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    Capitolo 3

     Il trattamento statistico deidati

    3.1- Generalità

    Nel descrivere i fenomeni, occorre da un lato elaboraredei modelli (cioè delle relazioni matematiche

    fra le grandezze, che consentano di descrivere e prevedere il fenomeno) e dall’altro darsi degli

    strumenti per verificare il grado di approssimazione di queste elaborazioni (essenzialmente

    interrogando la realtà fisica, cioèmisurando grandezze).

    3.1.1 - Misura delle grandezze

    Non è possibile qui analizzare le delicate e profonde questioni implicite nella definizione e

    classificazione delle grandezze e dell’operazione di misura; basti pensare che non è immediato

    decidere se un valore, attribuito ad una grandezza con un qualche procedimento, si possa definire

    misura di quella grandezza (è intuitivo cosa significa misurare una lunghezza, più problematico è

    affermare che il quoziente intellettivo è una misura dell’intelligenza oppure definire un metodo di

    misura del benessere di una nazione). Ci limitiamo pertanto ad affermare che il concetto di misura

    non può prescindere dalla considerazione delle caratteristiche dello strumento con cui la si

    effettua, delle sue interazioni con l’ambiente e con la definizione (talvolta soltanto implicita) di un

    modello della grandezza stessa, che viene assunto come soddisfacente agli scopi del procedimento

    di misura.

    In seguito l’attenzione verrà posta sulle caratteristiche dello strumento e sull’interazione fra esso e

    l’ambiente, poiché da queste nasce una variabilità dei risultati (esiti numerici) dell’operazione di

    misura. Per meglio comprendere invece il significato del modello implicitamente assunto per la

    grandezza misurata, si consideri ad esempio la misura del diametro di un pistone. Parlando didiametro implicitamente ammetto che la sezione del pistone sia circolare: se però spingessi la

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    raffinatezza del metodo di misura al disotto del micrometro e ripetessi la misura in posizioni

    diverse, dovrei concludere che in realtà la circolarità, per le imprecisioni di lavorazione, è un

    modello troppo semplice, per descrivere una sezione del pistone, rispetto ai dati misurati.

    3.1.2 - Incertezza di misura

    L’esigenza di introdurre l’incertezza nasce dalla osservazione sperimentale che la ripetizione della

    misura di una medesima grandezza in talune condizioni porta a risultati diversi. Pensiamo alla

    misura della lunghezza di una trave rettilinea, effettuata con un metro graduato in millimetri. Se la

    trave è lunga diversi metri, la variabilità dei risultati nasce almeno da due cause:

    a) siamo costretti a riportare più volte lo zero del metro

    b) se valutiamo la lunghezza al millimetro, dobbiamo stimare a quale tacca della graduazione

    corrisponde l’estremo della trave.

    In ogni ripetizione del processo i riporti e la stima sono soggetti a fluttuazioni “accidentali” che

    generano perciò piccole variazioni nel valore finale stimato della lunghezza.

    Notiamo che:

    •  tanto maggiore è il numero di riporti, tanto maggiori saranno le discordanze fra le ripetizionidella misura;

    •  se la trave fosse lunga meno di un metro, non occorrendo riporti, le misure differirebbero al più

    per 1 millimetro.

    Da queste osservazioni si comprende che qualsiasi strumento/ metodo di misura ha una propria

    incertezza. Questa è messa in evidenza quando le condizioni in cui si svolge il processo di misura

    introducono un rumore superiore alla sensibilità dello strumento e quando intendiamo usare lo

    strumento ai limiti della sua sensibilità (ad esempio, se volessimo stimare il decimo di mm con la

    riga millimetrata). Se misurassi invece al cm (cioè arrotondando le letture al cm) con la stessa riga,

    in assenza di riporti otterrei sempre lo stesso valore: ho usato uno strumento di sensibilità superiore

    a quella richiesta, e le condizioni d’impiego non hanno introdotto incertezze superiori al cm.

    La considerazioni sopra fatte ci impongono allora di abbandonare il concetto di valore di una

    grandezza come entità a sé stante: dovremo sempre esprimere il risultato di ogni operazione di

    misura associando al valore numerico la valutazione dell’incertezza con cui esso è stato ricavato.

    Esistono, accanto alle fluttuazioni accidentali, anche le cosiddette cause sistematiche di errore, lacui natura emerge chiaramente considerando il modello usato per descrivere il fenomeno.

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    3.1.3 - Approssimazione del modello

    Ogni descrizione matematica di un fenomeno fisico, utilizzata per esprimere il valore di una data

    grandezza in funzione di altre grandezze o parametri, deve ricorrere a semplificazioni, sia per

    ragioni operative sia per la difficoltà di scendere a certi livelli di dettaglio nella analisi dei fattori in

    gioco.

    Il modello deve essere perciò:

    a)  il più semplice possibile, perché sia utilizzabile facilmente (non richieda la conoscenza o la

    misura di troppi parametri);

    b) complicato quanto necessario, in relazione alla approssimazione (incertezza) che si richiede ai

     valori predetti dal modello stesso.

    Nel modello si distinguono una componente funzionale ed una stocastica, che sono strettamente

    connesse.

    La componente funzionale descrive analiticamente la relazione fra la grandezza osservabile ed i

    parametri (fisici, geometrici) che sono ad essa collegati. La rilevanza, il numero ed il ruolo di questi

    parametri entro il modello deve essere valutato in relazione alla incertezza da ottenere nella stimadella osservazione: infatti, in funzione di tale valore, potranno assumere importanza o meno effetti

    di tipo sistematico che possono essere modellizzati, sia pure al prezzo di un maggiore impegno

    nell’esecuzione delle misure e/o nel controllo della variabilità di determinati fattori ambientali.

    La componente stocastica del modello è invece legata al complesso delle cause di variabilità del

     valore osservato che non si includono esplicitamente nel modello funzionale: essa tiene conto cioè

    della dispersione delle misure dovuta a cause, dette accidentali, che sfuggono ad una

    modellizzazione analitica o che si decide di non modellizzare analiticamente perché troppo

    complesse.

    Per comprendere meglio la natura delle due componenti, consideriamo la misura di una distanza

    piana L con una rotella metrica centimetrata, lunga 50 m.

    Supponiamo che il coefficiente di dilatazione termica della rotella metrica sia b=10-5 C-1 e che la

    temperatura nell’ambiente di misura sia di 20 °C superiore a quella rispetto a cui la rotella metrica

    è stata graduata. Analogamente, supponiamo che il coefficiente di allungamento del materiale

    costituente la rotella metrica sia a kg= ⋅   − −5 10 5 1 e che la tensione applicata in fase di misura sia di

    5 kg.

    Le corrispondenti variazioni di lunghezza della rotella metrica sono quindi pari a

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    cm1C10C20m50TbL 151   =⋅⋅⋅⋅=∆⋅=∆  −−

    cm25,1kg105kg5m50FaL15

    2   =⋅⋅⋅⋅=⋅=∆  −−

    E’ evidente che se voglio misurare con incertezza vicina al cm devo tenere conto della

    deformabilità della bindella, cioè in sostanza devo correggere i valori misurati Loss delle quantità

    ∆L1 e∆L2.

    Il modello funzionale diventa perciò

    ( )FaTb1LLoss   ⋅−∆⋅−⋅= (3.1)dove Loss rappresenta la stima di L, cioè la valutazione della lunghezza ottenuta in base alle misure

    fatte (se ripetessi la misura in presenza di disturbi accidentali, il valore numerico di Lcambierebbe). Il modello funzionale include quindi due effetti sistematici (la dilatazione termica e

    l’allungamento dovuto alla forza applicata), considerati lineari, che richiedono di conoscere i valori

    di b ed a, oltre alla misura di T ed F. Questo è il prezzo che bisogna pagare per ottenere una

    corretta valutazione della distanza.

    Osservazioni:

    1.  In condizioni ambientali stabili e con forza applicata costante, se non correggo ottengo una

    lunghezza Loss  minore di L (lunghezza effettiva): commetto cioè un errore di stima dellagrandezza a cui sono interessato. La caratteristica di questo errore, per ciò che dipende da F e

    ∆T, è il fatto che posso prevederne l’entità, perché sono in grado di descriverlo analiticamente:

    un errore di questo tipo è detto sistematico e la sua presenza denota una inadeguatezza del

    modello funzionale.

    2. Supponiamo di voler misurare una lunghezza per cui sia necessario il riporto, analogamente a

    quanto detto per il righello più sopra. Eseguiamo diverse serie di misure, variando in modo

    casuale da una serie all’altra le condizioni ambientali e le forze applicate, senza correggere leosservazioni. Ottengo allora una dispersione di risultati assai maggiore rispetto al caso

    precedente, in cui i valori osservati sono divisi in tanti gruppetti, ciascuno corrispondente ad

    una serie di misura. In sostanza, se vario in modo accidentale le condizioni ambientali e la

    forza, queste cause assumono, se non corrette, un comportamento di tipo accidentale, poiché

    aumentano la dispersione delle osservazioni. Pertanto la distinzione fra comportamento

    sistematico ed accidentale, pur chiara concettualmente, all’atto pratico dipende dalle condizioni

    specifiche. Spesso, quando è presente un comportamento sistematico che tuttavia non si riesce

    a correggere (ad esempio perché non è noto il valore di un parametro da cui esso dipende),

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    l’unica alternativa è proprio quella di rendere artificialmente accidentale il sistematismo,

    ripetendo più volte la misura.

    Nelle operazioni topografiche gli strumenti impiegati, le condizioni operative e ambientali, le

    modalità di misura sono tali per cui l’incertezza di misura deve quasi sempre essere considerata. Si

    pone pertanto il problema di una corretto trattamento dei dati rilevati.

    3.1.4 - I fenomeni aleatori

    Ci sono fenomeni il cui esito non è prevedibile a priori. Ad esempio:

    •  il risultato del lancio di un dado

    •  la misura di una lunghezza

    •  il peso di uno studente scelto a caso

    •  l’istante in cui nascerà il prossimo bambino a Milano

    Studiando ciascuno di questi fenomeni tuttavia ci accorgiamo che, per quanto incapaci di

    prevedere con esattezza il risultato del singolo evento, siamo però in grado evidenziare delle

    regolarità, di descrivere un comportamento “in media”. La descrizione sarà perciò sfumata, ma pursempre ricca di informazioni: essa passa attraverso l’assegnazione di probabilità agli eventi. Nel

    caso che più interessa la topografia, ovvero la misura di grandezze, l’affermazione appena fatta

    implica l’assunzione che la variabilità (ovvero l’incertezza) di misura di tipo accidentale possa

    essere descritta a priori da un meccanismo di tipo probabilistico, cioè che le oscillazioni dei valori

    osservati siano rappresentabili come estrazioni da una variabile casuale (cfr. più avanti). Questa

    affermazione può essere presa semplicemente come giustificazione empirica di un criterio

    operativo assai fruttuoso, senza cioè ricercare implicazioni causali: poiché il trattamento statistico

    dei dati mi consente una maggior comprensione del fenomeno e mi offre una capacità previsionale

    e decisionale fondate teoricamente e confermate praticamente, è sensato adoperarlo.

