Monti - Capitolo 3
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Capitolo 3
Il trattamento statistico deidati
3.1- Generalità
Nel descrivere i fenomeni, occorre da un lato elaboraredei modelli (cioè delle relazioni matematiche
fra le grandezze, che consentano di descrivere e prevedere il fenomeno) e dall’altro darsi degli
strumenti per verificare il grado di approssimazione di queste elaborazioni (essenzialmente
interrogando la realtà fisica, cioèmisurando grandezze).
3.1.1 - Misura delle grandezze
Non è possibile qui analizzare le delicate e profonde questioni implicite nella definizione e
classificazione delle grandezze e dell’operazione di misura; basti pensare che non è immediato
decidere se un valore, attribuito ad una grandezza con un qualche procedimento, si possa definire
misura di quella grandezza (è intuitivo cosa significa misurare una lunghezza, più problematico è
affermare che il quoziente intellettivo è una misura dell’intelligenza oppure definire un metodo di
misura del benessere di una nazione). Ci limitiamo pertanto ad affermare che il concetto di misura
non può prescindere dalla considerazione delle caratteristiche dello strumento con cui la si
effettua, delle sue interazioni con l’ambiente e con la definizione (talvolta soltanto implicita) di un
modello della grandezza stessa, che viene assunto come soddisfacente agli scopi del procedimento
di misura.
In seguito l’attenzione verrà posta sulle caratteristiche dello strumento e sull’interazione fra esso e
l’ambiente, poiché da queste nasce una variabilità dei risultati (esiti numerici) dell’operazione di
misura. Per meglio comprendere invece il significato del modello implicitamente assunto per la
grandezza misurata, si consideri ad esempio la misura del diametro di un pistone. Parlando didiametro implicitamente ammetto che la sezione del pistone sia circolare: se però spingessi la
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Il trattamento statistico dei dati 81
raffinatezza del metodo di misura al disotto del micrometro e ripetessi la misura in posizioni
diverse, dovrei concludere che in realtà la circolarità, per le imprecisioni di lavorazione, è un
modello troppo semplice, per descrivere una sezione del pistone, rispetto ai dati misurati.
3.1.2 - Incertezza di misura
L’esigenza di introdurre l’incertezza nasce dalla osservazione sperimentale che la ripetizione della
misura di una medesima grandezza in talune condizioni porta a risultati diversi. Pensiamo alla
misura della lunghezza di una trave rettilinea, effettuata con un metro graduato in millimetri. Se la
trave è lunga diversi metri, la variabilità dei risultati nasce almeno da due cause:
a) siamo costretti a riportare più volte lo zero del metro
b) se valutiamo la lunghezza al millimetro, dobbiamo stimare a quale tacca della graduazione
corrisponde l’estremo della trave.
In ogni ripetizione del processo i riporti e la stima sono soggetti a fluttuazioni “accidentali” che
generano perciò piccole variazioni nel valore finale stimato della lunghezza.
Notiamo che:
• tanto maggiore è il numero di riporti, tanto maggiori saranno le discordanze fra le ripetizionidella misura;
• se la trave fosse lunga meno di un metro, non occorrendo riporti, le misure differirebbero al più
per 1 millimetro.
Da queste osservazioni si comprende che qualsiasi strumento/ metodo di misura ha una propria
incertezza. Questa è messa in evidenza quando le condizioni in cui si svolge il processo di misura
introducono un rumore superiore alla sensibilità dello strumento e quando intendiamo usare lo
strumento ai limiti della sua sensibilità (ad esempio, se volessimo stimare il decimo di mm con la
riga millimetrata). Se misurassi invece al cm (cioè arrotondando le letture al cm) con la stessa riga,
in assenza di riporti otterrei sempre lo stesso valore: ho usato uno strumento di sensibilità superiore
a quella richiesta, e le condizioni d’impiego non hanno introdotto incertezze superiori al cm.
La considerazioni sopra fatte ci impongono allora di abbandonare il concetto di valore di una
grandezza come entità a sé stante: dovremo sempre esprimere il risultato di ogni operazione di
misura associando al valore numerico la valutazione dell’incertezza con cui esso è stato ricavato.
Esistono, accanto alle fluttuazioni accidentali, anche le cosiddette cause sistematiche di errore, lacui natura emerge chiaramente considerando il modello usato per descrivere il fenomeno.
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3.1.3 - Approssimazione del modello
Ogni descrizione matematica di un fenomeno fisico, utilizzata per esprimere il valore di una data
grandezza in funzione di altre grandezze o parametri, deve ricorrere a semplificazioni, sia per
ragioni operative sia per la difficoltà di scendere a certi livelli di dettaglio nella analisi dei fattori in
gioco.
Il modello deve essere perciò:
a) il più semplice possibile, perché sia utilizzabile facilmente (non richieda la conoscenza o la
misura di troppi parametri);
b) complicato quanto necessario, in relazione alla approssimazione (incertezza) che si richiede ai
valori predetti dal modello stesso.
Nel modello si distinguono una componente funzionale ed una stocastica, che sono strettamente
connesse.
La componente funzionale descrive analiticamente la relazione fra la grandezza osservabile ed i
parametri (fisici, geometrici) che sono ad essa collegati. La rilevanza, il numero ed il ruolo di questi
parametri entro il modello deve essere valutato in relazione alla incertezza da ottenere nella stimadella osservazione: infatti, in funzione di tale valore, potranno assumere importanza o meno effetti
di tipo sistematico che possono essere modellizzati, sia pure al prezzo di un maggiore impegno
nell’esecuzione delle misure e/o nel controllo della variabilità di determinati fattori ambientali.
La componente stocastica del modello è invece legata al complesso delle cause di variabilità del
valore osservato che non si includono esplicitamente nel modello funzionale: essa tiene conto cioè
della dispersione delle misure dovuta a cause, dette accidentali, che sfuggono ad una
modellizzazione analitica o che si decide di non modellizzare analiticamente perché troppo
complesse.
Per comprendere meglio la natura delle due componenti, consideriamo la misura di una distanza
piana L con una rotella metrica centimetrata, lunga 50 m.
Supponiamo che il coefficiente di dilatazione termica della rotella metrica sia b=10-5 C-1 e che la
temperatura nell’ambiente di misura sia di 20 °C superiore a quella rispetto a cui la rotella metrica
è stata graduata. Analogamente, supponiamo che il coefficiente di allungamento del materiale
costituente la rotella metrica sia a kg= ⋅ − −5 10 5 1 e che la tensione applicata in fase di misura sia di
5 kg.
Le corrispondenti variazioni di lunghezza della rotella metrica sono quindi pari a
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Il trattamento statistico dei dati 83
cm1C10C20m50TbL 151 =⋅⋅⋅⋅=∆⋅=∆ −−
cm25,1kg105kg5m50FaL15
2 =⋅⋅⋅⋅=⋅=∆ −−
E’ evidente che se voglio misurare con incertezza vicina al cm devo tenere conto della
deformabilità della bindella, cioè in sostanza devo correggere i valori misurati Loss delle quantità
∆L1 e∆L2.
Il modello funzionale diventa perciò
( )FaTb1LLoss ⋅−∆⋅−⋅= (3.1)dove Loss rappresenta la stima di L, cioè la valutazione della lunghezza ottenuta in base alle misure
fatte (se ripetessi la misura in presenza di disturbi accidentali, il valore numerico di Lcambierebbe). Il modello funzionale include quindi due effetti sistematici (la dilatazione termica e
l’allungamento dovuto alla forza applicata), considerati lineari, che richiedono di conoscere i valori
di b ed a, oltre alla misura di T ed F. Questo è il prezzo che bisogna pagare per ottenere una
corretta valutazione della distanza.
Osservazioni:
1. In condizioni ambientali stabili e con forza applicata costante, se non correggo ottengo una
lunghezza Loss minore di L (lunghezza effettiva): commetto cioè un errore di stima dellagrandezza a cui sono interessato. La caratteristica di questo errore, per ciò che dipende da F e
∆T, è il fatto che posso prevederne l’entità, perché sono in grado di descriverlo analiticamente:
un errore di questo tipo è detto sistematico e la sua presenza denota una inadeguatezza del
modello funzionale.
2. Supponiamo di voler misurare una lunghezza per cui sia necessario il riporto, analogamente a
quanto detto per il righello più sopra. Eseguiamo diverse serie di misure, variando in modo
casuale da una serie all’altra le condizioni ambientali e le forze applicate, senza correggere leosservazioni. Ottengo allora una dispersione di risultati assai maggiore rispetto al caso
precedente, in cui i valori osservati sono divisi in tanti gruppetti, ciascuno corrispondente ad
una serie di misura. In sostanza, se vario in modo accidentale le condizioni ambientali e la
forza, queste cause assumono, se non corrette, un comportamento di tipo accidentale, poiché
aumentano la dispersione delle osservazioni. Pertanto la distinzione fra comportamento
sistematico ed accidentale, pur chiara concettualmente, all’atto pratico dipende dalle condizioni
specifiche. Spesso, quando è presente un comportamento sistematico che tuttavia non si riesce
a correggere (ad esempio perché non è noto il valore di un parametro da cui esso dipende),
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l’unica alternativa è proprio quella di rendere artificialmente accidentale il sistematismo,
ripetendo più volte la misura.
Nelle operazioni topografiche gli strumenti impiegati, le condizioni operative e ambientali, le
modalità di misura sono tali per cui l’incertezza di misura deve quasi sempre essere considerata. Si
pone pertanto il problema di una corretto trattamento dei dati rilevati.
