Modello di Organizzazione, gestione e...

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SO.RI SOCIETA’ RISORSE S.P.A. ____________________ Versione 2 Pag. 1 |45 Modello di Organizzazione, gestione e controllo ai sensi del decreto legislativo 8 Giugno 2001 n° 231 Parte Speciale Versione 2 del 24/09/2014

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Modello di Organizzazione, gestione e

controllo

ai sensi del decreto legislativo 8 Giugno 2001 n° 231

Parte Speciale

Versione 2 del 24/09/2014

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Sommario

1. PREMESSA..................................................................................................................................... 3 2. LA REVISIONE ED AGGIORNAMENTO DEL MOG 231 IN SO.RI: REV. 02...................................... 3 3. LE FASI PER LA COSTRUZIONE DEL MOG 231 – REV. 01 IN SO.RI .............................................. 3 4. ELEMENTI DEL RISK ASSESSMENT – REV. 01 .............................................................................. 4 4.1. IDENTIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ A RISCHIO-REATO ............................................................. 4 4.2. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO IN SO.RI: LA METODOLOGIA APPLICATA NELLA REV. 01 ....... 6 4.2.1. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO PRELIMINARE IN SO.RI: CALCOLO DELLA PROBABILITÀ ....... 6 4.2.2. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO PRELIMINARE IN SO.RI: CALCOLO DELL’IMPATTO................. 8 4.2.3. LA DETERMINAZIONE DEL RISCHIO PRELIMINARE (EX ANTE).................................................. 9 4.3. GAP ANALYSIS .............................................................................................................................. 9 4.4. VALUTAZIONE DEL RISCHIO EX POST. ...................................................................................... 10 5. ATTIVITÀ RIFERIBILI AL VERTICE AZIENDALE ........................................................................ 10 5.1. REATI ASTRATTAMENTE NON CONCRETAMENTE IPOTIZZABILI ............................................ 11 IMPIEGO DI LAVORATORI IRREGOLARI (ART. 25 DUODECIES, D.LGS. 231/01) ................................ 17 5.2. REATI NON RILEVANTI AI FINI DELL’ANALISI DEI RISCHI, MA ASTRATTAMENTE IPOTIZZABILI. 20 5.3. REATI IPOTIZZABILI .................................................................................................................. 25 REATI COMMESSI NEI RAPPORTI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (ART. 24, D.LGS. 231/01)25 DELITTI INFORMATICI E TRATTAMENTO ILLECITO DI DATI (ART. 24-BIS, D.LGS. 231/01) ............ 26 DELITTI DI CRIMINALITÀ ORGANIZZATA (ART. 24-TER, D.LGS. N. 231/2001) ................................. 28 CONCUSSIONE, CORRUZIONE, INDUZIONE INDEBITA A DARE O PROMETTERE UTILITA’ (ART. 25, D.LGS.

231/01)....................................................................................................................................... 30 REATI DI FALSITÀ IN MONETE, CARTE DI PUBBLICO CREDITO, IN VALORI DI BOLLO E IN STRUMENTI O

SEGNI DI RICONOSCIMENTO (ART. 25-BIS, D.LGS. 231/01) ..................................................... 35 REATI SOCIETARI (ART. 25-TER, D.LGS. 231/01) ............................................................................... 36 DELITTI CONTRO LA PERSONALITÀ INDIVIDUALE (ART. 25-QUINQUIES, D.LGS. 231/01) .............. 40 REATI DI OMICIDIO COLPOSO E LESIONI COLPOSE GRAVI O GRAVISSIME, COMMESSI CON VIOLAZIONE

DELLE NORME SULLA TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO (ART. 25-SEPTIES, D.LGS. 231/01)....................................................................................................................................... 41

REATI IN MATERIA DI VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI AUTORE (ART 25-NOVIES D.LGS 231/2001) . 42 INDUZIONE A NON RENDERE DICHIARAZIONI O A RENDERE DICHIARAZIONI MENDACI ALL'AUTORITÀ

GIUDIZIARIA (ART. 25-DECIES, D.LGS. 231/01)........................................................................ 43 REATI AMBIENTALI (ART. 25-UNDECIES, D.LGS. N. 231/01).............................................................. 44 6. ALLEGATI: ................................................................................................................................... 45

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1. PREMESSA

2. LA REVISIONE ED AGGIORNAMENTO DEL MOG 231 IN SO.RI: REV. 02.

A seguito delle modifiche legislative introdotte dalla Legge 190/2012 in seno al D.Lgs. 231/01, l’Alta

Direzione della Società, anche su richiesta dell’Organismo di Vigilanza, ha proceduto ad effettuare la

revisione ed aggiornamento del Modello Organizzativo 231, affidando l’incarico ad un consulente esterno.

La metodologia adottata dal Consulente esterno per la revisione ed aggiornamento del Modello ha

comportato lo svolgimento di specifiche interviste rivolte verso il Direttore Operativo e verso i Coordinatori

delle Aree aziendali; le interviste si sono incentrate prevalentemente sui reati introdotti nel D.Lgs. 231/01

ad opera della Legge 190/2012, ovvero:

- Art. 319 quater c.p. “Induzione indebita a dare o promettere utilità”, fattispecie introdotta in seno all’art.

25 del D.Lgs. 231/01, “Concussione e corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità”

(rubrica così modificata dall'art. 1, comma 77, lettera a), legge n. 190 del 2012);

- Art. 2635 c.c. “Corruzione tra privati”, reato introdotto dalla Legge 190/2012 in seno all’art. 25 ter del

D.Lgs. 231/01 “Reati societari” , lettera S-bis.

Le interviste verso il Direttore Operativo ed i Coordinatori delle Aree aziendali erano volte a individuare, in

riferimento ai suddetti reati, le attività/processi sensibili e a focalizzare la percezione di rischio “ex ante”,

determinato dal grado di probabilità che un evento accada moltiplicato per l’impatto che il medesimo

genererebbe.

Gli aggiornamenti e le revisioni alla Mappatura delle attività sensibili, non trovano riscontro nel risk

assessment della prima stesura del Modello, in quanto l’attribuzione del grado di rischio potenziale (ex

ante), determinato sempre secondo il metodo probabilità X impatto, è scaturita direttamente nel corso delle

interviste ai process owner.

3. LE FASI PER LA COSTRUZIONE DEL MOG 231 – REV. 01 IN SO.RI

Per la costruzione del Modello di organizzazione, gestione e controllo di SO.RI si sono susseguite una serie

di fasi metodologiche di analisi.

In sintesi, di seguito, le singole fasi:

- Fase 1: Analisi preliminare. Tale fase ha previsto la raccolta della documentazione ed il reperimento

delle informazioni utili alla conoscenza dell’attività, del sistema organizzativo della Società, della

governance e dei processi aziendali.

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- Fase 2: Diagnosi e mappatura aree a rischio. Tale attività ha individuato, sulla base di specifiche

interviste ai soggetti ritenuti utili ai fini dell’acquisizione di informazioni, i processi e le attività

aziendali teoricamente esposte al rischio di commissione reato di cui al D.Lgs. n.231/2001.

- Fase 3: Gap Analysis. Tale fase ha previsto lo svolgimento dell’attività di “Gap Analysis” sul controllo

interno, dalle cui risultanze sono scaturite possibili ipotesi ed azioni di miglioramento del sistema

organizzativo e di controllo aventi lo scopo di limitare, ragionevolmente, l’esposizione della Società di

fronte ai rischi individuati nella fase precedente.

- Fase 4: costruzione del sistema di controllo interno. In tale fase sono stati individuati gli strumenti

organizzativi e di controllo ritenuti più opportuni a valorizzare l’efficacia dell’azione di prevenzione dei

reati. Tali strumenti trovano declinazione nei protocolli facenti parte del MOG. E’ stato strutturato ed

elaborato il Codice Etico della Società, il sistema disciplinare/sanzionatorio interno; il flusso di

informazioni da e verso l’Organismo di Vigilanza; un piano di formazione e comunicazione aziendale.

4. ELEMENTI DEL RISK ASSESSMENT – REV. 01

4.1. IDENTIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ A RISCHIO-REATO

L’art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001 prevede un’analisi delle attività svolte nell’ambito dell’Ente al fine di

individuare quelle che, in aderenza al Decreto, possono considerarsi a rischio di illecito.

Ogni Ente presenta aree di rischio la cui individuazione implica una particolareggiata analisi della struttura

aziendale e delle singole attività svolte. Pertanto, nella predisposizione del presente documento, si è tenuto

conto della peculiarità di ciascuna di esse e del contesto in cui SO.RI si trova ad operare.

Al fine di determinare i profili di rischio potenziale per l’Ente, ai sensi della disciplina dettata dal D.Lgs.

231/2001, sono state quindi:

- Individuate le attività svolte da ciascuna funzione aziendale, attraverso lo studio delle disposizioni

organizzative vigenti;

- Effettuate interviste ai soggetti con funzioni di responsabilità individuati in accordo con la Direzione di

SO.RI (V. successivo elenco dei Soggetti intervistati);

- Accertate le singole attività a rischio, nell’ambito delle diverse funzioni aziendali.

Visto il quadro normativo di riferimento, tenuto conto delle peculiarità proprie dell’azienda e della attività

che essa svolge nell’ambito del proprio oggetto sociale, si procede, con il presente documento, alla

individuazione delle ipotesi di reato presupposto concretamente configurabili ed alla qualificazione del

rischio di una loro commissione da parte del personale di SO.RI (sia da parte di soggetti apicali che di

soggetti subordinati) nell’interesse o con il vantaggio di quest’ultima.

I soggetti apicali e non, Responsabile Operativo e Responsabili di Ufficio o funzioni aziendali da questi

coordinati, oggetto di interviste sono di seguito elencati:

- Dott. Enrico Cecchin (Responsabile Operativo);

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- Dott. ssa Alessandra Panci (Amministrazione / Risorse Umane);

- Dott. ssa Elena Ferri (Resp. Amministrazione – finanza - controllo);

- Dott.ssa Cristina Noci (Resp. Servizio Riscossione Coattiva);

- Dott. Ssa Carla Cavicchi (Servizio Riscossione Coattiva);

- Dott.ssa Sonia Cupaiolo (Resp. Servizio Front Office);

- Dott. Franco Luti (Resp. Servizio Back Office);

- Dott.ssa Carlotta Capitanio (Servizio Back Office);

- Dott.ssa Silvia Badini (Coordinatrice Ufficio Protocollo).

Inoltre è stata effettuata un’analisi dei possibili ed eventuali concorsi di persone nel reato per tutte quelle

attività “sensibili”, che prevedono cioè processi in cui sono coinvolti più soggetti/funzioni aziendali o

soggetti terzi di cui la Società si avvale nell’esercizio delle attività stesse.

Pertanto, in conseguenza di quanto sopra esposto è stata predisposta la c.d. “mappatura delle aree a rischio-

reato” nella quale sono state evidenziati:

1. Il processo cui appartiene l’attività a rischio-reato;

2. La tipologia del potenziale rischio associato all’attività sensibile;

3. I potenziali reati associabili.

Per una maggiore comprensione, si rinvia agli allegati della Mappatura e del Risk assessment e

Catalogo dei Reati presupposto, che contiene le schede esplicative dei singoli reati.

