n. 3 Marzo2019 SOSTIENI ANCHE TU LE NOSTRE MISSIONI …Sappiamo quanto Papa France-sco insista...

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COME AIUTARE LA CONgREgAzIONE E LE NOSTRE MISSIONI www.donorione.org RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA SOSTIENI ANCHE TU LE NOSTRE MISSIONI NEL MONDO! Poste Italiane s.p.a. – Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, CDM Bergamo – Anno CXIV La Congregazione di San Luigi Orione è presente in molti Paesi in via di sviluppo con attività missionarie e di promozione umana per famiglie, bambini, disabili e anziani... Essa tiene “la porta aperta a qualunque specie di miseria morale o materiale”, come gli ha insegnato Don Orione. n. 3 Marzo 2019 Con l’invio di offerte Intestate a: OPERA DON ORIONE - Via Etruria, 6 - 00183 Roma • Conto Corrente Postale n° 919019 • Conto Corrente Bancario INTESA SANPAOLO - Roma 54 IBAN: IT19 D030 6903 2901 0000 0007 749 Con legare per testamento Alla nostra Congregazione beni di ogni genere. In questo caso la formula da usare correttamente è la seguente: “Istituisco mio erede (oppure: lego a) la Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione con sede in Roma, Via Etruria, 6, per le proprie finalità istituzionali di assistenza, educazione ed istruzione… Data e firma”. SWIFT (per coloro che effettuano bonifici dall’estero) BPVIIT21675 Intestato a: OPERA DON ORIONE Via Etruria 6 - 00183 Roma

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  • COME AIUTARE LA CONgREgAzIONE E LE NOSTRE MISSIONI

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    RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

    SOSTIENI ANCHE TU LE NOSTREMISSIONI NEL MONDO!

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    La Congregazione di San Luigi Orione è presente in molti Paesi in via di sviluppo con attivitàmissionarie e di promozione umana per famiglie, bambini, disabili e anziani...Essa tiene “la porta aperta a qualunque specie di miseria moraleo materiale”, come gli ha insegnato Don Orione.

    n. 3 Marzo 2019

    Con l’invio di offerteIntestate a:OPERA DON ORIONE - Via Etruria, 6 - 00183 Roma

    • Conto Corrente Postale n° 919019• Conto Corrente Bancario

    INTESA SANPAOLO - Roma 54

    IBAN: IT19 D030 6903 2901 0000 0007 749

    Con legare per testamentoAlla nostra Congregazione beni di ogni genere.

    In questo caso la formula da usarecorrettamente è la seguente:“Istituisco mio erede (oppure: lego a) la PiccolaOpera della Divina Provvidenza di Don Orione consede in Roma, Via Etruria, 6, per le proprie finalitàistituzionali di assistenza, educazione ed istruzione…Data e firma”.

    SWIFT (per coloro che effettuano bonifici dall’estero) BPVIIT21675 Intestato a: OPERA DON ORIONEVia Etruria 6 - 00183 Roma

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    EDITORIALE

    ACCIDIAMALATTIA DEI TEMpI MODERNI

    FLavIO PELOSO

    AKonrad Lorenz, premio Nobel e fa-moso studioso dei comporta-menti degli animali… e degli uomini,un giornalista chiese: “Può definirci inquattro parole l’uomo maturo?”. “Sì– rispose - mi bastano tre parole: chiha cura”.L’accidia, invece, è di chi non ha cura.La parola deriva dal greco: ἀκηδία«negligenza», ed è composto di ἀ-privativa «senza», e κῆδος «cura».L’accidia è noncuranza, pigrizia, indo-lenza, abulia che, alleate insieme, siimpadroniscono della volontà e per-sino dell’intelligenza. L’icona dell’ac-cidia può essere considerato losbadiglio. Il contrario dell’accidia è lacura (I care), la premura, il dinami-smo, operosità, sollecitudine, zelo.

    Il settimo vizio capitaleNella morale cristiana, l’accidia è ilsettimo peccato capitale o vizio (unabito, un’abitudine) all’origine dimolti peccati. Eppure raramente l’ac-cidia è individuata e combattutacome peccato.“L’ozio è il padre dei vizi”, mi sentivoripetere da mia mamma e poi neglianni del seminario minore.

    Quando Don Orione fece bruciare ildivano a Villa Moffa non era solo per-ché simbolo di ricchezza, ma soprat-tutto perché simbolo di perdita ditempo e di dolce far nulla.. Di accidia.Dante pone gli accidiosi nella paludedello Stige: sono impantanati sotto lamelma; se ne intuisce la presenza dalgorgogliare dell’acqua; hanno qual-che sussulto ma senza riuscire a rial-zarsi e muoversi.L’accidia è una malattia spirituale, maoggi è considerata e curata quasi solocome una malattia psicologica. Puòdiventare depressione. Tanti atti di de-sistenza dall’impegno, dall’amore, dalsacrificio per qualcosa di bello e dibuono, tanti atti liberi di egoismo,portano alla de-pressione, alla perditadi pressione, di interesse e di passioneper la vita.

    I Padri del deserto consideravano l’ac-cidia “il demone del mezzogiorno”,perché prende nell’ora più calda,quando arriva la stanchezza. È la ten-tazione spirituale, suadente e sub-dola, del “Vale la pena? A che servetanta fatica? Chi me lo fa fare?”.Se uno cede alla mollezza, gli entranell’anima una nebbia spirituale cheoffusca lo sguardo del cuore e piegala lucidità della ragione. La persona ri-piega su di sé, gli altri diventano unfastidio, e l’unica soddisfazione “dol-ciastra”, e annoiante, è stare con séstesso, nel proprio nido o bozzolo o“sacrestia”.

    Malattia sociale contagiosaOltre ai tristi effetti personali, l’accidiarovina le relazioni in famiglia e nella so-cietà, fa deperire l’ambiente umano incui si vive.Enzo Bianchi, monaco di Bose, ha os-servato che “L’accidia è il vizio/malat-tia dei tempi moderni, soprattutto nelmondo occidentale, dove non si è piùassillati dalla fame e dalla lotta quoti-diana per la sopravvivenza, ma siaprono spazi infiniti per desideri e bi-sogni e alla insaziabilità. DO

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    Quando Don Orione fecebruciare il divano a villa Moffanon era solo perché simbolo diricchezza, ma soprattuttoperché simbolo di perdita ditempo e di dolce far nulla…Di accidia.

    RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

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    RIVISTA MENSILE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA

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    n. 3 Marzo 2019

    Direzione e amministrazioneVia Etruria, 6 - 00183 RomaTel.: 06 7726781Fax: 06 772678279E-mail: [email protected]

    Spedizione in abbonamentopostale BergamoRegistrata dal Tribunale di Roman° 13152 del 5/1/1970.

    Nostro CCP è 919019 intestato a:OPERA DON ORIONEVia Etruria, 6 - 00183 Roma

    Direttore responsabileFlavio Peloso

    RedazioneAngela CiaccariGianluca Scarnicci

    Segreteria di redazioneEnza Falso

    Progetto graficoAngela Ciaccari

    Impianti stampaEditrice VELAR - Gorle (BG)www.velar.it

    FotografieArchivio Opera Don Orione

    Hanno collaborato:Flavio Peloso

    Oreste Ferrari

    Paolo Clerici

    Segreteria Di Comunicazione Orionina S.C.O.

    Gianluca Scarnicci

    Pierangelo Ondei

    Matteo Guerrini

    Enza Falso

    Spedito nel MARZO 2019

    La rivista è inviata in omaggio abenefattori, simpatizzanti e amici e aquanti ne facciano richiesta, a nomedi tutti i nostri poveri e assistiti

    Sommario

    3EDITORIALEAccidia

    6IN CAMMINO CON pApA fRANCESCOChiamati a stare in mezzo alla gente

    10pICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITàAscoltando il grido degli abbandonati

    15DOSSIER - AMO LA CHIESARitornare a Don Orione per rimettere l’umano al centro della caritàPiù fede!

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    DAL MONDO ORIONINO75° del “Decretum Laudis” della CongregazioneDon Orione a MessinaIl sacerdote ha prevalso sul malato

    22pAgINA MISSIONARIALa carità si è rimboccata le maniche

    25IN bREvENotizie flash dal mondo orionino

    19DIARIO DI UN ORIONINO AL pICCOLO COTTOLENgOTi voglio bene!

    5IL DIRETTORE RISpONDEDon Sorani, un miracolo nella II Guerra Mondiale

    29“SpLENDERANNO COME STELLE”Don Umberto Secchiaroli

    8STUDI ORIONINIAdele Costa Gnocchi

    w w w . d o n o r i o n e . o r gDon Orione oggi

    ANgOLO gIOvANISiate influencer e l'adesso di Dio

    In copertina:Venezuela, Padre Teofilo Calvo Perez insieme agli ospiti delPiccolo Cottolengo Don Orione di Barquisimeto

  • Quando oggi si cerca di capire l’au-mento di suicidi in tutte le fasce dietà, la rivendicazione sempre più in-sistente ed esplicita di essere aiutati amorire senza sofferenza, la rimozionedella morte per l’insostenibile pesan-tezza della sua realtà, allora bisogne-rebbe avere il coraggio di fare unadiagnosi nella società e nella culturae riconoscere che siamo in una so-cietà depressa, viziata dall’accidia, daquesta malattia che impedisce il dina-mismo dell’amare e dell’essere amati:nemmeno l’amore appare più credi-bile, nemmeno questo vale la pena”.I tanti segni di non-curanza che con-statiamo e soffriamo negli uffici, nellestrade, nel campo del lavoro, e anchein ambienti religiosi e parrocchiali,sono solo il risultato della mancanzadi soldi, della corruzione, dei capiinetti, oppure sono un indice dell’ac-cidia sociale che ha spento una vastafascia dei cittadini?

    L’accidia si può combattereÈ una grande responsabilità per ilbene-essere (= felicità) personale e so-ciale imparare a riconoscere e contra-stare l’accidia. Ne parlano oggi ifilosofi, i sociologi e soprattutto gli psi-cologi che intervengono per gestire idisagi derivanti. E noi, nella vita spirituale, la pren-diamo sul serio? È una tentazione co-mune e ordinaria, eppure non sonomolti a esercitarsi contro di essa con

    la lotta spirituale, non molti che la dia-gnosticano per sé, non molti che lavincono ed hanno fiducia che l’acci-dia si può vincere. Certamente lacombatteva Don Orione, tutto fuoco,intraprendenza e passione di vita,perché attingeva da Dio l’amore albene, la gioia del sacrificio per il pros-simo, la fiducia nel proprio impegnoperché “dove finisce la mano del-l’uomo continua il braccio di Dio”.E come era severo, Don Orione, nel-l’avvertire e combattere comporta-menti che portano a “una vita ch’èpoco più che morte”, magari fattipassare come prudenza o, peggio,come pietà. “Io quando vedo certimiei chierici tutti intenti alla cura disé stessi, all’amore di sé stessi io dico:ma dove è l’amore di Gesù Cristo?”.O anche: “Io sono stanco di genteche non fa niente, e che cresce conuna specie di fatalismo musulmanoaddosso, e che aspetta tutto da Dio…Ma che razza di pietà è quella?”.

    Che fare?Si combatte l’accidia venendo allaluce, stando alla luce, vivendo nelgiorno… anche quando la vita volgea mezzogiorno (la routine, il niente dinuovo, la stanchezza…) o a sera (lavecchiaia, il tempo del tanto ormai).“Voi tutti siete figli della luce e figlidel giorno. Non dormiamo dunquecome gli altri, ma restiamo svegli esobri” (1Ts 5, 5). Stare alla luce del

    giorno significa vivere di Dio, pre-ghiera, sacramenti, ascolto della suaParola, carità verso il prossimo…

    Non indulgere a sogni e malinconiedi alternative impossibili, di un “al-trove” irreale in cui non ci sia piùsforzo spirituale e… neppure Dio concui fare i conti. “Evita la tristezza e ilcattivo umore e quella irritazione in-terna e noia che il demonio cerca digettarti addosso”, raccomanda DonOrione.

