n i d e p S A p S e n a i l a t I e t s o P 1 0 2 e r b m ... · • Sala Bar e sala da pranzo •...

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Ottobre/Dicembre 2011Sommario

5

9

14

24

30

21

3 EDITORIALELe radici dell’emergenza educativadi Paola Iacovone

4 REDAZIONALELa gioia del perdonodi Vito Cutro

5

6 SPECIALE TERESA ORSINIUna Santa dalla nobiltà romana (V)di Patrizia Ferri

8 GUARDIAMO GESÙL’arrestodi Andrea Gemma

10

11 RESIDENZA MARIA MARCELLAUna bella storia familiaredi Rita

12 SALUTE E SANITÀ…e con i Medici … i farmacistidi Gerardo Corea

26 SEGNI DEL TEMPOIl museo delle SOMa cura della Redazione

14 ECCOMI MANDA MELa vita consacrataa cura di Federica Martufi

13 RIFLESSIONIIl fascino del male (II)di Paolo Benanti TOR

16 PASSARONO FACENDODEL BENESuor Celeste NobiliSuor Saverina Sanzi di Lissy Kanjirakattu

17 LA COMETA NEWSa cura di Federica Martufi

21 L’ANGOLO DEI NONNILa festa dei nonnia cura di Federica Martufi

22 MAGISTEROa cura di Vito Cutro

24 SEGNI DEL TEMPOIl Forum cristiano degli artisti indiania cura di Federica Martufi

25 SEGNI DEL TEMPORaffaella, medicina di Dio a cura della Redazione

28 SAPORI DIVINIdi Concita De Simone

29 L’ANGOLO DEI GIOVANIL’intervista a cura di Federica Martufi

30 STORIESamy Modiano, ebreo che haimparato il perdonodi Concita De Simone

32

NOTIZIE

36 RELAXa cura di Concita De Simone

UNO SGUARDO AI PADRIL’anima come una città (IV)a cura di Vito Cutro

CLINICA MATER MISERICORDIAEDal brillìo del Soledi Carla Luisa Zuccalà

34

BIBLIOTECABibbia ed educazioneSupereroi e Vampiria cura della Redazione

ACCOGLIENZACHE CRESCERivista trimestrale delle Suore Ospedaliere della Misericordiacon approvazione ecclesiasticaReg. Trib. di Roma n° 425, 3 ottobre 2003

DirettriceMadre Paola Iacovone

ResponsabileVito Cutro

RedazioneBertilla CipolloniConcita De SimoneEmily FavorLissy Kanjirakattu

Segretaria di RedazioneFederica Martufi

Hanno collaborato:Paolo Benanti T.O.R.Gerardo CoreaRita D’OrazioPatrizia FerriAndrea GemmaCarla Luisa Zuccalà

Anno VIII - n. 4Ottobre - Dicembre 2011

Abbonamento annuo € 10,00Sostenitore € 50,00

Versamento su c.c.p. n. 47490008intestato a: Suore Ospedaliere della Misericordia

Finito di stampare nel mese di Dicembre 2011dalla Tip. L. LucianiVia Galazia, 3 - 00183 RomaTel. 06 77209065

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Abbonamenti, indirizzie diffusioneRedazione Accoglienza che cresceVia Latina, 30 - 00179 RomaTel. 0670496688Fax 06 70452142

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È gestita dalle SuoreOspedaliere della Misericordia

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La Casa di Accoglienza “San Giuseppe”delle Suore Ospedaliere della Misericordia è una struttura extra-alberghiera ideata per ospitare pellegrini e turisti,

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A servizio dell’Amore

In caso di mancato recapito inviare al CMP Romanina per la restituzione al mittente previo pagamento resi

Mittente: “Accoglienza che cresce” Congregazione Suore Ospedaliere della Misericordia

Via Latina 30 – 00179 Roma

È Natale...

È Natale ogni volta che sorridi a un fratelloe gli tendi la mano;ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare un altro;ogni volta che volgi la schiena ai principiche cacciano gli oppressi ai margini del loro isolamento;ogni volta che speri con i “prigionieri”,gli oppressi dal peso della povertà fisica, morale e spirituale; ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti e la tua debolezza!È Natale ogni volta che permetti al Signoredi amare gli altri attraverso di te...

Madre Teresa di Calcutta

Editorialedi Madre Paola Iacovone - Superiora Generale

A conclusione delle riflessioni sul Documento contenente gli orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per ildecennio 2010-2020 dal significativo titolo “Educare alla Vita Buona del Vangelo”, desidero soffermare la mia ela vostra attenzione su alcuni concetti che il Santo Padre Benedetto XVI ha espresso nell’Appendice del Documento

stesso e che sono espressione del suo discorso tenuto alla 61°Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana del 27maggio 2010.

Benedetto XVI, riferendosi alle radici profonde dell’emergenza educativa, tra l’altro, afferma: “(…) Un primo punto mi sem-bra questo: superare questa falsa idea di autonomia dell’uomo, come un “io” completo in se stesso, mentre diventa “io” anchenell’incontro collettivo con il “tu” e con il “noi”. L’altra radice dell’emergenza educativa io la vedo nello scetticismo e nelrelativismo o, con parole più semplici e chiare, nell’esclusione delle due fonti che orientano il cammino umano. La prima fontedovrebbe essere la natura secondo la Rivelazione, ma la natura viene considerata oggi come una cosa puramente meccanica,che quindi non contiene in sé alcun imperativo morale, alcun orientamento valoriale: è una cosa puramente meccanica, e quin-di non viene alcun orientamento dall’essere stesso. La Rivelazione viene consi-derata o come un momento dello sviluppo storico, quindi relativo come tuttolo sviluppo storico e culturale, o – si dice – forse c’è rivelazione, ma noncomprende contenuti, solo motivazioni. E se tacciono queste due fonti, lanatura e la Rivelazione, anche la terza fonte, la storia, non parla più, per-ché anche la storia diventa solo un agglomerato di decisioni culturali,occasionali, arbitrarie, che non valgono per il presente e per il futu-ro”(…).

E anche in questa considerazioni il Papa non perde di vista l’obiet-tivo ‘giovani’ al centro dell’attività pastorale della Chiesa e, quindi,dell’emergenza educativa. Afferma ancora: “(…) I giovani portanouna sete nel loro cuore, e questa sete è una domanda di significato edi rapporti umani autentici, che aiutino a non sentirsi soli davantialle sfide della vita. È desiderio di un futuro, reso meno incerto dauna compagnia sicura e affidabile, che si accosta a ciascunocon delicatezza e rispetto, proponendo valori saldi a partiredai quali crescere verso traguardi alti, ma raggiungibili(...)”.Ulteriori motivi di riflessione, soprattutto in una ricorrenzacome quella del Santo Natale, nella quale i vari proponi-menti dovrebbero trovare piena considerazione perdiventare poi, pratica quotidiana della nostra vita dicomunità ecclesiale, di educatori, di genitori, di reli-giosi e religiose. Ci sia di incitamento l’augurio fina-le del Papa: “(…) ci aiuta anche a riconoscere latestimonianza di santità di quanti – sull’esempiodel Curato d’Ars – si spendono senza riserve pereducare alla speranza, alla fede e alla carità. Inquesta luce, ciò che è motivo di scandalo, deve tra-dursi per noi in richiamo a un “profondo bisognodi ri-imparare la penitenza, di accettare la purifica-zione, di imparare da una parte il perdono, ma anchela necessità della giustizia (…)”.

È con questi sentimenti che a tutti: benefattori, adot-tanti, lettori, amici e familiari, invio il mio più cordialeaugurio per un Santo Natale e per un Nuovo Anno di impe-gno sempre più concreto nella vita di credibilità cristiana.

Le radici dell’emergenza educativa

Accoglienza che cresce - 3

di Vito Cutro

4 - Accoglienza che cresce

N ei giorni 1 e 2 agosto diogni anno, in Assisi, sicelebra il “Perdono di

Assisi”, risalente all’epoca dello stessosan Francesco e che il santo chiese alPapa Onorio III affinché anche tutti ipoveri che non potevano recarsi inTerrasanta a lucrare l’indulgenza daipeccati, la potessero ottenere nella chie-sina della Porziuncola (S.Maria degliAngeli) che ha visto svilupparsi tutte lefasi principali della vita del Santo.

Anche nei giorni 1 e 2 di agosto diquest’anno, festa del Perdono di Assisi, siè svolta la “Marcia del Perdono - LE VIEDEL CUORE ” (la XXXI) coincidendoanche l’800° anniversario della tonsura(consacrazione) di Chiara d’Assisi. Alsolito numerosissimi i convenuti da varieparti d’Italia, ma non solo, anche da paesiesteri tra cui la Bosnia, Croazia, Austria.Ma desideriamo illustrare questa anti-chissima ricorrenza, nota, appunto, comeFesta del perdono di Assisi.

Risale al 10 agosto 1310 il documen-to tra i più diffusi che riferiscono dell’i-stituzione di questa ricorrenza: ilDiploma di fr. Teobaldo, vescovo diAssisi, del quale forniamo qualche stral-cio: “Stando il beato Francesco pressoSanta Maria della Porziuncola, ilSignore, durante la notte gli rivelò che siportasse dal sommo Pontefice, il signorOnorio, che temporaneamente si trovavaa Perugia, per impetrare l’indulgenzaper la stessa Chiesa di Santa Mariadella Porziuncola, appena da lui restau-rata. Egli, alzatosi di mattino, chiamòfrate Masseo da Marignano, suo compa-gno, con il quale stava insieme e si pre-sentò davanti al detto signor Onorio edisse: “Padre santo, ho appena finito direstaurare per voi una chiesa a onoredella Vergine madre di Cristo. Supplicovostra Santità che la arricchiate diun’indulgenza senza offerte di denaro”.Egli rispose:”Non è conveniente fare

questo perché chi richiede un’in-dulgenza bisogna che la meritidando una mano. Ma dimmi, diquanti anni la vuoi e quanta indul-genza vi debba concedere”. Esanto Francesco replicò” Santopadre, la sua santità voglia darenon anni ma anime”. E il signorPapa riprese: “In che modo vuoianime?”. Il beato Francescodichiarò: “Santo padre voglio, sepiace a sua santità, che quanti ver-ranno in questa chiesa, confessatie pentiti e, come è conveniente,assolti dal sacerdote, venganoliberati dalla pena e dalla colpa incielo e in terra dal giorno del bat-tesimo fino al giorno e all’oradella loro entrata nella suddettachiesa”. Il signor papa aggiunse:“È molto ciò che chiedi, Francesco, enon è consuetudine della Curia romanaconcedere simile indulgenza”. Allora ilbeato Francesco rispose: “Signore, nonchiedo questo da parte mia, ma da partedi Colui che mi ha mandato, il SignoreGesù Cristo”. A questo punto il signorpapa, all’istante concluse dicendo trevolte: “Mi piace che tu abbia questaindulgenza”. (...). Allora richiamò santoFrancesco: “Ecco che d’ora in poi con-cediamo che ognuno che verrà ed entre-rà nella predetta chiesa, confessato perbene e contrito, venga assolto dallapena e dalla colpa e vogliamo che que-sto valga ogni anno per un giono solo,dai primi vespri inclusa la notte fino aivespri del giorno successivo”. Il beatoFrancesco, chinato il capo stava uscen-do dal palazzo, ma il signor papa,vedendolo uscire, lo richiamò e glidisse: “O sempliciotto, dove vai? Chedocumento porti di questa indulgen-za?”. Rispose Francesco: “Mi basta lavostra parola. Se è opera di Dio, Diostesso deve manifestare la sua opera.Non voglio nessun altro documento di

essa, ma la carta sia solo la beataVergine Maria, il notaio sia Gesù Cristoe gli Angeli siano testimoni”.E allonta-nandosi da Perugia e facendo ritorno adAssisi, lungo la via si riposò un pocoassieme al suo compèagmno nel luogochiamato Colle, dove c’era un ospedaledei lebbrosi, e s’addormentò. Poi risve-gliato, fatta orazione, chiamò il compa-gno e gli disse: “Frate Masseo, ti dicoda parte di Dio che l’indulgenza conces-sami per mezzo del sommo pontefice èconfermata nei cieli”.

Era l’Indulgenza del Perdono (…).Prosegue il Vescovo Teobaldo: “(…)

alla consacrazione di detta Chiesa, cheebbe luogo il 2 agosto, e ascoltò il beatoFrancesco che predicava di fronte a queivescovi e teneva in mano un documentoe diceva:- Voglio mandarvi tutti inParadiso e vi annuncio l’indulgenza cheho dalla bocca del sommo pontefice etutti voi che oggi venite e tutti quelli cheverranno ogni anno in questo giorno concuore buono e contrito ottengano l’in-dulgenza dai loro peccati”.

(Tratto dalle “Fonti Francescane”)

Redazionale

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Accoglienza che cresce - 5

IndiceUno sguardo ai padria cura di Vito Cutro

L’anima come una città (IV)

La terza porta: gli occhi.

