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Ricerche e problemi 03 Silvano Sansuini Il cervello e la musica Strumenti e tecniche 7 Anna Rita Addessi, Marina Maffioli Creatività musicale e motoria: attività di analisi e composizione 14 Sabrina Ceccarelli Vedere i suoni, ascoltare le immagini Pratiche educative 19 Pier Giorgio Oriani, Mauro Scardovelli Un musicoterapeuta nel sacco alla scuola dell’infanzia 24 Cherubina Ramacci La popular music: un ponte tra ragazzi e scuola 28 Marina Angelini Scoprire Mahler tra suoni e colori Confronti e dibattiti 32 Maria Teresa Lietti (a cura di) SCUOLE MEDIE A INDIRIZZO MUSICALE: FRA NOVITÀ LEGISLATIVE E VECCHI PROBLEMI 34 Fiorenza Nastro Lombardi Il lavoro d’équipe diventa necessario 35 Ugo Fea Una relazione positiva alla base di ogni didattica 36 Andriana Mascoli Un ruolo da rivalutare: l’insegnante unico Libri e riviste 39 Franca Ferrari Il suono delle musiche: dalla storia al futuro [su F. Delalande, Le son des musiques, Buchet & Chastel] 40 SCHEDE 41 Maurizio Della Casa Una variegata mappa tematica per esplorare l’universo musicale [su Enciclopedia della Musica, Einaudi] 42 Roberto Albarea, RASSEGNA PEDAGOGICA 44 Anna Rita Addessi Multimedialità e musica: insieme nella scuola dei bambini [su F. Mazzoli, C’era una volta un re, un mi, un fa, EDT] 46 Luca Marconi, DA NON PERDERE Rubriche 09 Augusto Pasquali, MUSICA IN INTERNET: Quando l’orchestra diventa interattiva 13 Francesco Bellomi, PAROLE CHIAVE: Diapason 18 Annibale Rebaudengo, GIORNALE SIEM: Un’esperienza di e-learning sul territorio nazionale 22 Emanuela Perlini – Davide Zambelli, DANZE A SCUOLA: Indo Eu 30 John Paynter, INVENZIONI MUSICALI: Non perdiamo tempo 38 Carla Tessari, SPAZIO LABORATORI: Laboratori del Veneto: prima rassegna musicale 47 Donatella Bartolini, QUESTIONI DI METODO: Giochi di parole Trimestrale di cultura e pedagogia musicale Organo della Siem Società Italiana per l’Educazione Musicale www.siem-online.it Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 411 del 23.12.1974 - ISSN 0391-4380 Anno XXXIV, numero 124 settembre 2002 Direttore responsabile Rosalba Deriu Redattori Franca Mazzoli e Davide Zambelli Segretaria di redazione Simonetta Bettio Comitato di redazione Maurizio Della Casa, Franca Ferrari, Luca Marconi, Ester Seritti Segreteria di redazione Vicoletto cieco San Carlo, 2 - 37129 Verona Tel. e Fax 045-8346104 e-mail: [email protected] Grafica copertina Raffaello Repossi Preparazione pellicole Cierre Grafica Caselle di Sommacampagna - Verona Tel. 045-8580900, Fax 045-8580907 Stampa Stampatre, Torino Editore EDT srl, 19 Via Alfieri, 10121 Torino Amministrazione Tel. 011-5591816, Fax 011-5591824 e-mail: [email protected] Promozione, vendite e abbonamenti Tel. 011-5591831, Fax 011-5591824 e-mail: [email protected] Pubblicità Tel. e Fax 011-9364761 e-mail: [email protected] Un fascicolo Italia e 4,50 - Estero e 6,00 Abbonamenti annuali Italia e 16,00 - Estero e 20,00, comprensivo di quattro fascicoli della rivista. Gli abbonamenti pos- sono essere effettuati inviando assegno non trasferi- bile intestato a EDT srl, versando l'importo sul c.c.p. 24809105 intestato a EDT srl, o tramite carta di cre- dito (Cartasì, Visa, Mastercard) con l’indicazione “Musica Domani”. La rivista è inviata gratuitamen- te ai soci Siem in regola con l’iscrizione. Quote associative Siem per l’anno 2002 Soci ordinari e 31,00 – Studenti e 26,00. Soci sostenitori da e 62,00 – Biblioteche e 31,00. Le quote associative si ricevono sul c.c.p. 19005404, intestato a Società Italiana per l’Educazione Musica- le e vanno spedite a: Siem, Via Dell’Unione, 4 – 40126 Bologna. Per comunicazioni e richieste: tel. e fax 011-9364761 – e-mail: [email protected]c.c.p.: 19005404. Iscrizione all’Isme per l’anno 2002 International Society for Music Education Socio individuale, senza rivista, $30; con le riviste $54. Le quote possono essere versate con carte di credito Visa, American Express, Master Card o chè- que bancario a: ISME International Office, PO Box 909, Nedlands, 6909 Western, Australia – fax 00 61-8-9386 2658. Indice Musica Domani

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Ricerche e problemi

03 Silvano SansuiniIl cervello e la musica

Strumenti e tecniche

7 Anna Rita Addessi, Marina MaffioliCreatività musicale e motoria:attività di analisi e composizione

14 Sabrina CeccarelliVedere i suoni, ascoltare le immagini

Pratiche educative

19 Pier Giorgio Oriani, Mauro ScardovelliUn musicoterapeuta nel sacco alla scuola dell’infanzia

24 Cherubina RamacciLa popular music: un ponte tra ragazzi e scuola

28 Marina AngeliniScoprire Mahler tra suoni e colori

Confronti e dibattiti

32 Maria Teresa Lietti (a cura di)SCUOLE MEDIE A INDIRIZZO MUSICALE:FRA NOVITÀ LEGISLATIVE E VECCHI PROBLEMI

34 Fiorenza Nastro LombardiIl lavoro d’équipe diventa necessario

35 Ugo FeaUna relazione positiva alla base di ogni didattica

36 Andriana MascoliUn ruolo da rivalutare: l’insegnante unico

Libri e riviste

39 Franca FerrariIl suono delle musiche: dalla storia al futuro[su F. Delalande, Le son des musiques, Buchet & Chastel]

40 SCHEDE

41 Maurizio Della CasaUna variegata mappa tematica per esplorare l’universo musicale[su Enciclopedia della Musica, Einaudi]

42 Roberto Albarea, RASSEGNA PEDAGOGICA

44 Anna Rita AddessiMultimedialità e musica: insieme nella scuola dei bambini[su F. Mazzoli, C’era una volta un re, un mi, un fa, EDT]

46 Luca Marconi, DA NON PERDERE

Rubriche

09 Augusto Pasquali, MUSICA IN INTERNET: Quando l’orchestradiventa interattiva

13 Francesco Bellomi, PAROLE CHIAVE: Diapason18 Annibale Rebaudengo, GIORNALE SIEM: Un’esperienza

di e-learning sul territorio nazionale22 Emanuela Perlini – Davide Zambelli, DANZE A SCUOLA: Indo Eu30 John Paynter, INVENZIONI MUSICALI: Non perdiamo tempo38 Carla Tessari, SPAZIO LABORATORI: Laboratori del Veneto:

prima rassegna musicale47 Donatella Bartolini, QUESTIONI DI METODO: Giochi di parole

Trimestrale di cultura e pedagogia musicale Organo della Siem

Società Italiana per l’Educazione Musicale

www.siem-online.it

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 411del 23.12.1974 - ISSN 0391-4380

Anno XXXIV, numero 124 settembre 2002

Direttore responsabile Rosalba DeriuRedattori Franca Mazzoli e Davide Zambelli

Segretaria di redazione Simonetta Bettio

Comitato di redazione Maurizio Della Casa,Franca Ferrari, Luca Marconi, Ester Seritti

Segreteria di redazioneVicoletto cieco San Carlo, 2 - 37129 Verona

Tel. e Fax 045-8346104e-mail: [email protected]

Grafica copertina Raffaello Repossi

Preparazione pellicole Cierre GraficaCaselle di Sommacampagna - VeronaTel. 045-8580900, Fax 045-8580907

Stampa Stampatre, Torino

Editore EDT srl, 19 Via Alfieri, 10121 Torino

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Quote associative Siem per l’anno 2002Soci ordinari e 31,00 – Studenti e 26,00.Soci sostenitori da e 62,00 – Biblioteche e 31,00.Le quote associative si ricevono sul c.c.p. 19005404,intestato a Società Italiana per l’Educazione Musica-le e vanno spedite a: Siem, Via Dell’Unione, 4 –40126 Bologna. Per comunicazioni e richieste: tel. efax 011-9364761 – e-mail: [email protected] –c.c.p.: 19005404.

Iscrizione all’Isme per l’anno 2002International Society for Music Education

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to Annarita Addessi ricercatrice in musicologia alla Facoltà di Scienze della Formazione di BolognaRoberto Albarea docente di Pedagogia all’Università di UdineMarina Angelini operatrice musicale a Frosinone

Donatella Bartolini docente di Pedagogia musicale per Didattica della musica a ModenaFrancesco Bellomi docente di Elementi di composizione per Didattica della musica a MilanoSabrina Ceccarelli docente di Musica presso il Liceo Pedagogico e Linguistico di Subiaco (Rm)

Maurizio Della Casa pedagogista a MantovaUgo Fea docente di Chitarra nella scuola media a indirizzo musicale a Fossano (Cuneo)

Franca Ferrari docente di Pedagogia musicale per Didattica della musica a FrosinoneMaria Teresa Lietti docente di Violino nella scuola media a indirizzo musicale a Como

Marina Maffioli docente di Danza classica a BolognaLuca Marconi docente di Pedagogia musicale per Didattica della musica a Como

Adriana Mascoli docente di Pianoforte nella scuola media a indirizzo musicale a Erba (Co)Giovanni Mocchi docente di Metodologia della Musica, SILSIS, Università di Pavia

Fiorenza N. Lombardi dirigente scolastica di Istituto Comprensivo a Baranzate di Bollate (Mi)Pierluigi Oriani musicoterapeuta a Faenza (Ra)

Beatrice Pallone operatrice musicale a MantovaAugusto Pasquali docente di Educazione musicale nella scuola media a Bologna

John Paynter compositore, East Yorkshire, InghilterraEmanuela Perlini docente di Educazione musicale nella scuola media a Verona

Cherubina Ramacci docente di Educazione musicale nella scuola media a Priverno (Lt)Annibale Rebaudengo docente di Pianoforte al conservatorio di Milano

Silvano Sansuini pedagogista a ParmaMauro Scardovelli psicoterapeuta a Camogli (Ge)

Carla Tessari docente di Chitarra nella scuola media a indirizzo musicale a Sant’Ambrogio (Vr)Davide Zambelli docente di Educazione musicale nella scuola media a Verona

Via Regina Margherita, 15 - 37060 Mozzecane - VeronaTel. 045 6340500 - Fax 045 6340510

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l’evoluzione

della musica

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Sono numerosi gli studi che si sono soffermati sul-l’importanza dei vari elementi della comunicazioneverbale da parte della mamma, durante i primi mesidella vita del bambino (Céleste B. - Delalande F. - Du-maurier E., 1982; Ciatti S., 1981).1 Conseguentemen-te da più parti è stato notato che, quando il bambinonon è ancora in grado di attribuire significato ai sin-goli vocaboli, sono soprattutto gli elementi prosodicidella comunicazione (l’intonazione della voce, il tim-bro, il ritmo) e l’atteggiamento espressivo globale, aessere decodificati (Fernald A., 1985, 1989). E di ciòci si rende conto anche intuitivamente.Secondo accreditate teorie di neuropsicologia, gliaspetti prosodici del messaggio verbale, vale a direquelli non legati al significato delle parole, verrebbe-ro decodificati prevalentemente dall’emisfero destrodel cervello, definito anche gestaltico, per la sua ca-pacità di cogliere la globalità delle forme e quindi diavere rappresentazioni d’insieme, piuttosto che ana-litiche (Critchley M. - Henson R.A., 1987; Boncinel-li, 1999). Le prime modalità di percezione generaleda parte del bambino sono essenzialmente legate aquesto criterio e, pertanto, è da ritenere che l’emisfe-ro destro, più orientato alla decodificazione delle im-magini spazio-visive, abbia caratteri di dominanzanella primissima infanzia (Critchley M. - HensonR.A., 1987).La percezione del volto dei famigliari, e in particolaredella mamma, avviene con una modalità olistica checoglie simultaneamente l’insieme e quindi non è basa-ta sull’analisi dei particolari.L’emisfero destro è anche quello al quale viene con-venzionalmente attribuito un ruolo preponderante

nella decodificazione del messaggio musicale. Il rico-noscimento delle singole parole comporta, invece,un’attività di tipo analitico che sarà di prevalentecompetenza dell’emisfero sinistro (Ornstein R.-Thompson R.F., 1987). Nella realtà accade poi che idue emisferi operino in modo tutt’altro che autono-mo giacché, collegati anche da strutture anatomiche(soprattutto il corpo calloso), essi non solo si scam-biano informazioni ma, in situazioni particolari,giungono perfino a vicariare, almeno parzialmente,l’uno le funzioni dell’altro.Occorre anche ricordare la dominanza incrociata deidue emisferi, per cui l’emisfero destro controlla e ri-ceve le informazioni dall’intero lato sinistro dell’or-ganismo; viceversa per l’emisfero sinistro. Secondogli psicologi De Mendoza J. e De Mendoza L.J.(1996), «l’emisfero sinistro rappresenterebbe il “cer-vello digitale”, cervello della riflessione, del ragiona-mento e della logica; e l’emisfero destro il “cervelloanalogico”, quello dell’intuizione e dell’immagina-zione, della fantasia e del sogno. In altre parole, pre-se in prestito dalla psicoanalisi – una volta tanto…–,il cervello destro sarebbe alla base del processo pri-mario, e il sinistro del processo secondario. Così unindividuo “razionale” dovrebbe mobilitare più facil-mente e più frequentemente il suo emisfero sinistro,contrariamente al “creativo”, che utilizzerebbe dipreferenza il suo emisfero destro».2

Emozioni e circuiti neurali

La globalità della percezione acustica durante i primimesi di vita del bambino avviene dunque con le mo-dalità di elaborazione che sono tipiche dell’emisferodestro. Questo è anche il periodo durante il quale co-mincia a strutturarsi la vita psichica, in un rapportodi risonanza con le emozioni. Le prime fasi di quel linguaggio sonoro-affettivo ches’instaura tra la mamma e il bambino sono caratte-rizzate da una relazione che può essere definita co-municazione affettiva. Quando il bambino si rendeconto che il suo gesto o il suo grido generano un ri-scontro positivo nella mamma, espresso da un sorrisoo da un atteggiamento di affettuosa approvazione,quella modalità espressiva si salda, anche neurologi-camente, con i circuiti delle regioni emozionali, rin-forzandoli. Naturalmente, è l’assiduità di tali atteg-giamenti che determina gli orientamenti di costruzio-ne del suo cervello, assegnando spazi più o meno am-pi ai circuiti connessi con le esperienze più frequenti.

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Il cervello e la musica

L’esperienza musicale mette in gioconumerose attività cerebrali: l’informazionesonora infatti viene colta sia in modosintetico, dando luogo alla comprensioneglobale del messaggio, sia in modoanalitico, attraverso la scomposizione deidiversi elementi che la costituiscono.Lo sviluppo dell’intelligenza musicalesembra dunque legata all’evoluzione dimolteplici facoltà del nostro cervello.

SILVANO SANSUINI

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Recenti studi avviati presso l’Università di Costanza,in Germania, hanno indagato le modalità di costru-zione di tali circuiti neurali. Si è constatato, medianteindagini effettuate con la risonanza magnetica, che ilcervello di persone le quali avevano intrapreso fin dabambini lo studio di uno strumento a corde, possede-va porzioni di corteccia somato-sensoriale dedicatealle mani e alle dita notevolmente più ampie rispettoagli individui che non suonano uno strumento (Be-gley S., 1996). Ciò che apparve più singolare è il fatto che questamanualità fine, fondata su dedicati circuiti neurali,perdurava in età adulta anche se il soggetto aveva tra-lasciato l’uso dello strumento. La medesima cosa nonaccade invece se il soggetto inizia lo studio di unostrumento in età non precoce, quando diventa pres-soché impossibile la costituzione di nuovi circuitineurali.Sono, dunque, le prime esperienze, mediante i trac-ciati che realizzano, a stabilire gli orientamenti gene-rali della persona, giacché esse determinano qualistrutture cerebrali attivare, per quali funzioni, e qua-li lasciare inutilizzate per sempre. La capacità di atti-vare sempre nuovi e più complessi collegamenti traneuroni è pressoché illimitata nelle primissime fasidell’esistenza – pur sempre nell’ambito del progettogenetico – e va sempre diminuendo con il trascorreredel tempo. La letteratura scientifica è piena di dimostrazioni checi confermano, con esempi pratici, questo principio.Esistono aree della corteccia sensoriale che attendonod’essere attivate da un’immagine, un suono, un pro-fumo. Se l’esperienza sensoriale è unica o avviene inmodo molto sporadico, anche se il periodo d’appren-dimento è quello giusto, il tracciato che realizza restasuperficiale e provvisorio, i collegamenti che vengonoattivati sono troppo pochi per lasciare una traccia du-revole. Se essa, invece, viene riproposta frequente-mente, a ogni ripetizione si creano collegamenti nuo-vi, fino a costruire una vera e propria rete a livellodella corteccia corrispondente, che resta assai primiti-va o è addirittura inesistente negli individui che quel-le esperienze non hanno compiuto. Anche sotto quest’aspetto – oltre che sotto quello ge-netico – tutti gli individui sono fra loro differenti, inquanto caratterizzati da storie personali che hannoattivato reti di neuroni fra loro sempre diverse.Tali processi, inoltre, non avvengono in situazione diinattività di tutte le altre funzioni cerebrali, ma si pro-ducono all’interno di panorami biologici di grandecomplessità e sullo sfondo di un determinato statopsichico. Quest’ultimo elemento è decisivo nella ge-nesi dell’intelligenza musicale (Sansuini S., 1996). Leesperienze hanno la capacità d’essere strutturanti an-che in relazione al loro “colore emotivo”, all’insiemedelle circostanze in cui si producono e al tipo di riso-nanza cognitiva e affettiva che sono in grado di gene-rare.Un bambino che trascorra la sua prima infanzia inun’atmosfera, per così dire, poco orientata a valoriz-zare anche emotivamente le esperienze musicali, o ad-

dirittura venga precocemente avviato allo studio diuno strumento senza le motivazioni di cui ha biso-gno, o, ancor peggio, in un clima di più o meno pale-se costrizione, realizza esperienze ugualmente struttu-ranti, ma in regioni e in direzioni differenti rispetto aquelle che avrebbero potuto condurlo a costruire unpensiero musicale evoluto.Il sistema nrvoso centrale ci appare, dunque, come unenorme computer3 con un corredo di circa 100 mi-liardi di chips (i neuroni), capaci di realizzare fra loroun numero enormemente vasto di connessioni a rete(un milione di miliardi)4. Le neuroscienze tentano oggi di spiegare, fra l’altro,come l’organismo recepisca gli input provenienti dal-l’ambiente e come realizzi, attraverso risposte elettro-chimiche, quei sistemi di connessioni neurali nei qua-li si concretizzano le informazioni provenienti dall’e-sperienza.Sappiamo che il cervello, soprattutto durante i perio-di di maggiore plasticità, è in grado di operare conti-nue ristrutturazioni della sua organizzazione neurale.Le esperienze realizzano incessantemente semprenuove connessioni sinaptiche, creando innumerevolicatene di rappresentazioni che devono poi trovareadeguata sistemazione e correlazione con l’insiemedelle conoscenze (Boncinelli E., 1999).Ma non tutte le esperienze sono uguali: alcune si si-stemano con facilità nel quadro conoscitivo, altre,che sembrano disconoscerlo, finiscono per inqua-drarvisi ugualmente perché sono sostenute da unaforte motivazione affettiva, altre ancora si rivelanoportatrici di conflitti di vario ordine, altre si rivelanosuperflue e così via. Ne consegue che anche le con-nessioni sinaptiche, e i frutti dell’esperienza che esserecano, vengono, di tanto in tanto, modificate e sosti-tuite da nuove organizzazioni.

L’evoluzione dell’intelligenza musicale

Ciò ha indubbie conseguenze anche sul piano educa-tivo giacché costituisce conferma al fatto che anchel’evoluzione del pensiero musicale è fortemente con-dizionata, oltre che da fattori genetici, dal periodo dipiù o meno grande plasticità del cervello, dal tipo edalla qualità delle esperienze compiute, dalla motiva-zione e da tutti quegli input che caratterizzano un de-terminato ambiente di vita.Le esperienze costruiscono, dunque, anche tracce dimemoria (conoscitiva, affettiva, motoria, organizza-tiva ecc.) che il cervello conserva, pur eliminando avolte tutti i particolari dell’avvenimento, e che posso-no riaffiorare, nelle situazioni adatte, tanto da deter-minare un orientamento affettivo, più o meno positi-vo, verso quel tipo d’esperienza.Pertanto, come si precostituisce una disponibilità allamusica, una capacità di apprezzamento verso il suo-no organizzato, del pari, sulla base d’inconsapevolitracce di memoria, può precostituirsi perfino una sor-ta di spontanea indifferenza emotiva verso la musica,la quale, in un clima di più o meno esplicita costrizio-

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ne, può diventare perfino una stabile avversione.Queste situazioni, quando s’instaurano a partire daiprimi anni d’età, non solo strutturano un clima affet-tivo, positivo o negativo, ma è evidente che si tradu-cono anche in una certa organizzazione neurologica,più o meno orientata alla musica.L’intelligenza musicale, dunque, nella sua complessi-tà, è tutt’altro che circoscrivibile nell’ambito di fun-zionamento di quello che qualcuno sbrigativamentedefinisce come cervello musicale, vale a dire l’emisfe-ro destro.È soprattutto l’apprendimento del linguaggio verbaleche consente al bambino un rapido sviluppo di quellemodalità d’elaborazione delle informazioni che sonotipiche dell’emisfero sinistro. Tali nuove capacità d’e-laborazione, di tipo analitico-successivo, concorronoa organizzare il pensiero nella sua globalità e fannosentire il loro benefico influsso nell’interpretazione ditutte le esperienze (Obler L.K. - Gjerlow K., 2001).È indubbio che anche l’evoluzione del pensiero musi-cale ne trae un vantaggioso contributo. Infatti, perquanto esso continuerà a fondarsi su modalità d’ap-proccio prevalentemente sincretico, una capacità d’a-nalisi di tipo sequenziale diventerà ben presto indi-spensabile per mille ragioni, a cominciare dal fattoche la musica si sviluppa anche lungo un asse tempo-rale.L’ascolto di una ninna nanna, o di qualunque cantile-na a carattere prevalentemente ripetitivo, dapprimaavviene, come abbiamo visto, nell’ambito di unoschema percettivo unitario e globale (emisfero de-stro); poi, tuttavia, quando l’attenzione del bambinocomincia a essere attirata da parole che sono già ingrado di suggerirgli singole rappresentazioni differen-ziate fra loro, come ad esempio, mamma, pappa,bambino, culla, palla ecc., egli utilizza una capacitànuova d’analisi e, se quelle parole ricorrono lungo ilcanto, egli impara ad avvalersi di uno schema tempo-rale sul quale, attraverso la memoria a breve termine,costruisce una sequenza d’immagini correlate fra lo-ro. Non dimentichiamo, infine, che il carattere, po-tremmo dire la finalità, di questo insieme d’informa-zioni, resta di tipo essenzialmente affettivo.Questo schema diverrà la tipica modalità d’elabora-zione dell’informazione musicale, fino alle fasi piùevolute del pensiero musicale. Semplifichiamo con unesempio, cercando di capire quali funzioni vengonocoinvolte nell’ascolto di una pagina musicale, e par-liamo sempre di quelle più esteriormente riscontrabi-li nell’economia del nostro discorso.

Analisi e sintesi

L’approccio più immediato, ascoltando un brano dimusica, è sicuramente di tipo gestaltico. Il soggettopercepisce la globalità del messaggio sonoro, riceven-done un’impressione d’insieme che è precedente aqualunque analisi dei particolari. A seconda del gra-do di evoluzione della sua intelligenza musicale, egli,tuttavia, si vedrà ben presto costretto ad analizzare e

valutare una vastissima serie di elementi che gli si pre-sentano contemporaneamente. Cercherà anzitutto dicapire che cosa c’è dentro quell’insieme di suoni (sesono più d’uno) o, comunque, di che cosa è fatto quelparticolare sound che egli percepisce.Dovrà intanto fare il tentativo di operare la scissionedei principali e più evidenti timbri che costituisconoquell’impasto sonoro e di compierne, anche inconsa-pevolmente, un’analisi, non solo per riconoscerne lefonti, vale a dire gli strumenti, le voci, qualora si trat-ti di persona musicalmente attrezzata, ma fondamen-talmente per rendersi conto di che cosa è fatta quellamusica. Contemporaneamente dovrà valutare comequei suoni sono organizzati e come si rapportano fraloro. Percepirà, inoltre, innumerevoli altri costituenti,a seconda della sua preparazione, cultura, sensibilità.Non potrà soffermarsi a lungo a riflettere su questiinterrogativi, come potrebbe fare analizzando unquadro visivo, dove i vari elementi restano costante-mente disponibili per successive osservazioni e ripen-samenti. Il quadro musicale è rappresentato nel tem-po e ogni immagine acustica è un anello di una lungacatena di informazioni legate tra loro. Se un’immagi-ne viene trascurata è perduta per sempre e con essal’ascoltatore perde anche quello specifico carattereche quell’immagine avrebbe apportato all’insieme.Occorrono capacità cognitive di tipo analitico, quellestesse che sono utilizzate per seguire una conversazio-ne verbale, quando ci si trovi di fronte a un discorsomusicale complesso, costruito mediante voci plurimeche conversano, che seguono ciascuna un particolaresviluppo, che scompaiono, si ripresentano trasforma-te, da cogliere anche nei rapporti d’insieme della co-struzione sonora, elaborata secondo un disegno che èda riconoscere in relazioni matematiche, logiche, ar-chitettoniche.L’approccio analitico, pertanto, tipico dell’emisferosinistro, intesse le sue rappresentazioni nell’ambito diun continuo gioco di rimandi con le modalità opera-tive dell’emisfero destro, quello più idoneo, fra l’al-tro, al riconoscimento delle forme e all’elaborazionedi immagini spaziali.La musica si sviluppa in una dimensione spazio-tem-porale nella quale sono regolate sia le distanze in suc-cessione, fra molteplici componenti che si rapportanonel tempo, sia le distanze in altezza, che si rapporta-no nel contemporaneo gioco delle melodie, degli ac-cordi, dei timbri ecc. A questo scambio d’interazionifra i due emisferi vanno poi correlate anche le impli-cazioni emotive, l’esercizio della fantasia e quelle ca-ratteristiche più direttamente legate all’intuito irra-zionale e alla vita istintiva.Naturalmente, l’esercizio di tutte queste funzioni av-viene sempre in relazione alla cultura dell’individuo,alla sua sensibilità, alle sue capacità cognitive genera-li, ai suoi gusti, alle sue abitudini ecc., e perfino in re-lazione alla sua epoca storica (Besseler H., 1993). Tralasciamo di ricordare altri fattori che pur inter-vengono in tutte le attività mentali, e quindi anchenell’ascolto di una pagina di musica, come gli stili dipensiero, la memoria a breve e a lungo termine, l’o-

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rientamento psichico, gli assetti neuro-endocrini ecc.,la personalità nel suo insieme. Ci si rende conto che ilcervello, tuttavia, non è una macchina che eseguafunzioni in modo del tutto neutrale in rapporto allecircostanze di vita (Fodor J.A., 1988).Capita spesso che, in certe situazioni di particolareimpegno di una o più aree funzionali, queste prenda-no il sopravvento sulle altre, fino a determinare unospecifico orientamento, più o meno circoscritto e re-versibile, del pensiero e dei comportamenti.Le complesse articolazioni dell’intelligenza musicaledi un adulto si differenziano dal pensiero musicale diun bambino in molti aspetti caratterizzati dai livellievolutivi, con tutto ciò che essi recano, ma operanofondamentalmente con i medesimi meccanismi dipensiero.Da più parti viene ricordato che la nostra civiltà èquasi totalmente dominata dall’emisfero sinistro de-gli individui, tanto che quasi tutte le nostre azioni e inostri pensieri vengono elaborati con le modalità lo-gico-sequenziali che sono tipiche di quell’emisfero.Alla “mano sinistra”, quella governata dall’emisferodestro, vale a dire alla fantasia, alla creatività, al pen-siero alternativo, verrebbero riservati spazi assoluta-mente angusti. Tutto ciò è destinato a produrre effet-ti non soltanto sull’organizzazione della nostra attivi-tà mentale, ma, siccome il pensiero occidentale va or-mai condizionando tutte le culture del pianeta, stia-mo correndo fortemente il rischio di vedere scompa-rire dalla terra tutte quelle potenzialità della menteumana che non sono compatibili con gli schemi men-tali, ben circoscritti, della nostra cultura.Il livellamento che si determina, l’omologazione ob-bligata, neutralizza gli immensi valori che risiedononella diversità e sterilizza tutte quelle risorse umaneche la scienza non è ancora riuscita a spiegare e chesono alternative alle logiche correnti, perché fondatepiù su procedure di pensiero di tipo prevalentementeintuitivo-euristico, piuttosto che analitico-razionale.Le conseguenze di carattere educativo, anche in cam-po musicale, sono di tutta evidenza.

