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Corso di Impianti Meccanici Laurea Triennale Modulo 8 Impianti concentratori Prof. Ing. Cesare Saccani Prof. Ing. Augusto Bianchini Dott. Ing. Marco Pellegrini Dott. Ing. Michele Gambuti Department of Industrial Engineering (DIN) - University of Bologna

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Corso di Impianti Meccanici – Laurea Triennale

Modulo 8

Impianti concentratori

Prof. Ing. Cesare Saccani

Prof. Ing. Augusto Bianchini

Dott. Ing. Marco Pellegrini

Dott. Ing. Michele Gambuti

Department of Industrial Engineering (DIN) - University of Bologna

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Introduzione

Impianti concentratori

Agenda

Termocompressione

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Introduzione

Esempi di utilizzatori di vapore

Nella piccola media-industria italiana, esiste una grande diffusione di processi

termici che richiedono vapore ed esiste una grande varietà di sistemi per

utilizzarlo.

In Fig.1 si vede un recipiente a doppio fondo fisso alimentato da vapore. Non

mancano ovviamente lo scaricatore di aria (A), il filtro (F) e lo scaricatore di

condensa (S).

In Fig.2 il recipiente è ribaltabile, per poterlo scaricare più facilmente; l’ingresso

del vapore e lo scarico delle condense non possono che avvenire in

corrispondenza degli assi dei perni di appoggio. Una tubazione apposita (t)

provvede perciò a pescare la condensa dal punto più basso.

In Fig.3 è rappresentato un mangano per la stiratura. Il vapore può essere

immesso in vari modi.

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In Fig.4 vi è un cilindro a vapore, molto usato nell’industria

cartaria, tessile o lattiero casearia per essiccare il prodotto.

Deve essere alimentato attraverso uno dei perni, mentre

dall’altro si scarica la condensa.

Vi sono poi applicazioni quali i vulcanizzatori (Fig.5) dove il

vapore può essere immesso in una intercapedine, ma può

anche venire a contatto con le sostanze da trattare. In

questo caso la condensa che si forma nelle camere va

tenuta separata da quella dell’intercapedine perché deve

subire un trattamento di depurazione di cui la seconda non

ha bisogno.

Introduzione

Esempi di utilizzatori di vapore

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Architetture

Gli apparecchi concentratori si classificano in base al tipo di circolazione che può essere naturale o forzata.

La circolazione naturale può essere definita o indefinita.

In una delle possibili architetture a circolazione naturale definita si utilizza un tubo

esterno. Il tubo esterno non è riscaldato è quindi il fluido freddo scende e poi risale

lungo il fascio tubiero del concentratore. Lo spazio superiore è vuoto e piuttosto

grande per non avere trascinamento di goccioline e perché la presenza del soluto fa

si che si formi schiuma.

Se si hanno problemi di ingombro si può adottare una architettura con un

tubo centrale di diametro maggiore rispetto agli altri. A parità di volume, la

soluzione nel tubo ha una superficie di scambio inferiore; pertanto,

scambiando meno calore, la colonna rimane più fredda e più densa e

scende.

Impianti concentratori

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In circolazione forzata è bene installare la pompa sottobattente e in maniera

tale da non ostacolare i moti convettivi.

Nel concentratore a ruscellamenti il liquido tracima e si raccoglie verso il

basso e una pompa permette la circolazione.

Questa architettura garantisce grandi superfici di evaporazione.

Impianti concentratori

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La circolazione naturale può essere convenientemente esaminata con l’aiuto di un

diagramma pressione-quota e di un diagramma temperatura-quota.

Si suppone che:

• Le perdite nelle tubazioni evaporanti e in quella di caduta sono concentrate nei

brevi tratti orizzontali di raccordo (rappresentati come avessero sezioni minori di

ogni altro condotto);

• La densità del liquido rimane la stessa nel separatore e nella tubazione di caduta;

• La densità del liquido può essere rappresentata da un valore medio nella risalita

dalla sezione 2 alla sezione 3 (comunque minore rispetto al tubo esterno) in cui il

liquido sottoraffreddato (perché portato sotto battente) raggiunge la temperatura

di saturazione e inizia l’ebollizione;

• La densità della miscela soluzione-vapore può essere rappresentata da un valore

medio tra le sezioni 3 e 1;

• Le variazioni di energia cinetica sono trascurabili.

