Musici, Cantori e Cantimbanchi a Corte Al Tempo Dell Orlando Furioso

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- lHH6-2011 -

LEOS.OLSCHKI

- 1250-

FERRARA PAESAGGIO ESTENSE

5

L'UNO E L'ALTRO ARIOSTO

IN CORTE E NELLE DELIZIE

a cura di

GIANNI VENTURI

LEO S. OLSCHKI EDITORE Firenze

2011

Page 2: Musici, Cantori e Cantimbanchi a Corte Al Tempo Dell Orlando Furioso

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LEOS.OLSCHKI

- 1250-

FERRARA PAESAGGIO ESTENSE

5

L'UNO E L'ALTRO ARIOSTO

IN CORTE E NELLE DELIZIE

a cura di

GIANNI VENTURI

LEO S. OLSCHKI EDITORE Firenze

2011

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CAMILLA CA VICCHI

MUSICI, CANTORI E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

Negli anni in cui l'Ariosto elaborava l'Orlando furioso, la corte di Ferrara rappresentava per i contemporanei un centro musicale dei più prestigiosi e di­namici dei tempo. Grazie alle relazioni che gli Este mantenevano con la cap­pella dei re di Francia e con quella dei pontefice, le due istituzioni musicali più rinomate dei primo Cinquecento, la corte poteva godere delle performance di virtuosi, quali i cantori Antonio Collebaudi detto Bidon e Hylaire Turluron, gli strumentisti Agostino, Alfonso e Francesco dalla Viola, e delle musiche di stimati compositori come Adrian Willaert e Maistre Jhan.· A giudicare dalle fonti musicali pervenuteci e dai documenti dei tempo, il repertorio era estre­mamente eterogeneo e prevedeva musiche d' ogni sorta: dal raffinato contrap­punto delle messe, dei mottetti, dei madrigali e della chanson francese, ai ge­neri vocali più popolareggianti quali le frottole, il canto improwisato alla lira e il canto epico-narrativo dei cantastorie. La creazione di questo centro musica­le era il risultato di una confluenza di interessi che gli Estensi avevano favorito secondo gusti e orientamenti diversi a partire dal X'V secolo, dai tempi di Leo­nello d'Este Ü441-1450).'

1 L. LocKWOOD, Jean Moulon and Jean Michel: New EVidence on French Music and Musicians in lta/y, 15°5-152°, «Journal of the American Musicological Society», XXXII, 1979, pp. 191-246; 10., Mu­sietsti Il Fe"ora a/l'epoca dell'Art"osto, in L'Arios/o, la musica, i musicisti. Quattro studi e sette madrigali ariosteschi, a cura di M.A. Balsano, Firenze, L.S. Olschki, 1981, pp. 7-29.

1. LeoneUo Fu, infarci, il primo degli Este che, una volta fatta edificare la cappella di corte (Santa Maria di Corte), si impegnô nel reclutamento di cantoti francesi pec celebrare il servizio liturgico quotidiano nella cappella. Cfr. L. LoCKWOOD, Music in Renaissance Fe"ara 14°0.15°5- The Creation 0/ a Musical Center in the Fifteenth Century, seconda ed. Oxford-New York, Oxford University Press, 2009. pp. 46.47.

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CAMIL LA CAVICCHT

LE TENDENZE MUSICAL! DELLA CORTE

Nella prima metà dei Cinquecento, la corte di Ferrara si presenta come luogo d'attrazione di alcuni dei migliori compositori franco-fiamminghi, pro­venienti dalla Francia, dalla Gallia Belgica, dal Brabante e dalle Fiandre_ At­tirare a Ferrara questi musicisti significava dare legittimità al proprio prestigio culturale, secondo una tendenza d'emulazione della corte dei re di Francia che era stata assunta come modello sin dai tempi di Nicolà III d'Este. ' Per moiti di questi canto ri e compositori franco-fiamminghi, in viaggio per le corti d'Europa e in cerca di una posizione stabile, la cappella ducale di Ferrara ap­pariva sia come un'istituzione altamente qualificata in cui lavorare, che come un trampolino di lancio verso altre cappelle, proprio in virtù delle relazioni diplomatiche che essa intratteneva.

La grande passione musicale di Ercole l d'Este (.471-1505) 10 aveva indotto a costituire una delle più corpose e ragguardevoli cappelle dei tempo, compo­sta da una trentina di cantori perlopiù francesi e fiamminghi, e guidata da ce­lebri compositori come Josquin des Prez (presente a Ferrara dall503 al 1504) e Jacob Obrecht (dal '504 al 1505). Motivazioni d'ordine culturale ed economico spinsero, invece, Alfonso l d'Este (.505-1534) a ridurne l'organico.

Alla fine dei Quattrocento la cappella di Ercole l era nota a livello euro­peo per l'imponenza assunta da questo schieramento musicale, paragonabile soltanto a quella dei pontefice, dei re di Francia e dei duca di Borgogna.4

Emanazione ed emblema per eccellenza di Ercole l, la cappella, proprio in vir­tù delle sue performance dal grande impatto sonoro, si presentava come sim­bolo dei potere politico dei duca, un potere aIlora contraddistinto da una for­te connotazione religiosa ' Al tempo di Alfonso l la concezione dei potere politico si scinde dall'ambito religioso, che viene ora riconosciuto proprio del­la Chiesa. Gli strumenti di esibizione dei potere dei duca diventano altri, pri-

J In questa direzione, un evento simbolico importante avvenne nel gennaio dei 1431 quando il re di Francia Carlo VII concesse a Nicolo III l'autorizzazione ad inquartare 10 stemma estense con i tre gigli d'oro dei rc. LocKWOOD, Music in Renaissance Ferrara, cit., p. 15; L.N. CITTADELLA, Notizie relative a Ferrara per la maggior parte inedite, Fcrrara, Tipografia Taddei, 1868, l , l , p. 24; A. LAZZARl, Il signore di Ferrara ai tempi deI concilio deI 14J8-J9: NiccolO III d'Este, «La Rinascita», II, 1939, pp. 672-702.

.. Si vedano rispertivamente: R SHERR, The Papal Chapel ca. 1492-1JIJ and its Sources, Ph. D. dis­sertation, Princeton University, 1975; D. FIALA, Le mécénat musical des ducs de Bourgogne et des prin­ces de la 11Jaison de Habsbourg 1467-15°6. Étude documentaire et prosopographique, tesi di dottorato, Centre d 'Etudes Supérieures de la Rcnaissance, Tours, 2002.

j W.L. GUNDERSHF.IMER, Art and u/e al the Court 0/ Env ie l d'Este: the 'De triumphis religionis' 0/ Giovanni Sabadino degli Arienti , G enève, Drotz, 1972; L. LocKWOOD, Music in Renaissance Ferra­ra, cie, pp. 139, 149-153 .

MUSICI, CANTORI E 'CANTIMBANCHI ' A CORTE AL TEMPO DELL 'ORLANDO FUR IOSO

mi fra tutti le armi e la guerra, e la cappella assume dimensioni ridotte per rispondere essenzialmente aile esigenze private dei duca e della vita di corte. Cambiati i tempi e le dinamiche, la funzione principale della cappella, ora, era quella di adempiere aile necessità dei committente, per garantire il servizio musicale liturgico quotidiano nella cappella di Santa Maria di Corte, e di ani­mare nelle circostanze di ricevimenti, di banchetti, di spettacoli teatrali il pub­blico dei committenti e dei cortigiani.

Le intenzioni di Alfonso l di ridurre l'organico della cappella appaiono evidenti sin dai primi anni dei suo governo, quando a partire dal 1506 il duca opera un taglio di undici cantori, da trentuno a venti elementi, e pone a capo di essa un maestro di cappella accreditato, il compositore Antoine Brumel6 Si aggiunga, poi, che la crisi causata dalla guerra in Romagna contro il ponte­fice Giulio II, aveva costretto il duca di Ferrara a sciogliere, nell5II, la cap­pella, conservando soltanto un nucleo essenziale di cantori, formato da Janes Pezenino, Jean Grivion e Jean Michel. Gli altri furono accolti dal cognato, il marchese di Mantova Francesco Gonzaga, che trovandosi di fronte al casa straordinario di una compagnia di ottimi cantori tutto a un tratto disoccu­pati, coIse bene l' occasione per fondare la propria istituzione musicale.> Già dal '512, in seguito alla sospensione delle operazioni belliche contro 10 Stato della Chiesa, la cappella musicale di Alfonso l si ricompone. Le voci eccel­lenti dei virtuosi ritornano a Ferrara: Hylaire Turluron, di li a qualche mese al servizio dei pontefice, e Antonio Collebaudi detto Bidon, che passerà an­che lui al seguito di Leone X dal1516. ' Nell'ottobre dei '512 si unisce a que­sta compagnia anche Maistre Jhan, prolifico compositore di messe, mottetti e madrigali, che, a partire dal 1534, raggiungerà il grado di maestro di cap-

6 LocKWOOD, Jean Mouton and Jean Michel, cit. , pp. 21 0-111. Su Antoine Brumel si vedano: K. Pt ETSCHMANN, Brumel, A ntoine, in Die M USlk in Geschichte und Gegewar/ , a cura di L. Finscher, Kassel, Barenreiter, 2000, Personemeil ), coU. 1It9-1I26; B. H UDSON, Brumel, Antoine, in The New Grove Dictionary 0/ Music and Musicians, a cura di S. Sadie, London , Macmillan, 20 01 , IV, pp. 494.498 . Sul clima teso di questi anni, suUa congiura di don Giulio d 'Este e le implicazioni dei cantore G ian de Artiganova si veda il saggio di L. LocKWOOD, «l t's true that Josquin composes better ... » The Short Unhappy u /e 0/ Gian de Artiganova, in Uno gentile et subtile ingenia. Studies in Renaissance Music in Honour 0/ Bonnie ]. Blackburn, a cura di Ml Bloxam - G. Filocamo -L. Holford-Strevens, Turnhout. Brepols, 2009, pp. 201-216.

7 Su questo particolare aspetto si veda W. F. PRIZER, Courtly Pastimes. The Frottole 0/ Marchetto Cara, Ann Arbor, Umi Resarch Press, 1980, pp. 14-23 .

J Su H ylaire Turluren si vedano: H .W. VON FREY , Regesten l.ur piipstlichen Kopelle unler Leo X. und l.u seiner Privatkapelle, «Die Musikforschung», VITI, 1955, pp. 58-73: 7); J. D EAN, Hylaire Turlu­ron, in N ew Grave Dictionary, cit. , XIl, pp. 15-16. Su Antonio Collebaudi detto Bidon: L. L OCKWOOD, A Virtuoso Singer at Ferrara and Rome: The Case 0/ Bidon, in Papal Music and Musicians in Late Me­dieval and Renaissance Rome, a cura di R Sherr. Oxford-W ashington, Clarendon Press-Library of Congress, 1998, pp. 225-239; R SHERR, Bidon, A ntonio, in New Grave Diclionary, cit., m, pp. 555-556.

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CAMIL LA CAVICCHT

LE TENDENZE MUSICAL! DELLA CORTE

Nella prima metà dei Cinquecento, la corte di Ferrara si presenta come luogo d'attrazione di alcuni dei migliori compositori franco-fiamminghi, pro­venienti dalla Francia, dalla Gallia Belgica, dal Brabante e dalle Fiandre_ At­tirare a Ferrara questi musicisti significava dare legittimità al proprio prestigio culturale, secondo una tendenza d'emulazione della corte dei re di Francia che era stata assunta come modello sin dai tempi di Nicolà III d'Este. ' Per moiti di questi canto ri e compositori franco-fiamminghi, in viaggio per le corti d'Europa e in cerca di una posizione stabile, la cappella ducale di Ferrara ap­pariva sia come un'istituzione altamente qualificata in cui lavorare, che come un trampolino di lancio verso altre cappelle, proprio in virtù delle relazioni diplomatiche che essa intratteneva.

La grande passione musicale di Ercole l d'Este (.471-1505) 10 aveva indotto a costituire una delle più corpose e ragguardevoli cappelle dei tempo, compo­sta da una trentina di cantori perlopiù francesi e fiamminghi, e guidata da ce­lebri compositori come Josquin des Prez (presente a Ferrara dall503 al 1504) e Jacob Obrecht (dal '504 al 1505). Motivazioni d'ordine culturale ed economico spinsero, invece, Alfonso l d'Este (.505-1534) a ridurne l'organico.

Alla fine dei Quattrocento la cappella di Ercole l era nota a livello euro­peo per l'imponenza assunta da questo schieramento musicale, paragonabile soltanto a quella dei pontefice, dei re di Francia e dei duca di Borgogna.4

Emanazione ed emblema per eccellenza di Ercole l, la cappella, proprio in vir­tù delle sue performance dal grande impatto sonoro, si presentava come sim­bolo dei potere politico dei duca, un potere aIlora contraddistinto da una for­te connotazione religiosa ' Al tempo di Alfonso l la concezione dei potere politico si scinde dall'ambito religioso, che viene ora riconosciuto proprio del­la Chiesa. Gli strumenti di esibizione dei potere dei duca diventano altri, pri-

J In questa direzione, un evento simbolico importante avvenne nel gennaio dei 1431 quando il re di Francia Carlo VII concesse a Nicolo III l'autorizzazione ad inquartare 10 stemma estense con i tre gigli d'oro dei rc. LocKWOOD, Music in Renaissance Ferrara, cit., p. 15; L.N. CITTADELLA, Notizie relative a Ferrara per la maggior parte inedite, Fcrrara, Tipografia Taddei, 1868, l , l , p. 24; A. LAZZARl, Il signore di Ferrara ai tempi deI concilio deI 14J8-J9: NiccolO III d'Este, «La Rinascita», II, 1939, pp. 672-702.

.. Si vedano rispertivamente: R SHERR, The Papal Chapel ca. 1492-1JIJ and its Sources, Ph. D. dis­sertation, Princeton University, 1975; D. FIALA, Le mécénat musical des ducs de Bourgogne et des prin­ces de la 11Jaison de Habsbourg 1467-15°6. Étude documentaire et prosopographique, tesi di dottorato, Centre d 'Etudes Supérieures de la Rcnaissance, Tours, 2002.

j W.L. GUNDERSHF.IMER, Art and u/e al the Court 0/ Env ie l d'Este: the 'De triumphis religionis' 0/ Giovanni Sabadino degli Arienti , G enève, Drotz, 1972; L. LocKWOOD, Music in Renaissance Ferra­ra, cie, pp. 139, 149-153 .

MUSICI, CANTORI E 'CANTIMBANCHI ' A CORTE AL TEMPO DELL 'ORLANDO FUR IOSO

mi fra tutti le armi e la guerra, e la cappella assume dimensioni ridotte per rispondere essenzialmente aile esigenze private dei duca e della vita di corte. Cambiati i tempi e le dinamiche, la funzione principale della cappella, ora, era quella di adempiere aile necessità dei committente, per garantire il servizio musicale liturgico quotidiano nella cappella di Santa Maria di Corte, e di ani­mare nelle circostanze di ricevimenti, di banchetti, di spettacoli teatrali il pub­blico dei committenti e dei cortigiani.

Le intenzioni di Alfonso l di ridurre l'organico della cappella appaiono evidenti sin dai primi anni dei suo governo, quando a partire dal 1506 il duca opera un taglio di undici cantori, da trentuno a venti elementi, e pone a capo di essa un maestro di cappella accreditato, il compositore Antoine Brumel6 Si aggiunga, poi, che la crisi causata dalla guerra in Romagna contro il ponte­fice Giulio II, aveva costretto il duca di Ferrara a sciogliere, nell5II, la cap­pella, conservando soltanto un nucleo essenziale di cantori, formato da Janes Pezenino, Jean Grivion e Jean Michel. Gli altri furono accolti dal cognato, il marchese di Mantova Francesco Gonzaga, che trovandosi di fronte al casa straordinario di una compagnia di ottimi cantori tutto a un tratto disoccu­pati, coIse bene l' occasione per fondare la propria istituzione musicale.> Già dal '512, in seguito alla sospensione delle operazioni belliche contro 10 Stato della Chiesa, la cappella musicale di Alfonso l si ricompone. Le voci eccel­lenti dei virtuosi ritornano a Ferrara: Hylaire Turluron, di li a qualche mese al servizio dei pontefice, e Antonio Collebaudi detto Bidon, che passerà an­che lui al seguito di Leone X dal1516. ' Nell'ottobre dei '512 si unisce a que­sta compagnia anche Maistre Jhan, prolifico compositore di messe, mottetti e madrigali, che, a partire dal 1534, raggiungerà il grado di maestro di cap-

6 LocKWOOD, Jean Mouton and Jean Michel, cit. , pp. 21 0-111. Su Antoine Brumel si vedano: K. Pt ETSCHMANN, Brumel, A ntoine, in Die M USlk in Geschichte und Gegewar/ , a cura di L. Finscher, Kassel, Barenreiter, 2000, Personemeil ), coU. 1It9-1I26; B. H UDSON, Brumel, Antoine, in The New Grove Dictionary 0/ Music and Musicians, a cura di S. Sadie, London , Macmillan, 20 01 , IV, pp. 494.498 . Sul clima teso di questi anni, suUa congiura di don Giulio d 'Este e le implicazioni dei cantore G ian de Artiganova si veda il saggio di L. LocKWOOD, «l t's true that Josquin composes better ... » The Short Unhappy u /e 0/ Gian de Artiganova, in Uno gentile et subtile ingenia. Studies in Renaissance Music in Honour 0/ Bonnie ]. Blackburn, a cura di Ml Bloxam - G. Filocamo -L. Holford-Strevens, Turnhout. Brepols, 2009, pp. 201-216.

7 Su questo particolare aspetto si veda W. F. PRIZER, Courtly Pastimes. The Frottole 0/ Marchetto Cara, Ann Arbor, Umi Resarch Press, 1980, pp. 14-23 .

J Su H ylaire Turluren si vedano: H .W. VON FREY , Regesten l.ur piipstlichen Kopelle unler Leo X. und l.u seiner Privatkapelle, «Die Musikforschung», VITI, 1955, pp. 58-73: 7); J. D EAN, Hylaire Turlu­ron, in N ew Grave Dictionary, cit. , XIl, pp. 15-16. Su Antonio Collebaudi detto Bidon: L. L OCKWOOD, A Virtuoso Singer at Ferrara and Rome: The Case 0/ Bidon, in Papal Music and Musicians in Late Me­dieval and Renaissance Rome, a cura di R Sherr. Oxford-W ashington, Clarendon Press-Library of Congress, 1998, pp. 225-239; R SHERR, Bidon, A ntonio, in New Grave Diclionary, cit., m, pp. 555-556.

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CAMILLA CAVICCHI

pella' Dai 'j12 fino al 'j2O circa - per attenerci al periodo dell' elaborazione dell'Orlando furioso - la cappella del duca Alfonso officiava con un numero di undici, dodici cantori, un cambiamento radicale, quindi, rispetto all'età d'oro di Ercole 1.

l motivi di questa trasformazione vanno messi in relazione non solo con le difficoltà della situazione economico-politica cui si è accennato, ma anche con una trasformazione morfologica della corte, che si era compiuta dopo la morte di Ercole 1. Come osserva Lewis Lockwood, al tempo rli Alfonso l la corte non si presenta più quale unico nucleo totalizzante; W si tratta piuttosto di un contesto in cui attorno al seguito del duca, indubbiamente il più rilevante, gravitano altri entourage ciascuno dei quali è provvisto dei rispettivi cenacoli di intellettuali, di anisti, rli musicisti e compositori.

La cappella e il gruppo di strumentisti del duca (violisti, arpisti, piffari e tromboni) non erano più, quinrli, l'unica istituzione musicale di corte; esiste­vano infatti gli ensemble musicali dei fratelli del duca, il carrlinale Ippolito l e Sigismondo, e della duchessa Lucrezia Borgia. La proliferazione di gruppi musicali si consolidè dopo la morte rli Ercole l e caratterizzè il panorama mu­sicale ferrarese, almeno fino alla prima metà del Cinquecento. li fiorire di que­sti nuclei musicali famigliari alI'interno della stessa corte risaliva alla lezione lasciata da Ercole l, il quale aveva cresciuto i propri figli nella consapevolezza del valore della musica, intesa SI come rlisciplina fondamentale nella formazio­ne del principe, ma anche come emanazione e simbolo del potere illuminato."

GLI ENSEMBLE DI IPPOLITO l, SIGISMONDO D'ESTE E LUCREZIA BORGIA

li gruppo musicale più importante, paragonabile a quello dei duca per di­mensioni e qualità, era di certo quello del cardinale Ippolito l d'Este, i cui in­teressi erano rivolti soprattutto alla musica frottolistica e strumentale." lppo-

9 Su Maistre Jhan: G. NUGENT - J. HAAR, Maistre Jhan, in New Crove Dictionary, or., XV, pp .. 644.645; C. CAVICCIII, Maistre ]han alla corte degli Este (1512-1538), Turnhout, Brepols, in prepa­razlOne.

JO LocKWOOD, Musiàsti al tempo dell'An'osto, cit.

JI Sul ruolo della musica ne! modeUo pedagogico adonato alla corte degli Este si veda F.A. GAL. LO, Orpheus chn'stianus, in In., Musica nel castello. Trovaton', libn' e oratori nelle corti italiane dal XIIl al XV secolo, Bologna, U Mulino, 1992, pp. 95-14°.

11 Su Ippolito 1 d'Este si vedano: Vita deI cardinale Ippolito l d'Este serina da un anonimo, a cura di G. Antonelli, Milano, P. Ripamonti Carpano, 1834; A. MORSELLI, LodovicoAriosto tra Ippolito d'E­ste e Alberto Pia, «Ani e memorie» dell' Accademia delle soenze, Iettere ed arti di Modena, s. V, TI, 1937, pp. 3-22; ID., lppolito T d'Este e d suo pnmo viaggio in Ungheria (1487), «Atti e memorie» del-

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MUSICI, CANTORI E 'CANTlMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

lito d'Este segue da vicino le commissioni che impartisce ai suoi musicisti e, quando si trova fuori Ferrara, egli intrattiene corrispondenze con i propri col­laboratori per organizzare la vita musicale della sua "corte": richiede musicisti durante i suoi spostamenti (a Roma, in Ungheria, nelle "delizie" ferraresi), si fa spedire la musica, ordina la costruzione rli strumenti musicali per la conser­vazione dei quali fa prerlisporre una "camera della musica" nel suo palazzo." Sul fronte della costruzione di strumenti musicali, il carrlinale è cosl appassio­nato che partecipa e rliscute con gli addetti alla realizzazione dei progetti: que­sto avviene, per esempio, con un clavicembalo che 10 stesso cardinale vuole far trasformare in claviorgano.

