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musica & terapia numero 23 direttore editoriale Gerardo Manarolo comitato di redazione Claudio Bonanomi Massimo Borghesi Ferruccio Demaestri Bruno Foti Alfredo Raglio Andrea Ricciotti segreteria di redazione Ferruccio Demaestri comitato scientifico Rolando O. Benenzon Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina Michele Biasutti Università di Padova Leslie Bunt Università di Bristol, Gran Bretagna Giovanni Del Puente Sezione di Musicoterapia, Università di Genova Denis Gaita Psichiatra, Psicoanalista, Milano Franco Giberti Psichiatra, Psicoanalista, Università di Genova Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia Luisa Lopez Fondazione Mariani, Milano Giandomenico Montinari Psichiatra, Psicoterapeuta, Genova Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta, Bologna Oskar Schindler Ordinario di Foniatria, Università di Torino Frauke Schwaiblmair Istituto di Pediatria Sociale e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania Segreteria di redazione: Ferruccio Demaestri • C.so Don Orione 7, 15052 Casalnoceto (AL) tel. 347/8423620

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musica & terapianumero

23direttore editorialeGerardo Manarolo

comitato di redazioneClaudio BonanomiMassimo Borghesi

Ferruccio DemaestriBruno Foti

Alfredo Raglio Andrea Ricciotti

segreteria di redazioneFerruccio Demaestri

comitato scientificoRolando O. Benenzon

Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina

Michele BiasuttiUniversità di Padova

Leslie Bunt Università di Bristol, Gran Bretagna

Giovanni Del PuenteSezione di Musicoterapia,

Università di Genova

Denis GaitaPsichiatra, Psicoanalista, Milano

Franco GibertiPsichiatra, Psicoanalista,

Università di Genova

Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia

Luisa LopezFondazione Mariani, Milano

Giandomenico MontinariPsichiatra, Psicoterapeuta, Genova

Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra

Infantile, Psicoterapeuta, Bologna

Oskar SchindlerOrdinario di Foniatria, Università di Torino

Frauke SchwaiblmairIstituto di Pediatria Sociale

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pag 1Editoriale

pag 2Intervista ad Augusto Romano

pag 6Acquisizione linguistica e musicaEgidio Freddi

pag 13La balbuzie e la voce del padreLaura Pigozzi

pag 21La musicoterapia presso la Fondazione Sospiro:evoluzione, sviluppi scientifici e riflessioniAlfredo Raglio

pag 29La canzone come strumento terapeuticoPier Luigi Postacchini

pag 36Musicoterapia: processo, descrizione e analisi del comportamento non verbale Antonio Pitrelli

pag 44Schizoaffettività e musicoterapia l’esperienza della stabilitàSimona Neri

pag 48Un concerto di storieSilvia Cornara

pag 52Recensioni

pag 56Notiziario

pag 58Articoli pubblicati sui numeri precedenti

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Musica et Terapia si apre con l'intervista gen-tilmente concessa da Augusto Romano in oc-casione del Convegno "La musica della mente,la musica del corpo" (Torino, 2010). AugustoRomano, di cui ricordiamo "Musica e Psiche"(Boringhieri, 1999), introduce con le sue paro-le il fascino ed il mistero della dimensione sim-bolica propria del musicale, il suo essere intel-ligibile ma altresì intraducibile.Gli articoli di Egidio Freddi, Laura Gamba e PierLuigi Postacchini sviluppano l'incipit di AugustoRomano. Egidio Freddi approfondisce le valen-ze simboliche dell'elemento sonoro/musicalesottolineandone il ruolo di anticipatore e pre-cursore del linguaggio verbale. Laura Pigozzi,ponendosi nell'interlinea tra verbale e non ver-bale, tra parola e canto, esamina la conflittua-lità drammatizzata nella balbuzie. Pier Luigi Po-stacchini descrive un intervento musicoterapi-co dove la composizione di una canzone (testoe musica), da parte di un gruppo di pazienti, co-stituisce un prezioso momento d'integrazioneintrapsichica e interpsichica. Lo scritto di Alfre-do Raglio, che prende spunto dalla ventennaleesperienza condotta presso la Fondazione Sospi-ro di Cremona, pone l'attenzione sul concetto discientificità in musicoterapia e costituisceun'implicita risposta al contributo di P.L. Po-stacchini e M. Spaccazocchi apparso in Musi-ca&Terapia, n. 21, gennaio 2010. I contributi diAntonio Pitrelli, Simona Neri e Silvia Cornarapropongono infine diverse esperienze applicati-ve. Antonio Pitrelli presenta un intervento pre-ventivo, svolto in un contesto educativo secon-do la metodologia benenzoniana; Simona Neripropone la storia clinica del trattamento musi-coterapico di una paziente schizoaffettiva; Sil-via Cornara, partendo dalla propria personaleesperienza, descrive le linee guida che possonoregolare l'applicazione della musicoterapia re-cettiva di gruppo in ambito psichiatrico.

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In this interview Augusto Romano deals with themeaning of music, a language we all know butwe never studied. Music is a strange world, inwhich emotions flow beyond rationality, it’s alanguage but it may not be transcribed into ver-bal language. This contradiction is the cardinalpoint of the difference between linguistic andmusical experience.

Che ruolo ha avuto nella sua vita la musica?In un quadro di Vermeer intitolato “La lezione dimusica” è dipinta una spinetta. Sul coperchio diquesta si può leggere il seguente motto: Laetitiaecomes, medicina doloris. Compagna della gioia,farmaco del dolore. Bene, questa è stata la fun-zione della musica nella mia vita. Ho cominciatoad ascoltare musica, e poi un po’ a suonarla, sinda bambino. Naturalmente, ci sono state dellecircostanze favorevoli: mia madre suonava il vio-lino da dilettante. Ma io penso, o mi illudo, diaver constatato una consonanza naturale tra mee la musica. Ricordo assai bene la forte emozioneche mi prese quando ascoltai per la prima volta,intorno ai 13-14 anni, la Partita numero due in reminore per violino solo di Bach. Quella ferrea ar-chitettura di note all’interno della quale esalavaun sentimento nobile e intenso segnò per mel’apparire di un mondo sconosciuto.Perché la musica è un mondo, uno strano mondoin cui le nostre emozioni certamente si rispec-chiano ma al tempo stesso vengono come illimpi-dite, un mondo che è il nostro ma che pure hauna sua autonomia. Tant’è vero che Schopen-hauer scrisse che la musica è “un paradiso a noiben familiare ma pure eternamente lontano.” Inquesta ambiguità che è impossibile sciogliereconsiste il mistero della musica. Una volta ho fatto un sogno: mi trovavo in unbosco e incontravo un uomo seminudo, con unagrande barba incolta – l’uomo dei boschi – cheimpugnava un violoncello. Sembra una allusione

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Laetitiae comes,

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Intervista ad Augusto Romano*

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poetico Wackenroderscrisse che “la musicaparla una lingua chenon conosciamo nellavita ordinaria, l’abbiamoimparata non sappiamodove e come, e soltanto

si potrebbe credere che essa sia la lingua degli an-geli.” E, sulla stessa linea, Grillparzer disse: “Quan-do le parole non bastano più, sono i suoni a par-lare.” Per concludere, mi sembra inevitabile direche la musica è un ineffabile. Ineffabile non vuo-le dire vago, ma piuttosto ciò che sta dietro il di-cibile e lo alimenta senza mai esaurirsi in esso.

La musica talvolta è in grado di emozionarci im-provvisamente e intensamente. Quali possonoessere i meccanismi psichici?Io credo, insieme a molti altri, che la musica – piùche ogni altra espressione artistica – per così direpeschi nell’inconscio. Uno psicoanalista, FrancoFornari (1984), ha sostenuto che l’origine e il si-gnificato della musica vanno collegati a situazio-ni primitive di tipo fusionale, cioè sostanzialmen-te al rapporto originario con la madre: di questorapporto la musica sarebbe il residuo, la rievoca-zione, la nostalgia oggettivata. E dunque le emo-zioni improvvise sarebbero il risultato di una sor-ta di corto circuito che favorisce il collegamentotra l’esperienza presente e quella remota e origi-naria, che si spinge sino alla vita intrauterina. C’èinfatti chi ha sostenuto che il suono post-nataleè il rispecchiamento di quello pre-natale, rappre-sentato dal battito cardiaco della madre. La musica sarebbe, in questa prospettiva, il tenta-tivo di recuperare il “paradiso perduto”. Questa èun’idea che ha circolato per tutta l’epoca roman-tica, in cui spesso la musica è stata concepita co-me la lingua segreta dell’universo che mette incomunicazione tra loro tutti gli esseri. A tuttequeste idee sulla musica è comune il sentimentodella nostalgia.

alla solidarietà dellamusica con un mondo“naturale” anteriore aogni separazione, doveogni tensione è elimi-nata e si ascolta solo lavoce di “quell’elementofluido originario”, che per Wagner corrisponde alsuono.Ma torniamo a noi. Laetitiae comes, medicina do-loris: quando la gioia ci invade, la musica la con-ferma e la espande, riaffermando l’armonia del-l’universo; quando siamo tristi, la musica ci vienedelicatamente in aiuto, modulando la nostra tri-stezza, rendendola sopportabile, additando unospazio in cui la tristezza si scioglie in canto.

Quale pensa sia la peculiarità dell’espressione edella fruizione musicale?Questo è un problema quasi insolubile, che siconnette alla cosiddetta asemanticità del lin-guaggio musicale, che non è organizzato secondola dicotomia di significante e significato. Se io di-co la parola “sedia”, questa parola è il significan-te di quel manufatto su cui io sono seduto, che nerappresenta appunto il significato. Ma se ascoltoun brano musicale, quale è il suo significato? C.Lévi-Strauss (1966) ha scritto che “tra tutti i lin-guaggi solo la musica riunisce i caratteri contrad-dittori di essere a un tempo intelligibile e intra-ducibile”. Dunque, possiamo dire che la musica èuna realtà di forte impatto emotivo ma, nella suaessenza, misteriosa e non descrivibile se non inmodo indiretto, allusivo e in definitiva insoddi-sfacente. Ciò perché, nella musica, significato esignificante coincidono, e dunque la musica nonrimanda ad altro che a se stessa. La musica è dun-que un linguaggio, che però non può essere tra-scritto nel linguaggio verbale. Si può allora direapprossimativamente che la musica è capace diospitare, nella sua infinita ambiguità, una ric-chezza di senso non altrimenti dicibile. In modo

La musica sarebbe, in questa prospettiva,

il tentativo di recuperare

il “paradiso perduto”

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conseguenza, nella progressiva trasformazionedel mondo in quello che Mc Luhan chiamava il“villaggio globale” (1988). Ciò ha comportato una uniformizzazione del lin-guaggio della musica leggera e un suo attestarsisul livello dell’ascolto più facile; oltre che, ovvia-mente, la possibilità di raggiungere tutti gli abi-tanti del pianeta con una diffusione capillare econtinua. Un fenomeno in realtà non tanto dissi-mile dalla diffusione mondiale dei romanzi di in-trattenimento, costruiti in base a un modello diappetibilità, accuratamente studiato in modo dapoter vendere milioni di copie.Intanto la musica alta, classica o contemporanea,continua a vivere dignitosamente nelle sue ridot-te: sale da concerto, teatri d’opera e qualche ca-nale radiofonico specializzato.Il risultato finale è quello che lei segnala nella do-manda: l’anestesia. In questo, la musica è in buo-na compagnia: i romanzi, il cinema, soprattutto latv e l’uso compulsivo del computer. Lei ha usatola parola “anestesia”, ma l’anestesia presuppone ildolore, che si vuole appunto placare. Lo scopo èdunque quello di addormentare, di smorzare ildolore che la vita porta sempre con sé: quel dolo-re che i grandi compositori (ma anche, ciascunonel proprio contesto, gli scrittori di musica legge-ra) un tempo cercavano invece di esprimere.

Alcuni autori hanno sottolineato la presenza dianalogie tra la dimensione interpretativa psi-coanalitica e quella musicale. Cosa ne pensa?La musica fornisce alla prassi analitica molte sug-gestioni di tipo analogico. La musica, si è detto, èun indicibile. Il lavoro analitico ha molto a che fa-re con l’indicibile. Infatti, se l’inconscio è un’espe-rienza, tentare una interpretazione esaustiva del-le immagini che esso fornisce (nei sogni e nellefantasie) rischia di privarle della loro energia. Eperciò l’interpretazione analitica è per lo più allu-siva, volta a far sì che le immagini entrino nel cir-cuito vitale, rispettando però la loro inesauribili-

Che le cose stiano così non si può dire. Ma sem-bra comunque evidente che la musica affonda lesue radici nell’irrazionale, mentre il linguaggioverbale esprime – come ha scritto George Steiner- “la caduta dell’uomo nella logica”. La musica in-vece è un paradosso vivente perché – come ho giàdetto – è supremamente significante e al tempostesso, se considerata rigorosamente, priva di si-gnificato. È questa la trasgressione che la porta aldi là dell’intelletto.Si potrebbero anche istituire dei parallelismi tra lamusica e l’inconscio, volti a stabilire la filiazionedell’una dall’altro. Per esempio, sia la musica chel’inconscio sono un’esperienza, non un costruttoconcettuale. Inoltre, sia la musica che l’inconsciosono al di là del vero e del falso, del bene e delmale. La musica vive fuori dai territori dell’etica edei giudizi di verità che organizzano quasi intera-mente il linguaggio cosciente.

Non le sembra che il musicale, nei suoi aspettipiù commerciali, rappresenti oggi una presenzacostante e anestetizzante?La musica leggera, o di intrattenimento, è sempreesistita, con caratteristiche diverse a seconda delleepoche e dei luoghi. Ho anche l’impressione che lamusica “alta” sia sempre stata ascoltata da un nu-mero limitato di appassionati (o di persone che at-traverso la presenza ai concerti intendevano con-fermare la loro appartenenza a un certo ceto so-ciale). Va però anche detto che la musica “leggera”non di rado aspirava alla musica colta e comunquecon questa condivideva le strutture comunicative.Il problema attuale, tuttavia, non mi sembra con-sistere nel fatto che la musica leggera si è libera-ta dai vincoli linguistici della musica colta. Anzi,questo ha permesso a volte di inventare delle mu-siche di notevole qualità e originalità (si pensi adun certo rock, per non dire del jazz, che peraltrooggi si ascolta sempre meno).La novità del problema consiste nella moltiplica-zione dei mezzi di comunicazione di massa e, di

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tà. L’idea-base, l’assunto di fondo è che poco c’èda capire e molto da sperimentare.Un altro nesso tra musica e analisi riguarda lafunzione dell’analista, cui è demandato il compi-to di tradurre “i segni muti di un pentagrammainconscio in un discorso ascoltabile”. Un’afferma-zione corretta, a condizione che questo non vo-glia dire svelare un mistero, quanto piuttosto far-lo risuonare. È un po’ come in certe culture pri-mitive, in cui il mago cantore, lo sciamano, è un“risuonatore cosmico”, che chiama e risveglia nel-l’altro il suo dio. Il mago cantore prova a rimette-re in moto il mondo (noi diremmo la psiche delpaziente) ripetendo, col suo canto, la musica chelo rappresenta. Scopo dell’intervento è dunque ri-pristinare la melodia che esprime il ritmo indivi-duale del soggetto malato. Del resto, una metafo-ra corrente in analisi è ”sentire la musica dell’al-tro”, che significa appunto cogliere il suono diquella psiche, qualcosa che sta nelle parole e ol-tre le parole, ed è la percezione di un andamento,di uno stile, di un’impronta individuale. La musi-ca è un organismo vivente, per quanto sfuggentee indecifrabile, e così siamo noi. Se sentiamo l’al-tro come musica, egli diventa per noi una realtà eun valore affettivo; altrimenti resta un aggregatoatomistico di segnali, senza musica, senz’anima.E infine, non di rado al terapeuta spetta di suo-nare la musica che manca al paziente, che il pa-ziente non conosce, ma che pure è nascosta den-tro di lui. Questo è particolarmente evidente neifenomeni controtransferali, in cui spesso il tera-peuta si trova ad agire compensatoriamente ri-spetto al comportamento del paziente, dando co-sì voce al suo inconscio.

* Intervento presentato nel corso del convegno“La musica della mente, la musica del corpo”29/10/2010, Ospedale Molinette, Torino, Ass. R.avionlus. Intervista a cura di Elsa Bianco e Silvia Genestre-ti. Domande di Gerardo Manarolo.

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Fornari F. Psicoanalisi della musica,Longanesi & C., Milano, 1984.

Levi C., Strauss

Il crudo e il cotto,

Il Saggiatore, Milano, 1966.

McLuhan M.

La galassia Gutenberg,

Armando Mondadori,

Roma, 1988.

Romano A.

Musica e psiche, Bollati

Boringhieri, Torino,1999.

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Language and music are two exclusive ways inwhich the human kind uses sound. They coincidein a wide variety of ways, but they also sharemany differences. They both are a means of in-terhuman communication but musical meaningdoes not have the same precision of verbal mea-ning, however the two symbolic systems are notinterchangeable. We believe that music preceeds, anticipates and promotes the acquisition ofmother tongue.

1. La musica anticipa, precede e accompagna lalinguaIl processo di acquisizione della lingua materna èuna tappa fondamentale dello sviluppo mentaledel bambino. Il successo o l’insuccesso di questopercorso avrà implicazioni profonde e duratureper la crescita, con effetti che si avvertiranno pertutta la sua esistenza. Scopo di questo lavoro èchiarire il ruolo chiave dell’elemento sonoro-mu-sicale quale anticipatore e precursore del lin-guaggio verbale, la cui comparsa trova, nella mu-sicalità comunicativa precoce, uno dei pilastridell’esplosione della parola.

1.1 Perché madrelingua?Il termine “madrelingua” presente in italiano e indiverse lingue straniere con la stessa accezione:mother tongue (ing.), langue maternelle (fra.),mutter sprache (ted.), rimanda, in senso psicodi-namico ed evolutivo, al ruolo fondamentale dellafigura genitoriale, o del caregiver di riferimento,per lo sviluppo del linguaggio verbale. Gli studi diVygotskij (1934) indicano che la relazione mater-na anticipa la partecipazione del bambino ad unapluralità di interazioni future di reti sociali, siacon adulti, sia con coetanei.Bruner (1962) ipotizza che tutti i processi menta-li, compreso il linguaggio, abbiano un’origine so-ciale. In particolare, proprio l’interazione precocefra adulto e bambino, fa da supporto all’acquisi-

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Scopo di questo

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pia. Si tratta di un’ese-cuzione a due, nellaquale le espressioni vo-cali infantili, unite aiturni di risposta del ca-regiver, costituiscono leprime protoconversa-

zioni su cui si fonderà il linguaggio.Per questo motivo l’apprendimento passa per viaaffettivo-relazionale, legato quindi ad un conte-nitore emozionale, nel quale sono possibili per-corsi di sintonizzazione e crescita psichica.Secondo Stern (1985) il comportamento dellasintonizzazione è una competenza per lo più in-conscia della madre, nel restituire al figlio non so-lo un’imitazione degli stati d’animo, ma ancheuna rilettura metaforica e analogica qualitativadei vissuti.La coppia in contatto sperimenta affetti di vitali-tà che entrano in sincronia affettiva, secondoparametri di intensità, forma, durata, attinenti alritmo, al suono e alla musica.Manarolo (2006) chiarisce che queste prime for-me di comunicazione diadica utilizzano codiciespressivi non-verbali intimamente connessi al-l’esperienza sonoro-musicale.Si tratta di scambi dinamici che il bambino è ingrado di gestire attraverso l’emissione di vocaliz-zi, muovendo le labbra, la lingua, anticipandomeccanismi di pre-parlato articolatorio.Brandi (2003) sostiene che queste protoconversa-zioni godono di caratteristiche paralinguistiche,analoghe a quelle delle conversazioni adulte.Guzzoni (2005) trova nelle interazioni madre-bambino delle specificità di corrispondenza, unasorta di risonanza tra le due realtà sintonizzatetra loro, legate alle loro proprietà corrispondenti.Si creano dei particolari ritmi vocali che corri-spondono al concetto di format di Bruner (1969).I dati più recenti, sull’osservazione dello scambiocomunicativo tra madre e infante entro le 6 setti-mane di vita, indicano che ogni enunciato del bam-

zione del linguaggio. Lostudioso individua neiformat di attenzionecondivisa e azione con-divisa le sequenze so-ciali per la costruzionedi mezzi convenzionaliper comunicare.È nell’interazione diadica madre/bambino, quindi,che si creano i presupposti affettivi e cognitividella crescita linguistica. Questo rapporto esclusi-vo ha tuttavia anche forti connotazioni sonoro-musicali. La qualità della particolare sintonizza-zione corporeo-affettiva è il risultato di una sto-ria musicale che si sedimenta nel tempo.I processi di percezione e produzione del suonoche precedono la comparsa di unità propriamen-te linguistiche, si innestano sulle strutture cere-brali infantili innate, dedicate al riconoscimentodelle emozioni e vengono attivate dalla figura diriferimento. In questo senso, aspetti innati e ac-quisiti concorrono ad un unico risultato.È noto che il feto reagisce ai suoni emessi dallamadre e sviluppa un apprendimento uterino lega-to alle vocalizzazioni, a movimenti che segnalanoemozioni affettuose: un’attività uditiva che lopredispone all’incontro con il mondo esterno.

1.2 Un’esecuzione a dueImberty (2002) sostiene che nelle prime settima-ne dopo la nascita il sistema uditivo si sviluppa inmodo maggiore rispetto agli altri analizzatorisensoriali. La voce materna viene subito identifi-cata e selezionata e l’interazione passa per via se-lettiva sonora. Questi primi riconoscimenti sonole basi sulle quali si comincerà a strutturare il séindividuale. Molteplici sono le sonorità che fannoda cornice all’esperienza del neonato, ma le for-manti e il timbro della madre costituiscono il pri-mo grande organizzatore mentale. Attraverso leemozioni sono possibili scambi comunicativi cheinfluiscono profondamente sulla storia della cop-

È nell’interazione diadicamadre/bambino,

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adulti utilizzano quando si rivolgono ai bambini.Ha la funzione di creare un contenitore ideale siacognitivo, sia emotivo per l’apprendimento lin-guistico. Oggi si tende a dare una definizione piùcomprensiva: “linguaggio diretto ai bambini”,Child Directed Speech, CDS, estendendolo anchealle eventuali figure di accudimento. I tratti di-stintivi sono il tono alto e i contorni intonaziona-li “esagerati” o volutamente amplificati e ridon-danti. Gli enunciati sono brevi e le frasi moltosemplici, con uso limitato di subordinate e verbicomposti. Soggetto e verbo si presentano in rapi-da successione, spesso le frasi vengono ripetute,in modo che il bambino possa automatizzare laregola verbo-soggetto-oggetto rapidamente. Lalingua usata è ricca di espansioni, richieste dichiarificazione, domande che riguardano la situa-zione comunicativa, la realtà e il modo di giocodel bambino. Ciò che favorisce lo sviluppo lingui-stico in questo contesto è la modalità delle madrinel stimolare la conversazione, gratificando i suc-cessi, invece di esercitare un controllo su di essa.La particolare melodicità, le curve intonative e gliaspetti ritmici di questa lingua dedicata, poggia-no su quei dialoghi musicali precoci che hannofatto si che si creasse un profilo comunicativo so-noro-musicale ed in seguito linguistico, su cuipoggiare i mattoni della costruzione del parlato.Gli scambi infatti avvengono in un contesto fisi-co-oggettuale e relazionale, così il piccolo acqui-sisce routines che sono la base delle componentipragma-comunicative, del linguaggio simbolico,nella direzione di una futura competenza comu-nicativa globale.Il percorso di affrancamento linguistico infattiparte da situazioni fortemente ancorate al conte-sto, per poi progressivamente allontanarsene ver-so un uso de-contestualizzato e simbolico.

