Monitoraggio delle Frane
Transcript of Monitoraggio delle Frane
TECNICHE DI MONITORAGGIO DELLE FRANE
La sorveglianza delle frane o delle situazioni di dissesto idrogeologico è molto importante
sia per lo studio di situazioni di pericolo che per la difesa della popolazione, dei patrimoni
immobiliari e delle attività presenti all’interno dell’area monitorata.
Le statistiche confermano che l’Italia è uno tra i Paesi della Comunità Europea con il
maggior pericolo di frane, registrando un morto ogni dieci giorni.
Le strumentazioni utilizzate per il monitoraggio delle frane si basano su principi costruttivi
e modalità di installazione differenti; tutti gli strumenti però sono accomunati dalle seguenti
caratteristiche:
• chiarezza progettuale e costruttiva;
• durata;
• calibrazione speditivi;
• efficienza al variare delle condizioni ambientali;
• accuratezza delle misure su breve e lungo periodo;
• semplicità di installazione;
• minimo impatto della strumentazione con le condizioni al contorno;
• affidabilità dell’unità di lettura;
• risparmio economico.
La strumentazione prescelta per il monitoraggio di un dissesto idrogeologico dovrà sempre
essere caratterizzata da una o più proprietà tra quelle riportate. Gli strumenti svolgono un
importante ruolo di allerta, in quanto permettono di far conoscere in anticipo le condizioni
di pericolo, molto spesso infatti sono dotati di sistemi di allarme.
Le misure di principale interesse sono:
• le misure di deformazione;
• le misure di tensione (tensione totale, pressione dell’acqua).
Le misure sono caratteristiche del fenomeno osservato; ad esempio nel monitoraggio di un
dissesto in una zona prevalentemente rocciosa, la rottura avviene per piccolissime
deformazioni, ci si deve concentrare quindi sulla misura delle pressioni dell’acqua e sulla
spinta del terreno, perché se siamo in presenza di deformazioni, significa che il dissesto è
già in atto.
Meritano una particolare attenzione, oltre alle spese per l’acquisto e l’installazione degli
strumenti, l’acquisizione dei dati e la loro interpretazione. In particolare l’interpretazione dei
dati dovrebbe essere tempestiva in relazione alla velocità dei movimenti e dovrebbe
essere realizzata subito dopo l’acquisizione dei dati così da poter controllare il corretto
funzionamento degli strumenti e un eventuale situazione di pericolo in atto.
La disposizione degli strumenti deve essere tale da assicurare un’adeguata protezione
contro gli atti vandalici (ad esempio cabine, tombini con chiavistelli e lucchetti, cartelli,
recinzioni).
Un primo elenco schematico della strumentazione utilizzata per la prevenzione e la
sorveglianza di un movimento franoso è caratterizzato da:
1. immagini fotografiche
2. sondaggi geognostici
3. inclinometri
4. piezometri
5. stazioni termo-pluviometriche
6. tiltmetri
7. estensimetri
8. piastrine di deformazione graduate di plastica trasparente
9. misuratori di sforzi o strain gauges
10. metodi geodetici
11. misure topografiche con GPS
12. rilievo topografico lidar da elicottero
13. interferometria satellitare SAR
Descrizione della strumentazione
1. Le immagini fotografiche eseguite in un determinato arco temporale mostrano
l’evoluzione dei movimenti. Con le fotografie è possibile avviare una prima ricerca e
il riconoscimento delle tracce delle deformazioni, si possono quindi evidenziare
eventuali segnali premonitori, che consistono soprattutto in crepe e fessure sia nel
terreno che nelle costruzioni. Una menzione speciale meritano le fotografie
stereoscopiche che permettono una visione tridimensionale delle immagini,
esaltando i dislivelli.
2. I sondaggi geognostici, con un rapporto stratigrafico e una serie di foto delle
cassette catalogatrici con la descrizione delle carote prelevate, permettono di
conoscere le caratteristiche meccaniche del terreno in esame; all’interno dei pozzi
creati dai sondaggi si possono inserire tubi inclinometrici.
3. Gli inclinometri valutano gli spostamenti del terreno in profondità. Gli inclinometri
sono dei tubi scanalati che permettono lo scorrimento di una sonda munita di
pendolo e dispositivi elettrici per misurare il suo scostamento con la profondità.
