Modello di Fondazione per sostenere gli investimenti in capitale umano

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Modello di Fondazione per sostenere gli investimenti in capitale umano Studio di fattibilità Milano, Ottobre 2009

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Modello di Fondazione per sostenere gli investimenti in capitale umano

Studio di fattibilità

Milano, Ottobre 2009

Lo studio di fattibilità è stato realizzato da SOGES S.p.A. con il contributo di Regione Lombardia, Direzione generale Istruzione, Formazione e Lavoro.

Steering committee: Alberto Perego, Luigi Marconi Responsabile di progetto: Roberto Durio Gruppo di ricerca: Elena Assandro, Natascia Astolfi, Bartolomeo Avataneo, Barbara Beretta, Marcello De Tommasi, Annagrazia Margapoti, Antonio Vespe

Indice

Introduzione 1 Capitolo 1 L’ambito di azione del modello: il principio di sussidiarietà. 3 1.1. Elementi teorici 3 1.2. La Sussidiarietà nell’esperienza legislativa italiana 5 Capitolo 2 Dote e govervance per un bene pubblico competitivo 7 2.1. La formazione: un bene pubblico competitivo 7 2.2. Governance: un’opportunità di cooperazione tra pubblico e

privato 9

Capitolo 3 Aspetti giuridici sulle fondazioni 12 3.1. Le fondazioni e la loro regolamentazione 12

3.1.1. Gli elementi costitutivi 13 3.1.2. Il riconoscimento della personalità giuridica 14 3.1.3. Le tipologie di fondazioni 16 3.1.4. Le diverse forme giuridiche delle fondazioni 17

3.2. Perché una fondazione per lo sviluppo del Capitale umano 19 Capitolo 4 Fondazione Sviluppo Capitale Umano: il modello 22 4.1. Lo scopo della Fondazione 22 4.2. La Fondazione come strumento 23

4.2.1. Il territorio 25 4.2.2. Gli stakeholder 26 4.2.3. I donatori/benefattori 27 4.2.4. I beneficiari 27 4.2.5. Gli operatori accreditati 27

4.3. Le caratteristiche della Fondazione 28 4.4. Le leve di coordinamento: governance, gestione, formulazione

della dote 30

4.4.1. La governance 30 4.4.2. La gestione 32 4.4.3. La formulazione della dote 33

Conclusioni 39 Bibliografia 40 Allegati 1 - Il contesto 45 2 - Documento metodologico 89 3 - Slide: Studio del principio di sussidiarietà 109 4 - Slide: Analisi degli scenari 116 5 - Il piano di fund-raising 122 6 –Mappatura del “mercato” formativo 155 7- Screen-shot del sito www.sviluppocapitaleumano.net 157

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Introduzione

Lo sviluppo del capitale umano è un bene pubblico competitivo per un territorio, nello specifico per la Regione Lombardia. Come ogni tipo di bene pubblico anche la crescita del capitale umano è frutto di azioni intenzionali e condivise. Per questo motivo, lo studio proposto nel documento presenta la Fondazione quale strumento idoneo a perseguire uno scopo di pubblica utilità per i diversi portatori di interesse che operano allo sviluppo competitivo del territorio lombardo.

L’individuazione di uno strumento sostenibile esige che si risolvano alcuni problemi e/o sfide che rendono il modello operativo interessante e utile agli stakeholder del territorio. Infatti, i portatori di interesse per aderire e partecipare al progetto hanno soprattutto bisogno di sapere come il progettista del modello della Fondazione per lo sviluppo del capitale umano ha affrontato alcune questioni essenziali. Lo stakeholder in primo luogo vuole conoscere se la Fondazione moltiplica le sue risorse e in secondo luogo che cosa fa e come fa a farlo.

Il modello di Fondazione propone, nell’ambito del principio della sussidiarietà, delle soluzioni organizzative che cercano di rispondere all’esigenza di:

- creare sinergie con tutti gli attori del territorio sostenendo contemporaneamente le esigenze dei singoli,

- perseguire uno scopo specifico utile per tutti e per ciascuno, - formare l’uomo giusto al momento giusto, migliorando il tasso di coerenza

tra formazione erogata e sbocchi occupazionali effettivi.

Lo studio sviluppa un modello da implementare tramite la libera iniziativa di cittadini che intendono costituire un corpo intermedio che collabori con l’Amministrazione regionale per lo sviluppo del capitale umano.

Il documento prima di illustrare il modello individuato sviluppa tre capitoli con lo scopo di inquadrare i presupposti teorici che hanno ispirato e guidato nella scelta di soluzioni organizzative utili a rendere operativa la Fondazione sviluppo capitale umano.