4. I controlli: per ciascuna attività a rischio-reato sono stati identificati i controlli esistenti in SO.RI e

analizzati quelli “a presidio” che verranno implementati a seguito della costruzione del Modello

Organizzativo; i controlli a presidio sono una diretta conseguenza dell’attività di Gap analysis sui

controlli attualmente esistenti.

Sia la “Mappatura” che il Risk Assessment sono stati elaborati con riferimento alle aree di attività e condivisi

con i Responsabili della Direzione aziendale.

Gli output delle suddette attività trovano esplicazione nei documenti di Mappatura:

� Aree sensibili P.A.;

� Aree sensibili Reati informatici;

� Aree sensibili Reati societari;

� Aree sensibili reati contro la falsità in valori di bollo (…);

� Aree sensibili reati ex D.Lgs. 81/08 “Omicidio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime”;

� Aree sensibili Reati in materia di violazione del Diritto d’Autore;

� Aree sensibili Reati nei confronti dell’Autorità Giudiziaria;

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� Aree sensibili Reati Ambientali.

4.2. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO IN SO.RI: LA METODOLOGIA APPLICATA NELLA REV. 01

Misurare il rischio di un’attività, ai fini del D.Lgs. 231/2001, significa analizzare le probabilità che il fatto o il

comportamento che si vuole evitare possano verificarsi all’interno dell’organizzazione, compromettendo

quindi la sua capacità competitiva, la sua redditività o addirittura la sua stessa esistenza.

Il rischio può essere scomposto in quattro componenti:

� Un potenziale pericolo o la minaccia che l’evento negativo possa manifestarsi;

� La probabilità del verificarsi di tale evento negativo;

� La conseguenza di tale accadimento;

� L’esposizione al rischio, che è il prodotto della probabilità che il rischio si manifesti per il suo

impatto (dannoso) potenziale.

La percezione del rischio, dal punto di vista soggettivo, può essere influenzata dai seguenti fattori:

� Controlli che l’Ente effettua;

� Timori circa l’entità dell’impatto che il rischio può avere sulle attività dell’ente;

� Familiarità delle strutture direttive dell’ente con il rischio;

� Elementi esterni, quali ad es. la pressione esercitata sull’ente da parte del mercato, dei concorrenti

o degli investitori;

� Fiducia nelle capacità e nell’integrità dei dipendenti e dei collaboratori, nonché nella capacità della

struttura aziendale di determinare con facilità il verificarsi di un evento illecito dannoso.

Poiché non vi è alcun modo all’interno di un Organizzazione aziendale di ridurre i rischi a zero senza

aumentare a dismisura i costi del controllo o senza rischiare di paralizzare il normale svolgimento

dell’attività, gli organi direttivi dell’Organizzazione dovranno preliminarmente definire il grado di rischio

che essi sono disposti ad accettare, allo scopo di adeguare le attività di controllo e monitoraggio.

4.2.1. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO PRELIMINARE IN SO.RI: CALCOLO DELLA PROBABILITÀ

Il rischio inerente deve essere valutato congiuntamente alla verosimiglianza che i fattori che determinano

tali eventi possano accadere (probabilità) e alla capacità del management di mettere in atto azioni in grado

di limitare gli effetti negativi.

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La probabilità di misurazione dei rischi preliminari emersi a seguito degli audit effettuati sui principali

processi interni dell’Azienda SO.RI è stata rilevata attraverso sia le interviste effettuate ai proprietari dei

processi auditati, sia la valutazione di specifici fattori di rischio.

Il documento che evidenzia il sistema di calcolo della “probabilità” è contenuto nella parte speciale del MOG,

sezione Risk assessment; il documento di riferimento è denominato “Analisi dei rischi ex ante” e costituisce

allegato al presente documento.

Nel documento “Analisi dei rischi ex ante”, la probabilità di accadimento di un potenziale rischio/reato è

stata determinata secondo i seguenti principi:

a) A qualunque rischio viene attribuita inizialmente una probabilità media pari a 2,5: la scala della

probabilità va da un minimo di 1 a un massimo di 5; laddove il valore attribuito =< 1, la probabilità di

accadimento di un rischio è molto bassa, invece per grado 1=> 5, è molto alta.

b) Il valore medio iniziale viene corretto in più o in meno (scatti che vanno da un +0,36 a un -0,36) in

relazione ai fattori di rischio identificati di seguito indicati:

� rilevanza dell’attività/processo in relazione agli obiettivi di redditività/ sviluppo/operatività;

� frequenza dei contatti con le pubbliche amministrazioni;

� interesse aziendale;

� grado di discrezionalità/autonomia dei soggetti coinvolti nello svolgimento dell’attività (quindi

presenza di un reale sistema di deleghe e/o procure e non solo cartaceo, ma non rispondente alla

realtà);

� correlabilità del rischio a persone /funzioni;

� disponibilità di strumenti idonei alla commissione del reato da parte della funzione aziendale

intervistata;

� complicità (necessità di coinvolgere altri apicali nella commissione del reato).

Di seguito si riporta lo schema indicante i criteri utilizzati per l’attribuzione dei valori:

termine definizione punteggio

(+ o -)

assegnazione di probabilità

+0,36

sottrazione di probabilità -

0,36

Pro

ba

bil

ità

RILEVANZA

rilevanza dell'attività/processo in

relazione agli obiettivi di

redditività/sviluppo/operatività

dell'Azienda.

0,36

il processo/attività a cui il

rischio è correlato è

rilevante per l'Azienda

il processo/attività a cui il

rischio è correlato non è

rilevante per l'Azienda

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P.A

frequenza dei contatti con la P.A. in

riferimento all'attività/processo

sensibile esaminato

0,36

In relazione a quella

specifica attività/processo,

l'Azienda sviluppa ed ha

rapporti con esponenti della

P.A.

In relazione a quella

specifica attività/processo,

l'Azienda non necessita di

rapporti particolari con la

P.A.

INTERESSE

Presenza di interesse aziendale in

relazione a quella specifica

attività/processo sensibile

0,36

Vi deriverebbe un interesse

importante per l'Azienda se

si verificasse il rischio

correlato alla specifica

attività/processo

L'interesse che ne

deriverebbe sarebbe minimo

e irrilevante per l'Azienda

DISCREZIONALITA'

/AUTONOMIA

grado di discrezionalità/autonomia

dei soggetti coinvolti nello

svolgimento dell'attività/processo

sensibile

0,36

Sistema di deleghe carente:

autonomia di fatto, ma non

sulla carta

Sistema di deleghe efficace,

con assegnazione di

autonomie specifiche anche

sulla carta.

CORRELABILITA' correlabilità del rischio a persone e

funzioni 0,36

Difficoltà nel ricondurre il

rischio ad una funzione

specifica

Correlabilità del rischio a

funzioni e/o persone.

STRUMENTI

disponibilità di strumenti idonei alla

commissione del reato da parte

della funzione aziendale che gestisce

il processo/attività sensibile

0,36

la funzione dispone di

risorse economiche

assegnate alla gestione del

suo processo, ha poteri

decisionali e autorizzativi.

la funzione non dispone di

risorse economiche per la

commissione del reato; non

ha poteri decisionali, né

autorizzativi.

COMPLICITA' necessità di coinvolgere altri apicali

nella commissione del reato 0,36 presenza di complicità assenza di complicità

4.2.2. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO PRELIMINARE IN SO.RI: CALCOLO DELL’IMPATTO

Determinato il grado di probabilità di accadimento di un rischio-reato, si procede a determinare il grado di

impatto che l’evento avrebbe se si realizzasse.

Il grado di impatto, sempre riportato nel documento allegato “Analisi del rischio ex ante” viene determinato

considerando il peso dei seguenti fattori, qualora l’evento si realizzasse:

� rilevanza economica dell’impatto: pesantezza delle sanzioni pecuniarie previste dal quadro

sanzionatorio del D.Lgs. 231/01;

� rilevanza delle sanzioni interdittive: pesantezza delle sanzioni interdittive, se previste come da

Decreto.

Di seguito si riporta lo schema indicante i criteri utilizzati per l’attribuzione dei valori di impatto:

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IMPATTO

ECONOMICO

presenza di sanzioni pecuniarie

rilevanti a seguito dell'illecito

descritto

1

Imp

att

o

INTERDITTIVITA' presenza di sanzioni interdittive 1,5

4.2.3. LA DETERMINAZIONE DEL RISCHIO PRELIMINARE (EX ANTE)

Dalla combinazione congiunta dei valori di probabilità ed di impatto, determinati secondo il metodo

descritto nei paragrafi precedenti, si determina così il grado di rischio preliminare di una potenziale

condotta illecita (V. Matrice sottostante e documento allegato “Analisi del rischio ex ante”).

Nulla Bassa Media Alta Molto

alta

5 10 15 20 25 Molto

alto Media Elevata Elevata Elevata Estrema

4 8 12 16 20

Alto Media Media Elevata Elevata Elevata

3 6 9 12 15

Medio Bassa Media Elevata Elevata Elevata

2 4 6 8 10

Basso Bassa Bassa Media Media Elevata

1 2 3 4 5

Nullo Bassa Bassa Bassa Media Media

4.3. GAP ANALYSIS

Gli output della Gap Analysis sono riportati nelle schede As is analysis che si allegano al presente

documento.

Attraverso la documentazione di gap analysis si procede a determinare la funzionalità ed efficacia dei

controlli esistenti in SO.RI ante implementazione del Modello di Organizzazione ex D.Lgs. 231/01 e ad

analizzare il ruolo della funzione sensibile in relazione al singolo processo analizzato.

Si rimanda ai singoli documenti di gap anlysis che sono classificati per singola famiglia di reato e che si

allegano al presente documento.

Probabilità (scala da 1 a 5)

Impatto (scala da 1 a 5)

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4.4. VALUTAZIONE DEL RISCHIO EX POST.

Effettuata l’analisi dei controlli esistenti sui singoli processi/attività sensibili ed analizzato il ruolo della

“Funzione” correlata al determinato processo/attività, si passa a determinare il grado di rischio potenziale

ex post, definendo prima i “controlli a presidio” utili alla mitigazione del rischio evidenziato ex ante.

Il grado di rischio ex post scaturisce quindi dai seguenti elementi:

a) valutazione effettuata sui controlli esistenti sui singoli processi/attività sensibili in relazione ai potenziali

reati considerati a rischio ex D.Lgs. 231/01,

b) analisi della funzione correlata al singolo processo/attività

c) valutazione dei presidi da implementare con l’adozione del MOG.

Sia i controlli a presidio, sia il grado di rischio ex post vengono infine riportati nei documenti di Mappatura

contenuti nella parte speciale del MOG, così da dare al Lettore un quadro più completo possibile della

situazione evidenziata sia prima che dopo l’adozione del Modello.

Il documento relativo alla valutazione del rischio ex post è allegato al presente documento ed è denominato

“Analisi rischio ex post”.

5. ATTIVITÀ RIFERIBILI AL VERTICE AZIENDALE

Ai sensi degli artt. 6 e 7 del D. Lgs. 231/01, il reato da cui può scaturire la responsabilità dell’ente, può

essere realizzato tanto dal soggetto in posizione apicale, quanto dal sottoposto alla sua direzione o

vigilanza.