1.4 Il gioco musicale e linguistico: ninne nanne efilastroccheIl percorso di avvicinamento progressivo all’esplo-

bino, fatto di vocalizzazioni, movimenti delle manie della lingua, dura di norma 2 o 3 secondi e le fo-nazioni individuali circa 0.75 secondi, un tempocompatibile con quello di pronuncia di una sillaba.Il linguaggio nelle prime fasi si configurerebbesotto forma di ritmo e melodia come musicalitàche, nella gestualità corporea dei due attori, ac-compagna l’enunciazione verbale.Freddi (2007) indica nella competenza sonoro-musicale una delle prime prerogative del bambi-no, in grado di associare suoni e rumori tra loro edi creare rappresentazioni tra questi e i vissutiemotivi che accompagnano le esperienze sonore:il piccolo è infatti in grado di esercitare ricono-scimenti, discriminazioni, selezioni, portandolo acomunicare ben prima del linguaggio verbale.Attraverso questi meccanismi di scambio affettivo,linguistico, motorio, il bambino sviluppa una realecompetenza comunicativa della lingua naturale, dicui la competenza linguistica è solo un aspetto. Brown (2000) parla di musilingua, sostenendo chele similarità tra musica e linguaggio sono da ri-condurre ad una comune origine in uno stadio an-cestrale. Nelle vocalizzazioni infantili il suono vei-cola tanto significato referenziale, quanto signifi-cato emotivo. La musilingua avverrebbe in duestadi: il primo costituito da toni, accenti e contor-ni accentuali per la comunicazione referenziale, ilsecondo legato allo strutturarsi di sequenze signi-ficanti generate da regole combinatorie.Anche Trevarthen (1999) è vicino a questa posi-zione: c’è la necessità di incorporare in una men-te emotiva un mondo di suoni che diversamentenon potrebbe raggiungere le fasi necessarie allosviluppo linguistico.

1.3 Baby talk e motherese: un approccio melodi-co-intonativo ritmicoIl dialogo sonoro, acustico e protolinguistico chesi instaura nella coppia, trova un’ulteriore confer-ma nel particolare linguaggio detto motherese obaby talk o parentese, ed è il linguaggio che gli

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vengono quindi a fondere, in un processo unico,tutte le componenti fondamentali per l’acquisi-zione linguistica: una figura affettiva di riferi-mento, una componente ritmica e musicale, uncontesto sociale di riferimento, una forte motiva-zione ad apprendere, in parte frutto di compo-nenti innate, in parte sollecitate dall’ambiente.Suono e ritmo sono aspetti fondamentali checonvivono in tutto il processo di sedimentazionedel linguaggio verbale, fortemente radicato nelmondo reale del bambino.

2. Lingue, linguaggiIl termine linguaggio fa riferimento ad una facol-tà potenziale di tutti gli esseri umani che permet-te ad un bambino di apprendere una lingua spe-cifica. Freddi (2010) sostiene che la lingua del-l’uomo è antropologicamente universale, ma an-che culturalmente determinata. Tutti gli uominipossono parlare, ma i bambini nati in Italia impa-rano naturalmente l’italiano, anche se la linguamaterna non ha nulla di deterministico, in ognimomento il gruppo potrebbe adottare una linguadiversa: le regole della comunicazione sono iscrit-te nel codice genetico ma nessuna regola dellalingua italiana si trova iscritta nel patrimonio ge-netico di chi nasce in Italia.In ambito clinico, quando si parla di linguaggio sifa riferimento al sistema complessivo di comuni-cazione nello sviluppo “normale” o nei disturbi diapprendimento, esso è vicino al concetto di com-petenza comunicativa della linguistica, che im-plica che gli scambi linguistici siano coerenti sulpiano linguistico, personale, interpersonale e so-ciale e nel contesto comunicativo adeguato. En-trano in gioco anche aspetti paralinguistici, ex-tralinguistici e pragmatici. Il lavoro del caregivertende ad assicurare al bambino una competenzaglobale nello sviluppo linguistico. In questo sen-so il bambino italofono assumerà la lingua, lacultura, la civiltà e la musica del mondo che glista attorno.

sione del linguaggio verbale passa dalle primesintonizzazioni affettive di matrice musicale, tat-tile, a quelle più strutturate delle protoconversa-zioni del motherese e attraverso l’uso contestua-le di filastrocche e ninne nanne che fanno partedella colonna sonora della coppia. La musicalità,unita ai tratti emotivi e linguistici, costituisce an-cora una volta il substrato ideale per lo sviluppocomunicativo.Le filastrocche prevedono la verbalizzazione rit-mica delle parole, il cui significato nelle fasi ini-ziali non è rilevante. Le componenti più salientine sono infatti il ritmo e l’affettività che vengo-no trasmessi. Il ritmo, in particolare, stimola ilbambino in tutte le sue attività quotidiane: il mo-mento dell’alimentazione, il dialogo con la madre,il momento dell’addormentamento, i turni di in-tervento del parlato. L’abitudine al ritmo è fonda-mentale per lo sviluppo psichico e per il formarsidel sé relazionale del piccolo. L’avventura socialenon può prescindere dalla conoscenza dei giustitempi e ritmi di parola e di intervento. Il ritmo eil tempo assumono una valenza fenomenologicae relazionale. La filastrocca rappresenta inoltre unesempio di tema con variazione, infatti la stessastoriella può essere usata in contesti diversi, conla presenza di altre persone, agevolando nuoveesperienze e nuovi contatti. Rappresenta una ba-se sicura rassicurante e inclusiva. Essa ha ancheun forte valore cognitivo: ripetendo e duplicandole sillabe favorisce l’insorgenza di catene di suonilinguistici.La ninna nanna per la sua stimolazione tattile-ritmica ha un effetto a sua volta rilassante, rassi-curante e calmante. La dolcezza di ritmi e toni, lamelodia semplice ripetitiva e ipnotica, consenteal piccolo di addormentarsi.Fin dalle prime lallazioni, che sono il frutto diascolto reiterato o di matrice ritmica (consonan-ti) o melodica (vocali), egli è abituato a dare unsenso e un significato musicale, affettivo e in se-guito linguistico all’esperienza comunicativa. Si

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“altro” linguaggio naturale. Sloboda (1988) iden-tifica nella specificità il tratto comune ai due si-stemi: sia il linguaggio, sia la musica sono carat-teristiche della specie umana, nel senso che l’uo-mo possiede una capacità generale di acquisireentrambi e i due sistemi possono generare un nu-mero illimitato di nuove sequenze e la modalitàuditiva è primaria. Le relazioni tra significante esignificato del linguaggio verbale non sono pos-sibili nel linguaggio musicale, la semantica musi-cale è meno definita di quella linguistica, doveogni parola rimanda in modo preciso al propriosignificato.

2.2 Una matrice comuneIl nostro intento non è quello di un’analisi con-trastiva in termini formali tra linguaggio verbalee musicale, ma la ricerca di una matrice comuneper lo sviluppo armonico della crescita psichica,che nella nostra convinzione è data dalla musicae dall’elemento sonoro/musicale, concepito insenso antropologico. Gaita (2000) chiarisce che i tentativi di assimilareil simbolo, la musica e l’inconscio a sistemi lingui-stici sono parzialmente falliti. La musica, secondol’autore, non è un linguaggio in senso semiologi-co di cui si possa costruire un vocabolario e la si-gnificazione rimane una categoria troppo angu-sta per comprendere il fatto simbolico.Giannattasio (1998) ribadisce che l’espressionemusicale è un prodotto della continua dialetticatra cultura e processo cognitivo e la musica, piùche un particolare linguaggio universale peresprimere ciò che è intraducibile e irriducibile almodo verbale, rappresenterebbe un universo deldiscorso, che rende il mondo più comprensibile.Proust (2005), nella sua opera “Alla ricerca deltempo perduto”, presenta la musica come unmezzo di comunicazione primordiale al serviziodei legami sociali. Se consideriamo che la linguadell’uomo è un potente organizzatore personale esociale ma anche uno strumento coesivo, inclusi-

Le ninne nanne e le filastrocche cantate ai bam-bini italiani e inglesi, seppure intonate melodica-mente e ritmicamente secondo parametri simili,differiscono profondamente fra loro sul piano fo-nologico, della pronuncia, degli accenti, perchésono tratte da lingue naturali profondamente di-verse: italiano lingua più melodica, analitica, in-glese lingua più sintetica.Ma il linguaggio può essere anche il tipo specifi-co di lingua utilizzato in contesti settoriali, qualiil linguaggio scientifico, giuridico, sportivo: siamonel dominio delle microlingue scientifiche profes-sionali, usate per scopi specifici che attingonocontinuamente alla macrolingua comune, ma chesi differenziano da essa sul piano lessicale e se-mantico e che rimandano a specifiche “discoursecommunities” di riferimento: il mondo accademi-co, il mondo della medicina, dello sport. Possiamoparlare di varietà di lingua, di sottosistemi che siintrecciano con il macrosistema linguistico.Un linguaggio può essere un sistema di segni, co-me quello matematico, come i linguaggi di pro-grammazione informatica, come la lingua scrittae come la musica.

2.1 Il linguaggio musicaleIl linguaggio musicale fa parte dei vari tipi di lin-guaggi, è regolato da un sistema di segni: la no-tazione musicale, che costituisce la rappresenta-zione grafica di un suono che ne indica l’altezzae la durata. Le varie combinazioni delle note for-mano gli accordi che stanno alla base del sistemaarmonico. Molte sono le analogie tra linguaggioverbale e musicale: entrambi hanno un sistemacondiviso di segni grafici: la lingua ha fonemi(suoni senza significato) e morfemi (componentiminimi con significato), le parole e le frasi, la mu-sica ha le note, che corrispondono ai fonemi, gliintervalli e gli accordi (i morfemi), i temi e le fra-si musicali (parole e frasi).Tuttavia lingua verbale e musicale sono due siste-mi non dello stesso ordine, la musica non è un

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vo di comunicazione interpersonale, dobbiamodire che ciò avviene anche grazie alla musica che,parimenti al linguaggio, aiuta a organizzare la vi-ta di una comunità e a rinsaldare il legame delgruppo.Recenti studi neuroscientifici stanno investigan-do il funzionamento dei meccanismi cerebrali at-traverso la localizzazione dei processi di elabora-zione dell’ascolto e della percezione musicale.Durante un ascolto musicale i due emisferi cere-brali cooperano: il destro codifica la melodia insenso globale, il sinistro la analizza. Tra i vari ana-lizzatori sensoriali l’udito è quello probabilmentepiù incline all’apprendimento e ciò si manifestasia per aspetti musicali, sia per quelli linguistici.Sul piano emozionale la percezione musicale atti-va le stesse zone cerebrali che partecipano al pro-cessamento delle emozioni, per questo motivo losviluppo del linguaggio viene anticipato per viasonora ed emozionale dalla relazione primariacon la madre, che crea le premesse affettive, co-gnitive ed emozionali per comunicare con succes-so. Emergono stretti collegamenti tra le aree delprocessamento linguistico e quello musicale.Esperimenti di RMF (risonanza magnetica funzio-nale) e scansioni di brain imaging rilevano per idue sistemi l’attivazione di zone contigue ma nonsovrapponibili, questi dati sollecitano negli stu-diosi una rinnovata attenzione al rapporto musi-ca-cervello, sia in relazione al linguaggio, sia inriferimento all’elaborazione musicale. Se il com-portamento musicale è generato da insiemi finitidi regole applicate ad un numero infinito di va-riabili, potremo stabilire come e quando questevariabili possono essere applicate ad altri aspettidel comportamento dell’uomo, ad esempio quellolinguistico.Il rinnovato interesse per i sistemi di elaborazionecerebrale di input sonori e linguistici apre scena-ri interessanti e prospettive per l’ambito terapeu-tico e per quello educativo. In ambito terapeuti-co da anni la musicoterapia si occupa di progetti

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specifici nei quali la musica possa divenire unostrumento e un mezzo di comunicazione privile-giato nelle problematiche dell’età evolutiva, degliadulti e degli anziani, nei disturbi del linguaggio,nelle varie tipologie di deficit intellettuali e rela-zionali. In ambito educativo, in percorsi finalizzati all’ac-quisizione della lingua naturale e delle lingue se-conde e straniere, l’utilizzo di materiali sonoro-musicali e di tecniche legate all’ascolto favoriscel’interesse e la motivazione ad apprendere, me-diante l’uso di tecniche e strategie e metodi uma-nistico-affettivi. La musica può costituire uno strumento integrato-re dei processi di apprendimento e della crescitapsichica della persona, essendo un “archetipo” pri-mordiale che permette velocissime sintonizzazio-ni per via emozionale e affettiva, presupposto ir-rinunciabile per ogni trasformazione sia in campoeducativo, sia in campo terapeutico-riabilitativo.

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People who stammer take pleasure in singing and,according to some scientists, such gift may be thebeginning of a healing. What is attracting them tosing and why is their symptom silent just withinthe melody? Language has a maternal side madeup of the vowel sounds and a paternal side consi-sting in the rhythmic scansion of the consonants.The vocalic-maternal sound dimension enhancesthe mother-child fusional enjoyment that fromthe body goes into the language. The paternal di-mension instead, puts the accent on the separa-tion and scansion of the vocalic sea into rhythmi-cal segments that give an order. How do peoplewho stammer relate to these two constitutiveaspects of the language and of the subject?

Il balbuziente canta volentieri e taluni operatoriconsiderano questa sua dote un principio di cura.Cosa c’è nel canto che lo attrae e perché proprionella melodia il suo sintomo tace?

Il lato materno della lingua mette l’accento sullesonorità del vocalico: il mammanese è, infatti, ric-co di enfatizzazioni sonore sulle vocali, che esalta-no l’intrinseca musicalità delle parole pronunciate.In ogni parola è possibile considerare la parte vo-calica come il suo luogo sonoro e la parte conso-nantica come il suo luogo ritmico. Nel canto, nona caso, si allunga il tempo delle vocali perché è làche il suono si esprime con pienezza. Quando in-vece si desidera dare un maggior vigore ritmico, siaccentua l’impianto consonantico della frase. Lascansione data dalla consonante rappresenta ilritmo nella successione temporale: una dimensio-ne che esalta l’ordine interno della parola e chesembra essere in rapporto con la dimensione dellavoce paterna e della legge di cui essa è portatrice.

La metafora paterna è trasmissione di un limite,nel cui riconoscimento è possibile la sapienza diun fare. In questo passaggio di coordinate d’espe-

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Il balbuziente

canta volentieri e

taluni operatori

considerano

questa sua dote

un principio di

cura. Cosa c’è nel

canto che lo

attrae e perché

proprio nella

melodia il suo

sintomo tace?

La balbuzie e la voce del padre*

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sapevole contestazione alpadre in quanto ordina-tore del suono in una de-terminata scansione rit-mica. Il balbuziente, nelsuo sostare indefinita-mente dentro la sonorità

del fonema, prolungandone la vocale, mostra cosìdi non tollerare la separazione dal mondo mater-no del sonoro. Rendendo arbitrario il ritmo e la sua funzione diseparatore di suoni in una distinta sequenza tem-porale, il balbuziente pare oscuramente, ma ca-parbiamente, contestare ed opporsi alla funzionepaterna di separatore dalla madre in quanto è l’i-stanza paterna quella che introduce un ritmo nelfluire della voce, che è portatrice di una separa-zione di suoni in intervalli e misure. L’attacco alla funzione paterna è dunque l’obietti-vo dell’incespicare sul ritmo proprio del balbu-ziente. La sua contestazione riguarda, quindi, ilpiano della castrazione. Il balbuziente appare co-me un nostalgico del suono non organizzato nelritmo del linguaggio: una nostalgia del fluidomondo sonoro materno.

La balbuzie è definita dall’Organizzazione Mon-diale della Sanità come “un disordine nel ritmodella parola, nel quale il paziente sa con precisio-ne ciò che vorrebbe dire, ma nello stesso temponon è in grado di dirlo a causa di involontari arre-sti, ripetizioni o prolungamenti di un suono.”Il suono è dato dalle vocali: la voce che canta in-dugia su esse e gli esercizi dei cantanti sono, nona caso, dei vocalizzi. Le consonanti, al contrario,segnano il ritmo sillabico della parola e della fra-se, marcando il tempo. La balbuzie, nel suo disor-dine consonantico, mette in luce la sua natura dicontestazione dell’ordine paterno. Il balbuziente,mentre stravolge il ritmo della frase, prolunga ilsuono, o, detto altrimenti, prolunga il suono forseproprio con la finalità di opporsi al ritmo.

rienza un figlio impara arealizzare qualcosa: nel li-mite c’è protezione e ge-nerazione, mentre nellasua mancanza, nell’illimi-tato, c’è vaghezza para-lizzante: un padre che di-ceva al figlio “tu puoi fare qualsiasi cosa”, lo con-dannò alla condizione di non riuscire a portare acompimento nulla. Quando, invece, la funzione paterna ha sufficien-te riuscita, nel senso che essa permette al figlio dicostruire qualche cosa, essa trasmette insieme al-l’insegnamento anche un tempo e un ritmo, pen-sabili come varianti e declinazioni del concetto dilimite.

Il ritmo, infatti, impone una forma precisa a ogniflusso: il ritmo della voce paterna dà un’organiz-zazione al reale del suono, intimamente connessoalla dimensione del materno. Senza ritmo non cisarebbe musica ma solo fluidità di un suono sen-za misura. È precisamente la scansione del sonoro che il bal-buziente inconsciamente contesta: egli, infatti, in-cespica proprio sul ritmo.

Il bambino riceve dalla voce della madre la melo-dia affettiva, che si dispiega in una prosodia sin-golare, unica per ogni madre: un uso del suonoche segue inflessioni libere e gusti personali, ispi-rati all’espressività di quel gioco verbale che creail mondo acustico della lalangue (Lacane, 2001).Dall’istanza paterna egli prende, invece, la scan-sione del tempo e della regola: un ordinamentoritmico che, in quanto separazione della durata, fatransitare il soggetto dal flusso del suono alla for-ma della frase. Il soggetto balbuziente sembra poter accedere so-lo in modo imperfetto all’organizzazione ritmicadel discorso, che viene sconvolta in maniera arbi-traria ed inconscia. Ciò che ne risulta è un’incon-

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La balbuzie è definitadall’OrganizzazioneMondiale della Sanitàcome “un disordine

nel ritmo della parola…”

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“s”eparazione dei genitori: un evento traumatico,a suo tempo non affrontato, e che, persino daadulto, uomo fatto e con figli, non riusciva evi-dentemente ad accettare. Non a caso lavoravacome consulente di società: un patto tra soci èesattamente l’opposto di una separazione. Nelpronunciare la parola-amuleto “società”, non gliriusciva, però, di tener lontano l’altra, l’opposta, ladetestata “separazione”, che naturalmente facevaritorno sotto forma di un ostinato sostare e ripe-tere la “s”, lettera iniziale comune ai due signifi-canti opposti. Non stupisce questo fatto, anche ri-cordando che, come ricorda Freud, le parole oppo-ste si equivalgono nell’inconscio, proprio come av-viene nel caso di Pietro per i due significanti se-parazione - società. L’inconscio non opera con lacontraddizione, né con la negazione: spesso nelsogno una stessa immagine può significare sestessa e il suo contrario. Quindi, se una stessa pa-rola indica due opposti, ciò manifesta, una volta dipiù, l’origine inconscia della lingua. Significa peròche anche il suono ha origine dall’inconscio datoche non solo una stessa immagine evoca cosecontraddittorie, ma pure un medesimo suono: vo-ce e inconscio, infatti, non conoscono il “non”,l’opposizione, la contraddizione. Questa disposizione originaria della lingua si è poiconservata nelle radici dei termini in uso nelle lin-gue moderne. Freud (1895) cita molti esempi: nesegnaliamo uno per la sua attinenza al nostro te-ma. In tedesco Stumm, che significa “muto“,avrebbe la stessa radice di Stimme, cioè “voce”: ciòrimarca ancora la natura bifronte della voce e ilsintomo afasico quando si ha troppa voglia di par-lare o di cantare. Matrice della lingua è, dunque,un inconscio che nulla sa dell’opposizione logicadei contrari che, invece, coesistono per niente inguerra, addirittura prendendo forza uno dall’al-tro… come fossero, appunto… in “società”. Nonstupisce allora che per Pietro la parola “società”,evocasse inconsciamente il suo contrario trauma-tico, a cui, per di più, risultava legata dall’assonan-

Egli ottiene una durata indefinita prolungando levocali e spostando così sempre più in là il mo-mento in cui dovrà affrontare la consonante, laquale dà il ritmo proprio imponendo un arresto,un limite al flusso vocalico. Il risultato inconscio diquesto spingere in là il limite è il restare immersi(sommersi?) nell’universo sonoro lungo e melodi-co della madre. L’effetto dell’atto di balbuzie èspesso la ripetizione di una sillaba – ad esempiotaa-taaa-ta, baa-baaa-ba, ecc. - con un indefini-to prolungamento del suono vocalico, che riportaalle lallazioni del periodo neonatale. M., professore universitario, facendo lezione ince-spicava sempre sulla sillaba “ma”. Inutile dire chegli studenti attendevano con ansia il presentarsi diuna parola con quel suono e per la quale non gliriuscisse immediatamente l’abituale sostituzionecon un sinonimo dal suono diverso. Degno di no-ta è che sia il nome che il cognome dell’insegnan-te iniziavano, appunto, con la sillaba “Ma”. Lapseudo lallazione cui il suo balbettare dava origi-ne era dunque la ripetizione della sillaba ma-ma-ma-ma, suono in cui è facile riconoscere la parolamamma, permettendo l’ipotesi di un’impossibileseparazione da lei.