Note1 Una panoramica puntuale e informata, nonché significativa,sui rapporti tra la mamma e il bambino in epoca perinatale,corredata da un’ampia bibliografia, si trova in Bertolino S.,1992.2 «Ci sono dei limiti alla capacità del cervello di creare se stes-so a collegamenti già avvenuti. Sono limiti di tempo detti pe-riodi critici: finestre di opportunità che la natura spalanca, apartire da prima della nascita, e che poi richiude una per una,a ogni candelina che si aggiunge sulle torte di compleanno divostro figlio. [...] Le aree sensoriali maturano nella prima in-fanzia; il sistema emozionale limbico si attiva nella pubertà; ilobi frontali – sede dell’intelligenza – continuano a svilupparsialmeno fino a 16 anni» (Begley S., 1996).3 L’analogia tra cervello, o, ancor meglio, tra mente e compu-ter, in realtà, è solo apparente, anche se esistono ancora teorie

che hanno preso a fondamento questa analogia. Il cognitivi-smo ha ricevuto un forte incremento dall’avvento del compu-ter, fondando alcuni presupposti sul fatto che sia la mente, siail computer possono essere visti come sistemi computazionaliche manipolano algoritmicamente dei simboli. Oggi, tuttavia,i fautori della rivoluzione neurale rifiutano l’idea che gli esseriumani funzionino come macchine, ma anche quella che lamente umana sia qualcosa di assolutamente speciale nella sto-ria dell’universo (atteggiamento antropocentrico), tanto dadover essere indagata con leggi proprie, anziché entro gli sche-mi di un quadro concettuale comune al resto della realtà (Pa-risi, 1999).4 Per completezza dell’informazione si ricorda che la cellulanervosa, o neurone, è costituita da un nucleo, contenente ilDNA, da numerose fibre, di lunghezza inferiore al millimetro,che escono dal corpo della cellula, con struttura ad albero(dendriti), e da una fibra molto più lunga (assone), anch’essauscente dal corpo della cellula, che ha il compito di condurrel’informazione verso altre cellule. L’assone è dotato di vari ter-minali (sinapsi) che consentono alla cellula di comunicare conaltri neuroni. Un neurone può avere migliaia di connessionicon altre cellule, tanto da rendere possibile la creazione di unarete neurale con un numero di connessioni pressoché illimita-to. Si conoscono oggi una quarantina di neuromediatori chesvolgono funzioni particolari nella trasmissione delle informa-zioni tra le cellule nervose.

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19 febbraio; tradotto da L. Alviggi per un inserto redazionalea cura della DISMA, Milano, senza data.

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Nel corso di laurea per insegnanti della scuola mater-na ed elementare dell’Università di Bologna, è statoistituito un laboratorio di Musica e Movimento, con-dotto da un esperto di musica e uno di danza. Ognilaboratorio ha la durata di sedici ore. Gli studenti,circa venti, non sono musicisti, né danzatori. Tra gliobiettivi principali del laboratorio compare quello difar acquisire agli studenti capacità creative nell’e-spressività musico-motoria. Per attività creativa si in-tende un’attività che seleziona, modifica e combinaelementi conosciuti per produrre qualcosa di nuovo(Vygotskij, 1973; Cropley, 1967).Questa comunicazione1 intende illustrare non tanto ipercorsi didattici realizzati, quanto i principi metodo-logici utilizzati per raggiungere gli obiettivi preposti.Il problema principale che si vuol porre all’attenzioneè in che modo i risultati della ricerca sull’analisi udi-tiva (Imberty, 1979, 1981; Deliège, 2001a, 2001b) e irisultati della ricerca sull’analisi del movimento (La-ban, 1950) possono essere utilizzati in un contestospecificatamente didattico, finalizzato allo sviluppodella creatività. Saranno mostrate inizialmente due griglie analiticheimpiegate, in sede didattica, per la musica e per il mo-vimento considerati nella loro autonomia. Seguirà lapresentazione di uno schema dei percorsi didattici in-terdisciplinari svolti, nei quali l’analisi è proposta co-me funzionale allo sviluppo della creatività. Infineverranno illustrate e discusse le linee metodologicheportanti dell’intero progetto didattico.

Griglie per l’analisi musicalee l’analisi del movimento nella didattica

Le due griglie che presentiamo sono griglie teoricheche hanno la funzione di guidare, e non di determi-nare, l’attività di analisi che gli studenti sono invita-ti a svolgere. Infatti, è importante segnalare che sia icontenuti delle griglie, sia le stesse categorie analiti-che, sono ricavati in maniera induttiva dagli studen-ti durante le attività di ascolto, osservazione, com-posizione. Il ruolo dell’insegnante, quindi, è quellodi motivare la ricerca stessa delle categorie analiti-che da utilizzare, di proporre associazioni e stimola-re risposte, e soprattutto di mettere a disposizionedegli studenti, non musicisti e non danzatori, un les-sico appropriato. Con il termine analisi qui si intende la scomposizionein elementi primari sia degli aspetti strutturali dei duelinguaggi, sia degli aspetti semantici relativi all’inter-pretazione verbale.

Griglia didattica per l’analisi musicaleRiportiamo qui di seguito uno schema nel quale sonoraccolti i principali parametri che sono stati utilizzatiper l’analisi e l’interpretazione della musica.2

La griglia utilizzata, come illustrato nella tabella 3, pre-vede una linea tracciata in senso orizzontale, sulla qualeviene indicato lo scorrere del tempo: lungo la linea ven-

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Creatività musicale e motoria:attività di analisi e composizione

È possibile utilizzare in un contestospecificatamente didattico i risultati dellaricerca sull’analisi uditiva e del movimento,per costruire una metodologia funzionaleallo sviluppo della creatività.All’interno di un laboratorio di Musica eMovimento realizzato nel corso di laureaper insegnanti dell’Università di Bologna, ledue autrici hanno messo a punto esperimentato un interessante impianto.

ANNA RITA ADDESSI – MARINA MAFFIOLI

MACRO, MEDIO E MICRO FORMA

• Segmentazione percettiva del brano in parti;• Raggruppamenti delle parti in base a livelli

macro, medio e micro;• Relazioni fra le parti: ripetizione, contrasti,

variazione ecc.QUALITÀ DELLE PARTI

• Categorie semantiche: emozioni, immagini,sensazioni, movimento, energia, stili, fun-zioni ecc.

• Categorie strutturali:- sistema delle durate: pulsazione, metro,

ritmo, velocità, agogica ecc.;- sistema delle altezze: altezza, intervallo,

scala, tonalità ecc.; - sistema delle sonorità: spettro armonico,

tessitura, intensità, timbro ecc.

TTaabbeellllaa 11 -- PPaarraammeettrrii ppeerr ll’’aannaalliissii mmuussiiccaallee

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gono indicate le sezioni musicali che, susseguendosi,vanno a comporre la micro, medio o macroforma, cosìcome esse sono percepite e individuate dagli studenti du-rante l’ascolto. I principi teorici di questa attività sonodedotti dalle procedure sperimentali utilizzate da Im-berty (1979, 1981) e Deliège (2000), e adattati operati-vamente a un contesto didattico. In senso verticale ven-gono indicate le qualità “semantiche” e strutturali dellesezioni percepite. Le qualità “semantiche” possono esse-re espresse anche sotto forma di aggettivi, così comeproposto in sede sperimentale da Imberty; le qualitàstrutturali sono intese come “indices” percettivi partico-larmente rilevanti, nel senso teorizzato da Deliège.

Griglia didattica per l’analisi del movimentoLo schema di riferimento riportato qui di seguito rap-

presenta un adattamento in sede didattica della teoriadi Rudolf Laban (danzatore, coreografo, didatta,1879-1958) sull’analisi del movimento, consideratada coreografi, educatori e studiosi strumento fonda-mentale per l’osservazione, la descrizione e la compo-sizione con il movimento (tabella 2).L’osservazione dei movimenti esplorati, composti,prodotti, rappresenta il mezzo principale per acquisi-re gli strumenti analitici proposti da questa griglia.

Percorsi interdisciplinari: musica e movimento

Da un punto di vista metodologico, possiamo ipotiz-zare diversi percorsi didattici che mettano in relazio-ne strutturale il linguaggio musicale con quello delcorpo, del movimento, della danza.Nel progetto sono state considerate le seguenti attivi-tà (vedi figura 1): l’Ascolto e la Produzione per quan-to concerne la musica; l’Osservazione del movimentoe la Produzione per il movimento; la Composizionecreativa Musica/Movimento, per quanto riguarda lacombinazione tra i due linguaggi. Le tappe fondamentali del percorso possono essere ri-assunte nel seguente modo:Una prima fase dove le attività si svolgono separata-mente con la musica o con il movimento: si lavorasull’Ascolto e la Produzione per quanto riguarda lamusica, e sull’Osservazione e la Produzione perquanto riguarda il solo movimento. Ognuna di que-ste attività prevede l’analisi e quindi l’uso delle griglieprecedentemente presentate. In questa fase gli obietti-vi principali sono:1. acquisire strumenti cognitivi per individuare cate-

gorie analitiche, della musica e del movimento; 2. acquisire un metodo di analisi, per la musica e per

il movimento;3. acquisire un lessico per descrivere la musica e il

movimento (ricordiamo che gli studenti non sonomusicisti, né danzatori).

La seconda fase è quella della Composizione creativaMusica/Movimento, durante la quale gli studenti pro-ducono un oggetto nuovo, risultato dalla combina-zione dei due linguaggi, quello musicale e quello delcorpo. Il prodotto potrà essere una breve sequenza oun’ampia azione coreografica.

CORPO

Azioni: camminare, saltare, attorcigliarsi ecc.Parti: il corpo nella sua totalità o nelle sue parti(testa, braccia, gambe, piedi ecc.)Forme: curve, angolari, larghe, strette, avvitate ecc.

SPAZIO

Personale e generale: sul posto, nello spazioLivelli nello spazio: alto, medio, basso ecc.Direzioni: avanti, indietro, di lato ecc.Percorsi: circolari, lineari, curvi, angolari ecc.

ENERGIA

Flusso (come si libera l’energia): continuo, spez-zato ecc.Peso (quantità di energia): intenso, leggero ecc.Tempo (durata dell’energia): breve, lungo ecc.

RELAZIONE

Solo: in rapporto con gli altri, soli in mezzo aglialtriDuo: a specchio, condurre e seguire, unisono ecanone ecc.Gruppi: armonia, opposizione, simultaneità,successione ecc.

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Ascolto musicale(analisi)

COMPOSIZIONE CREATIVAMUSICA/MOVIMENTO

(intuizione, analisi, prodotto finale)

Produzione musicale(analisi)

Osservazionedel movimento

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eQuesta fase prevede tre momenti distinti:1. Intuizione spontanea: gli studenti sono invitati a

produrre una prima idea compositiva dove musicae movimento siano entrambi utilizzati; possonopartire da un oggetto musicale precedentementeanalizzato, al quale devono associare una inter-pretazione motoria, o il contrario ecc.;

2. Analisi: gli studenti devono analizzare, secondo leprocedure apprese nella prima fase, l’idea scaturi-ta dalla intuizione spontanea, capire com’è fatta,quali significati comunica, perché…;

3. Prodotto finale: l’analisi permetterà di capire co-me e perché agire sull’idea iniziale, per poterla

modificare e trasformare in un prodotto semprepiù vicino alle proprie aspettative.

In un successivo momento, che qui non verrà descrit-to, anche la Composizione creativa viene sottoposta aun processo di osservazione, analisi e valutazione daparte degli stessi studenti.I percorsi che collegano le attività tra loro e la primaalla seconda fase non sono lineari e unidirezionali,bensì reticolari e complessi. Per esempio, si può pas-sare dall’Ascolto di un brano di repertorio, alla suainterpretazione in chiave motoria (Produzione delmovimento) e viceversa. Oppure, si può passaredall’Osservazione del movimento all’interpretazione

Evviva. Anche le istituzioni più seriose a volte riesco-no a fornire di sé, almeno on line, un’immagine dina-mica e attraente. La prestigiosa New York Philharmo-nic si presenta in rete con un sito ben concepito, cheprevede, tra le molte altre cose, anche una Kidzone[www.nyphilkids.org], ovvero una sezione dedicata airagazzi. Farci una visitina insieme agli alunni della no-stra classe costituirà certamente una piacevole sco-perta. Ci troviamo subito davanti al palcoscenico del teatroaperto, con una grafica da cartoon decisamente ac-cattivante, che certo contribuirà a rendere piacevolela navigazione ai nostri ragazzi. Molte le opzioni pos-sibili a portata di click: si va dalla Musician’s Lounge(dove i componenti della NYPH rispondono alle do-mande di immaginari ragazzini), alla Composer’s Gal-lery (dove troviamo snelle voci enciclopediche, cor-redate da ascolti, dedicate a importanti compositori,con un’attenzione particolare al XX secolo), al News-stand (dove si trovano innumerevoli informazioni enotizie riguardanti principalmente la vita dell’orche-stra). Ma la nostra attenzione di insegnanti è cattura-ta soprattutto dalla Instrument Storage Room, dal-l’Instrument Laboratory e dal Composer’s Workshop:sono queste le sezioni a nostro parere più promet-tenti sul piano didattico. Con la prima è senz’altropossibile presentare in modo divertente alle nostreclassi gli strumenti dell’orchestra: questi infatti nonsolo vengono illustrati e fatti ascoltare, ma anchemessi in relazione a strumenti analoghi appartenentia diverse culture. Inoltre per ogni famiglia strumen-

tale è presente un gioco da effettuare on line: per gliarchi c’è da rimontare le varie parti di un violino; peri legni si deve riconoscere uno strumento vedendonesolo un dettaglio o ascoltandone una breve registra-zione; per gli ottoni c’è un divertente Memory dovebisogna abbinare suono a immagine; infine, per lepercussioni si deve riprodurre una sequenza percus-siva via via sempre più complicata.Entrando invece nell’Instrument Laboratory, oltre atrovare le indicazioni pratiche per costruire strumen-ti musicali fantasiosi (come lo strawbone o lo styro-cello), i ragazzi possono persino provare ad assem-blare virtualmente oggetti comuni (da un secchiello aun imbuto, da una lattina a un tubo di gomma e ad al-tro ancora), modificandone la dimensione e l’orienta-mento, per giungere all’invenzione di un oggetto-strumento originale e personalissimo. Naturalmente ilcompito a casa sarà di costruirlo realmente per rica-varne le sonorità più strane.Ancor più orientato verso una dimensione ludica (equi il problema con i ragazzi sarà di farli smettere) è ilComposer’s Workshop. Infatti c’è davvero pane per identi di appassionati video-giocatori: sette giochi mu-sicali, con cui pasticciare con l’intensità e l’agogica, lamelodia e il ritmo, il fraseggio e la struttura di un bra-no. Fra tutti, ci piace segnalare quello intitolato Mo-zart Minuet, che consente di giustapporre a piacimen-to le battute musicali di un minuetto, stamparne lospartito o spedirlo via e-mail agli amici.Per ultima una domanda, retorica e un po’ sconsolata:conoscete qualche orchestra, teatro o istituzione mu-sicale italiana che in Internet dedichi tanta attenzionee offra tanto divertimento intelligente ai giovani egiovanissimi fruitori di musica?

Quando l’orchestradiventa interattiva

AUGUSTO PASQUALI

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musicale delle qualità di quel gesto con strumenti,voce, oggetti (Produzione musicale) e viceversa. Daognuna di queste quattro attività si può partire peraffrontare la seconda fase, quella della Composizionecreativa Musica/Movimento. Facciamo ora un esem-pio: un lavoro svolto su una jota tratta da La Vidabreve di Manuel de Falla. La prima fase è consistita nell’ascolto del brano. Du-rante gli ascolti, gli studenti hanno potuto individua-re in quante parti poteva essere diviso il brano, in ba-se alla percezione di ripetizioni, discontinuità, simila-rità (cfr. i principi di categorizzazione in Deliège,2000), indicando ciascuna parte con le lettere dell’al-fabeto: Introduzione - A - B - Introduzione - A - C -C’ - A. Sono state poi descritte le qualità semantichee strutturali di ciascuna parte. Tra le qualità semanti-che, risaltano quelle stilistiche relative alla Spagna(battito di mani – jaleo – e piedi – taconeado) e i con-trasti tra la parte A (melodiosa, leggera, fluida, tra-scinante) e la parte C (misteriosa, maestosa, impetuo-sa). Il metro, invece, rappresenta un elemento struttu-rale essenziale, poiché il 6/8 presente in tutto il brano,si trasforma nella parte C nel suo complementare ter-nario semplice (3/4), con un saliente spostamento diaccenti (hemiola). Da un punto di vista della macro-forma questi elementi danno alla parte C un’evidenteed espressiva funzione di climax tensivo, sottolineatadalla dinamica forte, dall’introduzione di registri par-

ticolarmente gravi, da un profilo melodico meno can-tabile. Nella seconda fase gli studenti dovevano comporreuna coreografia sulla musica che avevano appenaascoltato e analizzato. Inizialmente, hanno elaboratouna prima idea intuitiva di movimento, collegata alleparti macroformali del brano musicale individuatedurante l’ascolto. Successivamente, su questa primaidea intuitiva, è intervenuta un’attività di analisi cheha evidenziato le qualità comuni al movimento e allamusica. Le qualità dedotte dall’analisi musicale hannorappresentato il punto di partenza per l’analisi delmovimento e sono state utilizzate per definire l’ener-gia del movimento: per esempio per le sezioni A, ca-ratterizzate da aggettivi quali “melodiosa, leggera,fluida, trascinante”, registri acuti dei violini, metro6/8, articolazione legata, profilo melodico per gradicongiunti, i movimenti avrebbero dovuto presentareflusso libero (movimenti fluidi), peso delicato (movi-menti leggeri), tempo lungo (movimenti lenti); inveceper la sezione C “misteriosa, maestosa, impetuosa”,metro 3/4, articolazione staccata, dinamiche forti, imovimenti potevano essere caratterizzati da flussocontrollato (movimenti spezzati), peso maggiore (mo-vimenti pesanti), tempo breve (movimenti veloci). Lostile musicale “spagnolo” (jaleo, taconeado, hemiola,nacchere) ha fornito altri elementi per perfezionare lecategorie relative alle azioni del corpo (azioni del sal-

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CATEGORIE SEMANTICHEQUALITÀ MACROFORMA

DELLE PARTI Attacco Intro A B Intro A C C’ A CodaEmozioni Energico Allegro Saltellante Pesante Più fluido Intensifi- ConclusioneImmagini improvviso Esaltante Misterioso cazione, decisa,Sensazioni Ricco Impetuoso Melodioso trasforma- conMovimenti Vorticoso Imprevedibile zioni finale

Acrobatico Maestoso “impazzito”FluidoMelodiosoSpagnoleggiante

CATEGORIE STRUTTURALIQUALITÀ MACROFORMA

DELLE PARTI Attacco Intro A B Intro A C C’ A CodaSistema Brevissimo Andante Andante Andante Andante Metro ternario Metro Andante Velocedelle durate Metro binario 6/8 6/8 6/8 con suddivisione binario 6/8

con sudd. binaria molto (6/8)ternaria evidente (3/4)moltoevidente (6/8)

Sistema Breve inciso Tema A: Tema B Tema A Tema C Tema C’ Ripresa Irregolaredelle altezze ritmico/melodico ripetitivo, (lo sfondo Intervalli stretti Variazioni Tema A: Guizzi

circolare, di A) Tende a scendere del tema C ripetuto, versointervalli stretti Tonalità minore Tonalità trasformato l’acutoTende a salire maggiore deformatoNello sfondoil Tema B

Sistema Voci forti Orchestra Violini Tutta l’orchestra Violini Jaleo, Taconeado Registri medi Jaleo, Orchestradelle sonorità Staccato Registro Nacchere Suoni staccati Nacchere Registri gravi e acuti Taconeado Forte(articolazione, medio/grave Registri acuti Registri Forte Piano con Orchestra Staccatointensità, Intensità media Intensità media acuti Suoni staccati crescendo Crescendotimbro, Pizzicato Suoni legati Intensità Suoni legatiregistro) media

Suoni legati

TTaabbeellllaa 33. Risultato dell’analisi uditiva della jota, da La vida breve (Atto II, Tableau I, Scena 1) di Manuel de Falla, 1914.

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etare, girare; battito delle mani e dei piedi in stile jaleoe taconeado, roteazione del polso), alle relazioni (al-ternanza, congiunzione e separazione tra due gruppi;leader che guida tutti) e allo spazio (uso ampio dellospazio generale, percorsi curvi e circolari). La breveIntroduzione, con esclamazione di voce (Bailar!) el’entrata del metro 6/8, è stata tradotta con un salto(azioni del corpo), effettuato sul posto (spazio), datutto il gruppo (relazioni). Nella coreografia finale,quindi, i pur espliciti riferimenti alla Spagna, sono ri-sultati non dirette trasposizioni di modelli culturalistereotipati, ma l’elaborazione di elementi differenzia-ti, selezionati e trasfigurati.La fase della Composizione creativa è un esempio ope-rativo di “trasferibilità linguistica” (Pellerey, 1979),cioè del trasferimento di schemi cognitivi di una disci-plina a un’altra. Il trasferimento stimola la flessibilitàcognitiva e quindi il pensiero creativo. Naturalmente,le modalità di trasferibilità linguistica non sono univo-che e predeterminate, ma vengono elaborate dagli stu-denti in base alle loro competenze. Infatti, perché unapprendimento possa essere significativo, il percorsodeve partire dalla matrice cognitiva degli studenti ecioè dalle loro «rappresentazioni interne, dai princìpiche essi già posseggono, dai loro miti, dai loro pregiu-dizi, dalle loro provvisorie e spesso errate spiegazionidei fatti e dei fenomeni, dagli atteggiamenti e stati emo-tivi in loro già presenti» (Pellerey, 1979, p. 177).

Le funzioni didattiche dell’analisi

Infine, presenteremo alcune riflessioni generali sullefunzioni dell’analisi nella didattica della creatività.Un problema di fondo è quello di fare in modo che glistudenti non utilizzino i due linguaggi (quello musica-le e quello del corpo) in maniera superficiale e stereo-tipata. Come scrive Vygostkij (1973), alla base delmeccanismo dell’immaginazione creativa, infatti, vi èil momento della dissociazione: per poter riunire i varielementi in maniera creativa, l’uomo deve spezzare illoro legame naturale. Per questo motivo all’interno deipercorsi interdisciplinari proposti, l’attività di analisiha permesso di acquisire gli strumenti per individuaree riconoscere gli elementi da associare, combinare emodificare. Come si è visto nello schema della composizionecreativa, l’analisi è presente in diversi momenti, ognivolta con delle finalità specifiche. Nella prima fase,quando si lavora sui linguaggi separatamente, l’obiet-tivo principale è quello di far acquisire alcuni elemen-ti linguistici e semplici strumenti di analisi. Nella se-conda fase, nuovamente l’analisi viene utilizzata perla Composizione creativa Musica/Movimento. Inquesto caso l’analisi serve per perfezionare un’ideache, se rimanesse allo stato intuitivo iniziale, manche-rebbe di quell’aspetto costruttivo che permette di pas-sare dallo spontaneismo e casualità, a una creazione

Attacco Intro A B Intro A C C’ A CodaCORPOAzioni salto giro, salto, salto, giro camminata giro, salto, salto

attorcigliamento salita, girando e salita, discesa caduta sudiscesa saltando un ginocchio

Parti gesti (braccia battito battito mani, battito manie polsi) mani in battito piedi

ginocchio

Forme curve e avvitate curve, avvitate

SPAZIOPersonale sul posto sul posto sul posto nello spazio sul posto nello spazio sul posto nello spazio nello spazio nello spazioe generale Livelli alto alto-medio alto alto-basso alto-medio alto alto alto alto-basso alto-basso

Direzioni in avanti in avanti in avanti in avanti in avanti

Percorsi sparsi in centro al centro sparsi in cerchio curvilinei curvilinei in cerchio in cerchio sparsi sparsi chiusi aperti in centro

ENERGIA movimento: movimento: movimento: movimento: movimento: movimento: movimento: movimento:

Flusso - spezzato - fluido - fluido - fluido - spezzato - fluido - spezzato - spezzato

Peso - pesante - leggero - leggero/pesante - leggero - pesante - leggero - pesante - pesante

Tempo - veloce - lento - veloce/lento - veloce - veloce - veloce - lento - veloce

RELAZIONISolo leader

Duo due alla volta

Gruppi tutto il gruppo tutto il gruppo una parte l’altra parte tutto il tutto il tutto il tutto il due gruppidel gruppo del gruppo gruppo gruppo gruppo gruppo alternati

guidato o insieme

TTaabbeellllaa 44 – Schema della coreografia della jota, da La vida breve, (Atto II, Tableau I, Scena 1) di Manuel de Falla, 1914.

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pensata e intenzionale, a un uso espressivo e comuni-cativo dei due linguaggi (Baroni, 1997, pp. 115 esegg.; Baroni, 2000). In termini vygostkiani, possia-mo dire che questa fase raccoglie il momento delladissociazione, i processi di mutamento e alterazionedegli elementi dissociati, e infine anche il momento diassociazione, vale a dire della riunione degli elementidissociati e trasfigurati. In quest’ultimo caso, quindi,l’analisi è parte integrante e strutturale del processocreativo, e permette di individuare, separandoli, glielementi semplici per poterli poi ricombinare fra lorosecondo modalità, motivazioni e risultati espressivioriginali. In questo senso ci sembra che i processi di analisi sianoessenziali anche per il momento creativo di sintesi:«l’organizzazione delle conoscenze […] comporta ope-razioni di interconnessione (congiunzione, inclusione,implicazione) e di separazione (differenziazione, ap-prezzamento, selezione, esclusione). Il processo è circo-lare, passa dalla separazione al collegamento, dal col-legamento alla separazione, e poi dall’analisi alla sinte-si, dalla sintesi all’analisi» (Morin, 1999, p. 18).

L’analisi nella didatticaprincipi metodologici

Ci sembra importante sottolineare alcuni principimetodologici che sorreggono il progetto illustrato, siada un punto di vista dell’apprendimento delle proce-dure analitiche, sia per quanto riguarda l’educazionealla creatività. Il progetto sembra soddisfare i seguen-ti principi metodologici ipotizzati da Pellerey (1979).Principio di significatività: gli studenti possono esplo-rare, osservare e ricavare essi stessi, secondo le pro-prie conoscenze e matrici cognitive, gli elementi suiquali lavorare e modificare le loro stesse conoscenze. Principio di motivazione: è importante sottolinearel’importanza che ha nel percorso illustrato «la spintamotivazionale che viene dalla messa in crisi o desta-bilizzazione della struttura conoscitiva dell’allievo»(Pellerey, 1979, p. 181): per esempio, combinare nonsolo elementi primari di un linguaggio, ma articolarequesti con gli elementi primari di un linguaggio di-verso.Principio di direzione: gli studenti vengono posti difronte ai problemi ma viene data loro la possibilità diintravederne le risoluzioni. Per esempio, l’attività dianalisi della seconda fase, è preceduta da un’altra at-tività di analisi che, fornendo degli strumenti meto-dologici agli studenti, permette loro di intuire che ilnuovo compito potrà essere risolto in maniera confa-cente alle proprie aspettative.Principio di continuità: per conquistare un concetto,un procedimento, un principio o un’abilità, occorreripresentare più volte nel processo didattico gli stessicontenuti, ma ogni volta in una struttura più o menonuova. È ciò che avviene proprio con l’attività di ana-lisi e l’attività creativa che, come abbiamo visto, sipresentano due volte durante il percorso, sia sui sin-goli linguaggi, sia con i due linguaggi insieme.

Principio di ricorsività: di conseguenza, la relazionetra processi analitici e processi creativi è sempre piùgeneralizzata (estensione) e applicata a livelli di ap-profondimento differenti (intensità).Principio di trasferibilità linguistica: il progetto di-dattico risponde quindi a un altro principio metodo-logico fondamentale per l’educazione alla creatività,e cioè che «quanto più una persona è in grado di pas-sare da un codice rappresentativo ad un altro, tantopiù la conoscenza è dominata in maniera flessibile,ricca e operativa» (Pellerey, 1979, p. 189).

Note1 Questo articolo è il testo riveduto della relazione presentataal colloquio Musical Creativity, che ha avuto luogo dal 5 all’8aprile 2002 presso l’Università di Liegi, organizzato dalla Eu-ropean Society for the Cognitive Science of Music.2 Tale schema deriva dagli studi condotti sulla macroforma incorso di svolgimento all’interno del Gruppo di Analisi e TeoriaMusica (GATM) dell’Università di Bologna (Baroni, 2002; Ad-dessi, Caterina 2000).

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Il nome di John Shore solitamente non dice niente aimusicisti e anche se si aggiunge che nel 1711 inventòuna tunning fork c’è il rischio di non capire di che co-sa si tratta e si pensa a qualche raffinato metodo diimpiccagione per gli antichi sudditi di sua maestà bri-tannica. Ma se diciamo che oggi questa “forchettaper intonare” è fabbricata in modo da produrre esat-tamente 440 vibrazioni al secondo (per gli amici:440 Hertz) allora tutti capiamo che si tratta del ba-nale diapason a forchetta. Proprio quel diapason chequalche vecchio maestro dell’accordatura si ostinaancora a usare in spregio dei più raffinati e tecnolo-gici diapason elettronici e che è obbligatorio usarenelle prove di direzione corale dei pubblici concorsi acattedra, se mai ve ne saranno ancora.Tutti sanno che, queste 440 vibrazioni al secondocorrispondono alla nota la e che esiste una legge del-lo stato italiano che obbliga (!?) le orchestre a pren-dere questo la come nota di riferimento. Inutile direche siamo quasi tutti fuorilegge musicali. Ma per ca-pire perché occorre fare qualche passo indietro.Come sempre, i cinesi sono arrivati a una soluzionequalche migliaio di anni prima di noi occidentali.Ling-luen, ministro dell’imperatore Huang-ti (2697-2697 a.C.), avrebbe trovato sui monti Kunlun l’altez-za assoluta di un suono-campione fondamentale, lohoang-ong, tagliando una canna, a sezione uniforme,tra i due nodi e soffiandovi dentro. Anche in Cina pe-rò l’altezza assoluta di questo suono campione flut-tuò con il passare del tempo.In occidente nel periodo barocco c’erano diversi dia-pason a seconda delle tradizioni locali e dei generimusicali. Le bande municipali e militari (i cui musici-sti erano funzionari pubblici e dovevano chiederespeciali permessi per suonare al di fuori delle lorofunzioni) usavano un diapason detto Cornetton che,all’epoca di Praetorius (Syntagma secondo, 1619), eracirca una quarta sopra al la di 440 Hz. Un diapasoncosì alto aveva lo scopo ottenere sonorità molto piùbrillanti e penetranti. Erano militari, giusto?Il chorton era invece il diapason per la musica sacra.Tono de capilla lo chiamavano gli spagnoli. E qui la si-tuazione era molto frammentaria con una specie dicontrapposizione fra organari, che per risparmiaremateriali e spazio tendevano a costruire organi con

un diapason il più alto possibile, e maestri di cappellache chiedevano dei diapason “umani” per non faresplodere la laringe ai propri coristi. Non mancano lepolemiche fra le due fazioni con gli organari chesbeffeggiavano i musicisti dicendo: «Non ce la fate?Dite al vostro signor organista che impari a traspor-tare decentemente e canterete tutto più basso senzabisogno di cambiare il diapason!».Fatto sta che, a seconda del luogo e dell’epoca, que-sto chorton fluttua parecchio: da un tono sotto ai440 Hz nel ton de chapelle francese a un tono sopranel church pitch inglese del secolo XVI.Quanto al Kammerton, ovvero il diapason per la mu-sica da camera, le fluttuazioni sono state ancora piùampie: fino a una terza minore sotto per J.J. Quantz(1752) e per i languorosi e mollicci suonatori di legniprovenienti dalla scuola francese. J.S. Bach si videcostretto a trasportare più volte alcune parti in certesue cantate per adattarle ai mutevoli diapason deglistrumentisti nelle diverse sedi dove lavorava.Dopo il 1820 inizia la corsa generale al rialzo: Torino445 Hz, Parigi 449, Milano 451, Berlino 452, Londra453. Nel 1880 la ditta Steinway accodava i propri pia-noforti a 457. La trazione esercitata dalle corde sul-l’arpa dello strumento era equivalente a svariate ton-nellate di peso. Come suonare con un TIR appoggiatosullo strumento, rimorchio compreso.Alla fine si decise con una convenzione mondiale te-nuta a Londra nel 1939 che il la è a 440 Hz alla tem-peratura di 20°C. Oggi le orchestre sinfoniche pren-dono la di 442 Hz e oltre, quelle barocche di 415 Hzcirca, il tu-tu del mio telefono, che dovrebbe essere a440 Hz, è sempre malinconicamente calante e anchese una orchestra decide di rispettare la legge pren-dendo il diapason “legale” succede che, durante l’e-secuzione, il diapason si alza lentamente, ma ineso-rabilmente.Un giorno, a scuola, un bambino ha visto il mio diapa-son a forchetta e mi ha detto: «Ah sì, quello che ti favedere le onde sonore». «Sentire!» ho corretto subito.Ma lui è uscito ed è tornato con un bicchiere pieno diacqua minerale gassata, ha percosso il diapason e,mentre vibrava, ha immerso la forchetta nell’acqua. Lasuperficie dell’acqua si è subito increspata e anch’ioho visto le onde sonore. Le bollicine salivano impazzi-te alla superficie. «Inoltre – ha aggiunto – la mineralesgasata mi piace di più», e se l’è bevuta soddisfatto.

