igienisti, antropologi, sociologi e rappresentanti del corpo docente. Alla realizzazione del programma hanno contribuito anche studentesse del Corso di Laurea in Assistenza Sanitaria che hanno potuto svolgere un periodo formativo nel Chaco Boliviano grazie al programma di internazionalizzazione dell’Università di Firenze. Le sessioni sono state sviluppate attorno ai seguenti messaggi educativi chiave: i. lavarsi le mani con il sapone prima di mangiare, dopo aver utilizzato il bagno o dopo il gioco; ii. bere acqua sicura (bollita o trattata con altri metodi di purificazione); iii. defecare in un bagno o latrina e non praticare la defecazione aperta; iv. camminare sempre con scarpe o sandali; v. lavare e sbucciare la frutta e verdura prima di mangiarla cruda. Le sessioni educative sono state elaborate in un manuale a uso dei docenti e in un quaderno di esercizi per gli studenti. Gli insegnanti delle scuole assegnate al braccio d’intervento sono stati formati sul programma educativo attraverso workshop teorico-pratici condotti dal team di progetto e hanno svolto in autonomia il corso ai propri alunni.Il progetto ha avuto avvio nel gennaio del 2018 con una prima fase di ricognizione della situazione scuole partecipanti (sia del braccio d’intervento che del braccio di controllo) per verificare la fornitura di acqua e lo stato dei servizi igienico-sanitari. Dove mancanti sono state realizzate delle stazioni di lavaggio delle mani e si è provveduto ad adeguamenti infrastrutturali dei servizi igienico-sanitari e delle latrine così da rendere omogena la situazione delle scuole per quanto riguarda l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. Successivamente, all’inizio dell’anno scolastico (t0) in tutte le scuole è stata condotta un’analisi copro-parassitologica sulle feci di 50 bambini per istituto. Oltre all’analisi parassitologica, al t0 sono state valutate le conoscenze, le attitudini e i comportamenti inerenti le corrette pratiche igienico sanitarie WASH dei bambini attraverso un questionario ed è stata osservata in incognito l’aderenza dei bambini alle pratiche di lavaggio mani durante eventi chiave (prima del

pranzo e dopo essere andati al bagno). Alla fine dell’anno scolastico tali rilevazioni sono state rimisurate così da valutare l’impatto dell’intervento. Sia il corso formativo che le misurazioni sono stati ripetuti per tutti e tre gli anni del progetto. Purtroppo, al momento il progetto si è dovuto arrestare durante il corso della sua terza annualità, a causa dell’attuale epidemia di COVID-19 che ha causato il blocco delle attività scolastiche. Al momento è possibile comunque fare delle prime valutazioni sui risultati preliminari del progetto, da cui emergono segnali interessanti riguardo l’impatto dell’intervento. In particolare, all’inizio dell’intervento non erano riscontrabili differenze significative tra le scuole del gruppo di intervento e quelle del gruppo di controllo nei risultati del questionario, né nella percentuale di bambini che si lavano le mani durante i momenti chiave, né nella prevalenza di parassitosi intestinali. Mentre alla fine dei primi due anni d’intervento, è stato possibile riscontrare un significativo aumento della percentuale di bambini che si lava le mani in occasioni chiave, affiancato da una sostanziale diminuzione delle parassitosi intestinali e delle parassitosi multiple nelle scuole afferenti al gruppo di intervento rispetto alle scuole del gruppo di controllo, dove invece non si è registrata nessuna variazione significativa rispetto a quanto osservato al tempo zero.Questi risultati preliminari, se confermati dai dati della terza annualità, mostrerebbero come un intervento di educazione sanitaria sulle pratiche di acqua, sanità e igiene (WASH) possa ridurre il rischio di parassitosi intestinali nei bambini. In contesti a risorse limitate, un intervento di educazione sulle pratiche WASH, unito ai necessari adeguamenti infrastrutturali di base, si può configurare come un approccio efficace e sostenibile sul lungo termine al controllo delle parassitosi intestinali infantili. Nell’attesa e nella speranza di un più generalizzato miglioramento del tenore di vita e delle condizioni igienico-sanitarie della popolazione, interventi di educazione alla salute che sfruttano le risorse e le capacità già presenti nelle comunità, come gli insegnanti e le scuole, possono contribuire in maniera rilevante alla prevenzione delle parassitosi intestinali.

BIBLIOGRAFIA1 Macchioni F, Segundo H, Gabrielli S, et al. Dramatic decrease in

prevalence of soil-transmitted helminthiasis and new insight into intestinal protozoa in children living in the Chaco region, Bolivia. Am J Trop Med Hyg 2015;92(S4):794-6.

2 Macchioni F, Segundo H, Totino V, et al. Intestinal parasitic infections and associated epidemiological drivers in two rural communities of the Bolivian Chaco. J Infect Dev Ctries 2016;10:1012-9.

3 Theobald S, Brandes N, Gyapong M, et al. Implementation research: new imperatives and opportunities in global health. Lancet 2018;392:2214-28.

