N. 241 maggio giugno

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Maggio - Giugno 2012 Periodico della comunità parrocchiale di Villa d’Adda (Bg) - N. 241 - Maggio/Giugno 2012 dial gare n. 241

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dial gareDirettore editoriale: don Diego NodariRedazione: don Gian Maria Berta, Lucia Baroncelli,Davide Chiari, Luisa Dinale, Stefania Fetti, Mara Fuoco,Sara Marchetti, Giovanni Nervi, Gabriele Sala, Giusi SpreaficoHanno collaborato: gli educatori, Martina Arrigoni, FiorangelaBolognini, Gabriele Gambirasio, Emanuele Mangili, Sara Perico,Emanuela Posa, Ilaria Posa, Sophie Rissotto, Mattia Roncalli,Antonella Sangalli, Davide Turani, Matteo Viscardi, Valentina Viscardi

Direttore responsabile: Maria Luisa GiovanzanaPeriodico della comunità parrocchiale di Villa d'Adda (Bg)Via del Borgo, 2 - n. 241 - Maggio/Giugno 2012 - Anno XXIX

Pubblicità: Tel. 035 792115 (segreteria parrocchiale)

Distribuzione:Maria Milani - Tel. 035 784608

Ritiro fotografie:Liliana Chiappa - Tel. 035 791625

Stampa: Tipografia dell'Isola s.n.c. Tel. 035 4940845 -Terno d'Isola (Bg)

e-mail: [email protected]

Iscrizione al Registro stampadel Tribunale di Bergamo n. 26 del 22 luglio 1985Abbonamento annuo € 20,00 - Una copia € 3,50

SANTE MESSEFestive 18.00 prefestiva 7.30 - 10.30 - 18.00 (9.15 all’Istituto)Feriali (dal 4 giugno) Lunedì: ore 20.30 a San Bernardino Martedì ore 20.30 a San Martirio Mercoledì: ore 8.30 in parrocchia ore 17.00 a San Zenone Giovedì: ore 20.30 al Cimitero Venerdì: ore 17.00 a San Giovanni

Feriali (all’Istituto) Lun.-Mar.-Ven.-Sab.: ore 7; Gio.: ore 17 Giovedì: ore 16.00 Adorazione

1° Venerdì del mese 15.00 - 17.00 Adorazione in parrocchia

Ogni domenica 16.00 Adorazione Eucaristica presso l’Istituto Sacro Cuore - Villa Peschiera

Per la richiesta di celebrazione di Sante Messe rivol-gersi in sacrestia, dopo la liturgia; oppure passare presso la segreteria parrocchiale (lunedì - venerdì, ore 9.30 - 12.00).Per questioni organizzative di calendario si consiglia di non prenotare telefonicamente.

BATTESIMI17 giugno, ore 18.0015 luglio, ore 10.30La celebrazione chiede un incontro con i genitori, il padrino e la madrina concordato con il parroco.

MATRIMONII fidanzati sono invitati a presentarsi in parrocchia per i documenti almeno tre mesi prima del matrimo-nio, possibilmente nella giornata di sabato.

CONFESSIONISabato, ore 17.00 - 18.00Prima o dopo la Messa feriale. Per i ragazzi una volta al mese. Per gli ammalati e gli anziani, al primo venerdì del mese (e delle feste) e a richiesta.

VISITE AGLI AMMALATI E UNZIONE SANTALa famiglia che desidera la visita per l’Eucarestia e per l’Unzione santa è pregata di avvisare il parroco o la segreteria parrocchiale.

VISITE NEGLI OSPEDALIChi ha piacere di ricevere la visita dei sacerdoti del-la parrocchia è pregato di far conoscere agli stessi il nominativo dell’ammalato e il luogo di degenza.

FUNERALII parenti del defunto sono invitati a comunicare alla parrocchia l’avvenuto decesso. Si eviti che l’avviso giunga in parrocchia da parte dell’agenzia funebre. La data del funerale deve essere concordata con la parrocchia: per esigenze pastorali, può essere scel-to qualsiasi giorno, in mattinata e nel pomeriggio, esclusi il sabato pomeriggio e i giorni festivi.

Don Diego Nodari: Via del Borgo, 2 - Tel. e Fax 035 792115 - e-mail: [email protected] Gian Maria Berta: Via del Borgo, 2 - Tel. 335 6840832Segreteria parrocchiale: da lunedì a venerdì (9.30 - 12.30) - Tel. e Fax 035 792115Segreteria Oratorio: Via San Carlo, 3 - Tel. 035 4380113 - e-mail: [email protected] materna “T. Frigerio”: Tel. 035 792014 - e-mail: [email protected] San Giuseppe: Tel. 035 791057Istituto Sacro Cuore - Villa Peschiera: Tel. 035 791228

In copertina: Serena Intilia Finalmente aria! in “Aria. I colori del Sacro”, Padova, 2012

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3 Maggio/Giugno 2012

Esperienza: per provare oper mettersi alla prova?

Ogni parola è un po’ come uno scrigno che custodisce tanti significati, spesso anche un po’ contraddittori… Una di queste è sicuramente, nel linguaggio di oggi, la paro-

la “esperienza”. Tutto, si dice, è esperienza, quasi a giustificare qualsiasi scelta si faccia… Fare esperienza, si dice, prima di scegliere e di decidere.

Forse però sarebbe importante recuperare il senso di questa parola non tanto in rife-rimento a quel fare esperienze che, a volte, diventa l’alibi per non decidere mai, ma dell’esperire, del farsi un’esperienza dentro il cammino della vita.

Un’esperienza che viene prima di decidere e che serve a misurarsi con qualcosa per capire se fa per me. Ma anche un’esperienza che viene dopo la decisione e che è segno della consapevolezza che non si è già capaci di fare tutto, e che occorre la pazienza di imparare, insieme all’umiltà di sapere che non posso fare sempre tutto subito.

Oggi si parla molto di esperienze al plurale, proprio perché si mette l’accento sul prova-re, ma dove provare non sta per mettersi alla prova, affrontare degli ostacoli e provare a superarli… Provare significa solo assaggiare un po’ di uno e un po’ dell’altro, e inevita-bilmente le esperienze diventano tante…

L’errore è di pensare che siano le esperienze da sole a dirti cosa devi fare, dove ti trovi meglio, quale sia la strada più semplice e facile da percorrere. In realtà, le esperienze e le prove dovrebbero aiutarti a capire chi sei, in cosa credi, a chi ti affidi…

Per questo, rubando un’espressione un po’ ai nostri adolescenti, potremmo dire che ciò che è decisivo, nel fare un’esperienza, è la volontà di “starci dentro”.

Se “non ci stai dentro”, se entri in un’esperienza con la fretta di uscirne il prima possibile e dire “adesso ho il diploma” e sono a posto, forse in quell’esperienza non ci sei mai entrato…

Illustrazione di Michele Ferri in “Salmi per voce di bambino”, Torino, 2007

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In occasionedell’Ordinazione presbiterale di

don Andrea Pressiani,abbiamo preparatoun numero speciale

off erto a lui ea tutt a la comunità.

Chi lo desidera,abbonati compresi,

potrà riti rarlo in chiesada sabato 26 maggio

Questo vale anche per la fede. Finché non mi mett o in condizione di fare una vera espe-rienza religiosa, di silenzio, di ascolto della Parola di Dio, di preghiera, non potrò mai dire che fa o non fa per me… E la frett a di uscire di chiesa, da un percorso formati vo, mett e in dubbio la nostra disponibilità a capire e a lasciarci condurre dentro. Anche la fi gura del padrino e della madrina nasce così, come la fi gura di un cristi ano, che a nome della Chiesa, accompagna, fa da tutor (si direbbe oggi) garantendo una presenza che incoraggia, corregge, ma che sa anche testi moniare la possibilità di quel cammino. Starci dentro allora, non è solo lo slogan per chi vuole imparare, ma anche per chi si affi anca. Non è possibile accompagnare qualcuno dentro l’esperienza cristi ana se non mett endosi in gioco e parlando di sé. Se non spendendo del tempo: non solo quello che serve per spiegare delle cose, ma quello del camminare insieme, passo dopo passo, costruendo relazioni di fi ducia, che non si improvvisano e che diventano tanto più im-portanti quanto più sono vere. È nella fati ca e nell’impegno di chi accompagna che, chi è accompagnato, trova un punto di riferimento…

L’esperienza poi ci fa vivere non da soli, ma con altri; nell’esperienza c’è qualcuno che si prende cura di noi e, in un mondo che rimanda conti nuamente al valore dell’individuo, ma che poi ti lascia solo con le mille possibilità della tua libertà, credo che questo sia un dono… Perché il senso di un accompagnamento sta proprio qui, nel riconoscere che non tutt e le esperienze sono uguali e che è necessario allenarsi a riconoscere il bene e il male, non solo da un punto di vista più teorico o oggetti vo, ma riconoscendolo come il bene per me e il male per me.

Esperienza, infi ne, per senti rsi capaci di fare: capacità di rialzarsi, di capire i propri errori, se è necessario, ma raggiungere comunque il traguardo della sti ma di sé; un traguardo che non si raggiunge ripetendosi ogni matti na davanti allo specchio “io sono capace”, ma dicendosi “ce l’ho fatt a”. E da questo punto di vista per un adolescente imparare un mesti ere, aprirsi al mondo e agli altri o riconoscere chi sia Dio per lui, sono modi diversi per mett ere insieme le tessere della propria vita; conquiste diverse ma tutt e necessarie per diventare uomini, per diventare cristi ani.

Per questo esperienze come il Cre, almeno quello che si cerca di costruire dentro i nostri Oratori, prima ancora di essere un servizio alle famiglie per i bambini delle elementari o i ragazzi delle medie, è un’esperienza di umanità che ai nostri adolescenti viene data di fare e di provare, prendendosi cura dei ragazzi più piccoli. E ne siamo certi : si impara a diventare domani papà e mamme, o preti , anche imparan-do a prendersi cura di qualcuno a quest’età.

don Diego

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Bergamo, 26 maggio 2012Villa d’Adda, 27 maggio 2012

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5 Maggio/Giugno 2012

L’età che va dall’adolescenza alla giovinezza è il mo-mento bellissimo in cui una persona si forma e sco-

pre le sue qualità e i suoi talenti, per poi fare quelle scel-te che le permetteranno di accogliere e vivere la propria vocazione. È vero tuttavia che, dal punto di vista degli adulti, non è un’età facile da “gestire” e questo crea spesso difficoltà di comunicazione tra generazioni, per cui nelle comunità

L’esperienza insegna

Continua il nostro “viaggio” attraverso le stagioni della vita. Questo mese ci affacciamo al mondo degli adolescenti e dei giovani per interrogarci su cosa una parrocchia può e deve offrire ai propri ragazzi per aiutarli a crescere. Nelle pagine che seguono abbiamo raccolto il racconto di alcune esperienze interessanti che i giovani della nostra comunità hanno vissuto quest’anno, perché è bene prendere coscienza che per i ragazzi “il fare” assieme agli altri, assumendosi delle responsa-bilità e con lo sguardo rivolto a chi, più adulto, ha già percorso un tratto di strada, di vita e di fede, aiuta a “diventare grandi”.