Diapason

FRANCESCO BELLOMI

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Gli aspetti sonori e musicali del cinema di Stanley Kubricksono stati oggetto di numerosi studi e analisi. Il regista,scomparso nel 1999, aveva una cultura musicale per nul-la dilettantistica e utilizzò il suono, fin dagli inizi della suacarriera, in modi sempre estremamente originali edespressivi. Fanno parte ormai della storia del cinema lescene ciniche e violente del film Arancia meccanica abbi-nate, in modo irriverente e incongruo, a musiche di Rossi-ni e Beethoven, o le mitiche immagini di 2001: Odisseanello spazio accompagnate da brani di Strauss e Ligeti, ca-paci di moltiplicare e dialettizzare i piani comunicatividando accesso a innumerevoli sensi e significati. In Ku-brick la colonna sonora assume, rispetto alle immagini,una funzione di contrappunto divenendo uno dei perso-naggi protagonisti. Nelle soluzioni più riuscite, la scelta diuna musica preesistente (tratta spesso dal repertorio col-to) e il suo eventuale adattamento sono avvenuti in fase disceneggiatura e hanno determinato il ritmo, il tono e leazioni delle riprese vere e proprie. Kubrick sembra cioèpartire dalla musica per giungere al film, pensando e con-cependo intere sequenze in termini musicali. Gli accosta-menti musica-immagini che ha saputo creare sono semprestati all’insegna dell’originalità e delle soluzioni estremiz-zate che richiedono allo spettatore una partecipazione at-tiva e una notevole capacità interpretativa sul piano deimeccanismi semantici attivati.

Una particolare forma percettiva: l’audiovisione

Gli studiosi che si sono occupati della musica nel cine-ma sono concordi nel ritenere che tutti gli elementi che

fanno parte della colonna sonora di un film (voci, ru-mori, musiche) non si qualificano in sé e per sé, ma peril rapporto che stabiliscono con le immagini. La perce-zione cinematografica rappresenta una esperienza di vi-sione e ascolto insieme in cui i dati visivi e quelli uditivi,perdendo la loro peculiare identità e influenzandosiscambievolmente, si intrecciano formando un unicuminscindibile.In questa prospettiva Michel Chion, critico, composito-re e regista, chiama “audiovisione” una specifica capa-cità di ricezione che coinvolge l’occhio e l’orecchio e checonsiste nel “vedere” un film e “ascoltarne” i suoni,senza separare le due percezioni ma analizzandone lereciproche relazioni e trasformazioni. «Nella combina-zione audiovisiva una percezione influenza l’altra e latrasforma: non si vede la stessa cosa quando si sente;non si sente la stessa cosa quando si vede».1 Al fine difar emergere e di ricondurre nell’ambito della osserva-zione e della comprensione il rapporto combinato mu-sica/immagine, Chion propone un metodo di analisi au-diovisiva basato sul principio delle “mascherature”. Es-so consiste nel visionare più volte una stessa sequenzafilmata, ora guardando solo le immagini e tagliando ilsuono, ora ascoltando solo il suono e oscurando le im-magini, infine ricomponendo il tutto attraverso l’unio-ne degli elementi visivi e sonori. In tal modo è possibile«sentire il suono così come esso è, e non come lo tra-sforma e lo maschera l’immagine; e di vedere l’immagi-ne così come essa è, e non come il suono la ricrea».2

Attraverso questo metodo di analisi, una quinta classedel Liceo pedagogico “G. Braschi” di Subiaco è stataavvicinata, nel corso dell’anno scolastico 2001/2002, alfilm Eyes wide shut, ultima opera del grande regista. Inparticolar modo i ragazzi hanno lavorato sulla partemusicale di alcune sequenze del film, considerate em-blematiche di uno dei temi centrali del cinema kubric-kiano: lo stato di semiveglia, in bilico tra la coscienza el’inconscio, in cui i pensieri e le azioni risultano instabi-li e sospese, al di fuori del controllo razionale.Dopo una prima visione del film i ragazzi hanno espres-so le loro impressioni. La colonna sonora, sulla qualeavevo raccomandato di focalizzare l’attenzione, era ap-parsa subito ad alcuni come “suggestiva” e “coinvol-gente”, sicuramente non consueta e tradizionale. La vi-cenda narrata era sembrata “inquietante”, di tono atratti “allucinante” ma “avvincente”, una storia del no-stro tempo che scava nella psiche e nei comportamentiumani, mettendo in luce paure e pulsioni profonde. Al-cuni studenti hanno anche ricordato, a grandi linee, sto-rie, personaggi e musiche di altri film del regista cheavevano già avuto modo di vedere.

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Vedere i suoni ascoltare le immagini

L’ultimo film di Kubrik fornisce lo spunto perstudiare i rapporti fra musica e immagine nelcinema. Il metodo di indagine utilizzato èquello messo a punto dallo studioso franceseMichel Chion, che propone di analizzareseparatamente immagini e audio, ovvero diguardare solo le immagini tagliando il suono,e di ascoltare solo il suono oscurando leimmagini. Tale prospettiva si rivela utile percostruire percorsi didattici mirati acomprendere il contributo della musica allanarrazione cinematografica.

SABRINA CECCARELLI

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Questo primo impatto, essenzialmente emotivo, con ilfilm ha rappresentato il punto di partenza per un allar-gamento e approfondimento dell’esperienza. I ragazzihanno infatti effettuato una ricerca su Internet, sia ascuola che a casa, al fine di raccogliere quante più pos-sibili notizie generali sul regista e sulla sua filmografia.I siti dedicati a Kubrick sono numerosissimi ed è statonecessario fare una selezione, secondo criteri libera-mente scelti dai ragazzi. Dividendosi in piccoli gruppihanno approfondito alcuni temi quali la biografia delregista, i temi principali delle storie raccontate, le carat-teristiche tecniche dei suoi films (inquadrature, montag-gio, fotografia, effetti speciali), l’uso personale e avveni-ristico delle tecnologie in funzione del risultato artisti-co. Inoltre hanno raccolto varie interviste a Kubrick ealcune interessanti testimonianze di coloro che lo co-nobbero e lavorarono insieme a lui. Per Eyes wide shut, in particolar modo, gli studentihanno esaminato e discusso, prelevandole sempre dalweb, alcune analisi e riflessioni critiche proposte da va-ri studiosi e diverse recensioni sul film apparse nei prin-cipali quotidiani italiani all’indomani della sua uscitanelle sale cinematografiche (1 ottobre 1999). Tutto ilmateriale raccolto è stato poi temporaneamente accan-tonato per poter lavorare sulla parte musicale di alcunescene. Tema centrale del film è l’eterno contrasto tra so-gno e realtà, desiderio e prassi, immaginazione e razio-nalità. La musica riflette bene questa molteplicità di im-magini e visioni, slittando continuamente da un livelloin cui essa è reale, effettivamente presente sulla scena, aun altro in cui scaturisce come proiezione immaterialedello stato d’animo dei personaggi.

La teoria dei livelli

Sergio Miceli, studioso di musica e cinema, ha elaboratoalla fine degli anni Settanta un metodo di classificazionedei diversi gradi d’intervento della componente musicalenel film.3 Egli distingue tre livelli, interno, esterno e me-diato capaci di rendere conto delle intenzioni espressivedel regista. Il livello interno riguarda quei suoni che, visi-bilmente o intuitivamente, sono prodotti nel contestodella narrazione (ad esempio la musica di un personag-gio che suona o quella riprodotta da un impianto stereoeffettivamente presente sulla scena). Il livello esterno, in-vece, implica l’artificio cinematografico: i suoni riman-dano a fonti foniche che non hanno alcun rapporto fisi-camente, con l’azione raccontata (alcuni li chiamanosuoni off). È in pratica il livello che dà alla musica, im-piegata dal di fuori, una funzione di commento.Il livello mediato viene definito come «emanazione so-nora del personaggio» o «ritratto musicale del protago-nista e del suo ambiente». Esso entra in gioco nel mo-mento in cui la musica ripropone l’identità culturale, so-ciale e psicologica di un personaggio e ne mette in luce ipensieri, la memoria, i sentimenti e l’immaginazione. Sostiene Miceli che proprio nel livello mediato e nellasua correlazione con quello interno o esterno «risiede ilmassimo potenziale del meccanismo interattivo […] ca-pace di mettere in comunicazione lo spettatore con la

dimensione interiore dei personaggi, divenuti essi stessiuna sorta di strumenti musicali».4

Nel prendere visione del film di Kubrick insieme aglistudenti, ci è sembrato di individuare alcune scene incui la musica (anzi, una stessa musica in funzione leit-motivica) è ascrivibile al livello mediato.

Ligeti e la scena del processo

Il protagonista della storia, alle prese con un allucinanteviaggio introspettivo alla scoperta di sé e dei suoi desiderireconditi, si ritrova in una sontuosa villa che ospita miste-riosi personaggi mascherati. Infiltratosi con l’inganno,spinto dal bisogno di conoscersi e dal desiderio di trasgre-dire, viene scoperto, nonostante la maschera che indossa,riconosciuto come un estraneo e processato. Tutta la sce-na è abbinata a una musica particolarmente suggestiva diGyorgy Ligeti, compositore austro-ungarico conosciuto eapprezzato da Kubrick e da lui utilizzato anche in altrifilm. Il brano scelto per Eyes wide shut è Musica Ricerca-ta II per pianoforte, appartenente a una raccolta di 12brani, scritti nel 1951-53, costruiti su un numero crescen-te di note (da due in poi). Il secondo pezzo, quello utiliz-zato nel film, è costituito da sole tre note: mi#, fa#, sol. Applicando il metodo delle “mascherature” prima de-scritto, i ragazzi hanno ascoltato la sola musica oscuran-do lo schermo. Ciò ha costituito la prima tappa dell’ana-lisi audiovisiva. Attraverso osservazioni, commenti, dis-cussioni si è pervenuti collegialmente a uno schema d’a-nalisi del brano che mette in evidenza la sua struttura co-me successione di sequenze chiaramente distinte:• prima sequenza: presentazione del primo tema basato

sull’oscillazione di due note: mi# e fa#. Il registro èquello centrale mentre l’intensità è forte;

• seconda sequenza: lo stesso tema è eseguito contem-poraneamente nel registro grave e acuto (le due manisi allontanano sulla tastiera); l’intensità è piano;

• terza sequenza: il tema si ripresenta di nuovo nella zo-na centrale del pianoforte, leggermente modificatodall’apparizione sporadica del fa# nel registro acuto;

• quarta sequenza: si ripete in modo identico la secondasequenza;

• quinta sequenza: presentazione del secondo tema co-stituito da un’unica nota, sol, ripetuta fortissimo inaccelerando nel registro acuto;

• sesta sequenza: elaborazione dei due temi che si pre-sentano in forma sovrapposta; l’intensità è forte.

Oltre alla musica, la colonna sonora dell’intera scenacomprende anche alcuni rumori e, soprattutto, i dialoghiparlati. Il tutto è stato riportato dagli studenti in una ta-bella a tre colonne dove hanno preso posto, nelle primedue, la musica (ossia la successione delle sequenze prece-dentemente individuate) e le voci (cioè la trascrizione deidialoghi). Il contrappunto musica-voci ha destato interes-se e attenzione. All’inizio la voce non interferisce con lamusica, presentandosi tra la prima e la seconda sequenzamusicale. Successivamente si sovrappone quasi semprealla musica costringendo quest’ultima a diminuire d’in-tensità al fine di rendere comprensibili i dialoghi. La pre-sentazione del secondo tema musicale, costituito da una

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sola nota che si ripete in maniera ossessiva prima lenta-mente e poi sempre più veloce, coincide con le parole mi-nacciose del sacerdote che accusano Bill di essere un im-postore (da notare che l’indicazione molto pesante, mi-naccioso è riportata nella partitura originale di Ligetiproprio in corrispondenza di questo secondo tema). Essesi “incastrano” perfettamente con la nota ripetuta in unaefficace sintesi compositiva che non crea sovrapposizionidisturbanti.La terza colonna della tabella, dedicata alle immagini, co-stituiva la seconda tappa dell’analisi audiovisiva. I ragaz-zi hanno visionato le immagini tagliando il suono. Ne èscaturita una descrizione, il più possibile precisa e pun-tuale, relativa a tutto ciò che si vede: colori predominan-ti, relazioni spaziali nella disposizione degli elementi visi-vi, gestualità degli attori, montaggio, modalità di ripresaecc… Il testo definitivo al quale sono pervenuti i ragazzidopo aver lavorato in piccoli gruppi è il seguente:

Bill con una maschera in volto e un mantello nero entrain una stanza dove un gruppo di persone, anch’esse ma-scherate e vestite di nero, disposte a semicerchio, lo staaspettando. Al centro, su un trono, siede una specie di“sacerdote”, presumibilmente il capo carismatico delgruppo; indossa un abito rosso porpora, come il pavi-mento, ed è affiancato da due “guardie”vestite con abiticolor blu notte. Tutti sono immobili, i volti pietrificati einespressivi. Bill avanza lentamente e il cerchio, altret-tanto lentamente, si stringe intorno a lui. È in trappola.Le successive immagini alternano primi piani e panora-miche della stanza. Tutto comunica un senso di staticità:i movimenti di macchina sono rari e lenti ed anche ilmontaggio appare tutt’altro che frenetico. Carrellate leg-gere intorno a Bill sembrano rappresentare il punto divista di coloro che lo circondano e lo stanno processan-do. Tutti gli occhi sono fissi su di lui e anche i nostri. Billa un certo punto si toglie la maschera e, per la prima vol-ta in questa scena, ci appare il suo volto sconvolto e tre-mante. Ancora carrellate lente e circolari, quasi sospese,poi improvvisamente una rapidissima zoomata versouna donna che appare in alto, su una balconata. Si alter-nano primi piani della donna, del sacerdote e di Bill, poila donna viene portata via. Prima di concludersi, la sce-na ci mostra di nuovo il viso sudato e tormentato di Bille la rigida maschera del sacerdote.

Era giunto il momento di unire musica e immagini (ter-za tappa dell’analisi audiovisiva).Come si è presentato l’incontro audiovisivo? Quali va-lori la musica ha aggiunto alle immagini e viceversa?Una prima osservazione interessante che è emersa, ri-guarda l’individuazione di una sorta di punteggiaturache scompone il flusso audiovisivo in sequenze di sensocompiuto. In altre parole c’è una corrispondenza tra ilfraseggio musicale e quello narrativo attraverso punti disincronizzazione importanti che creano senso ed effetto.Ad esempio la prima sequenza musicale (l’oscillazione didue note nel registro centrale del pianoforte) corrispondeall’entrata di Bill nella stanza dove lo aspettano per pro-cessarlo. La seconda sequenza musicale (il tema passa airegistri estremi del pianoforte) accompagna il momentoin cui Bill si fa lentamente avanti mentre il cerchio sistringe intorno a lui. In pratica, ogni sequenza musicale è

abbinata a una compiuta sequenza visiva per cui la logi-ca discorsiva che sta alla base della musica trova un cor-rispettivo nel racconto delle immagini.Un altro elemento importante evidenziato è quello rela-tivo all’aumento di pathos emotivo che si esplicita sianella musica che nelle immagini.Il sacerdote chiede a Bill la parola d’ordine per entrare equella per partecipare. Bill conosce la prima ma ignora laseconda: ciò prova la sua colpevolezza, il suo essere un in-truso. Il sacerdote sta per infliggergli una severa punizio-ne: gli intima di togliersi la maschera e di spogliarsi. Bill,terrorizzato e attonito, immobilizzato dallo sguardo ac-cusatorio di tutti i presenti, riesce a malapena a balbetta-re qualcosa. Improvvisamente una donna appare in altosu una balconata ed esorta tutti a lasciarlo andare: si di-chiara pronta a riscattarlo e a offrirsi al suo posto. Il crescere della tensione che caratterizza tutta la scenadal punto di vista dei contenuti narrati trova un’analo-ga realizzazione nella musica che l’accompagna. Il suc-cedersi delle diverse sequenze musicali sembra comuni-care un senso crescente di smarrimento e inquietudine:il primo tema musicale (oscillazione di due note) assu-me un carattere sempre più disturbante, prima attraver-so il cambio di registro (da quello centrale a quelli estre-mi) e poi con l’inserimento saltuario e “a effetto” di unanota acuta. Anche la presentazione del secondo tema(ripetizione ossessiva di una sola nota) va nella direzio-ne di una progressione drammaturgica che induce nellospettatore ansia e agitazione. Infine la sovrapposizionefinale dei due temi è stata interpretata dai ragazzi comeun’estremizzazione della sensazione di gelo e di sgo-mento che ricade su Bill e, per riflesso, su di noi. Analogamente, i momenti di silenzio tra una sequenzamusicale e l’altra assumono, in alcuni casi, un rilevanteeffetto espressivo, come quando Bill dichiara, con tonoesitante e dimesso, di aver dimenticato la parola d’ordi-ne per partecipare; in tale contesto l’assenza di suonoesalta il senso di angoscia del personaggio, consapevoleormai di essersi perso in un vicolo cieco.Sul piano delle analogie di superficie tra musica e im-magine, gli studenti hanno facilmente individuato unmedesimo livello di ritmicità e di dinamismo nei duelinguaggi. Il senso di staticità delle immagini (gestualitàcontenuta dei corpi, volti irrigiditi nelle maschere, uni-formità nei colori, movimenti lenti della macchina dapresa) trova riscontro nel carattere fisso e ipnotico diuna musica essenziale, cristallizzata in quei pochissimisuoni che la costituiscono e spoglia di ogni elemento ri-dondante. Lo stesso sottotitolo del pezzo Mesto, rigidoe cerimoniale sembra una puntuale e precisa descrizio-ne del carattere delle immagini.

Ligeti in funzione leitmotivica

Dopo la sconvolgente esperienza del processo, Bill èpreoccupato per la sorte della donna che lo ha riscatta-to. Tormentato da questo pensiero non si dà pace e nel-la speranza di sapere qualcosa si reca, il giorno succes-sivo, davanti al cancello della villa. Riappare MusicaRicercata II di Ligeti.

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Durante la notte, vaga pensieroso per le strade di NewYork. Si accorge a un tratto di essere inseguito da un uo-mo misterioso. Si sentono di nuovo le inquietanti note diLigeti. Entra per distrarsi in un bar e appare una musicaappartenente al livello interno, tutt’altro che distensiva erilassante dato che si tratta del Dies Irae dal Requiem diMozart. Si siede a un tavolo per leggere il giornale e pen-sare ad altro. Una notizia attira subito la sua attenzione:una giovane donna ha perso la vita per overdose la notteprecedente. Bill è sconvolto perché teme che si tratti dellastessa donna che lo ha salvato. La musica d’ambiente e ilvocio della gente scivolano immediatamente via e risuonaforte e vibrante il brano di Ligeti che accompagna le im-magini del protagonista, o meglio il suo volto impietritoe il suo sguardo perso nel vuoto, in primo piano. In tutte queste scene la musica sommerge tutto e tutti.Essa, così rigida e glaciale, sembra scaturire direttamen-te dalla mente di Bill, da una zona remota del suo ani-mo, forse dal suo inconscio. Risuona intensa dentro dilui e dentro di noi, inchiodandoci in un vortice di emo-zioni inafferrabili e inesplicabili. È una musica che dàcorpo alle angosce e agli incubi del personaggio, impi-gliato in un intrigo senza soluzione, ed è attraverso diessa che partecipiamo al senso di sconcerto e turba-mento che lo attanaglia. Per tali ragioni ci è sembrato di rinvenire nel brano diLigeti una musica appartenente al livello mediato, se-condo la classificazione proposta da Miceli. Ma non è solo la musica ad avere una funzione leitmo-tivica; anche altre componenti del linguaggio filmico sipresentano come costanti, ossia come elementi di unifi-cazione delle scene visionate. Sul piano figurativo, adesempio, si riscontrano delle costanti nel colore (blunotte, nero, rosso), nella staticità dei visi (volti immobi-li e inespressivi), nei movimenti lenti e rigidi dei corpi.

Apprendimento come condivisione e scambio

Mentre il lavoro sui rapporti musica/immagine si è svol-to per lo più collegialmente, l’attività precedente (macontinuata anche dopo) relativa al reperimento di in-formazioni riguardanti Kubrick e il suo linguaggio ci-nematografico ha comportato una precisa suddivisionedi compiti. Le fonti consultate sono state diverse: alcu-ni libri e riviste da me proposti e soprattutto materiali edocumenti reperiti su Internet (vedi bibliografia). Findall’inizio sono state individuate le seguenti aree tema-tiche di approfondimento e ricerca: Biografia, Filmo-grafia, Il cinema come arte, Eyes wide shut, Pensierikubrickiani, Dicono di lui… Ciascun gruppo si è occu-pato di un’area tematica e ha successivamente presenta-to alla classe le notizie raccolte. Queste sono state nuo-vamente discusse e vagliate da tutti, fino a individuarequelle strettamente necessarie.La fase finale del percorso didattico si è concretizzatanella progettazione di un semplice ipermedia che è at-tualmente in fase di implementazione. Il prodotto iper-testuale realizzato, comprendente testi, immagini e suo-ni, consentirà di valutare il livello di coinvolgimento deiragazzi nell’attività, la loro disponibilità a cooperare e a

condividere le conoscenze acquisite, il grado di creativi-tà evidenziato nella realizzazione del lavoro.Indubbiamente il cinema, in particolar modo quello ku-brickiano, rappresenta un’esperienza sensoriale unica etotalizzante non riducibile a esperienza esclusivamenteverbale. Da questo punto di vista i testi elaborati dai ra-gazzi, riguardanti lo studio delle sequenze filmate, han-no sicuramente permesso loro di compiere operazionicomplesse di analisi, sintesi, valutazione e schematizza-zione, ma hanno altresì evidenziato l’insufficienza dellaparola scritta a tradurre la narrazione audiovisiva. Ciòche è scritto o espresso verbalmente non è in grado dirappresentare pienamente le emozioni intime e soggetti-ve che si provano quando si guarda e si ascolta un film.Stati d’animo e sensazioni difficilmente si possono spie-gare. A questo proposito appare illuminante una di-chiarazione dello stesso Kubrick : «Oggi il cinema ope-ra su un piano molto più vicino alla musica e alla pittu-ra che alla parola scritta; i film hanno la capacità diconvogliare concetti e astrazioni senza il tradizionale ri-corso alla parola». E in un’altra occasione il regista, purriferendosi al film 2001: Odissea nello spazio, si espres-se in modo tale da far emergere una sua precisa idea dicinema, o comunque un principio-guida che è possibileravvisare in molti suoi film: «Ho cercato di creare un’e-sperienza visiva che aggira la comprensione e le sue co-struzioni verbali, per penetrare direttamente l’inconsciocon il suo contenuto emozionale e filosofico […]. Hovoluto che il film fosse un’esperienza intensamente sog-gettiva che colpisce lo spettatore a un livello profondodella coscienza, proprio come la musica…». Acquisiretale consapevolezza ha rappresentato per i ragazzi unimportante traguardo al di là di ogni tentativo di verba-lizzazione e ricerca di sistematizzazione.

Note1 M. Chion, L’audiovisione. Suono e immagine nel cinema, Lin-dau, 1997, p. 7.2 M. Chion, op. cit., p. 158.3 S. Miceli, La musica nel film. Arte e artigianato, Discanto LaNuova Italia, 1982, e, più recentemente, Musica e cinema nellacultura del Novecento, Sansoni, 2000.4 S. Miceli, “Musica e cinema: un approccio metodologico” inMusica Domani, n. 92, 1994.

BibliografiaAA.VV., 1998, Stanley Kubrick, Paravia Scriptorium, Torino.Brunetta G.P., (a cura di), 1999, Stanley Kubrick, Marsilio,

Venezia.Chion M., 1997, L’audiovisione. Suono e immagine nel cine-

ma, Lindau, Torino.Chion M., 1991, La voce nel cinema, Pratiche Editrice, Parma.Miceli S., 2000, Musica e cinema nella cultura del Novecento,

Sansoni, Milano.Miceli S., 1994, “Musica e cinema: un approccio metodologi-

co”, Musica Domani, n. 92, Ricordi, Milano.Zenni S., 2001, “Eyes wide shut”, World Music, n. 50, EDT,

Torino.

Siti Internetwww.geocities.com/SoHo/9145/KUBRICK.HTM; www.angelfi-re.com/pa3/orizzontikubrickiani/; www.1aait.com/larovere/ku-bricks.htm; www.iann.it/film/F_C_Persona.asp?PERSONA=2507;http://stanleykubrick.interfree.it; http://cinecitta.it.fortunecity.com/registi/0/ews.htm.

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La Siem, tra marzo e giugno di quest’anno, hacollaborato – su invito del Ministero dell’Istruzione – allarealizzazione di un progetto di e-learning per laformazione degli insegnanti immessi in ruolo in questostesso anno scolastico. Giovanni Mocchi, indicato daldirettivo nazionale Siem come coordinatore del nostroprogetto, sintetizza in questo spazio l’esperienza cheha visto coinvolti alcuni formatori della nostraassociazione.

Per 62.000 docenti nell’anno di prova, immessi in ruolonell’anno scolastico 2001-2002 nelle scuole di ogni ordinee grado, il Ministero della Pubblica Istruzione ha sperimen-tato quest’anno una nuova formula di formazione chesfrutta la rete internet in sostituzione del tradizionale ag-giornamento con esperti locali. Su incarico del Ministero,l’INDIRE, Istituto Nazionale di Documentazione per l’Innova-zione e la Ricerca Educativa di Firenze, ha progettato unambiente virtuale riservato, nel quale si sono incrociati in-terventi degli esperti, prodotti della didattica a livello in-ternazionale, laboratori, esperienze documentate dallescuole, corsi on-line, classi virtuali, forum gestiti da alcuneassociazioni professionali di livello nazionale. Alle associazioni professionali, tra cui la Siem, l’INDIRE hachiesto di tematizzare e gestire i forum disciplinari, at-traverso la presenza di moderatori e con l’obiettivo difornire esempi e materiali didattici per il lavoro in classe.Dai dati del Ministero, si delineavano utenze ben identi-ficabili, dalla scuola materna fino alla media superiore. II ppaarrtteecciippaannttii.. Questi i dati: scuola materna (5990 do-centi), scuola elementare (9840), docenti di musica discuola media inferiore (502), docenti di musica nellascuola media superiore (8), docenti di strumento (1500circa, di cui chitarra 393, clarinetto 170, flauto 307, pia-noforte 517, violino 287, violoncello 19, tromba 56, sax 1,fisarmonica 1, oboe 12, percussioni 5, corno 3), docenti disostegno (scuola elementare 3710 e materna 1417), dire-zione di coro (7).Dalla nostra associazione sono stati proposti e attivatiquattro forum: Educazione sonoro-musicale nella scuo-la materna ed elementare, moderato da G. Mocchi; Edu-cazione musicale nella scuola media inferiore e superio-re, moderato da C. Delfrati; Didattica dello strumento,moderato da A. Rebaudengo, M.T. Lietti, G. Nuti, L. Pas-quero; Musica e handicap, moderato da P. Salomone.LLaa ssttrruuttttuurraa ddeeii ffoorruumm.. I forum sono ambienti virtuali acui possono accedere, attraverso una password, i do-centi in prova di ogni parte d’Italia. Chi entra nei forum

di PuntoEdu può inviare messaggi, ricevere risposte dacolleghi interessati alla questione proposta, lanciarequestionari e indagini, allegare file con riflessioni e do-cumentazione di attività, partecipare a FAQ su tematichericorrenti. L’intervento del moderatore serve invece aindirizzare il dibattito o a tirarne le fila, ad approfondiretematiche e porre questioni oppure a documentareesperienze particolarmente significative. Ogni interven-to compare attraverso una finestra con autore, titolo,numero di visitatori e risposte, livello di gradimento e ul-timo messaggio pervenuto. La partecipazione ai forumha concorso alla attribuzione di crediti del docente informazione. UUnn bbiillaanncciioo.. I dati più significativi dell’esperienza e-lear-ning nei forum della nostra associazione, sono l’interes-se dimostrato dall’utenza e l’alta partecipazione (più ditremila interventi), che si collocano, come gradimento epresenza, secondi soltanto alle discipline tradizional-mente fondamentali, come italiano e matematica. Il da-to è confermato anche dal tono e dalla natura degli in-terventi, nonché dalle reiterate richieste di mantenereaperto il forum oltre i tempi prestabiliti. Occorre dunqueinterrogarsi sul motivo per cui, in ambito musicale, la ri-sposta dei docenti non sia stata di diffidenza e indiffe-renza, ma di partecipazione assidua e appassionata(l’attribuzione dei crediti è stata, per i docenti, una sco-perta a posteriori, quasi a conclusione dell’esperienza).La frequentazione dei nostri quattro forum è stata con-tinua, anche alle più disparate ore della notte, nei finesettimana, nelle vacanze. E, dal tono degli interventi,non si può dire che i docenti neo-assunti abbiano parte-cipato per ottemperare a una formalità. Il livello degli interventi dimostra che le nuove genera-zioni hanno sviluppato una significativa sensibilità alleproblematiche pedagogiche, anche se sono consapevolidella limitatezza della formazione iniziale rispetto allavastità delle competenze necessarie. Da qui è scaturitala richiesta di un aggiornamento che prosegua oltrel’anno di prova. Per rispondere a questa esigenza si pre-figurano più prospettive. Bene fa il Ministero a proporreil finanziamento dell’aggiornamento, prescelto dal sin-golo docente e dagli Istituti scolastici. La formazione dinuovi siti e forum può, inoltre, costituirne il volano, so-prattutto per la rapidità di interazione e la possibilità diraggiungere tutto il territorio nazionale, a fronte di spe-se di gestione molto basse.Al momento in cui arriverà Musica Domani ai lettori, ilnostro sito www.siem-online starà predisponendo la(ri)apertura dei quattro forum sulla propria piattaforma.È stata una richiesta a più voci che vorremmo onorare.