Negli anni Ij08-1j13 l'esiguo gruppo di tre, quattro cantori (a cui parteci­pavano probabilmente anche i cappellani) garantisce le esecuzioni di musica polifonica con un organico appena sufficiente. Solo a partire dagli anni 'j'j­Ij20 il carrlinale assume cantori francesi rinomati e in maniera sistematica: nel Ijljl'arrivo rli Adrian Willaelt, che nel Ij27 rliventerà maestro rli cappella in San Marco a Venezia; nel Ij16-17 e nel Ij20 Josquin Doro, che passerà al servizio di papa Leone X, e Jean Lourdelle; nel 'j2O Perisson cantore (proba­bilmente Pierre Som de Milleville già al servizio rli Ercole l, poi rli Leone X), e altri ancora,l4

Più vivo sembra essere stato l'interesse per i talenti della frottola, conrli­viso peraltro con la sorella Isabella d'Este, che a Mantova rlisponeva di Bar­tolomeo Tromboncino e Marchetto Cara, e con la cognata Lucrezia Borgia. Nei 1498 il cardinale scriveva da Pavia ad Isabella:

Essendo desideroso d'havere qualche cosa bona dei Seraphino prego V. S. llIu­strissima che ne vogUa fare copiare alcuni delli soi strambotti et qualche altra cosa zentile che'} habia composto nuovamente et mandarmeli qua.'5

J'Accademia delle scienze, lertere e arti di Modena, s. V, XV, 1957, pp. 196.251; C. MARCORA, Il car­dinale Ippolito d'Este arcivescotJO di Milano (1497-1519), «Memorie sloriche della diocesi di Milano», V, 1958, pp. 180-215; M. CATALANO, Vita di Ludovico An'osto n'costruita su nuovi documenti, Genève, L.S. Olschki, 1931, Ill; R BACCHELLI, La congiura di don Giulio d'Este, Milano, Mondadori, 1983; L. CHIAPPINI, Cli Estensi. Mille anni di storia, Ferrara, Corbo, 2001, pp. 231-259 e i riferimemi biblio­grafici a p. 629.

Jl Sul mecenatismo musicale del cardinale si vedano: L. LOCKWOOD, Adrian Willaert and Car­dinalippolito 1 d'Este: New Light on Willaert's Early Career in Italy, 1515-21, «Early Music History», V, 1985, pp. 85-112: 96.100; ID., Musicisti a Ferrara al/'epoca del/'An'osto, cit Nel seguito dell'articolo, le notizie che non risuhano documentate dallo studio di Lewis Lockwood sono il risuharo di una ricerca d'archivio sistematica sulla committenza di strumenti musicali da parte del cardinale Ippolito 1 d'Este, condoua da chi scrive e di prossima pubbücazione.

li Cfr. Appendix Il, in LoCKWOOD, Adrian Willaert and Cardinal Ippolito T d'Este, cit., pp. 110-112.

Ij Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 1187, citato da LocKWOOD, Adrian Willaert and Cardinal Tppolito, cit., pp. 96-97 e nota 31.

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CAMILLA CAVICCHI

pella' Dai 'j12 fino al 'j2O circa - per attenerci al periodo dell' elaborazione dell'Orlando furioso - la cappella del duca Alfonso officiava con un numero di undici, dodici cantori, un cambiamento radicale, quindi, rispetto all'età d'oro di Ercole 1.

l motivi di questa trasformazione vanno messi in relazione non solo con le difficoltà della situazione economico-politica cui si è accennato, ma anche con una trasformazione morfologica della corte, che si era compiuta dopo la morte di Ercole 1. Come osserva Lewis Lockwood, al tempo rli Alfonso l la corte non si presenta più quale unico nucleo totalizzante; W si tratta piuttosto di un contesto in cui attorno al seguito del duca, indubbiamente il più rilevante, gravitano altri entourage ciascuno dei quali è provvisto dei rispettivi cenacoli di intellettuali, di anisti, rli musicisti e compositori.

La cappella e il gruppo di strumentisti del duca (violisti, arpisti, piffari e tromboni) non erano più, quinrli, l'unica istituzione musicale di corte; esiste­vano infatti gli ensemble musicali dei fratelli del duca, il carrlinale Ippolito l e Sigismondo, e della duchessa Lucrezia Borgia. La proliferazione di gruppi musicali si consolidè dopo la morte rli Ercole l e caratterizzè il panorama mu­sicale ferrarese, almeno fino alla prima metà del Cinquecento. li fiorire di que­sti nuclei musicali famigliari alI'interno della stessa corte risaliva alla lezione lasciata da Ercole l, il quale aveva cresciuto i propri figli nella consapevolezza del valore della musica, intesa SI come rlisciplina fondamentale nella formazio­ne del principe, ma anche come emanazione e simbolo del potere illuminato."

GLI ENSEMBLE DI IPPOLITO l, SIGISMONDO D'ESTE E LUCREZIA BORGIA

li gruppo musicale più importante, paragonabile a quello dei duca per di­mensioni e qualità, era di certo quello del cardinale Ippolito l d'Este, i cui in­teressi erano rivolti soprattutto alla musica frottolistica e strumentale." lppo-

9 Su Maistre Jhan: G. NUGENT - J. HAAR, Maistre Jhan, in New Crove Dictionary, or., XV, pp .. 644.645; C. CAVICCIII, Maistre ]han alla corte degli Este (1512-1538), Turnhout, Brepols, in prepa­razlOne.

JO LocKWOOD, Musiàsti al tempo dell'An'osto, cit.

JI Sul ruolo della musica ne! modeUo pedagogico adonato alla corte degli Este si veda F.A. GAL. LO, Orpheus chn'stianus, in In., Musica nel castello. Trovaton', libn' e oratori nelle corti italiane dal XIIl al XV secolo, Bologna, U Mulino, 1992, pp. 95-14°.

11 Su Ippolito 1 d'Este si vedano: Vita deI cardinale Ippolito l d'Este serina da un anonimo, a cura di G. Antonelli, Milano, P. Ripamonti Carpano, 1834; A. MORSELLI, LodovicoAriosto tra Ippolito d'E­ste e Alberto Pia, «Ani e memorie» dell' Accademia delle soenze, Iettere ed arti di Modena, s. V, TI, 1937, pp. 3-22; ID., lppolito T d'Este e d suo pnmo viaggio in Ungheria (1487), «Atti e memorie» del-

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MUSICI, CANTORI E 'CANTlMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

lito d'Este segue da vicino le commissioni che impartisce ai suoi musicisti e, quando si trova fuori Ferrara, egli intrattiene corrispondenze con i propri col­laboratori per organizzare la vita musicale della sua "corte": richiede musicisti durante i suoi spostamenti (a Roma, in Ungheria, nelle "delizie" ferraresi), si fa spedire la musica, ordina la costruzione rli strumenti musicali per la conser­vazione dei quali fa prerlisporre una "camera della musica" nel suo palazzo." Sul fronte della costruzione di strumenti musicali, il carrlinale è cosl appassio­nato che partecipa e rliscute con gli addetti alla realizzazione dei progetti: que­sto avviene, per esempio, con un clavicembalo che 10 stesso cardinale vuole far trasformare in claviorgano.

Negli anni Ij08-1j13 l'esiguo gruppo di tre, quattro cantori (a cui parteci­pavano probabilmente anche i cappellani) garantisce le esecuzioni di musica polifonica con un organico appena sufficiente. Solo a partire dagli anni 'j'j­Ij20 il carrlinale assume cantori francesi rinomati e in maniera sistematica: nel Ijljl'arrivo rli Adrian Willaelt, che nel Ij27 rliventerà maestro rli cappella in San Marco a Venezia; nel Ij16-17 e nel Ij20 Josquin Doro, che passerà al servizio di papa Leone X, e Jean Lourdelle; nel 'j2O Perisson cantore (proba­bilmente Pierre Som de Milleville già al servizio rli Ercole l, poi rli Leone X), e altri ancora,l4

Più vivo sembra essere stato l'interesse per i talenti della frottola, conrli­viso peraltro con la sorella Isabella d'Este, che a Mantova rlisponeva di Bar­tolomeo Tromboncino e Marchetto Cara, e con la cognata Lucrezia Borgia. Nei 1498 il cardinale scriveva da Pavia ad Isabella:

Essendo desideroso d'havere qualche cosa bona dei Seraphino prego V. S. llIu­strissima che ne vogUa fare copiare alcuni delli soi strambotti et qualche altra cosa zentile che'} habia composto nuovamente et mandarmeli qua.'5

J'Accademia delle scienze, lertere e arti di Modena, s. V, XV, 1957, pp. 196.251; C. MARCORA, Il car­dinale Ippolito d'Este arcivescotJO di Milano (1497-1519), «Memorie sloriche della diocesi di Milano», V, 1958, pp. 180-215; M. CATALANO, Vita di Ludovico An'osto n'costruita su nuovi documenti, Genève, L.S. Olschki, 1931, Ill; R BACCHELLI, La congiura di don Giulio d'Este, Milano, Mondadori, 1983; L. CHIAPPINI, Cli Estensi. Mille anni di storia, Ferrara, Corbo, 2001, pp. 231-259 e i riferimemi biblio­grafici a p. 629.

Jl Sul mecenatismo musicale del cardinale si vedano: L. LOCKWOOD, Adrian Willaert and Car­dinalippolito 1 d'Este: New Light on Willaert's Early Career in Italy, 1515-21, «Early Music History», V, 1985, pp. 85-112: 96.100; ID., Musicisti a Ferrara al/'epoca del/'An'osto, cit Nel seguito dell'articolo, le notizie che non risuhano documentate dallo studio di Lewis Lockwood sono il risuharo di una ricerca d'archivio sistematica sulla committenza di strumenti musicali da parte del cardinale Ippolito 1 d'Este, condoua da chi scrive e di prossima pubbücazione.

li Cfr. Appendix Il, in LoCKWOOD, Adrian Willaert and Cardinal Ippolito T d'Este, cit., pp. 110-112.

Ij Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 1187, citato da LocKWOOD, Adrian Willaert and Cardinal Tppolito, cit., pp. 96-97 e nota 31.

Page 8: Musici, Cantori e Cantimbanchi a Corte Al Tempo Dell Orlando Furioso

CAMILLA CAVICCHI

pella' Dai 'j12 fino al 'j2O circa - per attenerci al periodo dell' elaborazione dell'Orlando furioso - la cappella del duca Alfonso officiava con un numero di undici, dodici cantori, un cambiamento radicale, quindi, rispetto all'età d'oro di Ercole 1.

l motivi di questa trasformazione vanno messi in relazione non solo con le difficoltà della situazione economico-politica cui si è accennato, ma anche con una trasformazione morfologica della corte, che si era compiuta dopo la morte di Ercole 1. Come osserva Lewis Lockwood, al tempo rli Alfonso l la corte non si presenta più quale unico nucleo totalizzante; W si tratta piuttosto di un contesto in cui attorno al seguito del duca, indubbiamente il più rilevante, gravitano altri entourage ciascuno dei quali è provvisto dei rispettivi cenacoli di intellettuali, di anisti, rli musicisti e compositori.

La cappella e il gruppo di strumentisti del duca (violisti, arpisti, piffari e tromboni) non erano più, quinrli, l'unica istituzione musicale di corte; esiste­vano infatti gli ensemble musicali dei fratelli del duca, il carrlinale Ippolito l e Sigismondo, e della duchessa Lucrezia Borgia. La proliferazione di gruppi musicali si consolidè dopo la morte rli Ercole l e caratterizzè il panorama mu­sicale ferrarese, almeno fino alla prima metà del Cinquecento. li fiorire di que­sti nuclei musicali famigliari alI'interno della stessa corte risaliva alla lezione lasciata da Ercole l, il quale aveva cresciuto i propri figli nella consapevolezza del valore della musica, intesa SI come rlisciplina fondamentale nella formazio­ne del principe, ma anche come emanazione e simbolo del potere illuminato."

GLI ENSEMBLE DI IPPOLITO l, SIGISMONDO D'ESTE E LUCREZIA BORGIA

li gruppo musicale più importante, paragonabile a quello dei duca per di­mensioni e qualità, era di certo quello del cardinale Ippolito l d'Este, i cui in­teressi erano rivolti soprattutto alla musica frottolistica e strumentale." lppo-

9 Su Maistre Jhan: G. NUGENT - J. HAAR, Maistre Jhan, in New Crove Dictionary, or., XV, pp .. 644.645; C. CAVICCIII, Maistre ]han alla corte degli Este (1512-1538), Turnhout, Brepols, in prepa­razlOne.

JO LocKWOOD, Musiàsti al tempo dell'An'osto, cit.

JI Sul ruolo della musica ne! modeUo pedagogico adonato alla corte degli Este si veda F.A. GAL. LO, Orpheus chn'stianus, in In., Musica nel castello. Trovaton', libn' e oratori nelle corti italiane dal XIIl al XV secolo, Bologna, U Mulino, 1992, pp. 95-14°.

11 Su Ippolito 1 d'Este si vedano: Vita deI cardinale Ippolito l d'Este serina da un anonimo, a cura di G. Antonelli, Milano, P. Ripamonti Carpano, 1834; A. MORSELLI, LodovicoAriosto tra Ippolito d'E­ste e Alberto Pia, «Ani e memorie» dell' Accademia delle soenze, Iettere ed arti di Modena, s. V, TI, 1937, pp. 3-22; ID., lppolito T d'Este e d suo pnmo viaggio in Ungheria (1487), «Atti e memorie» del-

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MUSICI, CANTORI E 'CANTlMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

lito d'Este segue da vicino le commissioni che impartisce ai suoi musicisti e, quando si trova fuori Ferrara, egli intrattiene corrispondenze con i propri col­laboratori per organizzare la vita musicale della sua "corte": richiede musicisti durante i suoi spostamenti (a Roma, in Ungheria, nelle "delizie" ferraresi), si fa spedire la musica, ordina la costruzione rli strumenti musicali per la conser­vazione dei quali fa prerlisporre una "camera della musica" nel suo palazzo." Sul fronte della costruzione di strumenti musicali, il carrlinale è cosl appassio­nato che partecipa e rliscute con gli addetti alla realizzazione dei progetti: que­sto avviene, per esempio, con un clavicembalo che 10 stesso cardinale vuole far trasformare in claviorgano.

Negli anni Ij08-1j13 l'esiguo gruppo di tre, quattro cantori (a cui parteci­pavano probabilmente anche i cappellani) garantisce le esecuzioni di musica polifonica con un organico appena sufficiente. Solo a partire dagli anni 'j'j­Ij20 il carrlinale assume cantori francesi rinomati e in maniera sistematica: nel Ijljl'arrivo rli Adrian Willaelt, che nel Ij27 rliventerà maestro rli cappella in San Marco a Venezia; nel Ij16-17 e nel Ij20 Josquin Doro, che passerà al servizio di papa Leone X, e Jean Lourdelle; nel 'j2O Perisson cantore (proba­bilmente Pierre Som de Milleville già al servizio rli Ercole l, poi rli Leone X), e altri ancora,l4

Più vivo sembra essere stato l'interesse per i talenti della frottola, conrli­viso peraltro con la sorella Isabella d'Este, che a Mantova rlisponeva di Bar­tolomeo Tromboncino e Marchetto Cara, e con la cognata Lucrezia Borgia. Nei 1498 il cardinale scriveva da Pavia ad Isabella:

Essendo desideroso d'havere qualche cosa bona dei Seraphino prego V. S. llIu­strissima che ne vogUa fare copiare alcuni delli soi strambotti et qualche altra cosa zentile che'} habia composto nuovamente et mandarmeli qua.'5

J'Accademia delle scienze, lertere e arti di Modena, s. V, XV, 1957, pp. 196.251; C. MARCORA, Il car­dinale Ippolito d'Este arcivescotJO di Milano (1497-1519), «Memorie sloriche della diocesi di Milano», V, 1958, pp. 180-215; M. CATALANO, Vita di Ludovico An'osto n'costruita su nuovi documenti, Genève, L.S. Olschki, 1931, Ill; R BACCHELLI, La congiura di don Giulio d'Este, Milano, Mondadori, 1983; L. CHIAPPINI, Cli Estensi. Mille anni di storia, Ferrara, Corbo, 2001, pp. 231-259 e i riferimemi biblio­grafici a p. 629.

Jl Sul mecenatismo musicale del cardinale si vedano: L. LOCKWOOD, Adrian Willaert and Car­dinalippolito 1 d'Este: New Light on Willaert's Early Career in Italy, 1515-21, «Early Music History», V, 1985, pp. 85-112: 96.100; ID., Musicisti a Ferrara al/'epoca del/'An'osto, cit Nel seguito dell'articolo, le notizie che non risuhano documentate dallo studio di Lewis Lockwood sono il risuharo di una ricerca d'archivio sistematica sulla committenza di strumenti musicali da parte del cardinale Ippolito 1 d'Este, condoua da chi scrive e di prossima pubbücazione.

li Cfr. Appendix Il, in LoCKWOOD, Adrian Willaert and Cardinal Ippolito T d'Este, cit., pp. 110-112.

Ij Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, busta 1187, citato da LocKWOOD, Adrian Willaert and Cardinal Tppolito, cit., pp. 96-97 e nota 31.

Page 9: Musici, Cantori e Cantimbanchi a Corte Al Tempo Dell Orlando Furioso

CAMILLA CAV ICCHI

li manoscritlo della Biblioteca Estense Universitaria di Modena alfa F.9 .9, decorato da eleganti miniature, raccoglie una consistente coUezione rli canti di Serafino Aquilano,'6 poeta e cantore alla lira celebre, il cui presunto ritratlo con una vihuela da mano appare negli affreschi dell'appartamento Borgia in Vaticano.

Dallj06 sono presenti Michele Pesenti, a Ferrara fino alljl4, e Alessandro da Bologna detlo Demophonte, frotlolista e suonatore rli viola fino al 1520. Michele Pesenti, che sostiene la carica di cappellano, è cantore, liutista e com­positore di cui ci restano trentasei frottole e due mottetti." l docwnenti d'ar­chivio ei informano delle sue attività: egli è pagato per scrivere mottetti, per l'organizzazione delle risorse musicali del carrlinale e la gestione di strwnenti musicali e di libri rli musica. Assieme a Pesenti lavoravano anche i nipotiJanes de Pre Michele liutista (dallj08 al Ij17) e Alessandro da Verona de Pre Mi­chele (dalljl4 alljI7), clavicembalista.

Alessandro da Balogna detlo Demophonte è, come Pesenti, un autore edi­to da Petrucci con due frottole nel VII Lrbro rli Petrucci (lj07) e la lauda Volgi gli occhi." G iovanni Philotco Achillini, nel Viridario delljl3, menziona Demo­phonte fra i composirori esperti e gli improwisatori:

De mus ici è dorata questa terra, che cantano improwisi ogni bd punto; d'assai compositori a cui non erra l'a rte, e moiti hanno il canto seco aggiunro: il Spadara, il Tovaglia qui si serra, Demophonte col suo contrapunto, Sebastina Boccaferro e 10 Albergato de questa e de l'altre art i è dccorato.19

16 Modena, Biblioteca Estense e Umversitan"a, ms. alfa F.9. 9, cdizione facsimile a cura di Frank A. D'Aceone, New York. Garland Publishing, 1987; G. LA rACE BIANCONI, C li s/rambottl deI codice eSfense alfa F.p.p, Firenze. L.S. Olschkj, 1990.

17 Su Pesemi si vedano: F. LUlSI, Del can/are a libro ... 0 sullo viola. La lIlusica vocale nel Rina­sàmen/o. Studi sulla musica vocale profana in I/afia net secolz XV e XVI, Torino, ERI , 1977, passim; W.F. PRIZER , Pesenti, Michele, in The New Grove Dicltonary, ciL , XIX, pp. 484-485; F. LUlSI, Pesen/i. Michele, in Die Musik in Geschich/e lwd C egenwar/, Kassel, Biircnreitcr, 2005, Personemeil 1).

coU. 374-)76.

,8 Le due froHole a quattro voci A che son honnOl conduco e Vidi hor cogliendo rose si trovano in Frol/ole Libro Sepllfno, Venezîa, Onaviano Pelrucci, IS07. Vidl hor cogliendo rose è stampata in ri­duzione per liulO e voce in F. BoSSINENSIS, Tenon e conlrabbaJSi inlabulo/i col sopran in canto figura/o per catllar e sonar collauto. Libro Secundo, Vcnezia, 0l13vÎano l'CI I"ucci, 1511 . Si veda B. DISERTORl, Le /roft ole per canto e liuto intabuwte da Franciscus BoJSinemis, Milano, Ricordi, 1964, pp. 49)-495. Per la lauda si veda L UIM, Del con/are a libro, cil. , p. 91.

'51 GIOANNE p, II LOTHEO ACHILLlNI, Viridario, Bologna, Hicronymo di Plato bolognese, 151), f. 186v. Gtato da LUISI, Del can/are a Itbro , cit., p. 91.

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MUSICI , CANTORI E 'CANTIMBANCIII ' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO fURIOSO

Demophonte è eitato assieme ad altri noti musieisti bolognesi: G iovanni Spataro (il Spadaro), teorico compositore e maestro rli canto in San Petronio; Bonaparte dalle T ovaglie, maestro di cappella della cattedrale di San Pietro, Sebastian Bocca de Ferro, musico amico di Spataro e probabile autore della frottola Fiamma dolce e soave (Canzoni nove con alcune scelte de varii libri di canlo, Roma, Antico, Ijlo); '0 Ercole Albergati musieista, attore e inventore d'ingegni teatrali. Negli anni suceessivi Alessandro Demophonte entrà molto probabilmente al servizio del vescovo Giambattista Casali, come sembra testi­moniare una lettera rli G iovanni Spataro del 30 giugno Ij29."

L'interesse per i generi musicali legati a forme poetiche precise, come po· tevano essere le orli, i capitoli, gli strambotti e le frottole, rivela, innanzitutto, l'inelinazione per un tipo di repertorio narrativo, in cui la musica favorisce la trasmissione del contenuto della poesia, ricorrendo in genere ad un contrap­punto accordale omoritmico piuttosto che a quello imitativo tipico, invece, della chanson francese. Le circostanze esecutive per questo genere poetico­musicale sono ben note: tali canti erano eseguiti durante i pranzi, negli intrat­tenimenti di corte e nel corso delle rappresentazioni rli spettacoli, come le commerlie di Plauto, rli Niccolà da Correggio e dell'Ariosto.u In secondo luo­go questo interesse rendeva necessaria la presenza rli musicisti esperti di tale pratica, in particolare di liutisti che intonavano il testo poetico del superius e riducevano in un accompagnamento sullo strumento le tre voei inferiori di frot­tole e strambotti. Fra Ij06 e Ij20 Ippolito l ha al suo servizio un nwnero di stru­mentisti variabile da 10 a Ij - violisti, arpisti, clavicembalisti, organisti, flautisti, zampognari e soprattutto liutisti. Ricordiamo, per esempio, la presenza di G io­vanni Maria Alemanno Ebreo, celebrità inrliscussa delliuto, presente nellj03 e dal Ij06 al 1507. Egli Eu alltore di una fra le prime edizioni di intavolatura, la perduta Intabolalura de lallio libro lerlio," pubblicata a Venezia da Ottaviano Petrucci nellj08, e passà in seguito, dalljl3, al servizio di papa Leone X. Nel IjIO sono attestati Zoan Battista de lauti e Vincenzo de lauti: l'indicazione per

10 A. EINSTEIN - A. LoFT, Andrea Anftco's 'Canzoni Nove' 0/ 15/ 0, «The Musical Quarterl}'», )7, 1951, pp. ))0-))9·

11 BJ. BLACKBURN - E.E. LoWINSKY - C.A. MILLER, A Co"espondence of Renaissance Must"­cians, Oxford-New York , Clarendon Press·Oxford University Press, 1991, pp. )70, 979, 98), 984, 1°°4- 1005 . Ringrazio Kalelijne Schiltz per aver alurato la .rua anenzione sulle note criüehc di Black­burn , Lowinsky e Miller inerenti il poema di Giovanni Philoteo Achillini.

t1 Si vedano: W. OsTHOFF, Thea/ergesang und Darstellende MUSlk in der iralienischen Renais­sance (J5. und /6 Jahrhundert) , Tu(zing, H . Schneider, 1-11 , 1969; N. PIRROlTA, Li due Or/ci. Da Po­liziano a Monteverdi, Torino, Einaudi, 1975, pp. 5-90.

1) H. MAYER BROWN, Ins/rumental Music be/ore 1600. A Bibliography, Cambridge.Massachu­setts, Harvard University Press, p. 14; S. BooRMAN, Qf/aviano Pe/rucd. A Ca /alogue Raisonné, Ox­ford-New York, Oxford University Press, 2006, p. 690.