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PRIMO PIANO

L’ambulatorio del bambino adottato all’estero e immigrato

ACCOGLIENZA DEL BAMBINO PROVENIENTE DALL’ESTEROIntroduzione

Tra le missions del Servizio di Malattie Infettive dell’Ospedale Meyer spicca l’accoglienza sanitaria al bambino proveniente dall’estero perché adottato

internazionalmente o immigrato (con la famiglia o non accompagnato). Il servizio ambulatoriale per il bambino adottato, già attivo alla fine degli anni Novanta, è stato uno dei primi centri in Italia coinvolti nella valutazione dei bambini giunti nel nostro Paese per adozione internazionale; nel decennio 2009-2019 sono stati valutati più di 2.000 bambini adottati (Fig. 1). Negli anni è progressivamente aumentato anche il numero dei bambini migranti che accedevano al nostro Servizio di Malattie Infettive e, pertanto, in risposta alla crescente richiesta dei pediatri di famiglia, dei centri vaccinali e dei centri di accoglienza, ad aprile 2017 è stato formalizzato l’Ambulatorio Pediatrico di Salute Internazionale che fino a dicembre 2019 ha accolto più di 300 minori stranieri, accompagnati e non. Le principali attività di entrambi gli ambulatori sono:• screening infettivologico e vaccinale del minore

adottato e migrante;

Leila Bianchi1, Barbara Bortone1, Carlotta Montagnani1, Elisabetta Venturini1, Elena Chiappini1,2, Luisa Galli1,2

1 SOC Malattie Infettive, AOU Meye, Firenze; 2 Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Firenze

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Conflitto di interessiLeila Bianchi, Barbara Bortone, Carlotta Montagnani, Elisabetta Venturini, Elena Chiappini e Luisa Galli dichiarano nessun conflitto di interesse.

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• gestione diagnostico-terapeutica delle patologie infettive eventualmente già in atto o che emergano nel corso dello screening;

• individuazione di altre condizioni patologiche non infettive ed eventuale affidamento alle strutture competenti;

• attività di formazione a livello regionale e nazionale sulla gestione del bambino adottato e sulle malattie infettive e tropicali del bambino migrante/viaggiatore (in collaborazione col Centro di Salute Globale).

L’ambulatorio Pediatrico di Salute Internazionale inoltre si occupa di:• prevenzione delle malattie infettive correlate ai viaggi

internazionali (in collaborazione con i Servizi di Vaccinazione Internazionale);

• trattamento delle malattie infettive correlate ai viaggi internazionali, con particolare riferimento alle malattie infettive tropicali.

Operativamente lo screening del bambino adottato e migrante viene effettuato in regime di Day Hospital ed è necessaria la prenotazione telefonica. A causa della pandemia da SARS-CoV2 attualmente in atto, la prenotazione per il primo accesso tramite Centro Unico di Prenotazione dell’Ospedale Meyer (055-5662900) è momentaneamente sospesa. Al momento è comunque possibile prenotare contattando direttamente il Servizio di Malattie Infettive al numero 055-5662588 dalle ore

12 alle 13, e/o al seguente indirizzo mail: [email protected]. Anche le visite infettivologiche per la prevenzione e/o cura delle patologie del bambino viaggiatore possono essere prenotate contattando direttamente il nostro Servizio di Malattie Infettive con le stesse modalità e, in questo caso, sarà necessaria una richiesta medica di visita infettivologica.Il piano di emergenza sanitaria per il contenimento della pandemia da SARS-CoV2 ha determinato la riduzione delle prestazioni non urgenti, con la conseguente netta riduzione dell’accesso ai nostri ambulatori che ha portato, purtroppo, al ritardo nella diagnosi e terapia di alcune importanti patologie, come ad esempio la tubercolosi, oltre che a un ritardo nelle vaccinazioni.

Screening I bambini in arrivo da altri Paesi possono avere delle problematiche specifiche correlate proprio al loro Paese di origine o alle loro pregresse condizioni di vita, che necessitano di un approccio specialistico. Per questo è importante effettuare lo screening di alcune malattie che possono essere di natura infettiva (ad es. malaria, tubercolosi, parassitosi intestinali, epatiti), o di altra natura (come talassemia, deficit di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, anemia falciforme, stati carenziali). Tali patologie vengono ricercate anche in bambini asintomatici, dato che non sempre si manifestano con

Figura 1. Bambini adottati valutati presso l’Ambulatorio Bambino Adottato 2009-2019.

Figura1.BambiniadottativalutatipressoAmbulatorioBambinoAdottato2009-2019

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particolari segni o sintomi. È altresì importante verificare le vaccinazioni perché potrebbero non essere state fatte o essere incomplete, oppure la documentazione potrebbe non essere disponibile o non attendibile perché parziale o di difficile interpretazione 1-3. Meno della metà dei bambini adottati e immigrati valutati presso i nostri ambulatori aveva una documentazione vaccinale disponibile e questa proporzione è ulteriormente ridotta negli adolescenti. Sia nei bambini adottati che negli immigrati è stata riscontrata inoltre una discrepanza tra la documentazione vaccinale e l’effettiva copertura, dato in accordo con la letteratura internazionale 4.Il protocollo utilizzato nei nostri ambulatori per le indagini di screening (Tab. I) è stato stilato tenendo conto delle raccomandazioni del Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Migrante (GLNBM) della Società Italiana di Pediatria e delle linee guida internazionali 1-3. Un’anamnesi accurata che preveda la revisione della documentazione sanitaria e vaccinale,