(Giovanni Mocchi)

Un’esperienza di e-learningsul territorio nazionale

a cura di ANNIBALE REBAUDENGO

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Ci sono incontri che, pur nella loro brevità, lascianoun segno profondo: la consapevolezza che qualcosadentro se stessi è cambiato. Lavorando come musico-terapeuta questi incontri sono frequenti, ma quellache sto per raccontare ha rappresentato nella mia sto-ria una delle esperienze più intense. Protagonista è A.,una bambina di quattro anni che frequenta insiemead altri ventisette bambini il secondo anno di scuolamaterna. A. presenta dei problemi nell’ambito della comunica-zione/relazione per cui è stato chiesto dalla scuola unsostegno formale. La bambina ha svolto il primo annodi materna in un’altra scuola, le attuali maestre si tro-vano seriamente in difficoltà: A. necessita di una at-tenzione costante.Vengo contattato dal direttore didattico per seguire A.e altri bambini. Il finanziamento è di una banca e con-sente un incontro di programmazione con le inse-gnanti e cinque incontri individuali. Trovo stimolante la proposta e, malgrado la brevitàdell’intervento, decido di accettare. All’incontro di programmazione le insegnanti di A.non sono presenti, e purtroppo sulla bambina non c’ènessun tipo di documentazione su cui farmi una primaidea. Nelle prime settimane di scuola contatto telefo-nicamente una delle insegnanti, ma le indicazioni chene ricavo sono piuttosto scarse. Quello che segue è unframmento di relazione delle maestre pervenutamisuccessivamente al mio quinto intervento: «Il linguag-gio di A. è fermo a poche parole, a canti e rumori nonchiari. Appena entra in sezione gira velocemente tra itavoli, poi si avvicina ai bambini che sono seduti sullepanche e si arrabbia se tutti non sono seduti (anche gliadulti). Dopo alcuni giri attorno ai bambini, si siede

sui tavoli, per terra, apre cassetti, mettendo in boccatutto ciò che trova (puntine, gomme, carta, graffetteecc.). Alterna senza motivi precisi momenti tranquilliad altri rumorosi e agitati. In altri momenti balla [nelsenso di movimento in assenza di musica] in conti-nuazione per lungo tempo e osserva molto il pratodalla finestra. Le piace molto giocare con delle cordeche agita. Se trova la porta aperta della sezione si infi-la velocemente al piano di sopra; se trova la finestraaperta vuole uscire scavalcandola. Noi insegnantidobbiamo spesso rincorrerla per il prato, con il risul-tato che lei corre più forte».Il racconto dell’esperienza è a cura di Pier GiorgioOriani, musicoterapeuta, il commento (in corsivo) è acura di Mauro Scardovelli, psicoterapeuta.

I primi tre incontri

Nel primo incontro (novembre 1998) percepisco A.ancora prima che entri: corre piangendo e urlando peril corridoio. La maestra che l’accompagna ha gli occhiumidi e con un tono assai depresso mi dice: noi nonsappiamo più cosa fare. Entrata dentro, A. si calma, vaga per l’aula avvicinan-dosi ogni tanto a uno dei diversi strumenti presenti(tamburo, bonghi, chitarra, metallofono, xilofono),con ritmo veloce ed energia, senza mai incrociare ilmio sguardo, pronunciando ogni tanto qualche voca-lizzo o parole incomprensibili.Quando prende possesso di uno strumento lo mani-pola con aggressività, tentando frequentemente di in-trodurlo in bocca non per assaggiarlo, ma per conte-nerlo.Per alcuni istanti si avvicina alla chitarra e al metal-lofono toccandoli con garbo, senza però produrresuoni. Nel secondo e terzo incontro elimino alcuni strumen-ti, ma le cose non vanno meglio: sempre più frequentii tentativi di mettersi in bocca piccoli o grandi stru-menti. Qualsiasi mia sollecitazione o sonorizzazionemusicale è da lei ignorata o rifiutata. Si muove saltel-lando, piroettando gira in tondo per l’aula a volte cor-rendo, bloccandosi brevemente su qualche oggetto,per poi riprendere a muoversi. Ogni mio tentativo diincrociare il suo sguardo viene da lei evitato quasi si-stematicamente.

Ogni tentativo del musicoterapeuta di entrare in re-lazione viene squalificato dalla bambina.

Sempre più tende ad appropriarsi di quegli strumentiche per l’occasione ho riposto in luoghi meno visibili

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Un musicoterapeuta nel saccoalla scuola dell’infanzia

Cambiando il suo abituale modo di porsi,un operatore musicale riesce a entrare inrelazione con una bambina con marcatiatteggiamenti autistici, ricevendoun’apertura comunicativa tantoinaspettata quanto felice. Il testo offreinteressanti spunti di riflessione sull’usodella musicoterapia nella scuoladell’infanzia.

PIER GIORGIO ORIANI – MAURO SCARDOVELLI

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per il timore che lei possa farsi male o fare danni.Mentre fa questo ripenso alle sue scorribande descrit-te dalle maestre e mi viene in mente Mostropeloso, ilpersonaggio di una favola, come lei molto attivo ecreativo nel terrorizzare adulti e bambini; questo misembra essere il suo progetto: confliggere, provocare.

Il musicoterapeuta utilizza la logica metaforica, co-me strumento di comprensione profonda del mondodell’altro. Quindi, in assenza di diagnosi e conoscen-za analitica (tipica struttura dell’emisfero sinistro), ilmusicoterapeuta ha fatto ricorso alla conoscenzaglobale e gestaltica, tipica dell’emisfero destro.

La sua tattica mi sembra chiara: dato un sistema am-biente cogliere i punti critici agendo su di essi. Per in-goiare puntine, farsi rincorrere in un prato o in un au-la con degli strumenti in mano o in bocca, occorreabilità e precisione, non si può troppo improvvisare:questo pare essere il suo mestiere. Mi chiedo: perchéquesto?

Il perché è qui inteso non tanto come ricerca dellacausa (magari anche remota, del passato), ma comescopo, progetto rivolto al presente-futuro. Questoatteggiamento è tipico della mentalità umanistica: intale visione l’uomo è inteso come progetto, non so-vradeterminato dall’ambiente o dal passato. Il passa-to è importante, ma ancora di più è la posizione esi-stenziale nei confronti del presente-futuro, cioè laprogettualità. Così il sintomo diventa segnale nontanto di un problema del passato, ma di un progettoimplicito, che è essenziale scoprire e riconoscere.

Mi chiedo: quali sono le capacità implicite? Altra tipica espressione della mentalità umanistica:l’attenzione alle risorse, in base al presupposto che lepersone hanno tutte le risorse necessarie a risolvere iloro problemi. Esempio estremo di questo atteggia-mento lo troviamo nell’Uomo di febbraio di MiltonErickson: anche quando la persona non ha la specifi-ca risorsa, dispone comunque sempre di una risorsapiù generale: l’inconscio plastico, capace di nuovi ap-prendimenti in grado di arricchire in modo decisivo lasua mappa del mondo. Dal momento che le esperien-ze interne sono altrettanto efficaci di quelle esterne (al-tro presupposto della Programmazione Neurolingui-stica e dell’ipnosi ericksoniana), utilizzando la trancesi può produrre molta esperienza interna trasformati-va. La sorpresa, l’interruzione di schema, come vedre-mo, sono esempi di pattern ipnotici, in grado di gene-rare un cambio nello stato di coscienza, e quindi unatrance, che può essere utilizzata per offrire alla perso-na l’esperienza correttiva della quale ha bisogno.

Oltre a questi momenti di attivazione A. per due o trevolte, nell’ambito dei tre incontri, per brevi momentisi accartoccia per terra, in posizione quasi fetale: pian-gendo, gridando, strappandosi i capelli e guai ad avvi-cinarsi: il suo era un urlo spaventoso di dolore e soli-tudine che scuote il mio cuore e il mio pensiero. È a meche parla? E per dirmi che cosa?

Il musicoterapeuta è fortemente coinvolto emotiva-mente, risuona, compartecipa con il suo corpo, con-vibra, e si interroga.

Dopo il terzo incontro ritorno a casa quasi rimprove-

randomi di aver scelto un mestiere così difficile. Temporanea elicitazione di una subpersoanlità de-pressa, che si attribuisce responsabilità in eccesso. Siautorimprovera, si attribuisce la colpa.

Mi chiedo quanto tempo avrei potuto passare con leiprima di cogliere, attraverso il suono e la musica, unareale apertura, un interesse significativo. Mi rimango-no due incontri, per fare che cosa? Ho sbagliato ad ac-cettare un incarico per cinque incontri solamente? Co-me avrei potuto oltrepassare quella solitudine? Rive-do gli occhi lucidi della maestra e li faccio miei.

Allargamento dell’empatia del musicoterapeuta alcontesto più ampio della relazione con l’insegnante.

Sono confuso, mi trovo di fronte a una bambina pienadi energia e di vita, che si comporta con tratti in partesimili ad altri bambini autistici seguiti in passato. Ep-pure una parte di me sente di essere nel posto giusto almomento giusto.

Il musicoterapeuta ascolta una voce interna che losostiene, che lo incoraggia, non lo rimprovera dellascelta fatta. Probabilmente è la voce di una parte piùevoluta, più vicina al sé superiore, dotata di visionepiù ampia, in grado di sviluppare intuizione, e pro-durre soluzioni creative.

Il quarto incontro

Elimino tutti gli strumenti tranne un timpano, posto alcentro della stanza, un’armonica a bocca che tengo intasca (due ancore personali) e un telo tubolare elasticodi colore rosa (pegno e testimone delle ricchissimeesperienze fatte durante gli anni di supervisione e col-laborazione con Stefania Guerra), telo che mi sonoportato dietro senza avere, in verità, un’esatta idea dicosa farne. Sono partito con un mare di strumenti perritrovarmi spogliato davanti a una bambina di quat-tro anni.

Il musicoterapeuta ammette con molta sincerità lasua momentanea impotenza: i suoi progetti consape-voli, le sue strategie basate sulle conoscenze profes-sionali non lo aiutano. Si trova nudo davanti allabambina. Il riconoscere questo, senza più addossarsicolpe, senza cadere nel vissuto depressivo, consenteal musicoterapeuta il passaggio alla fase creativa delsuo intervento. “Spogliato” significa qui: senza ri-sorse consce. Si apre la porta alle risorse inconscedell’intuizione, non programmabili, non prevedibili.

Ecco che cosa succede: A. entra nell’aula subito un po’stupita di vederla ancora più libera, si guarda intornocon occhi apparentemente innocenti, non c’è molto daportare via, boicottare, gettare, imboccare, addentareecc., in compenso ci si può muovere. Io sono a disagio,senza strumenti mi sembra di non poter fare niente.Mi abbandono a quello che, il mio cuore, la mia men-te intuitiva e inconscia, la mia rabbia di Re nudo mispingono a fare: entrare nel telo e gridare: «Aiuto!» eancora: «Aiuto!».Segue una lunga pausa di silenzio.Poi ancora silenzio. Sono ricurvo a terra dentro il sac-co. Da lì butto l’occhio quanto basta per vedere A. in-

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credula, stupita, un po’ preoccupata e un po’ divertitae soddisfatta: quante persone fino ad oggi ha messonel sacco con i suoi comportamenti distruttivi! Adessoè riuscita a farlo anche con me. C’è però una differen-za: io nel sacco mi ci sono messo davvero, e volonta-riamente, lasciando cadere la mia maschera di adultoche controlla la situazione.

L’azione metaforica è qui espressione di un atteggia-mento di piena trasparenza: “aiuto, non so che cosafare”. Questo significa contatto con la realtà, usciredalla maschera, dal ruolo professionale. Uscire dallamaschera, essere autentici, per la visione umanistica, èun prerequisito essenziale per fare terapia. Dalla ma-schera non si può aiutare nessuno. Ma uscire dal ruo-lo è spesso molto difficile, perché occorre il coraggiodi mostrare la propria vulnerabilità, il coraggio di ri-schiare, di essere rifiutati davvero, feriti. Come la co-renergetica insegna, però, la vera forza sta proprioqui: nel coraggio della verità. D’altra parte, il messaggio veicolato dall’azione meta-forica del cadere nel sacco contiene anche un altro li-vello: esso è espressione di creatività, cioè espressionedi una risorsa fondamentale dell’essere umano. La ve-ra creatività è parte essenziale dell’energia vitale. Que-sto significa agire in modo da interrompere l’altra for-za, quella distruttiva, nella quale la bambina si trovaimpigliata. Il musicoterapeuta agisce così perché non ècaduto nell’inganno dell’apparenza: ha visto dietro ilcomportamento della bambina un grande potenzialedi risorse. Ci ha creduto profondamente. Questa con-vizione passa attraverso il suo messaggio creativo. Labambina quindi non viene squalificata, come acca-drebbe se il musicoterapeuta facesse finta di padro-neggiare bene la situazione, arroccandosi nella sua po-sizione di ruolo. E non viene neppure rifiutata: non glidice nessun tipo di NO. La bambina viene accettata adifferenti livelli: del comportamento distruttivo di su-perficie, e delle risorse profonde che stanno dietroquesto comportamento. La difficoltà sta tutta qui: nelnon accettare una parte negando l’altra, ma ricono-scere entrambe e offrendo una via di soluzione creati-va, che esca dai binari già percorsi infinite volte. L’azione metaforica in tal caso funziona da interruzio-ne di schema, e quindi elicita nella bambina uno statodi trance (la bambina si ferma in silenzio, incantata,stupita, sorpresa, divertita). La trance, in senso erick-soniano, significa stato di coscienza creativo, diversodall’ordinario, senza più i limiti e gli schemi ripetitividello stato ordinario. Ecco quindi la bambina che ini-zia a relazionarsi in modo del tutto nuovo, a giocareinsieme, in modo creativo e cooperativo.

Ora non vedo più la bambina; poi qualcosa mi spingeda dietro e si sta stendendo sulla mia schiena aggrap-pandosi. È lei. Stento a crederci, eppure è vero. Ades-so si stacca e si allontana, guarda il sacco dove sonorinchiuso: è perplessa. Si avvicina, prende le estremitàdel telo, avvicina la testa e mi guarda semi sorridente,ci guardiamo e attraverso i suoi occhi accesi e grandimi sembra di intuire esattamente chi ho davanti: ca-duta la mia maschera ora cade anche la sua. Da questo momento in poi nulla sarà come prima.

Da adesso io so chi è lei, e lei sa che io sono con lei.Esco dal sacco, glielo dico, gli dico quello che penso,poi giro con lei; tiro fuori delle cose che ci possono es-sere utili, c’è un mazzo di carte, lei ne prende sei o set-te e le tira via, poi mi guarda. Meraviglioso! Sempre gi-rando in tondo intorno al tamburo, io prendo tutto ilmazzo e con immenso piacere tiro per aria le carte, larincorro, mi faccio rincorrere, scappo, mi faccio pren-dere: mi guarda divertita, cerca il mio contatto, tiriamoper aria altre cose, fa dei vocalizzi acuti sorridendo.Prendo l’armonica dalla tasca e la rispecchio: le piace.Corriamo tirandoci per il sacco, come se fosse una cor-da. I suoi occhi mi cercano e i miei la seguono senza in-terruzioni. Contatti giocosi, accarezzamenti (dialogotonico) e lo sguardo sono le vie del nostro incontro. Abbiamo superato il tempo a disposizione. Guardol’insegnante seduta nell’angolo della stanza: ha la boc-ca aperta e lo sguardo nel vuoto; sembra non crederci. Al quinto incontro ripropongo lo stesso dispositivodella volta precedente, ricevendo da A. un’apertura ul-teriore e per un tempo maggiore. Giochi in movimen-to, contatti visivi, dialogo tonico danno vita a una re-lazione nuovamente intensa e felice.

Un anno dopo

A un anno di distanza circa dall’ultimo intervento, horipreso a lavorare con A. Sono riuscito a superare unacerta diffidenza dei genitori (verso l’ambiente scolasti-co di A.) e a confrontarmi così con loro. Anche perquesto il percorso sviluppato durante questi otto in-contri mi ha gradualmente permesso di comprenderemeglio le sue modalità di relazionarsi ed esprimersicon il suono. Ho utilizzato la sua abitudine ad ascol-tare, a casa, musiche di cartoni animati e canzoni perbambini. Delle stesse musiche ho creato alcune basiche le propongo di ascoltare, aggiungendoci, sul mo-mento, l’intervento di alcuni strumenti (tamburo, ta-stiera, piatti, bonghi) che anche lei ha cominciato cosìa esplorare. Abbiamo continuato a giocare a muover-ci, correre, rincorrerci, per la stanza, posizionandoqua e là degli strumenti sui quali ogni tanto A. si sof-ferma a suonare, e io con lei. Non sono mancati momenti di chiusura, ma mai, aesclusione del primo incontro, comportamenti provo-cativi o oppositivi; in nessuno degli otto incontri haportato alla bocca un oggetto.In sezione A. va seguita, e diversi comportamenti pro-blematici permangono, ma la percezione che le mae-stre hanno di lei è cambiata: vedono meglio le sue ri-sorse e comprendono maggiormente il senso di alcunisuoi comportamenti.

BibliografiaBandler R., Grinder J., 1984, I modelli della tecnica ipnotica diMilton Erickson, Astrolabio, Roma. Bandler R., Grinder J., 1980, La metamorfosi terapeutica,Astrolabio, Roma.Scardovelli M., 1999, Musica e trasformazione, Borla, Roma.Scardovelli M., 2000, Subpersonalità e crescita dell’io, Borla,Roma.

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[PORTOGALLO]

EMANUELA PERLINI – DAVIDE ZAMBELLI

Posizione di partenza: cerchio di coppieil cavaliere ha la dama alla sua dx

direzione antiorariaIntroduzione

Parte A5-6 4 passi sulla mezza punta partendo con dx;7-8 4 passi con schiena piegata;

9-12 ripetere passi misure 5-8;

Parte B13-14 3 battute di mano con partner;15-16 3 battute di mano con contropartner;

17-18 4 bassi verso il centro partendo con dx;19-20 4 passi di ritorno.Ripresa

Danza-gioco portoghese adatta, per la sua semplicità, aun utilizzo con alunni anche molto piccoli. Può essere in-teressante la versione a Farandola, cerchio aperto concapofila il quale, nelle misure 13-14, propone un ritmo cheviene ripetuto a eco dagli altri nelle misure 15-16. Il capo-fila può poi lasciare il posto al secondo e mettersi in coda. La struttura melodica e armonica molto elementare sipresta bene a un lavoro sull’improvvisazione. È consiglia-bile che l’apprendimento della semplice coreografia diquesta danza preceda il lavoro indicato di seguito permemorizzare meglio l’organizzazione formale entro cuilavorare.PPrrooppoossttee ddii aattttiivviittàà.. Improvvisazione sul movimento.Ai battiti di mano (battute 13-16) si sostituisce l’im-provvisazione collettiva di un movimento. Poi, in tuttala parte B, ogni alunno, a turno, improvvisa singolar-mente un movimento per la durata di due misure.Un’attività che richiede maggior concentrazione èquella della ripetizione di un movimento, proposto ini-zialmente dall’insegnante, di lunghezze diverse.Improvvisazioni strumentali. Lo stesso lavoro può esse-

re proposto con gesti-suono, come attività propedeuti-ca all’utilizzo degli strumenti. Nell’aula di musica, unavolta imparata la parte melodica con gli strumenti o lavoce, si possono sostituire le battute 13-16 della parte Bcon improvvisazioni su strumenti ritmici, utilizzando lagradualità già indicata per il movimento. Per gli stru-menti melodici, si può tenere la parte A come da parti-tura e lavorare sulla parte B assegnando un ristrettoambito melodico per l’improvvisazione.Dopo questo lavoro è possibile personalizzare la par-titura riorganizzando lo schema formale in base ascelte collettive, ad esempio forma rondò in cui laparte A viene mantenuta e la parte B viene variata ri-utilizzando le varie modalità esplorate precedente-mente. Di conseguenza, anche la parte coreograficapuò venire reinterpretata.Attività per il riconoscimento delle altezze. Nella parte A,la coreografia è strettamente collegata con il movimentomelodico. Un gioco da fare con i più piccoli, ad esempio, èil riconoscimento, realizzato con il movimento, di diversealtezze proposte dall’insegnante con uno strumento o

Il materiale graficodi queste pagine(in formato pdf)

e la realizzazione,con strumentazione sintetica,

della partitura(in formato midi)

si possono scaricaredalle pagine Web della Siem:

www.siem-online.it.

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con la voce: “camminate sulle punte se vi sembra che ilsuono sia alto, camminate curvi se è più basso”. Lo stes-so esercizio può essere ripetuto ascoltando la musica, ar-rivando all’apprendimento della coreografia.PPrrooppoossttaa eesseeccuuttiivvaa. La danza si ripete tre volte.Prima e seconda volta:• parte A: solo tamburello un suono ogni due battu-

te, piano, basso, melodia 1• parte B: tamburello, piano, piastre, melodia 1.Terza e quarta volta:

• parte A: tamburelli, legnetti, piano, basso, xilofo-no, melodia 2

• parte B: tamburello, piano, piastre, melodia 2.Quinta e sesta volta:• parte A e B: tutti.

Le percussioni indicate con i numeri 1, 2 e 3 corrispondo-no rispettivamente ai sonagli, legnetti, temburello.

Discografia. Tänze für Kinder, Fidulafon n. 1261.

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Sul numero 119 di Musica Domani, in Speciale Con-servatori1 leggo che «il 90% e passa della musica chegli uomini conoscono, ascoltano e amano ogni gior-no, nei conservatori italiani semplicemente non esi-ste» e, qualche pagina dopo, nelle Note a margine2 aproposito dei concorsi riservati di pedagogia musica-le: «Si può fare una lezione sulla musica dei giovani enon saper citare una (dico una) canzone?».3

Che nella maggior parte dei conservatori italiani lamusica dei giovani semplicemente non esistesse si sa-peva già, stupisce un po’ che neanche coloro che do-vrebbero “insegnare a insegnare” ai futuri docentidella scuola elementare (quando?) e della scuola me-dia, conoscano e dunque considerino tale musicaquale argomento di studio.D’altra parte anch’io, insegnando in una scuola me-dia, spesso mi sono scontrata con i colleghi che con-sideravano l’argomento canzone assolutamente in-consistente e poco serio, oppure riducevano la cono-scenza della musica leggera a esecuzione pura e sem-plice dei brani più in voga.Personalmente, da quando insegno, sono convintache le ore di educazione musicale debbano almenoporre gli alunni nella condizione di comprendere l’u-niverso musicale circostante, fornendo loro gli stru-menti essenziali per un giudizio obiettivo e personale.Leggendo vari articoli e testi4, venendo a conoscenza,attraverso convegni, incontri, aggiornamenti, delpensiero di molti didatti (tra gli altri Delfrati, Stefani,Spaccazocchi), la mia convinzione si è ulteriormenterafforzata e arricchita.Certo, gli insegnanti dovrebbero porre in grado glialunni di decodificare e comprendere tout court il lin-guaggio musicale utilizzato nei vari generi; tuttavia,se molta della musica che i giovani ascoltano e ama-no appartiene al genere popular, io penso che quegli

stessi insegnanti abbiano il dovere di spiegare ai loroalunni i meccanismi di tale produzione, rendendolicosì consapevoli nella fruizione.Non è forse necessario saper comprendere le differen-ze musicali (ritmiche, melodiche, armoniche, di for-ma e composizione) e testuali (struttura formale deltesto, livello semantico e sintattico) tra brani, adesempio, di Battiato, Ramazzotti, 99 Posse, Bïjork oU2? Non è forse necessario comprendere le relazionitra musica e testo?Per questo motivo, dal 1984 nei miei programmi c’èsempre stata una sezione dedicata alla canzone, al-l’interno del modulo Musica e parola5. Mi proponevodi far conoscere e far capire le differenze all’internodel vasto universo popular, far comprendere (e inse-gnare a ricavare) la struttura musicale, la strutturadel testo e le loro relazioni, insegnare a variare i para-metri musicali più semplici (melodia, ritmo, cadenzeelementari ecc.) e il modo d’esecuzione, insegnare acomporre ex-novo il testo di canzoni originali, in ba-se a caratteristiche musicali o argomenti dati.Negli ultimi tre anni le attività sulla canzone sonostate condivise da una mia collega di educazione mu-sicale, Fiorella Iodice: i nostri ragazzi hanno ascolta-to e analizzato diversi esempi di popular music; han-no inventato seconde voci (sia strumentali che vocali)per vari brani e hanno variato gli accompagnamenti.Hanno scritto molti testi (jingles pubblicitari, testiper concorsi esterni, testi per un concorso scolasticointerno) venendo a conoscenza, così, anche delle di-verse funzioni dei brani. Hanno imparato, cioè, nonsolo ad ascoltare o eseguire la popular music, ma ainteragire con essa.Nelle ore di tempo pieno, la mia collega e io abbiamogestito inoltre un laboratorio di canto corale (25 ele-menti selezionati), finalizzato all’esecuzione a più vo-ci di spiritual e swing (Java Jive, Oh happy day, Ama-zing grace, The things that I see, Hail holly queen) incollaborazione con la sezione musicale della scuola, ealla realizzazione di musical, in collaborazione con ilaboratori di teatro e di danza ritmica.Tutto questo lavoro è confluito, nell’anno scolastico2000/2001, in un’attività molto significativa: un mu-sical interamente scritto dai ragazzi.A ottobre un gruppo di docenti formato da noi dueinsegnanti di educazione musicale, dall’insegnante dilettere responsabile del laboratorio teatrale e da dueattrici professioniste consulenti al Progetto Teatro hadeciso l’argomento del musical: riflessione sulla per-cezione dei giovani circa i concetti di Bene e Male esul significato che normalmente si attribuisce a tali

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Un’esperienza scolastica di teatromusicale include significativamente lapopular music che diventa un mezzo perveicolare nozioni musicali, ma anche pontetra la cultura giovanile e quella degliinsegnanti.

La popular music:un ponte tra ragazzi e scuola

CHERUBINA RAMACCI

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parole, e il titolo: Angeli e no!Fu decisa, allora, anche la forma strutturale del lavo-ro: una serie di quadri rappresentanti ciascuno una si-tuazione in cui Bene e Male venivano contrapposti.All’inizio di ogni quadro, quale introduzione, o alla fi-ne, come riflessione, ci sarebbe stato il coro che avreb-be svolto la funzione del coro tragico greco, cioè quel-la di commentare l’azione dal punto di vista del Benee del Giusto, secondo il senso comune.

Utilizzo della popular music

Trattandosi di un lavoro dei ragazzi sulle loro idee ecirca il loro universo di pensiero, io e la mia collegapensammo subito di utilizzare brani di musica pop,facendo scrivere e modificare il testo se necessario.Vilascio immaginare la gioia degli alunni coinvolti,quando vennero a conoscenza del progetto. Tutto eraassolutamente chiaro sulla carta ma, ci chiedemmo,quali canzoni avremmo usato e in base a quali para-metri sarebbe avvenuta la scelta?Provammo a mettere alla prova la competenza comu-ne dei nostri alunni (una classe terza), chiedendo diportare alcune canzoni adattabili al copione (allorasolo un canovaccio).Furono portate in classe: Gelido (Britti), l’ultimo cddi The Cranberries con, sottolineate, Animal istinct eJust my imagination; È per te (Jovanotti); Il girasole(Giorgia); Quelli che ben pensano (Frankie Hi Nrg);Trentaduesimo parallelo (Nomadi) – ma dove l’ave-vano scovata? –; Il coraggio delle idee, Il cielo, I giar-dini che nessuno sa (Zero) e dopo reiterate votazionifurono scelte: Gelido, È per te, Just my imagination,

Animal Istinct, Il coraggio delle idee. Le associazioni delle canzoni ai quadri sono state gui-date da noi insegnanti di educazione musicale (oltreall’appropriatezza musicale e testuale, si doveva con-siderare che le canzoni sarebbero state le basi di unacoreografia). L’ordine seguito è stato:• Introduzione recitata• Gelido introduce il 1° quadro• 1° quadro : Ricco, ricchissimo!• Just my imagination commenta il 1° quadro• 2° quadro: Il deputato e i mendicanti • Animal istinct commenta il 2° quadro• 3° quadro: Il contadino e l’esperto di OGM.• È per te commenta varie situazioni che si svolgono

in un parco pubblico e sono raccontate mimica-mente

• Epilogo recitato• Il coraggio delle idee conclude, tutto il lavoro.

Elaborazione e rielaborazione

Intanto era arrivato dicembre ed era necessario sten-dere il copione (che fu scritto nelle ore di laboratorioteatrale) e scrivere e modificare le parole delle canzo-ni, relativamente ai vari quadri.Non mi sembra superfluo sottolineare che tutti i ragaz-zi della nostra scuola sono abituati a scrivere i testi del-le canzoni sin dalla prima media6 e dunque questa atti-vità può essere svolta da tutti, anche se i massimi risul-tati si ottengono con gli allievi più dotati (la perfettacorrispondenza tra ritmo musicale e ritmo verbale deltesto posto, ad esempio, è presente in tutti i lavori mi-gliori).

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Musica Domani in libreria?La trovate qui.

