MOTOR SHOW/ XXIII US Car Reunion Con le pinne, il fucile e ... · Quando si parla di americane, la...

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C on la bella stagione, ogni week-end diventa buono per una gita al mare, almeno quando le previsioni indi- cano bel tempo: per godere appieno di un’escursione fuoriporta, oltre al sole, all’abbronzante e, magari, ad un’ottima compagnia, ingredienti fondamentali po- trebbero essere fucile, pinne e occhiali, come suggeriva Edoardo Vianello nella sua (quasi) omonima canzone del 1962, ancora oggi uno dei brani più famosi fra quelli ispirati al mare e alle vacanze. Pur con le debite differenze, gli elementi resi celebri dal cantastorie romano sarebbero tornati utili anche per descrivere alcuni aspetti di uno fra i più bei tributi dedicati in Italia alle auto americane, la XXIII edi- zione della US Car Reunion, che si è svolta a Lignano Sabbiadoro (UD) il 13 maggio scorso, organizzata con passione dalla TerreDiMoto a coronamento della quattro giorni denominata Biker Fest. MOTOR SHOW/XXIII US Car Reunion 18 Auto d’Epoca Giugno 2018 Con le pinne, il fucile e gli occhiali di Matteo Giacon - foto di Simone Benedetti, Federico Delami e Matteo Giacon Domenica 13 maggio in un clima già estivo il tradizionale raduno friulano ha offerto un ottimo riassunto delle tendenze stilistiche dell’auto americana dal dopoguerra a oggi, con un po’ di rimpianto per quel ‘glamour’ che ci faceva sognare...

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Con la bella stagione, ogni week-enddiventa buono per una gita al mare,almeno quando le previsioni indi-

cano bel tempo: per godere appieno diun’escursione fuoriporta, oltre al sole,all’abbronzante e, magari, ad un’ottimacompagnia, ingredienti fondamentali po-trebbero essere fucile, pinne e occhiali,come suggeriva Edoardo Vianello nellasua (quasi) omonima canzone del 1962,ancora oggi uno dei brani più famosi fraquelli ispirati al mare e alle vacanze. Purcon le debite differenze, gli elementi resicelebri dal cantastorie romano sarebberotornati utili anche per descrivere alcuniaspetti di uno fra i più bei tributi dedicatiin Italia alle auto americane, la XXIII edi-zione della US Car Reunion, che si è svoltaa Lignano Sabbiadoro (UD) il 13 maggioscorso, organizzata con passione dallaTerreDiMoto a coronamento della quattrogiorni denominata Biker Fest.

MOTOR SHOW/XXIII US Car Reunion

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Con le pinne, il fucile e gli occhialidi Matteo Giacon - foto di Simone Benedetti, Federico Delami e Matteo Giacon

Domenica 13 maggio in un clima già estivo il tradizionale raduno friulano ha offerto un ottimo riassunto delle tendenzestilistiche dell’auto americana dal dopoguerra a oggi, con un po’ di rimpianto per quel ‘glamour’ che ci faceva sognare...

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In questo grande show tutto Stars andStripes, gli occhiali sarebbero serviti a pro-teggere gli occhi del grande pubblico as-siepato nel parcheggio del luna park diLignano dallo scintillare di cromo e in-tense tonalità pastello delle vetture. Lecui tipiche pinne, appendici di coda tantocare ai designer d’Oltreoceano, rimangonoun’icona di stile che per la verità era di ori-gine aeronautica: le fonti dicono che Gio-vanni Savonuzzi e Franklyn Hershey, che leapplicarono alle proprie creazioni già neglianni 40, attinsero il primo alle proprie co-noscenze in tema di aerodinamica e il se-condo al disegno dei più avanzati aereimilitari di quel decennio. Peraltro, né ilprogettista della Cisitalia né il designerdella General Motors potevano immagi-nare quanto questo dettaglio avrebbe se-gnato un’epoca. In quanto al terzoelemento, in senso del tutto metaforico, ilrichiamo va all’esuberanza acustica deiformidabili V8 di cui molte di queste ve-dette a stelle e strisce sono dotate, la cuisonorità può essere talvolta paragonata –per sensazioni e impatto – a quella di unabaritonale fucilata, degna di un’arma daguerra. Quando si parla di americane, la profu-