    Si contrasta l’accidia con la spe-ranza, coltivando interessi, amori emete prossime e… finale! Anche qui, sitratta di agere contra: siccome l’acci-dia si installa in una vita vissuta allagiornata, da vagabondo (senza legami,senza storia, senza meta), occorre rea-gire con una vita da pellegrino, (coluiche ha una meta, un amore, una via).Silone, in un tempo di smarrimento edi resa nella sua vita, scrisse a DonOrione: “In certi casi della vita si salvasoltanto chi ha un figlio, chi ha unpadre, o chi crede in una vita futura”.

    Sbilanciarsi nell’oblatività, nell’uscireda sé per incontrare/servire il pros-simo: Il dono sfiata il vuoto che si creanell’anima bloccando la circolazionevitale. Sappiamo quanto Papa France-sco insista sull’ “uscire da sé stessi”, sul“contatto reale con la gente”, evi-tando la “spersonalizzazione cheporta a prestare maggiore attenzioneall’organizzazione che alle persone,così che li entusiasma più la tabella dimarcia che la marcia stessa”.

    Il rimedio per eccellenza è l’eu-ca-ristia, come esperienza sacramen-tale, come coscienza di esseregraziati che innesca atteggiamenti digratitudine; eucaristia come comu-nione di vita con Dio. L’accidia, in-vece, prospera nella a-charistia(Giovanni Climaco), cioè nell’incapa-cità di stupirsi della bellezza, di gu-stare il bene e l’amore e, quindi,nell’incapacità di rendere grazie.

    EDITORIALE IL DIRETTORE RISpONDEFLavIO PELOSO

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    DON SORANI, UN MIRACOLO NELLAII gUERRA MONDIALE

    Sono Anna Maria Rita de Meo,nata a São Paulo do Brazil, dove ri-siedo. Sono anche cittadina italiana.

    Da tantissimi anni ricevo, qui inBrasile, la rivista “Don Orione oggi” e,nel numero di ottobre 2018, hoavuto una sensazione forte quandoho visto la foto simpatica e sorridentedi Don Giuseppe Sorani, deceduto il19 settembre 2018, a Roma.

    L’ho conosciuto tanti anni fa inun volo Varig da Roma verso l’Ame-rica Latina, essendo lui all’epoca se-gretario generale dell’Opera di DonOrione. Da lì nacque una bella amici-zia che si è protratta nel tempo e, tra-mite lui, io e mia madre, abbiamoconosciuto più da vicino Don Orionee la sua opera nel mondo.

    Mai l’ho dimenticato e sempreho pregato per lui e per la sua traiet-toria di vita. Mi raccontò della sua vitae delle sue origini ebraiche. Trovai in-teressante e commovente la sua con-versione al cattolicesimo e i motiviche lo spinsero in tale direzione. Miraccontò del miracolo che ebbequando era bambino e una bombaesplose per la strada, proprio nelpunto dove lui pochissimo prima sitrovava... Fu come una forza divinache lo salvò. Mi fece vedere l’esattopunto dove la bomba esplose.

    Mi raccontò dei sacerdoti del-l’Opera di Don Orione che, quandoera bambino, furono decisivi nella suaconversione e scelta. Non ho più avutomodo di frequentare l’Orionopolis diSan Paolo, dove vidi scene bellissime ecommoventi fra coloro che hanno pro-blemi e sono abbandonati dalla so-cietà. Ci sarebbero storie bellissime daraccontare che mi hanno segnato persempre in quell’opera validissima, inun mondo sempre più consumista, su-perficiale e indifferente.

    Chiedo preghiere per me e pertutti i miei cari, anche defunti. Chiedoa Dio che l’Opera Don Orione nell’Ita-lia e nel mondo si mantenga fedele e

    ferma e possa progredire sempre più,portando speranza e vita a tanti de-relitti della società che nessuno vuole.

    Anna Maria Rita de Meo,São Paulo (Brasile)

    grazie, carissima Signora, per labella e lunga lettera. Ringrazio ilSignore nel sapere che la rivista leporta un po’ di luce e di confortonella vita. È questo l’unico scopo del-l’impegno di persone e di soldi perconfezionare ogni mese questo donoa tante persone in Italia e nel mondo. Di don Giuseppe Sorani che dire? L’hoavuto come professore al liceo, sonostato in Parrocchia con lui per quattroanni ed ho vissuto con lui nei suoi dueultimi anni di vita a Monte Mario.Posso testimoniare il suo costante at-teggiamento di comprensione, di dia-logo e di pace verso persone eavvenimenti. Aveva compreso che,nella vita, le diversità ostili si supe-rano solo con la reciproca cono-scenza, il dialogo e la carità. Tra i tanti ricordi, sempre mi im-pressionò quanto egli mi raccontòdel periodo in cui fu accolto e na-scosto durante la persecuzione na-zista degli ebrei a Roma (1943-44).“Ricordo che in quei giorni, dopol’uscita dei tedeschi da Roma, DonPiccinini mi ha affidato la cura di unufficiale nazista, ora nascosto lì.Mi ha detto: “Non sappiamo comefare per questo povero nazista”.Era nascosto dietro una tenda e io gliportavo da mangiare. Così per unmese o due, mi pare, fin che passò latempesta, perché i partigiani avreb-bero ammazzati tutti i tedeschi,come reazione. Mi feceimpressione chequell’ufficialefosse ancoraconvinto dellagiustezza del-l’ideologia nazi-sta; era ancora

    convinto che gli ebrei dovessero es-sere tutti fulminati”.Lì, con quell’uomo nascosto in un sot-toscala, Don Sorani si rese conto cheper conciliare le diversità ostili nonserve né ribattere né combattere, masolo conoscere, dialogare, fare delbene. Il resto è opera di Dio.Quando pensiamo alla costanteazione di dialogo, di ecumenismo edi pacificazione di Don Giuseppe So-rani non possiamo non pensare a que-sto episodio–parabola che segnòprofondamente la sua vita.Visse cercando di togliere il velo delleidee e delle ostilità che separano uo-mini da uomini e anche credenti dacredenti.

    “Io quando vedo certi mieichierici tutti intenti alla cura disé stessi, all’amore di sé stessiio dico: ma dove è l’amore digesù Cristo?”.

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  • essere guardati, chiamati, toccati, in-terpellati, siamo noi che abbiamo bi-sogno degli altri per poter essere resipartecipi di tutto ciò che solo gli altrici possono dare. La relazione chiedequesto scambio tra persone: l’espe-rienza ci dice che di solito dagli altririceviamo di più di quanto diamo”.

    Quindi ad aiutare gli altri ci si gua-dagna?

    “Tra la nostra gente c’è un’autenticaricchezza umana. Sono innumerevolile storie di solidarietà, di aiuto, di so-stegno che si vivono nelle nostre fa-miglie e nelle nostre comunità.Impressionante è come alcune per-sone vivono con dignità la ristrettezzaeconomica, il dolore, il lavoro duro,la prova. Incontrando queste personetocchi con mano la loro grandezza ericevi quasi una luce per cui diventachiaro che si può coltivare una spe-ranza per il futuro; si può credere cheil bene è più forte del male perché cisono loro”.

    Ci può fare un esempio?

    “Stando in mezzo alla gente abbiamoaccesso all’insegnamento dei fatti.Faccio un esempio: mi hanno raccon-tato che poco tempo fa è morta unaragazza di 19 anni. Il dolore è statoimmenso, in tantissimi hanno parte-cipato al funerale. Ciò che ha colpitotutti è stata non solo l’assenza di di-sperazione, ma la percezione di unacerta serenità. Le persone dopo il fu-nerale si comunicavano lo stupore diessere uscite dalla celebrazione solle-vate da un peso. La mamma della gio-vane ha detto: “Ho ricevuto la graziadella serenità”. La vita quotidiana èintessuta di questi fatti che segnanola nostra esistenza: essi non perdonomai efficacia anche se non entrano afar parte dei titoli dei quotidiani. Suc-cede proprio così: senza discorsi ospiegazioni si capisce cosa nella vitavale o non vale”.

    Che altri guadagni abbiamo nell’es-sere con gli altri?

    “Stare in mezzo alla gente significaanche avvertire che ognuno di noi èparte di un popolo. La vita concreta èpossibile perché non è la somma ditante individualità, ma è l’articolazionedi tante persone che concorrono allacostituzione del bene comune”.

    “Essere insieme ci aiuta a vedere l’in-sieme. Quando vediamo l’insieme, ilnostro sguardo viene arricchito e ri-sulta evidente che i ruoli che ognunosvolge all’interno delle dinamiche so-ciali non possono mai essere isolati oassolutizzati. Quando il popolo è se-parato da chi comanda, quando sifanno scelte in forza del potere e nondella condivisione popolare, quandochi comanda è più importante delpopolo e le decisioni sono prese dapochi, o sono anonime, o sono det-tate sempre da emergenze vere opresunte, allora l’armonia sociale èmessa in pericolo con gravi conse-guenze per la gente: aumenta la po-vertà, è messa a repentaglio la pace,comandano i soldi e la gente stamale. Stare in mezzo alla gentequindi fa bene non solo alla vita deisingoli ma è un bene per tutti”.

    Perché questo?

    Stare in mezzo alla gente evidenzia lapluralità di colori, culture, razze e re-ligioni. La gente fa toccare con manola ricchezza e la bellezza della diver-sità. Solo con una grande violenza sipotrebbe ridurre la varietà a unifor-mità, la pluralità di pensieri e di azioniad un unico modo di fare e di pen-sare. Quando si sta con la gente sitocca l’umanità: non c’è mai solo latesta, c’è sempre anche il cuore, c’èpiù concretezza e meno ideologia”.

    Uscire da se stessi richiede un cam-bio radicale il che non è facile; haqualche consiglio da darci?

    “Per risolvere i problemi della gentebisogna partire dal basso, sporcarci lamani, avere coraggio, ascoltare gli ul-timi. Penso ci venga spontaneo chie-derci: come si fa a fare così? Possiamo trovare la risposta guar-dando a Maria. Ella è serva, è umile,è misericordiosa, è in cammino connoi, è concreta, non è mai al centrodella scena ma è una presenza co-stante. Se guardiamo a Lei troviamoil modo migliore di stare in mezzoalla gente. Guardando a Lei possiamopercorrere tutti sentieri dell’umanosenza paure e pregiudizi, con Lei pos-siamo diventare capaci di non esclu-dere nessuno. Questo è il mio augurioper tutti voi”.

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    ORESTE FERRaRIIN CAMMINO CON pApA fRANCESCO

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    IN CAMMINO CON pApA fRANCESCO

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    fin dall’inizio del suo pontificato papa francesco si è mostrato il papa della gente.gli piace incontrare le persone, fare foto con loro. Ha voluto muovere la sua dimora dalpalazzo apostolico, dove avevano vissuto tutti i suoi predecessori, a casa Santa Marta,proprio per essere in mezzo ad altre persone.

    “Quando si sta con la gente sitocca l’umanità: non c’è mai solola testa, c’è sempre anche ilcuore, c’è più concretezza emeno ideologia”.

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    CHIAMATI A STAREIN MEzzO ALLA gENTE

    Lo stare in mezzo alla gente non èper ricerca di popolarità e sicura-mente non è paura della solitudine,ma è un’esigenza per dare senso econcretezza alla missione di ognigiorno. Essere con gli altri ci aiuta adessere più umani e quindi ad esseredei “servi” migliori. Presentiamo quialcuni stralci di un discorso fatto nel2016.