    Le discipline che studiano come descrivere e interpretare i fenomeni aleatori sono la teoria della

    probabilità e la statistica. La prima, essenzialmente deduttiva, insegna a costruire le probabilità di

    eventi complessi a partire da un modello stocastico noto. La seconda, di tipo induttivo, cerca di

    ricostruire un modello stocastico a partire da eventi già realizzati; essa si articola nella teoria della

    stima (la ricerca della miglior strategia di interrogazione della realtà per estrarre informazioni sul

    fenomeno) e nell’inferenza, cioè nella verifica di ipotesi sul modello interpretativo del fenomeno,

     verifica che, necessariamente, si effettua sulla base di dati “estratti” dal fenomeno.

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    3.2 - I parametri statistici

    Considereremo serie di misure affette da soli errori di tipo accidentale.

     Avendo raccolto una serie di dati su una popolazione, occorrono indici che riassumano fedelmente

    le informazioni contenute nei dati. Questi valori, destinati arappresentarei dati originali di una serie

    di misure vengono detti parametri statistici della serie.

    Presentare la totalità delle misure permette di conoscere pienamente il fenomeno, ma comporta

    due inconvenienti: il primo è che l’insieme di dati non è chiaro e tale chiarezza peggiora

    all’aumentare delle misure: occorre presentare gli stessi in forma più sintetica; il secondo è che

    l’insieme non si presta a calcoli e a confronti.Il secondo inconveniente è assai peggiore del primo. Si può risolvere il problema introducendo

    rappresentazioni grafiche, tipo istogrammi, che sono di sicuro effetto, ma non consentono calcoli

    ulteriori, né test rigorosi, sono cioè presentazioni, in termini statistici, poco efficaci.

    Infatti intuitivamente possiamo dire che un parametro statistico è tanto più efficace quanto meglio

    riassume il contenuto informativo dei dati iniziali con la minor perdita di informazioni e quanto

    meglio si presta a calcoli ulteriori e test.

    Nel campo delle misurazioni i parametri statistici più efficaci sono la media aritmetica dei dati e la

    varianza o ladeviazionestandard.

    3.2.1- La media

    La media aritmetica, conosciuta fin dai tempi antichi, è il valore centrale attorno a cui si

    distribuiscono i dati.

    ∑   ⋅= i   ii   f   X  N 1

    µ (3.2)

    dove le f i sono le frequenze relative degli N valori argomentali X i. Essa racchiude solo una partedell’informazione sui dati perché le manca una caratteristica essenziale, quella cioè di non dire

    come i valori sono disposti intorno ad essa.

    Infatti se, ad esempio, prendiamo tre serie di misure (tabella 3.1):

    1000=media19001000;100;serie3

    1000=media11001000;900;serie2

    1000=media10011000;999;serie1

    a

    a

    a

    Tab. 3.1

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    la media è la stessa per le tre serie, ma il significato di ciascuna serie è profondamente diverso

    perché lo è la dispersione dei valori.

    Se avessimo ora altre 3 serie di misure con dispersioni analoghe alle tre precedenti e con media

    1010, è chiaro che la differenza è netta nel caso della 1° serie, discutibile per la 2° serie, priva di

    significato per la3°.

    3.2.2 - La varianza e la deviazione standard

    Contrariamente alla media, che in quanto baricentro dei dati è un concetto quasi intuitivo, la

     varianza, che misura la dispersione dei valori attorno alla media, e corrisponde dunque al momento

    d’inerzia, lo è assai meno.

    Cercando di definire un indice di dispersione, fra i tanti che si possono adottare, l’intervallo di

    variazione, definito dalla differenza tra la più piccola e la più grande delle misure, rappresenta una

    nozione semplice e intuitiva. Un’analisi più attenta mostra però che essa non tiene conto della

    distribuzione dei dati all’intorno. Essa poi è poco robusta, cioè sensibile agli errori grossolani;

    inoltre i valori estremi sono i più influenzati dalle oscillazioni accidentali e sono instabili: se si

    ripetono le misure questi valori possono variare grandemente.

    Un altro parametro intuitivo e semplice è la deviazionemedia o scarto, ovvero la differenza fra ungenerico valore della serie e il valore medio. Lo scarto medio si ottiene facendo la media dei valori

    assoluti degli scarti ed è di facile comprensione.

    Lavarianza e la deviazionestandard sono i parametri di dispersione più utilizzati nei comuni studi

    statistici.

    La varianza, che si indica generalmente con laσ 2, è definita matematicamente come:

    ( )∑   ⋅−= i   ii   f   x N 22   1

    µσ (3.3)

    Ladeviazionestandard altri non è che la radice σ della varianza. Supponiamo di avere la seguente

    serie di grandezze lineari:

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    0001,00735,60

    102,40065,0 1225,10129,10129,10

    102,20015,01225,10121,10121,10

    102,20015,0 1225,10124,10124,10

    102,10035,01225,10119,10119,10

    102,60025,01225,10120,10120,10

    105,20005,01225,10122,10122,10

    )(

     deg

    2

    5

    6

    6

    5

    6

    7

    ==−=⋅=−⋅−=−⋅=−⋅−=−⋅−=−⋅−=−

    =−

    ∑∑∑−

    iii

    iii

     x N  X  X 

     x X m X 

     scartiliQuadratiScartiValori

    µ

    µ

    Tab. 3.2

    da cui

    - Media   ∑   ⋅= i   ii   f   X  N 1

    µ 60,735/6 = 10,1225

    - Varianza   ∑   ⋅= i   ii   f   x N 22   1

    σ 0,0001/ 5 = 1,31⋅10-5

    - Deviazionestandard o e.q.m. 2σ=σ 0036,01031,1 5 =⋅   −

    - Coefficientedi variazioneµ

    σ%0358,01225,10

    0036,0 =

    - Errorestandard della media

    o eqmdella media N 

    m

    σσ   = 0016,0

    60036,0 =

    Gli ultimi due parametri (coefficientedi variazionee errorestandard della media o eqmdella media) li

     vedremo in seguito, così come il concetto di gradi di libertà (perché n-1 e non n). Non diamo qui

    dimostrazione del perché questi parametri sono i più efficaci, riportando solo quanto un grande

    statistico Fischer ha detto : “La grande fiducia che tutti gli specialisti hanno in questi parametri è

    probabilmente basata assai più sulla eccellenza dei risultati ottenuti dopo anni di uso continuato,

    che non sulle dimostrazioni formali.”

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    3.2.3 - I gradi di libertà

    Nella serie di misure in Tab. 3.2 abbiamo sei valori indipendenti  in senso matematico, cioè non vincolati da relazioni.

    Indipendenti non significa che non dipendono da nulla, perché quantomeno dipendono dal

    dispositivo sperimentale adottato (se sono lunghezze dipenderanno dalla bindella o dal

    distanziometro), ma significa che nessun valore della serie può essere dedotto dalla conoscenza

    degli altri valori. Sono cioè indipendenti fra loro. In tal caso diremo che una serie di n valori ha n

    gradi di libertà.

    Consideriamo ora gli scarti xi della serie: il primo valore non determina il secondo e così via fino al

    penultimo. L’ultimo è determinato e può essere calcolato a partire dai primi cinque valori perché la

    somma algebrica degli scarti deveessereugualea zero. Perciò, nella seriedegli scarti cinque valori sono

    indipendenti fra loro e non sei, ovvero i gradi di libertà della serie scarti sono n-1.

    Passando dalla serie misure alla serie scarti si perde sempre un grado di libertà.

    I gradi di libertà sono la differenza tra il numero di dati disponibili ed il numero di relazioni che li

     vincolano.

    Non è il numero totale dei dati che conta, ma il numero dei dati indipendenti.

    3.2.4 - Una serie di misure come campione di una popolazione

    La statistica è una scienza induttiva: trae conclusioni generali a partire da dati particolari. La serie

    di misure prima vista altri non è che un campione estratto dalla popolazione delle misure possibili

    di quella grandezza, che sono infinite.

    Il problema che si pone, però, è questo: fino a che punto il campione esprime le caratteristiche

    della popolazione originaria? Come si potrebbe caratterizzare quantitativamente una popolazione

    ideale sostanzialmente infinita?

    L’esperienza ha dimostrato, assai più delle dimostrazioni teoriche, che la maggior parte delle

    misurazioni possono considerarsi estratte da popolazionidistribuitenormalmente.

    Una distribuzione normale ha una sua definizione matematica ben precisa, ma a noi basta sapere

    che in una popolazione normalmente distribuita uno dei valori apparirà con frequenza massima, e i

     valori più bassi o più alti di questo compariranno con una frequenza tanto minore quanto si

    allontanano dal valore più frequente. La curva ha una forma a campana ed è simmetrica rispetto al

     valore di massima frequenza.

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    La curva normale, detta curva o distribuzionedi Gauss è compiutamente nota quando si conoscono

    l’ascissa della sommità della curva, che è il valoremedio, e la distanza da questo dei punti di flesso

    della curva, simmetrici a destra e a sinistra della media, che altri non sono che ladeviazionestandard.

    La figura 3.1 mostra la distribuzione normale di una popolazione con media µ  e deviazione

    standard± σ . I valori che si allontanano dalla media sono più rari di quelli ad essa vicini.

    L’espressione matematica della curva, che è asintotica, ci dice che tutti gli individui della

    popolazione stanno sotto la curva tra -∞ e +∞ ; la probabilità che un individuo preso a caso fra la

    popolazione presenti un valore compreso entro un intervallo assegnato è data dal calcolo dell’area

    sottesa dalla curva in quell’intervallo. Questi valori sono contenuti in apposite tavole.

    frequenzerelative

     valori

    -3σ -2σ -σ σ 2σ 3σ0

    µxn-k xn+k

    Fig. 3.1

    Per esempio il 68,26% della popolazione si trova nell’intervallo µ ± σ , il 94,44% fra µ ± 2σ , il

    99,73% fraµ ± 3σ , il 100% fra µ ± ∞ .

    Fissato un intervallo sull’asse dei valori reali, posso leggere sulla curva la probabilità che una

    misura entro l’intervallo.

    3.2.5 - La stima diµµ  e di σσ

    La miglior stima della media µ della popolazione è la media aritmetica X ; la miglior stima della

    deviazione standardσ della popolazione è la deviazione standard S del campione.

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    Nella tabella 3.1 la media X =10,1225 non è il valore della vera media µ della popolazione di

    origine del campione, ma la miglior stima che riusciamo a fare.Noi però vogliamo anche sapere in quale misura la nostra stima X della media si approssima al

     vero valoreµ, la cui esatta conoscenza non avremo mai, perché la popolazione è infinita e noi non

    possiamo esaminare tutta la popolazione.