Impianti concentratori

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Con queste ipotesi, scendendo da z1 a z2 lungo la tubazione esterna di caduta la pressione aumenta

linearmente da p1 a p2. Poi subisce la caduta p2 – p2’ (dovuta alla perdita ipotizzata concentrata in 2). Poi

salendo da z2 a z3 la pressione diminuisce ma secondo una caratteristica più verticale rispetto all’esterno, in

conseguenza della minor densità. Poi salendo di quota da z3 a z1’, la pressione cala da p3 a p1’ con una

caratteristica ancora più inclinata perché la densità è minore ancora (a causa della comparsa di bolle di

vapore). Da ultimo la soluzione subisce la caduta di pressione p1’ – p1 per superare il raccordo orizzontale

superiore.

Si vede dal diagramma come il segmento di caduta e la spezzata di risalita vengono ad intersecarsi. Si ha

così una sezione zn (sezione neutra) sulla quale la pressione nei tubi di salita e nel tubo di discesa coincide.

Passando invece ad una circolazione

assistita da una pompa, il ciclo potrà

essere percorso senza la manifestazione

di una sezione neutra perché, in tal caso,

è possibile avere un aumento di pressione

senza riduzione della quota.

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Per quanto riguarda le temperature, se t1 è la temperatura di saturazione corrispondente a p1 in z1, tale è

anche la temperatura della soluzione sulla sezione 2. Poi si ha il riscaldamento del liquido da t2 (= t1) a t3 nel

passaggio da z2 a z3. Nella sezione 3 il liquido raggiunge le condizioni di saturazione e inizia l’ebollizione.

Essendo la soluzione satura, e dato che salendo con la quota diminuisce la pressione, la temperatura non

può che diminuire lungo i tubi di scambio, provocando la comparsa di vapore di flash.

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Se la temperatura assume un andamento come quello

rappresentato in rosso sul diagramma temperatura-quota, significa

che la temperatura del vapore che sta cedendo calore e la

temperatura del liquido da concentrare sono troppo vicine, al limite

coincidenti, così da non consentire l’innalzamento della

temperatura del fluido da scaldare.

La temperatura rimane costante con la quota finché non si

raggiunga una sezione tale per cui la temperatura di saturazione

scenda sotto il valore della temperatura effettiva del liquido, ed

allora, inizia l’ebollizione.

O si elimina il tratto di scambiatore in eccesso, ovvero dove non

avviene lo scambio, oppure si inclina il concentratore (concentratori

Kestler), utilizzando, in tal modo, l’intera superficie di scambio e, di

conseguenza, scambiando una potenza maggiore rispetto al caso

precedente.

α

h∗ = h sin α

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Introduzione

Impianti concentratori

Agenda

Termocompressione

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Concentratore a singolo effetto

In svariate operazioni industriali si deve provvedere alla concentrazione di soluzioni provocando la parziale

evaporazione del solvente cui viene ceduto calore a mezzo di opportuni scambiatori.

Bilancio totale di massa: G1 = G2 + G3

Bilancio di soluto: G1c1 = G2c2

G2 = G1c1c2

G3 = G1 − G2 = G1 − G1c1c2

= G1 1 −c1c2

c1 = concentrazione iniziale

c2 = concentrazione della soluzione concentrata

Gv = portata di vapore primario

G1 = portata iniziale da concentrare

G2 = portata di soluzione concentrata

G3 = portata di vapore secondario prodotto

Impianti concentratori

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Bilancio di energia:

Gv hv − hu = G2h2 + G3h3 − G1h1 h = 0 a 0°C

Gv hv − hu = G2h2 + G3h3 − G2 + G3 h1 == G2 h2 − h1 + G3 h3 − h1

Per la condensa si può assumere l’entalpia ( inkcal

kg) pari

alla temperatura di saturazione (c𝑙 =1kcal

kg C).