    Perché questo grande desiderio di es-sere sempre a contatto con la folla?

    “ …Noi siamo fatti per stare con glialtri - lo ricordavo all’indomani dellamia elezione a vescovo di Roma. Lanostra umanità si arricchisce molto se

    stiamo con tutti gli altri e in qualsiasisituazione essi si trovano. E’ l’isola-mento che fa male non la condivi-sione. L’isolamento sviluppa paura ediffidenza e impedisce di goderedella fraternità”.

    Molte persone oggi sono avvolte at-torno ai propri bisogni e desideri eperdono la gioia di vivere; uscendoincontro ad altri si impara a viveremeglio?

    “Bisogna proprio dirci che si corronopiù rischi quando ci isoliamo diquando ci apriamo all’altro: la possi-bilità di farci male non sta nell’incon-tro ma nella chiusura e nel rifiuto.

    La stessa cosa vale quando ci fac-ciamo carico di qualcun altro: pensoa un ammalato, a un vecchio, a unimmigrato, a un povero, a un disoc-cupato. Quando ci prendiamo curadell’altro ci complichiamo meno lavita di quando siamo concentrati solosu noi stessi”.

    Tutti sentiamo un certo bisogno diprotagonismo, di sentirsi apprez-zati ma come soddisfare queste esi-genze in un modo sano?

    Stare in mezzo alla gente non signi-fica solo essere aperti e incontrare glialtri ma anche lasciarci incontrare.Siamo noi che abbiamo bisogno di

    “Stare in mezzo alla gente nonsignifica solo essere aperti eincontrare gli altri ma anchelasciarci incontrare”.

  • Ebbe un provvidenziale consigliere esostenitore nel cammino spiritualedell’anima e dei progetti in Don LuigiOrione: “Conobbi Don Orione in oc-casione del terremoto di Avezzano -riferisce la Costa Gnocchi - doven-domi recare colà per incarico del Mi-nistero della Pubblica Istruzione. Daallora incominciarono i miei rapporticon Don Orione, che continuaronoavendo io occasione di rivolgermi alui per guida spirituale ed anche percasi pietosi dei quali venivo a cono-scenza. Devo precisare però che imiei contatti con Don Orione adAvezzano durarono poco tempo edebbi appena occasione di conoscerlopersonalmente”.

    La stima reciproca e i comuni interessicaritativi portarono a contatti fre-quenti, ricercati, apprezzati, mante-nuti fino alla morte di Don Orione,avvenuta il 12 marzo 1940.Pochi sono gli scritti conservati cheDon Orione inviò alla Costa Gnocchi:una minuta di lettera, una breve let-tera e qualche frammento di minuta.Più numerosi sono gli scritti di lei a

    Don Orione dove traspare una grandestima e confidenza reciproca. “Oradebbo dirle che se Lei potesse venirec’è qualcosa di sì importante (difficilee non opportuno a dirsi scrivendo)che sarebbe una vera Benedizionepotergliele affidare! Sia gentile scri-vermi una parola positiva o negativanel modo più celere!”, scrive la CostaGnocchi il 6 aprile 1924. E un paio di settimane più tardi: “DonOrione gentilissimo, siamo vissuti disperanza che poi questa volta era ab-bastanza fondata data la sua letteraannunziante con certezza la venuta!Ora Lei deve proprio perdonare l’insi-stenza pensando che è cosa digrande importanza e deve avere lacortesia, magari telegraficamente, difarmi sapere, posto che abbia ancorain vista di venire a Roma, il giorno pre-ciso del suo arrivo, oppure la notiziache non vale sperare ancora!”.Don Orione, da parte sua, partecipaalla Costa Gnocchi l’impeto della suaanima infuocata dall’amore di Dio:“Nel rinnovamento dello Spirito, of-friamoci, ai piedi della Santa Chiesa,in sacrificio vivente, accettevole a DioPadre. Coraggio nel Signore!”.L’incoraggiamento si concretizza inindicazioni spirituali, Don Orione lescrive: “Sui suoi passi e in tutti i cuorigetti delicatamente luce di Dio conquella discrezione, anzi con quella re-verenza che ella ha usato sin qui, condelicatezza, senso e soavissima caritàdel Signore”.

    La ricchezza interiore di Don Orioneaffascinò la Costa Gnocchi da leistessa esperimentata e così testimo-niata: “L’amore di Dio dominò so-vrano in tutta la sua vita…È incredibile quanto si sia prodigatoper il bene del prossimo; il suo amoreper il prossimo era di carattere squisi-tamente soprannaturale e non facevadistinzioni di persone. Aiutò il pros-simo dal punto di vista spirituale emorale, come pure dal punto di vista

    materiale. Accorreva ovunque fosserichiesto di consiglio e di conforto,anche al letto dei moribondi. Eserci-tava un’influenza irresistibile sui pec-catori più induriti e sulle personealiene dallo spirito e dalla dottrinadella Chiesa. Io stessa gliene con-dussi, e non rimasi delusa nell’aspet-tativa. A questo si aggiunga ilsoccorso ad ogni genere di miseriemateriali, fatto con generosità, condisinteresse, e qualche volta andandooltre le richieste “.

    La figura di Adele Costa Gnocchi,nei primi anni del Novecento, eraconosciuta negli ambienti culturali diRoma per la sua notissima attivitàpedagogica. Donna libera e creativa,è stata un’educatrice montessoriana,straordinariamente intuitiva elungimirante, concreta, aperta aifermenti del tempo e ai bisognidell’innovazione: al centro dei suoipensieri ha sempre avuto lo sviluppodell’essere umano. È merito dellaCosta Gnocchi l’aver applicato iprincipi montessoriani nell’ambito

    della formazione religiosa. Giunse allaconvinzione che la formazionereligiosa non doveva attendere l’etàdella ragione ma deve accompagnaretutto lo sviluppo del bambino, perquesto affermava che “Dio e ilbambino se la intendono”.Questa donna dalla ricchissima perso-nalità ebbe modo di tessere relazionicon moltissime personalità di spiccodella scena culturale e religiosa del suotempo. Trovò ispirazione ed aiuto inpersonalità del più autentico cattolice-simo dell’inizio del Novecento come

    Don Luigi Guanella (1842-1915),Padre Vincenzo Ceresi (1869-1958) ei Missionari del Sacro Cuore.Conobbe e tenne rapporti di grandestima ed interesse con Don Brizio Ca-sciola (1871-1957), suo concittadino,e con alcune tra le più illuminate e tor-mentate personalità del cattolicesimodell’inizio del secolo scorso, quali Erne-sto Bonaiuti (1881-1946), RomoloMurri (1870-1944), Antonio Fogaz-zaro (1842-1911), Tommaso GallaratiScotti (1878-1966), Padre GiovanniSemeria (1867-1931).

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    La ricchezza interiore di DonOrione affascinò la Costa gnocchida lei stessa esperimentata ecosì testimoniata: “L’amore diDio dominò sovrano in tutta lasua vita…”.

    giunse alla convinzione che laformazione religiosa non dovevaattendere l’età della ragione madeve accompagnare tutto losviluppo del bambino, perquesto affermava che “Dio eil bambino se la intendono”.

    STUDI ORIONINI

    grande pedagogista montessoriana, attuò una serie di iniziative educativepionieristiche, insignita di medaglia d’oro dei benemeriti della cultura,fu discreta e premurosa tessitrice di rapporti.

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    “UNA DELLE SEgUACIpIù INTELLIgENTIE LIbERE”

    Nata a Montefalco (PG) il 21 gennaio1883, conobbe la pedagogistaMaria Montessori nel 1909 in occasionedel primo corso Montessori a Città di Ca-stello e da allora la seguirà in ogni corsonazionale e internazionale.Ne divenne “una delle seguaci più intel-ligenti e libere” sviluppandone alcuneintuizioni. In particolare la sua atten-zione si focalizzò sui primissimi anni divita dei bambini e sulla valorizzazionedella dimensione religiosa nella crescitadella personalità del bambino. La CostaGnocchi diede inizio ad esperienze in-novative e uniche nel loro genere: nel1927 a Roma mentre insegnava Peda-gogia avvia, con l’aiuto dei conti Ta-verna, nel loro stesso palazzo, unapiccola “Casa di bambini”, la “Scuo-letta” per bambini dai 3 ai 6 anni, creòla Scuola Assistenti all’Infanzia (1948),la Scuola di Religione Montessori (1954)in Via Degli Orsini 34 a Roma, il RepartoMontessori all’Istituto Provinciale perl’assistenza all’Infanzia, il Centro NascitaMontessori (1957) e l’Associazione“Maria Montessori” per la formazionereligiosa del bambino. Nel 1959 venivainsignita della medaglia d’oro dei bene-meriti della cultura dal Ministero dellaPubblica Istruzione. Nel 1963 venneeletta Presidente Onorario dell’EnteOpera Montessori. Tre anni dopo istituìla “Casa dei Bambini Adele Costa-Gnoc-chi” in Via Francesco Pais Serra 11 aRoma, affidandone la realizzazione e lagestione all’allieva Clara Brogini.Muore a Roma il 7 marzo 1967 la-sciando al Centro Nascita Montessoril’impegno di tenere vivi i filoni originaridel suo lavoro, la preparazione dellacoppia genitoriale all’arrivo di un figlio,l’attenzione al neonato, la cura del bam-bino nei suoi primi anni di vita.

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  • parroco, occupandosi di battezzare,seppellire i morti, sposare… però nonera tranquilla… voleva fare di più! Edal villaggio di Curralinho si trasferìnella grande San Paolo.

    Nelle favelas di San paoloQui riprese il suo impegno con il Mo-vimento Sem Terra (MST). Insieme adun sacerdote e alcuni giovani semina-risti, la notte si recava nelle zone piùdegradate della città, nelle favelas,sotto i ponti…ovunque, per cercaregente sbandata che volesse rico-struirsi la vita. Parlava con loro lascian-dogli dei bigliettini con cui li invitavaad unirsi al movimento, a parteciparealle riunioni nelle quali si spiegava cheoccupando le terre avrebbero avutol’opportunità di una nuova vita, mache questo avrebbe comportatomolti pericoli e tanta, tanta fatica.Qualcuno desisteva e qualcuno allafine si univa a loro.

    Così dal 2001 Suor Alberta partecipòa numerose occupazioni, non solo ac-compagnando spiritualmente i tantidisperati pronti ad occupare, ma met-tendosi anche in prima fila, davanti atutti esponendosi a grandi rischi e pe-ricoli pur di difenderli e aiutarli. E loro,quei “poveri”, quei senza terra aiquali ha dedicato la sua vita, l’hannoricompensata, l’hanno resa “ricca”

    con la loro gratitudine, il riconosci-mento, l’amicizia, i sorrisi, i ringrazia-menti… le hanno donato tantoamore e tanta, tanta riconoscenza.Ad “Irmã Alberta” è dedicato l’unicoaccampamento dei contadini all’in-terno del comune di San Paolo.

    Orionina di mente,di cuore, di animaChiunque la ricorda con parole di ri-conoscenza, di rispetto e di grande af-fetto, come “Tio Mario” un “senzaterra”, ex alcolista che Suor M. Al-berta ha salvato da una vita di emar-ginazione: “Tutto quello che di benesi può dire su Alberta è poco. Graziea lei, vivo con la mia famiglia nel vil-laggio della riforma agraria dedicatoa Tomas Balduino, coltivo il miocampo e ho fiducia nel futuro deimiei figli”... O come Suor M. Nativi-dade sua consorella brasiliana: “Nonho mai convissuto con lei peròquando io entrai in Congregazione leiandò varie volte a casa mia.

