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1 MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI PAZIENTI movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l'altro rischi di lesioni dorso-lombari. Le principali leggi che regolano le attività che comportano la M.M.C. sono: Legge 626/94 TITOLO V D.lgs. 81/2008 TITOLO VI La 81/2008 aggiorna, amplia e precisa le normative precedenti, infatti include il rischio di sovraccarico biomeccanico, oltre a quello dorso-lombare precedentemente elencato, patologia del rachide cervicale arto superiore e inferiore, include il limite di 30kg stabilendo carichi massimi pari a 25kg per uomini, 15kg per le donne. ANATOMIA DEL RACHIDE Il rachide è una struttura di sostegno della testa e del tronco e di protezione per il midollo spinale. Sebbene talvolta ci si riferisce esclusivamente alla colonna vertebrale, con il termine rachide vanno inclusi, oltre alla parte ossea (vertebre), i legamenti, i dischi intervertebrali, i muscoli, i nervi (col midollo spinale) ed i vasi sanguigni. E’ costituita da 33 vertebre poste una sull’altra che si classificano nelle 7 vertebre cervicali, 12 dorsali, 5 lombari, 5 sacrali e 4 coccigee (fuse fra loro: quindi senza articolazione) e formano tre curve naturali: cervicale toracica lombare necessarie per mantenere l’equilibrio. La presenza delle curve rachidee aumenta la resistenza della colonna vertebrale alle sollecitazioni di compressione assiale. Tra una vertebra e l’altra escluse le sacrali e le coccigee è posto il disco intervertebrale che unisce le vertebre formando un’articolazione mobile che allo stesso tempo funge da “ammortizzatore” della colonna.

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MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI PAZIENTI

movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera

di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare

un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli,

comportano tra l'altro rischi di lesioni dorso-lombari.

Le principali leggi che regolano le attività che comportano la M.M.C. sono:

Legge 626/94 TITOLO V

D.lgs. 81/2008 TITOLO VI

La 81/2008 aggiorna, amplia e precisa le normative precedenti, infatti include il rischio di

sovraccarico biomeccanico, oltre a quello dorso-lombare precedentemente elencato, patologia del

rachide cervicale arto superiore e inferiore, include il limite di 30kg stabilendo carichi massimi pari

a 25kg per uomini, 15kg per le donne.

ANATOMIA DEL RACHIDE

Il rachide è una struttura di sostegno della testa e del tronco e di protezione per il midollo spinale.

Sebbene talvolta ci si riferisce esclusivamente alla colonna vertebrale, con il termine rachide vanno

inclusi, oltre alla parte ossea (vertebre), i legamenti, i dischi intervertebrali, i muscoli, i nervi (col

midollo spinale) ed i vasi sanguigni.

E’ costituita da 33 vertebre poste una sull’altra che si classificano nelle 7 vertebre cervicali, 12

dorsali, 5 lombari, 5 sacrali e 4 coccigee (fuse fra loro: quindi senza articolazione) e formano tre

curve naturali:

cervicale

toracica

lombare

necessarie per mantenere l’equilibrio.

La presenza delle curve rachidee aumenta la resistenza della colonna vertebrale al le sollecitazioni di

compressione assiale.

Tra una vertebra e l’altra escluse le sacrali e le coccigee è posto il disco intervertebrale che unisce le

vertebre formando un’articolazione mobile che allo stesso tempo funge da “ammortizzatore” della

colonna.

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Il disco intervertebrale è una sorta di cuscinetto formato dal nucleo polposo posto al centro del disco

stesso e l’anello fibroso formato da una successione di fasci fibrosi concentrici.

Oltre al disco intervertebrale numerosi legamenti che intercorrono dalla base del cranio al sacro

assicurano la stabilità della colonna.

Se osservassimo la colonna vertebrale sul piano frontale si presenta ben allineata, mentre sul piano

sagittale (lateralmente) noteremo che ha 4 curve fisiologiche:

la lordosi cervicale,

la cifosi dorsale,

la lordosi lombare

la cifosi sacrale

quest’ultima fissa per la fusione delle sue vertebre

Queste curve permettono una resistenza ai carichi di 10 volte superiore a qulla di una ipotetica

colonna priva di curve.

Una vertebra tipo presenta un Corpo anteriore, più o meno cilindrico, ed un Arco posteriore che è

formato da due Peduncoli e due Lamine; queste ultime sono unite posteriormente a formare il

Processo Spinoso.

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L’unità funzionale è composta da due corpi vertebrali e dal disco tra essi contenuto, formato da un

nucleo e da un anello periferico (costituito da fibre connettivali).

