Models for hazards mapping

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Modelli, o meglio, pezzi di modelli idrogeologici Riccardo Rigon, Marta Martinengo, Marialaura Bancheri, Stefano Tasin & Giuseppe Formetta LIFE 15/IT/000030 REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO LIFE. UNO STRUMENTO FINANZIARIO DELL’UNIONE EUROPEA Vari Autori

Transcript of Models for hazards mapping

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Modelli, o meglio, pezzi di modelli idrogeologici

Riccardo Rigon, Marta Martinengo, Marialaura Bancheri, Stefano Tasin &

Giuseppe Formetta

LIFE 15/IT/000030 REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO LIFE. UNO

STRUMENTO FINANZIARIO DELL’UNIONE EUROPEA

Var

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uto

ri

Page 2: Models for hazards mapping

In questa presentazione si usano varie

foto , mappe e altro trovato in Internet. Cito

sempre la fonte (che spesso è un sito web).

Il fatto che le fonti siano citate, non

significa che vi sia, necessariamente un

“endorsement” di quanto scritto nei siti

web. Molto spesso sono scritte cose

sensate. Ma non sempre.

Page 3: Models for hazards mapping

“Co i modei se sbaia.

Figuremose sensa.”*

“Con i modelli si sbaglia.

Figuriamoci senza!”

A. Marani

Page 4: Models for hazards mapping

!4

Si comincia sempre da Galileo e Newton

La gravità (una forza) agisce accelerando il grave in moto

Rigon et Al.

Page 5: Models for hazards mapping

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1 Descrizione dell’area di studio

Il Torrente Meledrio è uno degli affluenti di destra del fiume Noce in Val di Sole, ha un’area dicirca 53 km2 e si trova sul versante Nord della Val di Sole. Il Torrente Meledrio si sviluppa tra lequote 2934m m s.m.m. e 860m m s.m.m.1 . Morfologicamente è costituito da un ramo principaleche nasce in Val Rendena, attraversa Passo Carlo Magno dove si unisce con il Rio Campo CarloMagno e scende verso la Val di Sole. In quest’ultimo tratto confluiscono nel Meledrio diversi rii didimensioni considerevoli sia in destra che in sinistra orografica.

Sul conoide del Torrente Meledrio si trovano gli abitati di Pellizzano, ad ovest, e di Carciato adest che occupano circa il 20% dell’area dell’intero conoide, aree della stessa entità sono destinatead attività agricole e ricreative.

Figure 1: Bacino del Torrente Meledrio: vista aerea 3D

2 Analisi geologica

L’analisi geologica di riferimento è quella riportata nello studio del Servizio Bacini Montani “Studioidraulico del Torrente Meledrio attraverso l’abitato di Dimaro” a cura del dott. Silvio Grisotto.Tale studio si basa sulla carta geologica prodotta dal Servizio Bacini Montani e disponibile informato shapefile nella quale sono distinte le diverse classi di permeabilità al fine della valutazionedella risposta idrologica del bacino.

2.1 Inquadramento morfometrico ed idrografico del bacino

Secondo tale studio l’analisi morfometrica e del profilo longitudinale evidenzia come si tratti di unbacino in condizioni di buona evoluzione morfologica e volumetrica, con sufficiente equilibrio trai processi erosivi e quelli deposizionali, con una distribuzione delle superfici alle diverse classi diquota che indica condizioni di maturità. La forma planimetrica del bacino è abbastanza allungata(valore dell’indice di Gravelius pari a 2.02). All’interno del bacino si registrano ancora processierosivi ancora molto attivi, in particolare sui versanti, causati dalla loro elevata pendenza media,in particolare quelli del versante destro, e dalle caratteristiche meccaniche dei terreni e substratiche li compongono.