    3.2.6 - L’errore standard della media

    In riferimento alla tabella 3.1 abbiamo rappresentati i parametri statistici X e S del campione

    estratto dalla popolazione delle misure possibili. Supponiamo ora di estrarre dalla popolazione unaltro campione di sei misure e calcoliamo la media 1X (pure essa una stima di µ): il suo valore sarà

    leggermente diverso da X .

    Procediamo analogamente ottenendo un altro campione di sei individui e quindi una media 2X e

    così via. Se ripetessimo infinite volte questa operazione otterremmo una popolazione di campioni

    ciascuno con il suo valore della media. Esiste un teorema fondamentale che dice che : “Se una

    popolazione è distribuita normalmente con media µ e deviazione standard σ, le medie di un

    numero infinito di campioni, ciascuno composto da n individui estratti a caso dalla popolazione, si

    distribuiscono secondo la curva normale la cui media è µ  e la cui deviazione standard è

     n=m   σσ .

    Dalla tabella 3.1 quindi la deviazione standard della media stimata del campione di sei valori è

    data da 0,00160,0036=nS=Sm   =  (questo nell’ipotesi che 1nx

    S2i

    −=   ∑ ).

    Poiché i parametri della distribuzione delle medie sono µ eσm e la loro stima è X e Sm , è sempre

    possibile con l’ausilio delle citate tavole trovare la percentuale di individui della popolazione delle

    medie o probabilità che si trovi in un intervallo mSX ⋅κ ± .

    Con riferimento ora alla figura 3.2 si vede come le medie calcolate a partire da un campione

    oscillino molto meno attorno alla media di quanto non facciano gli individui che costituiscono il

    campione.

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    frequenze

    relative

     valoriµ-σ σ

    Distribuzione di mediedi campioni di 12 valori

    Distribuzione di mediedi campioni di 6 valori

    Distribuzione dei datiindividuali

    Fig. 3.2

    Si vede anche che quanto è maggiore la dimensione del campione ovvero il numero n di individui

    che lo compongono, tanto minore è la dispersione delle medie attorno al valore vero.

     Al limite, quando ∞→n , la deviazione standard tende a zero e quindi la media stimata tende alla

    media vera, ovvero alla misura “vera”.Concludendo, che cosa dobbiamo fare quando abbiamo una serie di misure:

    1. Occorre calcolare la media X e la varianza S2 o la sua radice S (deviazione standard) dopo

    aver appurato che nella serie di misure non vi siano errori grossolani o sistematici.

    2. Una serie di misure deve essere considerata come un campione di n individui estratti da una

    popolazione ideale, infinita, che è caratterizzata dai due parametri mediaµ e varianza σ2 (dalla

    sua deviazione standardσ). I parametri veriµ eσ non possono essere determinati con esattezza

    a partire dal campione, ma le migliori stime che si possono avere sono X e S2 (o S).3. Se da una popolazione si estraggono dei campioni di n individui, i valori ottenuti per le medie di

    questi campioni oscillano intorno alla veraµ, costituendouna popolazionedi mediei cui parametri

    sono la media µ e la deviazione standard, o errore standard della media, σm . Partendo da un

    solo campione di n individui si può ottenere una stima del vero errore standard con la formula

    nS=Sm .

    Generalmente i parametri che abbiamo visto funzionano bene nel descrivere il fenomeno.

    Esistono però casi, che non sono quelli abituali delle popolazioni di misure, in cui le stime dei

    parametri statistici possono non essere efficaci. Ciò in particolare quando non si riesce a modellare

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    13/67

    92  Capitolo 3

    il fenomeno della distribuzione dei dati, che, giova ripeterlo, nel caso delle misure l’esperienza ci

    ha mostrato essere proprio normale.

    3.3 La propagazione dell’errore medio

     Abbiamo visto come la media e la varianza di una variabile casuale monodimensionale siano in

    grado di rappresentarne il baricentro e la dispersione. In topografia però raramente si misura

    direttamente la quantità che si vuole determinare: ad esempio si misurano angoli azimutali, zenitali,

    distanze e dislivelli per determinare coordinate ecc..

    Occorre allora poter ricavare la media e la varianza della variabile casuale funzione di altre variabili casuali, ovvero derivare le caratteristiche di aleatorietà della grandezza misurata

    indirettamente, una volta noti i parametri caratteristici delle quantità misurate direttamente.

    3.3.1 - La propagazione dell’errore medio per le funzioni lineari o non lineari di grandezzeosservate indipendenti

    Consideriamo la funzione lineare:

    ( ) l...Zc Y bXaZ,... Y,X,f    ++++= (3.4)

    in cui le grandezze X, Y, Z, ... siano indipendenti tra loro e direttamente misurabili.

    Siano X1, Y 1, Z1, ... ; X2, Y 2, Z2, ... ; .....; Xn, Y n, Zn, ... serie di valori delle grandezze X, Y, Z, ...

    ovvero si estragga un campione di n valori di ciascuna variabile.

    Potremo scrivere, per ognuna delle serie di valori, le relazioni:

    ( )

    ( )

    ( ) l...Zc Y bXa,...Z, Y ,Xf 

    ...........

    l...Zc Y bXa,...Z, Y ,Xf 

    l...Zc Y bXa,...Z, Y ,Xf 

    nnnnnnn

    2222222

    1111111

    ++++=

    ++++=++++=

    (3.5)

    sottraendo ciascuna di queste dalla f si ottiene:

    ( ) ( ) ( )

    ( ) ( ) ( )

    ( ) ( ) ( ) ...Z-Zc Y - Y bX-Xaf f 

    ...........

    ...Z-Zc Y - Y bX-Xaf f 

    ...Z-Zc Y - Y bX-Xaf f 

    nnnn

    2222

    1111

    +++=−

    +++=−+++=−

    (3.6)

    Ponendo

    11f f    ε=− , 11 xXX   =− , 11  y Y  Y    =− , 11 zZZ   =− (3.7)

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    14/67

     Il trattamento statistico dei dati  93

    22f f    ε=− , 22 xXX   =−   ......…..... .……..... (3.8)

    Si ottiene:

    ....czbyax

    ..........

    ....czbyax

    ....czbyax

    nnnn

    2222

    1111

    +++=ε

    +++=ε+++=ε

    (3.9)

    Queste relazioni esprimono linearmente gli errori indotti in f dagli errori di misura delle grandezze

    X, Y, Z, ... .

    Quadrandole si ha:

    ....zbcy2zacx2 yabx2....zc ybxa

    ..........

    ....zbcy2zacx2 yabx2....zc ybxa

    ....zbcy2zacx2 yabx2....zc ybxa

    nnnnnn2n

    22n

    22n

    22n

    22222222

    222

    222

    222

    11111121

    221

    221

    221

    +++++++=ε

    +++++++=ε

    +++++++=ε

    (3.10)

    Sommando membro a membro:

    ... yxab2...zc ybxan

    1

    ii

    n

    1

    2i

    2

    n

    1

    2i

    2

    n

    1

    2i

    2

    n

    1

    21i   +++++=ε   ∑∑∑∑∑ (3.11)

    Se gli errori da cui sono affette le misure sono solo accidentali, questi avranno identica probabilità

    di essere positivi o negativi. Quindi, al crescere del campione di n elementi, la loro frequenza tende

    a livellarsi; perciò le sommatorie

    ..., yxab2n

    1

    ii∑ (3.12)

    tendono a zero.

    Quindi, per n grande, possiamo scrivere:

    ....zc ybxan

    1

    2i

    2n

    1

    2i

    2n

    1

    2i

    2n

    1

    21i   +++=ε   ∑∑∑∑ (3.13)

    da cui, dividendo ciascun termine per n,

    ....n

    z

    cn

     y

    bn

    x

    an

    n

    1

    2i

    2

    n

    1

    2i

    2

    n

    1

    2i

    2

    n

    1

    21i

    +++=

    ε   ∑∑∑∑(3.14)

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    15/67

    94  Capitolo 3

    Indicando con σf  , σx , σ y , σz , ... rispettivamente gli errori medi di una determinazione semplice

    delle grandezze f , X, Y, Z, ... la relazione diventa:

    ....cba 2z22

     y

    22

    x

    22

    f    +σ+σ+σ=σ (3.15)

    Se la funzionenon èlinearema la si può linearizzare sviluppandola in serie di Taylor arrestata al 1°

    ordine attorno a valori osservati Xi, Y i, Zi, ... delle grandezze indipendenti, l'espressione della

     varianza σ2  della funzione f è analoga a quella sopra scritta, ove si pongano, al posto dei

    coefficienti a, b, c, i quadrati delle derivate delle derivate parziali di f rispetto alle grandezze

    osservabili X, Y, ….

    ...., y

    f  ,

    x

    f 2

    o

    2

    o   

      

     ∂∂

       

      

    ∂∂

    (3.16)

    calcolate per un valore approssimato.

    Quanto ora detto per le funzioni non lineari ha la seguente spiegazione. Si abbia la funzione f (X,

     Y, ...) in cui X, Y, ... rappresentano grandezze indipendenti e direttamente misurabili. Eseguendo

    una serie di misure si otterranno per X, Y, ... dei valori osservati X1, Y 1, .. ; X2, Y 2, .. che saranno

    affetti da errori x1, y1, ... ; x2, y2, ... . Avremo cioè, per esempio

    X = X1 + x1 , Y = Y  1 + y1 , ....... (3.17)

    ( ) ( )..., y Y ,xXf ..., Y ,Xf  1111   ++= (3.18)

    e, di conseguenza, al 1° ordine dello sviluppo in serie di Taylor

    ( ) ( ) .... y Y 

    f x

    X

    f  ..., Y ,Xf ..., Y ,Xf  1

    1

    1

    1

    11   +⋅   

      

    ∂∂

    +⋅   

      

    ∂∂

    += (3.19)

    Le derivate al 2° membro sono valori noti che indichiamo con a1, b1, c1, .... . L’errore che si ha in f 

    sostituendo i valori osservati X1, Y 1, ... in luogo dei veri sarà dato da

    ... ybxa 11111   +⋅+⋅=ε (3.20)

    Considerando ora le altre osservabili X2, Y 2, ..., Xk , Y k , ..., Xn, Y n, ... si avranno altrettante

    relazioni analoghe alla precedente nelle quali i coefficienti a2, b2, ...., ak , bk , ...., an, bn, ....,

    rappresentano le derivate di f rispetto a X, Y, ..., coi valori X1, Y 1, ..., X2, Y 2, ..., Xn, Y n, ... .

    E’ evidente che data la concentrazione delle variabili osservate si potranno assumere per i

    coefficienti a, b, c, .... valori unici ottenuti sostituendo nelle derivate

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    16/67

     Il trattamento statistico dei dati  95

       

      

    ∂∂

       

      

    ∂∂

       

      

    ∂∂

    Z

    f  ,

     Y 

    f  ,

    X

    f , .... (3.21)

     valori prossimi di X, Y, Z, ... .

    Per esempio quelli generici Xi, Y i, Zi, ... di una serie di osservazioni. Si possono quindi scrivere le

    relazioni

    ....czbyax

    ..........

