MODIFICAZIONI ANATOMICHE MODIFICAZIONI DELLA FISIOLOGIA CARDIOVASCOLARE...

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1 NEFROLOGIA 14/12/2011 RENE E GRAVIDANZA La gravidanza rappresenta un evento straordinario nella vita di una persona, oltre che per le modificazioni anatomiche che avvengono, anche perché permette di capire come gestire alcuni problemi clinici. Una gravidanza implica modificazioni imponenti della struttura e del fisico della gestante: ! MODIFICAZIONI ANATOMICHE ! MODIFICAZIONI DELLA FISIOLOGIA CARDIOVASCOLARE ! MODIFICAZIONI DELLA FISIOLOGIA RENALE ! MODIFICAZIONI ORMONALI MODIFICAZIONI ANATOMICHE Gli aspetti macrostrutturali indicano un aumento fisiologico delle dimensioni del rene: l’ingrandimento è di circa 1 cm sull’asse verticale, ciò comporta un incremento del 30% della massa renale. Questa modificazione è caratterizzata da un allungamento delle strutture del rene, in particolare del tubulo contorto prossimale che aumenta del 20%. In più, si ha la naturale dilatazione delle vie escretrici: dilatazioni di calici e parti dell’uretere, quasi come a raccogliere un volume urinario maggiore. Questi aspetti macrostrutturali sono correlati a modificazioni degli aspetti microstrutturali: c’è una ripresa della fase embrionale nella donna (non solo nel feto), vi sono fenomeni di neoangiogenesi e neocitogenesi, per cui in qualche modo è ripresa anche nel tessuto materno una condizione non presente nell’uomo adulto, una condizione di maggiore staminalità dei tessuti. In realtà, la donna in gravidanza non è anemica, poiché c’è aumento dell’eritropoiesi: l’anemia è data da un’alterazione del rapporto massa solida/massa liquida, cioè la quantità di cellule si distribuisce in un volume maggiore, ma in realtà il numero è aumentato. MODIFICAZIONI DELLA FISIOLOGIA CARDIOVASCOLARE Il cuore subisce un effetto inotropo positivo che si caratterizza però con un abbassamento della pressione corporea: la fisiologia normale della donna in gravidanza è rappresentata da una riduzione media della pressione.

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NEFROLOGIA

14/12/2011 RENE E GRAVIDANZA La gravidanza rappresenta un evento straordinario nella vita di una persona, oltre che per le modificazioni anatomiche che avvengono, anche perché permette di capire come gestire alcuni problemi clinici. Una gravidanza implica modificazioni imponenti della struttura e del fisico della gestante:

! MODIFICAZIONI ANATOMICHE ! MODIFICAZIONI DELLA FISIOLOGIA CARDIOVASCOLARE

! MODIFICAZIONI DELLA FISIOLOGIA RENALE

! MODIFICAZIONI ORMONALI

MODIFICAZIONI ANATOMICHE Gli aspetti macrostrutturali indicano un aumento fisiologico delle dimensioni del rene: l’ingrandimento è di circa 1 cm sull’asse verticale, ciò comporta un incremento del 30% della massa renale. Questa modificazione è caratterizzata da un allungamento delle strutture del rene, in particolare del tubulo contorto prossimale che aumenta del 20%. In più, si ha la naturale dilatazione delle vie escretrici: dilatazioni di calici e parti dell’uretere, quasi come a raccogliere un volume urinario maggiore. Questi aspetti macrostrutturali sono correlati a modificazioni degli aspetti microstrutturali: c’è una ripresa della fase embrionale nella donna (non solo nel feto), vi sono fenomeni di neoangiogenesi e neocitogenesi, per cui in qualche modo è ripresa anche nel tessuto materno una condizione non presente nell’uomo adulto, una condizione di maggiore staminalità dei tessuti. In realtà, la donna in gravidanza non è anemica, poiché c’è aumento dell’eritropoiesi: l’anemia è data da un’alterazione del rapporto massa solida/massa liquida, cioè la quantità di cellule si distribuisce in un volume maggiore, ma in realtà il numero è aumentato. MODIFICAZIONI DELLA FISIOLOGIA CARDIOVASCOLARE Il cuore subisce un effetto inotropo positivo che si caratterizza però con un abbassamento della pressione corporea: la fisiologia normale della donna in gravidanza è rappresentata da una riduzione media della pressione.

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Questa riduzione si accompagna stranamente a fenomeni che in un soggetto normale comporterebbero aumento della pressione, come l’aumento della gittata e della portata cardiaca e un aumento del volume circolante. MODIFICAZIONI DELLA FISIOLOGIA RENALE Ovviamente, essendo aumentato il volume circolante e la gittata, c’è un incremento del flusso plasmatico renale e quindi del filtrato: questa rimodulazione del filtrato implica modificazioni delle funzioni tubulari. I peptidi normalmente prodotti sono prodotti in maniera difforme: questo dovrebbe implicare un aumento della pressione circolatoria, poiché c’è un’attivazione del sistema renina-angiotensina, associato a una produzione elevata di prostaglandine (vasodilatatori) controbilanciate da un elevato rilascio di trombossani (vasocostrittori). Quindi, in realtà le modificazioni che avvengono in gravidanza dovrebbero provocare un aumento della pressione, che però non si verifica. Il grafico mostra gli effetti della gravidanza sul filtrato glomerulare e sulla portata plasmatica renale effettiva nelle sue varie fasi: l’incremento sia del flusso plasmatico che del filtrato è una condizione che si realizza sin dalle prime fasi della gravidanza, raggiungendo il massimo già verso la 18esima settimana e che si protrae fin alla fine della gravidanza con incrementi del 60%. Una donna in gravidanza normalmente ha la creatina a 0,4-0,6, cioè molto più bassa del normale. MODIFICAZIONI ORMONALI Il più importante è la relaxina (ormone della famiglia dei fattori di crescita insulinici), prodotta dal corpo luteo, che svolge un ruolo importante nella crescita e nel rimodellamento degli organi riproduttivi in gravidanza: ha un effetto ipotensivo, poiché attiva l’ossido nitrico (NO), determinando vasodilatazione periferica. Questo ormone accompagna la gravidanza durante tutto il suo percorso e contribuisce a determinare quella condizione fondamentale che consente all’incremento del volume plasmatico e della gittata di arrivare al rene, in quanto provoca dilatazione della parte afferente quindi arriva una maggiore quota ematica al rene. E’ antagonizzata dal blocco dei recettori " (endotelina).

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Questo studio mostra come l’osmolarità media nelle donne in gravidanza è poco meno di 287, mentre nelle donne non gestanti è circa 297: il volume ematico è perciò maggiore, di conseguenza la concentrazione degli elementi al suo interno è più bassa. Riassumendo, la gittata cardiaca aumenta (del 30-40%), c’è ritenzione di sodio per l’attivazione del sistema renina-angiotensina che incrementa il volume circolante (aumento di 6-8 litri della massa idrica sistemica), la pressione media scende a 105/60 mmHg ! il motivo principale di questo abbassamento pressorio è dovuto allo shunt placentare, che è una complicazione materno-fetale: l’arteria ombelicale che raggiunge la placenta è la comunicazione tra la madre e il figlio. Questa arteria fa sì che la circolazione materna entri in contatto con la circolazione fetale: l’affinità tra madre e figlio è del 50%, il MHC esprime il 50% dei geni della madre e 50% estranei alla madre ! se trapiantassi un rene con questo grado di compatibilità, avrei rigetto entro 2-3 ore. Tutte le patologie renali in gravidanza sono legate al processo di contatto materno-fetale attraverso l’arteria ombelicale, che entra nella decidua (parte materna della placenta) che è in contatto con il sinciziotrofoblasto (parte fetale della placenta). Altri meccanismi (riepilogo):

! Aumentata produzione di prostaglandine, ossido nitrico e progesterone ! Aumentata secrezione di aldosterone ! Marcata riduzione delle resistenze periferiche (antagonizzata da norepinefrina, ATII,

ADH) ! Aumentata produzione di renina

PATOLOGIA IN GRAVIDANZA Si caratterizza per due situazioni: si possono avere anomalie urinarie e renali e la comparsa di ipertensione arteriosa, più o meno associata alle anomali renali. ANOMALIE URINARIE E RENALI

! Reperti aspecifici (glicosuria, proteinuria in tracce): può essere un evento transitorio, segno di diabete gestazionale o manifestazione di quadri infettivo-patologici, è un reperto aspecifico. Se è limitata, non ha significato patologico.

! Ostruzione delle vie urinaria: soprattutto in donne predisposte (bacino poco

ampio), è la fase compressiva del feto sull’uretere. Provoca un’ostruzione completa o incompleta, si manifesta con la colica renale. Questa situazione può, soprattutto in soggetti predisposti (esempio: donna affetta da un’alterazione dell’escrezione del calcio), essere una causa di nucleazione calcolotica.

! Uropatia ostruttiva/Litiasi renale

! Cistiti/Cisto-pieliti/Pielonefrite: compressione dell’uretere spesso presente provoca

maggiore incidenza di infezioni.

! Nefropatia pre-renale da iperemesi gravidica: sindrome che affligge il primo quadrimestre della gravidanza per cui alcune donne presentano vomito incoercibile e, vomitando continuamente, hanno deplezione del volume circolante e quindi sviluppano insufficienza renale acuta pre-renale da disidratazione.

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! Necrosi tubulare acuta da aborto settico: forme settiche contestuali alla presenza di aborti settici

! Necrosi corticale/tubulare da distacco di placenta o da placenta previa:

conseguenza grave dell’insufficienza renale acuta organica ! Sindrome emolitico-uremica post-partum: conseguenza della necrosi tubulare

acuta da aborto settico, complicanza severa su base settica o coagulativa IPERTENSIONE ARTERIOSA IN GRAVIDANZA È la problematica più seria. In gravidanza, si può avere la comparsa di ipertensione in quattro differenti contesti:

! donna ipertesa che entra in gravidanza: l’ipertensione può essere primitiva o secondaria ! donna normotesa che durante la gravidanza presenta

ipertensione isolata che regredisce alla fine della gestazione senza lasciare segno (ipertensione gestazionale: di solito è un’anticipazione di qualcosa che succederà dopo, la persona è destinata nel tempo a una labilità della propria condizione emodinamica, per cui il sovraccarico cardiaco e volumetrico che implica la gravidanza mette in evidenza una sorta di debolezza, di incapacità di gestire il sovraccarico volumetrico)

! ipertensione che compare in gravidanza associata ad altri segni (alterazioni renali): gestosi gravidica o pre-eclampsia

! donna con ipertensione preesistente sviluppa pre-eclampsia (alcune condizioni patologiche favoriscono l’insorgenza di pre-eclampsia rispetto al soggetto sano)

IPERTENSIONE PRIMITIVA/SECONDARIA IN CORSO DI GRAVIDANZA Può essere: - primitiva/essenziale - secondaria a:

! ipertensione nefrovascolare: principale causa di ipertensione nella giovane donna ! iperaldosteronismo primitivo ! coartazione aortica ! feocromocitoma

IPERTENSIONE GESTAZIONALE (INDOTTA DALLA GRAVIDANZA) Ipertensione che compare nell’ultima parte della gravidanza e che regredisce con il parto e non è associata a proteinuria: condizioni predisponenti sono donne multipare, obese e con familiarità per ipertensione (è una slatentizzazione di un’ipertensione che comparirà più avanti nell’età). GESTOSI GRAVIDICA Quadro patologico che compare normalmente nel terzo trimestre di gravidanza (ma può presentare anticipazione, dalla 20esima settimana in poi la donna è a rischio), conosciuto anche con il termine di pre-eclampsia, caratterizzato dalla comparsa graduale di ipertensione arteriosa associata a proteinuria ed edemi declivi, con decorso ingravescente fino alla possibilità di sviluppo di crisi eclamptiche.

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Questa condizione è perciò pericolosa soprattutto perché è il prodromo di una complicanza severissima, quando si realizza ha un’elevata mortalità per la madre e il feto, che è la crisi eclamptica. È una patologia con un andamento epidemiologico bimodale: c’è un picco in giovane età (25 anni) e un picco in tarda età (34 anni), ciò sta a indicare che l’eziopatogenesi di questa sindrome è complessa, esistono più fattori o più eclampsie. È più frequente nella primigravida, ma non è detto che si ripresenti nelle gravidanze successive (possibile la recidiva nella secondigravida 20%). Raramente esita nell’eclampsia (0,05% delle gravidanze), poiché il parto viene indotto rapidamente nel momento in cui viene riscontrata la sindrome. Quasi esclusiva dell’ultimo trimestre di gravidanza, insorge dopo la 20 settimana di gravidanza, ma possono esservi lievi alterazioni fin dalla 9a-12a settimana. Fisiologia della gravidanza ! l’utero ha una vascolarizzazione particolare, con arterie spiraliformi che percorrono lo spessore uterino dal suo interno al suo esterno. L’arteria spiraliforme è il tipico vaso dell’utero: come tutti i vasi ha una muscolatura liscia periferica che può costringere il lume e del tessuto connettivo che avvolge il vaso. Quando comincia il rapporto tra madre e figlio, si ha un contatto mediato dalla placenta, che è composta da una parte di derivazione materna (decidua) e una parte di derivazione fetale (corion), le quali sono unite dai villi coriali, dove avviene il contatto tra madre e feto favorito dalla madre e inizia un fenomeno di invasione di cellule fetali delle arterie intramiometriali spiraliformi della madre, le quali si approfondiscono nell’utero e iniziano un processo di rimodellamento dei vasi materni. Questo rimodellamento è mediato da cellule NK della madre, la quale, attraverso non solo cellule NK, ma anche monociti e cellule T tutte correlato a un impulso mediato da cellule dendritiche della madre, favorisce un’invasione delle proprie arterie da parte delle cellule fetali, le quali uccidono le cellule della muscolatura liscia materne e le rimpiazzano, togliendo il controllo muscolare delle arterie spiraliformi alla madre, da qui il termine “shunt placentare”, che indica un contatto artero-venoso diretto non mediato da arteriole vasocostringenti. Ruolo delle cellule regolatrici NK: A. Sostituzione strutturale dei tessuti materni da cellule plastiche del Trofoblasto

- rimozione di cellule muscolari lisce e fibrociti da arterie spiraliformi

- generazione di nuovo tessuto endoteliale

- aumento del flusso ematico al feto

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B. Modulazione del processo materna - attivazione di cellule NK da riconoscimento di cellule del trofoblasto - la risposta immunitaria favorevole induce placentazione e reduce la probabilità di

pre-eclampsia. La madre consente al figlio l’impianto e consente che vengano eliminate le componenti muscolari ed endoteliali di tipo materno per essere sostituite da cellule del feto. In questo modo, si causa un potenziamento del flusso. Nella donna pre-eclamptica, questo fenomeno non avviene in maniera così “drammatica” come nella gravidanza normale: è come se questo fenomeno di modulazione della sostituzione dell’endotelio e della muscolatura liscia non si realizzasse a pieno, vi è un bilancio imperfetto, per cui rimane una funzione contrattile della madre e il flusso ne risente (placentazione non efficace). Questo si traduce in una minore quantità di nutrienti e di gas disciolti a disposizione del feto, favorendo una aumentato stato di stress ossidativo placentare. I tessuti placentari sottoposti a queste condizioni, esponendo frammenti di membrana, acidi nucleici e cellule alla circolazione materna, stimolano una risposta immunitaria, capace di generare infiammazione ed apoptosi nella madre. Aspetti immunologici della fisiologia della gravidanza !

cellule immunitarie e molecole coinvolte: Il MHC è costituito dalla classe I e la classe II: la classe I è caratterizzata dagli antigeni A, B, C, mentre la classe II è caratterizzata dagli antigeni D o DR. In età gestazionale, lo sviluppo della cellula avviene attraverso la produzione di un MHC immaturo, con antigeni che scompariranno (G ed E) e il MHC II, che è il più reattivo, compare tardivamente, quindi è come se le cellule fetali esprimessero un MHC anomalo. Da parte materna si realizza un riconoscimento nel quale non si ha il legame di costimolazione CD40 (perché vi sia risposta immunitaria, gli epitopi riconosciuti devono essere due o tre, qui ce n’è uno solo): questo attiva un sistema di risposta con incremento delle cellule T-regolatorie, le quali producono IL-10 e danno vita alla risposta di tollerogenesi. I sistemi di riconoscimento delle cellule sono molteplici: uno è il MHC, un altro è il MICA (MHC class I polypeptide-related sequence A), un altro è il KIR ! famiglia di recettori inibitori attivata in questo caso, attiva le cellule NK in un contesto tollerogenico e quindi favoriscono una risposta tollerogenica. Quando questo sistema non si realizza per qualche ragione (condizione genetica per cui la donna produce poche cellule NK, interazione paterna di tipo immunologico, presenza di malattie che interferiscono con la placentazione) si può avere eclampsia.

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Ruolo delle cellule dendritiche !

Limitazione all’invasione delle cellule del trofoblasto:

! riduzione della motilità a causa di una riduzione dello stimolo di migrazione ! cambiamenti nell’espressione di molecole di adesione o di metallo-proteinasi ! induzione dell’apoptosi delle cellule “extravillous” del trofoblasto

Nei linfociti della decidua aumenta l’espressione di granzima e perforina indotta da IL-15. Le cellule di trofoblasto espongono molecole di MHC non classiche (es. HLA-G/E/F). La combinazione di alcuni antigeni non-classici sulle cellule “extravillous” le rende suscettibili alla lisi NK-mediata (per limitare l’invasione delle EVT). Al contrario la presenza di HLA-G sulle “villous” cellule di trofoblasto protegge le cellule dall’aggressione da parte di NK. IFN-" è fondamentale per il rimodellamento dell’arteria spiraliforme murina e per la maturazione delle cellule NK. IFN-" facilita l’apoptosi delle cellule di trofoblasto (EVT) “extravillous”. Durante la gravidanza le cellule del trofoblasto (feto) sono a stretto contatto con cellule immunocompetenti della madre:

! a livello locale! nel 1° trimestre le cellule del trofoblasto (feto) invadono la mucosa uterina

! a livello sistemico! nel 2° trimestre avviene la perfusione dei villi placentari con il sangue materno e alcune cellule del trofoblasto si ritrovano nel circolo materno

Affinché la gravidanza vada a buon fine deve esserci una soppressione dell’immunità materna. La madre rimane immunocompetente, ma non risponde verso gli antigeni fetali

Tolleranza materno-fetale

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Le cellule di trofoblasto espongono molecole di MHC non classiche (es. HLA-G). La presenza di HLA-G sulle “villous” cellule di trofoblasto protegge le cellule dall’aggressione da parte di NK. La limitazione dell’invasione delle EVT mediante apoptosi non induce un’attivazione infiammatoria, ma le cellule apoptotiche vengono rimosse attraverso fagocitosi da parte dei macrofogi. La fagocitosi macrofagica induce la produzione di citochine anti-infiammatorie che limitano i processi infiammatori a livello dell’utero e limita la produzione di citochine pro-infiammatorie. Questa limitazione dell’infiammazione è fondamentale per la tolleranza del feto. Le cellule APC fagocitano le cellule apoptotiche e ne presentano i peptidi sulla superficie legando a molecole di MHC I. La presentazione dei peptidi di trofoblasto in mancanza di infiammazione e costimolazione induce uno stato di tolleranza. La tolleranza è iniziata nel 1° trimestre a livello locale (decidua), successivamente è mantenuta a livello sistemico a causa dell’entrata nel circolo materno di cellule fetali che vengono fagocitate da APC. Il meccanismo di tolleranza induce l’espressione di CTLA-4 sui Ly-T e la differenziazione di cellule Treg. Il legame di CTLA-4 al proprio recettore su DC induce l’espressione di IFN-" che, attraverso up-regolazione di IDO (# triptofano), causa un arresto della proliferazione dei Ly-T. Le DC inducono la differenziazione di cellule Treg mediata da IFN- ". Le cellule Treg bloccano la generazione di nuove cellule T effettrici nei linfonodi e inibiscono l’attività effettrice a livello periferico. L’effetto delle Treg è dovuto ad un contatto cellula-cellula o all’attività di citochine immunosoppressive come IL-10. Tutti questi meccanismi sono antigene-specifici e coinvolgono sono le cellule T che riconoscono uno specifico antigene. La gravidanza portata a termine sembra un processo dipendente dalle citochine Th2 (anti-infiammatorie). Patogenesi della gestosi gravidica

1. Anomala vasocostrizione: legata ai fenomeni descritti prima 2. Attivazione del sistema piastrinico-coagulativo: dovuta a una serie di alterazioni che

possono essere co-presenti nella madre, o a patologie preesistenti, come LES o diabete

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3. Attivazione immunologica

4. Fattori ischemizzanti Anomala vasocostrizione:

! Ridotta sintesi utero-placentare di molecole ad azione vasodilatante: NO, PGE2, PGI2, etc.

! Aumento della sintesi di peptidi ad azione vasocostrittrice: TXA2, Endoteline etc … ! Relativa depressione del sistema R-A-A responsabile di una ridotta ritenzione sodica ! Ridotta sensibilità all’azione dell’angiotensina II ! Aumentati livelli di ADH ! “Esclusione” dei meccanismi di feedback tubulo-glomerulare

Dose di Angiotensina II per # di 20 mmHg la PAD in gravidanza. Attivazione del sistema piastrinico-coagulativo:

! Deposizione di fibrina in sede glomerulare in soggetti con sindrome eclamptica ! Aumentato consumo di piastrine e di fattore VIII (TXA2). ! Liberazione di fattori trombofili dal citotrofoblasto: tromboplastina ! Ridotta attività plasminogenica glomerulare che può predisporre alla deposizione di

fibrina Attivazione immunologica:

! Multipare che generano figli da padre diverso sono esposte a rischio di gestosi come le primipare

! Deposizione di componenti del complemento a livello placentare ! Alterato rapporto tra cellule dendritiche di derivazione mieloide/linfoide ! Aumento della attività della adenosin-deaminasi plasmatica correlata con attivazione

dell’immunità cellulo-mediata T Fattori ischemizzanti:

! Non adeguata invasione del trofoblasto nelle arterie spirali intramiometriali ! Ipovascolarizzazione ed ipoperfusione placentare ! Ischemia placentare ! Ischemia fetale

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Quindi, nella genesi di questa sindrome si verifica una non adeguata invasione del trofoblasto nelle arterie spiraliformi materne, con ipovascolarizzazione della placenta con ipoperfusione placentare, che porta ad ischemia placentare e conseguente ischemia fetale: quindi, la pre-eclampsia è un’ischemia fetale. Perché quindi si sviluppa proteinuria? Quando feto e placenta ricevono meno sangue, immettono in circolo delle sostanze pro-attivanti, come radicali ossidanti, ormoni (tromboplastina), fattori infiammatori (IL-6), fattori che come esito finale determinano irritazione dell’endotelio: il danno endoteliale si esprime in primo luogo nel rene (poiché è l’organo con la maggiore quantità di vasi e quindi endotelio dell’organo, qualsiasi problema di origine vascolare si manifesta primariamente nel rene), con proteinuria. In realtà la pre-eclampsia non è una malattia del rene, ma una malattia di tutto l’organismo !

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Si manifesta primariamente nel rene (per le caratteristiche sopra dette), ma coinvolge anche il sistema nervoso centrale con sindrome eclamptica, endoteliopatia che coinvolge le strutture vascolari cerebrali, il fegato, con la sindrome Helpp, la quale si caratterizza per pistrinopenia, LDH elevate, etc. Il rene da il segnale della presenza della malattia, che però coinvolge tutto l’organismo: se non si interviene, si arriverà ala crisi eclamptica, che è l’evento conclusivo di questo quadro sistemico. La pre-eclampsia comporta:

- improvviso innalzamento della pressione arteriosa - proteinuria - stato confusionale - cefalea - stato infiammatorio sistemici - edema

Si tratta di una delle principali cause che inducono parti pretermine, e nei casi più gravi, crisi eclamptiche con convulsioni ed elevata mortalità fetale e materna. Quadro clinico:

! Nefropatia (glomerulare …, IRA, sindrome epato-renale)

! Epatopatia (steatosi epatica accelerata) ! Pancreatopatia ! Neuropatia ! Microangiopatia ! Diabete insipido transitorio (effetto della

vasopressinasi) Caratteristiche principali:

! PA sistolica elevata ! PA diastolica elevata ! Proteinuria ! Edema ! Iperuricemia ! Dolore epigastrico e sottocostale ! Iposomia del feto ! Risoluzione entro 10-15 giorni dal parto

Talvolta si possono avere anche:

! Flusso ematico uterino $ ! Oliguria ! Creatininemia $ (segni di insufficienza renale) ! Immunocomplessi ! Antitrombina III $ ! Ipocalciuria ! Indici di funzione epatica $

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! Enzimi di lisi cellulare $ ! Cefalea o disturbi visivi ! Trombocitopenia ! Emolisi

Aspetti istologici:

! Maturazione accelerata dei villi placentari ! Edema villoso ! Aumento del numero e della prominenza dei villi citotrofoblastici ! Assottigliamento delle membrane basali trofoblastiche (> 3% dei villi) ! Processi ateromasici delle arterie placentari: necrosi fibrinoide delle pareti arteriose con

accumulo intramurale di “foam cells” e accumulo perivascolare di linfociti Immunofluorescenza ! fibrina in sede endoteliale e mesangiale e al di sotto della membrana basale. Incostante il reperto di immunoglobuline e complemento. Microscopia ottica ! Glomeruli ingranditi ma raramente ipercellulari. Rigonfiamento delle cellule mesangiali ed endoteliali che provoca una riduzione del lume vascolare, processo denominato “endoteliosi glomerulare”. Pareti capillari ispessite con trombi endoluminali. Arteriopatia ateromasica (macrofagi che circondano la parete intimale arteriolare) e necrosi fibrinoide (in colore rosa la fibrina nella parete arteriolare) Classica lesione glomerulare in corso di pre-eclampsia Crisi eclamptica ! L’accesso eclamptico è preceduto generalmente da cefalea, oscillopsia (disturbo visivo per cui sembra che gli oggetti oscillino), crampi gastrici ed aumento dell’edema Si manifesta con improvvise convulsioni tonico-cloniche, seguite da perdita di coscienza.

Le crisi sono divise in due fasi, fase tonica e fase clonica; la crisi tonico clonica spesso è preceduta da un'aura.

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! Nell'aura, la persona può avvertire un deja vu, emozioni inusuali e magari inappropriate, visione e udito alterati, (anche con allucinazioni), e altri sintomi. Questa è effettivamente una crisi parziale semplice. Qualche volta la persona perde coscienza, e si muove in maniera insensata, verso la fine di questa fase, quando ormai la crisi progressivamente prende la forma di crisi parziale complessa. L' aura è dovuta al fatto che la crisi tonico clonica spesso inizia in un'area isolata del cervello ma si propaga lentamente in tutto il cervello. Un'aura può durare da pochi secondi a diversi minuti, a seconda della persona; tuttavia alcune persone non sperimentano mai l'aura. Alcune persone non vivono la fase di aura durante le crisi tonico cloniche.

! Nella fase tonica, la persona sviene incosciente, i muscoli sono improvvisamente rigidi. Questa fase è generalmente la più breve della crisi, di solito dura solo pochi secondi. La persona può anche emettere un suono simile ad un forte gemito, anche se non sempre.

! Nella fase clonica, i muscoli della persona iniziano a contrarsi e a rilassarsi rapidamente, causando convulsioni. Vi è deviazione degli occhi in alto, la lingua è spesso imbrigliata, e l'incontinenza è presente in alcuni casi. Il sonno segue invariabilmente una crisi tonico clonica. Spesso sono presenti confusione e amnesia al risveglio

Talora può manifestarsi anche con coma profondo senza accessi convulsivi.

La sintomatologia è a genesi cerebrale. PRE-ECLAMPSIA SU MALATTIA CRONICA Può essere associata a diversi disturbi cronici, tra cui.

! Ipertensione arteriosa essenziale ! Diabete mellito ! Lupus eritematoso sistemico (connettiviti) ! Nefropatia glomerulare primitiva ! Dialisi/Trapianto renale ! Endometriosi ! Mola idatiforme

SINDROME HELLP (HEMOLYSIS, ELEVATED LIVER-ENZIMES, LOW PLATELETS) Grave variante della pre-eclampsia, caratterizzata da emolisi, innalzamento degli enzimi epatici, stato astenico su base neurologica e ipopiastrinemia. Questa condizione mette in pericolo la vita sia della madre che del feto. La sindrome colpisce dal 4 al 12 % delle gestanti che vanno incontro a pre-eclampsia. È una condizione specifica delle gravidanze complicate da pre-eclampsia. Criteri laboratoristici di diagnosi:

• Emolisi - schistocitosi su striscio periferico - Aptoglobina # -

• Tests di funzionalità epatica alterati - Bilirubina totale # - SGOT #

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• LDH > 600 • Piastrinopenia (< 100.000)

TERAPIA DELLA PRE-ECLAMPSIA/SINDROME DI HELLP Farmaci ipotensivi

– “per OS” • Metildopa • Calcio-antagonisti • "-bloccanti

– per via intra-venosa • Labetalolo • Urapidile •

Antiaggreganti piastrinici, prostaciclina (?) MgSO4

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15/12/2011 NEFROPATIE EREDITARIE Quando si parla di nefropatie o di malattie renali, queste vengono classificate a seconda della loro eziologia in primitive (idiopatiche), secondarie ed ereditarie. Le patologie ereditarie, vengono distinte in base alla sede principale del danno:

! patologie ereditarie glomerulari (prevalentemente) ! patologie ereditarie tubulo-interstiziali

In alcune si riconosce un meccanismo degenerativo (glomerulopatia) in alcune, un meccanismo infiammatorio (glomerulonefrite); per le tubulopatie invece abbiamo due tipologie di alterazioni, una prevede la formazione di cisti (nefropatie cistiche) e una include disfunzione del tubulo (disfunzioni tubulari), qualche parte del tubulo svolge il proprio compito in maniera anomala o non è in grado di svolgerlo. Le principali glomerulopatie ereditarie sono:

! Sindrome di Alport ! Nefropatia a Membrane Sottili (ematuria familiare benigna) ! Nefropatia Glomerulo-Cistica ! Malattia di Fabry

Le principali glomerulonefriti ereditarie sono diverse, riguardano ristrettissimi nuclei familiari, sono state molto importanti per comprendere come si sviluppavano forme non su base ereditaria, e sono:

! Glomerulosclerosi focale familiare ! Nefropatia a depositi di IGA familiare ! Nefropatia membranosa familiare ! Nefropatia membrano-proliferativa familiare

Nefrologia pediatrica: branca molto importante, è quasi una specializzazione. Le patologie che coinvolgono il bambino sono molto diverse rispetto a quelle dell’adulto, riconoscono una serie di quadri come le tubulopatie da difetto singolo (sindrome di Fanconi) o una diversa forma della sindrome di Fabry, forme in cui vi è un gene alterato, si manifestano con glicosuria, aminoaciduria, etc. Nefrologia dell’adulto Le forme tubulo-interstiziali sono divise in due gruppi: 1) nefropatie cistiche:

! Malattia policistica autosomica dominante ! Malattia policistica autosomica recessiva ! Malattia displastica multicistica renale

2) disfunzioni tubulari: ! Nefronoftisi ! Malattia midollare cistica ! Tubolupatie da difetto singolo ! Forme prossimali (Glicosuria normoglicemica, Aminoacidurie, Rachitismo renale,

Sindrome di Bartter, Acidosi tubulare prossimale, ….) ! Forme distali (Diabete insipido nefrogenico, Acidosi tubulare distale, …) ! Tubulopatie da difetto multiplo (Sindromi di Fanconi) ! Primitive (ereditaria o sporadica) ! Secondarie (cistinosi, malattia di Wilson, tirosinemia, ecc.)