Il profilo longitudinale del corso d’acqua, Fig.(4), evidenzia un tratto iniziale a pendenza più omeno uniforme (circa 19 – 20%) a cui succedono verso monte una serie di soglie morfologiche conalternanza di zone bassa pendenza con zone a pendenza piu elevata, che favoriscono alternanza di

1Le quote riportate nella relazione del dott. Grisotto e quelle di Hydrologis sono differenti.

2

Ne possiamo dunque dedurre che

qui l’acqua è

p i ù v e l o c e

p e r c h è h a

costantemente

accelerato ?q u i l ’ a c q u a

a c c e l e r a p i ù

v e l o c e m e n t e

perchè c’è più

pendenza ?

andando

Rigon et Al.

Che continuano a valere, ma …

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Nell’esperimento di Galileo, l’attrito era eliminato il più possibile.

1 Descrizione dell’area di studio

Il Torrente Meledrio è uno degli affluenti di destra del fiume Noce in Val di Sole, ha un’area dicirca 53 km2 e si trova sul versante Nord della Val di Sole. Il Torrente Meledrio si sviluppa tra lequote 2934m m s.m.m. e 860m m s.m.m.1 . Morfologicamente è costituito da un ramo principaleche nasce in Val Rendena, attraversa Passo Carlo Magno dove si unisce con il Rio Campo CarloMagno e scende verso la Val di Sole. In quest’ultimo tratto confluiscono nel Meledrio diversi rii didimensioni considerevoli sia in destra che in sinistra orografica.

Sul conoide del Torrente Meledrio si trovano gli abitati di Pellizzano, ad ovest, e di Carciato adest che occupano circa il 20% dell’area dell’intero conoide, aree della stessa entità sono destinatead attività agricole e ricreative.

Figure 1: Bacino del Torrente Meledrio: vista aerea 3D

2 Analisi geologica

L’analisi geologica di riferimento è quella riportata nello studio del Servizio Bacini Montani “Studioidraulico del Torrente Meledrio attraverso l’abitato di Dimaro” a cura del dott. Silvio Grisotto.Tale studio si basa sulla carta geologica prodotta dal Servizio Bacini Montani e disponibile informato shapefile nella quale sono distinte le diverse classi di permeabilità al fine della valutazionedella risposta idrologica del bacino.

2.1 Inquadramento morfometrico ed idrografico del bacino

Secondo tale studio l’analisi morfometrica e del profilo longitudinale evidenzia come si tratti di unbacino in condizioni di buona evoluzione morfologica e volumetrica, con sufficiente equilibrio trai processi erosivi e quelli deposizionali, con una distribuzione delle superfici alle diverse classi diquota che indica condizioni di maturità. La forma planimetrica del bacino è abbastanza allungata(valore dell’indice di Gravelius pari a 2.02). All’interno del bacino si registrano ancora processierosivi ancora molto attivi, in particolare sui versanti, causati dalla loro elevata pendenza media,in particolare quelli del versante destro, e dalle caratteristiche meccaniche dei terreni e substratiche li compongono.

Il profilo longitudinale del corso d’acqua, Fig.(4), evidenzia un tratto iniziale a pendenza più omeno uniforme (circa 19 – 20%) a cui succedono verso monte una serie di soglie morfologiche conalternanza di zone bassa pendenza con zone a pendenza piu elevata, che favoriscono alternanza di

1Le quote riportate nella relazione del dott. Grisotto e quelle di Hydrologis sono differenti.

2

Inoltre il moto del grave Galileiano non modificava la forma del mezzo

Rigon et Al.

Friction

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WATER RESOURCES RESEARCH, VOL. 28, NO. 4, PAGES 1095-1103, APRIL 1992

Energy Dissipation, Runoff Production, and the Three-Dimensional Structure of River Basins

IGNACIO RODRfGUEZ-ITURBE,I, 2 ANDREA RINALDO, 3 RICCARDO RIGON,'* RAFAEL L. BRAS, 2 ALESSANDRO MARANI, 4 AND EDE IJJ/(Sz-VXSQUEZ 2

Three principles of optimal energy expenditure are used to derive the most important structural characteristics observed in drainage networks: (I) the principle of minimum energy expenditure in any link of the network, (2) the principle of equal energy expenditure per unit area of channel anywhere in the network, and (3) the principle of minimum total energy expenditure in the network as a whole. Their joint applica,tion results in a unified picture of the most important empirical facts which have been observed in the dynamics of the network and its three-dimensional structure. They also link the process of runoff production in the basin with the characteris.tics of the network.