Il D. Lgs. 231/2001 prevede, nel caso di reato realizzato dal vertice, che l’onere della prova sia a carico

dell’Ente, ovvero: in tal caso è la Società che deve dimostrare l’elusione fraudolenta del Modello predisposto

ed efficacemente attuato.

Nel caso di reato integrato dal vertice, non è sufficiente dimostrare che si tratti di illecito commesso da un

apicale infedele, ma si richiede, altresì, che non sia stato omesso o che non sia carente il controllo da parte

dell’Organismo di Vigilanza sul rispetto del Modello stesso.

Partendo da queste premesse, si rileva che anche l’Organo Amministrativo risulta essere destinatario

naturale delle previsioni normative incriminatrici per le quali è configurabile la responsabilità ai sensi del D.

Lgs. 231/2001.

Inoltre, alcuni reati ai quali il D. Lgs. 231/01 ricollega la responsabilità amministrativa dell’Ente, sono reati

c.d. “propri”, ovvero possono essere realizzati soltanto da soggetti che rivestono una determinata qualifica

soggettiva (es. per i reati societari, i soggetti attivi individuati dalla norma incriminatrice sono

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esclusivamente il Presidente del CdA, i sindaci, i liquidatori, il Responsabile amministrativo e contabile e

coloro ai quali, per effetto dell’art. 2639 c.c., si estende la qualifica soggettiva). Per effetto di tale indicazione

normativa, si ritiene necessario che l’attività di controllo demandata all’Organismo di Vigilanza abbia ad

oggetto anche l’operato dell’Organo Amministrativo.

5.1. REATI ASTRATTAMENTE NON CONCRETAMENTE IPOTIZZABILI

In linea generale i processi e la natura delle attività di SO.RI non la espongono, in termini di probabilità di

commissione, al rischio di incorrere in tutte le fattispecie di reato previste dal D.Lgs 231/2011, come

aggiornato alla data del 28 novembre 2012.

Ciò premesso, fra i reati richiamati dal D.Lgs. 231/2001, si possono individuare alcune intere categorie

delittuose che con scarsa probabilità o poco verosimilmente possono riguardare l’Ente.

Di seguito si vanno brevemente a motivare le ragioni secondo cui tali categorie di reato (o singole

fattispecie di reato) sono state considerate astrattamente non concretamente ipotizzabili in riferimento

all’analisi dei rischi condotta, tenendo conto delle informazioni raccolte nel corso dei check up e dei

documenti esaminati.

DELITTI INFORMATICI E TRATTAMENTO ILLECITO DI DATI (ART. 24-BIS, D.LGS. 231/01):

- Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica (art. 640-

quinquies c.p.).

Tale reato si configura come un reato proprio, cioè che può essere commesso solo da chi possiede la

qualifica del fornitore dei servizi di certificazione di firma elettronica e si applica nel caso in cui questo vìoli

gli obblighi previsti dalla legge per il rilascio di un certificato qualificato, al fine di procurare a sé o ad altri

un ingiusto profitto o di arrecare ad altri un danno.

Tale reato si ritiene non configurabile in quanto, per quanto desumibile dall’analisi svolta, SO.RI, non svolge

un servizio di certificazione di firma elettronica.

REATI DI FALSITÀ IN MONETE, CARTE DI PUBBLICO CREDITO, IN VALORI DI BOLLO E IN STRUMENTI

O SEGNI DI RICONOSCIMENTO (ART. 25-BIS, D.LGS. 231/01)

I reati in esame rientrano nella categoria dei reati contro la fede pubblica. Oggetto materiale dei reati di cui

agli articoli 453, 454, 455 e 457 c.p. è la moneta nazionale ed estera, avente corso legale nello Stato o

all’estero, assolvendo alla funzione di mezzo di pagamento; agli effetti della legge penale, sono equiparate

alla monete le carte di pubblico credito (articolo 458 c.p.).

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Trattasi di reati che nel contesto specifico, tenuto conto del fatto che tutti i flussi finanziari aziendali

avvengono prevalentemente via banca o poste senza passaggi fisici, non sembrano potersi concretamente

realizzare.

All’interno di tale categoria fanno eccezione i seguenti reati:

- I reati di cui agli articoli 459 codice penale (Falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato,

acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati) e 464 codice penale (Uso di

valori di bollo contraffatti o alterati), la cui commissione nell’interesse o a vantaggio dell’azienda non

può escludersi in radice dal momento che l’azienda acquista marche da bollo che appone sui

documenti amministrativi in genere.

REATI CON FINALITÀ DI TERRORISMO O DI EVERSIONE DELL’ORDINE DEMOCRATICO PREVISTI DAL

CODICE PENALE E DALLE LEGGI SPECIALI (ART. 25-QUATER, D.LGS. 231/01)

L’articolo 25-quater non elenca specificamente i reati per i quali è prevista la responsabilità dell’Ente,

limitandosi a fare un rinvio generale “aperto” a tutte le ipotesi attuali e future di reati aventi finalità

terroristiche od eversive.

Trattasi di reati che nel contesto specifico, tenuto conto anche della connotazione “pubblica” dell’Azienda,

dell’oggetto sociale e delle attività svolte, non si ritiene possano verosimilmente concretizzarsi e comunque

mai con vantaggio o nell’interesse dell’azienda.

PRATICHE DI MUTILAZIONE DEGLI ORGANI GENITALI FEMMINILI (ART. 25-QUARTER.1, D.LGS.

231/01)

Il reato di cui all’art. 25-quater 1 (538-bis c.p.) è stato introdotto dalla legge 9 gennaio 2006, n. 7, al fine di

prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, che si stanno

progressivamente radicando in Italia, come in altri paesi occidentali.

DELITTI CONTRO LA PERSONALITÀ INDIVIDUALE (ART. 25-QUINQUIES, D.LGS. 231/01)

I reati di cui all’art 25-quinquies riguardano la prostituzione minorile, la pornografia minorile, la detenzione

di materiale pornografico e le iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile e

sono stati introdotti nell’ordinamento dalla legge 3 agosto 1998, n. 269, recante “Norme contro lo

sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme

di riduzione in schiavitù”. A questi si aggiungano inoltre i reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o

servitù, tratta di persone, acquisto ed alienazione di schiavi sostituiti integralmente dalla legge 11 agosto

2003, n. 228, recante “Misure contro la tratta di persone”.

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Trattasi di reati per la cui realizzazione è necessario che si ponga in essere una condotta materiale

concretamente incompatibile con il tipo di attività svolta dall’Ente.

A questa categoria possono fare eccezione i seguenti articoli:

- Art. 600 quater (Detenzione di materiale pornografico), Art. 600 quater 1 (Pornografia virtuale) c.p.:

trattasi di reati per i quali, per quanto possano assumere una bassa probabilità di accadimento, non si

può facilmente ravvisare un vantaggio diretto o un interesse per l’Ente dalla loro commissione;

tuttavia il loro verificarsi potrebbe evidenziare una carenza organizzativa in capo all’Ente stesso e di

conseguenza non possono del tutto essere esclusi: difatti, anche se non tracciati nella Mappatura,

verranno trattati nel proseguo del documento.

REATI SOCIETARI (ART. 25-TER. D.LGS. 231/01)

- Falso in prospetto (Art 173-bis TUF)

- Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione (Art. 27 D.Lgs 39/2010)

- Omessa comunicazione del conflitto di interessi (Art. 2629 bis codice civile);

- Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.),.

Il decreto 11 aprile 2002, n. 61 ha previsto l’inserimento nel decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231,

dell’art. 25-ter (Reati societari), che introduce specifiche sanzioni a carico dell’Ente “in relazione a reati in

materia societaria previsti dal codice civile, se commessi nell’interesse della società da amministratori,

direttori generali, liquidatori o da persone sottoposte alla loro vigilanza, qualora il fatto non si sarebbe

realizzato se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi inerenti alla loro carica”.

Con l’entrata in vigore della 28 dicembre 2005, n. 2005, il reato di “Falso in prospetto” è stato eliminato

dall’ambito dei reati societari contemplati dal codice civile, mediante abrogazione dell’articolo 2623 c.c. e

traslazione del reato nel testo unico della finanza (TUF).

Parimenti l’articolo 2624 del codice civile, che disciplinava le “Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni

della società di revisione”, è stato abrogato dall’art. 37, co. 34, D.Lgs.27 gennaio 2010, n. 39 (Testo unico della

revisione legale dei conti).

Secondo i primi commentatori ciò comporta la fuoriuscita di entrambi i reati dalla sfera dei fatti di reato

rilevanti ai sensi del D.lgs. 231/2001, quindi si ritengono escludibili ai fini della nostra analisi.

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Per quanto concerne il reato di cui all’art. 2629 bis c.c., la norma in esame riguarda le società con titoli

quotati nei mercati regolamentati italiani o di un altro Stato dell’UE o diffusi tra il pubblico in misura

rilevante, ovvero di soggetti sottoposti a vigilanza ai sensi del T.U.B. o del T.U.F., ovvero del Codice delle

Assicurazioni Private. La condotta consiste nella violazione degli obblighi di cui all’art. 2391 c. 1 c.c. In

considerazione di quanto sopra, si ritiene tale fattispecie non applicabile al contesto di SO.RI.

Per quanto concerne il reato di cui all’art. 2633 c.c., tale fattispecie non trova riscontro nella mappatura

delle attività sensibili di SO.RI, in quanto non sono state rilevate attività di liquidazione in corso.

REATI TRANSNAZIONALI (LEGGE 16 MARZO 2006, N. 146, ARTT. 3 E 10)

L’articolo 3 della legge definisce il reato transnazionale come il reato, punito con la pena della reclusione

non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, a

condizione che sussista almeno uno dei requisiti seguenti:

- Il reato sia commesso in più di uno Stato;

- Sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o

controllo avvenga in un altro Stato;

- Sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in

attività criminali in più di uno Stato;

- Sia commesso in uno Stato, ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato.

DELITTI DI CRIMINALITÀ ORGANIZZATA (ART. 24-TER, D.LGS. N. 231/2001)

- Associazione per delinquere finalizzata a commettere i delitti di riduzione o mantenimento in schiavitù

o in servitù, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi ed ai reati concernenti le violazioni delle

disposizioni sull'immigrazione clandestina di cui all'art. 12 D.Lgs 286/1998 (art. 416, co. 6, c.p.)

- Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74, DPR 9 ottobre

1990, n. 309).

Trattasi di reati che nel contesto specifico, tenuto conto della connotazione “pubblicistica” della Società e

dell’oggetto sociale, non si ritiene possano verosimilmente concretizzarsi (in quanto è necessario che si

ponga in essere una condotta materiale concretamente incompatibile con il tipo di attività svolta

dall’azienda) e comunque mai con vantaggio o nell’interesse dell’azienda;

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- Articolo 291-quater decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 (Associazione per

delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri), Articolo 74 decreto del Presidente

della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze

stupefacenti o psicotrope), Articolo 12 decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Disposizioni contro le

immigrazioni clandestine).

Trattasi di reati incompatibili con l’attività e l’oggetto sociale dell’Ente, di conseguenza con remota

probabilità di configurazione.

DELITTI CONTRO L’INDUSTRIA E IL COMMERCIO (25-BIS.1., D.LGS. N. 231/2001)

Tali reati fanno riferimento a fattispecie che turbano la libertà e la concorrenza dell’industria e del

commercio o a frodi nell’esercizio del commercio tramite ad es. la vendita di sostanze non genuine o con

segni mendaci, l’usurpazione di titoli di proprietà industriale, la contraffazione di indicazioni geografiche o

denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.