Se si trascura il preriscaldamento della soluzione liquida e

si ipotizza di concentrare una soluzione con il calore

fornito da vapore, si ha:

h2 − h1 ≃ 0h3 − h1 = r3 ≃ rv = hv − hu

𝐆𝐯 ≃ 𝐆𝟑 = 𝐆𝟏 𝟏 −𝐜𝟏𝐜𝟐

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Esercizio:

Si vuole concentrare una soluzione acquosa zuccherina passando dal 13% al 61% di concentrazione.

Valutare quanto vapore è necessario utilizzare per preriscaldare la soluzione da 15°C a 95°C, ipotizzando

che il vapore ceda calore condensando fino alla condizione di liquido saturo.

p3 = 1,6 ata t3 = 113°C

h3 = 644 kcal/kg = 2696 kJ/kg

pv = 2,6 ata

tv = 128°C

hv = 650 kcal/kg

= 2720 kJ/kg

t1 = 95°C

t0 = 15°C

c1 = 13%

c2 = 61%

Impianti concentratori

𝐆𝐯 ≃ 𝐆𝟑 = 𝐆𝟏 𝟏 −𝐜𝟏𝐜𝟐

G2 = G1c1c2

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Soluzione:

Valutiamo la quantità di vapore prodotto dal concentratore per kg di soluzione da concentrare (G1 = 1 kg ):

G3 = G1 1 −c1c2

= 1 ∙ 1 −13

61= 0,787 kg

Ipotizziamo che il calore specifico della soluzione sia pari a quello dell’acqua c𝑙 = 1kcal

kg °C.

Allo scambiatore, le entalpie delle correnti liquide G0 = G1 e G4 valgono:

Δh𝑙,0 = c𝑙 t0 − trif = 1 ∙ 15 − 0 = 15kcal

kg;

Δh𝑙,1 = c𝑙 t1 − trif = 1 ∙ 95 − 0 = 95kcal

kg;

Δh𝑙,4 = c𝑙 t4 − trif = 1 ∙ 113 − 0 = 113kcal

kg.

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Soluzione:

Facendo il bilancio di energia allo scambiatore, a meno dei rendimenti, si ha:

G4 h3 − h𝑙,4 = G1 h𝑙,1 − h𝑙,0

Per preriscaldare la soluzione da 15°C a 95°C sono

pertanto necessari:

G4 =G1 h𝑙,1 − h𝑙,0

h3 − h𝑙,4=1 ∙ 95 − 15

644 − 113= 0,151 kg

Impianti concentratori

Rimangono pertanto utilizzabili G3 − G4 = 0,787 − 0,151 = 0,636 kg , ovvero circa l’80% del vapore

secondario prodotto.

Conviene pertanto utilizzare efficientemente il vapore prodotto dal concentratore in un secondo stadio di

concentrazione a pressione e temperatura inferiore, chiamato secondo effetto.

Si parla, in tal caso, di concentratori a multipli effetti.

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Concentratori a multipli effetti

Il vapore secondario prodotto dal primo effetto G3, diventa il vapore

primario per il secondo effetto.

Il concentrato uscente dal primo effetto G2 viene laminato e diventa

la soluzione da concentrare del secondo effetto G2’.

In tal modo si ottiene una soluzione maggiormente concentrata G4.

Ciò è possibile perché la pressione in 2 è tale da consentire una

laminazione tale da far calare la temperatura in maniera sufficiente

per garantire un opportuno Δt nel secondo effetto.

È quindi bene avere al primo effetto una elevata pressione e

temperatura, compatibili con il prodotto da processare (si pensi, ad

esempio, che esistono impianti già in depressione al primo effetto per

condensare a temperature minori di 100°C per non alterare il

prodotto).

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Si ipotizza che:

1. La soluzione sia acquosa con una tensione di vapore del soluto trascurabile e quindi che il vapore

sviluppato sia vapore d’acqua come quello che fornisce il calore. In questo caso si parla più

propriamente di evaporatori.

2. Si ipotizza inoltre che la soluzione entrante (1) sia satura, il che implica in genere che abbia già subito

un riscaldamento.

Il diagramma T-s mostra che condensando il vapore fornito dall’esterno da (v) a (u) è possibile vaporizzare

da (1) a (3) parte della soluzione a pressione p1. Successivamente ricondensandola da (3) a (u’) si fa

vaporizzare da (2’) a (5) la soluzione a pressione p2 che proviene dal concentratore a pressione p1, ed ha

subito la laminazione 2-2’.