    La prima volta andò con Padre Josimoil sacerdote che venne ucciso e con ilquale lei lavorava. Era una suora sem-pre allegra, sempre disponibile, sempreaperta e vicina sia alle persone di fuoriche alle sue consorelle. Mai ho sentitoparlare male in qualche modo di lei. L’ultima volta che l’ho sentita venne dame per chiedermi un pigiama, perchèstava andando in una missione contutte le persone senza terra con cui la-vorava e si sentiva a disagio a dormirein camicia da notte tra tanta gente.È stata una persona semplice, umilecon il cuore aperto ad accogliere tuttiquelli che avevano bisogno; una per-sona di preghiera veramente santa!...non si può dire che non avesse difetti,tutti noi abbiamo dei limiti, però eraveramente orionina: di mente, dicuore, di anima!

    Una suora che amava profondamentequello che faceva ed era sempre di-sponibile ad aiutare gli altri, andavaper strada per stare vicino a quelli chevivevano per strada, in carcere per vi-sitare e partecipare come poteva allavita dei carcerati; lei ha veramentevissuto e incarnato le parole di DonOrione: «Vorrei farmi cibo spiritualeper i miei fratelli che hanno fame esete di verità e di Dio; vorrei dare laluce di Dio ai ciechi, aprire i cuori alleinnumerevoli miserie umane e farmiservo dei servi distribuendo la miavita ai più indigenti e derelitti;Amare  sempre e dare la vita can-tando l’Amore!»”.

    Con uno stile missionario, fatto dicontemplazione e azione, evange-lizzazione e promozione umana, SuorM. Alberta ha vissuto il Vangelo me-diante il dono di sé ai poveri in terrabrasiliana.Nella costituzione delle Piccole SuoreMissionarie della Carità, la missiona-rietà viene così spiegata: «Missionarievuol dire evangelizzatrici e serve deipoveri, perché nei poveri serviamo,confortiamo ed evangelizziamo GesùCristo”. Lei ha vissuto tutto ciò più at-traverso le azioni che con le parole.La sua missione è stata esplicitamentequella di essere “strumento” del-l’amore di Dio.Fin dal suo arrivo in Brasile e per tuttala vita, tenne molte conferenze, par-tecipò a tante trasmissioni televisivee rilasciò dichiarazioni sui giornali,non si nascose mai...come ricordabene Madre M. Mabel Spagnuolo:“Donna profetica che non ha avutopaura di annunciare e denunciare,cosciente dei rischi del mettersi“accanto ai poveri”, ma senza indie-treggiare perché: “Caritas Christiurget nos!”... programma che in SuorM. Alberta si è realizzato senza tanteretoriche, ma con il dono concreto,totale e amoroso della sua vita”.

    “fare la suora”Arrivò in Brasile nel 1971 dopogli anni vissuti in Italia, prima aVenezia dove nacque (Mes-tre) il 24 ottobre del 1921,poi a Tortona, culla dellaCongregazione delle Pic-cole Suore Missionarie dellaCarità tra le quali entrò nel

    1943 e poi a Roma, dove nel 1952fondò il “Ciac” (Centro Italiano Addes-tramento Cinematografico) per dareun lavoro e un futuro alle figlie dei car-cerati del penitenziario romano di “Re-gina Coeli”, alla cui direzione rimaseper ben 19 anni, fino a quando decisecome disse lei, di “fare la suora” echiese di partire missionaria.

    In Brasile venne inviata nella zona delBico do Papagaio (Goiàs/Tocantins),una regione ai confini con l’Amazzo-nia dove lo sfruttamento delle terre edella gente da parte dei “fazendei-ros” era agevolata dal governo mili-tare brasiliano. Là conobbe anche ungiovane sacerdote di nome JosimoMoraes Tavares, Coordinatore dellaCommissione Pastorale per la Terra,un martire, che per il suo impegno so-ciale in difesa degi diritti dei lavora-tori, venne ucciso il 10 maggio del1986. “Gli volevo tanto bene – disseuna volta Suor M. Alberta - perchéamava i poveri. Era un ragazzo molto

    intelligente, poeta, agitatore dipopolo, perseguitato dalla po-lizia e dai latifondisti”. Subito dopo anche lei venneminacciata di morte e il ve-scovo di Tocantinopolis,monsignor Aloisio Hilariode Pinho temendo per lasua vita le chiese di allon-tanarsi. Suor Alberta si ri-fugiò a Curralinho,nell’Isola di Marajo’,alle foci del Rio delleAmazzoni, dove per9 anni fece da Vica-

    rio, in assenza del

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    pICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITà

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    a cura della

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    Suor M. Alberta, piccola Suora Missionaria della Carità. Un nome che racchiude l’essenzadella missionarietà di questa donna bollente di fede e carità verso i fratelli specialmentenella lotta per i “Sem Terra” (senza terra) del cui Movimento è stata la bandiera,fino alla fine dei suoi giorni.

    ASCOLTANDO IL gRIDODEgLI AbbANDONATI

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    “Andava per strada per starevicino a quelli che vivevano perstrada, in carcere per visitare epartecipare come poteva allavita dei carcerati”.

    La sua missione è stataesplicitamente quella di essere“strumento” dell’amore di Dio.

    Ad “Irmã Alberta” è dedicatol’unico accampamento deicontadini all’interno del comunedi San paolo.

  • Il 28 dicembre 1908 un forte terre-moto distrusse le città di Reggio Ca-labria e di Messina; i morti furono piùdi ottantamila. Tra coloro che si ado-perarono alacremente per alleviare lesofferenze dei terremotati e per risol-levare le città, ci fu anche Don LuigiOrione.Il prete tortonese arrivato prima aReggio raggiunse Messina il 29 gen-naio 1909, dove il movimento di as-sistenza degli orfani coordinato damons. Cottafavi per la Santa Sede edalla Contessa Spalletti per il Patro-nato Regina Elena, finì per gravare inbuona parte sulle sue spalle. Gli ven-nero affidati per decisione del pre-fetto gli orfani di Messina che eglisuddivise fra le case di Cassano e diNoto; sentì il dovere di farsi papà emamma per tutti quei piccoli, pur nonavendo sempre i mezzi necessari peraiutarli, come avrebbero avuto biso-gno. Scelse allora i più sfortunati fraloro: “Ricevo sempre quando le altreporte sono chiuse, o che si tratti dicasi urgenti”.

    Don Orione riuscì, secondo quel chescrisse al prof. Giuseppe Fornari, inca-ricato governativo per gli orfani, a si-stemare quattrocento bambini acarico della Santa Sede, la quale li as-sistette per dieci anni; oltre seicentoin istituti vari a spese del Patronato,cioè del Comitato statale, a rettapiena o di favore; altri seicento in isti-tuti di fiducia che li accolsero gratui-tamente. Le case della Congrega-

    zione accolsero orfani a Tortona, San-remo, Cuneo, Bra, Roma, oltre che aNoto e a Cassano. Nei tragici momenti dei soccorsi cosìDon Orione scriveva a don Sterpi: “Po-vero me! Sento di essere solo e nonce la faccio più… Caro Don Sterpi,sono stanco; ve lo dico, non per com-plimento: sento proprio che il cuoresi stanca e la testa non ne può più”.A offrire a Don Orione un caloroso efraterno sostegno vi fu anche ilgrande santo sociale di Messina,padre Annibale Maria Di Francia cheospitò spesso l’amico Don Luigi, concui aveva intrapreso un carteggio findal 1900. Padre Annibale, nel Memo-riale dei Divini Benefici (1909) cosìannotava: “Quest’anno abbiamoavuto l’avvicinamento singolare diDon Orione che ha spiegato per noigrande protezione ed affetto”.Don Orione fu il primo assertore dellasantità autentica di Padre Annibale,con il quale, dopo la breve parentesidella sua permanenza a Messina, simantenne in frequente contatto epi-stolare. Alla fine di tanto impegno e disacrifici a beneficio dei terremotati edegli orfani, contro ogni previsione,nell’udienza pontificia del 15 giugno1909 Pio X, tra la meraviglia di tutti,

    nominò Don Orione Vicario generaledi Mons. D’Arrigo. Don Orione rimasecosì a Messina, pur tra mille difficoltà,fino al 7 febbraio 1912, quando, otte-nuto il beneplacito della Santa Sede,diede subito le dimissioni per tornarealla guida della sua Congregazione.In occasione dei 110 anni dell’arrivodi Don Orione a Messina è statoideato e promosso dal nuovo parrocodel Santuario parrocchia “Santa MariaConsolata”, Don Natale Fiorentino,un ricco programma di manifesta-zioni che hanno trovato la loro con-clusione nel convegno dedicato a“I religiosi e le religiose nell’operadella ricostruzione dopo il terremotodi Messina”, presieduto dal vescovoausiliare Mons. Cesare Di Pietro, conDon Salvatore Caione, Padre AmedeoPascucci e Suor Maria Tirendi.Durante l’evento è stato ricordatonon solo l’arrivo di Don Orione nellacittà, ma anche gli incarichi che egliricevette dalla Santa Sede, gli incontricon il Vescovo D’Arrigo, con Sant’An-nibale Maria di Francia e con Mons.Antonio Celona. Molte le testimo-nianze proposte, accompagnate daimmagini e dalle musiche a cura diFranco Maggio, Giovanna Mangano edel consiglio pastorale parrocchiale.

    “Quest'anno abbiamo avutol'avvicinamento singolare di DonOrione che ha spiegato per noigrande protezione ed affetto”.

    Apresiedere la Santa Messa, pressola chiesa di Sant’Anna in Vaticano,è stato Mons. Adolfo Uriona, Vescovoorionino di Rio Cuarto (Córdoba - Ar-gentina) e hanno concelebrato PadreTarcisio Vieira, Direttore generaledell’Opera Don Orione, Don AurelioFusi, Direttore provinciale, i Consi-glieri e molti sacerdoti orionini. Pre-senti, oltre a Madre Mabel Spagnuolo,Superiora generale delle PiccoleSuore Missionarie della Carità con ilsuo Consiglio generale, anche i rap-presentanti dell’Istituto Secolare Orio-nino, dell’Istituto Secolare Maria diNazareth e del MLO.Padre Vieira nel suo saluto iniziale hasottolineato come “Questa impor-tante ricorrenza sia l’occasione pertutti i membri della Famiglia carisma-tica orionina per rendersi sempre piùpartecipi di quella pedagogia dellacarità voluta da Don Orione”. PadreVieira ha poi concluso il suo inter-vento chiedendo una “Preghiera spe-ciale per il Venezuela e per i religiosi

    orionini che operano in questo paeseche sta vivendo momenti di grandedifficoltà”. Durante l’omelia Mons.Uriona ha proposto una riflessione in-vitando a “Vivere la carità con corag-gio soprattutto nel fare del bene,leggendo la realtà con uno sguardodi fede. In tale contesto - ha spiegatoil vescovo - l’amore diviene semprecreativo per dare una risposta perso-nale e comunitaria alla sfide di oggi”.“Lo spirito di Don Orione – ha ag-giunto - ci porta ad amare il Papacome «il dolce Cristo in terra» una de-vozione e una vicinanza che occorreesprimere soprattutto in questo mo-mento di confusione e smarrimento”.Ha poi rilanciato a tutti i presenti lanecessità di avere come il Fondatore“Il coraggio nel fare del bene soprat-tutto agli ultimi, ai più poveri - ecome ci ha indicato Papa Francesco -uscendo dal nostro io per andarenelle periferie esistenziali di oggi”.Al termine della celebrazione si è te-nuta, presso il centro congressi di

    “Casa Tra Noi”, la presentazione delvolume «San Luigi Orione e la PiccolaOpera della Divina Provvidenza nelleparole e negli scritti dei Papi» curatodall’orionino, Don Alessandro Belano.