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SINDROME DI ALPORT Sindrome dovuta ad alterazione, su base ereditaria che porta a modificazione della composizione del collagene IV, uno dei principali componenti delle membrane basali glomerulari. La membrana basale glomerulare è una struttura gelatinosa, è un gel, un insieme che lascia delle porosità modificabili nel tempo. Il collagene IV è uno dei principali componenti della membrana basale: le alterazioni genetiche che lo colpiscono, danno luogo a un quadro sindromico (associazione di segni e sintomi non ben correlati tra loro, non giustificabili in maniera fisiopatologica) ! nefropatia progressiva ! sordità neurosensoriale ! alterazioni oculari La sua eziopatogenesi prevede una genetica eterogenea (almeno due tipi). EPIDEMIOLOGIA Ha una frequenza di 1/5000 nati vivi, quindi non è frequentissima. Questa stima risente del fatto che la sua sintomatologia si associa ad altre glomerulopatie (nefropatia da IgA, porpora di Schönlein-Henoch), quindi probabilmente è sottostimata, non tutti i soggetti vengono biopsati. Tra i dializzati, rappresenta l’1-2% dei casi. Prevale nettamente negli uomini (non esclusiva). TRASMISSIONE GENETICA Se ne conoscono tre forme:

1) Una forma X-linked (XLAS) 2) Autosomica recessiva legata al cromosoma 2 (ARAS) 3) Autosomica dominante legata al cromosoma 2 (rara) (ADAS)

La forma X-linked è la principale (80%). Ci sono oltre 300 tipologie di mutazioni, non sempre correlate con la gravità del quadro clinico: normalmente ciò che determina una maggiore gravità del quadro è la produzione di una proteina tronca. Circa il 10% delle mutazioni riguardano riarrangiamenti del gene, mentre il 45% sono delezioni o inserzioni molto piccole, anche di una sola base. Il collagene IV è un tri-trimero: tre trimeri che si articolano uno con l’altro. Un trimero è formato dalla catena %1, %1, %2; un altro trimero è formato dalle catene %3, %4, %5; il terzo trimero è formato da %5, %5, %6. Il collagene di tipo I è costituito dalle catene %1 e 2, quindi è il collagene base dell’organismo: il collagene di tipo IV si diversifica dall’I perché aggiunge le altre catene alle prime due, che si sviluppano e producono proteine in trimeri autonomi legati l’uno all’altro (una catena 5 è parte di due trimeri).

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L’intreccio di queste catene crea le porosità essenziali per la filtrazione glomerulare. Distribuzione del collagene IV (si capisce perché la sintomatologia prevede alterazioni anche dell’occhio e dell’orecchio): Le catene 5 e 6 sono presenti anche nella cute: a volte è sufficiente una biopsia cutanea per verificare alcune mutazioni. Queste catene sono espresse un po’ in tutte le sedi renali, a partire dalla capsula di Bowman, dal tubulo contorto prossimale, distale e dotto collettore: questo è il motivo per cui le cisti che si formano non hanno caratterizzazione specifica in base alla sede in cui si sviluppano (nella malattia policistico), possono insorgere in qualsiasi sede del tubulo, anche nella capsula ! caratteristico di questa patologia. Le catene %3 ed %4 sono espresse nella membrana basale, nella capsula di Bowman e nel tubulo distale. Le catene %5 sono espresse nella membrana basale, nella capsula di Bowman nel tubulo distale e nel dotto collettore. Le catene %6 sono espresse, nella capsula di Bowman nel tubulo distale e nel dotto collettore. Le catene %3 ed %4, %5 ed %6 non sono espresse in fase embrionale: infatti questa patologia insorge in seguito a un fenomeno di mancato switch isotipico, cioè il soggetto nasce con collagene composto solo di %1 e 2 e nella fase embrionale o successiva avviene un fenomeno di sostituzione e implementazione delle catene con l’aggiunta delle altre. IPOTESI FISIOPATOLOGICA Le catene 3, 4, 5, e 6 sono ricche di ponti disolfuro, che fungono da aggancio attraverso cui la membrana basale trova maggiore rigidità: quando il bambino è in fase embrionale, la filtrazione glomerulare è svolta dalla madre (reni embrionali producono il liquido amniotico, la filtrazione glomerulare avviene attraverso la placenta e i reni materni, che si modificano in gravidanza per sopportare questo sovraccarico); quando il bambino nasce, inizia la filtrazione glomerulare nel rene e c’è una sorta di impatto sul rene della circolazione, tant’è che quando si valuta la creatinina del bambino appena nato è la creatinina della madre, nei giorni successivi aumenta (perché reni funzionano ancora male), per poi abbassarsi. Si ritiene che lo stress di parete cui viene sottoposta la barriera di filtrazione è lo stimolo che l’organismo ha per produrre le molecole 3, 4, 5 e 6, è la necessità di rendere più solido quell’apparato che prima produceva solo liquido amniotico e che ora ha cambiato funzione, perciò deve cambiare struttura per essere idoneo alla filtrazione (ciò avviene nei primi anni di vita): se ciò non avviene, si ha lo sviluppo della sindrome di Alport, che è dovuta alla minore resistenza fornita dalle catene 1 e 2.

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QUADRO CLINICO La sindrome è caratterizzata da:

! ematuria microscopica persistente nel maschio X-linked (nelle femmine eterozigoti, microematuria intermittente, incompleta o assente del tutto per lyonizzazione), con episodi di macroematuria legati allo sforzo (pressione aumenta, tensione di parete aumenta sulla membrana fragile, danno viene evidenziato). Spesso avviene in occasione di infezioni delle vie respiratorie. Nella forma autosomica recessiva maschi e femmine presentano ematuria persistente (micro/macro).

! proteinuria e ipertensione: sono il segno della fase evolutiva della malattia, assente nei primi anni. Significa che il quadro è in peggioramento, sono segni che portano all’IRC. Con l’età la proteinuria aumenta fino a diventare sindrome nefrosica (maschi X-linked e femmine recessive).

! insufficienza renale cronica: si sviluppa in tutti i maschi X-linked e maschi e femmine autosomiche recessive con velocità di progressione diversa nelle famiglie (generalmente entro la seconda-terza decade di vita). Presente nel 90% a 40 anni di età.

! deficit uditivi: sordità particolare per i toni alti, quindi è un segno che non viene subito percepito, perché il soggetto non sente solo i toni più acuti. E’ dovuto all’alterazione della membrana basale su cui poggiano le cellule capellute dell’organo del Corti nell’orecchio. Raggiunge la sordità fino al 55% nei maschi e al 45% nelle femmine. La progressione è molto lenta. Esame audio-metrico dimostra deficit bilaterali per i toni fra 2000 e 8000 Hz.

! difetti oculari: sono legate ad alterazioni come chiazze retiniche, lenticono (protrusione conica o sferica del centro della superficie anteriore della lente del cristallino nella camera anteriore) anteriore o posteriore, sferofachia (anomalia di tipo congenito che colpisce il cristallino, rendendolo piccolo e sferico, lenticono bipolare). Non sono facilmente individuabili, poiché danno riduzione della visione con miopia. Compaiono nel 15-40% dei pazienti.

Altre anomalie comprendono:

! Iperaminoaciduria con iperprolinemia ! Macrotrombocitopenia ! Presenza di anticorpi antitiroidei ! Leiomiomatosi esofagea, tracheo-bronchiale e genitale

ESAME CLINICO E’ importante effettuare un’indagine anamnestica precisa; esame delle urine mostra microematuria; si fanno accertamenti audiologici e oculistici; importante può essere la biopsia cutanea che mostra in che quantità (patologie molto più frequentemente in emizigosi) le catene sono alterate. DECORSO CLINICO L’evoluzione di questa malattia è definita “a lustro” (cinque anni), perché il bambino (maschio) di 5 anni sviluppa ematuria, a 10 anni compare il danno uditivo, a 20 anni l’insufficienza renale, il danno renale avanzato con manifestazioni oculari a 25 anni ed entra in dialisi. Nelle donne, il decorso è più lento, e di solito non si raggiunge la condizione terminale (dialisi) dell’IRC (solo una minoranza la sviluppa): 1/3 sviluppa ipertensione arteriosa.

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MORFOLOGIA ISTOLOGICA Microscopia ottica: Alterazioni aspecifiche, non diagnostiche. Irregolarità delle membrane basali; aumento matrice mesangiale; presenza di “foam cells”. In fase avanzata sclerosi glomerulare, atrofia tubulare, fibrosi interstiziale. Immunofluorescenza: Lo studio della espressione delle catene a del collagene IV con antisieri specifici può essere diagnostico Microscopia elettronica: aspetto tipico rappresentato da ispessimenti, assottigliamenti, lamellazione della lamina densa.

– La lamina densa appare come una rete di strati eterogenei, contenenti aree elettronlucenti che possono avere all’ interno granuli di varia densità e diametro.

– Lo spessore delle MB (normalmente 350 nm) può raggiungere i 1200 nm o essere di soli 100 nm. Tratti spessi e tratti assottigliati possono alternarsi.

Biopsia con impregnazione argentica: mostra le membrane basali glomerulari. Si vede un agglomerato di proteine, da un'altra parte non si vede niente: sono assottigliamenti, slaminamenti, la struttura è fragile e la continua filtrazione la danneggia. Foam cell interstiziali. La membrana basale esibisce slaminamenti e reduplicazioni caratteristici della malattia di Alport. L’epitelio tubulare presenta un quadro di sofferenza dominata da fenomeni di vacuolizzazione citoplasmatica Biopsia cutanea: l’assenza della catena %5 nella membrana basale epiteliale, che viene osservata nell’80% degli emizigoti, o la presenza di un pattern discontinuo tipico delle femmine eterozigoti XL, risulta patognomonico per la S. di Alport X-linked La assenza di lesioni non esclude la diagnosi di S. di Alport legata al cromosoma X e può rendere possibile un ulteriore step diagnostico effettuato mediante la Biopsia Renale per la ricerca di catene %3-%5 alterate. Un reperto normale, presente in un 15-20 % dei casi non esclude la diagnosi N.B.: forma X-linked più grave perché entrambe le catene 5 sono sintetizzati su questo cromosoma MALATTIA DI FABRY (non la chiede, ma fare qualcosa comunque)

La glomerulopatia di Fabry è una malattia da accumulo lisosomiale (sfingolipidosi), legata al cromosoma X: l’incidenza stimata è pari a 1:117.000 maschi ed è causata dal deficit di un enzima lisosomiale, l’%-galattosidasi A ! deficit causa accumulo di sfingolipidi, come la globotriaosilceramide (Gb3, componente nella via di formazione die fosfolipidi) che vengono inglobati all’interno dei lisosomi, dove si accumulano, in varie sedi (cute, rene, cervello, polmoni, cuore, etc). L’accumulo di Gb3 danneggia:

– Cellule epiteliali (epitelio renale, epitelio respiratorio)

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– Cellule del miocardio – Radici dorsali dei gangli – Cellule neuronali – Cellule del sistema nervoso autonomo – Cellule endoteliali, periteliali e della muscolatura liscia del sistema vascolare

QUADRO CLINICO Le manifestazioni sono quelle di una nefropatia proteinurica acuta. La Malattia di Fabry è caratterizzata da lesioni cutanee, neuropatia, insufficienza renale ed ictus. Segni clinici cutanei: angiocheratomi della cute e delle mucose, anomalie corneali. Ridotta attività dell’alfa galattosidasi A nei leucociti o in fibroblasti cutanei conferma la diagnosi. Il deposito di Gb3 nelle cellule dell’endotelio vascolare porta ad un aumento del volume e della pressione focale. La prima apparizione dell’angiocheratoma si verifica generalmente tra i 5 e i 10 anni di età

– Lesioni maculopapulari – Non scompaiono con la pressione – Sono persistenti – Più frequentemente disposte “a calzoncino da bagno”

I pazienti possono anche presentare riduzione della sudorazione (ipoidrosi), che si traduce in una intolleranza al caldo e all’esercizio fisico, dispnea, cefalea, e possibilità di perdita di coscienza in ambienti caldi. Il dolore è secodario alla neuropatia delle piccole fibre: gli episodi di crisi dolorose acute e il dolore cronico si verificano generalmente nelle prime decadi di vita. Gli episodi sono caratterizzati da dolore urente al palmo della mano e sotto la pianta del piede. Possono essere esacerbati dalla febbre, fatica o stress e possono durare da pochi minuti ad alcuni giorni. L’intensità del dolore può portare i pazienti al suicidio. Nel rene, i depositi di Gb3 vengono osservati prevalentemente nelle cellule epiteliali ed endoteliali del glomerulo e nelle cellule epiteliali dei tubuli distali e dell’ansa di Henle. Le manifestazioni primitive sono moderata proteinuria e talvolta ematuria. La progressione della malattia viene evidenziata da una riduzione della filtrazione glomerulare (GFR) e dall’insorgenza del diabete insipido nefrogenico. L’insufficienza renale terminale rappresenta la causa più frequente di morte prematura nei pazienti affetti dalla malattia di Fabry. Alterazioni renali precoci:

! Accumulo di glicolipidi nelle cellule glomerulari, e nelle cellule dei tubuli distali e dei vasi

! Perdita segmentaria di processi podocitari ! Ialinosi glomerulare ! Sclersi segmentaria e focale ! Danno tubulo-interstiziale

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La cardiomiopatia nella Malattia di Fabry risulta essere secondaria a:

– Progressivo accumulo di globotriaosilceramide a livello dell’endotelio vascolare

– Sostanziale deposito di Gb3 a carico del caridiomiocita con conseguente ipertrofia e

disturbi della conduzione I segni e i sintomi vengono osservati nella seconda o terza decade di vita nei maschi, mentre nelle femmine appaiono più tardivamente:

– Disturbi della conduzione – Ipertrofia ventricolare sinistra – Aritmia – Prolasso della mitrale e rigurgito – L’ipertrofia ventricolare sinistra è indice di aggravamento e di aumentato rischio di

morte Segni e sintomi cerebrovascolari:

! Trombosi ! TIA ! Aneurisma e ischemia dell’arteria basilare ! Emiplegia, emianaestesia, afasia ! Disturbi del labirinto ! Emorragia cerebrale ! Problemi psichiatrici

Segni e sintomi oculari:l’accumulo di Gb3 nelle cellule dell’epitelio basale della cornea porta alla formazione della cosiddetta cornea verticillata, opacità dall’aspetto lattescente, con forma “a volta” osservata nella quasi totalità dei maschi e nel 70% delle femmine. Vengono anche riportate cataratta anteriore e posteriore. Lesioni dei vasi possono manifestarsi a carico della retina, con vari gradi di tortuosità vascolare (tortuositas vasorum). Disturbi gastrointestinali e malassorbimento vengono riportati nel 69% dei maschi e tra i vari sintomi vengono spesso lamentati:

– Diarrea – Dolore addominale – Nausea e vomito

Depositi di Gb3 sono stati rinvenuti anche nelle cellule epiteliali delle vie respiratorie

– Ridotta funzionalità respiratoria – Marcata ostruzione delle vie respiratorie nei pazienti anziani

DECORSO CLINICO Infanzia:

! Dolore, intorpidimento delle dita delle mani e dei piedi ! Telangiectasie sulle orecchie e sulla congiuntiva ! Angiocheratoma ! Edema della palpebra superiore ! Fenomeno di Raynaud

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! Anormalità oftalmologiche Adolescenza:

! Angiocheratomi estesi ! Proteinuria, lipiduria, ematuria ! Edema, intolleranza al caldo ! Febbre, lipotimie in ambienti caldi, anidrosi ! Linfoadenopatia ! Dolore addominale

30-40 anni:

! Disturbi cardiaci: ipertrofia ventricolare sinistra, disturbi della conduzione, insufficienza mitralica

! Insufficienza renale ! Incidenti cerebrovascolari (TIA, stroke) ! Reperti neurologici che mimano la sclerosi multipla

DIAGNOSI

– Esame obiettivo – Storia familiare approfondita – Anamnesi completa e dettagliata – Test specifici

Nel maschio

– Deficit di attività dell’%-galattosidasi A, nel plasma, leucociti e fibroblasti – Elevati livelli di Gb3 nel plasma, sedimento urinario o colture di fibroblasti

Nella femmina

– Livelli molto bassi di attività dell’%-galattosidasi A confermano la diagnosi – In molti soggetti di sesso femminile l’attività enzimatica risulta nella norma, per cui

si rende necessaria la conferma mediante test genetico – Elevati livelli di Gb3 nel plasma, sedimento urinario o colture di fibroblasti

TERAPIA La terapia prevede la sostituzione dell’enzima mancante mediante infusione a settimane alterne di proteina sintetica (agalsidasi alfa). L’infusione ha una durata di 40 minuti ed è a totale carico del SSN (fascia H – File F). Il trattamento consente un miglioramento della sintomatologia ma non la sua completa risoluzione.

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MALATTIA POLICISTICA RENALE Patologia per cui si ha incremento del volume renale dovuto alla presenza di cisti di varia dimensione bilaterali in numero di migliaia, con sostituzione del parenchima funzionale. Ce ne sono di due tipi:

! malattia policistica autosomica dominante (ADPKD) ! malattia policistico autosomica recessiva (ARPKD)

Oggi non si ritiene più che sia una patologia a trasmissione dominante, poiché si è visto che circa il 5% dei nefroni erano interessati da cisti e solo in alcuni aumentava, con fenotipo molto diverso tra paziente e paziente: ipotesi del “doppio colpo” ! ad una mutazione germinale deve associarsi una mutazione somatica nell’altro allele, altrimenti la malattia non si esprime completamente. Ci sono soggetti più portati a sviluppare cisti ed altri meno, ma soprattutto fattori ambientali incidono. 1/200 nati vivi in alcuni stati (Italia. 1/400) sono affetti da questa alterazione per la forma dominante, mentre quella recessiva è molto più rara, 1/5000-1/50000. L’8-10% dei pazienti in dialisi sono affetti da questa sindrome. Il danno renale è dovuto ad alterazioni a carico di due geni (uno non ancora documentato), che sono PKD1(localizzazione cromosomica: 16p13) e PKD2(localizzazione cromosomica: 4q21) !PKD3 ancora non documentato. Le manifestazioni patologiche legate a mutazioni in PKD1 e PKD2 sono simili, ma con una minore severità e insorgenza più tardiva nel caso di difetti di PKD2. PKD1 produce la proteina policistina1, mentre il 2 la policistina2: sono due proteine intramembrana. La policistina1 è una proteina molto lunga, con un N-acetile esterno, con la porzione C interna, ha una funzione recettoriale: ha 11 domini intercatena. Passa un’informazione dall’esterno all’interno della cellula. Localizzata sulle ciglia dell’epitelio tubulare renale, sui dotti biliari epatici e sui dotti pancreatici. Regione aminoterminale contiene domini Ca2+ dipendenti. E’ coinvolta in interazioni con altre cellule e con matrice extra-cellulare e con probabili funzioni recettoriali. La policistina2 è invertita e legata con la porzione terminale –COH a quello della policistina2, quindi formano un complesso poliproteico strutturale di membrana. A volte questa proteina può essere presente su una membrana interna, come il reticolo plasmatico, ma è sempre collegata alla proteina di superficie. Struttura di proteina integrale di membrana con 6 regioni transmembrana ed entrambi i terminali rivolti verso il citosol. Porzione di omologia con una regione di una canale del Ca2+ voltaggio-dipendente (VACC%1E). Probabile funzione di canale del calcio. Espressa nei tubuli distali, nei dotti collettori, nel tratto ascendente, sovraespressa in alcune cisti dell’ADPKD. E’ un insieme proteico che trasmette segnali all’interno della cellula.

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PROBABILE PATOGENESI

Il segnale che viene trasmesso dice alla cellula dove stare e come disporsi rispetto alle altre cellule e rispetto alla membrana basale: quando non funziona bene, la cellula si disloca e si modifica, ruota e non contrae rapporti adeguati con le altre strutture (patologia è stata considerata un processo pre-canceroso, perché vedevano che veniva meno l’inibizione da contatto delle cellule che si moltiplicavano formando le cisti: circa il 4% dei pazienti con malattia policistica sviluppano neoplasia renale, ma non può essere considerata una lesione pre-cancerosa). Abbiamo una crescita cellulare alterata, una deposizione di MEC anomala perché le cellule sono disposte in maniera irregolare e quindi si realizzano delle strutture e delle funzioni cellulari alterate con la formazione di cisti. ! il tubulo è fatto per riassorbire acqua, sodio e tutto il resto: se in un giorno produco 130 L di preurina e ne devo riassorbire 128,5 per produrre quel litro e mezzo giornaliero che serve per la mia depurazione. Se una cellula è invertita cosa succede? Che al posto di riassorbire, butta fuori, creando uno stimolo alla dilatazione del tubulo: per la non regolarità dell’epitelio, che in alcune cellule assume una condizione di non adeguata organizzazione, si realizzano degli impulsi di vario genere, sia di alterata funzione cellulare, sia di alterata deposizione di MEC, sia di differenti gradienti riassorbitivi che provocano stimoli alla dilatazione. Anche questa nefropatia è una sindrome: le cisti possono essere presenti in diversi organi, nel fegato, nell’ovaio, nel pancreas, ma ciò che caratterizza il quadro sindromico (quasi più importante della malattia stessa) è la presenza di diverticoli, ernie, che generano aneurismi intracranici e anomalie delle valvole cardiache ! patologia si associa frequentemente a formazioni

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aneurismatiche del circolo cerebrale, malato muore per emorragia cerebrale in corso di crisi ipertensiva. Le cisti si sviluppano a partenza dal nefrone e mai dai tessuti interstiziali. Sono cavità contenenti fluido di differente aspetto (trasparente, citrino o scuro), variabili nel numero (da meno di una decina a centinaia) e nel volume (da microscopiche a oltre 25 cm di diametro). Qualora il diametro sia meno di 200 µm sono ancora comunicanti con il tubulo di origine, in seguito per l’accumulo di fluidi diventano strutture autonome in progressiva espansione. Quando le cisti diventano maggiori di 200 micron, si ha collabimento delle due parti iniziali e si forma la cisti, che diventa autonoma e comincia a crescere: possono raggiungere i 25 cm di diametro. La caratteristica dilatazione cistica può generarsi in tutte le parti del nefrone dalla capsula di Bowman fino al dotto collettore. Sono intercalate in maniera “focale” aree con struttura nefronica normale ad aree anormali. QUADRO CLINICO Caratterizzato da dolore, perché possono comprimere: c’è ematuria intermittente, con episodi di macroematuria se la cisti svuota all’interno del tubulo il proprio contenuto (soprattutto se hanno inglobato qualche vaso). La comparsa di ipertensione arteriosa e proteinuria segnano il peggioramento del paziente ! l’ipertensione arteriosa si verifica nella quasi totalità dei pazienti con insufficienza renale avanzata, contribuendo alle complicanze cardiache e cerebro-vascolari che sono la causa più frequente di morte; i mecanismi non sono chiari, forse le cisti comprimono i tessuti renali e vascolari e in qualche modo inducono l’increzione di renina. Caratteristiche sindromiche:

! Aneurismi cerebrali (spesso causa di morte) ! Diverticoli del colon ! Ernia jatale ! Prolasso mitralico

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19/12/2011 SINDROME NEFROSICA È una sindrome clinica associata a nefropatie glomerulari. Ha una modalità abbastanza particolare di essere rappresentata: il sintomo clinico è un edema variamente caratterizzato, ma sempre bilaterale e simmetrico, sempre pallido e improntabile (in base all’entità dell’edema), non dolente. In passato, si metteva il contenitore dell’urina sul fuoco e dopo un po’ di tempo ne risultava un liquido di colore biancastro simile alla chiara d’uovo, dovuto alla proteinuria. Infatti, il sintomo laboratoristico che si associa all’edema è la proteinuria: differenzia dalla sindrome nefritica per la sua entità, che è > 3 g/die per gli adulti e > 40 mg/h per m& nei bambini. La proteinuria si associa a un’alterazione delle concentrazioni plasmatiche delle proteine: ipodisprotidemia & proteine sono mal rappresentate e presenti in concentrazioni diverse e diminuite rispetto alla normalità. Il quadro che ne emerge è un abbassamento della protidemia totale, anche se non è presente in tutti i casi (es: nel mieloma multiplo la grande produzione di immunoglobuline fa sì che la quantità non cali):

! protidemia totale < 5,0 g/dL ! albuminemia < 3 g/dL ! aumento delle proteine alfa2 e beta ! riduzione delle gamma globuline

Questo aspetto legato alla concentrazione protidemica si associa ad alterazioni della concentrazione lipidica in senso incrementativi, cioè si ha un’elevazione di colesterolo e trigliceridi che vanno a collocarsi nelle urine. Tutto questo si associa a una trombofilia. La sindrome nefrosica è il polo di una manifestazione clinica, mentre la sindrome nefritica può essere considerato il polo controlaterale e tutte le forme che si contestualizzano nel mezzo sono forme che hanno caratteristiche di entrambe, tant’è che oggi si usa anche il termine “sindrome nefroso-nefritica”, come ad indicare una forma che assume caratteristiche dell’una e dell’altra forma. Nella sindrome nefritica sono massimali i processi infiammatori e proliferativi (danno strutturale al glomerulo dovuto a infiammazione), mentre nella sindrome nefrosica sono massimali i processi degenerativi (aumentata permeabilità all’albumina della membrana basale e del sistema podocitario). Nella sindrome nefritica il filtrato si riduce, mentre nella nefrosica rimane inalterato; nella nefritica la pressione arteriosa aumenta, mentre nella nefrosica si ha normo/ipotensione; nella nefritica si ha incremento del volume circolante, nella nefrosica il volume circolante cala (anche se questo aspetto non è certo). FISIOPATOLOGIA La barriera di filtrazione glomerulare è un setaccio formato da cellule e da matrice: questa membrana è come un gel, che fa da intercapedine tra due strati di cellule.

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Questa membrana ha dei pori che fanno sì che le proteine più grandi di 150/200 kD vengano bloccate (diametro attorno ai 40 Angstrom), mentre le proteine che la attraversano risentono della carica dei glicosaminoglicani che è tendenzialmente negativa, per l’elevata presenza di domini di acido sialico disposti sulla superficie della membrana: il cutoff è perciò diverso in base a dimensioni e carica. Dl punto di vista morfologico, vi sono una serie di alterazioni che riguardano principalmente due distretti:

! membrana basale glomerulare, che perde la propria carica negativa, la riduce, e si modifica il cutoff di membrana in relazione alla capacità di ostacolare il passaggio di certe proteine

! vie è un’anomalia delle cellule podocitarie, che cominciano ad avere estroflessione monche e appiattite, diminuite di numero o non visibili, c’è una sorta di retrazione o perdita delle appendici pedicellari.