Torino, Beethoven HausMilano, Mitarotonda

Cremona, Libreria TurrisPadova, Musica e Musica

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Nelle Librerie Feltrinelli di:Ancona, Bari, Bologna,Brescia, Ferrara, Firenze,Genova, Milano, Modena,Napoli, Padova,Pescara, Pisa, Parma,Ravenna, Roma,Salerno, Siena e Torino

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tive Da gennaio la mia collega ha lavorato con un gruppo

di alunni di terza. Dopo un certo numero di ore (cir-ca 6 lezioni) furono pronte Guarda nel tuo cuore(Just my imagination) e Un mondo nuovo (AnimalIstinct); Gelido e Il coraggio delle idee non venneromodificate e alla canzone di Jovanotti furono cam-biati solo alcuni versi.Da un punto di vista strettamente musicale le opera-zioni per l’elaborazione/rielaborazione dei brani sonostate molteplici. Noi insegnanti di educazione musi-cale abbiamo dovuto in primo luogo elaborare i bra-ni da cantare, adattandoli al nostro coro di ragazzi (laversione per coro e solista e per coro a due voci eranogià presenti in nuce nelle canzoni di The Cranberriese in quella di Britti).È necessario specificare che, nella collaborazione conla sezione musicale, le elaborazioni delle parti per co-ro, per solista e per accompagnamento pianistico aquattro mani o orchestrale, avvenivano per lo più ingruppo (insegnanti di educazione musicale, direttored’orchestra e/o insegnanti di strumento) e si concre-tizzavano in partiture vere e proprie. Nella collabora-zione del coro ai vari progetti teatrali le elaborazionidelle canzoni erano invece riportate a partiture soloper grosse linee, mentre, per lo più, erano modificatea orecchio e insegnate al coro per imitazione (il labo-ratorio di canto corale disponeva soltanto di 90 mi-nuti settimanali pomeridiani, nell’ambito del tempoprolungato).Relativamente all’esecuzione, come per altre espe-rienze, il coro è stato diviso (anche tenendo conto del-le idee dei ragazzi) in due parti, ora bilanciate per nu-mero di elementi e per presenza maschile/femminile,ora in solista e coro femminile, ora con poche vociche si contrapponevano al resto, a seconda delle esi-genze. La scelta delle voci è avvenuta in relazione al-la congruenza tra le caratteristiche melodiche dellecanzoni, le caratteristiche vocali dei vari allievi e lecapacità interpretative degli stessi.Affinché i componenti del coro (ragazzi e ragazze di13 e 14 anni) potessero cantare senza problemi nellaloro tessitura naturale, le basi delle canzoni, su midifile e che si trovano in commercio nelle tonalità origi-nali, vennero modificate al computer dai miei colle-ghi in tonalità adatte alle voci dei ragazzi (di solito siregistravano le basi su tonalità che variavano diuno/due toni rispetto all’originale e poi si sceglievaquella giusta rispetto alle voci a disposizione).Infine, per esigenze coreografiche,7 alcune basi venne-ro accorciate.Un’ultima operazione musicale è stata la riflessionesulle modalità di interpretazione. L’imitazione mecca-nica delle canzoni originali è stata evitata sia perché iragazzi erano stati abituati a cantare vari tipi di can-zoni, interpretandole secondo il contesto e le loroconvinzioni, sia perché, dovendo cantare testi scrittiquasi interamente da altri alunni della scuola (dueoriginali erano in inglese) hanno subito sentito pro-prie le canzoni da eseguire, interpretandole in modopersonale e comunque congruo al contesto specifico eall’argomento trattato.

Work in progress

A marzo il Progetto Teatro cominciò a prendere cor-po. Successivamente, come in un vero work in pro-gress, furono apportati degli aggiustamenti (soprat-tutto musicali, per rendere più interessanti ed esegui-bili le canzoni); negli ultimi giorni, poi, i ragazzi vol-lero apportare una modifica sostanziale: cambiare lacanzone finale.Due ragazze del gruppo di scrittura avevano vinto ilconcorso scolastico8 per la sezione “composizione diun testo su musica già esistente”, scrivendo parole sul-la comprensione, partendo da una vecchia canzone diMichael Jackson (Heal the world). La ragazza che nelmusical interpretava la “coscienza pensante”, suggerìdi utilizzare questo testo: nell’epilogo avrebbe espres-so quanto, nel corso degli anni, i vari lavori su testi in-titolati alla libertà, all’amicizia, all’accettazione del-l’altro, alla solidarietà e alla comprensione, avesserocontribuito a formare nei ragazzi un’idea precisa dicosa potesse essere Bene e cosa Male. Così la canzonescelta inizialmente per il finale fu sostituita dalla can-zone vincitrice del concorso: Salva il tuo sogno.Alla metà di maggio, qualche settimana prima di an-dare in scena, il nostro musical fu finalmente comple-tato in ogni sua parte.

Obiettivi didattici conseguiti

Alla prima del lavoro tutti i presenti sono rimasti col-piti positivamente dalla capacità dei ragazzi di riflet-tere su temi così importanti, dalla loro creatività, dal-la capacità di utilizzare materiale estraneo al mondodella scuola, dalla estrema coesione tra testo, canzo-ni, coreografia.Noi insegnanti siamo stati gratificati e ripagati deinotevoli sacrifici (non è stato facile istruire e coordi-nare tutti i gruppi), non tanto dal positivo esito dellarecita, quanto per aver lavorato insegnando ai ragaz-zi a divenire consapevoli delle loro idee, a cercare eusare i materiali più adatti a esprimerle, a concretiz-zarle in un prodotto tangibile e, soprattutto, a esserenon solo fruitori ed esecutori passivi del mondo cir-costante, ma protagonisti attivi.Infine, noi insegnanti di musica abbiamo dimostratoa genitori e colleghi che la popular music non è sol-tanto un’altra cosa rispetto alla musica vera, ma cheinvece, se ben utilizzata, può diventare un valido pon-te tra la scuola e i ragazzi e può veicolare nozioni mu-sicali, idee ed emozioni importanti nella vita di cia-scuno di noi.

Note1 G. Montecchi, Musica Domani, n. 119, 2000, p. 16.2 Ibidem, Nota di J. Tafuri e C. Canedi, pp. 22-23.3 Devo presumere che sia molti docenti di conservatorio siamolti aspiranti a diventarlo (candidati del concorso di didatti-ca) abbiano ignorato per anni le varie pubblicazioni o i vari in-terventi sulla popular music.4 Per chi volesse un quadro rapido della situazione cfr. in Mu-sica Domani n. 116, 2000, la rubrica Confronti e dibattiti a

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cura di Luca Marconi: “Popular Music a scuola: fra piaceremusicale e attività didattica” pp. 28-34. Imparare rock? Ascuola con la Popular Music a cura di F. Ferrari e E. Strobino,Quaderno della Siem n. 7, 1994. Crescere con il rock, M. Ba-roni - F. Nanni, CLUEB, Bologna, 1989.5 Per il metodo usato all’inizio nello stendere i testi, poi applicatoa frammenti musicali di progressiva difficoltà, cfr. il mio articolo“Difendere la natura a ritmo di rap”, Musica Domani n. 114,2000, pp. 26-27.6 Importante contributo a ciò mi ha dato, recentemente, la co-noscenza di Rock in classe di E. Strobino, Unità 5 del Corso diPerfezionamento in Educazione Musicale. Elementi di Didatti-ca, attivato presso l’Università degli Studi di Roma Tor Verga-

ta nell’Anno accademico 1996/1997.7 Le coreografie, semplici e assolutamente funzionali al lavoroscenico, sono state elaborate dalle due attrici, come esplicita-zione dei testi. Oltre che gli attori, esse hanno coinvolto diret-tamente anche il coro, che poteva così partecipare all’azione.8 Si trattava della quinta edizione di un concorso di lettura in-terno per tutta la scuola: dopo aver letto un libro di narrativasu un argomento specifico i ragazzi dovevano produrre, sullostesso argomento, un saggio/tema, una poesia, un disegno/ma-nifesto con didascalie, il testo di una canzone su musica esi-stente. Il concorso era stato ideato per stimolare negli alunniun pensiero originale, successivo alla fase puramente ricettiva.

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HEAL THE WORLDdi Michael Jackson

There’s place in your heartand I know that it is love.And this place could be much brighterthan tomorrow.And if you really try,you’ll find there’s no need to cry.In this place you’ll feel there’s no hurt or sorrow.There are ways to get thereif you care enough for the living.Make a little space,make it a better place…Heal the word,make it a better placefor you and for me and the entire human race.

There are people dying,if you care enough for the living,make a better placefor you and for me.

If you want to know why there’s alove that cannot lie,love is strong, it only cares of joyful given.

if we try we shall see in this bliss we cannot feel fear or dead.Stop existing and start living.Then it feels that alwayslove’s enough for us growing,make a better world, make a better world…Heal the world, make it a better placefor you and for me and the entire human race.

There are people dying,if you care enough for the living,make a better placefor you and for me.

And the dream we were conceivedin will reveal a joyful face.And the world we once believedin will shine again in grace.Then who to we keep strangling life,wound this earth, crucify its soul ?Through it’s plain to see this world is heavenly,be God’s glow.We could fly so high,let our spirits never die.In my heart, I fee you are all my brothers.Create a world, with no fear,together we cry happy tears.

See the nations turn their swordsinto plowshares.We could really get there,if you cared enough for the living.Make a little space,to make a better place…Heal the world,Make it a better placefor you and for me and the entire human race.

There are people dying,if you care enough for the livingMake a better placefor you and for me.

Heal the world, make it a better place,for you and for me and the entire human race.There are people dying,if you care enough for the living,make a better place for you and for meHeal the world, make it a better place,for you and for me and the entire human race.

There are people dying,if you care enough for the living,make a better place for you and for me

SALVA IL TUO SOGNO(base Heal the world)

Non è facile saicercar di dimenticarequando le ferite fanno ancora male.Ma la vita affrontata con paura e con rancorefa di te un uomo solo e senza amore.Ma se tu riuscissi a lasciarti andare cosìscopriresti chec’è un uomo nuovo in te.

1 RIT. Non è poi così difficile alzare lo sguardo sul mondo intorno a te tu non sarai solosiamo in tanti a credere che quello sguardo salva il sogno che è in te.

Ma qual è il sogno cheaccarezza ogni uomoe che apre il nostro sguardo ad un sorriso.È la voglia di trovar nel volto di chi ti è vicinoun amico che ti creda e sia sinceroTu puoi ascoltarlo o lasciarlo andarema l’amico sainon si abbandona mai.

2 RIT. E sarà tutto più facilese insieme ad un amico la strada tu farai tu non sarai solo ci sarà sempre qualcuno che vorrà spendere il suo tempo per te.

E la vita ti sembrerà meno difficile.Puoi salvare il tuo futuro insieme a qualcunocheti sappia ascoltaresenza giudicaree che ti apra il cuorcon tanta comprensionese lo vuoi.

Ora che sai cos’èquesto sogno che hai nel cuore.Custodiscilo per sempre con amoree difendilo dal tempoperché ha un valore immensoe darà alla vita tutto un altro senso.Tu puoi afferrarlo o lasciarlo andarema l’amico che haiè un grande dono sai.

Rit.1

Rit.2Rit.1

Tu non sarai solo.Siamo in tanti a credere chequello sguardo salva il sogno che è in te.Tu non sarai soloci sarà sempre qualcuno chevorrà spendere il suo tempo per te. (5 volte)Non sarai più soloci sarà un amicoche saprà ascoltare ti comprenderà!

Elvira De Paolis, Elda Di Legge Classe III GScuola media statale “S. Tommaso d’Aquino”anno scolastico 2000-2001

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Un freddo pomeriggio del mese di febbraio 2001:una ventina di studenti del Liceo artistico “AntonGiulio Bragaglia” di Frosinone, un’aula conferenzeabbastanza caotica e triste, tre professori armati ditanta buona volontà, il Lied von der Erde di GustavMahler e io, operatrice musicale con un diploma indidattica della musica in tasca che in questo casoserviva a infondermi la sicurezza necessaria per in-traprendere un compito educativo così poco esplo-rato.Quindici giorni prima dell’incontro, ero stata inter-pellata dal docente incaricato dell’Istituto per lo svol-gimento di un Progetto Musica un po’ particolare:organizzare un itinerario di educazione all’ascolto, incinque incontri di due ore ciascuno, per preparare iragazzi a partecipare a un concorso nazionale pergiovani tra i 14 e i 35 anni di età, il cui scopo eraquello di far conoscere opere musicali significative,stimolando la riflessione su possibili compenetrazionitra il linguaggio musicale e quello figurativo-pittori-co. Il titolo del concorso, promosso dall’associazioneculturale Place, Art and People di Montepulciano,era “Note d’estate… tra suoni e colori”.Il tema al quale dovevano ispirarsi i partecipanti erala già citata opera di Mahler. Come tirocinante delcorso di Didattica della Musica del Conservatorio“Licinio Refice” di Frosinone, dopo aver buttato giùl’itinerario didattico, ho avuto l’incoraggiamento, laguida e le “dritte” dei professori Franca Ferrari eEmanuele Pappalardo, docenti del corso, che hannoseguito tutte le tappe del progetto, per il quale ho in-dividuato le seguenti finalità:• una aumentata sensibilità all’ascolto musicale;• l’acquisizione di alcune coordinate storico-musi-

cali;

• lo sviluppo della capacità di collegare sensi e si-gnificati ipotizzati nella musica a precise struttureformali e/o timbriche;

• l’individuazione di alcuni codici comuni alle duearti.

Alla scoperta di mondi sonori

Dal punto di vista metodologico, gli incontri si sonoconfigurati come lezioni frontali a dinamica interatti-va, sempre organizzate attraverso un problema ini-ziale proposto alla soluzione collettiva. Il contrastotra modelli culturali e formali diversi, emerso attra-verso l’accostamento di ascolti musicali vari e di va-rio genere (da Mahler a Schubert, da Mozart a Stra-vinskj, da Vivaldi e Verdi fino a Battiato e Pino Da-niele), è valso a mettere meglio a fuoco alcune carat-teristiche dell’opera mahleriana. Ogni lezione si èconclusa con un momento individuale di rielabora-zione grafico-pittorica di quanto ascoltato.Questi i temi dei cinque incontri: Mahler e il suo tem-po; Il Lied nella storia della musica; La musica occi-dentale del primo Novecento apre le porte all’oriente;L’esotismo in Mahler; Scoperta di codici comuni.Nel primo incontro è stato proposto l’ascolto del pri-mo dei sei brani vocali che compongono il Lied vonder Erde. L’interazione è stata impostata come unproblem solving intorno al quesito: Che cos’è questamusica? I ragazzi hanno proiettato sull’oggetto musi-cale proposto diversi livelli di competenza (pratichesociali, stili musicali, codici logici, tecniche musicali)e in base a questa lettura hanno prodotto dei primi la-vori grafici molto descrittivi.Nel secondo, ho ritenuto indispensabile cercare dicontestualizzare storicamente la complessa figura diMahler, ascoltando piccoli frammenti musicali e os-servando riproduzioni di quadri di artisti del suo tem-po, ma anche precedenti, dai romantici – Delacroix,Ingrès, Füssli – fino a Munch, Kandinsky, Klee e Ma-tisse.Il confronto tra queste opere e alcuni passi del Liedvon der Erde, rispetto ai quali ho chiesto ai ragazzi diproporre degli abbinamenti opera pittorica/ branomusicale, è servito, in ultima istanza, per riscontrarecome, nella straordinaria figura artistica di Malher,gli elementi ereditati dalla tradizione romantica con-vivano con quelli più innovativi, fornendo in questoun amalgama che ben funziona come specchio di unasituazione culturale tipica della Mitteleuropea tra Ot-to e Novecento.

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Gli studenti di un liceo artistico siconfrontano con il linguaggio musicale:traducendo in colori e linee le suggestioniprovocate da alcuni ascolti,imparano a collegare sensi e significatievocati dalla musica alle strutture sonoree scoprono alcuni codicicomuni a diversi ambiti artistici.

Scoprire Mahler tra suoni e colori

MARINA ANGELINI

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Fra oriente e occidente

Nel terzo incontro, l’ascolto del terzo Lied (caratteriz-zato da elementi musicali e teatrali mutuati dalla cul-tura orientale) ha rappresentato un ideale trait d’u-nion per aprire un dibattito sulla cultura orientale e inparticolare sulla Cina. Partendo dalle caratteristichedel brano in oggetto e dagli elementi di cui si è servitol’autore per suggerire l’impressione d’oriente, è sortauna vivace e quanto mai attuale discussione. Dopouna rapida esposizione sulla stretta convivenza dellemusiche d’oriente e d’occidente, ho invitato infatti iragazzi a pensare quali siano gli elementi che conferi-scono a un’opera il “sapore” d’oriente. Nel corso deisecoli, le due culture musicali si sono più volte prese elasciate per giungere, agli inizi del Novecento, con l’E-sposizione Universale di Parigi (1889), all’apertura diuna nuova fase di rapporti. Ascoltando frammenti dibrani di Debussy, Ravel e Puccini, ho sollecitato i ra-gazzi a indicare alcuni elementi caratteristici del “sa-pore orientale”. Ho avuto risposte di questo tipo: co-lori tenui, timbri ambigui, melodia non tonale. Il quarto incontro ha previsto un’attenta lettura deltesto letterario dell’opera in oggetto. Per focalizzarealcuni elementi ritenuti più importanti (che sono ser-viti a far emergere dei tratti/codici comuni tra le artimusicale/grafico-pittorica/letteraria), i ragazzi sonostati invitati a scegliere dei versi che evocassero parti-colari sensazioni ed emozioni. Riproponendo l’ascol-to dei frammenti musicali corrispondenti ai versi daloro scelti, li ho aiutati a far emergere i vari collega-menti. Così, l’interesse per il verso S’illuminano d’az-zurro gli orizzonti sempre … sempre ha indotto a

puntare l’attenzione sulla corrispondente melodiachiara e distesa in registro medio-acuto, a sua voltatramutata dagli studenti in una linea grafica fluida,con colori pastello brillanti. Oppure, l’espressione Lacanzone del dolore deve risuonarvi nell’anima scop-piando in una risata (del poeta cinese autore dei testidei sei Lieder), cantata da Mahler su una melodia condissonanze e forti contrasti timbrici e dinamici, è di-venuta una linea grafica frammentata e spigolosa, op-pure molto ampia, con uso di colori assai vivaci econtrastanti.Nell’ultimo incontro, individuati alcuni tratti che airagazzi sembravano più significativi degli altri, si ècercato di esprimerli in opere grafico/pittoriche (qui èentrato in gioco l’insegnante di tecnica pittorica) rea-lizzate appositamente per il concorso, evidenziando,come già detto, forma melodica, colore, timbro, an-damento, intensità, procedimento compositivo e al-tro ancora, e facendo emergere l’uso di codici comu-ni tra le due arti.A questo punto, in una calda mattina di giugno, misono ritrovata con gli insegnanti coinvolti nel proget-to e insieme abbiamo catalogato, titolato e impac-chettato gli elaborati per spedirli a Montepulciano.A metà settembre, una piacevole telefonata mi an-nuncia che gli elaborati del Progetto Musica del LiceoArtistico “A.G. Bragaglia” hanno vinto il primo e ilquinto premio del concorso. Inutile dire la gioia deiragazzi che sono andati a ritirare il premio, nonchédegli insegnanti e di me stessa alla quale il preside harinnovato l’incarico di continuare anche per que-st’anno il Progetto Musica e di partecipare al prossi-mo concorso. Auguri!

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L’associazione alla Siem è un’occasione preziosa per:• partecipare e far progredire il dibattito pedagogico e didattico in ambito musicale• conoscere esperienze, tecniche e metodi nuovi per l’educazione musicale• intervenire nelle sedi istituzionali per migliorare la formazione musicale

I soci, oltre a partecipare alle attività e alle iniziative della Siem, ricevono:• la rivista Musica Domani• i Quaderni di ricerca e di didattica della Siem• Siem informazioni, inserto del numero di aprile del Giornale della Musica

Via Dell’Unione, 4 – 40126 Bolognatelefono e fax: 011-9364761

e-mail: [email protected]: 19005404

Quote per il 2002:

soci ordinari e 31,00

studenti e 26,00

biblioteche e 31,00

soci sostenitori e 62,00

SIEMSocietà Italianaper l’Educazione Musicale

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La necessità di rispettare una scadenza definita puòessere molto utile. Dover produrre qualcosa veloce-mente e per un evento speciale concentra la mente estimola l’immaginazione a trovare “un’Idea”; e da quiil pensiero comincia a fluire. Ecco da dove arriva lamusica. La musica è pensiero e ogni brano musicale èuna catena di pensieri, in cui ciascuno ne trascina unaltro. Fa parte della natura umana volerci far capire. Se cre-diamo di avere qualcosa di importante da dire, sce-gliamo con cura le parole e proviamo a sviluppare unargomento un po’ alla volta, ripetendo ogni tanto pa-role-chiave e frasi per non perdere di vista l’argomen-to. Sappiamo di non poter convincere chi ci ascolta senon parliamo in modo coerente.Un brano musicale, per quanto breve o apparente-mente insignificante, funziona proprio in questo mo-do. Per essere convincente alle orecchie di un ascol-tatore, i “materiali” – melodie, cellule ritmiche, timbristrumentali o voci: tutte le cose essenzialmente musi-cali che inventiamo – devono essere controllati moltoattentamente, singolarmente e nelle loro combinazio-ni. Sviluppare un’idea musicale significa far crescereed espandere le sue caratteristiche più importantima, allo stesso tempo, significa mantenere i suoi trat-ti peculiari, ovvero i tratti propri dell’idea originaria.La fretta preme: “Non ho tempo di considerare tuttele possibilità: so soltanto che devo produrre qualco-sa!”. Diamoci da fare allora, creiamo una situazione diurgenza nella quale ci sia bisogno di musica e vedia-mo a che tipo di produzione questo porti.La necessità aguzza l’ingegno.1

OOrrggaanniizzzzaazziioonneeCome abbiamo già detto (vedi i nn. 122 e 123 di MusicaDomani) gli allievi dovrebbero organizzarsi in gruppidi quattro o cinque. I gruppi, inoltre, avranno bisognodi spazi separati in cui lavorare.

IIssttrruuzziioonnii ddii llaavvoorroo ppeerr ii ggrruuppppiiOgni gruppo deve immaginare di essere un’équipe dilavoro presso una stazione radiofonica. Il lavoro del-l’équipe consiste nel trasmettere per radio musicapre-registrata all’inizio e alla fine di ogni programmae di fare gli annunci di apertura e chiusura.Siete appena arrivati in studio e il programma deveandare in onda fra venti minuti. Sfortunatamente l’ar-madio contenente le incisioni musicali è chiuso a chia-ve e qualcuno si è portato via la chiave! L’archivio dei

dischi è in un altro edificio, troppo lontano dal luogo incui siete ora, per cui non c’è tempo di scegliere un di-sco adatto. Avete solo il nastro del programma, masenza la musica e persino senza il titolo e gli annuncidi apertura e chiusura. Non c’è nemmeno il tempo diascoltare il nastro e avete solo una vaga idea del tipodi programma che potrebbe essere. Però sapete chel’orario in cui dovrebbe essere trasmesso rappresen-ta la fascia oraria abituale per un certo tipo di pro-grammi e questo può offrirvi qualche suggerimentosul possibile contenuto.Sarete tutti d’accordo che in simili circostanze l’unicada fare è che il gruppo esegua, in studio e dal vivo,una musica – sperando che risulti adatta – e che in-venti degli annunci di apertura e chiusura non troppospecifici, adattabili cioè a programmi che vanno in on-da a quell’ora della giornata. Ovviamente la prima co-sa da fare è decidere quale ora della giornata sia eche tipo di programmi potrebbero essere trasmessi inquella fascia oraria. Se per caso ci fossero degli strumenti in studio, allorapotreste usarli. Altrimenti dovrete cercare altri suonisugli oggetti a disposizione, oppure usare le voci.

OOsssseerrvvaazziioonnii mmeennttrree ii ggrruuppppii llaavvoorraannooQuesto è un ottimo esercizio per produrre, in un tem-po brevissimo, qualcosa che deve funzionare per chilo ascolta; infatti, quando la musica viene presentata,dovrebbe rivelarsi immediatamente efficace per il ge-nere di programma radiofonico su cui il gruppo si èconcentrato. Con queste limitazioni qualche gruppo potrebbe esse-re tentato di far ricorso a effetti speciali. Per esempio,se il gruppo decidesse di creare una musica per unprogramma sulla natura o sulla campagna, potrebbepensare di imitare il canto degli uccelli; oppure seavesse in mente un programma sulle gare automobili-stiche, potrebbe cercare di produrre suoni simili adautomobili veloci. Ma imitare semplicemente suoni diuccelli o macchine da corsa non è musica. A menoche, ovviamente, quei suoni imitativi non venganotrasformati in qualche modo in veri suoni musicali.Perciò potrebbe rendersi necessario ricordare aigruppi che è ammesso fare musica solo con materialimusicali – schemi melodici e ritmici e trame create dadiverse combinazioni e densità di strumenti e/o voci –che possano essere sviluppati e fatti procedere neltempo, conservando il proprio carattere essenziale,ovvero il carattere musicale globale dell’Idea. Così l’I-dea suggerita da un programma sulla campagna po-trebbe essere rappresentata in modo tranquillo e dol-ce, mentre un programma sulle auto da corsa potreb-

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Non perdiamo tempo

JOHN PAYNTER

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be richiedere un carattere forte e attivo: una musicaenergica, ma senza l’imitazione diretta di suoni realidelle auto da corsa.Nonostante i gruppi abbiano un tempo molto breve incui realizzare il loro pezzo, dovrebbero essere inco-raggiati a non rimanere eccessivamente attaccati al-l’Idea suggerita dal genere di programma radiofonicoche hanno scelto, per consentire così all’Idea di svi-lupparsi più musicalmente che letterariamente.A turno, andate nei diversi gruppi, osservando comegli allievi lavorano insieme. Fate domande che potreb-bero aiutarli a concentrarsi sui problemi musicali.Qual è il contesto, cioè qual è l’argomento del pro-gramma radiofonico? Come ha fatto a darvi l’idea perun pezzo di musica? Che tipo di materiali musicali hagenerato quell’Idea: uno schema ritmico caratteristi-co? un tipo particolare di melodia? Come verrannoampliati e sviluppati tutti i materiali? Potete descrive-re che cosa avete fatto finora? Come potete conti-nuare a mettere in evidenza il carattere principaledella musica e allo stesso tempo far procedere il bra-no? Come pensate di concludere il brano?Ricordate loro che stanno creando un pezzo di musi-ca e che un pezzo deve essere completo, unito e inte-ro. Niente dovrebbe suonare strano o fuori luogo.

EEsseeccuuzziioonneeI gruppi eseguono i loro brani. Discutete di ogni pezzosubito dopo la sua esecuzione, coinvolgendo tutta laclasse nella discussione. È un brano convincente? Èuna musica efficace, adatta all’argomento del pro-gramma? Ha un carattere netto? Il genere è facil-mente comprensibile? È in grado di far rimanere lepersone sintonizzate per ascoltare il programma ra-diofonico? Se sì, perché? Cos’é che potrebbe crearequell’effetto irresistibile? La durata è giusta? (o ètroppo lunga o troppo breve?) Qual è la durata giustaper una musica di introduzione e di chiusura? Comefacciamo a sapere ciò che è giusto?C’è ancora qualcosa da dire sul carattere della musicain relazione all’argomento del programma? Se l’argo-mento è umoristico, la musica riesce a dare un sensodi comicità? Come fa la musica a fare tutto ciò? Lamusica può essere divertente in sé, o pensiamo chesia divertente solo perché ci aspettiamo un program-ma divertente o perché il titolo del programma ci diceche sarà comico?

UUlltteerriioorrii oosssseerrvvaazziioonniiPotrebbe essere interessante chiedere a ogni gruppodi eseguire il suo pezzo due volte: la prima volta sen-za l’annuncio del programma, in modo da permettereal resto della classe di immaginare che tipo di pro-gramma possa essere. Oltre a ciò potreste sfruttarequesta opportunità per sottolineare che, anche seviene usata per qualche altro scopo, la musica è sem-pre musica. La musica, da sola, non può descrivere al-tre cose, se non per associazione. Può essere diver-tente, per il momento, provare a indovinare che tipodi programma ha in mente il gruppo, e poi ascoltarenuovamente la musica con l’annuncio: un contenuto

così non-musicale cosa (ammesso che ci sia qualcosa)può comunicarci sulla musica? È utile far sapere agli allievi che gli stessi compositorisi scervellano con domande del tipo: qual è la mia in-tenzione nel fare questo pezzo? Come voglio che losentano gli ascoltatori?Beethoven ebbe proprio questo tipo di dilemma con laSesta Sinfonia, Pastorale. Il suo punto di partenza erala campagna. Da qui sviluppò la sua Idea musicale. Lacosa insolita è che diede dei titoli ai diversi movimen-ti: Risveglio di piacevoli sensazioni all’arrivo in cam-pagna. Festosa riunione di contadini. Tempesta. Sen-timenti di gioia e ringraziamento dopo la tempesta.Molti hanno creduto che i titoli fossero da intenderecome modi di comprendere la musica, e con grandeentusiasmo dissero che Beethoven aveva “dipinto”questi aspetti della natura “con incredibile fedeltà”.Uno scrittore della fine del diciannovesimo secolo ar-rivò addirittura a dichiarare che chiunque ascoltassequesta sinfonia senza riuscire a «vedere il meraviglio-so paesaggio, sedere accanto al ruscello, danzare coni contadini, inzupparsi sotto il temporale, e ringrazia-re Dio quando l’arcobaleno appare in cielo, deve esse-re morto per qualsiasi senso della poesia e dell’Arte».2

Invece, nonostante il titolo – e a dispetto dei canti de-gli uccelli che mise nella Scena presso il ruscello –Beethoven rimase inflessibile sul fatto che questonon era affatto un “dipinto” della campagna. Nellapresentazione della prima esecuzione egli fu moltopreciso nel riferirsi alla Sinfonia come a “Reminiscen-ze di vita campestre” e sollecitò gli ascoltatori a nonconsiderarla come un “dipinto”, ma piuttosto comeimpressioni derivanti dalla sua personale esperienzadel mondo della natura. Perciò, dal momento che Bee-thoven volle che gli ascoltatori evitassero immaginimentali quando ascoltarono la sua musica, si era for-se fatto dei problemi a usare dei suoni imitativi delcanto degli uccelli? Il compositore americano AaronCopland ha scritto che «ogni compositore cominciacon un’Idea musicale – un’idea musicale, capisci, nonun’idea letteraria o extra-musicale».3

Potremmo confrontare l’imitazione che Beethoven fadella quaglia, dell’usignolo e del cuculo nella SestaSinfonia con l’incredibile uso di canti di uccelli di Mes-siaen in molte delle sue composizioni.4

(Traduzione di Beatrice Pallone)

NNoottee1 In italiano nel testo (n.d.t.).2 W.S. Rockstro (1823 - 1895), voce “Beethoven” nel Dizio-nario della Musica e dei Musicisti.3 Aaron Copland, What to listen for in music. New York, McGraw-Hill, 1957, p. 23.4 Per esempio, con grande evidenza, i lavori il cui titolo si ri-ferisce agli uccelli: Catalogue d’Oiseaux, Oiseaux exotiques,Le merle noir, Un vitrail et des oiseaux, La fauvette des jar-dins ecc.