    Ha coordinato l’incontro Don Fer-nando Fornerod, Consigliere gene-rale, che dopo gli interventi di salutodei Superiori generali, ha dato la pa-rola all’autore del libro che ha offertoun’interessante riflessione su come “iPapi, da Benedetto XV a Francesco,abbiano citato e preso Don Orionecome esempio di santo della carità edi come esista un legame specialeche unisce la Famiglia carismaticaorionina ai Pontefici”.DO

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    DAL MONDO ORIONINO DAL MONDO ORIONINO

    “Lo spirito di Don Orione ci portaad amare il papa come «il dolceCristo in terra» una devozione euna vicinanza che occorreesprimere soprattutto in questomomento di confusione esmarrimento”.

    La REDazIONE La REDazIONE

    DON ORIONEA MESSINA

    75° DEL “DECRETUM LAUDIS”DELLA CONgREgAzIONELa solenne concelebrazione in occasione del 75° anniversario del “Decretum laudis” diapprovazione pontificia della Congregazione e delle sue Costituzioni (24 gennaio 1944).

    La ricorrenza dei 110 annidella venuta di Don Orionenella città siciliana.

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    Padre Annibale Maria Di Francia

    e Don Luigi Orione.

  • N”on ti dico quello che si è fatto

    da noi e tentato per salvareDon Gaspare: ma tutto fu inutile!”, as-sicurò sconsolato Don Orione chevide morire a 31 anni di età il suo gio-vane sacerdote, Don Gaspare Goggi,fulgida speranza della sua piccolaCongregazione da poco approvata. La sera del 4 agosto 1908, egli morìinaspettatamente nel reparto psichia-trico dell’Ospedale di Alessandria,dove il prof. Frigerio, amico di DonOrione, aveva chiesto di ricoverare ilcaro infermo per averlo vicino. DonGoggi si trovava infatti in un periododi esaurimento, ricorrente quasi ognianno, a primavera, con incapacità dimangiare, debolezza fisica, difficoltàdi concentrazione mentale. Ciò nono-stante Don Gaspare ebbe una vita in-tensissima e ad alto livello relazionalee spirituale. Quell’anno però ne fustroncato.È pronta per essere data alle stampe lanuova biografia del Servo di Dio cheavrà per titolo “Don Gaspare Goggi,primo Figlio della Divina Provvidenza”.Uno dei dati più importanti, e per certiaspetti nuovi, esposti nella biografia èquello relativo alla malattia e alla causadella morte di Don Goggi. Secondo il parere di vari esperti con-sultati, la malattia che fu all’originedei problemi di salute che portaronoDon Gaspare al calvario di sofferenzee di difficoltà dai 15 anni in poi e, in-fine, alla morte, risulta essere statauna grave forma di anemia. Già alcuni decenni fa, il prof. AldoVieri scrisse: “Penso che la mancataassimilazione sia probabilmente do-vuta alla mancanza del fattore intrin-seco di Castle (di qui i fatti lamentaticirca l’assimilazione, globuli rossi, vi-tamine, ecc.). Si tratterebbe insommadi anemia perniciosa; gli esaurimentine sarebbero la conseguenza”.

    Si cominciò a conoscere e a curarel’anemia perniciosa solo dopo alcunidecenni dalla morte di Don Gaspare.Allora non c’erano gli esami del san-gue e non si conosceva il “fattore in-trinseco”, la cui assenza impediscel’assorbimento dell’importante vita-mina B12, fondamentale per la for-mazione dei globuli rossi di cuipromuove la crescita e per la buonasalute del sistema nervoso, perché in-terviene nella creazione della guainamielinica che avvolge i nervi. La descrizione dei periodi di crisi di sa-lute di Don Gaspare Goggi sempre ri-porta due costanti: la quasiimpossibilità di man-giare/assimilare evarie espressionidi esaurimentonervoso. “Le disfun-zioni neuro-c o g n i t i v esono fre-quenti neipazienti concarenza diferro”, spiega ilProf. EdoardoRossi. “La mia opi-nione è che don Ga-spare Goggi avesse unagrave forma anemica multicaren-ziale, verosimilmente connessa ad undisordine autoimmune, che può averprodotto la patologia fisica e conse-guentemente psicologica e che fu lacausa della sua morte prematura. Vor-rei ricordare che le patologie autoim-muni risentono di un ritmo circadianoe possono quindi avere un peggiora-mento ritmico in alcuni periodi del-l’anno, in particolare primavera edautunno, ed una frequente recrude-scenza dei sintomi a seguito di pe-riodi di sovraffaticamento e di stress”.

    I dati biografici ci documentanocome, nonostante le difficoltà di sa-lute, Don Gaspare sia riuscito a con-durre una vita ad alti livelli direlazioni, di attività e di spiritualità. Èproprio questa evidenza che ha fattodire al prof. Ferruccio Antonelli, giàpresidente della Società Italiana diMedicina Psicosomatica, che “Nelladepressione di Don Goggi i conti nontornano, perché il sacerdote ha pre-valso sul malato. Qualunque impie-gato (e forse anche qualche religioso)avrebbe chiesto un’aspettativa, maDon Goggi sarebbe stato (e lo è stato)

    capace di restare al suo postoe al suo sacro lavoro, mal-

    grado lo “sfacelo”,con quell’eroismo

    che è la parolachiave nei pro-cessi di beatifi-cazione. A miomodesto pa-rere, è proprioin questa sfidadella fede alla

    patologia unadelle prove più

    suggestive e con-vincenti della santità

    di Don Goggi”.Don Orione stesso chiese di

    introdurre la causa di beatificazione(avviata ad Alessandria nel 1959) edesortava a rivolgersi alla sua interces-sione: ‘’Il nostro Don Gaspare Goggi,primo Figlio della Divina Provvidenza,era mente eletta, tempra di santotanto pio quanto dotto che morì inconcetto di santità. Vi dico che nonmi sono mai raccomandato a lui, chenon ottenessi quanto avevo richie-sto”.Continuiamo a raccomandarci con lapreghiera all’intercessione del Servodi Dio Don Gaspare Goggi. DO

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    Quali nuove opere di carità sceglierebbeoggi Don Orione e quali lascerebbe?Qualcuno pensa: non è meglio

    dedicarsi alle opere di carità di "prontosoccorso" e lasciare allo Stato e ad altriorganismi l'assistenza specializzata?altri però riflettono: è possibile, oggi, chele opere di carità non siano anche di"promozione umana" e dunque con unservizio specializzato?Ma il fatto centrale non è che siano operegrandi o piccole, opere di prontosoccorso o di promozione umana, operetradizionali o opere nuove. È in questioneche siano autenticamente "opere dicarità" e come diceva San Luigi Orione"non solo di assistenza, ma con un precisoruolo sociale". In tale contesto a chepunto siamo?

    Credenti e cittadini,il ruolo socialedella carità

    DAL MONDO ORIONINOFLavIO PELOSO

    IL SACERDOTE HApREvALSO SUL MALATONovità sulla morte del Servo di Dio Don gaspare goggi nella nuova biografia.

  • Se ritorneranno a essere bene e servizio, secondol’intuizione originaria, si trasformeranno in forme

    nuove di fraternità, solidarietà, economia. Se il lorounico problema sarà star dentro agli standard nazionali

    dello Stato, regionali, non serviranno più a niente.

    Al giorno d’oggi, che significa dare alla caritàun compito sociale?

    Significa tenerla coniugata con tutte le altre dimensioni, lacarità come insegna la teologia non è mai da sola. Sta sem-pre insieme alla speranza e alla fede. Quindi vuol dire cheoggi deve riconnettersi a queste virtù. E dall’altra parte nondeve scadere dentro la semplificazione dei servizi.La carità oggi si traduce con fraternità. Richiede nuove formesociali ed economiche, dell’abitare, del sostenersi. Bisognatornare all’intuizione originaria del Don Orione.

    Intende dire che occorre tornare al carisma del Don Orione?

    Assolutamente, è il carisma che è eterno; le forme e i servizicambiano. Sono le parole dette dallo Spirito cui oggi si deveguardare con attenzione, se si vuole servire anche la società, senon si vuole essere pezzi di un ingranaggio di natura tecnica.

    La società di natura tecnica chiede oggi di essere ingranaggiefficaci ed efficienti. Ma efficaci e efficienti sono le mac-chine. Gli uomini sono tanto altro. Si deve mettere al centrol’umano… e non parlo di Dio, perché ormai sembra tal-mente rimosso. Chi si interessa di anziani e disabili non può

    non guardare demograficamente dove stiamo andando.Occorre inventare cose nuove. Il Carisma è sempre quello, è

    dello Spirito Santo. Le forme umane sono storiche e quindi cam-biano. Anche la Chiesa è semper reformanda.Siamo noi che facciamo fatica a ricordarcelo. Diventando vecchi,

    ci sembra che le cose più importanti leabbiamo fatte noi e, dunque, dob-

    biamo conservarle.

    “Dobbiamo dare alla carità un compito sociale, rendendo i poveri migliori, e comecredenti e come cittadini”. San Luigi Orione scriveva così al suo Vescovo più di 100anni fa. Come interpreta questa visione di Don Orione della carità?

    Cent’anni fa eravamo all’inizio di uno Stato unitario, cominciava il fascismo. I cattolicierano da poco rientrati in politica. Quelle parole volevano dire alcune cose, volevanodire costruzione di istituzioni, volevano dire impegno dei partiti. Una forma di cittadi-nanza dal punto di vista istituzionale. Io credo che, oggi, sia un’altra la questione.Secondo me oggi quelle parole andrebbero reinterpretate su come ridare fiato allacomunità. E la comunità non è esattamente la società.Sono tutte quelle forme di relazione implicita ed esplicita che si costruiscono primadella società. Senza comunità non esiste società. Infatti, noi oggi siamo bellamentein una società tecnica di funzioni, fatta di individui, che non esprime più nessun afflato

    fraterno né solidaristico, appunto perché è una società tec-nica. Bisogna ripartire dalla comunità.

    In questo l’esperienza anche diOpere come il Don Orione come

    possono contribuire?

    Possono contribuire trasfor-mando loro stesse. Se restanolegate a ciò che gli è successolungo questi cento anni, cioèa fornire dei servizi, credo chenon avranno nessun destino,né per loro stesse, né nessunautilità per la società.

    Più di cento anni fa, San Luigi Orione scriveva al suo Vescovo che bisogna

    “dare alla carità un compito sociale”. Oggi, il pedagogista e scrittore Johnny

    Dotti analizza la società, sempre più “tecnica”, dove il concetto di comunità

    sembra svanito. Per questo, le Opere del Don Orione devono riscoprire il

    carisma e l’intuizione originaria del fondatore.

    di gianluca Scarnicci

    Ritornare a Don Orioneper rimettere l’umano al centrodella carità

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  • Siamo sinceri. Perché nonsempre rinnoviamo la società,

    perché non abbiamo semprela forza di trascinare? Ci manca

    la fede, la fede calda! Viviamopoco di Dio, e molto nel mondo:

    viviamo una vita spirituale tisica,manca quella vera vita di fede e diCristo in noi, che ha insita in sétutta l’aspirazione alla verità, e alprogresso sociale: che penetra tuttoe tutti, e va sino al più umile lavora-tore. Ci manca quella fede che fadella vita un apostolato fervido in fa-vore dei miseri e degli oppressi,com’è tutta la vita e il Vangelo di GesùCristo. Manca la fede, quella fede di-vina, pratica e sociale del Vangelo, chedà al popolo la vita di Dio e anche ilpane. Ecco la piaga!Se vogliamo oggi lavorare utilmente alritorno del secolo verso la luce e la ci-viltà, al rinnovamento della vita pub-blica e privata, è necessario che la federisusciti in noi e ci risvegli da questosonno “che poco è più morte” è neces-saria una grande rinascenza di fede, eche escano dal cuore della Chiesa,nuovi e umili discepoli del Cristo, animevibranti di fede, i facchini di Dio, i semi-natori della fede! E debb’essere unafede applicata alla vita.Ci vuole spirito di fede, ardore di fede,slancio di fede; fede di amore, carità difede, sacrificio di fede! Di fede dob-biamo riempire tutte le arterie umane,tutte le vie del mondo. Senza fedeavremo il gelo, la decadenza, la morte:senza fede è sterile, è nulla, è vuota lascienza e la vita.Bisogna dunque rinascere a vita novella:a vita di fede, sovrannaturale, di fedevera, efficace, profonda, pratica: biso-gnerà, secondo lo spirito puro della no-stra Chiesa Madre e Cattolica, lavoraree sacrificarsi per una umanità migliore,alla luce alta e consolante della fede!Se sta scritto che solo con la fede pia-ceremo a Dio: ricordiamo che sta anchevero che solo con la fede infocata di ca-rità salveremo gli uomini.Potremo ancora tutto sulle moltitudini,potremo in Cristo rinnovare l’Italia e ilmondo, se avremo più fede, se fede re-spireremo, se di fede veramente cri-stiana, ardente, operosa, vivremo.Un rifiorimento e viva fragranza di fedesi affonda adunque sulle plaghe e pei li-beri cieli d’Italia, in questi giorni di ri-scatto nazionale.