La perdita proteica che avviene attraverso la membrana basale glomerulare così alterata non è sufficiente a giustifica la disprotidemia: c’è un’aumentata escrezione di proteine (>3g/die), che però è associata a un’inadeguata sintesi epatica del fegato (v.n. 12-14g/die) e a un aumentato catabolismo tubulare delle proteine (v.n. 2-4g/die). L’iperdislipidemia è dovuta a un’aumentata sintesi, per il meccanismo di compenso che il fegato cerca di mettere in atto rispetto alla grave perdita che si genera, per sopperire alla riduzione dell’osmolarità plasmatica, e alla perdita di proteine utili per il catabolismo dei lipidi (lipoprotein lipasi e lecitin-colesterol-acetil transferasi). L’esito clinico, oltre all’edema, prevede la presenza di xantelasmi, che sono l’accumulo di lipidi subpalpebrali che si possono vedere nei soggetti in cui si presenta questa sindrome: nelle urine (lipiduria), si possono vedere le cosiddette “croci di Malta”, date dalla birifrangenza dei cristalli di lipidi, e le goccioline di lipidi inclusi nei cilindri. La trombofilia è anch’essa giustificata dalla perdita di fattori inibenti la coagulazione, soprattutto l’antitrombina III (55kD, viene persa con facilità per il suo basso peso); inoltre, vi è perdita urinaria dei fattori IX e XI, aumento dei fattori procoagulanti (V e VIII), aumentati livelli di fibrinogeno con alterazione della fibrinolisi (calo plasminogeno), aumentata reattività piastrinica e disfunzione endoteliale. Per la fisiopatologia dell’edema, non è più accettabile la teoria detta “underfill”:

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Questa faceva riferimento alla legge di Starling: La teoria è stata superata: alcune evidenze sono contro questa spiegazione. Se fosse così, dovremmo pensare che a un certo punto, quando la pressione oncotica si è abbassata sotto un certo livello e l’albumina è bassa, siccome i compartimenti intra ed extracellulari sono in equilibrio perfetto, prima o poi questa differenza tra pressione oncotica intra ed extracellulare viene ad annullarsi, perché l’edema rimane e non si annulla spontaneamente? Misurando il volume circolante, si è visto che c’erano condizioni in cui era fortemente ridotto, oppure, nel mieloma multiplo, dove non si verifica riduzione della pressione oncotica c’è comunque edema, perché? La teoria che accompagna (non sostituisce), la teoria dell’underfill, che è la cosiddetta “teoria dell’overfill”: La teoria dell’overfill fa riferimento ad alcune evidenze che hanno documentato come in realtà, nella sindrome nefrosica, prima che si generi la proteinuria è già presente edema, come se il rene avesse attivato dei meccanismi di ritenzione di sodio e acqua antecedente i meccanismi di riduzione della pressione oncotica e dell’attivazione di aldosterone e ADH conseguenti. La genesi dell’edema e il suo mantenimento dipendono anche da questi meccanismi: un danno tubulare primitivo, che determina una ridotta escrezione di sodio: paradossa, perché la secrezione di ANP dovrebbe far pensare a una elevata eliminazione di sodio, che però in queste condizioni non si realizza, poiché si ritiene che il danno specifico sia soprattutto a carico di una pompa che si trova nel tubulo contorto distale NHE3, che è una pompa sodio-idrogeno. L’alterazione a carico di questa

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pompa è responsabile del riassorbimento iniziale di acqua e sodio e solo successivamente intervengono i meccanismi citati prima. L’aumento del volume circolante così determinato, causa un aumento della pressione idrostatica capillare e la conseguente formazione dell’edema: questa teoria sembra così andare contro quello che classicamente si ritiene il responsabile, cioè il decremento della pressione oncotica, che insorge solo successivamente ! entrambi i meccanismi contribuiscono alla formazione dell’edema, ma il meccanismo scatenante è dovuto all’alterazione della natriuresi dovuto al danno alla pompa NHE3 (alterazione del neurone e dei podociti). Ci sono sindromi meglio descrivibili con la teoria dell’underfill e sindromi meglio descrivibili con la teoria dell’overfill: attualmente si ritiene che entrambi i meccanismi cooperino a determinare questa sindrome ! l’ipovolemia è caratteristica delle glomerulonefriti a lesioni minime ! l’ipervolemia è caratteristica delle sindromi nefrosiche secondarie (nefroso-nefriti) COMPLICANZE Sono di vario genere. In passato, le complicanze più frequenti erano di natura infettiva: oggigiorno, grazie alla profilassi che viene fatta, le complicanze maggiori sono di carattere tromboembolico. Queste possono essere legate a rischio di embolia polmonare, trombosi a carico dei vasi cerebrali, tromboflebiti e sindromi coronariche acute. Il rischio legato alla sindrome nefrosica non è dunque dovuto al danno renale in sé, ma alle possibili complicanze che possono insorgere. Oltre alle complicanze tromboemboliche, esiste un’altra serie di complicanze: da una parte, le complicanze infettive, legate alla perdita di '-globuline come esito della proteinuria e alla formazione di quell’intercapedine che si realizza nei vari compartimenti a causa dell’edema, la cute diventa facilmente attaccabile da forme micotiche, forme opportunistiche, focolai broncopneumonici (edema polmonare), tutte complicanze in cui la modificazione della quota liquida dell’organismo modifica la capacità di reazione e la competenza del sistema immunitario. La perdita proteica e lo stato di edema modificano anche la funzione ormonale, con disturbi in vari distretti (perdita urinaria di proteine leganti tiroxina, ormoni sessuali, corticosteroidi, Vit. D, …). La ipodisprotidemia, la perdita di proteine e la continua necessità di mettere in circolo lipoproteine implicano due alterazioni: da una parte la malnutrizione proteica (proteina è prodotto finale di una serie di attività con elevato consumo di ATP che vengono così perse), dall’altra l’accumulo di lipidi che tende a depositarsi sulle pareti vascolari, determinando così la formazione della placca ateromasica. TRATTAMENTO Ci sono quattro principi fondamentali:

1. ripristino del volume circolante 2. riduzione dell’edema 3. riduzione della proteinuria 4. prevenzione del danno renale

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La terapia di supporto è fatta dall’associazione di diuretici ed albumina: il diuretico, specialmente quello dell’ansa, ha l’effetto di compensare la ritenzione di sodio attivando la pompa 2Cl-1Na-1K, determinando un effetto natriuretico. Si può intervenire con la dieta: si può corregge la ritenzione di sodio introducendono meno e riducendo il consumo di liquidi. Va sempre effettuato un trattamento anticoagulante: a seconda della durata della sindrome, si effettua anche una terapia con statine ed eventualmente con antibiotici. L’unico farmaco in grado di ridurre la proteinuria (N.B.: l’alterazione del bilancio del sodio è dovuto sì all’alterazione della pompa NHE3, ma peggiora anche con l’elevato traffico proteico: tanto più è elevata la proteinuria, tanto meno è escreto il sodio. Il sodio viene trattenuto perché rientra nel traffico proteico, cioè viene riassorbito assieme alle proteine che, in queste condizioni, vengono riassorbite al massimo delle capacità nel tentativo di compensarne la perdita) sono i farmaci che interagiscono con il sistema renina-angiotensina (ACE inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II, antireninici puri). NEFROPATIE ASSOCIATE A SINDROME NEFROSICA Possono essere primitive:

! Glomerulonefrite a lesioni minime (b: 65%; a: 10%) ! Glomerulosclerosi segmentaria e focale (b:10%; a:35%) ! Glomerulonefrite membranosa (b:5%; a: 55%) ! Glomerulonefrite membranoproliferativa (tipi 1-2-3) (b: 10%; a: 10%)

Oppure secondarie a malattie sistemiche:

! Lupus nefrite ! Nefropatia diabetica ! Nefropatia amiloidea (compreso il mieloma multiplo, che nella maggior parte dei casi da

un quadro di questo genere anche se può dare quattro diversi tipi di coinvolgimento renale)

! Nefropatia gravidica EPIDEMIOLOGIA La glomerulonefrite a lesioni minime colpisce soprattutto i bambini, mentre la glomerulosclerosi segmentaria e focale predilige il giovane adulto, dai 14 fino ai 25 anni; la glomerulonefrite membranosa colpisce di più in età anziana, mentre la membranoproliferativa è indifferente (ad esempio, il tipo 2 è conseguenza della tubercolosi, che si può dunque avere in qualsiasi età). GLOMERULONEFRITE A LESIONI MINIME È una glomerulonefrite caratterizzata da una sindrome nefrosica con lesioni evidenziabili solo alla microscopia elettronica: è caratteristica del bambino (80% dei casi) anche molto piccolo (il picco è fra i 2 e i 6 anni) ed ha una prognosi relativamente benigna, solo il 5% sono steroido-resistenti

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(entrano perciò nell’ambito delle forme che rispondono agli immunosoppressori). Le lesioni, visibili solo alla microscopia elettronica, comprendono la perdita degli spazi sub-pedicellari (appiattimento, riduzione del numero, etc.). Spesso è associata a disturbi delle alte vie respiratorie, legati allo stato edemigeno. PATOGENESI È immunomediata, da probabile alterazione dell’immunità cellulare. La biologia molecolare ha dimostrato che in alcune famiglie queste sindromi sono trasmissibili: questa caratteristica è presente anche in altre forme e queste alterazioni sono quasi sempre a carico di due proteine, la nefrina e la podocina (tra un pedicello e l’altro ci sono i cosiddetti diaframmi, che sono una sorta di pellicola composta da due proteine, il punto di contatto tra i podociti e l’esterno è la podocina, cui si lega la nefrina: queste sono le proteine che lasciano o no passare le sostanze). Alterazioni di carica della membrana basale glomerulare, la produzione di molecole ad attività permeabilizzante o difetti genetici a carico della nefrina sono correlati con la presenza di sindrome nefrosica in queste famiglie: da questi studi noi sappiamo che il danno che si realizza è a questo livello. QUADRO CLINICO Spesso il rene è un organo “spia”, cioè è una manifestazione di un problema disreattivo del sistema immunocompetente, lontano dal rene. È per questo che spesso le nefropatie sono associate ad altre patologie: in particolar modo, la glomerulonefrite a lesioni minime può essere associata a sindromi paraneoplastiche, che dipendono dalla presenza di una neoplasia (linfomi, linfoma di Hodgkin, leucemie), in cui la manifestazione clinica non è altro che il segno di qualcos’altro, per esempio una proteina prodotta dal tumore, che si manifesta precocemente con proteinuria e sindrome nefrosica. Può essere anche associata a:

! farmaci (FANS, ampicillina, litio) ! infezioni virali ! allergeni (pollini, polveri, alimenti) ! fattori genetici (HLA-B8, HLA-B12, DR7 e DR8)

Si presenta con sindrome nefrosica con proteinuria elevata (4-20 g/die) e altamente selettiva (albumina). DECORSO CLINICO E TERAPIA Ha spesso delle recidive: è una patologia che può durare 4 o 5 anni e il numero di recidive non è correlato alla gravità della sindrome, poiché anche una sindrome che è durata solo qualche mese, in presenza nuovamente dell’allergene (per esempio) che l’ha causata, si ripresenta. La maggior parte dei pazienti risponde bene alla terapia steroidea: quelli che non rispondono, vengono trattati con immunosoppressori (ciclofosfamide, clorambucile). La progressione verso l’insufficienza renale è rara. Fattori prognostici:

! Tempo di risposta agli steroidi ! Età (più favorevole nei bambini) ! Assenza, comparsa e numero di recidive ! Durata del periodo di remissione

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GLOMERULOSCLEROSI SEGMENTARIA FOCALE È la più grave glomerulonefrite primitiva. È una nefropatia caratterizzata da proteinuria elevata, non selettiva, ipertensione arteriosa, insufficienza renale iniziale e da lesioni focali e segmentarie che interessano i glomeruli della zona iuxta-glomerulare del rene. Ha una bassa risposta agli steroidi ed è quasi sempre necessario l’impiego di immunosoppressori non convenzionali (ciclosporina, anticorpi monoclonali come il retuximab anti-cd40 che impediscono la risposta immunitaria). Sviluppa insufficienza renale una quantità molto elevata dei pazienti: entro dieci anni, il 50% dei pazienti deve ricorrere alla dialisi. Più è precoce, più la prognosi è migliore (bambino). L’incidenza è in aumento negli adulti (ispanici e afroamericani). Vi sono forme primitive:

! idiopatiche (10-35%) ! idiopatiche ereditarie

E forme secondarie: ! associata con altre condizioni (HIV, eroina, anemia falciforme, obesità) ! secondaria allo stato infiammatorio in altre glomerulonefriti ! inefficace adattamento alla perdita di tessuto renale (ablazioni renali: nefrectomia

completa + nefrectomia 3/5 dell’altro, si ritiene dovuto alla disarmonia del meccanismo di compenso del residuo di rene che tenta di attivare una ipertrofia compensatoria con una disorganica produzione di matrice che provoca la sindrome; reflusso vescico-ureterale, ipertensione maligna, agenesia, etc…)

PATOGENESI (FORMA IDIOPATICA) Può essere dovuta ad alterazioni immunologiche, cioè alla presenza di fattori, prodotti dai linfociti, che aumentano la permeabilità vascolare. Oppure può essere di origine ereditaria/genetica, e in questo caso è dovuta ad alterazioni a carico della nefrina e della podocina nella maggior parte dei casi, oppure a mutazioni in altri geni, come quello dell’actina. Immagine mostra la nefrina, proteina che costituisce il diaframma tra i processi pedicellari e la podocina che è il punto di aggancio della nefrina al podocita. PATOGENESI (FORMA SECONDARIA) La patogenesi della forma secondaria può essere dovuta a:

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! riduzione del parenchima renale: in questo caso, la risposta adattativa dei nefroni residui causa ipertensione glomerulare e ipertrofia compensatoria. Inoltre, per l’incapacità replicativi delle cellule epiteliali si verifica accumulo di componenti della matrice extracellulare e della membrana basale glomerulare

! attivazione infiammatoria: il TGF' stimola la proliferazione mesangiale (danno infiammatorio secondario a nefrite lupica, Berger e vasculiti, etc.)

MORFOLOGIA Microscopia ottica ! interessamento glomeruli alla giunzione corticomidollare:

! aumento segmentario della matrice mesangiale ! collasso delle anse corrispondenti ! accumulo di materiale ialino acellulare subendoteliale

La lesione inizia tipicamente in regione ilare progredendo dalla arteriola afferente all’ interno della matassa Alterazioni tubulo-interstiziali di grado variabile Immunofluorescenza ! depositi di IgM e C3 nelle zone di sclerosi Microscopia elettronica ! scomparsa dei pedicelli, obliterazione dei capillari, degenerazione dei podociti e distacco dalla MB, vacuoli di materiale lipidico, accumulo di matrice e sostanza simil-membrana basale. Si vedono aree di sclerosi del glomerulo: nella matassa glomerulare alcune anse sono normali e alcune sono andate in sclerosi. QUADRO CLINICO ED EVOLUZIONE L’esordio avviene con sindrome nefrosica nel 70% dei casi: la proteinuria glomerulare è non selettiva. È presente ipertensione arteriosa nel 30% dei casi Nel 50% dei casi si ha evoluzione verso l’insufficienza renale cronica in 10 anni. Fattori prognostici sfavorevoli:

– proteinuria nefrosica, – ipertensione arteriosa, – non risposta alla terapia steroidea, – lesioni tubulo-interstiziali alla BR, – insufficienza renale al momento della diagnosi

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Prednisone al dosaggio di 0.5-2 mg/kg/die per almeno 6 mesi eventualmente ridotto a 0.5 mg/kg/die solo dopo il terzo mese. Ciclofosfamide al dosaggio di 2 mg/Kg/die. Ciclosporina al dosaggio di 5 mg/kg negli adulti e 6 mg/kg nei bambini

– efficace in pazienti con sindrome nefrosica marcata, normale funzione renale e senza ipertensione arteriosa

– riduce la proteinuria e rallenta la progressione verso l’insufficienza renale – Alla sospesione/riduzione percentuale di recidive piuttosto elevata

Sono in corso studi sull’efficacia di Tacrolimus e MMF (microfenolato mofetile, immunosoppressore). GLOMERULONEFRITE MEMBRANOSA È una nefropatia glomerulare caratterizzata dalla presenza di depositi di IgG e complemento (C5b-C9) a livello subepiteliale con conseguente ispessimento della parete capillare glomerulare. È la più frequente causa di sindrome nefrosica nell’adulto (25-30%), con picco di incidenza fra i 40 e 60 anni (rara nel bambino: 5%). EZIOLOGIA Nell’80% dei casi è idiopatica. Può essere secondaria a:

! cause comuni: les,diabete mellito, epatite B, farmaci (oro, FANS penicilamina),tumori.

! cause rare: artrite reumatoide, malattia di Hashimoto, morbo di Graves, connettiviti miste, Siogren, epatite C, sarcoidosi,…

Fattori genetici coinvolti:

- associazione con HLA-DR3, B8, B18 (caucasici) - in Giappone con HLA-DR2

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Frequenti Non frequenti

Malattie immunologiche Lupus eritematoso Artrire reumatoide, tiroidite, dermatite

erpetiforme, Sjogren Infezioni Epatite B Epatite C, malaria,

sifilide, filariosi, lebbra

Farmaci e tossine Oro, penicillamina, FANS

Idrocarburi, mercurio, formaldeide, solventi

Neoplasie Carcinomi (polmone, colon, retto)

Linfomi

Altri Sarcoidosi, anemia falciforme

PATOGENESI (IPOTESI) a) Localizzazione subepiteliale di antigeni esogeni di piccole dimensioni e carica positiva b) Immunocomplessi formati nel capillare si disso-ciano, attraversano la MB e si riformano in sede subepiteliale c) Antigeni endogeni rappresentati da costituenti della cellula epiteliale glomerulare Il danno è caratterizzato da un ispessimento della membrana basale glomerulare: tutto è a carico delle membrane che appaiono ispessite, vi è una sorta di intrappolamento di antigeni, ma senza lesione infiammatoria, non c’è ipercellularità, c’è solo l’alterazione della membrana. Immunofluorescenza ! depositi parietali granulari diffusi di IgG. STORIA NATURALE Forma idiopatica del bambino:

- risoluzione spontanea del quadro a 5 anni nel 50% dei casi - la funzione renale risulta conservata a 10 anni nel 90 % dei casi

Adulto:

- 1/3 una remissione spontanea, - 1/3 proteinuria persistente - 1/3 progressivo declino della funzione renale

PROGNOSI

• Sesso maschile • Età avanzata • Ipertensione arteriosa • Insufficienza renale all’esordio • Proteinuria >8 gr per più di 6 mesi • Escrezione urinaria di IgG, B2-microgllobulina e C5b-9

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• Basso rischio: proteinuria > 4 gr, funzione renale normale • Medio rischio: proteinuria 4-8 gr, funzione renale normale • Alto rischio: proteinuria > 8 gr, funzione renale ridotta

TERAPIA Basso rischio: dieta ipoproteica, Ace inibitori/ARB, controllo pressorio, monitoraggio della proteinuria e della funzione renale Medio rischio: osservazione per sei mesi poi se persiste proteinuria terapia steroidea associata a ciclofosfamide Alto rischio: Steroidi/Ciclofosfamide/Ciclosporina

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21/12/2012 SEMEIOTICA RENALE MODALITÀ DI PRESENTAZIONE CLINICA DI UNA MALATTIA RENALE È una modalità molto variabile, molto spesso il paziente giunge all’osservazione in assenza di sintomatologia per esami di routine. L’aspetto semeiologico è estremamente complesso e vario e talora è assente. La nefrologia è una branca clinica che spesso presenta patologia con andamento subdolo e clinica sfumata. A volte, il sintomo può essere lontano da quella che sembra la pertinenza nefrologica: cefalea, vomito incoercibile, scompenso cardiaco, o comunque segni che non rimandano direttamente al rene. Ci sono invece patologie che hanno un classico inquadramento renale, come le glomerulonefriti, l’edema, la colica renale, sono di facile interpretazione: anche alcune patologie sistemiche sono notoriamente associate ad alterazioni renali, perciò un paziente con artralgia o rush cutaneo può scoprire di dover andare anche dal nefrologo. ANAMNESI È importante fare una corretta anamnesi:

! anamnesi familiare ! anamnesi fisiologica ! anamnesi delle patologie remote ! anamnesi lavorativa ! uso e abuso di farmaci

SINTOMATOLOGIA Molto spesso, la sintomatologia del paziente può essere pertinente a molti altri organi: ad esempio l’oliguria può essere di origine renale, ma può essere dovuta a un problema cardiaco, epatico, a un problema sistemico come una disidratazione, etc. È molto importante, nella valutazione anamnestica, fare alcuni chiarimenti relativamente alla terminologia. I sintomi possono essere soggettivi (la mediazione tra il sintomo e il medico è mediato dalla percezione del paziente, il paziente riferisce o reagisce a uno stimolo che gli viene posto dal medico, questo modifica l’entità del sintomo):

! dolore (dolore lombare, colica renale) ! disturbi della minzione (stranguria, tenesmo) ! sintomi extrarenali

Questi sintomi sono soggetti all’interpretazione del singolo. I sintomi obbiettivi sono sintomi quantificabili, che fanno riferimento a valutazioni obbiettive di alterazioni renali e possono essere:

! del ritmo (pollachiuria, nicturia)

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! del volume (poliuria, oliguria, anuria) ! della composizione

Ci sono altri segni, come le alterazioni renali palpabili, quindi la presenza di masse; la presenza di sintomi notoriamente dovuti a patologie renali e di sintomi dovuti a malattie sistemiche che possono coinvolgere il rene. Il parenchima renale non è innervato da fibre sensitive: le fibre che raggiungono il rene sono di due tipi, A che arriva all’arteriola afferente e B che arriva all’efferente, ma sono fibre di tipo motorio. Il dolore al rene non esiste, il rene può fare male per due ragioni:

1. perché è coinvolto l’uretere, si tratta di uno spasmo della muscolatura liscia dell’uretere 2. il rene è talmente edematoso che stira o coinvolge i recettori muscarinici della capsula per

cui si ha distensione e passaggio di mediatori chimici (bradichinina) del dolore per diffusione tissutale dal rene a settori innervati a fibre sensitive.

Nel secondo caso il rene è edematoso ed è dolente perché coinvolge l’area perirenale: il dolore è sordo, intenso, che non si modifica con le variazioni di posizione del busto. Se il dolore si modifica con la posizione, probabilmente è dovuto ad alterazioni determinate dalla compressione dell’asse vertebrale sui nervi in uscita. Se il dolore invece è esacerbato dalla tosse, significa che è non un dolore renale, ma pleurico: quindi, il rene entra in diagnosi differenziale con molte cose, per esempio i dolori spinali, lesioni polmonari, etc. Il dolore sordo, intenso e gravativo è invece dovuto all’edema del rene, il paziente suda per il dolore; la colica renale si differenzia da questo dolore, perché è molto più intenso, è trafittivo, l’irradiazione è anteriore (mentre quello legato alla loggia renale è posteriore), verso il basso o verso l’inguine, a seconda della posizione del calcolo. È dovuto a una contrazione spastica della muscolatura, è intensissimo, il paziente cerca di cambiare sempre posizione, ma non trova posizione ottimale. Per evocare dolore renale, si può effettuare palpazione o percussione del rene: si evoca un dolore profondo con la manovra del Giordano, per avere conferma dell’origine renale del dolore.

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ANOMALIE DELLA DIURESI Esprimono un’escalation della sintomatologia. Disuria: esprime un insieme di sintomi, difficoltà all’emissione delle urine Pollachiuria: esprime la quantità di minzioni di poco volume Stranguria: minzioni associate a dolore Tenesmo: quando il paziente ha espletato la minzione, non ha il senso di svuotamento della vescica, poiché la vescica è infiammata e si ha come una sensazione di stimolo (quando compare, significa che l’infezione iniziale sta peggiorando, e potrebbe andare incontro a cistite emorragica) Oliguria/Anuria: vanno rapportati al tipo di paziente (sono termini errati per una terapia intensiva). L’oliguria è al di sotto dei 500ml/die e l’anuria al di sotto dei 50 ml/die. Poliuria: diuresi maggiore rispetto alle necessità fisiologiche, la quantità di urine emessa è maggiore alle necessità. Questo normalmente non porta a disidratazione, perché il paziente beve molto per compensare: normalmente il paziente non è consapevole della poliuria. Quando supera i 3 L, è poliuria franca. Diuresi idrica: diuresi composta da pochi soluti. Si verifica nel paziente in insufficienza renale cronica. Le cause più frequenti sono:

! diabete insipido, centrale(mancata produzione di ADH, fino a 12 L/die) o nefrogenico(insensibilità all’ADH, sono meno poliurici, 4-5 L)

! Introito di liquidi stimolato della sete (ipercalcemia, perdita di K, iperreninemia, lesioni del centro della sete)

! Etanolo (alcolici) ! Diuresi da freddo ! Farmaci (litio, antibiotici, antimicotici)

Diuresi osmotica: legata alla presenza di una sostanza osmoticamente attiva che riduce il riassorbimento di fluidi nel tubulo contorto prossimale. Può essere legata alla presenza di:

! Eccesso di azoto ! Eccesso di glucosio ! Malattie renali (diuresi post-ostruttiva, fase diuretica della NTA, post-Tx) ! Mannitolo (diuretico che agisce utilizzando questa proprietà) ! Glicerolo ! Farmaci

Diuresi mista: il paziente diabetico con insufficienza renale cronica unisce aspetti di idrica e osmotica. Durante la notte, si possono avere tre modalità di emissione delle urine: Nicturia: sintomo molto importante, ma nessun medico chiede mai se un paziente ha nicturia, ma è il sintomo cardine dell’insufficienza renale cronica. In realtà, può essere di origine renale o di origine cardiaca: è la necessità di urinare più di una volta durante la notte. La nicturia di origine renale, è presente quando oltre il 70% della funzione renale è compromessa e

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può essere dovuta a due cause: nicturia nell’ambito di una pollachiuria, paziente va spesso in bagno per minzioni brevi, e in questo caso è una nicturia falsa, perché si tratta in realtà di pollachiuria. In questo contesto, vi sono casi legati a ipertrofia prostatica (infiammazione e minore volume della vescica), in cui la minzione si realizza nelle prime ore della mattina; una minzione più tardiva (4-5 del mattino) è invece più probabilmente dovuta a insufficienza renale cronica (organismo compensa le alterazioni renali, ma la clearance è molto più bassa e quindi il tempo che l’organismo impiega a normalizzare i valori è sempre maggiore rispetto all’individuo normale, per cui il lavoro di depurazione non si è esaurito durante la veglia, ma è dovuto proseguire durante tutta la notte, quindi la minzione è piena e normale, non pollachiurica, legata al lavoro che il rene ha dovuto fare durante la notte per compensare). La nicturia prevalentemente “cardiaca” è dovuta al relativo aumento della circolazione intrarenale che si verifica nel cardiopatico durante le ore notturne per il clinostatismo prolungato (quando sto in piedi il cuore fa più fatica, quando mi stendo il lavoro cardiaco migliora e il rene viene riperfuso). La quantità di urina emessa durante la notte è maggiore rispetto al giorno. La nicturia è una minzione intera, effettuata previo fenomeno dello svegliarsi (paziente sente lo stimolo, si alza e va in bagno). Incontinenza urinaria: emissione incontrollata dell’urina, che avviene di notte e di giorno, ed è legata a meccanismi di incapacità contenitiva vescicali (un’alterazione dell’equilibrio tra tono del muscolo detrusore e tono dello sfintere uretrale esterno). Enuresi: fenomeno psicologico, di solito viene superato con l’età, e si riferisce a minzioni inconsapevoli e involontarie notturne (possono essere anche diurne), in assenza di dolore o tenesmo con perfetta integrità del funzionamento vescicale durante la veglia. Le ritenzioni sono di due tipi: Ritenzione urinaria: è una ritenzione di urina già prodotta. Il residuo post-minzionale è l’elemento caratteristico. Ritenzione idrica: ritenzione di fluidi legata all’incapacità o all’inadeguatezza della produzione di urina. L’edema è il quadro di maggior riscontro. Proteinurie: possono essere selettive o non selettive. La proteinuria selettiva è tipica della sindrome nefrosica. La proteinuria è di tre tipi: 1. Glomerulare:

! Glomerulonefriti primitive ! Glomerulonefriti secondarie ! Esercizio ! Proteinuria benigna ortostatica ! Proteinuria febbrile

2. Tubulare:

! Farmaci ! Tossici esogeni ed endogeni (rame, mercurio, mioglobina, emoglobina) ! Malattie tubulo interstiziali (lupus, pielonefrite cronica, uropatia ostruttiva)

3. Tissutali (associate a flogosi, sempre proteinurie < 0,5g/L).

! Flogosi del tratto urinario ! Tumori uroepiteliali

La proteinuria selettiva è sempre dovuta a un’alterazione della permeabilità della membrana basale glomerulare senza soluzione di continuità, mentre le proteinurie non selettive sono sempre dovute a

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soluzioni di continuità della membrana basale glomerulare, perciò a fenomeni infiammatori che spesso coinvolgono il complemento, oppure a lesioni tubulari. Ematuria: sintomo molto frequente e sempre patologico. Esistono casi di “ematuria familiare benigna”, patologia da assottigliamento delle membrane basali glomerulari che però talvolta evolve in insufficienza renale cronica. Le ematurie possono essere: a. Renali:

! Patologie glomerulari ! Patologie sistemiche ! Lupus ! Infezioni ! Patologia ereditaria ! Patologie tubulo-interstiziali ! Patologia allergica ! Patologia neoplastica ! Ipertensione maligna ! Necrosi della papilla ! Traumi

b. Delle vie urinarie: ! Carcinoma delle vie urinarie ! Litiasi ! Traumi ! Idronefrosi severa ! Fibrosi retroperitoneale ! Tubercolosi ! Neoplasie prostatiche ! Infezioni ! Condilomi acuminati ! Associate a disturbi della coagulazione

Pigmenturia: alterazioni del colore delle urine, possono essere di vario tipo. La più frequente è la emoglobinuria/mioglobinuria (al sedimento non ci sono globuli rossi, colore non si modifica, rimane rosato). Piuria: alterazione del colore e dell’odore delle urine, emissione di urine torbide contenti pus. Il sedimento può contenere: cellule, cilindri (cellulare, eritrocitario, granuloso, gassoso, ialino, ialino-granuloso), cristalli, batteri, miceti e parassiti. ALTERAZIONI RENALI LOCALI MASSE RENALI Più frequente sotto i 10 anni e sopra i 40. Nei bambini possono essere:

! Infiammatorie ! Congenite (idronefrosi, rene policistico del bambino, displasia) ! Vascolari

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! Traumatiche (ematoma) ! Neoplastiche (tumore di Wilms, Angiomiolipoma)

Nell’adulto possono essere:

! Infiammatorie ! Congenite (Rene policistico dell’adulto, Idronefrosi) ! Vascolari (aneurisma arteria renale) ! Traumi ! Neoplasie (Carcinoma renale, linfomi, mielomi)

Si sentono con la manovra di Guyon:

SINTOMI NEFROLOGICI RENALI ED EXTRARENALI Edema: accumulo di liquido a livello extracellulare, si accompagna nella maggioranza dei casi a ritenzione di sodio. Sede: sottocutaneo, sieroso, viscerale Può essere localizzato o generalizzato fino allo stato anasarcatico. Ipertensione arteriosa: aumento della pressione arteriosa sistemica caratterizzata da una alterazione dei meccanismi di regolazione del volume plasmatico e/o delle resistenze vascolari. Le cause di ipertensione sono:

! Eccessivo introito di sodio con la dieta

! Ormoni (aldosterone, steroidi, ormoni tiroidei)

! Attivazione sistema nervoso simpatico alterazioni della regolazione del volume

! Attivazione sistema renina angiotensina aldosterone

! Alterazione dei canali per il sodio a livello tubulare

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! Controllo neurologico (adrenalina) alterazioni della

! Controllo ormonale (renina-angiotensina, catecolamine) regolazione delle resistenze vascolari

! Alterazioni strutturali (ipertofia della media, calcificazioni di parete) PARAMETRI EMATOCHIMICI DI FUNZIONALITÀ RENALE La funzione renale si misura con i tipici parametri di:

Creatinina plasmatica (v.n. 0,6-1,2mg/dL) Azotemia plasmatica (v.n. 0,15 – 0,50 g/L)

Clearance Creatinina (v.n. 125 mL/min) Oggi si utilizzano forme semplificate per la stima del filtrato glomerulare, che avviene attraverso queste formule: Stimano, a partire dalla creatinina e altri parametri, quali peso, età, sesso, albumina, razza, etc, i quali vanno all’interno di una formula che definisce una stima del filtrato glomerulare. Sono molo efficaci, soprattutto l’MDRD completa. SEMEIOTICA MORFOLOGICA MACROSCOPICA

! Esame Radiologico diretto dell’addome

! Ecografia con Doppler: serve per valutare dimensioni e morfologia macrostrutturale del rene, può are un’idea della vescica e fornire il doppler delle arterie renali e delle resistenze periferiche, che normalmente sono 0,6 che sono la valutazione della contrazione delle arteriole periferiche del rene. Valori maggiori di 0,6 sono indice di nefroangiosclerosi, quindi di insufficienza renale cronica: è uno dei parametri più importanti per valutare la presenza di danno cronico alle arteriole periferiche

! Urografia endovenosa

! Pielografia ascendente

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! Cistouretrografia

! Arteriografia renale: mostra l’albero vascolare anche nelle sue minime porzioni

! Scintigrafia renale: da un’idea della funzione del

rene, esprime il contributo funzionale dei due reni (nell’immagine si vede la maggiore efficacia del rene di destra).

! Tomografia Computerizzata (uroTAC): esame importante per la morfologia delle cavità

naturali e delle lesioni vascolarizzate, poi col mezzo di contrasto si possono analizzare diversi aspetti. È più precisa dell’ecografia.

! Risonanza Magnetica Nucleare (angio-RMN): mostra l’andamento delle arterie, quindi

serve a valutare lo stato delle arterie (eventuali stenosi, aneurismi o altro). MICROSCOPICA

! Biopsia renale: si può guardare con la microscopia ottica, con l’immunofluorescenza (mostra il contenuto delle membrane basali e delle cellule) o con la microscopia elettronica.