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CAMILLA CAV ICCHI

li manoscritlo della Biblioteca Estense Universitaria di Modena alfa F.9 .9, decorato da eleganti miniature, raccoglie una consistente coUezione rli canti di Serafino Aquilano,'6 poeta e cantore alla lira celebre, il cui presunto ritratlo con una vihuela da mano appare negli affreschi dell'appartamento Borgia in Vaticano.

Dallj06 sono presenti Michele Pesenti, a Ferrara fino alljl4, e Alessandro da Bologna detlo Demophonte, frotlolista e suonatore rli viola fino al 1520. Michele Pesenti, che sostiene la carica di cappellano, è cantore, liutista e com­positore di cui ci restano trentasei frottole e due mottetti." l docwnenti d'ar­chivio ei informano delle sue attività: egli è pagato per scrivere mottetti, per l'organizzazione delle risorse musicali del carrlinale e la gestione di strwnenti musicali e di libri rli musica. Assieme a Pesenti lavoravano anche i nipotiJanes de Pre Michele liutista (dallj08 al Ij17) e Alessandro da Verona de Pre Mi­chele (dalljl4 alljI7), clavicembalista.

Alessandro da Balogna detlo Demophonte è, come Pesenti, un autore edi­to da Petrucci con due frottole nel VII Lrbro rli Petrucci (lj07) e la lauda Volgi gli occhi." G iovanni Philotco Achillini, nel Viridario delljl3, menziona Demo­phonte fra i composirori esperti e gli improwisatori:

De mus ici è dorata questa terra, che cantano improwisi ogni bd punto; d'assai compositori a cui non erra l'a rte, e moiti hanno il canto seco aggiunro: il Spadara, il Tovaglia qui si serra, Demophonte col suo contrapunto, Sebastina Boccaferro e 10 Albergato de questa e de l'altre art i è dccorato.19

16 Modena, Biblioteca Estense e Umversitan"a, ms. alfa F.9. 9, cdizione facsimile a cura di Frank A. D'Aceone, New York. Garland Publishing, 1987; G. LA rACE BIANCONI, C li s/rambottl deI codice eSfense alfa F.p.p, Firenze. L.S. Olschkj, 1990.

17 Su Pesemi si vedano: F. LUlSI, Del can/are a libro ... 0 sullo viola. La lIlusica vocale nel Rina­sàmen/o. Studi sulla musica vocale profana in I/afia net secolz XV e XVI, Torino, ERI , 1977, passim; W.F. PRIZER , Pesenti, Michele, in The New Grove Dicltonary, ciL , XIX, pp. 484-485; F. LUlSI, Pesen/i. Michele, in Die Musik in Geschich/e lwd C egenwar/, Kassel, Biircnreitcr, 2005, Personemeil 1).

coU. 374-)76.

,8 Le due froHole a quattro voci A che son honnOl conduco e Vidi hor cogliendo rose si trovano in Frol/ole Libro Sepllfno, Venezîa, Onaviano Pelrucci, IS07. Vidl hor cogliendo rose è stampata in ri­duzione per liulO e voce in F. BoSSINENSIS, Tenon e conlrabbaJSi inlabulo/i col sopran in canto figura/o per catllar e sonar collauto. Libro Secundo, Vcnezia, 0l13vÎano l'CI I"ucci, 1511 . Si veda B. DISERTORl, Le /roft ole per canto e liuto intabuwte da Franciscus BoJSinemis, Milano, Ricordi, 1964, pp. 49)-495. Per la lauda si veda L UIM, Del con/are a libro, cil. , p. 91.

'51 GIOANNE p, II LOTHEO ACHILLlNI, Viridario, Bologna, Hicronymo di Plato bolognese, 151), f. 186v. Gtato da LUISI, Del can/are a Itbro , cit., p. 91.

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MUSICI , CANTORI E 'CANTIMBANCIII ' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO fURIOSO

Demophonte è eitato assieme ad altri noti musieisti bolognesi: G iovanni Spataro (il Spadaro), teorico compositore e maestro rli canto in San Petronio; Bonaparte dalle T ovaglie, maestro di cappella della cattedrale di San Pietro, Sebastian Bocca de Ferro, musico amico di Spataro e probabile autore della frottola Fiamma dolce e soave (Canzoni nove con alcune scelte de varii libri di canlo, Roma, Antico, Ijlo); '0 Ercole Albergati musieista, attore e inventore d'ingegni teatrali. Negli anni suceessivi Alessandro Demophonte entrà molto probabilmente al servizio del vescovo Giambattista Casali, come sembra testi­moniare una lettera rli G iovanni Spataro del 30 giugno Ij29."

L'interesse per i generi musicali legati a forme poetiche precise, come po· tevano essere le orli, i capitoli, gli strambotti e le frottole, rivela, innanzitutto, l'inelinazione per un tipo di repertorio narrativo, in cui la musica favorisce la trasmissione del contenuto della poesia, ricorrendo in genere ad un contrap­punto accordale omoritmico piuttosto che a quello imitativo tipico, invece, della chanson francese. Le circostanze esecutive per questo genere poetico­musicale sono ben note: tali canti erano eseguiti durante i pranzi, negli intrat­tenimenti di corte e nel corso delle rappresentazioni rli spettacoli, come le commerlie di Plauto, rli Niccolà da Correggio e dell'Ariosto.u In secondo luo­go questo interesse rendeva necessaria la presenza rli musicisti esperti di tale pratica, in particolare di liutisti che intonavano il testo poetico del superius e riducevano in un accompagnamento sullo strumento le tre voei inferiori di frot­tole e strambotti. Fra Ij06 e Ij20 Ippolito l ha al suo servizio un nwnero di stru­mentisti variabile da 10 a Ij - violisti, arpisti, clavicembalisti, organisti, flautisti, zampognari e soprattutto liutisti. Ricordiamo, per esempio, la presenza di G io­vanni Maria Alemanno Ebreo, celebrità inrliscussa delliuto, presente nellj03 e dal Ij06 al 1507. Egli Eu alltore di una fra le prime edizioni di intavolatura, la perduta Intabolalura de lallio libro lerlio," pubblicata a Venezia da Ottaviano Petrucci nellj08, e passà in seguito, dalljl3, al servizio di papa Leone X. Nel IjIO sono attestati Zoan Battista de lauti e Vincenzo de lauti: l'indicazione per

10 A. EINSTEIN - A. LoFT, Andrea Anftco's 'Canzoni Nove' 0/ 15/ 0, «The Musical Quarterl}'», )7, 1951, pp. ))0-))9·

11 BJ. BLACKBURN - E.E. LoWINSKY - C.A. MILLER, A Co"espondence of Renaissance Must"­cians, Oxford-New York , Clarendon Press·Oxford University Press, 1991, pp. )70, 979, 98), 984, 1°°4- 1005 . Ringrazio Kalelijne Schiltz per aver alurato la .rua anenzione sulle note criüehc di Black­burn , Lowinsky e Miller inerenti il poema di Giovanni Philoteo Achillini.

t1 Si vedano: W. OsTHOFF, Thea/ergesang und Darstellende MUSlk in der iralienischen Renais­sance (J5. und /6 Jahrhundert) , Tu(zing, H . Schneider, 1-11 , 1969; N. PIRROlTA, Li due Or/ci. Da Po­liziano a Monteverdi, Torino, Einaudi, 1975, pp. 5-90.

1) H. MAYER BROWN, Ins/rumental Music be/ore 1600. A Bibliography, Cambridge.Massachu­setts, Harvard University Press, p. 14; S. BooRMAN, Qf/aviano Pe/rucd. A Ca /alogue Raisonné, Ox­ford-New York, Oxford University Press, 2006, p. 690.

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CAMILLA CAVICCHI

quest'u1timo è troppo generica per poter sostenere che si trattasse di Vincenzo Capirola, rinomato liutista residente a Venezia autore di un'intavolatura per liuto magnificamente miniata (Chicago, Newberry Library, Case ms . VM C. 25). Altro importante liutista e improvvisatore di accompagnamenti su otta­va rima fu Giovanni Angelo Testagrossa, che lavora a Milano, poi a Mantova come insegnante di liuto di Isabella d'Este, a Casale Monferrato, a Roma e a Ferrara per Ippolito l tra '5'3 e '5'5 e infine ad Urbino per Eleonora Gonzaga.

Come si menzionava poc'ami, gli altri due poli musicali importanti erano quelli di Sigismondo d'Este, che viveva segregato a Schifanoia per aver con­tratto la sifilide, e quello della duchessa Lucrezia Borgia. Gli interessi musicali di Sigismondo vertevano principalmente sulla polifonia francese di cui ottene­va sempre nuovi brani grazie alla solerzia dei cantore e copista Jean Michel. Egli disponeva di pochi cantori, molto qualificati, che gravitavano in contesti musicali autorevoli, quali le cappelle dei papa e dei re di Francia. '4 Come Ip­polito I, la duchessa Lucrezia Borgia prediligeva, invece, la musica frottolistica e la musica per la danza." Dal '505, anno che vide l'ascesa al Ducato di Alfon­so I, Lucrezia era riuscita ad ottenere Bartolomeo Tromboncino, sottraendolo ai servizi della cognata Isabella. Tromboncino lavora pel" gli Este dal '505 (an­che se i libri amministrativi 10 menzionano solo dal gennaio dei 1506) fino al '5'3, prima nel seguito di Lucrezia poi in quello di Ippolito I, retribuito con un salario cospicuo di '50 ducati l'anno.

Fra il 1506 e il '508, la duchessa ha al suo servizio almeno tre frottolisti: Tromboncino, Dioniso da Mantova delto Papino (fino al 1519) e Niccolà da Padova (dal '502 al 15II).,6 A questi si aggiungeva Ricciardetto Tamborino

1.4 Per uheriori dettagli si veda LocKWOOD, Jean Mouton and Jean Michel, ciL, p. 198 e nota 21: dal 1505 aJ 1506: Michde piffero, Michelow cantore e Antoine Brumer; nel 1508 Antoine Brumer; nel 1516~17 Jaches cantore; nel 1518-1519 Lupo francese cantore; nel1521 BaJdissera organista; nell522 Bal­dassare da Padova organista e Pierson francese, probabilmente Pierre Som de Milleville; 1523 Baldas­sarre da Padova organista, Carlo dall'organo, Pierisson cantare, Pierina da Cento cantoTe, Siman francese cantore; nel 1524 BaJdassarre da Padava organista, Pierina da Cento cantare, Simon fiamen­go cantare, Jachetta maestro di canto.

lS Su Lucrezia Borgia si vedano almeno: F. GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia, La Spezia, Club del libro, 1982; ln., Lucrezia Borgia secondo i documenti e i carteggi dei tempo, a cura di A. Romano, Ro­ma, Salerno, 1983; M. BELLONe!, Lucrezia Borgia, Milano, Mondadori, 2003; M. FOLIN, Da illegittima dei papa a duchessa di Fe"ara: noie in/omo agli stereotipi lucreziani, in Lucrezia Borgia "la bellà, la virtù, la fama onesta", Ferrara, Corbo, 2002, pp. 7-37.

Sui suoi interessi musicali: W.F. PRIZER, Isabella d'Este and Lucrezia Borgia as Patrons of Music: The Frottola at Mantml and Fe"ara, «Journal of the American MusicologicaJ Society», xxxvm, 1985, pp. 1-33·

16 Le composizioni di Dionisio da Mantova non ci sono pervenute. Alcune furono pubbli­cate nelle Frottole libro X di Ottaviano Petrucci de11512, oggi perduto. Un autore di nome Di­niset compare nei Motteui a cinque Itbro primo, Venezia, O. Petrucci, 1508 (RISM 1508), n. 17. Cfr. BooRMAN, Ottaviano Petrucci, cit., pp. 3°3, 696, 724. Di Niccolô da Padova 0 Patavino ci

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MUSICI, CANTORI E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

suonatore di flauto e tamburo, indispensabile per la realizzazione delle mu­siche di danza. Infine, completavano il gruppo due cantori, Paolo Poccino e Dalida de Putti, la quale diventerà in seguito amante di Ippolito l d'Este, ma­dre dei suoi due figli, e dal '5'2 passerà al servizio dei cardinale.'7 Trombon­cino dsulta dipendente di Ippolito l dal '5II fino al '5'2 (gli anni che corri­spondono alla crisi economica di Alfonso, in seguito alla quale la stes sa Lucrezia era stata costretta a vendere i propri gioielli), anche se molto pro­babilmente il musicista continuà a lavorare per Lucrezia Borgia, al cui servi­zio rientrà e vi rimase almeno fino al 1513.'8

MUSICHE SU TEST! LATINI E SU OTTAVE

Risale certamente al periodo della residenza ferrarese di Tromboncino un gruppo di composizioni che comprende 10 strambotto a quattro voci Queste non IOn più lagryme che fore prima realizzazione musicale pervenutaci sull'Or­lando furioso dell' Ariosto, sull' ottava XXI I26a (Figg. 1-2)," Quando la speranza es perdtda e Muchos son che van perdidos in spagnolo, nella lingua madre di Lu­crezia,'o le composizioni sui testi dei Petrarca, di cui la duchessa possedeva un Canzoniere, e ancora sui testi classici latini di Ovidio e Orazio." L'attitudine di

sono pervenute diciassette fronole tune pubblicate da Ottaviano Petrucci e che risalgono al pe­riodo della sua anività presso Lucrezia Borgia. Cfr. W.F. PRIZER, Niccolà Pa/avino, in Tbe New Grave Dictionary, cil., XVII, pp. 862~863.

LUISI, Del cantare a libro, cie, p. 74-, nota 121; PRIZER, lsabella d'Este and Lucrezia Borgia, cit., p. 7. 17 TI virruosismo di Dalida era riconosciuto daï suoi contemporanei. Filippo Oriolo da Bassano

nel Monte Parnasso la menziona, infani, al fianco di Tromboncino, di Andrea Antico e di una folta schiera di noci musicisti. H. CoLIN SLlM, Musicians on Parnassus, «Studies in the Renaissancc», XII, 1965, pp. 134-163, p. 14-9·

~ PRIZER, Isabella d'Este and Lucrezia Borgia, cit., pp. 7 e sgg.

19 Per ogni u1teriore considerazione su questo strambotto si rinvia al contributo di Marco Do­rigatti nel presente volume. La composizione è tramandata dalle seguenti fonti: Canzoni, sonet/t', stramboui et /rot/ole. Lbro qmlrto [a 4- voci], Roma, Andrea Antico e Nicolô de' Giudici, 1517 (RlSM 15171); Frottole de Misser Bortolomio Tromboncino & de Misser Marcheto Carra con tenon' & bass; ta· bu/ati e con soprani in canto figura/a per cantar e sonar collauto, Roma, L.A. Giunta, 1520 (RISM 15207); Mss. Ir. Ci. IV, n, 1795-1798, Venezia, Biblioteca NazionaJe Marciana h520~1523), pubblicato da F. LUIS!, Apografo miscellaneo marciano, Venezia, Fondazione Levi, 1979, p. 147.

,0 PRIZER, Isabella d'Este and Lucrezia Borgtd, cie, p. 23 e nota 92. Le canzoni spagnole sono pubblicate in: Canzoni sonetti stramboui et frot/ole, ltbro quarto, Roma, Andrea Antico, 1517 (RISM 15171); Fioretti di Frouole barzellette capi/oli strambotti e soneui libro secondo, Napoli, G.A. de Ca­neto (G.B. Primartini), 1519 (RISM 15194); Frot/ole de Misser Bortolomio Tromboncino & de Misser Marcbeto Carra con tenor, cil. (RISM 15207).

'1 PRIZER, Isabella d'Este and Lucrezia Borgia, cit., pp. 21-22. Per le composizioni di Trombon­cino sui testi del Petrarca si rinvia ai numeri RISM delle rispettive edizioni 1510, 1514-\ 151~. Cfr. E. VOGEL - A. EINSTEIN, Bibliotbek der gedrucktf:n weltlichen Vocalmusik Italiens aus den Jahren I500-1700, Hildesheim, Olms, 1962, II, pp. 615-619.

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CAMILLA CAVICCHI

quest'u1timo è troppo generica per poter sostenere che si trattasse di Vincenzo Capirola, rinomato liutista residente a Venezia autore di un'intavolatura per liuto magnificamente miniata (Chicago, Newberry Library, Case ms . VM C. 25). Altro importante liutista e improvvisatore di accompagnamenti su otta­va rima fu Giovanni Angelo Testagrossa, che lavora a Milano, poi a Mantova come insegnante di liuto di Isabella d'Este, a Casale Monferrato, a Roma e a Ferrara per Ippolito l tra '5'3 e '5'5 e infine ad Urbino per Eleonora Gonzaga.

Come si menzionava poc'ami, gli altri due poli musicali importanti erano quelli di Sigismondo d'Este, che viveva segregato a Schifanoia per aver con­tratto la sifilide, e quello della duchessa Lucrezia Borgia. Gli interessi musicali di Sigismondo vertevano principalmente sulla polifonia francese di cui ottene­va sempre nuovi brani grazie alla solerzia dei cantore e copista Jean Michel. Egli disponeva di pochi cantori, molto qualificati, che gravitavano in contesti musicali autorevoli, quali le cappelle dei papa e dei re di Francia. '4 Come Ip­polito I, la duchessa Lucrezia Borgia prediligeva, invece, la musica frottolistica e la musica per la danza." Dal '505, anno che vide l'ascesa al Ducato di Alfon­so I, Lucrezia era riuscita ad ottenere Bartolomeo Tromboncino, sottraendolo ai servizi della cognata Isabella. Tromboncino lavora pel" gli Este dal '505 (an­che se i libri amministrativi 10 menzionano solo dal gennaio dei 1506) fino al '5'3, prima nel seguito di Lucrezia poi in quello di Ippolito I, retribuito con un salario cospicuo di '50 ducati l'anno.

Fra il 1506 e il '508, la duchessa ha al suo servizio almeno tre frottolisti: Tromboncino, Dioniso da Mantova delto Papino (fino al 1519) e Niccolà da Padova (dal '502 al 15II).,6 A questi si aggiungeva Ricciardetto Tamborino

1.4 Per uheriori dettagli si veda LocKWOOD, Jean Mouton and Jean Michel, ciL, p. 198 e nota 21: dal 1505 aJ 1506: Michde piffero, Michelow cantore e Antoine Brumer; nel 1508 Antoine Brumer; nel 1516~17 Jaches cantore; nel 1518-1519 Lupo francese cantore; nel1521 BaJdissera organista; nell522 Bal­dassare da Padova organista e Pierson francese, probabilmente Pierre Som de Milleville; 1523 Baldas­sarre da Padova organista, Carlo dall'organo, Pierisson cantare, Pierina da Cento cantoTe, Siman francese cantore; nel 1524 BaJdassarre da Padava organista, Pierina da Cento cantare, Simon fiamen­go cantare, Jachetta maestro di canto.

lS Su Lucrezia Borgia si vedano almeno: F. GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia, La Spezia, Club del libro, 1982; ln., Lucrezia Borgia secondo i documenti e i carteggi dei tempo, a cura di A. Romano, Ro­ma, Salerno, 1983; M. BELLONe!, Lucrezia Borgia, Milano, Mondadori, 2003; M. FOLIN, Da illegittima dei papa a duchessa di Fe"ara: noie in/omo agli stereotipi lucreziani, in Lucrezia Borgia "la bellà, la virtù, la fama onesta", Ferrara, Corbo, 2002, pp. 7-37.

Sui suoi interessi musicali: W.F. PRIZER, Isabella d'Este and Lucrezia Borgia as Patrons of Music: The Frottola at Mantml and Fe"ara, «Journal of the American MusicologicaJ Society», xxxvm, 1985, pp. 1-33·

16 Le composizioni di Dionisio da Mantova non ci sono pervenute. Alcune furono pubbli­cate nelle Frottole libro X di Ottaviano Petrucci de11512, oggi perduto. Un autore di nome Di­niset compare nei Motteui a cinque Itbro primo, Venezia, O. Petrucci, 1508 (RISM 1508), n. 17. Cfr. BooRMAN, Ottaviano Petrucci, cit., pp. 3°3, 696, 724. Di Niccolô da Padova 0 Patavino ci

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MUSICI, CANTORI E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

suonatore di flauto e tamburo, indispensabile per la realizzazione delle mu­siche di danza. Infine, completavano il gruppo due cantori, Paolo Poccino e Dalida de Putti, la quale diventerà in seguito amante di Ippolito l d'Este, ma­dre dei suoi due figli, e dal '5'2 passerà al servizio dei cardinale.'7 Trombon­cino dsulta dipendente di Ippolito l dal '5II fino al '5'2 (gli anni che corri­spondono alla crisi economica di Alfonso, in seguito alla quale la stes sa Lucrezia era stata costretta a vendere i propri gioielli), anche se molto pro­babilmente il musicista continuà a lavorare per Lucrezia Borgia, al cui servi­zio rientrà e vi rimase almeno fino al 1513.'8

MUSICHE SU TEST! LATINI E SU OTTAVE

Risale certamente al periodo della residenza ferrarese di Tromboncino un gruppo di composizioni che comprende 10 strambotto a quattro voci Queste non IOn più lagryme che fore prima realizzazione musicale pervenutaci sull'Or­lando furioso dell' Ariosto, sull' ottava XXI I26a (Figg. 1-2)," Quando la speranza es perdtda e Muchos son che van perdidos in spagnolo, nella lingua madre di Lu­crezia,'o le composizioni sui testi dei Petrarca, di cui la duchessa possedeva un Canzoniere, e ancora sui testi classici latini di Ovidio e Orazio." L'attitudine di

sono pervenute diciassette fronole tune pubblicate da Ottaviano Petrucci e che risalgono al pe­riodo della sua anività presso Lucrezia Borgia. Cfr. W.F. PRIZER, Niccolà Pa/avino, in Tbe New Grave Dictionary, cil., XVII, pp. 862~863.

LUISI, Del cantare a libro, cie, p. 74-, nota 121; PRIZER, lsabella d'Este and Lucrezia Borgia, cit., p. 7. 17 TI virruosismo di Dalida era riconosciuto daï suoi contemporanei. Filippo Oriolo da Bassano

nel Monte Parnasso la menziona, infani, al fianco di Tromboncino, di Andrea Antico e di una folta schiera di noci musicisti. H. CoLIN SLlM, Musicians on Parnassus, «Studies in the Renaissancc», XII, 1965, pp. 134-163, p. 14-9·

~ PRIZER, Isabella d'Este and Lucrezia Borgia, cit., pp. 7 e sgg.

19 Per ogni u1teriore considerazione su questo strambotto si rinvia al contributo di Marco Do­rigatti nel presente volume. La composizione è tramandata dalle seguenti fonti: Canzoni, sonet/t', stramboui et /rot/ole. Lbro qmlrto [a 4- voci], Roma, Andrea Antico e Nicolô de' Giudici, 1517 (RlSM 15171); Frottole de Misser Bortolomio Tromboncino & de Misser Marcheto Carra con tenon' & bass; ta· bu/ati e con soprani in canto figura/a per cantar e sonar collauto, Roma, L.A. Giunta, 1520 (RISM 15207); Mss. Ir. Ci. IV, n, 1795-1798, Venezia, Biblioteca NazionaJe Marciana h520~1523), pubblicato da F. LUIS!, Apografo miscellaneo marciano, Venezia, Fondazione Levi, 1979, p. 147.