INTRODUCTION' THE CONNECTIVITY ISSUE

Well-developed river basins are made up of two interre- lated systems' the channel network and the hillslopes. The hillslopes control the production of runoff which in turn is transported through the channel network toward the basin outlet. Every branch of the network is linked to a down- stream branch for the transportation of water and sediment but it is also linked for its viability, through the hillslope system, to every other branch in the basin. Hillslopes are the runoff-producing elements which. the n. etwork connects, transforming the spatially distributed potential ,energy aris- ing from rainfall in the hillslopes to kinetic energy in the flow through the channel reaches. In this paper we focus on the drainage network as it is controlled by energy dissipation principles. It !s precisely the need for effective connectivity that leads to the treelike structure of the drainage network. Figure !, from Stevens [1974], illustrates this point. Assume one wishes to connect a set of points in a plane to a common outlet and for illustration pu.rposes assume that every point is equally distant from its nearest neighbors. Two extreme ways to establish the connection would be through the spiral and the explosion type of patterns. The explosion pattern has the advantage that it connects every parcel of the system to the outlet in the most direct manner. Nevertheless it .rejects any kind of interaction between the different parts and the total path length for the system as a whole is extremely large. Thus although it has the minimum average path connecting each parcel to the outlet, it lacks shortness as a whole. The spiral pattern on the other .hand is quite short for the systems as a whole, but it leads to an extremely large average path from a point to the outlet. One is tempted to say that from an organizational point of view the spiral repre- sents pure socialism and the explosion pure capitalism. In one case the system is supposed to operate at its best as a whole with a total disregard for the average individual, who finds himself in the worst possible condition. In the other

•Instituto Internacional de Estudios Avanzados, Caracas. 2Ralph M. Parsons Laboratory, Massachusetts Institute of Tech-

no!ogy, Cambridge. 3Universita di Trento, Trento, Italy. 4Universira di Venezia, Venice, Italy. Copyright 1992 by the American Geophysical Union.

Paper number 91WR03034. 0043.1397/92/91 WR-03034505.00

case each individual is supposed to operate at his best completely oblivious of his neighbors, but the system as a whole cannot survive.

Branching patterns accomplish connectivity combining the best of the two extremes; they are short as well as direct. The drainage network, as well as many other natural con- necting pat. terns, is basically a transportation sygtem for which the treelike structure is a most appealing structure from the point of view of efficiency in the construction, operation and maintenance of the system.

The drainage network accomplishes connectivity for transportation in three dimensions working against a resis- tance force derived from the friction of the flow with the bottom and banks of the channels, the resistance force being itself a function of the flow and the channel characteristics. This makes the analysis of the optimal connectivity a com- plex problem that cannot be separated from the individual optimal channel configuration and from .the spatial charac- terization of the runoff production inside the basin. The question is whether there are general principles that relate the structure of the network and its individual elements With the rate of energy expenditure which takes place in the system as a whole and in each of its elements.

PRINCIPLES OF ENERGY EXPENDITURE IN DRAINAG.E NETWORKS

A link of a drainage network carries a wide range of discharges resulting from a variety of rainfall events (of different intensities and duration) and antecedent conditions of soil moisture. The individual channel characteristics are commonly assumed to be controlled by the bank-full dis- charge that the channel is capable of transporting: It is also true, though, that most of the work the flow performs throughout time takes place at discharges smaller than the bank-full capacity. From this point of view the mean annual flow may be considered a more representative discharge condition to characterize the work being done by the flow. Thus it is likely that any principles of optimal energy expenditure responsible for the three-dimensional structure of the drainage network will yield the same type of results when applied to the case of bank-full discharges as when the flow is characterized at every link by the corresponding mean annual value.