3.1.4 - I fenomeni aleatori
Ci sono fenomeni il cui esito non è prevedibile a priori. Ad esempio:
• il risultato del lancio di un dado
• la misura di una lunghezza
• il peso di uno studente scelto a caso
• l’istante in cui nascerà il prossimo bambino a Milano
Studiando ciascuno di questi fenomeni tuttavia ci accorgiamo che, per quanto incapaci di
prevedere con esattezza il risultato del singolo evento, siamo però in grado evidenziare delle
regolarità, di descrivere un comportamento “in media”. La descrizione sarà perciò sfumata, ma pursempre ricca di informazioni: essa passa attraverso l’assegnazione di probabilità agli eventi. Nel
caso che più interessa la topografia, ovvero la misura di grandezze, l’affermazione appena fatta
implica l’assunzione che la variabilità (ovvero l’incertezza) di misura di tipo accidentale possa
essere descritta a priori da un meccanismo di tipo probabilistico, cioè che le oscillazioni dei valori
osservati siano rappresentabili come estrazioni da una variabile casuale (cfr. più avanti). Questa
affermazione può essere presa semplicemente come giustificazione empirica di un criterio
operativo assai fruttuoso, senza cioè ricercare implicazioni causali: poiché il trattamento statistico
dei dati mi consente una maggior comprensione del fenomeno e mi offre una capacità previsionale
e decisionale fondate teoricamente e confermate praticamente, è sensato adoperarlo.
Le discipline che studiano come descrivere e interpretare i fenomeni aleatori sono la teoria della
probabilità e la statistica. La prima, essenzialmente deduttiva, insegna a costruire le probabilità di
eventi complessi a partire da un modello stocastico noto. La seconda, di tipo induttivo, cerca di
ricostruire un modello stocastico a partire da eventi già realizzati; essa si articola nella teoria della
stima (la ricerca della miglior strategia di interrogazione della realtà per estrarre informazioni sul
fenomeno) e nell’inferenza, cioè nella verifica di ipotesi sul modello interpretativo del fenomeno,
verifica che, necessariamente, si effettua sulla base di dati “estratti” dal fenomeno.
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3.2 - I parametri statistici
Considereremo serie di misure affette da soli errori di tipo accidentale.
Avendo raccolto una serie di dati su una popolazione, occorrono indici che riassumano fedelmente
le informazioni contenute nei dati. Questi valori, destinati arappresentarei dati originali di una serie
di misure vengono detti parametri statistici della serie.
Presentare la totalità delle misure permette di conoscere pienamente il fenomeno, ma comporta
due inconvenienti: il primo è che l’insieme di dati non è chiaro e tale chiarezza peggiora
all’aumentare delle misure: occorre presentare gli stessi in forma più sintetica; il secondo è che
l’insieme non si presta a calcoli e a confronti.Il secondo inconveniente è assai peggiore del primo. Si può risolvere il problema introducendo
rappresentazioni grafiche, tipo istogrammi, che sono di sicuro effetto, ma non consentono calcoli
ulteriori, né test rigorosi, sono cioè presentazioni, in termini statistici, poco efficaci.
Infatti intuitivamente possiamo dire che un parametro statistico è tanto più efficace quanto meglio
riassume il contenuto informativo dei dati iniziali con la minor perdita di informazioni e quanto
meglio si presta a calcoli ulteriori e test.
Nel campo delle misurazioni i parametri statistici più efficaci sono la media aritmetica dei dati e la
varianza o ladeviazionestandard.
3.2.1- La media
La media aritmetica, conosciuta fin dai tempi antichi, è il valore centrale attorno a cui si
distribuiscono i dati.
∑ ⋅= i ii f X N 1
µ (3.2)
dove le f i sono le frequenze relative degli N valori argomentali X i. Essa racchiude solo una partedell’informazione sui dati perché le manca una caratteristica essenziale, quella cioè di non dire
come i valori sono disposti intorno ad essa.
Infatti se, ad esempio, prendiamo tre serie di misure (tabella 3.1):
1000=media19001000;100;serie3
1000=media11001000;900;serie2
1000=media10011000;999;serie1
a
a
a
Tab. 3.1
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la media è la stessa per le tre serie, ma il significato di ciascuna serie è profondamente diverso
perché lo è la dispersione dei valori.
Se avessimo ora altre 3 serie di misure con dispersioni analoghe alle tre precedenti e con media
1010, è chiaro che la differenza è netta nel caso della 1° serie, discutibile per la 2° serie, priva di
significato per la3°.
3.2.2 - La varianza e la deviazione standard
Contrariamente alla media, che in quanto baricentro dei dati è un concetto quasi intuitivo, la
varianza, che misura la dispersione dei valori attorno alla media, e corrisponde dunque al momento
d’inerzia, lo è assai meno.
Cercando di definire un indice di dispersione, fra i tanti che si possono adottare, l’intervallo di
variazione, definito dalla differenza tra la più piccola e la più grande delle misure, rappresenta una
nozione semplice e intuitiva. Un’analisi più attenta mostra però che essa non tiene conto della
distribuzione dei dati all’intorno. Essa poi è poco robusta, cioè sensibile agli errori grossolani;
inoltre i valori estremi sono i più influenzati dalle oscillazioni accidentali e sono instabili: se si
ripetono le misure questi valori possono variare grandemente.
Un altro parametro intuitivo e semplice è la deviazionemedia o scarto, ovvero la differenza fra ungenerico valore della serie e il valore medio. Lo scarto medio si ottiene facendo la media dei valori
assoluti degli scarti ed è di facile comprensione.
Lavarianza e la deviazionestandard sono i parametri di dispersione più utilizzati nei comuni studi
statistici.
La varianza, che si indica generalmente con laσ 2, è definita matematicamente come:
( )∑ ⋅−= i ii f x N 22 1
µσ (3.3)
Ladeviazionestandard altri non è che la radice σ della varianza. Supponiamo di avere la seguente
serie di grandezze lineari:
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0001,00735,60
102,40065,0 1225,10129,10129,10
102,20015,01225,10121,10121,10
102,20015,0 1225,10124,10124,10
102,10035,01225,10119,10119,10
102,60025,01225,10120,10120,10
105,20005,01225,10122,10122,10
)(
deg
2
5
6
6
5
6
7
==−=⋅=−⋅−=−⋅=−⋅−=−⋅−=−⋅−=−
=−
∑∑∑−
−
−
−
−
−
iii
iii
x N X X
x X m X
scartiliQuadratiScartiValori
µ
µ
Tab. 3.2
da cui
- Media ∑ ⋅= i ii f X N 1
µ 60,735/6 = 10,1225
- Varianza ∑ ⋅= i ii f x N 22 1
σ 0,0001/ 5 = 1,31⋅10-5
- Deviazionestandard o e.q.m. 2σ=σ 0036,01031,1 5 =⋅ −
- Coefficientedi variazioneµ
σ%0358,01225,10
0036,0 =
- Errorestandard della media
o eqmdella media N
m
σσ = 0016,0
60036,0 =
Gli ultimi due parametri (coefficientedi variazionee errorestandard della media o eqmdella media) li
vedremo in seguito, così come il concetto di gradi di libertà (perché n-1 e non n). Non diamo qui
dimostrazione del perché questi parametri sono i più efficaci, riportando solo quanto un grande
statistico Fischer ha detto : “La grande fiducia che tutti gli specialisti hanno in questi parametri è
probabilmente basata assai più sulla eccellenza dei risultati ottenuti dopo anni di uso continuato,
che non sulle dimostrazioni formali.”
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3.2.3 - I gradi di libertà
Nella serie di misure in Tab. 3.2 abbiamo sei valori indipendenti in senso matematico, cioè non vincolati da relazioni.
Indipendenti non significa che non dipendono da nulla, perché quantomeno dipendono dal
dispositivo sperimentale adottato (se sono lunghezze dipenderanno dalla bindella o dal
distanziometro), ma significa che nessun valore della serie può essere dedotto dalla conoscenza
degli altri valori. Sono cioè indipendenti fra loro. In tal caso diremo che una serie di n valori ha n
gradi di libertà.
Consideriamo ora gli scarti xi della serie: il primo valore non determina il secondo e così via fino al
penultimo. L’ultimo è determinato e può essere calcolato a partire dai primi cinque valori perché la
somma algebrica degli scarti deveessereugualea zero. Perciò, nella seriedegli scarti cinque valori sono
indipendenti fra loro e non sei, ovvero i gradi di libertà della serie scarti sono n-1.
Passando dalla serie misure alla serie scarti si perde sempre un grado di libertà.
I gradi di libertà sono la differenza tra il numero di dati disponibili ed il numero di relazioni che li
vincolano.
Non è il numero totale dei dati che conta, ma il numero dei dati indipendenti.
3.2.4 - Una serie di misure come campione di una popolazione
La statistica è una scienza induttiva: trae conclusioni generali a partire da dati particolari. La serie
di misure prima vista altri non è che un campione estratto dalla popolazione delle misure possibili
di quella grandezza, che sono infinite.
Il problema che si pone, però, è questo: fino a che punto il campione esprime le caratteristiche
della popolazione originaria? Come si potrebbe caratterizzare quantitativamente una popolazione
ideale sostanzialmente infinita?
L’esperienza ha dimostrato, assai più delle dimostrazioni teoriche, che la maggior parte delle
misurazioni possono considerarsi estratte da popolazionidistribuitenormalmente.
Una distribuzione normale ha una sua definizione matematica ben precisa, ma a noi basta sapere
che in una popolazione normalmente distribuita uno dei valori apparirà con frequenza massima, e i
valori più bassi o più alti di questo compariranno con una frequenza tanto minore quanto si
allontanano dal valore più frequente. La curva ha una forma a campana ed è simmetrica rispetto al
valore di massima frequenza.
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La curva normale, detta curva o distribuzionedi Gauss è compiutamente nota quando si conoscono
l’ascissa della sommità della curva, che è il valoremedio, e la distanza da questo dei punti di flesso
della curva, simmetrici a destra e a sinistra della media, che altri non sono che ladeviazionestandard.
La figura 3.1 mostra la distribuzione normale di una popolazione con media µ e deviazione
standard± σ . I valori che si allontanano dalla media sono più rari di quelli ad essa vicini.