,0 PRIZER, Isabella d'Este and Lucrezia Borgtd, cie, p. 23 e nota 92. Le canzoni spagnole sono pubblicate in: Canzoni sonetti stramboui et frot/ole, ltbro quarto, Roma, Andrea Antico, 1517 (RISM 15171); Fioretti di Frouole barzellette capi/oli strambotti e soneui libro secondo, Napoli, G.A. de Ca­neto (G.B. Primartini), 1519 (RISM 15194); Frot/ole de Misser Bortolomio Tromboncino & de Misser Marcbeto Carra con tenor, cil. (RISM 15207).

'1 PRIZER, Isabella d'Este and Lucrezia Borgia, cit., pp. 21-22. Per le composizioni di Trombon­cino sui testi del Petrarca si rinvia ai numeri RISM delle rispettive edizioni 1510, 1514-\ 151~. Cfr. E. VOGEL - A. EINSTEIN, Bibliotbek der gedrucktf:n weltlichen Vocalmusik Italiens aus den Jahren I500-1700, Hildesheim, Olms, 1962, II, pp. 615-619.

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CAMILLA CAV ICCH I

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Figg. 1-2. BARTOLOMEO TROMBONCINO, Queste non son più /achrime che ~ore, in ~ro:ot ~e Misser Bortolomio Trombonàno & de Misser Marcheto Ca"a con ten~n & bass! ta ur tl: con soprani in canto figurato per ca~ta;. e ~o,!ar col la~t~: Roma, L.A. GIUnta, 1520, c. 45 -45 . Firenze, Biblioteca deI Conservatono .Lwgl Cherubml .

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MUSICI. CANTORI E 'CANTIMBANCHl' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

T romboncino, COS! come dei suoi colleghi, era quella di cercare nuovi testi at­tingendo alla produzione dei cenacoli intellettuali con i quali si trovava in con· tatto; quando è a Mantova, come osserva Prizer, egli mette in musica le poesie di Veronica Gambara, Galeotto de! Carretto, Vincenzo Calmeta e incominda ad interessarsi al Petrarca.

Ne! manoscritto Q20 della Biblioteca della musica di Bologna (ex·Civico Museo Bibliografico musicale "Padre Martini") si conserva il mottetto anoni· mo Lucrecia pulchra, a quattro vod, in due parti, composto con moita proba. bilità per Lucrezia Borgia." Questa fonte musicale si compone di una serie di quattro libri parte (cantus, altus, tenor, bassus) copiati certamente ne! Nord Italia, tra gli anni 1520-1530." La presenza di composizioni d'autori che furono al servizio della corte di Ferrara {come Antoine Bruhier, Antoine Brume!, Jac­quet de Mantova, Josquin des Prez. Jean Lhéritier, MaistreJhan, Adrian Wil­laert} 0 che furono semplicemente in contatto con gli Este (come Andrea de Silva, Costanzo Festa, Antoine Févin, Claudin de Sermisy) sembra supportare l'ipotesi della provenienza ferrarese de! manoscrittoH

Lucrecia pulchra è un e!ogio della bellezza di Lucrezia che riprende, con varianti e censure, un altro componimento poetico Lydia bella puella candIda, anch'esso messo in musica e pubblicato fra 1523 e 1526." Le fonti quattrocen· !esche attribuiscono la poesia a tale "Gallus" che Ludovico Frati identifica col poeta urbinate Ange!o GalIi.,6

11 L.L. PERKINS, Johannes Lhéritier. Opera omnia, s.l. , American Institute of Musicology ("Cor­

pus mensurabilis musicae"), 1969, p. XL. L'edizione modema del mottetto è pubbücata a cura di R. Sherr, Selections from Bologna, Civico Museo Bibliograjico Musicale, MS Q20, New York & Lon­don, Garland Pubüshing, 1990, pp. 250-258.

n H. OsTHOFF, Josquin Desprez, Tutzing, Schneider, 1965, n, p. 16; N. BRIDGMAN, Manuscrits de Musique Polyphonique XV et XVI" SIècles. Italie, RISM, Münchcn, Henle Verlag, 1991, pp. 56-60; Census Catalogue of Manuscript Sources of Polyphonie Music 1400-I550, Neuhausen-Stuttgart, Ameri­can lnstitute of Musicology-Hanssler Verlag, 1979, l , p. 74 .

}4 Selections from Bologna, cit., pp. XIII-xrv. lS La composizione, di autore non ancora identificato, è pubbücata in Fior de Mo/eui e Canzoni

novi. composti da diversi excetlenlissimi Musici. n. 10; l'edizione è senza indicazioni di stampa. Sulla base delle informazioni conservate negü antichi cataloghi della Bibüoteca Colombina di Siviglia, Francesco Luisi suggerisce che questa raccolta sia stata data alle stampe a Roma, per j tipi di Gia­como Giunta, verso illS23. François Lesure propone una data verso il 1526 (RISM [15265]). Di questa edizione sopravvivono solo le parti di altus, cantus e tenor (Vienna, Osterreichische Nationalbibüo­thek; un esemplare di altus è anche a Bologna, Bibüoteca della musica); il bassus è stato restituito nell'edizione modema della frottola edita da Francesco Luisi. Cfr. LUISI, Dei can/are a libro, cit., pp. 44--415, per l'edizione modema della musica si vedano le pp. 419-425; Recueils imprimés XVF­XVW siècles, a cura di F. Lesure, PJSM, München, Henle Vedag, 1960, p. 102.

)6 L. FRATI, Le epistole me/riche di Antonio Loschi, «Giornale storico della letteratura italiana», 50, 1907, pp. 88-104: 90. Ludovico Frati cita la versione del poema conservata alla c. 69V del ms. 3977 della Bibüoteca Universitaria di Bologna. Dalla consultazione del database In principio (Incipit Index

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CAMILLA CAV ICCH I

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Figg. 1-2. BARTOLOMEO TROMBONCINO, Queste non son più /achrime che ~ore, in ~ro:ot ~e Misser Bortolomio Trombonàno & de Misser Marcheto Ca"a con ten~n & bass! ta ur tl: con soprani in canto figurato per ca~ta;. e ~o,!ar col la~t~: Roma, L.A. GIUnta, 1520, c. 45 -45 . Firenze, Biblioteca deI Conservatono .Lwgl Cherubml .

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MUSICI. CANTORI E 'CANTIMBANCHl' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

T romboncino, COS! come dei suoi colleghi, era quella di cercare nuovi testi at­tingendo alla produzione dei cenacoli intellettuali con i quali si trovava in con· tatto; quando è a Mantova, come osserva Prizer, egli mette in musica le poesie di Veronica Gambara, Galeotto de! Carretto, Vincenzo Calmeta e incominda ad interessarsi al Petrarca.

Ne! manoscritto Q20 della Biblioteca della musica di Bologna (ex·Civico Museo Bibliografico musicale "Padre Martini") si conserva il mottetto anoni· mo Lucrecia pulchra, a quattro vod, in due parti, composto con moita proba. bilità per Lucrezia Borgia." Questa fonte musicale si compone di una serie di quattro libri parte (cantus, altus, tenor, bassus) copiati certamente ne! Nord Italia, tra gli anni 1520-1530." La presenza di composizioni d'autori che furono al servizio della corte di Ferrara {come Antoine Bruhier, Antoine Brume!, Jac­quet de Mantova, Josquin des Prez. Jean Lhéritier, MaistreJhan, Adrian Wil­laert} 0 che furono semplicemente in contatto con gli Este (come Andrea de Silva, Costanzo Festa, Antoine Févin, Claudin de Sermisy) sembra supportare l'ipotesi della provenienza ferrarese de! manoscrittoH

Lucrecia pulchra è un e!ogio della bellezza di Lucrezia che riprende, con varianti e censure, un altro componimento poetico Lydia bella puella candIda, anch'esso messo in musica e pubblicato fra 1523 e 1526." Le fonti quattrocen· !esche attribuiscono la poesia a tale "Gallus" che Ludovico Frati identifica col poeta urbinate Ange!o GalIi.,6

11 L.L. PERKINS, Johannes Lhéritier. Opera omnia, s.l. , American Institute of Musicology ("Cor­

pus mensurabilis musicae"), 1969, p. XL. L'edizione modema del mottetto è pubbücata a cura di R. Sherr, Selections from Bologna, Civico Museo Bibliograjico Musicale, MS Q20, New York & Lon­don, Garland Pubüshing, 1990, pp. 250-258.

n H. OsTHOFF, Josquin Desprez, Tutzing, Schneider, 1965, n, p. 16; N. BRIDGMAN, Manuscrits de Musique Polyphonique XV et XVI" SIècles. Italie, RISM, Münchcn, Henle Verlag, 1991, pp. 56-60; Census Catalogue of Manuscript Sources of Polyphonie Music 1400-I550, Neuhausen-Stuttgart, Ameri­can lnstitute of Musicology-Hanssler Verlag, 1979, l , p. 74 .

}4 Selections from Bologna, cit., pp. XIII-xrv. lS La composizione, di autore non ancora identificato, è pubbücata in Fior de Mo/eui e Canzoni

novi. composti da diversi excetlenlissimi Musici. n. 10; l'edizione è senza indicazioni di stampa. Sulla base delle informazioni conservate negü antichi cataloghi della Bibüoteca Colombina di Siviglia, Francesco Luisi suggerisce che questa raccolta sia stata data alle stampe a Roma, per j tipi di Gia­como Giunta, verso illS23. François Lesure propone una data verso il 1526 (RISM [15265]). Di questa edizione sopravvivono solo le parti di altus, cantus e tenor (Vienna, Osterreichische Nationalbibüo­thek; un esemplare di altus è anche a Bologna, Bibüoteca della musica); il bassus è stato restituito nell'edizione modema della frottola edita da Francesco Luisi. Cfr. LUISI, Dei can/are a libro, cit., pp. 44--415, per l'edizione modema della musica si vedano le pp. 419-425; Recueils imprimés XVF­XVW siècles, a cura di F. Lesure, PJSM, München, Henle Vedag, 1960, p. 102.

)6 L. FRATI, Le epistole me/riche di Antonio Loschi, «Giornale storico della letteratura italiana», 50, 1907, pp. 88-104: 90. Ludovico Frati cita la versione del poema conservata alla c. 69V del ms. 3977 della Bibüoteca Universitaria di Bologna. Dalla consultazione del database In principio (Incipit Index

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Page 15: Musici, Cantori e Cantimbanchi a Corte Al Tempo Dell Orlando Furioso

CAMILLA CAVICCHI

I. Lucrecia pulchra et nimis candida, qu[ale bene superas lac et lilium albamque [album quael simul rubidam

[rosam aut ehur Indicum expolitum,

5 pan de, Lucrecia, collum nitidum bene productum humeris candidis, pande, Lucretia, stellatos oculos et nigra supercilia pande superfusas raseas genas rubro purpure.

10 II. Coralina labia, dentes ebumeos et candorem nivei pectoris pande, o Lucrecia, quae omnia me sauciant, me sauciant iam semimortuum s[a]eva non cernis quia amore langueo.37

Lydia bella puella candida, quae bene superas lac et lilium albamque [album quael simul rosam

[rubidam aut expolitum ebur Indicum, pande, puella, pande capillulos 5 flavos , lucentes ut aurum nitidurn. Pande, puella, collum candidum productum bene candidis humeris. Pande, puella, stellatos oculos, flexaque super nigra cilia. 10 Pande, puella, genas roseas, perfusas [ubro purpurae Tyriae. Porrige labra, labra corallina, da columbatim mitia basia. Sugis amentis panern animi, 15 Cor mihi penetrant haec tua basia. Quid mihi sugis vivum sanguinem? Conde papillas, conde gemipomas, compresso lacte quae modo pullulant. 20

Sinus expansa profert cinnama, Undique surgunt ex te deliciae. Conde papillas, quae me sauciant Candore et luxu nivei pectoris. S[aleva, non cemis, quod ego langueo? Sic me destituis iam semimortuum?38 25

of Latin Texts, Brepols), il poema risu1ta attestato in alrre font~ deI ~ secol? (che non ho poruto consu1rare) , in forma ora completa ora parziale: Firenze, Biblioteca Riccardlana, m. 636, c. IS·I5V (autore Gallus); El Escorial, Real Biblioteca de San Lorenzo ms. ç ,TV, 21, c. 172V e ms. g IV 22,

c. 165.16SV (autore Cornelius Gallus); London, British Libr.ary, ms. Kmg s 28, c. 127v (auto re .Cor:ne. Hus Gallus); Venezia, Biblioteca deI Museo Correr, ms. Clcogna 549, ~. 1]6r (aurore ~all.us), .Wlen , Osreirreichische Nationalbibliothek, ms. 3123, c. 16Sv (aurore . C~rnehus <?alIus). ~ attnbuzlone a Cornelius Gallus, utilizzata forse come pseudonîmo, sembra nnVlare a Cruo Corn.elio Gallo, poera altamente stimato da Virgilio, Proper.âo e Ovidio, della cui opera, pero, n?n possediamo c~e qualche frammento. Un'altra versione incompleta di Lidia be/la è pure attest~ta. ln una raccolta ~ aut?gr~ deI Frate carmelitano ferrarese Giovanni Battista Panetti (Modena, Blbli?teca ~(C.nse Unl~ersltana, AUlOgrafoteca Campori, XV secolo, c. 4~). Kristeller.ritiene più probabile ~ttnbU1re questl c~mpo· nimenti poetici a Tito Vespasiano StrOZZI, ma un fogho membranaceo alla fme ~ell.a.raccolta r~po~a la firma di Panetti in data 149S. Cfr. P.O. KruSTELLER, Iter Ita/icum: ~ccedunt alta Itt~era. A Fl~dzng List 0/ UnCtlta/ogued or Incomplete/y Cata/ogued Humanistic Manuscnpts of the RenaISSance, Leiden,

Brj]], '997, VI. . . . 37 TI testa è tratto da: Bologna, Biblioteca della musica; ms. Q ?o., cc. Ssv·S?r. l prum nove versl

costituiscono il testo della prima parte dei mottetto, mentre 1 restant! cmque verst della seconda parte. 38 li testo è tratto dalla rrascrizione di A. RIESE, Anth%gia latina ~ive P?esis Ia~inae supp/eme~·

tum, Lipsia, B.G. Teubner, IS70, 1,2, p. XLI. Riese segnala la presenza di Lydta be/la ln un manoscnt·

-274-

MUSICl, CANTOR1 E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FUR I OSO

TI confronto fra i due testi mette in evidenza che l'omaggio offerto alla du­chessa Lucrezia è quantomeno audace. Se nell'adattamento della poesia, l'au­tore sceglie di sopprimere i versi più erotici (la sezione che va da Po"'?'e labra a Conde papillas, quae me souciant) conservando, tuttavia, la bella e poetica immagine "labra corallina", nelle orecchie degli ascoltatori, del dotto pubbli­co di corte, l'assenza di questi versi dovette comunque essere colta. TI fatto appare evidente se si pensa che questa poesia godeva di una certa fortuna a giudicare non solo dalle fonti manoscritte che la tramandano, ma anche dal­l'edizione della versione musicata in Fior de Motetti e Canzoni novi.

Lydia bella puella candida si presenta come una frottola a quattro voci, in due parti, con intonazione sillabica della poesia su un contrappunto accordale ove il testa resta perfettamente comprensibile. Come sottolinea Luisi, la com­posizione tende tuttavia a superare la forma chiusa della frottola; 10 attesta, per esempio, l'impiego del principio della varietas nell'ideazione delle melodie che intonano i versi. La presenza, poi, del ritmo dattilico nelle sezioni melo­diche di Lydùl bella avvicina questo brano alIe sperimentazioni di Bartolomeo Tromboncino sui testi latini classici degli anni attomo al 1513 (si veda nel se­guito). La poesia utilizzata per la composizione musicale resta aderente al mo­dello sopraccitato, ad eccezione di due varianti di rilievo che modificano il senso della poesia, 0 meglio 10 rendono più casto: "fugis amentis partem ani­mi" al verso I5, in luogo di "Sugis amentis partem animi" , e ancora "quod mi­hi fugis vivum sanguinem" al verso 17, in luogo di "Quld mihi sugis vivum sanguinem?" .

Anche nel mottetto Lucrecia pulchra il ritmo di tipo dattilico ricorre nel­la formulazione melodica, ma in un tessuto compositivo in cui il contrap­punto imitativo si alterna con giochi di incisi omoritmici fra le voci che mettono in ris alto parti cola ri immagini poetiche. Soppressi i versi più arditi di Lydia bella, il testa di Lucrecia pulchra resta un'appassionata esaltazione della bellezza di Lucrezia, che per un pubblico meno raffinato avrebbe più innocentemente potuto alludere a un celebre passo del Canticum Cantico­rum (4,1 ), Quam pulchra es, musicato di frequente nella prima metà deI Cin­quecento. l9

to fiorentino compilato neIl464 (Florentinum 91,26) e nel codice Gudiano di Wolbenbüttel342, dr. p. XL.

'9 ln effertÎ, l'autore dell' adattamemo di Lydia be/la sostituisce be/la con pulchra e, nella censura della seconda strofa, affianca all'elogio delle labbra quello dei demi, come in Quam pulchra es. Can· ticum canticomm, 4, 1-5: «Quam pulchra es, arnica mea, / quam pulchra es: /oculi tui columbarum / absque eo quod Întrinsecus latet . / Capilli tui sicur greges caprarum, / quae ascenderunr de monte Galaad. / Dentes tui sicut greges tonsarum, / quae ascenderunt de lavacro. / Omnes gemellis fetibus, / et sterWs non est inter cas. / Sicut vina coccinca labia tua, / et eloquium tuum duJce. / Sicut fragmen

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Page 16: Musici, Cantori e Cantimbanchi a Corte Al Tempo Dell Orlando Furioso

CAMILLA CAVICCHI

I. Lucrecia pulchra et nimis candida, qu[ale bene superas lac et lilium albamque [album quael simul rubidam

[rosam aut ehur Indicum expolitum,

5 pan de, Lucrecia, collum nitidum bene productum humeris candidis, pande, Lucretia, stellatos oculos et nigra supercilia pande superfusas raseas genas rubro purpure.

10 II. Coralina labia, dentes ebumeos et candorem nivei pectoris pande, o Lucrecia, quae omnia me sauciant, me sauciant iam semimortuum s[a]eva non cernis quia amore langueo.37

Lydia bella puella candida, quae bene superas lac et lilium albamque [album quael simul rosam

[rubidam aut expolitum ebur Indicum, pande, puella, pande capillulos 5 flavos , lucentes ut aurum nitidurn. Pande, puella, collum candidum productum bene candidis humeris. Pande, puella, stellatos oculos, flexaque super nigra cilia. 10 Pande, puella, genas roseas, perfusas [ubro purpurae Tyriae. Porrige labra, labra corallina, da columbatim mitia basia. Sugis amentis panern animi, 15 Cor mihi penetrant haec tua basia. Quid mihi sugis vivum sanguinem? Conde papillas, conde gemipomas, compresso lacte quae modo pullulant. 20

Sinus expansa profert cinnama, Undique surgunt ex te deliciae. Conde papillas, quae me sauciant Candore et luxu nivei pectoris. S[aleva, non cemis, quod ego langueo? Sic me destituis iam semimortuum?38 25

of Latin Texts, Brepols), il poema risu1ta attestato in alrre font~ deI ~ secol? (che non ho poruto consu1rare) , in forma ora completa ora parziale: Firenze, Biblioteca Riccardlana, m. 636, c. IS·I5V (autore Gallus); El Escorial, Real Biblioteca de San Lorenzo ms. ç ,TV, 21, c. 172V e ms. g IV 22,

c. 165.16SV (autore Cornelius Gallus); London, British Libr.ary, ms. Kmg s 28, c. 127v (auto re .Cor:ne. Hus Gallus); Venezia, Biblioteca deI Museo Correr, ms. Clcogna 549, ~. 1]6r (aurore ~all.us), .Wlen , Osreirreichische Nationalbibliothek, ms. 3123, c. 16Sv (aurore . C~rnehus <?alIus). ~ attnbuzlone a Cornelius Gallus, utilizzata forse come pseudonîmo, sembra nnVlare a Cruo Corn.elio Gallo, poera altamente stimato da Virgilio, Proper.âo e Ovidio, della cui opera, pero, n?n possediamo c~e qualche frammento. Un'altra versione incompleta di Lidia be/la è pure attest~ta. ln una raccolta ~ aut?gr~ deI Frate carmelitano ferrarese Giovanni Battista Panetti (Modena, Blbli?teca ~(C.nse Unl~ersltana, AUlOgrafoteca Campori, XV secolo, c. 4~). Kristeller.ritiene più probabile ~ttnbU1re questl c~mpo· nimenti poetici a Tito Vespasiano StrOZZI, ma un fogho membranaceo alla fme ~ell.a.raccolta r~po~a la firma di Panetti in data 149S. Cfr. P.O. KruSTELLER, Iter Ita/icum: ~ccedunt alta Itt~era. A Fl~dzng List 0/ UnCtlta/ogued or Incomplete/y Cata/ogued Humanistic Manuscnpts of the RenaISSance, Leiden,

Brj]], '997, VI. . . . 37 TI testa è tratto da: Bologna, Biblioteca della musica; ms. Q ?o., cc. Ssv·S?r. l prum nove versl

costituiscono il testo della prima parte dei mottetto, mentre 1 restant! cmque verst della seconda parte. 38 li testo è tratto dalla rrascrizione di A. RIESE, Anth%gia latina ~ive P?esis Ia~inae supp/eme~·

tum, Lipsia, B.G. Teubner, IS70, 1,2, p. XLI. Riese segnala la presenza di Lydta be/la ln un manoscnt·

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MUSICl, CANTOR1 E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FUR I OSO

TI confronto fra i due testi mette in evidenza che l'omaggio offerto alla du­chessa Lucrezia è quantomeno audace. Se nell'adattamento della poesia, l'au­tore sceglie di sopprimere i versi più erotici (la sezione che va da Po"'?'e labra a Conde papillas, quae me souciant) conservando, tuttavia, la bella e poetica immagine "labra corallina", nelle orecchie degli ascoltatori, del dotto pubbli­co di corte, l'assenza di questi versi dovette comunque essere colta. TI fatto appare evidente se si pensa che questa poesia godeva di una certa fortuna a giudicare non solo dalle fonti manoscritte che la tramandano, ma anche dal­l'edizione della versione musicata in Fior de Motetti e Canzoni novi.

Lydia bella puella candida si presenta come una frottola a quattro voci, in due parti, con intonazione sillabica della poesia su un contrappunto accordale ove il testa resta perfettamente comprensibile. Come sottolinea Luisi, la com­posizione tende tuttavia a superare la forma chiusa della frottola; 10 attesta, per esempio, l'impiego del principio della varietas nell'ideazione delle melodie che intonano i versi. La presenza, poi, del ritmo dattilico nelle sezioni melo­diche di Lydùl bella avvicina questo brano alIe sperimentazioni di Bartolomeo Tromboncino sui testi latini classici degli anni attomo al 1513 (si veda nel se­guito). La poesia utilizzata per la composizione musicale resta aderente al mo­dello sopraccitato, ad eccezione di due varianti di rilievo che modificano il senso della poesia, 0 meglio 10 rendono più casto: "fugis amentis partem ani­mi" al verso I5, in luogo di "Sugis amentis partem animi" , e ancora "quod mi­hi fugis vivum sanguinem" al verso 17, in luogo di "Quld mihi sugis vivum sanguinem?" .