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Il futuro della scuola e il ruolo che la musica avrà al-l’interno di essa è molto incerto, anche se giungono se-gnali inquietanti quali la sparizione del termine “pub-blica” davanti a “istruzione” o il taglio agli organiciprevisto dalla legge finanziaria. Poco chiaro è anche ildestino della riforma degli studi musicali. Secondoquanto approvato in passato, le scuole medie a indi-rizzo musicale, portate a ordinamento con il decretodel 1999, avrebbero dovuto costituire il primo gradi-no per poi accedere ai licei musicali e infine ai conser-vatori, equiparati a università. Anche qui però sembratutto fermo. Nonostante ciò le scuole a indirizzo mu-sicale continuano a esistere, anzi se ne sono apertemolte di nuove e l’interesse in questo settore sembraaumentare. Ci sembra utile quindi fare il punto dellasituazione mettendo a confronto le opinioni di perso-ne che svolgono ruoli diversi all’interno della scuola,per avere punti di vista differenti.Abbiamo chiesto a Fiorenza Nastro Lombardi (diri-gente scolastica dell’Istituto comprensivo “G. Roda-ri” di Baranzate di Bollate, collaboratrice IRRSAE emembro della Commissione ministeriale per la stesu-ra del decreto istitutivo dell’Indirizzo musicale), UgoFea (docente di Chitarra della Scuola media a indiriz-zo musicale “Sacco Boetto” di Fossano) e AdrianaMascoli (docente di Pianoforte nella Scuola media aindirizzo musicale “Puecher” di Erba) di rispondere atre domande che rappresentano alcuni nodi tematiciche ci paiono particolarmente attuali.Gianni Rodari nel suo scritto Scuola di fantasia del1974 (cfr. M. Piatti, Gianni Rodari e la musica, Edi-zioni del Cerro, 2001) affermava che «Se noi intendia-mo le “basi” che la scuola deve consegnare al bambi-no, al giovane, al ragazzo, in senso quantitativo, noi cimettiamo nella condizione di quel bambino descrittoda Sant’Agostino mentre sta tentando di vuotare l’o-ceano con un secchiello. Lo stesso è la nostra scuola

che dà al bambino un pochino di aritmetica, un pochi-no di geografia, un pochino di storia. Gli dà dei sec-chielli di questo oceano, ma queste non sono più “ba-si” oggi. Oggi le basi non devono più essere quantitati-ve, devono essere qualitative, cioè al bambino noi nonpossiamo consegnare l’oceano un secchiello alla volta,però gli possiamo insegnare a nuotare nell’oceano e al-lora andrà fin dove le sue forze lo porteranno, poi in-venterà una barca e navigherà con la barca, poi con lanave [...]. Dobbiamo cioè consegnargli degli strumenticulturali. La conoscenza non è una quantità, è una ri-cerca. Non dobbiamo dare ai bambini delle quantità disapere, ma degli strumenti per ricercare, degli stru-menti culturali perché lui crei».Sono passati parecchi anni, concetti analoghi li ha af-fermati più volte anche E. Morin, ma sembra che nonse ne tenga conto. Abbiamo di fronte un mondo sem-pre più parcellizzato, suddiviso in specialismi, in cuiconta la quantità e non la qualità e anche la scuolasembra andare in questa direzione. I progetti di rifor-ma ci prefigurano un’istruzione tesa a fornire non co-noscenza, ma singole tecniche, anche sofisticate, maprive di quel collegamento che permette di portare aunità ciò che si è appreso. Un’istruzione che non forni-sce strumenti per capire e modificare la realtà.In questa direzione sembra andare anche la separazio-ne (introdotta dall’ultimo decreto ministeriale) dell’a-rea musicale in tre ambiti affidati a docenti diversi: lostrumento, l’educazione musicale e la teoria e letturadella musica. Ciò ha determinato non pochi problemiin molte realtà e si stanno sperimentando soluzioni di-verse, non tutte soddisfacenti. A questo proposito cre-do che sia indispensabile, come suggerisce FiorenzaLombardi, cercare di trarre il positivo da questa situa-zione trasformando in ricchezza l’esistenza di modalitàe punti di vista diversi. Per far ciò è però necessariomantenere uno stretto collegamento tra docenti in mo-

1. Nelle scuole a indirizzo musicale si è giuntialla suddivisione dell’area musicale in treambiti diversi: lo strumento, l’educazionemusicale, la teoria e lettura della musica.Come si riesce a mantenere il collegamentotra questi tre aspetti della musica? 2. Lezione individuale, lezione collettiva emusica d’insieme sono diverse modalità di

impostazione dello studio dello strumento.Qual è la sua valutazione e la suaesperienza in proposito, soprattuttorelativamente alla lezione collettiva?3. Nella sua pratica quotidiana come siconcilia lo studio di uno strumento musicalecon i drammatici eventi che si susseguononel mondo e che interrogano in modosempre più pressante e ineludibile anche lascuola?

Scuole medie a indirizzo musicale:frà novità legislative e vecchi problemi

a cura di MARIA TERESA LIETTI

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itido da garantire l’unitarietà dell’intervento e questo ri-

chiede un grande sforzo di coordinamento e di proget-tazione comune, non facile da ottenere anche a causadella poca stabilità degli organici. Il lavoro svolto dalle scuole a indirizzo musicale nel-l’ambito della musica d’insieme ha contribuito moltis-simo alla valorizzazione di questa pratica e alla sua dif-fusione anche in altri ambiti. Ma se ormai tutti con-cordano sull’importanza delle attività di musica d’in-sieme, ancora poco diffusa è, in Italia, la riflessione sul-la lezione di gruppo. Il nuovo ordinamento lascia mol-ta libertà per quanto riguarda la struttura organizzati-va delle lezioni e la possibilità di affiancare alla lezioneindividuale anche diverse modalità di lezione cominciaa essere sperimentata in numerose scuole. Alcuni ne so-no entusiasti sostenitori, altri sono scettici in proposi-to; a volte viene praticata forzatamente, per far fronteal numero eccessivo di allievi, altre volte rappresentauna scelta consapevole metodologica e didattica. Con-siglio a chi fosse interessato ad approfondire l’argo-mento il testo di A. Biget (Pedagogie de groupe dansl’insegnement instrumental, Cité de la musique, Paris,1998) oltre agli articoli di Annibale Rebaudengo re-centemente pubblicati su Musica Domani. Dagli interventi di Ugo Fea e Adriana Mascoli emergo-no chiaramente quelli che ritengo essere i nodi centralirelativi alla lezione collettiva. Riporto in proposito leparole di Arlette Biget che mi sembrano chiarissime (latraduzione è di A. Rebaudengo): «Con la musica d’in-sieme (dal duo all’orchestra) si cerca di formare ungruppo omogeneo a partire dalle differenti individuali-tà. Si apprenderà a controllare la propria personalitàper fonderla nel gruppo. Si dovrà, per esempio, cerca-re una sonorità omogenea e una maniera condivisa direalizzare un ritmo. L’obiettivo è la coniugazione dellesingole sensazioni, intenzioni, intuizioni a quelle deipartners. Nella musica d’insieme, quindi, l’individuo èal servizio del gruppo. Con la lezione collettiva, al con-trario, si utilizza il gruppo per far emergere la persona-lità di ognuno. Si tratta di un modello pedagogico de-stinato a un individuo attraverso l’intermediazione delgruppo. La lezione collettiva ben condotta è, infatti, uninsegnamento individuale dello strumento che si ap-poggia sulla presenza del gruppo con cui si stabilisceuna positiva dinamica relazionale».Un altro aspetto che mi sembra importante sottoli-neare è che la lezione collettiva, o meglio la “pedago-gia di gruppo”, come la definiscono i francesi, è unmodello che implica una particolare relazione peda-gogica. In questo modello le soluzioni ai probleminon sono fornite dal docente, ma sono ricercate dalgruppo mediante il confronto, i tentativi, la discus-sione, le valutazioni. Il docente ha il compito di coor-dinare il gruppo, di sorvegliare che le relazioni all’in-terno siano corrette, di stimolare e fornire input, maè il gruppo che trova le soluzioni. Questo è senzadubbio un procedimento più lento, ma le abilità e leconoscenze acquisite in questo modo sono molto piùprofonde e non vengono facilmente dimenticate. La terza questione richiederebbe indubbiamente unospazio maggiore, ma credo sia utile cominciare a di-

scuterne anche in questo ambito perché non è possibi-le esimersi dal fare i conti con i drammatici eventi chesi stanno susseguendo a un ritmo sempre più incalzan-te e spesso ci troviamo in difficoltà nel coniugare le no-stre scelte e convinzioni con l’ambito professionale.Quando io ero studente ho molto sofferto per la nettaseparazione che vivevo tra lo studio del violino e le miescelte di impegno sociale e politico: mi parevano mon-di inconciliabili e in conflitto tra loro. Forse oggi perstudenti e docenti la realtà è un po’ diversa. La rivista Amadeus ha dedicato lo speciale di marzoal tema “Canti per la pace. Islam, Ebraismo e Cristia-nesimo in mille anni di musica dalla Spagna ai Balca-ni”. All’interno della rivista c’è un’intervista a GinoStrada, chirurgo di guerra, fondatore di Emergencydal titolo “Emergency: l’utopia e la musica”. Consi-glio a tutti l’intero numero di Amadeus, ma vorrei ci-tare alcune frasi di Gino Strada: «Questo mondo chenon è ma può e deve essere, questo sogno di un futu-ro altrettanto necessario che difficile, cerca e trova ilsuo nome e la sua immagine negli aspetti creativi del-la produzione umana di forme simboliche e nella loroespressione... Una sorta di armonia connette l’arte, laproduzione e la fruizione estetica, con l’affermazionedella vita, con il rifiuto della sofferenza. È certo tut-tavia che, molto più che altri ambiti e contesti dell’at-tività e della produzione umane, la musica ha cono-sciuto la scoperta dell’altro, la tendenza a capire e ri-spettare le diversità, a proporsi senza imporre, a co-noscere senza dominare».Credo che nei corsi musicali ci sia la possibilità di la-vorare in modo approfondito su questi aspetti, non so-lo, e non tanto, per quanto riguarda la scelta dei reper-tori e delle tematiche, ma soprattutto per quanto ri-guarda le modalità di lavoro, il rapporto con se stessi econ gli altri. La ricerca della propria identità musicalecredo stia alla base di un corretto rapporto con lo stru-mento musicale e la capacità di ascoltare e confrontar-si con altre identità è alla base del suonare insieme. L’a-spetto creativo, insito nella musica, ma che con l’ap-porto dello strumento trova un’ulteriore estensione, ri-tengo sia determinante a questo proposito.La scrittrice Anna Maria Ortese nella raccolta di sag-gi Corpi celesti sostiene che l’unica vera educazione al-la pace consiste nel fornire a ragazzi e ragazze la pos-sibilità di influire in modo creativo sul mondo attra-verso l’arte. Lo studio dello strumento musicale inol-tre implica un approfondimento, un’attenzione, unascolto, una disponiblità alla ricerca, che sono in net-ta controtendenza con i modelli di rapidità e superfi-cialità che vengono costantemente proposti. Credoche allo strumento si adattino particolarmente bene leparole di Alexander Langer che, riportando il mottoCitius Altius Fortius (più veloce, più alto, più forte)del barone De Coubertain, dice: «Queste parole sonola quintessenza della nostra civiltà: sforzatevi di esserepiù veloci, di arrivare più in alto e di essere più forti.Io vi propongo Lentius, più lento; Profundis, più inprofondità; Soavius, più dolcemente. Con questo mot-to non si vince nessuna battaglia frontale, però si ha ilfiato più lungo». (M.T.L.)

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1. La suddivisione in tre ambitidelle discipline musicali, indicatanel nuovo decreto, ha stravoltonon poco la pratica didattica or-mai consolidata dei docenti distrumento e di educazione musica-le, che hanno dovuto rivedere laprogrammazione, ristrutturare gliorari, pianificare diversamente leattività.In alcune scuole è stato istituzio-nalizzato un dipartimento discipli-ne musicali, che con il tempo haassunto un ruolo predominantenell’attuazione del progetto del-l’indirizzo musicale.Il dipartimento ha la specifica fun-zione di realizzare un coordina-mento stretto tra le discipline, unarevisione delle vecchie linee pro-grammatiche, toccando tutti i seg-menti delle attività dei singoli do-centi e instaurando così quella col-legialità collaborativa che porta si-curamente ricadute positive sia suiconsigli di classe sia sui ragazzi. Ogni docente mette a disposizionedel collega le proprie competenzespecifiche dando vita a un vero eproprio lavoro d’équipe, che haportato gli allievi a risultati inspe-rati. Il dipartimento assume anchela funzione di verificare la ricadu-ta positiva dell’indirizzo musicalesia nella scuola sia sul territorio,di realizzare una più stretta colla-borazione tra le varie componentidella comunità scolastica e di raf-forzare il ruolo della scuola comepolo culturale nell’ambiente in cuiessa opera.

2. Lezione di strumento individua-le o lezione di strumento colletti-va? Questa domanda scaturisce daun annoso dubbio che nascondescuole di pensiero diverse. Io direi,invece, lezione di strumento a pic-coli gruppi e lezione di strumentoindividuale. Un’attenta program-mazione annuale dell’insegnamen-

to strumentale, inserita nell’ambi-to di un’autonomia didattica e or-ganizzativa, può prevedere en-trambe le modalità: lezioni nor-mali a piccoli gruppi, dove si con-solidano i rapporti fra gli alunni equelli fra gli alunni e gli insegnan-ti; e lezioni individuali, in partico-lari periodi dell’anno scolastico.La possibilità di ridurre del 15%l’ora normale di lezione permettedi ricavare spazi per interventi in-dividualizzati finalizzati al recupe-ro o alla valorizzazione delle ec-cellenze. La riduzione oraria signi-fica attuare spazi orari a partiredai 50 minuti, (il 15% di 60 = 50circa): il maggior numero di lezio-ni si può gestire secondo le neces-sità e quando gli insegnanti distrumento ritengono opportuno, ocon musica d’insieme o con lezio-ni individuali. La riduzione si puòattuare con delibera del Collegiodei docenti, per brevi periodi o perl’intero anno scolastico.

3. L’insegnamento strumentale èstato inserito con decreto ministe-riale nel curricolo della scuola me-dia e il Collegio dei docenti, neltracciare le linee di indirizzo che iconsigli di classe devono seguire,non può non tener presente che nelcurricolo è compreso anche questoinsegnamento, né tantomeno i do-centi di strumento possono ignora-re, nello stendere il loro piano dilavoro, le linee dettate dal Colle-gio. Porto come esempio quelloche da due anni si attua nella miascuola. Il Collegio, dopo una at-tenta lettura delle problematicheemergenti nel territorio, tra le qua-li spicca l’integrazione degli alunnistranieri, ha ritenuto opportunoportare avanti un progetto di Edu-cazione ai valori che coinvolge tut-te le attività curriculari ed extra-curriculari dell’istituto. Promuovere una cultura dell’u-

guaglianza e della differenza, delrispetto e della solidarietà per pre-venire nei giovani ogni forma diintolleranza, di violenza e di rifiu-to nei confronti delle altre cultureè la finalità che il Collegio ha rite-nuto opportuno assumere nellaquotidiana pratica didattica.Obiettivo prioritario, quindi, è losviluppo e la diffusione di atteg-giamenti di disponibilità al dialo-go e di comportamenti solidali, at-traverso anche la conoscenza divarie realtà operanti nel mondodel volontariato, attuando, così,percorsi progettuali integrati conil territorio.Si intende, partendo dalla cono-scenza del sé e dei propri diritti,far acquisire ai ragazzi, attraversoil confronto con altre culture e lavalorizzazione delle diversità, laconsapevolezza dell’uguaglianzadei diritti, il rispetto per idee e cul-ture diverse, l’attenzione ai biso-gni dell’altro in modo da contri-buire a formare cittadini democra-tici e solidali. Nell’attuazione diquesto ampio progetto, la musicae in particolare l’insegnamentostrumentale, ha assunto un’impor-tanza rilevante. Il ridotto rapportoalunni-insegnante, rispetto alle al-tre discipline, ha permesso al do-cente di strumento, attraverso undialogo molto più diretto e incisi-vo, di affrontare con i ragazzi pro-blematiche ampie e attuali.La scelta consapevole e condivisadei brani da eseguire, le ricerche egli approfondimenti sui suoni ecanti di altre culture, il piacere dieseguire musiche di luoghi lontani,la consapevolezza di essere in gra-do di comunicare attraverso la mu-sica, l’organizzare una manifesta-zione musicale con uno scopo benpreciso (come quello di allietare ibambini del reparto pediatrico diBollate) ha reso oltremodo parteci-pi gli alunni alla vita scolastica, svi-luppando quel senso di solidarietàe di fratellanza che il Collegio, siera posto come obiettivo priorita-rio. Nello stesso tempo, l’insegnan-te di strumento ha assunto un ruo-lo fondamentale non solo all’inter-no del Consiglio di classe, ma an-che all’interno del Collegio che havisto realizzate in maniera ottimalele linee programmate.

Il lavoro d’équipediventa necessario

FIORENZA NASTRO LOMBARDI

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1. Il collegamento tra i diversiambiti della formazione musicale(strumento, educazione musicale,teoria e lettura) è possibile, mapiuttosto difficile. Nella miaesperienza personale ho semprevissuto un forte distacco tra i do-centi di educazione musicale chesi sono via via succeduti e i do-centi di strumento e, nonostantetentativi di avvicinamento, hosempre riscontrato una certafreddezza e volontà di non coin-volgimento. Forse perché il do-cente di strumento è visto comequello più fortunato, che ha po-chi allievi per volta e quindi famolta fatica in meno, che può ot-tenere ottime cose ecc. Di fattotutte queste considerazioni, chesento da molti anni, hanno unfondo di verità e testimonianoforse un malcontento generaliz-zato dei docenti di educazionemusicale.È una critica forte, prima di tuttoa me stesso (forse non ho fatto ab-bastanza per cercare alacrementequesto contatto), ma assisto, pur-troppo, anche a un fatto che forsevent’anni fa non c’era: molti do-centi di educazione musicale spes-so mirano a sopravvivere all’inter-no delle classi.Fare musica oggi è sicuramentemolto più difficile e per riuscircibisogna crederci fino in fondo. Ilprogramma dei corsi di didatticadella musica, emanato alcuni an-ni or sono, è da rivedere quasicompletamente, perché tutto ciòche si fa effettivamente nellescuole – almeno in quello che hopotuto conoscere direttamente oindirettamente – è molto più vi-cino all’età della scuola elemen-tare.Personalmente non mi è piaciutaper nulla l’ora di teoria e letturadella musica affidata al docente di

strumento come materia specifi-ca. Credo che la parte teorica sipossa tranquillamente sviluppareaffrontando lo strumento e all’in-terno delle ore di educazione mu-sicale. Diversa cosa è se intendia-mo quell’ora come un approfon-dimento su vasta scala relativo alproprio strumento, con ascolti,confronti con tecniche e stili di-versi, riferimenti storici, ad altreculture ecc.

2. Lezione individuale, collettiva omusica d’assieme? Credo che sidebba lavorare in tutte e tre le di-rezioni, con caratteristiche e mo-dalità diverse. La lezione collettivaè un’idea che da qualche anno mifrulla in testa. Il percorso però ètutto da inventare, almeno per lachitarra (nonostante alcune ideepionieristiche di Mauro Storti), emi riferisco in particolar modo airepertori (o meglio ai contenuti) ealla metodologia.Penso però che la lezione colletti-va sia più adatta al secondo cicloelementare (con il quale ho inten-zione di avviare una sperimenta-zione) e che essa comporti ungrosso sforzo di programmazioneannuale, mensile o addirittura set-timanale. Ritengo però che si deb-ba essere molto attenti alle diffe-renti velocità di apprendimentoall’interno dei gruppi, che comun-que non possono essere tropponumerosi (non oltre la decina dialunni).Credo fortemente nella lezionesingola, specialmente dopo i primitempi, ma soprattutto ritengo fon-damentale la musica d’assieme,non solo in gruppo orchestrale,ma nelle piccole formazioni stru-mentali affini. Ho molta esperien-za di musica d’assieme special-mente in quartetto, quintetto e ot-tetto di chitarre, come strumenti-

sta, ma specialmente come docen-te e le tappe educative, artistiche,musicali che ho raggiunto sono as-solutamente le più gratificanti pertutti.

3. Lo studio di uno strumentomusicale, secondo me, non siconcilia affatto con ciò che succe-de nel mondo. Già è difficile rela-zionarsi con la musica dei ragazzie dei giovani, dal punto di vistaeducativo-metodologico, lavo-rando con il proprio strumentomusicale, specialmente per la no-stra generazione di figli (osse-quiosi o ribelli) della cultura delconservatorio: la questione nonrisiede nello strumento, ma nellarelazione o meglio nella capacitàdi relazione dei docenti verso i ra-gazzi.Ritengo il mio strumento, la musi-ca, semplicemente un mezzo perarrivare ai ragazzi, per aiutarlinella loro crescita il più possibilelibera da condizionamenti, peraiutarli a essere se stessi, ad a-scoltare se stessi. È una visionesenza dubbio meno musicale, mapiù psicologica o meglio più edu-cativa. Credo che sia il compitoprimario della scuola e della socie-tà nei confronti degli adulti del fu-turo. Certamente la musica aiuta aesprimere sensazioni, emozioni, a“osare essere” dove spesso nelgruppo c’è difficoltà, a trovare lapropria interiorità.Questa è una valenza fondamen-tale che solo (o forse in misuramaggiore) la musica possiede ri-spetto ad altre discipline. Ritengoquindi necessario un forte ripensa-mento della programmazionestrumentale, degli obiettivi, deicontenuti, della metodologia.Il tutto porta inoltre a un allarga-mento della visione musicale adaltri momenti espressivi, come adesempio il teatro, che ritengo diimportanza enorme per un percor-so educativo scolastico.Molto spesso i ragazzi hanno sem-plicemente bisogno di qualcunoche li ascolti, che presti attenzionealle loro opinioni, che rispetti il lo-ro mondo, che li guidi nei momen-ti difficili, cioè nei momenti di cre-scita. In questo modo di vedere ilrapporto docente-alunno si può

Una relazione positivaalla base di ogni didattica

UGO FEA

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iti innestare qualunque cosa perso-

nale, sociale, psicologica, educati-va. Senza una relazione sana, ogniintervento educativo – e forse an-che musicale – non può essere pie-namente formativo.Il compito della scuola nei con-fronti del mondo potrebbe esseremolto grande, ma manca ancora,

nonostante gli sforzi encomiabilidi pochi docenti, una cultura ge-neralizzata della scuola nel mon-do. Non in quello del lavoro, quiscadiamo nell’ovvio e nel secon-dario, ma nel mondo che voglia-mo per il futuro, nel mondo deigiovani, che è anche il mondo at-tuale.

Si chiede moltissimo a questi ra-gazzi, specialmente nelle superio-ri, ma si offrono pochissime op-portunità di scelta, di proposta,di ascolto. Si presenta molta cul-tura, spesso leziosa, ma si presta-no poche “orecchie”, poche oc-casioni di libertà, di discussione,di confronto.

1. L’esperienza delle scuole mediea indirizzo musicale è stata attra-versata dalla rivoluzione dellamusica d’insieme. Fin dall’iniziotante e tanti docenti hanno lavo-rato con la convinzione che ilsuonare insieme fosse un momen-to essenziale della formazionemusicale. Ma è stato il ricono-scerlo anche sul piano normativoche ha modificato nella sostanza,oltre che l’organizzazione del la-voro, il sistema di relazioni tradocenti di strumento. È diventatonaturale e necessario progettareinsieme un percorso di lavoro edè finito il tempo delle parti di ac-compagnamento passate d’uffi-cio, in corridoio, all’insegnante dipianoforte! L’impegno volto aconcordare situazioni esecutived’insieme ha messo in circolazio-ne gusti, passioni, capacità di ar-rangiare, orchestrare, dirigere; eanche dove le divergenze cultura-li e musicali hanno creato conflit-ti e difficoltà si è comunque crea-to il gruppo dei docenti di stru-mento.La necessaria compresenza nellelezioni di Musica d’insieme, co-me anche la sempre più diffusapartecipazione a rassegne e scam-bi tra scuole, ha segnato le moda-lità della relazione con ragazze eragazzi. Non sono solo gli alunni

i protagonisti dell’esperienza mu-sicale: gli stessi docenti sonochiamati a mettersi in gioco sog-gettivamente. Con questa premessa voglio evi-denziare la positiva opportunitàdei docenti di strumento di lavo-rare in ambiti disciplinari diffe-renziati potendo fare riferimentoa un gruppo e potendo utilizzareesperienze comuni: opportunitàquasi obbligata per chi insegnasia strumento sia Teoria e letturadella musica. Poiché qualunqueapprendimento teorico necessitaun rimando a esperienze concre-te, diventa agevole per l’inse-gnante di Teoria da un lato poter-si appoggiare al repertorio di mu-sica d’insieme, dall’altro propor-re l’esecuzione di un brano chechiarisca un’acquisizione teorica(lo studio della sincope richiamaad esempio l’esecuzione di unragtime e viceversa). E ciò è pos-sibile qualunque sia l’organizza-zione dei gruppi di Musica d’in-sieme e di Teoria.Pur progettando percorsi stretta-mente intrecciati tra Strumento/Musica d’insieme e Teoria e lettu-ra della musica è tuttavia impor-tante mantenere la differenziazio-ne di tempi e spazi: il momentodell’esecuzione (individuale ocollettiva) e quello della riflessio-

ne teorica richiedono energie,spazi e tempi diversi. Nel mo-mento operativo entrano in giocoprevalentemente dimensioni psi-comotorie e affettive, mentre nelmomento della formalizzazione ènecessario attivare soprattuttoprocedure di concettualizzazione. Relativamente all’ambito di Edu-cazione musicale si pongono pro-blemi più complessi.Nella mia esperienza valuto comeefficace la vecchia soluzione del-l’unico docente (peraltro spessoanche insegnante di Strumento)per le tre ore di Educazione musi-cale e Teoria. La distribuzione deitempi poteva avvenire in modoelastico senza causare disfunzioniorganizzative e il docente unicoper i tre aspetti della disciplinadiventava una sorta di figura co-ordinatrice dell’area musicale chegarantiva l’organicità delle pro-poste.Con la nuova normativa è ora ne-cessario individuare le modalitàper rendere funzionale la suddivi-sione tra Educazione musicale eTeoria e lettura della musica. Sa-rà forse una specificità delle scuo-le in cui ho lavorato, ma non so-no mai riuscita a far riferimento auno stesso docente di Educazionemusicale per più di un anno sco-lastico! Difficile quindi crearel’appartenenza al gruppo docentidell’area musicale. La contraddi-zione più evidente che ho vistoverificata è la sottrazione di Edu-cazione musicale proprio nelleclassi del corso a indirizzo. Acca-de cioè che questo docente orien-ti la propria programmazionesulle cognizioni specifiche dialunni e alunne che suonano, ar-rivando a far solfeggiare, a cata-

Un ruolo da rivalutare:l’insegnante unico

ADRIANA MASCOLI

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itilogare infinite liste di intervalli, o

peggio ancora a proporre branid’insieme per orchestra di flautidolci! In tal modo spariscono l’a-scolto e le tante attività creativepossibili. La fase di progettazionea inizio anno scolastico dovrebbeassumere un ruolo determinante,prevedendo, dove possibile, lapartecipazione di tutti i docentidell’area a un medesimo percorsoin relazione anche alle differenticompetenze specifiche di ciascuninsegnante. Tutto ciò avendo cu-ra che l’offerta formativa musica-le comprenda e dia spazio ai di-versi momenti del fare musica:suonare, ascoltare, leggere, ela-borare creativamente.

2. Ho lavorato molti anni in unarealtà dove la lezione di musicad’insieme rivestiva un valore con-diviso al di là delle differenti mo-dalità di gestione del gruppo:creare la possibilità/necessità del-l’ascolto dell’altro, dare senso al-l’intervento di ciascuno, darepriorità alla qualità del suono,intendere il prodotto esecutivonon come il fine, ma come un in-dicatore soggetto a numerose va-riabili (quantità di tempo di pro-ve, livelli di abilità individualiecc.). Spesso si determinava dun-que l’opportunità di una vera le-zione collettiva in cui era possibi-le chiedere a ciascuno un contri-buto personale. L’apprendimentoche passa attraverso un lavoro diconfronto e di ascolto reciprocoin una situazione collettiva chia-ma in gioco la responsabilità in-dividuale e risulta essere spessopiù radicato rispetto alla situa-zione dove lo scambio è limitatoalla sola presenza di docente estudente. Il numero eccessiva-mente alto di presenze nella lezio-ne d’insieme riduce tuttavia itempi e gli spazi offerti a ciascu-no. Diventa dunque utile indivi-duare, al di là della lezione di mu-sica d’insieme, un momento col-lettivo di lezione di strumentocon un gruppo numericamente li-mitato di studenti.Come docente di pianoforte hosperimentato l’efficacia della le-zione collettiva in gruppi da cin-que a sette presenze. La specifici-

tà del pianoforte, che non con-sente l’esecuzione simultanea dipiù di tre persone (con due piano-forti si possono però far suonaresei alunni contemporaneamente)non è certo d’ostacolo alla lezio-ne collettiva, che non è lezioneper tanti, bensì attivazione delledinamiche di apprendimento delgruppo. A fianco della lezione collettivaresta comunque insostituibile lalezione individuale come spazioche consente una serena ricercadell’equilibrio psicofisico con lostrumento e lo sviluppo di unpercorso di crescita delle abilitàindividuali.