Three different principles are now postulated' (1) the principle ,of minimum energy expenditure in any link of the

1095

1096 RODFffGUEZ-ITURBE ET AL,' STRUCTURE OF DRAINAGE NETWORKS

233.1, •-- 303,3

L- 3.73

Fig. 1. Different patterns of connectivity of a set of equally spaced points to a common outlet. L r is the total length of the paths, and L is the average length of the path from a point to the outlet. In the explosion case, L •2) refers to the case when there is a minimum displacement among the points so that there is a different path between each point and the outlet [from Stevens, 1974].

network; (2) the principle of equal energy expenditure per unit area of channel anywhere in the network; and (3) the principle of minimum energy expenditure in the network as a whole. It will be shown that the combination of these principles is a sufficient explanation for the treelike structure of the drainage network and, moreover, that they explain many of the most important empirical relationships observed in the internal organization of the network and its linkage with the flow characteristics. The first principle expresses a local optimal condition for any link of the network. The second principle expresses an optimal condition throughout the network regardless of its topological structure and later on in this paper will be interpreted in a probabilistic frame- work. It postulates that energy expenditure is the same everywhere in the network when normalized by the area of the channel on which it takes place. Thus even with the first principle there will be channels that spend much more energy per unit time than others only because of their larger discharge. The second principle makes all channels equally efficient when adjusted for size. The third principle is ad- dressed to the topological structure of the network and refers to the optimal arrangement of its elements.

The first principle is similar to the principle of minimum work used in the derivation of Murray' s !aw in physiological vascular systems. Murray [1926] derived a relation which states that the cube of the radius of a parent vessel should

equal the sum of the cubes of the radii of the daughter vessels (see, for example, Sherman [ 1981]). He assumed that two energy terms contribute to the cost of maintaining blood flow in any vessel: (1) the energy required to overcome friction as described by Poiseuille's law, and (2) the energy metabolically involved in the maintenance of the blood volume and vessel tissue. Minimization of the cost funcfi0a leads to the radius of the vessel being proportional to the lB power of the flow. Uylings [1977] has shown that when turbulent flow is assumed in the vessel, rather than lain'mar conditions, the same approach leads to the radius be'rag proportional to the 3/7 power of the flow. The secorot principle was conceptually suggested by Leopold and Lang. bein [1962] in their studies of landscape evolution. It is of interest to add that minimum rate of work principles have been applied in several contexts in geomorphic research. Optimal junction angles have been studied in this context by Howard [1971], Roy [1983], and Woldenberg and Horsfield [1986], among others. Also the concept of minimum work as a criterion for the development of stream networks has been discussed under different perspectives by Yang [1971] a•d Howard [1990], among others.

ENERGY EXPENDITURE AND OPTIMAL NETWORK CONFIGURATION

Consider a channel of width w, length L, slope $, and flow depth d. The force responsible for the flow is the downslope component of the weight, F1 = ptldLw sin /3 = ptIdLwS where sin/3 = tan/3 = S. The force resisting the movement is the stress per unit area times the wetted perimeter area, F2 = •(2d + w)L, where a rectangular section has been assumed in the channel. Under conditions of no acceleration of the flow, F1 = F 2, and then r = p.qSR where R is the hydraulic radius R = Aw/Pw = wd/(2d + w), Aw and being the cross-sectional flow area, and the wetted perimeter of the section, respectively. In turbulent incompressible flow the boundary shear stress varies proportionally to the squa• of the average velocity, r = Cfpv 2, where Cf is a dimen. sionless resistance coefficient. Equating the two expressions for ,, one obtains the well-known relationship, S = Cfv2/ (R•/), which gives the losses due to friction per unit weight of flow per unit length of channel. There is also an expendi• of energy related to the maintenance of the channel w•ch may be represented by F(soil, flow)P•L where F( ) is a complicated function of soil and flow properties represenf• the work per unit time and unit area of channel involved 'm the removal and transportation of the sediment which 0th- erwise would accumulate in the channel surface. From the equations of bed load transport one may assume that F = KT m where K depends only on the soil and fluid prope•es and m is a constant.

