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Nel dibattito che da circa metà degli anni Novanta tenta di descrivere e catturare la dimensione politica di Internet, è possibile isolare due gran- di coordinate lungo le quali si dispiegano tanto le letture del presente quanto le proiezioni sul futuro. Si tratta di due dimensioni chiave della sfera pubblica che coincido- no rispettivamente con il suo spessore, inteso come intensità e vivacità del- le pratiche che la informano, e con la sua inclusività, pensata come il grado di coesione e di pluralismo necessari alla realizzazione delle sue funzioni democratiche. La prima delle due dimensioni individuate si struttura lungo gli stes- si binari identificati da Benjamin Constant 1 nel descrivere la libertà degli antichi e quella dei moderni. Se la prima coincide innanzitutto con l’ideale classico della vita activa 2 , con una partecipazione intensa alla vita e ai processi decisionali della comunità, che implica impegno, rigore e identificazione, la seconda si identifica invece con il godimen- to individualistico della propria esistenza e con la suprema tutela dei propri interessi da ingerenze esterne legate al bene collettivo. La libertà degli antichi coincide dunque con un ideale di sfera pubblica vivace e dinamica, densa di pratiche, di interazioni e di scambi, in cui la soggetti- vità politica prende forma nell’ininterrotto confronto con la pluralità e l’alterità che contraddistingue lo spazio pubblico. La libertà dei moderni predilige invece un’accezione della sfera poli- tica in quanto governo degli interessi individuali contrastanti, destinati a convergere solo per quel minimo indispensabile di accordo che è neces- sario alla convivenza. Questa dialettica tra modelli alternativi di concepire la sfera della poli- tica e, più radicalmente, il rapporto tra l’individuo e la comunità si ritro- va filtrata, rielaborata e arricchita nelle diverse interpretazioni che da più parti hanno tentato di decifrare il fitto intreccio tra le pratiche di comuni- 1 Cfr. Constant (1988). 2 Cfr. Arendt (1958). MARIA FRANCESCA MURRU La politica in Rete: culture civiche connesse tra rappresentanza e partecipazione 00_Tosoni.indd Sez4:91 00_Tosoni.indd Sez4:91 11-11-2010 10:07:33 11-11-2010 10:07:33

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Nel dibattito che da circa metà degli anni Novanta tenta di descrivere ecatturare la dimensione politica di Internet, è possibile isolare due grandicoordinate lungo le quali si dispiegano tanto le letture del presentequanto le proiezioni sul futuro.Si tratta di due dimensioni chiave della sfera pubblica che coincidonorispettivamente con il suo spessore, inteso come intensità e vivacità dellepratiche che la informano, e con la sua inclusività, pensata come ilgrado di coesione e di pluralismo necessari alla realizzazione delle suefunzioni democratiche.....

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Nel dibattito che da circa metà degli anni Novanta tenta di descrivere e catturare la dimensione politica di Internet, è possibile isolare due gran-di coordinate lungo le quali si dispiegano tanto le letture del presente quanto le proiezioni sul futuro.

Si tratta di due dimensioni chiave della sfera pubblica che coincido-no rispettivamente con il suo spessore, inteso come intensità e vivacità del-le pratiche che la informano, e con la sua inclusività, pensata come il grado di coesione e di pluralismo necessari alla realizzazione delle sue funzioni democratiche.

La prima delle due dimensioni individuate si struttura lungo gli stes-si binari identifi cati da Benjamin Constant1 nel descrivere la libertà degli antichi e quella dei moderni. Se la prima coincide innanzitutto con l’ideale classico della vita activa2, con una partecipazione intensa alla vita e ai processi decisionali della comunità, che implica impegno, rigore e identifi cazione, la seconda si identifi ca invece con il godimen-to individualistico della propria esistenza e con la suprema tutela dei propri interessi da ingerenze esterne legate al bene collettivo. La libertà degli antichi coincide dunque con un ideale di sfera pubblica vivace e dinamica, densa di pratiche, di interazioni e di scambi, in cui la soggetti-vità politica prende forma nell’ininterrotto confronto con la pluralità e l’alterità che contraddistingue lo spazio pubblico.

La libertà dei moderni predilige invece un’accezione della sfera poli-tica in quanto governo degli interessi individuali contrastanti, destinati a convergere solo per quel minimo indispensabile di accordo che è neces-sario alla convivenza.

Questa dialettica tra modelli alternativi di concepire la sfera della poli-tica e, più radicalmente, il rapporto tra l’individuo e la comunità si ritro-va fi ltrata, rielaborata e arricchita nelle diverse interpretazioni che da più parti hanno tentato di decifrare il fi tto intreccio tra le pratiche di comuni-

1 Cfr. Constant (1988).2 Cfr. Arendt (1958).

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cazione che si avvalgono delle reti digitali e le pratiche di azione e di par-tecipazione politica. La tecnologia si trova così a essere concepita come un vettore che accelera, o al contrario decelera, l’evoluzione dell’agire politi-co in direzione di quella che è pensata come la sua essenza autentica.

Nella polarità che postula uno spessore minimo della sfera politica, si collocano i contributi di Pierre Lévy e Derrick De Kerckhove, rappre-sentanti emblematici di un approccio che vede nello scenario mediale contemporaneo il potenziale per una rivoluzionaria riscrittura dell’agi-re politico. A partire da un background teorico piuttosto simile, i due studiosi sostengono che l’aumento dell’effi cienza governativa garantita dai media digitali renderà del tutto vano e obsoleto qualsiasi processo di identifi cazione e discorsivizzazione nella sfera pubblica:

La chiave per lo sviluppo dei popoli è Internet. Un uso razionale delle reti virtuali permetterebbe ai cittadini del mondo di liberarsi dalle burocrazie statali corrotte e negligenti [...]. Le ideologie, più dannose che benefi che, si ridurrebbero così al resi-duo di una modalità di partecipazione politica ormai obsoleta nel XXI secolo. L’e-government, insieme alla trasformazione dell’attività politica in amministrazione di servizi per i cittadini, dovrebbe condurre a uno Stato giusto, onesto ed effi ciente3.

Da tale punto di vista, la polarità asintotica cui tendere non è dunque un perfezionamento delle democrazie rappresentative, quanto piuttosto la scomparsa stessa di qualsiasi forma di intermediazione sia sul fronte dell’in-terazione tra i cittadini che su quello della sintesi politica. Le nuove tecno-logie della comunicazione sono infatti pensate come estensione e potenzia-mento dell’intelligenza umana, come una forma di «intelligenza collettiva»4 o «connettiva»5, in grado di favorire effi caci meccanismi di autoorganizza-zione sociale e politica. L’evoluzione preannunciata è effi cacemente sin-tetizzata nel passaggio dalla democrazia, intesa come governo del popolo e come istituzione di una sfera decisionale separata dal sociale, alla demodina-mica, pensata come ‘politica molecolare’ in forza della quale le dinamiche spontanee di aggregazione, disaggregazione e apprendimento cooperativo spalancano le porte a una sovranità popolare fi nalmente compiuta, non più costrutto ideologico ma «popolo in potenza, perpetuamente in via di autocostruzione e autoconoscenza, in gestazione, un popolo a venire»6.

Sul versante opposto si collocano invece tutti quegli studi accomunati dall’ipotesi che le tecnologie digitali della comunicazione possano dare

3 De Kerckhove (2006), p. 64.4 Cfr. Lévy (1994; 2006).5 Cfr. De Kerckhove (2006).6 Lévy (1994), p. 98 (trad. it).

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un contributo decisivo all’intensifi cazione – all’ispessimento, se si vuole proseguire con la metafora introdotta all’inizio del paragrafo – della sfe-ra politica intesa come area del dialogo civico, in cui la qualità democra-tica dei processi comunicativi incide in maniera diretta sulla qualità delle decisioni prese. Da questa prospettiva, il termine chiave diventa quello di partecipazione, a sua volta articolabile in una molteplicità di sottodecli-nazioni, più o meno massimaliste, ma sempre e comunque ancorato a un ideale continuum individuo-gruppo-comunità all’interno del quale si instaura un circuito virtuoso e bidirezionale, che continuamente e spon-taneamente traduce il capitale sociale in valori, norme e principi etici. La rappresentanza politica non è più considerata come un meccanismo anacronistico, facilmente superabile grazie a una nuova era tecnologica di effi cienza cognitiva e connettiva, bensì come un processo struttura-le al farsi politico della società, che può essere fl uidifi cato, migliorato e reso ancora più autenticamente democratico grazie alle applicazioni partecipative e interattive del web.