Dalla misura dell’inclinazione nelle varie tratte del tubo si risale agli spostamenti
orizzontali. Un inclinometro è costituito da un tubo di pvc di piccolo diametro, i cui
spostamenti sono controllati nel tempo mediante l’introduzione di una sonda di
diametro leggermente inferiore al tubo, sospesa ad un filo graduato. Se la porzione
inferiore del tubo è infissa nel terreno saldo e la parte superiore in terreno in
movimento, la localizzazione del passaggio è evidenziata dall’accentuarsi della
curvatura del tubo. La misura di deformazione, effettuata con gli inclinometri, si
ricava dall’elaborazione di dati di inclinazione rilevati per mezzo di una sonda che
scorre lungo due assi ortogonali in tubi inclinometrici verticali o orizzontali, situati
all’interno di fori di sondaggio. Lo scopo è quello di valutare deformazioni del
terreno in ambienti franosi.
I tubi inclinometrici, allocati nei fori di sondaggio, rappresentano un sistema
utilizzato congiuntamente con quello sonda-cavo-centralina nelle misure di
deformazione del terreno. Gli inclinometri sono costituiti da tubi cilindrici provvisti di
quattro scanalature a rotaia longitudinali che guidano la sonda inclinometrica mobile
lungo il pozzo da monitorare. Le scanalature sono localizzate nei punti di
intersezione tra il tubo e due piani assiali ortogonali tra loro, che permettono di
collocare la sonda in quattro posizioni a 90° l’una dall’altra (fig. 1).
Fig. 1: Sezione di tubo inclinometrico e numerazione guide (a sinistra); tubi con manicotti (a destra)
Il tubo è formato da pezzi cilindrici lunghi 3 metri di diametro interno variabile,
generalmente compreso tra 60 e 80 mm. Questi pezzi sono uniti tra loro tramite dei
manicotti congiunti con rivetti, sigillati con mastice siliconico e nastro adesivo. In
base al diametro prescelto, le dimensioni delle trivelle utilizzate nel foro di
sondaggio variano tra 76 a 101 mm.
In commercio sono disponibili tre diverse tipologie di involucro: in alluminio, in fibra
di vetro e in acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS). La scelta della fornitura dipende
da fattori quali la corrosione, le tempistiche di esecuzione dei lavori e la risposta
dinamica del sistema tubo-terreno.
Dopo aver realizzato il foro nel terreno, i tubi vengono assemblati in sito e calati fino
a rivestire l’intera parete interna del sondaggio; viene quindi immessa a bassa
pressione una miscela plastica composta da acqua, cemento e bentonite. Questa
miscela plastica ha lo scopo di far aderire l’intero tubo inclinometrico al terreno
circostante. Infine viene verificata la continuità e l’agibilità delle scanalature tramite
una sonda testimone; quindi viene applicato un chiusino e un pozzetto per evitare
atti vandalici.
Il sistema inclinometrico è costituito dall’insieme sonda-cavo-centralina (fig. 2).
Fig. 2: Sistema inclinometrico della SISGEO
Le sonde inclinometriche sono dei corpi cilindrici in acciaio, muniti di una coppia di
carrelli a rotelle che permettono il movimento lungo le scanalature dei tubi,
all’interno dei quali è collocato il sensore di inclinazione.
Esistono due tipi di sensori: potenziometrici e servoassistiti.
I sensori potenziometrici sono costituiti da pendoli senza contatti del tipo magneto-
resistivo o da celle elettrolitiche; viene misurato il potenziale resistivo in funzione
dell’inclinazione del pendolo magnetico o del fluido elettrolitico (misura
elettromeccanica).
I sensori servoassistiti sono caratterizzati da servo-accelerometri; viene misurata la
corrente necessaria a bilanciare le forze destabilizzanti e a riportare il sistema
pendolo all’equilibrio in posizione zero (misura elettronica). Questo tipo di sensore
offre delle misure più precise.
Le sonde inclinometriche provviste di servoaccelerometri sono di tipo biassiale, cioè
eseguono una doppia misura su due piani ortogonali.
Il cavo che trasmette il segnale ha un’anima in kevlar ed è munito di connettore a
tenuta stagna che permette l’utilizzo in ambienti umidi o subacquei; dei cilindri di
nylon posizionati ogni 50 cm permettono di collocare la sonda all’interno del tubo e
di ripetere la misura nel tempo alla stessa profondità. La centralina portatile è un
datalogger che misura le tensioni di alimentazione dei sensori di inclinazione e
registra i dati campionati.