Anche nel mottetto Lucrecia pulchra il ritmo di tipo dattilico ricorre nel­la formulazione melodica, ma in un tessuto compositivo in cui il contrap­punto imitativo si alterna con giochi di incisi omoritmici fra le voci che mettono in ris alto parti cola ri immagini poetiche. Soppressi i versi più arditi di Lydia bella, il testa di Lucrecia pulchra resta un'appassionata esaltazione della bellezza di Lucrezia, che per un pubblico meno raffinato avrebbe più innocentemente potuto alludere a un celebre passo del Canticum Cantico­rum (4,1 ), Quam pulchra es, musicato di frequente nella prima metà deI Cin­quecento. l9

to fiorentino compilato neIl464 (Florentinum 91,26) e nel codice Gudiano di Wolbenbüttel342, dr. p. XL.

'9 ln effertÎ, l'autore dell' adattamemo di Lydia be/la sostituisce be/la con pulchra e, nella censura della seconda strofa, affianca all'elogio delle labbra quello dei demi, come in Quam pulchra es. Can· ticum canticomm, 4, 1-5: «Quam pulchra es, arnica mea, / quam pulchra es: /oculi tui columbarum / absque eo quod Întrinsecus latet . / Capilli tui sicur greges caprarum, / quae ascenderunr de monte Galaad. / Dentes tui sicut greges tonsarum, / quae ascenderunt de lavacro. / Omnes gemellis fetibus, / et sterWs non est inter cas. / Sicut vina coccinca labia tua, / et eloquium tuum duJce. / Sicut fragmen

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Page 17: Musici, Cantori e Cantimbanchi a Corte Al Tempo Dell Orlando Furioso

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CAMILLA CAVICCHI

Lucrecia pulchra si inserisce in quella particolare tradizione di composizio­ni musicali su 'testi parafrasi', ossia che fanno eco ai capolavot! della poes!a latina antica. Questi mottetti, sebbene molto distanti dalle musiche di Trom­boncino sui testi classici latini, condividono con essi il medesimo contesto cul­turale d'origine. La presenza di illustri umanisti dello Studio dell'Università di Ferrara come Nicolà Leoniceno che tradusse gli Harmonzcorum ltbrt d! To­lomeo ~er Franchino Gaffurio,'o di poeti come Tito Vespasiano ~d Ercole Strozzi Antonio Tebaldeo, l'interesse da sempre manifestato dagli Este per la cult~ra della tradizione classica e il SUD recupero nelle sperimentazioni mo: derne (i Menechmi di Plauto dei 1486 ne sono l'esempio più celebre) furono d! certo fattori importanti che condizionarono la produzlOne muslcal~ d! quegli anni. A Ferrara e a Mantova, neU' abito della commmenza di Lucrezla Borgia e di Isabella d'Este, Bartolomeo T romboncino, Marchetto Cara e Michele Pe­senti sperimentano composizioni su testi classici antichi: Quicumque ille futt (Properzio, Elegie, II 12) di Cara, il lamento di Didone Dulces exuvlae (Virgi­lio Eneide IV 651-658) attribuito a Cara;4' Integer vItae (OrazlO, Carmma, I 22i di Pes~nti; 4' Adspicias utinam, sempre sul tema del suicidio di Didone, (Ovidio, Heroides, VII 183-196) e Integer vitae di Tromboncino.43 A queste si aggiungono poi composizioni su testi latini d'autori contemporanel, come Cum rides, mihi basium negasti (Giovanni Gioviano Pontano, Hendecasyllabl, I XV) di Tromboncino" e alcuni che restano di autore anonimo, come Inho-

mali punici, ita gene tue / absque eo quod intrinsecus latet. / Sieur [~rris David coll~m ruum, / quae aedllicata est eum propugnaculis: / mille clipei pendent ex ~a, .I.?m~s ~rmatura fortlUffi. (. Duo u,be­ra tua sieut duo hinnuli, 1 capree gemelli, / qui pascuntur ln lilus. Btblta cum COnCOrdD!1ttlS vetens et novi Testamenti L .. ], Venezia, Luc.an[OnÎo ~Îunta, 151 1, c. 269. . cl' .. f 1 fi del

La composizione di numerosl mottetu su questo ~es~o del Canuco. el. can~cl ra a. me Quattrocento e la prima metà del Cinquecent? va quaSI slcuramente a~tnbwta all affenn~,o~e ,del culto per l'Immacolata ConcezÎone della Vergme, sost~uto ~a pap~ SIStO ~ ch~ ne uffiCializzo la festa dell'g dicembre nel1476. Per i riflessi di tale operazlOne m ~b'to mU~lcale SI veda B.]. BLACK. BURN, The Virgin in the Sun: Music and Image for a Prayer Attrtbuted to S,xtus N, «Journal of the Royal Musical Association», CXXlV, 1999, pp. 157-195. . .

,.0 F.A. GALLO, Le traduzioni dal Greco per Franchino Ga/furio, ~J\cta muslcolog1ca», XXXV, 1963, pp. 172-174; C.V. PALISCA, Humanism in Ilalian Renaissance MUSIcal Thought , New Haven and London , Yale University Press. 1985. pp. 11H22. .

41 Quicumque ille fuit, in Canzoni sonetti strambotti e frottole li~ro.tertio [a 4 .VOCI] , R~~~, An­drea Anuco, 1513; Dulces exuviae in Fioretti di frotta,! ba~e~/etle capt/oll s/rambottl e soneUI i1fJro se­conda [a 4 vocil, Napoli. G.A. de Caneto (G.B. Pnmarum), 1519.

41 Integer vitae in Frottole libro pn'mo [a 4 voci), Venezia, Ottaviano Pet~cci, 150~, n'. 47· 4) Integer vitae e Adspicias utinam, in Canzoni sonett~' strambotti ~ frottole /tb,? tertio, clt. n se­

condo si trova anche nel manoscritto della Biblioteca NazlOnale Marclana a Venezla: mss. It. Cl. IV,

1795-1798, n. 61, si veda LUIsl, Apogra/o, cit., pp. Il3-134· .. . . « Pubblicato in Fioretti di frottole barzellette capitoH strambottt e sonettz lzbro secondo, CU.,

cc. 25V-27·

MUSICI, CANTORl E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

spitas per Alpes (attribuito ad Antonio Tebaldeo) di Pesenti 45 e Quifuror tanti rabiesque morbi (testo anonimo) di Cara46

Se da un lato tali brani confermano, sul versante musicale, l'adesione alle tendenze classicheggianti della corte, un'analisi attenta della musica in rappor­to ai testi poetici svela piuttosto che Cara, Pesenti e Tromboncino si svinco­lano dalla ritmica della mettica antica. Francesco Luisi illustra che, nell'Integer vitae, sia Pesenti che Tromboncino rinunciano alla struttura dei saffico minore in favore dell' endecasillabo saffico, assai prossimo ail' endecasillabo italiano ad inizio dattilico.47 Nell'esecuzione a quattro voci, il testo resta perfettamente comprensibile grazie a un contrappunto omoritmico accordale per terza e quinta; la presenza dell' Integer vitae e dell' Inhospitas per Alpes in riduzione per canto e liuto nel primo libro di Franciscus Bossiniensis4' sembra mettere in luce una certa prossimità fra questo repertorio e la pratica dei canto alla lira. Tale scelta musicale, infatti, awicina l'intonazione della poesia antica a quella dei poemi epico-cavallerischi allora in voga, per i quali si utilizzavano gli aeri quelle formule melodiche fisse, che si adattavano all'intonazione di qualsivoglia serie di versi.49 E d'altronde l'esistenza di improwisatori alla lira come 10 spagnolo Bernardo Garetb detto il Chariteo, che oltre a cantare i poe­mi di Virgilio componeva anche strambotti ne sembra una conferma eviden­te'O L'edizione Strambotti, ode, frottole e sonetti, et modo de cantar versi latini et capituli. Libro N (Venezia, Petrucci, 1505 e seconda edizione del 1507) for­nisce tre formule musicali precise per intonare, in polifonia a quattro voci, so­netti, capitoLi e versi Jatini: l'anonimo Modo per cantar sonetti, a c. XIV; l'Aer

4J Inhospi/as per Alpes è pubblicato nel citato Frottole libro pn'mo di Petrucci, n. 46.

46 Per un'introduzione a questo genere di composizioni si vedano: H. OsTHOFF, Vergils Aeneis in der Musik von Josquin des Prez bis Orlando di Lasso, «A.rchiv für Musikwissenschaft», XI, 1954, pp. 85-102; O. STRUNK, Virgil in Music, in Essays on Music in the Western World, New York. W.W. Norton, 1974, pp. 21-38; LUISI, Del cantare a libro, cit., pp. 325-398 e 406-413; E.E. LOWINSKY, Humanùm in the Music of the Renaissance, «Medieval and Renaissance Studies», IX, 1982, pp. 87-220; pubblicato anche in ID., Music in the Culture of the Renaissance and other Essays, Chicago, Uni­versity of Chicago Press, 1989, l, pp. 154-218; K. SCHILrz, Dzdo's a/scheid. Polyfone Dulces exuviae-zet­tingen h5de-16de eeuw), in P. BERGÉ - M. D ELAERE, Ais Orpheus lingt ... De klassieke oudheid in de West-Europese muliek, Leuven, Davidsfonds, 2008. pp. 49-61.

47 LUISI, Del con tare a libro. ciL. pp. 3)' e sgg. ~ FRANCISCUS BoSSINlENSIS, Tenon e contrabassi intabulati col sopran in canto figura/o per can­

tare e sonar collauto. Libro Pn·mo. Venezia, Ottaviano Petrucci. 1509. n. 48 e 50. 49 J. HAAR, Arie per cantor stanze anostesche, in L'Anosto, la musica, i musicisti, cit., pp. 31-46.

JO Amando e desiando io vivo del Chariteo è pubblicato nelle Frottole Libri IX, Venezia, Oua­viane Petrucci, 1509. n. 64. Cfr. E. HARASZ'fI, utechnique des improvisateurs de langue vulgaire et de idtin au quattrocento, «Revue belge de Musicologie / Belgisch Tijdschrift voor Muziekweœnschap», IX, 1955, pp. 12-31.

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CAMILLA CAVICCHI

Lucrecia pulchra si inserisce in quella particolare tradizione di composizio­ni musicali su 'testi parafrasi', ossia che fanno eco ai capolavot! della poes!a latina antica. Questi mottetti, sebbene molto distanti dalle musiche di Trom­boncino sui testi classici latini, condividono con essi il medesimo contesto cul­turale d'origine. La presenza di illustri umanisti dello Studio dell'Università di Ferrara come Nicolà Leoniceno che tradusse gli Harmonzcorum ltbrt d! To­lomeo ~er Franchino Gaffurio,'o di poeti come Tito Vespasiano ~d Ercole Strozzi Antonio Tebaldeo, l'interesse da sempre manifestato dagli Este per la cult~ra della tradizione classica e il SUD recupero nelle sperimentazioni mo: derne (i Menechmi di Plauto dei 1486 ne sono l'esempio più celebre) furono d! certo fattori importanti che condizionarono la produzlOne muslcal~ d! quegli anni. A Ferrara e a Mantova, neU' abito della commmenza di Lucrezla Borgia e di Isabella d'Este, Bartolomeo T romboncino, Marchetto Cara e Michele Pe­senti sperimentano composizioni su testi classici antichi: Quicumque ille futt (Properzio, Elegie, II 12) di Cara, il lamento di Didone Dulces exuvlae (Virgi­lio Eneide IV 651-658) attribuito a Cara;4' Integer vItae (OrazlO, Carmma, I 22i di Pes~nti; 4' Adspicias utinam, sempre sul tema del suicidio di Didone, (Ovidio, Heroides, VII 183-196) e Integer vitae di Tromboncino.43 A queste si aggiungono poi composizioni su testi latini d'autori contemporanel, come Cum rides, mihi basium negasti (Giovanni Gioviano Pontano, Hendecasyllabl, I XV) di Tromboncino" e alcuni che restano di autore anonimo, come Inho-

mali punici, ita gene tue / absque eo quod intrinsecus latet. / Sieur [~rris David coll~m ruum, / quae aedllicata est eum propugnaculis: / mille clipei pendent ex ~a, .I.?m~s ~rmatura fortlUffi. (. Duo u,be­ra tua sieut duo hinnuli, 1 capree gemelli, / qui pascuntur ln lilus. Btblta cum COnCOrdD!1ttlS vetens et novi Testamenti L .. ], Venezia, Luc.an[OnÎo ~Îunta, 151 1, c. 269. . cl' .. f 1 fi del

La composizione di numerosl mottetu su questo ~es~o del Canuco. el. can~cl ra a. me Quattrocento e la prima metà del Cinquecent? va quaSI slcuramente a~tnbwta all affenn~,o~e ,del culto per l'Immacolata ConcezÎone della Vergme, sost~uto ~a pap~ SIStO ~ ch~ ne uffiCializzo la festa dell'g dicembre nel1476. Per i riflessi di tale operazlOne m ~b'to mU~lcale SI veda B.]. BLACK. BURN, The Virgin in the Sun: Music and Image for a Prayer Attrtbuted to S,xtus N, «Journal of the Royal Musical Association», CXXlV, 1999, pp. 157-195. . .

,.0 F.A. GALLO, Le traduzioni dal Greco per Franchino Ga/furio, ~J\cta muslcolog1ca», XXXV, 1963, pp. 172-174; C.V. PALISCA, Humanism in Ilalian Renaissance MUSIcal Thought , New Haven and London , Yale University Press. 1985. pp. 11H22. .

41 Quicumque ille fuit, in Canzoni sonetti strambotti e frottole li~ro.tertio [a 4 .VOCI] , R~~~, An­drea Anuco, 1513; Dulces exuviae in Fioretti di frotta,! ba~e~/etle capt/oll s/rambottl e soneUI i1fJro se­conda [a 4 vocil, Napoli. G.A. de Caneto (G.B. Pnmarum), 1519.

41 Integer vitae in Frottole libro pn'mo [a 4 voci), Venezia, Ottaviano Pet~cci, 150~, n'. 47· 4) Integer vitae e Adspicias utinam, in Canzoni sonett~' strambotti ~ frottole /tb,? tertio, clt. n se­

condo si trova anche nel manoscritto della Biblioteca NazlOnale Marclana a Venezla: mss. It. Cl. IV,

1795-1798, n. 61, si veda LUIsl, Apogra/o, cit., pp. Il3-134· .. . . « Pubblicato in Fioretti di frottole barzellette capitoH strambottt e sonettz lzbro secondo, CU.,

cc. 25V-27·

MUSICI, CANTORl E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

spitas per Alpes (attribuito ad Antonio Tebaldeo) di Pesenti 45 e Quifuror tanti rabiesque morbi (testo anonimo) di Cara46

Se da un lato tali brani confermano, sul versante musicale, l'adesione alle tendenze classicheggianti della corte, un'analisi attenta della musica in rappor­to ai testi poetici svela piuttosto che Cara, Pesenti e Tromboncino si svinco­lano dalla ritmica della mettica antica. Francesco Luisi illustra che, nell'Integer vitae, sia Pesenti che Tromboncino rinunciano alla struttura dei saffico minore in favore dell' endecasillabo saffico, assai prossimo ail' endecasillabo italiano ad inizio dattilico.47 Nell'esecuzione a quattro voci, il testo resta perfettamente comprensibile grazie a un contrappunto omoritmico accordale per terza e quinta; la presenza dell' Integer vitae e dell' Inhospitas per Alpes in riduzione per canto e liuto nel primo libro di Franciscus Bossiniensis4' sembra mettere in luce una certa prossimità fra questo repertorio e la pratica dei canto alla lira. Tale scelta musicale, infatti, awicina l'intonazione della poesia antica a quella dei poemi epico-cavallerischi allora in voga, per i quali si utilizzavano gli aeri quelle formule melodiche fisse, che si adattavano all'intonazione di qualsivoglia serie di versi.49 E d'altronde l'esistenza di improwisatori alla lira come 10 spagnolo Bernardo Garetb detto il Chariteo, che oltre a cantare i poe­mi di Virgilio componeva anche strambotti ne sembra una conferma eviden­te'O L'edizione Strambotti, ode, frottole e sonetti, et modo de cantar versi latini et capituli. Libro N (Venezia, Petrucci, 1505 e seconda edizione del 1507) for­nisce tre formule musicali precise per intonare, in polifonia a quattro voci, so­netti, capitoLi e versi Jatini: l'anonimo Modo per cantar sonetti, a c. XIV; l'Aer

4J Inhospi/as per Alpes è pubblicato nel citato Frottole libro pn'mo di Petrucci, n. 46.

46 Per un'introduzione a questo genere di composizioni si vedano: H. OsTHOFF, Vergils Aeneis in der Musik von Josquin des Prez bis Orlando di Lasso, «A.rchiv für Musikwissenschaft», XI, 1954, pp. 85-102; O. STRUNK, Virgil in Music, in Essays on Music in the Western World, New York. W.W. Norton, 1974, pp. 21-38; LUISI, Del cantare a libro, cit., pp. 325-398 e 406-413; E.E. LOWINSKY, Humanùm in the Music of the Renaissance, «Medieval and Renaissance Studies», IX, 1982, pp. 87-220; pubblicato anche in ID., Music in the Culture of the Renaissance and other Essays, Chicago, Uni­versity of Chicago Press, 1989, l, pp. 154-218; K. SCHILrz, Dzdo's a/scheid. Polyfone Dulces exuviae-zet­tingen h5de-16de eeuw), in P. BERGÉ - M. D ELAERE, Ais Orpheus lingt ... De klassieke oudheid in de West-Europese muliek, Leuven, Davidsfonds, 2008. pp. 49-61.

47 LUISI, Del con tare a libro. ciL. pp. 3)' e sgg. ~ FRANCISCUS BoSSINlENSIS, Tenon e contrabassi intabulati col sopran in canto figura/o per can­

tare e sonar collauto. Libro Pn·mo. Venezia, Ottaviano Petrucci. 1509. n. 48 e 50. 49 J. HAAR, Arie per cantor stanze anostesche, in L'Anosto, la musica, i musicisti, cit., pp. 31-46.

JO Amando e desiando io vivo del Chariteo è pubblicato nelle Frottole Libri IX, Venezia, Oua­viane Petrucci, 1509. n. 64. Cfr. E. HARASZ'fI, utechnique des improvisateurs de langue vulgaire et de idtin au quattrocento, «Revue belge de Musicologie / Belgisch Tijdschrift voor Muziekweœnschap», IX, 1955, pp. 12-31.

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CAMILLA CAV ICCHI

de versi latini di Antonius Capreolus da Brescia a c. XXXVI; l'Aer de capituli di Filippo de Lurano a c. L VIv."

Nei Madrigali d'amore a quattro voci (Ferrara, Giovanni de Buglhat e An­tonio Hucher, 1548) il compositore francese Tuttovale Menon pubblica alla fi­ne dei volume due aeri per cantare le stanze, fra i più antichi pervenutici." L'edizione è dedicata alla duchessa Renata di Francia e sappiamo che fra gli anni 1530-1540 Menon lavora per i Boiardo di Scandiano e gli Este di Fer­rara." Nella parte dei tenor, alla carta 23V (Fig. 3), in alto a sinistra, si legge Aere da cantare stantie e vi troviamo due componimenti: il primo Non avete a temer qu'in forma nuova (Ariosto, Orlando furioso, XLIV, 65) è un aere a quattro voci; il secondo Se '1 sol si scosta e lascia i giorni brevi (Ariosto, Orlan­do furioso, XLV, 38) che non compare nel volume dei cantus è un aere mono­dico." Entrambi hanno una struttura bipartita A B. A è la melodia che serve per intonare i primi tre distici, al suc interno tripartita come segue: lA è la se­zione melodica per il primo endecasillabo, nA la seconda sezione per il secon­do endecasillabo, nA" la ripetizione variata dei secondo endecasillabo. B è la melodia per intonare il distico conclusivo e presenta la medesima suddivisione interna della sezione A. Con tali formule l'interprete poteva cantare, quindi, qualsiasi ottava. Se ritorniamo alI'ottava dell'Ariosto musicata da Trombonci­no, Queste non son più lagryme, noteremo che la struttura dello strambotto si adatta perfettamente alla forma musicale dell' aere: un A per i primi tre distici e un B per i due endecasillabi conclusivi. Alloro interno A e B presentano due sezioni melodiche, una pet' ciascuno dei due endecasillabi, senza alcuna ripe­tizione variata, come avviene invece negli aeri di Tuttovale Menon. La condot­ta sillabica, omoritmica, accordale rende poi il dettato dei testo poetico per­fettamente intelligibile.

5' L'edizione è consultabile nella "Digitale Sammlungen" della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco. Per approfondimenti sulle specificità musicali delle tre tipologie di aeri si rinvia a LUISI, Del cantare a lzbro, cit., pp. 351-362. Diverse sono le attestazioni sull'uso dei modi e degli aeri nel corso del XVI secolo. Riportiamo nel seguüo quella di Gioseffo Zarlino, allievo di Adrian Willaert e mae· stro della cappella in San Marco a Venezia: «La quaJe Harmonia era terminata, et cosrituita sotto un ceno Modo, overo Aria, che 10 vogliamo dire, di cantare; si come sono quelli modi di cantare, sopra i quali cantiamo al presente li Sonetti, 0 Canzoni dei Petrarca, overamente le Rime dell' Ariosto». G. ZARLINO, Le istitutioni armoniche, Venezia, Pietro da Fino, 1558, libro III, cap. 79.

fl Per una lista esaustiva degli aeri pee cantare stanze si rinvia alIo studio già dtato di J. Haar. n Su Menon si vedano: R. GIAZOTTO, Harmonici concenti in aere veneto, Roma, De Santis. 1954,

pp. 27-29; T.W. BRIDGES, Menon, Tuttovale, in New Grove Dictionary, cit., XVI, p. 432.

S4 Bologna, Biblioteca della musica, solo tenoe: Madngali d'Amore a qualtro voci composti do T uttovale Menon, et nuovamente stampati & con diltgentia co"etti, In Ferrara, NeUa Stampa de Giouanni De Buglhat et Antonio Hucher Compagni Del, 1548. Cfr. HAAR, An'e per cantar stam:.e anO­stesche, cit., p. 35. Della serie di quattro libri pane soprawivono soltanto il tenor e il cantus. Cfr. E. VOGEL - A. EINSTEIN - F. LEsuRE - C. SARTORI, Btbliografia della musica italiana vocale profana puhhlicata dol 1500 al IJOO, Pomezia, Staderini, 1977, pp. m6-m8.

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MUSICI, CANTORI E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

Tale aspetto resterà caratteristico delle prime composizioni madrigalisti­che sulle ottave dell'Ariosto, come avviene per esempio in Queste non son più lagrime a sei voci di Philippe Verdelot, pubblicato ne La più divina musica (Venezia, Antonio Gardano, 154'), dove il primo verso è esposto dalle tre voci gravi in declamato sillabico e omorittnico, cui seguono le risposte delle tre vo­ci acute in contrappunto imitativo." Con il passaggio dell'Orlando furioso al repertorio poetico cui i musicisti attingevano e con il conseguente alIontana­mento dalla tradizione musicale originaria, i compositori abbandonano l'im­piego di quegli aspetti formali caratteristici dell'aere per cantare le stanze in favore dei più moderno stile dei madrigale. La penetrante espressività dei ma­drigale Queste non son più lagrime a quattro voci di Jacquet de Berchem ne offre uno splendido esempio (Primo, Secondo et Terzo Libro dei Capriccio di

5~ A:D. ~ATI-C~MPERI, An ltalian Genre in the Hands of a Frenchman: Philippe Verdelot as Madngaltst, wlth Speaal Emphasis on the Six-voice Pleces, PhD dissertation, Harvard University, 1995. cap. m, pp. 200-218.

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de versi latini di Antonius Capreolus da Brescia a c. XXXVI; l'Aer de capituli di Filippo de Lurano a c. L VIv."