L’espressione matematica della curva, che è asintotica, ci dice che tutti gli individui della
popolazione stanno sotto la curva tra -∞ e +∞ ; la probabilità che un individuo preso a caso fra la
popolazione presenti un valore compreso entro un intervallo assegnato è data dal calcolo dell’area
sottesa dalla curva in quell’intervallo. Questi valori sono contenuti in apposite tavole.
frequenzerelative
valori
-3σ -2σ -σ σ 2σ 3σ0
µxn-k xn+k
Fig. 3.1
Per esempio il 68,26% della popolazione si trova nell’intervallo µ ± σ , il 94,44% fra µ ± 2σ , il
99,73% fraµ ± 3σ , il 100% fra µ ± ∞ .
Fissato un intervallo sull’asse dei valori reali, posso leggere sulla curva la probabilità che una
misura entro l’intervallo.
3.2.5 - La stima diµµ e di σσ
La miglior stima della media µ della popolazione è la media aritmetica X ; la miglior stima della
deviazione standardσ della popolazione è la deviazione standard S del campione.
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Nella tabella 3.1 la media X =10,1225 non è il valore della vera media µ della popolazione di
origine del campione, ma la miglior stima che riusciamo a fare.Noi però vogliamo anche sapere in quale misura la nostra stima X della media si approssima al
vero valoreµ, la cui esatta conoscenza non avremo mai, perché la popolazione è infinita e noi non
possiamo esaminare tutta la popolazione.
3.2.6 - L’errore standard della media
In riferimento alla tabella 3.1 abbiamo rappresentati i parametri statistici X e S del campione
estratto dalla popolazione delle misure possibili. Supponiamo ora di estrarre dalla popolazione unaltro campione di sei misure e calcoliamo la media 1X (pure essa una stima di µ): il suo valore sarà
leggermente diverso da X .
Procediamo analogamente ottenendo un altro campione di sei individui e quindi una media 2X e
così via. Se ripetessimo infinite volte questa operazione otterremmo una popolazione di campioni
ciascuno con il suo valore della media. Esiste un teorema fondamentale che dice che : “Se una
popolazione è distribuita normalmente con media µ e deviazione standard σ, le medie di un
numero infinito di campioni, ciascuno composto da n individui estratti a caso dalla popolazione, si
distribuiscono secondo la curva normale la cui media è µ e la cui deviazione standard è
n=m σσ .
Dalla tabella 3.1 quindi la deviazione standard della media stimata del campione di sei valori è
data da 0,00160,0036=nS=Sm = (questo nell’ipotesi che 1nx
S2i
−= ∑ ).
Poiché i parametri della distribuzione delle medie sono µ eσm e la loro stima è X e Sm , è sempre
possibile con l’ausilio delle citate tavole trovare la percentuale di individui della popolazione delle
medie o probabilità che si trovi in un intervallo mSX ⋅κ ± .
Con riferimento ora alla figura 3.2 si vede come le medie calcolate a partire da un campione
oscillino molto meno attorno alla media di quanto non facciano gli individui che costituiscono il
campione.
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frequenze
relative
valoriµ-σ σ
Distribuzione di mediedi campioni di 12 valori
Distribuzione di mediedi campioni di 6 valori
Distribuzione dei datiindividuali
Fig. 3.2
Si vede anche che quanto è maggiore la dimensione del campione ovvero il numero n di individui
che lo compongono, tanto minore è la dispersione delle medie attorno al valore vero.
Al limite, quando ∞→n , la deviazione standard tende a zero e quindi la media stimata tende alla
media vera, ovvero alla misura “vera”.Concludendo, che cosa dobbiamo fare quando abbiamo una serie di misure:
1. Occorre calcolare la media X e la varianza S2 o la sua radice S (deviazione standard) dopo
aver appurato che nella serie di misure non vi siano errori grossolani o sistematici.
2. Una serie di misure deve essere considerata come un campione di n individui estratti da una
popolazione ideale, infinita, che è caratterizzata dai due parametri mediaµ e varianza σ2 (dalla
sua deviazione standardσ). I parametri veriµ eσ non possono essere determinati con esattezza
a partire dal campione, ma le migliori stime che si possono avere sono X e S2 (o S).3. Se da una popolazione si estraggono dei campioni di n individui, i valori ottenuti per le medie di
questi campioni oscillano intorno alla veraµ, costituendouna popolazionedi mediei cui parametri
sono la media µ e la deviazione standard, o errore standard della media, σm . Partendo da un
solo campione di n individui si può ottenere una stima del vero errore standard con la formula
nS=Sm .
Generalmente i parametri che abbiamo visto funzionano bene nel descrivere il fenomeno.
Esistono però casi, che non sono quelli abituali delle popolazioni di misure, in cui le stime dei
parametri statistici possono non essere efficaci. Ciò in particolare quando non si riesce a modellare
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il fenomeno della distribuzione dei dati, che, giova ripeterlo, nel caso delle misure l’esperienza ci
ha mostrato essere proprio normale.
3.3 La propagazione dell’errore medio
Abbiamo visto come la media e la varianza di una variabile casuale monodimensionale siano in
grado di rappresentarne il baricentro e la dispersione. In topografia però raramente si misura
direttamente la quantità che si vuole determinare: ad esempio si misurano angoli azimutali, zenitali,
distanze e dislivelli per determinare coordinate ecc..
Occorre allora poter ricavare la media e la varianza della variabile casuale funzione di altre variabili casuali, ovvero derivare le caratteristiche di aleatorietà della grandezza misurata
indirettamente, una volta noti i parametri caratteristici delle quantità misurate direttamente.
3.3.1 - La propagazione dell’errore medio per le funzioni lineari o non lineari di grandezzeosservate indipendenti
Consideriamo la funzione lineare:
( ) l...Zc Y bXaZ,... Y,X,f ++++= (3.4)
in cui le grandezze X, Y, Z, ... siano indipendenti tra loro e direttamente misurabili.
Siano X1, Y 1, Z1, ... ; X2, Y 2, Z2, ... ; .....; Xn, Y n, Zn, ... serie di valori delle grandezze X, Y, Z, ...
ovvero si estragga un campione di n valori di ciascuna variabile.
Potremo scrivere, per ognuna delle serie di valori, le relazioni:
( )
( )
( ) l...Zc Y bXa,...Z, Y ,Xf
...........
l...Zc Y bXa,...Z, Y ,Xf
l...Zc Y bXa,...Z, Y ,Xf
nnnnnnn
2222222
1111111
++++=
++++=++++=
(3.5)
sottraendo ciascuna di queste dalla f si ottiene:
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ...Z-Zc Y - Y bX-Xaf f
...........
...Z-Zc Y - Y bX-Xaf f
...Z-Zc Y - Y bX-Xaf f
nnnn
2222
1111
+++=−
+++=−+++=−
(3.6)
Ponendo
11f f ε=− , 11 xXX =− , 11 y Y Y =− , 11 zZZ =− (3.7)
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22f f ε=− , 22 xXX =− ......…..... .……..... (3.8)
Si ottiene:
....czbyax
..........
....czbyax
....czbyax
nnnn
2222
1111
+++=ε
+++=ε+++=ε
(3.9)
Queste relazioni esprimono linearmente gli errori indotti in f dagli errori di misura delle grandezze
X, Y, Z, ... .
Quadrandole si ha:
....zbcy2zacx2 yabx2....zc ybxa
..........
....zbcy2zacx2 yabx2....zc ybxa
....zbcy2zacx2 yabx2....zc ybxa
nnnnnn2n
22n
22n
22n
22222222
222
222
222
11111121
221
221
221
+++++++=ε
+++++++=ε
+++++++=ε
(3.10)
Sommando membro a membro:
... yxab2...zc ybxan
1
ii
n
1
2i
2
n
1
2i
2
n
1
2i
2
n
1
21i +++++=ε ∑∑∑∑∑ (3.11)
Se gli errori da cui sono affette le misure sono solo accidentali, questi avranno identica probabilità
di essere positivi o negativi. Quindi, al crescere del campione di n elementi, la loro frequenza tende
a livellarsi; perciò le sommatorie
..., yxab2n
1
ii∑ (3.12)
tendono a zero.
Quindi, per n grande, possiamo scrivere:
....zc ybxan
1
2i
2n
1
2i
2n
1
2i
2n
1
21i +++=ε ∑∑∑∑ (3.13)
da cui, dividendo ciascun termine per n,
....n
z
cn
y
bn
x
an
n
1
2i
2
n
1
2i
2
n
1
2i
2
n
1
21i
+++=
ε ∑∑∑∑(3.14)
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
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94 Capitolo 3
Indicando con σf , σx , σ y , σz , ... rispettivamente gli errori medi di una determinazione semplice
delle grandezze f , X, Y, Z, ... la relazione diventa:
....cba 2z22
y
22
x
22
f +σ+σ+σ=σ (3.15)
Se la funzionenon èlinearema la si può linearizzare sviluppandola in serie di Taylor arrestata al 1°
ordine attorno a valori osservati Xi, Y i, Zi, ... delle grandezze indipendenti, l'espressione della
varianza σ2 della funzione f è analoga a quella sopra scritta, ove si pongano, al posto dei
coefficienti a, b, c, i quadrati delle derivate delle derivate parziali di f rispetto alle grandezze
osservabili X, Y, ….
...., y
f ,
x
f 2
o
2
o
∂∂
∂∂
(3.16)
calcolate per un valore approssimato.
Quanto ora detto per le funzioni non lineari ha la seguente spiegazione. Si abbia la funzione f (X,
Y, ...) in cui X, Y, ... rappresentano grandezze indipendenti e direttamente misurabili. Eseguendo
una serie di misure si otterranno per X, Y, ... dei valori osservati X1, Y 1, .. ; X2, Y 2, .. che saranno
affetti da errori x1, y1, ... ; x2, y2, ... . Avremo cioè, per esempio
X = X1 + x1 , Y = Y 1 + y1 , ....... (3.17)
( ) ( )..., y Y ,xXf ..., Y ,Xf 1111 ++= (3.18)
e, di conseguenza, al 1° ordine dello sviluppo in serie di Taylor
( ) ( ) .... y Y
f x
X
f ..., Y ,Xf ..., Y ,Xf 1
1
1
1
11 +⋅
∂∂
+⋅
∂∂
+= (3.19)
Le derivate al 2° membro sono valori noti che indichiamo con a1, b1, c1, .... . L’errore che si ha in f
sostituendo i valori osservati X1, Y 1, ... in luogo dei veri sarà dato da
... ybxa 11111 +⋅+⋅=ε (3.20)
Considerando ora le altre osservabili X2, Y 2, ..., Xk , Y k , ..., Xn, Y n, ... si avranno altrettante
relazioni analoghe alla precedente nelle quali i coefficienti a2, b2, ...., ak , bk , ...., an, bn, ....,
rappresentano le derivate di f rispetto a X, Y, ..., coi valori X1, Y 1, ..., X2, Y 2, ..., Xn, Y n, ... .