La seconda dimensione della sfera pubblica chiamata in causa dai dibattiti su Internet e politica ha invece a che fare con la gittata orizzon-tale e il grado di inclusività che deve caratterizzare il dibattito pubbli-co. Una delle paure al momento più diffuse tematizza il rischio di una frammentazione estrema della sfera pubblica in tante piccole enclave autoreferenziali, reciprocamente disconnesse e potenzialmente osti-li7. A determinarla sarebbero le dinamiche della socialità proprie della Rete, spontaneamente organizzate attorno a principi di aggregazione che prediligono l’affi nità a scapito della differenza, la contrapposizione a scapito della sintesi. Accanto al pessimismo di coloro che vedono nel web una minaccia forte all’orientamento consensualistico tipico delle democrazie rappresentative occidentali, si fa sempre più manifesta la voce di coloro che, al contrario, esaltano il pluralismo radicale del web come contesto ideale per la realizzazione di una democrazia agonistica e autenticamente partecipativa, in cui le differenze sono valorizzate prima che appianate8.

Il presente contributo intende proporre una traiettoria con la qua-le percorrere una parte dello spazio di concetti, parametri analitici, approcci empirici marcato da queste due coordinate e dalle polarità oppositive che le strutturano. Più nello specifi co, a essere messa a fuoco sarà quell’area di dibattito che assegna un’indiscussa centralità alla sfera pubblica nel funzionamento della democrazia, e che insiste sulla possi-bilità che le tecnologie digitali della comunicazione possano incidere

7 Cfr. Sunstein (2001; 2007).8 Cfr. Dahlberg - Siapera (2007).

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profondamente sui processi della rappresentanza e della partecipazio-ne. Le fl uttuazioni interne a tale area verranno mappate con l’aiuto del-la seconda coordinata, organizzata come un continuum compreso tra i due estremi dell’universalismo consensualistico e del pluralismo agonistico. Il percorso terminerà infi ne con la presentazione di uno studio di caso, pensato come dimostrazione esplicativa di una specifi ca proposta di col-locamento teorico ed empirico all’interno dello spazio esplorato.

1. Disconnessione e riconnessione: statica e dinamica della rappresentanza politica

«Rappresentare signifi ca rendere visibile e reale un’entità invisibile mediante un’entità pubblicamente presente. La dialettica del concetto risiede nel fatto che l’entità invisibile è pensata come assente ed è simul-taneamente resa presente»9. Nella sua duplice accezione semiotica e poli-tica, la rappresentanza implica dunque un doppio processo di codifi ca: il primo è sintetizzabile come una disconnessione, intesa come distanzia-mento spazio-temporale tra rappresentante e rappresentato; il secondo marca invece il compimento di una riconnessione, come ‘presentifi cazione’ dell’assente mediante una sua codifi ca linguistica, narrativa e culturale10.

Questa doppia dinamica si ritrova complessifi cata all’interno della sfe-ra pubblica, intesa come sfera della discorsività sociale in cui si tematizza-no questioni di interesse generale sulla base di pretese di validità e non di potere11. La disconnessione è così concepita come il momento di sintesi e di riduzione della molteplicità delle istanze politiche entro i margini di una volontà generale che è qualcosa di più e di diverso dalla semplice sommatoria degli interessi e delle opinioni individuali; in questo senso, la disconnessione è dunque tanto astrazione dal sentire individuale in dire-zione di un sentire collettivo, quanto potenziale delega di potere verso la nuova entità così codifi cata. La riconnessione è invece il momento in cui questa ‘presentifi cazione’ dell’assente si attualizza nella concretezza dell’agire politico e nelle liturgie pubbliche dei rituali politici e civili. Nel-la ricostruzione habermasiana, lo scarto tra la sfera pubblica rappresen-tativa delle corti medioevali e la sfera pubblica borghese si insinua esatta-mente in questa dimensione12. Se nella prima la riconnessione si nutriva

9 Schmitt (1957), pp. 209-210, citato in Peters (1993), p. 546 (trad. a cura dell’autri-ce). 10 Cfr. Coleman (2005).11 Cfr. Habermas (1962).12 Habermas (1962), pp. 10-13 (trad. it).

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unicamente della spettacolarità cortigiano-cavalleresca del gestus, dell’ha-bitus, delle insegne, nella sfera pubblica borghese il suo dispiegamento assume il prerequisito essenziale dell’accountability, ovvero di un vincolo di coerenza tra le azioni dei rappresentanti e gli interessi dei rappresentati. In tutt’e due i casi, c’è in gioco una dinamica di riconnessione tramite la quale il ‘generale’, codifi cato nell’entità collettiva della rappresentanza, si re-immerge e si ri-traduce nel ‘particolare’ dei singoli cittadini e dei singo-li interessi che hanno contribuito a costituirlo.

Sebbene la sua valenza sia primariamente analitica e inevitabilmente messa in discussione da una realtà empirica che ne tradisce il presunto ordine logico, una simile scomposizione dei processi della rappresen-tanza può fornire utili indicazioni per indagare il ruolo che le tecnologie digitali della comunicazione assumono all’interno della sfera pubblica.

Rispetto alla fase della riconnessione, per esempio, è plausibile ipotiz-zare che le tecnologie digitali della comunicazione possano intervenire profi cuamente assicurando interattività e continuità al processo di restitu-zione dell’operato politico alla cittadinanza. Coleman parla in proposito di «touchability»13, a indicare la possibilità di creazione di uno spazio sim-bolico nel quale rappresentanti e rappresentati possano riacquisire quel senso di compresenza e continuità che la formalità dei parlamenti e la crescita ipertrofi ca della burocrazia dei partiti sembra aver ostacolato.

Ma è soprattutto nella prima fase che si sono concentrate buona par-te delle attenzioni degli studi e dei dibattiti che hanno tematizzato la valenza politica della Rete.

Stiamo parlando in particolare di un fi lone di ricerche che ha ana-lizzato le arene di discussione on line alla luce del concetto di delibera-zione, inteso come scambio dialogico razionale ispirato alla trasparenza, all’inclusività e all’uguaglianza. All’interno di un modello discorsivo di democrazia (Habermas14), la deliberazione rappresenta l’ideale norma-tivo della disconnessione in quanto meccanismo che, in ragione delle sue intrinseche qualità comunicative, conduce alla defi nizione di una sintesi politica suffi cientemente generalizzabile da contenere in sé, sen-za tradirle, tutte le istanze particolari da cui è scaturita.

La sua applicazione al contesto dei media digitali origina dall’ipotesi che la Rete, in forza della sua apertura strutturale, del suo potenziale anonimato, della moltiplicazione di fl ussi informativi e della bidirezio-nalità delle interazioni che in essa hanno luogo, possa fornire le con-dizioni comunicative ideali per un dialogo paritario, comprendente e interamente orientato alla forza del migliore argomento, a prescindere

13 Cfr. Coleman (2003).14 Cfr. Habermas (2006).

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da differenze di status culturali, economici o etnici tra gli interlocutori. Il paragrafo successivo sarà dedicato alla ricognizione e alla presentazio-ne critica di questo fi lone di studi che si colloca temporalmente a cavallo tra la fi ne degli anni Novanta e i primi anni Duemila, e costituisce uno dei primi tentativi di sistematizzare l’analisi della dimensione politica della Rete entro precisi orizzonti normativi e coordinate d’indagine.

1.1. Internet e il suo (presunto) potenziale deliberativo

Una delle prime ricerche sul campo è quella realizzata da Whilelm15 su due forum di discussione on line a contenuto politico, di cui uno su piattafor-ma commerciale AOL (American On line) e l’altro su piattaforma libera USENET. Obiettivo dell’analisi è osservare se e in che modo le due arene sono capaci di agire da «virtual sounding boards»16, ovvero di acquistare effi cacia politica mediante la formulazione di un’agenda politica, la nego-ziazione delle differenze, il raggiungimento di compromessi e infi ne la presa in carico di processi decisionali. A questo scopo, il ricercatore sceglie di realizzare un’analisi qualitativa del contenuto delle conversazioni adot-tando una serie di criteri analitici indirettamente ricavati dalla situazione discorsiva ideale di matrice habermasiana17.

