Modulo di Storia delle istituzioni politiche a.a. 2010-2011 Istituzioni... · ebraico, non...

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STORIA DELLE ISTITUZIONI POLITICHE A.A. 2013-2014 Interpretazioni del totalitarismo: Hannah Arendt Corso di laurea magistrale in diritti umani ed etica della cooperazione internazionale Corso di laurea triennale in filosofia

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STORIA DELLE ISTITUZIONI POLITICHE

A.A. 2013-2014

Interpretazioni del totalitarismo:

Hannah Arendt

Corso di laurea magistrale in diritti umani ed etica della cooperazione internazionale

Corso di laurea triennale in filosofia

Linden/Hannover 1906 – New York 1975

Hannah Arendt 2

Parte prima – L’antisemitismo

Parte seconda – L’imperialismo

Parte terza – Il totalitarismo

Trad. it. Le origini del totalitarismo, Einaudi, Torino 2009

H. Arendt, The origins of totalitarianism, 1951 4

Parte prima. L’antisemitismo

“La differenza fondamentale fra le forme totalitarie e

quelle tiranniche tradizionali è che il terrore non

viene più usato principalmente come un mezzo per

intimidire e liquidare gli avversari, ma come uno

strumento permanente con cui governare masse

assolutamente obbedienti” [p. 8]

Parte prima. L’antisemitismo / 1a

“L’ebraismo dei paesi occidentali si disintegrò di pari passo con lo stato nazionale durante i decenni che precedettero lo scoppio della prima guerra mondiale […]

“In un’Europa il cui equilibrio era stato sconvolto per sempre, il cui senso di solidarietà era stato soppiantato da un nazionalismo che concepiva il confronto fra le nazioni come una lotta concorrenziale fra gigantesche imprese economiche, l’elemento ebraico, non vincolato ad alcuna nazione, tradizionalmente intereuropeo, divenne oggetto di odio universale per la sua inutile ricchezza, oggetto di disprezzo universale per la sua palese impotenza” [23]

Parte prima. L’antisemitismo / 1b

L’antisemitismo contemporaneo nasce da un paradosso: nello Stato nazionale, di diritto, gli ebrei ottengono l’uguaglianza giuridica e quindi la piena cittadinanza; tuttavia sotto il profilo sociale essi non sono integrati; anzi, con l’avvento della società di massa la loro specificità e la loro diversità spiccano ancora di più; dal resto della società essi sono guardati con interesse, per la loro eccezionalità, e con timore, in ogni caso non sono inclusi.

L’ebreo stimola reazioni di esclusione da parte dell’uomo-massa, che aspira all’eguaglianza intesa come omogeneità.

L’affaire Dreyfus scoppiato in Francia a fine secolo è la prima testimonianza eclatante degli effetti dell’antisemitismo.

L’antisemitismo per Arendt diventa esemplare dell’atteggiamento che in generale la società di massa adotta davanti alla diversità e all’eccezionalità.

Parte seconda. L’imperialismo / 1c

L’imperialismo degli ultimi decenni dell’Ottocento stravolge lo Stato nazionale.

Nelle colonie il potere appartiene alla burocrazia; esso non è più soggetto a controllo politico, come nello Stato nazionale.

La necessità di giustificare ideologicamente l’imperialismo agli occhi del popolo porta a formulare il concetto di RAZZA.

La RAZZA sostituisce nell’ideologia di massa la Nazione.

Il concetto di RAZZA contiene un elemento oppositivo e conflittuale.

“In realtà il RAZZISMO può segnare il tramonto del mondo occidentale e dell’intera civiltà umana … Perché, a prescindere da quel che possono dire gli scienziati, la razza è, da un punto di vista politico, non l’inizio dell’umanità ma la sua fine, non l’origine dei popoli ma la loro decadenza, non la naturale nascita dell’uomo ma la sua morte innaturale”.

Parte seconda. L’imperialismo / 2

In Europa i semi del razzismo secondo Arendt sono

gettati dall’età della rivoluzione francese e

dell’espansione napoleonica.

In Inghilterra si oppongono “diritti inglesi” ai diritti

umani della Dichiarazione dell’ 89 [Burke].

Nella Germania il fine dell’unità etnica subentra a

quello dell’emancipazione nazionale, in seguito

all’aggressione napoleonica della Prussia, e

continua a svilupparsi nell’età del romanticismo.

1853 Arthur de Gobineau, Essai sur l’inegalité des

races humaines

Parte seconda. L’imperialismo / 3

Agganciato ai ‘valori’ etnici l’imperialismo prolifera

anche sul suolo d’Europa, in una forma continentale

che è quella dei pan-movimenti / questi mirano

alla realizzazione dell’unità etnica [pan-

germanesimo; pan-slavismo].