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    Più Fede!

    Fratelli, non siamo spiriti scoraggiati: ab-biamo fede, più fede! Che cosa manca

    un po’ a tutti, a noi tutti, oggi, peradoprarci, nel nome di Dio e in

    unione con Cristo, a salvare ilmondo e ad impedire che il po-

    polo si allontani dalla Chiesa?Che cosa ci manca, perché lacarità, la giustizia, la verità,non siano vinte, e non rien-trino nel seno di Dio, male-

    dicendo all’unanimità,che avrà rifiutato di

    dare il suo frutto?Ci manca la fede!

    “Se aveste della

    fede soltanto come un grano di senape,ha detto Gesù, voi trasportereste lemontagne, e niente vi sarebbe impossi-bile.Fede, fratelli, più fede!Chi è di noi, che crede si possano tra-sportare le montagne, guarire i popoli,far predominare la giustizia nel mondo,far risplendere la verità allo spiritoumano, unire nella carità di Cristo tuttala terra? Dove sono questi credenti? Piùfede, fratelli, ci vuole più fede! Mancala fede in quelli che bisogna salvare, ela fede manca, talora, - ah! con quantodolore dell’anima lo dico, - manca o lan-gue assai la fede in me e pur in altri dinoi che vogliamo o crediamo di volereilluminare e salvare le folle.

    Più fede!Dalla lettera di Don Orione del 15 Febbraio 1919.

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    DIARIO DI UN ORIONINO AL pICCOLO COTTOLENgO

    a piccolo le prime parole

    che ho pronunciato erano

    in dialetto bergamasco.

    Quella era la lingua che papà

    e mamma

    parlavano e noi figli l’abbiam

    o appresa

    con facilità.

    Più tardi, cominciando la scuola

    ele-

    mentare, ho dovuto cimentarm

    i con un

    idioma straniero: l’italiano. No

    n è stato

    facile imparare a leggere e a sc

    rivere in

    quella strana lingua, ma alla

    fine mi

    sono abituato.

    Le scuole medie hanno

    visto il mio trasferimento dal

    paesello alla grande città di M

    i-

    lano. L’indimenticabile p

    rofes-

    soressa di lettere, signora Felici

    angeli, nel

    corso del triennio, con tanta pa

    zienza è riuscita

    a far levitare i voti dei miei tem

    i, dal 6 scarso al 7 abbondante

    .

    Al liceo ho registrato con soddi

    sfazione un ulteriore progresso

    . Ricordo che una volta

    l’insegnante lesse in classe un

    mio elaborato e lo additò a m

    odello dicendo. “Vedete? que

    sto

    testo ha un capo ed una coda.

    Non è poi così difficile scriver

    e delle cose sensate!”. Non so

    se in

    quel frangente sia arrossito ne

    l sentirmi al centro dell’attenz

    ione, ma dentro di me ho pen

    sato:

    “Speriamo che oltre al capo e

    d alla coda ci sia anche un corp

    o!”. Mi fece comunque piacere

    sa-

    pere che i miei scritti risultava

    no comprensibili al lettore.

    Poi ci sono stati i lunghi anni d

    egli studi di filosofia e teologia

    . In quel periodo il mio lessico

    si è arricchito e sono comparsi

    anche i termini specialistici pr

    opri di quelle discipline.

    A questo punto credevo di ess

    ere arrivato. L’italiano era la m

    ia lingua. La maneggiavo con

    dimestichezza.

    Poi un giorno sono stato destina

    to al Piccolo Cottolengo. Con l’

    andare del tempo ho scoperto

    che per tanti anni mi sono m

    ancate delle parole fondamen

    tali. Le ho imparate qui, dai n

    ostri

    ospiti. Sono parole che negli am

    bienti ordinari della vita sociale

    si sentono raramente o sono a

    d-

    dirittura sconosciute.

    “Ti voglio bene!”. Questa espre

    ssione l’ho sentita ripetere in p

    ochi mesi più frequentemente

    che in tutti gli anni, ormai num

    erosi, della mia vita. “Anch’io ti

    voglio bene”, rispondo per cor

    tesia.

    Ma è come una specie di rifle

    sso condizionato. Chi detiene

    l’autenticità di questa espres

    sione

    sono loro: Antonio, Sonia, Vitto

    ria e tutti gli altri. Io dovrò solo

    imparare a pronunciarla con l

    ’au-

    tenticità di cui loro sembrano

    i depositari.

    Ora capisco che il Piccolo Cotto

    lengo è davvero un luogo privile

    giato. Anche se è molto cam-

    biato dalle sue origini, rimane

    quella “famiglia” che Don Orio

    ne ha voluto creare. E questa fe

    deltà

    all’ispirazione del Santo Fonda

    tore non è certo merito mio

    che ho la responsabilità princi

    pale

    della conduzione. E neppure è m

    erito di tutti i professionisti, me

    dici ed operatori che pur svolg

    ono

    mansioni indispensabili per il b

    uon andamento dell’Istituto. A

    d assicurare la fedeltà al prog

    etto

    del Fondatore sono principalm

    ente gli ospiti. Con la fragilità d

    ella loro vita da una parte, ma

    con

    la forza straordinaria del loro li

    nguaggio dall’altra, sanno pron

    unciare le parole che tutti vog

    liamo

    ascoltare, ma che facciamo ta

    nta fatica a pronunciare: “Ti vo

    glio bene!

  • “Invece – ha continuato – tutto il Van-gelo è segnato da quest’altro sguardoche nasce né più né meno che dalcuore di Dio. Dio non ti abbandonamai. Dio non abbandona nessuno.Dio ti dice: ‘Vieni’.Dio ti aspetta e ti abbraccia, e se nonsai la strada viene a cercarti, come hafatto il pastore con le pecore”. Fran-cesco ha poi raccontato come Gesùtrasforma ogni cosa in festa, cosa cheal pettegolo è impossibile perché hail “cuore amaro”. “Una società – hadetto – si ammala quando non è ca-pace di far festa per la trasformazionedei suoi figli; una comunità si ammalaquando vive la mormorazione cheschiaccia e condanna, senza sensibi-lità, il pettegolezzo. Una società è fe-conda quando sa generare dinamichecapaci di includere e integrare, di farsicarico e lottare per creare opportu-nità e alternative che diano nuovepossibilità ai suoi figli, quando si im-pegna a creare futuro con comunità,educazione e lavoro”. Più tardi, nelpomeriggio, si è tenuta la Via Cruciscon i giovani.

    Il coraggio di dire “sì”

    Il 26 gennaio, la giornata del Ponte-fice è iniziata con la Santa Messa ce-lebrata nella Cattedrale Basilica SantaMaría La Antigua alla presenza dei sa-cerdoti, consacrati e movimenti lo-cali, ed è continuata con un pranzocon l’Arcivescovo di Panamá, monsi-gnor José Domingo Ulloa Mendieta, econ 10 giovani di diverse nazionalità.

    Nei giorni del suo Viaggio Apostolico,il Papa ha parlato con franchezza allemigliaia di giovani intervenuti. Alla viacrucis e al pranzo si sono affrontati itemi degli abusi, della piaga della pe-dofilia, e Francesco – che a fine feb-braio incontrerà su questo i presidentidella conferenza episcopale di tutto ilmondo – ha assicurato tutto il suo so-stegno alle vittime.

    Poi, durante la veglia della notte di sa-bato, il Papa si è rivolto ai giovani conil loro linguaggio, incoraggiandoli aessere “influencer” di Dio, come lo èstata Maria. “Con poche parole – haspiegato – ha avuto il coraggio di dire“sì” e confidare nell’amore, a confi-dare nelle promesse di Dio, che èl’unica forza capace di rinnovare, difare nuove tutte le cose. E tutti noi,oggi, abbiamo qualcosa da rinnovaredentro. Oggi dobbiamo lasciare cheDio rinnovi qualcosa nel nostro cuore.Pensiamoci un po’: che cosa voglioche Dio rinnovi nel mio cuore?”“A voi giovani chiedo: volete essere‘influencer’ nello stile di Maria?”, hachiesto Papa Francesco verso la con-clusione. Le migliaia di giovani pre-senti hanno risposto un determinato“sì”, dopo di che, il Papa ha conti-nuato: “Lei ha avuto il coraggio didire ‘avvenga per me’.

    Solo l’amore ci rende più umani, non ilitigi, non lo studio soltanto: solo l’amoreci rende più umani, più pieni, tutto ilresto sono buoni ma vuoti placebo”.

    gMg 2022

    La GMG è giunta poi al suo ultimogiorno, e si è chiusa con la Messa fi-nale, a cui sono intervenuti 700 milagiovani. “Voler addomesticare la Pa-rola di Dio è cosa di tutti i giorni – hadetto il Pontefice durante l’omelia –E anche a voi, cari giovani, può suc-cedere lo stesso ogni volta che pen-sate che la vostra missione, la vostravocazione, perfino la vostra vita è unapromessa che vale solo per il futuro enon ha niente a che vedere col vostropresente. Come se essere giovanifosse sinonimo di ’sala d’attesa’ perchi aspetta il turno della propria ora.E nel ’frattanto’ di quell’ora, inven-tiamo per voi o voi stessi inventate unfuturo igienicamente ben impacchet-tato e senza conseguenze, ben co-struito e garantito con tutto ’benassicurato’.È la ’finzione’ della gioia”. “Perché voi,cari giovani – ha insistito il Papa – nonsiete il futuro, ma l’adesso di Dio. Lui viconvoca e vi chiama nelle vostre co-munità e città ad andare in cerca deinonni, degli adulti; ad alzarvi in piedi einsieme a loro prendere la parola e rea-lizzare il sogno con cui il Signore vi hasognato”. Alla fine della cerimonia, ilcardinale Kevin Joesph Farrell, prefettodel Dicastero per i laici, la famiglia e lavita, ha annunciato che la prossimaGMG si terrà in Portogallo nel 2022.