quando disponibile, e un completo esame obiettivo, con attenzione ai parametri auxologici, lo stadio puberale e lo stato nutrizionale, insieme agli accertamenti previsti nel protocollo di screening, sono fondamentali a indirizzare eventuali ulteriori accertamenti specifici, favorendo un percorso personalizzato al bambino che avviene sempre in collaborazione con il pediatra di famiglia e con eventuali servizi specialistici. Per quanto riguarda le vaccinazioni, dal punto di vista pratico si esegue il dosaggio del titolo anticorpale e successivamente, in base all’età, all’eventuale documentazione presente e al risultato dei test sierologici, si elabora lo schema vaccinale. Non esiste una tempistica ideale per la valutazione iniziale del bambino. In assenza di condizioni cliniche richiedenti un intervento urgente, noi consigliamo di effettuare lo screening dopo un periodo di iniziale adattamento e non subito all’arrivo (soprattutto nel caso delle adozioni), al fine di evitare ulteriore disagio al bambino. Le valutazioni vengono sempre effettuate in presenza di genitore o adulto di riferimento e nel caso di barriera linguistica viene attivato il mediatore culturale.

PECULIARITÀ DEL BAMBINO ADOTTATOOltre alle problematiche di tipo infettivo è ormai noto che i bambini adottati presentano spesso condizioni non infettive rilevanti con possibile importante impatto sulla loro vita e su quella dei loro familiari. Negli ultimi anni è stato registrato un aumento dei bambini adottati internazionalmente con bisogni speciali (special needs), ossia bambini con condizione cronica di malattia fisica, dello sviluppo psicomotorio, comportamentale o emotivo che necessitano di maggiore assistenza e servizi adeguati. Nel nostro ambulatorio è stata registrata una prevalenza di quasi il 20% di bambini con special needs. In particolare, è stata osservata un’altra prevalenza di disturbi dello spettro feto-alcolico nei bambini provenienti dalla Russia e un’alta prevalenza di bambini con labio-palato-schisi nei bambini di origine cinese 5. I bambini adottati internazionalmente possono presentare alla prima valutazione post-adozione un ritardo di crescita. È stato ipotizzato che l’istituzionalizzazione rappresenti la causa di tali ritardi per la deprivazione psico-sociale e la malnutrizione sperimentate dai bambini negli orfanotrofi. Nei mesi successivi all’adozione si assiste comunemente a un recupero staturo-ponderale a seguito del miglioramento delle condizioni ambientali e psico-sociali che il bambino trova nella famiglia adottiva 3,6. È di frequente riscontro, inoltre, uno sviluppo puberale precoce nei mesi successivi all’adozione. Sono stati ipotizzati diversi fattori causali tra cui l’aumento ponderale nel periodo post-adozione e l’incertezza sulla reale età anagrafica dei bambini adottati 6. I bambini

Tabella I. Screening del bambino adottato e migrante.

Anamnesi familiare, fisiologica, patologica (particolare attenzione viene posta all’anamnesi vaccinale e alle caratteristiche e al percorso del viaggio ef-fettuato per arrivare in Italia)Esame obiettivo (con valutazione dei parametri auxologici, dello stadio pu-berale, di eventuale presenza di scar da vaccinazione con Bacille de Calmette Guerìn)Intradermoreazione di MantouxEsami di laboratorio:

Esami ematici di routine: emocromo completo con formula leucocitaria, gli-cemia, creatinina, transaminasi, ferritina, dosaggio di 25OHvitamina D, TSH reflex*, elettroforesi emoglobina (quando indicato)Esami ematici infettivologici: sierologia per HBV (HBsAg, HBcAb)†, HCV, HIV, HAV, lue (Treponema pallidum IgG, IgM/TPHA), sierologia per Toxocara canis e Strongyloides spp., Quantiferon (QFT)Sierologia per Trypanosoma cruzii (nei provenienti dall’America Latina)Sierologia per Schistosoma spp e test DNA Plasmodium spp (nei prove-nienti dall’Africa)Sierologia cisticerco e filaria (se eosinofilia e provenienza da zone ende-miche)Esami ematici per la valutazione della copertura vaccinale: titolo anticor-pale anti-tetano, anti-varicella, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-HBV (HBsAb)Esame urine completo con sedimentoEsame parassitologico delle feci su tre campioni, raccolti in tre giorni dif-ferenti successivi

Valutazione del fondo oculare come screening di patologie congenite infet-tive (ad es. infezione da Toxoplasma gondii, Toxocara canis, Cytomegalovirus), metaboliche, neurologicheValutazioni di II livello:

Radiografia e/o TC del torace (in caso di riscontro di positività di Mantoux e/o QFT)Consulenze specialistiche e ulteriori approfondimenti di laboratorio/stru-mentali (personalizzate sulla base della prima valutazione e dei risultati delle indagini di I livello)

* TSH reflex: in caso di riscontro di valori alterati di TSH, il laboratorio prevede dosaggio automatizzato di fT4 e autoanticorpi anti-tireoglobulina e anti-tireo-perossidasi. † HBsAg, HBcAb: antigene di superficie e anticorpi anti-core del virus dell’epatite B (HBV).