Daša Simčič Si vola! in “Aria. I colori del Sacro”, Padova, 2012

si possono produrre vere e proprie incomprensioni tra le due fazioni contrapposte: “vecchi babbioni” e “irrive-renti scocciatori della quiete pubblica”. Ma la comunità adulta ha il dovere di occuparsi dei suoi ragazzi e dei suoi giovani, impegnandosi a fare qualcosa di più che limitarsi a sopportare sino a che (finalmente!) diventeranno gran-di anche loro. E ogni dovere è sempre una cosa seria.Non ci sono ricette facili e perfette per far nascere inte-

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sa tra adulti e giovani, però una parrocchia che vuole interrogarsi seriamente su come e perché ac-cogliere e far crescere i ragazzi ha un punto di partenza d’eccezione: Gesù in persona.Nei Vangeli non si parla espressa-mente degli adolescenti che, all’e-poca, erano una categoria di fatto sconosciuta, visto il rapido ingres-so che i ragazzi facevano nel mon-do adulto. Tra tutti gli amici di-scepoli, però, ce n’è uno che Egli ama particolarmente: Giovanni, che non a caso è il più giovane di tutti. È un adolescente. Gesù non tiene lì Giovanni sopportandolo, perché è il fratello di Giacomo e “se ne prendo uno mi tocca tirare dietro anche l’altro”; Gesù ama Giovanni, gli vuole bene. Eppure sarà stato anche lui un adolescente con tutte le contraddizioni che, da che mon-do e mondo, gli adolescenti si portano dentro. Allo stes-so tempo, pur tenendolo volentieri con sé e conoscendo già in anticipo che grande uomo diventerà, non lo carica di pesi e responsabilità che, proprio per la giovane età, non può portare. Il capo della Chiesa sarà Pietro, con tutto il suo fardello di difetti, ma ben più ricco di espe-rienza. Sempre nei Vangeli, Giovanni si trova spesso con Pietro, come se lo seguisse, come se Gesù avesse chiesto a Pietro di tenerlo vicino, assieme a Maria, cui lo affida al momento di lasciarlo.Basta questo a tracciare una linea di condotta e di veri-fica per una comunità cristiana: un ragazzo per crescere ha bisogno, oltre che di essere amato, di essere guardato con simpatia e di essere affidato a degli adulti che lo ten-gano vicino, perché impari a muoversi responsabilmente nella vita.

Le parole chiave attorno a cui costruire un progetto educativo sono: libertà, coscienza, fare, vo-cazione.Libertà: la ricerca di libertà è la spinta istintiva di qualsiasi ragaz-zo che inizia a crescere e di que-sto è giusto tener conto.Coscienza: la formazione della co-scienza è indispensabile perché ogni giovane impari a usare bene della propria libertà.Fare: agire, agire, agire. In prima persona. Da protagonisti. Perché “la noia è una cattiva consigliera”. Fare insieme è il metodo per vei-colare esperienze, idee, ideali: in sostanza il Vangelo.Vocazione: è l’obiettivo. La scelta vocazionale di ciascuno, libera,

felice, personale, vera, piena di senso, è il desiderio che la comunità ha quando si spende per i suoi ragazzi.

Il luogo privilegiato in cui la parrocchia porta avanti la pro-posta per questa fascia di età è l’oratorio; lo fa attraverso la presenza e l’opera di “maestri” di vita e di fede, cioè gli educatori, ma non solo: perché più voci e più gesti che mostrano nell’insieme la bellezza del vivere da cristiani sono più convincenti di qualsiasi catechesi, soprattutto a questa età. Gli educatori e il don sono i primi riferimen-ti dei ragazzi, ma senza la presenza di persone pazienti, convinte della bontà del Vangelo e disposte per questo a spendere il loro tempo e le loro energie a servizio degli altri e degli adolescenti/giovani stessi, le proposte e le pa-role degli educatori rimangono poco convincenti.

Il compito di questi maestri è di impegnarsi nella testi-monianza personale e di trovare luoghi ed esperienze in cui i ragazzi siano liberi di vivere cose belle e giuste re-

sponsabilità, dove l’adulto è presente non per controllare, ma per guidare, insegnare e far riflettere, e in cui i ra-gazzi possano a loro volta sperimenta-re, offrire, progettare ciò che è bello e buono secondo il modello evangelico. Perché non c’è nulla che insegni come l’esperienza e, nella coscienza che in nessun luogo questo può realizzarsi stando da soli, il percorso ado-giovani è necessariamente un cammino di educazione alla comunità ed espe-rienza di legami significativi tra pari, verso i più piccoli, verso i più grandi.

Luisa Dinale

Un ragazzo per crescere ha bisogno di essere guardato

con simpatia e di essere affidato a degli adulti che lo tengano vicino, perché

impari a muoversi responsabilmente nella vita. Le parole chiave

attorno a cui costruire un progetto educativo sono:

libertà, coscienza, fare, vocazione.

7 Maggio/Giugno 2012

Gli educatori degli adolescenti

Come ai catechisti nel numero scorso, abbiamo chiesto agli educatori degli adolescenti di raccontarci i motivi, le gioie e le difficoltà del loro servizio alla comunità

“È ormai qualche anno che faccio l’educatrice in oratorio. Tutto è cominciato perché sono stata colpita e affascinata dal tempo, dall’affetto e dalla cura che i miei educatori, quando ero adolescente, mi hanno dedicato (e continuano ancora a fare!). Ho riconosciuto in quello che hanno fatto per me un grande dono e un aiuto prezioso per la mia crescita. La pos-sibilità di fare l’educatrice è un grande regalo che mi è stato affidato da chi, più grande di me, si è fidato della mia capaci-tà di affiancare chi, poco più piccolo di me, vive l’esperienza dell’oratorio ed è per me motivo di crescita continua, poiché mi fornisce occasioni di riflessione, di confronto, di amicizia e di crescita nella fede”.

“Essere educatrice vuol dire continuare a crescere ogni gior-no insieme ai ragazzi. Spesso penso di essere io a dare, ma quando mi fermo a pensare vedo tutto quello che il Signore offre a me attraverso di loro. Gli adolescenti hanno la capa-cità di metterti di fronte ai loro perché, che sono gli stessi che anche tu avevi alla loro età (e che magari un po’ ti sono rimasti), così è l’occasione giusta per tornare a rifletterci in-sieme, senza mai perdere di vista il senso della discussione: la nostra vita da cristiani”.

“Dopo la quinta superiore ho deciso di accettare la proposta di don Matteo di diventare educatrice perché volevo provare a fare quello che avevo visto fare ai miei educatori negli anni precedenti. Subito ho scoperto che si trattava di un impegno importante, che non si limitava all’ora di gruppo settimana-le, ma si estendeva a molte altre cose: coinvolgere i ragazzi, far loro capire l’importanza di mettere impegno e costanza anche nelle cose all’apparenza meno divertenti, e essere io stessa aperta e ben disposta nei confronti di attività che que-sta esperienza mi propone”.

“Nella grande “famiglia” dell’oratorio, l’educatore è una del-le figure di riferimento più importanti per gli adolescenti. È un impegno che richiede tempo, pazienza e passione nel se-guirli e aiutarli a crescere, cercando di trasmettere i giusti valori per la loro vita. Forte di questa consapevolezza, prima di cominciare questo servizio, mi sono chiesta: ne sarò all’al-tezza? In realtà non ci ho pensato troppo, ho semplicemente capito che il mio desiderio era quello di dare una continuità, un senso ancora più pieno, ai cinque anni di gruppo vissuti tra esperienze condivise e opportunità che mi hanno arric-chita, guidata dai miei fantastici educatori”.

“Faccio questo servizio perché all’inizio mi ha ispirato molto come un nuovo modo di confrontarmi con la gente e i ragaz-zi. Educare gli ado è davvero molto complicato visto il peso

Roberto e Alice3a media

Stefania e Simone1a Superiore

Veronica e Gloria2a - 3a Superiore

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delle materie da trattate e il provare a dare continuamente l’esempio”.

“L’essere educatrice in questi anni mi ha portata ad acquisi-re un senso di responsabilità in più, a essere più preparata, perché per ogni tematica affrontata, dall’amicizia alla scuola, dall’affettività alla famiglia, bisogna sempre essere pronti a rispondere a tutto, anche alle domande o alle affermazioni più bizzarre, magari dando dei consigli utili! Non è sempre facile trovare il tempo e le energie, soprattutto dopo una giornata di lavoro o perché alcune sere la voglia non è al massimo, ma il compito dell’educatore è fatto anche di sa-crifici personali, nonostante la consapevolezza che a volte l’attività programmata non viene apprezzata da tutti o qual-cuno delude le aspettative di fronte a una proposta rispon-dendo: “no non vengo, no non lo faccio”. Questa per me è ancora una delle fatiche più grandi, cioè quella di convincere i ragazzi a fidarsi per cogliere la bellezza delle occasioni che vengono loro offerte, e questo pensiero mi fa credere che comunque valga sempre la pena insistere! I momenti che at-tirano meno volentieri i ragazzi sono certamente quelli legati alla fede, quindi le confessioni, le messe, i ritiri… È difficile far capire loro che il vivere come cristiani è un po’ il centro attorno a cui ruota la vita dell’oratorio e la vita del gruppo di cui fanno parte”.

“Al gruppo si riflette insieme su temi che attraversano ogni giorno la vita degli adolescenti, creando occasione di con-fronto tra di loro e con noi, e si scopre ogni volta la voglia di stare insieme e divertirsi. È bello quando dopo aver trascorso una giornata, una sera o un’oretta la domenica pomeriggio, si ritorna a casa e si sente che quel tempo non poteva essere speso meglio se non stando insieme! L’impegno personale necessario per affrontare questo incarico è di provare a dire sempre sì alle proposte che vengono fatte, e dirlo con entu-siasmo perché solo così si riesce a coinvolgere i ragazzi e farli affezionare al gruppo stesso. Anche se non sempre è facile trovare nella nostra realtà frenetica dello spazio da dedicare agli altri che non sia solo un ritaglio di tempo, ma un pezzet-to della propria vita. Donando gratuitamente il tempo per stare insieme ai ragazzi, siamo una testimonianza di come Dio ci ama per primo in modo gratuito”.

“Quando, alcuni anni fa, mi è stato proposto di fare l’educato-re sono stato felice, pur non senza qualche paura di accettare la sfida, perché volevo rendere il servizio che i miei edu hanno regalato a me accompagnando la mia crescita di adolescente. Ho dei ricordi bellissimi del gruppo e dei campi che abbia-mo fatto insieme e l’idea di poterli rivivere “dall’altra parte” era, ed è tuttora, affascinante. In un incontro di formazione ci è stato detto che educare vuol dire educare prima se stes-si; partendo da questo principio, cerco di formarmi sempre meglio per cercare di essere un esempio da seguire, so che la strada è ancora lunga, ma ce la metterò tutta. Sono felice di essere in oratorio e sono grato di questa opportunità, perché mi ha dato il coraggio di vivere esperienze che altrimenti non avrei nemmeno preso in considerazione”.