La prima variabile considera in che misura i post cercano e richiedo-no informazioni agli altri membri oppure offrono idee e notizie («seeking information vs. providing ideas and information»). La tesi di Whilelm è che lo scambio di informazioni non sia suffi ciente per attribuire al forum la dignità di sfera pubblica; il rischio è infatti che ogni partecipante usi il forum per costruire la sua personalissima e individuale dieta informativa, limitandosi a reperire quelle notizie che sono appena suffi cienti a pren-

15 Cfr. Whilelm (1999).16 Ibidem, pp. 154-156.17 Cfr. Habermas (1995). La situazione discorsiva ideale è uno scambio dialogico che attualizza il modello trascendentale di agire orientato all’intesa (Habermas, 1981), in quanto rispetta un insieme di precondizioni che si situano: 1) al livello logico dei contenuti (es. principio di non contraddizione: nessun parlante deve contraddire se stesso; ogni parlante che applica il predicato F all’oggetto A deve essere preparato ad applicare F a tutti gli altri oggetti che assomigliano ad A in tutti gli aspetti rilevanti; differenti parlanti non possono usare la stessa espressione con diversi signifi cati); 2) al livello dialettico e retorico delle procedure che presiedono a una ricerca della verità impostata nella forma della competizione (ogni parlante deve asserire sola-mente ciò in cui realmente crede; ogni soggetto è autorizzato a mettere in questione tutte le asserzioni avanzate nella conversazione; una persona che intende sottoporre a dibattito una questione o una norma che non è già in discussione deve offrire delle ragioni plausibili a sostegno della propria proposta).

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dere decisioni ragionevoli; al contrario, impegnarsi in un vero dibattito richiede la messa in condivisione dei propri interessi e l’utilizzo delle infor-mazioni per legittimare le proprie opinioni, o viceversa per sottoporre a una valutazione critica quelle espresse dagli altri interlocutori. La seconda variabile ha invece a che fare con la reciprocità e la rifl essività dell’intera-zione dialogica («deliberative political discussion vs. push button or plebi-scitary democracy»). Fino a che punto gli interlocutori incorporano nelle proprie dichiarazioni i punti di vista altrui e sono disposti a commisurare la validità delle proprie proposte sulla base di quanto affermato in prece-denza dagli altri partecipanti? La terza caratteristica individuata da Whi-lelm chiama in causa l’omogeneità delle opinioni espresse all’interno del gruppo («pluralism vs. in-group homogeneity»): se la deliberazione è la ricerca della sintesi a partire dalla pluralità, l’eterogeneità delle opinioni di partenza è conditio sine qua non della sua effi cacia. Infi ne, l’ultimo criterio di valutazione concerne la dimensione critico-razionale degli scambi dia-logici («rational debate of substantive, practical questions vs. ad hominem argumentation»). Whilelm introduce a questo proposito la differenza tra argomentazioni «ad hominem», non sottoponibili a valutazioni critiche in quanto basate su un accordo interpersonale che esaurisce la sua validità nell’ambito ristretto dell’economia della singola interazione, e argomenta-zioni razionali, che si nutrono di pretese di validità universalizzabili e che possono essere dibattute oggettivamente.

I risultati cui arriva Whilelm non paiono incoraggianti. I forum ana-lizzati possiedono una scarsa effi cacia politica e sono ben lungi dall’in-carnare l’ideale delle virtual sounding board, in quanto «non coltivano né rifl ettono una opinione pubblica che sia il giudizio ponderato di un gruppo di persone le cui preferenze sono state dibattute nel corso di un raduno pubblico»18.

A conclusioni pressoché opposte giunge invece Tsaliki19 nella sua ricer-ca comparativa su un campione di forum di discussione di tre diversi Paesi (Olanda, Gran Bretagna e Grecia). Anche in questo caso l’oggetto di stu-dio è rappresentato da interazioni dialogiche asincrone tra cittadini, senza che sia previsto l’intervento di rappresentanti o gruppi politici consolida-ti. Identici anche gli strumenti metodologici (analisi del contenuto) e gli obiettivi conoscitivi, che in entrambi i casi coincidono con l’analisi di come e in quale misura la Comunicazione Mediata da Computer sia in grado di liberare il potenziale emancipativo intrinsecamente contenuto nelle strutture trascendentali della comunicazione. Questa volta però, i forum analizzati rivelano un discreto livello di deliberazione contraddistinta da

18 Whilelm (1999), p. 175 (trad. a cura dell’autrice).19 Cfr. Tsaliki (2002).

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interattività, razionalità delle argomentazioni, ricchezza delle informazioni e una soddisfacente eterogeneità delle opinioni. Anche nel caso del forum UKOn line, analizzato da Graham e Witschge20, la deliberazione raggiunge degli standard qualitativi elevati, soprattutto rispetto al criterio della reci-procità e all’utilizzo di argomentazioni critico-razionali21.

Nel corso di un’analisi più recente, Wright e Street22 applicano le stesse categorie analitiche formulate da Whilelm ma si concentrano su un oggetto di studio leggermente diverso. Il forum preso in considerazione in questo caso è FUTURUM, promosso dall’Unione Europea e con un forte collega-mento alle sue principali attività istituzionali. I risultati dell’analisi di Wright e Street dimostrano un felice allineamento della qualità deliberativa di FUTU-RUM agli standard codifi cati da Whilelm. Secondo gli autori questa radicale divergenza di caratteristiche rispetto ai forum AOL e USENET analizzati alla fi ne degli anni Novanta, sarebbe da ricondursi tanto al design dell’interfac-cia quanto alla rilevanza della cornice istituzionale di riferimento.

L’importanza dell’organizzazione degli spazi comunicativi e in parti-colare gli effetti benefi ci della moderazione sulla qualità della delibera-zione sono inoltre confermati dalle ricerche di Albrecht23 e di Jensen24. In quest’ultimo caso, sono stati messi a confronto due forum scandinavi: dk.politik, su piattaforma USENET, originariamente creato da individui privati, non moderato e basato su un insieme di regole tacite che invitano alla correttezza nel confronto e al rispetto dei confi ni tematici prescelti, e nordpol.dk, sponsorizzato dal governo danese con l’intenzione di coin-volgere l’elettorato più giovane, proposto a seguito di una serie di focus group effettuati sui cittadini potenzialmente interessati e regolato da un moderatore oltreché da un esplicito codice di condotta. La differenza nella qualità del dibattito tra i due casi analizzati è lampante. In nordpol.dk, la discussione tende a essere molto più aperta, rifl essiva, deliberativa e bilanciata rispetto a quanto osservato in dk.politik. Secondo Jensen25, il successo del forum sarebbe da rintracciarsi tanto nella sponsorizzazio-ne istituzionale che, sulla base di calcoli statistici, avrebbe un’infl uenza

20 Cfr. Graham - Witschge (2003).21 Occorre tuttavia sottolineare come la tipologia di forum presa in esame in questi caso sia leggermente differente rispetto alle precedenti. UKOn line è infatti un sito governativo che mira a offrire una serie di servizi amministrativi sul web e insieme stimolare la discussione orizzontale (tra i cittadini) e verticale (tra questi e i loro rap-presentanti), tramite un sistema di Bulletin Board System.22 Cfr. Wright - Street (2007).23 Cfr. Albrecht (2003).24 Cfr. Jensen (2003).25 Ibidem.

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sul grado di civiltà del dibattito più di quanto ne abbia la trasparenza dell’identità dei partecipanti, quanto nella stessa intrinseca qualità degli argomenti dibattuti. Un passo ulteriore è proposto da Janssen e Kies26, secondo i quali la valutazione della deliberazione deve avvalersi di tre categorie di fattori esplicativi: la struttura comunicativa degli spazi di discussione (che riassume i parametri analitici utilizzati dalla letteratura precedente), l’importanza e l’incisività politica dei forum e infi ne la cul-tura politica e ideologica da cui scaturisce il dibattito. Questo innovativo impianto di ricerca sarà applicato27 allo studio dei forum on line di due partiti politici italiani – Forza Italia e Radicali Italiani – e dimostrerà la rilevanza della cultura partitica di partenza nel determinare il tasso di partecipazione e la qualità della discussione on line.

Il primo dato che emerge dall’analisi comparativa di questo corpus di ricerche coincide con un progressivo slittamento dell’oggetto di studio verso variabili apparentemente collaterali, come il design delle interfacce, la sponsorizzazione istituzionale e la presenza di rappresen-tanti politici. La questione non è marginale, ma è piuttosto indizio di un cambiamento profondo di paradigma che ha segnato il passaggio da un’analisi controfattuale, che valuta criticamente il reale alla luce di un dato modello normativo, a uno studio di contestualizzazione che invece mira a portare alla luce l’oggetto di indagine prescelto nell’ambito di quel reticolo di variabili co-causali che lo determinano.