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possono presentare comportamenti anomali, quali scatti d’ira, tendenza all’isolamento, rituali che solitamente si attenuano con il passare del tempo e l’adattamento alla famiglia. È pertanto fondamentale informare i neo-genitori sulla necessità di attendere i primi mesi per consentire ai piccoli di adattarsi al nuovo ambiente, invitarli a effettuare valutazioni periodiche presso il curante e, nel caso di persistenza di comportamenti anomali, consigliare un percorso psicologico familiare e/o neuropsichiatrico infantile. Qualora sia stata posta diagnosi di patologia malformativa, disturbi dello spettro feto-alcolico e disordini auxo-endocrinologici, i bambini sono affidati allo specialista di competenza per una rapida presa in carico.

PECULIARITÀ DEL BAMBINO MIGRANTELa presa in carico dei bambini migranti non si limita al versante strettamente sanitario, ma tiene conto degli altri aspetti che caratterizzano la migrazione, quali le problematiche sociali, economiche, psicologiche, culturali e scolastico/linguistiche che richiedono spesso un intervento multidisciplinare, favorendo il prima possibile l’inclusione in percorsi strutturati del Sistema Sanitario Nazionale. La salute dei bambini migranti è spesso condizionata sfavorevolmente dalla precarietà delle loro condizioni socio-ambientali e dalla difficoltà di accesso ai servizi sanitari. Quest’ultima è dovuta soprattutto alla difficoltà nel gestire la burocrazia dei percorsi di salute (come attribuzione del codice fiscale e/o STP, residenza, scelta del pediatra di base, prenotazione delle prestazioni su appuntamento, regime dei ticket e delle esenzioni), anche per la inevitabile barriera linguistica. Le problematiche, soprattutto infettivologiche, non si limitano peraltro al momento dell’arrivo in Italia: spesso infatti questi bambini vengono poi ripetutamente portati dai loro genitori in viaggio nel Paese di provenienza, anche per periodi prolungati. In letteratura tale categorie di viaggiatori è indicata con l’acronimo VFR: visiting friends and relatives. In questo tipo di viaggiatori il rischio delle malattie infettive è spesso sottovalutato e la cultura delle vaccinazioni e della profilassi antimalarica è limitata. I bambini VFR viaggiano anche molto piccoli, sotto l’anno di età, con permanenze per periodi prolungati e verso destinazioni a maggior rischio di malattie importanti quali malaria, febbre gialla, tifo. La richiesta di consulenza medica è spesso ostacolata dalla barriera linguistica e, quando avviene, è richiesta all’ultimo momento 7. Per questo motivo noi consigliamo di sfruttare qualsiasi visita pediatrica per parlare di eventuali viaggi, promuovere le vaccinazioni senza attendere il momento della partenza e sensibilizzare sulla necessità di una pronta valutazione medica dopo un viaggio se compaiono sintomi.

CONCLUSIONIGli ambulatori pediatrici di Adozione internazionale e di Salute Internazionale dell’Ospedale Meyer offrono un’esperienza pluriennale nella gestione dei bambini provenienti dall’estero. L’approccio multidisciplinare consente la rapida presa in carico a tutto tondo del paziente e garantisce un percorso semplificato di accesso alle cure e l’integrazione nel sistema sanitario nazionale che passa anche per una stretta collaborazione con il pediatra curante. L’ampia casistica rende inoltre possibile l’attività di ricerca, di formazione e di condivisione con i gruppi di lavoro nazionale.

BIBLIOGRAFIA1 Gruppo di lavoro nazionale per l ’accoglienza del bambino

migrante della Società Italiana di Pediatria GLNBI. Indicazioni del GLNBI-SIP per l ’accoglienza sanitaria al minore migrante (2013). Avalaible online at: www.glnbi.org/documenti/0aba8ee7817afd2e8917c913ebe30189.pdf

2 American Academy of Pediatrics. Medical evaluation for infectious diseases for internationally adopted , refugee and immigrant children. In: Kimberlin DW, Brady MT, Jackson MA, et al., eds. Red Book: 2018 Report of Committe on Infectious Diseases. 31st ed. Itasca, IL: American Academy of Pediatrics 2018, pp. 176-85.

3 Center for Disease Control and Prevention. International Adoption. Chapter 7. International Travel with Infants & Children. Available online at: https://wwwnc.cdc.gov/travel/yellowbook/2018/international-travel-with-infantschildren/international-adoption

4 Bechini A, Boccalini S, Rancan I, et al. Discrepancies between vaccine documentation and serologic status for diphtheria, tetanus, and hepatitis B in internationally adopted children. Vaccines (Basel) 2020;8:489.

5 Totaro C, Bortone B, Putignano P, et al. Internationally adopted children: not only infectious diseases! J Travel Med 2018;1:25.

6 Bortone B, Totaro C, Putignano P, et al. Auxo-endocrinological features in a cohort of internationally adopted children in Italy. World J Pediatr 2019 Feb 19.