In genere, il balbuziente perturba il ritmo al finedi restare nell’enfasi del suono. Ma di quale suonoesaspera il tempo d’emissione? Non certo di unoqualunque: ce n’è sempre uno iniziale che è la suacroce o che sovente appartiene a un significantetraumatico. Pietro era un uomo a cui, per lavoro,capitava spesso di parlare in pubblico e, a causadella materia di cui si occupava, doveva pronun-ciare innumerevoli volte il significante “società”:la cosa che principalmente lo amareggiava era ilsuo continuo ed inarrestabile incespicare propriosulla “s” iniziale di “società”, parola per la qualenon gli era sempre agevole trovare un sinonimo,secondo la classica tecnica usata dai balbuzienti.La madre di Pietro un giorno gli ricordò che egliaveva cominciato a balbettare in pubertà, dopo la

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parola (Lucchini, Massa 1968) enunciato che puòapparire, in alcuni casi, forse un po’ debole se sitiene conto che ciò che è in dubbio è il passaggioalla fase edipica, mentre è ben più certo il per-manere - fin troppo a lungo - nell’universo lin-guistico pre-edipico materno fatto di fluenze so-nore ricche d’intonazioni ma povere di sequenzeritmiche. Un’ulteriore testimonianza di questostato di cose consiste nel prendere atto che mol-ti balbuzienti, cantando, non balbettano più. Ciòaccade perché il canto è a dominante melodica,ovvero indugia sul vocalico, suono tipico dellalingua materna cui il balbuziente resta legato. Perquesto si pensa al canto come un mezzo per alle-viare le sofferenze del balbuziente, ma, per quan-to fin qui detto, si comprende che se da un latoegli cantando si può sentire meno deficitario, dal-l’altro lato il canto, offrendo un appoggio sonoro,lo radica ancor di più nel sintomo e nella sua ori-gine: il canto non può, dunque, essere una tera-pia della balbuzie.Tuttavia ciò non significa che invece l’esasperazio-ne sul controllo ritmico della parola possa giova-re: i metodi di cura che si sono adottati per la bal-buzie s’intestardiscono, ancor più dei pazienti chedovrebbero curare, sull’aspetto di controllo fone-tico. Secondo il foniatra francese François Le Hu-che “i balbettamenti sono evidentemente ciò chesi nota di più, ma essi possono mancare totalmen-te in un balbuziente grave che controlla costante-mente la sua parola sapendo che la balbuzieaspetta soltanto l’allentamento di questa sorve-glianza per ricomparire.” (Le Huche, 1984)

Il Super-Io del soggetto balbuziente ha preso ilposto del padre severo e controllante, duplicando-ne la funzione e irrigidendola ancor più, col risul-tato di enfatizzare così il sintomo, nell’apparenzadi una soluzione. Secondo il foniatra parigino, ilbalbuziente che incespica aumenta la tensionepsicomotoria; al contrario il non balbuziente cheincespica la riduce, con la conseguenza che il pri-

za iniziale in cui lui s’incagliava, rivelando un trau-ma che permaneva, a quel tempo, inelaborato, an-che perché ancora non era riuscito ad affrontare iltema rimosso della propria separazione coniugale.Per inciso, le separazioni coniugali mettono in pri-mo piano la questione della funzione paterna, inquanto il padre è quasi sempre costretto a modi-ficare e a ripensare il suo ruolo di separatore dal-la madre, restando i figli, generalmente, con que-st’ultima. Questa reinvenzione può anche risolver-si – dopo un’iniziale incertezza - in un migliora-mento della sua funzione in quanto lui stesso, daseparato, risulta, anche agli occhi dei figli, menocoinvolto con la madre. L’abdicazione al ruolo siha, forse, solo nel caso in cui egli si allontani radi-calmente dalla famiglia, anche se non si sottoli-neerà mai abbastanza che il senso della funzionepaterna è simbolico, non reale. In linea di princi-pio, quindi, produce i suoi effetti anche nella pri-vazione reale, come testimonia l’esempio del pa-dre morto che può produrre effetti simbolici an-che ove non sia mai stato conosciuto.Incespicando sul ritmo, la balbuzie incespica sulsignificante paterno, sul Nome del Padre, in quan-to metafora di separazione dalla madre. Caparbia-mente il balbuziente nega il linguaggio universaledel padre, cercando di restare dentro all’universoprivato della lingua materna; se non che, incespi-care sul ritmo, lo enfatizza ancora di più, propriomentre ne segna un arresto, una pausa, un’ostina-ta sospensione temporale. Il suo desiderio incon-scio sarebbe quello di sopprimere il linguaggio delpadre.

La balbuzie è un luogo in cui la relazione padre-figlio è osservabile sotto un nuovo profilo; essariguarda quasi esclusivamente i maschi, benché lapercentuale femminile stia aumentando negli ul-timi anni. La balbuzie è una contestazione al sim-bolico che perturba la trasmissione del valore rit-mico/separatore della parola e del linguaggio trale generazioni. Essa è stata definita nevrosi della

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L’eccesso di controllo sulla parola rende la voceun po’ robotica e il normale canto interno a ognivoce si stereotipizza in un’innaturale cantilena. Letecniche di cura usano, infatti, il metronomo: ap-parecchio che scandisce il tempo musicale, utilenello studio della musica, ma da abbandonarepresto per evitare l’inespressività dell’esecuzione.Hoffmann (1817) ci offre una bella immagine diquesta artificiosità con l’inquietante Olimpia,bambola meccanica abilissima nel canto e nelsuonare il piano, che tradisce la sua natura inu-mana offrendo una performance con un tempoda metronomo, innaturalmente perfetto. Il bal-buziente che non trova la parola va aiutato a tro-varla, secondo il foniatra francese, così come nor-malmente si fa negli scambi linguistici tra nonbalbuzienti. Invece la pratica corrente è quella diaspettare pazientemente che il balbuziente dicala parola che gli reca inciampo: “malgrado le pro-teste indignate d’una buona metà di balbuzientie le reazioni di stupore probabili della grandemaggioranza dei terapeuti della balbuzie, io nonposso che essere in disaccordo con tale pratica”(Le Huche, 1984).

Nella gola del balbuziente qualcosa si incastra. Seè vero che egli perturba il ritmo contestando ilruolo paterno di castrazione della relazione con-fusiva madre-bambino, possiamo dire che ciò cheil balbuziente non manda giù è il rospo della ca-strazione. Diverse osservazioni hanno portato averificare che durante l’anno di leva molti balbu-zienti peggioravano, dal momento che non tolle-ravano l’inasprimento dell’autorità, come se nellacadenza del passo militare, che esprime sonora-mente un mondo di ordini indiscutibili, si riverbe-rasse la cadenza del tempo e del ritmo impostodal padre alla fluenza della lingua. Ma la cosa ancor più interessante è che, al con-trario, per alcuni di loro “l’anno di leva è stato li-beratorio, rivelandosi altamente terapeutico. Iltrovarsi in questa nuova situazione, lontano dal-

mo avrà un innalzamento tonale e il secondo unabbassamento. Ciò si accorda con la tonalità piùalta della voce della madre in cui il balbuziente sirifugia. Sempre secondo le numerosissime osser-vazioni di Le Huche, la balbuzie si scatena nelbambino in occasione di traslochi, cambiamenti discuola, o eventi simili. Non possiamo non rilevareche si tratta sempre di episodi riconducibili, per unqualche verso, ad un cambiamento di “ordine” nelmondo del bambino che non riconosce più la re-golarità e il ritmo del proprio ambiente. Questosconvolgimento delle cadenze abituali del bambi-no può essere l’episodio scatenante di uno scon-volgimento ritmico della lingua, già preparato datraumi precedenti che coinvolgono la relazionecol padre, su cui s’innestano anche motivi di sof-ferenza più recenti.

Alcune tecniche logopediche mirano a ristabilireartificialmente il ritmo della parola nel soggettobalbuziente, ma un approccio che non tiene con-to del significato inconscio di tale sconvolgimen-to è un’operazione di maquillage che, come tutti imascheramenti, irrigidisce maggiormente i tratti.Così un lato del significato del ritmo, quello dimovimento, viene eluso. “Questo aumento di ten-sione si accresce dapprima progressivamente infunzione del fastidio che procura secondo unmeccanismo di circolo vizioso. Ma nelle settimane,i mesi o gli anni che seguono, si vede molto spes-so che il soggetto reagisce a questa tensione dive-nuta sempre più fastidiosa, per la presa in caricovolontaria del dettaglio di esecuzione della suaparola... con la complicità assai intenzionale talo-ra di molti rieducatori! Egli si mette così a pensa-re alla sua frase in anticipo, a cercare un’altra pa-rola per rimpiazzare quella che lo blocca o adadottare un ritmo nel parlare particolare, che glipermette di ridurre artificialmente questa tensio-ne. In contropartita la sua parola perde più o me-no completamente la sua spontaneità e la suaespressività naturale” (Le Huche, 1984).

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-il grido d’amore dell’urogallo- che immaginiamorivolto al marito scomparso1. La lotta tra il pro-ponimento di tacere e la controvolontà di dire,“ha dato al tic il suo carattere intermittente”(Freud, 1895) seguendo meccanismi che Freud ri-conoscerà più precisamente nella “Psicopatologiadella vita quotidiana”, testo posteriore di un paiodi anni. Freud riporta la balbuzie allo stesso meccanismonevrotico che si ritrova nelle follie epidemiche delmedioevo dove “non a caso i deliri isterici dellemonache medioevali consistevano in gravi be-stemmie ed erotismo sfrenato” (Freud, 1895).Rappresentazioni represse, dunque, che vengonoconvertite in azione. Otto Fenichel (1945) riprende la scoperta freudia-na evidenziando, nella natura di atto mancato delbalbettare, un gesto in cui il soggetto vuole e nonvuole dire qualcosa. Ciò che è oggetto di una ta-le incertezza è una parola che avrebbe un’originesadico-anale, nel senso che il significante che sivorrebbe dire – e che non si osa - è di tipo anale,osceno, quindi, censurato. Le funzioni sfinterichesono spostate verso l’alto in una conversione ditipo pregenitale dove, se il sintomo è isterico, lastruttura che lo sorregge è, però, di tipo ossessi-vo-compulsivo. Il balbettio è, secondo Fenichel, il tentativo in-conscio di usare parole volgari per aggredire conviolenza o sessualmente chi ascolta, in manieradel tutto simile a ciò che fa l’ossessivo che, nor-malmente, preferisce usare parole molto sobrieper tenersi più lontano possibile dalla parolaoscena che potrebbe affiorare non censurata. Avolte nel bambino quando cessa la masturbazio-ne anale insorge la balbuzie: in questo caso le pa-role prendono il posto delle feci, le significano.Nella nevrosi di coazione si rinnova lo stadio in-fantile in cui le parole erano onnipotenti: se leparole possono uccidere, il balbuziente ci credealla lettera, perché una volta lui stesso è stato uc-ciso dalla parola paterna.

l’ambiente famigliare, per alcuni soggetti è statofonte di riscoperta di abilità sociali inaspettate”(Caruso, 2004). Come se si fossero liberati da uneccesso di protettività materna che produce unsostare nel suono e un mancato transito dal suo-no del significante alla sintassi di esso, insommaal linguaggio.

Freud riporta il caso di Emmy von N. che balbet-tava e, contemporaneamente, schioccava la lin-gua con uno strano suono che Freud non avrebbesaputo riprodurre, ma che “colleghi intenditori dicaccia che l’avevano udito, ne paragonavano isuoni finali al grido amoroso dell’urogallo” (Freud,1895). Il sintomo era il risultato di una “controvo-lontà" (Freud, 1895) nata nel periodo in cui ellaera al capezzale della minore delle proprie figlie,la meno amata; veglia durante la quale la donnasi era imposta di stare assolutamente zitta pernon svegliare la ragazza (Freud, 1895, p. 218).L’insorgere della controvolontà di produrre suonie rumori era da mettere in relazione al fatto che,alla nascita della bambina, il marito della signoraera improvvisamente ed inaspettatamente mortoper un attacco di cuore. La balbuzie insorgeva inEmma ogni volta che un evento inaspettato e im-provviso, reale o immaginario, irrompeva nellasua vita, rieditando la cornice d’imprevedibilità incui il marito era morto. La donna si era lamenta-ta di non aver potuto assistere il marito morentea causa della neonata da accudire. Il legame in-conscio stabilito tra la morte del marito e la so-pravvivenza della figlia era sufficiente all’insorge-re di una parola alterata dal tic della balbuzieproprio nel momento in cui ad aver bisogno dicure era la figlia minore, inconsciamente accusa-ta di averle impedito di seguire il marito malato.L’atto di parola perturbato è allora il risultato diuna doppia corrente: tacere per non disturbare lafiglia e parlare per disturbarla, a causa di quel-l’accusa inconscia nei suoi confronti. Alla balbu-zie la donna aggiungeva lo schiocco della lingua

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dal linguaggio, non lo abita. Pensare che l’uomovi si possa insediare con facilità e lo possa gestireabilmente sembra essere, invece, il presuppostoimplicito delle varie cure della balbuzie oggi dif-fuse. Il linguaggio, al contrario, non si lascia maidominare e la balbuzie è l’evidenza dello scacco diquest’illusione. Cosa che, invece, capì il balbuziente Mosé. NellaSacra Scrittura si dice che egli era tardo di linguae balbuziente (Esodo, cap. IV-V): per lui, infatti,parlava il fratello Aronne. La storia è nota: duran-te i quaranta giorni che Mosé passa nel deserto, ilpopolo si ribella e Aronne ripristina l’idolatria fa-cendo costruire un vitello d’oro. Gli ebrei si ab-bandonano al nuovo culto: una malata guarisce acontatto con l’idolo, vergini si offrono nude in sa-crificio scatenando un’orgia. Quando Mosè torna,Aronne si difende dicendo che il popolo ha biso-gno di un’immagine e che anche le tavole dellalegge in fondo non sono che un’immagine. PerAronne tra immaginario e simbolico non c’è dif-ferenza! Mosè spezza allora le tavole e pronuncia“O parola, parola che mi manca!”. Sul vaneggia-mento che può portare l’immagine, la religioneebraica nullifica lo sguardo a vantaggio del suo-no della voce di Dio che il corno d’ariete rendeminacciosamente presente durante i più impor-tanti riti. La parola sfugge, al contrario dell’inva-denza dell’immagine. Il balbuziente Mosé mostra che tutti siamo un po’balbuzienti perché la parola manca sempre: tuttiquanti noi, balbuzienti o no, parliamo male la lin-gua del padre.

Note 1. Alcuni dettagli di questa interpretazione non venne-ro al tempo forniti da Freud, ma riteniamo siano soste-nibili sulla base delle sue scoperte posteriori.2. Per limitarci agli scrittori. In realtà tra i balbuzientifamosi ci sono anche filosofi, scienziati, attori, diversire, un patriarca, un papa e un santo. Eccone un elenco:

Esistono anche dei balbuzienti eccellenti, per iquali si potrebbe proporre una lettura che tengaconto di una certa quota d’isteria creativa. Nellacontestazione dell’ordine linguistico paterno, che ilbalbuziente inconsciamente opera, è leggibile an-che una variante alla lingua comune, alla linguadella doxa. Si tratterebbe, insomma, di accedere aduna lingua altra, poetica o narrativa, cosi com’èstato effettivamente l’esito di alcuni dei balbu-zienti eccellenti che hanno popolato la storia: adesempio Esopo, Virgilio, Malherbe, Lewis Carroll,Cervantes, Alessandro Manzoni, Italo Calvino2. Inquesto senso, risultano ancora più chiari i danni diuna riabilitazione meccanica che uccide ogni pos-sibilità d’invenzione linguistica. In realtà, in quan-to sintomo psichico, la balbuzie probabilmente sa-rebbe affrontabile meglio con l’arte che con la tec-nica. Un’arte che non può essere quella del canto,che accentuerebbe l’indulgere nel sonoro propriadel balbuziente, ma potrebbe forse essere quelladegli studi ritmici vocali e dell’invenzione poeticache mantengono il soggetto nel linguaggio pater-no senza eccessivi irrigidimenti. In questo modo sicreerebbero le condizioni per una sublimazionedell’ostinata contestazione in un progetto creativo. Una creatività che per sua stessa natura deve con-frontarsi con ciò che è diverso, fuori dal comune,in un certo senso straniero. Non a caso l’etimo dibalbuzie è legato a barbaro: i greci chiamavano co-sì coloro che non parlavano greco e sembravanoquindi affetti da balbuzie. In sanscrito “balbuzien-te” è barbarah: il significato si è esteso poi, pressoi Romani, ai popoli d’oltralpe, assumendo il sensodi “incivile”. Balbuziente e barbaro sono coloro cheparlano male la lingua. Nel nostro mondo attualechi parla male la lingua è l’extracomunitario, a cuisi chiede, infatti, quale prima forma di integrazio-ne, quella di parlare la lingua del paese ospitante.

La balbuzie mette a nudo una caratteristica del-l’umano e cioè la comune mancanza di padro-neggiamento del significante: l’uomo è abitato

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Mosè, Demostene, Cicerone, Esopo, Virgilio, Giulio Cesa-re, Claudio, Isaac Newton, San Carlo Borromeo, GiorgioVI, Winston Churchill, Charles Darwin, W. DomersetMaugham, Lewis Carrol, Marilyn Monroe, Papa Pio XII,Malherbe, Niccolò Cavallaro detto Tartaglia, AlessandroManzoni, Michele II, imperatore di Costantinopoli, LuigiII, re di Francia, Enrico XI, re di Svezia, Luigi XIII, re diFrancia, René Descartes, Gerolamo Cardano, Woody Al-len, Italo Calvino.

*Pubblicato in L. Pigozzi, “A nuda voce. Vocalità,inconscio, sessualità”, Antigone Edizioni, 2008(2009), Torino.

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bibl

iogr

afia

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The paper focuses on the evolution of music the-rapy at the Sospiro Foundation from the nineties.The steps of clinical application and of researchare described. The studies carried out at SospiroFoundation started from a qualitative approachto achieve at the present time very importantscientific results, in particular in the field of de-mentia and in the music therapy assessment. Thetext describes the scientific evolution of theore-tical approach and of scientific methods of re-search in the outcomes and process evaluation.Finally the paper underlines the significance ofthe “Evidence Based Practice” and of “EvidenceBased Music Therapy”.

Il presente contributo pone l’attenzione sul signi-ficato che l’esperienza musicoterapeutica ha as-sunto presso la Fondazione Sospiro di Cremona. Icontenuti di seguito esposti si allontanano daun’idea autocelebrativa rispetto al lavoro prodot-to nell’istituzione, ma, piuttosto, vogliono docu-mentare un percorso, forse unico in Italia, di con-tinuità dell’esperienza musicoterapeutica e dievoluzione della stessa. La musicoterapia vieneintrodotta nella Fondazione agli inizi degli anni’90 per la sensibilità di una consulente psichiatra(Maria Elisabetta Galizzi) e grazie alla disponibili-tà degli amministratori dell’istituzione che hannocreduto nella possibilità di utilizzare, in un enor-me contesto in continua evoluzione, un approc-cio innovativo, particolarmente adeguato allagravità delle patologie presenti nella struttura.Questa ospitava e ospita tuttora circa 700 perso-ne con disabilità intellettiva e/o psichica e conpatologie dell’età senile (tra cui un elevato nume-ro di persone con demenza). Quando si è intro-dotta la musicoterapia nella Fondazione Sospiro(1990 circa) la disciplina, in Italia, era fortementeinfluenzata dalla presenza di alcuni pionieri tracui Rolando Omar Benenzon (con cui si è attiva-ta una lunga e proficua collaborazione) e Pier

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Quando si è

introdotta la

musicoterapia

nella Fondazione

Sospiro la

disciplina, in

Italia, era

fortemente

influenzata dalla

presenza di alcuni

pionieri tra cui

Rolando Omar

Benenzon (con cui

si è attivata una

lunga e proficua

collaborazione) e

Pier Luigi

Postacchini

La musicoterapia presso la FondazioneSospiro: evoluzione, sviluppi scientifici e riflessioni*

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I protocolli benenzonianierano impostati con la fi-nalità di rilevare alcunidati che definirei “stati-ci”, cioè presentavano ilpunto di vista del musi-coterapeuta e i suoi vis-

suti personali, ma non descrivevano e riportavanoil dinamismo delle sedute. Ancora una volta l’im-printing osservativo estrapolabile dagli studi diStern ha suggerito la creazione di specifiche gri-glie osservative per la musicoterapia (Galizzi etal., 1996; Raglio, 1998; Ferrara & Raglio, 2000)che potessero evidenziare i cambiamenti longitu-dinali riscontrabili nei trattamenti effettuati. Lacontinuità dell’esperienza musicoterapeuticapresso la Fondazione e l’intento di documentareadeguatamente quanto sperimentato ha permes-so di creare un archivio di materiali (videotapes atutt’oggi presenti nell’istituzione) incredibilmentesignificativi per quantità e varietà. Anche la pos-sibilità di protrarre i trattamenti e di realizzare in-terventi a lungo termine ha permesso di valutareadeguatamente l’evoluzione dei processi attivati.In questa fase sino al 2000 circa il lavoro clinicoe di ricerca ha interessato prevalentemente la disabilità psichica e intellettiva. Si sono conte-stualmente aperti contatti con altre istituzioni,prevalentemente in ambito nazionale e le espe-rienze realizzate sono state oggetto di pubblica-zioni e comunicazioni a congressi e convegni ol-tre che materia di approfondimento in ambito di-dattico, cioè nei contesti formativi della musico-terapia. Verso la fine degli anni ’90 la nuova Dire-zione Sanitaria (in particolare Daniele Villani) hasollecitato l’applicazione di esperienze musicote-rapeutiche anche nell’ambito geriatrico, in parti-colare nell’ambito delle demenze. Questo costi-tuiva un ambito piuttosto nuovo per la musicote-rapia. In realtà molte erano le esperienze attuatepresso Case di Riposo o luoghi di residenza peranziani ma per lo più si trattava di esperienze che

Luigi Postacchini. Proprioil contatto tra chi scrive equeste figure ha dato im-pulso a una prima faseapplicativa, ricca di sti-moli e anche di sorpren-denti risultati. A questaprima fase di lavoro appartengono le esperienzerealizzate con soggetti autistici adulti (Raglio,1995a; 1995b; Galizzi et al., 1996; Raglio, 1997)nelle quali sono confluite le riflessioni fatte in-torno all’approccio psicodinamico di R.O. Benen-zon (Benenzon, 1984) e quelle legate al pensierodi D. Stern (Stern, 1985; 2004), proposto allora daP. Postacchini (Postacchini, 2006). Ciò ha avviatoanche un ricco approfondimento sul piano teori-co confluito nella messa a punto di un approcciomusicoterapeutico che è andato via via evolven-dosi in rapporto ai riscontri applicativi (Raglio &Oasi, 2009). Da subito si è cercato di dare coeren-za alla prassi cercando di plasmare sulla tecnica ilpunto di vista teorico più affine all’esperienzamusicoterapeutica. Da subito si è intuito che ipresupposti psicoanalitici (nati sulla base di espe-rienze terapeutiche di tipo verbale) potevano so-lo parzialmente integrarsi in un approccio nonverbale/sonoro-musicale e che quest’ultimo co-stituiva il perno e la specificità della musicotera-pia applicata soprattutto ad alcuni contesti psi-copatologici. Un altro punto essenziale del lavoro è stato quel-lo legato alla verifica dell’intervento musicotera-peutico: come mostrare gli evidenti risultati ri-scontrati empiricamente? La cultura alla base del-l’intervento e gli scarsi mezzi a disposizione han-no permesso di approfondire tali aspetti da unpunto di vista qualitativo (Raglio, 1998; Raglio,1999; Ferrara & Raglio, 2000), attraverso alcunegriglie di osservazione, comprendendo che pro-prio questa modalità di verifica era quella chemeglio si adattava allo studio del processo tera-peutico.