E’ evidente che data la concentrazione delle variabili osservate si potranno assumere per i
coefficienti a, b, c, .... valori unici ottenuti sostituendo nelle derivate
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
16/67
Il trattamento statistico dei dati 95
∂∂
∂∂
∂∂
Z
f ,
Y
f ,
X
f , .... (3.21)
valori prossimi di X, Y, Z, ... .
Per esempio quelli generici Xi, Y i, Zi, ... di una serie di osservazioni. Si possono quindi scrivere le
relazioni
....czbyax
..........
....czbyax
....czbyax
nnnn
2222
1111
+++=ε
+++=ε+++=ε
(3.22)
che sono perfettamente analoghe a quelle trovate per le funzioni lineari.
3.3.2 - La propagazione dell’errore medio per le funzioni lineari o non lineari di grandezzeosservate dipendenti
Riprendiamo l'espressione generale vista prima nel caso indipendente lineare
... yxab2...zc ybxa ii ii21
2i
21
2i
21
2n
1
21 +++++=ε ∑∑∑∑∑ (3.23)
o linearizzata, generalmente intorno al valore medio o ad una osservabile
∑
∑∑∑∑
+⋅
∂∂
⋅
∂∂
⋅+
+⋅
∂∂
+⋅
∂∂
+⋅
∂∂
=ε
i ii00
i2i
2
0i
2i
2
0i
2i
2
0
n
1
21
yx y
f
x
f 2
...zz
f y
y
f x
x
f
KK
(3.24)
dove, per i motivi suddetti, il doppio prodotto è, per n grande, tendente a zero.
Supponiamo invece che le grandezze X, Y, Z, ... non siano tra loro indipendenti e valutiamo cosa
succede. Si può immediatamente vedere che i termini dei doppi prodotti yx ii∑ non tendono azero al crescere di n perché il comportamento di una variabile (variabile scarto X-Xi=xi , Y-Y i=yi ,
....) dipende dal comportamento dell'altra.
Si può vedere che la yx ii∑ altro non è che la sommatoria del prodotto degli scarti e chen yx
i ii∑ altro non è che lamedia del prodotto degli scarti ( )ii yxM .
L'espressione del doppio prodotto risulta, pertanto, nei due casi sopra visti, quando si passa alle varianze:
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
17/67
96 Capitolo 3
• ( )xyabM2....ba 2 y22
x
22
f ++σ+σ=σ (caso lineare)
(3.25)
• ( )xyM y
f
x
f 2....
y
f
x
f
mm
2 y
2
m
2x
2
m
2f
∂∂
∂∂
++σ
∂∂
+σ
∂∂
=σ (caso non lineare)
(3.26)
Si può dimostrare che l'espressione ( )xyM è equivalente al prodotto delle variazioni standard
yx σ⋅σ per un coefficiente r xy .
Quest'ultimo, detto coefficientedi correlazionelineare, misura il grado di dipendenza lineare fra le
variabili.
Esso può variare tra -1 e +1.
Si sottolinea, infine, che la espressione ( )xyM , equivalente a yxxyr σ⋅σ⋅ si trova quasi sempre o
spesso scritta nella forma xyσ .
( ) yx yxxyxy V V MrxyM =σ⋅σ⋅=σ= (3.27)
3.3.3- La propagazione della varianza mediante la matrice di varianza-covarianza
Abbiamo visto la legge di propagazione della varianza esposta nel modo classico. Si può procedere
però anche in altro modo, costruendo la matrice di varianza-covarianza.
Occorre premettere alcune considerazioni.
Partiamo dal teorema della media. Sia y g x= ( ) una trasformazione da R n a R m ed X una variabile
casuale multidimensionale.
Per definizione la media della funzione g x( ) è:
[ ]M g x g x f x dx( ) ( ) ( )= ⋅ ⋅−∞
+∞
∫ (3.28)
dove f(x) è la densità di probabilità congiunta della x.
Posto che esista, la media di y è data da:
[ ] [ ]M y M g x= ( ) (3.29)
La media è una operazione lineare:
Infatti posto y=Ax+b[ ] b AMxb AxMMy +=+= (3.30)
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
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Il trattamento statistico dei dati 97
Se poi la variabile x è ben concentrata attorno alla media, in modo tale da poter scrivere:
)Mxx( J)Mx(g)x(g y x −⋅+≅= (3.31)
si ha:
[ ])Mxx( JM)Mx(gMy x −⋅+= (3.32)
ma siccome [ ]M x Mx( )− = 0
My g Mx= ( ) (3.33)
Nella variabile casuale a più dimensioni, oltre alla media posso definire i momenti della variabile
casuale mono o n-dimensionale, funzione di altre variabili casuali.
Concentriamo l’attenzione sui momenti del 2° ordine:
[ ]c M x Mx x Mxik i i k k = − ⋅ −( ) ( ) (3.34)
e per i=k
[ ]c M x Mxkk k k k = − =( )2 2σ (3.35)
cioè la varianza della componente k-esima.
Per i≠k cik è la covarianza delle componenti i,k.
Naturalmente cik =cki
Se passo alla forma matriciale si ha:
[ ] [ ]{ } [ ]C c M x Mx x Mx M X MX X MXXX ik i i k k T= = − ⋅ − = − ⋅ −( ) ( ) ( ) ( ) (3.36)
CXX è la matrice di covarianza della v.c. X
Come già fatto per la media voglio determinare la covarianza di una variabile casuale Y funzione di
un vettore X di variabili casuali.
Nel caso di funzione lineare si ha:
Y=AX+b (3.37)
dato che
MY A MX b= ⋅ + (3.38)
operando per sottrazione si ottiene:
Y MY A X MX− = ⋅ −( ) (3.39)
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
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98 Capitolo 3
che è lo scarto della variabile casuale Y
Per la covarianza si ha:
[ ] [ ] [ ]{ }C M Y MY Y MY M A X MX X MX A YY T T T= − ⋅ − = ⋅ − ⋅ − ⋅( ) ( ) ( ) ( ) (3.40)
Per la linearità della media:
[ ]C A M X MX X MX A A C A YY T T
XXT= ⋅ − ⋅ − ⋅ = ⋅ ⋅( ) ( ) (3.41)
Questa è la legge di propagazione della covarianza per funzioni lineari.
Si noti che per Y scalare si ha:
Y a X a Xn n= ⋅ + + ⋅1 1 K (3.42)
in questo caso A è un vettore eC YY è uno scalare.
C A C A a a c YY Y XXT
i k ik i k = = ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅∑σ2 , (3.43)
se cik =0 per i≠k, allora le componenti Xi sono indipendenti:
σ σ Y i iii ii
a c a2 2 2 2= ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅
∑ ∑(3.44)
La formula appena vista fornisce il grado di dispersione di una grandezza Y funzione lineare di
altre grandezze Xi misurate in modo indipendente.
E’ infine possibile, come fatto per la media, generalizzare la legge di propagazione della covarianza
nel caso in cui Y non sia lineare nelle componenti X.
Si ha:
Y g X g MXg X
x
X MX
MX
= ≅ +
⋅ −( ) ( )
( )( )
∂
∂
(3.45)
e applicando le formule del caso lineare:
Cg X
xC
g X
x J C J YY
MX
XX
MX
T
X XX XT≅
⋅ ⋅
= ⋅ ⋅∂
∂∂
∂( ) ( )
(3.46)
con JX Jacobiano della variabile X
Nel caso in cui Y sia uno scalare si ha:
σ ∂∂
∂∂ Y i k
ik ik g XX
g XX
c2 =
⋅
⋅∑ ( ) ( ) (3.47)
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
20/67
Il trattamento statistico dei dati 99
e se X ha solo due componenti:
σ ∂∂
σ ∂∂
σ ∂∂
∂∂
σ Y M
x
M
x
Mx Mx
x xg xx
g xx
g xx
g xx
X X
2
1
2
2
2
2
2
1 21 2 1 2
2=
⋅ +
⋅ + ⋅
⋅
⋅( ) ( ) ( ) ( ) (3.48)
3.4 - Il criterio di massima verosimiglianza e il principio dei minimi quadrati
Supponiamo di avere una grandezzaη della quale si facciano n osservazioni l indipendenti; siano
v1, v2, .... vn gli errori di osservazione.
η−=
η−=η−=
nn
22
11
l v
......
l vl v
(3.49)
Il problema è quello di determinare il valore più probabile di η sulla base delle n osservazioni l, il
che equivale a trovare i più probabili valori per i vi .Questi ultimi, nelle ipotesi fatte, sono n
variabili casuali, ciascuna delle quali segue la distribuzione normale, la cui densità di probabilità è
data dalla
( )
2
i
i v
2
1
i
i e2
1 vf
σ−
⋅πσ
= (3.50)
Siccome le variabili sono fra loro indipendenti per il teorema delle probabilità composte, la
probabilità che avvengano n eventi contemporaneamente è data dal prodotto delle probabilità dei
singoli eventi, si ha che la funzione densità di probabilità congiunta è data dal prodotto delle varie
funzioni componenti:
( )
∑⋅
σ
⋅⋅σ
⋅σ
π
=
=⋅πσ
⋅⋅⋅πσ
⋅⋅πσ
=
σ−
σ−
σ−
σ−
n
1
2
i
i
2
n
n2
2
22
1
1
v
2
1
n21
n
v
2
1
n
v
2
1
2
v
2
1
1
n21
e1
....11
2
1
e2
1 ....e
2
1e
2
1 v,..., v, vf
(3.51)
La funzione ( )n21 v,..., v, vf densità di probabilità raggiunge il massimo del suo valore quando
l’esponente raggiunge il minimo, ovvero
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
21/67
100 Capitolo 3
min vn
1
2
i
ii =∑
σ
(3.52)
Se introduciamo una costante arbitraria oσ non viene modificato il risultato della condizione di
minimo, in quanto oσ rappresenta numericamente un fattore di scala.
min vn
12i
2i
2o
i =∑ σσ
(3.53)
Detto Pi= 2i
2o
σ
σ, peso dell’osservazione, la condizione di minimo diventa:
minPv v vP t2in
1
ii ==∑ (3.54)
Una osservazione che abbia varianza 2o2i σ=σ ha peso 1 e perciò è chiamata varianza dell’unità di
peso.