“C’è anche un’altra porta più attraente di queste, ma piùdifficile da custodire, quella degli occhi: per questo sta apertaal di sopra e possiede la bellezza. Ha molte aperture non soloper vedere, ma anche per essere vista, se è ben rifinita. (…) Amolte cose si deve dunque badare, perché non subisca taleinfluenza quando è visto: eliminare l’eccesso dell’eleganzatagliando in segno di serietà i capelli posti in alto. E se il fan-ciullo non fosse dispiaciuto come se fosse privato di orna-mento, impari innanzitutto che questo è il migliore ornamen-to. Quanto poi al non vedere, sono sufficienti per la protezio-ne quei discorsi sui figli di Dio perdutisi per le figlie degliuomini (cf. Gen 6,1-4), quelli sui Sodomiti (cf. Gen 19,1-29),l’inferno e tutti gli altri racconti. Su questo punto soprattutto ilpedagogo e l’accompagnatore devono usare molta attenzione.Ma tu mostragli altre belle cose e stornerai di là i suoi occhi,cioè il cielo, il sole, gli astri, i fiori della terra, le praterie, la

bellezza dei libri. E ce ne sono altre che non arrecano danno.(…) Digli: “Non riusciremo ad incontrare, o figlio, una donnavirtuosa, se non dimostrerai molta vigilanza e l’accrescimentodelle virtù. Quando sarai divenuto forte, ti condurrò subito allenozze”. Soprattutto se è educato a non dire cose vergognose,fin dall’inizio ha come acquisita la riservatezza. Parlagli dellabellezza dell’anima. Ispiragli nobili pensieri sulle donne. (…)Colui che parla fuori posto sarà notato e, pur sedendo inmezzo a molti, può conquistare quella che vuole con lo sguar-do degli occhi. Non dargli del denaro: nulla di vergognosopenetri in lui: disprezzi il lusso e le altre cose simili. C’è poiun’altra porta, non simile a queste, ma che si estende a tuttoquanto il corpo, quella che chiamiamo il tatto e che sembrasempre chiusa, ma, come è aperta, così attira dentro ogni cosa.Non permettiamo che questa sia in relazione con languidevesti né con corpi. Rendiamola dura. Noi alleviamo un atletae pensiamo a questo. Non si serva, quindi, di tappeti delicatiné di vestiti raffinati (…)”.

GIOVANNI CRISTOMO (344-407). Nel 397, alla morte di Nettario,patriarca di Costantinopoli, Giovanni fu scelto per succedergli e lasua attività pastorale e letteraria si intensificò sotto lo stimolo dellenuove responsabilità. L’ardore apostolico di Crisostomo nell’incita-re la comunità cristiana a seguire il vangelo ed insieme la sua corag-giosa libertà di parola gli suscitarono ostilità. Teofilo, Vescovo diAlessandria, spesso rimproverato dal Crisostomo per la sua corru-zione, e l’imperatrice Eudossia, criticata per gli stessi motivi, sicoalizzarono contro di lui. Nel 403 un sinodo di trenta vescovi,basandosi su false accuse, lo depose e lo condannò all’esilio inBitinia. Richiamato, il suo libero atteggiamento lo portò ad unanuova interdizione da tutte le chiese di Costantinopoli e ad un secon-do esilio prima a Cucuso, nella bassa Armenia, poi a Pizio, sul MarNero, ove non riuscì ad arrivare, morendo per strada il 14 settembredel 407. La rilettura che proponiamo, come le precedenti di quest’anno, èestrapolata dal trattato “Sulla vanità e l’educazione dei figli”, per latraduzione a cura di Aldo Ceresa-Gastaldo.

(fine)

Speciale Teresa Orsini

6 - Accoglienza che cresce

Fondatrice delle Suore Ospedalieredella Misericordia

Il Papa Pio VII volle subito in Romadare il più possibile un riassetto agliospedali. Senz’altro venne a conoscen-za delle volontarie di S. Maria ai Monti,e in particolare della PrincipessaTeresa. Aveva conoscenza di lei ancheattraverso Sacerdoti del parentato deiDoria Pamphili. Sicché‚ non c’è da stu-pire se egli stesso la incaricò di farequalcosa di concreto per le malate dialcuni ospedali romani. Lei si sentìonorata e impegnò con tutto l’entusia-smo le sue energie, l’ascendenza, ilpotere, finalizzando ogni cosa all’amo-re di Dio. E attuò il messaggio evan-gelico della parabola del buonSamaritano, e lo divulgò fino alla for-mazione di una famiglia di numero-sissime figlie, improntate al suo stessospirito. Era sposa e madre di quattrofigli; tuttavia la grazia di Dio e l’a-more per la Chiesa, le dettero forza, nonsolo di continuare con le Dame di S.Maria ai Monti, ma di iniziare un’altraopera per gli ospedali, come desideravail Papa. Da quel momento la sua intelli-genza puntò l’attenzione su di unanuova geniale forma, fra le iniziativegià in atto, di S. Maria ai Monti. Cercòtra le “dame” alcune che volontaria-mente si stabilissero negli ospedalidove voleva il Papa, e che vi assistesse-ro le malate, e anche prendessero leredimi dell’assistenza, sorvegliandonel’osservanza disciplinare. Così nacque-ro le Suore Ospedaliere dellaMisericordia in S. Giovanni, estese,nel 1828 a S. Gallicano, e nel 1834 a S.

Giacomo. Lei stessa, dal primomomento, pur continuando nei suoidoveri di sposa e di madre, fu immersanella Istituzione con la sua inesorabilecarità e capacità. Ispirata dall’alto,voleva a tutti i costi che dalle quat-tro “pie donne” traesse origine unostuolo di Figlie, animate dallo stessosuo zelo di carità ospedaliera; e così fu.Le difficoltà non piegarono la sua intel-ligente operosità nel bene. Nel trattare iproblemi ad alto livello,con ammini-stratori ed autorità, operò tanto. Fuefficace, applicando, in spirito sopran-naturale, la sua levatura, il suo nobileruolo, la sua intelligenza. Realizzòstrutture operative nel tempo, a van-taggio della moltitudine dei miseri, cheanche allora era immensa; e lei l’acco-stava. Dunque la principessa Teresa fudavvero la prima Dama di Carità, laprima Madre o Madre Generale, autori-tà promanante dalla sua dedizione, nonperciò a titolo onorifico. Teresa è laFondatrice, a pieno titolo, delle SuoreOspedaliere della Misericordia.

Devozioni particolari

Le dame di carità volontarie, che visita-vano e beneficavano i malati all’ospiziodella Consolazione, invocavano la prote-zione di S. Luigi Gonzaga; ed era ovvioin quanto nello stesso luogo di dolore luiera diventato martire della carità versogli infermi. Queste volontarie facevanocapo al gruppo guidato dal Sac. A.Giampedi, presso la Chiesa di S. Mariaai Monti, che la principessa Teresa dadiversi anni frequentava, prima che rice-

vesse dal Papa l’invito a dedicarsi parti-colarmente al risanamento degli ospeda-li di Roma. Sicché la devozione a S.Luigi, pregato, invocato e onorato comespeciale Santo Patrono, rimase inappresso e sempre tale nell’Istituto cheora può dirsi quasi avviato al compi-mento di due secoli di esistenza nellaChiesa e nel mondo. Particolare menzione va fatta anche perla devozione delle Suore alla VergineSantissima Addolorata. Forse oggi, nellavisione allargata della liturgia, secondol’aggiornamento posteriore al ConcilioVaticano II, non è molto evidenziatonell’Istituto intero un culto particolarealla Madonna sotto tale titolo. Peròancora oggi, ma soprattutto fino ameno di cinquant’anni fa, le Suore dellaCasa di S. Giovanni onoravano moltola Madonna Addolorata. Infatti, da quan-do la comunità vi si era stabilita, nellaCasa Suore, vi era una cappella a parte,sempre frequentata e ben tenuta; oggi èun po’ modificata, anche a causa di certilavori di ristrutturazione degli edificiospedalieri. Inoltre, sempre fino adalcune decine di anni fa, in capo alletto, ciascuna delle Suore Ospedaliere,aveva l’immagine su quadro, dellaMadonna Addolorata. Un’altra devozio-ne particolare era per le cinque santissi-me Piaghe di Gesù Crocifisso, espressadalla recita di una particolare preghie-ra, detta Novena del Sangue Sparso,insieme alla corona dei Sette Dolori diMaria. Tutto ciò fa pensare che laPrincipessa avesse una spiritualità incen-trata sul Crocifisso e la sua Passione, seanche la spiritualità della Congregazione“Suore Ospedaliere della Misericordia”

di Patrizia Ferri

Una Santa dalla nobiltà romana (V)

Proseguiamo nella pubblicazione di una serie di pensieri e considerazioni sulla Fondatrice delle SOM,la principessa Teresa Orsini Doria Pamphilij Landi, frutto di uno studio approfondito effettuato da partedi una sua figlia spirituale, suor Patrizia Ferri.

Speciale Teresa Orsini

nasce dalla contemplazione di questisanti Misteri culminanti con la Morteredentrice di Gesù.

Esemplari stelle di santità… nel cielo di Roma

Teresa adolescente venne a Roma, e poidopo le nozze, vi restò definitivamente.Fu certo colpita dalle figure di tanti mar-tiri e santi della Città eterna. Ma dialcuni particolarmente. Pensiamo

soprattutto a S. Luigi Gonzaga e a S.Francesca Romana, le cui vite avrannoavuto fascino su di lei. Anche loroerano vissuti in Roma, durante tempi didisagio e di miseria della popolazione:peste, degrado generale, vento rivoluzio-nario,.... interessante studiare l’affinitàumano sociale, spirituale e morale tra laprincipessa Teresa e questi due parti-colari Santi, l’uno del 1500, e l’altradel 1400, vissuti a Roma, dove anchemorirono. La vita di S. FrancescaRomana, conosciuta e anche approfon-dita nel lungo periodo trascorso nell’e-ducandato di Tor de’ Specchi, certa-mente destò attrattiva sulla giovaneTeresa. Il monastero accanto all’educan-

dato, dove erano le Oblate Olivetane,era stato fondato da S. FrancescaRomana; qui aveva anche svolto operedi carità la nobile benefattrice di Roma;una delle due cappelle del monastero, lapiù antica e devota, conservava reliquiee memorie della stessa Santa.Sentendone la storia, la giovane Teresaammirava la nobile santa figura dellafamiglia Ponziani, straordinariamentegenerosa, amante di Dio e del prossimo.Teresa fin da allora avrà sentito l’ispi-razione, con particolare trasporto, di

sapersi distaccare sempre, per amore diGesù, dalla vita galante e fatta divanità, per assumere il servizio dellasocietà bisognosa. Chissà quante volteavrà pensato di compiere anche leigesti e opere meritorie, in vantaggiodi quel prossimo diseredato che allora,come in tutti i tempi, per un motivo o unaltro, soffre miserie di ogni genere!Nell’intimo avrà sentito un’attrattiva:perché non imitare Francesca Romanaed essere simile a lei anche nellagenerosità particolare, oltre che pergrado sociale e per ricchezze di benimateriali? E sarà germogliato nel suoanimo un seme di santo proposito, dicarità evangelica. E da tale proposito si

sentiva sempre più insistentementeinvitata, come a un dovere da compiere,lei fortunata negli agi come quellaSanta, ferita nel cuore dal gemito dichi soffre, gemito di Gesù.

Punti di contatto con S. Luigi Gonzaga

Quando la giovane Teresa puntava losguardo su quella stella di santità delcielo di Roma, che è S. Luigi Gonzaga,la sensazione di poter avere con luiun’affinità spirituale e morale, la colpi-va maggiormente e la emozionava. Piùtardi, nella maturità, tanto s’immedesi-mò della vita e dell’opera di talesanto, da giungere a sentimenti dispeciale devozione per lui. E vari sonoi motivi della sua attenzione e ammira-zione per questo esemplare, straordina-rio, giovane santo. Che Teresa nefosse devotissima, può dedursi dauna caratteristica nota, rimasta impres-sa nell’istituto delle SuoreOspedaliere della Misericordia, da leifondato. Infatti, le relative Costituzionihanno sempre stabilito che fosse vene-rato, come “speciale patrono” S. LuigiGonzaga. E cosi il suo stile di carità,specie verso i malati più gravi, vieneparticolarmente inculcato nella forma-zione delle giovani leve dell’Istituto.L’ammirazione per S. Luigi cresceva inTeresa anche a causa del suo continuotransitare in quei luoghi già abitati opraticati dal primogenito, ex-erederinunziatario, dei Gonzaga, venuto aRoma per entrare nella Compagnia diS. Ignazio, fra i Gesuiti. Infatti ella,sposando, andò a risiedere al Corso,nella casa nobiliare dei Doria; e LuigiGonzaga, in Roma, era vissuto negliedifici del Gesù, del Collegio Romanoe della Consolazione. Appena pochimetri distanti, o a fianco del collegio,anche allora si ergeva la mole dell’edi-ficio, oggi chiamato Palazzo DoriaPamphili, donato in passato da GiulioII al nipote Francesco Maria dellaRovere, duca di Urbino.