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    MaTTEO gUERRINIANgOLO gIOvANI

    La Giornata Mondiale della Gio-ventù si è conclusa fra i sorrisi, l’en-tusiasmo e i colori di numerosebandiere, raggiungendo il suo apicecon la celebrazione della messa finaleche si è tenuta il 27 gennaio alCampo San Juan Pablo II di Panama.Ad ascoltare le parole del Pontefice vierano 700 mila giovani provenientida tutto il mondo.In questa occasione, più di una voltaPapa Francesco ha rivolto il propriopensiero verso i più fragili e le soffe-renze che affliggono mondo. Il Ponte-fice ha fatto appello alla pace,parlando della delicata situazione inVenezuela, e ha ricordato le soffe-renze dei migranti oggi e la tragediadella Shoah ieri.La visita apostolica del Papa è iniziatail 23 gennaio, quando l’aereo è atter-rato presso l’Aeroporto Internazionaledi Tocumen di Panama alle ore 16.15locali. Il giorno successivo, il Ponteficeha prima incontrato le autorità, imembri del corpo diplomatico e dellasocietà civile, e poi i vescovi dell’Ame-rica Centrale.

    La GMG ha avuto il via con la Cerimo-nia di accoglienza e Apertura dellaGMG, quello stesso pomeriggio,presso il Campo Santa María La Anti-gua (Cinta Costera).

    Costruire ponti

    “Cari giovani, buon pomeriggio!” haesclamato Papa Francesco, iniziandoil suo discorso, in cui ha parlato dellabellezza dell’incontrarsi costruendoponti – “che non significa mimetiz-zarsi” –, dell’importanza dell’unità,possibile solo attraverso l’amore diGesù Cristo. “È l’amore silenzioso – hadetto il Pontefice – della mano tesanel servizio e nel donarsi: è l’amoreche non si vanta, che non si pavoneg-gia, l’amore umile, che si dà agli altrisempre con la mano tesa. Questo èl’amore che ci unisce oggi”.Il giorno successivo, il Papa ha deside-rato che questo amore raggiungessetutti i giovani, anche quanti scontanouna pena dietro le sbarre – e per que-sto, si è recato in un carcere minorilea Pacora, a 40 km da Panama, incon-

    trando i giovani detenuti e confessan-done cinque. Durante la celebrazionepenitenziale, il Papa ha criticato l’at-teggiamento della società che dà“etichette” e non praticare il per-dono, la comprensione che permet-tono la trasformazione e conversione.“Con la vita della gente – ha detto –sembra più facile dare titoli e eti-chette che congelano e stigmatiz-zano non solo il passato ma anche il

    presente e il futuro delle persone.Mettiamo etichette alle persone: que-sto è così, quello ha fatto questo eormai c’è e deve portarlo per il restodei suoi giorni. Così è questa genteche mormora, i pettegoli, sono così”.Per poi aggiungere: “Come fa malevedere una società che concentra lesue energie nel mormorare e nellosdegnarsi piuttosto che nell’impe-gnarsi, impegnarsi per creare e op-portunità e trasformazione!”.

    SIATE INFLUENCERE L'ADESSO DI DIO

    “Dio ti aspetta e ti abbraccia,e se non sai la strada viene acercarti”.

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    ANgOLO gIOvANI

    L’abbraccio del papa ai giovani di panama.

    Il cardinale Kevin Joesph farrell,prefetto del Dicastero per ilaici, la famiglia e la vita, haannunciato che la prossimagMg si terrà in portogallo nel2022.

  • Il Venezuela da tempo sta attraver-sando una grave situazione sociale epolitica. Sono migliaia le persone chehanno già lasciato il Paese trovandorifugio, non senza difficoltà, oltre con-fine. In loro aiuto è intervenuta anchel’Opera Don Orione con l’iniziativamissionaria denominata Cuore senzaconfini, attiva da giugno dello scorsoanno a Pacaraima (Roraima) in Brasile,città che appunto confina con il Ve-nezuela e che è diventata la princi-pale porta di accesso via terra per ilpopolo venezuelano in fuga. Ma il so-stegno e la vicinanza al popolo vene-zuelano da parte degli orionini sirealizza in gran parte all’interno delPaese sudamericano, dove l’Opera èpresente con due comunità: la primasi trova a Barquisimeto città a nordovest del Paese, distante circa 365Km da Caracas; l’altra è più a nord,sulla costa, a Caraballeda, che distauna cinquantina di Km dalla capitale.

    La fede e la speranzadei giovaniLe due comunità di recente hanno ri-cevuto la visita canonica del Vicariogenerale Don Oreste Ferrari e del Con-sigliere generale Don Fernando Forne-rod che hanno vissuto e testimoniatola grandi difficoltà dei venezuelani.

    La prima tappa della loro visita è stataBarquisimeto, dove gli orionini sonopresenti da più di trent’anni. Al loroarrivo hanno incontrato gli oltre 120giovani della parrocchia “Nostra Si-gnora di Guadalupe”, che stavano vi-vendo la GMG insieme ad altrecomunità della diocesi. L’evento èstato organizzato da diversi gruppicosì da essere in sintonia con la GMGche si svolgeva a Panama. Emozio-nante il pellegrinaggio fino al MantoSagrado, un monumento che si trovasulla collina che domina Barquisi-meto, dove sono state realizzate lecatechesi che hanno riguardato i di-namismi sia del Sinodo dei giovani,che si è svolto lo scorso ottobre, sia

    della GMG 2019. «Il Venezuela sta vi-vendo un clima di “calma tesa” – ave-vano fatto sapere Don Ferrari e DonFornerod -, ma attraverso azioni comequelle dei giovani orionini c’è l’inten-zione di alimentare la speranza, il de-siderio di riconciliazione e di cambia-mento. I giovani alimentano la fedenel Signore e non si abbattono difronte alla dura realtà quotidiana chesi trovano a vivere, ma cercano di farfronte a tutto questo con la fede, lasolidarietà e la pace come risposta cri-stiana, alla grave situazione che staattraversando il Paese”.

    La carità orioninae della ChiesaBarquisimeto, è una grande città dellacarità orionina con opere emblemati-che come quella dell’Honim, cheospita circa 80 ragazzi con handicapdiversi e nella quale c’è una bella re-altà di volontariato che aiuta le per-sone sia col farsi strumento dellaprovvidenza di Dio nel servizio sia nelreperire fondi e cibo per la struttura.I due Consiglieri generali hanno visi-tato anche il Piccolo Cottolengo,un’altra realtà molto significativa che,insieme all’Honim, testimonia un mes-saggio di carità verso i più bisognosi.Hanno poi visitato una scuola specialeper ragazzi disabili e un Hogar per ra-gazzi di strada, due realtà che, purnon essendo orionine, sono portateavanti da laici e da altre congrega-zioni che hanno e sentono DonOrione come patrono ispiratore.C’è poi con la parrocchia “Nostra Si-gnora di Guadalupe”, dove «Ci sonotantissimi gruppi - hanno riferito i dueConsiglieri -, formati anche da gio-vani, molto ben organizzati e con uno

    spirito e una forza incredibili, che tra-smettono un grande senso di chiesadiocesana, di orioninità e di collabo-razione. Hanno organizzato, insiemead altre istituzioni, una farmacia cherende un importante servizio di pros-simità offrendo medicine e cibo, maanche una presenza consolatrice inquesto momento di difficoltà.

    Una grande gioia percorre il cuore ditutti i volontari e degli impiegati orio-nini. Malgrado la sofferenza e la famesentono che la Provvidenza non li ab-bandona ma, anzi, risveglia in tuttiquanti la solidarietà e la generosità.I poveri meno possiedono e più of-frono, e cercano di aiutarsi, fedeli allaprovvidenza di Dio che non abban-dona mai».I due Consiglieri hanno poi raccon-tato delle centinaia di persone in filaper mangiare e della mancanza dimedicine, sottolineando la necessitàdi un corridoio umanitario per questidue beni primari che scarseggiano.«A tutto questo si è aggiunta la crisidel trasporto pubblico – hanno rife-rito -, che risulta praticamente inesi-stente. Abbiamo visto lunghe code dipersone davanti alle istituzioni catto-liche che aprono le loro porte percondividere quello che hanno. Alcunenon si limitano a distribuire cibo sullaporta, ma accolgono i poveri con di-gnità, facendoli sedere a tavola.È purtroppo uno stato totalmente ab-bandonato e la società civile soffrequotidianamente, e con molta forzaDO

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    LA CARITàSI è RIMbOCCATALE MANICHE

    pAgINA MISSIONARIA pAgINA MISSIONARIAa cura di ENza FaLSO

    “Ci ha colpito la grande fede, lagioia che non è stata intaccatada questa triste e gravesituazione umanitaria che nonha rubato loro il sorriso”.

    “Ci sono tantissimi gruppi,formati anche da giovani, moltoben organizzati e con unospirito e una forza incredibili”.

    L’impegno degli orioninie della Chiesa in venezuela.

  • bRASILE NORDOrdinazione sacerdotale

    A Marimbondo, nello Stato di Alagoas,nord-est brasiliano, il 19 gennaio, èstato ordinato Sacerdote Anderson Fe-lisdório Araújo, appartenente alla Pro-vincia “Nossa Senhora de Fatima” -Brasile Nord. L’Arcivescovo di Maceió,Mons. Antonio Muniz Fernandes, hapresieduto la celebrazione, con la par-tecipazione del Superiore Provinciale,P. Josumar dos Santos, e tanti altri reli-giosi, specialmente quelli originari delnord-est brasiliano. Il neo-sacerdote hainiziato il suo itinerario formativo nellaCongregazione nel Seminario di Itapi-poca, avendo già compiuto preceden-temente gli studi di filosofia.Ha professato, per la prima volta, il 12gennaio 2012 e ha fatto il tirocinionelle Comunità di Morada Nova deMinas (1° anno) e di Rio Bananal(2° anno). Nel 2014 è entrato nell’Isti-tuto Teologico Interprovinciale a BeloHorizonte, dove il 4 novembre 2017ha fatto la Professione perpetua.È stato ordinato Diacono il 29 luglio2018, dopo aver partecipato, a Roma,al Corso per i formatori dell’UniversitàSalesiana. P. Anderson Felisdório èmembro della Comunità orionina diPalmas, nello Stato di Tocantins, e eser-citerà il ministero come Vicario Parroc-chiale della Parrocchia “Don Orione”.

    NOTIzIE fLASH DAL MONDO ORIONINO

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    fOggIAIncontro del ConsiglioNazionale degli Ex allievidi Don OrioneLo scorso gennaio si è celebrato a Foggial’incontro del Consiglio Nazionale dell’Asso-ciazione Ex Allievi di Don Orione, presso ilSantuario-Basilica “Madre di Dio Incoro-nata”. Erano presenti anche il Consiglieregenerale della Congregazione Padre Lau-reano De la Red Merino e il Consigliere dellaProvincia italiana Don Giovanni Carollo.I lavori sono cominciati con la relazione delPresidente Nazionale Mauro Sala, e sonopoi proseguiti con le relazioni dei presidentiterritoriali (zona San Marziano, zona San Be-nedetto e zona SS. Apostoli Pietro e Paolo).Tarcisio Peloso, tesoriere, ha quindi presen-tato la situazione economica, alla qualesono seguite delle proposte e delle inizia-tive formative e apostoliche per l’anno2019. Non è mancato, inoltre, un mo-mento di fraternità con la visita al santuariodi San Michele Arcangelo.L’incontro si è concluso domenica sera conun momento di convivialità dopo la Messain Santuario presieduta di Padre De La RedMerino, durante la quale è stata benedettauna bandiera dell’Associazione Ex AllieviDon Orione.DO

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    pAgINA MISSIONARIA

    cerca di andare avanti verso la norma-lità. In questo scenario i religiosi e ilaici orionini cercano di non scorag-giarsi, aiutandosi vicendevolmente etestimoniando un servizio di pace e disolidarietà e di concreto aiuto versochi soffre per questa situazione».A Barquisimeto c’è poi il Seminario“Don Orione”, con 3 seminaristi chestanno studiando filosofia e chedanno alla casa un tono di gioia e disperanza, e vogliono far parte dellafamiglia orionina con entusiasmo.