3.4.1- Il principio dei minimi quadrati applicato alla compensazione con il metodo delle
osservazioni indirette
Questo tipo di compensazione riguarda sistemi di equazioni lineari o linearizzate che hanno un
numero di equazioni maggiore del numero di variabili. I sistemi sovradeterminati non hanno una
soluzione unica e quindi si cerca la soluzione migliore (di minima varianza).
Supponiamo di poter scrivere, per ognuna delle n misure (di distanza, di angoli e di dislivelli),
effettuate in un rilievo, una relazione del tipo ( ) 0,xf i =α , dove x è il vettore delle m incognite e
α il vettore delle r quantità misurate. A causa degli errori di misura presenti nelle quantità α, errori che riterremo di tipo accidentale
ovvero escludendo errori sistematici o grossolani, il legame tra osservazioni e incognite avrà un
residuo v. In poche parole, se risolvessimo nel sistema sovradeterminato un numero di equazioni
uguale al numero delle incognite x avremmo un sistema esattamente determinato. Sostituendo però
le incognite x nelle rimanenti equazioni del sistema sovradeterminato queste non sono
identicamente nulle, ma ammettono dei residui v dovuti agli errori di misura.
Conviene pertanto determinare le incognite x in modo tale che i residui siano ripartiti in ragione
proporzionale all’incertezza delle osservazioni, così che sia minima la sommatoria dei loro scarti
quadrati.
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
22/67
Il trattamento statistico dei dati 101
Il sistema sovradeterminato è del tipo ( ) v,xf =α , dove ogni equazione alle misure è del tipo
( )ii
v,xf =α
.
Vi sono due problemi da risolvere.
Il primo è che non tutte le equazioni del sistema “contano allo stesso modo”, occorre cioè pesarle.
Il secondo è che molto spesso le equazioni si presentano in forma non lineare e perciò occorre
linearizzarle.
La soluzione al secondo problema è semplice in quanto se supponiamo che le quantità misurate αi
non siano eccessivamente disperse, ovvero siano affette da errori solo accidentali e piccoli, anche
le xk non differiranno eccessivamente tra di loro.
Sarà perciò possibile trovare dei valori approssimati delle incognite x e operare un cambiamento di
variabili del tipo xxx o δ+= sviluppabile in serie di Taylor arrestata al primo ordine.
Esplicitando una equazione ( ) ii v,xf =α generica del sistema si ha:
( ) imom
i2
o2
i1
o1
ioi vx
x
f .....x
x
f x
x
f ,xf =δ
∂∂
++δ
∂∂
+δ
∂∂
+α (3.55)
dove il primo termine è una quantità nota li e i coefficienti
ok
i
x
f
∂∂
(3.56)
delle nuove incogniteδxk costituiscono una matrice A.
Il nuovo sistema lineare (o linearizzato) assume la forma vlx A =+δ in m incognite δx e n
incognite v.
Il primo problema, quello dei pesi delle equazioni, può essere ricondotto alla determinazione della
varianza dell’osservazione. Anche senza doverla stimare empiricamente attraverso l’analisi delladistribuzione di ogni singola osservazione, si può fare riferimento, nell’ambito delle misure, alla
varianza dello strumento di misura. Il peso da assegnare a ciascuna equazione è perciò
inversamente proporzionale alla varianza dell’osservazione.
La matrice dei pesi P è una matrice diagonale del tipo:
n
2
1
P0000......
0..P0
0..0P
P= (3.57)
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
23/67
102 Capitolo 3
Il sistema sottodeterminato vlx A =+δ , associato alla condizione di minimo pesato della somma
degli scarti al quadrato, dà luogo ad un sistema esattamente determinato detto sistema normale
normalesistema imominPv
vlx A 2
⇒
=
=+δ
∑(3.58)
la cui soluzione è data da:
( ) Pl A PA A
x
..
x
x
x t1t
m
2
1
−−=
δ
δδ
=δ (3.59)
La stima delle varianze delle incognite δx è data dai termini diagonali hii della matrice quadrata
( ) 1tPA A − moltiplicati per un termine 2oσ detto varianza dell’unità di peso.
Questo è formato dalla sommatoria degli scarti pesati al quadrato divisi per la ridondanza del
sistema, ovvero
mn
Pv v
mn
Pv t22
o −=−=σ
∑(3.60)
Le covarianze Cik tra le incognite determinate sono date dal 2oσ moltiplicato per i termini fuori
diagonale hik .
ik 2oik hC ⋅σ= (3.61)
3.4.2 - Il sistema “normale”
Il sistema vlx A =+δ in n equazioni e m incognite (m
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
24/67
Il trattamento statistico dei dati 103
( ) ( ) ( )
)1,1()1,n)(n,1(
1,nn,nn,1
dv
..
dv
dv
P
..
P
P v.. v v
n
2
1
n
2
1n21
== (3.63)
La matrice 1*1 è ovviamente uguale alla sua trasposta e perciò:
( ) Pvdv vPdvPdv vPdv v tttttt === (3.64)
in quanto PPt = essendo questa una matrice diagonale. Si ha pertanto
0Pvdv 0Pvdv2 tt =⇒= (3.65)
L’abbinamento:
=
=+δ⇒
=
=+δ
0Pvdv
vlx A
minPv v
vlx A tt
(3.66)
Dalla A x l vδ + = si ha, facendone la trasposta,
( )ttttttt A xddv l A x v δ=⇒+δ= (3.67)
ovvero
( )( ) 0Pv A xd
0Pvdv
A xddvtt
t
ttt
=δ⇒
=
δ=(3.68)
e ancora, tenuto conto che vlx A =+δ
( ) ( ) 0lx A P A xd tt =+δδ (3.69)
Questa equazione è soddisfatta qualunque sia il differenziale ( )txd δ e pertanto l’equazione diventa:
( ) 0Pl A xPA A 0lx A P A ttt =+δ⇒=+δ (3.70)
cioè:
( ) Pl A PA A x t1t −−=δ (3.71)
Dimensionalmente si vede che il sistema è “normale”.
Infatti:
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
25/67
104 Capitolo 3
( ) ( )( )( ) ( )
( ) ( ) ( )( ) ( )( )( ) ( )
( ) ( )( ) ( )1,m1,mm,mx1,nl
1,m1,nn,nn,mPl A n,m A
m,mPA A n,nP
m,mm,nn,nn,mPA A m,n A
tt
1t
t
==δ==
===
−
(3.72)
Nell’applicazione delle osservazioni indirette è sempre bene scrivere delle relazioni che legano le
quantità misurate a delle coordinate incognite dei punti da rilevare in un prefissato sistema
cartesiano. Così facendo si evita il rischio di scrivere un sistema nel quale le equazioni non sono
indipendenti.
ESERCIZIO N.6
Del triangolo in figura sono stati misurati due lati e l’angolo compreso (Fig. 3.3).
Fig. 3.3
Sia :
a=1.000 m
c=1.500 m
β=50g
σd=(3+2D [Km]) [mm]
σa=5 mm
σc=6 mm
σβ=5cc
=0g
,0005= rad2000005,0
π
⋅
Determinare :
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
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Il trattamento statistico dei dati 105
1. La lunghezza del lato b e la sua varianza
2. La superficie S del triangolo e la sua varianza
3. Il coefficiente di correlazione tra il lato b e la superficie S
• Calcolo della superficie S :
S ac sin= ⋅1
2 β =530.330,0859 m2
• Calcolo della varianza della superficie S :
t
SacS
2
S JC J ⋅⋅=σ β
[ ]09,53033055,35333,530cosac2
1sina
2
1sinc
2
1S
c
S
a
S JS =
β⋅β⋅β⋅=
∂β∂
∂∂
∂∂
=
⋅=
σσ
σ=
−β
β112
2c
2
a
ac
101685028,600
0000036,00
00000025,0
00
00
00
C
σS2
= 28,8802 m4
σS=5,3740 m2
S=530.330,08 m2± 5,37 m2
• Calcolo della lunghezza del lato b :
Dal teorema di Carnot si ricava b2 :
b2=a2+c2-2ac⋅cosβ
b=1.062,3934 m
• Calcolo della varianza di b :
Jb
a
b
c
b a c
b
c a
b
ac sin
bb =
=
− ⋅ − ⋅ ⋅
=∂∂
∂∂
∂∂β
β β β2 22
2 2
2
2
2
cos cos
[ ]= − ⋅ −57098 10 074632 99836862, , ,
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
27/67
106 Capitolo 3
Cac
a
cβ
β
σ
σ σ=
= ⋅
−
2
2
2 11
0 0
0 00 0
0000025 0 0
0 0000036 00 0 61685028 10
,
,,
σb2 = 8,1618⋅10-5 m2
σb=9,0342⋅10-3 m
b=1062,39 m± 9,03 mm
• Calcolo della correlazione tra la misura del lato b e la superficie S :
=σ β⋅ β⋅+σ β⋅ β⋅−+σ β⋅ β⋅−=σ β22c2abS
2
cosac
b
sinac
2
sina
b
cosac
2
sinc
b
cosca
=4,1402⋅10-2 m3
=σ⋅σ
σ=
Sb
bSbSr 0,8528=85,3%
Il lato b e la superficie S sono molto correlati.