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ቐG2c2 = G4c4

𝑎G2 = G4 + G5

G4 = G2c2c4

= G1c1c2∙c2c4

= G1c1c4

𝑎

G5 = G2 1 −c2c4

= G1c1c2

1 −c2c4

= G1c1c2−c1c4

Impianti concentratori

Anche per il secondo effetto si scrivono i bilanci di massa ed energia:

Se si suppone che:

h2 − h4 ≃ 0; e che hv − hu ≃ ℎ3 − ℎ𝑢′ ≃ h5 − h4

Allora

G3 h3 − hu′ ≃ G5 h5 − h2 → 𝐺3 ≃ 𝐺5

Per cui si ha, ricordando quanto trovato per il primo effetto (𝐺𝑣 ≃ 𝐺3):

൞𝑮𝒗 = 𝑮𝟏 𝟏 −

𝒄𝟏

𝒄𝟐

𝑮𝒗 = 𝑮𝟏𝒄𝟏

𝒄𝟐−

𝒄𝟏

𝒄𝟒

⇒ 𝒔𝒐𝒎𝒎𝒂𝒏𝒅𝒐 ⇒ 𝟐𝑮𝒗 ≃ 𝑮𝟏 − 𝑮𝟏𝒄𝟏

𝒄𝟐+ 𝑮𝟏

𝒄𝟏

𝒄𝟐− 𝑮𝟏

𝒄𝟏

𝒄𝟒= 𝑮𝟏 𝟏 −

𝒄𝟏

𝒄𝟒⇒ 𝑮𝒗 =

𝑮𝟏

𝟐𝟏 −

𝒄𝟏

𝒄𝟒

Più in generale, un impianto a multiplo effetto presenta di solito un numero più elevato di evaporatori. Vale l’espressione:

𝐆𝐯 = 𝐊𝐆𝟏

𝐧𝟏 −

𝐜𝟏𝐜𝐬

cs = concentrazione massima allo scarico dell’ultimo evaporatore

K = coefficiente che tiene conto delle approssimazioni fatte (1,1÷1,25)

n = n° effetti

Massa

G3 h3 − hu′ = G4h4 + G5h5 − G2h2

G3 h3 − hu′ = G4h4 + G5h5 − G4 + G5 h2 = G5 h5 − h2 − G4 h2 − h4Energia

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Valutazioni economiche

A = costo di esercizio annuo di 1 effetto

(per concentrare la soluzione da c1 a cs)

A/N = costo di esercizio annuo di N effetti

B = costo di investimento di 1 effetto

BN = costo di investimento di N effetti

τ = tasso di ammortamento annuo

Il numero economico di effetti si ricava eguagliando a zero la derivata dei costi totali annui Ctot fatta rispetto

al numero di effetti N:

Ctot =A

N+ BNτ →

dCtot

dN= −

A

N2 + Bτ = 0 → N∗ =A

Applicazione N° effetti

Pomodoro e

conserve3 effetti

pI = 1,6 bar

tsat = 113 °C

pII = 0,9 bar

tsat = 96 °C

pIII = 0,45 bar

tsat = 78 °C

Dissalazione di

acqua marina13÷30 effetti

Impianti concentratori

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Condensatore barometrico

La pressione di uscita del vapore G5 uscente dall’ultimo stadio, potrebbe

raggiungere valori inferiori rispetto alla pressione ambiente.

Per estrarre il vapore, invece di ricorrere ad aspiratori, si preferisce utilizzare

un condensatore barometrico.

Il condensatore barometrico è sostanzialmente una torre di rettifica alimentato

da un serbatoio sopraelevato. Grazie alla presenza di un altro serbatoio

appoggiato sul piano di campagna, si realizza un certo battente in grado di

mantenere in depressione il condensatore barometrico. In condizioni statiche

la pressione all’interno del condensatore barometrico è pari a quella ambiente

meno il battente.

Il dislivello H controlla la pressione all'ultimo stadio, mentre il dislivello h

fornisce la prevalenza necessaria per richiamare una quantità di acqua tale da

far condensare il vapore.