    ....czbyax

    ....czbyax

    nnnn

    2222

    1111

    +++=ε

    +++=ε+++=ε

    (3.22)

    che sono perfettamente analoghe a quelle trovate per le funzioni lineari.

    3.3.2 - La propagazione dell’errore medio per le funzioni lineari o non lineari di grandezzeosservate dipendenti

    Riprendiamo l'espressione generale vista prima nel caso indipendente lineare

    ... yxab2...zc ybxa ii ii21

    2i

    21

    2i

    21

    2n

    1

    21   +++++=ε   ∑∑∑∑∑ (3.23)

    o linearizzata, generalmente intorno al valore medio o ad una osservabile

    ∑∑∑∑

    +⋅   

      

     ∂∂

    ⋅   

      

    ∂∂

    ⋅+

    +⋅   

      

    ∂∂

    +⋅   

      

     ∂∂

    +⋅   

      

    ∂∂

    i ii00

    i2i

    2

    0i

    2i

    2

    0i

    2i

    2

    0

    n

    1

    21

     yx y

    x

    f 2

    ...zz

    f  y

     y

    f x

    x

    KK

    (3.24)

    dove, per i motivi suddetti, il doppio prodotto è, per n grande, tendente a zero.

    Supponiamo invece che le grandezze X, Y, Z, ... non siano tra loro indipendenti e valutiamo cosa

    succede. Si può immediatamente vedere che i termini dei doppi prodotti yx ii∑ non tendono azero al crescere di n perché il comportamento di una variabile (variabile scarto X-Xi=xi , Y-Y i=yi ,

    ....) dipende dal comportamento dell'altra.

    Si può vedere che la yx ii∑   altro non è che la sommatoria del prodotto degli scarti e chen yx

    i ii∑  altro non è che lamedia del prodotto degli scarti ( )ii yxM .

    L'espressione del doppio prodotto risulta, pertanto, nei due casi sopra visti, quando si passa alle varianze:

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    17/67

    96  Capitolo 3

    •  ( )xyabM2....ba 2 y22

    x

    22

    f    ++σ+σ=σ   (caso lineare)

    (3.25)

    •  ( )xyM y

    x

    f 2....

     y

    x

    mm

    2 y

    2

    m

    2x

    2

    m

    2f      

     

      

     ∂∂

       

      

    ∂∂

    ++σ   

      

     ∂∂

    +σ   

      

    ∂∂

    =σ (caso non lineare)

    (3.26)

    Si può dimostrare che l'espressione   ( )xyM è equivalente al prodotto delle variazioni standard

     yx   σ⋅σ  per un coefficiente r xy .

    Quest'ultimo, detto coefficientedi correlazionelineare, misura il grado di dipendenza lineare fra le

     variabili.

    Esso può variare tra -1 e +1.

    Si sottolinea, infine, che la espressione ( )xyM , equivalente a  yxxyr   σ⋅σ⋅  si trova quasi sempre o

    spesso scritta nella forma xyσ .

    ( )  yx yxxyxy  V  V MrxyM   =σ⋅σ⋅=σ= (3.27)

    3.3.3- La propagazione della varianza mediante la matrice di varianza-covarianza

     Abbiamo visto la legge di propagazione della varianza esposta nel modo classico. Si può procedere

    però anche in altro modo, costruendo la matrice di varianza-covarianza.

    Occorre premettere alcune considerazioni.

    Partiamo dal teorema della media. Sia y g x= ( ) una trasformazione da R n a R m ed X una variabile

    casuale multidimensionale.

    Per definizione la media della funzione g x( ) è:

    [ ]M g x g x f x dx( ) ( ) ( )= ⋅ ⋅−∞

    +∞

    ∫  (3.28)

    dove f(x) è la densità di probabilità congiunta della x.

    Posto che esista, la media di y è data da:

    [ ] [ ]M y M g x= ( ) (3.29)

    La media è una operazione lineare:

    Infatti posto y=Ax+b[ ] b AMxb AxMMy   +=+= (3.30)

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    18/67

     Il trattamento statistico dei dati  97

    Se poi la variabile x è ben concentrata attorno alla media, in modo tale da poter scrivere:

    )Mxx( J)Mx(g)x(g y x   −⋅+≅= (3.31)

    si ha:

    [ ])Mxx( JM)Mx(gMy x   −⋅+= (3.32)

    ma siccome [ ]M x Mx( )− = 0

    My g Mx= ( ) (3.33)

    Nella variabile casuale a più dimensioni, oltre alla media posso definire i momenti della variabile

    casuale mono o n-dimensionale, funzione di altre variabili casuali.

    Concentriamo l’attenzione sui momenti del 2° ordine:

    [ ]c M x Mx x Mxik i i k k  = − ⋅ −( ) ( ) (3.34)

    e per i=k 

    [ ]c M x Mxkk k k k  = − =( )2 2σ (3.35)

    cioè la varianza della componente k-esima.

    Per i≠k cik  è la covarianza delle componenti i,k.

    Naturalmente cik =cki

    Se passo alla forma matriciale si ha:

    [ ] [ ]{ }   [ ]C c M x Mx x Mx M X MX X MXXX ik i i k k   T= = − ⋅ − = − ⋅ −( ) ( ) ( ) ( ) (3.36)

    CXX  è la matrice di covarianza della v.c. X

    Come già fatto per la media voglio determinare la covarianza di una variabile casuale Y funzione di

    un vettore X di variabili casuali.

    Nel caso di funzione lineare si ha:

     Y=AX+b (3.37)

    dato che

    MY A MX b= ⋅ + (3.38)

    operando per sottrazione si ottiene:

     Y MY A X MX− = ⋅ −( ) (3.39)

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    19/67

    98  Capitolo 3

    che è lo scarto della variabile casuale Y 

    Per la covarianza si ha:

    [ ]   [ ] [ ]{ }C M Y MY Y MY M A X MX X MX A   YY  T T T= − ⋅ − = ⋅ − ⋅ − ⋅( ) ( ) ( ) ( ) (3.40)

    Per la linearità della media:

    [ ]C A M X MX X MX A A C A   YY T T

    XXT= ⋅ − ⋅ − ⋅ = ⋅ ⋅( ) ( ) (3.41)

    Questa è la legge di propagazione della covarianza per funzioni lineari.

    Si noti che per Y scalare si ha:

     Y a X a Xn n= ⋅ + + ⋅1 1   K (3.42)

    in questo caso A è un vettore eC YY   è uno scalare.

    C A C A a a c YY Y XXT

    i k ik  i k = = ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅∑σ2 , (3.43)

    se cik =0 per i≠k, allora le componenti Xi sono indipendenti:

    σ σ Y i iii ii

    a c a2 2 2 2= ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅

    ∑ ∑(3.44)

    La formula appena vista fornisce il grado di dispersione di una grandezza Y funzione lineare di

    altre grandezze Xi misurate in modo indipendente.

    E’ infine possibile, come fatto per la media, generalizzare la legge di propagazione della covarianza

    nel caso in cui Y non sia lineare nelle componenti X.

    Si ha:

     Y g X g MXg X

    x

    X MX

    MX

    = ≅ + 

      ⋅ −( ) ( )

    ( )( )

    (3.45)

    e applicando le formule del caso lineare:

    Cg X

    xC

    g X

    x J C J YY 

    MX

    XX

    MX

    T

    X XX XT≅ 

      ⋅ ⋅

      = ⋅ ⋅∂

    ∂∂

    ∂( ) ( )

    (3.46)

    con JX  Jacobiano della variabile X

    Nel caso in cui Y sia uno scalare si ha:

    σ   ∂∂

    ∂∂ Y  i k 

    ik ik g XX

    g XX

    c2 =         

      ⋅  

         

      ⋅∑ ( ) ( ) (3.47)

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    20/67

     Il trattamento statistico dei dati  99

    e se X ha solo due componenti:

    σ   ∂∂

      σ   ∂∂

      σ   ∂∂

    ∂∂

      σ Y M

    x

    M

    x

    Mx Mx

    x xg xx

    g xx

    g xx

    g xx

    X X

    2

    1

    2

    2

    2

    2

    2

    1 21 2 1 2

    2=       

      ⋅ +  

         

      ⋅ + ⋅  

         

      ⋅ 

         

      ⋅( ) ( ) ( ) ( ) (3.48)

    3.4 - Il criterio di massima verosimiglianza e il principio dei minimi quadrati

    Supponiamo di avere una grandezzaη della quale si facciano n osservazioni l indipendenti; siano

     v1, v2, .... vn gli errori di osservazione.

    η−=

    η−=η−=

    nn

    22

    11

    l v

    ......

    l vl v

    (3.49)

    Il problema è quello di determinare il valore più probabile di η sulla base delle n osservazioni l, il

    che equivale a trovare i più probabili valori per i vi .Questi ultimi, nelle ipotesi fatte, sono n

     variabili casuali, ciascuna delle quali segue la distribuzione normale, la cui densità di probabilità è

    data dalla

    ( )

    2

    i

    i v

    2

    1

    i

    i e2

    1 vf 

         

      

     

    σ−

    ⋅πσ

    = (3.50)

    Siccome le variabili sono fra loro indipendenti per il teorema delle probabilità composte, la

    probabilità che avvengano n eventi contemporaneamente è data dal prodotto delle probabilità dei

    singoli eventi, si ha che la funzione densità di probabilità congiunta è data dal prodotto delle varie

    funzioni componenti:

    ( )

    ∑⋅  

     

      

     σ

    ⋅⋅σ

    ⋅σ

      

      

     π

    =

    =⋅πσ

    ⋅⋅⋅πσ

    ⋅⋅πσ

    =

       

      

     

    σ−

       

      

     

    σ−  

     

      

     

    σ−  

     

      

     

    σ−

    n

    1

    2

    i

    i

    2

    n

    n2

    2

    22

    1

    1

     v

    2

    1

    n21

    n

     v

    2

    1

    n

     v

    2

    1

    2

     v

    2

    1

    1

    n21

    e1

     ....11

    2

    1

    e2

    1 ....e

    2

    1e

    2

    1 v,..., v, vf 

    (3.51)

    La funzione ( )n21  v,..., v, vf densità di probabilità raggiunge il massimo del suo valore quando

    l’esponente raggiunge il minimo, ovvero

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    21/67

    100  Capitolo 3

    min vn

    1

    2

    i

    ii   =∑   

     

     

     

     

    σ

    (3.52)

    Se introduciamo una costante arbitraria oσ  non viene modificato il risultato della condizione di

    minimo, in quanto oσ  rappresenta numericamente un fattore di scala.

    min vn

    12i

    2i

    2o

    i   =∑ σσ

    (3.53)

    Detto Pi= 2i

    2o

    σ

    σ, peso dell’osservazione, la condizione di minimo diventa:

    minPv v vP t2in

    1

    ii   ==∑ (3.54)

    Una osservazione che abbia varianza 2o2i   σ=σ  ha peso 1 e perciò è chiamata varianza dell’unità di

    peso.