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10/01/2012 NEFROPATIE ISCHEMICHE Molteplici quadri di nefropatie ad andamento cronico causate da un persistente ridotto apporto di ossigeno al distretto renale. Si distinguono 4 diverse forme:

1) Nefroangiosclerosi ipertensiva 55%

2) Sindromi cardio-renali 15%

3) Ateroembolia colesterinica 5%

4) Ipertensione reno-vascolare 25% Trattiamo solo le ultime due perché le altre appartengono alla sfera dell’ipertensione arteriosa. IPERTENSIONE RENO-VASCOLARE Sindrome caratterizzata da ipertensione arteriosa conseguente ad una ridotta perfusione del rene a causa di una lesione vascolare stenosante l’arteria renale principale o uno dei suoi rami maggiori. E’ un’occlusione parziale di un’arteria importante, di calibro maggiore. L’ipertensione arteriosa ha una prevalenza del 20% negli adulti e del 60% negli anziani sopra i 60 anni: di questi, il 5% hanno ipertensione nefro-vascolare anche se è spesso sottostimata. La stenosi può essere di due tipi:

! occlusione sintomatica (emodinamicamente significativa): lesione vascolare stenosante una quota del 80% della sezione trasversa dell’arteria renale;

! occlusione asintomatica (emodinamicamente non significativa): stenosi semplice

dell’arteria renale Classificazione delle stenosi:

! fibrodisplasia muscolare ! stenosi ateromasica ! stenosi da compressione o da furto

Importante ! MODELLI DI GOLDBLATT

One clip two Kidney

One clip one Kidney

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Fu il primo a intuire come generare la sindrome in un soggetto sano: prese un modello sperimentale e stenosò uno dei due reni o l’unico rene a disposizione, che sono i due modelli che si riscontrano nella clinica ! Ipertensione modello one clip two kidney:

! Stenosi ateromasica unilaterale dell’a. renale ! Stenosi da iperplasia fibrotica o fibromuscolare ! Aneurisma dell’arteria renale renale ! Subocclusione embolica dell’arteria renale ! Fistola artero-venosa ! Subocclusione segmentale traumatica arteria renale ! Compressione estrinseca dell’arteria renale (feocromocitoma, etc …)

! Ipertensione modello one clip one kidney:

! Stenosi arteria renale in monorene funzionale ! Stenosi arteria renale in trapianto di rene ! Stenosi bilaterale delle arterie renali ! Coartazione aortica

Dal punto di vista clinico sono molto diverse.

Nel modello di Goldblatt, applicando la clip, la perfusione del rene si riduce e così cala anche il filtrato: il rene, per mantenere la filtrazione, induce vasocostrizione dell’arteriola efferente tramite produzione di renina, la quale induce anche una vasocostrizione periferica generale di conseguenza.

30 gg

> 6 mesi

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Al posizionamento della clip, aumentano la pressione e la concentrazione di renina. Togliendo la clip, torna tutto a livelli normali. Se si tarda a rimuovere la clip, il rene impiega più tempo a rientrare nel range della normalità; se si tarda molto tempo, la pressione non si normalizza. Rispetto all’azione causale dell’ipertensione, ho tre fasi distinte:

1. Ipertensione iper-reninemica: se rimuovo la stenosi, elimino l’increzione di renina e torna tutto normale;

2. Ipertensione da effetti “lenti” dell’AT-II: è caratterizzata dagli effetti lenti legati

all’angiotensina II come fattore di crescita e non solo come fattore emodinamicamente attivo ! proliferazione cellulare e deposizione di matrice, fattore pro-infiammatorio e pro-fibrotico: la rimozione dell’insulto angiotensinico necessita di più tempo per eliminare gli effetti (reversibili fino alla comparsa di fibrosi). Il recupero della funzione renale può avvenire in mesi o anni;

Fattori di Crescita: TGFß, PDGF, CTGFCitochine: IL-6, TNF!Chemochine: MCP-1, OPNAltro: PA1, Metalloproteinasi

produzione e degradazione ECM*

accumulo ECMProteinuria Proliferazione Cellulare Infiammazione

Attivazione e reclutamento dicellule mediatrici dell’infiammazione

Cellule Renali(mesangial i, tubuloepi telia li

fibroblasti interstiziali)

Ang Il

Chemiotassi

Cellule mediatricidell’infiammazione

Chemochine - MCP-1Molecole di Adesione - VCAM-1Citochine, fattori di crescita

Fibrosi Renale indotta da Angiotensina II

Fibrosi RenaleMezzano, S.A. Hypertension 2001;38(2):636.

*ECM: Matrice Extracellulare

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3. Ipertensione da nefroangiosclerosi: compare fibrosi, non si torna indietro. L’ipertensione in un rene si ripercuote come evento collaterale sull’altro rene ! è questo che mantiene l’ipertensione stabile anche se rimuovo la causa dell’ipertensione.

Condizioni in cui questa sindrome va sospettata:

! ipertensione severa e/o resistente alle terapie: tipico di entrambi i quadri, perché l’insulto iper-reninico c’è in entrambi;

! comparsa di ipertensione < 30 anni o > 50 anni; ! ipertensione in paziente con sindrome metabolica: tipico di entrambe le condizioni,

stenosi ateromasica; ! deterioramento funzionale del rene con o senza ipertensione: tipico del modello 1

clip – 1 rene, perché se ho un rene con stenosi, il rene controlaterale compensa la disfunzione almeno per alcune cose (gestione volumi sierici corporei e funzione renale);

! asimmetria renale con differenze > 2 cm ! ricorrenza di edema polmonare acuto ! soffio sisto-diastolico addominale ! ipokaliemia normo-natriemica ! peggioramento renale funzionale con anti-ACE o diuretici: se elimino l’ACE, il

filtrato cala per perdita del meccanismo fisiologico con cui la renina aumenta per mantenere il filtrato.

STENOSI DA CAUSA ATEROMASICA: ! Costituisce il 5 % di una popolazione non selezionata ! Dal 15 al 40% in una popolazione selezionata di ipertesi

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! Prevalenza in aumento in relazione alla variazione delle caratteristiche generali della popolazione nei paesi industrializzati (obesità, eccessivo apporto calorico, longevità, malattie metaboliche, …)

STENOSI DA DISPLASIA FIBROMUSCOLARE:

! sono pazienti determinati: è la causa principale di ipertensione in bambini al di sotto dei 14 anni (costituisce la causa del 70% di tutte le forme di ipertensione) e donne in età fertile, sotto i 30 anni (40-50%);

! Costituisce il 10-15 % di tutte le stenosi delle arterie renali Indagini diagnostiche: L’ecografia è un esame operatore/macchina dipendente; l’ecodoppler è una valida tecnologia di diagnosi anche della stenosi, ma va confermata con angiografia a risonanza magnetica (angiografie eseguite tramite risonanza magnetica (MRA, Magnetic Resonance Angiography) vengono normalmente eseguite senza alcun mezzo di contrasto). Quando viene diagnosticata una stenosi > 80%, si fanno indagini di conferma che valutano se è reversibile ! indagini terapeutiche: PTCA (angioplastica coronarica), stent endovascolari (dispositivo protesico, di 10-20 mm di lunghezza e diametro variabile a seconda delle caratteristiche del vaso da dilatare, costituito da una maglia d’acciaio rivestita da materiale polimerico, che avvolge la superficie interna di un vaso e, come una sorta di impalcatura, la mantiene pervia). Altre indagini:

! Dosaggio della renina plasmatica ! Dosaggio renina nelle vene renali ! Scintigrafia con captopril ! TAC spirale

NEFROPATIA ATEROEMBOLICA Insufficienza renale acuta conseguente ad ostruzione delle arteriole renali provocata da fenomeni

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atero-embolici: colpisce le arteriole, non i grandi vasi (il danno è periferico). Manifestazioni renali:

! Insufficienza renale acuta ! Insufficienza renale rapidamente progressiva ! Insufficienza renale cronica (associazione con lesioni glomerulari (GSF))

Cause di ateroembolia:

! Rilascio dopo manipolazione aortica durante arteriografie, coronarografie (sonda in aorta può danneggiare le placche e favorirne il distacco), angioplastiche o chirurgia degli aneurismi aortici

! Rilascio in corso di terapia anticoagulante (rende le placche instabili) ! Rilascio dopo trauma accidentale ! Rilascio spontaneo

Frequenza delle forme spontanee e provocate di ateroembolismo colesterinico: Forme spontanee 39-61% Forme provocate 39-61%

! radiologia interventica (8-43%) ! interventi chirurgici (9-29%) ! terapia anticoagulante o fibrinolitica (2-13%)

Condizioni predisponenti (sono le stese che determinano un albero vascolare con forte presenza ateromasica):

! Sesso maschile ! Età > 55-60 anni ! Tabagismo ! Ipertensione arteriosa ! Ipercolesterolemia ! Diabete ! Aterosclerosi diffusa con manifestazioni cliniche ! Aneurisma dell’aorta addominale ! Placche dell’aorta toracica ! Terapia anticoagulante o trombolitica

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Patogenesi: Attorno all’ateroembolo c’è una reazione cellulare eosinofila (non è noto il motivo della presenza degli eosinofili). Aspetti istologici:

! Ostruzione delle arteriole di medio e piccolo calibro

! Gli emboli sono costituiti da frammenti di

materiale ialino e acellulare, contenenti cristalli di colesterolo

! Reazione da corpo estraneo (proliferazione

intimale, infiltrazione macrofagica ed eosinofila, fibrosi, restringimento del lume vascolare)

Aspetto lamellare tipico della deposizione di cristalli. Laboratorio:

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VES sempre alta. Eosinofilia ! marcatore tipico e patognomonico in insufficienza renale acuta rapidamente progressiva con eosinofilia. Clinica:

! Immediato peggioramento della funzione renale dopo manipolazione aortica

! Lesioni ischemiche periferiche (dita mani e piedi, cute) da disseminazione embolica

! Lieve rialzo pressorio con attivazione del sistema renina-angiotensina

! Deficit visivi (ateroembolia retinica) Lesione ischemica per attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone. Man mano che il calibro vascolare si riduce, tanto più le lesioni ischemiche sono visibili (il quinto dito è sempre quello più colpito); nell’occhio i vede il cristallo all’interno del vaso. Altri distretti coinvolti ! soggetto non ha forti deficit, ma ha piccole alterazioni (dolore muscolare diffuso). Altre manifestazioni extra-renali:

• Cute – Livedo reticularis, cianosi, gangrena, ulcere, nodi, porpora

• Sistema nervoso

– TIA, amaurosi fugace, ictus, parestesie e paralisi periferiche

• Addome – Dolore, nausea, sanguinamenti, ischemia intestinale, infarti, pancreatite, infarti

splenici, insufficienza surrenalica

• Muscolo – Mialgie, miosite

• Polmone

– Emoftoe, dispnea

• Sintomi generali – Febbre, calo ponderale

Diagnosi differenziali:

! Vasculite (IR ed eosinofilia comuni) ! Nefrite interstiziale allergica ! Ipertensione maligna forme acute ! Tossicità da m.d.c. ! Endocardite

! Nefroangiosclerosi ipertensiva ! Patologia nefrovascolare /nefropatia ischemica forme croniche ! Vasculite

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Prognosi: E’ sempre infausta: la patologia ha un andamento quasi irreversibile, la lesione è quasi impossibile da rimuovere (lesione acuta, irreversibile e autolimitantesi). E’ importante intervenire precocemente o la cascata di microemboli sarà irreversibile ! soggetto passa dall’essere in salute alla dialisi in poco tempo Anche se presi in tempo, il recupero sarà parziale e sul lungo tempo. Terapia:

• Prostaciclina, dopamina, pentossifillina – miglioramento microcircolo

• Statine

– stabilizzazione placca aterosclerotica

• LDL-aferesi – rimozione intensiva lipidi

• Corticosterodi

– interferenza con i mediatori della flogosi (non si usano antinfiammatori perché sono vasocostrittori, si usano antinfiammatori steroidei).

11/01/2012 VASCULITI E MICROANGIOPATIE Molteplici quadri patologici a carattere sistemico e multiorgano, caratterizzati da fenomeni flogistici e necrotici a carico della parete dei vasi ematici e del distretto perivascolare ! il fenomeno flogistico coinvolge il vaso e la zona peri-vascolare. I vasi sono molti e si distinguono per il loro calibro. Le vasculiti possono coinvolgere :

! grandi e medie arterie ! piccole arterie ! arteriole ! capillari ! venule

Tanto più è piccolo il vaso colpito dalle vasculiti, tanto più è facile che sia ampiamente coinvolto il rene.

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Classificazione delle vasculiti primarie e secondarie in base al calibro dei vasi maggiormente coinvolti:

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Le vasculiti dei grandi vasi coinvolgono il rene in maniera molto blanda; a partire dalle vasculiti dei vasi medi, si ha maggiore coinvolgimento renale ! Kawasaki: danno infiammatorio reversibile

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Tutte le vasculiti dei piccoli vasi hanno ampio coinvolgimento renale. Ci sono vasculiti che interessano settori più ampi (Wegener ! dalle arterie di grosso calibro alle venule, quindi la classificazione non è molto precisa). Le forme dei piccoli vasi sono distinte in due grandi gruppi:

1. COINVOLGIMENTO PAUCI-IMMUNE: termine inadeguato (ma di retaggio storico) perché l’infiammazione non era evidente come nelle altre forme, anche se ci sono fattori immunologici. Comprende tre forme che non hanno niente in comune: Wegener, Churg-Strauss e la poliangite microscopica.

2. FORME DA IMMUNOCOMPLESSI: c’è un antigene (esogeno o autologo) responsabile

dell’innesco. Angite tipica da farmaco. FORME DA IMMUNOCOMPLESSI Gli antigeni possono essere: Il danno che si realizza dipende dalle caratteristiche dell’antigene e del sistema immunitario dell’ospite, la condizione dell’ospite (esempio: stato infiammatorio sistemico) con fattori concomitanti, la quantità di antigene, la carica, il tipo di complessi che forma (se il complesso non passa la parete del vaso non da vasculite).

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Fattori che possono influenzare la formazione in situ o la deposizione di immunocomplessi e lo sviluppo di vasculiti: FORME PAUCI-IMMUNI Sono anch’esse immunologiche: sono ANCA (anticorpi anti-antigeni citoplasmatici dei neutrofili) positive. Sebbene esistano diversi tipi di ANCA, ognuno dei quali riconosce uno specifico componente del citoplasma dei neutrofili (mieloperossidasi; lisozima; elastasi; proteinasi 3; lattoferrina; catepsine B, D e G, etc.), molti sieri contenenti ANCA sono specifici per un solo antigene. In pratica tutti i C-ANCA sono specifici per la proteinasi 3 e i P-ANCA per la mieloperossidasi. I c-ANCA sono specifici e patognomonici della granulomatosi di Wegener; i p-ANCA sono più aspecifici (anche nel lupus), ma si trovano più spesso nelle altre due forme di vasculite. Meccanismi immunologici delle vasculiti ANCA-associate:

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MANIFESTAZIONI CLINICHE - Sintomi generali:

- malessere, astenia, perdita di peso - febbre

Le vasculiti hanno un filo conduttore comune: i segni della malattia sistemica. Il soggetto è sofferente, sta male. -Interessamento multisistemico

- porpora cutanea, petecchie (nelle forme che colpiscono i piccoli vasi) - dolori articolari (coinvolgimento di una zona sottoposta a stress in caso di danno vascolare)

Quasi sempre questi due sintomi accomunano tutte le forme. - Vi sono poi coinvolgimenti d’organo:

- insufficienza renale acuta: il rene è il più colpito. Quadro di glomerulonefrite necrotizzante o crescentica (tipico andamento acuto con paziente anurico in pochi giorni)

- insufficienza respiratoria acuta (alveolite emorragica): aspetto cotonoso del parenchima polmonare in TAC

- manifestazioni neurologiche (mononeuriti) - manifestazioni gastroenteriche (colite ischemica) - manifestazioni cardiologiche (sindromi coronariche): rare

POLIARTERITE NODOSA Interessamento di arterie di medio e piccolo calibro della cute e degli organi interni, raramente del sistema nervoso centrale e delle ossa. Questa è l’unica vasculite in cui la lesione cutanea è diversa dalle altre perché coinvolge il vaso nella porzione che precede il capillare, colpisce le arteriole ! i capillari hanno una parete sottile e la porpora appare come una piccola goccia rosso vivo rilevata: nella poliarterite, invece, si ha la livedo reticularis, lesione in cui la cute è rilevata e brunastra, come se vi fosse un reticolato, poiché la lesione non è emorragica come nel caso dei capillari, ma ischemica. Spesso è una sindrome paraneoplastica, si associa ad alcuni tumori (mixoma atriale, leucemia, linfomi, etc). E’ documentabile con immagini strumentali inerenti i vasi di tipo contrastografico: le immagini tipiche presentano arterie a “collana di perle” con una serie di restringimenti per ispessimento delle pareti. Può essere diagnostica anche in base a elementi clinici ed istologici (biopsia di una piccola arteria).

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Si tratta con corticosteroidi da associare eventualmente a ciclofosfamide. In presenza di forme virali sono utili la plasmaferesi, la vidarabina e l'interferone. Si può presentare con febbre, calo ponderale, noduli cutanei, gangrena, mialgia, artralgia, mononeuriti singole o multiple e compromissioni d’organo (renale, gastroenterica, …) ed in seguito ipertensione arteriosa ed IRA. Presenta almeno tre criteri clinici:

- Perdita di peso > 4 Kg - Livedo reticularis - Dolore testicolare - Mialgie, astenia - Mono o polineuropatia (più grande è il vaso colpito, più ampia è la zona interessata) - PA diast > 90 mmHg - IRA - HBsAg/HCV - Arteriografia anomala - Biopsia arteriosa (PMN)

Il forte ingrandimento evidenzia estesi infiltrati formati da polimorfonucleati. Il coinvolgimento vascolare è a tutta circonferenza. GRANULOMATOSI DI WEGENER Malattia sistemica. E’ una sindrome granulomatosa: la reazione infiammatoria provoca una lesione localizzata che causa la distensione dei tessuti peri-lesionari con cavitazione interna. I granulomi si formano in tutto l’organismo con alcune zone elettive: naso (lesione con quadro ischemico che ha causato necrosi del tessuto del naso), intestino, occhio, etc. Sintomi generali: febbre, astenia, dolori articolari, porpora cutanea, dimagrimento. Sintomi specifici

– Vasculite sistemica necrotizzante dei vasi di medio e piccolo calibro con GN necrotizzante (crescents).

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– Reazione infiammatoria di tipo granulomatoso con alterazioni infiammatorie nasali e orali (ulcere orali, sinusite e rinite con secrezioni nasali purulente o ematiche perforazione del setto, naso deformato a sella, stenosi subglottica)

– Polmone: noduli, lesioni cavitarie, emorragia alveolare – Alterazioni polmonari (infiltrati nodulari,cavitazioni, dolore toracico, tosse, emoftoe).

Manifestazioni cardiovascolari, manifestazioni neurologiche Positività per cANCA /Pr3. VASCULITE DI CHURG-STRAUSS E’ una granulomatosi allergica e vasculite di vasi di medio-piccolo calibro, con necrosi fibrinoide, infiltrazione eosinofila e aspetti granulomatosi. Si caratterizza per la comparsa di insufficienza renale con asma incoercibile che non regredisce con dosi massime di steroidi ! serve terapia immunosoppressiva coadiuvante. L’asma è responsabile della spiccata eosinofilia. Altri segni sono: mono o polineuropatia, manifestazioni polmonari, infiltrati polmonari migranti. Altri organi colpiti: seni paranasali, cute, SN periferico, cuore, reni, intestino Eosinofilia (>10%), infiltrati tissutali ricchi di eosinofili (biopsia) p-ANCA / MPO positivi nel 50 % I granulomi sono più picoli, non determinano mostruosità come nel Wegener. Si localizza soprattutto nel tratto respiratorio. Evolve attraverso tre fasi:

1. Prodromica: malattia atopica (rinite, asma) che può durare mesi o anni

2. Eosinofilia ematica e tissutale

3. Fase vasculitica: vasculite necrotizzante di polmone, reni, cuore, cute, nervi periferici POLIANGITE MICROSCOPICA E’ una vasculite necrotizzante sistemica dei piccoli vasi, associata ai p-ANCA (75%); il processo infiammatorio non è granulomatoso, a differenza delle altre vasculiti. Tipicamente si caratterizza per un’eminente coinvolgimento renale con glomerulonefrite necrotizzante (unico organo) oppure insieme al polmone (alveolite emorragica che porta a insufficienza respiratoria acuta e morte se non curata). Presenza diffusa di Leucociti Polimorfonucleati.

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Le lesioni nel polmone sono simmetriche ! aspetto flocculare Crescent nella poliangite microscopica: le cellule epiteliali comprimono la massa vascolare fino a portarla a sclerosi. VASCULITE LEUCOCITOPLASTICA Forma più benigna di vasculite, insorge dopo l’assunzione di un farmaco in soggetti di età superiore ai 16 anni. Si presenta con una porpora palpabile che non scompare alla vitropressione (test diagnostico che consiste nell’appoggiare su una lesione cutanea un vetro d’orologio leggermente bombato. Questa manovra, che allontana il sangue dalla zona compressa, permette di distinguere, in caso di lesione eritematosa (caratterizzata da un arrossamento della cute), gli eritemi (dovuti a una dilatazione dei vasi cutanei), che scompaiono con la vitropressione, dalle porpore (stravaso di globuli rossi nel derma, fuori dai capillari), che persistono durante il test) e non è legata alla trombocitopenia; può presentare anche eruzioni maculo-papulari, lesioni piatte e sollevate di varia grandezza. Le lesioni cutanee a volte si presentano da sole, senza altri sintomi, ma nel 40% circa dei casi coinvolgono anche altri distretti, come per esempio il rene. La rimozione del farmaco fa regredire la vasculite. I farmaci coinvolti più spesso sono:

! penicillina, ! aminopenicillina, ! sulfamidici, ! allopurinolo, ! pirazolonici, ! retinoidi,

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! chinoloni, ! Idantoina ! propiltiouracile

• Forma cutanea isolata • Forma con interessamento sistemico:

– cuore (infarto, pericardite) – occhi (cheratocongiuntivite, vasculite retinica) – GI (nausea, vomito, melena, pancreatite) – SN – Polmone (emottisi) – Rene (microematuria, proteinuria)

Biopsia: PMN perivascolari PORPORA DI HENOCH-SCHÖNLEIN Vasculite dei piccoli vasi non trombocitopenica con coinvolgimento cutaneo, gastrointestinale e renale (più raramente colpisce anche i sistemi respiratorio e nervoso centrale). Colpisce soggetti con età inferiore ai 20 anni (può manifestarsi però anche nell’adulto) con la triade:

! insufficienza renale ! dolori addominali spesso anche con sintomi polmonari e mialgie ! coinvolgimento articolare

E’ una forma severa, caratterizzata dalla deposizione di IgA e presenza di granulociti neutrofili nella parete dei piccoli vasi (visibili in biopsia): ha però un andamento meno rapido delle altre. Sintomi:

! Cute: porpora cutanea con petecchie lievemente rilevate e palpabili prevalentemente agli arti inferiori, gambe, natiche, …)

! Coliche addominali: imputabili a vasculite locale con sangue occulto normalmente, ma anche melena ed ematemesi fino ad intussescezione (invaginazione) ileale (2-3%) nei casi più gravi

! Nefrite: IRA oligo-anurica progressiva con esordio caratterizzato da ematuria spesso macroscopica e proteinuria

! Artriti: coinvolgenti le grosse articolazioni (anche, ginocchia, …)

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Classificazione delle lesioni della nefrite di Henoch–Schönlein secondo Emancipator (1998) Fasi diagnostiche:

1. riconoscere che siamo in presenza di una vasculite 2. determinare il tipo specifico di malattia vasculitica

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Segni e sintomi costanti: ! febbre, malessere, mialgie, artralgie migranti ! precocemente nel corso della malattia sindrome di tipo influenzale

Segni e sintomi peculiari:

! Interessamento cutaneo, renale, polmonare, ORL, sistema nervoso, apparato digerente ! Pattern immunologico/laboratoristico (ANCA, IgA, Complemento, crioglobuline,

neutrifilia/eosinofilia) ! Aspetti morfologico/infiammatori (granulomi, interessamento micromacrovascolare)

Trattamento:

! Steroidi ! Steroidi e ciclofosfamide ! Steroidi ed azatioprina ! Metotressato (?) ! Altri immunosoppressori

Regimi terapeutici secondo il National Institute of Health (NIH) MICROANGIOPATIE Quadri patologici a carattere sistemico, caratterizzati da flogosi endoteliale con anemia e piastrinopenia da consumo ed insufficienza multiorgano Sindromi trombotiche che contemplano la presenza di tre segni fondamentali:

1. anemia 2. piastrinopenia 3. insufficienza multiorgano

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• Sindrome emolitico-uremica (SEU) • Porpora trombotica trombocitopenica (PTT)

Con SEU si indicano preferibilmente le forme adolescenziali e con PTT i casi dell’età adulta con sintomi principalmente renali e neurologici. CLINICA PTT/SEU:

1. Anemia emolitica microangiopatica (Coombs negativo) 2. Trombocitopenia 3. Insufficienza Renale Acuta

CAUSE SEU: In relazione con alcuni fattori ambientali:

• Tossine batteriche, specie di Escherichia Coli (ceppo O57:H7) che esprima la tossina Shiga-like

• ………….

• Diversi casi di familiarità con possibile base genica

MECCANISMI FISIOPATOGENETICI SEU/PTT:

• Inadeguata proteolisi dei multimeri del vWF

• Inattività dell’enzima vWF-metalloproteasi da: - deficit enzimatico - anticorpi anti-vWF

• Aggregazioni piastriniche responsabili della caratteristica sintomatologia ischemica arteriolare

PATOFISIOLOGIA SEU:

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PATOFISIOLOGIA PTT: • Studi eseguiti negli ultimi 15 anni hanno evidenziato che il ruolo predominante è legato al

deficit dell’enzima ADAMTS 13

• L’alterazione determina la deposizione disseminata di aggregati piastrine/Fattore di von Willebrand nel microcircolo di diversi organi (rene, cervello, intestino, etc)

SEQUENZA DI EVENTI SEU/PTT:

• Presenza di un fattore ambientale potenzialmente tossico per l’endotelio • Innesco di trombosi intravascolare con formazione di C3bBb-convertasi e deposizione di

complemento nei vasi capillari

• Trasformazione in processi sistemico per la assenza di “freni” TRATTAMENTO:

• Plasmaferesi • Plasma fresco congelato • Trattamenti sostitutivi artificiali (bambino) • Antiaggreganti piastrinici, prostaciclina (?)

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INSUFFICIENZA RENALE CRONICA Un individuo può vivere con il 5% della funzione renale basale: l’attività renale non è svolta da tutti i nefroni contemporaneamente ! se vengono perse unità funzionali, la quota delle unità che riposano sarà sempre minore, ma non si vedranno esiti negli esami di routine. L’IRC è una riduzione della capacità del rene di effettuare le sue funzione escretorie ed endocrine: il quadro clinico è una sindrome clinico metabolica conseguente alla cronica e irreversibile riduzione delle strutture renali funzionanti (riduzione del numero di unità funzionanti oltre il limite necessario per depurare l’organismo). E’ necessario distinguere tra Insufficienza Renale Cronica e lesioni croniche a livello parenchimale renale (l’IRC è più grave, perché viene persa la funzione renale). Il quadro clinico conseguente è la sindrome uremica ! Sintomi e segni obbiettivi correlati agli effetti tossici di sostanze azotate ed altri prodotti catabolici trattenuti nel sangue, alterata omeostasi dei volumi e dei soluti e dell’equilibrio acido-base. Qualsiasi malattia che comporta danno cronica esita nell’IRC, che è il fenomeno conclusivo di uno stato patologico che implica danno della funzione: CLASSIFICAZIONE CLINICA

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! nella prima fase, il rene compensa la carenza di nefroni ! nella fase di scompenso, il soggetto presenta 3mg/dl di creatinina ! la clearance degli

elettroliti si è modificata in ribasso, perciò la curva di normalizzazione degli elettroliti è diversa, di notte si normalizza tutto perché c’è più tempo e il soggetto è a riposo e non mangia (soggetto normale depura 100 in 1 minuto, questo 50)

! nella fase uremica il soggetto non compensa nemmeno durante la notte, aumenta la potassiemia e anche altri elettroliti

STADIAZIONE La stadiazione è basata sulla velocità di filtrazione glomerulare: Nella classe 1, il filtrato è normale, ma ha già anomalie, il danno non ha ancora un’espressione vera e propria (in realtà, classi 3a ! 60-45 e 3b ! 45-30). Modificazioni del VFG fra 30 e 150 ml/min corrispondono a modeste variazioni della creatininemia. Al di sotto di 30 ml/min la creatininemia cresce in maniera esponenziale. Lo scalino tra 1 e 2 di creatinina è molto più lungo di quello tra 2 e 3 e così via: man mano che la creatininemia cresce, le variazioni sono sempre minori, per questo è importante intervenire per valori di creatinina <2, perché lì le variazioni sono ampie. Indipendentemente dalla causa, una volta che si raggiunge l’IRC inizia un fenomeno automantenentesi che fa sì che l’IRC sia evolutiva, il soggetto tende a peggiorare, anche se viene eliminata la causa di partenza

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! teoria di Brenner dell’iperfiltrazione: l’iperfiltrazione (iperlavoro per unità funzionale) che ogni nefrone deve affrontare per la depurazione della stessa massa corporea in insufficienza renale cronica è un insulto pro-infiammatorio, poiché per ogni nefrone:

$ P idrostatica $ flusso plasmatico renale

formazione di microtrombi per stress alle pareti $ matrice sclerosi

sovraccarico porta alla progressiva perdita di nefroni E’ un circolo continuo. Fattori che influenzano la progressione dell’IRC:

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Sostanze non eliminate nella IRC:

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CLINICA Decorso clinico e metabolico: a) Alterazioni idrico elettrolitiche b) Eliminazione dei cataboliti azotati Aumentano nel sangue, calano nelle urine poiché la depurazione è minore.

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c) Segni e sintomi clinici di uremia Da cosa si vede il fatto che si allunga il tempo di eliminazione dell’acqua corporea? ! segno clinico tipico dell’IRC è la POLIURIA (anuria è fenomeno solo terminale), il rene non riesce a concentrare le urine, ha bisogno di più tempo per eliminare gli elettroliti, variando la clearance aumenta il volume di acqua che deve eliminare (il soggetto non si accorge del problema perché beve molto, compensando la poliuria). La diuresi è abbondante, ma meno efficace e capisco che si tratta di poliuria quando c’è NICTURIA, cioè il soggetto si deve svegliare durante la notte, ma non ha una minzione breve e irritativa, ma una normale minzione, semplicemente perché non ha fatto in tempo a terminare i processi prima di andare a dormire. La sindrome uremica è molto complicata, sono coinvolti quasi tutti gli organi

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Importanti sono le alterazioni endocrine del rene ! l’IRC ora viene chiama CKDMBD (cronic kidney desease methabolic bone disorder): l’insufficienza renale cronica si associa sempre a un disordine metabolico che coinvolge l’osso a un disordine del sistema cardiovascolare poiché implica una modificazione importante di una serie di fattori, di cui il principale è l’eritropoiesi ! incapacità del rene di attivare attraverso la produzione di eritropoietina l’eritropoiesi: ANEMIA UREMICA. E’ un’anemia microcitica e normocromica, trattata con eitropoietina ricombinante umana. Più complicato è il discorso riguardo alle alterazione dell’osso ! esempio: soggetto con IRC non produce più l’enzima 1%-idrossilasi (enzima che idrossila in posizione 1 la vitamina D, trasformando il 25-idrossicolicalciferolo in 1,25-diidrossicolicalciferolo, cioè la forma attiva della vitamina D). La vitamina D ha tre siti di azione:

1. riassorbe il calcio a livello intestinale 2. riassorbe il calcio a livello renale 3. agisce sul paratormone, quindi sulle paratiroide inibendo il rilascio dell’ormone

quindi, è il modulatore del riassorbimento di calcio e fosfato dell’organismo (quando si mobilizza il calcio, si mobilizza anche il fosfato). Quando ho carenza di vitamina D, non viene riassorbito calcio a livello renale e intestinale, si alzano i livelli di paratormone che non essendo più inibito inizia a mobilizzare calcio dal deposito osseo (prende il calcio che non è stato riassorbito nei reni e nell’intestino dall’osso) ! IPERPARATIROIDISMO o OSTEITE FIBROSA

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L’IRC, tramite riduzione dei livelli di vitamina D, determina una deviazione delle cellule EPC (progenitori delle cellule endoteliali circolanti) facendo in modo che queste cellule sfuggano al differenziamento normale e differenzino in senso osteoblastico ! ma sono cellule endoteliali, quindi attivano la placca aterosclerotica, determinando il danno cardiovascolare. Il marcatore più importante di danno renale è la MICROALBUMINURIA: quantità di proteinuria che una volta era considerata normale, non patologica, perché sono mg/L. Fra 200-300mg/L è considerato segno di stress emodinamico: un filtrato renale normale associato a microalbuminuria necessita di trattamento del danno vascolare per il rischio di IRC con farmaci specifici (ACE-inibitori, inibitori dell’angiotensina II.