Guardando una colonna di lato si possono distinguere le diverse suddivisioni funzionali:

A: pilastro anteriore statico funzione di sostegno

B: pilastro posteriore ove sono le colonne articolari che svolgono una funzione dinamica.

Suddividiamo ora il rachide a secondo della sua funzionalità. In avanti si trova il pilastro anteriore

che esplica essenzialmente una funzione di sostegno. All’indietro il pilastro posteriore ha un ruolo

articolare e, mentre il pilastro anteriore svolge una funzione statica, il pilastro posteriore ha una

funzione dinamica.

Esiste un’unione funzionale tra il pilastro anteriore e quello posteriore data dai peduncoli vertebrali.

Ogni vertebra è una leva di primo tipo detta interapoggio. Questo sistema di leve permette di

ammortizzare le forze di compressione assiale sulla colonna. Tale sistema di ammortizzamento è

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diretto e passivo a livello dei dischi intervertebrali ed indiretto ed attivo a livello dei muscoli e delle

docce vertebrali.

Esempio di leva di 1° grado nella vertebra

Il disco intervertebrale è formato da due parti distinte:

parte centrale costituito dal nucleo polposo e da una parte periferica detta anulus fibrosus.

Il nucleo polposo ha la forma di una sfera interposta fra due piani: articolazione a snodo.

Il disco intervertebrale è costituito prevalentemente d'acqua. Durante la giornata, in stazione eretta,

il disco intervertebrale si riduce in altezza sotto la pressione del peso del corpo e della forza di

gravità, cedendo acqua ai corpi vertebrali.

Questa riduzione in altezza del disco vertebrale,in un soggetto normale, determina nell'arco della

giornata una diminuzione dell'altezza globale della persona fino a due centimetri.

Fortunatamente durante il riposo notturno, i dischi intervertebrali si riempiono nuovamente di acqua

per poi essere pronti ad affrontare la giornata successiva.

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Attorno a ciascuna vertebra è presente un apparato legamentoso necessario per stabilizzare le

vertebre stesse.

Fra il sacro e la base cranica sono interconnessi 24 segmenti mobili mediante l’apparato

legamentoso che comprende:

legamento longitudinale anteriore

legamento longitudinale posteriore

legamento giallo legamento interspinoso

legamento sovra spinoso

legamento intertrasversario

legamenti interapofisari.

I legamenti hanno la funzione di mantenere la colonna vertebrale in forma.

Funzione del rachide

Protezione del midollo spinale posto al suo interno

Sostegno del capo, del busto e degli arti superiori

Ammortizzamento delle sollecitazioni provenienti dall’interno del corpo e dall’ambiente

esterno

Adattamento del busto a tutte quelle posizioni che facilitano l’avvicinamento tra segmenti

corporei.

I MOVIMENTI

I movimenti della colonna dorso-lombare sono:

estensione permessa dalla contrazione dei muscoli posteriori della schiena

flessione favorita in successione dai muscoli addominali e dagli erettori spinali che si

contraggono in contrapposizione alla forza di gravità

rotazione ed inclinazione effettuate dai muscoli addominali ed altri muscoli dorsali

il movimento e gli effetti biodinamici

flessione

estensione

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rotazione: la vertebra sovrastante compie un movimento di scivolamento rispetto a quello

sottostante

Fig 27: posizione di partenza

Fig 28-29: movimento di inclinazione avanti ed indietro

Fig 30: movimento di rotazione

La rotazione è ritenuta movimento potenzialmente lesivo per la colonna lombare soprattutto se

avviene sotto carico e se viene associata alla flessione del tronco.

La F che agisce sul disco sottostante esercita un’azione pressoria sul nucleo polposo.

La reazione del gel nucleare è quella di trasferire la pressione verticale verso tutte le direzioni,

incontrando la resistenza offerta dalle fibre dell’anulus. Quando la reazione nucleare supera la

resistenza anulare si possono creare fessurazioni attraverso le quali il nucleo fuoriesce dall a sua

sede naturale.

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Le sollecitazioni pressorie che si vengono ad esercitare sul disco sono tanto più elevate quanto più

ci si avvicina al sacro, in quanto il peso sopportato aumenta con l’altezza della parte sovrastante:

circa la metà del peso corporeo.

Si deve aggiungere poi il tono dei muscoli paravertebrali indispensabile per assicurare la statica e la

dinamica del tronco in stazione eretta.

Il Carico Discale è dato dalla somma forza muscolare necessaria a mantenere la posizione di

equilibrio + il peso che viene sollevato + peso tronco arti e capo di chi solleva.