“Educare vuol dire per prima cosa intraprendere un percorso personale, fatto di un approfondimento della fede, per conoscere meglio chi è Gesù e cosa ha volu-to dirci; vuol dire appassionarsi a questi insegnamenti per comunicare poi agli adolescenti la stessa passio-ne. Certo le modalità sono molto diverse a seconda delle età con cui ci si trova a lavorare, ma in tutti i casi sono soprattutto le esperienze che formano. Non solo l’ora in settimana, ma anche, e più fortemente, le sere insieme, le preparazioni di spettacoli, la rea-lizzazione di iniziative, le giornate condivise durante i campi. Ci si accorge che pian piano, si crea un legame, una relazione con i ragazzi. A volte un po’ amici, a vol-te un po’ padri, ma più spesso fratelli maggiori con cui confidarsi, sapendo di trovare un po’ di ascolto, comprensione, magari consigli e talvolta rimproveri. Quando meno te lo aspetti ogni adolescente matura; la sua esuberanza diviene energia, la sua timidezza diventa riflessione, gli interventi a sproposito si ridu-cono e la collaborazione si fa più efficiente. Questo è il frutto più bello della non poca fatica che si fa per essere educatore”.

EmanueleResponsabile del Gruppo Educatori

Andrea, Valentina e Ivan4a - 5a Superiore

9 Maggio/Giugno 2012

Figli di

Gli adolescenti di prima superiore rifl ett ono sui social network

Figli di Facebook. È proprio questo il ti tolo che abbiamo scelto per l’incontro con i ragazzi di prima superiore

avente come tema il più famoso nonché discusso social network dei nostri tempi!In generale, per chi ancora non lo conoscesse, si tratt a di un mezzo di comunicazione che permett e alle persone, att raverso un computer, di restare in contatt o tra loro, anche dall’altra parte del mondo, scambiarsi informazio-ni, chatt are, condividere foto, video, commenti , fare an-nunci, pubblicità… insomma, tutt o.Ogni iscritt o ha una propria bacheca personale, con tanto di foto per essere riconosciuto e una lista di amici con cui interagire. Per creare quest’ulti ma basta inviare una “ri-

chiesta d’amicizia” che l’altra persona accett erà o meno con un semplice click e, in caso di risposta positi va, i due potranno avere reciprocamente libero accesso a tutt o ciò che li riguarda.Parlarne nel contesto del gruppo si è rivelato molto inte-ressante, in quanto ogni ragazzo ha espresso la propria opinione, positi va e negati va, con grande chiarezza e si-curezza, a dimostrazione del fatt o che tutti sono perfet-tamente a conoscenza dei pro e contro legati a questo fenomeno. Al termine dell’incontro, dopo aver discusso insieme, ab-biamo chiesto ai ragazzi di scrivere una piccola considera-zione fi nale a riguardo. Eccole qui di seguito:

“Facebook (come simbolo del mondomoderno) è in grado di essere unostrumento positi vo e i rischi derivanounicamente dall’incapacità dicontrollarsi, caratt eristi ca di moltepersone. Difatti i rischi non nascono daFacebook stesso, ma da chi se li ti raaddosso, incapace di dargli i giusti spazio di scegliersi i giusti amici.”

“Io sono favorevole a Facebook e infatti lo uso per tenermi in contatt o con i mieiamici. Penso sia anche un modo per farsigli aff ari degli altri, ma può rivelarsipericoloso per via dei numerosi fake(coloro che falsifi cano la propria identi tà,per esempio i pedofi li) che si aggiranosulla rete.”

“Facebook è un modo uti le per rimanere in contatt o con persone chenon si vedono da molto tempo eoltretutt o è uti le per comunicaresenza spendere soldi.”

“Facebook è un modo per conoscere gente nuova,anche se a volte si puòvenire a contatt o conpersone poco affi dabili.”

“La mia considerazionepersonale su Facebook èche questo social networkmi aiuta a trascorrere iltempo, trovare i miei amici e comunicare conloro, ma un aspett o negati vo è la facilità concui ognuno può farsi gliaff ari degli altri.”

“Facebook è uti le per contatt are gli altri.”

“Facebook è pieno digente che si fa molti ssimeparanoie!”

“Per me Facebookè un modo per controllarele noti zie dei miei idoli,anche perché lo usoprincipalmente per quello.Un aspett o negati vo è che puòcreare dipendenza, togliendocosì tempo allo studio e all’amicizia nella realtà.È un modo per farsi gli aff aridegli altri e per farsi vedere,anche se, a parer mio, quelli chelo usano per questo sbagliano.Chi si fa abbindolare dalle persone più grandi, sconosciute(che potrebbero magari rivelarsidei pedofi li) dimostra di nonavere cervello, in quanto si puòbenissimo evitare questo ti po diconoscenze non accett andol’amicizia.Quindi io lo considero solo inparte uno strumento negati vo.”

Il semplice “tenersi in contatt o” sembrerebbe proprio uno dei moti vi principali per cui le persone si collegano così assiduamente a questo social network e in eff etti è così, ma molti altri sono stati i punti evidenziati dai ragaz-zi nel corso dell’incontro.

Lo sviluppo di questi nuovi strumenti di comunicazione (quindi non solo Facebook, ma anche altri affi ni a esso, come Skype, Twitt er, ecc.) ci ha inevitabilmente portati a preferire una comunicazione più immediata e virtuale rispett o a ciò che prima erano l’incontro vero e proprio, il

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dialogo e il confronto. Questione di comodità? Sì, può essere. Certamente Facebook permet-te di organizzarsi e scambiarsi informazioni in tempi veloci (alcuni - e qui non sappiamo ancora se ritenerlo un aspetto più positivo o negativo - hanno detto anche i compiti!), ma il problema a cui si rischia di andare incontro è la perdita di quel senso di amicizia reale ba-sato sulla condivisione, su uno sguardo che esprime il piacere di stare insieme, su reazioni di sorpresa, approvazione o meno, magari di fronte a una notizia appena ricevuta dall’ami-co e che invece un computer non può rivelare nella sua pienezza… È stato bello poter quindi constatare che tutti i ragazzi hanno ancora ben presente il significato e il valore dell’amicizia.Dando poi uno sguardo alla lista di amici che ognuno ha, si può dire che in media nessuno ne conti meno di 300, al che diventa sponta-neo chiedersi: ma quanti di questi sono real-mente amici? Ed è proprio la domanda che ab-biamo posto ai ragazzi, i quali istintivamente ci hanno risposto: pochi, 10, 20, capita infatti che si accettino contatti con persone sconosciute.In conclusione possiamo affermare che Face-book può essere davvero uno strumento po-sitivo: se usato con intelligenza, ti permette di conoscere maggiormente alcune caratteristi-che (gusti, passioni ecc.) di una persona che normalmente ti limiteresti a salutare, può es-sere d’aiuto a chi ha difficoltà di socializzazione perché comunicare attraverso uno schermo è più facile, si scopre la sensibilità delle persone che pubblicano i propri stati d’animo, abbinati ad aforismi o citazioni poetiche. C’è però un limite da imporsi, quello dettato dal buonsen-so per evitare di essere “schiavi” di internet, “schiavi” di una tecnologia che ruba il tempo, non solo ai rapporti sociali, ma anche allo stu-dio e alle passioni di ognuno di noi. L’augurio che come gruppo facciamo è di usa-re bene Facebook senza rinunciare a vivere la nostra vita.

Stefania e Simone

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Diventa amico di Oratorio Villa d’Adda

STAGIONE 2011-2012: GRANDI SODDISFAZIONI!

A fine stagione ci si ritrova sempre a fare i conti con dei numeri e

per quest’anno i nostri sono più che positivi. La stagione è andata molto bene sotto tutti i punti di vista e so-prattutto sotto quello dei risultati,

senza contare che a breve potrebbe arrivare pure la classica ciliegina sulla torta (non diciamolo troppo ad alta voce), ma andiamo con ordine…

Negli ultimi anni la squadra del basket era spesso fanalino di coda del suo girone.Quest’anno siamo rimasti nella parte bassa della classifica, ma in compagnia di altre compagini, poiché grazie a 12 punti (record storico dato dalle 6 vittorie maturate) abbiamo lotta-to fino alla fine con tutti e ci stiamo portando alla pari con gli altri per esperienza e competitività.I migliori piazzamenti e la possibilità di andare ai play-off sono ancora un po’ lontani, ma ogni anno si fanno dei passi avanti e questo è quello che conta.Per quanto riguarda il calcetto abbiamo avuto una stagione trionfale poiché gli Amici di Omar hanno vinto il loro girone e il prossimo anno approderanno al girone D.Una menzione particolare ai due capocannonieri Andrea Fal-vo e Alex Roncalli che, con 28 gol a testa, sono i migliori rea-lizzatori della società.Invece, l’Oratorio San Carlo si è classificato secondo nel suo girone, dietro solo ai coriacei avversari della Tinteggiature BLR, ma probabilmente saranno comunque promossi d’uffi-cio.Il prossimo anno avremo quindi due squadre nel girone D: un onore, ma pure un bell’impegno.Per concludere, non possiamo non menzionare pure la palla-volo che per il quarto anno consecutivo è ai play-off: speria-mo sia l’anno giusto per portare a Villa d’Adda un trofeo che conta davvero.Il girone è stato concluso al secondo posto e nella prima par-tita dei play-off abbiamo conquistato la prima vittoria: incro-ciamo le dita.

Infine, ricordiamo a tutti coloro che fossero interessati che a giugno (non appena saranno finiti i campionati) ci saranno le elezioni per rinnovare direttivo e presidenza.Chiunque voglia maggiori informazioni può rivolgersi al presi-dente Turani oppure al nostro sito

http://asdoratoriosancarlovilladadda.blogspot.it

Vi aspettiamo numerosi per le ultimissime partite e vi augu-riamo una buona estate.

Davide Chiari

11 Maggio/Giugno 2012

La magliettaAnimatore

del Cre 2012

Al Cre: lì con loro e per loro

Gli adolescenti sono già al lavoro per prepararsi a diventare“Animatori” e conquistare la miti ca magliett a

Che cos’è il CRE?Il CRE (Centro Ricreati vo Esti vo) è una sorta di “famiglia esti va” pensata appositamente per tutti i bambini e ra-gazzi delle elementari e delle medie. Durante le quatt ro setti mane in cui si svolge, si eff ett uano diverse atti vità che spaziano dal gioco ai laboratori, dalla preghiera alle gite, momenti uti li per vivere l’oratorio non come sempli-ce luogo di riunione ma come casa. È, infatti , la condivi-sione di tali esperienze da parte dei bambini e degli ani-matori (ragazzi delle superiori che si prendono cura dei bambini) a essere il centro di questa esperienza di vita, in modo da permett ere a tutti i partecipanti di imparare a fare comunità.