sione di cromature e colori chiassosi el’esuberanza di cilindri, pollici cubici e ca-valli sono all’ordine del giorno: lo show diLignano ha fornito validi esempi in merito,insieme ad una stupenda eccezione aquattro cilindri. In quanto a dimensioni, dasempre croce e delizia degli appassionatidi queste vetture, ciò che a suo tempo im-pressionava nel confronto fra un’Oldsmo-bile e una Giulia, un’Impala e una 600,una Cadillac e una Flavia, è divenuto piùaccettabile nell’epoca dei SUV... anche sela lunghezza di una Cadillac Sixty Specialdel ’58 o di una Lincoln Premiere del ’57continua ancora oggi a impressionare. Au-tomobili davvero monumentali, concepiteper divorare lunghissime distanze in spen-sieratezza e serenità, e costruite senza ri-sparmio di materie prime pensando primadi tutto a robustezza, spazio e comfort.Oltre mezzo secolo dopo, la natura e

l’affidabilità di questi prodotti d’Oltreo-ceano tornano ancora utili per una buonametà dei partecipanti a questo raduno,giunti da Germania, Polonia e Austria. Abeneficio di spettatori e organizzatori, lacospicua presenza dei “cugini asburgici”in particolare ha ben integrato il già ottimoparterre garantito da una presenza italianacomunque degna di nota. Con presuppostidel genere, la manifestazione è stata lo-devole in termini di qualità e varietà, radu-nando vetture che non si incontrano certotutti i giorni: al di là della tipica trimurti delmotorismo yankee costituita da Mustang,Camaro e Corvette (che pure c’erano, econ esemplari qualificati), abbiamo incro-ciato ad esempio una stupenda PontiacChieftain 8 del ’53 e una Star Chief Cata-

lina hardtop del ’54 con targhe italiane (in-sieme, un perfetto esempio di ciò cheerano le Pontiac prima che questa marcadivenisse l’equivalente americano dell’AlfaRomeo), una Mercury del ’53 e una BuickSuper Riviera Sedan del ’51 (entrambe‘customizzate’ con garbo), e un trittico diimpressionanti Cadillac del ’58 (oltre allaSixty Special già menzionata, una CoupéDe Ville e una 62 Hardtop Sedan, en-trambe dai pazzeschi colori pastello degnidi una bomboniera...).Detto che stranamente non c’erano

Chevrolet, Ford o Plymouth della metà

degli anni 50, un paio di Thunderbird dellaseconda generazione (le cosiddette Squa-rebird, prodotte fra il 1958 e il 1960) cihanno ricordato una delle tante consuetu-dini di Detroit, quella di riuscire a stravol-gere anche modelli così riusciti dasembrare intoccabili, come appunto leprime Thunderbird: esigenze di marketing,la moda del momento e, particolare inte-ressante, la possibilità di condividere ilconcetto di una moderna scocca portantecon le Lincoln dello stesso MY 1958, tra-sformarono l’immagine e la personalità diquesta Ford sportiva raddoppiandone

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In apertura: una Cadillac Coupé De Ville del 1959 in parata sui viali di Lignano. Sotto: una PontiacBonneville hardtop coupé del 1963. Qui sopra (dall’alto): due rappresentanti dell’epoca in cui le pinneerano un elemento imprescindibile, la Cadillac Sixty Special del 1958 e la Lincoln Premiere del 1957.