    3.4.1- Il principio dei minimi quadrati applicato alla compensazione con il metodo delle

    osservazioni indirette

    Questo tipo di compensazione riguarda sistemi di equazioni lineari o linearizzate che hanno un

    numero di equazioni maggiore del numero di variabili. I sistemi sovradeterminati non hanno una

    soluzione unica e quindi si cerca la soluzione migliore (di minima varianza).

    Supponiamo di poter scrivere, per ognuna delle n misure (di distanza, di angoli e di dislivelli),

    effettuate in un rilievo, una relazione del tipo ( ) 0,xf i   =α , dove x è il vettore delle m incognite e

    α il vettore delle r quantità misurate. A causa degli errori di misura presenti nelle quantità α, errori che riterremo di tipo accidentale

    ovvero escludendo errori sistematici o grossolani, il legame tra osservazioni e incognite avrà un

    residuo v. In poche parole, se risolvessimo nel sistema sovradeterminato un numero di equazioni

    uguale al numero delle incognite x avremmo un sistema esattamente determinato. Sostituendo però

    le incognite x nelle rimanenti equazioni del sistema sovradeterminato queste non sono

    identicamente nulle, ma ammettono dei residui v dovuti agli errori di misura.

    Conviene pertanto determinare le incognite x in modo tale che i residui siano ripartiti in ragione

    proporzionale all’incertezza delle osservazioni, così che sia minima la sommatoria dei loro scarti

    quadrati.

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    22/67

     Il trattamento statistico dei dati  101

    Il sistema sovradeterminato è del tipo ( )  v,xf    =α , dove ogni equazione alle misure è del tipo

    ( )ii

     v,xf   =α

    .

     Vi sono due problemi da risolvere.

    Il primo è che non tutte le equazioni del sistema “contano allo stesso modo”, occorre cioè pesarle.

    Il secondo è che molto spesso le equazioni si presentano in forma non lineare e perciò occorre

    linearizzarle.

    La soluzione al secondo problema è semplice in quanto se supponiamo che le quantità misurate αi

    non siano eccessivamente disperse, ovvero siano affette da errori solo accidentali e piccoli, anche

    le xk  non differiranno eccessivamente tra di loro.

    Sarà perciò possibile trovare dei valori approssimati delle incognite x e operare un cambiamento di

     variabili del tipo xxx o   δ+=  sviluppabile in serie di Taylor arrestata al primo ordine.

    Esplicitando una equazione ( ) ii  v,xf    =α  generica del sistema si ha:

    ( ) imom

    i2

    o2

    i1

    o1

    ioi  vx

    x

    f .....x

    x

    f x

    x

    f ,xf    =δ

    ∂∂

    ++δ

    ∂∂

    ∂∂

    +α (3.55)

    dove il primo termine è una quantità nota li e i coefficienti

    ok 

    i

    x

    ∂∂

    (3.56)

    delle nuove incogniteδxk  costituiscono una matrice A.

    Il nuovo sistema lineare (o linearizzato) assume la forma vlx A    =+δ   in m incognite δx e n

    incognite v.

    Il primo problema, quello dei pesi delle equazioni, può essere ricondotto alla determinazione della

     varianza dell’osservazione. Anche senza doverla stimare empiricamente attraverso l’analisi delladistribuzione di ogni singola osservazione, si può fare riferimento, nell’ambito delle misure, alla

     varianza dello strumento di misura. Il peso da assegnare a ciascuna equazione è perciò

    inversamente proporzionale alla varianza dell’osservazione.

    La matrice dei pesi P è una matrice diagonale del tipo:

    n

    2

    1

    P0000......

    0..P0

    0..0P

    P= (3.57)

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    23/67

    102  Capitolo 3

    Il sistema sottodeterminato vlx A    =+δ  , associato alla condizione di minimo pesato della somma

    degli scarti al quadrato, dà luogo ad un sistema esattamente determinato detto sistema normale

    normalesistema imominPv

     vlx A 2

      ⇒

    =

    =+δ

    ∑(3.58)

    la cui soluzione è data da:

    ( ) Pl A PA  A 

    x

    ..

    x

    x

    x t1t

    m

    2

    1

    −−=

    δ

    δδ

    =δ (3.59)

    La stima delle varianze delle incognite δx è data dai termini diagonali hii della matrice quadrata

    ( ) 1tPA  A    −  moltiplicati per un termine 2oσ  detto varianza dell’unità di peso.

    Questo è formato dalla sommatoria degli scarti pesati al quadrato divisi per la ridondanza del

    sistema, ovvero

    mn

    Pv v

    mn

    Pv t22

    o −=−=σ

      ∑(3.60)

    Le covarianze Cik  tra le incognite determinate sono date dal 2oσ  moltiplicato per i termini fuori

    diagonale hik .

    ik 2oik  hC   ⋅σ= (3.61)

    3.4.2 - Il sistema “normale”

    Il sistema vlx A    =+δ  in n equazioni e m incognite (m

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    24/67

     Il trattamento statistico dei dati  103

    ( ) ( ) ( )

    )1,1()1,n)(n,1(

    1,nn,nn,1

    dv

    ..

    dv

    dv

    P

    ..

    P

    P v.. v v

    n

    2

    1

    n

    2

    1n21

    == (3.63)

    La matrice 1*1 è ovviamente uguale alla sua trasposta e perciò:

    ( ) Pvdv vPdvPdv vPdv v tttttt === (3.64)

    in quanto PPt =  essendo questa una matrice diagonale. Si ha pertanto

    0Pvdv 0Pvdv2 tt =⇒= (3.65)

    L’abbinamento:

    =

    =+δ⇒

    =

    =+δ

    0Pvdv

     vlx A  

    minPv v

     vlx A tt

    (3.66)

    Dalla A x l vδ   + =  si ha, facendone la trasposta,

    ( )ttttttt  A xddv l A x v   δ=⇒+δ= (3.67)

    ovvero

    ( )( ) 0Pv A xd 

    0Pvdv

     A xddvtt

    t

    ttt

    =δ⇒

    =

    δ=(3.68)

    e ancora, tenuto conto che vlx A    =+δ

    ( )   ( ) 0lx A P A xd tt =+δδ (3.69)

    Questa equazione è soddisfatta qualunque sia il differenziale ( )txd δ e pertanto l’equazione diventa:

    ( ) 0Pl A xPA  A  0lx A P A  ttt =+δ⇒=+δ (3.70)

    cioè:

    ( ) Pl A PA  A x t1t   −−=δ (3.71)

    Dimensionalmente si vede che il sistema è “normale”.

    Infatti:

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    25/67

    104  Capitolo 3

    ( ) ( )( )( ) ( )

    ( )   ( )   ( )( ) ( )( )( ) ( )

    ( ) ( )( ) ( )1,m1,mm,mx1,nl

    1,m1,nn,nn,mPl A n,m A 

    m,mPA  A n,nP

    m,mm,nn,nn,mPA  A m,n A 

    tt

    1t

    t

    ==δ==

    ===

    (3.72)

    Nell’applicazione delle osservazioni indirette è sempre bene scrivere delle relazioni che legano le

    quantità misurate a delle coordinate incognite dei punti da rilevare in un prefissato sistema

    cartesiano. Così facendo si evita il rischio di scrivere un sistema nel quale le equazioni non sono

    indipendenti.

    ESERCIZIO N.6

    Del triangolo in figura sono stati misurati due lati e l’angolo compreso (Fig. 3.3).

    Fig. 3.3

    Sia :

    a=1.000 m

    c=1.500 m

    β=50g

    σd=(3+2D [Km]) [mm]

    σa=5 mm

    σc=6 mm

    σβ=5cc

    =0g

    ,0005= rad2000005,0     

     

     

        π

    Determinare :

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    26/67

     Il trattamento statistico dei dati  105

    1. La lunghezza del lato b e la sua varianza

    2. La superficie S del triangolo e la sua varianza

    3.  Il coefficiente di correlazione tra il lato b e la superficie S

    •  Calcolo della superficie S :

    S ac sin= ⋅1

    2  β =530.330,0859 m2

    •  Calcolo della varianza della superficie S :

    t

    SacS

    2

    S  JC J   ⋅⋅=σ   β

    [ ]09,53033055,35333,530cosac2

    1sina

    2

    1sinc

    2

    1S

    c

    S

    a

    S JS   =

    β⋅β⋅β⋅=

    ∂β∂

    ∂∂

    ∂∂

    =

    ⋅=

    σσ

    σ=

    −β

    β112

    2c

    2

    a

    ac

    101685028,600

    0000036,00

    00000025,0

    00

    00

    00

    C

    σS2

    = 28,8802 m4

    σS=5,3740 m2

    S=530.330,08 m2± 5,37 m2

    •  Calcolo della lunghezza del lato b :

    Dal teorema di Carnot si ricava b2 :

    b2=a2+c2-2ac⋅cosβ

    b=1.062,3934 m

    •  Calcolo della varianza di b :

     Jb

    a

    b

    c

    b a c

    b

    c a

    b

    ac sin

    bb =

    =

      − ⋅ − ⋅ ⋅

    =∂∂

    ∂∂

    ∂∂β

    β β β2 22

    2 2

    2

    2

    2

    cos cos

      [ ]= − ⋅   −57098 10 074632 99836862, , ,

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    27/67

    106  Capitolo 3

    Cac

    a

    β

    σ

    σ σ=

    = ⋅

    2

    2

    2 11

    0 0

    0 00 0

    0000025 0 0

    0 0000036 00 0 61685028 10

    ,

    ,,

    σb2 = 8,1618⋅10-5 m2

    σb=9,0342⋅10-3 m

    b=1062,39 m± 9,03 mm

    •  Calcolo della correlazione tra la misura del lato b e la superficie S :

    =σ        β⋅        β⋅+σ        β⋅        β⋅−+σ        β⋅        β⋅−=σ  β22c2abS

    2

    cosac

    b

    sinac

    2

    sina

    b

    cosac

    2

    sinc

    b

    cosca

    =4,1402⋅10-2 m3

    =σ⋅σ

    σ=

    Sb

    bSbSr 0,8528=85,3%

    Il lato b e la superficie S sono molto correlati.

    ESERCIZIO N.7

    In questo secondo caso siano noti del triangolo due angoli (α, β ) e il lato compreso (Fig. 3.4).