Animatori si nasce?Ciò che pensa inizialmente un qualunque ragazzo a cui si propone di fare l’animatore è: “Sarò in grado di essere un buon animatore?”. Animatori non si nasce, si diventa! E proprio per questo, ancora in periodo scolasti co, vengo-no organizzate alcune serate in cui si invitano gli aspiranti animatori a mett ersi in gioco senza alcun ti more, requi-sito necessario per svolgere al meglio tale compito. Ecco quindi giochi, atti vità e prime riunioni per aiutare anche gli adolescenti più ti midi a mett ersi nei panni dei più pic-coli, con l’obietti vo di capire quali giochi o atti vità pos-sono meglio diverti re, sti molare ed educare i bambini. Terminati questi incontri, comincia il lavoro pesante. Le quatt ro setti mane di CRE? No. La preparazione del CRE, che è la parte più impegnati va e importante per quanto riguarda la buona riuscita dell’intera esperienza. Giorni di intenso e duro lavoro tra la fi ne della scuola e l’inizio dell’oratorio esti vo, durante i quali si cerca di mett ere in prati ca le idee sorte ed elaborate insieme. L’animatore è quindi una fi gura che att raverso “pati menti ”, “soff eren-ze” e “tribolazioni” (probabilmente non ci credono nem-meno i polli) viene forgiato in questo lungo percorso.

Che cosa fa l’animatore al CRE?L’animatore al CRE ha un ruolo importante: quello di far diverti re i bambini e giocare con loro. Apparentemente sembra un compito banale, ma in realtà si tratt a di una grande sfi da! Infatti , egli deve portare avanti i compiti che gli vengono affi dati fi no a raggiungere l’obietti vo prefi s-sato. Non conta l’esito, l’importante è dare il massimo! L’animatore non è solo un “organizzatore di giochi”, ma colui che CREa il gioco vivendolo! Ogni singolo momen-to vissuto al CRE è un dono che l’animatore fa proprio e che poi, il giorno dopo, è pronto a off rire di nuovo ai più piccoli. I bambini non hanno bisogno di “vigilanti ”, ma di

amici, persone più grandi che si comportano da fratelli maggiori e si prendono cura di loro. L’animatore deve far questo: far senti re a casa i bambini. Dunque non biso-gna pensare all’animatore come a un ragazzo incapace e annoiato che riempie le sue giornate esti ve con la prima atti vità che gli capita, ma come a un ragazzo pronto a sta-re con i bambini, a stare lì per loro, a star lì con loro e a prendersi delle responsabilità perché crede in quello che fa! Anche l’animatore può trovarsi in diffi coltà, a questo punto entra in gioco la collaborazione: al CRE ci sono le squadre dei bambini, ma anche gli animatori formano una grande squadra. Quando uno si trova in diffi coltà, gli altri animatori sono lì pronti a sostenerlo.

Io, animatore, cosa mi porto a casa?Ciò che ogni animatore si porta a casa, dopo l’entusia-smante esperienza del CRE, è la sua “divisa”. Quella divisa che l’ha visto ridere, scherzare e giocare con i bambini, è ora entrata nel suo cuore e gli ha insegnato a vivere in modo diverso. Gli ha insegnato che il bello della vita non è tanto il diverti mento fi ne a sé, ma è vivere delle esperienze dense di signifi cato, volte al servizio e all’amo-re verso il prossimo, proprio come Gesù ci ha insegnato! Penso che qualsiasi animatore che abbia fatt o un CRE, alla fi ne di quella esperienza sia tornato a casa grato nei confronti dei bimbi che gli hanno insegnato la bellezza dell’amore verso il prossimo.

Ilaria e Gabriele

dial gare 12

Nel corso dell’anno 2002 nasce su desiderio del Vesco-vo Roberto Amadei il Gruppo Samuele come gruppo di “ricerca vocazionale”. Quello del Vescovo è il desi-derio di offrire ai giovani un percorso vocazionale che li prepari alla scelta di vita. Egli lo ritiene una risposta alle ricche potenzialità presenti nel mondo giovani-le della nostra diocesi e un aiuto alla richiesta di un accompagnamento di fede espressa dai più sensibili. Il Gruppo Samuele si prefigge di offrire ai giovani un itinerario di fede che predisponga la loro libertà ad accogliere, con la massima disponibilità, la grazia del Signore che chiama; inoltre li aiuta nel discernimen-to della volontà di Dio, invitandoli a uscire da ambiti individualistici di ricerca per aprire il loro sguardo sul progetto globale di Dio sul mondo. In questo senso si tratta di un gruppo propriamente “vocazionale”.L’iniziativa non ha lo scopo di creare un gruppo nuo-vo, che duri nel tempo, in aggiunta ai molti gruppi già presenti nelle parrocchie o in diocesi, bensì si propo-ne come attività sussidiaria della pastorale giovanile parrocchiale, perché offre un aiuto sia ai giovani sia ai direttori spirituali che si rinnovano ogni anno.Ai giovani offre una strumentazione e una metodolo-gia che li aiuti a cogliere la volontà di Dio. Ai sacerdoti offre la possibilità di migliorare la capacità di fare di-rezione spirituale.Per questo motivo l’itinerario non si sostituisce al la-voro di accompagnamento spirituale che i sacerdoti già svolgono nelle parrocchie, ma lo integra e lo in-coraggia, offrendo strumenti, sussidi, testi, indicazio-ni metodologiche. I giovani non dovranno scegliere un nuovo direttore spirituale, ma continuare con lo stesso e qualificare le scelte di sequela del Signore, grazie a un percorso spirituale sistematico e aperto su decisioni concrete.Il Gruppo Samuele è rivolto ai giovani e alle ragazze, compresi fra i 19 e i 27 anni, che hanno scoperto una positiva disponibilità a cercare il loro modo di servire il Signore, senza essere però ancora arrivati a una ri-

Diventare grandi

Alcuni ragazzi della nostra comunità stanno vivendo esperienze particolari di formazio-ne e di ricerca vocazionale. Li ringraziamo per aver accettato il nostro invito a descri-vere questi percorsi

Il Gruppo Samuele ela ricerca vocazionale

“La vita è la realizzazione di unsogno fatto in giovinezza”

2

Il Seminario:crescere in una grande famiglia1

Mi è stato chiesto di dare una mia testimonianza sulla vita di Seminario. Innanzitutto credo che il Seminario sia una grande famiglia in cui ci sono regole da rispettare ed esperienze da vivere. È diviso in queste comunità: Medie; Ginnasio (I e II superiore); Liceo (III, IV e V superiore); Teologia. Alla base di ogni comunità ci sono tre pilastri fondamentali: preghiera, momento importante per chi ricerca la propria vocazione; studio, utile ad accrescere la propria cultura; vita comunitaria, infatti condividiamo sia momenti di gioia sia di fatica, oltre che gli spazi. Passo ora a descrivere la nostra giornata tipo. Dopo la levata, recitiamo le preghiere del mattino per ringraziare il Signore del nuovo giorno e domandargli un sostegno nelle difficoltà quotidiane. Come quasi per tutti i ragazzi (purtroppo) inizia la scuola. In Seminario ci sono due tipologie di liceo: classico e psicopedagogico. Una volta giunta l’assai sospirata fine delle lezioni, ci trasferiamo in refettorio per pranzare. Sempre all’insegna dello stare insieme si svolge il momento della ricreazione, movimentata,nella quale siamo soliti divertirci giocando a calcio. Verso la metà del pomeriggio inizia il tempo personale dello studio, che trascorriamo insieme ai compagni di classe, con i quali è possibile confrontarci riguardo ai compiti. Questo tempo dura all’incirca tre ore e mezza. Segue la celebrazione della Santa Messa, alla quale partecipiamo con gioia. Dopo cena segue un momento di ricreazione, in cui si può vedere il telegiornale per informarsi dei fatti accaduti nel mondo. Prima del riposo vi è l’occasione di studiare a coppie o a gruppi e la preghiera della sera. Qui si conclude la nostra giornata. In Seminario si vivono anche altre esperienze particolari. Tanto per citarne alcune: l’attività caritativa, che consiste nell’animazione pomeridiana del mercoledì in una casa di riposo, in cui siamo chiamati a esprimere tutta la nostra vitalità; l’Operazione San Paolo, durante la quale portiamo la testimonianza della vita in Seminario in una parrocchia; un’altra attività coinvolgente è quella estiva in cui viviamo esperienze di volontariato alternate a vacanze o al mare o in montagna. Durante l’anno poi facciamo numerose gite e pellegrinaggi.

Mattia

13 Maggio/Giugno 2012

sposta precisa. In particolare può essere proposto ai giovani che hanno partecipato agli esercizi spirituali per diciottenni e per diciannovenni, a quanti hanno partecipato alle giornate mondiali della gioventù, a coloro che hanno vissuto i campi scuola di Rota Ima-gna e di Mezzoldo, a coloro che partecipano alla scuo-la di preghiera e alla scuola della Parola, a quanti sono impegnati in oratorio o in attività di volontariato.Nel Gruppo Samuele ci si trova a contatto con giovani pressoché coetanei e si ha modo di parlare, confron-tarsi e dibattere su argomenti importanti, siano essi relativi alle cose di tutti i giorni che più legati alla sfera religiosa. Si stabilisce una relazione forte di dialogo, capace di fare emergere domande, suscitare curio-sità e orientare verso una presa di consapevolezza personale delle questioni trattate. Gli incontri, che hanno cadenza mensile, non devono essere interpre-tati come una lezione di scuola dove vengono som-ministrate nozioni da studiare a memoria. Piuttosto il Gruppo Samuele fornisce strumenti più precisi ed efficienti per misurarsi oggi in una realtà dove la ri-cerca della propria vocazione è davvero importante. Giovanni Paolo II diceva che “La vita è la realizzazione di un sogno fatto in giovinezza”: il Gruppo Samuele può essere collocato tra le esperienze da scegliere per la propria ricerca vocazionale o semplicemente come esperienza formativa.

Gabriele

Il Centro missionario diocesano:imparare la solidarietà3

Tante volte rimaniamo fermi a guardare immagini o video di paesi lontani, aridi, poveri.

Ma come possiamo anche solo concepire cosa voglia dire vivere, viaggiare o abitare, anche se

per poco, in una realtà simile?Alcuni religiosi o laici bergamaschi hanno abbandonato

la loro comoda vita per vivere in questo mondo “diverso”, e tanti giustificano la loro scelta dicendo di trovare

lì una cultura umanamente molto ricca.Dopo un corso di preparazione di alcuni mesi, dalla

diocesi di Bergamo partiranno una cinquantina di giovani, in piccoli gruppi, tra i 18 e i 35 anni (con ogni eccezione)

per accostarsi per circa 20 giorni a una realtà missionaria, nelle più svariate regioni del mondo.

In Africa, Sudamerica, in Bangladesh, per qualche settimana sarà necessario mettere da parte le nostre sicurezze,

materiali e non, i nostri pregiudizi, per vivere in comunità come “estranei”, aiutare i missionari nelle loro attività e

soprattutto cercare dialogo con la popolazione, in definitiva, per provare a comprenderci.