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l’abitabilità, aumentando le dimensioni ealterando pesantemente il design: fu cosìche una “compatta” elegante e riuscita sitramutò in una cattedrale barocca... Ciònon toglie che la nuova Thunderbird si im-pose per le sue qualità, inaugurando laformula delle Personal Luxury Car, copiataun po’ da tutti negli anni a venire. Fra lepossibili concorrenti, solo la Corvette ri-mase fedele al concetto base di sportivaa due posti secchi con poche concessioniallo sfarzo. Sempre in tema di compatte,

l’interessantissima quattro cilindri Madein Detroit a cui accennavamo all’inizio ap-partiene a un’epoca in cui le americaneerano ancora di dimensioni “umane”:stiamo parlando di una bella Ford A del1931, erede dell’immortale T che beneriassume i connotati della tipica autoamericana a basso prezzo dei suoi anni,e che è risultata quasi “irriverente” a con-fronto con le altre vetture del raduno pervia delle linee decisamente classiche,condivise solo con un paio di hot rod.

Gran parte delle vetture che hannopreso parte allo show friulano hanno vistoi natali negli anni 50 e, ancor più, neglianni 60, appartenendo quindi a un pe-riodo ricco di spunti dal punto di vista deldesign. Negli anni 60, le forme insiemeaudaci e “contorte” di molte americanedel decennio precedente lasciarono spa-zio ad altre più semplici e lineari, peraltroconservando quei tratti inconfondibili chene rimarcano la differenza rispetto allecontemporanee automobili europee, e nonsolo a livello di dimensioni. Questo nono-stante il continuo interscambio già in attoa quell’epoca, quando alcune cose ideatea Detroit trovarono un seguito anche danoi (basti pensare alle stesse pinne, oalla Corvair, da cui presero ispirazione laPrinz e la nostra 1300/1500), e altre natedall’estro europeo (spesso italiano) e de-stinate a un grande successo in America:a Lignano abbiamo incontrato vetturedalla personalità inconfondibilmente yan-kee, pur senza essere quei colossi “alcromo” di appena qualche anno prima epur con contributi di matrice chiaramenteeuropea. Tra gli esempi in tal senso, unarara Mercury Monterey del ’62, e una cop-pia di Pontiac Bonneville convertibili, che

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Qui sopra (dall’alto): una Pontiac Star Chief Catalina del 1954 e, tra le rare “quattro cilindri”presenti, una Ford A Tudor del 1931. Al centro: le vetture della XXIII US Car Reunion radunate neipressi del Luna Park di Lignano. Nella pagina a fianco (in basso): una Pontiac Chieftain 8 del 1953.

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insieme a una consorella chiusa del ’63e ad una bella Cadillac hardtop dellostesso anno dimostrano come certi trattiavessero già imboccato il viale del tra-monto, sostituiti da linee d’insieme mas-sicce e filanti allo stesso tempo, chefacevano ampio ricorso a una modella-zione delle lamiere tesa a ottenere incre-spature e scalfature che esaltavano ladinamicità dell’insieme. In questo quadro,grande importanza ha avuto l’uso e la rie-laborazione del caratteristico motivo a die-dro introdotto dalla Pininfarina, e che havisto molte americane farne tesoro,spesso in coabitazione con un’altra fon-damentale risorsa stilistica dell’epoca,cioè la linea “a bottiglia di Coca Cola”, dicui una delle prime interpreti fu proprio labella Bonneville del ’63, insieme allaBuick Riviera dello stesso anno. Altret-tanto significativa la lezione offerta dallapresenza delle due Bonneville scoperte,capaci di mostrare il livello a cui giunge-vano le Case americane per rinnovare dianno in anno le proprie offerte, pur man-tenendo quasi invariata la struttura dibase: nello specifico, le due Pontiac eranoun MY 1967 e un MY 1968, e se le diffe-renze in coda e sui fianchi erano modeste,