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Il primo capitolo richiamando alcuni elementi teorici sul principio di sussidiarietà definisce l’ambito di azione del modello. Il principio di sussidiarietà, dal punto di vista tecnico, è analizzato come un principio organizzativo riguardante i rapporti tra istituzioni e società. Ciò consente ai cittadini l’autonoma iniziativa, pur nel rispetto di precisi vincoli, che rende possibile ipotizzare, ai fini della presente ricerca, l’intervento di un nuovo corpo intermedio che operi a sostegno dello sviluppo del capitale umano lombardo attraverso lo strumento Dote, già introdotto in Lombardia.

Il secondo capitolo focalizza come lo strumento Dote e la governance possono favorire sul territorio lo sviluppo di un bene pubblico competitivo: la formazione. Partendo dal presupposto che la formazione di una persona e lo sviluppo di un territorio non sono un fatto spontaneo si analizza la necessità di intraprendere azioni intenzionali e condivise dotandosi di opportuni strumenti e strategie.

Nel terzo capitolo si introduce un’analisi degli aspetti giuridici che regolano le fondazioni. L’intento è quello di prevedere la possibile forma giuridica da dare al nuovo strumento Fondazione, al fine di renderla più rispondente allo scopo da raggiungere e all’operatività che si intende realizzare. La Fondazione di partecipazione è individuata come figura giuridica più opportuna per uno strumento che dovrà implementare e consolidare nel tempo la capacità di creare un network “patrimoniale materiale e immateriale” a sostegno dello sviluppo del capitale umano.

Il quarto capitolo affronta l’oggetto centrale dello studio sviluppando un modello che definisce lo strumento Fondazione in termini operativi senza prescindere dallo scopo di pubblica utilità individuato per la costituzione dell’Ente formato da una pluralità di fondatori (Enti pubblici, privati, aziende o Enti finanziatori). Sono evidenziati gli elementi qualificativi e distintivi della Fondazione Sviluppo Capitale Umano rispetto alle ormai numerose fondazioni che operano sul territorio locale e internazionale. La caratteristica principale del modello proposto è la sua capacità di intervenire come acceleratore della domanda di formazione per sbocchi occupazionali effettivi grazie alla stretta sinergia con il mondo delle imprese e del lavoro.

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Capitolo 1

L’ambito di azione del modello: il principio di sussidiarietà.

1.1. Elementi teorici

Il principio di sussidiarietà, dal punto di vista tecnico, è da considerarsi non solamente un principio giuridico ma a tutti gli effetti un principio organizzativo riguardante i rapporti tra istituzioni e società. Dal punto di vista filosofico1 e antropologico, il principio di sussidiarietà riguarda una concezione globale della società dove la persona (intesa come singolo individuo e come insieme di legami relazionali) è il fulcro dell’ordinamento giuridico.

Etimologicamente la parola sussidiarietà deriva dal termine militare latino subsidium, col quale venivano indicate le truppe di riserva dell’esercito. Il subsidium era costituito, quindi, da coloro che scendevano in campo nel momento in cui l’esercito regolare non era più in grado di affrontare il nemico con le sole proprie forze. Dall’origine etimologica evinciamo già che il concetto di sussidiarietà racchiude in sé un’ottica di supporto e non di sostituzione nelle funzioni.

L’accezione moderna del termine indica, «in generale, il fatto, la caratteristica, la situazione di svolgere funzione di complemento, d’integrazione. In particolare, nel linguaggio politico, si definisce principio di sussidiarietà, il concetto per cui un’autorità centrale avrebbe una funzione essenzialmente sussidiaria, essendo ad essa attribuiti quei soli compiti che le autorità locali non siano in grado di svolgere da sé. Con interpretazione più recente, con riferimento alla Comunità europea e, in particolare, alla successiva Unione degli stati europei, il principio secondo il quale dovrebbe essere riservata alla Comunità, come organismo centrale, l’esecuzione di quei compiti che, per le loro dimensioni, per l’importanza degli effetti, o per l’efficacia a livello di attuazione, possono essere realizzati in modo più soddisfacente dalle istituzioni comunitarie che non dai singoli Stati membri»2.

Come viene giustamente specificato nella definizione del Vocabolario Treccani, il principio di sussidiarietà ha particolare rilevanza per l’Unione

1 È possibile trovare dei primi accenni indiretti al principio di sussidiarietà nel pensiero di Aristotele, in particolare, sul rapporto tra governo e libertà.

2 Vocabolario della lingua italiana Treccani, da www.treccani.it.

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europea. Il Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992) dichiara che il principio di sussidiarietà è “la direttrice fondamentale che guida il processo di formazione dell'Unione Europea”. Nel tempo l’UE ha fatto del principio di sussidiarietà una metodologia giuridico-istituzionale, applicata ai rapporti fra istituzione sovranazionale e Stati membri.

L’importanza del principio di sussidiarietà a livello politico-istituzionale viene ulteriormente sottolineata dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica che ne fa un principio cardine del modo di essere delle istituzioni della società civile già dal 1931 con la nota enciclica di Pio XI, “Quadragesimo Anno” nella quale si ritrova la formulazione più esplicita di tale principio3 (precedentemente accennato nell’enciclica di Leone XIII “Rerum Novarum” del 1891).