(continua)

Accoglienza che cresce - 7

8 - Accoglienza che cresce

Guardiamo Gesù

S iamo all’inizio drammaticodella passione di Gesù. A que-sto punto tutti e quattro gli

evangelisti allargano la loro narrazionefino a comprenderne i minimi particola-ri. Facciamo immediatamente unaosservazione che varrà anche per i rac-conti della risurrezione. Chi sa in qualemodo si sia formata la redazione deivangeli sa che il loro intento era emi-nentemente catechetico. Per questo essidettero minima importanza agli annioscuri di Nazareth, mentre inveceampliano il discorso in quel punto cen-trale della storia della salvezza che èappunto il “mistero pasquale”: passio-ne, morte, risurrezione e glorificazionedel Cristo.

* * *

Dopo il preludio, costituito dallacena pasquale, a cui l’evangelistaGiovanni dedica ben cinque capitoli delsuo vangelo, e dopo la cosiddetta “ago-nia” di Gesù nel Getsemani, eccoci alprimo quadro di questa messa in scenamacabra che si concluderà nel sepolcro,nei pressi del Golgota. (Diremo subito,in parentesi, che, contro le mire obbro-briose dei nemici del Maestro divino,l’ultimo capitolo sarà il trionfo lumino-so e sfolgorante del Risorto). Eccocome l’evangelista Giovanni, sempreattento ai particolari e al loro profondosignificato, descrive l’arresto di Gesù:“Giuda dunque vi andò, dopo averpreso un gruppo di soldati e alcuneguardie fornite dai capi dei sacerdoti edai farisei, con lanterne, fiaccole e

armi. Gesù allora, sapendo tutto quelloche doveva accadergli, si fece innanzi edisse loro: “Chi cercate?”. Gli rispose-ro: “Gesù, il Nazareno”. Disse loroGesù: “Sono io!”. Vi era con loro ancheGiuda, il traditore. Appena disse loro“Sono io”, indietreggiarono e cadderoa terra. Domandò loro di nuovo: “Chicercate?”. Risposero: “Gesù, ilNazareno”. Gesù replicò: “Vi ho detto:sono io. Se dunque cercate me, lasciateche questi se ne vadano”, perché sicompisse la parola che egli aveva detto:“Non ho perduto nessuno di quelli chemi hai dato”. Allora Simon Pietro, cheaveva una spada, la trasse fuori, colpì ilservo del sommo sacerdote e gli tagliòl’orecchio destro. Quel servo si chiama-va Malco. Gesù allora disse a Pietro:“Rimetti la spada nel fodero: il caliceche il Padre mi ha dato, non dovròberlo?”. Allora i soldati, con il coman-dante e le guardie dei Giudei, cattura-rono Gesù e lo legarono.”(Gv 18,3-12).Come si vede, Giuda porta a compi-mento il suo infernale piano per conse-gnare Gesù in mano a quegli sbirri prez-zolati e freddi esecutori di un disegnoinnominabile. Per questo ci sembrasiano meno colpevoli… Giovanni nonmenziona il modo con cui Giuda indicaagli sbirri la persona di Gesù. Egli gli dàun bacio, come rilevano gli altri evan-gelisti (cfr. Mt 26,49; Mc 14,45; Lc22,48). Giovanni, invece, riferisce i par-ticolari del repentino sbigottimento deisoldati allorché avvertono sulle labbradi Gesù quelle possenti scarne parole:”Sono io”. Infatti “indietreggiarono ecaddero a terra”. Questa gente niente

affatto abituata a sublimi cose, tantomeno adusa a trovarsi di fronte al miste-ro della divinità, non resiste a quel guiz-zo di onnipotenza che certamente l’af-fermazione di Gesù doveva irradiareintorno. Il povero uomo che noi siamo –ci si lasci dire – quando si trova di fron-te alla divinità non può non avvertire lasua piccolezza ed è costretto ad umiliar-si. Non sapremmo dire se questo gestodi divina maestà sia stato espressamen-te voluto da Gesù; ci basterà dire che lacaduta a terra dei suoi carcerieri, quasi asignificativo preludio della umiliazioneche infliggeranno al figlio di Dio, licostringe implicitamente a prostrarsifaccia a terra. Lezione per noi che spes-so, grazie alla condiscendenza delnostro Dio, ci dimentichiamo dellanecessità dell’ossequio adorante dovutodalla creatura al suo onnipotenteCreatore.

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Un’altra cosa da rilevare, a nostraconclusione, nell’arresto di Gesù è lafuga dei suoi amici…ahimé, qui ognu-no di noi non dovrebbe avere difficoltàad identificarsi con il gesto vile ed irri-conoscente di coloro che avevanogoduto dell’amicizia del figlio di Dio,ne avevano raccolto i tesori di sapienzadal suo labbro, avevano goduto dellacarezzevole e condiscendente sua ami-cizia. Ogni nostra freddezza, ogninostra indifferenza, ogni nostra infedel-tà, ogni nostro peccato è assai più ver-gognoso della fuga precipitosa degliapostoli deboli ed impauriti. E’ stato

di @ Andrea Gemma Vescovo Emerito

Passione di Cristo – Passione dell’uomo

L’arresto

Accoglienza che cresce - 9

detto che i veri amici si riconoscono nelmomento del bisogno e del pericolo. Inquel momento drammatico Gesù nonha avuto amici. Forse, scavando neinostri ricordi, potremmo ritrovare qual-che momento equivalente della nostravigliaccheria e fuga di fronte al bisognodi aiuto da parte di persone care. Ora,fissiamo per un breve momento lascena su cui tanti artisti si sono soffer-mati: Gesù, figlio di Dio onnipotente,ammanettato e trascinato brutalmentecome un delinquente comune… Poveriuomini che noi siamo! Forse anche noisiamo stati talvolta ingiusti carcerieri di

persone che non lo meritavano.Chiediamone perdono sinceramente.Forse è stata per noi più frequente lasituazione opposta: ci siamo trovatioggetto di accuse, forse ingiuste, dicalunnie, di innominabili gelosie, disotterranei intrighi per farci cadere.Guardiamo allora a questo eccezionaleprigioniero che come agnello innocen-te, muto si lascia trascinare al macello.Come lui facciamo sì che nemmeno ilricordo di quanto abbiamo per casosubito alteri la nostra serenità. Nessunanostra umiliazione, nessuna nostra sof-ferenza, sia fisica che morale, potrà

essere paragonata a quanto per noi hasofferto Colui che è la stessa santità peressenza. Non possiamo concluderequesta nostra dolorosa riflessione nonrichiamando alla mente le torme di tantiuomini perseguitati ingiustamente,ingiustamente condannati, innocenticarcerati per anni e poi dagli stessi car-ceratori riconosciuti innocenti. La sto-ria dell’umanità ne è piena a tutte lelatitudini, anche perché a tutte le latitu-dini sono sempre comparsi quei misera-bili omuncoli che credendo di innalzarese stessi hanno calpestato l’uomo e lasua dignità.

Guardiamo Gesù

Clinica Mater Misericordiae

Dal brillìo del Sole

Signorevedo sul mare il brillio del sole,come la Tua immensitàal caldo dell’estate… che avvolge sentimenti.Signoreappaiono improvvise le ondeportate dal vento,… pari alla necessità umanadi varcare ostacoli… senza preavviso.Signore… mormoraattraverso il ponentino,che mi sfiora.Scaldamicon la stagione che avvince… non tacere… Ti prego… è troppo freddo il mondoper sentire questo silenzio.Il calvario che ci ospitaè un panorama di patrie… oltre gli oceani… che evaporano i Tuoi respiri.… Ogni porta di mondoha bisogno di Te… Signore !… Uniamo le manial bianco di un’ostiaper sentirti nel cuore… oltre i sospiri dell’anima… Signore.

Carla Luisa Zuccalà

Accoglienza che cresce - 11

di Rita (figlia della Sig.ra Parisina)

Residenza Maria Marcella

S ono Rita la figlia diParisina che è ospite diquesta struttura da quasi 10

anni. Voglio raccontarvi la storia dellamia famiglia e nello specifico di miamadre, perché la trovo una bella sto-ria di famiglia allargata calda e pienadi valori, proprio oggi che la fami-glia… fa cilecca.

Mamma Parisina nacque aLivorno, sposò Egidio suo coetaneo econterraneo: si conoscevano fin dal-l’infanzia. Fu un matrimonio d’amo-re, ma durò poco, perché dopo solosei mesi scoppiò la seconda guerramondiale ed Egidio dovette partireper il fronte e assegnato alla campa-gna di Russia dalla quale non fece piùritorno. Parisina distrutta dal dolore,acuito dall’incertezza del laconicobiglietto “DISPERSO”, accettò a

malincuore l’invito della sorella divenire a Roma ad aiutarla un po’,dal momento che aveva già unabambina e si accingeva adarne alla luce un’altra.Sullo stesso pianerottoloviveva una famiglia diuna giovane coppia,anch’essa un po’ sfortu-nata. Giuliana era ilnome di lei, incinta diMassimo, ma malata ditubercolosi all’ultimo sta-dio. Consapevole dellasua situazione trepidavanon tanto per la sua morteimminente quanto per lapreoccupazione di non poterriuscire a dare alla luce il suobambino e intanto si raccomandavaa Parisina, che nel frattempo eradiventata sua amica, di prendersicura della sua creatura quando leinon ci sarebbe stata più. I loro incon-

tri erano sempre momenti pateticie diventavano anche drammatici

a mano a mano che la situazio-ne di Giuliana peggiorava.Parisina la rassicurava e ungiorno, poco prima chemorisse, in uno di queimomenti particolari e d’in-tesa delle due donne,Parisina stringendo al pettoMassimo con il suo faretutto toscano, le disse più o

meno: “Stai serena, ti pro-metto che mi prenderò cura di

Massimo e anche di Ezio. Conquella certezza nel cuore,

Giuliana, il mese dopo del parto,morì serenamente. Per farla breve,

piano piano quel servizio, quelleattenzioni per il piccolo e per suopadre si trasformarono in autenticoamore tanto da suggellarlo con ilmatrimonio dal quale nacqui io, Rita.Quello che mi ha sempre colpitonella mia famiglia allargata è che hotrovato tanto affiatamento, sia traquella del marito morto in guerra diParisina sia con le altre due: quelladi Giuliana e quella di mio padre,oltre a quella di mia madre.Nonostante la tragicità degli eventiche hanno segnato i miei familiari,tuttavia essi hanno trovato il corag-gio di risollevarsi, rimanendo uniti efacendosi forza a vicenda. Sono statiavvicinati ed accomunati dal dolore,ma da questa unione sono scaturitemolte gioie ed affetti profondi, chetrascendono i legami di sangue.

Una bella storia familiare

La signora Parisina

La signora Rita

Salute e sanità

12 - Accoglienza che cresce

di Gerardo Corea

I medici, così, si costituirono benpresto in corporazioni. È propriodall’epoca romana, comunque, e

di quella repubblicana in particolare, checominciò a delinearsi la figura del farma-cista, distinguendola da quella del medicocome l’unico capace o comunque autoriz-zato alla preparazione dei medicinali(Pharmekeis); nasce così il Farmacopola ovenditore di farmaci, dal quale i mediciacquistano le medicine già confezionate,oltre ai rimedi base. I farmacopoli sidistinsero in sellulariis (quelli che stavanoseduti) e circulatores o circumforanei(quelli che andavano in giro). Entrambi sidistinsero successivamente in seplasarii(droghieri e profumieri ), unguentari, pig-mentarii... Per ciò che riguarda la praticadelle acque è risaputo dello splendore cheraggiunsero in Roma le Terme, laddovetroviamo addetto numeroso personale,personale che si confondeva tra quello conparticolari conoscenze mediche, quale gliiatraliptes - addetti all’unzione del corpoed i tractatores, destinati ai massaggi, cuisi affiancavano, per esempio, gli alipites, idepilatori. Quasi sempre nelle vicinanzedelle terme sorgevano i Ginnasi, luoghidove veniva praticato l’esercizio fisico edil gymnasta che era colui che comunquedoveva possedere cognizione di materiamedica adattata allo scopo.