La centralina è dotata di una memoria non volatile in grado di registrare le letture di
campagna formattate in diversi files, contrassegnati da un numero progressivo e da
una label alfanumerica; ognuno di questi files può a sua volta essere suddiviso in
records, ognuno contenente fino a 255 dati per ciascuna delle 4 direzioni
corrispondenti alle guide.
Il piano assiale nel quale giacciono le rotelle è definito piano A, quello ortogonale
piano B. I segnali corrispondenti sono rispettivamente il canale A e il canale B.
Le rotelle di riferimento sono quelle inclinate verso il basso e definite dalla rotazione
nel loro verso con valori negativi del canale A. Come si vede in figura 3, inclinando
la sonda in corrispondenza delle rotelle di riferimento avremo un segnale A
negativo; inclinando la sonda a destra rispetto al piano A, il canale B misura valori
negativi.
Il canale A, essendo direttamente vincolato attraverso i carrelli alle scanalature dei
tubi, risulta essere quello con misure più stabili e meno disturbate.
Le scanalature longitudinali sono chiamate guide e sono nominate da 1 a 4 in senso
orario, si associa alla guida 1 quella con azimut minore rispetto alla direzione del
Nord magnetico.
Fig. 3: Canali della sonda inclinometrica
I profili inclinometrici possono essere effettuati su due guide, di norma la 1 e la 3,
oppure su tutte le quattro scanalature.
La prima profilatura è eseguita con una sonda testimone, identica nella meccanica
alla sonda di misura, e serve per verificare potenziali rotture del tubo e per una
preventiva pulitura delle guide di misura. Quindi si inserisce la sonda fino a fondo
pozzo e si attende l’equilibrio termico; si inizializza la sonda e si confronta la lettura
corrente con le letture precedenti, annotate su un registro di campagna. Se i dati
non corrispondono dopo l’equilibrio termico, si riposiziona (dal basso verso l’alto) la
sonda nel punto iniziale di misura. Data l’alta sensibilità strumentale si rilevano
diverse letture; quando le letture sono abbastanza corrispondenti si inizia
l’acquisizione.
Ad intervalli di 50 cm si ritira la sonda mobile lungo il foro e si acquisiscono i valori
dei due canali. Si impiega una carrucola con fermacavo e prolunga calibrata per
posizionare lo strumento alla quota prescelta, evitando di dover sostenere tutto il
carico a mano.
Ogni misura prevede un controllo del dato visibile sul display della centralina: il dato
viene campionato se è stabile ed è coerente con il sito investigato.
Effettuate le misure lungo le guide 1-3, la sonda viene estratta dal tubo, ruotata di
180° e riposizionata a fondo pozzo, pronta per effettuare il profilo 3-1 dal basso
verso l’alto (fig. 4). Questa procedura permette di compensare gli off-set strumentali
e di rilevare misure anomale. Le misure, campionate in files protetti in un
datalogger, vengono gestite attraverso programmi dedicati all’analisi ed
all’elaborazione dei dati.
Fig: 4: Inserimento di una sonda inclinometrica in pozzo
Il dato che viene visualizzato sullo schermo corrisponde a 20.000 volte il seno delle
componenti sui piani A e B dell’inclinazione del tubo rispetto alla verticale.
Se la sonda viene inclinata di 30°, corrispondente al massimo angolo misurabile, si
legge sul display del datalogger un valore pari a 10.000, che corrisponde al fondo
scala: questo valore è il prodotto di 20.000 per il seno di 30°.
La risposta del sistema è lineare, quindi se si legge sul display un valore A = -
1.000, la sonda è inclinata in corrispondenza delle rotelle di riferimento di 3°.
Il campo di misura di ±30° corrisponde a un segnale di ±5 V.
Determinato il periodo di invecchiamento del nuovo pozzo, si effettua la prima
misura, chiamata lettura zero, effettuata su tutte le quattro guide, la quale servirà da
riferimento per i successivi profili inclinometrici e per la determinazione della
deformazione.
Con questa misura è possibile il controllo della verticalità del pozzo.
All’atto del trasferimento, i dati vengono visualizzati per verificare l’idoneità e la loro
accettazione. Impostati dei valori caratteristici del sito oggetto di studio (tipologia di
misura, coordinate, quota, azimut, giorno, ora,) si importano i dati acquisiti nel
tempo per un loro confronto.