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2. La metodologia dello studio: la realizzazione distudi che, in virtù della presenza di un gruppodi controllo e della randomizzazione, della se-lezione di un campione numericamente signi-ficativo e clinicamente omogeneo, di adegua-te modalità e di specifici strumenti di valuta-zione nonché di procedure statistiche di anali-si dei dati, potessero garantire attendibilità,coerenza e valore scientifico.

3. Lo studio del processo: l’utilizzo, accanto ascale cliniche di valutazione, di strumenti ba-sati sull’osservazione sistematica degli eventiche caratterizzano l’interazione musicotera-peutica.

4. Il rispetto del setting relazionale (musicotera-peutico): una particolarità degli studi realizza-ti è data dal fatto che sono consistiti in tratta-menti terapeutici veri e propri, attraverso l’uti-lizzo di un setting naturale (non alterato), aiquali si è applicato un rigoroso protocollo diricerca scientifica.

Tutto questo ha permesso di porre all’attenzionedel mondo scientifico le questioni teoriche dellamusicoterapia (Raglio & Gianelli, 2009) e due im-portanti studi multicentrici (Raglio et al., 2008;2010) relativi all’efficacia della musicoterapia suidisturbi del comportamento nelle demenze, oltreche uno studio pilota (Raglio et al., 2010b) in cuivengono utilizzati anche indicatori fisiologici diefficacia della musicoterapia (i parametri derivatidall’utilizzo dell’holter cardiaco). Ritengo che an-che questa componente risulti essere piuttostoinnovativa e rilevante al fine di rinforzare il con-cetto di scientificità e di coerenza nei risultati. Illavoro di ricerca sugli esiti dell’intervento è statosvolto, per ragioni di opportunità e specifici inte-ressi nati all’interno della Fondazione, nell’ambitodelle demenze ma penso che un modello di ricer-ca analogo possa essere trasferito anche in altriambiti applicativi. Un dato ulteriormente signifi-cativo è stato quello di utilizzare il canale dellepubblicazioni internazionali su riviste indicizzate

afferivano all’ambito dell’animazione musicale odell’ascolto musicale piuttosto che all’ambito del-la musicoterapia. Su tale tematica, cioè quella chedefinisce e delimita i confini tra musicoterapia egeneriche esperienze con la musica rimando illettore a scritti precedenti (Raglio et al., 2006;Raglio, 2008; Raglio & Gianelli, 2009) in cui si èampiamente trattato il tema. La raccolta delleprime esperienze, della presentazione del tipo dilavoro e della specificità della musicoterapia inquesto ambito di intervento è stata oggetto del-la prima pubblicazione italiana sul tema (Raglio,Manarolo & Villani, 2001). Le esperienze acquisite nell’ambito clinico e dellaricerca e i contatti con alcune istituzioni esterne(Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia, IstitutoAuxologico Italiano di Milano e Università Cattoli-ca di Milano, per citarne alcune) hanno gradual-mente avvicinato all’approccio utilizzato il concet-to (che è andato sempre più strutturandosi) discientificità, concetto sul quale mi soffermerò suc-cessivamente. La ricerca che dagli anni 2002-2003si è trasformata in ricerca scientifica ha avuto duesbocchi: uno relativo agli esiti dell’intervento mu-sicoterapeutico e l’altro relativo al processo. Nel primo caso gli studi sulla musicoterapia ap-plicata alle demenze hanno creato una nuovaprospettiva metodologica di ricerca e ciò ha co-stituito il punto più innovativo dei progetti. Talenuova prospettiva si è basata fondamentalmentesu alcuni punti cardine:1. le premesse musicoterapeutiche: la definizio-

ne, cioè, dei contenuti dell’intervento e del-l’approccio utilizzato. Gli studi realizzati, infat-ti, hanno avuto come punto di partenza pro-prio tale aspetto, distinguendosi da buona par-te della letteratura internazionale in cui il ter-mine “music therapy” viene assimilato all’uti-lizzo della musica nel contesto patologico con-siderato e non come un insieme di tecniche fa-cente riferimento a specifici approcci teorici eparadigmi applicativi.

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musicoterapeuta e vengono distinti in “compor-tamenti stato” ed “eventi”. I primi riguardanoazioni che hanno uno sviluppo temporale (dura-ta), i secondi si riferiscono a comportamenti dicui si rileva semplicemente la comparsa. L’outputfornito dal software in barre orizzontali evidenzianel tempo l’andamento dei comportamentiespressi dal paziente e dal musicoterapeuta. Èquindi possibile un monitoraggio, anche selettivo,che permette di valutare quantitativamente equalitativamente la relazione intersoggettiva, inparticolare i momenti di maggiore intensità emo-tiva (compartecipazione degli stati affettivi). Alproposito sono stati individuati quei parametridella relazione non verbale e sonoro-musicale checaratterizzano tali momenti. Gli osservatori, chedevono possedere competenze musicoterapeuti-che, effettuano uno specifico training finalizzatoa raggiungere adeguate abilità nell’impiego dellostrumento. Nelle sperimentazioni effettuate il va-lore dell’accordo tra i giudici è risultato essere K= .83 e l’indice di generalizzabilità è stato α = .87.Lo schema di codifica musicoterapeutico è unmetodo utile per monitorare i progressi di una se-duta musicoterapeutica e specialmente i suoiaspetti interattivi. Sono dettagliatamente de-scritti i cambiamenti nella relazione non verbalee sonoro-musicale, punto centrale dell’interazio-ne musicoterapeutica. Il suono può avere una dif-ferente connotazione ed acquisire una valenzaespressiva e comunicativa-relazionale, inoltre puòindicare interazioni qualitativamente differenti.Sembra importante sottolineare e focalizzare l’at-tenzione sul rendere questo metodo di misurazio-ne coerente con la teoria di riferimento. Le classicomportamentali, infatti, evidenziano aspetti coni quali Stern ha caratterizzato varie modalità di“relazioni intersoggettive”. La griglia qui descrittapuò quindi identificare differenti livelli di com-partecipazione affettiva, usando un criterio rigo-rosamente osservativo. Questo monitoraggio èutilizzabile sia nella valutazione per aggiungere

o con impact factor. Gli studi menzionati costi-tuiscono un importante e innovativo punto di ri-ferimento nella letteratura internazionale e sonoun esempio unico in Italia. Nel secondo caso la ricerca scientifica presso laFondazione Sospiro ha prodotto studi inerenti glistrumenti di valutazione del processo musicote-rapeutico (Raglio et al., 2006; 2007). Se la ricercasugli esiti, infatti, costituisce un particolare inte-resse clinico poiché conferisce valore all’efficaciadell’intervento e diventa quindi essenziale per ilriconoscimento terapeutico della disciplina, lostudio sul processo risulta essere un altrettantofondamentale cardine della musicoterapia poichédescrive e documenta quanto avviene all’internodel setting. Proprio la coerenza di risultati traquanto accade esternamente al setting e interna-mente a esso costituisce un punto fondamentale.Nella letteratura musicoterapeutica sono assentistrumenti standardizzati e validati volti a valuta-re il processo (Wigram, 2005; Raglio, 2008). Di seguito farò un breve accenno agli strumentiosservativi che sono stati creati nell’ambito delleesperienze realizzate presso la Fondazione Sospiro.A) Il primo strumento di osservazione creato èstato il Music Therapy Coding Scheme (Raglio etal., 2006) consistente in una griglia che includel’osservazione di quattro classi comportamentali:• Comunicazione sonoro-musicale • Comunicazione non verbale• Espressione del volto• Comunicazione verbale

I comportamenti espressi in tali categorie vengo-no rilevati attraverso l’analisi di videotapes relati-vi alle sedute da valutare. Tutto ciò avviene attra-verso l’ausilio di un software (The Observer Video-pro 5.0, Tm Noldus Information Tecnology) che nepermette la scansione e che consente di memo-rizzare e organizzare temporalmente i comporta-menti registrati dagli osservatori. Tali comporta-menti vengono rilevati osservando il paziente e il

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elementi di diagnosi, sia longitudinalmente percogliere cambiamenti, a livello clinico, nel proces-so terapeutico. B) Il secondo strumento di osservazione prodottoè la Music Therapy Check List (Raglio et al., 2007),uno strumento cartaceo utilizzabile clinicamenteper valutare il processo musicoterapeutico in unasingola seduta o rispetto all’andamento del trat-tamento.Per la costruzione di questo strumento si sono se-lezionati i comportamenti ritenuti più significati-vi (nell’ambito del Music Therapy Coding Scheme)al fine di cogliere i costrutti teorici indagati. Que-sto nuovo strumento è facilmente applicabile an-che senza l’ausilio di un PC e può essere utilizza-to sia per la codifica dal vivo che per l’analisi divideoregistrazioni, con una tecnica di rilevazionea intervalli temporali. Le check-list presentano in-fatti una struttura simile a quella degli etogram-mi: esse contengono liste di variabili che consen-tono al valutatore di esplorare tutti gli aspetti cheha deciso di osservare, senza correre il rischio didimenticarne qualcuno (Conti, 1999). I comportamenti selezionati consentono di effet-tuare un’analisi quali-quantitativa della relazionefra il musicoterapeuta e il paziente.Prima di tutto, il livello di adesione al setting mu-sicoterapeutico, che prevede l’utilizzo di modalitàdi comunicazione prevalentemente di tipo nonverbale. La presenza o assenza della comunicazio-ne verbale e la pertinenza della stessa rispetto alcontesto costituiscono ulteriori indici significati-vi di tale adesione, altresì la minore o maggiorepresenza nella diade musicoterapeuta/paziente dielementi che rimandino ai concetti di “sintoniz-zazione affettiva” e di “compartecipazione deglistati affettivi” (Stern, 1985), in cui la relazionenon è un semplice rispecchiamento formale insenso imitativo, ma presuppone anche la condivi-sione di uno stato emotivo. Si ritiene infatti che,accanto a una sintonia sonoro-musicale, il con-cetto di “sintonizzazione affettiva” implichi l’e-

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una reazione di rifiuto netto o, ancora, viene rite-nuto inapplicabile alla disciplina (Postacchini &Spaccazocchi, 2010). Chiaramente chi scrive haun diverso punto di vista. Personalmente ritengoche il contenuto di una terapia (quindi anche del-la musicoterapia) non possa prescindere da unarigorosa applicazione e verifica di quanto propo-sto in termini di contenuti e di metodologia pro-gettuale ed elaborativa. Questo non significa al-terare il valore soggettivo dell’intervento o perve-nire alla standardizzazione dello stesso, così comenon significa uniformare gli interventi e creare ununico e rigido approccio (velleità non percorribi-le e poco pertinente). Credo che il concetto discientificità sia oggi molto lontano da quello diverità assoluta o di dogma, ma piuttosto, nell’am-bito da noi considerato, si riferisca alla possibilitàdi costruire l’intervento musicoterapeutico sullabase dell’Evidence Based Practice (Mace et al.,2001; Edwards, 2005) e di verificarlo tenendoconto dei criteri adottati dall’Evidence Based Mu-sic Therapy (Edwards, 2002; Vink et al., 2003). Ciòcostituisce un fondamentale presupposto che staalla base di qualsiasi intervento terapeutico, so-prattutto se non ancora adeguatamente ricono-sciuto. L’ambito della complessità e delle scienzeumane e sociali è naturalmente un ambito in cuinon tutto è misurabile, ma il concetto di scienti-ficità non include l’idea di quantificare ognievento o di spiegare razionalmente ciò che nonnecessariamente si manifesta fenomenologica-mente. Questa idea rigida e superata credo noncorrisponda all’idea di scientificità, che vede nel-la ricerca il modo migliore per approfondire econdividere ipotesi con modalità consolidate maal tempo stesso in continua evoluzione. Credo chela ricerca sia per definizione un insieme di conte-nuti dinamici, di sempre nuovi punti di partenzapiuttosto che di certezze o punti d’arrivo. La ri-cerca fa pensare e costituisce una possibilità diconfronto e di scambio su basi comuni garanten-do maggiore obiettività nell’analisi dei risultati

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che vengono sottoposti a rigorose procedure me-todologiche e statistiche e a processi di revisione.Ciò permette di allontanarsi dall’autoreferenziali-tà e dalla presunzione di alcune pretenziose af-fermazioni di cui anche in musicoterapia vi sonocontinui esempi. Il vero problema, a mio parere, èquello di produrre uno sforzo di integrazione deiparadigmi qualitativi e quantitativi con il fine dipervenire ad adeguate metodologie di ricerca nelrispetto delle peculiarità del setting musicotera-peutico. L’aumento esponenziale degli studiscientifici in musicoterapia (e nelle terapie nonfarmacologiche in generale) indica un chiarosforzo in questa direzione. Se la ricaduta della ri-cerca sugli aspetti clinici dell’intervento appareevidente, mi preme sottolineare anche la valenzaetica della ricerca che, per quanto mi riguarda, èstato uno degli stimoli fondamentali che mi han-no indotto a intraprendere l’attività scientifica.Credo sia doveroso porsi domande (cercando didare risposte) in rapporto alla legittimità dell’in-tervento musicoterapeutico. Ciò mi pare vera-mente un atto dovuto, in prima istanza ai desti-natari del trattamento a cui si prospetta un inter-vento con finalità terapeutiche. Voglio conclude-re questo scritto augurandomi che tra qualcheanno si possa pensare che le precisazioni di que-sta parte conclusiva dell’articolo siano totalmen-te inutili poiché ovvie e superate. La musicotera-pia sarà allora, con tutta probabilità, una discipli-na riconosciuta e applicata da professionisti qua-lificati e integrati nelle équipe multidisciplinaridelle istituzioni.

*Contributo presentato in occasione del VII Con-gresso Confiam “Le Cure Musicali” 28-29-30Maggio 2010 Genova.

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Songs are the ideal context for working on expres-sions, emotional control and for integration basedon the attunement of emotions. The things thatcontribute to achieving this are the formal aspectsand the organizers, as well as the text whose con-tents are in tune with the patients’ thoughts. Be-low there is a description of a ten-year-groupwork on music therapy, carried out together withthe patients of the Psychiatric Day Hospital of theNursing Home Villa Igea, in Modena.

PremessaMeglio di qualunque altra introduzione “colta”,due testimonianze di operatori del settore posso-no aiutarci a spiegare le ragioni, e le motivazioni,che spingono all'utilizzo della canzone in un con-testo terapeutico.

Nel diario dell’educatore musicale esperto, Giaco-mo Downie (1996), si legge:“(23/2/1991) Era la seconda volta che mi trovavocoinvolto in un gruppo del genere, 17 personeanziane dal cui semplice aspetto esteriore traspa-rivano 17 situazioni e passati diversissimi. Mi ren-devo conto di essere, bene o male, nelle vesti dianimatore. Il mio obiettivo, per il momento, eracercare di cogliere se e che cosa si potesse farecon la musica in risposta ai bisogni espressi e nondelle persone che mi stavano di fronte, eventual-mente facendo emergere una domanda diretta diattività musicale. Seduti in cerchio, su sedie o supoltrone in una stanza non molto grande, par-lammo di esperienze musicali passate come can-to casalingo, frequentazione di cori amatoriali odella banda musicale, studi pianistici interrotti;parlammo della monotonia delle loro giornate,della mancanza di volontà o di capacità necessa-rie a intraprendere attività elementari comeascoltare un disco o semplicemente chiederlo,della voglia che qualcuno avrebbe avuto di impa-rare la musica. Lentamente s'insinuò in me l'im-

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giunse, sotto

forma di una

deliziosa canzone

popolare, una

risposta a questa

situazione

La canzone come strumento terapeutico

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strada, che sosta sui log-giati e sulle piazze, che faviaggiare nell'aria inten-se e colorate vibrazioniche durante il camminoscorrono sulle pareti del-le case, sbattono su qual-

che balcone o scuotono i poco stuccati vetri diun'antica finestra del borgo.Questo giro di melodie, di armonia e di ritmi, sulselciato della città, quante e quali dimensioniumane e musicali sottende?Ecco, questo è il compito primario del nostro in-tervento: tentare di definire, se non tutte, alme-no qualcuna delle ragioni che possono indurre gliuomini a vivere situazioni musicali di strada, dipiazza, all'interno di quell'auditorium che, archi-tettonicamente parlando, ripercorre molti trac-ciati della nostra vita quotidiana.Crediamo giusto dover iniziare con una definizio-ne, interpretazione della musica che, in questocontesto, può essere da molti condivisa: la musi-ca è, per molta gente, un vasto territorio per lamanifestazione dei loro bisogni e per la realizza-zione delle loro identità globali e musicali speci-fiche (…).La musica che cammina tra i loggiati e attorno al-le fontane, che si intrufola nei vicoli e dentro leporte e le finestre aperte, che si ferma nei cortilie nelle piazze, quale scopo primario ha se nonquello di andare incontro alla gente per instaura-re con essa un rapporto a quattr’occhi.Questo fare musica, che certamente può racco-gliere al suo interno tanto i normali e sani biso-gni di trasgressione dei comportamenti musicaliufficiali, quanto quelli altrettanto giusti e forseancor più prioritari dettati dalla urgenza di risol-vere il proprio sostentamento quotidiano, ha al-la base dei valori che potremmo definire qualita-tivamente ricchi sul piano umano: la ricerca dicontatto con l'altro, con gli altri; la disponibilitàal rapporto fra gli individui superando il muro dei

pressione che le personeche mi circondavano siaspettassero qualcosa: mistavano studiando. Sentiila mancanza di una qual-che forma di aiuto perstabilire un contatto frame e loro, forse un oggetto intorno al quale lavo-rare insieme.Inaspettata giunse, sotto forma di una deliziosacanzone popolare, una risposta a questa situazio-ne. Una delle persone presenti, che già si era fat-ta notare nel corso della conversazione, prese laparola. È di statura piccola, aspetto curato, abbi-gliamento giovanile vagamente anni 70 ed età in-definibile; chi si rivolge a lei la chiama signorinaZ… Ci disse di conoscere alcuni stornelli toscani:avremmo potuto cantarli formando un piccolocoro. L'idea raccolse il consenso di tutti, ma ciòche accese l'entusiasmo fu l'ascolto di una canzo-ne dalla voce della signorina. Alcuni l'avevanosentita, altri cantata, addirittura c'era chi dicevadi conoscere altre strofe, il testo e il ritmo vivacedivertirono tutti. Finalmente mi sentì pienamentecoinvolto, anzi direi quasi catturato nell'iniziativache stava nascendo.Mettere insieme un coro e per di più lavorare noncon materiale preconfezionato dall'esterno, macon materiale vivo in loro che potevamo già defi-nire nostro; avviare un'attività dove i partecipan-ti fossero i protagonisti assumendo piano pianosempre più responsabilità nella sua gestione enella sua programmazione; che stupende pro-spettive per un intervento di animazione tesa aevitare quella strategia dell'intrattenimento edell'acculturazione che tende a caratterizzarequalsiasi proposta destinata a riempire del tempolibero degli anziani”.

In uno scritto (1994) di un esperto pedagogistadella musica, Maurizio Spaccazocchi, si legge:“La musica, lo spettacolo sonoro che percorre la

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La musica è, per moltagente, un vasto territorioper la manifestazione

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La canzone in musicoterapiaÈ stato seguendo questi principi, e in parte modi-ficandoli ed affinandoli nel corso degli anni, che hoimpostato due esperienze di musicoterapia, attua-te presso la Casa di Cura “Villa Igea” di Modena.Tali attività si sono svolte nell'arco di 10 anni edhanno interessato due reparti: la prima è statacondotta presso il reparto 27, nel quale vengonoricoverati pazienti affetti da varie forme di di-pendenza da sostanze e con doppia diagnosi.Questo reparto ha avuto varie trasformazioni nelcorso degli anni, a seguito delle evoluzioni e de-gli sviluppi nell'atteggiamento riabilitativo versopazienti dipendenti.La seconda attività si è svolta presso il day-hospi-tal, di questa stessa struttura, ove sono ospitatipazienti sostanzialmente cronici, affetti da gravidisturbi di personalità, da psicosi, o, in qualchecaso, anche pazienti con doppia diagnosi. Que-st’ultima, ha seguito un andamento profonda-mente diverso dalla prima (già descritta in Po-stacchini, 2001). I pazienti sono disposti seduti incerchio, in una palestra (la stessa dell’altra attivi-tà) di 8x8 interna al reparto. La struttura conosceun turn-over di pazienti molto limitato. Si trattadi degenti che, in alcuni casi, sono stati ospitatianche per un arco di diversi anni, e che quindihanno conosciuto e vissuto lunghi percorsi riabi-litativi. È vero che presso questa struttura si veri-ficano anche casi di pazienti che non hanno rico-veri particolarmente prolungati: questo fatto si èverificato prevalentemente in questi ultimi anni aseguito delle trasformazioni del reparto e del di-verso criterio di accesso dei pazienti alla struttu-ra. Purtuttavia il gruppo di musicoterapia, che siè svolto regolarmente per tutti questi anni il gio-vedì, dalle ore 13 alle 14, ha conosciuto uno scar-so turn-over di pazienti ed una relativa stabilità.Questa attività ha conosciuto diverse fasi di lavoro:1) in una prima fase i verbali delle sedute di in-contro venivano compilati a cura di un infermie-re, regolarmente presente, assieme alla assistente

metri di valutazione sulla condizione culturale,economica, politica e religiosa; l'esaltazionespontanea della osservazione empatica e simpa-tetica fra gli individui grazie ai canali visivi, udi-tivi e sinestesici; la stimolazione ad intraprende-re subito la strada dei decondizionamenti psico-logici, fisici ed emotivi che questo palese approc-cio musicale invita a realizzare; saper vestire gliabiti di persone che sanno accogliere le più disparate personalità-identità musicali per poter,da queste, ricevere tutte le comunicazioni positi-ve presenti nel loro essere in musica, in quel mo-mento, in quel luogo, e con quelle determinatepersone; saper vivere la musica non come un fi-ne, ma come mezzo, per godere delle relazioniumane che può permettere di istituire; dare fidu-cia agli altri, anche a quelli che a prima vista ciappaiono tanto diversi da noi; aprire la nostramente al confronto dei diversi modi di interpre-tare la vita; imparare a partecipare anche ai gio-chi della vita che i nostri genitori non ci hannoinsegnato, ecc.Queste e tante altre finalità, tendenti al migliora-mento dei rapporti umani per mezzo della musi-ca, si possono meglio conquistare in contesti che,come questo indicato, promuovono messaggi po-sitivi nei confronti della vita, dove sono presentile offerte della propria personalità, pur non es-sendo mai state dichiarate in parole. Infatti, i ge-sti, i contatti, gli sguardi, i sorrisi, i suoni, le co-reografie motorie, parlano inequivocabilmente:siamo qua, tutti, uguali e diversi, con la musica,viviamoci!No, non può essere certamente così facilitante,per questi rapporti, la messa in mostra di unaidentità musicale colta, che non permette alcuncoinvolgimento attivo da parte dell'ascoltatore. E,per lo sviluppo dei rapporti umani qualitativi, nonè nemmeno facilitante quel contesto artistico chechiude la musica dentro le sale da concerto, comeper dire alla gente: l'arte musicale è qua, se vole-te conoscerla venite voi!”.