Coloro che sono tornati da esperienze simili hanno spesso raccontato di essersi sentiti cambiare, ritrovare alcune

priorità e valori che sono stati dimenticati da noi.E hanno parlato di arricchimento, di accoglienza dello straniero

offerta dalla comunità, probabilmente uno di quei valori che abbiamo perso.

Quest’estate andrò in Rwanda con mio padre, in un centro di malati psichici: un’esperienza un po’ forte, probabilmente.Questo corso di preparazione, d’altronde, ha insegnato cosa

significhi la disponibilità, l’apertura mentale e, non ultimo, ci ha mostrato una pura religiosità.

Consiglio a tutti i giovani di partecipare al corso, che parte a settembre, non necessariamente in vista di una partenza (non tutti sono partiti, nel nostro gruppo), ma anche solo perché offre la possibilità di riflettere e discutere di temi particolari e di ascoltare testimonianze davvero uniche.

Per ulteriori informazioni: www.cmdbergamo.org

Sophie

I giovani al corso del Centro missionario diocesano

dial gare 14

Rose Blu dell’OratorioEsperienza di amicizia4

Si avvicina ormai il decimo compleanno del gruppo Rosa Blu e inevitabilmente si sfoglia l’album ideale dei ricordi, delle esperienze vissute insieme e dei compagni di viaggio che hanno dato il loro contributo nel corso degli anni. Le attività che ci impegnano sono varie: dalle pizzate alla gita al parco delle Cornelle, dalla sfilata di Carnevale alla visita al laboratorio di una pasticceria, alla serata trascorsa in mezzo ai fiori della cooperativa Chopin. Quello che le accomuna tutte e le rende speciali e divertenti, anche nella loro semplicità, è l’affiatamento del gruppo, la capacità da parte di tutti di mettersi sempre in gioco e la spontaneità dei rapporti che si vengono a creare.La mancanza quest’anno di un progetto a lungo termine, come i laboratori di dance ability e di teatro degli anni passati, ci ha permesso di impostare le attività in modo più flessibile e libero, come se fossero degli incontri di un gruppo di amici, con spazio per ridere, scherzare e chiacchierare. È stata una scelta vincente perché ha sicuramente permesso a tutti di conoscerci meglio, di capirci di più, di instaurare, incontro dopo incontro, un rapporto di fiducia e di amicizia sempre più stretti.Anno dopo anno, la Rosa Blu si è sempre arricchita di nuovi membri, in un continuo passaggio di testimone che sicuramente contribuisce a dare colore al gruppo e a renderlo sempre più eterogeneo. Certo, le difficoltà e i problemi ci sono, soprattutto nel far sì che le attività e le esperienze possano coinvolgere tutti, dai più grandi ai più piccoli, e nel dare una maggior continuità e regolarità agli incontri; ma tutto questo viene sicuramente superato dalla voglia di dare un contributo significativo da parte degli animatori e dall’entusiasmo con cui i ragazzi accolgono sempre le nostre proposte.Che cosa significa quindi far parte della Rosa Blu? Significa vivere un’esperienza di scambio e di contatto con una realtà diversa in un continuo tendersi la mano, in modo spontaneo e semplice, per cui l’eterogeneità e la diversità non sono un ostacolo, ma proprio il punto di partenza per un arricchimento reciproco che rende l’altro partecipe di ciò che si è. Perché “avete mai visto una rosa blu? Ci sono rose bianche e rose rosa, e rose gialle e un’infinità di rose rosse. Ma blu? Sarebbe rara, bella, diversa”.

Martina

Lo stage e il tirocinio alla scuola dell’infanzia rap-presentano esperienze formative rilevanti nel

percorso scolastico degli studenti.Mentre nel mondo universitario la realtà del tirocinio è ben conosciuta e ha profonde radici storiche, solo negli ultimi quindici anni la parola “stage” ha comin-ciato a fare il suo ingresso nelle scuole pubbliche di secondo grado, ma è di fatto unicamente con la Leg-ge Moratti (2003) che, grazie alla possibilità di dare vita a un’alternanza tra scuola e lavoro, se ne è resa possibile la diffusione anche nelle scuole di indirizzo umanistico.Nello stage il luogo di lavoro è considerato un labo-ratorio di apprendimento; si tratta, infatti, di un pe-riodo all’interno di una specifica realtà lavorativa, all’interno della quale lo studente è messo nelle con-dizioni di acquisire esperienza sul campo e integrare le nozioni apprese nell’iter scolastico. La finalità che si persegue attraverso l’attuazione di questi percorsi è, quindi, quella di dare unione a teoria e prassi, age-volando e rendendo più consapevoli le scelte profes-sionali o di proseguimento degli studi dei tirocinanti coinvolti.Consapevole della preziosità di questa esperienza formativa, la scuola dell’infanzia di Villa d’Adda da molti anni ha allacciato rapporti di collaborazione con i principali istituti di indirizzo pedagogico della provincia (Istituto Magistrale Secco Suardo, Caniana, Betty Ambiveri), nonché con alcune delle principali università del territorio (Università degli Studi di Ber-gamo, Bicocca, Cattolica del Sacro Cuore).Negli ultimi dieci anni, la nostra scuola ha accolto un numero importante di studenti di Villa d’Adda e non solo, attuando convenzioni e percorsi formativi atti a dare informazioni e incentivi agli studenti per pro-vare a mettersi in gioco nel mondo dell’educazione infantile.Sotto la guida della coordinatrice-tutor e delle inse-gnanti, le ragazze si immergono a pieno ritmo nella quotidianità di una scuola dell’infanzia, vivendone le giornate con tutti i loro risvolti e rendendosi parteci-pi attivamente nella normale attività didattica, ludica e ricreativa per un periodo che non è mai inferiore alle quattro settimane.L’esperienza diretta e il contatto costante nella vita di sezione così come nei momenti comunitari permet-tono loro di osservare, analizzare e conoscere da vici-no il comportamento, il modo di esprimersi e di rela-

A scuola… di scuola

Lo stage come laboratorio per imparare un mestiere

15 Maggio/Giugno 2012

zionarsi dei bambini alla luce degli approfondimenti teorici effettuati a scuola; gli studenti stagisti prova-no, inoltre, a sperimentarsi attraverso l’interazione e l’analisi, aiutando, ponendo domande, proponendo giochi e attività e, laddove possibile, intervenendo a supportare il lavoro dell’insegnante. Il tutto dentro una continua riflessione che metta in luce gli aspetti piacevoli come la gratificazione ottenuta nell’occu-parsi di un gruppo di bambini, ma anche certi aspetti inattesi come il senso di disagio che inizialmente si prova nel comprendere che spesso la realtà è distan-te dalla teoria e che stare con i bambini non è solo bello, giocoso e divertente, bensì spesso è faticoso perché bisogna abbassarsi al loro livello, inchinarsi, sedersi a terra, sporcarsi con loro le mani di tempe-ra e le unghie di pongo per farsi piccoli... Sì, proprio così, tornare piccoli per poter vivere con loro piena-mente l’esperienza della relazione nella sua auten-ticità.Credo che nulla più di qualche pensiero condiviso durante le chiacchierate di confronto fatte con una tirocinante possa spiegare il prezioso valore racchiu-so in questa esperienza: «Il tirocinio mi ha permesso di capire da vicino cosa significhi essere maestra e fare scuola, mi ha permesso di avvicinarmi al mondo dei bimbi che, nella loro piccola quotidianità, mi han-no insegnato molto. Ho capito come l’osservazione giochi un ruolo chiave nella relazione e nella proget-tazione, perché spesso i bambini non dicono tutto. Ho imparato che ogni bambino è diverso da un altro e che non c’è una ricetta per agire in una certa situa-zione [...], che dietro a ogni attività, anche un gioco, c’è un discorso programmatico mai lasciato al caso

Nelle foto: una tirocinante con i bambini della Scuola dell’Infanzia mentre preparano le

maschere per il Carnevale

ma finalizzato e pensato. È stata la più bella esperienza scolastica vissuta in questi anni, un aiuto a continuare questo percorso di studi an-che quando vorresti mollare. È stato motivante ed entu-siasmante e mi sono sentita protagonista, mi sono senti-ta accolta e sostenuta: dello stage mi porto a casa i sorrisi e i pianti dei bambini, la bel-lezza dello stare insieme e la possibilità di confrontarmi apertamente con voi su ciò che è meglio fare o dire nelle varie situazioni. Tutto ciò mi ha permesso di capire qual-cosa di più di questo mondo speciale che è l’infanzia».

Mara Fuoco

dial gare 16

Il bòcia(Il manovale, l’apprendista)

In passato i ragazzi, dopo la licenzaelementare, venivano mandati aimparare un mestiere

Quanto sto per dirvi si riferisce agli anni dell’imme-diato dopoguerra, quando il canto del gallo e il suo-

no delle campane non davano fastidio, anzi, scandivano i ritmi della giornata.«L’è ùra de finìla de giügà, adèss té sé grant assé» (È ora di finirla di giocare, adesso sei grande a sufficienza). Questa era la constatazione che il periodo dell’infanzia era termi-nato: solitamente coincideva col compimento degli studi nella scuola elementare. Per il bergamasco di quel tem-po era meglio non sciuparsi troppo sui libri, tanto è vero che il re degli ignoranti era ed è Gioppino, a cui la mucca aveva mangiato i libri. «Dopo déss agn de prima, quàse quàse l’indàa in segùnda... Poerì, ma i l’à ciamàt a fà ol suldàt...» (Dopo dieci anni in prima classe era sul punto di andare in seconda, ma l’hanno chiamato per il servizio di leva) troncando nel bel mezzo una promettente carriera scolastica e forse anche... amorosa, perché seguitando così «l’avrèss ispusàt lü la maestra!» (l’avrebbe sposata lui la maestra!). Lo studio, insomma, non rientrava tra le virtù attribuite ai Villadaddesi. Del resto da noi non c’era ancora la scuola media: alcuni ragazzi, pochi per la veri-tà, la frequentavano andando a Brivio in bicicletta; altri si recavano a scuola di disegno tecnico a Paderno d’Adda la domenica; la maestra Clivati era riuscita a istituire dei corsi post diploma elementare in un locale del municipio; la maggior parte tuttavia aiutava la famiglia, magari mez-zadra: di primo mattino la stalla da governare, il bestiame da sfamare, la lettiera da pulire, poi il pollame, i conigli, l’orto e tutta una serie di incombenze che lasciavano ben poco tempo al divertimento o al riposo.A quel tempo, siamo sempre alla metà del secolo scor-so, erano sempre più i ragazzi che venivano mandati a Milano, a Sesto S. Giovanni o presso qualche artigiano per imparare un mestiere, cioè a fare il “bòcia”. La figura del “bòcia” resta legata soprattutto al mondo dell’edili-zia, dove questo termine si usa ancora per indicare il più giovane e inesperto del cantiere. E “bòcia” era pure la recluta quando veniva accolta, spesso con scherzi pesan-ti, tra gli alpini e gli artiglieri anziani di naia: sopportava mugugnando, in attesa di poter passare a sua volta nei ranghi dei “vèci”. Al “bòcia” erano affidati i compiti più umili, ma non per questo meno faticosi. Gli operai e i “bòcia” partivano al mattino presto (chi non ricorda i pul-lman della società Longhi?) e tornavano alla sera tardi: per fare otto ore di lavoro stavano via da casa quattordici

ore! La “schiscèta” (contenitore d’alluminio dalla forma particolare come indica il nome) era la teca del pasto di mezzogiorno, oppure “ol scartuzzì” (piccolo cartoccio) con mortadella, pancetta o qualche fetta di salame; al pane si provvedeva sul posto di lavoro. Le ragazze, dopo le elementari, per lo più imparavano a cucire, facevano le magliaie o andavano a “servé”, oggi si direbbe a fare la colf. In paese c’era un maglificio; le suore, sia quelle dell’Asilo sia quelle di Villa Peschiera, avevano un piccolo laboratorio di ricamo e maglieria. Maglifici della vicina Brianza assorbivano molta mano-dopera femminile: ricordo in particolare il pullman che portava le ragazze a Mondonico.