Continuando ad accumulare vapore nel condensatore, ben presto si

riempirebbe di vapore. Per estrarre il vapore lo si fa condensare introducendo

acqua dall’alto. In realtà, nel caso di limitazioni sulla temperatura di scarico

dell’acqua, può essere necessario un ulteriore raffreddamento rispetto alla

temperatura di condensazione.

Impianti concentratori

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Dimensionamento condensatore barometricoNel primo stadio si cerca di avere la massima temperatura

ammissibile dal processo e si realizza un certo salto di temperatura Δt

tra vapore primario che condensa e vapore secondario che evapora,

compatibilmente con la superficie di scambio disponibile. Lo stesso Δt

verrà mantenuto tra il vapore primario e secondario dei successivi

effetti.

Le pressioni risultano così fissate dalla temperatura massima

ammissibile e dai successivi salti Δt. Si riesce pertanto ad identificare

la pressione del vapore all’ultimo stadio e al condensatore

barometrico.

La portata d’acqua di raffreddamento necessaria per lo scopo può

essere calcolata dal seguente bilancio termico:

Gbar ∙ c𝑙 ∙ ∆tmax= Gn ∙ r + Gn ∙ c𝑙 ∙ 𝑇𝑐𝑜𝑛𝑑 − 𝑇𝑜𝑢𝑡

Gbar è la portata di acqua da introdurre [kg/s], cl il suo calore specifico

[kJ/kgK], Δtmax è la differenza di temperatura tra acqua prelevata e

acqua scaricata [K], che deve essere compatibile con i limite di legge

e/o con le necessità tecnologiche, Gn è la portata di vapore all’ultimo

effetto [kg/s], r è il suo calore di vaporizzazione [kJ/kg], Tcond è la

temperatura di condensazione del vapore in ingresso al condensatore

barometrico [K] e Tout è la temperatura di uscita dal condensatore

barometrico.

Impianti concentratori

Gbar

Gbar+Gn

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Dimensionamento condensatore barometrico

Si consideri il condensatore barometrico come un sistema

adiabatico. Il vapore entrando all’interno del sistema, prima

condensa e successivamente si miscela con l’acqua di

raffreddamento utilizzata uscendo alla temperatura Tout.

Gbar ∙ c𝑙 ∙ (𝑇𝑎𝑚𝑏 − 𝑇𝑜𝑢𝑡) = Gn ∙ r + Gn ∙ c𝑙 ∙ 𝑇𝑐𝑜𝑛𝑑 − 𝑇𝑜𝑢𝑡

Dove la differenza di temperatura del fluido di raffreddamento

è stata indicata per esteso. La temperatura di ingresso

dell’acqua di raffreddamento può essere assunta pari alla

temperatura ambiente Tamb [K], mentre la temperatura di

uscita, data la miscelazione con il fluido proveniente dai

concentratori è pari a Tout.

Per cui identificata la temperatura di uscita è possibile

calcolare la portata di raffreddamento necessaria.

Gbar =Gn ∙ r + Gn ∙ c𝑙 ∙ 𝑇𝑐𝑜𝑛𝑑 − 𝑇𝑜𝑢𝑡

c𝑙 ∙ (𝑇𝑎𝑚𝑏 − 𝑇𝑜𝑢𝑡)

Impianti concentratori

Gbar, Tamb

Gbar + Gn, Tout

Gn , Tcond

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Dimensionamento del condensatore barometrico

Bisogna quindi dimensionare la condotta di carico e la condotta di

scarico.

1) pn = patm − 𝜌gh − R1

2) pn = patm − 𝜌gH + R2

Sottraendo l’eq. 1) dall’eq. 2), si ottiene:

3) 0 = 0 − 𝜌g h − H − R2+ R1 → H − h =R2+R1

𝜌g

Fissando R1 è noto h dall’eq. 1).

Nota la portata Gbar si può quindi determinare il diametro del condotto di carico (considerando per l’acqua

velocità pari a 1÷1,5 m/s).

Nota pn, si fissa H in base alla depressione da realizzare. Sono quindi note le perdite di carico R2 dall’eq. 3).