Questa evoluzione, particolarmente visibile se si mettono a confronto le ricerche più recenti con quelle realizzate tra la fi ne degli anni Novan-ta e il Duemila, può essere letta in parallelo con un più generale muta-mento di paradigma che ha interessato in quegli stessi anni il campo più ampio degli Internet Studies. Proprio lo studio di contestualizzazione proposto dai contributi più recenti28 sembrerebbe infatti perfettamente coerente con quella che Paccagnella29 defi nisce come la ‘terza fase’ degli studi sulla Rete, nella quale viene liquidata ogni distinzione tra on line e off line e la Rete diventa una delle tante risorse che i soggetti utilizzano nel tessere la quotidianità delle loro vite30.

La giustapposizione comparativa degli studi sulle arene di discussio-ne on line ha in realtà fatto emergere un secondo elemento ancora più decisivo, in quanto capace di mettere in radicale discussione l’impianto

26 Cfr. Janssen - Kies (2004).27 Cfr. Kies (2004).28 Cfr. Albrecht (2003), Jensen (2003) e Janssen - Kies (2004).29 Cfr. Paccagnella (2000).30 Oltre al saggio di Tosoni nel presente volume, cfr. anche Silver (2000).

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delle ipotesi di ricerca e dei parametri normativi applicati. La cornice di riferimenti controfattuali ispirati alla situazione discorsiva ideale, ha rivelato tutta la sua problematicità su un duplice livello. In primo luogo, essa è diventata palese a valle del processo analitico quando, una volta constata-to il fatto che le deliberazioni funzionavano in alcuni casi e in altri meno, è stato necessario ricorrere a variabili esterne, non incluse nell’impianto teorico di partenza, come la sponsorizzazione istituzionale31 e la neces-sità di stabilire tra gli interlocutori convenzioni culturali condivise, per esempio riguardanti la gestione dell’anonimato32. Tutta la cassetta degli attrezzi ereditata dall’impostazione razionalista e proceduralista di stam-po habermasiano è apparsa a quel punto completamente inutile e soprat-tutto disarmata davanti all’estrema eterogeneità del reale.

In secondo luogo, la stessa contraddittorietà dei risultati ottenuti pone di fatto degli interrogativi che sembrano essere di natura teorica. Ciò che emerge dalla letteratura a disposizione è che, anche a parità di condizioni strutturali – ovvero piena libertà di espressione, libera circo-lazione delle informazioni, affrancamento da condizionamenti sistemi-ci di natura politica o economica, bidirezionalità della comunicazione, uguaglianza discorsiva – non esiste alcun meccanismo automatico tale per cui l’interazione sia capace di trasformarsi automaticamente in un agire comunicativo interamente volto alla defi nizione e alla risoluzione di problematiche comuni. L’aspetto problematico questa volta si colloca dunque a monte del processo analitico, nella confi gurazione stessa delle ipotesi di ricerca e negli assunti che le sostengono.

Siamo così giunti davanti a un dilemma, probabilmente teorico pri-ma che empirico, che non può essere superato se non mediante uno spostamento nello spazio tracciato dalle due coordinate introdotte all’inizio del capitolo. Gli approcci fortemente normativi e controfattua-li presentati fi nora si situano agli estremi della polarità dell’universalismo consensualistico per due fondamentali ragioni reciprocamente intercon-nesse. La prima ha a che fare con il concetto stesso di deliberazione, che è per defi nizione consensualistico e inclusivo. Lo scambio dialogico razionale prefi gurato dall’agire comunicativo habermasiano richiede un’astrazione dal particolare al generale, e presuppone l’elaborazione di una sintesi capace di sussumere in sé la pluralità delle eterogenee e specifi che istanze politiche. Ma il punto centrale, venendo alla seconda motivazione, è che in questo genere di ricerche tale peculiare modello comunicativo viene fatto coincidere tout court con l’essenza della pratica democratica. Detto in altri termini, la deliberazione reca in sé un’inelu-

31 Cfr. Albrecht (2003) e Janssen - Kies (2004).32 Cfr. Whilelm (1999).

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dibile tensione universalistica non solo perché è intrinsecamente orien-tata al consenso inclusivo, ma anche e soprattutto perché viene concepi-ta come l’unica modalità di interazione dialogica capace di assicurare la piena realizzazione della democrazia. Non si contemplano alternative, né all’interno della specifi ca situazione comunicativa, nella quale ogni espressione deve essere ricondotta entro i binari argomentativi colletti-vamente pattuiti, né al di fuori di essa, nel contesto generale della sfera pubblica, dove non esistono modalità di costruzione dell’intersoggettivi-tà diverse dall’interazione deliberativa.

Le scarse potenzialità euristiche di tale approccio invitano tuttavia ad abbandonarne in parte la rigidità, a favore di un posizionamento nella zona mediana di quella direttrice che dall’universalismo consensualistico si muove verso l’area del pluralismo agonistico33.

A rendere necessaria questa traslazione dello sguardo analitico è in primo luogo la radicale pluralità dei modi in cui la politica si esprime sul web e che esige di essere indagata non solo a fronte di un modello idea-le, ma per le intrinseche ragioni che sono all’origine delle sue manifesta-zioni e che la rendono socialmente signifi cativa. A questo si aggiunge la consapevolezza ormai diffusa che la dialogicità razionale non costituisce l’unica pratica comunicativa capace di rafforzare la democrazia, ma che al contrario a essa si affi anchino tutte quelle modalità di interazione e di conoscenza del mondo che ricadono nella categoria dell’«a-razionale»34 e che includono tanto le forme testuali più metaforiche quanto l’intera dimensione del simbolico che inevitabilmente rientra nella sfere cogniti-ve e morali tramite ragionamenti intuitivi e inconsci. Nella processualità politica, anche la rappresentazione, le cerimonie, la retorica e le narra-zioni individuali e collettive svolgono un ruolo assolutamente rilevante e non necessariamente dannoso per la democrazia. E alcune circostanze lo rivelano più di altre. Per esempio, nel momento in cui le dimensioni della collettività riunita in quanto pubblico eccedono gli spazi e i tem-pi limitati della compresenza fi sica, è sempre necessario un processo di mediazione simbolica che garantisca il mutuo riconoscimento e l’elabo-razione identitaria, come è stato dimostrato da Anderson35 con l’ormai celebre concetto di «comunità immaginate»36.

33 Cfr. infra, fi g. 1.34 Dahlgren (1995), p. 101.35 Cfr. Anderson (1983).36 Anche una certa prospettiva più politologica sembra muoversi in questa direzione. In un saggio relativamente recente, Young (1996) sostiene la necessità di moltipli-care le forme espressive che hanno diritto di cittadinanza nella sfera pubblica, asso-ciando alla deliberazione modalità narrative, retoriche e rituali del discorso grazie

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Se dunque si accetta la pluralità delle manifestazioni comunicative del politico e si riconosce che la deliberazione rappresenta solamente uno dei possibili modi di costruzione dell’intersoggettività, non l’unico e nemmeno quello aprioristicamente più auspicabile, allora lo spostamen-to lungo la coordinata dell’inclusività non richiede solamente una muta-zione dell’orizzonte normativo di riferimento, ma anche e soprattutto una rinegoziazione profonda delle domande di ricerca, dei concetti e degli strumenti empirici utilizzati per catturare il reale. Una volta dun-que ammessa la pluralità, l’obiettivo primario diventa quello di spiegarla e di decodifi carla, andando a illuminare quella zona grigia compresa tra la soggettività individuale e l’enunciazione che è stata trascurata dalla teoria habermasiana e che contiene l’insieme delle precondizioni che indirettamente determinano l’adozione di particolari stili comunicativi e l’esclusione di altri37. Ci muoviamo dunque verso un modello culturale di sfera pubblica38 che, a differenza dell’approccio di Habermas, non riconosce l’esistenza di una razionalità capace di trascendere le differen-ze culturali, ma che, al contrario, considera imprescindibile e insupera-bile il legame tra cultura e discorso39.