ESERCIZIO N.7
In questo secondo caso siano noti del triangolo due angoli (α, β ) e il lato compreso (Fig. 3.4).
Fig. 3.4
Sia :
c=1.000 m
α=50g
β=70g
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
28/67
Il trattamento statistico dei dati 107
σα=σβ=0g,001
σd=(5+3D [Km]) [mm]
Determinare :
1. La lunghezza del lato a e la sua varianza
2. La lunghezza del lato b e la sua varianza
3. La superficie S e la sua varianza
4. Il coefficiente di correlazione tra i lati a e b
• Calcolo della lunghezza dei lati a, b e della superficie S :
γ =200g-50g-70g=80g
σα=σβ=0001200
, π
= 1,5708ž10-5 rad
σc=8 mm=0,008 m
Dal teorema dei seni si ricava :
csin
bsin
asinγ β α= =
( )a c
sin
sin= ⋅
+α
α β
( )b c
sin
sin= ⋅
+β
α β
( )
S a b sin csin sin
sin
= ⋅ ⋅ = ⋅
+
=1
2
1
2
2γ α β
α β
331.229,9241 m2
( )b c
sin
sin=
+ =
βα β
936,8597 m
( )a c
sin
sin=
+ =
αα β
743,4961 m
• Calcolo della varianza di b :
t
bcb
2
b JC J ⋅⋅=σ βα
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
29/67
108 Capitolo 3
( )
( ) ( )
( )
( )
( )
[ ]4041697002,3047580303394,7819368597017,0
sin
cossinc
sin
cossinsincosc
sin
sinbb
c
b J
22b
−=
=
β+α
β+α−β⋅
β+α
β+α⋅β−β+α⋅β⋅
β+αβ
=
∂α∂
∂β∂
∂∂
=
Cc
c
βα β
α
σσ
σ=
= ⋅⋅
−
−
2
2
2
10
10
0 0
0 0
0 0
0000064 0 0
0 2467 10 0
0 0 2 467 10
,
,
,
σb2 = 2,2983ž10-4 m2
σb = 1,5160ž10-2 m
b=936,8597 m± 0,0151 m
• Calcolo della varianza di a :
σ βαa c atC J2 = ⋅ ⋅ Ja
( )
( )
( )
( ) ( )
( )
[ ]
Ja
c
a a sin
sin
c sin
sinc
sin sin
sina =
= +
− ⋅ + ⋅
+ ⋅
⋅ + − ⋅ +
+
=
=
∂∂
∂∂β
∂∂α
αα β
α β α
α β
α α β α α β
α β
cos cos cos
, , ,
2 2
0743496068920 241576516863966 985072585784335
Cc
c
βα β
α
σσ
σ=
= ⋅⋅
−
−
2
2
2
10
10
0 0
0 0
0 0
0000064 0 0
0 2467 10 0
0 0 2 467 10
,
,
,
σa2 = 2,8921ž10-4 m2
σa = 1,7006ž10-2 m
a=743,4960 m± 0,0170 m
• Calcolo del coefficiente di correlazione tra i lati a e b :
C J
JC J Jab
a
bc a b
a ab
ab b
=
⋅ ⋅
= ⋅ ⋅
⋅ ⋅
=
− −
− −
L L
L L
M M
M M
βα
σ σσ σ
02892 10 01652 10
01652 10 02298 10
3 3
3 3
2
2
, ,
, ,
rabab
a b
=⋅
=σ
σ σ0,6406=64%
I lati a e b sono significativamente correlati
• Calcolo della varianza dell’area S :
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
30/67
Il trattamento statistico dei dati 109
σ βαS c StC J2 = ⋅ ⋅ JS
( )( ) ( )
( )( ) ( )
( )
J
S
cS
S
csin sinsin
c sinsin sin
sin
c sinsin sin
sin
St =
=
⋅ ⋅+
⋅ ⋅ ⋅ + − ⋅ +
+
⋅ ⋅ ⋅ + − ⋅ +
+
=
∂∂∂∂β∂∂α
α βα β
α β α β β α β
α β
β α α β α α β
α β
1
2
1
2
6224598
2763932023
4388530504
2
2
2
2
cos cos
cos cos
,
. ,
. ,
Cc
c
βα β
α
σσ
σ=
= ⋅
⋅
−
−
2
2
2
10
10
0 0
0 0
0 0
0000064 0 0
0 2467 10 0
0 0 2 467 10
,
,
,
σS2 = 94,4560 m4
σS = 9,7188 m2
S=331.229,92 m2± 9,71 m2
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
31/67
110 Capitolo 3
ESERCIZIO N.8
Si vuole determinare l’area di una figura triangolare (Fig.3.5) rilevata per coordinate polari
(direzioni angolari rispetto ad un asse di riferimento e distanza).
Siano noti :
L1=30g
L2=110g
L3=250g
d1=500 m
d2=1.000 m
d3=500 m
σd=(5+2⋅D [Km]) [mm]
σL=0g,001
Determinare :
L’area S e la sua varianza
• Calcolo dell’area S come somma
delle 3 aree S1, S2, S3 :
α1=L2-L1=80g
α2=L3-L2=140g
α3=400-(L3-L1)=180g
σd1=6 mm=0,006 m
σd2=7 mm=0,007 m
σd3=6 mm=0,006 m
σ π
L rad= = ⋅ −0001
20015708 10 5, ,
( ) ( ) ( )[ ]S S S S d d sin d d sin d d sin= + + = + + =1 2 3 1 2 1 2 3 2 3 1 31
2 α α α 478.645,5020 m2
(*)
Fig. 3.5
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
32/67
Il trattamento statistico dei dati 111
• Calcolo della varianza di S:
Si applica la legge di propagazione della varianza all’equazione (*), doveα1,α 2, α3 NON sonoindipendenti ma dipendono da L1, L2, L3.
C J C JL LL Lt
αα = ⋅ ⋅
CLL
L
L
L
L=
= ⋅
σσ
σσ
12
22
32
2
0 0
0 0
0 0
1 0 0
0 1 0
0 0 1
JL =
−
−−
1 1 0
0 1 1
1 0 1
C Lαα σ= ⋅− −
− −− −
2
2 1 1
1 2 1
1 1 2
σS S xx St J C J2 = ⋅ ⋅
Cxx
L L L
L L L
L L L
d
d
d
=
− −− −− −
=
2 0 0 02 0 0 0
2 0 0 0
0 0 0 0 0
0 0 0 0 0
0 0 0 0 0
2 2 2
2 2 2
2 2 2
12
22
3
2
σ σ σσ σ σσ σ σ
σσ
σ
=
⋅ − ⋅ − ⋅− ⋅ ⋅ − ⋅− ⋅ − ⋅ ⋅
− − −
− − −
− − −
49348 10 24674 10 24674 10 0 0 0
24674 10 49348 10 24674 10 0 0 0
24674 10 24674 10 49348 10 0 0 0
0 0 0 0000036 0 0
0 0 0 0 0000049 0
0 0 0 0 0 0000036
10 10 10
10 10 10
10 10 10
, , ,
, , ,
, , ,
,
,
,
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
33/67
112 Capitolo 3
J
d d
d d
d d
d sin d sin
d sin d sin
d sin d sin
St = ⋅
+++
=
−−
1
2
772542486
1469463131
1188820645
5527825
4400184
4817627
1 2 1
2 3 2
3 1 3
2 1 3 3
1 1 3 2
2 2 1 3
cos
cos
cos
. ,
. ,
. ,
,
,
,
ααα
α αα αα α
σS2 = 50,9320 m4
σS = 7,13 m2
S=478.645,50 m2± 7,13 m2
ESERCIZIO N.9 (STIMA DELLA PRECISIONE DELLA MISURA DI UNA BASE
CON STADIA ORIZZONTALE)
Con l’avvento dei distanziometri ad onde elettromagnetiche la misura indiretta delle distanze con
metodi stadimetrici ha perso l’importanza che aveva nei rilevamenti celerimetrici.
Solo l’uso della stadia orizzontale in invar risulta ancora attuale quando si debbano misurare corte
basi con elevata precisione. Infatti in questo caso la precisione dei distanziometri ad onde risente
degli errori indipendenti dalla distanza (difficilmente inferiori a 2 ÷ 3 mm), mentre con la stadia
orizzontale la precisione sulla distanza dipende da quella di misura dell’angolo azimutale.
Fig. 3.6
Volendo misurare la distanza L AB (Fig. 3.6) con una stadia orizzontale, è preferibile eseguire
battute da 25 m oppure da 50 m ?
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
34/67
Il trattamento statistico dei dati 113
Siano noti :
σω =0 0002g, (precisione nella misura angolare)
m2=l (lunghezza stadia)
L AB=500 m (lunghezza del tratto da misurare)
ω=
2gcot
2d
l
5451,2200
d22g
g
m25
=π
⋅≅
ω l
2730,12
g
m50
≅
ω
D dii
n
==∑
1
con: n=20 per d=25 m
n=10 per d=50 m
ω
⋅=
π⋅⋅⋅
ω
=σ⋅
⋅
ω
⋅=σ−
ω
2sen
105708,1
200
0002.0
2
1
2sen
1
2
1
2sen
1
2 2
6
22d
l
σ σD dn= ⋅
( )( )
σ D m sin256
220
15708 10
25451= ⋅
⋅
=
−,
,0,0044 m
( )( )
σ D m sin506
210
15708 10
12730= ⋅
⋅
=
−,
,0,0124 m
Effettuando battute da 25 m si ha una precisione superiore.
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
35/67
114 Capitolo 3
ESERCIZIO N.10 (MEDIA PONDERATA)
La quota di un caposaldo T è stata calcolata a partire dai punti R i con incertezza proporzionale alle
distanze di. Determinare la quota più probabile di T.