Nei Madrigali d'amore a quattro voci (Ferrara, Giovanni de Buglhat e An­tonio Hucher, 1548) il compositore francese Tuttovale Menon pubblica alla fi­ne dei volume due aeri per cantare le stanze, fra i più antichi pervenutici." L'edizione è dedicata alla duchessa Renata di Francia e sappiamo che fra gli anni 1530-1540 Menon lavora per i Boiardo di Scandiano e gli Este di Fer­rara." Nella parte dei tenor, alla carta 23V (Fig. 3), in alto a sinistra, si legge Aere da cantare stantie e vi troviamo due componimenti: il primo Non avete a temer qu'in forma nuova (Ariosto, Orlando furioso, XLIV, 65) è un aere a quattro voci; il secondo Se '1 sol si scosta e lascia i giorni brevi (Ariosto, Orlan­do furioso, XLV, 38) che non compare nel volume dei cantus è un aere mono­dico." Entrambi hanno una struttura bipartita A B. A è la melodia che serve per intonare i primi tre distici, al suc interno tripartita come segue: lA è la se­zione melodica per il primo endecasillabo, nA la seconda sezione per il secon­do endecasillabo, nA" la ripetizione variata dei secondo endecasillabo. B è la melodia per intonare il distico conclusivo e presenta la medesima suddivisione interna della sezione A. Con tali formule l'interprete poteva cantare, quindi, qualsiasi ottava. Se ritorniamo alI'ottava dell'Ariosto musicata da Trombonci­no, Queste non son più lagryme, noteremo che la struttura dello strambotto si adatta perfettamente alla forma musicale dell' aere: un A per i primi tre distici e un B per i due endecasillabi conclusivi. Alloro interno A e B presentano due sezioni melodiche, una pet' ciascuno dei due endecasillabi, senza alcuna ripe­tizione variata, come avviene invece negli aeri di Tuttovale Menon. La condot­ta sillabica, omoritmica, accordale rende poi il dettato dei testo poetico per­fettamente intelligibile.

5' L'edizione è consultabile nella "Digitale Sammlungen" della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco. Per approfondimenti sulle specificità musicali delle tre tipologie di aeri si rinvia a LUISI, Del cantare a lzbro, cit., pp. 351-362. Diverse sono le attestazioni sull'uso dei modi e degli aeri nel corso del XVI secolo. Riportiamo nel seguüo quella di Gioseffo Zarlino, allievo di Adrian Willaert e mae· stro della cappella in San Marco a Venezia: «La quaJe Harmonia era terminata, et cosrituita sotto un ceno Modo, overo Aria, che 10 vogliamo dire, di cantare; si come sono quelli modi di cantare, sopra i quali cantiamo al presente li Sonetti, 0 Canzoni dei Petrarca, overamente le Rime dell' Ariosto». G. ZARLINO, Le istitutioni armoniche, Venezia, Pietro da Fino, 1558, libro III, cap. 79.

fl Per una lista esaustiva degli aeri pee cantare stanze si rinvia alIo studio già dtato di J. Haar. n Su Menon si vedano: R. GIAZOTTO, Harmonici concenti in aere veneto, Roma, De Santis. 1954,

pp. 27-29; T.W. BRIDGES, Menon, Tuttovale, in New Grove Dictionary, cit., XVI, p. 432.

S4 Bologna, Biblioteca della musica, solo tenoe: Madngali d'Amore a qualtro voci composti do T uttovale Menon, et nuovamente stampati & con diltgentia co"etti, In Ferrara, NeUa Stampa de Giouanni De Buglhat et Antonio Hucher Compagni Del, 1548. Cfr. HAAR, An'e per cantar stam:.e anO­stesche, cit., p. 35. Della serie di quattro libri pane soprawivono soltanto il tenor e il cantus. Cfr. E. VOGEL - A. EINSTEIN - F. LEsuRE - C. SARTORI, Btbliografia della musica italiana vocale profana puhhlicata dol 1500 al IJOO, Pomezia, Staderini, 1977, pp. m6-m8.

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MUSICI, CANTORI E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

Tale aspetto resterà caratteristico delle prime composizioni madrigalisti­che sulle ottave dell'Ariosto, come avviene per esempio in Queste non son più lagrime a sei voci di Philippe Verdelot, pubblicato ne La più divina musica (Venezia, Antonio Gardano, 154'), dove il primo verso è esposto dalle tre voci gravi in declamato sillabico e omorittnico, cui seguono le risposte delle tre vo­ci acute in contrappunto imitativo." Con il passaggio dell'Orlando furioso al repertorio poetico cui i musicisti attingevano e con il conseguente alIontana­mento dalla tradizione musicale originaria, i compositori abbandonano l'im­piego di quegli aspetti formali caratteristici dell'aere per cantare le stanze in favore dei più moderno stile dei madrigale. La penetrante espressività dei ma­drigale Queste non son più lagrime a quattro voci di Jacquet de Berchem ne offre uno splendido esempio (Primo, Secondo et Terzo Libro dei Capriccio di

5~ A:D. ~ATI-C~MPERI, An ltalian Genre in the Hands of a Frenchman: Philippe Verdelot as Madngaltst, wlth Speaal Emphasis on the Six-voice Pleces, PhD dissertation, Harvard University, 1995. cap. m, pp. 200-218.

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CAMILLA CAVICCHI

Iachetto Berchem con la musica da lui composta sopra le stanze dei Furioso. No­vamente stampati et dati in luce. All'zll. et eccell. duca di Ferrara, Venezia, An­tonio Gardano, '56,).'6

Le teorie più volte riprese circa il fatto che la nota aria dei Ruggero,S7 un tema ampiamente diffuso specie nella musica strumentale dei seconda Cin­quecento e dei Seicento, derivasse da un basso con il quale i cantastarie erano soliti accompagnare l'ottava Rugger quai sempre fui tal esser voglio (Ariosto, Orlando furioso, XLIV 6,) sembrano perdere consistenza. Dalla ricostruzione fin qui delineata, infatti, l'idea che un aere racchiudesse un tema melodico preciso (piuttosto che una formula metrica), espressivo di quell'unica ottava sembra poco probante. In un saggio ormai datato, l'etnomusicologo Nico Staiti segnalava come le origini dei Ruggiero fossero legate piuttosto ad Wla formula di discanto (basso e discanto) pienamente attestata in fonti mnsicali dei XVII secolo, le cui origini debbono ricondursi ad una danza dei XVI se­colo." Il confronto con il repertorio tradizionale dei cantastorie italiani degli anni 'So ne è la conferma più evidente:

[ ... ] il modello musicale non varia a seconda dei testo poetico ma solo con il va­riare deUa struttura metricaj cosl in Sicilia esiste - ad esempio - una melodia per can­tare le ottave diversa da quella usata per le terzine, ma la melodia della Stona dei bri­gante Musolino non è diversa da quella della StOrta dei bandito Giuliano."

CANTASTORlE E 'CANTIMBANCO'

Negli affres chi della Sala di Ereole di palazzo Paradiso a Ferrara (databili attorno al 1420), una dama con linto e un'altra con un piccolo organo porta­tivo si sporgono dai balconi. Al di sopra delle scene principali, queste due mu­siciste accompagnano la narrazione dei racconto. Esse eseguono una musica extradiegetica, ossia esterna alla vicenda di Ercole, e come avviene per tutte

S6 Per la Lista completa dei madrigali su onave dell'Ariosto si rinvia a M.A. BALSANO - J. HAAR, L'Arioslo in musica, in L'Ariosto, la musica, i musicisti, cil., pp. 47-88.

i7 A. EINSTEIN, Die Aria di Ruggiero, «Sammelbiinde der internationalen Musikgesellschaft», XIII, 191H912, pp. 444-454; In., Ancora sull'Ana deI Ruggiero, «Ri.vista musicale italiana», XLI, 1937, pp. 163-169; HAAR, Arie per cantar stanze ariostesche, cit.; J. WARD, Music/or 'A hand/ull 0/ plea­sant delites', «Journal of the American Musicological Society», X, 1957, pp. 15H80.

s8 N. STAITI, La formula di discanto deI Ruggiero, «Culture musicali. Quaderni di etnomusico­logia», VI-Vil, 1987-1988, pp. 47-79. Il nome Ruggiero risalirebbe piuttosto allo strumencista che aveva mventaw la danza, secondo una prassi comune nell'ambito della produzione musicale popo­lare.

S9 Ivi, p. 48.

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MUSICI. CANTOR! E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

le rappresentazioni narrative, questa maniera di raffigurare la musica ha la funzione di evocare, agli occhi dei fruitore, il tempo diacronico della narrazio­ne, della successione degli episodi rappresentati.60 Si tratta di una delle più antiche irnmagini ferraresi che rinviano ad una prassi della narrazione accom­pagnata dalla musica.6•

Sin dal primo Quattrocento, a Ferrara, gli Este avevano manifestato un interesse particolare per il canto improwisato alla lira e alliuto. Lo con ferma la presenza di liutisti improwisatori (come il celeberrimo Pietrobono dal Chi­tarrino), i quali affiancavano aU'intonazione di versi l'improwisazione virtuo­sistica sulloro strumento musicale, nella pratica solistica 0 in duo su accom­pagnamento realizzato da un tenorista.6'

Per quanto attiene al primo Cinquecento, come abbiamo già evocato, gli im­provvisatori rinomati prestano spesso servizio a corte: Angelo Testagrossa e Agostino dalla Viola «quel cos1 famoso da Ferrara, che ai nostri giorni con la vio­la in colla è veramente stato un nuovo Orfeo», come scrive Matteo Bandello; 6, il «Sanazar spagnolo che dice a 10 improvixo» al servizio di Lucrezia Borgia; 6, co­me pure i cantastorie ciechi, Giovanni Orbo e Francesco Cieco da Ferrara, auto­re dei MambnllnO, al servizio di Ippolito l d'Este nel1504 segnalato come «Fran­cesco Orbo che canta in lira»"' Una tradizione, quella dei cantastorie orbi, attestata anche in altre corti europee, come alla corte dei duchi di Borgogna do-

~ N. STAITI, T~mpo del!tJ m,usica e tempo delle immagini. Ralfigurav'oni della musica e tradizione orale, m Antropologta della musrca e culture mediteTTanee, a cura di T. Magrini, Bologna, li Mulino, 1992, pp. 183-204.

6. Un casa ancor più evidenre è attestaw dagli affreschi di Niccolô dell'Abate per il camerino dell'Eneide nella Rocca dei Boiardo di Scandiano. Nell'ottagono che capeggiava gli affreschi delle pareti la raf6gurazione della dama in atro di cantare documenta la prassi del canto suÎ testi antichi (i? qu~to casa dell'Eneide di Virgilio), e la funzione della musica è quella di restituire, evocando la dlfficnslone temporale del raccomo, una conrinuità alle scene separate dipinte. Si veda C. CAVICCHI La musica nei cieli pittorici di dell'Abate per la Rocca di Scandiano, in Il Paradiso ntrovato: NicoliJ del l'Abate alla corte dei Bozardo, a cura di A. Mazza - M. Mussini, Milano, Silvana Editoriale, 2009, pp. 1Q9-1I9·

61 SUgll improwisatori si vedano: G.R BRONZINI, Tradizione di stile aedico dai cantan' al 'Furio_ so', Firenze, L.S. Olschki, 1966; L. LocKW<X>O, Pietrobono and the Instrumental Traditr'on at Ferrara in the Fi/teenth .Century, «.Rivista Îtaliana di Musicologia», 10, 1975. pp. 115-133; ln., Music in Renais­sanc~ ~errara, cu., pp. 103-1.18;}. HAAR, Improvvisaton' and their Relationship to Sixteenth-Century MU!lC, ~ ID., Essays o~ Italtan Poetry and Music in the Renaissance, I350-I6oo, Berkeley-Los Angeles, Uruverslty of Californla Press, 1986, pp. 76-99.

63 M. BANDELLO, Novelle, a cura di G.G. Ferrero, Torino, UTET, 1978, p. 551. 6 .. PruZER, Isabella d'Este and Lucrezia Borgta, cit., p. 23 e nota 91.

6J LocKwooD,4dnan Willaert and the Cardinal Ippolito l d'Este, cit., p. 112. Su Francesco Or­bo: G. BERTON!, Il Geco da Ferrara e altri improvvisatori alla corte di FeTTara, «Giornale storico», 94, 1929, J;'P: 271- 278; R FOSTER FRENCH, The Identity 0/ Francesco Cieco da Ferrara, «Modern Language Assocla~on», 52, J937. pp. 992-1°°4; J. EVERSON, Bihliografia delle edizioni de! 'Mambnano' di Fran­cesco Geco da Ferrara, Alessandria, Edizioni dell'Orso. 1994.

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Iachetto Berchem con la musica da lui composta sopra le stanze dei Furioso. No­vamente stampati et dati in luce. All'zll. et eccell. duca di Ferrara, Venezia, An­tonio Gardano, '56,).'6

Le teorie più volte riprese circa il fatto che la nota aria dei Ruggero,S7 un tema ampiamente diffuso specie nella musica strumentale dei seconda Cin­quecento e dei Seicento, derivasse da un basso con il quale i cantastarie erano soliti accompagnare l'ottava Rugger quai sempre fui tal esser voglio (Ariosto, Orlando furioso, XLIV 6,) sembrano perdere consistenza. Dalla ricostruzione fin qui delineata, infatti, l'idea che un aere racchiudesse un tema melodico preciso (piuttosto che una formula metrica), espressivo di quell'unica ottava sembra poco probante. In un saggio ormai datato, l'etnomusicologo Nico Staiti segnalava come le origini dei Ruggiero fossero legate piuttosto ad Wla formula di discanto (basso e discanto) pienamente attestata in fonti mnsicali dei XVII secolo, le cui origini debbono ricondursi ad una danza dei XVI se­colo." Il confronto con il repertorio tradizionale dei cantastorie italiani degli anni 'So ne è la conferma più evidente:

[ ... ] il modello musicale non varia a seconda dei testo poetico ma solo con il va­riare deUa struttura metricaj cosl in Sicilia esiste - ad esempio - una melodia per can­tare le ottave diversa da quella usata per le terzine, ma la melodia della Stona dei bri­gante Musolino non è diversa da quella della StOrta dei bandito Giuliano."

CANTASTORlE E 'CANTIMBANCO'

Negli affres chi della Sala di Ereole di palazzo Paradiso a Ferrara (databili attorno al 1420), una dama con linto e un'altra con un piccolo organo porta­tivo si sporgono dai balconi. Al di sopra delle scene principali, queste due mu­siciste accompagnano la narrazione dei racconto. Esse eseguono una musica extradiegetica, ossia esterna alla vicenda di Ercole, e come avviene per tutte

S6 Per la Lista completa dei madrigali su onave dell'Ariosto si rinvia a M.A. BALSANO - J. HAAR, L'Arioslo in musica, in L'Ariosto, la musica, i musicisti, cil., pp. 47-88.

i7 A. EINSTEIN, Die Aria di Ruggiero, «Sammelbiinde der internationalen Musikgesellschaft», XIII, 191H912, pp. 444-454; In., Ancora sull'Ana deI Ruggiero, «Ri.vista musicale italiana», XLI, 1937, pp. 163-169; HAAR, Arie per cantar stanze ariostesche, cit.; J. WARD, Music/or 'A hand/ull 0/ plea­sant delites', «Journal of the American Musicological Society», X, 1957, pp. 15H80.

s8 N. STAITI, La formula di discanto deI Ruggiero, «Culture musicali. Quaderni di etnomusico­logia», VI-Vil, 1987-1988, pp. 47-79. Il nome Ruggiero risalirebbe piuttosto allo strumencista che aveva mventaw la danza, secondo una prassi comune nell'ambito della produzione musicale popo­lare.

S9 Ivi, p. 48.

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MUSICI. CANTOR! E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

le rappresentazioni narrative, questa maniera di raffigurare la musica ha la funzione di evocare, agli occhi dei fruitore, il tempo diacronico della narrazio­ne, della successione degli episodi rappresentati.60 Si tratta di una delle più antiche irnmagini ferraresi che rinviano ad una prassi della narrazione accom­pagnata dalla musica.6•

Sin dal primo Quattrocento, a Ferrara, gli Este avevano manifestato un interesse particolare per il canto improwisato alla lira e alliuto. Lo con ferma la presenza di liutisti improwisatori (come il celeberrimo Pietrobono dal Chi­tarrino), i quali affiancavano aU'intonazione di versi l'improwisazione virtuo­sistica sulloro strumento musicale, nella pratica solistica 0 in duo su accom­pagnamento realizzato da un tenorista.6'

Per quanto attiene al primo Cinquecento, come abbiamo già evocato, gli im­provvisatori rinomati prestano spesso servizio a corte: Angelo Testagrossa e Agostino dalla Viola «quel cos1 famoso da Ferrara, che ai nostri giorni con la vio­la in colla è veramente stato un nuovo Orfeo», come scrive Matteo Bandello; 6, il «Sanazar spagnolo che dice a 10 improvixo» al servizio di Lucrezia Borgia; 6, co­me pure i cantastorie ciechi, Giovanni Orbo e Francesco Cieco da Ferrara, auto­re dei MambnllnO, al servizio di Ippolito l d'Este nel1504 segnalato come «Fran­cesco Orbo che canta in lira»"' Una tradizione, quella dei cantastorie orbi, attestata anche in altre corti europee, come alla corte dei duchi di Borgogna do-

~ N. STAITI, T~mpo del!tJ m,usica e tempo delle immagini. Ralfigurav'oni della musica e tradizione orale, m Antropologta della musrca e culture mediteTTanee, a cura di T. Magrini, Bologna, li Mulino, 1992, pp. 183-204.

6. Un casa ancor più evidenre è attestaw dagli affreschi di Niccolô dell'Abate per il camerino dell'Eneide nella Rocca dei Boiardo di Scandiano. Nell'ottagono che capeggiava gli affreschi delle pareti la raf6gurazione della dama in atro di cantare documenta la prassi del canto suÎ testi antichi (i? qu~to casa dell'Eneide di Virgilio), e la funzione della musica è quella di restituire, evocando la dlfficnslone temporale del raccomo, una conrinuità alle scene separate dipinte. Si veda C. CAVICCHI La musica nei cieli pittorici di dell'Abate per la Rocca di Scandiano, in Il Paradiso ntrovato: NicoliJ del l'Abate alla corte dei Bozardo, a cura di A. Mazza - M. Mussini, Milano, Silvana Editoriale, 2009, pp. 1Q9-1I9·

61 SUgll improwisatori si vedano: G.R BRONZINI, Tradizione di stile aedico dai cantan' al 'Furio_ so', Firenze, L.S. Olschki, 1966; L. LocKW<X>O, Pietrobono and the Instrumental Traditr'on at Ferrara in the Fi/teenth .Century, «.Rivista Îtaliana di Musicologia», 10, 1975. pp. 115-133; ln., Music in Renais­sanc~ ~errara, cu., pp. 103-1.18;}. HAAR, Improvvisaton' and their Relationship to Sixteenth-Century MU!lC, ~ ID., Essays o~ Italtan Poetry and Music in the Renaissance, I350-I6oo, Berkeley-Los Angeles, Uruverslty of Californla Press, 1986, pp. 76-99.

63 M. BANDELLO, Novelle, a cura di G.G. Ferrero, Torino, UTET, 1978, p. 551. 6 .. PruZER, Isabella d'Este and Lucrezia Borgta, cit., p. 23 e nota 91.

6J LocKwooD,4dnan Willaert and the Cardinal Ippolito l d'Este, cit., p. 112. Su Francesco Or­bo: G. BERTON!, Il Geco da Ferrara e altri improvvisatori alla corte di FeTTara, «Giornale storico», 94, 1929, J;'P: 271- 278; R FOSTER FRENCH, The Identity 0/ Francesco Cieco da Ferrara, «Modern Language Assocla~on», 52, J937. pp. 992-1°°4; J. EVERSON, Bihliografia delle edizioni de! 'Mambnano' di Fran­cesco Geco da Ferrara, Alessandria, Edizioni dell'Orso. 1994.

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CAMILLA CAVICCHI

ve si segnala la presenza diJean Fernandez padre eJean de Cordoba dal1435 al 1456 e di Charles eJean Fernandez "figli", dal 1462 al 1470, di origine castigliana, noti anche a Johannes Tinctoris.·· Nella schiera d'improvvisatori e cantastorie che ebbero contatti con gli Estensi, una presenza in particolare sembra molto significativa.

Verso gli anni Venti, il panorama musicale dei canto improwisato puà contare delle performance di un altro cantastorie. Lo leggiamo nei seguenti pa­gamenti, registrati nei libri amministrativi di Alfonso l d'Este:

5 febbraio 1521: Al Zuppino che canta per tanti libri di canto havuti per li figlioli illustri li potto Sebastiano suo ligliol0 lire 3.16.0.

27 marzo 1526: Al Zupin che canta in banco a conto de sua credito lire 1.2.0.67

Zupin "che canta in banco" è pagato per dei libri di canto, guindi di mu­sica notata, destinati ai figli di Alfonso 1. Si tratta con cerrezza dei tipografo ed editore Nicolà d'Aristotele Zoppino, originario di Ferrara e figlio dei notaio Aristotele de Rossi. La cettezza nell'identificazione è data dal riferimento al figlio Sebastiano, talvolta menzionato nel colophon delle edizioni zoppiniane e con il guale il padre apri una bottega di libraio a Ravenna, attiva almeno dal 1543.·' Egli awià la sua carriera dapprima a Bologna con la slampa dei 1503 delle rime di Serafino Aguilano per trasferil'e poi la sua attività tipografica a Venezia."

Le dediche di edizioni e di suoi componimenti poetici testimoniano 10 stretto legame che egli intratteneva con gli Este; 7° in particolare con Alfonso a cui dedica l'edizione dei Apulegio volgare nella traduzione di Boiardo (,518), un sonetto e una

66 Si veda D. FIALA, Ler muridem é/rangerr de la cour de Bourgogne à la fin du xvr riècle, <<Re­vue du Nord», 345-346, 2002, pp. 367-386. La tradizione popolare dei cantastorie orbi è attestata in Italia fino al XX secolo e fu particolanncmc viva in Sicilia. Cfr. G. PITRÈ, Uri e cortumi credenze e pregiudiz.i dei popolo ridliano, Palenno, Libreria L. Pedone-Lauriel di C. Clausen, 1889, l, p. 345 e sgg. (rist. anasr. Sala Bolognese, Bologna, Form, 1979); E. GUGGINO - G. GAROFALO, l conti degli orbi. l cantartone ciechi a Palermo, Archivio delle tradizioni popolari siciliane, Palenno, 1980, 1981, 1988, ri­spettivamente I, Il , ID volwne. Disco LP: 1 can/arlone dechi a Palermo, Albatros VPA 8491.

67 Modena, Archivio di Stato, rispertivamente: Libri camerali diversi, registro 274, 1521, C. 5r; Libri camerali diversi, registro 300, 1525-1529, c. 152.

6S F. AsCARELLI - MARCO MENATO, La tipografia dei '500 in ltalia, Firenze, L.S. Olschki, 1989.

69 Sullo Zoppino editore si vedano: L.N. ClITADELLA, La rtampa in Fe"ara. Memoria, Torino, Bocca, 1873, pp. 27-28; N. HARRIS, Un /errarere a Veneva: Nico/à d'Arirto/ile de' Rorri detto Zoppino, in 1 Ithri di Orlando innamorato, a cura di A. Tissoni Benvenuti, Ferrara-Modena, Istiruto di Studi Rinascimemali-Panini, 1987, pp. 88-159; G.A. RAVALLI MODONI, Ferrara e gli Ertemi nelle edi:r.ioni di Nicolà Zoppino, in L'Aquila bianca. Siudi di rtoria erteme per Luctano Chiappini, a cura di A. Sarna­ritani - R. Varese, Ferrara, Corbo, 2000, pp. 155-166.