A Roma, 17 medici condotti…Passa il tempo ed i medici diventano civespleno jure, arrivando poi negli ultimitempi del basso impero a riconoscere unacasta fittamente organizzata (primus interpares, praesulis spectabilis, perfectissimusvir, clarissimnus vir, ...) là dove la stessadignità dell’archiatra diverrà indice diquesto ufficiale riconoscimento: la comiti-va primi ordinis. Ai tempi di Costantinogli archiatri erano divisi tra “palatini” e“popolari”; questi formavano un corpo ocollegio ed il loro numero era uguale aquello dei rioni della città (per quell’epoca17 rioni): né più e né meno del medicocondotto del nostro passato recente.Dovevano essere anche posti ambiti seall’epoca di Valentiniano fu istituito una

specie di concorso per il conseguimento ditale carica, e lo stesso Valentiniano, nel368, vietò ai medici statali di percepireonorario dai poveri, mentre potevanocomunque ricevere compensi dai bene-stanti. Torniamo ora all’origine ed al dif-fondersi di quelle che furono le condottemediche. Già all’epoca di Giulio Cesareesistevano medici che avevano il compitodi fornire l’assistenza sanitaria gratuitaalla “plebe” in genere ed ai poveri in spe-cie. Ma fu con Traiano (97-117 d.C.) chele condotte mediche si svilupparonoampiamente per cui furono sottoposte aduna disciplina organica con il demando daparte dello Stato ai Municipi per tutto ciòche significava gli oneri. Il Municipio,quindi, fu obbligato ad avere a stipendiodei medici per i poveri, medici che furonochiamati “archiatri populares”; a lorosovraintendevano gli “archiatri palatini”,che, nominati dal governo, da questo per-cepivano direttamente l’onorario. Era inuso anche che gli archiatri popolari pote-vano aspirare a passare nell’ordine di quel-li palatini. Si diffuse così anche il Collegiodegli Archiatri. Varie furono le agevola-zioni, come per esempio oltre a quella giàvista dell’esenzione dall’alloggiamentonelle milizie e del pagamento delle tasse,anche quella di non poter essere giudicatie carcerati se non con cautele e formalitàspeciali, mentre l’esenzione dall’arruola-mento militare era esteso anche per i figli.Ma accanto a quelli che erano i medici“civili”, Roma rimane famosa perché ebbeaggregati nell’esercito - fin dall’inizio - i“medici militari” che dipendevano dagliufficiali di truppa (questo tipo di organiz-zazione incerta nei primi secoli dellaRepubblica ebbe il suo auge ai tempi diAugusto). Fu infatti Augusto che inquadròi medici nelle varie unità militari, suddivi-si come medici legionis (11 medici) distri-buiti in ragione di uno per ogni corte, fattoesclusione per la prima corte che, essendopiù numerosa delle altre, vi prestavanoservizio due medici. I medici militaridipendevano dal comandante del campoed erano equiparati ai principales (unasorta di sottufficiali) perciò che riguardava

lo stipendio. Naturalmente, erano obbliga-ti a curare gratuitamente i soldati mentrepotevano esercitare la libera professionepresso i civili della zona in cui prestavanoservizio. La loro uniforme era del tuttosimile a quella dei soldati e come questierano armati di spada. Li distingueva ilfatto che in servizio portavano a tracollaun astuccio di bronzo o di avorio, in cuivenivano contenuti gli strumenti chirurgi-ci e i medicinali. Curavano i soldati feritidirettamente sul campo mentre successi-vamente questi, grazie all’uso di carri,venivano portati in una sorta di alloggia-mento necessario per le cure prolungate(valetudinarium in castris). Accanto aimedici sorsero contemporaneamente variefigure sanitarie e prima fra tutte quella deicapsarii (gli infermieri), così denominatiperché portavano una capsa (tasca) in cuierano contenute le medicine ed il materia-le per le medicazioni. Accanto a questi ifrictores, o massaggiatori, e gli unguenta-rii. Per ciò che riguardava invece l’assi-stenza diretta ai degenti provvedevanoalcuni soldati chiamati contubernales. Piùo meno simile era anche l’organizzazionemilitare per la medicina navale, laddovesin dai tempi di Giulio Cesare ciascunanave aveva il proprio medico, la cui posi-zione di privilegio era tanta e tale da esse-re riconosciuto perché portava un anelloincastonato e comunque aveva l’onore el’ambita qualifica di Civis Romanus.

(continua)

... e con i Medici... i farmacisti

Cristo nelle vesti di farmacista prescrive ricette ad Adamo ed Eva (miniatura francese del XVI secolo)

L’INVIDIAOvvero la malattia del nostro sguardo

Invidia etimologicamente viene dallaradice latina in-video che indica il guar-dare con sguardo bieco. Spesso è confu-sa con l’avidità o con la gelosia.L’invidia si caratterizza come un deside-rio ambivalente: possedere ciò che glialtri possiedono o che gli altri perdanoquello che possiedono. In realtà l’invidianon riguarda i beni: l’enfasi è sul con-fronto della propria situazione con quelladelle persone invidiate e non sul valoreintrinseco dell’oggetto posseduto da talipersone. Alla base dell’invidia c’è, gene-ralmente, la disistima e l’incapacità divedere le cose e gli altri prescindendo dase stessi: l’invidioso è costretto a misura-re tutto a sé. Si può quindi affermare chel’invidioso è generalmente frustrato, ego-centrico, capace di rapportarsi agli altriesclusivamente in modo competitivo. Tragli atteggiamenti tipici dell’invidioso pri-meggia il disprezzo di ciò o di chi si invi-dia. L’invidia provoca uno stato di pro-fonda prostrazione: con il suo comporta-mento l’invidioso grida al mondo: “io stomale per colpa tua, perché tu metti inluce la mia inferiorità! Devo assoluta-mente evidenziare le tue mancanze, i tuoidifetti, facendoti sentire ridicolo: farò inmodo che anche tu soffra come me!”.Quasi nessuno ammette di essere invidio-so e pochissime persone ne parlano aper-tamente, perché svelare questo sentimen-to? L’invidia è intimamente legata almodo di conoscere e desiderare la bellez-za, la bontà e il buono. L’invidioso per-cepisce il bello non come una cosaapprezzabile ma come negazione dellapropria bellezza-bontà. Qui c’è tutto ildramma dell’invidioso: non può goderedella bellezza! Emerge una dinamicamolto profonda e complessa, di cui unaradice profonda è nella valutazione che siha di sé: l’invidioso pensa che ci sia qual-cosa in lui che non sia bello-buono per-

ché Dio si è sbagliato con lui. L’invidiosoin fondo ha nel cuore una bestemmia:“Dio, il Creatore, ha fatto bene tutto…tranne me!”. Questo si traduce nel perce-pire la bontà-bellezza altrui come unaminaccia per sé: l’altro-uomo e, in ultimaanalisi, l’Altro-Dio, nel suo esistere sonouna minaccia, perché svelano il non esse-re come si vorrebbe. Nell’esistenza del-l’altro l’invidioso avverte una paura e unmalessere che lo “obbligano” a sminuir-ne la figura In questa prospettiva si rive-la la dimensione più pericolosa dell’invi-dia: non è possibile accoglierel’altro/Altro ma bisogna eliminarlo comeun fastidioso ostacolo perché chiamal’invidioso a non essere al centro e alprimo posto. L’altro/Altro, con la solapresenza, ci provoca e ci chiama allarelazione. L’invidia, invece, ci impone dinon amare. Ecco la radice della sofferen-za dell’invidioso: chi ama svela all’altrola sua bellezza (come ricorda J. Vanier inAbbracciamo la nostra umanità), colla-bora alla sua felicità, mostra la sua bontà,e soprattutto si dimentica di sé per ricor-dare l’oggetto del suo amore, l’invidiosoquesto non lo può fare! Per sopravviverea se stesso chi è malato d’invidia devenegare tutto ciò che pensa che lo superi

ma così facendo si autocondanna all’iso-lamento e alla solitudine. L’invidia è unamalattia dello sguardo: lo sguardo pato-logico fa apparire piacevole e desiderabi-le il male e fa rifiutare il bene. È la malat-tia di Adamo che non accetta il limitecreaturale e mangia dall’albero; di Cainoche rifiuta Abele; di Saul che rifiutaDavide. È la malattia del narcisista, di chipensa di essere al centro del mondo e chetutti sono lì per servirlo. L’invidia è unaforma di cecità: non vede che il bello ècreato da un Creatore per la gioia dellecreature.

di Paolo Benanti TOR

IIll ffaasscciinnoo ddeell mmaalleeOOvvvveerroo ii vviizzii ccaappiittaallii (II)

SCHEDADalle Scritture:Sir 14,8-10; Lv 19,14-18 Qo 4,4; Pr 23,17s; Sap 2,24; Mt 20,15; 1Tm 6,4; Gal5,26; 1Sam 18,6-16; Mc 10,35-45; Lc 15,28; 1Cor 3,2-23; 1Gv 3,12; Sap 6,23;Mc 7,22; 1Cor 13,4; Ez 31,9; Gc 4,2; Sal 37,1; 73,3; Pr 3,31; 14,30; 24,1; Sir9,11Dalla letteratura:Esopo, La volpe e l’uvaF. M. Dostoevsky, Il principeJ. Venier, Abbracciamo la nostra umanitàCanzoniDe André, Il giudiceDe André, BoccadirosaCaparezza, Io diventerò qualcunoGaber, L’odore

Accoglienza che cresce - 13

Riflessioni

14 - Accoglienza che cresce

a cura di Federica Martufi

R iportiamo le parti più signi-ficative dell’Omelia delSanto Padre Benedetto XVI

in occasione della Festa dellaPresentazione del Signore per la XVGiornata della Vita Consacrata, a benefi-cio di una comune riflessione.

«Cari fratelli e sorelle, nella Festaodierna contempliamo il Signore Gesùche Maria e Giuseppe presentano altempio “per offrirlo al Signore” (Lc2,22). In questa scena evangelica si rive-la il mistero del Figlio dellaVergine, il consacrato delPadre, venuto nel mondo percompiere fedelmente la suavolontà (cfr Eb 10,5-7).Simeone lo addita come“luce per illuminare legenti” (Lc 2,32) e annunciacon parola profetica la suaofferta suprema a Dio e lasua vittoria finale (cfr Lc2,32-35). È l’incontro deidue Testamenti, Antico eNuovo. Gesù entra nell’anti-co tempio, Lui che è ilnuovo Tempio di Dio: vienea visitare il suo popolo, portando a com-pimento l’obbedienza alla Legge edinaugurando i tempi ultimi della salvez-za. È interessante osservare da vicinoquesto ingresso del Bambino Gesù nellasolennità del tempio, in un grande “viavai” di tante persone, prese dai loroimpegni: i sacerdoti e i leviti con i loroturni di servizio, i numerosi devoti e pel-legrini, desiderosi di incontrarsi con il

Dio santo di Israele. Nessuno di questiperò si accorge di nulla. Gesù è un bam-bino come gli altri, figlio primogenito didue genitori molto semplici. Anche isacerdoti risultano incapaci di cogliere isegni della nuova e particolare presenzadel Messia e Salvatore. Solo due anzia-ni, Simeone ed Anna, scoprono la gran-de novità. Condotti dallo Spirito Santo,essi trovano in quel Bambino il compi-mento della loro lunga attesa e vigilan-za. Entrambi contemplano la luce di

Dio, che viene ad illuminare il mondo,ed il loro sguardo profetico si apre alfuturo, come annuncio del Messia:“Lumen ad revelationem gentium!” (Lc2,32). Nell’atteggiamento profetico deidue vegliardi è tutta l’Antica Alleanzache esprime la gioia dell’incontro con ilRedentore. Alla vista del Bambino,Simeone e Anna intuiscono che è pro-prio Lui l’Atteso. La Presentazione di

Gesù al tempio costituisce un’eloquenteicona della totale donazione della pro-pria vita per quanti, uomini e donne,sono chiamati a riprodurre nella Chiesae nel mondo, mediante i consigli evan-gelici, “i tratti caratteristici di Gesù -vergine, povero ed obbediente” (Esort.ap. postsinod. Vita consecrata, 1).Perciò la Festa odierna è stata scelta dalVenerabile Giovanni Paolo II per cele-brare l’annuale Giornata della VitaConsacrata.