• Calcolo dei pesi Pi:
Il peso Pi vale2i
20iP
σσ= dove i
2i d∝σ eσ0
2 è la varianza a priori (arbitraria) che per comodità
viene assunta pari ai
i2
4d
d σ⋅ (d4 = 2460,50 m).
La quota∑
∑ ⋅=i
ii
T P
PQQ
Posto qi=Qi-118,70
R i Qri (m) di (m) Pi qižžPi (mm) V ižž10-4 V ižžPižž10-4 V i2žžPižž10-8
1 118,715 1560,80 1,576 23,640 -37 -58,312 2157,544
2 118,721 2315,20 1,063 22,323 23 24,449 562,327
3 118,726 1840,30 1,337 34,762 73 97,601 7124,873
4 118,714 2460,50 1,000 14,000 -47 -47,000 2209,000
5 118,718 980,60 2,509 45,162 -7 -17,563 122,941
ΣΣ 7,485 139,887 -0,825 (≈≈0) 12176,685
R1
R2
R3
R4R5
T
σ i id2
∝d4
Fig. 3.7
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
36/67
Il trattamento statistico dei dati 115
• Calcolo la media ponderata:
=⋅+= −485,7
10887,13970,118Q3
T 118,719m
• Calcolo dell’errore quadratico medio della media ponderata:
S V P
n Pmi i
i
= ± ⋅
− = ±
⋅− ⋅
= ±∑∑
−2 8
1
12176685 10
5 1 74850002
( )
,
( ) ,,
• Calcolo della quota del punto T:
QT=118,719m± 0,002m
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
37/67
116 Capitolo 3
Esercizi di compensazione delle osservazioni indirette
ESERCIZIO N.11 (RETTA INTERPOLANTE)
Sono date le coordinate piane di tre punti (Fig. 3.8).
1 (2 ; 4)
2 (4,2 ; 5,8)
3 (6 ; 8)
Trovare la retta interpolante i punti 1, 2, 3.
• Determinazione della equazione della
retta :
y=ax+b
ax+b-y=0
dove i coefficienti a e b sono incogniti
• Determinazione del sistema di equazioni :
2 4
42 58
6 8
1
2
3
a b v
a b v
a b v
+ − =+ − =
+ − =
, ,
• Risoluzione del sistema normale :
Ax+l=v
A =
2 1
42 1
6 1
, l =−
−−
4
58
8
,
( )a
b A A A lt t
= −
−1
A A t =
5764 122
122 3
, ,
, ( ) A A t
−= ⋅
−−
1 1
2408
3 122
122 5764,
,
, , A lt =
−−
8036
1780
,
,
a
b
= − ⋅
−−
=
1
2408
2392
4560
09934
18937,
,
,
,
,
Fig. 3.8
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
38/67
Il trattamento statistico dei dati 117
y=0,9934x+1,8937
v =−
−
012027
015
,,
,
• Calcolo delle varianze :
σ02 011= = v vt ,
σ σ2 02
11 0113
2408
00137( ) ,
,
,a h= ⋅ = ⋅ =
σ σ2 02
22 0115764
240802633( ) ,
,
,,b h= ⋅ = ⋅ =
σ( ) ,a = ±012
σ( ) ,b = ±051
06,008,24
2,1211,0h12
20ab =
−⋅=⋅σ=σ
ESERCIZIO N.12
Supponiamo di aver misurato una distanza divisa in due tronchi allineati, in andata e ritorno,
osservando i seguenti valori
Misurati :
d01=10,00 m
d02=50,00 m
d10=10,01 md12=40,00 m
d20=50,01 m
d21=39,98 m
Noti:
σ σd d mm01 10 1= =
σ σ σ σd d d d mm02 12 20 21 33= = = = ,
Determinare :
1 20
x1
x2
y
Fig. 3.9
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
39/67
118 Capitolo 3
1. I valori più probabili di x1 e x2
2. Il coefficiente di correlazione lineare tra x1 e x2
1° metodo di risoluzione :
• Determinazione del sistema di equazioni :
Scelto un sistema di riferimento X e chiamata con x1 la coordinata del punto 1 e con x2 quella del
punto 2, si può scrivere il sistema alle misure :
x d v
x d v
x d v
x x d v
x d v
x x d v
1 01 1
2 02 2
1 10 3
2 1 12 4
2 20 5
2 1 21 6
− =− =− =− − =− =− − =
• Costruzione della matrice dei pesi :
Pii
= σσ
02
2
posto σ02 10= si ha :
P=
10 0 0 0 0 0
0 1 0 0 0 0
0 0 10 0 0 00 0 0 1 0 0
0 0 0 0 1 0
0 0 0 0 0 1
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
40/67
Il trattamento statistico dei dati 119
• Risoluzione del sistema normale :
A =−
−
1 0
0 1
1 0
1 1
0 1
1 1
xx
x=
1
2
l =
−−−−−−
1000
5000
1001
4000
5001
3998
,
,
,
,
,
,
Il sistema Ax+l=v è già lineare.
La soluzione è data da :
( )x A PA A Plt t= − −1
A Pt = − −
10 0 10 1 0 1
0 1 0 1 1 1 A PA t =
−−
22 2
2 4
( ) A PA t −
= ⋅
1 1
84
4 2
2 22
A Plt = −
−
12012
17999
,
, ( ) A PA A Plt t
−= ⋅
⋅
−−
= −
1 1
84
4 2
2 22
12012
17999
1000548
5000024
,
,
,
,
=
0002,50
0055,10
x
x
2
1
v = −−−
000548
000024
000452
000524
000976
001476
,
,
,
,
,
,
• Calcolo delle varianze :
σ02
6 2000021=
− =
− =
v Pv
n m
v Pvt t,
σ σ2 1 02 11 000001( ) ,x h= ⋅ =
σ σ2 2 02
22 000006( ) ,x h= ⋅ =
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
41/67
120 Capitolo 3
mm2,3)x( 1 =σ
mm4,7)x(2 =σ
• Calcolo della correlazione tra x 1 e x 2 :
C hx x1 2 02
12 000001= ⋅ =σ ,
rC
x xx xx x
1 2
1 2
1 2
021=⋅
=σ σ( ) ( )
,
2° metodo di risoluzione :
Se avessimo preso i valori medi delle misure corrispondenti, avremmo ottenuto :
( )d d d m01 01 101
21005= + = ,
( )d d d m02 02 201
25005= + = ,
( )d d d m12 12 211
23999= + = ,
Le varianze diventano :
σ σ2 012
01
1
2( ) ( )d d= ⇒ =σ( )d mm01
2
2
σ σ σ2 022
122
02
1
2( ) ( ) ( )d d d= = ⇒ = = = ⋅σ σ σ( ) ( ) ( ) ,d d d mm02 12 02
2
233
• Costruzione della matrice dei pesi :
Pii
= σσ
02
2
posto σ02 5= si ha :
P =
10 0 0
0 1 0
0 0 1
• Determinazione del sistema di equazioni :
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
42/67
Il trattamento statistico dei dati 121
x v
x v
x x v
1 1
2 2
2 1 3
10005
50005
3999
− =
− =− − =
,
,
,
• Risoluzione del sistema normale :
A =−
1 0
0 1
1 1
xx
x=
1
2
l =−−−
10005
50005
39990
,
,
,
A Pt = −
⋅
= −
1 0 10 1 1
10 0 00 1 0
0 0 1
10 0 10 1 1
A PA t = −
−
11 1
1 2 ( ) A PA t
−= ⋅
1 1
21
2 1
1 11 A Plt =
−−
60060
89995
,
,
=
−−
⋅
⋅−=
0002,50
0055,10
995,89
060,60
111
12
21
1
x
x
2
1
−=0047,0
0048,00005,0
v
• Calcolo delle varianze :
σ σ2 1 02
116453 10( ) ,x h= ⋅ = ⋅ −
σ σ2 2 02
2252 10( )x h= ⋅ = ⋅ −
mm1,2)x( 1 =σmm0,5)x( 2 =σ
• Calcolo della correlazione tra x 1 e x 2 :
C hx x1 2 02
12
6227 10= ⋅ = ⋅ −σ ,
rC
x xx xx x
1 2
1 2
1 2
021=⋅
=σ σ( ) ( )
,
Come si vede, l’aver preso i valori medi porta ai medesimi risultati in termini di parametri
incogniti, pur variandone la varianza in quanto le osservazioni sono più precise.
-
8/17/2019 Monti - Capitolo 3
43/67
122 Capitolo 3
ESERCIZIO N.13 (ANELLO DI LIVELLAZIONE GEOMETRICA)
Si è eseguita una livellazione geometrica di precisione nel centro di Milano, seguendo lo schema in
figura 3.10.
I dislivelli fra i capisaldi e le distanze fra di essi sono riportati di seguito.
Il vertice di Brera ha quota di -768,0 mm rispetto ad una caposaldo di quota zero situato all’Arena.
Tale dato è stato ricavato dalla rete catastale.
Fig. 3.10
Noti :
Quota origine : Q1=-768,0 mm (Brera)
Quote approssimate : Q2=-1.575,0 mm (P.le Baracca)
Q3=-945,0 mm (P.ta Venezia)
Misure effettuate : ∆21 1 2= − =Q Q 809,4 mm
∆32 2 3= − =Q Q -634,4 mm
∆13 3 1= − =Q Q -177,4 mm
Determinare :
1. Le quote Q2 e Q3
2. La varianza delle incognite e la loro correlazione.
Con il metodo delle osservazioni indirette scrivo una equazione per ogni ramo di livellazione
misurato; l’equazione esprimerà che la differenza tra le quote dei due estremi del ramo di
livellazione è pari al dislivello misurato. Si scriveranno perciò 3 equazioni nelle 2 incognite Q2 e Q3
essendo la quota Q1 (Brera) assegnata a priori.