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16/12/2011 NEFROPATIE GLOMERULARI La classificazione delle nefropatie viene fatta sulla base morfologica:

! GLOMERULARI ! VASCOLARI ! TUBULARI ! INTERSTIZIALI

Sono perciò divise in base al distretto che è maggiormente colpito (una nefropatia glomerulare può colpire anche i vasi, la tubulare anche l’interstizio, etc, ma più lievemente). NEFROPATIE GLOMERULARI Sono un gruppo di patologie caratterizzate da una elettiva e prevalente compromissione dei glomeruli renali (N.B.: meglio usare questo termine piuttosto che glomerulonefriti, che ha un connotato infiammatorio che non sempre è presente). Sono patologie importanti poiché sono la terza causa di insufficienza renale cronica terminale, dopo la nefropatia diabetica e quella vascolare da ipertensione. Dal punto di vista istologico, si evidenzia che la maggior parte (64%) sono forme primitive, che colpiscono primitivamente il rene, mentre le forme secondarie, in cui il rene è colpito nel contesto di una patologia sistemica sono una porzione inferiore (24%): in alcuni casi, anche nelle forme secondarie il rene può essere la prima espressione della patologia, la nefropatia compare per prima cosa e si scopre che il paziente è affetto da LES. Il glomerulo è composto da un flocculo di capillari, formati dall’ingresso dell’arteriola afferente che forma il gavocciolo ed esce sotto forma di arteriola efferente: la capsula di Bowmann avvolge tutto il flocculo e prosegue a formare la parte tubulare.

Le componenti cellulari sono: cellule endoteliali, cellule epiteliali (stanno al di sopra della membrana basale fenestrata) e le cellule mesangiali, che assieme alla matrice mesangiale tengono unite le strutture.

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La cellula mesangiale è dotata di caratteristiche particolari: ha capacità macrofagiche, al suo interno ha fibrille che possono contrarre la cellula e quindi regolare il diametro del capillare. La membrana basale è una struttura particolare che si trova la cellula endoteliale e quella epiteliale: è formata da tre strati:

1. lamina densa: formata da collagene di tipo IV (trimero formato da catene alfa-elicoidali per l’assemblamento dei filamenti %1-%2, %3-%4 e %5-%6)

2. lamina rara interna: formata da proteoglicani

(eparansolfato, mucopolisaccaridi) e glicoproteine (fibronectina, laminina) che ne determinano la carica negativa

3. lamina rara esterna: formata da proteoglicani e glicoproteine che ne determinano la carica

negativa Ha un determinato spessore (importante perché in alcune patologie è alterato) di 2400-3400 Angstrom; ha una carica negativa e presenta della fenestrazioni sul versante endoteliale di 700-900 Angstrom e pori (slits pore) sul versante epiteliale di 200-400 Angstrom. Le sostanze dall’interno del capillare attraversano queste strutture che si comportano un po’ come un gel, lasciando passare sostanze in base alla dimensione, in base alla carica e in base alla configurazione molecolare (ci sono molecole che riescono a srotolarsi e a passare, mentre altre restano compatte e non riescono a passare).

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CLASSIFICAZIONE Le nefropatie glomerulari possono essere classificate:

! per eziologia, quindi in base alla causa che le ha determinate ! in base alla patogenesi, il meccanismo con cui le lesioni si sono instaurate ! in base alla clinica, che è ciò che il medico vede sul malato

CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA In base alla causa che ha determinato queste nefropatie, distinguiamo:

! forme primitive: colpiscono primitivamente il rene. Possono essere a eziologia nota (batteri, virus, protozoi) o idiopatiche, cioè di causa sconosciuta

! forme secondarie: la causa è una malattia sistemica che determina la patologia in molti organi, tra cui anche il rene (LES, diabete, amiloidosi, etc)

! forme ereditarie o congenite Le nefropatie glomerulari primitive sono:

! Glomerulonefrite Proliferativa Diffusa ! Glomerulonefrite a depositi di IgA ! Glomerulonefrite a Lesioni Minime ! Glomerulosclerosi Segmentaria e Focale ! Glomerulonefrite Membranosa ! Glomerulonefrite Membranoproliferativa ! Glomerulonefrite Rapidamente Evolutiva

Le forme secondarie si possono verificare in corso di:

! Lupus Nefrite ! Nefropatia Diabetica ! Nefropatia Crioglobulinemica ! Nefropatia Amiloidea ! Mieloma Multiplo ! Malattia di Schönlein-Henoch ! Nefropatia Gravidica

Le nefropatie ereditarie comprendono:

! Sindrome di Alport ! Rene Policistico ! Nefropatia a membrane sottili ! Sindrome nefrosica congenita (tipo finnico) ! Sclerosi mesangiale ! Nail-patella syndrome (osteo-onicodisplasia) ! Malattia di Fabry ! Deficit di lecitin-colesterol-acetil-transferasi (LCAT) ! Glomerulopatia da lipoproteine

CLASSIFICAZIONE PATOGENETICA Dal punto di vista del meccanismo con cui si formano queste lesioni nel rene, si distinguono (a parte le forme ereditarie che sono a sé):

! Forme immunologiche ! Forme non immunologiche

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Le forme immunologiche possono essere: ! da immunocomplessi ! da anticorpi anti-membrana basale glomerulare ! da ipersensibilità cellulo-mediata

Le forme non immunologiche derivano da:

! nefropatia diabetica ! nefropatia amiloidea ! nefropatia gravidica

Gli immunocomplessi sono l’insieme di antigene e anticorpo: gli antigeni di interesse nefrologico possono essere esogeni, come antigeni infettivi, iatrogeni (medico crea la problematica tramite somministrazione di un farmaco che da una reazione allergica) e allergeni, oppure endogeni (antigeni nucleari, citoplasmatici, tireoglobulina, etc). Gli immunocomplessi si possono formare in due modi: se si formano nel torrente sanguigno sono detti immunocomplessi circolanti e si vanno a localizzare nel rene a livello sottoendoteliale, sottoepiteliale e mesangiale (ma anche sulla membrana basale), mentre se gli anticorpi circolanti reagiscono con gli antigeni glomerulari delle cellule residenti nel glomerulo si parla di immunocomplessi in situ (alcune parti delle varie cellule del glomerulo assumono un aspetto antigenico per qualche motivo, o per loro stesse o perché sono danneggiate in qualche modo o perché un microbo si è localizzato in quelle strutture e attiva la formazione di immunocomplessi in situ). Gli immunocomplessi si legano al complemento e normalmente si legano ai recettori per il C3b presente sugli eritrociti e in questo modo vengono degradati nella milza o nel fegato: se invece gli immunocomplessi circolanti persistono nel torrente ematico o la degradazione è compromessa (epatopatie), possono determinare un danno al rene legandosi ai recettori Fc presenti sulle cellule mesangiali oppure depositandosi passivamente nel mesangio o sotto l’endotelio, l’epitelio o sulla membrana basale. La deposizione di immunocomplessi è favorita da determinate caratteristiche fisiche dei complessi:

! volume ! carica ! peso molecolare ! composizione ! tipo di anticorpo

E’ favorita anche da fattori sistemici, quali. ! flusso ematico renale ! attività del sistema fagocitico-monocitario (se i macrofagi agiscono bene o no) ! saturabilità dei meccanismi di rimozione degli immunocomplessi se la loro produzione è

continua ! funzione del recettore per C3b sugli eritrociti

Perciò, molti meccanismi contribuiscono alla formazione della patologia renale. Molto dipende anche dal tipo e dalle caratteristiche degli immunocomplessi che si formano nell’individuo: gli immunocomplessi di classi I sono di piccole dimensioni perché sono in eccesso di antigene, quelli di classe II si formano in parità di numero tra antigene e anticorpo e sono anche loro piccoli e solubili, a differenza degli immunocomplessi di classe III che si formano in eccesso di

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anticorpo che sono molto grandi e quindi di solito non danno problemi renali poiché non possono attraversare la parete capillare glomerulare e sono facilmente fagocitati dal sistema reticolo-endoteliale & quelli che danno problemi sono gli immunocomplessi di classe I e di classe II Esempi di glomerulonefriti a immunocomplessi circolanti: N.B.: gli antigeni neoplastici sono molto importanti, perché la nefropatia può essere espressione di qualcosa che c’è sotto Gli immunocomplessi vanno a localizzarsi nel mesangio, sotto le cellule endoteliali e sotto le cellule epiteliali, nonché nella membrana basale (non indicato nel disegno). Gli immunocomplessi in situ sono dovuti al legame di anticorpi con antigeni presenti già in situ, che si trovano già situati sulle varie strutture del rene (intrinseci o non glomerulari localizzati però nel glomerulo, come alcuni virus o allergeni). Fattori che favoriscono la formazione di immunocomplessi in situ sono:

! il mesangio ha una grande capacità attrattiva verso questi anticorpi, per cui si depositano sulle sue strutture

! per affinità di carica: alcuni elementi modificano la carica e attraggono queste strutture (maggiore affinità degli antigeni carichi positivamente su strutture cariche negativamente)

! azione immunologica crociata tra antigeni e componenti dei capillari glomerulari ! passaggio transcapillare per alterata distribuzione delle cariche elettriche delle molecole

potenzialmente antigeniche che si localizzano in sede sottoepiteliale Questi anticorpi possono facilmente attraversare le strutture e collocarsi dove è situato l’antigene, aderire e dare una lesione.

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Questi complessi possono essere dosati nel sangue e possono essere visti alla biopsia renale con tecniche di immunofluorescenza (si vede il deposito granulare nella parete del capillare glomerulare).

L’altro meccanismo immunologico è quello della formazione di anticorpi contro la membrana basale del glomerulo: la membrana basale stessa diventa un antigene e quindi si sviluppano anticorpi diretti contro di lei. È una forma rara (3-5% delle glomerulonefriti). Di solito è una componente della membrana basale che si altera in qualche modo, una glicoproteina non collagena presente sul versante interno della membrana basale (anche in polmoni, placenta e plesso corioideo) e distribuita lungo tutta la membrana. Il depositarsi di questi anticorpi è molto diverso rispetto al precedente: è a “fumo di sigaretta”, è lineare e non granulare o simil lineare. L’anticorpo di solito è IgG o IgA.

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Una volta che gli immunocomplessi o gli anticorpi anti-membrana basale si sono adesi alla parete capillare del glomerulo inducono un danno tramite attivazione del sistema del complemento, attivazione della cascata coagulativa e liberazione dei radicali dell’ossigeno (componente infiammatoria, che prevale nelle forme nefritiche, e componente degenerativa, che prevale nelle forme nefrosiche). 1. attivazione del sistema del complemento Nelle nefropatie può attivarsi tramite tutte e tre le vie:

C3a e C5a aumentano la permeabilità de capillari glomerulari esercitando un’azione chemiotattica sui polimorfonucleati. C3b aumenta l’aderenza dei polimorfonucleati alla membrana basale. I neutrofili, richiamati dall’azione chemiotattica di C5a, liberano gli enzimi lisosomiali che sono in grado di alterare la permeabilità della membrana. L’esito finale è la distruzione della cellula tramite frammenti di C5b-9 che si depositano a livello delle cellulle epiteliali, provocando sia un aumento della permeabilità del glomerulo alle proteine del sangue per alterata distribuzione delle cariche anioniche nelle cellule epiteliali, sia una liberazione delle prostaglandine (prostaciclina) con azione vasodilatante. 2. attivazione della cascata della coagulazione Prevede la deposizione di fibrinogeno e fibrina, il richiamo dei macrofagi e l’attivazione delle piastrine (con rilascio dei fattori di attivazione piastrinica) e quindi la coagulazione e la distruzione poi del glomerulo. Cascata ! attraverso il fattore XII (fattore di Hagenam) attivato dagli immunocomplessi si verifica la deposizione di Fibrinogeno, di Fibrina e dei suoi prodotti di degradazione nei capillari glomerulari; si ha quindi una reazione macrofagica locale con successiva sostituzione di materaliale ialino; i polimorfonucleati attivano il PAF (fattore attivante le piastrine) e il PDGF (fattore di crescita, prodotto dalle piatrine). Questo comporta la DISTRUZIONE DEL GLOMERULO con successiva attivazione intraglomerulare della cascata coagulativa (circolo vizioso). Queste strutture così attaccate difficilmente riusciranno a far regredire il danno, specie quando c’è liberazione dei radicali liberi dell’ossigeno. 3. radicali liberi dell’ossigeno Danno ossidazione di tutto il parenchima. I principali sono: anione superossido O2-, idrossile OH-, diossido di azoto NO2, ossido nitrico NO-,

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idrogeno H-, ossigeno O+, ossigeno singoletto O2+, ecc. Sono sostanze tossiche liberate dalle cellule del sangue, polimorfonucleati e monociti oppure dalle cellule del glomerulo stesso Tali radicali provocano un danno ossidativo a livello delle strutture glomerulari attraverso il sistema mieloperossidasi-aldeidi dell’acqua ossigenata Essi agiscono in via diretta o attraverso la attivazione di proteasi. L’ultimo meccanismo immunologico non è legato alla componente umorale, ma all’attivazione dell’immunità cellulo-mediata, quindi dei linfociti T. I linfociti T, attivandosi per vari motivi ancora sconosciuti, producono fattori di permeabilità (linfochine) che creano lesioni sulle cellule che compongono la membrana di filtrazione: inoltre, la cellula T sensibilizzata è in grado di reclutare macrofagi. Si ha ridistribuzione dei siti anionici glomerulari e perdita dell’elettronegatività di membrana: a volte i CD8 possono indurre la formazione di crescent. Nella nefropatia a lesioni minime, ad esempio, l’alterazione è legata alla lesione sui pedicelli, che perdono la loro capacità di fare da selezione e filtro alle sostanze (per esempio, l’albumina passa in grande quantità). CLASSIFICAZIONE CLINICA Le modalità di presentazione di una nefropatia possono essere:

! sindrome nefritica ! sindrome nefrosica ! sindrome nefritica a rapida evoluzione (distruzione completa del rene in pochi mesi) ! reperti urinari isolati e minimi, come microematuria (molte nefropatie non hanno una

clinica conclamata) ! sindrome glomerulare cronica (nausea e astenia)

La presentazione clinica è variabile e importante. Molte nefropatie diverse possono avere gli stessi sintomi clinici: non è detto che la membranoproliferativa sia sempre una sindrome nefrosica, potrebbe presentarsi con sindrome nefritica. Quindi, patologie diverse possono avere la stessa sintomatologia oppure la stessa patologia può avere sintomatologie diverse. DIAGNOSI Si fa in base alla presentazione della nefropatia, in base ai segni di laboratorio (le analisi genetiche

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permettono di escludere forme ereditarie e congenite, come Alport e rene policistico) e in base alla biopsia renale. Segni laboratoristici:

! Reperti urinari specifici (proteinuria, ematuria, cilindruria) ! Riduzione del C3-C4 ! Riduzione della funzione renale ! Riduzione dell’escrezione del sodio ! Test immunologici ! Test coagulativi

Per avere la diagnosi finale certa, in molti casi è necessaria la biopsia renale (microscopia ottica, elettronica, immunofluorescenza, isto-immunologica, biologia molecolare). Le lesioni renali riscontrabili alla biopsia possono essere:

! diffuse: estere a tutti i glomeruli ! focali: riguardano solo alcuni glomeruli ! globali: riguardano tutto il glomerulo ! segmentarie: riguardano solo parte del glomerulo

I depositi si possono trovare sul glomerulo, ma anche nei tubuli, nei vasi e nell’interstizio, e a seconda della localizzazione si distinguono diverse nefropatie. ! Glomerulari. i depositi possono essere localizzati: - sulla e/o nella parete capillare - nel mesangio - sulla capsula di Bowman o nello spazio capsulare I depositi possono essere: - di tipo granulare (fini o grossolani) - di tipo lineare I depositi di fibrinogeno nello spazio capsulare si osservano abitualmente in presenza di semilune Tubulari ! di tipo granulare o lineare Vascolari ! Sulla parete delle arterie e delle arteriole Interstiziali ! plasmacellule produttrici di immunoglobuline Alla microscopia elettronica si ha la conferma delle patologie sulla membrana basale e sui depositi La biopsia non si può fare sempre, ci sono controindicazioni:

! diatesi emorragica ! rene unico ! neoplasie ! rene policistico ! uremia terminale ! ipertensione grave (possibile insorgenza di ematomi) ! paziente non collaborativo

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20/12/2011 SINDROME NEFRITICA Altra modalità di presentazione della patologia renale, oltre alla sindrome nefrosica. Sindrome indotta da malattie glomerulari, può avere un andamento acuto (come nella sua forma classica) oppure insidioso (segni sono più sfumati), caratterizzata da ematuria, proteinuria, insufficienza renale, ipertensione arteriosa e edema. La sindrome nefritica è più caratterizzata da un evento infiammatorio e quindi ematuria (sintomo principale), diversamente da quella nefrosica in cui prevale la proteinuria. FISIOPATOLOGIA La lesione glomerulare è responsabile dell’ematuria e di una riduzione della filtrazione glomerulare, che può essere moderata, ma in alcuni casi anche severa, con un quadro di insufficienza renale acuta: si ha perciò una ritenzione nel sangue di sostanze patologicamente trattenute, prevalentemente le azotate (creatinina, acido urico, azoto ureico). Essendoci diminuzione della funzione renale c’è anche oliguria: questo comporta che si ha una riduzione del carico di sodio portato alla macula densa, con riduzione dell’escrezione del sodio e conseguente ritenzione, con aumento del volume plasmatico e del volume extracellulare che si traduce nella presenza dell’edema nefritico (diverso da quello nefrosico) e dell’aumento della pressione arteriosa e, a volte, scompenso cardiocircolatorio. QUADRO CLINICO Sintomi clinici:

! macroematuria: sempre presente nelle fasi iniziali della patologia ! oliguria ! edema ! ipertensione: dipendente da accumulo di sodio e acqua, ma anche da un meccanismo

reninico ! sovraccarico circolatorio

Segni laboratoristici:

! ematuria (può essere micro/macroscopica, dopo le fasi iniziale si attenua e diventa micro)

! proteinuria (<3g/die, sempre nel range non nefrosico)

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! cilindri ematici urinari (caratteristici della forma nefritica) ! riduzione del filtrato glomerulare ($ clearance della creatinina)

Caratteristici di questa sindrome sono in ogni caso ematuria, ipertensione arteriosa e la riduzione della funzione renale, diversamente dalla sindrome nefrosica in cui la pressione arteriosa spesso è normale o diminuita, l’edema è diverso e a volte non c’è alterazione della funzione renale. Le singole patologie (glomerulonefriti primitive) che si esprimono con questa sindrome sono:

! glomerulonefrite post-infettiva ! nefropatia da depositi di IgA ! glomerulonefrite rapidamente progressiva ! glomerulonefrite membranoproliferativa

GLOMERULONEFRITE POST INFETTIVA (o post streptococcica) È una nefropatia acuta con caratteristiche peculiari: insorge dopo un breve periodo di latenza di circa due o tre settimane da un episodio infettivo a carico delle prime vie aeree o della cute, dovuto generalmente a Streptococco '-emolitico di gruppo A. È una patologia non più molto frequente, poiché oggi la terapia antibiotica blocca l’infezione da streptococco e l’antigene legato non rimane in circolo e non si sviluppa la nefropatia. Questa nefropatia è molto più frequente nei paesi in via di sviluppo. Colpisce prevalentemente bambini (picco tra i 6 e i 7 anni) e nei maschi (M/F 2:1), ma può verificarsi anche nell’età adulta, oltre i 50 anni (raro). Può essere sporadica o presentarsi come forma epidemica legata all’infezione da streptococco. EZIOLOGIA L’eziologia è BATTERICA, la causa è sempre lo streptococco. Fra diversi sierotipi, esistono differenze per quanto attiene la possibilità di associarsi con la nefrite e ciò dipende anche dal sito di infezione:

• faringo-tonsilliti tipo M 12,4,1,3,25,49 • infezioni cutanee (piodermite, erisipela) tipo M 49,55,2,57,60

Altri agenti infettivi, più raramente: Stafilococco, pneumococco, meningococco, gonococco, etc. PATOGENESI Il meccanismo con cui si attua questa patologia è legato al fatto che il batterio ha dei frammenti nefritogeni che sono diversi a seconda del tipo di streptococco, parti che fungono da antigeni contro cui si sviluppano anticorpi e si forma una patologia da immunocomplessi (classica nefropatia da immunocomplessi). La patologia è perciò dovuta alla presenza di immunocomplessi circolanti con queste frazioni nefritogene dei batteri:

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! proteina M ! endostreptolisina (antigene citoplasmatico) ! esotossina B (proteinasi streptococcica)

Può anche essere legata alla formazione di immunocomplessi in situ, poiché questi frammenti possono andare a fissarsi in alcune parti del glomerulo e attivare la risposta infiammatoria: tutte le volte che si verifica questo processo infiammatorio, si attiva il complemento e c’è richiamo di cellule infiammatorie. QUADRO CLINICO C’è un periodo di latenza tra l’infezione streptococcica e la comparsa dei sintomi che è di circa 7-10 giorni e può raggiungere le 3 settimane (dopo infezione cutanea). Il quadro clinico è quello della sindrome nefritica acuta: inizia con una macroematuria che dura qualche giorno, le urine sono caratteristiche, di un rosso scuro, ci può essere edema pallido periorbitale, perimalleolare, nelle mani, può essere modesto e localizzato solo in queste zone declivi (edema al volto al mattino, perimalleolare la sera); c’è ipertensione. L’edema e l’ipertensione in una persona di una certa età, possono causare un quadro di scompenso cardiocircolatorio; nei bambini, l’aumento della pressione e di volume coinvolge il cervello, con edema cerebrale e conseguenti convulsioni. QUADRO LABORATORISTICO Esame delle urine:

! Ematuria sia macro che microscopica ! Proteinuria in range non nefrosico < 3 gr/24 h ! Sedimento urinario ricco di cilindri ematici granulari (sono dovuti all’agglomerarsi nel

tubulo di globuli rossi o frammenti sopra una matrice proteica, formando uno stampo) Esami sierologici:

! Incremento della creatininemia (lieve ( FG) ! Incremento dell’azotemia ! Ipocomplementemia (C3, C1q, C4, C2) ! Presenza di immunocomplessi circolanti ! Presenza di crioglobuline tipo IgG/IgM (complicano molto il quadro) ! Streptozyme test positività (Ags streptococ.)

Tampone faringeo/cutaneo:

! Possono essere positivi in un quarto dei pazienti (quando insorge la nefropatia, i pazienti possono già risultare negativi)

Microscopia ottica: Glomerulonefrite proliferativa diffusa ! a livello morfologico, la lesione principale è una proliferazione diffusa, soprattutto delle cellule endoteliali e mesangiali, inoltre si trovano infiltrati infiammatori (PMN), per cui i glomeruli sono aumentati di volume. Si possono anche trovare depositi a forte ingrandimento (humps), che sono agglomerati di immunocomplessi al di sotto dei pedicelli: nei casi severi si può avere la necrosi di parte del glomerulo o la presenza delle

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semilune (o crescent), che rappresentano un dato infausto per la prognosi. Alcune volte c’è un’alterazione dell’interstizio e dei tubuli (edema), anch’esso segno infausto. Nel glomerulo normale si depositano gli immunocomplessi: il quadro infiammatorio determina un aumento di volume, non solo del glomerulo, ma anche dei reni (si vede anche all’ecografia), perché c’è un aumento della cellularità. Nel glomerulo normale, le cellule sono poche e i capillari sono pervi, mentre nella glomerulonefrite, oltre alla spiccata cellularità di cellule endoteliali e mesangiali, si notano anche molti granulociti neutrofili: inoltre, il lume dei capillari è strozzato dall’ipercellularità e il sangue non riesce a passare facilmente. Si vede anche un cilindro ematico all’interno di un tubulo. La biopsia viene guardata anche all’immunofluorescenza: si testano sostanze, come il complemento o le immunoglobuline per trovare i complessi depositati. L’immunofluorescenza può mostrare tre aspetti:

1. L’aspetto a “cielo stellato” caratterizzato da una distribuzione finemente granulare di IgG e/o C3 nella parete dei capillari e nel mesangio, depositi sparsi sia sull’endotelio che sul mesangio

2. L’aspetto a “ghirlanda” caratterizzato da numerosi depositi di grosse dimensioni di IgG e C3 localizzati in sede periferica dando l’aspetto lobulare della matassa glomerulare, sono come festoni che compaiono sulle membrane basali

3. L’aspetto “mesangiale” caratterizzato da depositi di IgG e C3 nella parete assiale del glomerulo, i depositi sono solo nel mesangio.

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Le ultime due opzioni sono le due più sfavorevoli.

Alla microscopia elettronica, troviamo blocchi di immunocomplessi depositati sotto l’epitelio, sotto i pedicelli delle cellule epiteliali (humps), con membrane basali generalmente normali. Possono essere presenti anche depositi subendoteliali e mesangiali. PROGNOSI E TERAPIA Il decorso è abbastanza favorevole: di solito, se il focus infettivo si esaurisce e quindi non vengono più prodotti gli anticorpi, la patologia si risolve, ma a volte vira verso la forma nefrosica e allora peggiora. Nel bambino guarisce quasi sempre (90%), nell’anziano invece può persistere e virare verso la forma nefrosica con ipertensione e insufficienza renale anche grave. La presenza della sindrome nefrosica, dell’ipertensione, dell’insufficienza renale e dei segni morfologici (necrosi e crescent) sono condizioni che determinano prognosi sfavorevole. Dal punto di vista terapeutico, la cosa più importante da fare è eradicare l’infezione, quindi la terapia antibiotica mirata: si fa tampone per vedere qual è l’antibiotico più sensibile (le penicilline ad ampio spettro di solito funzionano). La terapia sintomatica della glomerulonefrite comprende riduzione dell’apporto di sale, controlli della pressione arteriosa e una dieta ipoproteica: nel caso non vi fosse remissione spontanea, viene effettuata anche una terapia con antinfiammatori steroidei. Questi soggetti vanno seguiti, perché potrebbero persistere microematuria e la presenza di immunocomplessi: in questo caso, è più facile che evolvano verso forme croniche. NEFROPATIA DA IgA (DI BERGER) Nefropatia caratterizzata da episodi ricorrenti di macroematuria alternata a microematuria, associata o meno a proteinuria, e da depositi mesangiali di IgA a livello glomerulare: a differenza della precedente nefropatia, in cui i pazienti presentavano macroematuria a distanza di qualche settimana dall’episodio infettivo che si manteneva per alcuni giorni e poi residuava in microematuria, in questa forma gli episodi di ematuria sono ricorrenti, durano una giornata, sempre in corrispondenza di un episodio infettivo delle vie aeree superiori (si presenta macroematuria e negli intervalli tra un episodio infettivo e l’altro persiste microematuria). È la più comune nefropatia glomerulare in Italia: colpisce tutte le fasce d’età, ma è più frequente nella II-III decade e nei maschi. Le più colpite sono le razze caucasica e asiatica (differenze genetiche sono in parte responsabili della diversa prevalenza della malattia nelle varie aree geografiche). EZIOLOGIA L’eziologia è sconosciuta. La causa è diretta, poiché di solito è in concomitanza con l’episodio infettivo. Ci sono forme sporadiche e forme familiari (localizzate in alcune zone), che rappresentano circa il 10% del totale e sono state recentemente correlate al locus genico 6q22-23.

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Il rischio di sviluppare una forma progressiva della malattia (circa nel 30-50% dei pazienti) è influenzato da diversi fattori, tra cui alcuni geneticamente determinati (alcuni polimorfismi genetici: TNF%, ApoE, neuropeptide YY1 e la sintetasi endoteliale dell’ossido nitrico). La causa non è nota, ma si sa che ci sono implicazioni genetiche. PATOGENESI È dovuta al fatto che c’è uno squilibrio tra la produzione di immunoglobuline IgA prodotte dalle mucose e dal midollo: le IgA delle mucose (IgA1 e IgA2p) sono polimeriche e vengono secrete a difesa delle mucose del tratto gastroenterico e respiratorio in risposta a stimolo antigenico, mentre le IgA del midollo (IgAm) sono monomeriche e vengono secrete dalle plasmacellule midollari, linfonodi e milza a significato incerto, rimosse dal fegato. I possibili meccanismi patogenetici sono tre:

1. il midollo comincia a produrre IgA polimeriche (1) in grande quantità, mentre la produzione di IgA2p da parte delle mucose è ridotta

2. le IgA polimeriche prodotte dalle mucose non sono sufficientemente degradate (alterata

glicosilazione epatica di IgA1 polimeriche e ridotta clearance epatica)

3. IgA1 permangono nel circolo a lungo e finiscono con il depositarsi nel mesangio La diagnosi oggi si fa con l’immunofluorescenza, oltre che con l’aspetto morfologico: la biopsia è quasi sempre necessaria, poiché i reperto clinico non sempre è determinante (macroematuria può sfuggire e si trova solo microematuria). Patologie associate alla deposizione glomerulare di IgA: PRIMITIVE

! Nefropatia da IgA di Berger SECONDARIE (patologie sistemiche in cui è coinvolto anche il rene)

! Porpora di Schönlein-Henoch ! Patologie epatiche: cirrosi, epatite B, schistosomiasi ! Patologie intestinali: malattia celiaca, morbo di Crohn, RCU ! Patologie cutanee: dermatite erpetiforme, psoriasi ! Patologie polmonari: sarcoidosi, emosiderosi polmonare idiopatica, fibrosi cistica,

bronchiolite obliterante ! Neoplasie: carcinoma polmonare, laringeo, pancreatico ! Infezioni: HIV, brucellosi ! Patologie sistemiche autoimmuni: LES, artrite reumatoide, artrite psoriasica,

crioglobulinemia, sindrome di Sjögren, sindrome di Behcet, sindrome di Reiter, sindrome di Goodpasture, spondilite anchilosante

QUADRO CLINICO Caratterizzato da episodi di macroematuria in corrispondenza dell’episodio infettivo (di solito virale delle prime vie respiratorie): dopo la macroematuria, persiste una microematuria negli intervalli. La proteinuria è rara senza l’ematuria, non è nel range nefrosico, quindi è modesta (solo in una piccola percentuale di casi c’è espressione di sindrome nefrosica, meno del 5%, ma è molto raro). Non si arriva quasi mai all’insufficienza renale acuta (diversamente dalla forma post streptococcica): il quadro è sfumato, non acuto, l’evoluzione è molto rara, tanto che il 30% dei casi

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arriva all’insufficienza renale in 20 anni, soprattutto nei soggetti di età avanzata (essendo una patologia della II-III decade, significa che sviluppano insufficienza renale a quarant’anni, quindi è una patologia che non va sottovalutata anche se ci mette molto a evolvere). QUADRO LABORATORISTICO Elevati livelli sierici di IgA: fattore clinicamente valutabile (se si trovano le IgA elevate in un contesto di alterazioni urinarie, il sospetto è forte). Sono presenti nel 30-50% dei pazienti, in media persistono elevati nel corso della malattia. Immunocomplessi circolanti: elevati livelli di IgA1-IgM e IgA1-IgG, i livelli sierici di C3 e C4 sono nella norma, poiché di solito il complemento non ci consuma molto nel siero, quindi lo si trova (diversamente dalla post streptococcica). Proteinuria: può essere lieve, moderata o grave, a seconda dell’entità del danno renale Esame urine: nel sedimento si trovano eritrociti, qualche leucocita e cilindri eritrocitari segno di danno glomerulare. L’immunofluorescenza è caratteristica: la biopsia con depositi di IgA nel mesangio è diagnostica (depositi di C3 a volte associati a IgM e IgG). Alla microscopia ottica si vede una proliferazione mesangiale che può essere focale e segmentale oppure anche diffusa: a differenza della precedente in cui i glomeruli erano ripieni di cellule, qui si nota solo l’espansione della matrice mesangiale e una proliferazione delle cellule mesangiali. A volte si vedono anche semilune (proliferazione delle cellule epiteliali), segno negativo. L’intima di arterie e arteriole può presentarsi ipertrofica per depositi ialini: nelle forme più severe e avanzate, si notano lesioni tubulo-interstiziali. Alla microscopia elettronica, si vedono depositi (di IgA) elettrondensi mesangiali e paramesangiali: depositi parietali subendoteliali, intramembranosi e subepiteliali sono segno di una prognosi più severa. Nel 40% dei casi, si può avere mesangiolisi. La membrana basale glomerulare può presentare alterazioni quali assottigliamento, slaminamento, reduplicazione, più frequentemente nei bambini. PROGNOSI E TERAPIA La malattia è di solito cronica, pochi guariscono spontaneamente (10%): molti si trascinano la nefropatia per molti anni e magari muoiono per altre cause, mentre altri arrivano all’insufficienza renale, ma occorrono molti anni. Circa il 25-30% richiede un trattamento sostitutivo entro 20-25 anni dall’esordio. Può recidivare dopo il trapianto (50%). Gli episodi di ematuria macroscopica diventano meno frequenti dopo la diagnosi; in generale la progressione è lenta. La terapia a disposizione non è molta: si usano ACE inibitori in caso di proteinuria, steroidi e qualche immunosoppressore: non essendo nota la causa, non si ha un target per la terapia.