Vorrei proporre tre brevipensieri per la riflessione inquesta Festa.Il primo, l’icona evangelicadella Presentazione di Gesùal tempio contiene il simbolofondamentale della luce; laluce che, partendo da Cristo,si irradia su Maria eGiuseppe, su Simeone edAnna e, attraverso di loro, sututti. I Padri della Chiesahanno collegato questa irra-diazione al cammino spiri-tuale. La vita consacrataesprime tale cammino, in

modo speciale, come “filocalia”, amoreper la bellezza divina, riflesso dellabontà di Dio (cfr ibid., 19). Sul volto diCristo risplende la luce di tale bellezza.“La Chiesa contempla il volto trasfigu-rato di Cristo, per confermarsi nella fedee non rischiare lo smarrimento davantial suo volto sfigurato sulla Croce ... essaè la Sposa davanti allo Sposo, partecipedel suo mistero, avvolta dalla sua luce,

La vita consacrata

Eccomi manda me

Accoglienza che cresce - 15

[dalla quale] sono raggiunti tutti i suoifigli … Ma un’esperienza singolaredella luce che promana dal Verbo incar-nato fanno certamente i chiamati allavita consacrata. La professione dei con-sigli evangelici, infatti, li pone qualesegno e profezia per la comunità dei fra-telli e per il mondo” (ibid., 15).In secondo luogo, l’icona evangelicamanifesta la profezia, dono dello SpiritoSanto. Simeone ed Anna, contemplandoil Bambino Gesù, intravvedono il suodestino di morte e di risurrezione per lasalvezza di tutte le genti e annuncianotale mistero come salvezza universale.La vita consacrata è chiamata a taletestimonianza profeti-ca, legata alla suaduplice attitudine con-templativa e attiva. Aiconsacrati e alle consa-crate è dato infatti dimanifestare il primatodi Dio, la passione peril Vangelo praticatocome forma di vita eannunciato ai poveri eagli ultimi della terra.“In forza di tale prima-to nulla può essereanteposto all’amorepersonale per Cristo eper i poveri in cui Eglivive. ... La vera profe-zia nasce da Dio, dal-l’amicizia con Lui, dal-l’ascolto attento dellasua Parola nelle diversecircostanze della sto-ria” (ibid., 84). In que-sto modo la vita consa-crata, nel suo vissutoquotidiano sulle stradedell’umanità, manifestail Vangelo e il Regno già presente e ope-rante.In terzo luogo, l’icona evangelica dellaPresentazione di Gesù al tempio manife-sta la sapienza di Simeone ed Anna, lasapienza di una vita dedicata totalmentealla ricerca del volto di Dio, dei suoisegni, della sua volontà; una vita dedica-ta all’ascolto e all’annuncio della sua

Parola. “«Faciem tuam, Domine, requi-ram»: il tuo volto, Signore, io cerco (Sal26,8) … La vita consacrata è nel mondoe nella Chiesa segno visibile di questaricerca del volto del Signore e delle vieche conducono a Lui (cfr Gv 14,8) … Lapersona consacrata testimonia dunquel’impegno, gioioso e insieme laborioso,della ricerca assidua e sapiente dellavolontà divina” (cfr Cong. per gli Istitutidi Vita Consacrata e le Società di VitaApostolica, Istruz. Il servizio dell’auto-rità e l’obbedienza. Faciem tuamDomine requiram).Cari fratelli e sorelle, siate ascoltatoriassidui della Parola, perché ogni sapien-

za di vita nasce dalla Parola del Signore!Siate scrutatori della Parola, attraversola lectio divina, poiché la vita consacra-ta “nasce dall’ascolto della Parola di Dioed accoglie il Vangelo come sua normadi vita. Vivere nella sequela di Cristocasto, povero ed obbediente è in talmodo una «esegesi» vivente della Paroladi Dio. Lo Spirito Santo, in forza del

quale è stata scritta la Bibbia, è il mede-simo che illumina di luce nuova laParola di Dio ai fondatori e alle fonda-trici. Da essa è sgorgato ogni carisma edi essa ogni regola vuole essere espres-sione, dando origine ad itinerari di vitacristiana segnati dalla radicalità evange-lica” (Esort. ap. postsinodale VerbumDomini, 83).In questo momento, il mio pensiero vacon speciale affetto a tutti i consacrati ele consacrate, in ogni parte della terra, eli affido alla Beata Vergine Maria:O Maria, Madre della Chiesa,affido a te tutta la vita consacrata,affinché tu le ottenga la pienezza della

luce divina: viva nell’ascolto dellaParola di Dio, nell’umiltà della seque-la di Gesù tuo Figlio e nostro Signore,nell’accoglienza della visita delloSpirito Santo, nella gioia quotidianadel magnificat, perché la Chiesa siaedificata dalla santità di vita di questituoi figli e figlie, nel comandamentodell’amore. Amen».

Eccomi manda me

di Lissy Kanjirakattu

Passarono facendo del bene

S ono due figure inscindibili nella memoria delle Suore Ospedaliere dellaMisericordia, avendo esercitato mansioni di governo nell’Istituto alivello generale per oltre dodici anni: la prima come Superiora

Generale, la seconda come Vicaria Generale. Si può dire che trascorsero l’in-tera vita nell’ospedale di S. Giovanni (dove allora le suore avevano dallafondazione la loro casa madre), perché solo nel 1936 avvenne, per lorointeressamento e merito, la costruzione e l’istituzione della nuova CasaGeneralizia, in Via Latina. Fin da tenera età offrirono la loro vita a Dionell’assistenza ai malati. Per alcuni decenni entrambe si prodigarono digiorno e di notte in alternanza con le consorelle nella cura ai malati gia-centi nelle corsie ospedaliere, e si distinsero per la carità e la misericor-dia verso tutti i sofferenti, nello svolgere con abnegazione tutto ciò che

veniva assegnato loro, non badando a sacri-fici e fatiche. Nel passare degli anni si

occuparono di posti di fiducia nellastruttura ospedaliera e anche nella

comunità religiosa; fino a che nel1925 furono elette Superiora

Generale (Sr. Celeste Nobili) eVicaria Generale dell’Istituto (Sr.Saveria Sanzi). In ogni dove spiccarono leloro virtù; in particolarmente le doti di maternità e di cuore nella prima,osservanza scrupolosa delle norme, unita ad altruismo, nella seconda; tuttoquesto fece sì che la loro vita risultasse un vero apostolato. Furono la lorosaggezza, il loro amore e il loro zelo a portare alla realizzazione di diverseopere in campo ospedaliero, fra cui l’istituzione della scuola convitto perinfermiere religiose “Suore della Misericordia” presso l’ Ospedale di S.

Giovanni. Vale anche la pena ricordare che, in riconoscimento dei meriti dialtruismo inevitabilmente palese agli occhi della popolazione, il Comune di

Roma ha intitolato a Sr. Saveria Sanzi una nuova strada del quartiereGianicolense, che inizia dal Viale dei Colli Portuensi.

Sr. Celeste Nobili (1873-1939)

Sr. Saveria Sanzi (1880 -1938)

16 - Accoglienza che cresce

Sr. Celeste Nobili

Sr. Saveria Sanzi

Nel 75 esimo anniversario di apertura della Casa Mater Misericordiae è doveroso ricordare le due figure che hanno ideato e realizzato questa prima casa proprietà della Congregazione

delle Suore Ospedaliere della Misericordia.

Cari Amici, il 14 dicembre 2011 la nostra Associazione festeggia il suodecimo anno di vita ed è con estrema gioia che ringraziotutti voi per il sostegno costante di questi anni. Tanti tra-guardi raggiunti insieme, tante salite per arrivare stanchima contenti ai nostri obiettivi. Un grazie sincero a nome ditutti coloro ai quali abbiamo regalato un raggio di luce. Edè in occasione del nostro decimo anniversario che vogliamofesteggiare insieme a tutti voi, mercoledì 14 dicembre, conla Cena natalizia di beneficenza. Vi aspettiamo con gioiaper condividere con voi una serata in allegria e fraternità.Il ricavato della cena (Offerta minima 25 euro) verrà devo-luto ad uno dei progetti gestiti dalle Suore Ospedaliere dellaMisericordia.

Vi auguro ogni gioia per questo Santo Natale e un invito per il Nuovo Anno a continuare con rinnovata pas-sione la nostra attività.

Il PresidenteAdalgisa Mullano

Grazie per il 5 x 1000 a La Cometa

La nostra Associazione desidera ringraziare tutti coloro chehanno scelto di destinare il proprio 5 X 1000 a La Cometa. Inquesti anni grazie al vostro contributo abbiamo fatto tanto…

• Nel 2005 sono stati destinati 16.453,51 Euro inviati in Indiaper costruire abitazioni

• Nel 2006 sono stati destinati 13.753,25 Euro inviati a Melfiper sovvenzionare la casa dei bambini

• Nel 2007 sono stati destinati 11.744,03 Euro inviati per aiu-tare l’Ospedale Vijoy Health Center (India)

• Nel 2008 sono stati destinati 12.601,91 Euro che devolvere-mo ad una piccola clinica in Nigeria

Anche quest’anno puoi rendere felice chi ha meno di te e desti-nare il tuo 5 X 1000 all’Associazione onlus La Cometa. Aderire è semplice e non ha costi. Metti la tua firma e il numero delcodice fiscale della nostra Associazione - 07191011001 - nell’apposito spazio della dichiarazione dei redditi riservato al soste-gno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale - O.N.L.U.S. Trasforma la tua dichiarazione dei redditi in un gesto disolidarietà!

L’angolo dei nonni

L o scorso 2 ottobre si è celebra lafesta dei nonni, istituita nel 2005 dalParlamento che ha riconosciuto

ufficialmente il ruolo fondamentale dei nostrinonni. La ricorrenza cade il 2 ottobre, il giornoin cui la Chiesa celebra gli Angeli, ed è conce-pita proprio come momento di incontro e rico-noscenza nei confronti dei nonni, angeli custo-di dell’infanzia. Riportiamo alcune reflessioni-ringraziamenti per i nostri angeli.

La festa dei nonni

“Gli anni di matrimonio che festeggiano i miei nonni sonotanti e tu, Signore, hai permesso che li trascorressero sem-pre insieme. Ti ringrazio per ogni volta che li hai aiutati,per la speranza e la fede che li hanno guidati, permettendoloro di continuare il cammino della vita insieme. Tra gioiee dolori, tra emozioni e momenti difficili, non li hai maiabbandonati. Fa’ che possano proseguire la vita uniti e checontinuino ad essere per i loro figli e per noi nipoti, unsostegno e un appoggio discreto ma sempre vigile. In modoparticolare facciamo gli auguri a Miranda e Marcello che il20 agosto del 2011 hanno rinnovato il loro sì, dopo 60 annidi matrimonio”.

“Mai, per nessuna ragione, i nonni siano esclusi dall’ambi-to familiare. Essi sono un tesoro che non possiamo strappa-re alle nuove generazioni, soprattutto quando danno testi-monianza di fede”.

Papa Benedetto VI

“Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo”.

(Sal 90 [89], 10)

a cura di Federica Martufi

22 - Accoglienza che cresce

Magisteroa cura di Vito Cutro

“Questa parola è dura!”; è dura perchél’uomo cade spesso nell’illusione dipoter “trasformare le pietre in pane”.Dopo aver messo da parte Dio, o averlotollerato come una scelta privata chenon deve interferire con la vita pubblica,certe ideologie hanno puntato a organiz-zare la società con la forza del potere edell’economia. La storia ci dimostra,drammaticamente, come l’obiettivo diassicurare a tutti sviluppo, benesseremateriale e pace prescindendo da Dio edalla sua rivelazione si sia risolto in undare agli uomini pietre al posto delpane. Il pane, cari fratelli e sorelle, è“frutto del lavoro dell’uomo”, e in que-sta verità è racchiusa tutta la responsabi-lità affidata alle nostre mani e alla nostraingegnosità; ma il pane è anche, e primaancora, “frutto della terra”, che ricevedall’alto sole e pioggia: è dono da chie-dere, che ci toglie ogni superbia e ci fainvocare con la fiducia degli umili:“Padre (…), dacci oggi il nostro panequotidiano” (Mt 6,11). L’uomo è incapa-ce di darsi la vita da se stesso, egli sicomprende solo a partire da Dio: è larelazione con Lui a dare consistenza allanostra umanità e a rendere buona e giu-sta la nostra vita. Nel Padre nostro chie-diamo che sia santificato il Suo nome,che venga il Suo regno, che si compia laSua volontà. E’ anzitutto il primato diDio che dobbiamo recuperare nel nostromondo e nella nostra vita, perché è que-sto primato a permetterci di ritrovare laverità di ciò che siamo, ed è nel cono-scere e seguire la volontà di Dio che tro-viamo il nostro vero bene. Dare tempo espazio a Dio, perché sia il centro vitaledella nostra esistenza. Da dove partire,come dalla sorgente, per recuperare eriaffermare il primato di Dio?Dall’Eucaristia: qui Dio si fa così vicinoda farsi nostro cibo, qui Egli si fa forzanel cammino spesso difficile, qui si fa

no Gesù, non è molto lontana dallenostre resistenze davanti al dono totaleche Egli fa di se stesso. Perché acco-gliere veramente questo dono vuol direperdere se stessi, lasciarsi coinvolgere etrasformare, fino a vivere di Lui, comeci ha ricordato l’apostolo Paolo nellaseconda Lettura: “Se noi viviamo, vivia-mo per il Signore, se noi moriamo,moriamo per il Signore. Sia che vivia-mo, sia che moriamo, siamo dunque delSignore” (Rm 14,8). “Questa parola èdura!”; è dura perché spesso confondia-mo la libertà con l’assenza di vincoli,

con la convinzione di poterfare da soli, senza Dio, visto

come un limite alla libertà.E’ questa un’illusione chenon tarda a volgersi in

delusione, generandoinquietudine e pau-

ra e portando,paradossalmente,a rimpiangere lecatene del passato:“Fossimo morti

per mano delSignore nella terrad’Egitto…” – dice-vano gli ebrei neldeserto (Es 16,3),come abbiamo ascol-tato. In realtà, solo

nell’apertura a Dio,nell’accoglienza

del suo dono,d i v e n t i a m ov e r a m e n t eliberi, liberidalla schiavitùdel peccato chesfigura il voltodell’uomo ecapaci di servi-re al vero benedei fratelli.

“Sei anni fa, il primo viaggio apostolicoin Italia del mio pontificato mi condus-se a Bari, per il 24° CongressoEucaristico Nazionale. Oggi sono venu-to a concludere solennemente il 25°, quiad Ancona. Ringrazio il Signore perquesti intensi momenti ecclesiali cherafforzano il nostro amore all’Eucaristiae ci vedono uniti attorno all’Eucaristia!(…). “Questa parola è dura! Chi puòascoltarla?” (Gv 6,60). Davanti al dis-corso di Gesù sul pane della vita, nellaSinagoga di Cafarnao, la reazione deidiscepoli, molti dei quali abbandonaro-

Durante la Messa che ha concluso il 25° Congresso Eucaristico Nazionale tenutosi ad Ancona, l’11 settembre scorso il Papaha pronunciato una toccante e significativa omelia che riteniamo, stante la grande lezione morale in essa contenuta, di pub-blicare quasi per intero, a beneficio di una comune riflessione.