7 Han P, Yanni E, Jentes ES, et al. Health challenges of young travelers visiting friends and relatives compared with those traveling for other purposes. Pediatr Infect Dis J 2012;31:915-9.

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I minori stranieri non accompagnati in Italia

Simona La PlacaGruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Migrante, Società Italiana di Pediatria (GLNBM, www.glnbi.org – SIP, www.sip.it)

[email protected]

Conflitto di interessiSimona La Placa dichiara nessun conflitto di interessi.

© Copyright Fondazione dell’Ospedale Pediatrico Anna Meyer Onlus

Open AccessL’articolo è open access e divulgata/o sulla base della licenza CC-BY-NC-ND (Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale). L’articolo o il fascicolo può essere usata/o indicando la menzione di paternità adeguata e la licenza; solo a scopi non commerciali; solo in originale. Per ulteriori informazioni: https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/4.0/deed.it

“I bambini inseguono la vita, anche se quell’inseguimento può significare la morte. I bambini corrono e scappano. Forse è grazie al loro istinto di sopravvivenza che sono in grado di sopportare tutto pur di arrivare dall’altra parte dell’orrore, qualunque cosa li aspetti lì”. Inseguendo un sogno ci si può svegliare in un incubo. In Dimmi come va a finire (Edizioni La Nuova Frontiera, 2017)

Valeria Luiselli, scrittrice e migrante ella stessa, ha scelto di raccontare il fenomeno delle migrazioni al confine meridionale degli Stati Uniti. Attraverso le storie dei minori non accompagnati cerca di ricomporre esistenze spezzate e magari scuotere coscienze, perché non è più il momento di stare a guardare o di voltarsi dall’altra parte, bisogna fare qualcosa. Il libro esordisce così: “Per quale motivo sei venuto negli Stati Uniti? È questa la prima domanda del questionario d’ingresso per i minori non accompagnati che entrano nel Paese (…).”

Chi è il minore straniero non accompagnato?“Il minorenne non avente cittadinanza italiana o dell’Unione Europea che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto alla giurisdizione italiana, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano” [Art. 2, co. 1, L. 47/2017].

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In fuga da tutto ciò che non prospetta futuro, guerre, instabilità politica, catastrofi climatiche e povertà, i minori stranieri non accompagnati (MSNA) si mettono

“in viaggio” in cerca di opportunità di lavoro o di studio, magari attratti da nuovi modelli e stili di vita, spesso senza una destinazione chiara e quindi a rischio di rimanere ai margini, vittime di tratta e sfruttamento.

DIMENSIONI DEL FENOMENO DEI MSNA IN ITALIAUna considerazione generale riguarda la contrazione nei numeri di coloro che riescono ad arrivare in Italia, registrata dal 2016 al 2019, in seguito alle politiche di chiusura adottate dal nostro Paese (dagli accordi siglati con la Libia per il controllo del Mediterraneo centrale ai Decreti Sicurezza), peraltro senza offrire vie alternative attraverso l’istituzione di corridoi umanitari al fine di contrastare la tratta di essere umani. Parallelamente al totale della popolazione di migranti sbarcati in Italia (uomini, donne e minori), sono progressivamente calati anche i numeri dei MSNA (Tab. I). E comunque nel 2020, rispetto al trend degli anni precedenti, nonostante la pandemia, secondo i dati del Ministero dell’Interno, al 30 novembre il totale dei MSNA sbarcati in Italia ammonta a 4.224 (su un totale di 32.563 migranti sbarcati). Inoltre, secondo i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, dopo aver registrato una drastica riduzione anche nei numeri dell’accoglienza, nell’ultimo biennio il numero di MSNA presenti e censiti nelle strutture (85% prima accoglienza; 9,4% seconda accoglienza; 5,4% privati) si mantiene sostanzialmente stabile. Al 30 novembre 2020 i MSNA sono 6.601, tra coloro che sono arrivati nel corso degli ultimi 12 mesi e coloro già presenti, tenuto conto della variabile percentuale di coloro che nel frattempo diventano maggiorenni o purtroppo si allontanano spontaneamente. Nella stragrande maggioranza (96,5%) maschi e oltre il 60% hanno già compiuto 17 anni. Circa le nazionalità, mentre fino allo