Altri fattori che influenzano il carico discale:

flessione-torsione

applicazione di ulteriori forze

Equilibrio

le condizioni di equilibrio su un determinato oggetto sono dovute a:

posizione del baricentro

ampiezza dell’appoggio

l’equilibrio si modifica con:

la variazione dell’ampiezza della base d’appoggio

lo spostamento dei segmenti corporei

il sollevamento di un carico

baricentro

il baricentro è il punto di applicazione di tutte le forze peso di un corpo. Nell’uomo in stazione

eretta con i piedi vicini e paralleli, il baricentro risulta essere leggermente anteriore alla 1° vertebra

sacrale

base d’appoggio

mantenendo i piedi uniti, la base d’appoggio è piccola e quindi l’equilibrio è instabile.

Divaricando gli arti inferiori la base d’appoggio è più ampia: migliora l’equilibrio della posizione.

Un corpo risulta in equilibrio quando la linea di gravità cade all’interno della base di

appoggio.

Un corpo è più stabile quando la base di appoggio è ampia

Il baricentro è basso

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Praticamente:

divaricare gli arti inferiori per ampliare la base di appoggio

allargare la base di appoggio nella direzione del disequilibrio per mantenere il baricentro al

suo interno

flettere le ginocchia per abbassare il baricentro

carichi discali a seconda delle varie posture o attività a livello L3 sono:

in piedi tronco flesso a 40° 172kg

in piedi tronco flesso a 90° 220kg

sollevamento 20kg a schiena dritta e ginocchia flesse <250kg

trasferimento letto-carrozzina >650kg

le forze compressive variano in relazione alle tecniche di movimento

posizione del paziente sulla carrozzina 180-456kg

sollevare il letto a 30 318-580kg

forze compressive, in rapporto a diverse posture o attività (L3)

postura attività forza in kg

in piedi tronco flesso a 40° 172kg

in piedi tronco flesso a 90° 220kg

sollevare 20kg in piedi, tronco flesso a 90° 600kg

sollevare 20kg, schiena dritta ginocchia flesse <250kg

trasferimento letto-carrozzina >650kg

posizionamento paziente su carrozzina 180-456kg

sollevare il letto a 30° 318-580kg

spingere un letto con una forza F di 35kg >800kg

la forza complessiva è variabile in relazione alle diverse tecniche di MMC

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carico discale

forze vicino al fulcro=forza muscolare necessaria a mantenere una posizione

forza distante dal fulcro=peso che viene sollevato + peso del tronco-capo-arti superiori

dell’operatore

compressione somma delle due forze=compressione sul disco intervertebrale

ergonomia

tenere il peso vicino al corpo

non flettere e ruotare il rachide

utilizzare la forza degli arti inferiori

forza di compressione: limiti

area di sicurezza forze inferiori a 350kg

limite di azione forze comprese tra 350 e 650kg

rischio forze superiori a 650kg

praticamente:

peso utente

prese corrette

leve corte

base d’appoggio ampia

ginocchia flesse, rachide dritto

regolare h del piano di lavoro

evitare torsione-inclinazione del busto

equilibrio e stabilità

allargare la base d’appoggio

orientare la base d’appoggio nella direzione delle linee di forza

tenere il baricentro basso

assicurarsi delle buone prese

seguire traiettorie più brevi possibili

ricorrere alla scomposizione del movimento

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disabilità:paziente non collaborante

per pazienti leggeri <60kg:

usare manovre manuali corrette

per pazienti con peso >60kg:

usare il sollevatore per le attività che richiedono il sollevamento

rischio ed ergonomia dell’arto superiore

ripetitività

frequenze di azione

forza

postura

esecuzione dei movimenti bruschi o a strappo veloci

inesperienza

anzianità

ergonomia

evitare il mantenimento statico dell’arto superiore lontano dal tronco

cercare di appoggiare quando è possibile su piani d’appoggio o braccioli

se indispensabile la tenuta:

cercare di eliminare la componente abduttoria cercando di tenere l’omero vicino al torace e por tare

avanti solo avambraccio e mano.

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IL MOVIMENTO

È l’atto di cambiare posizione rispetto ad un punto fisso.

La funzione motoria è di vitale importanza durante ogni stadio della vita, dall’infanzia, dove

rappresenta un mezzo fondamentale dell’esplorazione e di conoscenza del mondo circostante, fino

alla senescenza, in cui diventa una condizione importante per il mantenimento di un buon grado di

autonomia.