Accoglienza che cresce - 23

presenza amica che trasforma. Già laLegge data per mezzo di Mosè venivaconsiderata come “pane del cielo”, gra-zie al quale Israele divenne il popolo diDio, ma in Gesù la parola ultima e defi-nitiva di Dio si fa carne, ci viene incon-tro come Persona. Egli, Parola eterna, èla vera manna, è il pane della vita (cfrGv 6,32-35) e compiere le opere di Dioè credere in Lui (cfr Gv 6,28-29).Nell’Ultima Cena Gesù riassume tuttala sua esistenza in un gesto che si inscri-ve nella grande benedizione pasquale aDio, gesto che Egli vive da Figlio comerendimento di grazie al Padre per il suoimmenso amore. Gesù spezza il pane elo condivide, ma con una profonditànuova, perché Egli dona se stesso.Prende il calice e lo condivide perchétutti ne possano bere, ma con questogesto Egli dona la “nuova alleanza nelsuo sangue”, dona se stesso. Gesù anti-cipa l’atto di amore supremo, in obbe-dienza alla volontà del Padre: il sacrifi-cio della Croce. La vita gli sarà toltasulla Croce, ma già ora Egli la offre dase stesso. Così la morte di Cristo non èridotta ad un’esecuzione violenta, ma ètrasformata da Lui in un libero atto d’a-more, di auto-donazione, che attraversavittoriosamente la stessa morte e ribadi-sce la bontà della creazione uscita dallemani di Dio, umiliata dal peccato efinalmente redenta. Questo immensodono è a noi accessibile nel Sacramentodell’Eucaristia: Dio si dona a noi, peraprire la nostra esistenza a Lui, per coin-volgerla nel mistero di amore dellaCroce, per renderla partecipe del miste-ro eterno da cui proveniamo e per anti-cipare la nuova condizione della vitapiena in Dio, in attesa della quale vivia-mo. Ma che cosa comporta per la nostravita quotidiana questo partiredall’Eucaristia per riaffermare il prima-to di Dio? La comunione eucaristica,cari amici, ci strappa dal nostro indivi-dualismo, ci comunica lo spirito delCristo morto e risorto, ci conforma aLui; ci unisce intimamente ai fratelli inquel mistero di comunione che è laChiesa, dove l’unico Pane fa dei moltiun solo corpo (cfr 1 Cor 10,17), realiz-

zando la preghiera della comunità cri-stiana delle origini riportata nel librodella Didaché: “Come questo panespezzato era sparso sui colli e raccoltodivenne una cosa sola, così la tua Chiesadai confini della terra venga radunatanel tuo Regno” (IX, 4). L’Eucaristiasostiene e trasforma l’intera vita quoti-diana. Come ricordavo nella mia primaEnciclica, “nella comunione eucaristicaè contenuto l’essere amati e l’amare apropria volta gli altri”, per cui“un’Eucaristia che non si traduca inamore concretamente praticato è in sestessa frammentata” (Deus caritas est,14). La bimillenaria storia della Chiesaè costellata di santi e sante, la cui esi-stenza è segno eloquente di come pro-prio dalla comunione con il Signore,dall’Eucaristia nasca una nuova e inten-sa assunzione di responsabilità a tutti ilivelli della vita comunitaria, nascaquindi uno sviluppo sociale positivo,che ha al centro la persona, specie quel-la povera, malata o disagiata. Nutrirsi diCristo è la via per non restare estranei oindifferenti alle sorti dei fratelli, maentrare nella stessa logica di amore e didono del sacrificio della Croce; chi sainginocchiarsi davanti all’Eucaristia,chi riceve il corpo del Signore non puònon essere attento, nella trama ordinariadei giorni, alle situazioni indegne del-l’uomo, e sa piegarsi in prima personasul bisognoso, sa spezzare il propriopane con l’affamato, condividere l’ac-qua con l’assetato, rivestire chi è nudo,visitare l’ammalato e il carcerato (cfr Mt25,34-36). In ogni persona saprà vederequello stesso Signore che non ha esitatoa dare tutto se stesso per noi e per lanostra salvezza. Una spiritualità eucari-stica, allora, è vero antidoto all’indivi-dualismo e all’egoismo che spessocaratterizzano la vita quotidiana, portaalla riscoperta della gratuità, della cen-tralità delle relazioni, a partire dallafamiglia, con particolare attenzione alenire le ferite di quelle disgregate. Unaspiritualità eucaristica è anima di unacomunità ecclesiale che supera divisionie contrapposizioni e valorizza le diver-sità di carismi e ministeri ponendoli a

servizio dell’unità della Chiesa, dellasua vitalità e della sua missione. Unaspiritualità eucaristica è via per restitui-re dignità ai giorni dell’uomo e quindi alsuo lavoro, nella ricerca della sua conci-liazione con i tempi della festa e dellafamiglia e nell’impegno a superare l’in-certezza del precariato e il problemadella disoccupazione. Una spiritualitàeucaristica ci aiuterà anche ad accostarele diverse forme di fragilità umana con-sapevoli che esse non offuscano il valo-re della persona, ma richiedono prossi-mità, accoglienza e aiuto. Dal Panedella vita trarrà vigore una rinnovatacapacità educativa, attenta a testimonia-re i valori fondamentali dell’esistenza,del sapere, del patrimonio spirituale eculturale; la sua vitalità ci farà abitare lacittà degli uomini con la disponibilità aspenderci nell’orizzonte del bene comu-ne per la costruzione di una società piùequa e fraterna.Cari amici, ripartiamo da questa terramarchigiana con la forza dell’Eucaristiain una costante osmosi tra il mistero checelebriamo e gli ambiti del nostro quo-tidiano. Non c’è nulla di autenticamen-te umano che non trovi nell’Eucaristiala forma adeguata per essere vissuto inpienezza: la vita quotidiana diventidunque luogo del culto spirituale, pervivere in tutte le circostanze il primatodi Dio, all’interno del rapporto conCristo e come offerta al Padre (cfrEsort. ap. postsin. Sacramentum carita-tis, 71). Sì, “non di solo pane vivràl’uomo, ma di ogni parola che escedalla bocca di Dio” (Mt 4,4): noi vivia-mo dell’obbedienza a questa parola,che è pane vivo, fino a consegnarci,come Pietro, con l’intelligenza dell’a-more: “Signore, da chi andremo? Tu haiparole di vita eterna e noi abbiamo cre-duto e conosciuto che tu sei il Santo diDio” (Gv 6,68-69). Come la VergineMaria, diventiamo anche noi “grembo”disponibile ad offrire Gesù all’uomodel nostro tempo, risvegliando il desi-derio profondo di quella salvezza cheviene soltanto da Lui. Buon cammino,con Cristo Pane di vita, a tutta la Chiesache è in Italia.”

Magistero

24 - Accoglienza che cresce

Segni del tempo

A l fine di promuovere l'arte cristiana la CBCI(Catholic Bishops' Conference of India) ha isti-tuito il Forum cristiano degli artisti indiani con

l’obiettivo di avere una migliore interpretazione e compren-sione della Parola di Dio attraverso l’arte. Il Forum cerca diriunire gli artisti cristiani in India e gli artisti che lavoranocon temi cristiani, al fine di promuovere lo studio e l'ap-prezzamento dell'arte cristiana, la sua applicazione in teolo-gia, liturgia, pastorale e architettura della Chiesa in India. IlForum ritiene che la rivelazione di Dio si sviluppa in varimodi: la paro-la è un mezzo,potente, maoggi viviamoin un mondodi immagineed è per que-sto che l’arteacquista unam o d a l i t àcomunicativamolto forte.

Il Forumprevede di riu-nire gli artisticristiani provenienti da diverse parti dell’India per favorireuna maggiore collaborazione, supporto professionale escambio di esperienze. Si promuoveranno iniziative nell’ar-

te cristiana come lapittura, la scultura, ildigital design e l’ar-chitettura. Oggiinfatti si comunicaoltre le parole, leimmagini invadonoi nostri sensi e laparola di Dio è allostesso tempo segnoe Parola. E “proprioper questo che è

sbagliato considerare la rivelazione di Dio semplicementecome il ‘Verbo’”. La rivelazione di Dio deve trovare molteespressioni. L’arte ci trasporta al di là delle menzogne e tra-dimenti associate alla parola. L’arte non può mentire. In par-ticolar modo l’India è popolata da una grande varietà di cul-ture e la rivelazione cristiana e la teologia hanno bisogno diun espressione nativa, di visioni del mondo diverse.

a cura di Federica Martufi

Il Forum cristiano degli artisti indianiObiettivi del Forum

1. Promuovere, valorizzare, sviluppare l'arte cristia-na, gli artisti e la creatività artistica 2. Tenere incontri annuali / seminari / conferenze diartisti e di coloro che sono interessati a promuove-re l'arte e le attività artistiche

3. Incoraggiare e sostenere, raccoglierefondi, cercare sponsorizzazioni, donazionial fine di promuovere l'arte attraversoworkshop, premi, borse di studio ecc 4. Organizzare e ospitare mostre, concorsi,workshop per promuovere, formare e pro-muovere l'arte 5. Aiuto inculturazione dell'arte cristiananella evangelizzazione, catechesi, liturgia,arte sacra e architettura, stampa, pubblica-

zioni, ecc 6. Sviluppare opere d'arte in sintonia con la dottri-na biblica, teologica visione del mondo e in lineacon l'ethos culturale dell'India 7. Promuovere una maggiore armonia e sinergia trateologia e arte 8. Creare interesse per l'arte come mezzo di comu-nicazione tra giovani, laici, clero e religiosi 9. Inculcare in coloro che sono in formazione sen-sibilità, apprezzamento dell'arte 10. Promuovere studi e ricerche su Indian arte cri-stiana 11. Collaborare in rete con le organizzazioni deimedia con obiettivi analoghi 12. Raccogliere risorse e fondi per raggiungere gliobiettivi di cui sopra attraverso progetti, contributi,sovvenzioni, donazioni e prestiti e / o con finanzia-menti da qualsiasi fonte di sorta per raggiungere gliobiettivi di cui sopra.

Padre Roy Mathew ThottamForum cristiano degli artisti indiani

Alcuni rappresentati del Forum cristiano degli artisti indiani

Segni del tempo

Accoglienza che cresce - 25

Q uanti la incontravano nelle corsie dell’ospedale o nellafarmacia dove prestava il suo servizio rimanevanoconquistati per sempre dal suo sorriso e dal suo sguar-

do. Ha speso la vita donando amore a chi era nella sofferenza, conparticolare attenzione ai più poveri, agli anziani e ai bambini. Tutticircondava di mille attenzioni e tutti richiamava al destino eternodell’esistenza. Il popolo della Ciociaria prese subito a chiamarla“l’angelo dei malati” sempre pronto a confortare e consolare . Diun arcangelo, Raffaele, portava il nome, che significa “medicina diDio”. E la beata suor Maria Raffaella Cimatti (Faenza, 1861 -Alatri, 1945) per chi la incontrava è stata realmente una medicinache leniva i mali del corpo e dello spirito. Questa energica donnaromagnola - figlia santa di una famiglia santa (il fratello Vincenzoè già venerabile) - ha testimoniato la sua eroica carità soprattuttonegli anni della seconda guerra mondiale, contribuendo con la suapreghiera e la sua invincibile speranza a salvare dalla distruzionel’ospedale di Alatri.

a cura della Redazione

L’autoreValerio Lessi (1957), giornalista e consulente di web marketing, vive e lavora a Rimini.È stato redattore al «Il Resto del Carlino» e a «Il Messaggero», vicedirettore a «La Vocedi Rimini». Per le Edizioni San Paolo ha pubblicato: Con questa tonaca lisa (2001),libro-intervista con don Oreste Benzi; Una donna felice. Il “segreto” di suor Maria RosaPellesi (2007); Genio di carità. Maria Domenica Brun Barbantini (2008); Un faro sullestrade degli ultimi. Giovanni Battista Quilici (2008); Don Oreste Benzi. Biografia(2008); Giuseppe Gemmani. Una fede “Invincibile”, una creatività operosa (2009); DaBetlem al mondo. Giacinto Bianchi missionario e fondatore (2010). Tra le altre sue pub-blicazioni: Enrico Bartoletti, Vescovo del Concilio - Testimone di speranza (Ed.Paoline, 2009); Don Oreste Benzi. Parroco, cioè padre (Ed. Paoline, 2011).

Editore & Imprint: San Paolo Edizioni Pagine: 208 Prezzo di copertina: euro 13,00

RRaaffffaaeellllaa,, mmeeddiicciinnaa ddii DDiiooLa biografia di suor Maria Raffaella Cimatti,

esempio di vita cristiana.