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GLOMERULONEFRITE RAPIDAMENTE PROGRESSIVA Sindrome clinica caratterizzata da una rapida perdita della funzione renale, spesso accompagnata da oliguria o anuria, associata a quadro istopatologico renale caratterizzato da formazione di semilune glomerulari (crescents: importante!!!) per accumulo di materiale fibrinoide e cellule infiammatorie. In pochi mesi, il paziente può arrivare all’insufficienza renale. Le patologie che possono causare glomerulonefrite rapidamente progressiva sono suddivise in 3 gruppi: 1. Malattia da anticorpi anti-membrana basale glomerulare

! Sindrome di Goodpasture 2. Malattia da immunocomplessi:

! Glomerulonefrite post-infettiva ! Glomerulonefrite di Berger (depositi di IgA) ! Glomerulonefrite membranoproliferativa ! LES ! Crioglobulinemia ! Sindrome di Schonlein Henoch ! Reazione a farmaci

3. Malattia da anticorpi ANCA:

! Vasculiti ANCA-associate PATOGENESI Vi sono fattori scatenanti: contatto con batteri, solventi organici, qualcosa che crea un danno o un’irritazione nell’organismo, che risponde con il richiamo dei PMN all’interno del glomerulo. Le cellule infiammatorie rompono la membrana basale del capillare, con fuoriuscita di fibrinogeno e fibrina all’interno dello spazio della capsula di Bowmann, che irrita talmente le cellule dell’epitelio capsulare da indurne la proliferazione ! semilune o crescent Queste semilune spaccano la capsula di Bowmann e inizia un processo sclerotico per cui si ha la distruzione del glomerulo, che viene schiacciato dal proliferare delle cellule.

Primitive Secondarie

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GLOMERULONEFRITE DA ANTICORPI ANTI-MEMBRANA BASALE Forme autoimmuni che di solito coinvolgono anche il polmone (70% dei casi). Il quadro clinico è quello della sindrome di Goodpasture, con annessa alveolite emorragica: rapida insorgenza di sindrome nefritica acuta con oliguria e anuria con un rischio elevato di progressione verso l’insufficienza renale terminale. Raramente può presentarsi con un esordio insidioso, che rimane asintomatico fino allo sviluppo di sintomi uremici ed elevata ritenzione di liquidi. L’insorgenza della malattia può essere associata a mialgie, artralgie, febbre e dolore addominale. Rappresenta il 10-20% di tutte le glomerulonefriti rapidamente evolutive e presenta due picchi di incidenza nella II e III decade e VI e VII decade. Colpisce entrambi i sessi (II e III decade > M, VI e VII decade> F) È stata riscontrata una predisposizione genetica si associa all’aplotipo HLA-DR4, DR15: altri fattori di rischio sono l’esposizione in ambiente lavorativo a idrocarburi, infezioni delle alte vie respiratorie, fumo. Il quadro laboratoristico è caratterizzato da anticorpi circolanti diretti contro la membrana basale glomerulare (diretti contro il dominio non collagenosico della catena %3 del collagene di tipo IV, appartengono di solito alla sottoclasse delle IgG1) e incremento della creatininemia, mentre nelle urine si trova il classico quadro della sindrome nefritica. Alla microscopia ottica si vedono le crescent (95% dei casi) che strozzano il 50% dei glomeruli: se sono recenti e proliferanti, si può intervenire con una terapia. Nelle fasi tardive, si ha riorganizzazione delle semilune che avvolgono i glomeruli (semilume fibrotiche), con necrosi fibrinoide, estese aree di infiltrati tubulo-interstiziali e cilindri ematici nei tubuli. Sulla membrana basale c’è un deposito lineare, poiché è diventata antigene (immunofluorescenza).

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Alla microscopia elettronica si vedono: ! Collasso delle anse capillari glomerulari ! Proliferazione cellulare ! Allargamento lamina rara interna e rigonfiamento endoteliale ! Frammentazione della MB ! Presenza di fibrina ! Cellule infiammatorie e fibroblasti nella capsula ! Matrice tipo MB o contenente collagene

GLOMERULONEFRITE DA IMMUNOCOMPLESSI Rappresenta circa il 20-30% delle glomerulonefriti rapidamente progressive. Comprende diverse forme primitive glomerulari o secondarie a malattie immunologiche sistemiche:

! Glomerulonefrite post-infettiva ! Glomerulonefrite IgA (di Berger) ! Glomerulonefrite membranoproliferativa ! LES ! Crioglobulinemia mista essenziale ! Sindrome di Schonlein Henoch ! Reazione a farmaci

Sono patologie in cui vira il quadro da relativamente benigno verso la comparsa di semilune e crescent che bloccano la matassa. Immunofluorescenza: depositi granulari mesangiali e parietali di IgG-IgM e C3 e positività fibrinogeno e fibrina. Microscopia elettronica: depositi elettrondensi in sede mesangiale e sottoendoteliale. DECORSO CLINICO E TERAPIA (DELLA GLOMERULONEFRITE RAPIDAMENTE PROGRESSIVA) È rapidamente evolutivo, se non si interviene subito con la terapia il paziente va incontro a insufficienza renale terminale con glomeruli in sclerosi completa. Presenza di crioglobuline e immunocomplessi nel siero, anemia emolitica microangiopatica, piastrinopenia ! vanno aggrediti subito con cortisone e plasmaferesi per rimuovere gli immunocomplessi e bloccare il processo autoimmune. A volte si arriva in tempo e la sindrome regredisce un po’, ma nella maggior parte dei casi non si fa in tempo. Fattori prognostici sfavorevoli:

! presenza di semilune con aspetto a circonferenza ! infiltrati tubulo-interstiziali con atrofia tubulare ! estesa fibrosi glomerulare e sclerosi delle semilune ! Presenza di oligo-anuria

Nel trattamento della glomerulonefrite rapidamente progressiva è necessario prendere in considerazione due fasi:

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! la fase della terapia dell’induzione della remissione clinica ! la fase della terapia di mantenimento della remissione stessa

Nella fase acuta l’obiettivo è rivolto a limitare il danno renale, controllare l’aggressione immunologica, sopprimere la reazione infiammatoria acuta (boli di steroidi, Plasmaferesi, agenti citotossici immunosoppressori: Ciclofosfamide, Azatioprina, Ciclosporina). Nella fase di mantenimento si deve minimizzare il dosaggio dei farmaci per mantenere la malattia in fase quiescente.

10/01/2012 NEFROPATIE GLOMERULARI SECONDARIE Sono affezioni renali conseguenti a malattie sistemiche o che interessano primitivamente altri organi: l’interessamento glomerulare è un parte, più o meno importante della malattia principale. In alcuni casi la nefropatia può essere il primo sintomo che svela la malattia principale (30-40%), in altri casi può essere la manifestazione terminale della malattia. Molte malattie sistemiche mostrano coinvolgimento renale:

! Malattie Sistemiche: LES, porpora di Schonlein-Henoch, S. di Goodpasture, vasculiti necrotizzanti, altre

! Disprotidemie e Paraproteinemie: Crioglobulinemia, mieloma, Waldestrom, gammopatia monoclonale, amiloidosi, altre

! Malattie Infettive: Endocardite, shunt ventricolo-atriale, sepsi viscerali, infezioni virali (HBV, HIV), altre

! Malattie Epatiche: Epatiti acute e croniche ! Neoplasie: Tumori dell’apparato respiratorio e dell’apparato digerente, Linfomi,

Leucemie ! Malattie Ereditarie e Metaboliche: Diabete mellito, S. di Alport, Lipodistrofia

parziale, altre ! Farmaci: medicamenti, vaccini, allergeni

LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO (LES) Malattia sistemica ad eziologia sconosciuta, caratterizzata da lesioni cellulari e tessutali provocate dalla deposizione di autoanticorpi e di immunocomplessi patogeni. A differenza di altre nefropatie che sono tutte a prevalenza maschile, queste è più frequente nelle donne, sin dall’infanzia:

2 / 1 nei bambini 4-5 / 1 adolescenti 8-12 / 1 adulti 2 / 1 età > 60 anni

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La patologia è 10 volte più frequente nelle popolazioni afro-americane e asiatiche. Non si tratta di una malattia rara: l’incidenza è di 7,3 affetti ogni 100.000 abitanti. La nefrite ludica si evidenza nel 35-70% degli affetti da LES, ma se si esegue la biopsia renale, le lesioni sono presenti nel 90% dei casi. In Italia, è al 4° posto tra le nefropatie ed è la più frequente delle secondarie. EZIOLOGIA Nella maggior parte dei casi è sconosciuta: tuttavia, alcuni farmaci possono scatenare la patologia. Si tratta di un disordine del sistema immunitario con il concorso di diversi fattori, ambientali, ormonali, razziali e genetici. Vi è alterazioni dell’attività umorale con produzione di autoanticorpi. È raro nell’età pre-puberale. Vi sono fattori predisponenti: fattori genetici o familiari, per esempio l’elevata frequenza di genotipi HLA (A1, B8, DR3) o la maggior frequenza in popolazioni con deficit del complemento, fattori razziali (più colpite le razze nera e asiatica), fattori ormonali (donne più colpite, probabile correlazione con estrogeni e fattori ormonali) e fattori ambientali, come l’ipersensibilità alla luce. PATOGENESI È dovuta alla formazione di autoanticorpi pluriclonali diretti contro acidi nucleici e proteine intracellulari (istoni, cromatina, ribonucleoproteine), che vanno quindi a colpire componenti cellulari: l’individuo è troppo tollerante, non riesce a bloccare, durante la selezione mediata dal riconoscimento del self, la formazione di questi anticorpi, per cui si formano cloni cellulari autoreattivi. I linfociti T autoreattivi stimolano la produzione di anticorpi da parte dei linfociti B che si differenziano in plasmacellule: inoltre, i linfociti B e i monociti producono IL-10, che esalta la formazione di T helper 2 (aumentata produzione di immunoglobuline e autoanticorpi da parte dei linfociti B). Criteri diagnostici: Per la diagnosi devono esserci almeno 4 sintomi, di cui 2 laboratoristici: il laboratorio deve confermare la presenza di autoanticorpi. I più facili da analizzare (sensibilità del 100%) sono gli ANA, ma sono poco specifici; il vero marker sono gli anticorpi anti-DNA a doppia elica, che sono specifici per la diagnosi di LES. Anticorpi anti-nucleo ANA ! Immunofluorescenza su cellule epiteliali umane HEp-2.

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Sensibilità 100%, specificità e valore predittivo positivo bassi (presenti in numerose condizioni cliniche e in soggetti sani). La presenza di ANA si ha di solito quando la malattia è in fase attiva. Sono prevalentemente della classe IgG, ma anche IgM, A e E. Anticorpi anti-DNA ! Metodo radioimmunologico (tecnica di Farr: prevede l’aggiunta ai sieri campione di quantità fisse di DNA radiomarcato, seguito dalla precipitazione dei complessi DNA-antiDNA dopo l’aggiunta di una soluzione di solfato di ammonio: i livelli di autoanticorpi presenti nel siero sono espressi come percentuale di legame rispetto al totale della radioattività presente nels sistema) elevata specificità. ds-DNA (doppia elica) sono assai specifici per la diagnosi di LES e si associano alla presenza di nefrite. Anticorpi anti-antigeni nucleari estraibili (ENA) ! Sono rivolti verso una serie di antigeni proteici estratti dal nucleo. Quelli di maggior rilevanza sono: anti-Sm (Smith antigen); anti-RNP; anti-SSA/Ro; Anti-SSB/La; Anti-Sc170; Anti-Jo1. Tecniche ELISA più sensibili ma meno specifiche dell’ immunoblotting. Anticorpi anti-Sm (Smith antigen: famiglia di proteine leganti l’RNA) sono altamente specifici per la diagnosi (criteri ARA). È importante ricercare anche gli anticorpi anti-fosfolipidi ! diretti contro il complesso fosfolipide / beta 2 glicoproteina. Associati al fenomeno LAC: i LAC (anticorpi lupici) sono anticorpi anti fosfolipidi (i fosfolipidi sono sostanze grasse utilizzate per la produzione delle membrane cellulari). Questi anticorpi si trovano nel sangue di soggetti con trombosi (blocco di un vaso sanguigno provocato da un trombo, che è un ammasso di globuli rossi e/o piastrine), stati infiammatori cronici, collagenopatie (malattie del tessuto connettivo, che è il tessuto presente tra una cellula e l'altra con funzioni di sostegno), malattie autoimmuni (malattie caratterizzate da reazioni del sistema immunitario contro gli organi del proprio organismo; praticamente, esso riconosce come estranei i suoi stessi organi e li attacca), particolarmente il lupus eritematoso sistemico nel 30-40% dei casi (collagenopatia, che, oltre a provocare alcune manifestazioni cutanee e dolori delle articolazioni, può colpire vari organi, soprattutto il cuore) e nelle donne che hanno partorito da poco. Sono fattori anticoagulanti che in vivo si comportano al contrario, cioè sono fattori trombotici. Causano poliabortività. Anticorpi anti-nucleosomi ! giocano un ruolo fondamentale nella patogenesi del LES I nucleosomi sono l’unità fondamentale della cromatina e derivano dall’associazione tra istoni e DNA. Prevalenza nel LES: 70%. Sensibilità per la diagnosi di LES superiore a quella degli anticorpi anti-ds-DNA. Anticorpi anti-C1q ! diretti contro la regione collagene simile del C1q. Correlati con la presenza di interessamento renale.

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ALGORITMO DIAGNOSTICO Anche gli esami di laboratorio generali possono aiutare la diagnosi e sono utili per seguire l’andamento della patologia (il LES si presenta a ondate):

! VES elevata ! Riduzione del Complemento sierico (C1q, C4, C3): segno di attivazione della via

classica ! Presenza di immunocomplessi circolanti ! Ipergammaglobulinemia: nella sindrome nefrosica, si ha ipogammaglobulinemia, mentre

il LES si distingue poiché si presenta con sindrome nefrosica e ipergammaglobulinemia. ! Anemia ! Crioglobulinemia e Fattore Reumatoide ! Leucopenia ! Piastrinopenia ! Proteina C positiva

QUADRO CLINICO Si presenta con manifestazioni molteplici a carico di:

! Cute ! Mucose ! Articolazioni ! Rene ! Fegato ! Cuore ! Milza ! Cervello ! Polmone ! Sistema ematopoietico ! Apparato digerente

Non sempre sono tutti presenti: per la diagnosi sono sufficienti 2 criteri laboratoristici e 2 sintomi. Manifestazioni cutanee: sono in gran parte dovute a processi vasculitici

! specifiche: rash (malare (a farfalla), palmare, plantare); fotosensibilità; alopecia; LES discoide (eritema anulare con atrofia e perdita permanente di appendici cutanee)

! aspecifiche: porpora palpabile, ulcerazioni periungueali e digitali; Fenomeno di Raynaud, interessamento delle mucose (orale, vie respiratorie, genitali) con piccole ulcere, superficiali e non dolorose.

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Manifestazioni articolari: sono presenti nel 90% dei pazienti. Caratteristiche simmetriche, migrante, piccole articolazioni delle mani, dei polsi e delle ginocchia. Non sono erosive, rientrano, non danno deformità, solo nel 10% può essere deformante, simil reumatoide. Manifestazioni a carico del sistema nervoso: nel 50% dei pazienti il LES è talmente grave da causare encefalopatia gravi, fino a convulsioni e rischio di morte.

! SNC: cefalea, corea, disordini cognitivi, disturbi dell’umore, depressione, epilessia, eventi cerebrovascolari, forme demielinizzanti, meningite asettica, psicosi, organic brain syndrome (manifestazione finale)

! SN periferico: disordini del sistema autonomo, interessamento ei nervi cranici, miastenia gravis, mononeuropatie, polineuropatie.

Manifestazioni ematologiche: citopenie (Leucopenia, Piastrinopenia, per lo più secondarie alla comparsa di autoanticorpi), alterazioni dell’omeostasi coagulativa (stati trombofilici acquisiti quali la sindrome da anticorpi antifosfolipidi – APL), linfoadenopatie reattive o neoplastiche. Sindrome da anticorpi anti fosfolipidi o Lupus anticoagulante: vi è un tempo prolungato di tromboplastina parziale. Il paziente lamenta ripetuti episodi trombotici a livello venoso e arterioso. Manifestazioni cardiovascolari: pericardite (spesso sintomo d’esordio di malattia); interessamento valvolare con endocardite subacuta non batterica associata a anticorpi anti-fosfolipidi; trombosi arterovenose (presenza di aPL); ipertensione arteriosa (80% dei pazienti); aterosclerosi accelerata; eventi ischemici arteriosi. Interessamento polmonare: versamento pleurico (30-60% dei pazienti); polmonite acuta non batterica; atelettasie; tromboembolie polmonari; emorragie polmonari (vasculite). Interessamento muscolo-scheletrico: miosite; miopatia steroidea; necrosi asettica. Interessamento oculare: uveite o retinopatia (legate a ipertensione o vasculite).

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NEFRITE LUPICA È la più frequente nefropatia secondaria, nonché una delle manifestazioni più gravi del LES (può anche essere la sua prima espressione clinica). Si presenta nella metà circa dei pazienti, ma in alcuni può anche insorgere molto tardivamente (l’80% dei casi comare a 3 anni dalla diagnosi). Nel 40% dei casi si manifesta sindrome nefrosica: per la diagnosi differenziale con altre nefropatie, si guarda la gammaglobulinemia (in questa forma è tipicamente aumentata, al contrario di tutte le altre patologie che presentano sindrome nefrosica). Alcuni pazienti presentano sindrome nefritica. La presentazione clinica è molto variabile in rapporto al tipo e alla estensione delle lesioni renali: da anomalie urinarie isolate (proteinuria, microematuria) fino all’insufficienza renale rapidamente progressiva che porta il paziente alla dialisi in poche settimane. L’esame delle urine è importantissimo, può essere diagnostico ! “Sedimento telescopico” (presenza contemporanea di emazie, leucociti, cilindri granulosi e ialini), è un sedimento ricchissimo, c’è di tutto, ed è tipico della nefrite lupica. Quasi tutti i pazienti con LES devono subire una biopsia renale per studiare le lesione e calibrare la terapia immunosoppressiva. Anche se la patologia è classificata come glomerulare, sono colpiti tutti i distretti: tutte le componenti del parenchima renale, glomeruli, interstizio, tubuli, vasi, possono essere colpite anche se il glomerulo è il bersaglio preferenziale degli immunodepositi. È necessario distinguere tra lesioni attive e croniche:

! Attive: potenzialmente reversibili con una terapia adeguata (proliferazione cellulare, necrosi/carioressi, anse a fil di ferro, trombi ialini, “crescents” cellulari, infiltrati infiammatori interstiziali, necrosi tubulare, necrosi fibrinoide e trombosi vascoalre)

! Croniche: non responsive alla terapia, rappresentano l’evoluzione sfavorevole di lesioni

attive non trattate o non responsive alla terapia (glomerulosclerosi globale o segmentaria, “crescents” fibrotiche, fibrosi interstiziale, atrofia tubulare, ialinosi arteriolare). La lesione è già avanzata e c’è la possibile progressione verso all’insufficienza renale cronica.

Classificazione morfologica:

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Nelle prime forme fino allo stadio IV la sintomatologia comprende lesioni minime o quadro nefritico. la forma proliferativa può essere focale o diffusa, globale o segmentaria. La necrosi fibrinoide può essere presente nelle anse capillari e si possono osservare i corpi ematossilinici che sono patognomonici della nefropatia lupica. Se vi sono depositi sottoendoteliali importanti le anse assumono un aspetto rigido a fil di ferro. Oppure possono essere così abbondanti da occupare il lume capillare e formare degli pseudotrombi ialini. La classe V presenta lesioni tipiche della forma membranosa e sindrome nefrosica: è la più difficile da trattare. Nello stesso paziente, possono esserci diversi tipi di lesioni a diversi stadi. DIAGNOSI DI NEFRITE LUPICA Si fa tramite esame delle urine e delle lesioni:

! Presenza di autoanticorpi specifici per il LES (anti-dsDNA ecc.) ! Presenza di bassi livelli di C4 e C1q rispetto a C3 (attivata la via classica del

complemento) ! Esame del sedimento urinario: sedimento telescopico

Ci possono essere riacutizzazioni: la terapia deve essere più forte. Anche dopo la guarigione, si continua una terapia di mantenimento, perché se la smetto, ricompaiono i sintomi. Diagnosi di riacutizzazione:

! Deterioramento del VFG con aumento della creatinina del 30% rispetto ai valori precedenti

! Raddoppio della proteinuria in un paziente con sindrome nefrosica ! Aumento della proteinuria di 2 g in un paziente non nefrosico ! Movimento del complemento e degli altri markers sierici ! Peggioramento del sedimento urinario

DECORSO CLINICO E PROGNOSI Spesso c’è un passaggio da una forma lieve a una forma più grave, con un progressivo peggioramento della funzione renale. Alcuni fattori sfavorenti sono: lesioni tubulo-interstiziali, lesioni vascolari, proteinuria elevata con sindrome nefrosica. TERAPIA

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NEFROPATIA DIABETICA La prima causa di insufficienza renale cronica è il diabete. La nefropatia diabetica è caratterizzata dalla persistenza di proteinuria (>300 mg/die) in almeno due determinazioni separate di almeno 3-6 mesi in un paziente diabetico, in assenza di altre nefropatie, infezioni delle vie urinarie o insufficienza cardiaca. La nefropatia diabetica insorge nel diabete (sia tipo I che II) non curato dopo una decina d’anni: una volta cominciata, in 5 anni porta il paziente alla dialisi. Non si presenta in tutti i casi di diabete: se il paziente è euglicemico e controllato, la patologia non insorge. EPIDEMIOLOGIA Diabete mellito tipo I (insulino dipendente) 30-40% dopo 25-40 anni di malattia; la nefropatia raramente si sviluppa prima di 10 anni dalla insorgenza del diabete; raramente si sviluppa dopo 30 anni dalla diagnosi di diabete. Diabete mellito tipo II (non insulino dipendente) 35% dopo 20 anni di malattia; Il rischio di nefropatia è comunque molto basso in un paziente normoalbuminurico dopo 30 anni di diabete. STORIA NATURALE E QUADRO CLINICO È una nefropatia che si può prevenire, poiché le prime due fasi della malattia sono reversibili e impiegano anni ad insorgere: - Fase 1 (ipertrofia e iperfunzione): si presenta nelle fasi iniziali della malattia diabetica, prima della terapia insulinica

! segni di iperfiltrazione (# creatinina, $VFG fino al 40%. Iperfiltrazione glomerulare causata dalla persistente iperglicemia. Il glucosio che passa dal glomerulo insieme all’acqua è riassorbito dal tubulo con il sodio. Per compensare l’eccesso di sodio si ha un aumento del flusso plasmatico renale e quindi iperfiltrazione. Oltre alla funzione osmotica del glucosio vi sono aumento del flusso plasmatico e aumento della pressione idrostatica, alterazioni della struttura della membrana basale glomerulare, diminuita sintesi di proteoglicani (acido sialico e eparansolfato) cariche meno negative, richiamo di proteine negative (albumina) )

! aumento volume dei reni ! ipertrofia glomerulare

Queste modificazioni scompaiono dopo la terapia insulinica, persistendo solo un discreto aumento del VFG. - Fase 2 (nefropatia clinicamente silente): dopo qualche anno dall’insorgenza del diabete compare microalbuminuria da sforzo (fino a 300mg/die di proteine). Periste l’aumento del VFG e sono dimostrati aumento del mesangio e ispessimento delle membrane basali glomerulari. Regredisce con controllo ottimale della glicemia. - Fase 3 (nefropatia diabetica incipiente): non è reversibile. In media dopo 6-15 anni dall’inizio del diabete c’è riscontro di microalbuminuria persistente, predittiva di sviluppo di nefropatia diabetica clinica in oltre l’80% dei casi. Il VFG può essere aumentato o normale; la pressione arteriosa aumentata o normale.

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Aumento matrice mesangiale e ispessimento membrane basali. - Fase 4 (nefropatia clinica): la proteinuria è dosabile e persistente con frequente sindrome nefrosica. Il VFG si riduce progressivamente (di circa 1ml/minuto al mese). Si riscontrano ipertensione arteriosa, glomerulosclerosi diabetica e arteriolosclerosi. Il paziente va in insufficienza renale cronica in pochi anni (fase 5), ma se trattato può rallentare la progressione della malattia. PATOGENESI È legata a tre fattori:

1. metabolico: legame dello zucchero alle strutture renali 2. genetici: predisposizione al danno renale e alla progressione verso l’insufficienza renale

cronica 3. meccanici: dovuti all’iperafflusso

QUADRO MORFOLOGICO Glomeruli:

! Glomerulosclerosi diffusa: accumulo diffuso nel mesangio di materiale eosinofilo, PAS-positivo. Aumento spessore pareti capillari. Ridotta pervietà dei lumi capillari. Ispessimento capsula di Bowmann.

! Glomerulosclerosi nodulare: accumulo di materiale omogeneo, eosinofilo, PAS-positivo, a forma rotondeggiante nelle aree mesangiali. Formazione di microaneurismi. Possono coesistere lesioni diffuse e nodulari.

! Lesioni essudative (fibrin cap): accumulo di materiale omogeneo, eosinofilo, PAS-positivo fra membrana basale ed endotelio.

! Gocce capsulare (capsular drop): accumulo di materiale eosinofilo, PAS-positivo, fra membrana basale ed epitelio parietale della capsula di Bowmann.

Tubuli:

! Atrofia tubulare ! Membrane basali ispessite e slaminate

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! Degenerazione vacuolare Arteriole:

! Depositi ialini ! Arteriolosclerosi

Interstizio:

! Fibrosi interstiziale ! Infiltrati infiammatori

All’immunofluorescenza, si ha positività diffusa per IgG di tipo lineare lungo le pareti capillari (tipici anche della sindrome di Goodpasture), la capsula di Bowmann e le membrane tubulari, per alterazioni strutturali delle membrane; inoltre positività per IgM e C3 delle lesioni essudative (depositi analoghi a quelli della GSSF). CLASSIFICAZIONE ANATOMOPATOLOGICA TERAPIA

! Controllo metabolico generale ! Controllo della glicemia ! Controllo della pressione arteriosa ! Controllo della dislipidemia ! Terapia diabetica

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11/01/2011 NEFROPATIA AMILOIDEA L’amiloidosi è una patologia sistemica che comprende un gruppo di affezioni morbose che presentano in comune la deposizione di proteine fibrillari anomale (sostanza amiloide) negli spazi extracellulari di vari organi e tessuti. Il termine è stato coniato da Virchow per le affinità tintoriali simili a quelle dell’amido, anche se in realtà è una sostanza di natura proteica. Possiede caratteristiche tintoriali peculiari: alla luce polarizzata ha una birifrangenza di colore verdastro dopo colorazione con Rosso Congo. Tutti i tipi di amiloide contengono una componente sierica glicoproteica, non fibrillare (SAP = Serum Amyloid Protein) che si lega ai vari tipi di fibrille, attraverso un meccanismo calcio-dipendente: SAP conferisce una forte resistenza alla proteolisi delle fibrille. I filamenti (4-6), che si avvolgono su se stessi formando delle fibrille, si formano da una proteina precursore (che varia a seconda dei tipi di amiloide). I glicosaminoglicani stabilizzano queste fibrille e le proteggono dal processo di proteolisi grazie anche alla SAP. Le amiloidosi vengono classificate in base alla proteina di base di cui sono composte: La amiloidosi da transtiretina (ATTR, MIM 176300) è la forma di amiloidosi ereditaria più frequente e la prima ad essere stata identificata. La transtiretina è sintetizzata principalmente dal fegato e fisiologicamente deputata al trasporto della tiroxina e della proteina legante il retinolo (RBP). Sono attualmente note oltre 80 mutazioni in questo gene che si associano allo sviluppo della malattia. Si tratta quasi esclusivamente di mutazioni puntiformi che determinano la sostituzione di singoli residui aminoacidici. Alcune mutazioni sono significativamente ricorrenti in alcune regioni geografiche italiane, ad esempio la variante Glu89Gln è prevalente in Sicilia nel territorio di Noto e Avola mentre la mutazione Val30Met è presente in un cluster di famiglie della provincia di Cuneo. Per queste varianti è ragionevole ipotizzare un effetto fondatore. Il quadro clinico è generalmente dominato dal coinvolgimento del sistema nervoso periferico e del sistema nervoso autonomo. Classicamente la neuropatia periferica esordisce con una sindrome del tunnel carpale spesso bilaterale e con parestesie agli arti inferiori. Le disestesie tendono a progredire in direzione centripeta. Nel tempo si osserva una difficoltà nell'esecuzione dei movimenti fini delle mani e la insorgenza di dolori urenti alle estremità a cui si associa un progressivo deficit di forza che può condurre a difficoltà nella deambulazione. La neuropatia autonomica è spesso concomitante e solitamente determina impotenza, importanti alterazioni della motilità intestinale che si manifestano

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con stipsi ostinata alternata a diarrea, e ipotensione ortostatica sintomatica. Quasi sempre alla neuropatia si associa una cardiomiopatia restrittiva gradualmente progressiva. Nel caso di alcune mutazioni i sintomi e i segni attribuibili al coinvolgimento cardiaco possono rappresentare il quadro di esordio della malattia e possono dominarne l'evoluzione. La nefropatia amiloidea è l’interessamento renale per deposizione di sostanza amiloide: poiché il flusso plasmatico renale rappresenta il 20% del flusso plasmatico totale e il glomerulo è l’unità filtrante continuamente esposta alle proteine del plasma, il glomerulo è la prima struttura del corpo nella quale si depositano proteine anomale o con una peculiare affinità per la parete dei capillari. La nefropatia amiloidea si osserva soprattutto nella amiloidosi AA e nella AL (AH), raramente nelle altre forme. Frequenza di amiloidosi renale in Europa: 1-5% delle biopsie renali, con distribuzione geografica diversa. In Finlandia, Norvegia e Svizzera è più elevata (19%) a causa di frequenti forme reumatiche croniche. AMILOIDOSI AA Amiloidosi sistemica secondaria !