A seconda di quali attori sociali ricoprono la funzione di subsidium si possono

distinguere due forme di sussidiarietà: - sussidiarietà verticale, quando un’istituzione di maggiori dimensioni – per

estensione territoriale di riferimento, per posizione nella gerarchia delle fonti legislative, per risorse a disposizione,… - interviene in supporto di quelle di minori dimensioni qualora queste non riescano a rispondere efficacemente alle richieste della società con le proprie forze;

- sussidiarietà orizzontale, il subsidium all’istituzione in questo caso viene fornito da attori privati (ossia non istituzionali) comunque facenti parte della società, questi attori possono essere singoli individui o corpi intermedi.

Il principio di sussidiarietà, in ogni sua forma, porta gli attori coinvolti ad un

maggiore impegno soggettivo aumentando la consapevolezza del proprio ruolo all’interno della società, che sempre più tende verso una relazione paritaria tra Pubblica amministrazione e cittadino (scardinando il paradigma bipolare che vede una più netta distinzione tra il ruolo attivo della Pubblica amministrazione e quello passivo del cittadino-amministrato). Il risultato auspicato dall’applicazione del principio di sussidiarietà è quindi la crescita personale di ciascun individuo in modo tale da massimizzare l’efficienza delle soluzioni individuate anche in un’ottica di pluralizzazione della sovranità.

3 «…è vero certamente e ben dimostrato dalla storia che, per le mutate circostanze, molte cose non possono essere compiute se non da grandi associazioni, mentre prima venivano eseguite anche dalle piccole. Tuttavia deve restare saldo questo principio importantissimo della filosofia sociale: come è illecito sottrarre agli individui ciò che essi possono compiere con le proprie forze e di loro iniziativa per trasferirlo alla comunità, così è ingiusto affidare a una maggiore e più alta società quello che le minori e inferiori comunità possono fare» (n. 86). Di conseguenza, continua l'enciclica, «è necessario che l'autorità suprema dello Stato rimetta ad associazioni minori e inferiori il disbrigo degli affari e delle questioni di minore importanza», per poter «svolgere con più libertà, con più forza ed efficacia le funzioni che a lei sola spettano [...]: quelle di direzione, di vigilanza, di stimolo, di repressione, a seconda dei casi e delle necessità» (n. 88).

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1.2. La Sussidiarietà nell’esperienza legislativa italiana

In tema di legislazione nazionale italiana, il principio di sussidiarietà venne preso quale concetto ispiratore della riforma della Pubblica amministrazione attuata con la legge n. 59 del 15 marzo 1997 rubricata "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 1997 e recepita con la legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3 ("Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione", G.U. n. 248 del 24 ottobre 2001).

Di particolare rilevanza è l’art. 4, c. 3, lettera a)4 della citata L. n. 59/1997 che per l’appunto pone come primo tra i principi fondamentali della riforma proprio il principio di sussidiarietà

Di fatto nel testo costituzionale attualmente in vigore è presente in maniera esplicita il principio di sussidiarietà. Il comma 1 dell’art. 118 della Costituzione descrive i rapporti tra istituzioni territoriali sulla base del principio di sussidiarietà verticale5, mentre al comma 4 l’interpretazione della maggior parte della dottrina vede un chiaro, ma non esplicito, riferimento al principio di sussidiarietà orizzontale6.

L’introduzione nella Costituzione italiana di questa nuova visione della relazione Pubblica amministrazione - cittadini ha delle conseguenze pratiche rilevanti nella società. Dal punto di vista del sistema relazionale e organizzativo:

- si introducono nuovi “centri di potere effettivo” che possono influenzare la

vita sociopolitica del Paese (per dirla con Bassanini, si ha un “assetto istituzionale policentrico”);

- conseguentemente, la relazione tra Istituzioni e cittadini diventa paritaria (vedi, tra gli altri, Arena e Bassanini);

- mentre prima il cittadino era portatore di un interesse che andava soddisfatto dalle Istituzioni, adesso è autonomo nell’iniziativa che deve essere favorita dalle Istituzioni (vedi art. 118, c. 4 della Costituzione).

4 Art. 4, c. 3, lett. a) della L. 59/1997: «il principio di sussidiarietà, con l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, all’autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati;».

5 Art. 118, c. 1 Cost.: «Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza».

6 Art. 118, co. 4 Cost.: «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».

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Tabella 1.1 - Caratteristiche e differenze dei paradigmi amministrativi esaminati

PARADIGMA BIPOLARE NUOVO PARADIGMA

Netta separazione tra Amministrazione (agente) e

Cittadino (principale)

Amministrazione e Cittadino convergono verso la

soddisfazione di un interesse comune

Cittadino � titolare d’interesse Cittadino � autonomo nell’iniziativa

Amministrazioni � enti preposti alla soddisfazione

Amministrazioni�enti che favoriscono l’autonoma iniziativa

Cittadini passivi e subordinati Cittadini attivi e collaborativi

Fonte: elaborazione gruppo di studio

Chiaramente l’autonomia dei cittadini è soggetta al rispetto di precisi vincoli:

- deve comunque esplicarsi all’interno dell’ordinamento legislativo; - deve perseguire obiettivi di interesse generale; - deve localizzare l’ambito d’intervento.