Si possono quindi visualizzare i seguenti diagrammi:
• controllo di verticalità dall’alto
• differenziale locale
• differenziale integrale dall’alto
• differenziale integrale dal basso
• diagramma polare
• diagramma cumulativo.
Con il controllo di verticalità dall’alto si determina quanto si scosta il tubo
inclinometrico dalla verticale teorica ortogonale al geoide.
Il differenziale locale è un confronto diretto dei dati passo-passo: ad ogni quota di
misura viene determinato il differenziale rispetto alla lettura zero, che permette di
determinare la qualità di misura e di sottolineare le eventuali zone di maggior
deformazione.
Con il differenziale integrale dall’alto si presuppone che la bocca pozzo sia stabile,
o posizionata geograficamente nel sistema di riferimento locale; è utile per
analizzare i dati di spostamento superficiali.
Il differenziale integrale dal basso presuppone che il piede del pozzo sia vincolato
ad un terreno non in frana, quindi stabile. I dati vengono confrontati e le differenze
positive e negative sono esposte come sommatoria dal basso. I diagrammi che si
ottengono sono lo spostamento sul canale A, quello sul canale B, lo spostamento
risultante, l’azimut rispetto al Nord e quello polare.
Con queste rappresentazioni grafiche si determinano il modulo di spostamento
orizzontale, il verso e la direzione della deformazione del tubo nel tempo (fig. 5).
Fig: 5: Esempio di rappresentazione grafica dei diagrammi inclinometrici
4. I piezometri permettono di misurare la pressione dell’acqua nel terreno. Questo
dato è di fondamentale importanza poiché la pressione dell’acqua riduce le forze
d’attrito che impediscono ai pendii di scivolare. Nei pozzi dei sondaggi geognostici
molto spesso si installano dei piezometri in cui è presente anche un data logger
che salva dei file. Periodicamente si scaricano i dati su un computer portatile,
durante una escursione spesso in concomitanza con altre misure in situ, e si
verifica anche il livello dell’acqua presente nei tubi piezometrici mediante un
freatimetro. In figura 6 sono presentati un freatimetro (a sinistra) e un piezometro (a
destra).
Fig. 6: Freatimetro (a sinistra) e piezometro (a destra)
In terreni molto argillosi i piezometri hanno bisogno di qualche settimana per entrare
in equilibrio con le condizioni piezometriche circostanti.
5. Le stazioni termo-pluviometriche permettono di eseguire misure termo-
pluviometriche, ossia consentono di valutare la temperatura dell’aria e le
precipitazioni atmosferiche (fig. 7). I dati, rilevati da appositi sensori, sono registrati
con un acquisitore-elaboratore.
Fig. 7: Stazione termo-pluviometrica
Il pluviometro è uno strumento che misura la quantità di pioggia caduta ossia indica
la quantità di acqua caduta con la pioggia o la quantità di neve sciolta. La quantità
di acqua caduta con la pioggia è definita come la quantità di acqua che attraversa la
superficie orizzontale di un cilindro metallico di un campionatore e può essere
determinata leggendo direttamente il valore, in millimetri, sulla scala corrispondente.
La scala di un pluviometro è una scala ampliata e quindi non corrisponde a quella di
un normale righello. L'area dell'imbuto che raccoglie l'acqua verso la basculla
contatore è pari a 10 volte l'area della sezione trasversale del tubo centrale.
I dati di piovosità rappresentano il totale delle precipitazioni avvenute nell’arco di
tempo di registrazione tra una misura e l’altra.
L’unità di misura della piovosità è espressa in millimetri di pioggia caduta. Il valore è
riferito all'unità di superficie, ciò significa che se è piovuto un millimetro di pioggia
equivale a dire che su ogni metro quadro di terreno è caduto un litro di acqua.
L’intensità di precipitazione è definita dalla quantità di pioggia caduta nel tempo.
Il sensore analogico montato su una stazione termometrica è alimentato solamente
alcuni secondi prima della misura per limitare i consumi d’energia. Naturalmente ciò
non è possibile per un pluviometro, infatti il verificarsi di ribaltamenti della vaschetta
di misura è monitorato da un circuito alimentato di continuo ed allo scadere del
periodo di campionamento prestabilito sono registrati in memoria e il conteggio
viene azzerato.