    Fig. 3.4

    Sia :

    c=1.000 m

    α=50g

    β=70g

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    28/67

     Il trattamento statistico dei dati  107

    σα=σβ=0g,001

    σd=(5+3D [Km]) [mm]

    Determinare :

    1. La lunghezza del lato a e la sua varianza

    2. La lunghezza del lato b e la sua varianza

    3. La superficie S e la sua varianza

    4.  Il coefficiente di correlazione tra i lati a e b

    •  Calcolo della lunghezza dei lati a, b e della superficie S :

    γ =200g-50g-70g=80g

    σα=σβ=0001200

    ,  π

    = 1,5708ž10-5 rad

    σc=8 mm=0,008 m

    Dal teorema dei seni si ricava :

    csin

    bsin

    asinγ β α= =

    ( )a c

    sin

    sin= ⋅

    α β

    ( )b c

    sin

    sin= ⋅

    α β

    ( )

    S a b sin csin sin

    sin

    = ⋅ ⋅ =  ⋅

    +

      =1

    2

    1

    2

    2γ   α β

    α β

    331.229,9241 m2

    ( )b c

    sin

    sin=

    +  =

    βα β

    936,8597 m

    ( )a c

    sin

    sin=

    +  =

    αα β

    743,4961 m

    •  Calcolo della varianza di b :

    t

    bcb

    2

    b  JC J   ⋅⋅=σ   βα

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    29/67

    108  Capitolo 3

    ( )

    ( ) ( )

    ( )

    ( )

    ( )

    [ ]4041697002,3047580303394,7819368597017,0

    sin

    cossinc

    sin

    cossinsincosc

    sin

    sinbb

    c

    b J

    22b

    −=

    =

      

     

     

     

     

    β+α

    β+α−β⋅

    β+α

    β+α⋅β−β+α⋅β⋅

    β+αβ

    =

    ∂α∂

    ∂β∂

    ∂∂

    =

    Cc

    c

    βα β

    α

    σσ

    σ=

    = ⋅⋅

    2

    2

    2

    10

    10

    0 0

    0 0

    0 0

    0000064 0 0

    0 2467 10 0

    0 0 2 467 10

    ,

    ,

    ,

    σb2 = 2,2983ž10-4 m2

    σb = 1,5160ž10-2 m

    b=936,8597 m± 0,0151 m

    •  Calcolo della varianza di a :

    σ   βαa c atC J2 = ⋅ ⋅ Ja

    ( )

    ( )

    ( )

    ( ) ( )

    ( )

    [ ]

     Ja

    c

    a a sin

    sin

    c sin

    sinc

    sin sin

    sina =

    = +

    − ⋅ + ⋅

    +  ⋅

      ⋅ + − ⋅ +

    +

    =

    =

    ∂∂

    ∂∂β

    ∂∂α

    αα β

    α β α

    α β

    α α β α α β

    α β

    cos cos cos

    , , ,

    2 2

    0743496068920 241576516863966 985072585784335

    Cc

    c

    βα β

    α

    σσ

    σ=

    = ⋅⋅

    2

    2

    2

    10

    10

    0 0

    0 0

    0 0

    0000064 0 0

    0 2467 10 0

    0 0 2 467 10

    ,

    ,

    ,

    σa2 = 2,8921ž10-4 m2

    σa = 1,7006ž10-2 m

    a=743,4960 m± 0,0170 m

    •  Calcolo del coefficiente di correlazione tra i lati a e b :

    C J

     JC J Jab

    a

    bc a b

    a ab

    ab b

    ⋅ ⋅

    =  ⋅ ⋅

    ⋅ ⋅

     =

     

    − −

    − −

    L L

    L L

    M M

    M M

    βα

    σ σσ σ

    02892 10 01652 10

    01652 10 02298 10

    3 3

    3 3

    2

    2

    , ,

    , ,

    rabab

    a b

    =⋅

      =σ

    σ σ0,6406=64%

    I lati a e b sono significativamente correlati

    •  Calcolo della varianza dell’area S :

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    30/67

     Il trattamento statistico dei dati  109

    σ   βαS c StC J2 = ⋅ ⋅ JS

    ( )( ) ( )

    ( )( ) ( )

    ( )

     J

    S

    cS

    S

    csin sinsin

    c sinsin sin

    sin

    c sinsin sin

    sin

    St =

    =

    ⋅   ⋅+

    ⋅ ⋅  ⋅ + − ⋅ +

    +

    ⋅ ⋅  ⋅ + − ⋅ +

    +

    =

    ∂∂∂∂β∂∂α

    α βα β

    α  β α β β α β

    α β

    β  α α β α α β

    α β

    1

    2

    1

    2

    6224598

    2763932023

    4388530504

    2

    2

    2

    2

    cos cos

    cos cos

    ,

    . ,

    . ,

    Cc

    c

    βα β

    α

    σσ

    σ=

    = ⋅

    2

    2

    2

    10

    10

    0 0

    0 0

    0 0

    0000064 0 0

    0 2467 10 0

    0 0 2 467 10

    ,

    ,

    ,

    σS2 = 94,4560 m4

    σS = 9,7188 m2

    S=331.229,92 m2± 9,71 m2

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    31/67

    110  Capitolo 3

    ESERCIZIO N.8

    Si vuole determinare l’area di una figura triangolare (Fig.3.5) rilevata per coordinate polari

    (direzioni angolari rispetto ad un asse di riferimento e distanza).

    Siano noti :

    L1=30g

    L2=110g

    L3=250g

    d1=500 m

    d2=1.000 m

    d3=500 m

    σd=(5+2⋅D [Km]) [mm]

    σL=0g,001

    Determinare :

    L’area S e la sua varianza

    •  Calcolo dell’area S come somma

    delle 3 aree S1, S2, S3 :

    α1=L2-L1=80g

    α2=L3-L2=140g

    α3=400-(L3-L1)=180g

    σd1=6 mm=0,006 m

    σd2=7 mm=0,007 m

    σd3=6 mm=0,006 m

    σ  π

    L rad= = ⋅  −0001

    20015708 10 5, ,

    ( ) ( ) ( )[ ]S S S S d d sin d d sin d d sin= + + = + + =1 2 3 1 2 1 2 3 2 3 1 31

    2  α α α 478.645,5020 m2

    (*)

    Fig. 3.5

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    32/67

     Il trattamento statistico dei dati  111

    •  Calcolo della varianza di S:

    Si applica la legge di propagazione della varianza all’equazione (*), doveα1,α 2, α3 NON sonoindipendenti ma dipendono da L1, L2, L3.

    C J C JL LL Lt

    αα  = ⋅ ⋅

    CLL

    L

    L

    L

    L=

    = ⋅

    σσ

    σσ

    12

    22

    32

    2

    0 0

    0 0

    0 0

    1 0 0

    0 1 0

    0 0 1

     JL =

    −−

    1 1 0

    0 1 1

    1 0 1

    C Lαα   σ= ⋅− −

    − −− −

    2

    2 1 1

    1 2 1

    1 1 2

    σS S xx St J C J2 = ⋅ ⋅

    Cxx

    L L L

    L L L

    L L L

    d

    d

    d

    =

    − −− −− −

    =

    2 0 0 02 0 0 0

    2 0 0 0

    0 0 0 0 0

    0 0 0 0 0

    0 0 0 0 0

    2 2 2

    2 2 2

    2 2 2

    12

    22

    3

    2

    σ σ σσ σ σσ σ σ

    σσ

    σ

    =

    ⋅ − ⋅ − ⋅− ⋅ ⋅ − ⋅− ⋅ − ⋅ ⋅

    − − −

    − − −

    − − −

    49348 10 24674 10 24674 10 0 0 0

    24674 10 49348 10 24674 10 0 0 0

    24674 10 24674 10 49348 10 0 0 0

    0 0 0 0000036 0 0

    0 0 0 0 0000049 0

    0 0 0 0 0 0000036

    10 10 10

    10 10 10

    10 10 10

    , , ,

    , , ,

    , , ,

    ,

    ,

    ,

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    33/67

    112  Capitolo 3

     J

    d d

    d d

    d d

    d sin d sin

    d sin d sin

    d sin d sin

    St = ⋅

    +++

    =

    −−

    1

    2

    772542486

    1469463131

    1188820645

    5527825

    4400184

    4817627

    1 2 1

    2 3 2

    3 1 3

    2 1 3 3

    1 1 3 2

    2 2 1 3

    cos

    cos

    cos

    . ,

    . ,

    . ,

    ,

    ,

    ,

    ααα

    α αα αα α

    σS2 = 50,9320 m4

    σS = 7,13 m2

    S=478.645,50 m2± 7,13 m2

    ESERCIZIO N.9 (STIMA DELLA PRECISIONE DELLA MISURA DI UNA BASE

    CON STADIA ORIZZONTALE)

    Con l’avvento dei distanziometri ad onde elettromagnetiche la misura indiretta delle distanze con

    metodi stadimetrici ha perso l’importanza che aveva nei rilevamenti celerimetrici.

    Solo l’uso della stadia orizzontale in invar risulta ancora attuale quando si debbano misurare corte

    basi con elevata precisione. Infatti in questo caso la precisione dei distanziometri ad onde risente

    degli errori indipendenti dalla distanza (difficilmente inferiori a 2 ÷ 3 mm), mentre con la stadia

    orizzontale la precisione sulla distanza dipende da quella di misura dell’angolo azimutale.

    Fig. 3.6

     Volendo misurare la distanza L AB  (Fig. 3.6) con una stadia orizzontale, è preferibile eseguire

    battute da 25 m oppure da 50 m ?

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    34/67

     Il trattamento statistico dei dati  113

    Siano noti :

    σω  =0 0002g, (precisione nella misura angolare)

    m2=l (lunghezza stadia)

    L AB=500 m (lunghezza del tratto da misurare)

       

      ω=

    2gcot

    2d

      l

    5451,2200

    d22g

    g

    m25

    ⋅≅   

      ω   l

    2730,12

    g

    m50

    ≅   

      ω

    D dii

    n

    ==∑

    1

    con: n=20 per d=25 m

    n=10 per d=50 m

       

      ω

    ⋅=

    π⋅⋅⋅

       

      ω

    =σ⋅

       

      ω

    ⋅=σ−

    ω

    2sen

    105708,1

    200

    0002.0

    2

    1

    2sen

    1

    2

    1

    2sen

    1

    2 2

    6

    22d

    l

    σ σD dn= ⋅

    ( )( )

    σ D m sin256

    220

    15708 10

    25451= ⋅

      ⋅ 

     

       

      =

    −,

    ,0,0044 m

    ( )( )

    σ D m sin506

    210

    15708 10

    12730= ⋅

      ⋅ 

     

       

      =

    −,

    ,0,0124 m

    Effettuando battute da 25 m si ha una precisione superiore.

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    35/67

    114  Capitolo 3

    ESERCIZIO N.10 (MEDIA PONDERATA)

    La quota di un caposaldo T è stata calcolata a partire dai punti R i con incertezza proporzionale alle

    distanze di. Determinare la quota più probabile di T.

    •  Calcolo dei pesi Pi:

    Il peso Pi vale2i

    20iP

    σσ=  dove i

    2i d∝σ  eσ0

    2 è la varianza a priori (arbitraria) che per comodità

     viene assunta pari ai

    i2

    4d

    d  σ⋅  (d4 = 2460,50 m).