Il grado di dipendenza di un individuo viene definito sulla base delle sue capacità di compiere le

attività della vita quotidiana (lavarsi, vestirsi e mangiare), le attività lavorative e le proprie mansioni

sociali; quindi le limitazioni nella capacità di normale e spontanea mobilità possono influire su tutte

queste aree di vita.

Movimento=salute

Quando l’individuo è costretto a rimanere a letto, si percepisce come malato.

Le disfunzioni che compromettono le capacità motorie, possono generare nell’individuo

un’immagine negativa di se stesso.

La persona può avere diversi livelli di capacità, in base alla dinamica delle sue condizioni di salute:

alterazione temporanea della mobilità dovuta a trattamenti terapeutici;

progressiva compromissione della funzionalità come la degenerazione di una patologia;

alterazioni permanenti della mobilità, cioè, quando una patologia interferisce in modo

irreversibile con il movimento del corpo es. danni cerebrovascolari che causano debolezza o

paralisi.

Il movimento è l’atto di cambiare posizione rispetto ad un punto fisso. Non è possibile pensare al

movimento senza riferirsi ad un oggetto specifico in moto

Che cosa sono queste possibili cause di moto?

Sono forme di forza

La forza causa il movimento

Un oggetto si muove perché ad esso è stata applicata una forza

La grandezza della forza applicata relativamente alla resistenza offerta è il fattore che determina il

moto.

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Per definire esattamente un movimento bisogna scomporlo, considerando:

la posizione di partenza

l’asse attorno al quale ruota ed il piano nel quale si svolge

la direzione che assume

posizione di partenza: è la posizione anatomica (stazione eretta)

assi e piani:

il corpo umano è attraversato da tre assi:

asse verticale, dal capo fino ai talloni;

asse trasversale, va da una spalla all’altra

asse sagittale, che lo attraversa dal petto al dorso

la figura umana può essere inscritta in tre piani:

piano frontale: definito dagli incontri degli assi verticali e trasversale;

piano orizzontale: definito dall’incontro degli assi sagittale e trasversale;

piano sagittale: stabilito dall’incontro degli assi verticale e sagittale.

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Direzione teorica dei movimenti

Considerata la posizione anatomica, le direzioni teoriche verso le quali possono essere effettuati

movimenti sono:

per il busto:

attorno all’asse verticale

rotazione a dx o a sx del tronco

lieve rotazione a dx o a sx del bacino

attorno all’asse trasversale

oscillazione in senso antero-posteriore per il tronco

antero-retroversione per il bacino

attorno all’asse sagittale:

oscillazione da sx a dx e viceversa per il tronco

bascula mento a sx e dx per il bacino

per gli arti:

sul piano orizzontale

in avanti, verso dietro, in fuori, per gli AASS

in avanti, indietro, elevati lateralmente, per gli AAII

sul piano frontale

in alto, in basso, in fuori, per gli AASS

in basso ed in fuori, per gli AAII

sul piano sagittale

in avanti, verso dietro, in basso, in alto, per gli AASS

in avanti, indietro, in basso, per gli AAII

un corpo si definisce in movimento quando occupa successivamente posizioni diverse rispetto ad un

sistema di riferimento considerato in quiete: cinematica

i modi fondamentali di un punto in movimento sono:

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rettilineo uniforme, quando la sua traiettoria percorre, sempre nella stessa direzione, spazi

direttamente proporzionali ai tempi impiegati a percorrerli

rettilineo vario, quando lo spazio percorso non è proporzionale al tempo impiegato a

percorrerlo

naturalmente accelerato, quando si muove con un accelerazione costante su traiettoria

rettilinea

circolare uniforme, quando la sua traiettoria percorre una circonferenza;

periodico pendolare, quando oscilla sotto il suo punto di sospensione

armonico, quando la sua traiettoria percorre una sinusoide

Movimenti di un corpo

di tipo traslatorio quando tutti i punti che costituiscono l’oggetto si spostano

contemporaneamente

alla medesima velocità nelle medesima direzione

di tipo rotatorio quando tutti i punti dell’oggetto si spostano a velocità proporzionale

descrivendo un arco attorno ad un asse fisso di rotazione

di tipo rototraslatorio quando è la risultante di una traslazione o di una rotazione.

STATICA: quella parte della meccanica che studia le condizioni di equilibrio dei corpi e le forze

che su di essi agiscono.

Per FORZA si intende l’entità fisica capace di modificare lo stato di quiete o di moto di un corpo, o

di deformarlo.

Due o più forze si dicono in equilibrio statico quando non alterano lo stato di quiete del corpo a cui

sono applicate.

La forza di gravità è quella forza che, applicata al baricentro di un corpo, agisce verticalmente,

dall’alto verso il basso, con intensità pari al peso del corpo stesso.