Una stazione remota termo-pluviometrica può essere costantemente controllata
attraverso uno scarico giornaliero dei dati mediante modem GSM, così da effettuare
un sistema di telerilevamento atto al monitoraggio continuo della centralina stessa.
I sistemi automatici di acquisizione dei parametri fisico-ambientali possono essere
programmati per effettuare una misura ogni ora, in modo tale che i dati acquisiti
siano comparabili con dati di fonte diversa, secondo le modalità raccomandate a
livello internazionale.
6. I tiltmetri, dal termine inglese tilt che significa inclinazione o pendenza, sono
strumenti che misurano le inclinazioni e le variazioni di pendenza di un piano nello
spazio. Le misure possono essere di tipo monoassiale o biassiale.
Le misure monoassiali si effettuano su un piano lungo un’asse: posto lo strumento
su di un ipotetico piano orizzontale, si misura l’angolo di pendenza rispetto alla
verticale. Ruotando lo strumento di 90° si ricava la seconda componente
monoassiale per calcolare la posizione del piano in movimento.
Le misure biassiali si effettuano su due assi ortogonali: posto lo strumento in un
piano orizzontale, si eseguono due misure angolari in un senso e in quello
rispettivamente normale (fig. 8).
Fig: 8: Tiltmetro biassiale
I sensori tiltmetrici sono costituiti da pendoli senza contatti del tipo magneto-
resistivo o da celle elettrolitiche; si misura il potenziale resistivo in funzione
dell’inclinazione del pendolo magnetico o del fluido elettrolitico.
Fig: 9: Significato delle misure tiltmetriche di superficie
Tale misura può essere rappresentata in un diagramma polare (fig. 9). Si assume
che il piano che si desidera monitorare tagli una semisfera passando per il centro, il
vettore perpendicolare al piano può essere proiettato sulla superficie circolare della
semisfera, che rappresenta il diagramma polare. Si può quindi determinare l’angolo
di pendenza zenitale rispetto alla verticale e l’angolo azimutale rispetto al nostro
sistema di riferimento. Ripetendo le misure di superficie nel tempo si ottiene la
variazione temporale della giacitura del piano che si sta monitorando. La proiezione
polare rappresenta simbolicamente il vettore di spostamento dell’ammasso roccioso
che è monitorato rispetto alle coordinate di riferimento geografiche (Nord
magnetico).
7. Gli estensimetri sono strumenti che misurano degli allungamenti e/o degli
accorciamenti valutando gli spostamenti nelle fessure. Sono strumenti a cui può
essere accoppiato un interruttore elettrico che chiude il circuito di una sirena di
allarme.
8. Le piastrine di deformazione graduate di plastica trasparente permettono la
sorveglianza delle fessure in un piano, per misurare l’apertura di crepe e fessure
nelle costruzioni.
9. I misuratori di sforzi o strain gauges sono celle di carico idrauliche o con resistenze
elettriche impiegate per misurare tensioni litostatiche, sforzi applicati dal terreno su
parti di strutture o sforzi applicati sul terreno. Le celle sono flessibili a liquido o
rigide a corda vibrante.
10. I metodi geodetici sono caratterizzati da misure di distanze e dislivelli ripetute nel
tempo, impiegando metodi topografici. Le livellazioni sono impiegate soprattutto
nelle zone di corona delle frane. Le triangolazioni con basi misurate, fuori dalla
zona in movimento, sono utili per lo studio dei corpi di frana in movimento lento.
La livellazione geometrica di precisione è un’operazione che consente di misurare
la differenza di quota o dislivello fra due o più punti della superficie fisica della terra.
In particolare tale metodo trova una sua ideale applicazione nella determinazione di
variazioni di quota di capisaldi posti in aree suscettibili di assestamenti del suolo
che coinvolgono aree anche molto estese.