Pur in presenza di questi vincoli, esiste il pericolo che questo sistema si “corrompa” portando al ritiro dello Stato dall’economia attraverso un percorso di sempre maggior liberalizzazione delle attività private, di privatizzazione e conseguentemente a una forte deregolamentazione amministrativa (www.simone.it).

L’eventualità sopra descritta, per quanto possibile, non sembra agli occhi del gruppo di ricerca probabile. Non solo in virtù dei sopracitati vincoli posti dal sistema, ma anche perché laddove l’Istituzione favorisce/“utilizza” l’azione di subsidium che viene fornita da un privato (individuo o corpo intermedio) non delega a questi anche i propri compiti regolativi e di controllo: rimane pertanto una distinzione tra il soggetto istituzionale e quello privato, a presidio, in particolare, del principio di uguaglianza nell’accesso ai servizi e dell’universalità dei diritti dei cittadini.

Il sistema giuridico, relazionale e organizzativo incentrato sul principio di sussidiarietà orizzontale che è stato fin qui descritto rende possibile ipotizzare, ai fini della presente ricerca, l’intervento di un nuovo corpo intermedio che operi a sostegno dello sviluppo del capitale umano lombardo attraverso lo strumento Dote, già introdotto in Lombardia.

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Capitolo 2

Dote e governance per un bene pubblico competitivo

2.1 La formazione: un bene pubblico competitivo

La formazione di una persona e lo sviluppo di un territorio non sono un fatto spontaneo.

Per sviluppare effettivamente il capitale umano e creare una società competitiva è necessario identificare i presupposti che ne permettono la realizzazione (Pichierri, 2002). Tra le condizioni più opportune evidenziamo l’ottimizzazione delle risorse economiche disponibili e l’adeguato sviluppo delle potenzialità di ogni singolo individuo al fine di renderlo capace di apportare un contributo alla società in cui vive.

I cittadini che popolano il territorio dovrebbero essere consapevoli delle proprie esigenze e essere capaci di soddisfarle accedendo alle risorse e ai servizi di cui necessitano. Affinché l’accesso consapevole alle risorse possa avvenire è opportuno creare le condizioni tali per cui tutti i cittadini possano godere degli stessi diritti e adempire ai propri doveri.

Per creare le condizioni di esercizio della liberta è fondamentale generare e utilizzare uno strumento facilitatore che permetta agli individui, parte di una società competitiva, di plasmare il proprio percorso esistenziale ad iniziare dal sistema educativo di istruzione-formazione.

La Dote è lo strumento che la Regione Lombardia utilizza per mettere a

disposizione del singolo cittadino risorse economiche finalizzate allo sviluppo del capitale umano e alla creazione di una società competitva1.

1 La Dote rappresenta un’applicazione concreta del principio di sussidiarietà, in base al quale il beneficiario è il soggetto (persona, impresa, famiglia) afferente ai target groups definiti nella programmazione e rispetto ai quali le risorse economiche assegnate sono finalizzate a contribuire, in tutto o in parte, ai costi relativi alla fruizione dei servizi del sistema educativo. Inoltre la dote rappresenta uno strumento flessibile e modulabile e il suo valore può: • essere differenziato a favore delle aree svantaggiate, nonché in relazione alla collocazione

territoriale, alle caratteristiche dell’utenza e alla tipologia e qualità dei servizi;

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La Dote è lo strumento che: - ottimizza le risorse economiche di cui dispone la Regione, - responsabilizza il cittadino mettendolo nella condizione di utilizzare la

propria quota pro-capite per la formazione (Violini, 2008), - permette ai cittadini di accedere a servizi (beni) pubblici che non sono

suscettibili di appropriazione privata e da cui nessuno può esserne escluso dal godimento.

I beni pubblici che concorrono allo sviluppo del capitale umano e quindi

all’aumento della competitività degli attori inserti in un determinato sistema territoriale, si definiscono “beni pubblici per la competitività locale”2(traduzione del gruppo di studio di “local collective competition goods” (Le Galès e Voelzkow, 2001 in Pichierri, 2002)).

La maggior parte dei beni definibili “beni per la competitività” sono raggruppabili in tre classi: formazione, trasferimento tecnologico, internazionalizzazione (Pichierri, 2002). Il confine tra bene pubblico locale e bene locale competitivo è fluido e il passaggio da uno stadio all’altro, per certi tipi di beni come la formazione, non è spontaneo. Affinché ciò possa avvenire è necessario che gli attori del territorio agiscano strategicamente, ad esempio mettendo in rapporto il sistema istruzione formazione con le imprese locali.