7° A. BAITINI, La cultura a corte nei recoU XV e XVI attraverro i lthri dedicati, in Cli Ertenri. La corte di Fe"ara, a cura di R INti, Modena, D Bulino, 1997, l, pp. 279-345·

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MUSICI, CANTOR! E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

xilografia dei duca nel Del modo di regere e di regnare dei Cornazzano, e con Lu­crezia a cui offre due sonetti ele edizioni della Vzta e Passione de Christo (la prima nel 1517) e la Vzta della gloriosa Vergine Maria (,517), sempre di Cornazzano,"

Lo Zoppino, come è noto, non fu soltanto un editore. TI monaco cassinese Teofilo Folengo in due passi delle sue Maccheronee, nel Baldus e ne La Ca­l'Ossa, menziona 10 Zoppino come cantastorie, il guale fu di tale abilità e valore da meritare il posto di prestigio destinato all'invocazione dei poeta vate:

Huc, Zoppine pater, tua si tibi chiachiara curae, si tua calcatim Veneti ad pillastra Samarchi trat lyra menchiones bezzosque rubeba guadagnat, huc mihi cagninas iuncta cum voce budellas flecte, soporantes galeottam carmine gentem, tirantesque sibi totas dolzore brigatas.72

Huc, Zoppine pater, tua si tibi chiachiara curae, si tua calcatim veneti ad pillastra Samarcru trat lyra menchiones bezzosque a carmen inescat, hue mihi cordiciam iuncta curo voce rubebam flecte soporantem stan tes in littore barcas, ut dorsicurvos olim delphinas Arion.73

Lo stesso Celio Calcagnini in una lettera dell'u settembre dei 1527 (un an­no dopo il pagamento sopramenzionato) scrive:

Mirum est quam iucunde ac suaviter excipere soleam Nicolaum Zopinum, quo­ties ad nos commeat: tum ob summas ingenii amoenitates, tum quod adveniens lite­raria sempre aliqua merce auctior benevolentiam ac favorem bonorum emeretur?4

Tale fama di seducente narratore-cantore e cantastorie 'orfico' doveva es­sere unanimemente riconosciuta allo Zoppino, se anche Pietro Aretino 10 menziona in più momenti nelle sue opere teatrali; nell'Ipocrito (IV 9), per esempio, dove un personaggio giustifica il proprio ritardo per aver sentito «cantar mille cose in banca dal Zoppino», impostando guindi un gioco di al­lusioni ironiche col proprio pubblico.

7' HARRIs, Un /errarere a VeneZla, cit., e RAVALLI MODONI, Fe"ara e gli Ertcmi, cit. 71 T. FOLENGO, Baldur, a cura di M. Chiesa, Torino, UTET, l, 1997, pp. 482-485 (XI, 7-12 ).

n In., Opere italtane, a cura di U. Renda, Bari, Laterza, 1911, l, p. 837. 74.C. CALCAGNINI, Opera Aliquot, Basilea, Hier. Frobeniwn et Nic. Episcopium, M.D.XLlIII,

p. 133 Wato da N. liARRrs, Bibliogra/ia dell'Orlando innamorato II Ferrara Istituto di Studi &na-scimentali - Modena, Panini , 1991 , II, p. 87, nota 62. " ,

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CAMILLA CAVICCHI

ve si segnala la presenza diJean Fernandez padre eJean de Cordoba dal1435 al 1456 e di Charles eJean Fernandez "figli", dal 1462 al 1470, di origine castigliana, noti anche a Johannes Tinctoris.·· Nella schiera d'improvvisatori e cantastorie che ebbero contatti con gli Estensi, una presenza in particolare sembra molto significativa.

Verso gli anni Venti, il panorama musicale dei canto improwisato puà contare delle performance di un altro cantastorie. Lo leggiamo nei seguenti pa­gamenti, registrati nei libri amministrativi di Alfonso l d'Este:

5 febbraio 1521: Al Zuppino che canta per tanti libri di canto havuti per li figlioli illustri li potto Sebastiano suo ligliol0 lire 3.16.0.

27 marzo 1526: Al Zupin che canta in banco a conto de sua credito lire 1.2.0.67

Zupin "che canta in banco" è pagato per dei libri di canto, guindi di mu­sica notata, destinati ai figli di Alfonso 1. Si tratta con cerrezza dei tipografo ed editore Nicolà d'Aristotele Zoppino, originario di Ferrara e figlio dei notaio Aristotele de Rossi. La cettezza nell'identificazione è data dal riferimento al figlio Sebastiano, talvolta menzionato nel colophon delle edizioni zoppiniane e con il guale il padre apri una bottega di libraio a Ravenna, attiva almeno dal 1543.·' Egli awià la sua carriera dapprima a Bologna con la slampa dei 1503 delle rime di Serafino Aguilano per trasferil'e poi la sua attività tipografica a Venezia."

Le dediche di edizioni e di suoi componimenti poetici testimoniano 10 stretto legame che egli intratteneva con gli Este; 7° in particolare con Alfonso a cui dedica l'edizione dei Apulegio volgare nella traduzione di Boiardo (,518), un sonetto e una

66 Si veda D. FIALA, Ler muridem é/rangerr de la cour de Bourgogne à la fin du xvr riècle, <<Re­vue du Nord», 345-346, 2002, pp. 367-386. La tradizione popolare dei cantastorie orbi è attestata in Italia fino al XX secolo e fu particolanncmc viva in Sicilia. Cfr. G. PITRÈ, Uri e cortumi credenze e pregiudiz.i dei popolo ridliano, Palenno, Libreria L. Pedone-Lauriel di C. Clausen, 1889, l, p. 345 e sgg. (rist. anasr. Sala Bolognese, Bologna, Form, 1979); E. GUGGINO - G. GAROFALO, l conti degli orbi. l cantartone ciechi a Palermo, Archivio delle tradizioni popolari siciliane, Palenno, 1980, 1981, 1988, ri­spettivamente I, Il , ID volwne. Disco LP: 1 can/arlone dechi a Palermo, Albatros VPA 8491.

67 Modena, Archivio di Stato, rispertivamente: Libri camerali diversi, registro 274, 1521, C. 5r; Libri camerali diversi, registro 300, 1525-1529, c. 152.

6S F. AsCARELLI - MARCO MENATO, La tipografia dei '500 in ltalia, Firenze, L.S. Olschki, 1989.

69 Sullo Zoppino editore si vedano: L.N. ClITADELLA, La rtampa in Fe"ara. Memoria, Torino, Bocca, 1873, pp. 27-28; N. HARRIS, Un /errarere a Veneva: Nico/à d'Arirto/ile de' Rorri detto Zoppino, in 1 Ithri di Orlando innamorato, a cura di A. Tissoni Benvenuti, Ferrara-Modena, Istiruto di Studi Rinascimemali-Panini, 1987, pp. 88-159; G.A. RAVALLI MODONI, Ferrara e gli Ertemi nelle edi:r.ioni di Nicolà Zoppino, in L'Aquila bianca. Siudi di rtoria erteme per Luctano Chiappini, a cura di A. Sarna­ritani - R. Varese, Ferrara, Corbo, 2000, pp. 155-166.

7° A. BAITINI, La cultura a corte nei recoU XV e XVI attraverro i lthri dedicati, in Cli Ertenri. La corte di Fe"ara, a cura di R INti, Modena, D Bulino, 1997, l, pp. 279-345·

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MUSICI, CANTOR! E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

xilografia dei duca nel Del modo di regere e di regnare dei Cornazzano, e con Lu­crezia a cui offre due sonetti ele edizioni della Vzta e Passione de Christo (la prima nel 1517) e la Vzta della gloriosa Vergine Maria (,517), sempre di Cornazzano,"

Lo Zoppino, come è noto, non fu soltanto un editore. TI monaco cassinese Teofilo Folengo in due passi delle sue Maccheronee, nel Baldus e ne La Ca­l'Ossa, menziona 10 Zoppino come cantastorie, il guale fu di tale abilità e valore da meritare il posto di prestigio destinato all'invocazione dei poeta vate:

Huc, Zoppine pater, tua si tibi chiachiara curae, si tua calcatim Veneti ad pillastra Samarchi trat lyra menchiones bezzosque rubeba guadagnat, huc mihi cagninas iuncta cum voce budellas flecte, soporantes galeottam carmine gentem, tirantesque sibi totas dolzore brigatas.72

Huc, Zoppine pater, tua si tibi chiachiara curae, si tua calcatim veneti ad pillastra Samarcru trat lyra menchiones bezzosque a carmen inescat, hue mihi cordiciam iuncta curo voce rubebam flecte soporantem stan tes in littore barcas, ut dorsicurvos olim delphinas Arion.73

Lo stesso Celio Calcagnini in una lettera dell'u settembre dei 1527 (un an­no dopo il pagamento sopramenzionato) scrive:

Mirum est quam iucunde ac suaviter excipere soleam Nicolaum Zopinum, quo­ties ad nos commeat: tum ob summas ingenii amoenitates, tum quod adveniens lite­raria sempre aliqua merce auctior benevolentiam ac favorem bonorum emeretur?4

Tale fama di seducente narratore-cantore e cantastorie 'orfico' doveva es­sere unanimemente riconosciuta allo Zoppino, se anche Pietro Aretino 10 menziona in più momenti nelle sue opere teatrali; nell'Ipocrito (IV 9), per esempio, dove un personaggio giustifica il proprio ritardo per aver sentito «cantar mille cose in banca dal Zoppino», impostando guindi un gioco di al­lusioni ironiche col proprio pubblico.

7' HARRIs, Un /errarere a VeneZla, cit., e RAVALLI MODONI, Fe"ara e gli Ertcmi, cit. 71 T. FOLENGO, Baldur, a cura di M. Chiesa, Torino, UTET, l, 1997, pp. 482-485 (XI, 7-12 ).

n In., Opere italtane, a cura di U. Renda, Bari, Laterza, 1911, l, p. 837. 74.C. CALCAGNINI, Opera Aliquot, Basilea, Hier. Frobeniwn et Nic. Episcopium, M.D.XLlIII,

p. 133 Wato da N. liARRrs, Bibliogra/ia dell'Orlando innamorato II Ferrara Istituto di Studi &na-scimentali - Modena, Panini , 1991 , II, p. 87, nota 62. " ,

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CAMILLA CAVICCHI

Per quanto attiene alla creazione musicale, il ruolo dei cantastorie è talvol­ta sfuggente in quanto la sua produzione resta relegata ad un ambito di semi­oralità: da un lato la performance estemporanea, dall' altro la produzione a stampa dei fogli volanti che riproducono un testo, un'immagine e, più rara­mente, la musica (poiché i clienti l'avevano già imparata a memoria nel corso dello spettacolo). Editore e tipografo egli stesso, possiamo ben immaginare che nel corso delle sue esibizioni di piazza 10 Zoppino vendesse i propri fogli volanti nonché le edizioni di poemi cavallereschi e storici di cui era attivo pro­motore." La sua attività resta sempre al confine fra espressione orale e scritta, cosi come sul piano sociale e culturale egli è una figura di cerniera, di confine fra l'ambito colto delle corti e quello popolare delle piazze. Egli lavora a corte a vario titolo offrendo un intrattenimento differente da quello che potevano offrire i cantori della cappella, evidentemente, e distribuendo a corte i lib ri prodotti dalla sua tipografia. Egli dispone di competenze musicali specifiche, canta e si accompagna con una lira da braccio, ma è anche un tramite nella distribuzione di libri di musica (il pagamento sopramenzionato non ci dice se i libri di canto per i figli dei duca fossero a stampa 0 manoscritti) . Frequen­tando l'ambiente della corte, i cantastorie entrano in contatto con la produzio­ne letteraria più alla moda, ne assimilano i soggetti e talune peculiarità per poi rielaborade e trasmettede nelle piazze. Membrana osmotica tra la cultura del­la classe colta egemone e quella popolare, i cantastorie furono autori di una serie di manipolazioni di musiche e di testi poetici di grande successO.'6 Caso noto è quello della Girometta: una canzone di tradizione popolare dei reper­torio degli ambulanti, che dovette originariamente intitolarsi «il Girometa» (il venditore ambulante), ma che yenne fraintesa in ambito colto e trasformata ne <<la Girometta» appunto. Stabilitasi come tale nel repertorio musicale dei Cin­que e dei Seicento, la Girometta divenne un tema musicale privilegiato di moi­te composizioni.77 Quali responsabili di queste operazioni culturali, i cantasto­rie rientrano nella categoria di professionisti che Roberto Leydi definisce <<tnediatori professionaID>, personaggi alfabetizzati che lavoravano al confine fra la classe egemone e le classi subalterne, apportando trasformazioni nel re-

7S Per esempio l'Orlando innamorato di Boiardo, la prosecuzione dell'Innamorato di Agostini, L'innamoramento di Land/olto e Genevra, Le o"ende baltaglie de' Romani, Li successi bellici seguiti ne/la llalia dol falto d'arme di Gieredada tutti di Agostioi, l'Orlando furioso dell' Ariosto e moiti a1tri ancora, Sull'attività dello Zoppino come libraio ambulante si veda I-lARRrs, Un ftm'arese a Venez.ia, cit., p, 88.

76 R. LEYDI, L'ahm musica. Etnomusicologia. Come abbiamo incontrato e creduto di conoscere le musicbe delle tradizioni popo/ari ed etniche, Milano, Ricordi, 1991, pp. 146~I56.

77 Ivi, pp. 163-169; G. SANGA, Fil%gia folklorica: il Giromelta, «L'immagine riflessa», X, 1987, pp. 107-120.

MUSICI, CANTORJ E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

pertorio, che contava canzoni, storie di vario genere e romanzi epico-cavalle­reschi di loro ideazione oppure rielaborazione di opere d'altri autori.

Gli autori antichi erano ben consapevoli dei ruolo dei cantastorie nella tra­smissione e nella trasformazione dei repertori. Diverse, infatti, sono le testimo­nianze cinquecentesche che confermano tali processi in relazione aIl'Orlando furioso. TI segretario ducale Giovanni Battista Pigna nei Romanzi, nell'osserva­zione LII dei suoi Scontri de luoghi dei 1554, descrive la diffusione dei romanzo dell'Ariosto nell'ambito popolare illustrando un esempio preciso di quelle modificazioni proprie della tradizione orale:

È gran contrasto in gioueni! pensiero [XXXIII 1,1 BI Che gli ignoranti a casa possano ritrovar quello che li scienziati non hanno saputo

con istudio ritrovare, più volte Sce n'è veduto la prova, ecl ora il medesimo si vede, percioché, cantandosi i versi del Furioso per le strade, i fanciuJli apparano moiti co­minciamenti di canti, come che egli siano a cio più commodi. Tra gli altri s'è cantato questo, al quale per dar aria posera la Oh che è esclamante in vece della È che non facea quell'effetto, e clissero:

Oh gran contrasto in giovenil pensiero [XXV 1,1 Cl

alla cui mutazione s'accosto l'Ariosto. Di qui si penseremo che non sia mal fatto il por mente a i versi che vanno per bocca di gente dei volga, che, se bene per 10 più li strop· piano, non possono ancora, dicendoli al riverscio, clar loro per clisgrazia miglior forma e suono assieme.78

Questo passo è stato più volte preso in considerazione per dimostrare sia la precoce diffusione popolare dei romanzo, sia l'apertura verso questo genere di intonazione da parte di Ariosto, dovuta probabilmente alla sensibilità dei poeta per la cura e ricerca dei verso ideale.79 Al di là di cià, la testimonianza di Pigna dà conferma della consapevolezza dei procedimenti di comunicazione e trasmissione dei cantastorie fra classi egemoni e classi subalterne i quali si fondano su meccanismi di proposta singola e di accettazione collettiva. Tale trasmissione utilizza le tecniche della composizione orale, la quale prevede da un lato l'azione di microvarianti inconscie (Oh piuttosto che È) che per gra­di impercettibili portano a prodotti varianti dei modello di partenza; dall' altro

]8 G.B. PIGNA, 1 Romanzi, ed. crioca a cura di S. Ritrovato, Bologna, Commissione per i testi di lingu~. 1997, pp. 165-166, Ringrazio Marco Dorigatti per avermi segnalato l'edizione critica dei Ro­manzt.

7'1 G. FUMAGALLI, La/ortuna dell'Orlando/unoso in Ilalia nel sec. XVI, «Atti e memorie» della Deputazione ferrarese di storia patria, :XX, III, 1912, p. 397; HAAR, An'e per cantar stam:e ariostesche, cit., pp. 34-35.

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CAMILLA CAVICCHI

Per quanto attiene alla creazione musicale, il ruolo dei cantastorie è talvol­ta sfuggente in quanto la sua produzione resta relegata ad un ambito di semi­oralità: da un lato la performance estemporanea, dall' altro la produzione a stampa dei fogli volanti che riproducono un testo, un'immagine e, più rara­mente, la musica (poiché i clienti l'avevano già imparata a memoria nel corso dello spettacolo). Editore e tipografo egli stesso, possiamo ben immaginare che nel corso delle sue esibizioni di piazza 10 Zoppino vendesse i propri fogli volanti nonché le edizioni di poemi cavallereschi e storici di cui era attivo pro­motore." La sua attività resta sempre al confine fra espressione orale e scritta, cosi come sul piano sociale e culturale egli è una figura di cerniera, di confine fra l'ambito colto delle corti e quello popolare delle piazze. Egli lavora a corte a vario titolo offrendo un intrattenimento differente da quello che potevano offrire i cantori della cappella, evidentemente, e distribuendo a corte i lib ri prodotti dalla sua tipografia. Egli dispone di competenze musicali specifiche, canta e si accompagna con una lira da braccio, ma è anche un tramite nella distribuzione di libri di musica (il pagamento sopramenzionato non ci dice se i libri di canto per i figli dei duca fossero a stampa 0 manoscritti) . Frequen­tando l'ambiente della corte, i cantastorie entrano in contatto con la produzio­ne letteraria più alla moda, ne assimilano i soggetti e talune peculiarità per poi rielaborade e trasmettede nelle piazze. Membrana osmotica tra la cultura del­la classe colta egemone e quella popolare, i cantastorie furono autori di una serie di manipolazioni di musiche e di testi poetici di grande successO.'6 Caso noto è quello della Girometta: una canzone di tradizione popolare dei reper­torio degli ambulanti, che dovette originariamente intitolarsi «il Girometa» (il venditore ambulante), ma che yenne fraintesa in ambito colto e trasformata ne <<la Girometta» appunto. Stabilitasi come tale nel repertorio musicale dei Cin­que e dei Seicento, la Girometta divenne un tema musicale privilegiato di moi­te composizioni.77 Quali responsabili di queste operazioni culturali, i cantasto­rie rientrano nella categoria di professionisti che Roberto Leydi definisce <<tnediatori professionaID>, personaggi alfabetizzati che lavoravano al confine fra la classe egemone e le classi subalterne, apportando trasformazioni nel re-

7S Per esempio l'Orlando innamorato di Boiardo, la prosecuzione dell'Innamorato di Agostini, L'innamoramento di Land/olto e Genevra, Le o"ende baltaglie de' Romani, Li successi bellici seguiti ne/la llalia dol falto d'arme di Gieredada tutti di Agostioi, l'Orlando furioso dell' Ariosto e moiti a1tri ancora, Sull'attività dello Zoppino come libraio ambulante si veda I-lARRrs, Un ftm'arese a Venez.ia, cit., p, 88.

76 R. LEYDI, L'ahm musica. Etnomusicologia. Come abbiamo incontrato e creduto di conoscere le musicbe delle tradizioni popo/ari ed etniche, Milano, Ricordi, 1991, pp. 146~I56.

77 Ivi, pp. 163-169; G. SANGA, Fil%gia folklorica: il Giromelta, «L'immagine riflessa», X, 1987, pp. 107-120.

MUSICI, CANTORJ E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

pertorio, che contava canzoni, storie di vario genere e romanzi epico-cavalle­reschi di loro ideazione oppure rielaborazione di opere d'altri autori.

Gli autori antichi erano ben consapevoli dei ruolo dei cantastorie nella tra­smissione e nella trasformazione dei repertori. Diverse, infatti, sono le testimo­nianze cinquecentesche che confermano tali processi in relazione aIl'Orlando furioso. TI segretario ducale Giovanni Battista Pigna nei Romanzi, nell'osserva­zione LII dei suoi Scontri de luoghi dei 1554, descrive la diffusione dei romanzo dell'Ariosto nell'ambito popolare illustrando un esempio preciso di quelle modificazioni proprie della tradizione orale:

È gran contrasto in gioueni! pensiero [XXXIII 1,1 BI Che gli ignoranti a casa possano ritrovar quello che li scienziati non hanno saputo

con istudio ritrovare, più volte Sce n'è veduto la prova, ecl ora il medesimo si vede, percioché, cantandosi i versi del Furioso per le strade, i fanciuJli apparano moiti co­minciamenti di canti, come che egli siano a cio più commodi. Tra gli altri s'è cantato questo, al quale per dar aria posera la Oh che è esclamante in vece della È che non facea quell'effetto, e clissero:

Oh gran contrasto in giovenil pensiero [XXV 1,1 Cl

alla cui mutazione s'accosto l'Ariosto. Di qui si penseremo che non sia mal fatto il por mente a i versi che vanno per bocca di gente dei volga, che, se bene per 10 più li strop· piano, non possono ancora, dicendoli al riverscio, clar loro per clisgrazia miglior forma e suono assieme.78

Questo passo è stato più volte preso in considerazione per dimostrare sia la precoce diffusione popolare dei romanzo, sia l'apertura verso questo genere di intonazione da parte di Ariosto, dovuta probabilmente alla sensibilità dei poeta per la cura e ricerca dei verso ideale.79 Al di là di cià, la testimonianza di Pigna dà conferma della consapevolezza dei procedimenti di comunicazione e trasmissione dei cantastorie fra classi egemoni e classi subalterne i quali si fondano su meccanismi di proposta singola e di accettazione collettiva. Tale trasmissione utilizza le tecniche della composizione orale, la quale prevede da un lato l'azione di microvarianti inconscie (Oh piuttosto che È) che per gra­di impercettibili portano a prodotti varianti dei modello di partenza; dall' altro

]8 G.B. PIGNA, 1 Romanzi, ed. crioca a cura di S. Ritrovato, Bologna, Commissione per i testi di lingu~. 1997, pp. 165-166, Ringrazio Marco Dorigatti per avermi segnalato l'edizione critica dei Ro­manzt.

7'1 G. FUMAGALLI, La/ortuna dell'Orlando/unoso in Ilalia nel sec. XVI, «Atti e memorie» della Deputazione ferrarese di storia patria, :XX, III, 1912, p. 397; HAAR, An'e per cantar stam:e ariostesche, cit., pp. 34-35.