! Malattie reumatiche infiammatorie croniche (es.artrite reumatoide, colite ulcerosa, ecc): 66%

! Infezioni croniche (osteomielite, bronchiectasie, tubercolosi, sifilide, ecc.) : 10-20%

! Neoplasie (Ca renale, linfomi, ecc.) Febbre familiare mediterranea ! gene modificato nel braccio corto del cromosoma 16. Il prodotto del gene, una proteina a 781 aminoacidi chiamata pirina da un gruppo di ricercatori e marenostrina da un altro, sembra essere espressa solo nei neutrofili circolanti. Si pensa di attenuare la trascrizione dei promotori pro-infiammatori di queste cellule. È una malattia ereditaria, autosomica recessiva (Ebrei Sefarditi, Armeni,Turchi, Nord Africani, Arabi, più raramente Greci e Italiani) che si presenta con febbre ricorrente, dolori addominali, peritonite, artralgie, pleurite, nefropatia.

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Patogenesi dell’amiloidosi AA È dovuta al deposito della sostanza in fibrille: le fibrille sono costituite da una catena polipeptidica derivata dalla scissione di una proteina reattiva della fase acuta (SAA, Serum Amyloid A), alfa-globulina circolante prodotta dagli epatociti, stimolati da IL-1, IL-6, TNF. Questa proteina aumenta enormemente in corso di malattie infettive,( osteomielite, bronchiectasie, tubercolosi, sifilide) , infiammatorie (artrite reumatoide, colite ulcerosa) e neoplastiche (Linfomi, Ca renale). La amiloidosi reattiva è causata dalla persistente elevata concentrazione della siero amiloide A (SAA), il cui frammento aminoterminale si deposita in vari organi sottoforma di fibrille amiloidi. L’iperproduzione di SAA, porta ad una alterata degradazione proteolitica da parte di monociti macrofagi e deposizione tissutale di AA, favorita dall’Amyloid Enhancing Factor, prodotto dalla milza e dai tessuti con depositi di amiloide. I glicosaminoglicani e la Serum Amyloid Protein (SAP) contribuiscono a stabilizzare le fibrille. L’amiloide si accumula nello spazio intracellulare ed extracellulare causando una alterazione strutturale e funzionale dell’organo e inoltre ha un effetto tossico sulle cellule tissutali. AMILOIDOSI AL Nefropatia caratterizzata dalla deposizione di fibrille costituite da catene leggere (più frequentemente di tipo () di immunoglobuline, secrete da un singolo clone di linfociti B. Si osserva nella amiloidosi idiopatica (primitiva) e nella forma associata a mieloma multiplo. La deposizione di immunoglobuline a catena pesante (H) è eccezionale. Depositi di amiloide si riscontrano nel 30% dei pazienti con mieloma. La precipitazione di catene leggere è dimostrata dalla presenza della proteina di Bence-Jones nel 93% dei pazienti con mieloma e nel 66% dei pazienti con amiloidosi idiopatica AL. Soltanto una minoranza delle catene leggere ha la capacità di formare fibrille di amiloide; la capacità di formare amiloide è legata a caratteristiche strutturali delle catene leggere amiloidogeniche (caratteristiche geniche: Lambda 6a). Nel 20% dei casi è dimostrabile un eccesso clonale di plasmacellule nel midollo. Nell’ 85% è presente un picco monoclonale di paraproteine nel siero e/o nell’ urina. Nella forma primitiva, circa il 5% progredisce verso il mieloma conclamato dopo 10-80 mesi. QUADRO CLINICO DELLA NEFROPATIA AMILOIDEA La manifestazione clinica più comune è rappresentata dagli edemi declivi causati dalla proteinuria,

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spesso in range nefrosico, che in mancanza di trattamento progredisce verso l'insufficienza renale. A questa si associano segni di coinvolgimento del sistema nervoso autonomo con importanti alterazioni dell'alvo, spesso diarroico, e ipotensione ortostatica. Nelle fasi avanzate della malattia i depositi di amiloide possono interessare il cuore con un quadro di cardiomiopatia restrittiva, scompenso destro e aritmie. Poiché la malattia è sistemica, il quadro clinico è caratterizzato da sintomi generali:

! Astenia ! Dimagramento ! Epatosplenomegalia ! Malassorbimento ! Macroglossia ! Cardiopatia ! Neuropatia Periferica ! Porpora, papule, placche

I pazienti con amiloidosi AL generalmente sono più anziani (>50 anni): sono colpiti di più i maschi. L’interessamento renale è frequente e spesso rappresenta la manifestazione d’esordio della malattia (25% dei casi; si sviluppa successivamente in quasi tutti i casi): la forma clinica è la sindrome nefrosica severa (non selettiva) che si complica frequentemente con tromboembolia dovuta alla perdita di fattori anticoagulanti. Il quadro è quello di un’insufficienza renale acuta associato a trombosi della vena renale mono o bilaterale, con ipertensione arteriosa e reni aumentati di volume. MORFOLOGIA Siccome la malattia è sistemica, spesso si fa la diagnosi dal tessuto adiposo periombelicale più che da altri tessuti che potrebbero dare gravi ripercussioni. La biopsia è caratterizzata da:

! Positività alla colorazione col Rosso Congo

! Positività della colorazione con cristal violetto

! Fluorescenza giallo-verde a luce ultravioletta dopo colorazione con Tioflavina T

! Birifrangenza verde mela a luce polarizzata dopo colorazione con rosso Congo

! Struttura fibrillare alla microscopia elettronica Microscopia ottica ! depositi di materiale amorfo, acellulare, eosinofilo, con colorazione pallida al PAS, di aspetto ialino. Nelle fasi iniziali i depositi sono isolati mesangiali, non associati a ipercellularità mesangiale e che si espandono progressivamente dal mesangio alle pareti capillari. Depositi di amiloide possono essere presenti nella parete dei vasi, nell’ interstizio e intorno ai tubuli. Il gold standard per la diagnosi di amiloidosi è la positività alla colorazione con rosso Congo, presente nel mesangio, nelle piccole arterie e lungo la membrana basale glomerulare. Microscopia elettronica ! fibrille ad orientamento irregolare, inizialmente nel mesangio, poi anche subendoteliali.

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In fasi successive possono penetrare la membrana basale e formare fasci perpendicolari alla membrana basale. Infiltrazione di sostanza amiloide attraverso la membrana basale con formazione di spikes a contorni irregolari e fibrille amiloidi. TERAPIA La terapia punta a rimuovere l’amiloidosi AA per risolvere l’infiammazione cronica. Per l’amiloidosi AL:

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GLOMERULONEFRITE CRIOGLOBULINEMICA La crioglobulinemia è una malattia sistemica caratterizzata dalla presenza di crioglobuline nel siero: le crioglobuline sono proteine (immunoglobuline) che precipitano quando il siero è esposto a basse temperature (+ 4°C) e solubilizzano al caldo (fenomeno che avviene in vitro). La crioglobulinemia può essere:

! PRIMITIVA o IDIOPATICA (mista essenziale, in assenza di processi morbosi) ! SECONDARIA (connettiviti, infezioni, epatopatie, disordini linfoproliferativi e altre

affezioni immunologiche) Esistono tre tipi di crioglobulinemia: il tipo I è caratterizzato da una singola Ig monoclonale; nel tipo II si riscontra una crioglobulinemia mista con IgG policlonali associate a una Ig monoclonale (IgMk detto fattore reumatoide, ha una attività anti IgG reumatoide, o una IgA). Il Tipo III è caratterizzato da 2 immunoglobuline policlonali. La nefropatia crioglobulinemica è una nefropatia glomerulare nel corso di una sindrome clinica caratterizzata dalla presenza nel sangue di crioglobuline, e dai seguenti segni clinici:

! porpora cutanea

! artralgia

! compromissione polmonare

! dolori addominali

! epatosplenomegalia

! neuropatia periferica L’incidenza è variabile (8-58%), si presenta più frequentemente nelle donne oltre i 40-50 anni e nel bacino del Mediterraneo. PATOGENESI La glomerulonefrite è caratterizzata dalla presenza di crioglobulinemia di tipo II: l’IgG policlonale è alterata per mancanza di acido sialico e precipita alle basse temperature.

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La presenza di un’infezione virale cronica persistente (virus epatite C o B, Epstein-Barr) sarebbe responsabile della attivazione di cloni linfocitari B che produrrebbero grandi quantità di fattore reumatoide IgM. Il virus C è stato evidenziato nei crioprecipitati e nelle biopsie renali. Vi è legame IgG-IgM, con formazione di immunocomplessi (IgG+IgMk). L’ipocomplementemia , la ridotta capacità del siero di solubilizzare gli immunocomplessi e la ridotta funzione fagocitaria del sistema reticolo endoteliale contribuiscono alla persistenza in circolo degli immunocomplessi che raggiungono elevati livelli e precipitano a livello renale. Nelle biopsie si riscontrano infiltrati di monociti che contengono le crioglobuline, espressione di una reazione dell’organismo che non è in grado di far fronte all’abnorme produzione di crioglobuline. Fattore favorente la presenza di HLA-DRB1. QUADRO CLINICO La sindrome crioglobulinemica è una malattia multisistemica ad andamento cronico. Il substrato anatomopatologico è rappresentato da una vasculite dei vasi di piccolo e medio calibro. Crioglobulinemie miste sono presenti nel 30-50% dei pazienti con infezione da HCV, ma solo il 10-15 % di questi presenta sindrome crioglobulinemica. Il quadro clinico comprende:

! porpora cutanea: intermittente, non pruriginosa, prevalente agli arti inferiori e natiche ma alcune volte compare anche al volto e agli arti superiori. Si ripete nel corso degli anni e ogni volta lascia dei reliquati sulla cute (iperpigmentazione). Le manifestazioni purpuree durano 3-10 giorni e sono più frequenti durante l’inverno, tuttavia non è stata dimostrata una chiara correlazione tra la comparsa della porpora e le basse temperature

! ulcere cutanee, talvolta molto importanti (necrosi della porzione distale del mignolo) ! artralgie intermittenti alle caviglie e alle ginocchia ! coliche addominali presenti nel 20% dei casi (vasculite intestinale) ! compromissione polmonare: crisi asmatiche, emottisi, pleurite, interstiziopatie (all’Rx:

infiltrati polmonari con aspetto reticolo-nodulare secondari a vasculite da crioglobulinemia HCV- relata)

! epatosplenomegalia permanente e non dolente ! neuropatia periferica: formicolii e parestesie arti superiori ed inferiori

Le manifestazioni renali sono presenti soprattutto nelle forme miste essenziali e si presentano con:

! Sindrome Nefritica Acuta nel 25-30% dei casi ! Sindrome Nefrosica nel 20 % dei casi ! Anomalie urinarie con insufficienza renale progressiva (40%) ! Insufficienza Renale Acuta (5%) ! Ipertensione Arteriosa frequente all’esordio 70-80%

QUADRO LABORATORISTICO

! Associazione tra HCV e crioglobulinemia nel 50% dei casi ! Presenza di crioglobulinemia mista tipo II (IgG-IgMk)

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! Ipocomplementemia C4 (70%) e C3 (40%) per attivazione della via classica del

complemento

! Proteinuria di Bence Jones (catene leggere k) nel 15% dei casi

! Fattore Reumatoide elevato MORFOLOGIA Microscopia ottica ! si presenta con glomerulonefrite membranoproliferativa di tipo I:

! diffusa proliferazione cellulare endocapillare (cellule endoteliali e mesangiali), con notevole infiltrazione intraglomerulare di monociti e polimorfonucleati

! ispessimento parete capillare con aspetto “a doppio contorno” (la duplicazione delle membrane basali è data dalla interposizione dei monociti o cellule mesangiali tra la membrana e le cellule endoteliali che, producendo materiale simil membrana, costituiscono il doppio contorno)

! trombi intracapillari (depositi di crioglobuline, aspetto caratteristico) ! crescents segmentarie ! segni di vasculite

Immunofluorescenza ! depositi di IgM, con quote variabili di IgG, C3, C4 e fibrinogeno sia all’interno dei lumi capillari che nelle membrane basali o nel mesangio. Microscopia elettronica ! presenza di monociti nei lumi dei capillari che contribuiscono all’occlusione dei lumi. Depositi glomerulari, granulari, sub-endoteliali, amorfi, cilindrico-anulari ad impronta digitale. DECORSO E PROGNOSI I segni della glomerulonefrite compaiono alcuni mesi dopo la comparsa della malattia e persistono con microematuria e proteinuria. Durante il decorso clinico la nefrite può presentare episodi di macroematuria in occasione delle riacutizzazioni della malattia, con presenza o meno di insufficienza renale acuta. Nel 30% dei casi vi è solo microematuria e proteinuria e la nefropatia ha un decorso indolente senza arrivare all’insufficienza renale cronica. Nel decorso della nefropatia può comparire una sindrome nefrosica con proteinuria elevata. Nel 10 % dei casi la nefropatia può evolvere verso l’insufficienza renale cronica. TERAPIA

! Terapia della fase acuta: steroidi, ciclofosfamide, trattamenti aferetici (plasmaferesi) ! Terapia con ACE-inibitori associato o meno a sartanici (antagonisti del recettore

dell’angiotensina II) ! Terapia di mantenimento con steroidi a basso dosaggio ! Eradicazione dell’infezione HCV con farmaci antivirali (IFN e Ribavirina) ! Trattamenti non convenzionali: micofenolato mofetile, Anticorpi monoclonali anti CD-

20 (Rituximab).

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12/01/2012 INSUFFICIENZA RENALE ACUTA È la riduzione della capacità dei reni di espletare le specifiche funzioni escretoria, metabolica ed endocrina. Ci sono due tipi di insufficienza renale:

! acuta: avviene in poche ore o in pochi giorni, è potenzialmente reversibile; ! cronica: avviene dopo mesi od anni, ed è sempre irreversibile.

Condizione in cui sia presente una riduzione della capacità renale di eliminare i prodotti del catabolismo proteico e di mantenere l’omeostasi dei fluidi e degli elettroliti dell’organismo. Tale condizione abitualmente si manifesta nell’arco di ore o giorni. L’insufficienza renale acuta è responsabile dell’1-2% di tutti i ricoveri, ma si verifica in quasi il 5% di tutti i ricoveri ospedalieri: complica fino al 30% delle unità intensive. Anche quando è reversibile, è la prima causa di morbilità e mortalità nei pazienti ricoverati (paziente diventa più fragile) e inoltre è un elemento prognostico sfavorevole nel decorso di molteplici processi patologici, aumentando la morbilità e la mortalità (spesso è la causa che porta a morte il paziente). Nuova definizione: acute renal failure (insufficienza renale acuta) è stata modificata in AKI, acute kidney injury. RIFLE è un sistema di classificazione del grado di danno renale corrispondente all’acronimo inglese risk (R), injury (I) and failure (F), sustained loss (L) and end-stage kidney disease (E). Valuta i pazienti a seconda del grado di insufficienza, lieve, modesta, avanzata o grave e li collega al rischio di mortalità. Tutte le definizioni di AKI sono relative a: 1) aumento improvviso della creatinina sierica; 2) riduzione dell’output urine (UO). L’uso della classificazione RIFLE nelle Terapie Intensive dà informazioni prognostiche attendibili nella maggior parte degli studi. L’insufficienza renale acuta viene divisa in tre forme:

! pre-renale (funzionale) ! post-renale (ostruttiva)

! renale (organica)

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Post-renale ! o ostruttiva, vuol dire che non è il rene ad essere ammalato, ma è impedita la fuoriuscita all’esterno delle urine. Pre-renale ! o funzionale, nell’organismo succede qualcosa per cui non arriva sangue al rene, che si adatta funzionalmente a questa carenza di flusso. Renale ! o organica, è il rene ad essere ammalato. Cause di insufficienza renale. La forma pre-renale non è proprio di competenza del nefrologo: nefrologo va in consulenza,ma già il clinico può avere pazienti di questo tipo. Non è di pertinenza nefrologica, succede al di fuori del rene. La post-renale è di interesse prettamente urologico, chirurgico. La forma renale è propria della nefrologia, in terapia intensiva nefrologica. INSUFFICIENZA RENALE ACUTA PRE-RENALE Vi sono due forme, che sono legate a: 1- riduzione della pressione arteriosa:

! infarto del miocardio ! aritmia ! shock (cardiogeno o periferico da sepsi o embolia)

2- riduzione del volume circolante

! disidratazione (più frequente, soprattutto nei bambini piccoli e negli anziani, può essere legata a vomito e diarrea)

! emorragia ! perdita di plasma (ustioni estese e traumi estesi) ! sequestro in terzo spazio (sequestro di liquido al di fuori del letto circolatorio come

l’anasarca, fino a 10-15 chili d’acqua, che vanno rimossi con la dialisi; anche nell’ascite)

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Il rene in questo caso il rene non è ammalato: spesso si tratta di problematiche riguardanti pazienti in rianimazione o in morte cerebrale candidati alla donazione (nel ricevente funzionano benissimo, l’organo non ha lesioni) ! alterazione della funzione renale come risposta “fisiologica” o “parafisiologica” alla insufficiente perfusione renale, con parenchima integro. È una condizione che regredisce immediatamente se trattata subito con il ripristino del volume circolante e della pressione (trasfusione di liquidi, di plasma o di sangue), sono reni che recuperano completamente: se non trattati, possono evolvere nella forma renale, e la patologia si trasforma da funzionale in organica (insufficienza renale acuta organica). Schema della vascolarizzazione renale:

1) Capsula renale 2) Corteccia renale 3) (a) Midollare esterna superficiale (b) Midolllare esterna profonda 4) Midolare interna 5) Arteriola efferente 6) Arteriola afferente 7) Venula corticale superficiale 8) Vene stellate 9) Vena interlobulare 10) Arteria interlobulare 11) Plesso capillare peritubulare 12) Venula corticale profonda 13) Arteria arquata 14) Vena arquata 15) Vasa recta

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Il rene ha la capacità di autoregolare il proprio flusso: è in grado di mantenere per un certo periodo di tempo (qualche ora o pochi giorni) costante il suo filtrato e la sua perfusione nonostante le variazione della pressione e dell’irrorazione, perché ha dei meccanismi che gli permettono di autoregolarsi: Entro certi limiti di pressione sistemica (fino a 70 di massima), il flusso plasmatico renale rimane costante, al di sotto dei 70mmHg non funziona più bene. I meccanismi che regolano questa capacità del rene sono due:

! meccanismo miogeno: variazione della resistenza dell’arteriola afferente legata alla produzione di renina e angiotensina (vasocostrizione se la PA di perfusione aumenta, vasodilatazione se PA di perfusione diminuisce)

! meccanismo di feedback tubulo-glomerulare: legato all’arrivo alla macula densa di una determinata concentrazione di sodio e cloro 8che stimolano il meccanismo renina ! angiotensina).

Variazioni della quantità di Cl o Na alla macula densa del tratto ascendente causa variazioni del calibro dell’arteriola afferente. La risposta è mediata dall’adenosina e/o dall’ATP e modulata dall’angiotensina II e dall’ossido nitrico. L’aumento del Cl e Na alla macula densa porta alla costrizione dell’arteriola afferente e quindi ad una riduzione del filtrato glomerulare.

Corpuscolo renale. L'apparato juxtaglomerulare è indicato dalla lettera D e comprende: 5b. Mesangio – cellule extraglomerulari 6. Cellule granulari (cellule juxtaglomerulari) 7. Macula densa

L'apparato iuxtaglomerulare è una struttura che fa parte del rene, situata a livello del polo vascolare del glomerulo e a contatto con una parte del tubulo distale. La sua funzione principale è produrre segnali paracrini che vanno ad attaccarsi a recettori situati sulle cellule granulose dell'arteriola afferente, che secernono la renina, un enzima proteolitico coinvolto nella produzione di angiotensina a

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partire dall'angiotensinogeno ed implicato nei meccanismi di controllo della pressione arteriosa.L'apparato è costituito da una componente vascolare e una tubulare.La componente vascolare è formata dalla parte terminale dell'arteriola afferente, dalla parte iniziale dell'arteriola efferente e dalla porzione del mesangio situata fuori dal glomerulo (extraglomerulare). Nella componente vascolare si distinguono due tipi di cellule: cellule iuxtaglomerulari e cellule del mesangio extraglomerulare. Sia le cellule granulari, sia quelle agranulari entrano in sinapsi con terminazioni catecolamminergiche del sistema nervoso simpatico, formando terminazioni di tipo adrenergico. Ciò ha portato a supporre che la funzione dell'apparato iuxtaglomerulare sia regolata anche da tale sistema. La componente tubulare è costituita dalla macula densa, cioè quella zona della branca ascendente dell'ansa di Henle che si trova vicino al polo vascolare del corpuscolo.

Variazioni della resistenza dell’arteriola afferente o efferente alterano il flusso renale e la pressione netta di ultrafiltrazione. Gli effetti sulla pressione di ultrafiltrazione dipendono dalle variazioni delle resistenze dell’aa afferente/efferente.

Tutte queste strutture sono in grado di valutare le tensioni, le riduzioni del flusso, la riduzione del sodio e del cloro e quindi di variare il calibro dell’arteriola afferente ed efferente, in maniera da mantenere la pressione idrostatica all’interno del capillare. La caduta della pressione o la riduzione del volume portano all’inizio a una riduzione del flusso renale, ma solo a livello della corticale renale, dove ci sono la maggior parte dei glomeruli e dove arriva la maggior parte di flusso renale, per cui c’è un’ipoperfusione della corticale renale che porta a riduzione del flusso, che se anche si mantiene un po’ nei glomeruli iuxtamidollari (quelli della corticale si escludono) si ha emissione di urine ridotte (oliguria) con un’elevata concentrazione di soluti, urine con peso specifico elevato.

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La riduzione a livello della corticale determina uno stimolo alla produzione dell’aldosterone e dell’ADH, e perciò uno stimolo al riassorbimento di sodio e acqua, che verranno trattenuti e risparmiati per cercare di ripristinare il circolo. In questa condizione, dal punto di vista clinico abbiamo pazienti con sintomatologia legata alla causa scatenante e alla disidratazione. Dal punto di vista nefrologico, hanno OLIGURIA: caratterizza anche il quadro laboratoristico, con aumento dell’azotemia nel sangue 8azotemia può essere elevata, pazienti in shock o con traumi che hanno il catabolismo aumentato) ! urea: max 250 mg/dl (v.n. <30mg7dl) creatinina: max 3-4 mg/dl (v.n. 1,4 mg/dl) squilibri elettrolitici variabili (legati alla condizione di disidratazione o emorragia) Vi è uno squilibro tra la produzione di urea e la sua effettiva capacità di eliminazione. Le urine sono estremamente ricche di metaboliti, il peso specifico e l’osmolarità sono normali o elevati. Il contenuto di sodio è invece basso, perché il rene tenta di recuperare acqua per ripristinare il volume circolante. Pazienti con peso specifico alto e sodio basso sono pazienti che recuperano immediatamente se trattati. Dal punto di vista terapeutico, questi pazienti necessitano di un trattamento immediato della causa scatenante: non sempre si riesce a ripristinare, se per esempio il paziente ha un’insufficienza cardiaca, ma può comunque essere idratato e si può ripristinare il normale flusso. INSUFFICIENZA RENALE POST-RENALE (OSTRUTTIVA) È di competenza dell’urologo. Per avere un’insufficienza renale acuta ostruttiva (ostruzione può essere nelle vie escretrici superiori, cioè fino alla vescica, o inferiori) e perché il paziente sia anurico, vuol dire che entrambi i reni devono essere ostruiti, oppure il paziente ha un solo rene. Se l’ostruzione è alta (ureterale o pelvica), vuol dire che entrambi i reni sono ostruiti, altrimenti non si vedrebbe il quadro dell’insufficienza renale acuta e perdita della funzione renale. Le cause dell’ostruzione alta possono essere: - intrinseca

! Calcolo ! Coagulo ! Necrosi papillare

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! Carcinoma a cellule transizionali ! Alterazioni funzionali (reflussi impediscono il normale deflusso delle urine) ! Anomalie congenite (valvole)

- estrinseche

! Fibrosi retroperitoneale ! Aneurisma aortico ! Neoplasia retroperitoneale, pelvica

Le ostruzioni basse, invece, sono dovute a:

! Stenosi uretrale ! Ipertrofia prostatica benigna ! Cancro della prostata ! Carcinoma a cellule transizionali della vescica ! Coaguli ematici ! Palla fungina ! Vescica neurogena ! Anomalie congenite (valvole) ! Catetere uretrale malposizionato

L’indagine principale è clinica: bisogna valutare che non ci sia un ostacolo, anche cose banali come un catetere mal posizionato o un coagulo che chiude il catetere. Poi si fa l’anamnesi. L’esame migliore è l’ecografia: mostra la dilatazione dei calici, i calcoli che danno i coni d’ombra. Si possono fare ulteriori indagini con mezzo di contrasto, che mostra la dilatazione della pelvi e dei calici e lo stop del mezzo di contrasto dove non si colora. Rx con mezzo di contrasto non può essere fatta con iniezione dal basso, perché paziente non elimina il mezzo: si fa una pielografia discendente fatta da nefrotomie (intervento chirurgico che consiste nella incisione e apertura del parenchima renale) percutanee, perché paziente anurico non può fare urografia.

Tutte le volte che c’è un ostacolo, la pressione endoureterale cresce: se l’ostacolo persiste, a un certo punto si ha blocco della diuresi che avviene prestissimo, il rene non funziona più e la pressione endoureterale si riduce progressivamente fino a ritornare bassa. Il flusso nel rene si riduce e il paziente smette di produrre urina e quindi di urinare.

Va sbloccato subito: se viene sbloccato immediatamente, avremo una dilatazione modesta delle cavità, che poi recuperano. Ma se non viene sbloccato (es: è monolaterale e il paziente non se ne accorge), la cavità si dilata enormemente e sparisce il parenchima. In mesi o anni il rene può andare a distruggersi completamente.

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La clinica di questa forma ostruttiva dipende dalla causa che l’ha portata (calcoli, situazioni intrinseche/estrinseche all’uretere o all’uretra): la sintomatologia per la maggior parte è l’ANURIA, paziente smette di urinare completamente. Qualche volta può esserci un’oliguria, qualche volta ancora, in cui c’è un ostacolo non completamente ostruente, ci può essere una nefrite interstiziale che subentra con difetto del rene alla concentrazione e quindi paradossalmente poliuria (non sono casi frequenti). Dal punto di vista laboratoristico, queste forme così ostruttive portano nel giro di pochi giorni un aumento progressivo veloce della creatinina e a una riduzione progressiva e veloce della funzione renale, fino ad arrivare alla completa insufficienza renale e al blocco renale. Le urine, se ci sono, non dicono niente di particolare. La terapia prevede la rimozione dell’ostacolo: se non si può rimuovere, bisogna comunque drenare bilateralmente le urine (urologo). La diagnosi, oltre che clinica, è legata alla diagnostica con immagine:

! Ecografia ! Radiologia ! Rx diretto addome ! Urografia (non si fa più) ! Pielografia ascendente/discendente (localizzazione) ! TAC

Con la rimozione dell’ostacolo il paziente guarisce completamente. INSUFFICIENZA RENALE ACUTA RENALE (ORGANICA) È una patologia legata ad alterazioni che avvengono nei vari distretti:

! tubuli 70% ! glomeruli 15% ! vasi 10% ! interstizio 5%

Molte glomerulonefrite danno un quadro acuto: le forme rapidamente progressive possono presentarsi con forme acute, così come le vasculiti.

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I tubuli (e insieme a loro spesso l’interstizio) sono il distretto più colpito. NECROSI TUBULARE ACUTA È la forma più frequente di insufficienza renale acuta organica (70%). È caratterizzata dalla NECROSI dell’epitelio TUBULARE renale. Tutto il tubulo può andare in necrosi, ma più facilmente vanno in necrosi quelle porzioni del tubulo prossimale e della branca ascendente dell’ansa di Henle che sono sedi di processi metabolici importanti e perciò necessitano di una quantità di ossigeno elevata.

Le cellule di questi distretti, normalmente hanno l’orletto a spazzola, una polarità (i processi di attivazione possono essere da un parte o dall’altra), sono adese l’una all’altra e alla membrana basale, ricevono nutrimento dai capillari peritubulari: quando c’è una riduzione della perfusione e quindi un calo dell’apporto di ossigeno a queste cellule, esse perdono l’orientamento e il

Citoscheletro, l’orletto a spazzola sparisce e anche le connessione cellula-cellula non sono più solide e la cellula in distruzione cade nel lume tubulare, dove troviamo detriti cellulari che aderiscono a una sostanza proteica prodotta dal tubulo, per cui si formano cilindri che occludono il lume, impedendo il passaggio delle urine nel tubulo occluso. Della preurina può anche refluire dal tubulo all’interstizio renale. Quindi troviamo le cellule tubulari in necrosi, parte della membrana denudata dalle cellule e un reflusso nell’interstizio di materiale urinoso che causa una flogosi acuta con edema dell’interstizio.