I beni pubblici si manifestano come risorse di natura differente all’interno del

sistema locale e se utilizzati in maniera efficiente ed efficace possono diventare una risorsa che contribuisce rendere la società competitiva. Affinché ciò avvenga è necessario che vi siano attori sociali impegnati a investire sulla mobilitazione consensuale delle risorse locali e sull’immagine che il sistema produce al suo esterno (Pichierri, 2002)3. Infatti, anche quando i beni pubblici connessi allo sviluppo sembrano nascere spontaneamente dal mercato o dalla storia, essi sono riconducibili all’azione di attori individuali o collettivi pubblici e privati.

La formazione è un bene pubblico, ovvero una risorsa del e per il territorio, che se utilizzata e sviluppata con mezzi appropriati è in grado divenire un bene per la competitività e di conseguenza creare una società competitiva.

È importante quindi includere nel processo di sviluppo tutti coloro che sono coinvolti direttamente (cittadini che necessitano di formazione) e indirettamente (coloro che necessitano di risorse umane preparate ad affrontare il mondo del

• essere reso flessibile attraverso la composizione modulare di differenti risorse economiche riferite ai distinti servizi a cui esse sono finalizzate. (Regione Lombardia: la nuova scuola prende forma)

2La formazione professionale corrisponde a questo tipo di bene (se presenta localmente caratteristiche differenziali distintive come ad esempio una maggior efficacia rispetto alle altre regioni) in quanto costituisce un vantaggio competitivo per il sistema di imprese che ne usufruisce. 3Ciò incide anche sul rafforzamento dell’identità collettiva che, all’interno di un contesto regionale, è costruita internamente dai cittadini stessi e al contempo dalla visione che i sistemi locali esterni alla regione hanno di quest’ultima.

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lavoro), sia privati sia pubblici, per creare sinergie condivise per un fine comune: lo sviluppo del capitale umano.

Considerando la realtà regionale lombarda, che per sviluppare il capitale umano ha creato mezzi appropriati e innovativi quali la Dote (strumento facilitatore in grado di contribuire a trasformare la formazione da bene pubblico a bene pubblico competitivo), si ritiene opportuno potenziare l’efficacia dello strumento con una partnership di attori in grado di creare sinergie comuni.

L’intervento di altri attori territoriali, a fianco dell’amministrazione pubblica che favorisce l’autonoma iniziativa dei cittadini, può arricchire le possibilità di crescita del territorio a condizione che si trovino forme di cooperazione appropriata. Infatti, in una prospettiva orientata allo sviluppo del capitale umano e conseguentemente del territorio, l’unione delle risorse pubbliche e private è tanto più efficace quanto più il privato concorre direttamente o indirettamente alla produzione di beni pubblici.

La partnership che vede operare insieme risorse pubbliche e risorse aggiuntive private può portare ad uno “sviluppo accompagnato”(Pichierri 2002, cap. 5), da intendere come una cooperazione, per sostenere, ciascuno secondo le proprie competenze, la produzione di beni pubblici competitivi. Lo sviluppo accompagnato può comprendere diverse risorse aggiuntive, materiali (risorse finanziarie…) e immateriali (creazione di una rete comunicativa…), che permetta agli attori del territorio (cittadini, aziende e operatori nel sistema istruzione e istruzione e formazione professionale) una collaborazione sinergica.

2.2 Governance:

un’opportunità per la cooperazione tra pubblico e privato

La sfida di unire attori appartenenti a realtà pubbliche e private affinché

concorrano insieme allo sviluppo e all’implementazione di beni pubblici richiede una governance, ovvero una modalità di gestione (intesa come modalità di coinvolgimento), in grado di soddisfare le aspettative di entrambe le parti4(Mirabelli, 2008 in Ammassari, 2008).

4 In accordo con quanto definito da Mirabelli, condividiamo che la governance rappresenta un nuovo tipo di governo, caratterizzato da un minore controllo gerarchico e maggiore grado di cooperazione tra attori pubblici e privati all’interno di reti decisionali miste (Mirabelli 2008, in Ammassari, 2008). In quest’ottica il livello politico decisionale locale assume una nuova rilevanza e soggetti diversi acquisiscono nuove responsabilità e gradi di coinvolgimento. Sono inclusi nella pratica della concertazione e diventano protagonisti delle fasi decisionali e attuazione delle politiche. La governance evidenzia il ruolo svolto dai soggetti locali (stakeholder) nella realizzazione delle politiche e degli strumenti, ponendo l’attenzione sui processi e sulle interdipendenze che si stabiliscono nelle diverse realtà territoriali.