I pan-movimenti assumono la forma di un

NAZIONALISMO TRIBALE

Non è un caso che laddove si sono sviluppati i pan-

movimenti, siano poi germinati i totalitarismi.

I totalitarismi vengono da questi movimenti.

Parte seconda. L’imperialismo / 4

L’imperialismo genera un’ideologia contraria allo Stato nazionale.

Questa ideologia etnica e anti-umanistica è propugnata da movimenti, che si propongono come alternativa ai partiti dello Stato nazionale borghese.

Cita Sigmund Neumann, Die deutschen Parteien, 1932: ai tempi della Repubblica di Weimar “ogni nuovo gruppo riteneva di non poter trovare di fronte alle masse corteggiate una legittimazione migliore della marcata ostentazione del fatto di non essere un ‘partito’ ma un movimento” [p. 350]

Parte seconda. L’imperialismo / 5

“L’ostilità dei pan-movimenti verso il sistema dei partiti acquistò un significato pratico dopo la prima guerra mondiale, quando quel sistema cessò di funzionare in modo normale, perché il sistema classista, su cui poggiava, cominciò a sgretolarsi sotto la pressione delle masse declassate dagli avvenimenti. Allora vennero alla ribalta non più dei semplici pan-movimenti, ma i loro successori totalitari” [363].

La prima guerra mondiale determinò vasti movimenti di popolazione.

Il dissolvimento degli imperi centrali, a carattere multietnico e il sorgere al loro posto di nuovi stati nazionali accrebbe in modo significativo il fenomeno degli apolidi, di individui privi di cittadinanza, di stato giuridico.

“Qui è il nocciolo del problema. La privazione dei diritti umani si manifesta soprattutto nella mancanza di un posto nel mondo che dia alle opinioni un peso e alle azioni un effetto” [410].

L’APOLIDE, in ogni sua declinazione, diventa il bersaglio dei movimenti, la figura negativa contro la quale combatterà il totalitarismo.

Parte seconda. L’imperialismo / 5b

13

“L’apolidicità è il fenomeno di massa più moderno,

e gli apolidi sono il gruppo umano più caratteristico

della storia contemporanea” (385)

Parte seconda. L’imperialismo / 6

I movimenti post-bellici di stampo fascista e nazista

mettono sotto attacco lo Stato nazionale e il

parlamentarismo.

Essi contestano l’ideologia classista e propongono alle

masse come alternativa una nuova concezione di

unità nazionale.

Il movimento nazista assume a fondamento il principio

etnico declinato in senso razzista.

Parte seconda. L’imperialismo / 7

“La perdita dei diritti nazionali ha portato con sé in tutti i casi la perdita dei diritti umani … La concezione dei diritti umani è naufragata nel momento in cui sono comparsi individui che avevano perso tutte le altre qualità e relazioni specifiche, tranne la loro qualità umana. Il mondo non ha trovato nulla di sacro nell’astratta nudità dell’essere-uomo.

[…] I superstiti dei campi di sterminio, gli internati dei campi di concentramento e gli apolidi hanno potuto rendersi conto … che l’astratta nudità dell’essere nient’altro-che-uomo era il loro massimo pericolo […]

L’esistenza di una simile categoria di persone racchiude in sé un duplice pericolo. Il loro distacco dal mondo, la loro estraneità sono come un invito all’omicidio, in quanto che la morte di uomini esclusi da ogni rapporto di natura giuridica, sociale e politica, rimane priva di qualsiasi conseguenza per i sopravviventi […]

Inoltre il numero crescente degli apolidi minaccia la nostra civiltà e il nostro mondo politico in modo più inquietante degli elementi della natura scatenati e dei barbari una volta … IL pericolo è che una civiltà universale produca dei barbari dal suo seno costringendo, in un processo di decomposizione interna milioni di persone a vivere in condizioni che, malgrado le apparenze, sono quelle delle tribù selvagge”. [pp. 415-419]

Parte III: Il totalitarismo 16

X. Il tramonto della società classista

- Le masse

- La temporanea alleanza fra plebe ed élite

XI. Il movimento totalitario

- La propaganda totalitaria

- L’organizzazione totalitaria

XII. Il regime totalitario

- L’apparato statale

- La polizia segreta

- I campi di concentramento

XIII. Ideologia e terrore

Parte III. Cap. X. Il regime totalitario

“I movimenti totalitari mirano a organizzare le masse, non le classi come i vecchi partiti d’interessi degli stati nazionali del continente, e neppure i cittadini con opinioni e interessi nei riguardi del disbrigo degli affari “ (427)

“In questa atmosfera di sfacelo generale si formò la mentalità dell’uomo massa europeo” (437)

[astratta uniformità, amarezza egocentrica, abnegazione e indebolimento dello spirito di autoconservazione, fascinazione per l’ideologia]

“… per i movimenti totalitari sono necessarie, più che l’assenza di strutture, l’atomizzazione e l’individualizzazione della moderna società di massa”

(440)

Parte III. Cap. XII. Il regime totalitario / 2a

Regimi totalitari storicamente determinati sono la dittatura nazista dopo il 1938 e quella staliniana dopo il 1930.