Ciò che dunque era prima pensato come un sistema di vasi comuni-canti destinato a convergere verso l’elaborazione della volontà genera-le40, si trasforma ora in un sistema reticolare di molteplici piccole sfere, caratterizzate da gradi variabili di aggregazione comunitaria, omogenei-tà ideologica e compattezza organizzativa, capaci di nidifi care le une sul-

alle quali giungere all’articolazione pubblica delle identità collettive e individuali. A partire da una tradizione di studi politici di orientamento critico, Kohn (2000) sostiene che l’innovazione politica, nella misura in cui aspira a introdurre nuove questioni e nuovi modi di inquadrare la realtà che scalzano il dato per scontato e le convenzioni sociali preesistenti, si trova necessariamente obbligata a servirsi dell’iro-nia, della visibilità, del gioco estetico e della retorica: in altre parole, di una perfor-mance che sia capace di erodere il senso comune e toccare altre corde oltre a quelle della razionalità. Sarebbe infatti estremamente diffi coltoso introdurre nuovi valori, defi nire e formulare nuovi bisogni e nuove visioni del mondo mediante una conver-sazione aprioristicamente orientata al consenso e basata su assunzioni universalisti-che (Ibidem, p. 425). 37 Alexander (1991), p. 69.38 Cfr. Benhabib (1992).39 Da questa prospettiva, l’ideale normativo consiste nella valorizzazione del plurali-smo e nella moltiplicazione delle opportunità, affi nché le piccole arene di discussio-ne alternative possano acquisire suffi ciente rilevanza da irrompere nella sfera pub-blica e mettere in discussione la tirannia della maggioranza (Benhabib, 1992). 40 Cfr. Habermas (1992).

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le altre all’interno di una discorsività sociale più ampia e generale che, in linea con Alexander e Jacobs41, defi niamo «sfera pubblica putativa»42.

A questo punto, scopo della ricerca diventa la comprensione delle logiche di proliferazione, di moltiplicazione e di sovrapposizione tra le diverse sfere pubbliche, delle quali diventa necessario mettere a fuoco non solo le diversità tematiche ma anche e soprattutto i reciproci livelli di autonomia e permeabilità discorsiva.

Figura 1 - Diversi approcci allo studio della sfera pubblica ordinati sulla base di due coordinate: ‘spessore della sfera pubblica’,

inteso come intensità e vivacità delle pratiche che la informano, e ‘inclusività della sfera pubblica’, pensata come il grado di coesione

e di pluralismo necessari alla realizzazione delle sue funzioni democratiche43

41 Cfr. Alexander - Jacobs (1998).42 È defi nita ‘putativa’ in quanto esistente solo nel momento in cui viene interpellata dalle piccole sfere pubbliche, che la tematizzano per assimilarsi o differenziarsi da essa. 43 L’estremità del pluralismo agonistico prefi gura una dimensione politica la cui essen-za ontologica coincide con la confl ittualità e la dissociazione (Mouffe, 2000). Per questo motivo, il modello culturale di sfera pubblica si situa in una zona mediana lun-go la direttrice dell’inclusività, in quanto esclude che esista un’essenza della politica (o meglio, mette tra parentesi la questione per ragioni di pertinenza disciplinare), coincidente con il consenso (Habermas) o viceversa con il confl itto (Mouffe), e par-te dall’assunto che ogni sua manifestazione possa funzionare da arena di espressio-ne tanto della solidarietà quanto della differenza.

Universalismoconsensualistico

Pluralismoagonistico

Spessore della sfera pubblicaCentralità dellapratica politica

Inclusività della sfera pubblica

Modellodeliberativo disfera pubblica

Modelloculturale di

sfera pubblica

Demodinamica

(P. Lévy, D. DeKerckhove)

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2. Culture civiche e ‘obvious public’: verso un modello culturale di sfera pubblica

Il modello delle culture civiche formulato da Dahlgren44 sintetizza l’insie-me delle precondizioni sociali e culturali che facilitano o ostacolano la partecipazione politica. Al loro interno sono contenute sei dimensioni reciprocamente interdipendenti che descrivono i percorsi attraverso i quali le pratiche della cittadinanza si radicano nelle esperienze vissute, nelle risorse culturali e nelle disposizioni soggettive degli attori sociali. Le prime tre dimensioni sono riconducibili a un asse ideativo e inclu-dono l’identità, la fi ducia e i valori. È evidente che affi nché un soggetto agisca attivamente all’interno della sfera pubblica, egli deve prima di tut-to autopercepirsi come cittadino capace di esercitare con qualche com-petenza un condizionamento effi cace sull’ambiente politico circostante. Secondo elemento imprescindibile della cittadinanza è la fi ducia, nella sua doppia declinazione di fi ducia sociale ‘orizzontale’, collante della società civile, e fi ducia ‘verticale’, che unisce rappresentati e rappre-sentanti, cittadini e istituzioni. Altrettanto importanti sono i riferimenti valoriali ancorati ora a una dimensione sostanziale (come l’eguaglianza, la giustizia, la solidarietà, la tolleranza), ora a una dimensione proce-durale (come la reciprocità, la responsabilità, la credibilità). Il secondo asse è di natura cognitiva e include l’insieme delle informazioni di cui il cittadino ha bisogno per esercitare il suo ruolo in maniera consapevo-le e ragionevole, mentre l’ultimo chiama in causa la dimensione prag-matico-organizzativa delle culture civiche e si estrinseca nelle pratiche (di comunicazione, di mobilitazione) e nei luoghi (affi nché una cultura civica possa maturare è necessario un luogo che ospiti e aggreghi i suoi processi costitutivi).

Le culture civiche non solo devono essere pensate necessariamente al plurale, in quanto plurali e molteplici sono i modi in cui la cittadinan-za può essere vissuta e praticata dagli attori sociali, ma sono anche ed essenzialmente aggregazioni dinamiche che offrono schemi d’azione e di pensiero costantemente modifi cabili e negoziabili al momento della loro attualizzazione.

All’interno del modello culturale della sfera pubblica, il web può dun-que essere pensato come un ambiente in cui maturano, nascono e si sviluppano nuove o preesistenti culture civiche. Il punto diventa allora capire se e in che modo il milieu dei media digitali ad alto potenziale partecipativo e interattivo sia in grado di condizionare quell’ininterrot-

44 Cfr. Dahlgren (2009).

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to processo di transizione che interessa le culture civiche nel loro farsi, diffondersi e riprodursi.

Partiamo dall’ipotesi che le culture civiche non si differenzino solo per la sostanza dei valori, delle pratiche e delle identità che promuovo-no, ma anche per le loro caratteristiche costitutive, ovvero per la natu-ra dei processi di mediazione che le portano in essere e che le rendo-no visibili. Per cogliere queste differenze, proviamo a mutuare le due categorie di «obtuse public» e «obvious public» introdotte da Dayan45 per differenziare le personae fi ctae, ovvero quelle entità che scaturisco-no dalla produzione sociale di attenzione condivisa. La prima categoria include tutti quei pubblici che non si pongono come autoevidenti e che, per esistere, necessitano di una mediazione esterna che li immagini e li tematizzi nella loro dimensione collettiva (un tipico esempio è l’audien-ce televisiva, pensata anche nelle sue forme più attive di audience intra-prendente). Al contrario, gli obvious public sono pubblici autoevidenti, che nascono dall’attivazione e dalla traduzione sociologica della dimensione immaginativa che li costituisce. Tale attivazione si realizza mediante due dimensioni chiave: la performance e la rifl essività. Un obvious public in sostanza non si limita a prestare attenzione, ma la esige, mettendo in scena una drammaturgia pubblica di autopresentazione46 (‘performan-ce’). La ‘rifl essività’ coincide invece con un senso di identità condivisa che consente al pubblico di pensarsi come un noi, e la traduzione socio-logica, infi ne, è l’esperienza concreta dell’essere pubblico, che è fatta di continuità temporale, di stili di interazione specifi ci e di peculiari regi-stri sociali47.

Il web offre le condizioni ideali perché un pubblico acquisisca lo sta-tus di obvious: le enormi potenzialità di connessione, di produzione, dif-fusione e condivisione di contenuti che esso offre sono in grado di faci-litare quei processi di rifl essività, performance ed esperienza che sono all’origine dell’autoevidenza di un pubblico.

Possiamo dunque ipotizzare che le culture civiche che maturano o che nascono in Internet assumano sempre la forma di pubblici com-piuti, rifl essivi, performativi e capaci di imporsi autonomamente con la propria specifi ca identità all’interno della più generale sfera pubbli-ca? Detto in altri termini e riecheggiando le categorie più comuni del

45 Cfr. Dayan (2005).46 Ibidem, p. 52.47 Un obvious public può anche scaturire da una dimensione immaginativa eterono-ma, ma diventa tale solo nel momento in cui si appropria creativamente e autono-mamente di tale fi ction attraverso una performance pubblica e attraverso processi di rifl essività e di esperienza sociologica.