In a channel of length L and flow Q the rate of ene• expenditure may then be written as

v 2 Q3 P = Cfp •- QL + KTmpw L = CfpPw '•- L Aw

+ KC•p mv2mpwL The coefficient Cf depends mainly on the channel roughness which tends to decrease only slightly in the downstr-.eaga direction; on the whole the downstream reduction in rough-

Perchè i fiumi hanno

questa forma, piuttosto

che le altre ?

Rigon et Al.

Bella domanda !

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c o n t o r n o

bagnato

L a v e l o c i t à

dell’acqua varia

all’interno

Larghezza del fiume

pro

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Rigon et Al.

Un piccolo sguardo di dettaglio

Page 9: Models for hazards mapping

!9

In un fiume naturale:

•larghezza

•profondità

•pendenza

tendono ad essere tali per cui tutta l’energia potenziale

(gravitativa) è dissipata e

l’acqua tende (mediamente) a non accelerare

Accelera un po’ andando a valle, perchè il sedimento nei tratti vallivi

di fiume il sedimento, assai più fine, oppone minore resistenza al moto

dei massi che si possono trovare nei ruscelli di montagna

Rigon et Al.

E’ ovvio, a pensarci !

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R. Rigon

!10

Leopold & Maddock 1953: Relazioni tra Aree e Portata

Portata fluviale

Velocita piena

L a r g h e z z a

dell’alveo

P r o f o n d i t à

dell’alveo

Direzioni di Drenaggio e Aree Contribuenti

Page 11: Models for hazards mapping

R. Rigon

!11Avisio, after Rigon et al. 2006

Leopold & Maddock 1953: Relazioni tra Aree e Portata

Direzioni di Drenaggio e Aree Contribuenti

Page 12: Models for hazards mapping

R. Rigon

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Leopold & Maddock 1953: Relazioni tra Aree e Portata

Direzioni di Drenaggio e Aree Contribuenti

Page 13: Models for hazards mapping

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Dunque, andando da monte verso valle, l’acqua nei canali, nelle

medesime condizioni idrologiche, tende ad avere velocità costante.

1 Descrizione dell’area di studio

Il Torrente Meledrio è uno degli affluenti di destra del fiume Noce in Val di Sole, ha un’area dicirca 53 km2 e si trova sul versante Nord della Val di Sole. Il Torrente Meledrio si sviluppa tra lequote 2934m m s.m.m. e 860m m s.m.m.1 . Morfologicamente è costituito da un ramo principaleche nasce in Val Rendena, attraversa Passo Carlo Magno dove si unisce con il Rio Campo CarloMagno e scende verso la Val di Sole. In quest’ultimo tratto confluiscono nel Meledrio diversi rii didimensioni considerevoli sia in destra che in sinistra orografica.

Sul conoide del Torrente Meledrio si trovano gli abitati di Pellizzano, ad ovest, e di Carciato adest che occupano circa il 20% dell’area dell’intero conoide, aree della stessa entità sono destinatead attività agricole e ricreative.

Figure 1: Bacino del Torrente Meledrio: vista aerea 3D

2 Analisi geologica

L’analisi geologica di riferimento è quella riportata nello studio del Servizio Bacini Montani “Studioidraulico del Torrente Meledrio attraverso l’abitato di Dimaro” a cura del dott. Silvio Grisotto.Tale studio si basa sulla carta geologica prodotta dal Servizio Bacini Montani e disponibile informato shapefile nella quale sono distinte le diverse classi di permeabilità al fine della valutazionedella risposta idrologica del bacino.