28 febbraio 1960: La squadra di calcio gioca a Sorisole

L’Oratorio per i maschi era il punto d’incontro: il calcio-balilla, il ping-pong, le carte, il pallone... Si giocava “a sette” nel C.S.I. e chi non faceva parte della squadra, la sera, si divertiva improvvisando partite che terminava-no solo quando il curato spegneva la luce! Poi, cantando “Marina” o “Vola colomba”, quelli del basso andavano “al bàss” e quelli dell’alto “al volt”. Non mancava la solita adunanza settimanale del mercoledì: tra juniores e se-niores eravamo più di un centinaio.Le ragazze di diversivi al tran tran settimanale ne aveva-no pochi: alcune, la domenica pomeriggio, si trovavano all’Asilo dalle suore; altre scendevano al campo dell’Ora-torio per assistere alla partita di calcio, per lo meno così dicevano loro; altre ancora passeggiavano in su e in giù per la strada. Dopo tutto avevano pure il diritto di trovar-si un moroso!La domenica c’era anche il film per i ragazzi, ma la sera si facevano due proiezioni per gli adulti e le coppiette: al curato non sfuggiva nulla! Attenzione però: dalla morosa si poteva andare solo il giovedì e la domenica, non gli al-tri giorni, perché altrimenti «l’amùr al sarèss indàcc töt in caröl» (l’amore si sarebbe trasformato tutto in tarlatura).

Giovanni Nervi

17 Maggio/Giugno 2012

Nicoletta Bertelle, Sei tu l’unica, la più bella, in “Terra! I colori del Sacro”, Padova, 2010

Il (per)corso fidanzati

Cammino in preparazione al matrimonio: una bella opportunità

“Le difficoltà che pur non mancheranno saranno appianate dal grande

rispetto reciproco, dalla gentilezza e dalla pacata

ironia che, sempre, aiuta e dà sale alla vita. E un

pizzico di sale non guasta mai, anzi è necessario anche in pasticceria.”

Tutto inizia così, la tua strada che si intreccia con la sua… e si inizia a camminare, insieme.

Appuntamenti, batticuore, agitazione, sorrisi, pianti, sguardi, parole (tante parole), gesti, emozioni, paure, difficoltà, forza, fatica, semplicità, silenzi, attenzioni, de-cisioni, sostegno, complicità, indipendenza, ascolto, tem-po, sogni, cambiamenti, progetti...Proprio quest’ultima parola, con il passare dei giorni, si fa sempre più presente, ti rimbomba nella mente, ti accom-pagna, ti spaventa, ti incoraggia. Comprendi che è arri-vato il momento di fare un passo, decisivo, importante, carico di aspettative e di titubanze ma è un passo che si vuole fare, insieme.Non è ancora il tempo per il matrimonio, ma si sente il bisogno di capire a che punto si è, di interrogarsi, di con-frontarsi, come coppia e come singoli. Ed ecco il motivo che ci ha spinti a frequentare il (per)corso fidanzati.A Monte Marenzo, don Giuseppe e due coppie di sposi hanno guidato noi e altre quattro coppie in quel che loro definiscono un percorso fidanzati, non un corso; questo perché non hanno mai avuto la presunzione di insegnar-ci nulla rispetto a come vivere il e nel matrimonio. Ogni coppia lo imparerà da sé e seguirà la sua strada. Hanno semplicemente cercato di farci cogliere quello che po-trebbe essere per noi il senso del “vivere nel matrimo-nio”, concetto che si rafforza maggiormente se affermato di fronte a Dio.Gli incontri che prendono il via con un saluto, un chiedere come stai, per poi prendere il proprio posto e preparar-si ad affrontare la serata. Una frase, un’immagine, una preghiera o un brano per introdurre l’argomento. E così

ha inizio la riflessione. Partendo dall’accoglienza, passan-do dal crescere nell’amore, dalla quotidianità tra scelte e progetti, dalla fedeltà, dalla fecondità, fino ad arrivare al sacramento del matrimonio e al vero e proprio rito. C’è spazio e tempo per le parole di ognuno di noi. Sono proprio le parole che ci hanno dato la possibilità di dialo-gare per crescere insieme, di confrontarci, di scoprire con entusiasmo e fatica aspetti di noi stessi, dell’altro e della vita, già presenti in noi ma non ancora emersi. Forse è proprio questo lo scopo principale di questo per-corso, il far dialogare la coppia. È stato sottolineato più volte quanto è importante parlare. Perché è proprio da questo scambio di punti di vista, non sempre uguali, che nascono le maggiori domande. Accogliendo la possibilità di avere delle in-certezze, l’interrogarsi non è più una debolezza ma diven-ta una ricchezza. Una cosa preziosa.Il “per sempre” tra due per-sone deve essere costruito ogni giorno; dovremo fer-marci a riflettere, prende-re ognuno il nostro tempo per riuscire a rimanere sugli stessi binari anche quando ci saranno i vari cambiamenti della vita, anche quando noi stessi cambieremo; magari non sempre riusciremo a farlo da soli e in questo caso chiederemo un aiuto

esterno, un altro punto di vista. Perché no, parte-ciperemo a un altro (per)corso fidanzati solo ed esclusivamente per ricer-care nuove domande (o ri-spolverare quelle vecchie, magari dimenticate) e di conseguenza avere delle risposte sulle quali ap-poggiarsi, per proseguire la vita insieme nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, per amarci e onorarci tutti i giorni della nostra vita.

Sara e Davide

dial gare 18

La protagonista è Giulia Gabrieli, una ragazzina nata a Bergamo il

3 marzo del 1997 e la sua non è cer-to il tipo di storia in cui si trovano ragazzi con poteri sovrannaturali e maghi del male da sconfiggere, ma se c’è una cosa che accomuna que-gli eroi con la nostra Giulia è senza dubbio il coraggio e il sangue fred-do nell’affrontare ciascuno i propri draghi.Lei racconta di aver iniziato a scri-vere nell’estate del 2009 quando, dopo una visita dalla pediatra per un accertamento sulla sua mano più gonfia del normale, le è stato detto di essere affetta da una ma-lattia chiamata Rabdomiosarcoma Alveolare, in altre parole un tumo-re alla mano sinistra. Scrive quindi della sua esperienza della malattia, di tutto ciò che da essa ne è deriva-to, dei bellissimi rapporti che aveva con i medici dell’ospedale in cui era ricoverata, della sua splendida fa-miglia e, soprattutto, di com’è cam-biata e cresciuta la sua fede.Al primo impatto, quando ho ini-ziato a leggere, non avrei mai pen-sato che una ragazzina che sopran-nomina i suoi dottori con i nomi dei personaggi dei cartoni animati, avrebbe potuto essere testimone di una fede così ardente.Onestamente, ci sono rimasta male. Eppure è così. In un capito-lo dice che, a differenza di molti che vivono la stessa esperienza, lei della sua malattia non può dare la colpa a Dio.Mentre le parole scorrono sotto gli occhi, non posso non chiedermi in silenzio: ma perché proprio a lei il

“Un gancio in mezzo al cielo”di Giulia Gabrieli

Ho trovato questo libro per caso, un giorno qualsiasi in una libreria qualunque e casovuole che un mese dopo mi sia stato chiesto di farne una recensione per dialogare.

E adesso ve lo voglio raccontare

peso di questa malattia? Perché a lei che ha solo tredici anni e tutta la vita davanti? Anche per questo Giulia ha una ri-sposta da regalarmi: è successo a lei, come poteva capitare a chiun-que altro e se è successo è perché era questo il progetto disegnato da Dio per lei. Incredibile, vero? Un’a-dolescente che fa della sua malat-tia la sua testimonianza dell’amore del Signore.Testimonianza viva e limpida di un Dio buono e misericordioso, di un Dio Padre e di un Dio che non può essere altro che amore. Amore, amore e ancora amore. Una parola che nella vita di Giulia non manca

mai. Mai. Ecco allora come lei ha fatto ad affrontare il suo drago. Non con sortilegi o pozioni magi-che, ma semplicemente con l’amo-re, con il suo completo affidarsi a Lui. “Perché ora so che la mia storia può finire solo in due modi: o, gra-zie a un miracolo, con la completa guarigione, oppure incontro al Si-gnore in paradiso, che è una bellis-sima cosa. Sono entrambi due bei finali…”.Giulia muore il 19 agosto 2011 nella sua casa a Bergamo, proprio mentre alla Gmg di Madrid si con-cludeva la Via Crucis dei giovani. La sua vita raccolta e raccontata da lei in questo libro è stata per me fonte di ispirazione e di riflessione. Penso che nella vita si incontrino, anche indirettamente, tante per-sone destinate a lasciare un segno dentro di te e credo che lei sia una di quelle. Senza dubbio. E in fondo, diciamocelo, ci sono persone che nascono con una marcia in più, con “quella” marcia in più. Ma se vole-te saperne di più potete trovare su Internet, su Youtube, dei video del-la sua testimonianza e alcuni blog dedicati a lei.

L’indirizzo del video su Youtube è:http://www.youtube.com/watch?v=A_9CwE_rLkQ

Quello del blog:www.congiulia.com, dove potrete scrivere e inviare messaggi ad ami-ci e famigliari di Giulia.