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dibattito attuale su Internet e politica, è veramente plausibile ipotizza-re che il contesto dei media digitali favorisca una rivitalizzazione della sfera pubblica mediante un empowerment della cittadinanza, che passa attraverso forme di espressione culturale più aperte, più partecipative ed egualitarie?

Il paragrafo successivo proverà a rispondere a tale interrogativo, o perlomeno a dipanare il fi tto intreccio di questioni in esso contenuto, mediante la presentazione di uno studio di caso.

3.‘Beppegrillo.it’: la costruzione simbolica di una cultura civica antagonista

Beppegrillo.it è il celebre blog curato dal comico italiano Beppe Grillo attorno al quale si è sviluppato un movimento politico altamente arti-colato ed eterogeneo, capace di promuovere incursioni sempre più fre-quenti nella politica istituzionale. Il blog nasce uffi cialmente il 16 genna-io 2005, dopo tre anni di spettacoli teatrali in giro per l’Italia. Riceve fi n dal suo primo anno di attività importanti riconoscimenti pubblici: il 14 dicembre del 2005 vincerà il premio ‘WWW’, istituito da «Il Sole 24Ore» e patrocinato dal Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie italiano, e successivamente il «Time» lo proclamerà tra gli eroi europei dell’anno per l’impegno e il coraggio nel campo dell’informazione pubblica48. Gli anni successivi sono segnati da una popolarità crescente: il blog si posi-zionerà ai primi posti della classifi ca internazionale Technorati Top 100 stilata sulla base del numero di link in ingresso49 e rimarrà stabilmente tra i siti più visitati in Italia50. A questa grande visibilità corrisponderà una notevole capacità di mobilitazione dell’opinione pubblica, che sfo-cerà dapprima in una serie di manifestazioni di piazza (V-Day1 e V-Day2) e successivamente nella promozione di movimenti politici locali e liste civiche elettorali ispirate alle idee e alle denunce del comico51.

48 Cfr. http://www.time.com/time/europe/hero2005/grillo.html (ultimo accesso: febbraio 2010).49 Cfr. Navarria (2009). Il blog attualmente (ultimo accesso: febbraio 2010) non risul-ta nella Top 100 di Technorati (http://technorati.com/blogs/top100/).50 In Italia, il periodo di massima popolarità del blog coincide con la manifestazione del V-Day1. Le statistiche Nielsen parlano di 2,2 milioni di utenti unici registrati nel mese di settembre 2007 e di una media di dieci ore mensili trascorse sul sito per persona (http://www.nielsen-on line.com/pr/pr_071105_IT.pdf). Al momento (28 febbraio 2010), il sito conserva il primo posto nella classifi ca di blog italiani realizza-ta da BlogBabel (http://it.blogbabel.com/classifi ca-blog/). 51 Di recente le liste civiche del Movimento Cinque Stelle da lui fondato si sono presentate alle elezioni regionali 2010 in Lombardia, Piemonte, Campania, Vene-

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Se osservato dal punto di vista della sfera pubblica più generale, il fenomeno politico e sociale che si è generato attorno a Beppegrillo.it sembrerebbe un caso esemplare di evoluzione di una cultura civica dal-lo stato di obtuse public (costituito dalle audience che hanno dapprima seguito le sue performance televisive e successivamente i suoi spettacoli teatrali) verso quello di obvious public (costituito dalle migliaia di cittadi-ni che hanno preso parte alle manifestazioni pubbliche e presentato la propria candidatura nelle liste civiche del Movimento Cinque Stelle). Quell’entità collettiva, prima solo evocata dalla cornice discorsiva pre-fi gurata dal blogger, ha iniziato dunque a prendere forma nello spazio pubblico e ad agire in esso mediante performance a elevata visibilità.

L’analisi empirica qui presentata indagherà le dinamiche culturali di questa presunta evoluzione, allo scopo di verifi care se e in che modo le audience catalizzate dagli spettacoli del comico abbiano effettivamente assunto la forma di un pubblico compiuto, capace di immaginare se stes-so mediante un processo di rifl essività che sia almeno in parte autono-mo rispetto a una mediazione esterna (in questo caso la mediazione di Beppe Grillo, suo principale ispiratore).

A questo fi ne, l’analisi si concentrerà su due processi di mediazione interni al fenomeno politico e culturale studiato. Il primo ha a che fare con la proposta civica e comunicativa formulata dal comico nel suo blog. In essa ritroviamo la prima messa in forma di una dimensione imma-ginativa, che consiste sia nella drammatizzazione che nella traduzione discorsiva di una specifi ca cultura civica. L’analisi si avvarrà degli stru-menti metodologici dell’analisi critica del discorso52 e sarà applicata a un campione selezionato di articoli pubblicati nel blog in periodi parti-colarmente signifi cativi per lo sviluppo del movimento53. Questa scelta metodologica è coerente con i presupposti teorici del modello cultura-le di sfera pubblica, e in particolare con l’ipotesi che le culture civiche determinino gli atti comunicativi che in essa hanno luogo e siano al con-tempo modifi cate e rinegoziate da questi. Parallelamente, l’analisi criti-ca del discorso postula che ogni atto discorsivo54 si collochi all’interno

to ed Emilia-Romagna, riscuotendo un discreto successo soprattutto in Piemonte e in Emilia-Romagna (http://www.repubblica.it/politica/2010/03/31/news/anali-si_voto_cattaneo-3038093/index.html?ref=search). 52 Cfr. Jørgensen - Phillips (2002) e Fairclough (1995).53 L’analisi si soffermerà in particolare su tre periodi: 1) primo trimestre di attività del blog (gennaio-marzo 2005); 2) campagna ‘Parlamento Politico’ (giugno 2005); 3) V-Day (giugno 2007 e agosto-settembre 2007).54 L’atto discorsivo è pensato come articolazione di tre dimensioni: il testo (del quale occorre indagare le caratteristiche formali e i pattern di signifi cato così generati), la

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di un preesistente ordine del discorso – pensato come risorsa di discorsi e generi specifi ci utilizzati all’interno di uno stesso ambito sociale – e che sia da questo condizionato ma non del tutto determinato.

Il secondo processo di mediazione indagato chiama in causa le dina-miche culturali mediante cui la proposta comunicativa e civica di Bep-pe Grillo è stata recepita e valorizzata dal suo pubblico di riferimento. Saranno presentati i risultati di un corpus di interviste qualitative55 rea-lizzate su un campione non rappresentativo di lettori del blog e attivisti dei meetup (i movimenti politici locali ispirati da Beppe Grillo). L’analisi si soffermerà sulla morfologia culturale di uno dei terreni di ricezione, non l’unico possibile, allo scopo di identifi care quelle dimensioni che sono state centrali nell’attualizzazione della specifi ca cultura civica veico-lata dal blog.

3.1. Dal palco alla Rete: discorsi e generi discorsivi del blog

L’analisi del discorso ha preso in considerazione innanzi tutto i post pubblicati nei primi tre mesi di attività del blog allo scopo di individuare su quale ordine del discorso intendesse collocarsi, e in che modo intendes-se attivare specifi ci contenuti e generi per farlo.

Dalla sfi ducia nei confronti dei rappresentanti politici allo scredita-mento delle fonti informative istituzionali, dalla corruzione dell’establi-shment economico agli scandali fi nanziari, Beppe Grillo tocca gli snodi cruciali di una cultura civica – intesa stavolta come ordine del discorso che organizza pattern di signifi cato attorno all’idea di pubblico e di cittadi-nanza – tentando al contempo di catalizzarli entro una prospettiva anta-gonista. Giorno per giorno, la pars destruens si arricchisce di un’alterna-tiva propositiva che formula nuovi legami fi duciari, nuove coordinate spaziali e temporali lungo le quali collocare un’azione civica fi nalmente signifi cativa. Si dà così forma a una linea temporale i cui inizi si radi-cano in alcuni dei miti fondativi del Paese – la Resistenza, la sconfi tta del Fascismo, la promulgazione della Costituzione italiana – e si traccia in parallelo una nuova geografi a della partecipazione politica, lontana

pratica discorsiva (ovvero la pratica di costruzione e ricezione del testo, nel corso della quale gli autori e i destinatari attingono a discorsi e generi preesistenti per creare e interpretare il nuovo testo) e la pratica sociale (l’evento comunicativo è sempre una pratica sociale che contribuisce a riprodurre o ristrutturare il più ampio contesto sociale).55 L’indagine è stata realizzata nel periodo compreso tra novembre e dicembre 2009 e si è servita dello strumento delle interviste qualitative non direttive, su cui cfr. Bichi (2007).