2.1 Inquadramento morfometrico ed idrografico del bacino

Secondo tale studio l’analisi morfometrica e del profilo longitudinale evidenzia come si tratti di unbacino in condizioni di buona evoluzione morfologica e volumetrica, con sufficiente equilibrio trai processi erosivi e quelli deposizionali, con una distribuzione delle superfici alle diverse classi diquota che indica condizioni di maturità. La forma planimetrica del bacino è abbastanza allungata(valore dell’indice di Gravelius pari a 2.02). All’interno del bacino si registrano ancora processierosivi ancora molto attivi, in particolare sui versanti, causati dalla loro elevata pendenza media,in particolare quelli del versante destro, e dalle caratteristiche meccaniche dei terreni e substratiche li compongono.

Il profilo longitudinale del corso d’acqua, Fig.(4), evidenzia un tratto iniziale a pendenza più omeno uniforme (circa 19 – 20%) a cui succedono verso monte una serie di soglie morfologiche conalternanza di zone bassa pendenza con zone a pendenza piu elevata, che favoriscono alternanza di

1Le quote riportate nella relazione del dott. Grisotto e quelle di Hydrologis sono differenti.

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Rigon et Al.

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Le gocce si muovono

Rigon et Al.

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Le gocce si muovono

Rigon et Al.

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Le gocce si muovono

Rigon et Al.

Page 17: Models for hazards mapping

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Le gocce si muovono

Rigon et Al.

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Le gocce si muovono

Rigon et Al.

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Le gocce si muovono

Rigon et Al.

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Rigon et Al.

Tutte le gocce si muovono

Page 21: Models for hazards mapping

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Rigon et Al.

Tutte le gocce si muovono

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Rigon et Al.

Funzione di Ampiezza

Page 23: Models for hazards mapping

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Se la velocità è costante, dividendo la distanza per la velocità, si ottiene il tempo in cui un certo volume d’acqua arriva all’uscita !

Stiamo ponendo le basi per calcolare l’onda di piena.

Implicitamente abbiamo assunto che tutte le gocce d’acqua cadessero contemporaneamente. Le precipitazioni hanno un andamento nel tempo detto ietogramma

tempo

precipitazione

Rigon et Al.

C’è il tempo

Page 24: Models for hazards mapping

!24

Rigon et Al.

Solo perchè usiamo una teoria lineare

Page 25: Models for hazards mapping

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Quello che avete visto nelle immagini precedenti

è un gioco che si può fare con:

• Un sistema informativo territoriale (GIS)

• Un po’ di semplice programmazione (per esempio in Python)

Rigon et Al.

Ma lo potete fare anche voi

Page 26: Models for hazards mapping

!26

Mettiamoci ora il sedimento

Supponiamo di avere un geologo a disposizione che ci dica dove c’è sedimentoA

. Sp

eran

dio

Rigon et Al.

Qui ci vuole il geologo !

Page 27: Models for hazards mapping

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Vediamo ora dove è instabile

Qui abbiamo applicato una teoria semplificata della stabilità

Rigon et Al.

Qui ci vuole il geotecnico !

Page 28: Models for hazards mapping

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Vediamo ora dove è instabile

Come di vede, i luoghi instabili, riducono di molto le aree da cui il sedimento proviene.

Rigon et Al.

E naturalmente nascondiamo un sacco di equazioni sotto quel tappeto

Page 29: Models for hazards mapping

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Possiamo ora costruire la funzione di ampiezza del sedimento

per capire, allo stesso modo di come abbiamo fatto con la piena d’acqua, come il sedimento arriva ai canali.

Rigon et Al.

Futurame

Page 30: Models for hazards mapping

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Quando ?beh, questo non lo sappiamo veramente.

Rigon et Al.