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Secondo la Commission Global Goverment, la governance “[…] è il prodotto dei molteplici modi in cui individui e istituzioni, pubblico e privato, (ovvero di tutti i portatori di interesse - stakeholder5-) gestiscono i loro affari comuni. È un processo continuo attraverso il quale si possono coniugare interessi conflittuali o diversi tramite un’azione cooperativa. Esso comprende istituzioni formali e regimi forti in grado di normare condotte nonché dispositivi informali che sia le istituzioni, sia gli agenti hanno convenuto o percepiscono essere di loro interesse.” (Vaccaro 2007: 123).

Il modello di governance che si vuole delineare in questo documento ha la prerogativa di definire un modello organizzativo partecipato a multi livello che sia in grado di connettere gli interessi di tutti gli stakeholder della regione Lombardia coinvolti nello sviluppo del capitale umano: dal singolo cittadino alle diverse istituzioni formative operanti sul territorio.

La gestione di una partnership pubblico-privato richiede la creazione di

rapporti sinergici tra i diversi attori coinvolti attraverso la logica del network, ovvero una rete di relazioni che regola la complessità delle interazioni che stanno alla base della struttura post industriale. La logica del network ha successo se è legato a forme di elasticità mutevoli di consenso negoziato, con cui si richiamano gli attori pubblici e privati ad occuparsi degli interessi generali attraverso un progetto comune (Maffettone 2007 in Palumbo Vaccaro, 2007: 9). È importante che ogni attore attui un processo di condivisione degli interessi comuni e proietti sul lungo periodo il risultato delle risorse investite nel presente. Richiedere al singolo di percepirsi in un sistema circolare di interconnessione con gli altri stakeholder, in un’ottica volta al miglioramento del bene pubblico competitivo, significa superare il rischio di concepire se stessi come meri attori singoli unicamente interessati a soddisfare le proprie esigenze in un lasso breve di tempo.

Per mettere in relazione i diversi attori è necessario aprirsi ad un approccio bottom up anziché top-down, al fine di eliminare sul nascere o diminuire il più possibile tutti gli elementi di conflitto, per avere dei presupposti solidi sui quali costruire rapporti di interscambio tra pubblico e privato (Mirabelli, 2008 in Ammassari, 2008: 146).

5 Nel linguaggio anglossassone gli stakeholders rappresentano i detentori di interessi locali, ovvero coloro che vivono in un territorio in qualità di residenti o esercenti di attività sociali-economiche-culturali. Questi possono produrre e scambiare risorse significative legate alla conoscenza del territorio e della comunità locale, dei bisogni, potenzialità, vincoli e capacità operative per trasformare il territorio e aiutare lo sviluppo sociale ed economico sostenibile della comunità. Se invece si vogliono indicare i detentori di capitali il termine inglese utilizzato è stockholders/shareholders, ovvero coloro i quali possono investire in un determinato territorio a patto che sia ritenuto conveniente. Con tale definizione si fa riferimento agli imprenditori che non sono meri attori economici, ma attori i cui beni prodotti hanno una pretesa di validità pubblica comperabile ai beni ambientali .

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Oltre all’approccio dal basso verso l’alto, crediamo sia opportuno far leva sulla

ratio della governance: riflessiva e discorsiva. In questo modo ci si può porre tra la razionalità procedurale del mercato e la razionalità sostanziale dello Stato per sviluppare l’auto organizzazione riflessiva di attori sociali in mutue relazioni di interdipendenza nell’ottica della sussidiarietà.

Per un buon funzionamento della governance è importante innanzitutto identificare la tipologia di rappresentanza degli attori coinvolti nel processo decisionale e arrivare ad una definizione dei ruoli di tutti gli stakeholder in questione. Infatti è già dimostrato che un processo non inclusivo che non contempla la presenza di alcuni tipi di stakeholder (ovvero coloro che oltre agli interessi detengono anche un capitale da investire – stockholder) si ripercuote in negativo sui risultati attesi.

Inoltre è opportuno includere nella governance degli stakeholder fortemente

motivati al raggiungimento dei propri obiettivi al fine di avvalersi di ulteriori risorse in grado di contribuire al miglioramento dell’efficacia, dell’efficienza, dell’equità e della sostenibilità del progetto in attuazione.

Il modello di governance che si intende creare prevede che tutti gli attori coinvolti possano cooperare per raggiungere un obiettivo comune: lo sviluppo del capitale umano. Si intende quindi attuare una progettazione mirata a valorizzare le risorse materiali e immateriali del territorio. Per realizzare questo intento si ritiene opportuno:

- promuovere una struttura a network capace di favorire la mobilitazione dal basso delle risorse locali,

- individuare soggetti pubblici e privati locali che con la concertazione e il partenariato, possano ideare strategie comuni per uno sviluppo integrato;

- creare una polity autopoietica capace di regolarsi e correggersi attraverso modalità che ne rafforzano l’efficienza, il potere di inclusione sociale e la legittimità (Palumbo 2007: cap.1).