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dai luoghi della rappresentanza tradizionale e incuneata tra il ‘vuoto’ dell’impotenza e la promessa di palingenesi dischiusa dalla Rete.

Il post pubblicato il 28 gennaio offre una sintesi particolarmente signifi cativa del discorso che il comico porterà avanti nei mesi succes-sivi: «Sono un partigiano della terza guerra mondiale, quella dell’infor-mazione. Non siamo privati dell’informazione, oggi c’è la sommersione dell’informazione. L’unico modo per assicurare la sopravvivenza della democrazia è avere la garanzia che il governo non controlli la possibilità dei cittadini di condividere informazioni e di comunicare»56.

Beppe Grillo colloca se stesso, il suo personaggio pubblico, all’inter-no di una catena di equivalenza che unisce due snodi cruciali del suo discorso sulla cittadinanza, la democrazia e l’informazione. Da questi deri-veranno i due principali generi discorsivi che saranno mobilitati dal blog nei mesi successivi: il gatekeeping informativo (il blogger si accrediterà come soggetto in grado di correggere e rettifi care i fl ussi di informazio-ne distorti tra cittadini e istituzioni) e la sintesi politica (Beppe Grillo non sarà mai un reporter neutrale, ma combatterà da partigiano all’in-terno della realtà narrata).

Ad accomunare il dispiegamento testuale di entrambi i generi è la medesima organizzazione dello spazio simbolico del blog che si ritrova diviso in un front, accessibile e visibile al pubblico, e un back, nascosto ai più e sotto l’esclusivo controllo del blogger57.

Il genere del gatekeeping si concretizza mediante tre principali strate-gie discorsive. In primo luogo si riscontra il ricorso ad alcuni dei canoni classici del giornalismo moderno58 come l’allineamento referenziale al tempo sociale esterno, il mascheramento oggettivante e i tipici mecca-nismi veritativi come la testimonianza diretta o il parere di esperti. La seconda strategia individuata coincide con una popolarizzazione della conoscenza esperta59 ottenuta mediante una sublimazione del registro satirico che contraddistingue da sempre il discorso di Beppe Grillo. Alla rarefazione della carica ironica corrisponde una valorizzazione dei suoi tipici meccanismi veritativi – basati per esempio sul paradosso, sull’acco-stamento inedito, sulla metaforizzazione o sulla metonimia – realizzata a vantaggio di una semplifi cazione della conoscenza specialistica. La ter-za strategia consiste in un’appropriazione di alcune tendenze stilistiche emerse nella blogosfera e da più parti rilevate come caratteristiche di un

56 Cfr. http://www.beppegrillo.it/2005/01/e_scoppiata_la.html (ultimo accesso: febbraio 2010).57 Cfr. Goffman (1959).58 Cfr. Sorrentino (2006).59 Cfr. Linde (1987).

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genere discorsivo allo stato nascente60. Il riferimento è alla personalizza-zione dello spazio comunicativo, all’epistemologia negoziata delle infor-mazioni che invita il lettore a partecipare alla costruzione delle news e alla loro convalida veritativa, e infi ne al cosiddetto «watchblogging»61, che attribuisce al blogger il ruolo di valutatore e selezionatore critico dei fl ussi informativi che attraversano la sfera pubblica.

Nell’applicare queste tre strategie, il timone della produzione e del-la selezione dei contenuti è solidamente nelle mani del blogger: i link alle fonti delle notizie sono raramente diretti, non c’è mai confronto tra versioni differenti degli stessi fatti, e i criteri di selezione delle news non sono mai esplicitati, discussi o giustifi cati con il pubblico di lettori ma rimangano celati nel back del blog. Non solo dunque il blogger non apre a dinamiche di costruzione partecipata dei contenuti – peraltro coeren-temente con l’ormai consolidato quadro d’uso della piattaforma – ma nemmeno tenta di innescare occasioni di interazione e di comunicazio-ne bidirezionale con il suo pubblico.

Meccanismi analoghi sono all’opera anche rispetto al genere della sintesi politica. La sua prima manifestazione si ravvisa fi n dal primo giorno di attività del blog, inaugurata da un titolo che recita «Il muro del pianto» e da un testo che precisa che «questo post è un post aperto per argomenti che non riguardano le città della tournée». Il cahier de doléances diventerà nei mesi successivi una fotografi a sempre più det-tagliata della coralità di soggetti cui il blogger intende offrire pubbli-ca rappresentanza. Verranno pubblicate lettere scritte dai lettori del blog e concentrate sulle principali questioni affrontate da Beppe Grillo (lavoro precario, ineffi cienze nel welfare state e nell’amministrazione della giustizia ecc.). Tuttavia, anche se l’identità sociale degli auto-ri sarà sempre esplicitata (lavoratori di call center, madri di bambini disabili, cittadini comuni che denunciano scandali ambientali), in nes-sun caso il processo di costruzione della rappresentanza sarà condotto all’insegna della trasparenza. Il lettore non potrà mai sapere se la lette-ra è un messaggio privato a Beppe Grillo o piuttosto il commento a un post; non ci sono chiavi identifi cative (come la data di invio, o il contat-to del mittente) che potrebbero consentire di rintracciare l’eventuale commento tra i migliaia pubblicati; ma soprattutto, non esiste alcun tipo di corrispondenza tra il sistema di rating interno (tutti i lettori del blog possono votare i commenti ed esiste una classifi ca dei commenti più votati) e i criteri utilizzati dal blogger per selezionare le lettere da pubblicare.

60 Cfr. Granieri (2005), Matheson (2004) e Deuze (2003).61 Granieri (2005), p.75.

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Beppe Grillo appare dunque come il primum movens di un pubblico che, almeno entro lo spazio circoscritto del blog, è privato di tutti gli stru-menti comunicativi indispensabili all’attivazione e all’appropriazione autonoma di quella stessa dimensione immaginativa da cui trae origine.

3.2. Dal blog ai ‘meetup’: le culture civiche di ricezione

La seconda parte dell’analisi ha mirato a ricostruire le culture civiche di ricezione allo scopo di individuare quali dimensioni valoriali, fi duciarie o identitarie fossero state decisive nell’accettazione e nella valorizzazio-ne della proposta comunicativa e culturale contenuta nel blog di Beppe Grillo. Due sono gli elementi degni di nota su questo fronte, entrambi riconducibili all’esperienza che gli attori sociali fanno del proprio esse-re cittadini all’interno di una sfera pubblica modellata da media nuo-vi e tradizionali. Si tratta in particolare della disintermediazione e del-la deistituzionalizzazione. I lettori del blog sembrano aver introiettato, nelle loro pratiche quotidiane di partecipazione alla sfera pubblica, la disintermediazione dai tradizionali gatekeeper dei processi comunicativi e politici, ovvero i partiti e i media istituzionali. La conoscenza del mondo circostante è concepita come un processo interamente a carico del sin-golo cittadino, non mediata da regole o convenzioni sociali, ma del tutto affi data alle capacità di discernimento del singolo, sul quale ricadono tut-te le responsabilità di autenticazione della verità62. Allo stesso modo, la cittadinanza è concepita come un progetto del sé, come una ricerca eti-ca ma anche autodifensiva della verità, che è stata negata dalle élite cul-turali, economiche e politiche ma che esiste aprioristicamente nel web, senza la necessità di processi produttivi che la illuminino e la decifrino. La deistituzionalizzazione chiama in causa i legami fi duciari all’interno dei quali si situa l’identità civica degli intervistati. L’erosione della fi ducia non si riscontra solo in relazione a media specifi ci (tipicamente le testate del servizio pubblico e i più diffusi quotidiani a tiratura nazionale), ma coinvolge più in profondità i media in quanto istituzioni63 e la possibilità di vincolare il loro operato a regole condivise e convenzioni sociali.

Il blog non propone al lettore un patto fondato sul riconoscimen-to di una serie di regole procedurali, come la garanzia di accountability,

62 «Hai la possibilità di incrociare le informazioni, tiri tu le somme e ti fai la tua verità, perché non c’è scritto questa è la verità, ognuno dice la sua, però poi bisogna mettere insieme le idee. Se tutti dicono la stessa cosa è più facile capire e dire la verità, se i pareri sono contrastanti è un po’ più diffi cile» (Fonte: intervista, maschio, 35 anni).63 Silverstone (1999), pp. 190-196.