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sociale, e che stava svolgendo una formazione inmusicoterapia. Questo protocollo delle sedute co-stituiva poi un materiale per la supervisione dellostesso infermiere, supervisione che veniva attua-ta in un momento separato. In questa fase il ma-teriale di ascolto musicale, prevalentemente co-stituito da brani di musica leggera, era scelto acura del conduttore.2) In una fase successiva si è stabilito che i proto-colli delle singole sedute venissero compilati acura dei pazienti stessi. In questa fase, sfumata-mente, i pazienti hanno preso l'iniziativa e daquesto momento il materiale musicale è statoproposto pressoché esclusivamente dagli stessi. Lemodalità di presentazione dei materiali sono sta-te oggetto di varie elaborazioni: da un lato lamaggioranza dei pazienti preferiva portare mate-riali che risultassero per loro piacevoli o comun-que significativi, ma non necessariamente legati amomenti fondamentali della loro vita. Dall'altraparte una minoranza di pazienti prediligeva lapresenza di materiali che fossero particolarmenteindicativi, in questo caso si tratta di pazienti af-fetti da gravi disturbi di personalità.Questa scelta ha costituito una svolta fondamen-tale nella organizzazione del gruppo, in quanto,da una parte, la compilazione di questo materia-le ha costituito un elemento di forte preoccupa-zione, oltre che di impegno, per i pazienti. Questistessi, adducendo le più varie motivazioni, hannomanifestato frequentemente resistenze alla com-pilazione del materiale, ma su queste resistenze siè potuto sistematicamente lavorare. L'accordo erache, seguendo l'ordine alfabetico, tutti i pazientidovessero compilare il verbale, riprendendo il gi-ro una volta che fosse completato l'elenco deglistessi. Era poi cura del paziente, che aveva redat-to lo scritto, leggerlo all'inizio della seduta suc-cessiva. In questo modo veniva steso un materia-le che rimaneva stabilmente a disposizione perchiunque volesse consultarlo, oltre ad essere for-nita ai pazienti sia una memoria di quanto era ac-

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bibl

iogr

afia

caduto, sia una occasione per integrare o com-mentare quanto era stato scritto. In considerazio-ne della gravità di alcuni pazienti a volte i proto-colli sono stati redatti con estrema sinteticità, main altre occasioni vi sono stati elaborati estrema-mente significativi, approfonditi ed accurati, an-che da parte di pazienti per i quali il resocontoverbale diretto non sarebbe stato altrettanto ric-co ed articolato.Negli anni si è così potuto accumulare un vastomateriale di lavoro che ha costituito materia peruna indagine approfondita delle dinamiche digruppo, oltreché dello sviluppo narrativo, in consi-derazione della evoluzione e della migliore consa-pevolezza dei vissuti profondi dei pazienti stessi.3) Nella fase conclusiva della esperienza, per ra-gioni del tutto casuali e contingenti e non pro-grammate, vi è stata l'occasione di poter proce-dere alla compilazione di una canzone il cui testoè stato elaborato dagli stessi pazienti e la musicascritta da un paziente musicista.Anche questa fase è stata estremamente signifi-cativa ed arricchente nel vissuto generale delgruppo. Il compositore è paziente dalla persona-lità estremamente difficile, meticolosa e punti-gliosa al punto da dover richiedere più volte l'in-tervento stimolatore dei compagni per arrivare auna conclusione o comunque a una definizionedella musica stessa. Il testo, estremamente signi-ficativo dal punto di vista della dinamica internadei pazienti, è stato steso a cura di uno degli stes-si, conoscendo però il contributo anche di altripartecipanti.Di seguito riporto il testo della canzone:

Impariamo a volare(Fermata Fornaci)

“Cosa bisogna dire, cosa bisogna faredove bisogna andare per nasconder la paura.Scruta dentro te stesso e scoprirai che spessonon sei la sola causa del malessere che hai.

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iogr

afia

I pregiudizi sono le catene di oggici rendon prigionieri dei timori della genteche ha paura del contatto con le diversitàtemute persino dalla buona società.Hai dormito sempre sonni tranquilli?Non ti ha mai assalito qualche perché?Come quando un sogno tramontando che ha fat-to trasalirePrima che il sogno successivo ti potesse assorbire.

RitornelloTanta strada ancora abbiamo da farea volte siamo pacchi da dimenticare.Ci sono persone che ci vogliono aiutarepersone delle quali ci dobbiamo fidare

Fine ritornelloLa nostra sofferenza non è mica un probleminoda curare con ricette scritte in un cioccolatino.E qui c'è un gran bisogno di molta comprensionenon di quella religione che si chiama compassione.

RitornelloTanta strada ancora abbiamo da farea volte siamo pacchi da dimenticare.Ci sono persone che ci vogliono aiutarefidiamoci di loro e lasciamoci un po' andare.

Fine ritornelloOgni essere umano ha diritto di star benesenza impedimenti ostilie speculazioni di iene.Star bene è un diritto non è una pretesa.Che spicchi il volo chi sta maleverso una mano tesa”.

Deve essere sottolineato che questa parte del la-voro è stata compiuta al di fuori del gruppo dimusicoterapia, che continuava a svolgersi rego-larmente il giovedì nell’ora designata.È stata l’assistente sociale Rossana Lusvardi a cu-rare direttamente il lavoro con i pazienti, con un

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afia

paziente lavoro di integrazione, di assimilazione edi precisazione di quanto avveniva, preoccupan-dosi di costruire una esperienza di lavoro di grup-po. Si tratta quindi di un'evoluzione, di una atti-vità “collaterale” al gruppo di musicoterapia; ilche costituisce un nodo della evoluzione emozio-nale ed affettiva del gruppo stesso.Il gruppo ha poi avuto la opportunità, nella occa-sione di un concorso tenutosi a Modena pergruppi musicali emergenti, di poter partecipare,dietro invito, a questa manifestazione. Si è tratta-to comunque di una esperienza particolarmenteintensa e difficile, costruita con grande perizia epazienza da parte dell'assistente sociale, coadiu-vata con grande impegno dalla infermiera FrancaCarretti. Molti pazienti, infatti, si sono trovatiemotivamente in grossa difficoltà al momento incui dovevano decidere di partecipare material-mente ad una manifestazione “all'esterno” e diuna qualche risonanza in ambiente cittadino.Nonostante il forte coinvolgimento emotivo l'espe-rienza ha avuto luogo, potendo ottenere un buonsuccesso tanto dal punto di vista della partecipa-zione dei pazienti, quanto dell'effettivo risultatoartistico, sotto il profilo del prodotto musicale, edella qualità esecutiva, dagli stessi raggiunto.In questo modo il gruppo di musicoterapia ha fi-nito per assumere un carattere che, per molti ver-si, si accosta a quello della “Corale Claudio Caval-lini”, costituita da Claudio Cavallini in anni ormailontani, attiva presso le strutture della Asl di Mo-dena, e ora sotto la guida di Fabio Albano, re-sponsabile dell’attività, e di Silvia Testoni, respon-sabile del coro (Albano, Curci, 2009).

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The increasing interest in non-verbal communi-cation has encouraged new researches and theelaboration of innovative theories. In this study,the author uses Rolando O. Benenzon’s model,called music-psychotherapy, to describe the ef-fect of a therapeutic music process on a group ofteenagers. The analysis of their non-verbal beha-vioural answers shows that music therapy is ableto improve their opportunities to communicateand increases social relations, helping youths toprotect wellbeing and the investigation of ownpersonality.

IntroduzioneNell’uomo il sistema comunicativo apparente-mente più importante è quello verbale. Tale in-discutibile predominanza del sistema verbale hapermeato gli interessi di ricerca fino a pochi an-ni fa ed ha portato molti autori a disinteressarsisulla possibilità di considerare altri sistemi. Negliultimi decenni è maturata la convinzione che lacomunicazione umana risulti dall’interdipen-denza di diversi sistemi comunicativi: i processidi interazione si fondano sul funzionamento in-tegrato e simultaneo di elementi verbali, ma an-che intonazionali, paralinguistici e cinesici pro-dotti dai soggetti che comunicano (Ekman eFriesen, 1969). Si sono dunque aperti nuovi campi di indagine enuovi livelli di analisi: quello del comportamentospaziale dell’uomo, del movimento e della ge-stualità, dei mutamenti dello sguardo, dell’espres-sione del volto, dell’aspetto esteriore e degliaspetti non strettamente linguistici del discorso(Anolli e Lambiase, 1990, 2002). Nel campo della sociologia, della psicoterapia edell’antropologia questi nuovi concetti hanno fa-vorito l’avvio di nuove ricerche e, di conseguenza,l’elaborazione di nuove teorie e modelli. Tra que-sti, quello sviluppato da Rolando O. Benenzon,denominanto “Musicopsicoterapia”, considerato

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Negli ultimi

decenni

è maturata

la convinzione

che la

comunicazione

umana risulti

dalla

interdipendenza

di diversi sistemi

comunicativi

Musicoterapia: processo, descrizione eanalisi del comportamento non verbale

Anto

nio

Pitrelli,

Musicoterapeuta, C

entro di M

usicoterapia Studi e Ricerche, M

ilano

.

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pato in seguito ad unalunga ricerca sui com-portamenti non verbali:sono stati scelti alcuniindicatori “corporo-so-noro-musicali-narrati-vi” che possono essere

osservati in un contesto musicoterapico. Talecontesto implica la presenza di un musicotera-peuta, di un gruppo, di consegne e di strumentimusicali. Di seguito vengono riportate le tre Scale degli In-dicatori Non Verbali (Modalità di Risposta allaConsegna, Indicatori Corporali, Movimento Ocu-lare), gli Indicatori Musicali, gli Indicatori dell’usodegli Strumenti ed i Gradi di Connessione. PerGradi di Connessione si intende il risultato dell’in-terazione di tutti questi indicatori corporo-sono-ro-musicali-narrativi.

Scale degli Indicatori Non Verbali • Scala di Modalità di Risposta alla Consegna

- Rifiuto: la totale opposizione alla consegna. - Indifferenza: il distacco, il disinteresse alla

consegna. - Accettazione Passiva: un accoglimento del-

la consegna privo di intenzionalità relazio-nale e comunicativa da parte del soggetto.

- Potenzialità Interattiva: l’immediata rispo-sta alla proposta iniziale, seguita da un’in-tenzionalità comunicativa-relazionale delsoggetto.

• Scala degli Indicatori Corporali - Corpo in Allontanamento: un atteggiamen-

to di rifiuto, di chiusura. - Corpo in Contrazione: una rigidità muscolare

e una sottomissione/soggezione al contesto. - Corpo in Estensione: un atteggiamento do-

minante. - Corpo in Avvicinamento: un atteggiamento

positivo, partecipativo e di interesse.

dall’autore e da diversiesperti, rappresentanteper eccellenza della psi-coterapia non verbale. La formazione del Mo-dello Benenzon nasceda quarant’anni di pra-tica clinica, di docenza, di supervisione e di ricer-ca. Questo modello non è una serie di tecniche,ma un modo di vedere la vita, un concetto del-l’uomo ed ha un obiettivo molto chiaro: migliora-re la qualità della vita e la comunicazione tra gliesseri umani (Benenzon et al., 1997). È generalmente riconosciuto che la comunicazio-ne non verbale permette di toccare i livelli piùprofondi della comunicazione: il livello dell’emoti-vità, della relazione e dell’identità. Pertanto l’ap-plicazione della musicoterapia supera l’ambito te-rapeutico per espandersi anche in quello preventi-vo e sociale. Secondo Benenzon tale disciplina staentrando nella dimensione del sociale, con il suogrande potere di prevenzione primaria, e nei gran-di problemi che affliggono oggi l’umanità, conl’obiettivo di aprire dei canali di comunicazionetra le persone e produrre degli effetti terapeutici,di psicoprofilassi e di riabilitazione per se stessi, lasocietà e l’ecosistema (Benenzon, 2007). Il presente articolo ha lo scopo di esporre unostudio di musicoterapia preventiva realizzato gra-zie alla collaborazione degli studenti e docentidell’Università del Salvador di Buenos Aires, e diproporre un modello di descrizione e analisi delcomportamento non verbale. Lo stesso studio èparte integrante di una tesi di Laurea Specialisti-ca in Pedagogia, discussa nel Marzo 2010 pressola Facoltà di Scienze della Formazione, Universitàdegli Studi di Bologna.

MetodiIl modello di descrizione e analisi del comporta-mento non verbaleIl modello di descrizione e analisi è stato svilup-

È riconosciuto che la comunicazionenon verbale permette di toccare i livelli

più profondi della comunicazione

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Suona uno Strumento?

Durata dell’Improvvisazione

Dinamiche: il volume dell’esecuzione musicale

Presenza di Vocalità

No

Senza Suono

Senza Suono

No

Si

Meno di 1 minuto

Dinamica Inesistente

Voce Cantata

Fino a 10 minuti

DinamicaCostante

Voce Parlata

Più di 10 minuti

- Oggetto Catartico: uno strumento assumequesta funzione quando rende possibile la sca-rica energetica tensionale, che provocherà laprima sensazione gratificante della seduta (Be-nenzon et al., 1997).

Gradi di Connessione - Grado di Connessione Passivo: la totale man-

canza di relazione con il gruppo dei pari edun’assoluta assenza dei parametri corporo-so-noro-musicali-narrativi.

- Grado di Connessione Isolato: l’eventuale pre-senza di parametri corporo-sonoro-musicali ilcui fine non è di tipo relazionale o intenzio-nalmente comunicativo.

- Grado di Connessione Integrato: il libero eaperto scambio di idee e sensazioni tra mem-bri del gruppo; si riscontra la presenza di para-metri corporo-sonoro-musicali-narrativi.

Descrizione del gruppo Sono stati coinvolti nello studio 18 alunni dellaScuola Statale “Adolfo Saldias” di Buenos Aires,tra i 15 e 17 anni. Per motivi legati ad una chia-rezza metodologica e ad una migliore definizione

Indicatore dell’uso degli strumenti - Oggetto Incistato: lo strumento non viene uti-

lizzato per produrre suoni ma viene semplice-mente accarezzato.

- Oggetto Difensivo: lo strumento e la produzio-ne sonora fanno da scudo dietro il quale il sog-getto nasconde il proprio corpo e le sueespressioni corporali. Si osserva un atteggia-mento rigido nel corpo del paziente, che muo-ve solo le parti che sono necessarie a produrrecerti suoni.

- Oggetto Sperimentale: lo strumento assumequesta funzione quando il paziente entra perla prima volta nel setting, di conseguenza nesperimenta il colore, il suono, la forma. In que-sti momenti la produzione è casuale, poichétutta l’attenzione si concentra sull’osservazio-ne dello strumento.

- Oggetto Intermediario: si intende qualunqueoggetto capace di permettere il passaggio dienergia comunicativa da un individuo all’altro.

- Oggetto Integratore: quando uno strumentocorporo-sonoro-non verbale permette il pas-saggio di energia comunicativa fra più di duepersone.

- Sguardo: un contatto visivo della durata di3 o più sec., avviene quando il contatto vi-sivo tra due individui è simultaneo e reci-proco, indica un maggior interesse versol’altra persona.

Gli Indicatori Musicali

• Scala del Movimento Oculare - Senza Contatto Oculare: la totale assenza di

contatto oculare. - Contatto Oculare: un contatto visivo della

durata media di 1,5 sec., svolge la funzionedi segnalazione e acquisizione di informa-zioni (Goleman, 1995).

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Risposta alla Consegna

Indicatori Corporali

Movimento Oculare

1

2

3

Incontro 1

Interattiva

Contrazione

Contatto

Incontro 2

Interattiva

Contrazione

Contatto

Incontro 3

Indifferenza

Contrazione

SenzaContatto

Incontro 4

Interattiva

Avvicinamento

Contatto

Incontro 5

Indifferenza

Avvicinamento

Sguardo

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ta a lezioni scolastiche. Lo strumentario musicaleera composto da: 2 tamburi grandi (djambè), 3tamburi medi, 1 rullante, 4 maracas, 1 guiro me-tallico, 1 guiro di legno, 1 armonica, 1 chitarra, 1cazù, 1 flauto, 1 flauto di pan, 1 clave, 1 xilofo-no, diversi battenti, sonagli di vario tipo e 1 ste-reo. Le tecniche utilizzate sono state interattive erecettive: improvvisazione libera, improvvisazioneprogrammata e ascolto di musiche pre-registrate(Pellizzari e Rodriguez, 2005). Il processo musicoterapico è durato due mesi,con un incontro a settimana della durata di 60minuti. L’analisi dei comportamenti non verbali èstata svolta in un secondo momento: sono stateutilizzate delle videoregistrazioni, realizzate du-rante gli ultimi cinque incontri, grazie alle qualiè stato possibile condurre un’analisi retrospettivadi casi.

RisultatiI dati raccolti suggeriscono che il contesto musi-coterapico ha favorito la libera espressione, hamigliorato la comunicazione ed il conseguenteincremento delle relazioni sociali. Di seguito ven-gono riportate le tabelle dettagliate dello svilup-po dei due individui osservati durante i cinque in-contri. Per motivi sconosciuti M. non è venuto alterzo incontro.

del campo d’osservazione, l’attenzione è stata de-dicata a due ragazzi (Suya e Maxi), le cui caratte-ristiche relative alla loro modalità d’interazioneerano apparentemente opposte, una introversa el’altra estroversa.

Suya Suya (S.), 15 anni, di corporatura gracile e snella,studentessa. Non aveva dialogo con i suoi compa-gni di classe, spesso non partecipava alle discus-sioni oppure lo faceva con un volume di vocemolto basso, mostrando imbarazzo e nervosismo.Dall’analisi dei video è stato possibile notare cheS. aveva una personalità introversa.

MaxiMaxi (M.), 17 anni, è un anno più grande dei suoicompagni di classe, di corporatura robusta, pro-viene da una famiglia a basso reddito, è studentee lavora come meccanico presso l’officina del pa-dre. Ha un figlio di tre mesi che vive con la ma-dre. Dall’analisi dei video è stato possibile notareche M. era partecipativo ed aveva una personali-tà estroversa.

Il processo Musicoterapico Questa pratica è stata svolta in un contesto sco-lastico, all’interno di un’aula normalmente adibi-

Nel caso di S. le scale degli indicatori corporali edel movimento oculare dimostrano lo sviluppo diun comportamento proteso all’avvicinamento.

SuyaSviluppo degli Indicatori Non Verbali

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Suona uno Strumento?

Dinamiche

Durata dell’improvvisazione (min)

Presenza di Vocalità

4

5

6

7

Incontro 1

Si

Costanti

Fino a 10’

No

Incontro 2

Si

Costanti

Piu di 10’

No

Incontro 3

No

Senza Suono

Senza Suono

No

Incontro 4

Si

Costanti

Meno di 1’

No

Incontro 5

Si

Costanti

Fino a 10’

Voce cantata

Oggetto8

Incontro 1

DifensivoSperimentale

Incontro 2

SperimentaleIntegratore

Incontro 3

SenzaContatto

Incontro 4

SperimentaleIntegratore

Incontro 5

Integratore

Grado diConnessione

9

Incontro 1

Isolato

Incontro 2

Isolato

Incontro 3

Passivo

Incontro 4

Integrato

Incontro 5

Integrato

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Sviluppo degli Indicatori Musicali

Gli indicatori musicali dimostrano che l’interazio-ne con gli strumenti è stata presente durante lamaggior parte degli incontri, di forma costante econ durata media. È stato possibile osservare chedurante l’ultimo incontro vi è stata la presenza di

voce cantata: tale dato risulta molto importanteperché emerge per la prima volta e dimostra unsignificativo cambiamento ed incremento dell’in-tenzionalità comunicativa.

L’uso degli strumenti ha dimostrato uno sviluppoche abitualmente è osservabile all’interno di uncontesto musicoterapico. Inizialmente gli stru-menti hanno assunto le funzioni di oggetto di-

fensivo e sperimentale e, diventando successiva-mente oggetti integratori, hanno permesso ilpassaggio di energia comunicativa fra più di duepersone.

I Gradi di Connessione osservati dimostrano unosviluppo positivo della maggiore parte degli indi-catori. Con la presenza consecutiva delle tre fasidi connessione: Isolato, Passivo, Integrato.

Sviluppo dell’Uso degli Strumenti

Sviluppo dei Gradi di Connessione

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Suona uno Strumento?

Dinamiche

Durata dell’improvvisazione (min)

Presenza di Vocalità

4

5

6

7

Incontro 1

Si

Inesistenti

Meno di 1’

VoceParlata

Incontro 2

Si

Inesistenti

Meno di 1’

VoceParlata

Incontro 3

Assente

Assente

Assente

Assente

Incontro 4

Si

Costanti

Fino a 10’

VoceParlata

Incontro 5

No

Senza Suono

Senza Suono

Voce Parlata

Oggetto8

Incontro 1

Sperimentale

Incontro 2

Intermediario

Incontro 3

Assente

Incontro 4

SperimentaleIntegratore

Incontro 5

SenzaContatto

Risposta alla Consegna

Indicatori Corporali

Movimento Oculare

1

2

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Incontro 1

Passiva

Allontanamento

Sguardo

Incontro 2

Interattiva

AvvicinamentoSguardo

Incontro 3

Assente

Assente

Assente

Incontro 4

Interattiva

Avvicinamento

Sguardo

Incontro 5

Passiva

Avvicinamento

Sguardo

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Maxi Sviluppo degli Indicatori Non Verbali

che inizialmente è inesistente e successivamentediventa costante. Nel quinto incontro M. nonsuona, ma si osserva una postura di ascolto e dipartecipazione.