scorso anno prevalevano l’Albania e Kosovo arrivati attraverso la rotta balcanica, quest’anno al primo posto ci sono i ragazzi dal Bangladesh a seguire sempre gli albanesi e poi tunisini, egiziani, pakistani. La maggiore contrazione di presenze in Italia si è avuta tra i MSNA provenienti dall’Africa subsahariana che storicamente raggiungono l‘Europa attraverso il Mediterraneo centrale dalla Libia. La chiusura di questa rotta ha determinato la diminuzione degli arrivi da Gambia, Senegal, Costa d’Avorio e Guinea, mentre l’afflusso via terra lungo la rotta balcanica non si è realmente mai interrotto. La Sicilia si conferma come prima Regione di accoglienza, ma con percentuali dimezzate rispetto al passato (21,7% 2020 vs 43,6% 2017) a favore di una migliore ridistribuzione nel territorio nazionale dei MSNA accolti, provenienti attraverso il Mediterraneo Centrale dal Bangladesh, Costa d’Avorio, Guinea, Eritrea Mali, Gambia, Senegal, Nigeria, Somalia e Tunisia. Seguono la Lombardia, il Friuli Venezia Giulia, l’Emilia Romagna e la Toscana, dove prevalgono rispettivamente i minori egiziani, pakistani e albanesi. Nonostante la giovane età e la scarsa conoscenza del contesto nel quale sono giunti, molti di loro, come osservato nel corso degli anni, si sono allontanati entro pochi giorni o settimane dalle strutture che li ospitano per proseguire il viaggio e portare a termine il proprio progetto migratorio ben definito già alla partenza e con destinazione finale in altri Paesi europei, magari per raggiungere familiari, parenti o amici. Stiamo parlando dei cosiddetti “irreperibili”, minori “in transito”, che al di fuori del sistema di accoglienza, perdono ogni forma di tutela e protezione diventando “invisibili” ai servizi sociali e alle istituzioni, ritrovandosi così in una situazione di irregolarità che li rende ulteriormente fragili, soggetti ad abusi e violenze, facili vittime delle organizzazioni criminali, costretti a lavori pesanti e pericolosi e in condizioni di semi-schiavitù. Nel solo 2020, considerando il periodo gennaio-novembre, le stime sono allarmanti: 2.081 minori stranieri

Tabella I. Trend 2016-2020 dei migranti e MSNA sbarcati e dei MSNA in accoglienza in Italia.

2016 2017 2018 20192020

(30 novembre)

Migranti sbarcati(variazione % rispetto all’anno precedente)

181.436 119.369 (-34,2%) 21.935 (-81,6%) 9.388 (-57,2%) 32.563

MSNA sbarcati (% totale migranti sbarcati)

25.846 (14,2%) 15.779 (13,2%) 3.536 (16,1%) 1.680 (17,9%) 4.224 (12,9%)

MSNA in accoglienza (% variazione rispetto all’anno precedente)

17.373 18.303 (+5,3%) 10.787 (-24,8%) 6.054 (-43,8%) 6.601 (+2,8%)

MSNA irreperibili 6.561 (dicembre)EgittoEritrea

SomaliaAfghanistan

5.828 (dicembre)SomaliaEritreaEgitto

Afghanistan

5.229EritreaTunisiaSomalia

Afghanistan

5.383Tunisia

AfghanistanEritrea Pakistan

2081 (anno 2020)Afghanistan

TunisiaCosta d’Avorio

Marocco

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non accompagnati sono spariti nel nulla, mediamente più di cinque al giorno. I minori di cui si perdono le tracce provengono soprattutto da Afghanistan, Tunisia, Costa d’Avorio, Marocco, ma anche Eritrea, Egitto e Bangladesh. E inoltre si crea un dualismo impari: da un lato scandire, con tappe precise e obiettivi mirati, il presente e futuro del minorenne, dall’altro, in contrapposizione, c’è la sfera dell’illegalità, il guadagno facile garantito dalla criminalità organizzata, quel denaro che, dal Paese di origine, chiedono con insistenza. L’Italia, per quanto concerne i minori stranieri non accompagnati e i minorenni in generale, ha sicuramente adottato delle “best practice” a livello normativo. Ma il sistema presenta delle falle e le statistiche lo confermano. Di assoluto rilievo è il destino di questi ragazzi una volta raggiunta la maggiore età, 8.019 neo maggiorenni solo nel 2019. In base all’art. 32 T.U. Immigrazione, nel momento in cui compiono 18 anni viene loro rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro o di lavoro subordinato o autonomo. Non mancano lungo questo percorso le criticità in quanto le procedure sono lente e complesse e in più per la maggior parte di loro è troppo breve il tempo dall’arrivo al compimento dei 18 anni per poter apprendere un mestiere e raggiungere una vera e propria autonomia.

MISURE DI TUTELA DEI MSNA IN ITALIAIn Italia nell’aprile del 2017, e per la prima volta in Europa, è stata approvata la Legge n. 47/2017 “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati” (più nota come legge “Zampa”), il cui principio ispiratore è proprio il superiore interesse del minore. Tante le novità introdotte per far fronte alle carenze del sistema di accoglienza e, più nello specifico, del sistema di protezione dei MSNA: dal divieto assoluto di respingimento alla frontiera, al modello di accoglienza “integrata” con soluzioni di lungo periodo oltre il compimento della maggiore età, all’istituzione della figura del tutore volontario alla “cartella sociale” e banca dati nazionale, alla promozione dell’affido familiare. Volendo coniugare diritti (istruzione, salute, ascolto, assistenza legale) e allo stesso tempo rispondere ai bisogni della persona, un aspetto particolarmente delicato del percorso di accoglienza dei MSNA è rappresentato dall’accertamento dell’età. Nel luglio di quest’anno un importante traguardo è stato finalmente raggiunto con il nuovo “Protocollo multidisciplinare per l’accertamento dell’età dei minori non accompagnati”. Seppur orfano dell’approccio olistico, il protocollo ha mantenuto un impianto multidisciplinare con valutazioni sequenziali e incrementali dei diversi professionisti coinvolti (Fig. 1): dall’assistente sociale allo psicologo dell’età evolutiva e/o al neuropsichiatra infantile,

sempre e comunque alla presenza del mediatore culturale e, quindi, al pediatra con competenze auxologiche. L’accertamento, così come previsto nell’art. 5, va avviato esclusivamente in caso di fondato dubbio sull’età dichiarata e dopo l’esecuzione delle altre possibili pratiche d’identificazione, compresa la ricerca di prove documentali, e quindi in extrema ratio. L’obiettivo è superare le notevoli discrepanze finora riscontrate sul territorio nazionale e la discrezionalità delle procedure già adottate, al fine, soprattutto, di ridurre il margine di errore nella stima di un’età che non sarà mai certa!