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la trasparenza sulle modalità di selezione e di confezionamento delle informazioni, o la valorizzazione di una qualche forma di competenza professionale64, né gli stessi lettori sembrano avanzare pretese in tal sen-so (perlomeno il piccolo campione analizzato in questa ricerca). Piut-tosto, ciò in cui la proposta di Beppe Grillo manifesta un’eccezionale effi cacia comunicativa ha invece a che fare con un tipo di fi ducia basata sulla continuità culturale (coerenza tra il sistema simbolico rappresenta-to da Grillo e l’esperienza che i suoi lettori fanno della realtà circostan-te65) e sull’identifi cazione dei lettori nelle caratteristiche idiosincratiche del personaggio pubblico da lui incarnato66.

Anche sul fronte della sintesi politica, l’accettazione della proposta del comico sembra essere mediata dalla consapevolezza di una qualche forma di arretramento nella sfera personale. In particolare, la stessa divi-sione dello spazio simbolico del blog, già segnalata nel corso dell’ana-lisi del contenuto, sembra di fatto trovare una traduzione fedele nella tipologia e nel ritmo di investimenti identitari messi in atto dai soggetti intervistati. Da nessuno infatti il blog è visto come luogo di identifi cazio-ne collettiva, in cui sia possibile avviare una qualche forma di riconosci-mento ma anche di elaborazione strutturale di una comunità politica. Al contrario, la sua funzione si colloca in una cornice comunicativa ancora one-to-many, nella quale il comico comunica con il lettore individuale e isolato trasformandolo in cittadino competente e informato. Tale pat-to comunicativo è perfettamente coerente con l’idea, condivisa da tutti gli intervistati, di una società sfrangiata e anonima, lacerata dall’indivi-dualismo e denudata di qualsiasi tessuto connettivo che ne possa tenere insieme obiettivi oltre che consapevolezze. L’azione di Beppe Grillo, con

64 Il blog di Beppe Grillo è curato dall’agenzia di comunicazione Casaleggio Associa-ti, la stessa che si occupa si pianifi care le strategie comunicative dell’Italia dei Valori. Non esiste tuttavia alcuna trasparenza sui processi di produzione dei contenuti vei-colati dal blog; in ogni post Beppe Grillo si manifesta in quanto voce narrante, attra-verso la fi rma o mediante la presenza discorsiva della prima persona, e non è dato sapere la tipologia di contributo fornito dalla redazione a cui lui si riferisce di tanto in tanto, chiamandola ‘staff’. 65 «Perché Beppe Grillo siamo io e te oggi che abbiamo un’idea di successo, esplode nel web ma alla fi ne siamo sempre io e te che gestiamo la questione in maniera ami-chevole e non professionale, è il fenomeno dei quattro amici al bar che tale è rima-sto anche se è cresciuto di numero» (Fonte: intervista, maschio, 56 anni).66 «Lui non dice di essere un politico, dice di essere un cittadino incazzato, usa dei termini proletari, è un genovese, io di gente come lui ne conosco tantissima, simpa-tica, casinista, però tutto sommato robusta di costituzione e libero pensante cioè “io voglio essere libero e quindi tu non mi devi fregare” perché poi il genovese non è tir-chio ma è attento, nel senso che immagino venga anche da lì la sua arrabbiatura per le fregature galattiche che ti gira la Telecom» (Fonte: intervista, femmina, 56 anni).

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il suo blog unidirezionale e privo di una dimensione collettiva riconosci-bile, si incastra alla perfezione in questa dimensione di individualismo radicale: il suo ruolo è quello di risvegliare dal torpore il singolo cittadi-no, la ‘gente normale’67 priva di un’identità sociale e politica defi nita se non quella data dall’essere vittima di un medesimo sistema politico ed economico.

4. Conclusioni

Il percorso all’interno dello spazio bidimensionale demarcato dalle due coordinate dello spessore e della inclusività termina dunque con uno spe-cifi co posizionamento, teorico ed empirico, a favore di un modello cul-turale di sfera pubblica. Tra le rinegoziazioni che questo spostamento comporta in termini di pratiche di ricerca, riferimenti normativi, stru-menti empirici, degno di nota è il passaggio dalla rigida nozione di deli-berazione, simbolo di uno scambio dialogico infl essibilmente razionale e trasparante, al concetto di mediazione, intesa come processo comunica-tivo che è innanzitutto movimento e traduzione di signifi cati attraverso le soglie delle tecnologie, delle pratiche e dei testi68. Oggetto di media-zione e insieme condizione di possibilità della mediazione stessa sono in questo caso le culture civiche, ovvero quei circuiti interdipendenti di identità, valori, fi ducia, informazioni, spazi e pratiche che infl uenzano la qualità dei processi di azione e partecipazione politica69.

Dalla specifi cità dei media digitali e dalle loro strutturali potenzialità di partecipazione e interattività è poi scaturita l’ipotesi che le culture civiche ‘mediate’ dal web – che in esso nascono o maturano – potessero acquisire un set di caratteristiche costitutive vicine all’ideale di «obvious public»70, ovvero di un pubblico compiuto, capace di alimentare al suo interno e in maniera autonoma specifi ci processi di mediazione, rifl es-

67 «Quello che mi piace di queste persone è la normalità, sono tutte persone che hanno una famiglia, regolari, insomma se vai a vedere un cantante rock sai già che ci sono quelli che si fanno le canne eccetera, invece nel meetup hai la normalità più totale, non hai persone strane, non hai una tipologia specifi ca» (Fonte: intervista, femmina, 52 anni).68 Cfr. Silverstone (1999).69 Il dualismo delle culture civiche dato dal loro essere presupposto e al contempo oggetto della mediazione è in ultima analisi riconducibile alla dialettica tra agen-cy e struttura, intrinsecamente connessa al loro status di ‘culture’, ovvero pattern di azioni e di pensiero destinati a essere modifi cati e rinegoziati al momento della loro attualizzazione in pratiche e attori sociali concreti. 70 Cfr. Dayan (2005).

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sivi e performativi. L’analisi del blog si è quindi connotata sia come ter-reno di prova dell’approccio culturale proposto, che come verifi ca di una delle questioni centrali del dibattito contemporaneo su Internet e politica: quella che si interroga sulla possibilità che i media digitali con-ducano a una rivitalizzazione della sfera pubblica.

Lo studio del dispiegamento discorsivo dei due generi del gatekeeping informativo e della rappresentanza politica ha dimostrato che, a dispet-to di una celebrazione spesso ideologica delle potenzialità democratiche della Rete, il blog sembra ignorare gran parte delle possibilità di utilizzo offerte dal suo quadro socio-tecnologico.

Rispetto alla sfera pubblica generale, Beppegrillo.it si è rivelato capa-ce di produrre una rilevante dimensione immaginativa per un obvious public in potenza: dagli eventi comunicativi che hanno preso forma sul blog è infatti scaturita una grande narrazione, all’interno della quale è stato possibile offrire una qualche forma di rappresentanza pubblica e di partecipazione ritualistica a gruppi sociali e comunità le cui istanze politiche erano altrimenti destinate a rimanere inespresse.

Tuttavia, la messa in forma discorsiva di tale narrazione appare con-traddistinta da importanti elementi di chiusura, che limitano fortemen-te quelle dinamiche di appropriazione rifl essiva e performativa della dimensione immaginativa che sono all’origine della costituzione di un obvious public. Il blog continua dunque a muoversi all’interno di un para-digma comunicativo tipicamente massmediale, dimostrando come la semplice disponibilità di facilitazioni materiali non sia di per sé in grado di innescare processi di profonda democratizzazione interna e di empo-werment della cittadinanza.

L’approccio qui proposto ha scelto di interpretare i fenomeni osser-vati introiettando nell’indagine quella circolarità che è tipica dei pro-cessi di mediazione; senza alcuna pretesa di generalizzazione71, è stato così possibile delineare – a livello microsociale – le tendenze chiave di quei meccanismi culturali che, inglobando la dimensione tecnologica, ne determinano i quadri di utilizzo e le modalità di azione all’interno della sfera pubblica.

71 L’analisi qui presentata si è focalizzata su uno dei terreni di ricezione della proposta comunicativa e politica di Grillo, non l’unico possibile evidentemente. Rimane infatti imprescindibile l’ipotesi che in esso possano declinarsi in maniera variegata diverse stratifi cazioni sociali, culturali e, non da ultimo, geografi che, probabilmente capaci di dare luogo a meccanismi di valorizzazione differenti rispetto a quelli qui emersi.

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