L’uso degli strumenti dimostra uno sviluppo simi-le a quello di S.: inizialmente hanno assunto lafunzione di Oggetto Sperimentale ed in seguito lefunzioni di Oggetto Intermediario e Integratore.

Queste modalità di utilizzo degli strumenti per-mettono il passaggio di energia comunicativa daun individuo all’altro e successivamente fra più didue individui.

Sviluppo dell’Uso degli Strumenti

Sviluppo degli Indicatori Musicali

Gli indicatori musicali dimostrano che l’interazio-ne con gli strumenti e la vocalità sono state pre-senti durante la maggiore parte degli incontri. Èpossibile notare un cambio di dinamica del suono

non ha partecipato in modo attivo, non ha can-tato e non ha suonato nessuno strumento, ma èstato fisicamente presente nel cerchio con i suoicompagni, con il corpo in avvicinamento e la pre-senza dello sguardo.

Le scale degli indicatori non verbali dimostranoche M. ha avuto un comportamento costante diAvvicinamento e Sguardo durante la maggiorparte degli incontri. Nel quinto si è osservata l’ac-cettazione passiva alla consegna in quanto M.

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Grado diConnessione

9

Incontro 1

Isolato

Incontro 2

Integrato

Incontro 3

Assente

Incontro 4

Integrato

Incontro 5

Integrato

i ragazzi soggetti attivi capaci di progettare e diinventare, invece di persone capaci di imitare e diriprodurre passivamente. Una scuola dunque del-le emozioni e dell’immaginazione, in opposizionead una scuola della razionalità e del cognitivismo,che valuta, seleziona, divide ed infine allontana. È in questo contesto che si colloca la musicoterapiapreventiva; questa offre delle esperienze fonda-mentali per imparare a riconoscere, modulare ecomprendere le emozioni, in se e negli altri, è pro-prio per tale motivo che può rappresentare un rea-le e valido strumento di prevenzione e di promo-zione dei fattori di protezione. Essa permette l’e-spressione di contenuti emozionali attraverso l’uti-lizzo di mezzi non verbali e la possibilità di condivi-derli e successivamente rielaborarli all’interno diuna dimensione comunicativa/relazionale, attra-verso il lavoro di gruppo. L’intervento musicoterapico si configura dunquecome una tra le proposte che possono essere messein atto per consentire all’adolescente di lavorare al-la ricerca della propria identità e delle proprie mo-dalità relazionali e comunicative. Attraverso l’inter-vento preventivo si punta alla crescita delle capaci-tà dell’adolescente di sostenere l’impatto con la dif-ficoltà e la fatica di vivere, si mira alla crescita del-la capacità di scelta (Pellizari e Rodriguez, 2005). Il canale sonoro-musicale permette l’apertura di unponte comunicativo con una persona le cui moda-lità espressive non vertono sull’utilizzo appropriatodel canale verbale ma piuttosto di quello non ver-bale; in tal senso la postura del corpo, il contattooculare, l’interazione musicale, se adeguatamentecodificate, diventano indicatori grazie ai quali di-venta possibile osservare aspetti della comunicazio-ne che esprimono modificazioni relazionali.

I Gradi di Connessione osservati nel caso di M. di-mostrano uno sviluppo positivo della maggioreparte degli indicatori. Con la presenza consecutivadelle due fasi di connessione: Isolato e Integrato.

DiscussioneIn ambito giovanile, il concetto di prevenzione fariferimento all’idea di multicausalità di fattori(biologici, sociali e culturali) che contribuisconoal manifestarsi di forme di disadattamento. Quando si parla di prevenzione si intende unaazione mirata ad impedire ogni forma di disadat-tamento, emarginazione, di condizionamento, distereotipizzazione e di limitazione (cognitiva,emotiva, espressiva) per uno sviluppo armonico,dinamico, socializzato di personalità libere, crea-tive, disposte al cambiamento. Si tratta di unaprevenzione che anticipi l’insorgere di problemi,stimolando, attivando e incrementando partico-lari funzioni psicologiche e processi intrapsichiciutili ad un miglior adattamento all’ambiente. Ma come si sostiene la persona, il ragazzo, il bam-bino, come la si difende dal disagio, attraversoquali esperienze, proposte, iniziative? Innanzitut-to stabilendo relazioni piuttosto che apprendi-menti, incontri significativi piuttosto che tecni-che da apprendere e da imitare. La scuola di oggi infatti è una scuola che non ac-coglie, che seleziona, che valuta, che richiedecompetenze da esercitare, comportamenti da as-similare più che valori da esperire. La vita deveentrare dentro la scuola raccogliendo i vissuti, lestorie, le emozioni di ciascun individuo, valoriz-zando invece di annullare le differenze, creandorelazioni invece di separare, stabilendo forti mo-tivazioni e passioni invece di annoiare, rendendo

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Sviluppo dei Gradi di Connessione

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Le interazioni musicali non verbali danno la possi-bilità agli utenti di esprimersi, di ascoltare e ascol-tarsi, di dare spazio all’altro, di poter accompagna-re l’altro dandogli fiducia con la diretta conse-guenza di acquisire maggiore sicurezza in se stessi.

ConclusioneAlla luce di quanto emerso dai dati raccolti, è evi-dente che l’utilizzo del mezzo sonoro favoriscel’incremento di dinamiche relazionali comunicati-ve. Infatti, entrambi gli utenti osservati, pur condelle caratteristiche differenti ascrivibili a sog-gettive modalità relazionali, risultano essere piùpresenti, comunicativi e collaborativi di quantonon lo siano in contesti che non contemplano at-tività musicali e corporali. È possibile affermare, dunque, che attività di mu-sicoterapia preventiva, in ambito scolastico, sem-plificano il dispiegarsi di relazioni, poiché oltre-passano la modalità verbale di interazione, dandola possibilità agli utenti di raggiungere un livellocomunicativo più profondo. La musicoterapia può svolgere così una funzionedi promozione della salute finalizzata al migliora-mento e al sostegno della condizione giovanile,può contribuire alla prevenzione del disagio, inte-sa come attività volta a ridurre i fattori di rischioe a sostenere l’adolescente in difficoltà. Gli indicatori corporo-sonoro-musicali-narrativiutilizzati per descrivere i comportamenti non ver-bali non sono legati ad una condizione psicologicao ad un periodo della vita, ma possono essere uti-lizzati in qualsiasi contesto ed in qualsiasi ambito. Data la continuità delle variabili in osservazione,è tuttavia difficile definire criteri di protocollari-tà, in grado di “ritagliare” unità discrete di conti-nuum dei gesti, dei movimenti facciali o dellatensione delle corde vocali. Pertanto, questo ten-tativo di analisi dei comportamenti non verbali èstato basato sui risultati, se pur parziali, delle ri-cerche condotte fino ad oggi, lasciando il campoaperto a future descrizioni e interpretazioni.

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I take charge of G. in October 2007 after long ho-spitalizations due to severe psychotic and schi-zoid type of crisis. The diagnosis is defined asschizoaffective. The girl has experienced heavycrises both physically (poor motility) and mental(depression). It is necessary for the first approachinto the music therapy setting to make a welco-me work on her to rediscover the wounded Self. After three years of Music Therapy sessions theschizoid crises take the form of panic attacks andthe suicide desire decreases. The girl is now ableto make decisions, to address her responsibilities,to go work and to write poetry as she did beforethe evolution of the disesase.

Prendo in carico G. alla fine dell’ottobre 2007 do-po un lungo ricovero per l’ennesima crisi psicoti-ca; negli ultimi anni le crisi ricorrenti hanno co-stretto la ragazza a vivere tra la casa e la clinicapsichiatrica rendendola incapace di mantenereun qualsiasi lavoro che le permettesse di essereindipendente a livello economico e sociale. L’é-quipe della clinica in cui è ricoverata, per le pe-culiarità musicali che la ragazza dimostra, decideun intervento di tipo musicoterapico e mi inter-pella per la sua presa in carico. G. presenta unquadro schizoaffettivo e le sue crisi sono caratte-rizzate da deliri, allucinazioni, sdoppiamento dipersonalità, depressione e impulsi suicidiari. Gliincontri con G. avvengono all’interno della stan-za di musicoterapia (il nome si è reso necessarioper distinguerla dai setting terapeutici già af-frontati dalla ragazza). All’interno del setting mu-sicoterapico G. si muove molto lentamente, sem-bra non avere un corpo e cerca risposte al perchéora si trovi lì con me. G. mi chiede spesso se soche è malata. Sottolinea che sta molto male daquando è a casa e ritiene che nessuno sia in gra-do di aiutarla. Il lavoro da intraprendere con G.sarà mirato all’accoglienza e alla riscoperta delsuo Sé fragile, confuso e sdoppiato, sarà un cam-

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All’interno

del setting

musicoterapico

G. si muove

molto lentamente,

sembra non avere

un corpo e cerca

risposte al perché

ora si trovi lì

con me

Schizoaffettività e musicoterapial’esperienza della stabilità*

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i, Musicoterap

ista, Imola (BO)

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zare la voce. Finalmen-te si sente pronta achiedere; attraverso unurlo liberatorio al mi-crofono decide di esse-re accolta nel qui e ora.I primi approcci con la

voce sono timidi e molto auto-criticati; la pz nonsi apprezza né fisicamente, né psicologicamente ela sua voce non le piace affatto. Il rinforzo sono-ro l’aiuta ad esprimersi e a piacersi di più perchéper un po’ dimentica la sua patologia psichiatricae s’identifica con Laura Pausini, Tiziano Ferro oPaolo Meneguzzi. Le canzoni di questi cantanti larappresentano in tutta la sua forma depressiva elei si sente se stessa nell’immedesimarsi in esse. Itesti di Tiziano Ferro sono, in modo particolare,l’esternazione di tutto il suo malessere. Spesso ècostretta a fermarsi per piangere e riflettere sullasua situazione “sfortunata”, come è definita da leistessa. Il suicidio evocato dalla canzone “Sere ne-re” di Ferro rappresenta il massimo del suo coin-volgimento e lo appunta in più riprese nel suoquaderno. Nella riflessione fatta insieme sui testi,G. mi fa notare quanto lei si identifichi in quelleparole. Le canzoni di Ferro sono spesso in tonali-tà minori e vestite di colori cupi, accompagnateda testi altamente depressivi e seppur in manieranegativa influenzano il Sé fragile di G., ma d’altrocanto l’aiutano per la prima volta a dare un’e-spressione, un’emozione, al suo Sé ed a gridaretutto il suo dolore. Portare fuori da Sé il dolore è per G. un passomolto importante, permette di dar voce a qualco-sa che fin’ora era esternato solo da lunghi piantinotturni e da crisi schizoidi ma mai confrontato.“Per ricercare il senso nel lavoro di cura è neces-sario portare lo sguardo anche al dolore, allagioia, alla speranza, alla tenerezza, alla compas-sione (non intesa in senso pietistico bensì comeespressione dell’appartenenza alla medesima esi-stenza umana) e alle dimensioni fondamentali

mino insieme a lei, chenascerà da lei e dallesue richieste, un cam-mino insieme a me nelconfronto e nell’ester-nazione delle sue pauree delle sue gioie vissuteattraverso una figura (la mia) che possa esaltarele caratteristiche di quanto sta vivendo.Le prime sedute sono caratterizzate dall’ascolto dise stessa e delle emozioni che sta vivendo. Con-duco G. in un ascolto guidato attraverso musicheadatte alla regressione (colonna sonora del “Pa-ziente inglese”). In questo contesto la ragazza co-struisce con la fantasia un giardino giapponesedove possa camminare tra ponti e laghetti e nin-fee di cui odorare il profumo. Spesso il giardino sitrasforma in un deserto cupo, grigio e vuoto e leisi vede camminare sull’orlo di un precipizio; miconfida che vorrebbe buttarsi di sotto. Nei primimesi non cerca la sua musica ma piuttosto la ne-cessità di vivere in maniera forte quelle emozioniche contrastano in lei. All’inizio del trattamentocrea situazioni di disagio per vedere se anche iodecido di abbandonarla come un caso impossibi-le; legge di volta in volta quanto annota minu-ziosamente sul suo quaderno degli appunti edesprime la sua costante e crescente voglia di sui-cidarsi; osserva se il mio stupore aumenta e se, inqualche maniera, io possa criticare il suo atteg-giamento, ma dopo diversi mesi di prove accura-te e fallite G. decide di aprirsi e di lasciarsi guida-re. Attraverso una nuova regressione (sollecitatada ascolti musicali questa volta suggeriti dalla pz)G. visualizza una bambina piccola e sola che pian-ge disperata. G. mi chiede cosa fare e le suggeri-sco di parlare a questa bambina, di farsela amicaaffinché non rimanga più sola. G. affronta labambina visualizzata e cerca di scoprire i perchédel suo pianto. Attraverso questo processo in G. siattenua l’impulso suicidiario, aumenta l’amoreverso se stessa e arriva la prima richiesta di utiliz-

Le prime sedute sono caratterizzate

dall’ascolto di se stessa

e delle emozioni che sta vivendo

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dell’esperienza emotiva” (Iori, 2009). Il periododepressivo è molto lungo e accompagnato da unavarietà di tonalità emotive. “L’essere umano vivedi continuo in qualche stato emotivo. Ma nonsempre ne è consapevole. Il come delle tonalitàemotive rimane generalmente misterioso, anchequando cerchiamo di dominarle con la ragione ola volontà. Soltanto quando le emozioni e i senti-menti, anche quelli difficili da accettare vengonoascoltati, riconosciuti, nominati è possibile tra-sformarli in risorse.” (Iori, 2009). Il dolore con-frontato ed esternato nel contesto musicoterapi-co portano la pz verso un’ulteriore apertura di sestessa, inizia un confronto mirato a quello che sa-rà il punto di arrivo dell’intervento, la sua affet-tività. L’intervento prende una nuova forma e diventa laricerca del Sé; ma quale Sé e soprattutto qualeforma? È G. a definire il percorso da seguire e acondurmi nell’evoluzione della sua voce che divolta in volta diventa più piena e profonda. Lecanzoni scelte hanno contenuti più sereni o per lomeno più positivi. Nascono le poesie di G. e la ne-cessità di leggerle a voce alta per condividere conme il dolore lacerante di questo Sé interno chegrida tutto il bisogno di essere aiutato e ascolta-to. Con la lettura delle sue poesie, G. apre un'al-tra parte del suo Sé estremamente fragile e com-plesso. Nasce il desiderio omosessuale, argomen-to finora evitato, nascosto invece tra le pieghedelle sue poesie (diverse sono le allusioni a taleargomento). G. è pronta anche per affrontare ildubbio omosessuale che la tormenta. Nei mesi se-guenti questo dubbio è l’argomento principaledei nostri dialoghi, sia sonori che parlati. Il con-flitto la spinge alla necessità di un ricovero. Lacrisi che sente arrivare in realtà non è e non saràuna crisi schizoide, ma la necessità di un con-fronto atto a verificare quanto sia ancora malata.Dal ricovero ne esce fortificata e sicura, perché sirende conto di stare molto meglio e di non averequasi nulla in comune con le persone ricoverate

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nella clinica psichiatrica. Il cammino è più fluido:G. cerca in Sé le motivazioni necessarie allo starebene e pur non trovando risposte alla propria la-tente omossessualità decide la strada della convi-venza con il fidanzato e il ritorno a tempo pienonel lavoro. Le sedute ora sono mirate al manteni-mento della serenità raggiunta e a dare punti diriferimento che possano aiutarla nei momenti dicrisi. I ricoveri annuali di alcune settimane sonoormai conferme per il suo Sé fortificato dalla ne-cessità di star bene. Le crisi schizoidi si sono tra-sformate in attacchi di panico e attraverso le se-dute di musicoterapia G. raggiunge un equilibriopiù o meno stabile. Da tre anni non si manifesta-no più crisi schizoidi. Da pochi mesi G. sta elabo-rando la sua paura per ciò che non ha affrontatoin passato e quest’ultimo conflitto è in rapportocon gli attacchi di panico, meno potenti e lace-ranti delle crisi schizoidi. G. continua le sedutesettimanalmente confrontandosi su tutto ciò chevive e affrontando la voglia di scrivere.

*Contributo presentato in occasione del VII Con-gresso Confiam “Le Cure Musicali” 28-29-30Maggio 2010 Genova.L'esperienza si è svolta presso la scuola di Educa-zione Musicale Vassura/Baroncini di Imola, sededell'Annunziata, dove è allestito un laboratorioper la musicoterapia. Il lavoro viene svolto in col-laborazione con il Comune di Imola e con unaéquipe coordinata dal dott. Enrico Beverini (Neu-ropsichiatra della Clinica Privata “Villa Azzurra“ diRiolo Terme da cui proviene la maggior parte deipazienti).

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The article is about a group music therapy treat-ment for people with psychiatric disorders. Theauthor describes the main characteristics of thistechnique, based on listening to music, in partselected by the therapist and in part chosen bythe participants, and the subsequent group dis-cussion. It aims to facilitate and improve boththe personal expression and the interaction bet-ween participants

Nel presente articolo si vuole descrivere in modoschematico e sintetico l’esperienza pluriennalerealizzata con differenti gruppi in ambito psichia-trico. Si tratta di un intervento di musicoterapiarecettiva, incentrato sull’ascolto condiviso di branimusicali e con la successiva discussione di gruppo.

PresuppostiAd onor del vero, il tutto ha avuto origine comeprima sperimentazione nel 2000 per soddisfarel’esigenza di attivare un intervento musicoterapi-co a basso costo in ambito psichiatrico. Non c’e-ra in origine alcuna possibilità di dotarsi di unostrumentario sonoro e quindi ci si è indirizzativerso un intervento di tipo recettivo in cui risultaindispensabile un buon impianto di riproduzionee una stanza accogliente.Il successo che questo tipo di attività ha sempreriscontrato in tutti i contesti in cui è stata propo-sta, mi ha però fatto riflettere sia sui presuppostiteorici che sulle sue potenzialità.Innanzitutto la musica può essere considerata co-me la colonna sonora della vita di ogni persona,che ancora prima di nascere sente e immagazzinainformazioni sonore sulla realtà. L’elemento so-noro–musicale contribuisce a costruire e definirel’identità di ogni individuo e può essere conside-rato come una fondamentale dimensione dell’es-sere umano. Attraverso di esso possiamo descri-verci e descrivere la nostra storia, riconoscendonei passaggi salienti.

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Il successo

che questo tipo

di attività

ha sempre

riscontrato

in tutti i contesti

in cui è stata

proposta, mi ha

però fatto

riflettere sia

sui presupposti

teorici che sulle

sue potenzialità

Un concerto di storie*

Silv

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orna

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sicologa

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euta, Lecco

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sicoterapista e il grup-po di pazienti del branoconclusivo.Il ruolo del conduttore èmolto importante e de-licato, avendo il compi-to di favorire la costru-

zione di un buon clima, il rispetto del setting,la comunicazione e la circolazione della parola,l’espressione personale. In particolare grazie al suoessere memoria del gruppo, fornendo collegamen-ti tra le scelte operate nella stessa seduta o in se-dute diverse, così come collegamenti tra commen-ti e interventi della stessa persona o di persone dif-ferenti, egli aiuta i partecipanti a creare legaminella propria storia e nel rapporto con gli altri.A differenza della maggior parte degli interventimusicoterapici, vi è la possibilità di realizzare un“prodotto finale”, ossia una compilation del grup-po composta da una selezione dei brani ascoltati.Sono i partecipanti stessi a scegliere quali braniintrodurre e per ognuno, oltre che per la struttu-ra, viene realizzata una copia, che diviene cosìuna traccia del percorso realizzato.

Obiettivi/strategiePer comprendere come mai un tale tipo di inter-vento abbia un buon riscontro in ambito psichia-trico, è importante interrogarsi su cosa sia disar-monico nella vita delle persone che soffrono di undisagio mentale.Certo si tratta di una semplificazione, ma possia-mo individuare alcuni elementi che ricorrono congrande frequenza, come:- il senso di frammentazione: la disgregazione

del proprio mondo interiore (nel qui ed ora) edella propria identità (rispetto allo scorrere deltempo);

- la cronicità del proprio disagio, che congela iltempo e rende insignificante ciò che accade;

- la confusione tra mondo interno e mondoesterno con la perdita dei confini;

Molto pertinente a tut-to ciò è il concetto diIso di Benenzon (1984),di cui, in questo tipo diintervento, risulta salien-te sia la dimensione ge-staltica, con un’atten-zione quindi ad ogni singolo individuo parteci-pante all’attività, che quella gruppale, costruita esempre meglio delineata con il trascorrere degliincontri.A livello metodologico, il modello di riferimento èquello dell’armonizzazione dell’handicap di Po-stacchini (1997), che prevede un’attenta analisidelle differenti dimensioni della condizione esi-stenziale delle persone, individuando gli aspettidisarmonici su cui cercare di lavorare, così che ilbenessere e quindi la qualità della vita delle per-sone possa migliorare.

Come è strutturata l’attivitàVa innanzitutto precisato che si tratta di un’atti-vità molto flessibile, che permette di costruirepercorsi ad hoc rispetto al contesto in cui si va alavorare e alle finalità che ci si è posti.Si propone un intervento di gruppo (da un mini-mo di 4 a un massimo di 12 partecipanti) basatosull’ascolto condiviso di brani musicali e la dis-cussione di gruppo, con incontri settimanali diun’ora e mezza.Ogni incontro è caratterizzato da una formastrutturata, nel cui andamento regolare siano ri-conoscibili tre momenti (per una puntuale descri-zione dell’attività si rimanda a Marinoni G., Laz-zarotto, Vitali, Cornara, 2005):- l’inizio: la scelta del primo brano da parte del

musicoterapista, seguita dalla discussione digruppo;

- lo sviluppo: il concatenarsi delle scelte dei pa-zienti, ognuna seguita da un momento di discus-sione di gruppo;

- la conclusione: la scelta concordata tra il mu-

A differenza della maggior parte degliinterventi musicoterapici,

vi è la possibilità di realizzare

un “prodotto finale”

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- le difficoltà nelle relazioni interpersonali, conparticolare interesse, in questo caso, alle diffi-coltà tra pazienti stessi, che spesso risultanointolleranti e intransigenti l’uno verso l’altro.

Questo tipo di attività, svolta all’interno di un cli-ma di condivisione e ascolto, permette di affron-tare questi aspetti disarmonici facilitando:- l’espressione personale di ogni partecipante,

tramite l’assunzione di un proprio ruolo e di unapropria posizione all’interno del gruppo, grazieall’approfondimento della conoscenza reciprocaman mano che gli incontri si susseguono;

- il riconoscimento e la valorizzazione dell’unici-tà di ogni persona e della sua storia, attraver-so l’accoglienza e la condivisione dei gusti per-sonali di ognuno. Questo permette anche disperimentare la tolleranza reciproca e l’accet-tazione della differenza;

- la comunicazione e il confronto tra i parteci-panti attraverso la discussione in merito aquanto ascoltato;

- il coinvolgimento delle differenti dimensioni(corporea, affettiva, cognitiva) della persona,grazie alla versatilità del linguaggio musicale,capace di avvicinarsi all’unicità e all’unità del-le persone, valorizzandone e sostenendone gliaspetti funzionali e cercando di colmarne leparti deficitarie.