ACCESSO AI SERVIZI SOCIO-SANITARI DEI MSNA IN ITALIA

In tema di diritto alla salute, nonostante l’Italia abbia una delle normative più inclusive in Europa, fatica ancora a fornire risposte adeguate ai bisogni di salute dei migranti forzati. Tra le maggiori difficoltà, nei progetti di promozione della salute mentale, è l’emersione precoce delle vulnerabilità in relazione ai traumi subiti lungo la rotta migratoria e la prevenzione di tutte quelle situazioni che all’interno del sistema di accoglienza possono avere effetti negativi sul benessere psico-fisico di tutti i minori e, in particolare, dei MSNA. Con particolare attenzione per le cure sanitarie primarie in tutte le epoche dell’età evolutiva (CRC art. 24), in Italia la normativa vigente garantisce ai minori figli di genitori non in possesso di regolare permesso di soggiorno (figli di Stranieri Temporaneamente Presenti – STP) l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e al pediatra di libera scelta. Mentre per i MSNA la legge 47/2017 dispone, all’art. 4, la modifica dell’art. 34 del Testo Unico sull’Immigrazione, aggiungendo espressamente che i MSNA rientrano fra le tipologie di persone che devono essere iscritte al SSN da parte di chi ne ha, anche in via temporanea, la responsabilità genitoriale o dal responsabile della struttura di prima accoglienza. Nell’attività di monitoraggio sull’implementazione della Legge 47/2017, si è riscontrato che nelle prassi, essendo l’iscrizione al SSN ammessa dopo il rilascio del permesso di soggiorno, in mancanza del codice fiscale i minori, se non iscritti al SSN, riescono a ottenere un codice STP, che permette l’accesso alle cure emergenziali, ospedaliere e alle vaccinazioni, ma non l’assegnazione di un medico di base o pediatra di libera scelta. La legge 160/2019 (legge di bilancio 2020) ha previsto l’esenzione dal pagamento del ticket per farmaci e prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio e di altre prestazioni specialistiche i minorenni privi di un sostegno familiare.

IMPATTO DELLA PANDEMIA DA COVID-19 SUI PERCORSI DI ACCOGLIENZA DEI MSNA IN ITALIA

È ben noto come la pandemia da COVID-19 abbia

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Figura 1. Protocollo multidisciplinare per la determinazione dell’età dei Minori Non Accompagnati (MNA) (www.statoregioni.it/media/2751/p3-cu-a?o-rep-n-73-9lug2020.pdf).

Figura1.Protocollomultidisciplinareperladeterminazionedell’etàdeiMinoriNonAccompagnati(MNA)http://www.statoregioni.it/media/2751/p3-cu-atto-rep-n-73-9lug2020.pdf

PROTOCOLLOPERLADETERMINAZIONEPER

L’ETA’

Colloquiosociale ValutazioneNPI/psicologica

• Datibiograficiesociali• Rangeipoteticod’età• Intervistasemistrutturata

evalutazioneclinica• MSE(MentalState

Evaluation)

• Raccoltadatibiografici

• Intervistasociale

Valutazionecognitivautile/possibile

MMSE*

NO

Visitapediatrica(anamnesi,peso,altezza,BMI,sviluppofisico)