Trattasi di reati non applicabili al contesto di attività svolte da SO.RI.

DELITTI IN MATERIA DI VIOLAZIONE DEL DIRITTO D’AUTORE (ART. 25-NOVIES, D.LGS. N. 231/2001)

La legge n. 99 del 2009 ha inserito tra i reati presupposto ex D.Lgs 231/2001 una serie di fattispecie

contenute nella c.d. “legge sul diritto d’autore” (legge 22 aprile 1941 n. 633).

L’obiettivo del legislatore è quello di tutelare (sotto diverse forme) le opere dell’ingegno ed i programmi per

elaboratore (software).

Trattasi di reati che non sembrano potersi concretamente realizzare nel contesto delle attività svolte da

SO.RI, in particolare per quanto attiene ai reati circa l’utilizzo di opere dell’ingegno, in quanto, in base alle

informazioni raccolte, non sembra sussistere alcuna ipotesi applicabile.

Tuttavia fanno eccezione i seguenti reati, che trovano anche un riscontro nella Mappatura:

- Abusiva duplicazione, per trarne profitto, di programmi per elaboratore; importazione, distribuzione,

vendita, detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale ovvero concessione in locazione di programmi

contenuti in supporti non contrassegnati dalla SIAE; predisposizione di mezzi per consentire o facilitare

la rimozione arbitraria o l’elusione funzionale di dispositivi di protezione di programmi per elaboratori

(art. 171-bis, co. 1, L. 633/1941);

- Riproduzione su supporti non contrassegnati SIAE, trasferimento su altro supporto, distribuzione,

comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico, del contenuto di una banca dati al fine di

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trarne profitto; estrazione o reimpiego della banca dati in violazione delle disposizioni sui diritti del

costitutore e dell’utente di una banca dati; distribuzione, vendita o concessione in locazione di banche di

dati (art. 171-bis, co. 2, L. 633/1941).

REATI AMBIENTALI (ART. 25-UNDECIES, D.LGS. N. 231/01)

- Codice Penale art. 727-bis (Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie

animali o vegetali selvatiche protette)

- Art. 733-bis (Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto).

Tutte le fattispecie relative ai reati ambientali di cui all’art. 25 del D.Lgs 231/2001 sono di recentissima

introduzione del catalogo dei reati, attraverso il Decreto Legislativo 7 luglio 2011, n. 121.

Gli articoli di cui agli Art. 727-bis e 733 bis c.p., sembrano non trovare concreta applicazione in quanto

l’attività tipica di SO.RI non si svolge all’interno di siti protetti.

- Legge 28 dicembre 1993, n. 549, Art. 3 comma 6 (Misure a tutela dell'ozono stratosferico e

dell'ambiente) e D.Lgs 152/06 art. 279 c. 5 (Superamento valori limite di emissione e di qualità dell'aria).

La fattispecie sembrano non trovare concreta applicabilità in quanto nella propria attività SO.RI non utilizza

sostanze lesive dall’ozono rientranti nell’allegato alla legge stessa ed inoltre in quanto l’attività svolta non

genera emissioni inquinanti e preventive autorizzazioni alle emissioni in atmosfera.

- Legge 7 Febbraio 1992, n. 150 (Disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul

commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione).

La fattispecie sembra non trovare concreta applicabilità in quanto trattasi di reati che nel contesto specifico

delle attività svolte da SO.RI non trovano alcuna ragionevole possibilità di concretizzarsi.

- D.Lgs 152/06, art. 137 (Inquinamento idrico).

La fattispecie sembra non trovare concreta applicabilità in quanto, da quanto desunto dall’analisi, non sono

presenti nelle sedi della Società scarichi industriali e non è configurabile l’ipotesi di inquinamento

provocato da navi previsto dall’art. in oggetto.

- art. 257, c. 1 e 2 (Bonifica dei siti),

- Art. 258 (Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei

formulari),

- Art. 259 c.1 (Traffico illecito di rifiuti),

- Art. 260 c. 1,2 (Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti),

- Art. 260 bis c. 6,7,8 (Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti).

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Le fattispecie sopra richiamate non trovano configurazione nelle attività/processi di SO.RI, in quanto non

attinenti con l’attività economica svolta dall’Ente.

IMPIEGO DI LAVORATORI IRREGOLARI (ART. 25 DUODECIES, D.LGS. 231/01)

Le fattispecie di reato previste dall’Art. 25 duodecies del D.Lgs. 231/01 sono le seguenti:

- Impiego di lavoratori irregolari (art.22 c.12 bis D.Lgs. 286/1998).

Il 9 agosto 2012 è stato introdotto nel D.Lgs. 231/01 l’art. 25 duodecies titolato “Impiego di cittadini di

paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”.

La condotta di riferimento è il comma 12 bis dell’articolo 22 del D.Lgs. 286/1998:

Le pene per il fatto previsto dal comma 12 sono aumentate da un terzo alla metà:

� se i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre;

� se i lavoratori occupati sono minori in età non lavorativa;

� se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento

di cui al terzo comma dell'articolo 603-bis del codice penale.

Si riporta per completezza il testo dell’art. 22 comma 12:

“Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno

previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei

termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la

multa di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato.”

Tale reato potrebbe configurarsi, in linea di principio, pur assumendo una probabilità alquanto bassa, nel

caso in cui l’azienda assuma alle proprie dipendenze un lavoratore straniero il quale disponga di un

permesso di soggiorno non valido e regolare in quanto scaduto, non rinnovato, o revocato.

Di conseguenza, i protocolli di assunzione (tra l’altro in gran parte attuati in SO.RI mediante il ricorso a

concorsi o selezione pubblica) dovranno prevedere appositi presìdi a prevenzione del rischio in oggetto, per

assicurare una puntuale verifica del possesso del permesso di soggiorno (in fase di selezione) ed una sua

verifica periodica da parte delle funzioni di amministrazione del personale.

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In riferimento al contesto aziendale di SO.RI tale fattispecie di reato è stata considerata astrattamente non

concretamente ipotizzabile.

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5.2. REATI NON RILEVANTI AI FINI DELL’ANALISI DEI RISCHI, MA ASTRATTAMENTE

IPOTIZZABILI.

Alcune tipologie di reato presupposto non possono dirsi del tutto estranee sia alla natura che all’attività

svolta da SO.RI, tuttavia di esse non si trova riscontro nella mappatura delle attività sensibili in quanto,

durante la fase di audit preliminare sui processi aziendali, non sono stati individuati elementi tali da poter

configurare, in associazione a tali fattispecie, un potenziale rischio-reato in riferimento ad una specifica

attività aziendale.

Pertanto tali fattispecie sono considerate non rilevanti ai fini dell’analisi dei rischi, ma non del tutto

escludibili in termini di potenziale configurabilità.

REATI COMMESSI NEI RAPPORTI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (ART. 24, D.LGS. 231/01)

- Malversazione a danno dello Stato o di altro Ente pubblico (art. 316-bis c.p.)

- Indebita percezione di contributi, finanziamenti o altre erogazioni da parte dello Stato o di altro Ente

pubblico o delle Comunità europee (art. 316-ter c.p.)

- Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.).

Per il reato di malversazione il nucleo essenziale della condotta si sostanzia in una cattiva amministrazione

della somma ottenuta dallo Stato o altro Ente pubblico, che viene utilizzata in modo non conforme allo

scopo stabilito, in una distrazione dell’erogazione dalle sue finalità. Tale distrazione sussiste sia nell’ipotesi

di impiego della somma per un’opera o un’attività diversa, sia nella mancata utilizzazione della somma che

rimanga immobilizzata.

Il reato di indebita percezione di erogazioni si configura quando taluno, mediante utilizzo o presentazione

di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere ovvero mediante l’omissione di informazioni

dovute, consegue indebitamente per sé o per altri contributi, finanziamenti, mutui agevolati e altre

erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o

dalle Comunità europee. La fattispecie si consuma con l’avvenuto ottenimento delle erogazioni (che

costituisce l’evento tipico del reato).

Le suddette fattispecie non trovano riscontro nella mappatura delle attività sensibili di SO.RI in quanto la

Società svolge la propria attività interamente con mezzi propri, ad oggi non ha percepito, né richiesto

finanziamenti pubblici di provenienza regionale, statale o comunitaria. Ciò tuttavia non significa che in

futuro non possa farlo, pertanto si ritiene le fattispecie di reato sopra descritte astrattamente ipotizzabili e

nel relativo protocollo comportamentale (PR Rapporti P.A.) sono inseriti i presidi specifici volti a mitigare il

potenziale rischio.

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CONCUSSIONE, CORRUZIONE, INDUZIONE INDEBITA A DARE O PROMETTERE UTILITA’ (ART. 25,

D.LGS. 231/01)

Tra i reati di cui all’art. 25 del D.Lgs. 231/01 non trovano concreto riscontro nella mappatura delle attività

sensibili, purtuttavia essendo astrattamente ipotizzabili, le seguenti fattispecie:

- Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.).

- Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla

corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee

e di Stati esteri (art. 322 bis).

Il reato di cui all’art. 320 c.p. prevede che le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche

all’incaricato di un pubblico servizio. In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo

(art. modificato dalla Legge Anticorruzione del Novembre 2012).

L’art. 322 bis c.p. rappresenta il punto di riferimento per la disciplina della corruzione internazionale,

introdotto dall'art. 3 della L. 29 settembre 2000 n. 300 che ha autorizzato la ratifica e dato esecuzione alla

Convenzione di Bruxelles 26 luglio 1995 sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (con i

protocolli di Dublino del 27 settembre 1996 e di Bruxelles del 26 maggio 1997) e alla Convenzione OCSE di

Parigi del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni

economiche internazionali.

Tale articolo punisce, al pari della corruzione dei pubblici ufficiali italiani, la corruzione “delle persone che

esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico

servizio nell’ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia

commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali”.

“La penalizzazione della corruzione dei funzionari stranieri nell’ambito di operazioni del commercio

internazionale è un orientamento che si è ormai imposto a livello internazionale, quale espressione di una

“governance” fattiva di determinati aspetti della globalizzazione dell’economia mondiale. Questo impegno è

pienamente condiviso dall’Italia insieme a tutti gli altri paesi industrializzati (e non solo questi), oltre che

essere attivamente sostenuto dalle istituzioni multilaterali quali la Banca Mondiale e il Fondo Monetario

Internazionale. Si vuole così reagire a pratiche diffuse in certi ambiti che distolgono risorse importanti

destinate ad aiutare i paesi in via di sviluppo nella loro crescita economica e sociale, e che sono distorsive della

concorrenza internazionale tra le imprese esportatrici sui mercati mondiali (fonte: sito del Ministero della

Giustizia)”.

Le suddette fattispecie di reato, anche se non riscontrabili nella mappatura delle attività sensibili di SO.RI,

sono tuttavia concretamente ipotizzabili e pertanto vengono annoverate.

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REATI SOCIETARI (ART. 25-TER. D.LGS. 231/01)

Tra i reati societari, non risulta dalla mappatura delle attività sensibili di SO.RI, ma si ritiene comunque

astrattamente ipotizzabile il reato di “Aggiotaggio”, art. 2637 c.c.