    La quota∑

    ∑   ⋅=i

    ii

    T P

    PQQ

    Posto qi=Qi-118,70

    R i Qri (m) di (m) Pi qižžPi (mm) V ižž10-4  V ižžPižž10-4  V i2žžPižž10-8

    1 118,715 1560,80 1,576 23,640 -37 -58,312 2157,544

    2 118,721 2315,20 1,063 22,323 23 24,449 562,327

    3 118,726 1840,30 1,337 34,762 73 97,601 7124,873

    4 118,714 2460,50 1,000 14,000 -47 -47,000 2209,000

    5 118,718 980,60 2,509 45,162 -7 -17,563 122,941

    ΣΣ 7,485 139,887 -0,825 (≈≈0) 12176,685

    R1

    R2

    R3

    R4R5

    T

    σ i id2

    ∝d4

    Fig. 3.7

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    36/67

     Il trattamento statistico dei dati  115

    •  Calcolo la media ponderata:

    =⋅+= −485,7

    10887,13970,118Q3

    T 118,719m

    •  Calcolo dell’errore quadratico medio della media ponderata:

    S V P

    n Pmi i

    i

    = ±  ⋅

    −  = ±

      ⋅− ⋅

      = ±∑∑

    −2 8

    1

    12176685 10

    5 1 74850002

    ( )

    ,

    ( ) ,,

    • Calcolo della quota del punto T:

    QT=118,719m± 0,002m

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    37/67

    116  Capitolo 3

    Esercizi di compensazione delle osservazioni indirette

    ESERCIZIO N.11 (RETTA INTERPOLANTE)

    Sono date le coordinate piane di tre punti (Fig. 3.8).

    1 (2 ; 4)

    2 (4,2 ; 5,8)

    3 (6 ; 8)

    Trovare la retta interpolante i punti 1, 2, 3.

    •  Determinazione della equazione della

    retta :

     y=ax+b

    ax+b-y=0

    dove i coefficienti a e b sono incogniti

    •  Determinazione del sistema di equazioni :

    2 4

    42 58

    6 8

    1

    2

    3

    a b v

    a b v

    a b v

    + − =+ − =

    + − =

    , ,

    •  Risoluzione del sistema normale :

     Ax+l=v

     A =

    2 1

    42 1

    6 1

    , l =−

    −−

    4

    58

    8

    ,

    ( )a

    b A A A lt t

     = −

      −1

     A A t = 

    5764 122

    122 3

    , ,

    ,  ( ) A A t

      −= ⋅

      −−

    1 1

    2408

    3 122

    122 5764,

    ,

    , , A lt =

      −−

    8036

    1780

    ,

    ,

    a

    b

     = − ⋅

      −−

     =

     

    1

    2408

    2392

    4560

    09934

    18937,

    ,

    ,

    ,

    ,

    Fig. 3.8

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    38/67

     Il trattamento statistico dei dati  117

     y=0,9934x+1,8937

     v =−

    012027

    015

    ,,

    ,

    •  Calcolo delle varianze :

    σ02 011= = v vt ,

    σ σ2 02

    11 0113

    2408

    00137( ) ,

    ,

    ,a h= ⋅ = ⋅ =

    σ σ2 02

    22 0115764

    240802633( ) ,

    ,

    ,,b h= ⋅ = ⋅ =

    σ( ) ,a = ±012

    σ( ) ,b  = ±051

    06,008,24

    2,1211,0h12

    20ab   =

    −⋅=⋅σ=σ

    ESERCIZIO N.12

    Supponiamo di aver misurato una distanza divisa in due tronchi allineati, in andata e ritorno,

    osservando i seguenti valori

    Misurati :

    d01=10,00 m

    d02=50,00 m

    d10=10,01 md12=40,00 m

    d20=50,01 m

    d21=39,98 m

    Noti:

    σ σd d mm01 10 1= =

    σ σ σ σd d d d mm02 12 20 21 33= = = = ,

    Determinare :

    1 20

    x1

    x2

     y

    Fig. 3.9

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    39/67

    118  Capitolo 3

    1.  I valori più probabili di x1 e x2

    2.  Il coefficiente di correlazione lineare tra x1 e x2

    1° metodo di risoluzione :

    •  Determinazione del sistema di equazioni :

    Scelto un sistema di riferimento X e chiamata con x1 la coordinata del punto 1 e con x2 quella del

    punto 2, si può scrivere il sistema alle misure :

    x d v

    x d v

    x d v

    x x d v

    x d v

    x x d v

    1 01 1

    2 02 2

    1 10 3

    2 1 12 4

    2 20 5

    2 1 21 6

    − =− =− =− − =− =− − =

    •  Costruzione della matrice dei pesi :

    Pii

    = σσ

    02

    2

    posto σ02 10= si ha :

    P=

    10 0 0 0 0 0

    0 1 0 0 0 0

    0 0 10 0 0 00 0 0 1 0 0

    0 0 0 0 1 0

    0 0 0 0 0 1

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    40/67

     Il trattamento statistico dei dati  119

    •  Risoluzione del sistema normale :

     A =−

    1 0

    0 1

    1 0

    1 1

    0 1

    1 1

    xx

    x=

     

    1

    2

    l =

    −−−−−−

    1000

    5000

    1001

    4000

    5001

    3998

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    Il sistema Ax+l=v è già lineare.

    La soluzione è data da :

    ( )x A PA A Plt t= −  −1

     A Pt =  − −

    10 0 10 1 0 1

    0 1 0 1 1 1 A PA t =

      −−

    22 2

    2 4

    ( ) A PA t  −

    = ⋅

    1 1

    84

    4 2

    2 22

     A Plt =  −

    12012

    17999

    ,

    ,  ( ) A PA A Plt t

    −= ⋅

      −−

     = −

    1 1

    84

    4 2

    2 22

    12012

    17999

    1000548

    5000024

    ,

    ,

    ,

    ,

    =

    0002,50

    0055,10

    x

    x

    2

    1

     v =  −−−

    000548

    000024

    000452

    000524

    000976

    001476

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    •  Calcolo delle varianze :

    σ02

    6 2000021=

    −  =

    −  =

     v Pv

    n m

     v Pvt t,

    σ σ2 1 02 11 000001( ) ,x h= ⋅ =

    σ σ2 2 02

    22 000006( ) ,x h= ⋅ =

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    41/67

    120  Capitolo 3

    mm2,3)x( 1   =σ

    mm4,7)x(2   =σ

    •  Calcolo della correlazione tra x 1 e x 2 :

    C hx x1 2 02

    12 000001= ⋅ =σ ,

    rC

    x xx xx x

    1 2

    1 2

    1 2

    021=⋅

      =σ σ( ) ( )

    ,

    2° metodo di risoluzione :

    Se avessimo preso i valori medi delle misure corrispondenti, avremmo ottenuto :

    ( )d d d m01 01 101

    21005= + = ,

    ( )d d d m02 02 201

    25005= + = ,

    ( )d d d m12 12 211

    23999= + = ,

    Le varianze diventano :

    σ σ2 012

    01

    1

    2( ) ( )d d= ⇒ =σ( )d mm01

    2

    2

    σ σ σ2 022

    122

    02

    1

    2( ) ( ) ( )d d d= = ⇒ = = = ⋅σ σ σ( ) ( ) ( ) ,d d d mm02 12 02

    2

    233

    •  Costruzione della matrice dei pesi :

    Pii

    = σσ

    02

    2

    posto σ02 5= si ha :

    P =

    10 0 0

    0 1 0

    0 0 1

    •  Determinazione del sistema di equazioni :

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    42/67

     Il trattamento statistico dei dati  121

    x v

    x v

    x x v

    1 1

    2 2

    2 1 3

    10005

    50005

    3999

    − =

    − =− − =

    ,

    ,

    ,

    •  Risoluzione del sistema normale :

     A =−

    1 0

    0 1

    1 1

    xx

    x=

     

    1

    2

    l =−−−

    10005

    50005

    39990

    ,

    ,

    ,

     A Pt =   −

    =   −

    1 0 10 1 1

    10 0 00 1 0

    0 0 1

    10 0 10 1 1

     A PA t =  −

    11 1

    1 2  ( ) A PA t

      −= ⋅

    1 1

    21

    2 1

    1 11 A Plt =

      −−

    60060

    89995

    ,

    ,

    =

    −−

    ⋅−=

    0002,50

    0055,10

    995,89

    060,60

    111

    12

    21

    1

    x

    x

    2

    1

    −=0047,0

    0048,00005,0

     v

    •  Calcolo delle varianze :

    σ σ2 1 02

    116453 10( ) ,x h= ⋅ = ⋅   −

    σ σ2 2 02

    2252 10( )x h= ⋅ = ⋅   −

    mm1,2)x( 1   =σmm0,5)x( 2   =σ

    •  Calcolo della correlazione tra x 1 e x 2 :

    C hx x1 2 02

    12

    6227 10= ⋅ = ⋅   −σ ,

    rC

    x xx xx x

    1 2

    1 2

    1 2

    021=⋅

      =σ σ( ) ( )

    ,

    Come si vede, l’aver preso i valori medi porta ai medesimi risultati in termini di parametri

    incogniti, pur variandone la varianza in quanto le osservazioni sono più precise.

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    43/67

    122  Capitolo 3

    ESERCIZIO N.13 (ANELLO DI LIVELLAZIONE GEOMETRICA)

    Si è eseguita una livellazione geometrica di precisione nel centro di Milano, seguendo lo schema in

    figura 3.10.

    I dislivelli fra i capisaldi e le distanze fra di essi sono riportati di seguito.

    Il vertice di Brera ha quota di -768,0 mm rispetto ad una caposaldo di quota zero situato all’Arena.

    Tale dato è stato ricavato dalla rete catastale.

    Fig. 3.10

    Noti :

    Quota origine : Q1=-768,0 mm (Brera)

    Quote approssimate : Q2=-1.575,0 mm (P.le Baracca)

    Q3=-945,0 mm (P.ta Venezia)

    Misure effettuate :   ∆21 1 2= − =Q Q 809,4 mm

    ∆32 2 3= − =Q Q -634,4 mm

    ∆13 3 1= − =Q Q -177,4 mm

    Determinare :

    1. Le quote Q2 e Q3

    2. La varianza delle incognite e la loro correlazione.

    Con il metodo delle osservazioni indirette scrivo una equazione per ogni ramo di livellazione

    misurato; l’equazione esprimerà che la differenza tra le quote dei due estremi del ramo di

    livellazione è pari al dislivello misurato. Si scriveranno perciò 3 equazioni nelle 2 incognite Q2 e Q3

    essendo la quota Q1 (Brera) assegnata a priori.