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Capitolo 3

Aspetti giuridici sulle fondazioni

Introduciamo la descrizione del modello della Fondazione Sviluppo Capitale Umano (di seguito Fondazione) premettendo un’analisi degli aspetti giuridici che regolano le fondazioni. L’intento è quello di prevedere la possibile forma giuridica da dare al nuovo strumento Fondazione, al fine di renderla più rispondente allo scopo da raggiungere e all’operatività che intende realizzare.

3.1. Le fondazioni e la loro regolamentazione

Nel linguaggio giuridico la fondazione viene definita come un’«istituzione di carattere privato riconosciuta come persona giuridica, caratterizzata dall’esistenza di un fondo patrimoniale destinato dalla volontà del fondatore a raggiungere nel tempo uno scopo determinato, senza perseguire fini di lucro»1.

Questa definizione delinea le caratteristiche principali di una fondazione: - il riconoscimento della personalità giuridica, attraverso cui l’ente viene

dotato di propri poteri di autonomia amministrativa e finanziaria; - lo scopo determinato, possibile e lecito di pubblica utilità e non diretto a

fini di lucro; - il patrimonio destinato al perseguimento di uno scopo di pubblica utilità. Ogni fondazione si autodisciplina attraverso la predisposizione di due

documenti:l’atto costitutivo e lo statuto. L’atto costitutivo raccoglie le principali norme riguardanti l’organizzazione, la struttura e l’attività per il suo corretto funzionamento. Lo statuto è l’atto regolamentare ed è parte integrante dell’atto costitutivo stesso.

1 Vocabolario della lingua italiana Treccani, da www.treccani.it.

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In Italia le fondazioni sono disciplinate principalmente dal libro I, tit. II, capo II rubricato «Delle associazioni e delle fondazioni», artt.14-35 del codice civile.

In particolare, l’art. 14 del codice civile stabilisce che una fondazione può essere costituita da una o più persone, fisiche o giuridiche, attraverso un atto pubblico2 o mediante disposizione testamentaria3.

Il/i fondatore/i dell’ente, nei limiti generali stabiliti dall’art.16 del codice civile, possono stabilire arbitrariamente e secondo i propri obiettivi i contenuti dei documenti costitutivi della fondazione: lo statuto diviene espressione della volontà del/i fondatore/i. 3.1.1. Gli elementi costitutivi

L’atto costitutivo di una fondazione deve, tra gli altri elementi, contenere la denominazione e in particolare l’indicazione dello scopo sociale, del patrimonio e della sede dell’ente4.

La denominazione. La denominazione della fondazione è libera e non necessita di particolari nomenclature, anche se spesso reca il nome del fondatore e/o lo scopo dell’ente.

Lo scopo sociale. Una fondazione è caratterizzata dal perseguire uno scopo possibile5, lecito e senza fini di lucro: l’ente deriva utili dal proprio patrimonio e dalle proprie attività che devono essere destinati al raggiungimento dei propri fini senza essere fonte di profitto per terzi.

Una o più persone fisiche o giuridiche decidono di istituire una fondazione per perseguire un determinato scopo socialmente utile e/o di promozione dello sviluppo economico, secondo quanto previsto dallo statuto, destinandone il patrimonio o una sua parte al raggiungimento dello stesso. Data la pluralità di possibili finalità cui può essere destinata (ad es. perseguire scopi filantropici, sostenere e intervenire su progetti e attività che si esplicano nel sociale, sostenere e sviluppare percorsi formativi per contribuire allo sviluppo socio-economico del territorio, ecc.), l’istituzione di una fondazione risulta essere uno strumento

2 Art. 2699 del codice civile: «L’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato».

3 Art. 14 del codice civile: «Le associazioni e le fondazioni devono essere costituite con atto pubblico. La fondazione può essere disposta anche con testamento».

4 Art. 16 del codice civile «L’atto costitutivo e lo statuto devono contenere la denominazione dell’ente, l’indicazione dello scopo del patrimonio e della sede, nonché le norme sull’ordinamento e sull’amministrazione…»; « L’atto costitutivo e lo statuto possono inoltre contenere le norme relative all’estinzione dell’ente e alla devoluzione del patrimonio e, per le fondazioni, anche quelle relative alla loro trasformazione».

5 Art. 27 del codice civile: «Oltre che per le cause previste nell’atto costitutivo e nello statuto, la persona giuridica si estingue quando lo scopo è stato raggiunto o è divenuto impossibile».

14

particolarmente versatile adottato in diversi settori (culturale, bancario, associazionismo, …).

I fondatori scelgono di operare attraverso lo strumento giuridico della fondazione perché reputato il più idoneo al raggiungimento dello scopo prefissato.

Il patrimonio. Il codice civile considera il patrimonio come elemento

costitutivo della fondazione6. Il patrimonio è l’insieme dei beni di cui è titolare l’ente.