Presenzadivulnerabilitàpsichiche

Diagnosticaperimmaginiadinvasivitàprogressiva

Esamesviluppopuberale

Laminoreetàèimprobabile

Datinonrisolutivi,sipresumelaminoreetà

Idatiindicanolaminoreetà

Elementisufficientiperlavalutazionedell’età

Elementisufficientiperlavalutazionedell’età

NO SI

SI

SI

NO

Rapportocongiunto

NO SI

Idatiindicanolaminoreetà

Laminoreetàèimprobabile

Rapportocongiunto

* MMSE: Modified Mini Mentale Scale for cognitive functions in children

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amplificato tutte le condizioni di fragilità e marginalità sociale. Nel caso dei MSNA, sono stati compromessi da un lato i percorsi già avviati di inclusione socio-educativa, compresa la didattica a distanza, e lavorativa, fino anche a interromperli, dall’altro la salute psico-fisica di questi minori a causa delle condizioni di incertezza rispetto alle criticità relative alle pratiche di richiesta o rinnovo dei permessi di soggiorno e alla nomina dei tutori volontari. Alle difficoltà burocratico-amministrative, si sono aggiunte quelle insorte per la gestione del tracciamento e dei casi risultati positivi all’interno dei centri, così come quelle relative al reperimento dei dispositivi di protezione individuale per operatori e minori, e, soprattutto, il non poter sempre garantire il rispetto delle poche ma efficaci regole per limitare la diffusione del contagio, proprio per la carenza di un accompagnamento e una corretta informazione sul COVID-19. Così come non sono stati garantiti i percorsi di presa in carico etno-psicologici. In più, le esperienze di tirocinio interrotte, i contratti di lavoro non rinnovati e i nuovi contratti posticipati hanno avuto inevitabili ricadute non solo in termini economici, ma anche emotivi, viste le loro aspettative ma soprattutto quelle delle famiglie nei Paesi di origine.Seppur in riduzione il numero di migranti, la dimensione del fenomeno continua a crescere in termini di ferite

invisibili per chi sopravvive e di naufragi per chi non ce la fa ad arrivare in Italia e in Europa (da gennaio a settembre 2020 sono oltre 650 morti o dispersi in mare, dato sottostimato e in crescita). E altrettanta è la frustrazione e il senso di impotenza degli operatori di fronte al grido di dolore di chi, in fuga da povertà, conflitti e discriminazioni, chiede di essere salvato e protetto, senza trovare risposte alternative, seppur necessarie, nelle attuali politiche migratorie.

BIBLIOGRAFIA E LINK DI RIFERIMENTOMinistero dell ’Interno, Cruscotto statistico giornaliero.

Disponibile al link: www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/cruscotto_statistico_giornaliero_30-11-2020_0.pdf

Direzione Generale delle Politiche dell ’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Report mensile minori stranieri non accompagnati (MSNA) in Italia. Dati al 31 ottobre 2020, disponibile al link: www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/immigrazione/focus-on/minori-stranieri/Documents/Report-MSNA-mese-novembre-2020.pdf

Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286. “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell ’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”. www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/98286dl.htm

Legge 47 del 7 aprile 2017, “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”, pubblicata in G.U. n. 93 del 21/04/2017. www.gazzettaufficiale.it/eli/ id/2017/04/21/17G00062/sg.

CeSPI, Centro Studi Politica Internazionale. Primo Rapporto Osservatorio Nazionale sui Minori Stranieri Non Accompagnati in Italia 2020. www.cespi.it/sites/default/files/osservatori/allegati/rapportomsna_in_italia_2020_def.pdf

Convenzione ONU sui diritti dell ’infanzia e dell ’adolescenza, approvata dall ’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall ’Italia con Legge 176/1991. www.camera.it/_bicamerali/leg14/infanzia/leggi/Legge%20176%20del%201991.htm

Forti O. Minori Stranieri Non Accompagnati. Caritas e Migrantes. XXIX Rapporto Immigrazione 2020. Conoscere per comprendere. www.migrantes.it/wp-content/uploads/sites/50/2020/10/RICM_2020_DEF.pdf

Protocollo multidisciplinare per l ’accertamento dell ’età dei minori non accompagnati. www.statoregioni.it/media/2751/p3-cu-atto-rep-n-73-9lug2020.pdf

Accordo della Conferenza Stato-Regioni e PP.AA. del 20/12/2012 sulle “Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l ’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province Autonome”, Rep. Atti n. 255/CSR . G.U. n. 32 del 07/02/2013 - Suppl. Ordinario n. 9. www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/02/07/13A00918/sg

Nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) pubblicati in Gazzetta Ufficiale n. 65 (Supplemento ordinario n. 15). www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/03/18/17A02015/sg

Figura 2. “Manuale di sopravvivenza per il minore straniero non accompagnato (e per il suo tutore)”. Il Manuale è una guida realizzata da Melting Pot Europa in collaborazione con la rete Welcome to Europe e pensata per aiutare il minore che arriva in Italia a essere cosciente dei propri diritti e consapevole di quale può essere il suo percorso di inclusione. Il manuale nasce dal presupposto che il minore debba essere il protagonista principale del proprio cammino, consigliato e affiancato da operatori professionalmente preparati, ma soprattutto da un tutore consapevole che lo possa supportare adeguatamente durante tutte le scelte con cui il destino porterà entrambi a confrontarsi (www.meltingpot.org/IMG/pdf/manuale_sopravvivenza_illustrato_msna_21maggio2020.pdf).

Figura2.“Manueladisopravvivenzaperilminorestranierononaccompagnato(eperilsuotutore)”.IlManualeèunaguidarealizzatadaMeltingPotEuropaincollaborazioneconlareteWelcometoEuropeepensataperaiutare ilminorechearriva in Italiaadesserecoscientedeipropridirittieconsapevolediqualepuòessereilsuopercorsodiinclusione.Ilmanualenascedalpresuppostocheilminoredebbaessereilprotagonistaprincipaledelpropriocammino,consigliatoedaffiancatodaoperatori professionalmente preparati, ma soprattutto da un tutore consapevole che lo possasupportare adeguatamente durante tutte le scelte con cui il destino porterà entrambi aconfrontarsi.https://www.meltingpot.org/IMG/pdf/manuale_sopravvivenza_illustrato_msna_21maggio2020.pdf

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