• Determinazione del sistema di equazioni :
-
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Il trattamento statistico dei dati 123
Malgrado il sistema sia chiaramente lineare è comodo passare a nuove incognite prima di applicare
il metodo dei minimi quadrati, in quanto così facendo possiamo lavorare con quantità
ragionevolmente piccole. Assumendo quindi come incognite le variazioni delle quote rispetto alle
quote approssimate, e posto :
Q Q x x2 2 2 215750= + = − +. ,
Q Q x x3 3 3 39450= + = − +,
Si ottiene il seguente sistema di equazioni :
Q Q x vQ x Q x v
Q x Q v
1 2 2 21 1
2 2 3 3 32 2
3 3 1 31 3
− − − =+ − − − =+ − − =
∆∆
∆
Ordinando rispetto a x2, x3 si ottiene :
− + + − − =− + − − =
+ + − + − =
x Q Q v
x x Q Q v
x Q Q v
2 1 2 21 1
2 3 2 3 32 2
3 1 3 31 3
0
0
( )
( )
( )
∆∆∆
A xx
xl=
−−
=
=
−
1 0
1 1
0 1
240
440
040
2
3
,
,
,
• Calcolo della matrice dei pesi P :
Nel metodo dei minimi quadrati con osservazioni indirette il peso di ogni singola equazione
corrisponde al peso della misura che essa contiene. Partendo dal presupposto cheσi2∝ di, si ha:
Pk k
di i i= =
'
σ2,
e, posto k=10
di [Km] 1/ di Pi
2,49 0,40 4
4,65 0,22 2,2
1,74 0,57 5,7
-
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124 Capitolo 3
P=
4 0 0
0 22 0
0 0 57
,
,
• Risoluzione del sistema normale :
A PA t = −
−
⋅
⋅−
−
= −
−
1 1 0
0 1 1
4 0 0
0 22 0
0 0 57
1 0
1 1
0 1
62 22
22 79,
,
, ,
, ,
( ), ,
, , A PA t − =
1
0178975985501 0049841413683
0049841413683 0140462165836
A Plt = −
−
⋅
⋅−
=−
1 1 0
0 1 1
4 0 0
0 2 2 0
0 0 57
24
44
04
1928
740,
,
,
,
,
,
,
x A PA A Plt t= − = −
−( ),
,1
308
008
Da cui si ricavano le quote :
Q2=-1.575,0 - 3,08=-1.578,08 mm
Q3=-945,0 + 0,08=-944,92 mm
• Calcolo degli scarti v :
Per il calcolo degli scarti (errori) sostituiamo le incognite nel sistema matriciale normale
v = Ax+l
v =
068
124
048
,
,
,
• Calcolo della matrice di varianza-covarianza e delle σσQ2 eσσQ3 :
Innanzitutto determino la varianza dell’unità di peso:
$σ02 = − v Pvm n
t
-
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Il trattamento statistico dei dati 125
dove : m= numero equazioni (3)
n= numero incognite (2)
v Pvt = 6,55
m-n=1
$σ02 = 6,55 mm2
Varianza delle incognite:
C A PA xxQ Q Q
Q Q Q
t=
= ⋅ = ⋅
=
−σ σσ σ
σ2 2 33 2 3
2
2 02 1 655
0178976 0049841
0049841 0140462
117 032
032 091$ ( ) .
. .
. .
, ,
, ,
σQ2 = ± 1,08 mm
σQ3 = ± 0,96 mm
Q2=-1.578,08 mm± 1,08 mm
Q3=-944,92 mm± 0,96 mm
rQ QQ Q
Q Q2 3
2 3
2 3
032
108 0960308=
⋅ =
⋅ =
$
$ $
,
, ,,
σ
σ σ
La correlazione è di circa il 31%
ESERCIZIO N.14 (COMPENSAZIONE DI UN QUADRILATERO ALLE
OSSERVAZIONI INDIRETTE)
Si supponga di rilevare una stanza con sole misure lineari.
Fissato un sistema di riferimento arbitrario, possiamo scrivere le equazioni alle distanze, che poi
andranno in questo caso necessariamente linearizzate attorno a valori approssimati. Consideriamo
come osservabili il quadrato della distanza (cfr. in 4.2.2).
x
32
1
y
4
Fig. 3.11
-
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126 Capitolo 3
( ) ( )x x y y d vi k i k ik ik − + − − =2 2 2
In tal caso particolare attenzione va posta alla determinazione dei pesi, propagando l’incertezza diosservazione da d alla nuova osservabile d2. Posto
x x x
x x x
i i i
k k k
= +
= +
δ
δM
y y y
y y y
i i i
k k k
= +
= +
δ
δM
( ) ( )x x x x y y y y d vi i k k i i k k ik ik + − − + + − − − =δ δ δ δ2 2 2
[ ]f x y f x yf x y
xx
ii( , ) ( , )
( , )= +
⋅ +0
0
∂∂
δ L
[ ] ( ) ( )f x y x x y y di k i k ik ( , ) 02 2 2= − + − =
( )∂∂f
xx x
i
i k = ⋅ −2 ; ( )∂
∂f
xx x
k
i k = − ⋅ −2
L’equazione linearizzata è dunque:
( ) ( ) ( ) ( )2 2 2 2 2 2⋅ − ⋅ − ⋅ − ⋅ + ⋅ − ⋅ − ⋅ − ⋅ + − =x x x x x x y y y y y y d d vi k i i k k i k i i k k ik ik ik δ δ δ δ
Pl
=12σ( )
l d dik ik = −2 2 ⇒ = − ⋅ ⋅σ σ( )l ik dd ik 2 P dik ik dik
=⋅ ⋅
1
4 2 2σ
12 = 5 m x1 = 0 m y1 = 0 m δx1 = 0 m
23= 7 m x2 = 0 m y2 = 5 m δ y1 = 0 m
=34 5,2 m x3 = 7 m y3 = 5,2 m
=41 7,6 m x4 = 7,6 m y4 = 0 m δ y4 = 0 m
=24 9,0 m
=13 9,2 m
122 v y5212 =δ⋅⋅
-
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Il trattamento statistico dei dati 127
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) 23222
2323 v752,507 y y52,52xx07223 =−−+−+δ−δ⋅−⋅+δ−δ⋅−⋅
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ] 34222334 v2,52,5076,7 y02,502xx76,7234 =−−+−+δ−⋅−⋅+δ−δ⋅−⋅( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ] 412
22
4 v6,70006,700002x06,70241 =−−+−+−⋅−⋅+δ−⋅−⋅
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ] 24222
224 v0,95006,7 y0502xx06,7224 =−−+−+δ−⋅−⋅+δ−δ⋅−⋅
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ]13 2 7 0 0 2 52 0 0 7 0 52 0 923 3 22 2
13⋅ − ⋅ − + ⋅ − ⋅ − + − + − − =δ δx y v, , ,
13
24
41
34
23
12
43214321
v60,804,10000140013
v76,1001002,1502,15024
v000002,1500041
v36,004,10002,12,10034
v04,004,04,0001414023 v000100000012
vl y y y yxxxx
−−
−−−
δδδδδδδδ
δδδδ
δ
=δ
3
2
4
3
2
y
y
x
x
x
x
−
=
60,8
76,1
0
36,004,0
0
l
−
−−−
=
4,1000140
0102,1502,15
002,1500
4,1002,12,104,04,001414
010000
A
2
ik
2
ik
ik d4
1P
σ⋅⋅=
Poniamo cm1ik ±=σ per tutte le misure, supposte fatte con una rotella metrica
0100,0154
1P
2212 =
⋅⋅=
P23 2 2
1
4 7 100051=
⋅ ⋅ = ,
P34 2 2
1
4 52 100092=
⋅ ⋅ =
,,
P41 2 2
1
4 76 1 00043= ⋅ ⋅ =, ,
-
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128 Capitolo 3
P24 2 2
1
4 9 100031=
⋅ ⋅ = ,
P13 2 2
1
4 92 100030=
⋅ ⋅ =
,,
P=
10 0 0 0 0 0
0 51 0 0 0 0
0 0 92 0 0 0
0 0 0 4 3 0 0
0 0 0 0 31 0
0 0 0 0 0 30
,
,
,
,
,
( )δx A PA A Plt t= − −1
A Pt =
− −−
−
0 714 0 0 4712 0
0 714 1104 0 0 42
0 0 1104 6536 4712 0
100 204 0 0 31 0
0 204 9568 0 0 312
, ,
, ,
, , ,
,
, , ,
A PA t =
− − − −− − −− −− − −− −
1715824 9996 716224 44264 2856
999 6 1600848 13248 2856 350544
716224 13248 1722944 4712 114816
44264 2856 4712 1310816 0816
2856 350544 114816 0816 1320368
. , , , , ,
, . , , , ,
, , . , , ,
, , , . , ,
, , , , . ,
( ) A PA t −
− − − − −
− − − − −
− − − − −
− − − −
=
⋅ ⋅ ⋅ ⋅ − ⋅⋅ ⋅ ⋅ ⋅ − ⋅⋅ ⋅ ⋅ − ⋅ − ⋅
⋅ ⋅ − ⋅ ⋅ − ⋅
1
3 4 4 4 4
4 3 4 4 4
4 4 4 4 4
4 4 4 4
146 10 983 10 546 10 318 10 277 10
983 10 132 10 382 10 2 23 10 364 10
546 10 382 10 852 10 114 10 164 10
318 10 223 10 114 10 916 10 419 10
, , , , ,
, , , , ,
, , , , ,
, , , , , −
− − − − −− ⋅ ⋅ − ⋅ − ⋅ ⋅
5
4 4 4 5 4277 10 364 10 164 10 419 10 862 10, , , , ,
A Plt =
−−
−
8579
36232
8691
5448
23379
,
,
,
,
,
-
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Il trattamento statistico dei dati 129
( ) A PA A Plt t− =
−−−−−
1
0352
0434
0079
0058
0063
,
,
,
,
,
δδδδ
δ
x
x
x
y
y
2
3
4
2
3
0352
0434
0079
0058
0063
=
,
,
,
,
,
x y
x m y m
x m y m
x y
1 1
2 2
3 3
4 4
0 0
0352 5058
7434 5263
7679 0
= == == == =
, ,
, ,
,
v12 058= ,
v23 119= ,
v34
059=
,
v41 120