Emanuela

19 Maggio/Giugno 2012

Campo 2a Media Partenza domenica 22 luglio nel pomeriggio e rientro giovedì 26 luglio per le ore 12,30

Il costo è di 100 euro per campo. Iscrizioni presso la segreteria dell’Oratorio o la segreteria parrocchiale entro domenica 8 luglio. Mercoledì 20 giugno, all’oratorio, presentazione dell’esperienza ai genitori

In vacanza con l’Oratorio: proposte per l’estate

BORGO S. LORENZO (FI), 5 - 12 AGOSTO

L’estate è un momento speciale, nel quale metti amo tante att ese e che può diventare davvero occasione di espe-

rienze importanti per la vita, sopratt utt o a una certa età.Vista la scelta di andare in montagna dopo il Cre con i ragaz-zi di 1a media e con quelli di 2a media, si è deciso di fare una proposta unica per 3a media e adolescenti , all’inizio di ago-sto. Cambia il luogo, con diff erenti mete e le opportunità, ma rimane l’idea di stare insieme per una setti mana, in una casa in autogesti one giocando, riposando, divertendosi, ma anche collaborando, pregando e rifl ett endo.La proposta prevede una prima giornata con sosta al mare, nella zona di Cesenati co, la domenica 5 agosto, per poi arri-vare in Toscana prima di sera il lunedì 6 agosto. Il Villaggio don Orione (perché questo è il suo vero nome) è un insieme di case della parrocchia di Borgo S. Lorenzo (Fi),

a 5 Km dal paese, collocato sulle colline toscane a ridosso degli Appennini, nella zona della Toscana chiamata Mugel-lo, a una trenti na di Km da Firenze. Sarà sicuramente l’occasione per conoscerci un po’ di più (almeno da parte mia) e per consolidare i legami tra gli edu-catori e i “loro” ragazzi. Ma anche (perché no?) per dare la possibilità a qualcuno di riagganciare il cammino dell’Ora-torio.Il rientro è previsto per la domenica 12, in serata. Il costo è di 250 euro e le iscrizioni si raccolgono in segreteria parroc-chiale o dagli educatori entro domenica 15 luglio. La sera di venerdì 22 giugno verrà fatt a una riunione di pre-sentazione per gli adolescenti che parteciperanno e per i genitori che volessero saperne di più.

don Diego

FIUMENERO di VALBONDIONE

Campo 1a Media Partenza giovedì matti na 26 luglio e

rientro domenica sera 29 luglio

dial gare 20

Un ragazzo con handi-cap mentale può avere il senso del perdono?Alcuni sacerdoti e certi genitori non sostengo-no il sacramento della Riconciliazione per un ragazzo con handicap mentale, perché pen-sano che non capisca. Mi piacerebbe rassi-curarli: quel bambino è una persona; così come la dignità non è intaccata dall’handi-cap, la vita spirituale non è legata al livello di comprensione.Detto questo, oserei dire che le persone con handicap mentale san-no chiedere e ricevere il perdono meglio di noi. Alcune di loro mi abbracciano dopo aver ricevuto l’assoluzione: capiscono che in quan-to prete, rappresento per loro la misericordia di Dio.

Ma questi ragazzi peccano? Alcuni di loro non sembrano avere una volontà propria… Al contrario, questi giovani hanno una volontà inaudita; potrebbero lasciarsi morire, ma loro scelgono di accogliere la vita che hanno ri-cevuto. Forse alcuni non peccano concretamente. Il sacramento del perdono è fatto perché noi vi de-positiamo i nostri peccati, ma il significato profondo della parola “confessione” è il riconoscimento della misericordia di Dio per noi e non la confessione dei peccati. Non si tratta di chiedersi: “Mio fi-glio pecca?” oppure “Saprà dire i

Riscoprire la grazia della Confessione

Attraverso l’esperienza di un sacerdote che segue un gruppo di ragazzi con handicap mentale, riscopriamo aspetti importanti del sacramento della Riconciliazione

suoi peccati?”. Con il sacramento della Riconciliazione è invitato ad accogliere di nuovo la grazia del Battesimo, a riscoprire che Egli è il figlio prediletto del Padre. Chi deve lottare per vivere, chi lotta contro la depressione che può invaderlo, come potrebbe non aver bisogno di questa grazia?

Come si confessa un giovane con handicap mentale? Gli dico che sono felice che sia lì, facciamo insieme il segno della croce. Se può parlare lo aiuto a fare l’esame di coscienza parlando-gli degli amici, della famiglia… Se il giovane non parla, chiedo perdono con lui, tenendogli le mani perché sia in comunione con me. Poi dico il

Padre Nostro perché da solo non saprà fare la penitenza. Infine pro-nuncio per intero la for-mula dell’assoluzione, semplificarla sarebbe infatti come non pren-derlo sul serio.

Il ragazzo rischia di prendere il suo handi-cap come una colpa?Può sentirsi colpevole di esistere se avverte, per esempio, la sofferenza dei suoi cari. Ma la con-fessione non può dargli questo sentimento: al contrario lo aiuta a sca-ricarsi dai sensi di colpa, per mostrargli che il Si-gnore lo ama così com’è e accoglie la sua richie-sta di perdono.

Le confessioni delle persone con handicap

l’hanno cambiata?Ho capito che potevo confessarmi facilmente, senza torturarmi. Ne parlo con più facilità ai giovani di cui mi occupo. Cerco di dar loro vo-glia di questo sacramento come ha dimostrato un ragazzo disabile du-rante un ritiro. È venuto a confes-sarsi, ma non parlava; non sapevo se capiva ciò che gli dicevo, gli ho dato l’assoluzione e se ne è andato facendo il segno V della vittoria. Le persone non handicappate hanno cominciato a venire di corsa. Ave-vano visto la gioia che procura il perdono!

P. Mahéas,assistente spirituale della

comunità per disabili di Trosly, Franciada Ombre e Luci n. 117

21 Maggio/Giugno 2012

Quando da piccoli abbiamo imparato a camminare, quante volte siamo caduti!

Così è nella vita. Ogni giorno si inciampa, si perde l’equi-librio, si fa un passo falso… ma Dio, che è un Padre ricco di misericordia, rimette in piedi chi gli chiede aiuto e in cambio vuole solo sentirsi dire una parola: scusami!

L’amore si fa perdono

Domenica 6 maggio, i bambini di terza elementare si sono accostati,per la prima volta, al sacramento della Confessione

Tutto questo lo abbiamo sperimentato: domenica 6 mag-gio nel giorno della nostra Prima Confessione. Dopo la S. Messa è iniziata la nostra “preparazione itinerante” per le strade del nostro paese accompagnati dai nostri genitori.Prima tappa: il pranzo presso la Comunità Shalom, poi Sant’Andrea in Catello, dove ci è stato consegnato “un seme” e il compito di custodirlo tra le mani, altra tappa: la chiesa di San Martirio. Il nostro cammino ci ha infine portati alla chiesa di San Giovanni, dove abbiamo toccato con mano l’amore che si fa perdono, qui abbiamo vissuto con emozione e sem-plicità la nostra Prima Confessione. Subito dopo abbiamo piantato il nostro “seme” nella terra. Tocca noi ora aver-ne cura, perché possa sbocciare e dare frutto. Sì, perché il Signore ci ama fino al punto da renderci responsabili della nostra vita, lascia a noi la scelta di far fruttificare ciò che ci dona: il suo Perdono. Con questa gioia nel cuore, abbiamo concluso la nostra festa in oratorio con una deli-ziosa merenda preparata dalle nostre mamme.Grazie di cuore a tutte le persone che ci hanno accompa-gnato lungo il cammino…

I bambini di terza elementareI semi piantati nella terra dei vasetti dai bambini

Foto di gruppo dopo la Messa delle 10.30

dial gare 22

Nicholas Austoni Andrea Belloli

Chiara Biffi Luca Bonalumi

Benedetta BroggiGreta Carsaniga Laura Cattaneo Nicola Ceresoli

“Luce di verità, fiamma di carità, vincolo di umiltà,Spirito Santo Amore”

Domenica 13 maggio, sacramento della Cresima per i ragazzi di seconda media e Prima Comunione per Alain e Naomi Brandini.

Ha presieduto la celebrazione l’Abate di Pontida P. D. Francesco Monti

Alessia ChiappaDavide ChiappaRebecca Cilente

Veronica ColnagoAlessandra Colombo

Alessia D’AmatoGianfranco Fedeli

Edoardo Frecassetti

Valentina GalizioliCristiana Ganis Silvia Ghisleni

Francesca GiaccoSara Giusto

Michele GottiNicholas Laini

Lorenzo LampugnaniGiulia Lavelli

Silvia Limonta Giorgio Maestroni

Laura MazzeoSimone MazzoleniValeria Mazzoleni

Elisabetta MedolagoAnthony Murè

Lucrezia PennatiElena RavasioEros Ravasio

Pietro RavasioJessica Rosa

Edmea RusconiLuca Scola

Daniele SigillòChiara Tiba

Flavia ViscardiEvert Zwaan

23 Maggio/Giugno 2012

L’inverno è destinato prima o poi a finire e anche il più piccolo seme ne è a conoscenza! È soltanto, infatti,

quando i primi raggi del sole iniziano a riscaldare la terra che esso comprende che la sua ora è giunta: inizierà così a schiudersi e a germogliare venendo alla luce. Allo stesso modo noi, adolescenti e giovani, non appena le giornate divengono più assolate, non vediamo l’ora di uscire dal nostro guscio, di abbandonare, almeno temporaneamen-te, gli impegni e le preoccupazioni, di staccare la spina dal lavoro o dallo studio e di dedicare qualche giornata della nostra vita frenetica al relax e al divertimento; ancora bi-sognosi di affrontare nuove esperienze e di crescere in-sieme, abbiamo così deciso, giunti al ponte delle Calende di maggio e ormai direttamente proiettati verso l’estate, di partire alla volta di Nizza e della Costa Azzurra, luoghi di una bellezza straordinaria.Sebbene non particolarmente incoraggiati dalle previ-sioni meteo piuttosto negative, l’entusiasmo non poteva mancare poiché nel cuore sentivamo il bisogno di doverci conoscere un po’ meglio sia tra di noi sia nei confronti di don Diego, con il quale poche erano state fino a quel momento le opportunità di relazionarsi: più numerose sarebbero state le occasioni in un gruppo più ristretto e compatto come il nostro.Bagagli a bordo e macchine fotografiche nelle mani, pron-te a immortalare ogni singolo istante di questa avventura, siamo giunti, ormai prossimi a mezzogiorno, ad Antibes, una piccola località marittima nota per la produzione arti-gianale in ceramica e per il soggiorno che quivi trascorse Pablo Picasso, del quale abbiamo visitato il museo con la possibilità di ammirare opere che, anche se non tra le più famose, riuscivano comunque a trasmettere stupore e interesse, al di là del semplice giudizio “mi è piaciuto / non mi è piaciuto”. Il dedicare un po’ di tempo all’arte e il meravigliarsi di fronte a tutto ciò che l’uomo è stato in grado di fare nel corso della storia, seppure entro i suoi

Giovani e adolescenti in Costa Azzurra

limiti, era dopotutto uno degli obiettivi dell’esperienza e così, con questo intento, abbiamo trascorso anche la mattinata del giorno successivo, visitando la mostra dedi-cata alle rappresentazioni bibliche dell’artista di religione ebraica Marc Chagall. Al termine della mostra è stato in-fine richiesto di scegliere un quadro che ci aveva partico-larmente colpiti, vuoi per le modalità di rappresentazione della scena, vuoi per il significato più profondo celato al di là delle semplici pennellate, e di annotare brevi con-siderazioni o pensieri da condividere nel momento col-lettivo serale, sicuramente importante per un confronto su tematiche più serie e non scontate rispetto a quelle solitamente affrontate in una normale conversazione.Altro scopo della vacanza era indubbiamente quello di visitare le città: Antibes, Nizza e il centro di Montecarlo nel vicino Principato di Monaco erano pronte a ospitarci e a mostrarci le loro molteplici bellezze urbane e naturali. L’incontro poi con un altro gruppo di giovani bergamaschi ci ha permesso di condividere insieme alcune ore delle nostre giornate come nel caso della Messa di ringrazia-mento finale celebrata sugli scogli; ai più impavidi il cli-ma, non così rigido, ha anche concesso la possibilità di fare un bagno ristoratore, acqua gelida permettendo.Che dire... traguardi tutti raggiunti: la coesione nel grup-po giovani e adolescenti si è consolidata, anche in vista dell’imminente inizio del CRE, così come la serenità in ognuno di noi che forse, e parlo per me, era un po’ da dissotterrare... Non sarà solo il braccialetto che alcuni di noi hanno acquistato in segno di legame a ricordarci di questa esperienza, ma lo saranno di più i nostri volti sorridenti e spensierati e le grasse risate di cui ci ricorde-remo sempre e che ci faranno forse guardare con malin-conia a questo nostro vissuto, che si spera possa rivivere ancora e ancora e ancora.