Per determinare il dislivello fra due punti A e B si ricorre al livello, uno strumento
capace di leggere le quote relative di due stadie graduate con codice a barre
rispetto ad un piano orizzontale di riferimento. La procedura da seguire è
caratterizzata dal mantenere perfettamente verticali le due stadie graduate in
corrispondenza dei due punti di cui si vuole misurare il dislivello ed eseguire la
misura con il livello facendo stazione in posizione equidistante da A e B (fig. 10). Si
collima dapprima la stadia posta in A e si esegue una prima lettura LA rispetto al
piano di riferimento; si ruota quindi il cannocchiale sino a collimare la stadia posta in
B e si esegue la lettura LB. Il dislivello sarà dato dalla seguente relazione:
�AB = LB - LA
Fig. 10: livellazione di due punti
Se il dislivello è tale da non consentire la visibilità di entrambe le stadie e la
distanza è superiore a quella massima caratteristica dello strumento, si eseguono
più battute di livellazione. In questo caso il dislivello è dato dalla seguente
espressione:
�AB = �1 + �2 + �3 + ……… �n
Per verificare la bontà dei dati acquisiti si esegue la livellazione con misure in
andata e ritorno, ossia si esegue la livellazione lungo un percorso che si richiude sul
punto di partenza o ripetendo le misure in ordine inverso. In questo modo è
possibile stabilire se l’operazione di livellazione sia stata eseguita con l’accuratezza
necessaria, verificando che la somma dei dislivelli misurati sia nulla o in generale
con una tolleranza inferiore a quella massima ammissibile per lo strumento
utilizzato.
11. Le misure topografiche con GPS permettono di eseguire un monitoraggio delle
deformazioni superficiali tramite misure satellitari GPS. Si considerano un prefissato
numero di capisaldi GPS, il numero di satelliti visibili e il PDOP, Position Diluition of
Precision, che indica la bontà del dato acquisito in posizione (lat/lon). Queste
misure danno un contributo nel tempo infatti, definita una banca dati, permettono di
ricostruire il campo di deformazione della rete geodetica ubicata nei pressi di una
frana.
12. Il rilievo topografico lidar da elicottero è caratterizzato da un laser operante
nell’infrarosso che invia impulsi di luce ad una frequenza prefissata (fig. 12).
Gli impulsi laser vengono diretti verso uno specchio oscillante che riflette gli stessi
in senso ortogonale alla direzione di avanzamento dell’aeromobile dove l’intero
sistema è alloggiato.
La scansione del terreno deriva dalla combinazione dei due movimenti, quello di
oscillazione dello specchio e quello di avanzamento dell’aeromobile.
Il raggio laser una volta colpito il suolo viene riflesso e parte dell’energia incidente
sul terreno ritorna verso lo specchio che convoglia il segnale luminoso ad un
sistema di rilevamento che determina il tempo di ritorno dell’impulso.
Dal tempo impiegato dalla luce a percorrere il tragitto relativo al punto di emissione
– riflessione – ricezione si determina la distanza fra lo specchio ed il punto di
riflessione al suolo.
Fig. 12 : Il sistema laser scan
L’intero sistema è montato rigidamente sull’aeromobile la cui posizione viene
determinata mediante GPS. Il calcolo della traiettoria del sistema avviene mediante
misure GPS differenziali cinematiche utilizzando almeno una stazione fissa
posizionata su di un punto noto entro 25 km dall’area del rilievo. L’elaborazione non
avviene in tempo reale. Una volta ricostruita la traiettoria mediante il GPS si
dispone di un punto noto all’incirca ogni 35 metri. A questo punto i dati di posizione
sono integrati con quelli inerziali che sono acquisiti ad una frequenza di 200 Hz. Alla
traiettoria GPS vengono pertanto associati i dati di orientamento del sistema ed
accelerometrici ottenuti dall’unità di misura inerziale (IMU). L’IMU è costituita da un
terna di giroscopi al laser che consentono una precisione di 0.02 gradi in rollio e
beccheggio e 0.04 gradi in imbardata/direzione. Alla fine la traiettoria viene risolta
ogni 50 millisecondi (all’incirca ogni 0.17 m). Integrando tutti questi dati con quelli di
posizione istantanea dello specchio si determina la posizione nello spazio dei punti
che hanno riflesso il raggio laser e che saranno riferiti al sistema geodetico in cui
opera il GPS ovvero il WGS84. L’errore associato alla misura effettuata dall’IMU
determina in larga parte il livello di precisione del rilievo.
Il calcolo della traiettoria del sistema avviene mediante la combinazione fra un
sistema inerziale ed uno GPS. L’impiego del sistema inerziale, costituito da tre
giroscopi laser, consente di risolvere la posizione e l’assetto dell’aeromobile con
una frequenza di 200 Hz; mentre l'uso del GPS consente di annullare la deriva
dell'inerziale che è funzione del tempo. Il dato GPS permette inoltre di fissare in
maniera assoluta la posizione del sistema con una precisione centimetrica e
rispetto ad un sistema di riferimento globale (WGS84).