davanti erano notevoli, dimostrando comedue modelli così vicini fra loro arrivasseroad avere personalità così ben distinte. LaBonneville ’67 si distingueva poi per laverniciatura burgundy, così profonda dacreare infiniti giochi cromatici sulle sue la-miere: forse, un implicito omaggio daparte del proprietario ad un altro dei tanticontributi dati dalla Pontiac all’industriadell’auto in quegli anni, cioè immaginipubblicitarie degne dell’imperante Pop Art,realizzate da Van Kaufman e Art Fitzpa-trick, artisti di talento capaci di esaltareogni singolo pollice quadrato delle auto daessi raffigurate, Bonneville incluse. In-sieme a quest’ultime, a Lignano ha fattosensazione un’altra scoperta giunta dal-l’Austria, una Oldsmobile 98 del 1966, unvero incrociatore da autostrada capace dilasciare a bocca aperta. La rassegna friu-lana ha poi visto, come anticipato, una nu-trita schiera di splendide Pony Car, lesportive compatte che hanno nella Mu-stang la capostipite, della quale eranopresenti varie declinazioni, inclusa unabella hardtop rossa con targa Roma vec-chio stile. La grinta che non difettava alle’Stang caratterizzava anche altre leggendedel genere come le Camaro e, soprattutto,le Corvette, presenti soprattutto con mo-delli anni 70, della terza generazione. Esiamo così arrivati proprio al decennioforse più tribolato nella storia dell’autoamericana, la decade che va dal 1970 al1979, quella che è passata alla storiacome l’Era del Malessere (Malaise Era),un’era comunque feconda di auto per noiancora strabilianti, anche se obiettiva-

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mente meno personali e riuscite di prima:a Lignano c’era una discreta selezione dimodelli appartenenti a quel decennio, ecome prova della diluizione della persona-lità delle auto a stelle e strisce, un pro-blema causato non solo da uncambiamento di gusti e mode ma anchedall’arrivo di regolamenti e restrizioni checondizionarono, insieme alle crisi energe-tiche, lo sviluppo dell’industria, c’eranodue vetture costruite intorno alla metà di

quel decennio, così simili eppure così di-verse, cioè una Mercury Grand Marquis euna Chrysler New Yorker. Osservandole,vien da pensare che siano state partoritedalla stessa mente, ma sottopelle la primaconserva la tradizionale struttura a telaioseparato, la seconda è una scocca por-tante, una delle più grandi mai realizzate,con sospensioni anteriori a barra di tor-sione longitudinale. L’idea che noi ab-biamo delle americane anni 70 dipende

poi molto da come le ricordiamo sul pic-colo e grande schermo, dove furoreggia-vano inseguimenti e sequenze d’azione:osservando una superba LTD del 1971 intinta bronzo era impossibile non ricordarecome auto simili siano state fedeli compa-gne dell’ispettore Callaghan o della coppiaKarl Malden-Michael Douglas: più chesulle strade di Lignano è parso per un mo-mento di essere sulle strade di San Fran-cisco... Anche senza fare ricorso a similiricordi, a questo raduno abbiamo incon-trato altre vetture degli anni 70 capaci aloro volta di colpire l’immaginario collet-tivo: la Cadillac cabrio che ha di fattoaperto la splendida sfilata sui viali della lo-calità balneare, ad esempio, oppure la El-dorado coupé del 1972, dotata di un 8200(ottomiladuecento) con… 235 cavalli (e latrazione anteriore) sembravano uscite daqualche cartolina texana: mancavano solole corna applicate al cofano. I fan delleamericane sembrano apprezzare questotipo di cose un tantino kitsch, e quantoconcepito negli anni della disco music edei pantaloni a zampa d’elefante sembrapiacere più di ciò che nacque dieci annidopo, pur trattandosi in taluni casi di autoche erano solo l’ombra di ciò che eranostate: valga l’esempio delle cosiddette Mu-scle Car, che dopo aver raggiunto l’apicenel 1970, imboccarono una rapidissimaparabola discendente già nel ’71, per co-lare del tutto a picco nel ’75. In questocaso, più che il costo della benzina, fu ilcosto delle assicurazioni a uccidere la ca-tegoria. Nondimeno, anche a Lignano sisono viste auto di questo tipo che avevafuroreggiato nella decade precedente, a te-stimonianza che anche la Disco Era ha for-