Il termine aggiotaggio indica la manovra tendente a provocare artificiosamente movimenti del valore di

titoli o merci, per trarne un profitto illecito.

L’oggetto giuridico del delitto di aggiotaggio si differenzia a seconda della condotta illecita concretamente

posta in essere.

La condotta incriminata consiste nella diffusione di notizie false, ovvero nel compimento di operazioni

simulate o di altri artifici. La prima forma di attuazione della condotta tipica è, quindi, la diffusione di notizie

false, consistente nella comunicazione ad un ampio numero di persone. Di conseguenza, non assume

rilevanza penale la rivelazione ad una sola persona o resa in via confidenziale. Tuttavia, deve ritenersi

integrata la condotta tipica se la comunicazione confidenziale è un mezzo per ottenere la divulgazione da

chi ne viene a conoscenza o per influire sulla quotazione dei titoli.

E’ il caso di chi riveli una notizia alla stampa o ad un soggetto che, per la sua forza economica, riesca ad

intervenire sul mercato con conseguente modifica del valore dei titoli.

La divulgazione può avvenire in qualsiasi modo, in particolare, può essere effettuata mediante gli attuali

mezzi di comunicazione di massa o tramite comunicati ufficiali.

Oggetto della diffusione presso il pubblico devono essere le notizie false, consistenti in qualsiasi annuncio,

non conforme alla realtà dei fatti, su determinati eventi.

La seconda forma di condotta è il compimento di operazioni simulate o l’impiego di altri artifici.

Per “operazioni simulate” si intendono non solo quelle che le parti non hanno inteso in alcun modo

realizzare, ma anche quelle che si presentano all’apparenza diverse rispetto a quanto effettivamente voluto.

Invece gli “altri artifici” indicano le operazioni ingannatrici , idonee ad indurre in errore gli operatori.

La condotta incriminata sopra descritta deve essere idonea a provocare una sensibile alterazione del

prezzo degli strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di

ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato (c.d. “price sensitivity”).

Il requisito della price sensitivity caratterizza la presente fattispecie come reato a pericolo concreto.

SO.RI è una S.P.A. chiusa, tuttavia la fattispecie di reato richiamata non è del tutto escludibile e la si può

considerare marginalmente ipotizzabile (anche se non vi è oggettivazione del rischio nella mappatura

rischi-reato), in quanto il reato di aggiotaggio, di cui all’art. 2637 del codice civile, presuppone operazioni

distorsive di strumenti finanziari di società non quotate.

REATI DI ABUSI DI MERCATO (ART. 25-SEXIES, D.LGS. 231/01)

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L’art. 25-sexies fa riferimento alle fattispecie di “Abuso di informazioni privilegiate” e di “Manipolazione del

mercato”, previste dal D.Lgs. 24.2.1998, n. 58, “Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione

finanziaria”, applicabili in via principale alle società emittenti di strumenti finanziari quotati nei mercati

regolamentati.

SO.RI è una società a totale partecipazione pubblica, costituita nella forma di S.p.A. chiusa, non quotata nel

mercato regolamentato, né partecipata da altre società quotate.

Ciononostante, non è possibile escludere a priori la potenziale configurabilità dei reati di cui all’art. 25

sexies del D.Lgs. 231/01, o di illeciti amministrativi di cui agli artt. 187 bis e 187 ter del D.Lgs. 58/98, in

capo a SO.RI per le motivazioni di seguito esposte.

A titolo meramente esemplificativo, per quel che concerne l’abuso di informazioni privilegiate ed in

particolare la fattispecie di insider trading, tra i comportamenti a potenziale rischio, si può individuare la

comunicazione a terzi di informazioni privilegiate ottenute da rappresentanti della società/ente in ragione

della propria posizione, al fine di far conseguire un interesse/vantaggio alla società/ente stessa.

Tra le informazioni “privilegiate” che riguardano la Società/Ente si indicano a titolo esemplificativo le

seguenti:

- Variazioni nel management;

- Operazioni che coinvolgono il capitale, decisioni in merito alla variazione del capitale sociale;

- Operazioni straordinarie;

- Ristrutturazioni e riorganizzazioni aziendali che hanno un effetto sulle attività, sulle passività, sulle

posizioni finanziarie dell’Ente e sul conto economico;

- Cause legale rilevanti;

- Tesoreria;

- Insolvenza da parte di debitori rilevanti;

- Riduzione nel valore degli immobili;

- Comunicazioni di risultati aziendali, sia positivi, sia negativi.

In riferimento alla manipolazione di mercato, potenziale rischio di “manipolazione operativa” potrebbe

risiedere nella la gestione della tesoreria, in particolare per quanto concerne eventuali somme depositate

sui conti correnti della Società, a servizio delle attività principali dell’Ente medesimo, che non possono

essere utilizzate in modo improprio. Il processo della tesoreria, che risulta quello esposto a maggiore

rischio in relazione sia ai reati di cui all’art. 25 sexies del Decreto che agli illeciti amministrativi di cui agli

artt. 187 bis e 187 ter del D.Lgs. 58/98, viene presidiato adeguatamente, al fine di ridurre al massimo il

rischio che condotte improprie possano influenzare il prezzo di eventuali strumenti finanziari.

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RICETTAZIONE, RICICLAGGIO E IMPIEGO DI DENARO, BENI O UTILITÀ DI PROVENIENZA ILLECITA

(ART. 25-OCTIES, D.LGS. 231/01)

- Ricettazione (art. 648 c.p.)

- Riciclaggio (art. 648-bis c.p.)

- Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.)

Trattasi di reati generalmente indirizzati ad enti soggetti alla disciplina antiriciclaggio (D.Lgs 231/2007

come le banche, le SGR, le SICAV, le Poste, altri intermediari finanziari), non direttamente associabili al

contesto di attività svolte da SO.RI e quindi marginalmente ipotizzabili, anche in virtù del fatto che i flussi

finanziari della Società sono tutti tracciabili e tracciati, trasparenti e soprattutto rendicontati ai soci

pubblici.

In ragione di ciò, le fattispecie di cui all’art. 25 octies del D.Lgs. 231/01, non trovano riscontro nella

mappatura delle attività sensibili, tuttavia è stato inserito uno specifico presidio a tutela di tali fattispecie

nel protocollo comportamentale di gestione dei flussi finanziari.

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5.3. REATI IPOTIZZABILI

I reati che, sulla base delle analisi svolte, dei documenti visionati e delle informazioni acquisite, risultano

invece concretamente ipotizzabili in SO.RI e che quindi si ritiene di dover gestire nel Modello organizzativo

e di controllo preventivo definito dal D.Lgs 231/01 sono i seguenti:

REATI COMMESSI NEI RAPPORTI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (ART. 24, D.LGS. 231/01)

- Truffa in danno dello Stato o di altro Ente pubblico o delle Comunità europee (art. 640, co. 2, n.1, c.p.)

- Frode informatica in danno dello Stato o di altro Ente pubblico (art. 640-ter c.p.)

Per una lettura più esaustiva riguardo ai potenziali rischi configurabili in SO.RI e alle attività

sensibili connesse, si rimanda al documento di mappatura “Area P.A”.

Il delitto di truffa si sostanzia nel compimento di una condotta fraudolenta, connotata da raggiri ed artifici,

attraverso la quale si induce taluno in errore e conseguentemente si induce il soggetto passivo al

compimento di un atto di disposizione patrimoniale.

Infine il reato di frode informatica si realizza quando un soggetto, alterando in qualsiasi modo il

funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità

su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti,

procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.

Complessivamente i reati di cui all’articolo 24 del D.Lgs 231/2001, nel contesto specifico possono

comportare rischi significativi in quanto SO.RI si configura quale società strumentale di Enti Pubblici

Territoriali, ai quali riversa i propri incassi, e trasmette dati accedendo a portali/banche dati della Pubblica

Amministrazione.

La potenzialità commissiva della Frode informatica discende dal consueto accesso di SO.RI a banche dati

protette, a cominciare da quelle dei soci pubblici. La condotta può indirizzarsi all’alterazione del

funzionamento di un sistema informatico o telematico, o alla manipolazione dei dati in esso contenuti, con

ciò realizzando l’ingiusto profitto a danno dello Stato o di altro ente pubblico. Ancora, la condotta può

consistere nell’alterazione dei registri informatici della P.A., per modificare o manipolare i dati di interesse

della società destinati alla trasmissione all’Amministrazione Pubblica.

Tali rischi sono da tenere sotto controllo attraverso l’innesto, nei processi di riferimento, di specifici punti

di controllo che sono stati evidenziati sia nel documento di mappatura “Reati P.A.” sia nel documento

“Analisi del rischio ex post”.

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DELITTI INFORMATICI E TRATTAMENTO ILLECITO DI DATI (ART. 24-BIS, D.LGS. 231/01)

- Falsità in un documento informatico pubblico o privato avente efficacia probatoria (art. 491-bis c.p.)

- Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615-ter c.p.)

- Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici (art. 615- quater

c.p.)

- Diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o

interrompere un sistema informatico o telematico (art. 615-quinquies c.p.)

- Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche (art.

617-quater c.p.)

- Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni

informatiche o telematiche (art. 617-quinquies c.p.)

- Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (art. 635-bis c.p.)

- Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro Ente

pubblico o comunque di pubblica utilità (art. 635-ter c.p.)

- Danneggiamento di sistemi informatici o telematici (art. 635-quater c.p.)

- Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità (art. 635-quinquies c.p.)

Per una lettura più esaustiva riguardo ai potenziali rischi configurabili in SO.RI e alle attività

sensibili connesse, si rimanda al documento di mappatura “Area Reati informatici”.

L’articolo 24-bis del d.lgs. 231/2001 suddivide i delitti informatici in tre gruppi, richiamati ai commi 1, 2 e

3, prevedendo per ognuno sanzioni pecuniari diverse:

- il comma 1 richiama quei reati informatici che hanno come fattore comune il danneggiamento

informatico, comportando l’interruzione del funzionamento di un sistema informatico o il

danneggiamento del software;

- il comma 2 richiama quei reati informatici che, da un punto di vista tecnico, sono accessori ad alcuni dei

reati di cui al comma precedente, consistendo nella detenzione/diffusione di codici di accesso o di

programmi/dispositivi diretti a danneggiare o interrompere un sistema;

- il comma 3, infine, richiama i reati relativi al falso di un documento informatico e la frode del soggetto

che presta servizi di certificazione con la firma digitale (reato in precedenza escluso dal novero dei reati

presupposto applicabili in SO.RI).

SO.RI gestisce un sistema informativo di interesse pubblico e le sue attività sono pressoché integralmente

gestite da procedure informatiche. In linea generale quindi i reati in questione attraversano l’intera

organizzazione aziendale. Tuttavia il focus dovrà indirizzarsi sui casi in cui si possa configurare un interesse

o un vantaggio per l’Ente, riducendo per questa via i potenziali casi applicativi. In particolare occorrerà

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verificare la presenza di idonei meccanismi di controllo volti a impedire alterazioni del sistema informativo

aziendale.

È da considerarsi inoltre che nell’espletamento delle proprie funzioni, una buona parte del personale SO.RI

dispone credenziali di accesso a banche dati esterne, di proprietà di soggetti pubblici, tra le quali si

segnalano ad es.:

- Agenzia delle entrate;

- Catasto;

- Anagrafe reddituale.