La leva: è una macchina semplice costituita da un’asta rigida, la quale ruota attorno ad un asse fisso,

il fulcro, azionata da una forza motrice, la potenza, cui si oppone una forza contraria, la resistenza.

Leva di primo genere: quando il fulcro si trova tra il punto di applicazione della potenza e la

resistenza. È vantaggiosa se il braccio della potenza è maggiore di quello della resistenza, in

equilibrio quando i due momenti si equivalgono, svantaggiosa quando è più lungo il braccio della

resistenza.

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Esempio:

Il caso dell’articolazione di appoggio della testa è un esempio di leva del primo tipo.

Per bilanciare il peso del capo ed evitare che la testa ciondoli in avanti, viene esercitata una potenza

da parte dei muscoli della nuca, che si trovano dall’altro lato rispetto al fulcro. L’intensità della

forza del muscolo bilancia perfettamente la forza della resistenza (il peso del capo).

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M.M.M.(METODO MOVIMENTAZIONE DEI MALATI)

È un insieme coordinato di modi di agire pratici relativi ai diversi spostame nti necessari per le cure

e per le attività della vita quotidiana del malato.

Il M.M.M. punta all’acquisizione:

di un saper fare da attivare nella doppia prospettiva di:

facilitare il compito dell’operatore sanitario

favorire l’attività della persona curata.

Quindi:

determinare un miglioramento qualitativo

del comportamento e del vissuto dell’operatore sanitario nei compiti fisici inerenti la sua

funzione

viene dunque esclusa qualsiasi esigenza o ricerca di performances quantitative con un

rischio di danno per il personale sanitario.

Il M.M.M. è concepito per:

migliorare il comportamento fisico durante il lavoro del personale sanitario

il gesto fisico razionale nel lavoro non è innato

qui si trova il presupposto della fatica prematura e dei rischi connessi

è frutto del pensiero, va appreso, dunque si insegna.(R. Chaput).

La movimentazione dei malati rappresenta per certi operatori sanitari un compito particolarmente

oneroso

La movimentazione di un malato è un problema che si pone durante le cure a letto, particolarmente

in fase postoperatoria.

È una evenienza quotidiana nei servizi che accolgono gravi disabili come in quelli rivolti ai casi

cosiddetti “pesanti”.

Con la variante, per di più, che questi settori si rilevano in genere cronicamente saturi di pazienti e

con scarsità di personale.

Non si può immaginare l’eliminazione di questo aspetto nelle attività ospedaliere.

Allora è sempre più indispensabile affrontare razionalmente lo studio dei problemi posti dalla

movimentazione dei malati.

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I protocolli medici attuali moltiplicano le prescrizioni di alzare o di far scendere dal letto i malati:

Determinando un aspetto essenziale delle cure di convalescenza della vitalità

Per di più nei casi di ospedalizzazione a domicilio, specialmente nei malati cronici,

l’operatore sanitario sarà a volte costretto ad utilizzare da solo certe tecniche e dovrà

dunque, averne una perfetta padronanza.

Di fronte ad uno strumento pericoloso o ad una situazione materiale rischiosa, ogni lavoratore:

Percepisce, la necessità di prendere delle precauzioni oppure di modificare le circostanze,

oppure astenersi.

Di fronte a un compito che comporta degli sforzi per sollevare e per portare, soprattutto carichi

pesanti o scomodi:

l’operatore non ha alcuna coscienza che lo strumento utilizzato è la sua colonna vertebrale.

Quindi se gli si insegna il comportamento adeguato troppo tardi, dopo che ha preso abitudini

irrazionali, l’operatore:

penserà che le tecniche e i consigli propostigli siano solo una perdita di tempo.

In realtà, apprese per tempo le tecniche si applicano in maniera automatica, se non riflessa.

E’ proprio per questo che la M.M.M. ha il suo posto nei programmi di formazione delle professioni

della sanità.

Più che di un apporto tecnico, si tratta di un obiettivo educativo, se non culturale.

Quindi, è nelle finalità di questo metodo l’obiettivo dell’apprendimento effettivo di un uso efficace

e sicuro del proprio corpo.

E ciò che viene chiamato ergonomicità

L’individuo deve essere indotto a farsi coinvolgere in un contributo attivo e responsabile di fronte

alla tutela della propria salute.

Ergonomia: studio dell’interazione tra individui e tecnologie per determinare il livello di sicurezza

seguito dall’adattabilità, il confort, la gradevolezza, la comprensibilità.

Analisi delle organizzazione delle relazioni, del clima e della cultura organizzativa.