Dimmi quando quando quando

Page 31: Models for hazards mapping

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9

IL MODELLO TRENT2DTransport in Rapidly Evolutive, Natural Torrent

9 Fondo mobile

Fase solida(fluido granulare)

Fase liquida(fluido interstiziale)

9 Descrizione bifase,approccio continuo

9 Schema ai volumi finiti9 Flussi alla Godunov

MODELLO MATEMATICO

MODELLO NUMERICO

CLIM

AWAR

E -F

enom

eni t

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lazio

ne:

il m

odel

lo T

RENT

2D W

G

Ora si possono usare modelli “idraulici” per determinare l’erosione, il trasporto e la deposizione del sedimento

Rigon et Al.

Qui ci vuole l’idraulico!

Page 32: Models for hazards mapping

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How hydraulics models works

E’ abbastanza ovvio che questi modelli idraulici debbano essere a

Fondo mobile

per dare risultati realistici.

Questo significa, che, oltre alle equazioni del movimento dell’acqua, devono avere le equazioni relative al movimento del sedimento.

Rigon et Al.

Page 33: Models for hazards mapping

!33

How hydraulics models works

Conservazione della massa

Conservazione della quantità di moto

Conservazione dell’energia

Rigon et Al.

Page 34: Models for hazards mapping

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Ma nei dettagli si annida il diavolo

Quali dettagli possiamo trascurare?

Possiamo trattare acqua e sedimento

come un unico mezzo (e quindi risparmiare

un po di equazioni) ?

http://rspa.royalsocietypublishing.org/content/470/2170/20130819

Rigon et Al.

How hydraulics models works

Page 35: Models for hazards mapping

!35

http://epod.usra.edu/blog/2013/08/mudflow.html

Qui sì

Rigon et Al.

How hydraulics models works

Page 36: Models for hazards mapping

!36

In una colata di fango, il fango e l’acqua

sono ben miscelati e legati, in alcuni casi chimicamente. Si muovono come un tutt’uno. Come un dentifricio (fluidi di Bingham)

Rigon et Al.

How hydraulics models works

Page 37: Models for hazards mapping

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9

IL MODELLO TRENT2DTransport in Rapidly Evolutive, Natural Torrent

9 Fondo mobile

Fase solida(fluido granulare)

Fase liquida(fluido interstiziale)

9 Descrizione bifase,approccio continuo

9 Schema ai volumi finiti9 Flussi alla Godunov

MODELLO MATEMATICO

MODELLO NUMERICO

CLIM

AWAR

E -F

enom

eni t

orre

ntizi

e m

odel

lazio

ne:

il m

odel

lo T

RENT

2D W

G

Qui no

Questo è particolarmente importante per stabilire dove la colata si arresta

Rigon et Al.

How hydraulics models works

Page 38: Models for hazards mapping

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In una colata di detriti, l’acqua e il detrito

si muovono separatamente. Quando l’ammasso rallenta, l’acqua prosegue nel suo moto e l’ammasso, impoverito di acqua, si ferma.

Rigon et Al.

La piena: acqua + sedimento + acqua

Page 39: Models for hazards mapping

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Questo ha una serie di conseguenze sulla

formazione delle portate*

Di solito, l’onda di piena la descriviamo così.

Rigon et Al.

La piena: acqua + sedimento + acqua

Page 40: Models for hazards mapping

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Abbiamo invece imparato che è così

La piena, contiene sedimento.

Rigon et Al.

La piena: acqua + sedimento + acqua

Page 41: Models for hazards mapping

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E invece è così*

Cioè oltre al sedimento, almeno in alcuni fenomeni estremi, c’è anche un “surplus” di acqua dovuto al rilascio delle colate, il cui detrito è fermo a monte.

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Rigon et Al.

La piena: acqua + sedimento + acqua

Page 42: Models for hazards mapping

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Dove ho imbrogliato ?

Ritorniamo alle slides precedenti

Rigon et Al.

Page 43: Models for hazards mapping

!43

Find this presentation at

Questa presentazione: http://abouthydrology.blogspot.it/2017/10/on-some-hydrological-extrems.html

Rigon and Bancheri

Per avere maggiori informazioni e conoscere l’avanzamento del progetto www.lifefranca.eu