E’ altresì doveroso richiamare la pericolosità dei rischi connessi alla categoria di reati di cui all’art. 24-bis

del D.Lgs. 231/01, quali reati strumentali per la commissione di altri reati compiuti nell’interesse/vantaggio

della Società, quali ad es: frode informatica, truffa ai danni dello Stato o di altro ente pubblico, false

comunicazioni sociali, etc.

La mappatura relativa all’Area dei reati informatici in SO.RI mette in evidenza i potenziali rischi

associandoli alle attività aziendali: si rimanda pertanto alla lettura dello specifico documento in cui

sono riepilogati anche i controlli a presidio utili alla mitigazione dei rischi rilevati.

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DELITTI DI CRIMINALITÀ ORGANIZZATA (ART. 24-TER, D.LGS. N. 231/2001)

- Associazione per delinquere (art. 416 c.p.)

- Associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.)

- Delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis c.p. per le associazioni di

tipo mafioso ovvero al fine di agevolare l'attività di tali associazioni

- Scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.)

Il reato di associazione per delinquere è caratterizzato dalla presenza di alcuni requisiti:

- il protrarsi nel tempo del programma criminale,

- l’indeterminatezza dell’accordo criminoso, nel senso che l’accordo non è diretto alla commissione di uno

più reati determinati, bensì all’attuazione di un programma criminoso più vasto, indeterminato ed

adattato di volta in volta alle esigenze del caso;

- una struttura plurisoggettiva organizzata, anche se costituita senza forme particolari, che può avere una

maggiore o minore articolazione.

L’elemento soggettivo richiesto è il dolo specifico, cioè la coscienza e la volontà di entrare a far parte di

un’associazione di almeno tre persone, con la finalità di commettere più delitti.

L’associazione di tipo mafioso si distingue dall’associazione per delinquere per due elementi essenziali: il

ricorso alla forza di intimidazione dell’associazione per il conseguimento dei fini propri della stessa, la

maggiore ampiezza degli scopi perseguiti, in linea sia con l’influenza che le organizzazioni mafiose riescono

ad esercitare sul sistema politico sia con il nuovo volto “imprenditoriale” di queste organizzazioni, che

mirano ad arricchirsi non solo con atti delittuosi (sequestri, traffico di droga, eccetera), ma anche con il

reimpiego del cosiddetto denaro sporco in attività economico-produttive lecite o paralecite.

Per quanto attiene il reato di scambio elettorale politico-mafioso, questo è stato inserito nel codice penale

per reprimere la possibilità di un coinvolgimento della malavita negli ambienti della politica, che

normalmente si concretizza attraverso la conclusione di accordi aventi ad oggetto l’appoggio elettorale in

cambio di altri vantaggi economici.

Le fattispecie associative, soprattutto quelle a carattere generale (art. 416 e art. 416-bis) comportano,

almeno in astratto, la possibilità che, a fronte di qualunque delitto, possa essere contestato ad un soggetto

individuato tra quelli di cui all’art. 5, comma 1, lett. a) e b) del Decreto, in presenza di una pianificazione di

più delitti e di più autori, non tutti necessariamente dipendenti, anche il delitto associativo e,

conseguentemente, la responsabilità amministrativa per l’ente di appartenenza ai sensi del D.Lgs. 231.

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I reati di cui all’art. 24 ter del Decreto devono essere attentamente considerati nell’ambito di un risk

assessment 231, soprattutto in relazione ad alcune fattispecie di reato (art. 416 e art. 416 bis c.p.).

In particolare il fenomeno della criminalità di tipo mafioso è, per sua natura, particolarmente incline ad

attuare meccanismi di infiltrazione e condizionamento di grande pericolosità in modo assolutamente

trasversale rispetto ai differenti campi imprenditoriali ed a seconda delle sue concrete ed esclusive

esigenze.

La peculiarità delle associazioni di tipo mafioso sono da un lato la forza di intimidazione e la conseguente

condizione di assoggettamento e di omertà che si sviluppa sia all’interno della struttura associativa sia

all’esterno, dall’altro le finalità che non sono necessariamente la commissione di delitti, ma anche il

controllo dell’economia e della politica.

Com’è noto, i delitti associativi sono reati a concorso necessario, nel senso che richiedono necessariamente

la partecipazione di più persone per la configurazione del reato.

A tale riguardo la giurisprudenza ha elaborato negli anni la figura del concorso esterno nell’associazione

mafiosa: il reato di concorso esterno in associazione mafiosa si verrebbe a configurare con la condotta di un

soggetto esterno all’associazione a delinquere che apporti un contributo causale determinante al

perseguimento degli scopi illeciti e alla vita stessa dell’associazione.

Trattasi di reati dalla portata molto ampia e di conseguenza a priori di difficile esclusione, per quanto sarà

da valutare, di caso in caso, l’interesse o il vantaggio conseguibile dall’Ente a seguito della loro commissione.

Pertanto la famiglia di tali reati, nel MOG 231 di SO.RI, non trova riscontro in un documento di

mappatura specifico, tuttavia non potendone escludere la configurazione, anche se in astratto, sono

stati definiti protocolli etici (es. Codice etico) che possano, in qualche misura, prevenire la

commissione di tali reati.

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CONCUSSIONE, CORRUZIONE, INDUZIONE INDEBITA A DARE O PROMETTERE UTILITA’ (ART. 25,

D.LGS. 231/01)

Le fattispecie di reato di cui all’Art. 25 D.Lgs. 231/2001 sono le seguenti:

- Corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.).

- Corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c.p.).

- Circostanze aggravanti (art. 319-bis c.p.).

- Corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.).

- Induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.).

- Pene per il corruttore (art. 321 c.p.).

- Istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.).

I reati elencati nell’articolo 25 del decreto legislativo n. 231/2001, rubricato, a seguito dell’entrata in vigore

della Legge anticorruzione (L. 190/2012) “Concussione e corruzione, induzione indebita a dare o promettere

utilità”, appartengono alla categoria dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.

Soggetti attivi e passivi (destinatari del reato) possono essere i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico

servizio, intesi come coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio

deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla

mancanza dei poteri tipici di questa ultima (deliberativi, autoritativi, certificativi), e con esclusione dello

svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale (articolo 358

c.p.).

Anche in questo caso la norma accoglie una concezione oggettiva di pubblico servizio: ciò che rileva è solo il

concreto esercizio di un pubblico servizio, a prescindere dal rapporto di impiego con lo Stato o altro ente

pubblico o privato.

Definizione di Pubblico Ufficiale e di Incaricato di Pubblico Servizio.

- il Pubblico Ufficiale è colui che esercita una pubblica funzione di valenza sia legislativa, sia

giudiziaria, sia amministrativa;

Incaricati di pubblico servizio sono coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per

pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma

caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima (deliberativi, autoritativi, certificativi), e con

esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente

materiale (articolo 358 c.p.). Corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.)

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Tale ipotesi di reato, modificata con la L. 190/2012, si configura nel caso in cui il pubblico ufficiale,

nell’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra

utilità o ne accetta la promessa.

Non sono considerati rientranti nella fattispecie gli omaggi di cortesia solo se assumono caratteri di

valorizzazione contenuta in modesta entità; va però rilevato che la Cassazione Penale, con sentenza n.

12192 del 06.09.90, ha sancito che la lesione al prestigio e all'interesse della Pubblica Amministrazione

prescinde dalla proporzionalità o dall'equilibrio fra l'atto d'ufficio e la somma o l'utilità corrisposta.

Corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c.p.)

Il reato si configura nel caso in cui il pubblico ufficiale, dietro corresponsione di denaro o altra utilità,

compia un atto non dovuto anche se apparentemente e formalmente regolare e quindi contrario ai principi

di buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione. Detto atto non dovuto può ricondursi ad

atto illegittimo o illecito o ad atto posto in essere contrariamente all'osservanza dei doveri che competono

al pubblico ufficiale.

Circostanze aggravanti (art. 319 bis c.p.)

La pena è aumentata se il fatto di cui all’articolo 319 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o

stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il

pubblico ufficiale appartiene.

Istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.)

Tale ipotesi di reato si configura nel caso in cui, in presenza di un comportamento finalizzato alla

corruzione, il pubblico ufficiale rifiuti l'offerta illecitamente avanzatagli. Ai fini della configurabilità

dell'ipotesi criminosa è sufficiente la semplice promessa di denaro seguita dal rifiuto del pubblico ufficiale.

Corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter)

Il reato (che costituisce una fattispecie autonoma) assume la sua connotazione nel caso in cui la società sia

parte di un procedimento giudiziario e, al fine di ottenere un vantaggio nel procedimento stesso (processo

civile, penale o amministrativo), corrompa un pubblico ufficiale (non solo un magistrato, ma anche un

cancelliere od altro funzionario).

Tale reato non sanziona penalmente soltanto le condotte di chi esercita funzioni giudiziarie, ma ha una

portata ben più ampia che, come precisato dalla corte di Cassazione (sentenza n. 15208 del 25/02/2010),

rende configurabile il reato in questione anche in presenza di un qualsiasi atto funzionale ad un

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procedimento giudiziario, indipendentemente dal soggetto che lo pone in essere (nel caso specifico la

testimonianza resa in un procedimento penale).

Induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.)

La norma prevede che “salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di

pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o promettere

indebitamente a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da tre a otto anni. Nei casi

previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità, è punito con la reclusione fino a tre anni.

Questa fattispecie di reato è caratterizzata dalla assenza di condotta coercitiva da parte del Funzionario

Pubblico, il Privato pertanto non è una vittima del P.U./IPS, poiché la sua condotta è finalizzata

all’ottenimento di un vantaggio indebito, prospettatogli dal funzionario pubblico.

La condotta del funzionario pubblico è di tipo persuasivo (esplicita o implicita), finalizzata ad esercitare sul

privato una pressione psichica orientata a suscitare la determinazione della dazione o della promessa.

Concussione (art. 317 c.p.)

Tale ipotesi di reato è stata modificata con la cosiddetta Legge “anticorruzione”, la Legge 6 novembre 2012,

n. 190; in particolare ora soggetto attivo del delitto può essere solo il pubblico ufficiale e non più l’incaricato

di un pubblico servizio, come previsto nel testo precedente.

Il reato si configura quindi nel caso in cui un pubblico ufficiale, abusando della sua posizione, costringa

taluno a procurare a sé o ad altri denaro o altre utilità non dovutegli. Questo reato, peraltro, è suscettibile di

un'applicazione meramente residuale nell'ambito delle fattispecie considerate dal D.Lgs. n. 231/2001; in

particolare, tale forma di reato potrebbe ipotizzarsi, sempre ai fini del citato decreto, qualora un soggetto

aziendale, concorra nel reato del pubblico ufficiale che, approfittando di tale qualificazione, richieda a

soggetti terzi prestazioni non dovute, nella considerazione che, da tale comportamento, derivi in qualche

modo un vantaggio o interesse per la società e non solo a titolo personale o di terzi.

Nel reato di concussione la condotta assume i caratteri dell’abuso e della prevaricazione, essendo diretta a

strumentalizzare l’ufficio pubblico per coartare la volontà altrui al fine di ottenere, indebitamente, la

dazione o promessa di denaro o altra utilità. Il soggetto pubblico, pertanto, si giova dello stato di paura o

timore creato nel soggetto passivo.