STANZA 1°Sala dei Ricordi

Esposizione di oggetti sacri, lavorati e/o usatidelle suoreEsposizione di oggetti antichi usati dallesuore, come il Grammofono a manovella, laprima macchina da scrivere, la prima calco-latrice, un proiettore super otto e un supersedici, il primo Fax, il primo cellulare ecc.

STANZA 2°Sala delle Collezioni

Raccolta di collezioni: Presepi , Bibbia in lin-gue, bottiglie, campanelli, Giubileo 2000 Raccolta Rosari, usati dalle suore, o di parti-colare rilievo. Raccolta libri antichi dal fine ‘600 agli anni ’50.

STANZA 3°Sala delle Reliquie

Con esposizione di reliquie dei santi, dioggetti e paramenti sacri. Bambinelli d’epo-ca ecc.

STANZA 4°Sala delle Missioni

Visione globale delle Suore Ospedaliereoggi, nel mondo. Poiché la Congregazione èsuddivisa in Delegazioni, anche gli oggettiseguono questa disposizione. Filippine,Madagascar, Nigeria, India, USA, Polonia,Sud America, Congo, Timor Leste ecc.

STANZA 5°Sala della Memoria

Esposizione di mobili e oggetti vari, usatidelle suore, insieme a oggetti in ceramica eporcellana e quadri vari.

STANZA 6°Archivio Generale SOM (AgSOM)

Archivio Storico dalla Fondazione al 1969(periodo del Capitolo Generale straordinario)Persone (cartelle personali dalla fondazionead oggi)Governo GeneraleDelegazioni e casePubblicazioniCause dei santi

STANZA 7°Ufficio Postulazione SOM

Ducumenti e manoscritti relativi alle Causedi Beatificazione e Canonizzazione dellaFondatrice Serva di Dio Teresa Orsini Doria,della Beata Raffaella Cimatti e della Serva diDio Sr. Teresa Maria Capeccioni.

Il museo delle SOMIl Governo dell’Istituto dalla fondazione ebbe per oltre cento anni la suasede presso la Casa di San Giovanni, annessa all’ospedale omonimo.

Nel 1933 essendo ormai divenuta insufficiente la casa di S. Giovanni chefungeva da Casa Generalizia e Noviziato, l’allora Superiora Generale Sr.M. Celeste Nobili con la Vicaria Sr. M. Saveria Sanzi e tutto il consiglioGenerale pensarono di costruire una Casa Generalizia di proprietàdell’Istituto.

Il disegno e il progetto furono affidato all’ingegnere Francesco Leonori.

Terminati i lavori, il 5 Agosto 1936, vi si trasferì il Consiglio Generale, ungruppo di sei suore e quattro postulanti.

Domenica 16 agosto fu benedetta la nuova casa e la Chiesa annessa vennesolennemente consacrata da Sua Ecc. za Mons. Luca Ermenegildo PasettoSegretario della S. Congregazione dei religiosi con altri sacerdoti e perso-naggi e fu quindi aperta al pubblico.

Eretta poi parrocchia col nome di Santa Caterina da Siena il 2 giugno1971 dal Cardinale Vicario Angelo Dell’Acqua con il decreto “Quotidianiscuris”, è stata affidata al clero diocesano di Roma.

È da notare che dalla costruzione della casa, in un piano di questo edificio,ebbe residenza il Noviziato della Congregazione fino al 1963.

Il presente ambiente è costituito da 10 stanze ora adibite a Museo SOM.

Segni del tempo

26 - Accoglienza che cresce

a cura della Redazione

28 - Accoglienza che cresce

di Concita De Simone

Sapori Divini

Sapori DiviniIn questo quarto appuntamento con larubrica “Sapori divini”, che ci accompa-gna al Natale, la festa in cui ricordiamoGesù , il Verbo, che “si fece carne e vennead abitare in mezzo a noi”, non potevamoche pensare al “corpo” di Cristo che cele-briamo sempre nell’Eucaristia. Eccoquindi la ricetta del…

Pane di Natale

Potete preparare questo delizioso paneper accompagnare l’antipasto . Si man-tiene anche un paio di giorno, quindipotete avvantaggiarvi e godervi la festacon i vostri cari.

Ingredienti

200 g di farina 00200 g di semola oppure di farina integralemezzo cubetto di lievito di birra50 g di burro250 g di latte10 g di zucchero10 g di sale50 g di pistacchi50 g di gherigli di noci50 g di nocciolesemi di papavero o semi di sesamo perdecorare.

Preparazione

Se avete l’impastatrice per il pane,meglio! Altrimenti sarà sufficiente un po’di… “olio di gomito”. Inserire nell’impa-statrice gli ingredienti in questo ordine(lievito, zucchero, latte tiepido, burroammorbidito, farine, sale). Attenzione: ilsale sempre lontano dal lievito perchèrallenta la lievitazione. Impostare il pro-gramma che impasta e lievita e dopo unquarto d’ora versare la frutta secca con lamacchina che continua ad impastare.Imburrare e infarinare uno stampo daplumcake, preparare quattro palline diimpasto ed affiancarle nello stampo.

Versare quattro cucchiai di latte (una suogni pallina). Spennellare con abbondan-te burro fuso e aggiungere i semi di papa-vero o di sesame. Lasciare lievitare anco-ra per 40 minuti. Cuocere per circa 50minuti a 180. Una volta tolto dal fornotogliere dallo stampo e ungere la superfi-cie con dell’olio d’oliva e avvolgere ilpane nella stagnola e lasciare raffreddare.

Il pane nelle Sacre Scritture

Nella Bibbia il termine pane compare400 volte, pertanto, di seguito, ecco unveloce excursus per aiutarci nella nostrariflessione. Gen 3,19:“Con il sudore del tuovolto mangerai ilpane; finché torneraialla terra, perché daessa sei stato tratto”.Il pane (manna) èanche il dono di Dioal popolo itinerantenel deserto dopo l’u-scita dall’Egitto: Es16,1–36 (…) Allora ilSignore disse a Mosè:«Ecco, io sto per farpiovere pane dal cieloper voi: il popolouscirà a raccoglierneogni giorno la razionedi un giorno, perché io lo metta allaprova, per vedere se cammina secondo lamia legge o no. Nel libro delDeuteronomio, il pane assume il signifi-cato di nutrimento in quanto Parola diDio. Dt 8,3: “Egli dunque ti ha umilia-to, ti ha fatto provare la fame, poi ti hanutrito di manna, che tu non conoscevi eche i tuoi padri non avevano mai cono-sciuto, per farti capire che l’uomo nonvive soltanto di pane, ma che l’uomo vivedi quanto esce dalla bocca del Signore.”Nel libro dell’Esodo, troviamo il riferi-mento al pane azzimo consumato per laPasqua ebraica. Es 12,15–20; 13,1–10;

23,15: “Per sette giorni voi mangereteazzimi. Già dal primo giorno farete spa-rire il lievito dalle vostre case, perchéchiunque mangerà del lievitato dal gior-no primo al giorno settimo, quella perso-na sarà eliminata da Israele. Anche nelNuovo Testamento il pane, il grano ed illievito ricorrono spesso; Gesu’ infatti vifa più volte riferimento nelle sue parabo-le, nè si deve dimenticare che uno dei

suoi miracoli fu proprioquello della moltiplicazio-ne dei pani e dei pesci. Ilpane è segno di ospitalità,di condivisione; mangiareil pane regolarmente conqualcuno significa esseresuo amico, godere della suaintimità (GV 13,18). Abbondanza di pane indicala pienezza della sua “bene-dizione”, perciò Gesù inse-gnò a chiedere a Dio Padreil “ pane quotidiano “ rico-noscendo così la sua prov-videnza (MT 6,9-15). Lamancanza di pane è segnodel silenzio di Dio, Gesù

affermò di essere Egli stesso la Parola diDio (il Verbo), di conseguenza si identi-ficò pure con il pane (GV 6,1-15).Ripetutamente Gesù parla del “Regno diDio” come di un campo di grano; in LC8,4-8 ; 11 - 15, il seme gettato rappresen-ta la Parola di Dio. Gesù nell’ultima cenaprese il pane, lo spezzò, lo diede ai disce-poli dicendo: “Prendete e mangiate: que-sto è il mio corpo “ (MT 26,26).“Spezzare il pane “ significa pranzare,ma spesso nei libri cristiani della Bibbiasignifica celebrare insieme l’Eucarestia(AT 2,46), cioè la “cena del Signore” (AT2,42).

L’angolo dei giovani

Accoglienza che cresce - 29

a cura di Federica Martufi

Cosa significa per te portare tra i bambini/ragazzi la paro-la di Dio? Penso che “portare la Parola di Dio” costituisca l’ultimo gra-dino di un percorso personale e comunitario: innanzitutto ènecessario “frequentare” il Signore segretamente, nella pre-ghiera silenziosa e intima, quella fatta “chiudendo la portadietro di noi”; quindi partecipare con la comunità alla cele-brazione domenicale, polmone verde di rigenerazione dallostress della settimana e occasione per accogliere il Cristo, chesi fa Pane di vita, dentro di noi. Così “portare” Gesù nelmondo, dal mio punto di vista, significa non tanto fare beidiscorsi, quanto essere – per così dire – dei “candelieri” chemostrano con il proprio agire quanto credono e proporreesperienze di “immersione” nella dimensione del divino:vedere bambini che si ritagliano momenti di silenzio di fron-te al Tabernacolo è già un piccolo miracolo.

Cosa pensi dell’ “emergenza educativa” e della crescentedifficoltà di trasmettere valori cristiani ai giovani? Innanzitutto il termine “emergenza” non mi piace: mette inluce un problema reale, che esiste per davvero, ma chepotrebbe indurre a far cucire in maniera frettolosa unapezza su un vestito lacero. Che le nuove generazioni viva-no in un contesto disorientante è un fatto: ragazzini che cre-scono troppo in fretta, assuefatti ai modelli e ai messaggiinviati dalla televisione, abituati a passare il tempo liberonei centri commerciali (le nuove “chiese” di molte giovanifamiglie). Credo però che la famiglia e la scuola siano i luo-ghi deputati a trasmettere i valori dell’umanità, della socia-lità, della condivisione, della solidarietà. Una madre cheascolta e dialoga, un padre che consiglia ed educa, un inse-gnante che realizza modelli di rispetto e convivenza fannomolto di più di quanto si creda. Non servono i miracoli.Serve un “secondo rinascimento” in cui gli adulti faccianogli adulti, propongano modelli educativi certi ma flessibili,realizzino con le azioni quanto dicono, vivano la propriaumanità intessendola di spiritualità, di divino. Una voltaintroitati i valori umani, quelli cristiani ne sono la direttaconseguenza.Quale il tuo contributo per arginare il relativismo che per-mea sempre di più la nostra cultura e vita sociale?Il mio contributo consiste nel fare il mio dovere. E farlo bene:come insegnante, come catechista, come figlio. Ognunodovrebbe ricominciare a credere in quello che fa. Il relativi-smo si nasconde, prima che nelle ideologie, nelle pieghe dichi demolisce anziché costruire, di chi non va oltre “la febbredel sabato sera”, di chi non guarda oltre se stesso. E potreiallargare il discorso a chi viene eletto per fare il bene pubbli-co e pensa ad ingrossare le proprie tasche, a chi non rispettai diritti dei lavoratori, a chi sfrutta povertà e miseria. Ma nonvado oltre.

Nome: Daniele PettinariProfessione: DocenteSegni particolari: Ingegno

Emergenza Educativa

Qual è il tuo impegno come catechista e perché lo fai? Il mio impegno in Parrocchia ha avuto inizio non appena con-cluso l’itinerario di iniziazione cristiana. Parliamo oramai diquattordici anni fa. La mia esigenza profonda consisteva nelfare in modo che non finisse tutto con la Cresima, esperienzache ha significato molto per me, sia in termini di amicizia econfronto con i coetanei e con il catechista su questioni checonsideravamo (almeno allora!) rilevanti per la nostra vita, siaper l’importanza che avevo dato al Sacramento. Vorrei ripor-tare un aneddoto che farà sorridere ma che ho sempre consi-derato un “segno” suggestivo: la celebrazione della miaConfermazione è avvenuta, per esigenze di spazio, all’aperto,nella campagna romana, in quanto il Nuovo Santuario delDivino Amore non era stato ancora realizzato. Ebbene ricordoche, non appena ricevuto il Sacro Crisma, si alzò un volo dicolombe sull’assemblea, su di me: d’altro canto, il sacramen-to non è un “segno visibile di una realtà invisibile”? E lacolomba non rimanda direttamente allo Spirito Santo? Daallora per un anno ho fatto l’aiuto-catechista, una sorta di tiro-cinio formativo sul campo, e subito dopo mi è stato affidatoun gruppo di bambini di otto anni. La fiducia che mi vennedata affidandomi questo impegno era un dono dello SpiritoSanto, oltre che della mia volontà.