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In alto: una Chevrolet Bel Air Sedan del 1959. Qui sopra: il posto di guida tipicamente ‘yankee’ dellaFord Thunderbird MY 1959. Nella pagina a fianco (in alto): una Chrysler New Yorker Brougham del1977 e (sotto) una Ford LTD hardtop del 1971. In basso: un’esuberante Pontiac Firebird MY 1977.

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nito esempi di auto tanto enormi quantopotenti e veloci. D’altronde, fu durante ildecennio successivo, sulla carta un’eraben migliore, che quanto restava del glo-rioso passato fatto di dimensioni e cilin-drate smisurate divenne roba del passato:abbiamo osservato due esempi degli anni80 ancora di grossa taglia (una Chevroletstation wagon e una Oldsmobile), che peròposte di fronte alle immense vetture didieci anni prima rivelano chiaramente glieffetti del downsizing dettato sia dalla crisienergetica del ’73, sia da una maggioreconsapevolezza collettiva. Introdotta dallaGM nel 1977, tale filosofia progettuale tra-sformò progressivamente delle belve as-setate di benzina in vetture molto piùparsimoniose. Anche se ciò fu nefasto perla personalità di fondo delle americane,che finirono col somigliare troppo alle cor-rispondenti europee e giapponesi. Ad unadiluizione della personalità, grave ma ge-stibile, si sommarono anche altri problemi,cosa che indusse molti americani a optaresui più versatili pick-up e SUV, più in lineacon le loro aspettative e con le loro esi-genze. Alla fine degli anni 80 finisce cosìla leggenda delle varie Impala, Caprice,LTD, Roadmaster, Town Car come la cono-sciamo dalle nostre parti: anche se certiprodotti GM costruiti fino al 1996 e legrandi Crown Victoria, Marquis e Town Carproposte dalla Ford ancora per buonaparte del nuovo decennio rimasero degnefull-size tradizionali, la magia era ormai tra-montata. A partire dagli 80, tutto ciò cheaveva reso Detroit così diversa da Torino,Stoccarda o Sochaux si poteva trovare an-cora solo nei pick-up e nei SUV, visti in grannumero a Lignano a riconferma del fattoche lo spirito più tipico e tradizionale delmodo americano di vivere l’auto sia oggiincarnato proprio da questi veicoli.

Va detto infine che alla US Car Reunionsi sono notate anche molte berline yan-kee ad alte prestazioni di recente produ-zione, a testimonianza che, pur sotto

spoglie molto più “internazionali” diquanto ci si aspetterebbe, si sta vivendoun discreto revival in materia di grandi ci-lindrate, enormi potenze e abbondanti di-mensioni, proprio come da buona vecchiatradizione (un ottimo esempio di tutto ciòè la recente Charger SRT). Ovviamente, ineventi come questo gli sguardi del pub-blico continuano inevitabilmente a con-centrarsi sulle grandi icone di un passatoche non tornerà. A prescindere dal fatto che automobili

di questo genere possano più o meno in-contrare il nostro gusto, è sempre belloassistere a eventi così ben riusciti, capacidi conciliare un’ampia esposizione “sta-tica” con un’animata e dinamicissima pa-rata: la musica creata dagli otto cilindri,le forme flessuose che si snodano su unnastro d’asfalto e le brucianti accelera-zioni tipiche di queste vetture sono tuttisuperbi biglietti da visita che hanno benpresentato un mondo capace di riservareancora grandi sorprese ed emozioni. Aquesto punto, non resta che aspettare fi-duciosi l’edizione 2019 dello show di Li-gnano, confidando di nuovo in un climameraviglioso come quello vissuto que-st’anno. Goodbye, USA! n

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