Fig. 13: Modello digitale del terreno
In figura 13 è presentato un esempio di modello digitale tridimensionale del terreno
ricavato dall’elaborazione dei dati acquisiti con un rilievo topografico laserscan
elitrasportato LIDAR. Il modello mette in buona evidenza la presenza di una nicchia
di distacco della frana (linea tratteggiata nera) e ne ricostruisce il contorno (linea
rossa).
13. L’interferometria satellitare SAR è caratterizzata da radar ad apertura sintetica che
operano nell’ambito dei sensori di telerilevamento attivo che utilizzano le
microonde. Questo tipo di radar si distingue principalmente dai sistemi ad apertura
reale poiché permette di ottenere una migliore risoluzione nella direzione di azimut,
ossia lungo la traiettoria di volo dell’aereo o del satellite su cui è montata l’antenna
radar.
Un radar misura l’energia ed il tempo di ritorno di un segnale a microonde emesso
da un’antenna e ricevuto dalla stessa (radar monostatico), dopo che questo è stato
retroriflesso da un oggetto o da una superficie.
Per generare un’immagine radar sono trasmessi circa 1.500 impulsi per secondo
per 15 secondi verso un obiettivo, con una durata di ciascun impulso di 10−50
microsecondi. La lunghezza dell’antenna radar determina la risoluzione lungo la
direzione di azimut o traiettoria di volo del satellite. La risoluzione del sistema è
inversamente proporzionale alla lunghezza dell’antenna che, per ragioni strutturali e
di costo, deve per forza essere di dimensioni limitate. Mentre il satellite si muove
lungo l’orbita l’antenna radar illumina lo stesso punto al suolo da più angolazioni e si
può dimostrare che il contributo di energia riflessa dal punto si distribuisce lungo
un’iperbole. L’operazione di ricostruzione del contributo di energia fornito dal
singolo punto al suolo, ricollocandolo correttamente nella posizione di emanazione,
si chiama focalizzazione.
Dopo la focalizzazione l’insieme dei segnali riflessi costituisce un’immagine SAR;
ogni elemento dalla matrice così ottenuta rappresenta l’ampiezza del segnale
retrodiffuso dal terreno per unità d’area. Convenzionalmente l’ampiezza del segnale
retrodiffuso viene rappresentata in una scala di toni di grigio. Al valore massimo di
ampiezza si assegna il colore bianco, a quello minimo il nero.
L’ampiezza del segnale retrodiffuso è legata a diversi fattori: i parametri
dell’osservazione radar (frequenza, polarizzazione, angolo di incidenza delle onde
emesse) ed i parametri della superficie riflettente (scabrezza, forma geometrica,
proprietà dielettriche).
La retrodiffusione di una certa area dipende quindi dalle dimensioni e dalle proprietà
dielettriche degli oggetti che riflettono l’energia in essa contenuti, varia inoltre con la
rugosità presente sulla superficie, dalla polarizzazione degli impulsi e dall’angolo di
osservazione. Oggetti la cui rugosità superficiale ha dimensioni
approssimativamente uguali alla lunghezza d’onda (o più grandi) appariranno chiari,
mentre oggetti più piccoli della lunghezza d’onda appariranno più scuri. Superfici
scabre risultano più luminose mentre superfici piatte, che riflettono poco o per
niente l’energia verso il radar, appariranno scure nell’immagine.
La vegetazione, che è normalmente e moderatamente irregolare alla scala della
maggior parte delle lunghezze d’onda radar, apparirà di un colore grigio o grigio
chiaro. Strade e autostrade sono superfici piatte ed appaiono scure. Edifici che non
presentano superfici piane normali alla direzione di vista dell’antenna appariranno in
grigio chiaro, come superfici molto scabre. Oggetti umidi appariranno luminosi ed
oggetti asciutti appariranno scuri. L’eccezione a questo è un corpo liscio d’acqua il
quale agisce come una superficie piatta e riflette via l’impulso.
Oltre alle suddette caratteristiche fisiche e geometriche degli oggetti, l’immagine
radar è soggetta a distorsioni legate alla particolare geometria di acquisizione del
SAR. Infatti superfici inclinate verso il radar avranno una retrodiffusione più forte
rispetto a superfici che hanno una pendenza opposta e tenderanno ad apparire più
luminose nell’immagine. Alcune aree non illuminate dal radar, come il pendio
nascosto delle montagne, sono in ombra e quindi appariranno scure.