Il regime totalitario non è focalizzato sulla politica di potenza; non mira prima di tutto all’espansione e all’affermazione dello Stato, all’appropriazione di risorse etc.

Esso ha al proprio cuore il movimento e resta identificato con il movimento, ben più che non con lo Stato; lo Stato serve al movimento come facciata verso l’esterno. Le sue istituzioni sono quelle del movimento; al centro sta la polizia segreta.

XII. Il regime totalitario / 2b

Il regime totalitario assume a proprio fondamento ideologico la categoria di “nemico oggettivo”, che è universale, cioè prescinde dal suo contenuto determinato.

“La categoria dei nemici oggettivi sopravvive ai primi nemici del movimento … ne vengono scoperti, secondo le circostanze, di nuovi”.

L’annientamento del nemico è rivolto a uniformare tutti gli uomini in un unico ‘tipo’, eliminando i diversi, i deboli, gli sconfitti.

Alla persecuzione del nemico oggettivo è votata la polizia segreta. Il fine è perseguito con ferrea e meccanica organizzazione.

XII. Il regime totalitario / 3

CAMPO DI CONCENTRAMENTO E DI STERMINIO come forma tipica generata dal totalitarismo.

Laboratorio dove si sperimenta il dominio assoluto e totale sull’uomo.

Questo dominio mira a annullare la pluralità, l’individualità, la diversità.

Ogni uomo è uguale all’altro se è ridotto a un fascio di reazioni, a un’esistenza il più possibile vicina a quella meramente biologica.

Nella condizione del campo si elimina con il diverso, l’individuale, l’imprevedibile, il nuovo, lo spontaneo.

Si crea un mondo artificiale, totalmente prevedibile, automatico in cui ciò si realizza, consentendo il dominio totale.

XII. Il regime totalitario / 4

La condizione umana nel campo è quella di una morte

in vita.

La natura umana è così profondamente trasformata

dal dominio totale, che gli uomini sono resi superflui

e la loro esistenza insensata.

XII. Il regime totalitario / 5

Il regime totalitario, grazie alla categoria sempre rinnovata del nemico oggettivo, fa vivere tutti i cittadini nel terrore.

Attraverso il terrore le masse intere sono dominate, quasi come se tutti vivessero nei campi, come se la condizione di tutti tendesse a quello.

Ciascun individuo è costantemente tenuto in scacco, isolato dagli altri. Così perde la capacità di esperienza e di pensiero, la capacità di distinguere realtà e finzione, vero e falso.

conclusione 23

“Ma rimane altresì vero che ogni fine nella storia contiene

necessariamente un nuovo inizio; questo inizio è la promessa, l’unico ‘messaggio’ che la fine possa presentare. L’inizio, prima di diventare avvenimento storico, è la suprema capacità dell’uomo; politicamente

si identifica con la libertà umana. ‘Initium ut esset, creatus est homo’, ‘affinché ci fosse un inizio, è stato creato l’uomo’, dice Agostino [De civitate Dei, libro 12, cap. 20]. Questo inizio è garantito da ogni nuova

nascita; è in verità ogni uomo.” (656)

H. Arendt, The Human Condition (Chicago, 1958)

Dopo avere indagato le origini del totalitarismo sotto un profilo storico-antropologico, Arendt torna a esaminare la condizione umana con approccio filosofico.

Le due opere sono strettamente collegate e la seconda contiene pure la proposta filosofico-politica ritenuta capace di fare da antidoto alla tentazione totalitaria insita nella società di massa e nella democrazia.

Constatata la catastrofe della politica occidentale avvenuta a metà del XX secolo, la riflessione in positivo di Arendt mira a scoprire una nuova strada, un nuovo modo di essere della politica e soprattutto dell’uomo nella collettività.

L’antidoto al totalitarismo è una radicale ripoliticizzazione dell’uomo. E non si parla di uomo al singolare, ma di uomini, eguali perché tutti appartenenti alla specie umana, ma distinti nella loro individualità (mentre gli individui dello stato totalitario sono uguali perché privi di individualità, sono seriali).

[Trad. it.: H. Arendt, Vita activa, Bompiani 2008]