4. Valutazione Lo strumento di rilevazione utilizzato è una gri-glia (per una descrizione più dettagliata vedi Bo-nanomi, Cornara, 2003), in cui vengono registratii punteggi dei singoli partecipanti, composta danove variabili:- tre relative alla dimensione dell’io (emozioni –

scambio): l’autoreferenziale storico, l’espres-sione emotiva attuale, la reazione alla stimola-zione del gruppo;

- tre relative alla dimensione del tu (presenza –partecipazione): presenza, modalità recettiva,modalità di partecipazione;

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- tre relative alla dimensione dell’egli (contenu-ti – elaborazioni): capacità descrittiva, capaci-tà elaborativa, capacità di sintesi.

Ogni variabile si articola su nove livelli, da un gra-do minimo di assenza ad uno massimo ottimale,tutti specificatamente definiti. L’elaborazione deidati avviene tramite l’utilizzo di un software ap-positamente costruito che permette di estrapola-re dei grafici grazie ai quali è possibile osservarel’evoluzione delle singole variabili nonché il loroconfronto. In questo modo è possibile raccogliereinformazioni sullo stato delle persone parteci-panti al trattamento e sui loro cambiamenti neltempo.

*Contributo presentato in occasione del VII Con-gresso Confiam “Le Cure Musicali” 28-29-30Maggio 2010 Genova.

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metodi di ogni progetto per potenziarne gli ef-fetti. Grande spazio viene dato anche a progettidi ricerca specifici, oggetto di pubblicazione ediscussione all’interno di convegni e congressi.Musique et Santé si occupa della formazione dimusicisti e personale sanitario, tramite seminariall’interno della propria sede o presso le istituzio-ni che ne richiedono la collaborazione. I corsi di-ventano occasione di scambio tra professionisti,che hanno modo di arricchirsi reciprocamente.L’associazione è sostenuta da diverse istituzionicome il Consiglio Regionale d’Île-de-France e laDirezione degli Affari Culturali della Città di Pari-gi; svolge un ruolo importante all’interno del pro-getto “Culture à l’hôpital” promosso e sostenutodai Ministeri della Cultura e della Sanità, e delprogetto “Éducation et Formation tout au long dela vie” finanziato dalla Commissione Europea. Hacollaborato e collabora tuttora con numerosi en-ti ed istituzioni francesi ed europei.

L’attività all’interno del reparto di neonatologiae di rianimazione neonatale “Fare musica significa mobilitare l’immaginario, lacreatività, l’affettività. Per noi musicisti, è emo-zione e piacere condiviso, gioco ed espressione.Tutti questi elementi fanno sì che la musica con-tribuisca al buon sviluppo del bambino. I genito-ri riprendono fiducia nelle capacità del loro bam-bino, trovano il coraggio di guardarlo, si conce-dono di parlargli e di toccarlo. […] L’arte e la cul-tura, poiché toccano l’intima essenza umana, of-frono a ciascuno un mezzo d’espressione, un’aper-tura sul mondo, un’opportunità di incontri e discambi, una possibilità di evasione.” Così scrivePhilippe Bouteloup, musicista, formatore e diret-

Un’esperienza all’estero. Formazione pressol’Associazione Musique et Santé di Parigi,Emilia Cerri

L’arte non può cambiare il mondo, ma può con-tribuire a cambiare la coscienza e le pulsioni de-gli uomini e delle donne che potrebbero cambia-re il mondo. (Herbert Marcuse)

Navigando su Internet in cerca di materiale per latesi di diploma mi sono imbattuta nel sito dell’as-sociazione francese Musique et Santé; dopo avervisionato la vasta offerta formativa, ho scelto difrequentare il seminario “Environnement sonoreet musique en néonatologie et réanimation néo-natal”.

L’AssociazioneMusique et Santé nasce a Parigi nel 1998 con loscopo di diffondere la musica dal vivo negli am-bienti ospedalieri e nelle strutture di accoglienzaper l’handicap. I musicisti che collaborano ai pro-getti dell’associazione sono artisti professionisti, iquali sono dotati di spiccate doti relazionali edimprovvisative e collaborano in modo stretto conil personale sanitario; entrambi hanno comeobiettivo la presa in carico globale del paziente,considerandolo in prima istanza come individuo.Grazie alla musica l’ospedale può diventare luogodi incontro privilegiato con la creazione artisticae creare tramite il piacere condiviso un nuovospazio di espressione per i pazienti, i loro familia-ri, per il personale sanitario e per i musicisti stes-si. Ad ogni progetto segue sempre uno spazio de-dicato alla riflessione. Per mezzo di confronti conil personale medico, vengono discussi obiettivi e

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Dandole la giusta collocazione nel tempo, l’espres-sione vocale diretta può dare spazio alla dimen-sione relazionale. “La musica, ‘arte della parteci-pazione’, rende più semplice la comunicazione,facilitando in questo l’uso stesso del linguaggio;permette l’incontro con l’altro, qualunque sia lasua età, la sua cultura, la sua lingua di origine [...].La relazione, vissuta nelle attività espressive, re-stituisce a ciascuno la propria dimensione essen-ziale di essere umano; talvolta preserva, il più del-le volte rinforza il sentimento d’identità quandol’integrità del bambino è attaccata dalla malattia”(Bouteloup, 2006). La dimensione relazionale,creata suonando per e con l’altro, permette unapresa in carico globale del neonato; i genitori co-minciano a cantare per il bambino, creando quel-l’importante legame che è a rischio nei casi di na-scita prematura. La voce cantata influenza positi-vamente questo legame; i genitori riescono adesprimere emozioni, che non sempre il linguaggiopermette di descrivere, e imparano a conoscere ilproprio bambino tramite le sue reazioni nei con-fronti della musica. L’espressione artistica miglio-ra il lavoro dell’équipe sanitaria; aiuta a scioglie-re le tensioni, ad umanizzare le cure e a conosce-re i propri piccoli pazienti da un diverso punto divista, portando beneficio ad entrambe le parti.Anche la visione dei genitori nei loro confronticambia: il personale medico diventa importantealleato nella cura del proprio figlio.

L’importanza dell’ecologia sonora La trasformazione sonora comprende un’atten-zione particolare ai suoni nocivi. Dai rilevamentieffettuati all’interno del servizio e delle incuba-trici, sono emerse due sorgenti sonore, una deri-

tore di Musique et Santé, parlando dell’attivitàdell’associazione. “La presenza di un musicista, co-me noi la concepiamo all’interno di un ospedalepediatrico, non vuole essere terapeutica. Non sitratta di riabilitazione, di ‘risocializzazione’ o di‘terapia occupazionale’. Ben lontani da voler pren-dere il posto dei medici e della medicina, gli arti-sti introducono una dimensione immaginaria e in-coraggiano la creatività all’interno dell’ospedale”(Bouteloup, 2006). Pur non avendo l’intenzione diessere terapeutico, l’intervento musicale porta co-munque numerosi benefici: al bambino, ai genito-ri, al personale medico. Tra i primi a dare un im-portante ruolo alla musica all’interno di questo re-parto in territorio francese è stato Michel Couron-ne, il quale proponeva ai genitori di preparare del-le audiocassette con la loro voce e con le loro mu-siche preferite. Questa scelta operativa dava l’op-portunità di aiutare i genitori a partecipare atti-vamente alle cure del proprio bambino e soprat-tutto a creare una relazione con lui. I musicisti diMusique et Santé hanno seguito il suo esempio,ma scegliendo di usare l’espressione vocale direttainvece del registratore. Il bambino possiede un si-stema nervoso ancora immaturo e delicato ed èquindi facilmente suscettibile alla sovrastimola-zione; gli stimoli vanno calibrati seguendo i se-gnali che il neonato manda attimo per attimo, el’uso del registratore non permette una grandemalleabilità in questo senso. La voce cantata con-sente di improvvisare seguendo nel qui ed ora leattese e il gradimento del bambino. Inoltre, la mu-sica registrata rischia di essere messa in ascolto inmodo continuo, “diventando un rumore di fondo,un rumore in più” scrive Marianne Clarac (2005),musicista e formatrice di Musique et Santé.

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za sul potenziale del proprio apparato sonoro, ar-ricchire il proprio repertorio musicale; ma soprat-tutto sentire le proprie sensazioni nel cantare cone per l’altra persona e nel ricevere a propria voltail canto. Credo sia fondamentale imparare a met-tersi al posto dei nostri utenti e conoscere più inprofondità il proprio mondo interiore; come nellavoro musicoterapico, un miglior ascolto di sestessi permette un miglior ascolto delle esigenzedell’altro e una miglior risposta alle sue esigenze.La seconda parte ha riguardato l’approfondimen-to delle caratteristiche del reparto, delle proble-matiche relative all’ecologia sonora e al neonatoprematuro. Per quanto riguarda il mio punto divista di musicista e musicoterapista sono stati digrande valore le testimonianze delle infermiere edelle puericultrici presenti al corso, in quantohanno arricchito le mie conoscenze di preziosipunti di vista. Interessante anche l’intervento diChristine Mannoni che ha parlato dell’influenzadella cultura sul tema della nascita e sull’accudi-mento del bambino. Capire e rispettare le creden-ze delle diverse culture contribuisce a quell’“uma-nizzazione” del reparto di cui si è precedente-mente discusso.

Conclusioni Questo seminario è stata un’esperienza di grandeinteresse da molti punti di vista. Ho valorizzatoulteriormente le mie competenze vocali, e hoavuto un contatto più consapevole con le miesensazioni durante l’ascolto; ho accresciuto ilmio repertorio musicale; ho conosciuto profes-sionisti in ambito musicale e medico e il con-frontarmi con le loro esperienze ha arricchito lamia. Ho conosciuto il lavoro di un’importante

vante dall’attività umana e l’altra dall’ambientemeccanico; “la prima constatazione è stata che isuoni che a noi sembravano aggressivi per ilbambino lo erano molto meno se sentiti dall’in-terno dell’incubatrice, fungendo questa da pro-tezione e da barriera; al contrario, i suoni che anoi apparivano piuttosto deboli, come quelli diun carillon o di un giocattolo sonoro, diventava-no orribilmente violenti se utilizzati dentro l’in-cubatrice” (Bouteloup, 2006). Porre attenzionealle proprie condotte significa avere rispetto perl’altro ed operare eticamente, e far sì che le curepossano soddisfare realmente i principi dellabioetica: l’essere benefiche, non dannose, carat-terizzate da qualità e sicurezza ottimali, e favo-renti lo sviluppo individuale di ciascun paziente(Gold; Lointier, 2010).

Il seminario Il seminario si è svolto dall’11 al 15 di ottobrepresso la sede di Musique et Santé a Parigi. Lecinque giornate sono state condotte da MarianneClarac con un intervento dell’etnopsicologa Chri-stine Mannoni. Il corso si è svolto sviluppandoparallelamente due parti. La prima ha dato spazioad esercizi di rilassamento e di ascolto, sia musi-cale che del corpo. Grande ruolo ha avuto la vo-ce cantata; con l’abile direzione di Marianne Cla-rac abbiamo imparato diversi brani e ognuna dinoi ha contribuito alla creazione del repertorioportando una ninnananna appartenente alla pro-pria infanzia. Molti sono stati gli ascolti di ber-ceuse appartenenti alla tradizione di diversi paesisia europei che extra europei. Ritengo che questaparte sia stata importante per il raggiungimentodi vari obiettivi: acquisire maggior consapevolez-

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realtà estera che pur avendo un taglio non musi-coterapico, condivide con quest’ultimo pressochégli stessi obiettivi riguardanti il benessere globa-le dei neonati pretermine e delle loro famiglie.Credo inoltre che il confronto continuo tra i duepunti vista non possa che essere fruttoso per en-trambi e che la conoscenza di questa esperienzasia importante soprattutto in Italia, dove lestrutture ospedaliere hanno aperto le porte allamusica e alla musicoterapia ma in modo ancorascettico e discontinuo.

Bouteloup P.

(1994), L'environnement

sonore et des musiciens en

néonatologie, Revue Soins

(Savoir et pratique

infirmière), n° 159/160,

aout-septembre 1994.

Bouteloup P.

(2001), Des musiciens et des

bébés, Collection mille et un

bébés, Erés.

Bouteloup P.

(2006), Musique et Santé:

l'esperienza francese in

Salvadori C. (a cura di),

Musica e salute. L'azione del

musicista nei contesti di

cura, EDT, Torino.

Clarac M.

(2005), Un espace de

rencontre en néonatologie,

Revue Soins Pédiatrie-

Puericulture, n° 226, octobre

2005.

Gold F., Lointier F.

(2010) Ethique des soins au

nouveau-né prematuré,

Revue Soins Pédiatrie-

Puericulture, n° 256

septembre/octobre 2010.

bibl

iogr

afia

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notiziario

La musicoterapia in ambito oncologicoProgetto di ricerca promosso dalla FondazioneEdo ed Elvo Tempia Valenta in sinergia con ilDipartimento di Oncologia dell’A.S.L 12 di Biellae coordinato dal Prof. Paolo Cerlati.

La Fondazione Edo ed Elvo Tempia Valenta per lalotta contro i tumori, si occupa da circa 30 anni diprevenzione primaria e secondaria - ricerca scien-tifica e clinica – psiconcologia - cure palliative -formazione e divulgazione medico-sanitaria. L’en-te ha attivato una ricerca che ha come campo diindagine “La musicoterapia in ambito oncologico”. Questa Fondazione, conoscendo le potenzialitàdella musicoterapia, ha avviato sperimental-mente da un anno laboratori musicoterapeuticirivolti a pazienti oncologici, laboratori che oltread assolvere il compito specifico relativo allamusicoterapia possono costituire un’occasionedi ricerca. Sapendo quanto ancora c’è da fareper promuovere la musicoterapia in ambito isti-tuzionale e quanto utile sia affiancare questatipologia d’intervento ad altre terapie già pre-senti negli ospedali, detta Fondazione ha decisodi promuovere questa ricerca che ha finalità edobbiettivi polivocali e polidirezionali:- contattare attraverso il Dipartimento Oncolo-gico dell’Ospedale di Biella tutti i Dipartimen-ti oncologici, per conoscere qualità e quantitàdegli interventi musicoterapici presenti alivello istituzionale nelle A.S.L. italiane, indivi-duare i musicoterapisti, l’équipe, i supervisorie in una fase successiva le diverse modalitàd’intervento e tutte quelle notizie utili dadivulgare;

- contattare tutti i musicoterapisti che hannolavorato in quest’ambito e metterli in rete perscambi e per possibili future ricerche collettive;

- informare tutte le scuole di musicoterapia ealtre istituzioni di questa iniziativa per coin-volgerle a vari livelli:

• divulgativo • conoscere le tesi ed eventuali pubblicazioniin quest’area di ricerca

• contattare i musicoterapisti già coinvolti equelli interessati

- dare indicazioni su enti pubblici e privati chesono coinvolti in quest'area di lavoro-speri-mentazione-ricerca e che potrebbero essereinteressati a questo dibattito

- in un secondo momento, ampliare questoorizzonte di ricerca in ambito europeo.

La fase successiva prevede di raccogliere tuttequeste esperienze-informazioni e creare unarete di ricerca-sperimentazione-confronto-scambio che troverà uno spazio informativo e didibattito in un sito che la Fondazione Edo Tem-pia attiverà in concomitanza con un convegno(previsto per il 2012) dove verranno anche discussi i risultati. Nel blog saranno presenti:• le scuole di musicoterapia che avranno aderi-to a questa iniziativa, con relativa schedainformativa sui corsi e sui docenti;

• gli ospedali che hanno attivato laboratorimusicoterapeutici in ambito oncologico;

• le associazioni che hanno contatti con que-st’area;

• i musicoterapisti contattati, con curricoli eschede personali;

• bibliografie ed elenchi di articoli, tesi ed altromateriale di ricerca;

• uno spazio aperto al dibattito.

Tutto questo per dare visibilità alla ricerca, allepersone e alle istituzioni che si occupano dimusicoterapia e nella dimensione oncologica.

Per contatti: [email protected] tel. 015 2543379 - 338 8192887

Confiam (Confederazione Italiana Associazioni e Scuole di Musicoterapia)

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La musicoterapia in ambito psichiatricoIl 2 marzo 2011 si è svolto presso le struttureriabilitative psichiatriche dell’Azienda Ospeda-liera di Cremona il primo incontro del coordina-mento di musicoterapisti attivi in ambito psi-chiatrico. L’idea di realizzare un coordinamentotra professionisti impegnati in ambito psichia-trico è nata dopo il Congresso nazionale tenu-tosi a Genova nel maggio dello scorso anno. Nella prospettiva della validazione scientificadei nostri interventi e della sempre più signifi-cativa integrazione all’interno delle strutturesanitarie è diventato ormai imprescindibile losforzo di pensare al nostro lavoro in una corni-ce di verifica quantitativa oltre che qualitativadell’efficacia del trattamento.Rifacendosi all’esperienza maturata negli scor-si anni presso le strutture riabilitative psichia-triche di Cremona, dove si sono condotti studiclinici centrati sul trattamento di pazientischizofrenici in una prospettiva evidencebased, si è pensato di dare maggiore consi-stenza numerica e di conseguenza maggioreattendibilità ai risultati promuovendo uno stu-dio multicentrico.Obiettivo specifico dello studio è quello di valu-tare nella pratica clinica l’efficacia del tratta-mento di musicoterapia con riferimento allacondizione clinica globale del paziente, alla sin-tomatologia psicotica e in particolare ai sintominegativi, al funzionamento complessivo e allaqualità della vita.La valutazione prevede l’applicazione di scaleabitualmente utilizzate in psichiatria ma anchela messa a punto e la condivisione di strumentidi osservazione e valutazione specifici dell’in-tervento musicoterapico.

Al primo incontro erano presenti: • Laura Gamba

tel. 347 2638332 - 0372 405029 UO psichiatria, area riabilitativa via Belgiardino 6 Cremona, [email protected];

• Roberto Poli (psichiatra)tel. 0372 405660 UOP, Cremona,[email protected];

• Enrico Ceccatotel. 349 2426778, USSL 5 Ovest VicentinoCSM Montecchio [email protected];

• Manuela Guadagninitel. 328 0365335, ALSS 16 Padova 2° servizio psichiatrico, [email protected];

• Simonetta Benettontel. 049 9201567, AUSSL 15 Cittadella/Camposampiero centro diurnoriabilitativo [email protected].

Hanno dato la disponibilità a partecipare:• Sandra Masci

tel. 0736358705 - 368 7564119 ASUR Ascoli Piceno centro diurno “il sentiero”, [email protected];

• Giada Garrisoncentro diurno Livorno,[email protected];

• Fabio Albanotel. 349 4049135, Modena,[email protected];

• Roberto Bolellitel. 338 6161284, Bologna [email protected].

Si auspica l’adesione al progetto da parte dialtre strutture riabilitative.

Laura GambaMusicoterapista Azienda Ospedaliera

di Cremona

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articoli pubblicati

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musicoterapico di un caso di “Sindrome del Bambino Iperci-netico” (M. Borghesi) • Strumenti di informazione e di ana-lisi della prassi osservativa in musicoterapia (G. Bonardi)

Volume III, Numero 2, Luglio 1995Il senso estetico e la sofferenza psichica: accostamentostridente o scommessa terapeutica? (E. Giordano) • L’in-ventiva del terapeuta come fattore di terapia (G. Montina-ri) • La formazione in ambito musicoterapico: lineamentiper un progetto di modello formativo (P.L. Postacchini, M.Mancini, G. Manarolo, C. Bonanomi) • Il suono e l’anima:la divina analogia (M. Jacoviello) • Considerazioni su: dia-logo sonoro, espressione corporea ed esecuzione musicale(R. Barbarino, A. Artuso, E. Pegoraro) • Aspetti metodologi-ci, empatia e sintonizzazione nell’esperienza musicotera-peutica (A. Raglio) • Esperienze di musicoterapia: nascitae sviluppo di una comunicazione sonora con soggetti por-tatori di handicap (C. Bonanomi)

Volume IV, Numero 1, Gennaio 1996Armonizzare sintonizzandosi (P.L. Postacchini) • Dalla per-cezione uditiva al concetto musicale (O. Schindler, M.Gilardone, I. Vernero, A.C. Lautero, E. Banco) • La formazio-ne musicale (C. Maltoni, P. Salza) • Gruppo sì, gruppo no:riflessioni su due esperienze di musicoterapia (M. Mancini)• Musicoterapia e stati di coma: riflessioni ed esperienze(G. Garofoli) • Il caso di Luca (L. Gamba) • Disturbi del lin-guaggio e Musicoterapia (P.C. Piat, M. Morone)

Volume IV, Numero 2, Luglio 1996Il suono della voce in Psicopatologia (F. Giberti, G. Mana-rolo) • La voce umana: prospettive storiche e biologiche(M. Gilardone, I. Vernero, E. Banco, O. Schindler) • La sti-molazione sonoro-musicale di pazienti in coma (G. Scarso,G. Emanuelli, P. Salza, C. De Bacco) • La creatività musica-le (M. Romagnoli) • Musicoterapia e processi di persona-lizzazione nella Psicoterapia di un caso di autismo (L.Degasperi) • La recettività musicale nei pazienti psichia-trici: un’ipotesi di studio (G. Del Puente, G. Manarolo, S.Remotti) • Musica e Psicosi: un percorso Musicoterapicocon un gruppo di pazienti (A. Campioto, R. Peconio).

Volume V, Numero 1, Gennaio 1997La riabilitazione nel ritardo mentale ed il contributo dellaMusicoterapia (G. Moretti) • Uomo Suono: un incontro cheproduce senso (M. Borghesi, P.L. Postacchini, A. Ricciotti) •La Musicoterapia non esiste (D. Gaita) • L’Anziano e laMusica. L’inizio di un approccio musicale (B. Capitanio) •Riflessioni su una esperienza di ascolto con un soggettoinsufficiente mentale psicotico (P. Ciampi) • Un percorsomusicoterapico: dal suono silente al suono risonante (E.De Rossi, G. Ba) • La comprensione dell’intonazione del lin-guaggio in bambini Down (M. Paolini).