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Perdita del citoscheletro di actina con sposizionamento delle proteine cellulari integrina e ATPasi (perdita della polarità), indebolimento della adesione cellula-cellula. Retrodiffusione del fluido tubulare. Il danno tubulare è la conseguenza della ischemia ma è potenziato dai fenomeni di infiammazione e dalla compromissione microvascolare. Distacco della cellula tubulare e messa a nudo della membrana basale nel tubulo prossimale con retrodiffusione del filtrato e ostruzione delle cellule distrutte nel lume del tubulo distale. Le forme di questa patologia sono due: 1) Ischemica: è la conseguenza della forma pre-renale. Se non si ripristina il paziente con riduzione della pressione arteriosa o calo del volume circolante nel giro di poche ore, andrà incontro a un quadro di necrosi tubulare acuta: rene non curato va incontro alla necrosi tubulare acuta, che significa oligoanuria per giorni, morte del paziente o morbilità accentuata se il rene non viene sostituito con mezzi artificiali. Biopsia mostra i tubuli distanti tra loro a causa dell’edema e delle cellule infiammatorie che riempiono lo spazio: a livello del tubulo, si vede che le cellule sono in necrosi e ostruiscono i tubuli, ci sono zone di rotture della membrana con retrodiffusione dell’urina nello spazio interstiziale. I glomeruli sono quasi sempre indenni. 2) Tossica: legata all’intervento di tossici che possono essere esogeni o endogeni. Sostanze esogene:

! Antibiotici (aminoglicosidi, amfotericina) ! Antiblastici, anestetici, ciclosporina ! Mezzi di contrasto radiologici (oggi sono meno osmotici e ionici, meno iodati) ! Solventi organici (glicole etilene, tetracloruro di carbonio, usati nell’industria) ! Veleni (insetticidi, diserbanti, funghi) ! Metalli pesanti (mercurio, arsenico, bismuto, uranio, cadmio) ! Altri (eroina, amfetamine,etc)

Necrosi tubulare per danno diretto, soprattutto nelle prime parti del nefrone dove più si concentra la sostanza che gira nel sangue. Necrosi diretta per tossicità diretta sulla cellula (non più ischemica). Si vede un pezzo di tubulo normale e una parte distrutta con detriti nel lume. Sostanze tossiche endogene:

! emoglobina (crisi emolitiche) ! mioglobina (traumi, tetano) ! bilirubina (epatite acuta, ittero ostruttivo con liberazione di bilirubina coniugata e quindi

solubile)

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Nella forma ischemica, la caduta di pressione causa vasocostrizione nella corticale: se persiste la condizione, si vasocostringe anche la midollare, anche i nefroni iuxtamidollari vanno incontro ad ischemia, tutto il rene va in ischemia. La mancanza di ossigeno porta alla necrosi cellulare, che chiude il lume: il tubulo si può rompere e l’urina retrodiffonde nel rene. Ciò che ne risulta sono oliguria e poi anuria, a volte completa. Nella forma tossica,oltre al danno diretto, ci può essere anche un’alterazione del flusso dei vasi peritubulari: queste sostanza possono dare un fatto ischemico e quindi i uniscono i due meccanismi.

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Se la membrana basale del tubulo rimane intatta e il tubulo non si distrugge, le cellule tubulari hanno la capacità di rigenerare, fungono da cellule staminali. Dopo un po’ di tempo dopo l’evento, si vedono le cellule del tubulo in mitosi e si rigenerano, ricostruendo tutto il tubulo nel giro di poco tempo e i tubulo recupera completamente la sua funzione. Dal punto di vista clinico, ci sono quattro fasi:

1. oligurica: se l’oliguria dura da 7 giorni a 30 giorni (a volte anche fino a tre mesi), il paziente può morire, necessita di ricovero immediato e dialisi. Non urinando, il paziente accumula nell’organismo cataboliti azotati, elettroliti (come potassio e acidi ! iperpotassiemia e acidosi), liquidi (non riesce a eliminarli), per cui le complicanze dipendono dalla gravità della situazione, e comprendono lo scompenso cardiocircolatorio, arresto cardiaco (iperpotassiemia), intossicazione da sostanze azotate (complicanze neurologiche e gastrointestinali). Nelle fasi iniziali in cui c’è ancora oliguria, si possono valutare le urine per dire se il paziente è il fase funzionale (peso specifico alto e basso sodio) oppure se è già in fase organica (urine con peso specifico bassissimo, il rene non elimina niente perché occluso e perde molto sodio che non riesce più ad assorbire): quindi la diagnostica differenziale si basa sul peso specifico, l’osmolarità e il sodio.

2. diuretica precoce: paziente comincia ad urinare 100-200cc, fino a 1-2 litri7die in 4-5

giorni. Paziente butta fuori solo l’acqua, ma deve ancora essere assistito con la dialisi, perché il peso specifico è basso e la funzione renale è a zero (VFG ##, urea e creatinina$)

3. diuretica tardiva: dopo 4-5 giorni della fase diuretica precoce, inizia la tardiva. Si può

entrare in una fase critica perché le cellule tubulari si stanno rigenerando, ma non funzionano e non sono in grado di riassorbire le sostanze e nemmeno l’acqua, per cui si può arrivare ad una poliuria tale da dover gestire in terapia intensiva pazienti che emettono fino a

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20 l/die di acqua, con necessità di accessi multipli perché non si riesce a star dietro alla quantità di urina prodotta: assieme all’urina, emettono anche elettroliti e possono rincorrere nel problema iniziale, disidratazione, iperpotassiemia, natremia, etc. Quindi, è una fase estremamente delicata. (letti bilancia, si determina la quantità d’acqua da rimuovere in base al peso del paziente. VFG $, urea e creatinina#).

4. convalescenza: sono necessari mesi per recuperare la normale funzione renale. C’è

normalizzazione emodinamica con recupero del filtrato (al 100% se la lesione non è stata grave, altrimenti permane una lieve insufficienza renale, con filtrato renale ridotto del 20%, segni di incompleta funzionalità tubulare come mancata concentrazione o acidificazione delle urine). In sei mesi c’è recupero completo della perfusione e dell’epitelio tubulare.

La terapia e la prognosi di questi pazienti sono legate alla sostituzione artificiale, prima della dialisi i pazienti morivano: se queste forme sono solo renali, non muoiono più, ma in caso di MOF c’è ancora questa possibilità. Quali sono le indicazioni assolute alla dialisi nell’emergenza?

! quando il paziente è iperidratato, è in scompenso cardiaco: in questo caso il diuretico non funziona;

! quando è iperpotassiemico: potassio esce dalle cellule in seguito a traumi o emorragie, può causare arresto cardiaco (>6mEq/l);

! quando è in acidosi metabolica: possono essere dispnoici per acidosi, polmoni iperventilano per compensare;

! pazienti possono arrivare in coma uremico per accumulo di metaboliti azotati (>200mg/dl).

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Insufficienza renale acuta da mezzo di contrasto ! ha un’incidenza abbastanza frequente di queste forme, soprattutto nei pazienti anziani con altre patologie renali o non (insufficienza renale, diabete mellito, scompenso cardiaco, mieloma multiplo, etc):

! 20% per pazienti con creatininemia di 2,0 mg/dl ! 50% per pazienti con creatininemia > di 5,0 mg/dl

Il mezzo di contrasto può essere di per sé tossico, quindi può dare una lesione tubulare, può favorire l’escrezione di acido urico, può dare riduzione della perfusione (aumentata produzione di endotelina e adenosina, ridotta sintesi di prostaglandine e di ossido nitrico) etc. Per prevenire questo tipo di insufficienza renale bisogna tenere il paziente idratato e usare il meno possibile un mezzo di contrasto poco osmotico e non ionico: una volta si usava anche acetilcisteina (fluimucil) prima o dopo la procedura, poiché si pensava che il mucolitico agisse per mantenere l’ossigenazione a livello renale, ma non è vero. Necrosi tubulare acuta da farmaci !

Insufficienza renale acuta da rabdomiolisi ! liberazione di mioglobina (sostanza nefrotossica) nel circolo, in seguito a distruzione delle fibre muscolari per traumi, ischemia, ustioni, shock, stress muscolare da sforzo o colpo di calore, sostanze tossiche (alcol, cocaina, eroina, amfetamine, exstasi, fenciclidina ! sostanza allucinogena di sintesi a base di piperidina, il principale precursore di alcune droghe ad azione oppiomimetica, veleno di serpente) o farmaci (statine, fibrati, zidovudina ! inibitore della transcriptasi inversa, usata nella cura dell’AIDS, neurolettici, azatioprina, teofillina, litio, diuretici). La patogenesi comprende l’accumulo di liquido nel muscolo, la tossicità della mioglobina nei confronti del tubulo renale con necrosi tubulare acuta: sono forme tremende, molto dolorose a livello muscolare, la distensione da necrosi muscolare è tale da dover liberare il muscolo recidendo la fasci o il muscolo va in necrosi e l’alterazione a livello renale è massiva, con prognosi molto severa.

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Pazienti vanno subito idratati e messi in emodialisi. NECROSI CORTICALE ACUTA Alcune patologie non infrequenti danno un’insufficienza renale acuta organica gravissima, perché va in necrosi tutta la corticale renale: quindi, oltre ai tubuli, anche i glomeruli e i vasi, con oligoanuria prolungata. Nella maggior parte dei casi sono forme irreversibili che distruggono completamente la corticale renale. Sono il 2% di tutte le insufficienze renali acute. Le cause sono:

! la prima causa era la gravidanza (distacco precoce di placenta, che ora è prevedibile in ecografia, emorragia post-partum, aborto settico con CID, che è la responsabile di questa nefropatia)

! infezioni (sepsi da batteri gram negativi) ! pancreatiti ! gastroenteriti acute anche in età pediatrica ! crisi emolitiche, sindrome emolitico-uremica ! rigetto iperacuto umorale nel trapianto renale (forma severissima di necrosi corticale

bilaterale, con rene da buttare). La patogenesi è dovuta a un’ischemia talmente prolungata che c’è attivazione del sistema coagulativo, con CID nel rene e anche negli altri organi. Deposizione di fibrina e trombi occludono i vasi sempre di calibro maggiore causando necrosi corticale. Pazienti vanno improvvisamente in anuria persistente con alterazioni nel sangue tipiche della CID (trombocitopenia, ipofibrinogenemia, consumo di antitrombina III, aumento dei prodotti di degradazione della fibrina): spesso a questa nefropatia si accompagna una MOF con emorragie, perché la coagulazione è intra-organo, ma il sangue non coagula. Si ha una sindrome uremica acuta a rapida insorgenza. Diagnosi si fa col quadro clinico:

! complicanze cardiache ! complicanze neurologiche ! complicanze gastroenteriche ! alterazioni ematologiche ! infezioni

Se il paziente sopravvive, la ripresa renale è scarsissima (15%): sono tutti pazienti destinati alla dialisi cronica perché perdono la funzione renale. L’80% sviluppa IRC e il 90% muore prima di iniziare la dialisi. La terapia è sostitutiva (dialisi).

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DIALISI Caso clinico:

! uomo, 74 anni ! di familiari si apprende che è in emodialisi regolare da circa 2 mesi ! sintomatologia: malessere generale, lieve dispnea ! obbiettività: non edemi declivi, lievi crepitii alle basi polmonari, addome trattabile

Sono pazienti che tendono all’iperpotassiemia e alla ritenzione di liquidi. Trattamenti extracorporei di competenza della nefrologia sono soprattutto:

! emodialisi ! dialisi peritoneale

La nefrologia tratta anche sempre di più: ! nefrologia in area critica (pazienti anziani con molte patologie) ! plasmaferesi ! fegato artificiale (depura paziente da tossici) ! trattamento extracorporeo degli avvelenamenti

Le linee guida non danno vincoli ben precisi: è difficile incanalare matematicamente quando un paziente deve fare dialisi e quanta ne deve fare. Le linee guida sono quelle per la quantificazione della dialisi nell’insufficienza renale acuta:

! ipertensione non controllata ! edema polmonare acuto indicazioni più importanti ! iperpotassiemia ! pericardite (una volta era molto frequente perché i pazienti arrivavano tardi alla dialisi,

con sviluppo di sierositi) ! encefalopatia (associata a uremia, per elevata concentrazione di azoto) ! incremento dell’urea ! incremento della creatininemia

Non esistono linee guida per quando iniziare la dialisi nel cronico, ci sono solo degli orientamenti, è importante però capire quando il paziente ha bisogno. Iperidratazione e iperpotassiemia sono le cose più importanti e gli unici veri e propri problemi che danno i pazienti in emodialisi. Nell’insufficienza renale acuta si usano i criteri di Rifle, che si basano su funzione renale e contrazione della diuresi, quindi è una stratificazione di livelli di insufficienza renale e oligoanuria progressivi, per cui si arriva a un punto in cui c’è indicazione alla dialisi. La dialisi va iniziata precocemente, anche in acuto. Le indicazioni alle dialisi in cronico, oltre ai sintomi del cronico avanzato (che comunque non devono essere ragione di inizio di un’emodialisi cronica), spesso comprendono il late referral, cioè insufficienza cronica non trattabile ! spesso la sintomatologia è scarsa nell’IRC, fino alla fase terminale, e a questo punto il paziente va accompagnato in dialisi. Nel cronico noto, la dialisi si inizia prima che compaia la sintomatologia uremica:

! filtrato < 15 ml/min è già indicazione alla dialisi, tassativamente sotto i 10 Secondo le attuali tecnologie, 5 ore di dialisi 3 volte a settimana mantengono il paziente con un filtrato di 20 ml/min circa (che è appena sufficiente), anche se normalmente i pazienti in dialisi

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fanno 4 ore per tre volte a settimana. E’ un palliativo che consente una buona qualità di vita e un buon stato biologico. Alcune indicazioni meno comuni sono:

! ipercalcemia > 14 mg/dl (nelle neoplasie) ! intossicazione da farmaci (alcune vanno trattate con emoperfusione) ! iperuricemia ! alcalosi metabolica ! ipotermia (si prende il sangue e si passa nel filtro con il riscaldatore, così da aumentare

la temperatura in maniera graduale) Esistono due diverse tecniche di dialisi:

! DIALISI EXTRACORPOREA: sangue viene fatto uscire dal paziente, passa attraverso un filtro e una macchina e viene reintrodotto nel soggetto.

! DIALISI PERITONEALE: il filtro è il peritoneo, il meccanismo della filtrazione

utilizza la cavità peritoneale che funge da raccolta del liquido di dialisi, per cui non si preleva il sangue.

DIALISI EXTRACORPOREA PRINCIPI DELLA DEPURAZIONE DIALITICA Con la dialisi bisogna togliere sostanze tossiche dall’organismo: i reni hanno funzione abolita, quindi le sostanze tossiche si accumulano. Allo stesso tempo vanno tolti liquidi dal paziente, perché avendo i reni che non funzionano, piano piano va incontro a oliguria e anuria. Il paziente in acuto spesso è oligoanurico, mentre il paziente cronico non ha oliguria, perché l’IRC non comporta oliguria, ma spesso comporta poliuria e nicturia per motivi osmotici, una diuresi poco efficace però mantenuta; il paziente in dialisi, dopo un po’ va in anuria (anche se prima funzionavano un po’, dopo la dialisi i reni smettono di funzionare perché la macchina lavora al posto loro, quindi somministrare lasix, che agisce sul tubulo, per fare urinare un paziente anurico è una sciocchezza). Il paziente ha anche un’acidosi metabolica, perché il meccanismo tampone è abolito. Quindi, abbiamo un sangue ricco di sostanze tossiche: per toglierle, si mette il sangue a contatto, attraverso una membrana semipermeabile (porosa), con una soluzione che ha concentrazioni diverse rispetto a quelle del sangue (es: voglio togliere un soluto, lo metto in concentrazione minore nel liquido dialitico) ! si crea un gradiente di concentrazione che comporta un passaggio di soluti da dove sono più concentrati a dove sono meno concentrati, così posso togliere o mettere diversi soluti. La legge di Fick è la legge che regola questa diffusione:

J = - DA )c )d

J: flusso di soluto da un compartimento all’altro D: diffusività, coefficiente specifico per un dato insieme soluto-solvente; esprime la tendenza di un soluto a diffondere dal sangue al bagno dialitico

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A: superficie della membrana semipermeabile )c: differenza di concentrazione del soluto tra i due compartimenti )d: spessore della membrana semipermeabile. Nello stesso passaggio, devo togliere anche acqua dal sangue del paziente: viene creata una pressione di ultrafiltrazione come avviene nel rene normale, ma invece di spingere il sangue attraverso la membrana, si genera una pressione negativa all’interno del filtro, inducendo una sorta di aspirazione di liquidi dal sangue. All’inizio abbiamo il sangue ricco di sostanze al tempo zero: viene fatto girare nel circuito, dove entra in contatto con il filtro e il bagno di dialisi, in cui ci sono le sostanze che voglio alla concentrazione necessaria, così da far passare i soluti. Così il sangue nel filtro si depura, e successivamente il bagno di dialisi viene scaricato. Per l’ultrafiltrazione, il meccanismo è più o meno lo stesso: la pressione negativa imposta con la macchina aspira il sangue. Un circuito di dialisi normale ha contemporaneamente diffusione e ultrafiltrazione, grazie a parametri impostati nella macchina. Un paziente anurico, nelle 48 ore in cui non fa dialisi, può aumentare di 4 chili, dovuti all’assunzione di circa 1,5 litri al giorno più liquidi introdotti con la dieta: sono già molti, perché per

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togliere 4 chili in 4 ore devo applicare un’ultrafiltrazione di 1kg/h (di solito sono 700 g/h), che è molto elevata e crea un effetto fisarmonica negativo. Composizione di sangue e bagno dialitico: il sangue al tempo zero è pieno di urea e creatinina, potassio e acido urico elevati, mentre il sodio è abbastanza compensato: nel bagno non metto ciò che voglio rimuovere il più possibile (di ipocreatininemia non si muore, di ipopotassiemia sì, quindi posso non mettere creatinina, ma devo bilanciare correttamente il potassio ! 6,2 + 2 = 8,2/2 * 4, che è il valore normale). I bagni sono standard per 2-2,5 di potassio, ma bisogna fare attenzione a situazioni in cui il paziente potrebbe non avere il potassio alto, come in seguito a episodi di diarrea, vomito o digiuno prolungato: in questo caso va controllato il valore del potassio (è difficile che un dializzato sia in ipopotassiemia, quindi normalmente hanno concentrazioni elevate). Nel bagno dialitico metto un’elevata concentrazione di bicarbonato, che così passa nel sangue, dove invece è basso, e tampona l’acidosi metabolica del paziente.

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Il sangue viene pompato da una pompa peristaltica che schiaccia il tubo col sangue contro una parete e questo meccanismo comporta un flusso; il sangue viene messo dentro al filtro, il bagno di dialisi irrora il filtro e viene poi scaricato. Nel circuito della dialisi stanno 300 cc di sangue alla volta: per prelevare questa quantità di sangue non posso prendere una vena periferica (non riuscirebbe a riempire il circuito), ma dobbiamo avere accessi di calibri maggiori, perciò in urgenza si mette un catetere venoso centrale in femorale (facile trombosi distale), giugulare (meglio) o succlavia. Catetere è una cosa temporanea, perché dal punto di vista infettivologico non può essere mantenuto a lungo. Quando il paziente è in dialisi cronica, si fa una fistola artero-venosa o, quando non è fattibile (come nei pazienti anziani, dove non si sviluppa in maniera idonea) si mette un catetere tunnellizzato (centrale a permanenza). Catetere temporaneo ! tubo di teflon o siliconico con due uscite, perché è un bilume, uno arterioso e uno venoso (può durare sei mesi se cambiato adeguatamente, ma va messo in urgenza e va fatta la fistola quanto prima, perché così è facile avere un’infezione importante, perché è una porta aperta). Catetere tunnellizzato ! è un catetere che, invece di essere piantato nel sottocute, è inserito attraverso un tunnel sottocutaneo: quindi, a livello pettorale, si fa un taglietto, si scava un tunnel, si inserisce il catetere sopra la clavicola che va in giugulare, arriva in atrio destro o in cava superiore e rimane fissato: una volta che questo tunnel è andato in fibrosi, isola completamente il sangue dall’esterno, così da non dare comunicazione tra sangue ed esterno (sono cateteri che possono durare anni). Fistola artero-venosa ! è una comunicazione tra due organi cavi, in questo caso un’arteria e una vena: si effettua un taglio laterale sia all’arteria che alla vena, creando uno shunt tra arteria e vena (latero-laterale, perché col terminale si rischia l’ischemia della mano). In questo modo ho una vena con flusso superiore (pungo la vena e non l’arteria perché ha una parete meno spessa, è meno profonda e risponde bene all’aumento di pressione dilatandosi). La fistola è considerata generalmente meglio della protesi vascolare, che è sempre qualcosa di eterologo, per cui la fistola è la cosa migliore, anche se può avere dei problemi, basta fare uno stravaso una volta e si rischia di chiudere la fistola.

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Le protesi vengono fatte quando non si riesce più a utilizzare la fistola. Lo spazio tra le due punture è di sicurezza, perché se sto troppo vicino rischio di andare a prendere quello che ho appena reimmesso. Il filtro ricostruisce quello che è il funzionamento di un capillare: il sangue scorre all’interno di un cilindro, circondato da una membrana semipermeabile e da un liquido, che in questo caso è il bagno di dialisi. I filtri sono fibre cave che contengono il sangue: vengono riunite da una colata di silicone, così si creano due compartimenti, il sangue circola all’interno dei capillari, mentre il tutto viene bagnato dal liquido di dialisi, la fibra è immersa nel liquido di dialisi per cui la superficie di contatto è massima. Un filtro medio (200 micron di diametro) comprende 2 metri quadrati di membrana (30 micron di spessore, pori sono regolari). Il filtro è poroso, viene usata un’amalgama sintetica biocompatibile.

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COMPLICANZE INTRADIALITICHE Sono legate al fatto che si tratta di un circuito extracorporeo, quindi l’ipotensione/ipertensione e l’instabilità emodinamica sono all’ordine del giorno. Le alterazioni elettrolitiche sono dovute al fatto che l’equilibrio è molto delicato, soprattutto del potassio, del calcio e del magnesio:

! ipo/ipernatriemia ! ipokaliemia ! ipercalcemia ! ipermagnesemia

L’emolisi è un evento che non dovrebbe più verificarsi (meccanica, da circuiti rudimentali). Altre possibili complicanze sono embolie gassose e reazioni da ipersensibilità al materiale del filtro (attivazione immunologica o attivazione coagulativa/piastrinica). La sindrome da disequilibrio è una cosa un po’ specifica: evenienza di sintomi neurologici del paziente, governata dal passaggio di soluti ! quando attacco il paziente ha la massima concentrazione di soluti a livello extracellulare che velocemente cala (soluti escono) e si crea una parziale ipotonia dell’extracellulare, che causa passaggio d’acqua all’interno delle cellule per osmosi, che si gonfiano e a livello cerebrale comporta la sindrome da disequilibrio. DIALISI PERITONEALE Metodica depurativa simile, ma in Europa è utilizzata solo dal 30% dei dializzati (mentre in America arriva fino al 55%): il paziente sta a casa, se la fa da solo e va al centro dialisi una volta al mese per fare i controlli. Il concetto è lo stesso, ma al membrana è il peritoneo, che è già irrorato abbondantemente, quindi non ho bisogno né della pompa né dell’accesso: si mette il liquido di dialisi all’interno della cavità peritoneale attraverso il catetere di Tenckoff che viene posizionato a livello intraperitoneale ed è dotato di due cuffie, una esterna a livello del sottocute e l’altra interna a livello della parete muscolare. Il catetere rimane dentro al peritoneo. Lo schema è semplice: si riempie la cavità peritoneale di 2 litri per volta, staziono per due ore e alla fine scarico questo liquido che ha le stesse caratteristiche dell’altro, cioè sarà ricco di sostanze tossiche. In questo caso non posso fare l’ultrafiltrazione con la pressione negativa, ma utilizzo una sacca da due litri di soluzione ipertonica, che fa fuoriuscire liquidi per diffusione (metto 2 litri e ne tolgo circa 2,5, a seconda di quanto è concentrata l’ipertonica). Questa dialisi va fatta tutti i giorni: è più biologica, ma più impegnativa, vanno fatti 4 o 5 scambi al giorno (è disponibile anche una macchina che lavora durante la notte).

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Le applicazioni sono molteplici: nell’insufficienza renale acuta si può usare, ma è molto meno efficiente per rimuovere i liquidi (se ho un edema polmonare non riesco a calare di peso, è più efficiente la dialisi extracorporea in acuta). In certi casi, specie quando l’emodinamica è instabile, si può usare, ma generalmente è meno indicata. In cronico, si può usare i CAPD, che è lo schema classico, effettuato in manuale, oppure APD, che viene svolto in automatico dalla macchina.

Macchina in automatico durante la notte carica, scarica e staziona: normalmente, si fanno 3 sacche di normotonica e una di ipertonica ogni notte. Il paziente peritoneale è sempre sovrappeso, perché la rimozione di liquidi è meno efficiente.

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COMPLICANZE DELLA DIALISI PERITONEALE ! Peritonite: la diagnosi è sempre abbastanza precoce, ma dopo una peritonite bisogna

ritornare il emodialisi ! Malposizionamento del catetere ! Infezione del tunnel sottocutaneo ! Perdite ematiche nel liquido peritoneale

La peritoneale si può fare in tutti. Spesso sono i pazienti a preferire l’emodialisi. SCELTA DEL TIPO DI DIALISI IN ACUTO

! Emodialisi, se necessita di rimuovere velocemente liquidi ! Dialisi peritoneale nei bambini ! Terapie a basso flusso in caos di instabilità cardiovascolare

IN CRONICO

! Emodialisi ! Dialisi peritoneale

Non vi sono criteri o linee guida che inducono alla scelta di una metodica rispetto all’altra in cronico. TRAPIANTO DI RENE

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Il rene è uno dei pochi organi che può usufruire della terapia sostitutiva artificiale (dialisi) o sostituzione naturale (trapianto): le due opzioni non si escludono a vicenda, poiché un paziente in dialisi può fare il trapianto, che se fallisce può essere sostituito nuovamente con la dialisi. L’IRC si avvale di entrambi i trattamenti: quello artificiale compensa solo la funzione escretrice, mentre la funzione endocrina va integrata con i farmaci ! dialisi mantiene il paziente in vita CON la malattia, mentre il trapianto sostituisce l’organo malato TIPI DI TRAPIANTO POSSIBILI Nel primo caso, si fa quando si verificano traumi: il rene può essere riposizionato o spostato; il terzo è il più frequente. SCELTA DEL DONATORE Donatore vivente:

! consanguineo ! non consanguineo, legalmente apparentato ! non consanguineo, non legalmente apparentato

Donatore cadavere (in morte cerebrale, ma con cuore funzionante):

! singolo ! doppio ! multiorgano

CRITERI DI ESCLUSIONE DEL DONATORE Al momento del prelievo si fa biopsia renale per valutare lo stato del rene.

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CRITERI DI VALUTAZIONE DEL RICEVENTE Psicosi ! paziente è inaffidabile, da abuso di droghe o farmaci, il trapianto è sconsigliato. VALUTAZIONE DELLA COMPATIBILITÀ IMMUNOLOGICA Gruppo sanguigno: deve essere identico, occasionalmente si sceglie un gruppo compatibile. Il fattore Rh non ha importanza. Tipizzazione antigeni HLA: classe I sierologica e genomica, classe II genomica. Cross-match: si effettua tra il siero del ricevente e i linfociti del donatore (esprimono sulla loro superficie il sistema HLA come le cellule dell’organo da trapiantare, ma sono più semplici da raggiungere) e serve per evidenziare se vi sono anticorpi preformati contro gli antigeni del donatore (se presenti, si evidenzierebbe subito il rigetto). PROCEDIMENTO Il rene viene lavato dal sangue, per fuso con apposito liquido e messo a una temperatura di +4°C: in queste condizioni, resiste circa 10-15 ore, fino a 20-24 ore (c’è rischio di necrosi delle cellule tubulari, le quali sono le prime a soffrire per l’ipossia, anche se il liquido che lo per fonde contiene sostanze nutritive). Il rene viene posizionato nella fossa iliaca e collegato ai vasi iliaci (iliaca comune o iliaca esterna). Viene mantenuto in posizione extraperitoneale per evitare danni alla sierosa. Il recupero dopo l’intervento è molto rapido. La laparoscopia ha permesso di accorciare i tempi dell’intervento e consente un recupero ancora più veloce. Se il rene del ricevente è ancora parzialmente funzionante, posso fare un’anastomosi tra l’uretere del paziente e quello del rene trapiantato, altrimenti viene collegato direttamente alla vescica.

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COMPLICANZE Chirurgiche:

! vasi: trombosi arteria renale, trombosi vena renale, stenosi arteria renale. Le stenosi possono verificarsi per errori di cucitura: questo provoca ipertensione renale e rottura dell’uretere per ischemia

! linfatici: raccolte linfatiche, linfocele ! via urinaria: ostruzioni ureterali, fistola urinosa, stenosi ureterali

Immunologiche: la complicanza più importante è il RIGETTO ! risultante di una serie di eventi immunologici che conseguono al riconoscimento come estranei, da parte del sistema immunitario, degli antigeni di istocompatibilità che sono presenti nell’organo trapiantato e sono assenti nel ricevente. Il rigetto è dato dagli antigeni HLA ! Ad oggi gli alleli HLA A sono 28; HLA B sono 50; HLA C sono10; HLA DP sono 20; HLA DQ sono 21 HLA DR sono 45. Gli aplotipi >3000. Genotipi nell’ordine 10 alla sesta.

! Cromosoma 6 (braccio corto) ! Loci A, B, C, codificano antigeni HLA di Classe I ! Loci DR, DQ, DP codificano antigeni HLA di Classe II

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1°, 2° e 3° segnale attivano il sistema immunitario. TIPOLOGIE DI RIGETTO Rigetto iperacuto: avviene al declampaggio dei vasi, subito dopo il trapianto per anticorpi preformati (fallimento del crossmatch): l’organo si affloscia. Avviene entro pochi minuti od ore. È dovuto alla presenza di anticorpi pre-esistemti nel ricevente (non avviene quasi più). Rigetto acuto: avviene dopo pochi giorni o settimane, ma può presentarsi in ogni momento; è dovuto all’attivazione dei linfociti T (ricorda una nefropatia interstiziale). Rigetto cronico: si presenta dopo mesi od anni. È dovuto all’attivazione di meccanismi cellulari (linfociti T e B), e umorali (anticorpi o immunocomplessi). E’ subdolo, esula dalla terapia immunosoppressiva, progredisce e il ricevente forma anticorpi con cui attacca l’organo.

Ora la sopravvivenza a 5 anni è quasi del 90%.

Meccanismi del Rigetto

• REAZIONE DI RIGETTO CELLULO-MEDIATA

Il riconoscimento degli antigeni di istocompatibilità da parte del sistema immunitario dell’ospite da luogo a:

- Attivazione dei linfociti T citotossici - Attivazione dei monociti-macrofagi - Infiltrazione cellulare del rene trapiantato

• REAZIONE DI RIGETTO ANTICORPO-MEDIATA - Produzione di anticorpi da parte dei linfociti B, Plasm. - Aggressioni delle strutture vascolari del trapianto

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TERAPIA IMMUNOSOPPRESSIVA NEL TRAPIANTO

La terapia immunosoppressiva può dare complicanze:

! infezioni precoci

! infezioni opportunistiche

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La terapia immunosoppressiva cronica, inoltre, a lungo termine riduce la sorveglianza anche sulle cellule neoplastiche: si formano tumori de novo (Kaposi, Linfomi, carcinomi renali) o da neoplasie guarite o latenti: a volte può essere presente nel donatore. Anche l’infezione di alcuni virus (oltre alla patologia di base) può favorire l’insorgenza del tumore (polyomavirus). Altre complicanze comprendono la recidiva della nefropatia di base e una serie di disturbi clinico-metabolici (cardiovascolari, osteoarticolari, ipertensione, epatopatie, diabete, etc).