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lato essa procede per macrovarianti consce, tese ad introdurre presso il pubbli­co cose nuove e rendendo il pubblico della piazza partecipe di mode dell' ege­monia'o ln tale prospettiva, si consideri per esempio l'introduzione di balli di corte in ambito popolare, come il Ballo di Mantova che passà al repertorio po­polare nel XVI secolo e che è ancora attestato nei balli dell' Appennino bolo­gnese col nome Bal dei barabèn.8

• Di tali passaggi ne è testimone il fatto che la maniera popolare di cantare le vicende di Orlando divenne apprezzata e ri­cercata nell' ambito delle corti, già a pochi anni dalla sua edizione. Lo stesso pontefice Leone X, prossimo all'Ariosto e sostenitore economico dell'edizione dei 1516, disponeva in Vaticano di cantastorie che intonavano l'Orlando: il 4

settembre '520 egli fa pagare 4 ducati «a quel canta d'Orlando»" Un'altra testimonianza, anche se molto più tarda, è il discorso di Giovanni

Bardi dei Conti di Vemio in difesa dell'Ariosto, tenuto all'Accademia degli Alterati il 24 febbraio 1583" Per la pertinenza che essa esprime con quanto finora considerato, citiamo per intero un passo saliente:

Fu ancora biasimato il poeta nella stanza del XXXII. canto che incomincia Tu rn)hai Ruggier lasciato io te non voglio tassando il poeta di bassezza soggiungendo che egli portava le pene del sua dir basso, poiehé le sue poesie si eantavano in sulla cetera per le taverne e nei barbieri, si risponde. che aneora moIte cose di Omero, il quale habbiamo ait ra volta detto che Aristotile per suo scopo nella sua Poetica si can­tavano da per tutto, dice Eliano che Licurgo fu il primo, che transportè la poesia d'O. mero dalla Ionia in Grecia perché avanti a Licurgo i versi suoi per tutto si cantavano separati, cioè la battaglia fatta aile navi, la morte di Patroclo, il riscatto di Ettore, e le essequie di esso Patroclo dice, che si cantavano per tutti questi versi non tra le per­sane scienziate e dotte. Merita per questo biasimo Ornero perché parte delle sue poe­sie fossino per la bocca d'ognuno? No, di vero siccome né ancora merita biasimo l'A­riosto perché se bene alcune sue stanze son cantate sulla cetera da gente basse sono ancor cantate da uomini nobili e di molto sapere, la che è chiaro segno della lor per-

80 W.]. ONG, Oralità e scrzttura. Le temologie della parafa, Bologna, TI Mulino, 2004; LEYDI, L'altra musica, cit., pp. 146-150.

81 Ivi, pp. 163-165.

~1. Cit? la versione (rancese.del ~as~o~ a mia disposizione: L. VON PASTOR, Histoire des papes depuIS fa fin du Moyen Age, Pans, Llbrame Plon , 1909, vrn, p. 56. Che si tratti forse dello stesso Zoppino che sappiamo essere stato a Roma dove aveva ottenuto un privilegio papale per i suoi libri? Cfr. HARRIS, Un lerrarese a Venezia, cit., p. 88.

8) TI discorso di Bardi è stato preso in esame da J. HAAR, From "cantimbanco" ta Court: The Musical Fortunes 0/ Ariosto in Florentine Society, in L'arme e gli amori, Ariosto. Tasso and Guarini in LaIe Renaissance Florence, a cura di M. Rossi - F. Gioffredi Superbi, Firenze, L.S. Olschki, 2004, II, pp. 179-197. Si rinvia a questo contributo per ogni approfondimento sul successo delle ot· tave dell'Orlando funoso presso i compositori del secondo Cinquecento, moiti dei quali sono citati nel discorso di Bardi.

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MUSTCT, CANTORI E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL 1'EMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

fetione, hor chi non sa che tutte le poesie son fatte per cantarsi e che più merita Ioda la poesia fatta in versi che in prosa per esser in essa il verso, il ritmo e il suono con­forme alla musica, che secondo Platone, Aristotile, Aristosseno, Vetruvio, Tolomeo. Boetio essa musica non è altro che verso ritrno e suono. Non dice Omero nell'lliade sua: Canto l'ira dei figlzolo d'Achille e Virgilio L'arme e l'homo canto. L . .J Essendo adunque eantati li versi dell' Ariosto da uomini volgari ci dà segno che sono tanto pie­ni di ritmo, e di suono che tirano per forza ciascuno che li legge a imparare a mente per cantarli, chiaro segno della loro perfettione, e siccome li uomini di piccolo inten­dimento e idioti sono tirati per forza dall'Eccellenza del verso a cantarli, ci sono ve­nuti per amore li uomini di alto ingegno e scientiati di questa professione L . .J hor di quai poeta si cantano più parole messe in musiea e composte da eccellenti uomini, figurata e come si dice a aria che di questi e del Petrarca? Le stanze del Bembo che sono cotanto rniracolose, furono pur messe tutte a [sic per e] cmquanta in musica da uorno peritissimo, e sono eontinuamente, come altresi le poesie del Petrarca, per la bocca d' ognuno. Meritano dunque biasimo questi eccellenti uomini per esser cantati da tutto il mon do, e figuratamene e ad aria? no di vero, anzi Ioda, poiché sono ado­perati per quello sono stati fatti dall'arte e dalla natura. Farè qui un poco di digres­sione dicendo, che l'arie che si cantano non son altro che musica e composte da uo­mini periti in quella scÎenza e se sono cantate da uomini idioti, adiviene per la loro facilità, nella quale consiste l'eccellentia della casa; e di quelle che sono in somma ec­cellentia, ciascuno si serve e le adopera come diro tosto. Dico ancora che le nostre Arie sono più secondo la natura che quelle chiamate musicali, e che più s'appressano alle antiche tanto celebrate dalli scrittori, e in particolare dell' Arie che si cantano sen­za accordo. Ma ritornando d'onde mi partii, dico, che non è meraviglia se ciascuna tirato da ritmo e suano si dolce, che è la perfezione del verso. imprende a cantare i versi dell'Ariosto. [ ... )'4

La testimonianza rende conto di molteplici aspetti inerenti la tradizione musicale dell'Orlando furioso: dalla maniera di porre in musica il testo nella forma monodica delle arie che si cantano «senza accordo» (le più prossime secondo Bardi alle tradizioni antiche), fino alle composizioni <J'igurate», cioè in notazione mensurale, polifoniche, interpretate dal popolo come pure dai più eccellenti musici. Nella difesa dell' Ariosto, gli interessi e le conoscenze dell' antico di Giovanni Bardi 10 spingono a legittimare la tradizione popolare dei Furioso trovando un precedente illustre in Omero. L'intuizione colta di Bardi, che vede negli aedi antichi i precursori dei cantastorie, troverà confer-

84 Firenze, Biblioteca Centrale Nazionale, ms. Mag!. VI. 168. GIOVANNI BARDI, Discorsi dell'Ac­cademia degli Alterali, in difesa dell'Ariosto (24 febbraio 1583), cc. 6oV-63r. Per la datazione deI di· scorso si veda B. WEINBERG, A Hislory 01 Lilerary Crilicism in the !talian Renaissance, Chicago, Uni­versity of Chicago Press, 1961, II, p. 985. Ringrazio Adriano Cavicchi per aver sottoposto alla mia attenzione questo passa.

Page 28: Musici, Cantori e Cantimbanchi a Corte Al Tempo Dell Orlando Furioso

CAMILLA CAVICCHI

lato essa procede per macrovarianti consce, tese ad introdurre presso il pubbli­co cose nuove e rendendo il pubblico della piazza partecipe di mode dell' ege­monia'o ln tale prospettiva, si consideri per esempio l'introduzione di balli di corte in ambito popolare, come il Ballo di Mantova che passà al repertorio po­polare nel XVI secolo e che è ancora attestato nei balli dell' Appennino bolo­gnese col nome Bal dei barabèn.8

• Di tali passaggi ne è testimone il fatto che la maniera popolare di cantare le vicende di Orlando divenne apprezzata e ri­cercata nell' ambito delle corti, già a pochi anni dalla sua edizione. Lo stesso pontefice Leone X, prossimo all'Ariosto e sostenitore economico dell'edizione dei 1516, disponeva in Vaticano di cantastorie che intonavano l'Orlando: il 4

settembre '520 egli fa pagare 4 ducati «a quel canta d'Orlando»" Un'altra testimonianza, anche se molto più tarda, è il discorso di Giovanni

Bardi dei Conti di Vemio in difesa dell'Ariosto, tenuto all'Accademia degli Alterati il 24 febbraio 1583" Per la pertinenza che essa esprime con quanto finora considerato, citiamo per intero un passo saliente:

Fu ancora biasimato il poeta nella stanza del XXXII. canto che incomincia Tu rn)hai Ruggier lasciato io te non voglio tassando il poeta di bassezza soggiungendo che egli portava le pene del sua dir basso, poiehé le sue poesie si eantavano in sulla cetera per le taverne e nei barbieri, si risponde. che aneora moIte cose di Omero, il quale habbiamo ait ra volta detto che Aristotile per suo scopo nella sua Poetica si can­tavano da per tutto, dice Eliano che Licurgo fu il primo, che transportè la poesia d'O. mero dalla Ionia in Grecia perché avanti a Licurgo i versi suoi per tutto si cantavano separati, cioè la battaglia fatta aile navi, la morte di Patroclo, il riscatto di Ettore, e le essequie di esso Patroclo dice, che si cantavano per tutti questi versi non tra le per­sane scienziate e dotte. Merita per questo biasimo Ornero perché parte delle sue poe­sie fossino per la bocca d'ognuno? No, di vero siccome né ancora merita biasimo l'A­riosto perché se bene alcune sue stanze son cantate sulla cetera da gente basse sono ancor cantate da uomini nobili e di molto sapere, la che è chiaro segno della lor per-

80 W.]. ONG, Oralità e scrzttura. Le temologie della parafa, Bologna, TI Mulino, 2004; LEYDI, L'altra musica, cit., pp. 146-150.

81 Ivi, pp. 163-165.

~1. Cit? la versione (rancese.del ~as~o~ a mia disposizione: L. VON PASTOR, Histoire des papes depuIS fa fin du Moyen Age, Pans, Llbrame Plon , 1909, vrn, p. 56. Che si tratti forse dello stesso Zoppino che sappiamo essere stato a Roma dove aveva ottenuto un privilegio papale per i suoi libri? Cfr. HARRIS, Un lerrarese a Venezia, cit., p. 88.

8) TI discorso di Bardi è stato preso in esame da J. HAAR, From "cantimbanco" ta Court: The Musical Fortunes 0/ Ariosto in Florentine Society, in L'arme e gli amori, Ariosto. Tasso and Guarini in LaIe Renaissance Florence, a cura di M. Rossi - F. Gioffredi Superbi, Firenze, L.S. Olschki, 2004, II, pp. 179-197. Si rinvia a questo contributo per ogni approfondimento sul successo delle ot· tave dell'Orlando funoso presso i compositori del secondo Cinquecento, moiti dei quali sono citati nel discorso di Bardi.

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MUSTCT, CANTORI E 'CANTIMBANCHI' A CORTE AL 1'EMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

fetione, hor chi non sa che tutte le poesie son fatte per cantarsi e che più merita Ioda la poesia fatta in versi che in prosa per esser in essa il verso, il ritmo e il suono con­forme alla musica, che secondo Platone, Aristotile, Aristosseno, Vetruvio, Tolomeo. Boetio essa musica non è altro che verso ritrno e suono. Non dice Omero nell'lliade sua: Canto l'ira dei figlzolo d'Achille e Virgilio L'arme e l'homo canto. L . .J Essendo adunque eantati li versi dell' Ariosto da uomini volgari ci dà segno che sono tanto pie­ni di ritmo, e di suono che tirano per forza ciascuno che li legge a imparare a mente per cantarli, chiaro segno della loro perfettione, e siccome li uomini di piccolo inten­dimento e idioti sono tirati per forza dall'Eccellenza del verso a cantarli, ci sono ve­nuti per amore li uomini di alto ingegno e scientiati di questa professione L . .J hor di quai poeta si cantano più parole messe in musiea e composte da eccellenti uomini, figurata e come si dice a aria che di questi e del Petrarca? Le stanze del Bembo che sono cotanto rniracolose, furono pur messe tutte a [sic per e] cmquanta in musica da uorno peritissimo, e sono eontinuamente, come altresi le poesie del Petrarca, per la bocca d' ognuno. Meritano dunque biasimo questi eccellenti uomini per esser cantati da tutto il mon do, e figuratamene e ad aria? no di vero, anzi Ioda, poiché sono ado­perati per quello sono stati fatti dall'arte e dalla natura. Farè qui un poco di digres­sione dicendo, che l'arie che si cantano non son altro che musica e composte da uo­mini periti in quella scÎenza e se sono cantate da uomini idioti, adiviene per la loro facilità, nella quale consiste l'eccellentia della casa; e di quelle che sono in somma ec­cellentia, ciascuno si serve e le adopera come diro tosto. Dico ancora che le nostre Arie sono più secondo la natura che quelle chiamate musicali, e che più s'appressano alle antiche tanto celebrate dalli scrittori, e in particolare dell' Arie che si cantano sen­za accordo. Ma ritornando d'onde mi partii, dico, che non è meraviglia se ciascuna tirato da ritmo e suano si dolce, che è la perfezione del verso. imprende a cantare i versi dell'Ariosto. [ ... )'4

La testimonianza rende conto di molteplici aspetti inerenti la tradizione musicale dell'Orlando furioso: dalla maniera di porre in musica il testo nella forma monodica delle arie che si cantano «senza accordo» (le più prossime secondo Bardi alle tradizioni antiche), fino alle composizioni <J'igurate», cioè in notazione mensurale, polifoniche, interpretate dal popolo come pure dai più eccellenti musici. Nella difesa dell' Ariosto, gli interessi e le conoscenze dell' antico di Giovanni Bardi 10 spingono a legittimare la tradizione popolare dei Furioso trovando un precedente illustre in Omero. L'intuizione colta di Bardi, che vede negli aedi antichi i precursori dei cantastorie, troverà confer-

84 Firenze, Biblioteca Centrale Nazionale, ms. Mag!. VI. 168. GIOVANNI BARDI, Discorsi dell'Ac­cademia degli Alterali, in difesa dell'Ariosto (24 febbraio 1583), cc. 6oV-63r. Per la datazione deI di· scorso si veda B. WEINBERG, A Hislory 01 Lilerary Crilicism in the !talian Renaissance, Chicago, Uni­versity of Chicago Press, 1961, II, p. 985. Ringrazio Adriano Cavicchi per aver sottoposto alla mia attenzione questo passa.

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CAMILLA CAVICCHI

ma scientifica solo nel XX secolo, grazie aile ricerche di Milman Peny e di Albert Lord." Lo stesso Orlando furioso godette di una trasmissione orale po­polare fino al XX secolo. Negli anni '50, nel corso delle sue ricerche in Italia, l'etnomusicologo americano Alan Lomax registrô le ultime vive attestazioni di questa tradizione, che sono oggi conservate negli archivi sonori dell' Accade­mia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. Resta straordinaria l'intervista a Vit­torio Lorenzi detto il Poetino, cantastorie di Treppo di Sambuca pistoiese, registrato da Alan Lomax il 28 novembre '954. Le caratteristiche musicali dell' aria utilizzata dal Poetino presentano alcuni elementi comuni agli antichi aeri per cantare le stanze, come il declamato sillabico, il profilo melodico on­div.go che crea attesa e offre la possibilità di essere ripetuto e variato ad libt~ tum, mentre la fortna musicale dell'aere cinquecentesco illustrata poc'anzi (A tripartito per i primi sei versi e B per gli ultimi due) è assente. L'aria dei Poe­tino è, peraltro, una melodia diffusa nei repertori dei cantastorie, usata per intonare altre storie in endecasillabi. Ecco la trascrizione dei testa intonato da Vittorio Lorenzi:

Le donne, i cavallier, l'anne e gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto, che fur nel tempo che passaro i Mari d'Mrica il mare in Francia nocquer tanto, canterà l'ire e i giovanil furori d'Agramante lor re, che si diè vante di vendicar la morte di Troiano sopra re Carlo imperator romano.86

Vincenzo Lorenzi intona la prima ottava dei Furioso, seconda la versione dell'edizione C dei '532. Le varianti trascritte in corsivo testimoniano di quelle consuetudini di elaborazione dei processi creativi dell'oralità a cui, come ab­biamo vista, la stesso Ariosto era sensibile: fur in luogo di furo; cantero in luo­go di seguendo; giovanil in luogo di giovenil.

La lista dei romanzi che il Poetino ha memorizzato è assai copiosa, e Alan Lomax nell'intervista gli chiede come avesse fatto ad apprendere tutti quei poemi: sin da piccolo li aveva letti sui Iibri dei padre, durante le pause di la­voro (raccoglieva legna per produrre carbone in Toscana e in Corsica, ad

8f A.B. LORD, TheSingers of Tales, seconda edizionc a cura di S. Mitchel1- G. Nagy, Cambrid­ge Massachusetts-London, Harvard University Press, 2000.

86 Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma, Archivio sonoro, Raccolta 2.4, Alan Lomax, n. 12.

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MUSICl, CANTORl E 'CANTIMBANCHI ' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

Aiaccio). Alla domanda di Lomax se i romanzi che il Poetino recitava fossero più a mena ?eri, egli rispose: «Verissimi, è la storia francese! Oh, acciderba!» e Lomax: «E veramente vero?» TI Poetino: <<È realtà, è realtà! 10 gIi potrei ci­tare anche la rotta di Roncisvalle ... ».'7 La testimonianza è particolarmente si­gnificativa: essa dà conferma non solo di quella dimensione mitica dei tempo propria dei pensiero popolare, ma anche della profondità della memoria orale in grado di mantenere vive tradizioni secolari. '

Ritorniamo a Ferrara, agli anni della composizione dell' Orlando furioso. TI contesta musicale che l'Ariosto ebbe occasione di vivere fu per moIti aspetti singolare e non paragonabile a quello di agni altra corte italiana, come si sot­tolineava anche aII'inizio di questo intervento: la cappella dei duca con i suoi cantori virtuosi, i compositori franco-fianlminghi, la polifonia sacra di mottetti e messe, le chansons francesi (e di Il a poco, i primi madrigali); i frottolisti, gli strambotti, le frorrole e la musica su testi latini classici 0 aII'antica; gli improv­visa tari alla lira, ciechi e vedenti; i cantastorie; i Iiutisti; la musica strumentale e la sperimentazione sugli strumenti musicali. In tale ricchezza ed eterogeneità di gusti musicali l'interesse per la ripresa e l'attualizzazione dell'antico in mu­sica è di certo uno degli elementi più specifici della corte degli Este, e proprio ln questo percorso si inseriscono le composizioni musicali su poesie latine classiche di Tromboncino e di Pesenti. Più in generale è evidente l'interesse dei compositori per la poesia contemporanea, latina e volgare, di Antonio Te­baldeo, di Galeotto dei Carretto, di Giovanni Gioviano Pontano, ecc. La ma­niera in cui la poesia è messa in musica riflette, di volta in volta, atteggiamenti poetici particolari, che non si risolvono con la semplice adozione della metrica dei passo poetico al ritmo dei brano musicale 0 l'adattamento a fortne musi­cali preesistenti. L'approccio di questi testi è mediato e più complesso.

87 Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma, Archivio sonoro, Raccolta 24, Alan Lomax, n.15·

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CAMILLA CAVICCHI

ma scientifica solo nel XX secolo, grazie aile ricerche di Milman Peny e di Albert Lord." Lo stesso Orlando furioso godette di una trasmissione orale po­polare fino al XX secolo. Negli anni '50, nel corso delle sue ricerche in Italia, l'etnomusicologo americano Alan Lomax registrô le ultime vive attestazioni di questa tradizione, che sono oggi conservate negli archivi sonori dell' Accade­mia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. Resta straordinaria l'intervista a Vit­torio Lorenzi detto il Poetino, cantastorie di Treppo di Sambuca pistoiese, registrato da Alan Lomax il 28 novembre '954. Le caratteristiche musicali dell' aria utilizzata dal Poetino presentano alcuni elementi comuni agli antichi aeri per cantare le stanze, come il declamato sillabico, il profilo melodico on­div.go che crea attesa e offre la possibilità di essere ripetuto e variato ad libt~ tum, mentre la fortna musicale dell'aere cinquecentesco illustrata poc'anzi (A tripartito per i primi sei versi e B per gli ultimi due) è assente. L'aria dei Poe­tino è, peraltro, una melodia diffusa nei repertori dei cantastorie, usata per intonare altre storie in endecasillabi. Ecco la trascrizione dei testa intonato da Vittorio Lorenzi:

Le donne, i cavallier, l'anne e gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto, che fur nel tempo che passaro i Mari d'Mrica il mare in Francia nocquer tanto, canterà l'ire e i giovanil furori d'Agramante lor re, che si diè vante di vendicar la morte di Troiano sopra re Carlo imperator romano.86

Vincenzo Lorenzi intona la prima ottava dei Furioso, seconda la versione dell'edizione C dei '532. Le varianti trascritte in corsivo testimoniano di quelle consuetudini di elaborazione dei processi creativi dell'oralità a cui, come ab­biamo vista, la stesso Ariosto era sensibile: fur in luogo di furo; cantero in luo­go di seguendo; giovanil in luogo di giovenil.

La lista dei romanzi che il Poetino ha memorizzato è assai copiosa, e Alan Lomax nell'intervista gli chiede come avesse fatto ad apprendere tutti quei poemi: sin da piccolo li aveva letti sui Iibri dei padre, durante le pause di la­voro (raccoglieva legna per produrre carbone in Toscana e in Corsica, ad

8f A.B. LORD, TheSingers of Tales, seconda edizionc a cura di S. Mitchel1- G. Nagy, Cambrid­ge Massachusetts-London, Harvard University Press, 2000.

86 Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma, Archivio sonoro, Raccolta 2.4, Alan Lomax, n. 12.

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MUSICl, CANTORl E 'CANTIMBANCHI ' A CORTE AL TEMPO DELL'ORLANDO FURIOSO

Aiaccio). Alla domanda di Lomax se i romanzi che il Poetino recitava fossero più a mena ?eri, egli rispose: «Verissimi, è la storia francese! Oh, acciderba!» e Lomax: «E veramente vero?» TI Poetino: <<È realtà, è realtà! 10 gIi potrei ci­tare anche la rotta di Roncisvalle ... ».'7 La testimonianza è particolarmente si­gnificativa: essa dà conferma non solo di quella dimensione mitica dei tempo propria dei pensiero popolare, ma anche della profondità della memoria orale in grado di mantenere vive tradizioni secolari. '

Ritorniamo a Ferrara, agli anni della composizione dell' Orlando furioso. TI contesta musicale che l'Ariosto ebbe occasione di vivere fu per moIti aspetti singolare e non paragonabile a quello di agni altra corte italiana, come si sot­tolineava anche aII'inizio di questo intervento: la cappella dei duca con i suoi cantori virtuosi, i compositori franco-fianlminghi, la polifonia sacra di mottetti e messe, le chansons francesi (e di Il a poco, i primi madrigali); i frottolisti, gli strambotti, le frorrole e la musica su testi latini classici 0 aII'antica; gli improv­visa tari alla lira, ciechi e vedenti; i cantastorie; i Iiutisti; la musica strumentale e la sperimentazione sugli strumenti musicali. In tale ricchezza ed eterogeneità di gusti musicali l'interesse per la ripresa e l'attualizzazione dell'antico in mu­sica è di certo uno degli elementi più specifici della corte degli Este, e proprio ln questo percorso si inseriscono le composizioni musicali su poesie latine classiche di Tromboncino e di Pesenti. Più in generale è evidente l'interesse dei compositori per la poesia contemporanea, latina e volgare, di Antonio Te­baldeo, di Galeotto dei Carretto, di Giovanni Gioviano Pontano, ecc. La ma­niera in cui la poesia è messa in musica riflette, di volta in volta, atteggiamenti poetici particolari, che non si risolvono con la semplice adozione della metrica dei passo poetico al ritmo dei brano musicale 0 l'adattamento a fortne musi­cali preesistenti. L'approccio di questi testi è mediato e più complesso.

87 Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma, Archivio sonoro, Raccolta 24, Alan Lomax, n.15·