3. Lavoro nella scuola perché mipiace il confronto e lo scambiotra mondi differenti: quello adul-to e quello di ragazze e ragazzi.Ed è prima di tutto come musici-sta che vivo questa relazione. È lamia esperienza della musica chemi consente di dare senso allerealtà in cui vivo ed è questa laprospettiva che offro nell’inse-gnare a suonare: la ricerca di sen-so. Quello che spesso viene rite-nuto un sapere specialistico e se-parato è (comunque) un sapereche come docente metto in giocoattraverso la mia soggettività. Latrasmissione di conoscenze vienecontaminata dal mio essere musi-cista, dal mio essere donna, dallamia esperienza del mondo. È unatrasmissione che nella relazioneeducativa si trasforma creandoun intreccio aperto ai cambia-menti. Poiché spesso i cambia-menti producono conflitti, unodegli aspetti centrali dell’azioneeducativa è proprio la gestionedei conflitti. Insegnare ad ascol-tare, a capire il valore e la neces-sità di restare aperti allo scambiodiventa l’azione che trascende ladisciplina musicale, pur essendo-ne profondamente impregnata. In un contesto storico-sociale incui predomina la scelta della vio-lenza nell’affrontare i conflitti, laricerca che nella scuola possiamoattuare è la ricerca di un linguag-gio di pace, che riconosca, chenomini, che rispetti, che possanon essere in nessun caso umi-liante o escludente e che sappia

inventare i modi per risolvere iconflitti stessi: quando è possibilesuperandoli, altrimenti inventan-do modi di convivenza ed even-tualmente anche accettando unaseparazione degli spazi. E pro-prio nella musica troviamo meta-fore continue di intrecci, scambi,bellissime conflittualità e, talvol-ta, inquietanti silenzi.

NotizieGiornata di studio:

La formazione degli insegnanti

Il Forum delle associazioni discipli-nari della scuola ha organizzato peril 12 ottobre 2002 una giornata distudio su La formazione degli inse-gnanti. Obiettivi dell’iniziativa sono da unaparte di riaffermare la presenza delForum e delle associazioni aderenti suuna tematica su cui particolarmenterivendicano la propria competenza,dall’altra di ricompattare le associa-zioni tra loro e verso gli insegnanti,fissando dei punti comuni come terre-no di iniziativa culturale e politica.All’iniziativa, che si terrà a Bologna,ha aderito la Siem.Bozza di programma:9,30 apertura dei lavori, saluti;10,15 relazione del dott. Cosentino;10,45 Adriano Colombo: Il sensodella Giornata; la formazione in ser-vizio e l’esperienza delle associazionidisciplinari*.Pausa.11,30 Giunio Luzzatto: La forma-zione iniziale: l’esperienza delle SSISe le prospettive attuali;12 Giorgio Porrotto: La forma-zione in servizio e l’autonomia degliistituti;12,30-13: dibattito.Pausa.14,30 Gruppi di lavoro*:- la formazione iniziale e l’esperienzadelle SSIS (introduce Fabio Olmi);- la formazione a distanza: l’esperien-za dell’anno di formazione (introdu-ce Vincenzo Terreni?)**;- la formazione in servizio: esperienzee proposte delle associazioni (intro-duce Maurizio Gusso).

* Ciascuno dovrebbe essere fornito diuna traccia per un possibile documentoconclusivo.** Queste relazioni saranno preparatecon una raccolta di dati e opinioni pres-so le associazioni.

Per informazioni: Adriano Colombo(coordinamento del Forum delle asso-ciazioni disciplinari): [email protected]

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La scorsa primavera si è svolta la prima “Rassegnamusicale dei laboratori e delle scuole medie ad indi-rizzo musicale“ promossa dall’IRRE del Veneto in colla-borazione con l’Assessorato alla cultura della Regio-ne Veneto.L’iniziativa rientrava nelle attività di formazione emonitoraggio volte a far conoscere, a mettere in con-tatto e a qualificare le molteplici realtà esistenti nellaregione. Proprio all’interno delle scuole a indirizzo epoi dei laboratori si è sviluppato un grande interesseper la musica d’insieme con la formazione di moltigruppi strumentali e/o corali. Questo lavoro ha coin-volto tutte le tipologie e gli ordini scolastici con unasempre maggior diffusione di competenze didattichespecifiche. Per questo la rassegna ha privilegiato ladimensione collettiva del far musica mettendo a con-fronto le più svariate tipologie di ensemble.La manifestazione, inizialmente riservata solo ai labo-ratori del Progetto Musica e alle scuole medie a indi-rizzo musicale della regione, è stata aperta successi-vamente ad altre scuole, sedi di laboratori musicalianche se non approvati dal Ministero, che avevanomanifestato l’intenzione di aderirvi. Si sono presentati alla manifestazione 37 gruppi datutte le 7 provincie del Veneto, i quali si sono esibitidavanti a una apposita commissione, secondo un ca-lendario di audizioni proseguito per più giorni pressodue scuole, l’Istituto “Barbarigo” e il Liceo “Ducad’Aosta” entrambe di Padova, adeguatamente attrez-zate con strumenti musicali, apparecchiature multi-mediali e sistemi di riproduzione e registrazione audioe video. È stata alla fine realizzata una videocassetta,consegnata a tutte le scuole partecipanti, nella qualesono stati inseriti gli spezzoni più significativi di ogniesibizione. Ne è risultato un lavoro di grandissimo in-teresse che ha testimoniato non solo la straordinariavarietà di approccio, di organici, di generi ma soprat-tutto la qualità e le molteplici risorse didattico-profes-sionali presenti. Si sono trovate accostate realtà mol-to diverse, dalla scuola dell’infanzia alla scuola supe-riore, ma uno degli elementi che immediatamente hacolpito è stata la ricchezza degli organici. Oltre ai piùtradizionali gruppi costituiti dagli strumenti presentinegli indirizzi musicali (chitarre, violini, violoncelli,flauti traversi, clarinetti, pianoforte molto spesso so-stituito o affiancato da tastiere), da ensemble di flau-ti dolci (nelle varie taglie), da gruppi corali polifonici in

molti casi affiancati da insiemi strumentali, si sonopresentate formazioni veramente singolari: un grup-po interamente formato da strumenti barocchi rico-struiti (liuti, arciliuti, viole da gamba, flauti dolci e tra-versi, cromorni ecc.), un’orchestra di arpe, gruppi disole percussioni, jazz band, gruppi rock. Molto interessante è stata la fusione, in alcuni proget-ti, dell’esecuzione strumentale-corale con elementicoreutici o recitativi, fino alla realizzazione di brevimusical. Di rilievo anche l’utilizzo di mezzi multime-diali con la proiezione simultanea di opere graficherealizzate dai ragazzi o sfondi con giochi di luci e mo-vimenti corporei per creare particolari suggestionisonore. Nell’ambito delle scuole superiori l’attività piùpresente è stata quella polifonico-corale, con compa-gini di ottimo livello e un repertorio vario e di qualità.Certamente difficile deve essere stato il compito dellacommissione impegnata a scegliere i gruppi più signifi-cativi da far esibire nella manifestazione conclusiva, il6 maggio, al Teatro Corso di Mestre, con la consape-volezza, più volte sottolineata, che molte realtà musi-cali di pregio non avrebbero potuto riproporre la loroesecuzione per ovvi motivi di tempo. Sono stati am-messi allo spettacolo finale nove gruppi, secondo cri-teri volti a presentare il maggior numero di tipologiescolastiche, a evidenziare approcci diversi, a valutareil progetto nella sua integrazione con il resto dell’atti-vità didattica, a sottolineare l’originalità e a mettere inluce le qualità esecutive e interpretative.Alla manifestazione finale hanno assistito oltre adalunni, dirigenti scolastici, insegnanti e genitori dellescuole selezionate anche alunni e docenti di 24 dellealtre 28 scuole partecipanti, in una vera e propria fe-sta della musica.L’istituzione di rassegne come questa è importante,soprattutto nel settore dei laboratori musicali, per va-lorizzare le tante esperienze positive che stanno cre-scendo, per valutare l’effettiva ricaduta del ProgettoMusica sulle scuole, per portare alla luce realtà assimi-labili al progetto di laboratorio, ma fuori dall’ufficialitàministeriale, per sondare l’attività didattico-musicalein scuole dove la musica non è materia curriculare (so-prattutto quindi nelle scuole superiori), per vedere leeffettive possibilità di integrazione di scuole e ragazzianche di età diverse nei progetti in rete.Per quanto riguarda l’ambito delle medie a indirizzo, èimportante che, come in questo caso, venga semprepiù ribadito il valore della musica d’insieme, ed è inco-raggiante vedere che la costituzione di orchestre for-mate da intere classi è ormai una consuetudine.

Laboratori del Veneto: prima rassegna musicale

CARLA TESSARI

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«Quando un programmatore ra-diofonico ascolta un disco di mu-sica pop per selezionarlo, è arduopensare che la sua scelta si basisull’invenzione melodica, o sullaqualità del testo, o sulla correttez-za dell’armonizzazione […]. Ciòche più gli interessa è il sound, delquale, in pochi secondi, è in gradodi apprezzare originalità, impattoe attinenza all’una o all’altra cor-rente stilistica. […] La realizzazio-ne di una canzone è un’operazionedi laboratorio in cui confluisconotecniche di registrazione multipi-sta, sintesi del suono e trattamen-to acustico, finalizzate a otteneretimbri originali e piani sonori arti-ficiali, in cui si realizza, in definiti-va, una vera e propria composi-zione del suono. In alcuni generimusicali, questo è forse il princi-pale criterio di qualità».Così si apre il recente bel testo diFrançois Delalande che recupera erielabora i contributi di riflessionesul tema raccolti dall’autore nelcorso di un’indagine più che de-cennale, iniziata con un colloquiodi ricerca organizzato nel 1989 in-sieme al GRM, il Gruppo di Ricer-che Musicali dell’Institut Nationalde l’Audiovisuel di Parigi, da sem-pre erede e continuatore della ri-cerca artistica e tecnologica diPierre Schaeffer sulla musica con-creta. Nelle righe riprese poco so-pra dal libro, ho tradotto consound quello che i francesi, menoesterofili di noi, chiamano son, ri-ferendosi a un concetto che, bennoto ai frequentatori delle saled’incisione e agli addetti alla pro-duzione discografica, ha ricevutoancora scarsa attenzione dalla mu-sicologia sistematica.In Italia, non riesco a ricordaremolti saggi specifici, al di là dellavoce “Suono/Rumore” scritta daNattiez per l’Enciclopedia Einaudi

(1977), del pionieristico capitolodedicato da Marco De Natale alsonor nel suo Strutture e formedella musica come processi simbo-lici (Morano, 1978), di quello diGino Stefani sul sound in Musica:dall’esperienza alla teoria (Ricor-di, 1998) e del recentissimo saggiodi Gianni Zanarini nel secondo vo-lume dell’Enciclopedia della musi-ca Einaudi (2002). Il libro qui pre-sentato risulta perciò tanto piùprezioso. Una prima parte vi espo-ne la problematica relativa al con-cetto, mentre la seconda riporta al-cune interviste a musicisti conside-rati, a diverso titolo “specialisti delsound” e la terza suggerisce alcunicriteri per la lettura e l’analisi diquesto particolare aspetto dell’e-spressione musicale.L’esposizione del problema prendele mosse da una constatazione fon-dante: il XX secolo ha fornito imezzi prima per fissare il sonoro,poi per trasformarlo, sia in studioche dal vivo, tanto da poter com-porre direttamente sul supportoelettromagnetico. Secoli fa, una ri-voluzione tecnologica analoga erastata determinata dall’avvento del-la scrittura, utilizzata, per l’appun-to, all’inizio solo per fissare la mu-sica e poi, sempre di più, per tra-sformarla e comporla. La polifo-nia dei fiamminghi e tutti i proce-dimenti canonici del contrappuntonon si spiegano se non avendo co-me riferimento la pagina musicalescritta, in cui, per esempio, un te-ma può essere visto e letto parten-do dall’inizio o dalla fine. Ma co-me la tecnologia di carta e penna(o pergamena e inchiostro) ha per-messo, a suo tempo, lo sviluppodella polifonia e dell’armonia, cosìle tecnologie elettroacustiche e nu-meriche conducono alla maestriadel sound. È una seconda rivolu-zione tecnologica, che, in questo

caso come in quello della scrittura,non trasforma solo le tecniche diproduzione, ma tutto l’insiemedelle pratiche musicali: la conser-vazione della musica come la suadiffusione e trasmissione. Delalan-de introduce a questo proposito ilconcetto di paradigma tecnologi-co, per indicare il complesso in-treccio di rapporti – tecniche uti-lizzate, caratteri musicali prevalen-ti, ruoli sociali – che si sviluppa in-torno a una data tecnologia di tra-smissione del suono e identificanella nostra storia musicale tre di-versi paradigmi, costruiti intornoalla musica di tradizione scritta,alla musica elettroacustica e allamusica di tradizione orale. Se lescelte relative a timbro e strumen-tazione sono assolutamente secon-darie nella prima, la rilevanza delsound è invece l’elemento musicalecaratterizzante del paradigma elet-troacustico, sia che si parli di mu-sica pop che di “elettroacusticacolta”. Delalande cita significati-vamente, come estremi della di-stanza che separa queste due pro-spettive, le Canzoni a una, due, tree quattro voci, per sonare con ognisorte di Stromenti di Frescobaldi ele raccomandazioni che ha sentitorivolgere da Ornette Coleman alsuo gruppo di strumentisti:«Preoccupatevi del suono… Pen-sate sempre più al suono che allenote… Le note non contano, pote-te anche cambiarle…». Nello stes-so tempo, la disponibilità di appa-rati di registrazione e riproduzionesempre più sofisticati sembra averfatto del sound un tratto dominan-te della sensibilità musicale gene-rale, trasversale ai diversi generi: leparticolarità acustiche di un qual-sivoglia oggetto musicale costitui-scono un indice di autenticità e dipresenza, categorie valutate e pre-miate sia dai cultori del rock che,per esempio, dai cultori della mu-sica antica eseguita su strumentioriginali.A conferma di questa trasversalità,la seconda parte del volume, comegià accennato, introduce diretta-mente i discorsi di alcuni protago-nisti della ricerca attuale sulsound. La composizione della pas-serella è significativa di per sé, da-to che vi figurano un critico esper-

Il suono delle musiche:dalla storia al futuro

FRANCA FERRARI

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te to di jazz, un ingegnere del suono eun arrangiatore specializzati nellaproduzione di musica a largo con-sumo, un critico esperto di musicabarocca, il fondatore e direttoredel complesso Il Giardino Armo-nico, un produttore di programmimusicali radiofonici, quattro com-positori di musica elettroacusticadel Gruppo Ricerche Musicali del-l’INA, un produttore discografico.La riflessione su tutto il materialeraccolto porta Delalande all’indi-viduazione di alcune chiavi di let-tura e interpretazione del fenome-no, che risultano di particolare in-teresse. Una è una chiave di tiposociologico. Nella realtà musicaleattuale, la nozione di genere musi-cale è insufficiente a dar conto del-l’estrema diversità che vi emergecome dato evidente. Invece, ri-prendendo la nozione di Molinodella musica come fatto sociale to-tale, è opportuno parlare, anzichédi generi, di universi musicali di-versi, dove ogni universo è defini-to da oggetti (forme, repertori,strumenti privilegiati, sound ca-ratteristico), da pratiche (luoghi,tipi di manifestazioni, comporta-menti, cioè posture, gesti e abbi-gliamento, modalità di trasmissio-ne /conservazione) ed è anche defi-nito sul piano sociale (gruppo so-ciale di appartenenza dei suoi at-tori /conoscitori /amatori, mora-le). In questa prospettiva, il soundè assumibile come una sorta distatus symbol, marca di apparte-nenza all’uno o all’altro universoculturale (il sound del countrypiuttosto che quello dell’heavymetal o dell’acusmatica). Il secon-do approccio analitico attiene piùspecificamente alla semiologia e faemergere le varie funzioni delsound nella comunicazione musi-cale, i diversi livelli di pertinenzache esso assume nella considera-zione dei suoi attori o dei suoiascoltatori. L’autore passa in ras-segna una serie di casi, in cui ilsound è, di volta in volta, firmadello stile personale dell’autore, odel gruppo di esecutori (comequando si parla del sound di ChetBaker, o di quello dei Swingle Sin-gers), o pennello del musicistaoratore, come nei programmi enelle rappresentazioni sonore, na-

turalistiche o drammatiche, dellamusica barocca, elemento artico-latore del discorso musicale, comenella musica elettroacustica “col-ta”, o, ancora, bombardamentosensoriale, come in discoteca. Inogni caso, anche per l’ascoltatoremeno esperto, il sound è oggettodi una percezione sinestesica chelo rende, a sua volta, motore di at-tività di identificazione, descrizio-ne, corrispondenza con esperienzegustative, visive, tattili ecc.La terza parte si chiude con un ca-pitolo dedicato agli strumenti perl’analisi e la valutazione “oggetti-va” del sound e dedica un certospazio, anche attraverso una seriedi bellissimi esempi grafici, alletrascrizioni realizzate con l’acu-smografo, uno strumento ideatodal GRM, la cui originalità consistenel permettere di completare il so-nogramma ottenibile con un qua-lunque software di editing del suo-no con una serie di simboli grafici(colori, indicazioni, ecc.) collocatimanualmente. Si possono così evi-denziare, su un fondo in bianco e

nero, le configurazioni sonore chesi giudicano pertinenti, inquadrar-le, annotarle, far apparire o sparirequeste annotazioni per guidare,via via, la lettura del sonogrammadurante l’ascolto. È da notare che,tra gli esempi inseriti nelle ultimepagine del libro, non ci sono solole trascrizioni con acusmografo dialcune composizioni di musicaelettroacustica, ma anche quelledelle Quattro Stagioni eseguite dalGiardino Armonico di GiovanniAntonini.In questo senso, il libro si chiudeaprendo al futuro, con un monitoesplicito agli analisti: «A voi signo-ri e signore dell’Analisi musicale,che avete fino ad ora lavorato cone sulle partiture e già vi state con-tornando di attrezzi elettronici ecd rom: comincia l’era nuova!».

François Delalande, Le son desmusiques entre technologie etesthétique, Buchet & Chastel,Paris, 2001, pp. 267, E 21,34.

SCHEDE

Quando si prende in mano il fascicolo, può sembrare le classiche 28paginette di musica con un cd contenente l’accompagnamento perrendere più piacevole e stimolante l’esecuzione dei brani proposti, unfritto misto di 12 evergreen: Autumn leaves, Georgia on my mind, Astime goes by, Mack the knife, Feeling, Cantaro, Guantanamera, Downby the riverside ecc. Ma non è così: questa volta la Schott ha fatto lecose in grande. Iniziamo dal libro. Ogni pezzo viene proposto in unaversione facilmente eseguibile da strumentisti ai primi anni di studio;oltre al tema viene presentata una sezione con una variazione, utileesempio di una possibile improvvisazione. Per facilitare quest’ultima,vengono sempre riportate le sigle degli accordi nella tonalità dellostrumento esecutore. Ma il salto di qualità lo offre il cd, che contienele 12 tracce di playback di un piacevolissimo trio acustico. Una voltainserito nel computer, ci offre la parte per pianoforte (in formato pdf)per l’accompagnamento: oltre 60 pagine di ottima qualità grafica esoprattutto musicale. E poi, per ognuno dei 12 brani, una versione mi-di della melodia con l’accompagnamento per tutti gli strumenti percui è pensata l’opera: tromba, violino, saxofono contralto, saxofonotenore, clarinetto, flauto. Quest’ultimo materiale, se non può soddi-sfare l’orecchio di un musicista raffinato, diventa molto utile in fase distudio: poter ascoltare la sola melodia o scegliere la velocità di ac-compagnamento diventa didatticamente molto produttivo. Vi mancaAcrobat Reader? Trovate anche quello. Brava Schott! (D.Z.)

D. Juchem – A. Brochhausen, Goes All Time Standards – Po-pular standards and classical pieces for wind instruments,pp. 28, Schott, 2002, e 19,95, con cd plus.

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Il titolo Enciclopedia della musicaevoca naturalmente repertori divoci, disposte in rigoroso ordine al-fabetico, che forniscono distillati diconoscenze intorno ad autori, ope-re, forme, concetti teorici. Ne sonoesempio, per restare al nostro pae-se, la Enciclopedia della Musica Ri-cordi, il Dizionario EnciclopedicoUniversale della Musica e dei Mu-sicisti diretto da Alberto Basso(UTET), l’agile e sempre preziosaGarzantina. Completamente diver-sa l’impostazione di questa enciclo-pedia Einaudi che, rinunciando aproporsi come ennesimo strumen-to di consultazione, intende offrirsipiuttosto come una grande e varie-gata mappa tematica che affronta,nelle sue diverse sezioni, le molte-plici domande che attraversano l’u-niverso musicale. Una miscellaneadunque di saggi, concepita – comescrive J.J. Nattiez nella presenta-zione – nella linea della prima En-ciclopedia dello stesso editore, ovele materie trattate intorno a parole-chiave costituivano l’oggetto dicontributi il più possibile soggettivie originali. Non si troveranno qui,pertanto, monografie di musicisti odescrizioni di generi, quanto rifles-sioni e interpretazioni su questionie problemi che scaturiscono da unapluralità di traiettorie d’indagine.Lo scopo non è insomma quello difornire dei supporti informativi,quanto di stimolare il volonterosolettore al dialogo, all’approfondi-mento, al confronto con angolazio-ni di ricerca inedite.Dell’Enciclopedia sono già statipubblicati (nel momento in cui siscrivono queste note) due volumi, ilprimo dei quali (se ne parlerà piùsotto) è dedicato al Novecento. Ilsecondo volume, dal titolo Il saperemusicale, tenta invece di risponderead alcuni interrogativi di base (checos’è la musica, come nasce, come

la apprendiamo, che cos’è un musi-cista), affrontandoli da più versantidisciplinari. Si sviluppa, inoltre,una articolata indagine sugli ele-menti di cui la musica è costituita,attraverso saggi che si propongonodi definire il suono, la melodia, ilritmo, l’armonia e le diverse com-ponenti dell’espressione musicale.Da sottolineare la presenza di alcu-ne pagine dedicate alla storia dellapedagogia musicale e alle sue diver-se tendenze, passate e recenti, men-tre l’ultima parte del volume trattaquestioni legate all’interpretazione. Se il terzo tomo (La musica in unaprospettiva interculturale), avrà untaglio etnomusicologico, il quarto(La musica in una prospettiva sto-rica) riprenderà a ritroso il cammi-no avviato col primo volume, af-frontando la storia della musica oc-cidentale – dal canto gregorianoalla nascita dell’impressionismo –attraverso una «serie di spaccatiorizzontali intorno a problemi cheattraversano le diverse epoche».Concluderà l’enciclopedia un quin-to tomo con tavole cronologiche ecomparative.Come si può comprendere da que-sti pochi cenni, si tratta di un’operadalle dimensioni generose, che ri-unisce un insieme di conoscenzemusicali la cui varietà ed estensioneinterdisciplinare non ha probabil-mente precedenti nella editoriamusicologica. Un lavoro, dunque,dalle ambizioni innovative, che in-tende dischiudere nuovi panoramie tracciare percorsi non tradiziona-li nella complessa geografia dell’e-sperienza musicale. Esperienza dicui si riconosce la prismatica com-plessità, e che non può più essereaffrontata pertanto nella sola pro-spettiva storica (anch’essa peraltro,come è ben noto, attraversata oggida irrequietezze che investono sia imetodi che gli oggetti di studio),

ma richiede il concorso di una plu-ralità di discipline – dall’economiaall’antropologia, dalla psicologiaall’etnomusicologia, dalla neurolo-gia alla sociologia della creatività –che, pur apparentemente lontane,possono tutte contribuire a gettarluce sulle diverse facce del fattomusicale. Di qui una impostazioneper problemi e per tagli trasversaliche esplora il mondo musicale at-traverso la giustapposizione di ungrande numero di punti di vista,non di rado in reciproca contraddi-zione. Punti di vista che si focaliz-zano intorno alle domande fonda-mentali della musica, e che inten-dono evidenziare la molteplicitàdei modi di affrontarla e compren-derla, nella convinzione che una si-mile pluralità di orientamenti per-metta di averne una cognizione piùaperta e solleciti l’intelligenza e lacuriosità del lettore, nonchè unospirito critico che può indurlo an-che al dissenso (ma questo fa partedelle regole del gioco). Basti dire inproposito che sono previsti 230 ar-ticoli di 185 autori di diversi paesie di differente formazione scientifi-ca, molti dei quali – e la cosa fa cer-to piacere – sono italiani. L’opera si apre, come si è visto, conil volume sul Novecento, ribaltan-do la scansione cronologicamenteprogressiva delle tradizionali rico-struzioni storiche. E non a caso,ovviamente, dal momento che il se-colo testè trascorso ha visto l’emer-gere di tali novità e sconvolgimenti(basti pensare alla messa in discus-sione della concezione naturalisticadella tonalità classica, o al supera-mento dell’idea dell’opera musicalecome entità stabile e conclusa) daobbligarci a ripensare – a partire diqui – la vicenda della musica nelsuo insieme e a comprendere diconseguenza, da questa prospetti-va, anche la musica delle epocheprecedenti.Il volume è costituito da una ses-santina di saggi, distribuiti inquattro parti. Nella prima parte(Ricerche e tendenze) si indaga sulcomplesso intreccio di esperienzee di cambiamenti che segnano losviluppo della musica cosiddetta“seria” nel corso del secolo, af-frontando temi come la nascita edecadenza delle avanguardie, la

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teUna variegata mappa tematicaper esplorare l’universo musicale

MAURIZIO DELLA CASA

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rottura delle tradizioni, i rapportifra musica e ideologia, l’emergeredi nuove concezioni della forma, ilteatro musicale, la ricerca di nuovimateriali sonori, l’attrazione eser-citata sui compositori dalle voci edai ritmi della natura, gli usi nonconvenzionali della vocalità, l’in-fluenza della scienza e della tecno-logia sulla trasformazione dellepratiche musicali. Né mancano ar-gomenti inconsueti come la musi-ca nei campi di concentramentonazisti. È questa la parte più pro-priamente storica, che non allineaperaltro profili di grandi autorima cerca di rendere conto deiprincipali orientamenti della mu-sica novecentesca e delle tendenzefondamentali che ne emergono. Nella seconda parte (Piaceri e se-duzioni ) l’attenzione si sposta sul-la musica d’intrattenimento, checon l’affermarsi di una vera e pro-pria industria della musica è dive-nuta una componente sempre piùpervasiva e onnipresente della vitad’oggi. La canzone, il musical, iljazz, la musica da film, il video-clip, il rave, il rap, la techno sonogli argomenti affrontati in una se-rie di saggi che ne esaminano lecaratteristiche, il linguaggio, iprocedimenti compositivi, i conte-sti sociali, i valori simbolici, lemodalità di fruizione. Si tratta diuna generosa quanto doverosaapertura verso repertori musicalisin qui ignorati o relegati a margi-ne, in quanto ritenuti privi di legit-timità estetica (è ben nota la con-danna di Adorno), nonostante oc-cupino una posizione dominantenell’odierno consumo musicale esi identifichino in larga misuracon la cosiddetta “musica dei gio-vani”. E tuttavia, rendere conto diquesta produzione e cercare dianalizzarne il senso e le funzioninon significa che si ceda al relati-vismo, per cui ogni cosa vale l’al-tra, e si rinunci alla critica e al giu-dizio di valore. Questo, almeno,tiene a precisare Nattiez, che ponein proposito una domanda chenon è inutile girare ai nostri letto-ri: «In nome dell’esercizio della li-bertà individuale o della specifici-tà culturale di questo o quel grup-po, per chi di noi insegna, fino ache punto dovremo spingerci nel

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te RASSEGNA PEDAGOGICA di Roberto Albarea

«Se qualcuno dubitasse ancora della complessità dei problemi cheoggi la didattica deve affrontare non avrebbe che da sfogliare que-sto volume, e leggerne anche solo alcune voci. Si renderebbe contodi due cose: che la conoscenza didattica è il risultato di un lungocammino di ricerca e che per entrare consapevolmente in tale cam-po della conoscenza occorre liberarsi da schematismi fin troppoconsolidati nel senso comune». Queste parole di Benedetto Vertec-chi nella Presentazione ci introducono al senso di questo dizionario,che si caratterizza sia per la sua sinteticità che per la sua pregnan-za. A riprova di quanto si diceva nel numero precedente di Rasse-gna pedagogica, ci si trova spesso di fronte a parole ed espressionitradizionali in uso nella scuola, di cui non viene rivisto a sufficienzail significato alla luce del mutare dei quadri concettuali in cui si pra-tica l’educazione, e anche le parole nuove sono assunte per asso-nanza o per contiguità con repertori interpretativi consueti. Si trat-ta di un processo di semplificazione dei termini e dei concetti sotto-stanti che funziona come una sorta di riduttivismo, irrigidito in for-mule del senso comune. Compito della ricerca scientifica è quindi dicontenere l’ambiguità del linguaggio della didattica senza mortifi-carne l’intrinseca complessità: gli insegnanti più avvertiti sono con-sapevoli dei tentativi di semplificazione in atto nella comunicazionedi massa e dei pregiudizi che circolano nei rapporti quotidiani, e sipongono il problema di come impostare correttamente il proprio la-voro. Le suggestioni tendono allora a prevalere sui significati e tut-ti i criteri che guidano i percorsi di formazione, sono da connetterea un corpus di conoscenze e di esperienze entro il quale vanno ri-cercati i collegamenti e le giustificazioni, sia in senso diacronico chesincronico. È quanto si propone questo dizionario.Il suo autore ha una lunga esperienza di insegnante, ricercatore edocente universitario (è ordinario di Metodologia e didattica all’U-niversità di Firenze): egli sgombra subito il campo da equivoci o il-lazioni: «Con il termine didattica ci si riferisce sia a una disciplinascolastica, sia all’attività di chi insegna, sia alla riflessione e proget-tazione relative all’insegnamento, alla definizione di orientamenti,conoscenze, condizioni, modalità operative che si ritiene possanoassicurarne l’efficacia formativa. Va subito detto che la didatticanon è una tecnica o perlomeno non è soltanto quella. È l’applicazio-ne, volta in modo sistematico e metodico, di una teoria psicopeda-gogica». Sia l’autore che gli educatori più avveduti sanno che non èsolo il pensiero né la parola a incidere sulla realtà: solo modificandoil comportamento e l’azione (guidati, questo sì, dalla riflessione edall’intelligenza) si produce una variazione del rapporto tra la per-sona e il suo mondo. Queste azioni sono il risultato di un intreccio,non totalmente prevedibile, di idee, abilità, atteggiamenti e valori.La didattica li comprende e ci rende consapevoli che qualsiasi attodella comunicazione e dell’azione in classe richiama una sua giusti-ficazione, un concezione di vita, un valore o criterio di riferimento.Come è strutturato il dizionario? Esso si articola come una rete.Ogni voce, redatta in ordine alfabetico, può rimandare nel testo aun’altra voce autonoma, di modo che si abbia una immediata delu-cidazione riguardo a un aspetto del problema trattato; alla fine deltesto di ciascuna voce si trovano due segnalazioni: la prima riguar-dante rimandi più generali e di allargamento dell’orizzonte conosci-

Leonardo Trisciuzzi, Dizionario di Didattica, Ets, Pisa 2001, pp. 439,e 26,86.