Numero 0, Luglio 1992Terapie espressive e strutture intermedie (G. Montinari) •Musicoterapia preventiva: suono e musica nella prepara-zione al parto (M. Videsott) • Musicoterapia recettiva inambito psichiatrico (G. Del Puente, G. Manarolo, C. Vec-chiato) • L’improvvisazione musicale nella pratica clinica(M. Gilardone)

Volume I, Numero 1, Gennaio 1993Etnomusicologia e Musicoterapia (G. Lapassade) • Meto-dologie musicoterapiche in ambito psichiatrico (M. Vaggi)• Aspetti di un modello operativo musicoterapico (F.Moser, I. Toso) • La voce tra mente e corpo (M. Mancini) •Alcune indicazioni bibliografiche in ambito musicoterapi-co (G. Manarolo)

Volume I, Numero 2, Luglio 1993Musicoterapia e musicoterapeuta: alcune riflessioni (R.Benen zon) • La Musicoterapia in Germania (F. Schwaibl-mair) • La Musicoterapia: proposta per una sistemazionecategoriale e applicativa (O. Schindler) • Riflessioni sull’a-nalisi delle percezioni amodali e delle trasformazionitransmodali (P.L. Postacchini, C. Bonanomi) • Metodologiemusicoterapiche in ambito neurologico (M. Gilardo ne) • Ilinguaggi delle arti in terapia: lo spazio della danza (R. DeLeonibus) • La musicoterapia nella letteratura scientificainternazionale, 1ª parte (A. Osella, M. Gilardone)

Volume II, Numero 1, Gennaio 1994Introduzione (F. Giberti) • Ascolto musicale e ascolto inte-riore (W. Scategni) • Lo strumento sonoro musicale e laMusicoterapia (R. Benenzon) • Ascolto musicale e Musico-terapia (G. Del Puente, G. Manarolo, P. Pistarino, C. Vec-chiato) • La voce come mezzo di comunicazione non ver-bale (G. Di Franco)

Volume II, Numero 2, Luglio 1994Il piacere musicale (M. Vaggi) • Il suono e l’anima (M. Jaco-viello) • Dal suono al silenzio: vie sonore dell’interiorità (D.Morando) • Gruppi di ascolto e formazione personale (M.Scardovelli) • Esperienza estetica e controtransfert (M.E.Garcia) • Funzione polivalente dell’elemento sonoro-musi-cale nella riabilitazione dell’insufficiente mentale grave (G.Manarolo, M. Gilardone, F. Demaestri)

Volume III, Numero 1, Gennaio 1995Musica e struttura psichica (E. Lecourt) • Nessi funzionali eteleologici tra udire, vedere, parlare e cantare (Schindler,Vernero, Gilardone) • Il ritmo musicale nella rieducazionelogopedica (L. Pagliero) • Differenze e similitudini nell’appli-cazione della musicoterapia con pazienti autistici e in coma(R. Benenzon) • La musica come strumento riabilitativo (A.Campioto, R. Peconio) • Linee generali del trattamento

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senile (F. Delicato) • Musicoterapia e AIDS (R. Ghiozzi) •Musicoterapia in un Servizio Residenziale per soggetti Alz-heimer (M. Picozzi, D. Gaita, L. Redaelli)

Numero 2, Luglio 2000Conoscenze attuali in tema di etiopatogenesi dell’autismoinfantile (G. Lanzi, C.A. Zambrino) • Il trattamento musico-terapico di soggetti autistici (G. Manarolo, F. Demaestri) •La musicalità autistica: aspetti clinici e prospettive diricerca in musicoterapia (A. Raglio) • Il modello Benenzonnell’approccio al soggetto autistico (R. Benenzon) • Auti-smo e musicoterapia (S. Cangiotti) • Dalla periferia al cen-tro: spazio-suono di una relazione (C. Bonanomi)

Numero 3, Gennaio 2001Musica emozioni e teoria dell’attaccamento (P. L. Postac-chini) • La Musicoterapia Recettiva (G. Manarolo) • Mani-festazioni ossessive ed autismo: il loro intrecciarsi in untrattamento di musicoterapia (G. Del Puente) • Musica eadolescenza Dinamiche evolutive e regressive (I. Sirtori) •Il perimetro sonoro (A.M. Barbagallo, L. Giorgioni, L. Mat-tazzi, M. Moroni, S. Mutalipassi, L. Pozzi) • Musicoterapiae Patterns di interazione e comunicazione con bambinipluriminorati: un approccio possibile (M.M. Coppa, E.Orena, F. Santoni, M.C. Dolciotti, I. Giampieri, A. Schiavoni)• Musicoterapia post partum (A. Auditore, F. Pasini)

Numero 4, Luglio 2001Ascolto musicale, ascolto clinico (A. Schön) • Musicotera-pia e tossicodipendenza (P.L. Postacchini) • Il paziente incoma: stimolazione sonoro-musicale o musicoterapia? (G.Scarso, A. Visintin) • Osservazione del malato di Alzheimere terapia musicale (C. Bonanomi, M.C. Gerosa) • Due sto-rie musicoterapiche (L. Corno) • Il suono del silenzio (A.Gibelli) • Il setting in Musicoterapia (M. Borghesi, A. Ric-ciotti)

Numero 5, Gennaio 2002Riabilitazione Psicosociale e Musicoterapia aspetti intro-duttivi (L. Croce) • Evoluzione del concetto di riabilitazio-ne in Musicoterapia (P.L. Postacchini) • Prospettive tera-peutiche nell’infanzia: “Dalla disarmonia evolutiva allaneuropsicopatologia (G. Boccardi) • Musicoterapia e ritar-do mentale (F. Demaestri, G. Manarolo, M. Picozzi, F. Pue-rari, A. Raglio) • Indicazioni al trattamento e criteri diinclusione (M. Picozzi) • L’assesment in Musicoterapia, ilbilancio psicomusicale e il possibile intervento (G. Mana-rolo, F. Demaestri) • L’assessment in musicoterapia, osser-vazione, relazione e il possibile intervento (F. Puerari, A.Raglio) • Tipologie di comportamento sonoro/musicale insoggetti affetti da ritardo mentale (A.M. Barbagallo, C.Bonanomi) • La musicoterapia per bambini con difficoltàemotive (C.S. Lutz Hochreutener)

Volume V, Numero 2, Giugno 1997Gli effetti dell’ascoltare musica durante la gravidanza e iltravaglio di parto: descrizione di un’esperienza (P.L.Righetti) • Aspettar cantando: la voce nella scena degliaffetti prenatali (E. Benassi) • Studio sul potenziale tera-peutico dell’ascolto creativo (M. Borghesi) • Musicoterapiae Danzaterapia: le controindicazioni al trattamento riabi-litativo di alcune patie neurologiche (C. Laurentaci, G.Megna) • L’ambiente sonoro della famiglia e dell’asilonido: una possibile utilizzazione di suoni e musiche duran-te l’inserimento (M. G. Farnedi) • La Musicoterapia Prena-tale e Perinatale: un’esperienza (A. Auditore, F. Pasini).

Volume VI, Numero 1, Gennaio 1998Le spine del cactus (C. Lugo) • L’improvvisazione nellamusica, in psicoterapia, in musicoterapia (P.L. Postacchini)• L’improvvisazione in psicoterapia (A. Ricciotti) • L’im-provvisazione nella pratica musicoterapica (M. Borghesi) •La tastiera elettrica fra educazione e riabilitazione: anali-si di un caso (Pier Giorgio Oriani) • Ritmo come formaautogenerata e fantasia di fusione (G. Del Puente, S.Remotti) • Aspetti teorici e applicativi della musicoterapiain psichiatria (F. Moser, G. M. Rossi, I. Toso).

Volume VI, Numero 2, Luglio 1998Modelli musicali del funzionamento cerebrale (G. Porzio-nato) • La mente musicale/educare l’intelligenza musicale(J. Tafuri) • Reversibilità del pensiero e pensiero musicaledel bambino (F. Rota) • Musica, Elaboratore e Creatività(M. Benedetti) • Inchiostro, silicio e sonorità neuronali (A.Colla) • Le valenze del pensiero musicale nel trattamentodei deficit psico-intellettivi (F. De Maestri).

Volume VII, Numero 1, Gennaio 1999E se la musica fosse…(M. Spaccazocchi) • Una noce pocofa (D. Gaita) • L’ascolto in Musicoterapia (G. Manarolo) •La musica allunga la vita? (M. Maranto, G. Porzionato) •Musicoterapia e simbolismo: un’esperienza in ambito isti-tuzionale (A.M. Bagalà)

Volume VII, Numero 2, Luglio 1999Dalle pratiche musicali umane alla formazione professio-nale (M. Spaccazocchi) • Formarsi alla relazione in Musi-coterapia (G. Montinari) • Formarsi in Musicoterapia (P.L.Postacchini) • Prospettive formative e professionali inMusicoterapia (P.E. Ricci Bitti) • Un coordinamento nazio-nale per la formazione in Musicoterapia (G. Manarolo)

Numero 1, Gennaio 2000Malattia di Alzheimer e Terapia Musicale (G. Porzionato) •L’utilizzo della Musicoterapia nell’AIDS (A. Ricciotti) • L’in-tervento musicoterapico nella riabilitazione dei pazientipost-comatosi (R. Meschini) • Musicoterapia e demenza

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articoli pubblicatiNumero 6, Luglio 2002

Relazione, disagio, musica (M. Spaccazocchi) • Musicoterapiaa scuola (M. Borghesi, E. Strobino) • Musicoterapia e integra-zione scolastica (E. Albanesi) • Un intervento Musicoterapicoin ambito scolastico (S. Melchiorri) • L’animazione musicale(M. Sarcinella) • L'educazione musicale come momento diintegrazione (S. Minella) • L’improvvisazione vocale in musi-coterapia (A. Grusovin) • L'approccio musicoterapico nel trat-tamento del ritardo mentale grave: aspetti teorici e presen-tazione di un’esperienza (Karin Selva) • Musicoterapista e/oMusicoterapeuta? (M. Borghesi, A. Raglio, F. Suvini)

Numero 7, Gennaio 2003La percezione sonoro/musicale (G. Del Puente, F. Fiscella, S.Valente) • L’ascolto Musicale (G. Manarolo) • La composi-zione musicale a significato universale. Considerazioni cli-niche (G. Scarso, A. Ezzu) • Validità del training musicote-rapico in pazienti in stato vegetativo persistente: studiosu tre casi clinici (C. Laurentaci, G. Megna) • L’approcciomusicoterapico con un bambino affetto da grave epilessia.Il caso di Leonardo (L. Torre) • Co-creare dinamiche e spazidi relazione e comunicazione attraverso la musicoterapia(M.M. Coppa, F. Santoni, C.M. Vigo) • L’evoluzione musica-le in Musicoterapia (B. Foti, I. Ordiner, E. D'Agostini, D. Ber-toni) • L’intervento musicoterapico nelle fasi di recuperodopo il coma (R. Meschini)

Numero 8, Luglio 2003: Gli Istituti Superiori di StudiMusicali e la formazione in Musicoterapia… paradigma ecurriculum musicale… (Maurizio Spaccazocchi) • Dialogoriabilitativo fra la Musicoterapia e l’età evolutiva (P.L.Postacchini, A. Ricciotti) • Musicoterapia e riabilitazione inetà evolutiva (R. Burchi, M.E. D’Ulisse) • Musicoterapia e psi-comotricità: un’integrazione possibile (R. Meschini, P. Tom-bari) • L’intervento di musicoterapia nella psicosi (R. Messa-glia) • Terapia sonoro-musicale nei pazienti in coma: esem-plificazione tramite un caso clinico (G. Scarso, A. Ezzu) •Musicoterapia preventiva e profilassi della gravidanza e delpuerperio (F. Pasini, A. Auditore) • Musicoterapia e disturbicomunicativo-relazionali in età evolutiva (F. Demaestri)

Numero 9, Gennaio 2004Psicologia della musica e adolescenza (O. Oasi) • Formemusicali e vita mentale in adolescenza (A. Ricciotti) •Musica e Adolescenza (G. Manarolo, M. Peddis) • Un inter-vento di Musicoterapia con un gruppo di adolescenti (L.Metelli, A. Raglio) • L’approccio musicoterapico in ambitoistituzionale: il trattamento dei disturbi neuropsichici del-l’adolescenza (F. Demaestri) • Dal rumore al suono, dallaconfusione all’integrazione (R. Busolini, A. Grusovin, M.Paci, F. Amione, G. Marin)

Numero 10, Luglio 2004: Espressione dello spazio e del tempo in musicoterapia: sin-

tonizzazioni ed empatia (P. L. Postacchini) • Intratteni-mento, educazione, preghiera, cura… Quante funzioni puòsvolgere il linguaggio musicale? (L. Quattrini) • Musicote-rapia in fase preoperatoria (G. Canepa) • L’improvvisazio-ne sonoro-musicale come esperienza formativa di gruppo(A. Raglio, M. Santonocito) • Musicoterapia e anziani (A.Varagnolo, R. Melis, S. Di Pierro)

Numero 11, Gennaio 2005Aspetti timbrici in musica e in Musicoterapia (P. Ciampi) •Il problema del “significato” in musicoterapia. Alcuneriflessioni critiche sullo statuto epistemologico della disci-plina, sulle opzioni presenti nel panorama attuale e suimodelli di formazione proposti (G. Gaggero) • Il significa-to dell’espressività vocale nel trattamento musicoterapicodi bambini con Disturbo Generalizzato dello Sviluppo(DGS) (A. Guzzoni) • L'esportabilità spazio-temporale delcambiamento nella pratica musicoterapica: una pre-ricer-ca (M. Placidi) • L’ascolto come luogo d’incontro: un trat-tamento di musicoterapia recettiva (G. Del Puente, G.Manarolo, S. Venuti) • Armonie e disarmonie nel disagiomotorio: una rassegna di esperienze (B. Foti)

Numero 12, Luglio 2005La supervisione in Musicoterapia (P. L. Postacchini) • Lecompetenze musicali in ambito musicoterapico: una pro-posta (F. Demaestri) • L’armonia del sé: aspetti musicalidello sviluppo del sé (C. Tamagnone) • Interventi musico-terapici con bambini gravemente ipotonici (W. Fasser, G. V.Ruoso) • Emozioni e musica: percorsi di musicoterapiacontro la dispersione scolastica (M. Santonocito, P. Paren-tela) • “Il Serpente Arcobaleno” esperienze di musico-arte-terapia e tossicodipendenza (F. Prestia)

Numero 13, Gennaio 2006La Psicologia della musica: il punto, le prospettive (G. Nuti)• John Cage: caso vs. improvvisazione (C. Lugo) • La com-posizione in musicoterapia (A. M. Gheltrito) • Musicotera-pia preventiva in ambito scolastico: un programma speri-mentale per lo sviluppo dell’empatia (E. D’Agostino, I. Ordi-ner, G. Matricardi) • Musicoterapia e Riabilitazione: unaesperienza gruppale integrata (Flora Inzerillo) • Dal Caosall’armonia (R. Messaglia)

Numero 14, Luglio 2006Il cervello nell’esecuzione e nell’ascolto della Musica (M.Biasutti) • Interazione, relazione e storia: ragionamenti dimusicoterapia e supervisione (F. Albano) • Il suono e lamente: un’esperienza di conduzione di gruppo in psichia-tria (G. D’Erba, R. Quinzi) • La condivisione degli stati dellamente: una possibile lettura dell’interazione musicoterapi-ca nella grave disabilità (S. Borlengo, G. Manarolo, G. Mar-concini, L. Tamagnone) • Un’esperienza di musicoterapiapresso l’Hospice della azienda istituti ospitalieri di Cremo-

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na (L. Gamba) • La musica come strategia terapeutica neltrattamento delle demenze (A. Raglio)

Numero 15, Gennaio 2007Implicazioni per l’educazione e la riabilitazione della ricer-ca psicologica sull’improvvisazione musicale (M. Biasutti) •Le componenti cerebrali dell’amusia (L. F. Bertolli) • Musi-coterapia e stati di coma: un’esperienza diretta, il caso diMarco (C. Ceroni) • Forme aperte, forme chiuse: una espe-rienza di musicoterapia di gruppo nel centro diurno psi-chiatrico di Oderzo (TV) (R. Bolelli) • L’intervento integratotra logopedista e musicoterapista nei bambini con impian-to cocleare (A. M. Beccafichi, G. Giambenedetti)

Numero 16, Luglio 2007Legato/staccato: la problematica della creazione e dellamorte nella musica occidentale del XX° secolo (MichelImberty) • Memorie di gruppo e musicoterapia (Egidio Fred-di, Antonella Guzzoni) • Giocando con i suoni: un interven-to sul bullismo (E. Prete, A. L. Palermiti, M. G. Bartolo, A.Costabile, R. Marcone) • Esserci, Esprimersi, Interagire traadolescenti attraverso la musica e gli altri linguaggi (Fran-cesca Prestia) • Musicoterapia e demenza: un caso clinico(M. Gianotti, A. Raglio) • Musicoterapia nelle struttureintermedie: un’esperienza in una comunità di riabilitazione(F. Inzerillo) • Le tecniche musicoterapiche (G. Manarolo)

Numero 17, Gennaio 2008La musicoterapia nel contesto delle neuroscienze (P.Postacchini) • La voce delle emozioni: l’espressività vocaletra svelamento e inganno (G. Manarolo) • AssociazioneCantascuola: un percorso espressivo musicale scuola -sanità - scuola (G. Guiot) • Musicoterapia e prevenzione inpediatria oncologica (M. Macorigh) • La stimolazione sono-ro-musicale alla casa dei risvegli Luca de Nigris di Bologna(R. Bolelli) • Gruppi di musicoterapia presso il servizio ter-ritoriale di neuropsichiatria dell’infanzia e della adolescen-za (L. Gamba) • Attività di musicoterapia nella riabilitazio-ne psichiatrica (L. Gamba, A. Mainardi, E. Agrimi)

Numero 18, Luglio 2008Musica e terapia: alcune riflessioni storiche (S. A. E.Leoni) • Musicoterapia e riabilitazione cognitiva nellaschizofrenia: uno studio controllato (E. Ceccato, P. A.Caneva, D. Lamonaca) • Suonare e cantare, tra quotidia-nità e arte, dalla semiologia alla musicoterapia (R.Bolelli) • Quale musicoterapia nella scuola primaria? (C.Massola, A. Capelli, K. Selva, F. Bottone, F. Demaestri) • AVolte i pesci cantano… Musicoterapia e sordità: un espe-rienza di lavoro con bambini “diversamente” udenti (F. LaPlaca) • Alice: percorso sonoro tra improvvisazione ecomposizione (D. Bruna) • Musicoterapia per operatorisanitari (G. D’Erba, R. Quinzi) • Viaggio attraverso lamemoria (R. Prencipe)

Numero 19, Gennaio 2009Psicologia della Musica e Musicoterapia: quale dialogo?(R. Caterina) • Neuroscienze e musica: dallo sviluppodelle abilità musicali alle attuali conoscenze su percezio-ne, cognizione e fisiologia della musica (L. Lopez) •“L’abito che fa il monaco”: il processo terapeutico riabi-litativo di una suora di clausura in Comunità Psichiatrica(G. Cassano, M. Carnovale) • Ambiguità e non ambiguitàdella musica: suggestioni in un trattamento di musicote-rapia (G. Del Puente, G. Manarolo, S. Guida, F.Pannocchia) • La costruzione di un intervento clinicointegrato: Psicofisiologia e Musicoterapia (A.R.Sabbatucci, M. Consonni) • Musicoterapia nelle CurePalliative: l’esperienza dell’hospice di Cremona (L.Gamba) • Importanza della ricerca sperimentale in musi-coterapia (M. Biasutti).

Numero 20, Luglio 2009Il Canto Sociale della Corale Cavallini di Modena (F.Albano, P. Curci) • Il metodo STAM nella psicosi: il contri-buto della ricerca (E. Ceccato, D. Lamonaca, L. Gamba, R.Poli, P.A. Caneva) • La Composizione Facilitata di Canzoninella riabilitazione psichiatrica (P.A. Caneva) •L’organizzazione temporale in pazienti psichiatrici: dallaricerca alla riabilitazione con il modello di musicoterapiaintegrata MIM (G. Giordanella Perilli) • La misurazionedegli esiti nel trattamento musicoterapico (L. Gamba, R.Poli) • Anamnesi di una cover band a proprio (dis)agio (S.Bolchi, G. D'Erba, R. Quinzi) • Musicoterapia in SPDC (A.Sarcinella) • Quale ricerca in Musicoterapia? (A. Raglio)

Numero 21, Gennaio 2010Musicoterapia. Scientifica o Umana? (P.L. Postacchini, M.Spaccazocchi • Apprendimenti musicali e sistema spec-chio (M. Mazzieri, M. Spaccazocchi) • Musicoterapia e casiimpossibili: le opportunità create da una certa modalità diascolto musicale (P. Ciampi, A. Cavalieri) • Quando la veri-tà relazionale del vocalico canta intonata (R. Gigliotti) •La cultura e la risposta all’ascolto musicale. Le immaginicome garanti metapsichici (G. DelPuente, G. Manarolo, S.Guida)

Numero 22, Luglio 2010Interpretazione psicoanalitica e interpretazione musicale.Osservazioni comparate (F. Petrella) • “Anche oggi ci siamoincontrati”. Musica, narrazione, realtà (P. Ciampi) •Riflessioni e possibili orientamenti metodologici per iltrattamento musicoterapico nei disturbi neuropsichicidella adolescenza (F. Demaestri) • La persona al centrodell'ascolto: esperienze di musicoterapia recettiva neltrattamento del paziente psicogeriatrico (M.C. Gerosa,M.A. Puggioni, C. Bonanomi) • L’intervento musicoterapi-co in ambito psichiatrico: invio al trattamento, sintoma-tologia e strategie riabilitative (S. Navone) 61

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Gli articoli pubblicati dal 1992 al 1998 sono ora raccolti in “Musica & Terapia, Quaderni italiani di Musicoterapia”edizioni Cosmopolis Corso Peschiera 320, 10139 - Torino - http://www.edizionicosmopolis.it

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2) L’accettazione dei lavori è subordinata alla revisio-ne critica del comitato di redazione.

3) Per la stesura della bibliografia ci si dovrà attene-re ai seguenti esempi:a) LIBRO: Cordero G.F., Etologia della comunica-zione, Omega edizioni, Torino, 1986.b) ARTICOLO DI RIVISTA: Cima E., Psicosi seconda-rie e psicosi reattive nel ritardo mentale,Abilitazione e Riabilitazio ne, II (1), 1993, pp. 51-64.c) CAPITOLO DI UN LIBRO: Moretti G., Cannao M.,Stati psicotici nell’infanzia. In M. Groppo, E.Confalonieri (a cura di), L’Autismo in età scolare,Marietti Scuola, Casale M. (Al), 1990, pp. 18-36.d) ATTI DI CONVEGNI: Neumayr A., Musica edhumanitas. In A. Willeit (a cura di), Atti delConvegno: Puer, Musica et Medici na, Merano,1991, pp. 197-205.

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