    Il sorriso fiducioso«L’Honim, il Piccolo Cottolengo, la Par-rocchia e il Seminario – hanno affer-mato i due visitatori – costituiscono lacostellazione orionina venezuelana aBarquisimeto, che è molto vicina allesofferenze del popolo, al quale testi-monia un messaggio di pace, di ricon-ciliazione e di impegno a favore degliultimi e a coloro che stanno soffrendoper questa situazione.Nel dramma che vive il popolo vene-zuelano la carità orionina si è rimboc-cata le maniche e lavora gomito agomito in questo oceano sofferenze».«Una delle caratteristiche del popolovenezuelano – hanno evidenziato –che lascia esterrefatti, è la serenità el’allegria con cui non si arrendono ecombattono pacificamente, aiutandosivicendevolmente. Ci ha colpito lagrande fede, la gioia che non è stataintaccata da questa triste e grave situa-zione umanitaria che non ha rubatoloro il sorriso, l’allegria, la speranza,l’impegno e la carità».«In quei giorni – ha commentato DonFornerod - vedendo quella situazione,pensavo e meditavo la frase di sanPaolo: “Né morte, né vita, né angeli,

    né principati, né cose presenti, nécose future, né potenze, né altezza,né profondità, né alcun’altra creaturapotranno separarci dall’amore di Dioche è in Cristo Gesù, nostro Signore”.E queste parole si vivono e si speri-mentano in ogni angolo del Vene-zuela orionino, nei volti e nei cuori divolontari, religiosi e impiegati cheportano avanti e rendono viva questaesperienza».

    Costruttori di civiltàmediante la caritàI due Consiglieri si sono diretti poi a Ca-raballeda, per visitare l’altra comunitàorionina a cui è affidata la parrocchia“Nostra Signoria della Candelaria”.Qui Don Fornerod e Don Ferrarihanno incontrato il consiglio pasto-rale ed economico. «Abbiamo ascol-tato i vari gruppi che con grandeimpegno portano avanti il piano dio-cesano di formazione e di azioneevangelizzatrice. Sono molto attivinel sociale per dar da mangiare atanti ragazzi, bambini e anziani chesoffrono per la mancanza di cibo e dimedicine».La parrocchia celebrava in quei giornila festa patronale, alla quale ha parte-cipato il Vescovo della diocesi di LaGuaira e vicepresidente della Confe-renza Episcopale Venezuelana, Mons.Raul Biord Castillo, che ha presiedutola Messa a cui seguita la processione.«Il Vescovo nella sua omelia – hannoraccontato i Consiglieri - ha ringra-ziato la Congregazione di Don Orioneper il suo impegno nella formazione,nell’evangelizzazione, ma anchenell’accompagnare la comunità inqueste ore difficili. Ha chiesto che icristiani siano costruttori di ponti, che

    riconcilino e chiudano le ferite pre-senti nel popolo venezuelano.Ha inoltre chiesto di non cedere allatentazione della violenza, ma di es-sere sempre costruttori di civiltà conl’amore e la pace».La visita a Caraballeda di Don Forne-rod e di Don Ferrari è proseguita poialla scuola maternale “Mama Caro-lina”, per bambini dai 2 a 5 anni, chequi ricevono anche l’alimentazionegiornaliera. La struttura è semplicema funzionale e il servizio viene por-tato avanti dall’ Associazione “Albo-rada”, di ispirazione orionina.

    I due Consiglieri si sono recati in se-guito a conoscere un’altra attività diservizio portata avanti da anni dagliorionini. Si tratta della Casa “MariaMadre Nostra” che accoglie madriadolescenti con i loro bambini. La Casa, che si trova nel quartieredella parrocchia, è aperta tutti i giornie fornisce a queste giovani mamme indifficoltà, cibo, alloggio, medicine etutto ciò di cui hanno bisogno. «C’è una importante presenza anchedi missionari orionini spagnoli e co-lombiani – hanno riferito infine DonFerrari e Don Fornerod -, che sonopresenti da anni in Venezuela e cherinnovano in questi giorni difficili ilservizio ai poveri, lavorando con le“maniche rimboccate”, come hachiesto Don Orione, non soltanto perla Chiesa, ma per costruire tutta la so-cietà civile mediante la carità.

    «Il vescovo ha chiesto che icristiani siano costruttori diponti, che riconcilino e chiudanole ferite presentinel popolo venezuelano».

    SANT’ALbERTO DI bUTRIOPrima professionedi Patrick Martinelli PrettiIl 10 febbraio, nell’Eremo di Sant’Al-berto di Budrio (PV), Patrick MartinelliPretti ha emesso la prima professionecome eremita. Patrick, appartenente al-l'Eremo "Fra Ave Maria" di Valença, Riode Janeiro (Brasile), è in Italia per appro-fondire la conoscenza della vita eremi-tica nell’Eremo di Sant'Alberto,santificato dalla presenza di Frate AveMaria e di San Luigi Orione.La Celebrazione della Prima ProfessioneReligiosa è stata presieduta dal Diret-tore Generale dell’Opera Don Orione,Padre Tarcisio Vieira, alla presenzaanche del Vicario generale Don OresteFerrari, della Comunità degli Eremiti edi altri religiosi orionini. Era presenteanche la Madre Generale delle PiccoleSuore Missionarie della Carità, SuorMaria Mabel Spagnuolo, accompa-gnata da qualche consorella brasiliana.Tante le persone del luogo e gli amicidell'Eremo presenti, che hanno cono-sciuto Fra Patrick per la sua semplicità,la sua disponibilità e la sua testimo-nianza di vita di preghiera.

    pOLONIAL’incontro del MLODall’11 al 13 gennaio si è incontrato aBrańszczyk (Polonia) un gruppo di rap-presentanti del MLO della Polonia pre-sieduto dalla coordinatrice territorialeTeresa Wosińska. L’incontro è iniziatocon la Santa Messa presieduta dal diret-tore provinciale Don Cristoforo Miś.Erano presenti tutti i coordinatori localidella Polonia, insieme con gli assistentispirituali. Con loro anche l’assistentedelle Piccole Suore Missionarie della ca-rità, Sr. Marta Kalinowska.

  • bRASILE SUDal via l’anno canonicodel noviziato 2019

    Lo scorso 11 gennaio ha avuto iniziol’anno canonico del noviziato 2019 conla Santa Messa presieduta dal direttoreprovinciale della Provincia di NostraSignora dell’Annunciazione, nel Brasiledel Sud, Padre Rodinei Thomazella.La celebrazione si è tenuta nella casadel noviziato di São José, São José dosPinhais, Barro Preto. Il giorno successivo,nella cappella di San Francesco, il Diret-tore provinciale ha invece presiedutoalla Santa Messa per la professione deiprimi voti religiosi di povertà, obbe-dienza e castità di nove novizi.Alla cerimonia hanno partecipato amici,famiglie, confratelli, religiosi e religiose.L’evento è stato un momento di fervorespirituale e di gratitudine per PadrePaulo Sergio Correia e Padre Gilmar Joa-quim Hermes, che hanno preparatoquesti giovani, per quanti facevanoparte del gruppo di formazione (diret-tore spirituale, psicologo, ecc.) e perquanti hanno camminato al loro fianco.

    ALbANIAa Elbasan la marcia della pace e della solidarietà

    Anche quest’anno la parrocchia orionina di Elbasan (Albania), insieme al Centrodi cooperazione interreligiosa di Elbasan, a studenti e insegnanti, cittadini e cre-denti, autorità statali e religiose, così come altre organizzazioni della società ci-vile, ha organizzato l’ormai tradizionale marcia annuale della Pace e dellaSolidarietà. Il tema di quest’anno è stato “La politica è una missione” e i parteci-panti si sono voluti rivolgere proprio ai politici per farli riflettere sul motto“…servire con dedizione e onestà”. La Marcia è iniziata dallo stadio di Elbasan eha percorso tutta la via principale della città. Era presente il sacerdote orioninoDon Emilio Valente come rappresentante della comunità cattolica di Elbasan, in-sieme al rappresentante ortodosso, islamico, bektashi e protestante. Hanno par-tecipato anche il sindaco Qazim Sejdini, il Vescovo dell’Albania del Sud Mons.Giovanni Peragine, il Vescovo di Tirana Mons. George Frendo, il Direttore dellaCroce Rossa Ened Llapushi e il rettore dell’Università di Elbasan Dr. Skender Topi.

    ROMAMons. Uriona in visitaalla comunità di Sette Sale

    Lo scorso 22 gennaio, la comunità del-l’Istituto Divin Salvatore in via delle SetteSale in Roma, ha accolto con gioiaMons. Adolfo Uriona, vescovo di RíoCuarto (Argentina). Mons. Uriona hapresieduto alla Santa Messa con i con-fratelli della comunità di Sette Sale, du-rante la quale ha benedetto il marmoposto di recente sull’altare della cap-pella. Nella sua omelia, Mons. Uriona haesortato i confratelli ad essere semprein prima fila nel vivere e far vivere la ve-rità, anche se ciò potrebbe “scomo-dare” alcuni che non sono pronti ariceverla e accoglierla. Il vescovo ha in-coraggiato i presenti a seguire l’esem-pio di Gesù che aveva libertà di azionee di parola e che andava contro cor-rente per fare sperimentare alle animel’amore misericordioso di Dio. La comu-nità dell’Istituto Divin Salvatore ospita isacerdoti provenienti da diverse nazioniche studiano nelle università pontificieromane. La struttura venne acquistatada Don Orione stesso, ricevendo grazieall’intercessione miracolosa della Ma-donna la somma necessaria.

    NOTIzIE fLASH DAL MONDO ORIONINO

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    pOLONIACelebrazione ecumenicaa varsavia

    Nell’ambito della Settimana di Preghieraper l’unità dei Cristiani, nella parrocchiadi San Luigi Orione a Varsavia si è svoltala Celebrazione Ecumenica presiedutadall’Arcivescovo Metropolita di Varsavia,il Cardinale Kazimierz Nycz. A guidare leriflessioni durante l’incontro è stata lafrase tratta dal vangelo di Luca: “Annun-ciare ai poveri la buona notizia”.I partecipanti sono stati accolti dal sacer-dote orionino d Antonio Wita, attivo, findall’inizio, nel movimento ecumenicoper conto della Provincia dell’Opera DonOrione “Madonna di Czestochowa” incollaborazione con l’Associazione diPace e Riconciliazione denominata“Effatha”. L’omelia, invece, è stata te-nuta da Padre Bogusław Milerski, Rettoredel Collegio Cristiano di Teologia a Var-savia. La preghiera per la riconciliazioneè stata guidata dal clero e dai laici dellaChiesa Cattolica Romana e delle Chieseassociate del Consiglio Ecumenico po-lacco. La cerimonia è stata arricchita daicanti del Coro Ecumenico di Varsavia.Durante l’incontro si è svolta anche latradizionale condivisione del pane.

    ARgENTINAConclusa la 3° edizione del “voluntariando”

    Si è svolta dal 23 al 31 gennaio 2019 nel Piccolo Cottolengo Don Orione di Claypole(Argentina) la terza edizione di “Voluntariando”. L’iniziativa è consistita nel fornire sup-porto ai residenti delle diverse case, come fece lo stesso Don Orione all’inizio dellasua Opera, nello spirito di “vedere e servire Cristo nell’uomo”.All’evento hanno partecipato principalmente ragazzi e ragazze tra i 18 e i 25 anni,provenienti dalle parrocchie, dalle scuole e dalle molte realtà di animazione pastoraledell’Opera Don Orione in Argentina. Quest’anno hanno aderito giovani provenienti daBarranqueras (Chaco), Claypole, Córdoba, Mar del Plata, Mendoza, San Francisco (Cór-doba) e Victoria (Buenos Aires).L