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Storiedi Concita De Simone

A ndare ad Auschwitz, il vil-laggio polacco dove oltresettant’anni fa si è consu-

mata una delle tragedie più grandi edisumane della storia è un’esperienzache ti segna. Andarci, poi, insieme aun sopravvissuto, è ripercorrere unastoria nella storia e non si può rimane-re distaccati dal suo racconto. Succedeancora oggi, che, grazie a Dio, SamuelModiano, Samy, come ama farsi chia-mare, italiano di Rodi (quando Rodiera una colonia italiana), classe 1930,uno dei pochi sopravvisuti rimasti invita, ha ancora la forza e il coraggio diraccontare quello che ha vissuto sullasua pelle. «Mi chiamo Samy Modianoe sono uno dei pochissimi sopravvis-suti nei campi di sterminio di

Auschwitz-Birkenau. Sono nato aRodi, un’isola dell’Egeo; un’isola bel-lissima, chiamata l’isola delle rose.

Facevo parte di una comunità ebraicacomposta da circa 5.000-6.000 perso-ne. Quando sono nato l’isola di Rodiera governata dall’Italia, dunque sonoun ebreo italiano, morirò come ebreoitaliano e sono fiero di essere un ebreoitaliano». Inizia così il suo raccontodavanti a 230 studenti degli IstitutiSuperiori che Roma Capitale coinvol-ge nell’ormai consueto “Viaggio dellamemoria” per non dimenticare le tra-gedie del secolo scorso e impararel’importanza dell’essere memoria,oltre che del farla. «Sono nato in unafamiglia normale come tutti voi – pro-segue Samy - avevo un papà che sichiamava Giacobbe, una mamma chesi chiamava Diana e una sorella, di treanni più grande di me, adorabile, chesi chiamava Lucia, una famiglia ado-rabile». Qui il suo racconto si inter-rompe e la voce comincia ad incrinar-si. Nonostante Samy abbiamo ormai

Samy Modiano, ebreo che ha imparato il perdono“Viaggio della memoria” insieme a un sopravvisuto al campo di sterminio

Auschwitz-Birkenau che ancora commuove le giovani generazioni

Accoglienza che cresce - 31

Storie

fatto numerose testimonianze, riper-correre la sua storia è sempre unmomento drammatico per lui e per lamoglie Selma, che lo accompagnasempre amorevolmente. «Come tutti iragazzi, come voi, ho cominciato afrequentare le scuole italiane, ho fre-quentato la prima elementare e quandoero stato promosso alla mia terza ele-mentare, all’età di 8 anni 8 anni emezzo, più o meno, sono stato chia-mato dall’insegnante, e in poche paro-le mi ha detto (era il 1938) lei SamyModiano è espulso dalla scuola. Hochiesto il motivo per il quale ero statoespulso, credendo di aver fatto qual-che cosa di male, ma l’insegnante miha detto che non avevo commessoniente di male invitandomi ad andare acasa dove mio padre mi avrebbe spie-gato il motivo dell’espulsione. Scopriiche ero stato espulso dalla scuola per-ché ero colpevole di essere natoebreo. Si! Mi avevano tolto l’opportu-nità di continuare gli studi perché erocolpevole di essere nato ebreo. Perme, all’età di 8 anni - 8 anni e mezzo,è stato un impatto molto, molto duro.A quell’età frequentavo la scuola conortodossi, cattolici e musulmani equando mi hanno parlato di “razza”ebraica io non riuscivo a capire, nonriuscivo a vedere le differenze tra me

e gli altri. Mi chiedevo: ma io ho lapelle bianca come loro, ho cinque ditaper mano come loro, due occhi ...dov’è la differenza? Oggi avete

davanti a voi un Samy Modiano chenon ha una cultura perché non hapotuto continuare gli studi, perché eracolpevole di essere nato ebreo. Avetedavanti a voi oggi un ignorante, e tuttoquello ho imparato lo devo all’espe-rienza che la vita mi ha offerto».

Vi posso assicurare che la testimo-nianza di questo “ignorante” è la

dimostrazione che ai giovani di ogginon servono necessariamente “effettispeciali” e videogames per restareattenti. Samy racconta la sua storia in

maniera semplice, in un’ora di senti-mento, di strazio, di dolore, che arri-vano dritti al cuore di chi ascolta.Parla della sua famiglia, strappata alui dai generali tedeschi che «decide-vano col solo gesto d’un dito, chidovesse morire e chi invece restarein vita provvisoriamente». Sua sorel-la Lucia era al campo femminileaffianco al suo, e spesso si vedevanoattraverso le reti che li dividevanotrasmettendosi un paradossalemomento di gioia e fiducia che lispingeva ad andare avanti. «Un gior-no non la vidi più, e nemmeno ilgiorno seguente, né quello dopoancora. Feci uno più uno e capii chenon c’era più». Stessa sorte capitò alpadre. Lui è riuscito a sopravviverelavorando nei campi, prelevando icadaveri e portandoli nei forni cre-matori. «L’orrore non si dimentica.Oggi accompagno i ragazzi adAuschwitz–Birkenau per trasmetterequest’esperienza. Si può dire che, noisopravvissuti, abbiamo questa mis-sione da compiere. Perchè non acca-da mai più».

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Biblioteca

Bibbia ed EducazionePer una nuova evangelizzazione

Supereroi e VampiriI giovani e le forme di partecipazione

sociale tra tv e rete

a cura della Redazione

I l tema dell’educazione è senza dubbio uno dei più discussi in ogni ambito della vitasociale: famiglia, scuola, gruppi di aggregazione, parrocchie. La Chiesa ormai daanni propone l’educazione come l’obiettivo pastorale più urgente. Questa nuova

collana intende offrire alcune proposte di riflessione sul tema dell’educazione a partire daltesto biblico. Dio è il grande educatore del suo popolo e nella Bibbia è possibile rintraccia-re la dimensione psicopedagogica e ricavarne elementi di grande fecondità. L’obiettivo diquesto collana è appunto quello di mettere in evidenza e di seguire le tracce che la Bibbiaoffre per un percorso di formazione che esalta la persona, evidenziando obiettivi universali eper questo sempre attuali. Questo primo volume è suddiviso in quattro parti in cui sono evi-denziate le categorie con cui da sempre Dio educa il suo popolo; categorie che sono quelleche Gesù farà sue e indicherà alla sua comunità, investendola del compito di educare e farediscepole tutte le genti. Emerge da queste pagine il profilo del formatore e della comunità educante nella prospettiva biblica.Un percorso originale che offre un contributo sostanzioso alla riflessione della Chiesa italiana in questo decennio.

BIBBIA ED EDUCAZIONEPer una nuova evangelizzazione - MICHELE MAZZEO

Collana Evangelizzare oggi n. 1 pp. 320, euro 20,00

P erché le storie di vampiri e supereroi hanno così presa sulle nuove generazionie in tante nicchie di pubblico? Al cinema, in dvd, nelle pagine di un libro, nelweb, nei gadget o in brevi frasi su una T-shirt, queste storie riescono sempre a

penetrare con forza nell’immaginario condiviso.L’Autrice, dopo una ricognizione teorico-concettuale sul concetto di fiction e serialità,

affronta in maniera analitica i diversi casi di serialità giovanile e/o giovanilistica, passandoin rassegna le esperienze più significative sia sul piano sociale, sia su quello commerciale,e conducendo il lettore a esaminare i successi più controversi della teen culture, dalle storie

dei vampiri a quelle in cui i sentimenti mostrano una notevole problematicità. L’obiettivo delvolume è quello di porre l’attenzione sull’universo giovanile, sulla sua problematica definizione e sulle

sue relazioni con l’immaginario mediale. Il saggio si compone di tre grandi capitoli in cui l’Autrice prende inesame le diverse forme di serialità televisiva che vede coinvolto in particolare il pubblico giovanile. Un libro indirizzato in

modo particolare a educatori, insegnanti, operatori culturali, animatori di gruppi giovanili, operatori della comunicazione.

SUPEREROI E VAMPIRII giovani e le forme di partecipazione sociale tra tv e rete - EMILIANA DE BLASIO

Collana LabMedia n. 6 pp. 128, euro 10,00

“Il Verbo si è fatto carne e ha posto la suadimona in mezzo a noi” (Gv. 1,14)

ITALIA

25° Anniversario della professione religiosa

Il 2 ottobre 2011 è stato celebrato il 25° Anniversario di professionereligiosa di 11 nostre sorelle presso la parrocchia di S. Caterina daSiena. La celebrazione è stata presieduta da Sua Ecc.za Mons. LuigiMarrucci, Vescovo di Civitavecchia - Tarquinia e AssistenteNazionale Unitalsi. È stato un momento forte di preghiera e ringra-ziamento per le nostre sorelle. La festa si è conclusa con un momen-to di agape fraterna. Hanno celebrato il 25° Anniversario di profes-sione religiosa:

Sr. Herminia Gare - Sr. Mercy PazhoorSr. Vimala Sadanam - Sr. Elsit Thonakkara

Sr. Evelina Elomirag - Sr. Rosalia PerumannilSr. Mariella Plakuzhyil - Sr. Jesintha Koottumkal

Sr. Leena Vandalakunnel - Sr. Elisabetha ElavunkalSr. Marina Elampurayidathil

Notizie

34 - Accoglienza che cresce

Notizie

INDIA

NIGERIA

Dal 9 al 29 ottobre 2011 a Bangalore, in India, si è tenuto l’incontro inter-nazionale delle Delegate delle missioni SOM. La Madre Generale, PaolaIacovone, insieme a tre consigliere, ha presieduto l’incontro a cui hannopartecipato anche 29 suore dalle varie delegazioni. L’obiettivo delConvegno è stato una valutazione di fine triennio, e un’analisi di quantoil documento capitolare sia stato implementato, ripercorrendone come unfilo conduttore gli stessi temi del Capitolo. Con questo incontro si è anchevoluto promuovere uno scambio interculturale e fraterno che porti , ciauguriamo, ad una maggiore fraternità nella Congregazione. I primi 10giorni il gruppo ha approfondito diversi temi del documento Capitolare attraverso conferenze tenute da esperti in materia e attra-verso studi e discussioni. Negli altri 10 giorni ognuna ha fatto una forte esperienza nelle varie realtà delle missioni in India.

Il 19 novembre 2011 Sr Viola Mary Ifeoma Adjaero e Sr AgnesUgwueme Okoh hanno emesso la Professione Perpetua. La cele-brazione Eucaristica è stata presieduta da Sua Ecc. zaMons.Theophilus nella chiesa parrocchiale Regina della Pace aOboama Abor Mbaise. La festa si è prolungata con un’agapefraterna.

Accoglienza che cresce - 35

ORIZZONTALI1.Cavaliere in breve. 4. Le conseguenze di una sbronza.10. Native di Asmara. 11. Parte posteriore del capo. 13.Talvolta è confesso. 14. Formano lo scheletro. 15.Strappata, stracciata. 19. Condizione di eguale. 22.Ridire in succinto. 23. Scrupoloso, pignolo. 24.Contenitore per la spesa. 26. Taranto. 27. Sì a Berlino.28. Non abbondante, né cospicuo. 31. Un'importantecompagnia. 32. Quello Grende... scorre. 33. Lo segue lapratica burocratica. 34. E... nel telegramma. 35 .Associazione Sportiva. 36. Sono spiccate dal creditore.38. Gelosie, rancori.39. Importante città olandese sededel governo.

VERTICALI1. Si accende in chiesa. 2. Altari pagani. 3. Color turchi-no cupo. 4. Affrettarsi, accorrere con rapidità. 5. Dueestremi della bussola. 6. Per alcuni è difficile tenerlo persé. 7. Articolo indeterminativo. 8. È stata soppiantata dalcd-rom 9. Il segno della parità. 12. Fiume della Svizzera.16. Strumenti agricoli per rovesciare il terreno. 17. Parte della filosofia che si occupa del bene. 18. Isolotti. 19. Briosi, vispi. 20.Figlio di Troo. 21. C’è quello nero. 24. Gabbie per polli. 25. In Asia c’è quella del nord e quella del sud. 28. Movimenti, sposta-menti. 29. Segue talvolta così. 30. Le usano i pescatori. 35. Avellino. 37. Dopo il do, prima del mi.

Relax

36 - Accoglienza che cresce

a cura di Concita De Simone

Tra chi invierà la risposta esatta ai tre indovinelli e lasoluzione del cruciverba entro il 28 febbraio 2012 verranno sorteggiati graditi premi. Potete inviare le vostre risposte al seguente indirizzo:Concita De Simone, Via Latina, 30 - 00179 Romac/o Rivista Accoglienza che CresceFax: 06 70452142 e-mail: [email protected]

1) Si pianta ma non cresce. Hala testa ma non ragiona. Cos’è?

2) Indovinello per intelligenzedotte: quali vie son semprerotte?

3) Dov’è che “giovedì” vieneprima di “mercoledì”?

Soluzione indovinelli numero precedente

Soluzione 1: La stradaSoluzione 2: Il fiammiferoSoluzione 3: La gatta!

Vincitore numero 3/2011: Marilena Di Carmelo - Vicenza

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M O R O S O B O L L A

O A V A L L A R E T

S T I L I E S A T E

E R S A V O I A O N

R I C O M I N C I A R E

S O D E E U N N O

S T I A I P O S A

P A N T A C O L L A N T

O N A R A M E A T R

R O I A R E U A I A

T T I T O G R A D N

A V E R I A E R A T I