    •  Determinazione del sistema di equazioni :

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    44/67

     Il trattamento statistico dei dati  123

    Malgrado il sistema sia chiaramente lineare è comodo passare a nuove incognite prima di applicare

    il metodo dei minimi quadrati, in quanto così facendo possiamo lavorare con quantità

    ragionevolmente piccole. Assumendo quindi come incognite le variazioni delle quote rispetto alle

    quote approssimate, e posto :

    Q Q x x2 2 2 215750= + = − +. ,

    Q Q x x3 3 3 39450= + = − +,

    Si ottiene il seguente sistema di equazioni :

    Q Q x vQ x Q x v

    Q x Q v

    1 2 2 21 1

    2 2 3 3 32 2

    3 3 1 31 3

    − − − =+ − − − =+ − − =

    ∆∆

    Ordinando rispetto a x2, x3 si ottiene :

    − + + − − =− + − − =

    + + − + − =

    x Q Q v

    x x Q Q v

    x Q Q v

    2 1 2 21 1

    2 3 2 3 32 2

    3 1 3 31 3

    0

    0

    ( )

    ( )

    ( )

    ∆∆∆

     A xx

    xl=

    −−

      =

    1 0

    1 1

    0 1

    240

    440

    040

    2

    3

    ,

    ,

    ,

    •  Calcolo della matrice dei pesi P :

    Nel metodo dei minimi quadrati con osservazioni indirette il peso di ogni singola equazione

    corrisponde al peso della misura che essa contiene. Partendo dal presupposto cheσi2∝ di, si ha:

    Pk k 

    di i i= =

    '

    σ2,

    e, posto k=10

    di [Km] 1/ di Pi

    2,49 0,40 4

    4,65 0,22 2,2

    1,74 0,57 5,7

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    45/67

    124  Capitolo 3

    P=

    4 0 0

    0 22 0

    0 0 57

    ,

    ,

    •  Risoluzione del sistema normale :

     A PA t =  −

    ⋅−

    =  −

    1 1 0

    0 1 1

    4 0 0

    0 22 0

    0 0 57

    1 0

    1 1

    0 1

    62 22

    22 79,

    ,

    , ,

    , ,

    ( ), ,

    , , A PA t   − = 

    1

    0178975985501 0049841413683

    0049841413683 0140462165836

     A Plt =  −

    ⋅−

    =−

    1 1 0

    0 1 1

    4 0 0

    0 2 2 0

    0 0 57

    24

    44

    04

    1928

    740,

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    x A PA A Plt t= − =  −

    −( ),

    ,1

    308

    008

    Da cui si ricavano le quote :

    Q2=-1.575,0 - 3,08=-1.578,08 mm

    Q3=-945,0 + 0,08=-944,92 mm

    •  Calcolo degli scarti v :

    Per il calcolo degli scarti (errori) sostituiamo le incognite nel sistema matriciale normale

     v = Ax+l

     v =

    068

    124

    048

    ,

    ,

    ,

    •  Calcolo della matrice di varianza-covarianza e delle σσQ2 eσσQ3 :

    Innanzitutto determino la varianza dell’unità di peso:

    $σ02 = − v Pvm n

    t

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    46/67

     Il trattamento statistico dei dati  125

    dove : m= numero equazioni (3)

    n= numero incognite (2)

     v Pvt = 6,55

    m-n=1

    $σ02 = 6,55 mm2

     Varianza delle incognite:

    C A PA  xxQ Q Q

    Q Q Q

    t= 

    = ⋅ = ⋅

     =

     

    −σ σσ σ

      σ2 2 33 2 3

    2

    2 02 1 655

    0178976 0049841

    0049841 0140462

    117 032

    032 091$ ( ) .

    . .

    . .

    , ,

    , ,

    σQ2 = ± 1,08 mm

    σQ3 = ± 0,96 mm

    Q2=-1.578,08 mm± 1,08 mm

    Q3=-944,92 mm± 0,96 mm

    rQ QQ Q

    Q Q2 3

    2 3

    2 3

    032

    108 0960308=

    ⋅  =

    ⋅  =

    $

    $ $

    ,

    , ,,

    σ

    σ σ

    La correlazione è di circa il 31%

    ESERCIZIO N.14 (COMPENSAZIONE DI UN QUADRILATERO ALLE

    OSSERVAZIONI INDIRETTE)

    Si supponga di rilevare una stanza con sole misure lineari.

    Fissato un sistema di riferimento arbitrario, possiamo scrivere le equazioni alle distanze, che poi

    andranno in questo caso necessariamente linearizzate attorno a valori approssimati. Consideriamo

    come osservabili il quadrato della distanza (cfr. in 4.2.2).

    x

    32

    1

     y

    4

    Fig. 3.11

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    47/67

    126  Capitolo 3

    ( ) ( )x x y y d vi k i k ik ik  − + − − =2 2 2  

    In tal caso particolare attenzione va posta alla determinazione dei pesi, propagando l’incertezza diosservazione da d alla nuova osservabile d2. Posto

    x x x

    x x x

    i i i

    k k k 

    = +

    = +

    δ

    δM

     y y y

     y y y

    i i i

    k k k 

    = +

    = +

    δ

    δM  

    ( ) ( )x x x x y y y y d vi i k k i i k k ik ik  + − − + + − − − =δ δ δ δ2 2 2

    [ ]f x y f x yf x y

    xx

    ii( , ) ( , )

    ( , )= +

     

      ⋅ +0

    0

    ∂∂

      δ   L

    [ ]   ( ) ( )f x y x x y y di k i k ik  ( , ) 02 2 2= − + − =  

    ( )∂∂f 

    xx x

    i

    i k = ⋅ −2 ; ( )∂

    ∂f 

    xx x

    i k = − ⋅ −2

    L’equazione linearizzata è dunque:

    ( ) ( ) ( ) ( )2 2 2 2 2 2⋅ − ⋅ − ⋅ − ⋅ + ⋅ − ⋅ − ⋅ − ⋅ + − =x x x x x x y y y y y y d d vi k i i k k i k i i k k ik ik ik  δ δ δ δ

    Pl

    =12σ( )

    l d dik ik  = −2 2 ⇒ = − ⋅ ⋅σ σ( )l ik dd ik 2 P dik  ik dik 

    =⋅ ⋅

    1

    4 2 2σ

    12 = 5 m x1 = 0 m y1 = 0 m   δx1 = 0 m

    23= 7 m x2 = 0 m y2 = 5 m   δ y1 = 0 m

    =34 5,2 m x3 = 7 m y3 = 5,2 m

    =41 7,6 m x4 = 7,6 m y4 = 0 m   δ y4 = 0 m

    =24 9,0 m

    =13 9,2 m

    122  v y5212   =δ⋅⋅

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    48/67

     Il trattamento statistico dei dati  127

    ( )   ( )   ( )   ( )   ( ) ( ) 23222

    2323  v752,507 y y52,52xx07223   =−−+−+δ−δ⋅−⋅+δ−δ⋅−⋅

    ( )   ( )   ( )   ( )   ( ) ( )[ ] 34222334  v2,52,5076,7 y02,502xx76,7234   =−−+−+δ−⋅−⋅+δ−δ⋅−⋅( )   ( )   ( ) ( ) ( ) ( )[ ] 412

    22

    4  v6,70006,700002x06,70241   =−−+−+−⋅−⋅+δ−⋅−⋅

    ( )   ( )   ( )   ( )   ( ) ( )[ ] 24222

    224  v0,95006,7 y0502xx06,7224   =−−+−+δ−⋅−⋅+δ−δ⋅−⋅

    ( )   ( )   ( )   ( )   ( )   ( )[ ]13 2 7 0 0 2 52 0 0 7 0 52 0 923 3 22 2

    13⋅ − ⋅ − + ⋅ − ⋅ − + − + − − =δ δx y v, , ,

    13

    24

    41

    34

    23

    12

    43214321

     v60,804,10000140013

     v76,1001002,1502,15024

     v000002,1500041

     v36,004,10002,12,10034

     v04,004,04,0001414023 v000100000012

     vl y y y yxxxx

    −−

    −−−

    δδδδδδδδ

    δδδδ

    δ

    3

    2

    4

    3

    2

     y

     y

    x

    x

    x

    x

    =

    60,8

    76,1

    0

    36,004,0

    0

    l

    −−−

    =

    4,1000140

    0102,1502,15

    002,1500

    4,1002,12,104,04,001414

    010000

     A 

    2

    ik 

    2

    ik 

    ik d4

    1P

    σ⋅⋅=

    Poniamo cm1ik    ±=σ  per tutte le misure, supposte fatte con una rotella metrica

    0100,0154

    1P

    2212  =

    ⋅⋅=

    P23 2 2

    1

    4 7 100051=

    ⋅ ⋅  = ,

    P34 2 2

    1

    4 52 100092=

    ⋅ ⋅  =

    ,,

    P41 2 2

    1

    4 76 1 00043= ⋅ ⋅   =, ,

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    49/67

    128  Capitolo 3

    P24 2 2

    1

    4 9 100031=

    ⋅ ⋅  = ,

    P13 2 2

    1

    4 92 100030=

    ⋅ ⋅  =

    ,,

    P=

    10 0 0 0 0 0

    0 51 0 0 0 0

    0 0 92 0 0 0

    0 0 0 4 3 0 0

    0 0 0 0 31 0

    0 0 0 0 0 30

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    ( )δx A PA A Plt t= −  −1

     A Pt =

    − −−

    0 714 0 0 4712 0

    0 714 1104 0 0 42

    0 0 1104 6536 4712 0

    100 204 0 0 31 0

    0 204 9568 0 0 312

    , ,

    , ,

    , , ,

    ,

    , , ,

     A PA t =

    − − − −− − −− −− − −− −

    1715824 9996 716224 44264 2856

    999 6 1600848 13248 2856 350544

    716224 13248 1722944 4712 114816

    44264 2856 4712 1310816 0816

    2856 350544 114816 0816 1320368

    . , , , , ,

    , . , , , ,

    , , . , , ,

    , , , . , ,

    , , , , . ,

    ( ) A PA t  −

    − − − − −

    − − − − −

    − − − − −

    − − − −

    =

    ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ − ⋅⋅ ⋅ ⋅ ⋅ − ⋅⋅ ⋅ ⋅ − ⋅ − ⋅

    ⋅ ⋅ − ⋅ ⋅ − ⋅

    1

    3 4 4 4 4

    4 3 4 4 4

    4 4 4 4 4

    4 4 4 4

    146 10 983 10 546 10 318 10 277 10

    983 10 132 10 382 10 2 23 10 364 10

    546 10 382 10 852 10 114 10 164 10

    318 10 223 10 114 10 916 10 419 10

    , , , , ,

    , , , , ,

    , , , , ,

    , , , , ,  −

    − − − − −− ⋅ ⋅ − ⋅ − ⋅ ⋅

    5

    4 4 4 5 4277 10 364 10 164 10 419 10 862 10, , , , ,

     A Plt =

    −−

    8579

    36232

    8691

    5448

    23379

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

  • 8/17/2019 Monti - Capitolo 3

    50/67

     Il trattamento statistico dei dati  129

    ( ) A PA A Plt t− =

    −−−−−

    1

    0352

    0434

    0079

    0058

    0063

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    δδδδ

    δ

    x

    x

    x

     y

     y

    2

    3

    4

    2

    3

    0352

    0434

    0079

    0058

    0063

    =

    ,

    ,

    ,

    ,

    ,

    x y

    x m y m

    x m y m

    x y

    1 1

    2 2

    3 3

    4 4

    0 0

    0352 5058

    7434 5263

    7679 0

    = == == == =

    , ,

    , ,

    ,

     v12 058= ,

     v23 119= ,

     v34

    059=

    ,

     v41 120