La portata nel condotto di scarico è pari alla somma della portata Gbar aspirata e dalla portata Gn

proveniente dall’ultimo effetto. Si ricava pertanto il diametro del condotto.

pn= pressione all’effetto n-esimo;patm = pressione atmosferica;R1= perdite nel condotto 1;R2= perdite nel condotto 2.

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Introduzione

Impianti concentratori

Agenda

Termocompressione

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Se il vapore prodotto in un apparato di concentrazione a pressione p1 viene portato con un compressore a

pressione p2 più elevata, può essere in grado di condensare cedendo calore allo stesso concentratore che

lo ha prodotto.

La condensa relativa può essere utilizzata per il preriscaldamento della soluzione entrante.

Naturalmente all’avviamento dell’impianto occorre un apporto di calore esterno che può essere effettuato

mediante vapore (V) o a mezzo di resistenze elettriche (R).

Termocompressione

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Termocompressione

Il bilancio di soluto permette di esprimere la portata di vapore (Gv) in

funzione di quella della soluzione entrante (G) e delle

concentrazioni all’ingresso (c0) e allo scarico (cs).

G c0 = G − Gv cs → Gv = G 1 −c0

cs

Il bilancio termico fornisce la relazione:

Gv h2 − hu = Gv h1 + G − Gv hs − G h0

• dati G, c0 e cs, sono note le portate Gv e G–Gv;

• h0 è un dato;

• hs e h1 sono noti perché è nota la temperatura di evaporazione

della soluzione alla pressione p1 (dipende dal processo);

• hu può essere fissata perché si conosce pu ed il liquido si trova

sulla curva limite inferiore (solitamente pu = patm).

→ h2 =Gv hu + Gv h1 + G − Gv hs − G h0

Gv

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Conoscendo il rendimento interno del compressore ηi ≃ 0,85 si risale ad hഥ2 :

ηi =hഥ2 − h1h2 − h1

→ hഥ2 = ηi h2 − h1 + h1

Noto hഥ2 è nota la pressione p2.

Termocompressione

Caso 1) h2 > hഥ2 ; p2 = pഥ2 Caso 2) h2 = hഥ2 ; p2 < pഥ2

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Termocompressione

Potenza assorbita dal compressore: P =Gv h2 − h1

ηe ηmkW

ηe = rendimento elettrico

ηm = rendimento meccanico

Costo impianto: Ctot = P n Ce + Ci τ €/anno

P = potenza assorbita dal compressore

n = n° di ore di funzionamento

Ce = costo del kWh

Ci = costo di investimento

τ = tasso di ammortamento

È necessario comparare la convenienza dell’impianto a termocompressione rispetto alla soluzione

impiantistica a effetto multiplo.

Il calore che deve essere fornito dal vapore è:

Gv h2 − hu = Gv h1 + G − Gv hs − G h0 kW h = 0 a 0°C

Pertanto sarebbe necessario consumare una quantità di combustibile pari a:

gc =Gvh1 + G − Gv hs − G h0

ηg kikg/h ηg = rendimento del generatore di vapore

ki = potere calorifico inferiore del combustibile

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Termocompressione

Ctot N∗ effetti= gc n Cc + Ci N∗ effetti τ €/anno

gc = portata di combustibile

P = potenza assorbita dal compressore

n = n° di ore di funzionamento

Cc = costo del combustibile

Ce = costo del kWh

Ci = costo di investimento

τ = tasso di ammortamento

Ctot termocomp= P n Ce + Ci termocomp

τ €/anno

Se Ctot termocomp> Ctot N∗ effetti

→ si adotta la soluzione a effetto multiplo

Se Ctot termocomp< Ctot N∗ effetti

→ si adotta la soluzione con termocompressione

In Ci termocompsono compresi i costi del compressore e in Ci N∗ effetti sono compresi i costi del generatore di

vapore.

Se esiste già una produzione di vapore tecnologico, può essere Ci N∗ effetti << Ci termocomp.

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Corso di Impianti Meccanici – Laurea Triennale

Modulo 8

Impianti concentratori

Prof. Ing. Cesare Saccani

Prof. Ing. Augusto Bianchini

Dott. Ing. Marco Pellegrini

Dott. Ing. Michele Gambuti

Department of Industrial Engineering (DIN) - University of Bologna