I sistemi radar SAR permettono l’acquisizione di immagini indipendentemente
dall’illuminazione solare e dalle condizioni meteorologiche dell’area.
Il segnale del SAR è di tipo complesso e le due componenti prendono il nome di
modulo e fase. Il modulo è quella porzione di segnale che è legata alla ampiezza
del segnale retrodiffuso, la fase è legata prevalentemente alla distanza del percorso
antenna – bersaglio – antenna.
Comparando la fase dell’impulso radar retroriflesso dal terreno fra due immagini
acquisite da un punto di vista leggermente differente (decine di metri) si possono
derivare dei modelli digitali del terreno per via interferometrica (fig. 14).
Fig. 14: Modelli digitali del terreno da sistemi radar SAR
In pratica, ogni singolo punto della scena viene ad essere illuminato da due punti
leggermente differenti.
Si possono così controllare vaste aree e misurare variazioni nella loro morfologia
dell’ordine dei centimetri con l’utilizzo di tecniche interferometriche differenziali.
Questa metodologia trova applicazione immediata nel controllo di movimenti franosi
o nella ricognizione di variazioni morfologiche generiche del terreno. Si evidenziano
però alcune limitazioni che riducono la possibilità di applicazione di questo tipo di
metodologia:
• la decorrelazione temporale, ossia acquisizioni successive non devono essere
troppo distanti fra loro nel tempo;
• la baseline normale: l’interferometria si basa sul fatto che ogni singolo punto
della scena viene visto dal satellite da un punto di vista leggermente diverso.
Poiché l’orbita del satellite non può essere mantenuta con un livello di
precisione millimetrico fra le varie acquisizioni, la distanza può variare da
pochi metri ad alcune centinaia di metri;
• gli artefatti meteorologici: il segnale inviato dal radar percorre una distanza di
circa 800 km prima di raggiungere il suolo ed essere riflesso. Il percorso del
segnale avviene per un lungo tratto nello spazio dove si propaga nel vuoto,
non appena si avvicina all’atmosfera terrestre la ionosfera e la troposfera lo
rallentano, ciò non modifica il modulo ma agisce quasi esclusivamente sulla
fase. Se si confrontano le fasi del segnale di due scene in cui lo stato della
troposfera sia variato significativamente si possono osservare delle variazioni
di quota o di movimento non reali che vengono definite artefatti e possono
essere erroneamente interpretati.
L’elaborazione di immagini radar SAR fornisce i seguenti risultati:
• immagini di intensità: basate su un numero digitale che descrive l’ampiezza
del segnale retrodiffuso da ogni singolo obbiettivo con una localizzazione
specifica all’interno della scena. L’immagine è fornita in bianco e nero, dove il
bianco indica le zone a maggior capacità di retrodiffusione, mentre il nero
quelle a minor capacità (fig.15);
Fig. 15: Immagine di intensità
• mappe di coerenza: segnalano molto bene la distribuzione di agglomerati
urbani e di specie vegetali all’interno di un’area. Un edificio, ad esempio, è
caratterizzato da alti valori di coerenza e appare bianco, mentre la
vegetazione è rilevata con bassi valori di coerenza e appare con tonalità di
grigio;
• prodotti multitemporali: sono basati su una procedura che permette di
catalogare i diversi oggetti presenti su un’area in esame utilizzando tre colori
di base (il rosso, il verde e il blu) per rappresentare in modo efficace tre diversi
elementi: le abitazioni e i terreni con scarsa vegetazione, le foreste, le tavole
d’acqua. Questo tipo di classificazione permette di ottenere una visione
generale delle caratteristiche del territorio esaminato, ma è limitata ad
immagini acquisite in un breve intervallo temporale, poiché le tre tipologie di
elementi sopracitate varia col cambiare delle stagioni;
• interferogrammi: sono un insieme di dati complessi, ricavati da due immagini
SAR, che forniscono informazioni su un oggetto a terra sfruttando la fase degli
impulsi retrodiffusi dall’oggetto stesso;
• velocità di spostamento del terreno: si ricava da opportune elaborazioni degli
interferogrammi e delle mappe di coerenza.