Ai fini della contestazione della responsabilità dell’ente ex D.Lgs. 231/01, costituendo la concussione un

reato proprio di soggetti qualificati, è necessario che:

- il dipendente/apicale sia un Pubblico Ufficiale;

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- vi sia il concorso del dipendente/apicale dell’ente nel reato commesso dal Pubblico Ufficiale (ad es. il

dipendente compie atti che favoriscono la realizzazione della condotta delittuosa);

- concorso del dipendente/apicale con il Pubblico Ufficiale a danno di un terzo.

In riferimento ai reati corruttivi, è opportuno considerare anche le ipotesi di concorso di persone nel reato

proprio: tale argomento è stato disciplinato nel Protocollo comportamentale relativo alla gestione dei

rapporti con la P.A., cui viene fatto rimando.

SO.RI agisce per alcuni servizi (ad es. Back office, Riscossione) nella veste di “Pubblico Ufficiale”, in altri

servizi (ad es. Front Office) nella veste di “incaricata di pubblico servizio”: il reato di concussione (art. 317

c.p.) oppure quello di induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319 quater c.p.) si può quindi

manifestare in tutti gli ambiti aziendali, con particolare riferimento a quelli in cui l’Ente si interfaccia con i

soggetti esterni (ad es. fornitori di beni e/o servizi, indizione di gare, contribuenti).

Per una lettura più esaustiva riguardo ai potenziali rischi configurabili in SO.RI e alle attività

sensibili connesse, si rimanda al documento di mappatura “Area Reati P.A.”.

Inoltre SO.RI potrebbe essere coinvolta nei suddetti reati di corruzione in quanto persone apicali, o loro

sottoposti, potrebbero accettare una qualche utilità personale al fine di “compiere un atto contrario ai

doveri del proprio ufficio”. In tali ipotesi occorrerebbe valutare quale sia il concomitante interesse o

vantaggio per l’Ente dalla realizzazione del reato, presupposto questo per l’applicazione del D.Lgs. 231/01.

Appare inoltre in astratto plausibile l’ipotesi che soggetti apicali, o loro sottoposti, possano commettere atti

di corruzione nell’interesse dell’Ente promettendo o attribuendo qualche utilità a pubblici ufficiali o

incaricati di pubblico servizio, detentori del potere di assumere decisioni o di svolgere attività rilevanti per

SO.RI.

In entrambe le ipotesi sopra delineate (ovverosia, che i soggetti agiscano come “corrotti” o “corruttori”)

sono illimitate le modalità in cui potrebbero realizzarsi le fattispecie di reato, per cui, ai fini della definizione

del sistema di controllo, sono stati mappati i procedimenti che più sono esposti al rischio corruttivo e, nel

contempo, posti sotto controllo le aree in cui si realizzano i tipici “vantaggi” corruttivi (ad es. assunzione del

personale, contratti di consulenza, movimentazioni finanziarie, procedure di acquisto di beni e servizi, etc).

D’altro canto si rileva che la corruzione è un reato a difficile emersione poiché si basa su un accordo

criminoso tra corruttore e corrotto, entrambi interessati a mantenere segrete le proprie condotte. Anche

per questo motivo l’OCSE ha raccomandato all’Italia a prevedere forme di tutela ed incentivazione delle

segnalazioni delle condotte illecite (whistleblowing).

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REATI DI FALSITÀ IN MONETE, CARTE DI PUBBLICO CREDITO, IN VALORI DI BOLLO E IN STRUMENTI O

SEGNI DI RICONOSCIMENTO (ART. 25-BIS, D.LGS. 231/01)

- Falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione

di valori di bollo falsificati. (art. 459 c.p.)

- Uso di valori di bollo contraffatti o alterati. (art. 464 c.p.)

Ai sensi dell’articolo 459 c.p. sono punite, con una riduzione di pena rispetto ai reati previsti dal medesimo

art. 25-bis aventi ad oggetto la moneta, anche la contraffazione o alterazione di valori di bollo e

l’introduzione nello Stato o l’acquisto, detenzione e messa in circolazione di valori di bollo contraffatti. È

altresì punito, ai sensi dell’articolo 464 c.p., l’uso di valori di bollo contraffatti o alterati, al di fuori del

concorso nel reato di contraffazione o alterazione. Si ha una riduzione di pena qualora i valori falsificati

siano stati ricevuti in buona fede.

Per valori bollati devono intendersi la carta bollata, le marche da bollo, i francobolli ed i valori equiparati a

questi da leggi speciali (marche assicurative, francobolli di Stati esteri, cartoline e biglietti postali, eccetera).

Per una lettura più esaustiva riguardo ai potenziali rischi configurabili in SO.RI e alle attività

sensibili connesse, si rimanda al documento di mappatura “Area Reati falsità in (…) valori di bollo”.

Trattasi di una fattispecie di remota applicabilità all’interno di SO.RI ma non escludibile a priori, visto

l’acquisto di una certa quantità di valori di bollo utilizzati in diversi casi tra cui la gestione della

corrispondenza o l’apposizione di valori di bollo su documenti amministrativi.

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REATI SOCIETARI (ART. 25-TER, D.LGS. 231/01)

- False comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.).

- False comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori (art. 2622, co. 1 e 3, c.c.).

- Impedito controllo (art. 2625, co. 2, c.c.).

- Indebita restituzione di conferimenti (art. 2626 c.c.).

- Illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 c.c.).

- Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.).

- Operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.).

- Formazione fittizia del capitale (art. 2632 c.c.).

- Illecita influenza sull’assemblea (art. 2636 c.c.).

- Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638, co. 1 e 2, c.c.).

- Corruzione tra privati (art. 2635 co. 3 c.c.)

Per una lettura più esaustiva riguardo ai potenziali rischi ipotizzabili in SO.RI e alle attività sensibili

connesse, si rimanda al documento di mappatura “Area reati societari”.

Caratteristica principale dei reati societari è la loro natura di reati propri, ossia di reati che possono essere

commessi solo da soggetti che hanno una particolare qualifica soggettiva. Più precisamente, a seconda della

disposizione presa in considerazione, soggetti attivi dei reati societari possono essere: gli amministratori, i

direttori generali, i sindaci, i liquidatori, i soci conferenti, i responsabili della revisione e, per effetto della

legge 262/2005, i dirigenti delle società con azioni quotate preposti alla redazione dei documenti contabili

societari.

Il bilancio, per sua natura, contiene numerose stime e valutazioni che, seppur tecnicamente esplicitate dalla

funzione amministrativa, derivano in realtà da processi di determinazione che coinvolgono le diverse

funzioni aziendali: dunque gli ambiti in cui si possono realizzare le fattispecie di reato in questione

attraversano trasversalmente l’intera organizzazione aziendale.

Pertanto, il modello organizzativo e di controllo ex D.Lgs. 231/01 deve disciplinare il processo di

formazione del bilancio ponendo attenzione ai soggetti coinvolti, ai documenti prodotti, alle fasi di

costruzione, valutazione e verifica. Occorre inoltre focalizzare l’attenzione sulle altre comunicazioni sociali

obbligatorie per legge, incluse le comunicazioni e il reporting che da contratti di servizio devono essere

trasmesse periodicamente ai Comuni soci di SO.RI.

In occasione della revisione ed aggiornamento del Modello Organizzativo, oltre ad individuare i potenziali

processi sensibili al nuovo reato di “Corruzione tra privati” (art. 2635 cc), sono stati analizzati anche alcune

fattispecie di reato di cui all’art. 25 ter del Decreto che in fase di prima stesura del MOG, anche se

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astrattamente ipotizzabili, non risultavano dalla mappatura delle attività sensibili (ad es. illegale

ripartizione degli utili e delle riserve, operazioni in pregiudizio dei creditori, illecita influenza

sull’assemblea, etc).

Per una più esaustiva lettura si rimanda al documento della Mappatura “Area Reati Societari”, in cui

sono descritti i potenziali rischi relativi ai reati di cui all’art. 25 ter del Decreto, correlati alla specifica

attività/processo sensibile.

Di seguito un breve accenno ai reati di cui all’art. 25 ter del Decreto, oggetto di mappatura.

I reati per semplicità possono essere classificati in:

- Le falsità:

Artt. da 2621 a 2624 c.c. Il reato si perfeziona allorquando gli amministratori, i direttori generali, (i dirigenti

preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci,) o i liquidatori espongono nei bilanci,

nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico fatti

materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettono informazioni la cui

comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o

del gruppo al quale essa appartiene, nonché informazioni riguardanti beni posseduti dalla società per conto

di terzi, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, con l'intenzione di

ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, cagionando un

danno patrimoniale ai soci o ai creditori.

- La tutela penale del capitale sociale e del patrimonio:

� Indebita restituzione di conferimenti, Art. 2626. La fattispecie in esame punisce la condotta degli

amministratori che, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale, restituiscano anche

simulatamente i conferimenti ai soci o li liberino dall’obbligo di effettuarli. Si noti che trattasi di reato

proprio degli amministratori.

� Illegale ripartizione degli utili e delle riserve, Art. 2627. La fattispecie in esame punisce la condotta degli

amministratori che, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale, ripartiscono utili o acconti su

utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero ripartiscono riserve, anche non

costituite con utili, che non possono per legge essere distribuite.

� Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante, Art. 2628. Il reato si perfeziona

con l’acquisto o la sottoscrizione di azioni o quote sociali, ivi comprese quelle della società controllante, tali

da cagionare una lesione all’integrità del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge.

� Operazioni in pregiudizio dei creditori, Art. 2629. La fattispecie si realizza con l’effettuazione, in

violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, di riduzioni del capitale sociale o fusioni con altra

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società o scissioni, tali da cagionare un danno ai creditori. Si fa presente che il risarcimento del danno ai

creditori prima del giudizio estingue il reato.

� Formazione fittizia del capitale, Art. 2632. Il reato punisce la condotta degli amministratori e dei soci

conferenti che, anche in parte, formano o aumentano fittiziamente il capitale della società mediante

attribuzione di azioni o quote sociali per somma inferiore al loro valore nominale; sottoscrivono

reciprocamente azioni o quote; sopravvalutano in modo rilevante i conferimenti dei beni in natura o i

crediti ovvero il patrimonio della società, nel caso di trasformazione.

- Altri illeciti:

� Impedito controllo, Art. 2625. È un illecito sanzionato penalmente nel solo caso del danno ai soci, che è

proprio degli amministratori e consiste nell’impedire od ostacolare, mediante occultamento di documenti

od altri idonei artifici, lo svolgimento delle attività di controllo legalmente attribuite ai soci, ad altri organi

sociali o alle società di revisione.

� Illecita influenza sull’assemblea, Art. 2636. La “condotta tipica” prevede che si determini, con atti simulati

o con frode, la maggioranza in assemblea allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto.

Soggetti attivi non sono soltanto gli amministratori, trattandosi di reato comune, ma nella sostanza si può

ipotizzare che soltanto i soci (evidentemente di relativo peso) possano essere ulteriori soggetti attivi del

reato.

� Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, Art. 2638. Il reato si consuma

allorquando amministratori, direttori generali, (dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili

societari, sindaci), liquidatori o altre persone sottoposte alla loro vigilanza, soggetti al potere di controllo di

autorità pubbliche di vigilanza, con comunicazioni alle autorità medesime espongono, al fine di ostacolare la

vigilanza stessa, falsità sulla situazione patrimoniale, economica o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza, o

occultano, con altri mezzi fraudolenti, fatti che avrebbero dovuto obbligatoriamente comunicare, ovvero

omettono le comunicazioni dovute. Viene così completata secondo il legislatore la tutela penale

dell’informazione societaria, in questo caso nella sua destinazione alle autorità di vigilanza settoriali (non

solo Consob, Banca d’Italia, Isvap, COVIP, ma anche Autorità garante della concorrenza e del mercato,

Garante della privacy, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Autorità per la Vigilanza sui Contratti

Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture etc.).

� Corruzione tra privati (art. 2635 co. 3 c.c.): la norma prevede che, salvo che il fatto costituisca più grave

reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili

societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per

sé o per altri, compiono od omettono atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi

di fedeltà, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si prevede

invece la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla

direzione o alla vigilanza di uno di tali soggetti. Peraltro, chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone

indicate è punito con le pene ivi previste. Tale reato può comportare responsabilità per l’ente solo nei casi

di condotte attive, non essendo compatibili i fatti di corruzione passiva con l’interesse e vantaggio per l’ente.

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Ad es. si possono ipotizzare forme di corruzione attiva di personale dell’ente verso funzionari di istituti

bancari o assicurativi, ispettori di enti di certificazione, responsabili di altre società ed imprese appaltatrici

nei casi di contenziosi in atto, etc. Di conseguenza il Codice Etico e/o i protocolli comportamentali dovranno

disciplinare i rapporti con tali soggetti, così come il Codice Sanzionatorio prevedere espresse sanzioni in

caso di violazioni di tali precetti.

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DELITTI CONTRO LA PERSONALITÀ INDIVIDUALE (ART. 25-QUINQUIES, D.LGS. 231/01)

- Detenzione di materiale pornografico (Art. 600 quater c.p.)

- Pornografia virtuale (Art. 600 quater 1 c.p.)

La norma di cui all’Art. 600 quater c.p. fa riferimento alla detenzione di materiale pornografico realizzato

utilizzando minori di anni 18. La norma comprende ogni possibile forma di detenzione, compresa quella che

si realizza attraverso le comunicazioni telematiche. A questo riguardo parte della dottrina ritiene che debba

rientrare in questa ipotesi di reato anche la semplice consultazione via internet di siti pedofili, senza

registrazione dei dati su disco.

Le norme si applicano anche nel caso di utilizzo di immagini virtuali, dove per immagini virtuali si

intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a

situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali.

Si tratta di reati per i quali è molto poco probabile individuare un interesse o un vantaggio per l’Ente dalla

loro commissione, anche se in astratto potrebbero individuare una più generale colpa in organizzazione a

carico dell’Ente. Di conseguenza è consigliabile evidenziare tali pratiche come vietate (ad es. nel Codice

Etico e nel Regolamento di uso del sistema informatico aziendale) e di adottare protocolli informatici che

impediscano o limitino la possibilità di detenzione e di uso di tale materiale all’interno del sistema

informatico aziendale.

Le tipologie di reato sopra richiamate non risultano tracciate in un documento di mappatura del MOG

231, in quanto SO.RI si avvale di un sistema di filtri che impediscono l’accesso a siti internet non

autorizzati. Questo sistema di prevenzione limita fortemente il rischio correlato alla fattispecie di

illeciti sopra richiamati, pertanto, dal momento che la potenzialità del rischio non si può escludere,

ma ha un margine di configurazione molto basso, si è ritenuto opportuno non darne evidenza in un

documento di mappatura, limitandosi a richiamare i protocolli di comportamento nel Codice Etico, nel

Regolamento sull’uso degli strumenti informatici e nel Protocollo di gestione della sicurezza

informatica.

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REATI DI OMICIDIO COLPOSO E LESIONI COLPOSE GRAVI O GRAVISSIME, COMMESSI CON VIOLAZIONE

DELLE NORME SULLA TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO (ART. 25-SEPTIES, D.LGS.

231/01)

- Omicidio colposo (art. 589 c.p.)

- Lesioni personali colpose (art. 590, co. 3, c.p.)

Per una lettura più esaustiva riguardo ai potenziali rischi configurabili in SO.RI e alle attività

sensibili connesse, si rimanda al documento di mappatura “Area reati ex D.Lgs. 81/08.

La legge 3 agosto 2007, n. 123, “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al

Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”, ha introdotto l’articolo 25-septies nel

decreto legislativo 231/2001, per estendere la responsabilità amministrativa degli enti ai delitti di cui agli

articoli 589 e 590, 3° comma, del codice penale, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e

sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro. Successivamente, il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81,

(cosiddetto Testo Unico Sicurezza), ha modificato i profili sanzionatori della responsabilità dell’Ente ed

introdotto nuove disposizioni in tema di modelli organizzativi idonei a prevenire i reati in esame.

Secondo la giurisprudenza prevalente, i soggetti passivi dei reati in esame sono, non solo i lavoratori, ma

anche i terzi che si trovino in un luogo di lavoro in cui si richiede di conformarsi alle regole di cautela

predisposte per prevenire ed evitare infortuni sul lavoro.

I soggetti attivi dei reati in esame sono, in sostanza, i destinatari delle norme antinfortunistiche, titolari

degli obblighi di sicurezza, previsti dal D.Lgs 81/2008 (Datore di lavoro, dirigenti, preposti, responsabile del

servizio di protezione e prevenzione, addetti squadre primo soccorso ed antincendio, ecc.) chiamati a

rispondere penalmente delle loro inosservanze, in quanto assumono una posizione di garanzia rispetto al

bene giuridico tutelato, ossia una posizione di controllo sulle fonti di rischio.

Da sottolineare il principio di effettività da tempo affermato dalla giurisprudenza, secondo cui

l'individuazione dei soggetti destinatari della normativa in tema di infortuni sul lavoro deve essere operata

sulla base dell'effettività e concretezza delle mansioni e dei ruoli svolti. Ne consegue che chiunque eserciti,

anche di fatto, i poteri giuridici propri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, è destinatario della

relativa posizione di garanzia e, quindi, dei connessi obblighi e sanzioni.

Il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro riveste oggi un ruolo centrale rispetto alle tematiche di

sostenibilità delle organizzazioni e richiede un atteggiamento di diffusa consapevolezza a tutti i livelli

dell’organizzazione, di collaborazione e di cooperazione di tutto il personale con gli uffici interni addetti al

servizio in una logica ed in una cultura di prevenzione che richiede costanza nella formazione e

nell’applicazione delle regole e dei principi.

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REATI IN MATERIA DI VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI AUTORE (ART 25-NOVIES D.LGS 231/2001)

- Art. 171-bis l. 633/1941 comma 1: abusiva duplicazione, per trarne profitto, di programmi per

elaboratore; importazione, distribuzione, vendita o detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale

o concessione in locazione di programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla SIAE;

predisposizione di mezzi per rimuovere o eludere i dispositivi di protezione di programmi per

elaboratori;

- Art. 171-bis l. 633/1941 comma 2: riproduzione, trasferimento su altro supporto, distribuzione,

comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico, del contenuto di una banca dati; estrazione

o reimpiego della banca dati; distribuzione, vendita o concessione in locazione di banche di dati.

Per una lettura più esaustiva riguardo ai potenziali rischi configurabili in SO.RI e alle attività

sensibili connesse, si rimanda al documento di mappatura “Area reati violazione diritto d’autore”.

Si tratta di reati con i quali il legislatore intende tutelare (sotto diverse forme) i diritti d’autore relativi ai

programmi per elaboratore (software).

Anche per questa categoria di reati non può escludersi in termini assoluti la possibilità di accadimento, in

particolare per quanto attiene la detenzione a scopo imprenditoriale di programmi contenuti in supporti

non contrassegnati dalla SIAE. Tuttavia l’indice di rischio per la eventualità di una responsabilità penale

deve qualificarsi come basso; ciò in considerazione della tipologia di programmi utilizzati dall’Ente, del

sistema di acquisto centralizzato degli stessi, nonché della vigenza di procedure aziendali atte a prevenire

l’installazione di programmi non regolarmente detenuti.

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INDUZIONE A NON RENDERE DICHIARAZIONI O A RENDERE DICHIARAZIONI MENDACI ALL'AUTORITÀ

GIUDIZIARIA (ART. 25-DECIES, D.LGS. 231/01)

- Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (art.

377-bis c.p.)

Per una lettura più esaustiva riguardo ai potenziali rischi configurabili in SO.RI e alle attività

sensibili connesse, si rimanda al documento di mappatura “Area reati nei confronti dell’Autorità

giudiziaria.

Si tratta di un reato riconducibile alle fattispecie di coinvolgimento di SO.RI in un procedimento penale,

all’interno del quale si possa manifestare un rischio di condotta di personale dell’Ente che consiste nell’uso

della violenza o della minaccia oppure nella promessa del denaro od altra utilità al fine di indurre il soggetto

imputato(ad es. dipendente di SO.RI) oppure imputato/testimone (ad es. il soggetto imputato in un

procedimento connesso a quello di SO.RI/Ente imputato o indagato) a rendere dichiarazione non vere o

distorte all’Autorità giudiziaria, procurando così un interesse o un vantaggio a favore dell’Ente stesso.

Tale fattispecie di reato è disciplinata attraverso specifiche previsioni all’interno del Codice Etico aziendale.

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REATI AMBIENTALI (ART. 25-UNDECIES, D.LGS. N. 231/01)

- D.Lgs 152/06 art. 256 (Attività di gestione rifiuti non autorizzata),.

Per una lettura più esaustiva riguardo ai potenziali rischi configurabili in SO.RI e alle attività

sensibili connesse, si rimanda al documento di mappatura “Area reati Ambientali”.

Il reato in oggetto riguarda le attività di gestione rifiuti prodotti dalle sedi SO.RI.

Occorre quindi focalizzare l’attenzione sulle procedure relative al corretto adempimento degli obblighi di

legge imposti dalla normativa per quanto concerne la raccolta e lo smaltimento di rifiuti: in SO.RI, essendo

l’attività dell’Ente prettamente amministrativa, i rifiuti considerati più pericolosi sono i toner delle

stampanti.

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SO.RI

SOCIETA’ RISORSE S.P.A.

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6. ALLEGATI:

- Documenti di Mappatura:

� Area Reati P.A.;

� Area Reati Informatici;

� Area Reati Societari;

� Area Reati ex D.Lgs. 81/08 (Omicidio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime);

� Area reati di falsità in (…) valori di bollo;

� Area Delitti in violazione del Diritto d’Autore;

� Area Reati nei cfr dell’Autorità Giudiziaria;

� Area Reati Ambientali.

- Documenti del Risk Assessment:

� Analisi rischio ex ante;

� Documenti di Gap Analysis: Reati P.A., Reati informatici, Reati societari; Reati ex D.Lgs. 81/08;

Reati falsità in valori di bollo; Reati in violazione Diritto d’Autore; Reati nei cfr dell’Autorità

Giudiziaria; Reati Ambientali.

� Analisi Rischio ex post.