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tedeclinare le nostre responsabilitàdi educatori?».I saggi della terza parte sono rag-gruppati sotto il titolo L’economiae i mezzi di diffusione. Si discutequi lo sviluppo delle moderne tec-nologie elettroacustiche e l’affer-marsi di nuove modalità di diffu-sione della musica, soffermandosisulla evoluzione degli strumenti diregistrazione e riproduzione delsuono (dal rullo di cera al cd), sulruolo del medium radiofonico nel-la promozione della musica colta,sul mercato discografico, sugli ef-fetti carismatici delle primedonnee dei divi del rock, sulla editoriamusicale, sulla funzione sempre

più imprescindibile delle sovven-zioni statali nel sostegno al teatrod’opera e alle manifestazioni con-certistiche. Infine, nella quartaparte (Intersezioni) si indagano lerelazioni fra attività, generi e tra-dizioni musicali differenti e spessoapparentemente lontani e incomu-nicanti, come (nel contesto cultu-rale dell’occidente) la musica “al-ta” e la musica “bassa”, la musicaafricana e le tradizioni musicalidell’America latina, la musica et-nica e i generi d’intrattenimento,per non parlare di quei linguaggimeticci che vanno sotto il nome diworld music e world beat. Interse-zioni e ibridazioni dalle quali for-

se potranno nascere, dopo lo scac-co delle tante avanguardie nove-centesche e nel dilagare della me-diocrità industriale, forme inventi-ve e originali di creazione musica-le, capaci di saldare la conquistadi un pubblico non elitario con laqualità estetica.Non è possibile, naturalmente,entrare nel merito dei diversi con-tributi, di cui non posso che limi-tarmi a rilevare, in linea generale,la qualità scientifica, al di là delledifferenze di approccio e di taglioespositivo. Quanto ai destinataridell’opera, essi sono prudente-mente identificati, dal suo diretto-re, nei musicofili e nei musicisti,ai quali la scheda pubblicitariadell’editore aggiunge (forse conun eccesso di ottimismo) anche il“grande pubblico”.Ma a me sembra che fra gli utenticui l’enciclopedia è indirizzatadebbano figurare, e non in secon-da fila, gli insegnanti di musica,qualunque sia il tipo e il livello discuola in cui svolgono la propriaattività. Un’opera del genere, di-fatti, potrà sollecitarli a rimetterea fuoco in chiave problematica,nonché a ristrutturare e a estende-re, i quadri conoscitivi ai quali siaffidano nel progettare i propriinterventi educativi, costituendoin ultima istanza una occasionesignificativa di aggiornamento.Questo volume iniziale, in parti-colare, è in grado di fornire un va-lido supporto per fronteggiare duefondamentali esigenze alle qualil’insegnamento musicale non puòoggi sottrarsi. La prima esigenza èquella di aprirsi alla multiforme eintricata esperienza musicale delsecolo che sta alle nostre spalle,evitando di darne una immaginesemplicistica e riduttiva e facendo-ne comprendere – al di là delle in-quietudini che può suscitare – inon pochi «perché» sui piani siamusicale che extramusicale (pensoqui ai saggi della parte prima). Laseconda è quella di far fronte sen-za pregiudizi e con una adeguataattrezzatura al magma di quei re-pertori popular e comunque noncolti che costituiscono, ci piacciao no, la realtà musicale oggi pre-valente e maggiormente partecipa-ta dai giovani. I saggi della sezione

tivo nonché di raccordo concettuale; la seconda indica specifici epertinenti fonti bibliografiche per ulteriori approfondimenti. Quindiun movimento in orizzontale e un movimento in verticale.Esaminiamo alcune voci. Alcune appartengono al campo della di-dattica, altre a quello della pedagogia, dell’antropologia o degli stu-di giuridici (riguardanti il diritto scolastico e amministrativo), ma siriferiscono sempre alle loro implicazioni nell’intervento scolastico.La voce «adattamento» rinvia alle voci abitudine, educazione, psi-comotricità, cultura; la voce «valutazione» rinvia a prove di ingres-so, scheda personale di valutazione, verifica, orientamento scola-stico; la voce «microdidattica» rinvia a scheda personale di valuta-zione, handicap, libro di testo, programmazione; la voce «memoria,strategie e tecniche di-» rinvia a lezione, insegnante, memoria. Ognilettore può costruirsi un proprio percorso concettuale.Questo perciò è un testo polivalente, non solo per l’ampio spettrodelle tematiche trattate ma anche perché può essere letto da piùpunti di vista: da chi è interessato alla ricerca nel settore psicope-dagogico e ai suoi rimandi ad altri campi di conoscenza; da chi vuo-le trarre spunti per l’aggiornamento professionale e il proprio lavo-ro di insegnante; da chi intende approfondire il personale back-ground culturale in tema di educazione e di pedagogia, in quanto sitrovano numerosi riferimenti ad ambiti quali la filosofia, le scienzesociali, le nuove tecnologie e i mass media, la musica, il teatro e leattività espressive, la didattica e le didattiche, e così via.Mi sembra che lo scopo raggiunto sia quello di ottenere una chiari-ficazione rapida, chiara e sufficiente (sintetica ma non semplificata)in merito alle componenti del variegato tessuto della didattica. Unostrumento, esauriente e maneggevole allo stesso tempo, che con-tiene più di 1300 tra lemmi e richiami ed è supportato da circa 800fonti bibliografiche. Esso è utile non solo agli addetti ai lavori, ma anche a chi ha re-sponsabilità decisionali in ambito educativo (ispettori, dirigenti e di-rettori di centri, politici), agli operatori che partecipano attivamen-te alla vita scolastica (insegnanti, genitori, personale in appoggio),sino a chi esercita professioni educative nell’extrascolastico e negliambiti dell’educazione non formale e informale (responsabili deiservizi presenti nel territorio, socio-sanitari-educativi, culturali;operatori del mondo del lavoro, delle imprese e delle aziende; stu-denti, formatori, tutori).

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Ho letto il libro di Franca Mazzolidue volte. La prima volta tuttod’un fiato: ero curiosa e assetata dinotizie, indicazioni, riflessioni, chemi dicessero qualcosa sui bambinie i nuovi linguaggi multimediali; laseconda volta con atteggiamentopiù controllato e critico, prenden-do nota delle cose scritte, degli ar-gomenti affrontati, degli esempipresentati. Potrei dire, parafrasan-do l’autrice, che la prima lettura èavvenuta per “immersione”, la se-conda seguendo la logica lineareastratta.I risultati sono stati parzialmentediversi ma con una costante preci-sa: entrambe le volte, il libro è sta-to una fonte, quasi inesauribile, dispunti di riflessione, di domandeche scoprono altre domande, diosservazioni pratiche che svelanoprocessi mentali complessi e a vol-te impliciti, che ci scorrono ognigiorno tra le mani e sotto gli occhi.Sono appunto questi elementi diriflessione che vorrei esplicitare econdividere con le persone chehanno già letto o che leggerannoquesto libro, e con l’autrice stessa.Cominciamo con la descrizione delcontenuto del libro. Qui inizianosubito i primi problemi, perché illibro sfugge a una descrizione li-neare e organica e i miei tentativiraziocinanti di ordinare, quasi tas-sonomicamente, gli argomenti,hanno ottenuto come risultato una

sola grande divisione in due parti:nella prima vengono affrontati ediscussi una serie di problemi in-torno ai bambini, la musica e lamultimedialità (la cultura comemediatrice tra i bambini e i suoni, ipaesaggi sonori, la televisione, lascuola, l’ambiente); nella secondaparte sono raggruppati gli inter-venti pubblicati nel corso di sva-riati anni su Musica Domani nellarubrica Musica e ambiente. Il fattoche rende ancora più difficoltosala mia presentazione è che entram-be le parti si muovono a raggiera,per giustapposizioni, senza svilup-pi e conclusioni definitive, ma contagli profondi su alcune idee, pro-blemi, fatti: non una forma-sona-ta, ma Nuages di Debussy.Forse è questo uno dei motivi percui, in qualunque modo lo si legga,il libro fa pensare.E allora, la prima domanda che misono posta è stata la seguente: co-sa sono i nuovi ambienti? Leggen-do il libro scopro che in primaistanza si tratta degli ambienti neiquali si sviluppano i processi dipercezione e di apprendimentomusicale del bambino. In partico-lare dei bambini tra i 3 e i 10 anni.Appena qualche riga dopo, vengoinformata che questi ambienti so-no oggi influenzati da una multi-medialità diffusa: televisioni, play-station, in particolare, ma anchecinema, radio e altri sistemi più

“arcaici”. Infatti, a un certo puntodel libro, tra i nuovi ambienti, tro-vo anche i vecchi: i paesaggi sono-ri di Murray Schafer, l’autoradiodi Franco Fabbri, fino agli oggettipoveri e iperacustici delle manipo-lazioni infantili (tubi e barattoli).Leggendo man mano il libro, infi-ne, mi accorgo che i nuovi ambien-ti non sono solo gli ambienti il cuisonoro è influenzato dalle tecnolo-gie, ma sono anche, e forse soprat-tutto, gli ambienti mentali e corpo-rei, e cioè quelle «cornici di ap-prendimento» (De Kerckhove),sempre più modellate dai nuovilinguaggi multimediali, che fannoda sfondo alle esperienze dei bam-bini, su cui si innestano i nuovi sa-peri, e attraverso le quali i bambiniinterrogano la realtà. I bambinicrescono in ambienti nei quali lesonorità e il linguaggi sonori tec-nologici sono sempre più impor-tanti e presenti, e ciò influisce sullaloro intelligenza musicale, sullemodalità di percepire i suoni e diinterpretare i linguaggi sonori, nonsolo quelli nati nell’era delle nuovetecnologie, ma anche gli altri.Queste nuove cornici cognitive,che potremmo definire “musicali”,influirebbero, cioè, anche sugliascolti e l’esperienza che i bambinihanno dei suoni non tecnologiciche li circondano. Questa idea al-largata di ambiente mi è sembrataparticolarmente illuminante, per-ché ricolloca i bambini al centrodel rapporto fra educazione e mul-timedialità, spostando in secondopiano i giudizi morali o estetici suimass-media e le nuove tecnologie.È importante, quindi, che l’educa-zione musicale sposti la sua atten-zione «da ciò che si può produrre eascoltare ai modi in cui si può pro-durre e ascoltare» (p. 61), pren-dendo in considerazione non solo i

Seduzioni e piacere offrono, aquesto proposito, un ventaglio as-sai ricco e differenziato di stru-menti e di stimoli da cui il docentenon potrà che trarre giovamento.Contributi degni d’interesse, inun’ottica educativa, non mancanocomunque nelle altre parti e neisuccessivi volumi. Come, ad esem-

pio, nel secondo, il profilo criticodella pedagogia musicale cui giàsi è accennato, o i saggi in cui sirivisitano i principali costituentidella musica, che malgrado l’ap-parente trasparenza continuano arappresentare terreni concettualinon privi di opacità e variamenteesplorati.

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Multimedialità e musica:insieme nella scuola dei bambini

ANNA RITA ADDESSI

Enciclopedia della Musica, di-retta da Jean Jacques Nattiezcon la collaborazione di Marga-ret Bent, Rossana Dalmonte eMario Baroni, Volume I, Il No-vecento, Einaudi, Torino, 2001,pp. 1333, e 77,47.

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contenuti ma «anche i processi diapprendimento che il paesaggiosonoro del nostro tempo attiva ingrandi e piccoli» (p. 60).Sul concetto di cornice cognitival’autrice fonda un’altra importantee problematica affermazione:«Non credo che l’educazione mu-sicale primaria debba preoccuparsidi fornire riferimenti storici corret-ti, quanto piuttosto cercare di fa-vorire nei bambini la costruzionedi criteri di analisi ed elaborazioneche consentano di rapportarsi inmodo più consapevole a tutti iprodotti (musicali e non) con cuivengono a contatto» (p. 60). Ebbe-ne, se è facile condividere la secon-da parte della frase, più difficile èstato comprendere il significatodella prima parte, quella sui riferi-menti storici corretti. Se risulta ov-vio che l’affermazione è il segno diuna presa di distanza dalla culturadel nozionismo storico, mi sonochiesta se essa non rappresenti an-che un velato appoggio all’ipotesidella “fine della storia” teorizzatoda alcuni pensatori del nostro tem-po. Andando avanti nella lettura,ho scoperto che l’affermazione sibasa invece su un diverso concettodi storia, che l’autrice svela intro-ducendo e discutendo il concetto,appunto, di cornice cognitiva: lastoria non sembra essere intesa co-me passato o come futuro, o comeun contenuto da apprendere, macome il modo in cui ciascun sog-getto (ciascun bambino) si articolasul presente, il modo in cui i segnivengono fatti ri-significare nel mo-mento stesso in cui vengono inter-pretati, vissuti: l’habanera di Car-men diventa la musica di Aiax pa-vimenti, Mondrian diventa StudioLine de l’Oreal, Va pensiero diven-ta Va…porella! La storia, quellamusicale, è anche questo: i modi incui, appunto, «si può produrre eascoltare» (p. 61). Pur tuttavia,continua a rimanermi un dubbio:perché i bambini possano analiz-zare ed elaborare il proprio am-biente non è importante che essiacquisiscano anche criteri di relati-vismo culturale e temporale?Un altro elemento positivo dellamultimedialità sottolineato nel li-bro è la sua valenza pluralista, do-vuta alla molteplicità dei linguaggi

utilizzati: visivi, tattili, uditivi,spaziali. L’autrice invita a valutarequesto aspetto della multimediali-tà non come produttore di ascoltipassivi o di abitudine a non di-scernere i linguaggi e i messaggiveicolati, quanto piuttosto comegeneratore di nuove modalità diapprendimento e di rapporto conla realtà. Un apprendimento che,al contrario della logica linearepredominante nella tecnologiadella scrittura e del libro, permet-terebbe ai bambini di utilizzare deicomportamenti di apprendimentoper immersione, più affini alla na-tura globale delle loro esperienze.Da qui la convinzione che nellascuola debbano essere ricollocatiin una posizione equilibrata e pa-ritaria i differenti linguaggi e siste-mi espressivi: non solo quello ver-bale, quindi, e quello della scrittu-ra, ma anche i linguaggi del corpo,dei suoni, e gli altri linguaggi visi-vi. Le altre dimensioni, cioè, del-l’intelligenza.D’altro canto, segnala Mazzoli, isofisticati strumenti delle sale diregistrazione permettono di sele-zionare, isolare e orientare l’atten-zione dell’ascoltatore, producen-do oggetti musicali semplici e co-struiti su un meccanismo figu-ra/sfondo sempre più netto ed evi-dente (colonne sonore dei film,cartoni animati, videogiochi ecc.).Di fronte a questa produzione l’a-scolto potrebbe diventare menocapace di cogliere sfumature, va-riazioni, segnali espressivi e comu-nicativi invece importanti. MichelImberty ha inoltre ipotizzato chela dialettica tra ripetizione e varia-zione è fondamentale nel rapportoche si instaura tra madre e bambi-no nella prima infanzia (Il bambi-no e la musica, in Enciclopediadella Musica, Einaudi, Torino,vol. II, 2002), e che questa dialet-tica sarebbe all’origine di quellaforma protonarrativa (DanielStern) sulla quale ogni soggettocostruirebbe il proprio sé, anchemusicale: come si sviluppa il pen-siero, anche musicale, del bambi-no, a contatto con macchine cheripetono ma che non sono capacidi compiere delle variazioni? Troviamo nel libro delle risposte,teoriche e operative, a questi pro-

blemi. Da una parte l’autrice invitaa prendere atto che nuove forme diintelligenza e di apprendimento,diverse ma non peggiori o miglioridelle precedenti, si stanno svilup-pando a contatto con i nuovi me-dia. E invita a tenerne conto, peresempio valorizzando la valenzaplurilinguistica degli ambientimultimediali, che permette di ri-collocare al centro del contestoscolastico la globalità dell’espe-rienza del bambino, non settoria-lizzabile in discipline di livello A edi livello B. Oppure valorizzandole nuove forme di sapere che ibambini dimostrano di avere: co-me quelle del fantastico Mattia chespiega ai suoi compagni che il suo-no registrato che stanno ascoltan-do, una porta che si apre cigolan-do, può sembrare vero soltantoperché è esagerato, mentre nessu-na porta di casa fa quel suono lìquando si apre (Sembra vero per-ché è finto, pp. 97-100).Troviamo nel libro delle proposteoperative perché i bambini possa-no, d’altro canto, prendere posses-so di questi linguaggi, utilizzarli,capirli: attività di analisi, manipo-lazione, de-costruzione di stereoti-pie da mass-media, attraverso lade-composizione dei messaggi so-nori e la loro re-invenzione, ri-fun-zionalizzata sulle esigenze espressi-ve dei bambini e della loro corpo-reità. Come avviene, per esempio,nelle attività di analisi e variazionidelle “mosse” osservate in un vi-deoclip delle Spices, che ridannospazio alla corporeità negata, nondalla TV, ma dagli spazi e dalla vi-ta cittadina che vietano di muover-si e far rumore. L’apprendimentoper immersione sembra essere quiintegrato con condotte vicine allalogica lineare astratta: distinzione,classificazione, raggruppamento,selezione. Ricompare, in queste at-tività, quell’atteggiamento che Pie-ro Bertolini definirebbe di distanzadagli oggetti, fondamentale difronte alla «ripetitività insulsa»dei mass-media, e cioè un’attivitàsistematica di osservazione chesembra scorrere parallelamente al-la condotta di condivisione, predo-minante nell’apprendimento perimmersione (Bertolini “A proposi-to di giudizio estetico e mass me-

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dia”, relazione tenuta al SimposioInternazionale Il giudizio esteticonell’epoca dei mass media, Cimes-Dipartimento di Musica e Spetta-colo, Università di Bologna, 9-10febbraio 2001, in corso di stam-pa).Da un punto di vista didattico epedagogico, l’aspetto più funzio-nale di questo libro è in effetti l’ac-cantonamento da parte dell’autri-ce di giudizi morali ed estetici suTV, videogiochi ecc., a favore di unconvinto “voler esserci”, di un si-curo atteggiamento di condivisio-ne e di scambio con i bambini, atutti i livelli e ambiti (e ambienti)delle loro esperienze. È questo at-teggiamento di fondo che tiene in-sieme quelle che a volte appaionoessere delle contraddizioni: la sto-ria e le cornici cognitive, l’appren-dimento per immersione e le attivi-tà di astrazione. Prevale, cioè, nel-le proposte didattiche e nelle rifles-sioni esposte, la scelta di partiresempre dalle condizioni (queste sì,contraddittorie) nelle quali il bam-bino vive, e di cercare sempre dellesoluzioni, anche contraddittorie,purché aderenti a queste condizio-ni e ai bisogni dei bambini.Non so se i problemi qui discussisiano tra quelli che l’autrice ha vo-luto presentare nel libro; pur tut-tavia è indubbio che da essi sonostati generati e forse altri lettoritroveranno nel libro argomenti di-versi su cui riflettere e agire. Pensoche sia proprio lo stile di scritturaa rendere questo libro particolar-mente fecondo per il lettore, per-ché le giustapposizioni attraversocui procede fanno scattare, comeil binomio fantastico di Rodari,intuizioni, idee, domande, e prati-che nuove. C’era una volta un re, un mi, unfa… sembra un libro vero, ma lo èveramente, anche se nega la pre-sunta logica lineare della scrittura:è questa la sua contraddizione piùfeconda.

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te DA NON PERDERE di Luca Marconi

In questo saggio Arnie Cox, ricercatrice statunitense operante pres-so l’Oberlin College Conservatory of Music, enuncia alcune riflessio-ni sull’ascolto musicale, riassunte nella “ipotesi mimetica” secondola quale, quando si sente un pezzo di musica, si tende a imitare i suo-ni ascoltati o apertamente, cantandoli ad alta voce, o in modo menoevidente, attraverso un canto interiore (“subvocalization”). Dopoaver enumerato una serie di argomentazioni a sostegno di tale ipo-tesi, vengono indicate alcune sue implicazioni in relazione a diversequestioni musicali. Innanzitutto viene sostenuto che essa, associataalle teorie sulle metafore elaborate da Mark Johnson e George La-koff, consente di fornire una spiegazione dei processi attraverso iquali si è applicata ai suoni l’opposizione “alto-basso” più persuasivadi quelle finora esistenti. Inoltre vengono prospettate alcune ricadu-te di tale ipotesi nell’ambito dell’educazione dell’orecchio musicale,della musicoterapia e dello studio dei funzionamenti semantici dellamusica. Nello stesso numero di Musicae Scientiae si trovano riporta-ti altri interventi che affrontano alcune prospettive del problema delsignificati musicali, tenuti a Keele, nell’agosto del 2000, nel corsodella sesta conferenza internazionale sulla percezione e la cognizio-ne musicale, organizzata dall’ESCOM (European Society for the Cogni-tive sciences Of Music): “The compositionality of tonal structures: Agenerative approach to the notion of musical meaning” di Tim Hor-ton, “What do we hear, when we hear music?: Music perception andmusical material” di Nicolas Dibben, “Meaning and the specificationof motion in music” di Eric Clarke, e “The role of the body in the pro-duction and perception of solo vocal performance: A case study ofAnnie Lennox” di Jane W. Davidson.

Ken McLeod, Assistant Professor di musica presso la McMaster Uni-versity di Ontario, presenta una serie di casi nei quali alcune com-ponenti della musica operistica sono state inserite nell’ambito dellaproduzione rock. Ci si concentra in particolare sulla canzone Bohe-mian Rhapsody dei Queen, pubblicata per la prima volta nel loro al-bum A Night at the Opera del 1974, sull’album Fans di MalcomMcLaren, del 1984, e sulle carriere musicali di Nina Hagen e di KlausNomi. Questo saggio può essere un punto di partenza stimolanteper chi intenda considerare le relazioni tra i due generi musicali inesso affrontati, non solo per le analisi che propone dei fenomeni dicontaminazione sopra citati, ma anche per le riflessioni che corre-dano tali analisi, assai utili per rilevare sia i motivi che spingono gliappassionati di un genere a evitare o perfino disprezzare l’altro, siaquelli che portano invece a essere un amante di entrambi i generi (oalmeno di alcuni sottogeneri dell’uno e dell’altro).

Arnie Cox, “The mimetic hypothesis and embodied musical mea-ning”, Musicae Scientiae vol. V, n. 2, 2001, pp. 195-212, disponibilepresso la Biblioteca del Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Uni-versità degli Studi di Bologna, la Biblioteca del Dipartimento di Psi-cologia dell’Università degli Studi di Bologna e la Biblioteca Interdi-partimentale di Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma.

Ken McLeod, “Bohemian rhapsodies: operatic influences onrock music”, Popular Music vol. 20 n. 2, 2001, pp. 189-204, dis-ponibile presso la Biblioteca del Dipartimento di Musica eSpettacolo deell’Università degli Studi di Bologna, la Bibliote-ca della Pontificia Università Salesiana di Roma e la Bibliotecadella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di L’Aquila.

Franca Mazzoli, C’era una voltaun re, un mi, un fa… Nuovi am-bienti per l’apprendimento musi-cale, EDT, Torino, 2001, e 9,81.

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Sigle, neologismi, termini insoliti e bizzarri: la con-temporaneità ci ha abituato ai titoli più inusitati, ep-pure, nonostante questo, di fronte a Pu wijnuej we fyprimaniamo incerti, interdetti. Il testo di questa composizione per voci bianche,scritta da Xenakis nel 1992, recita così «Em hipwygruemu ziexsu…” e prosegue “Gugu meu ug py mekeuzyg wymh pu vjyoh juhhim». Quale lingua può generare frasi così improbabili?Senza dubbio nessuna tra quelle frequentate dal suoautore. Ovviamente non il francese adottivo o il grecooriginario, come nemmeno il rumeno dell’infanzia.Una netta sensazione di artificiosità ci induce a pen-sare che il titolo, come anche il testo di questa com-posizione, non appartenga a nessuna lingua reale, mapiuttosto sia il frutto di un mascheramento. Un giocomatematico, uno scambio. Xenakis scrive di aver usato un testo di Rimbaud –senza però specificare quale – e di averlo trasformatoapplicando una «sostituzione biunivoca» al suo alfa-beto. Animato da un alto concetto dell’infanzia, invita gliesecutori a individuare questo «magnifico poema»così abilmente mascherato. Un primo indizio ci è offerto dal titolo. L’unico nellaproduzione del poeta francese che presenti questa

successione nel numero di lettere (2 + 7 + 2 + 3) è LeDormeur du Val, scritto nell’Ottobre del 1870 da unRimbaud giovanissimo. Confrontando l’originale conla trascrizione di Xenakis è possibile scoprire il mec-canismo utilizzato dall’autore. Per comporre la tabel-la di conversione è sufficiente partire dall’ordine alfa-betico e sostituire la prima consonante con l’ultima (Bcon Z) e viceversa (Z con B), poi la seconda con la pe-nultima (C con X) e così di seguito. Lo stesso mecca-nismo di permutazione è usato per le vocali.Ma le difficoltà legate alla comprensione del testonon si esauriscono qui. La lettura di Xenakis si svolgein modo tutt’altro che lineare. Complicata da qualcherefuso di stampa (assolutamente comprensibile comeuna Y finisca per diventare una V, o una M una N), lanarrazione appare spezzata, salta avanti e indietro,procede per lunghi tratti per moto retrogrado. Le pa-role si disperdono tra le voci, si dissolvono. Una lette-ra qua e una là. Il senso rimane camuffato, nascosto. La presenza di un testo così ostile rappresenta peròsolo una tra le tante difficoltà che gravano sulla rea-lizzazione di quest’opera. Pu wijnuej we fyp, infatti,accanto a competenze musicali e vocali di tipo pro-fessionale, richiede inoltre una preparazione specifi-camente rivolta verso il repertorio contemporaneo.Anche se la composizione di Xenakis è chiaramentedestinata a un uso tutt’altro che didattico, le tecnichedi scrittura e i procedimenti messi in atto possono ri-velarsi estremamente interessanti per la comuneprassi educativa.Come spesso accade nella sua produzione, anche inPu wijnuej we fyp Xenakis agisce sulle masse sonoreanziché su suoni isolati. Così facendo la densità (con-cetto assai usato anche in ambito didattico) diviene ilperno attorno al quale si articola tutto lo svolgimentodell’opera.Qui ogni suono singolo trova il proprio senso nella par-tecipazione a un movimento comune, a un effetto glo-bale. Lo spostamento di volumi sonori, la densità, e laconsistenza delle linee assumono un ruolo primario esono definite dall’autore con meticolosa attenzione. Proprio per giocare sullo spessore delle linee vocali,Xenakis raggruppa il coro in un numero di ripartizioniogni volta diverso. Ogni suddivisione, infatti, rimanestabile solo per quattro, cinque battute per poi cam-biare subito dopo. La totalità degli esecutori è divisacosì talvolta in undici parti, talvolta in otto, oppure intredici, o in dodici, spesso anche in due o tre grandigruppi a loro volta ulteriormente suddivisi. Il peso diciascun intervento viene così calibrato con estremaaccuratezza.

Giochi di parole

DONATELLA BARTOLINI

Fig. 1In questa rappresentazione diagrammata della bat-tuta 9 un centimetro corrisponde orizzontalmente auna semicroma e verticalmente a un tono.

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In alcune sezioni l’autore richiede una proporzioneprecisa tra il numero totale dei cantanti e quello diogni singola parte. Ad esempio, a battuta 10 per cia-scuna delle sei parti è previsto un diverso rapportonumerico con l’insieme: 1/12, 3/12… Qui le voci si ritro-vano e si distanziano ancora, procedono con continueconvergenze e aperture creando un intreccio di den-sità particolarmente complesso. Spesso alla massa sonora dei gruppi è contrappostol’intervento della linea singola, isolata, di uno o duesolisti che sporadicamente emergono dal coro per poifondersi di nuovo nell’insieme.Questa contrapposizione dialettica tra masse sonorerisulta particolarmente evidente nelle sezioni domi-nate dall’uso dei clusters. In Pu wijnuej we fyp, infatti,i clusters – intonati a distanza di semitoni e affidati agruppi vocali diversi – si muovono tra contrasti e bi-lanciamenti, creando complicati equilibri sonori sem-pre variabili. A battuta 8-10, ad esempio, due fasce di suoni si spo-stano in maniera quasi omoritmica compensando re-ciprocamente il peso di ogni spostamento (Fig. 1). A battuta 28-29 (Fig. 2) invece i rapporti appaiono de-cisamente più complessi. Dal piano iniziale il coro cre-sce rapidamente fino a raggiungere un fortissimo (fff).

Nel crescendo tre li-nee vocali si apronoa ventaglio, si molti-plicano diramandosiin direzioni diverse.Lo spazio sonoro sidilata e l’andamen-to diviene frasta-gliato, aspro. Treclusters si muovonorepentinamente, inmaniera nervosa, fi-no a raggiungere ilmassimo della ten-sione.Xenakis utilizza pe-rò anche un procedi-mento complemen-tare e per certi versiopposto. In alcunesezioni dell’opera,infatti, la condottadelle singole partianziché contribuirea un movimento ge-nerale, ferma l’insie-me sonoro in unaimmobilità piena dienergia.Nella prima battuta, ad esempio, un accordo (dall’acu-to verso il grave: lab, fa, mi, sib, sol) viene sostenutoattraverso un fitto alternarsi di spostamenti interni(Fig. 3). Un lab passa dalla voce superiore alla secon-da voce, poi alla quinta, alla quarta per poi tornare al-la prima. Qualcosa di analogo succede per tutti gli al-tri suoni.Attraverso una integrazione reciproca delle entrateXenakis ottiene un tessuto sonoro fermo ma al tempostesso continuamente plasmato, cangiante, punteg-giato di accenti, caratterizzato da una continua varia-bilità timbrica.Dalla raffinata abilità dimostrata da Xenakis in Pu wij-nuej we fyp è possibile cogliere suggerimenti impor-tanti per arricchire e affinare i comuni percorsi didat-tici. L’uso di fasce sonore, clusters, giochi sulla densi-tà e rarefazione, infatti, troppo spesso vengono usatinelle pratiche educative in maniera generica, sempli-cistica. Si perdono così le corrispondenze tra i para-metri, le relazioni di reciprocità, le potenzialità di arti-colazione sintattica.Ma si perde soprattutto il senso musicale, incapace disopravvivere in terreni statici e inerti. Con Pu wijnuejwe fyp Xenakis ci mostra uno spazio brulicante di pos-sibilità, uno spazio aperto alle scelte.

Iannis Xenakis, Pu wijnuej we fyp, pour chœr d’en-fants a cappella, Salabert Editions, Paris, 1993.Le partiture possono essere richieste a Editions Du-rand Salabert Eschig, 22, Rue Chauchat, 75009 Paris.

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