Matteo

29 apr.1 Mag.2012

a villa

d’ad

da...

dial gare 24

Un aiuto per la vitaÈ giunta in redazione una lett era di Mario Mazzo-leni che, att ualmente, sta svolgendo il proprio ser-vizio nella missione di Angamarca in Ecuador. Qui sott o ne trovate un piccolo stralcio. Cogliamo l’occasione per segnalare che le off erte che verranno raccolte nelle messe di sabato 9 e domenica 10 giugno, saranno inviate a lui a soste-gno di questo progett o.

Cari amici,io sto molto bene, spero anche voi. (…)Qualche giorno fa è venuta una donna di 26 anni nel dispensario a chiedermi se poteva fare un test di gravidanza. Il test è risultato positi vo (…). Pen-savo diventasse felice alla noti zia di aver un fi glio, invece si è messa a piangere. Ho iniziato un po’ ad ascoltare la sua storia e prati camente mi ha dett o che ha già tre fi gli, ma non ha una casa, suo marito non ha animali e non hanno niente. Conti nuando a parlare mi ha dett o che non voleva che un altro fi glio vivesse in quella condizione (…).Comunque parlando con lei e suo marito hanno deciso di non aborti re, e in cambio ci siamo impe-gnati a garanti rgli una piccola casa 6 metri x 6. (…)Il totale è di 1.425 dollari che penso corrisponda a 1.100 euro. (…) POTETE AIUTARMI?Non so, chiedete alle mamme, al gruppo ravioli, ai vostri compagni di classe, agli zii, ...La donna si chiama Gloria e il marito Patricio, una fi glia Giovanna e gli altri due non so. Ho voluto un po’ prendermi a cuore questa questi one: di preciso non so bene neanche io il perché. Però penso che possa aiutare queste persone a far vedere che il

bene esiste e che è qualcosa di concreto. Inoltre penso possa aiutare anche voi a senti re la missio-ne un po’ più vostra.Non sono risuscito a fare delle foto alla baracca “per animali” in cui vivono adesso, perché mi ver-gognavo un po’; però i conigli di casa mia hanno una casa migliore della loro (…).Un abbraccio forti ssimo, Mario

Off erte raccolte in varie celebrazioni30 Ott obre 2011: Giornata Missionaria:€ 2.119 versati al Centro Missionario Diocesano

18 Marzo 2012: Giornata del Seminario:€ 1.636 versati all’Opera S. Gregorio Barbarigo del Seminario di Bergamo

Aprile 2012: Quaresima missionaria:€ 1.900 (di cui 250 dati dal Gruppo “Amici dell’Afri-ca”), versati al Centro Missionario Diocesano

I partecipanti allo spettacolo canoro perla festa della mamma, sabato 12 Maggio,

Cine-Teatro San Carlo

25 Maggio/Giugno 2012

Agli inizi degli anni Novanta le organizzazioni di volontariato Conferenza San Vincenzo, Grup-po Alpini, Gruppo Caritas e Protezione Civile, sensibili alle esigenze di chi non disponeva di mezzi propri di trasporto per accedere alle strutt ure ambulatoriali e ospedaliere, pensa-rono alla costi tuzione di un’Associazione, senza fi ni di lucro, denominata Volontariato Sociale e Protezione Civile. Il 27 febbraio 1994, nella sede degli Alpini in via Frigerio 4 (che avrebbe ospitato anche la nuova Associazione), venne redatt o lo statuto costi tuti vo che disciplina l’atti vità. Inizialmente l’Associazione dispone-va unicamente del pullmino di proprietà del Gruppo Alpini e delle auto private dei volontari auti sti . Nel febbraio 2001 l’Amministrazione Co-munale, riconoscendo la validità dell’iniziati va, de-liberò di concedere un veicolo in comodato d’uso. I veicoli venivano parcheggiati presso l’abitazione del compianto Sperandio Aldeni, capogruppo de-gli Alpini e presidente della neonata Associazione.Nel fratt empo si avvertì la necessità di una strut-tura che potesse ospitare alcune Associazioni ope-ranti sul territorio, progett o che divenne realtà con l’inaugurazione il 7 sett embre 2008 della nuova sede delle Associazioni dedicata al beato don Car-lo Gnocchi.Oltre all’atti vità primaria (accompagnamento), l’Associazione è presente con altre iniziati ve di uti lità sociale (Pedibus, Banca del Tempo, Cicale e Formiche, Telefono Azzurro, ecc. ).

Noti zie dall’Associazione di Volontariato Sociale

Le richieste di accompagnamento sono in conti nua crescita e, pur disponendo di tre autovett ure, a volte si rende necessario l’uti lizzo dei veicoli priva-ti . Att ualmente i volontari auti sti sono diciannove. Il 4 marzo scorso, “Giornata sociale” dell’Associa-zione, dopo la Santa Messa, il parroco don Diego ha benedett o la Fiat multi pla a metano, recente-mente acquistata.L’apprezzamento della Comunità per l’atti vità svol-ta si riscontra tangibilmente nell’att ribuzione del 5 per mille (codice fi scale 91010800166) che, ricor-diamo, è totalmente a carico dello Stato.Per benefi ciare del servizio del Volontariato si deve contatt are la signora Ardelia Gandolfi al n. 035-792211 o al cell. 347-4965758.

Angelo Fetti

Lunedì 28 maggio,alla Festa della Birra

CONCERTO REGALOper don Andrea

Apostolato della PreghieraIl Vescovo di Bergamo ha indicato per quest’anno le intenzioni di preghiera legate alla vita della no-stra diocesi: dopo quelle già pubblicate di Genna-io, Febbraio, Marzo, Aprile e Maggio, ecco le se-guenti per i prossimi mesi dell’anno:

Giugno: Per i sacerdoti ordinati e per il Seminario, perché siano degni della chiamata del Signore a seguirlo nella via del sacerdozio.

Luglio: Per i ragazzi, gli animatori, gli educatori, gli adolescenti e i giovani, perché vivano esperienze ricche di umanità e di fede.

Diamo inoltre un avviso, a cura dell’ Apostolato della Preghiera:

17 Giugno: a Sott o il Monte presso il PIME (Casa natale di Papa Giovanni), alle ore 15 incontro di for-mazione vicariale con don G. Ferrari: “La spiritualità del Sacro Cuore con riferimento al beato Giovanni XXIII”; Adorazione eucaristi ca e Santa Messa.

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dial gare 26

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In memoria di Geremia Bolognini

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In memoria di Alessandrina Turani

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Marzo 2012

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In memoria di don Egidio

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In memoria di Mario Paggi

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In memoria del def. Giuseppe .......................€ 100

Gruppo del Ritiro Oratorio

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Aprile 2012

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27 Maggio/Giugno 2012

prega per i fratelli defunti

i piccoli appena battezzati

Il 15 Aprile: Bruno Gabriele Nucera di Francesco e Maria Teresa Vadalà

Serena Brena di Marco e Viviana Vanalli

Amalia Arnoldi di Matteo e Angela Marinaro

Lorenzo Chiappa di Alessandro e Stefania Quadri

Giacomo Locatelli di Emanuele e Virginia Ghisalberti

Giulietta Isabel Manenti di Giacomo e Fabiana Locatelli

Jacopo Boschini di Bruno e Gabriella Cestaro

Gabriele Mazzoleni di Stefano e Monica Talarico

Enrico Panzeri, di anni 83, deceduto il 22 marzo

Caro papà,sono passati pochi mesi e sembra un’eternità; più passano i giorni e più è difficile accettare che non ci sei proprio più.Hai dedicato tutta la tua vita per il lavoro: quando è stato il momento di doverlo ab-bandonare non lo hai accettato e ti sei chiuso tra le mura di casa.Sei stato un papà e un marito di poche parole, pochi complimenti, ma un papà mo-dello.Il Signore ha voluto chiamarti in fretta, senza lasciarci il tempo di rendercene conto… Hai lasciato un vuoto incolmabile. Ci manchi tanto; da lassù proteggici.

Moglie e figli

Mario Paggi, di anni 90, deceduto il 27 marzo

Ciao nonno, nella nostra vita sei stato una presenza costante, anche se discreta, di poche parole…La tua vita parla per te: marito, padre, nonno, bisnonno; grande lavoratore; forte lottatore contro ogni malattia e difficoltà.Ci piace pensare che in questa occasione tu non abbia avuto bisogno di lottare perché era il tuo momento, il momento in cui Dio ti ha chiamato accanto a sé.Auguri, nonno. Grazie!

I tuoi nipoti e i tuoi cari

La nostra comunità ricorda

Il 20 Maggio: Alessio e Mattia Bonetti di Fabrizio e Filippa Scivoli

Giulia Randazzo di Giuseppe e Teresa Anzelmo

Elisa e Giulia Sacchi di Valerio e Elena Bolis

Letizia Ferrari di Lorenzo Federico e Bruna Negri

Emma Teresa Bonsaglia di Daniele e Rossella Melotto

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dial gare 28

gli anniversari

Francesco Villa6.5.08 6.5.12

Angelo Manzoni22.4.87 22.4.12

Il prossimo numero di è previsto per il 15 Luglio 2012dial gare

Bianca Colombo9.5.88 9.5.12

Pietro Chiappa18.5.82 18.5.12

Alessio Mazzoleni19.5.98 19.5.12

Teresina Locatelli in Biffi, di anni 79, deceduta il 21 aprile

Il destino ti ha tolto dall’affetto della famiglia, ma non ti toglierà mai dalla nostra me-moria e dal nostro cuore.

I tuoi cari

Anselmo Parietti23.5.98 23.5.12

Mansueto Sala25.5.03 25.5.12

Alessandro Crippa29.5.86 29.5.12

Nevio Perico29.6.07 29.6.12

Angelo Agazzi28.4.11 28.4.12

Giuseppina Caseri 15.7.98 15.7.12

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