Nelle fondazioni il patrimonio o una sua parte deve essere vincolato al raggiungimento dello scopo della stessa: deve essere adeguato e sufficiente alla realizzazione dello scopo (congruità del patrimonio rispetto allo scopo).

Il regime giuridico che regola l’istituzione e il funzionamento delle fondazioni considera il patrimonio di una fondazione come un’immobilizzazione perpetua di beni destinati alla produzione di beni e/o servizi di utilità sociale. Per assicurare il raggiungimento dello scopo, l'autorità preposta al riconoscimento giuridico della fondazione può richiedere la formazione di un patrimonio minimo.

La sede. La sede legale dell’ente può essere la sede operativa o amministrativa, in alternativa può essere istituita anche presso lo studio di un notaio o commercialista. 3.1.2. Il riconoscimento della personalità giuridica

Una fondazione per poter esistere e operare deve ottenere il riconoscimento della personalità giuridica. Il riconoscimento è un atto amministrativo discrezionale emanato dall’autorità amministrativa competente, statale o regionale, in seguito alla verifica dei presupposti per la sua concessione: il rispetto delle disposizioni di legge vigenti in materia e soprattutto la liceità dello scopo e la congruità del patrimonio allo scopo sociale della fondazione.

Il D.P.R. 361 del 2000 disciplina le modalità di svolgimento dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private, le autorità amministrative, preposte e l’obbligo di quest’ultime di istituire un Registro delle persone giuridiche. Le modalità sono definite in via generale dalla normativa nazionale e più dettagliatamente dalle singole autorità competenti.

Le autorità preposte al riconoscimento della personalità giuridica delle fondazioni ed al loro controllo sono le Prefetture, nella cui provincia è stabilita la sede dell’ente, e le Regioni. 7 Le Regioni conferiscono la personalità giuridica alle

6 Vedi nota 4. 7 Art.1, c.1 e 2 del D.P.R. 361 del 2000: «1. Salvo quanto previsto dagli articoli 7 e 9, le

associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento determinato dall'iscrizione nel Registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture. 2. La domanda per il riconoscimento di una persona giuridica, sottoscritta dal fondatore ovvero da coloro ai quali e' conferita la rappresentanza dell'ente, e' presentata alla prefettura nella cui provincia e' stabilita la sede dell'ente ...».

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fondazioni che operano nelle materie di competenza regionale e i cui scopi statutari si esauriscono nell’ambito di una sola regione.8 Per alcune fondazioni che operano in campo artistico è competente al riconoscimento della personalità giuridica il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.9

Il riconoscimento giuridico regionale deve essere richiesto nel caso in cui la fondazione ha come preciso vincolo statutario che le proprie attività debbano esaurirsi nell'ambito di una sola regione (ovvero in una zona geografica più ristretta), in tutti gli altri casi deve essere chiesto quello nazionale. La Regione Lombardia, ai sensi dell’art.7, c.2 del D.P.R. 361 del 2000, con il regolamento regionale n .2 del 2 aprile 2001, ha istituito il Registro delle persone giuridiche private su supporto informatico e ha disciplinato le modalità per l’acquisto della personalità giuridica da parte delle persone giuridiche private tra cui anche le fondazioni le cui finalità si esauriscono nel territorio della regione stessa e rientrano nell’ambito delle materie attribuite alla competenza regionale. Il riconoscimento della personalità giuridica avviene mediante l’iscrizione al Registro delle persone giuridiche private.

Una fondazione per essere riconosciuta deve presentare l’apposita domanda di iscrizione al Registro delle persone giuridiche, sottoscritta dal proprio legale rappresentante, indirizzata al Presidente della Giunta regionale, e corredata dei documenti necessari agli sportelli delle Camere di commercio territorialmente competenti o agli uffici regionali. La documentazione da allegare alla domanda d’iscrizione è principalmente costituita dall’atto costitutivo, dallo statuto della fondazione, dalla relazione sulla consistenza del patrimonio iniziale10 e dai documenti relativi alle attività che la fondazione vuole perseguire e alla composizione dei suoi organi direttivi. L’iscrizione al Registro è disposta con decreto del Presidente della Giunta regionale entro 90 giorni, a seguito dell’istruttoria da parte degli uffici competenti che verificano la sussistenza di tutti i requisiti e le condizioni previste da norme di legge o di regolamento per la

8 Art. 7 del D.P.R. 361 del 2000: «1. Il riconoscimento delle persone giuridiche private che operano nelle materie attribuite alla competenza delle Regioni dall'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e le cui finalità statutarie si esauriscono nell'ambito di una sola regione, e' determinato dall'iscrizione nel Registro delle persone giuridiche istituito presso la stessa Regione».

9 Art. 1, c.10 del D.P.R. 361 del 2000: «10. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, sentito il Ministro dell'interno, sono determinati i casi in cui il riconoscimento delle persone giuridiche che operano nelle materie di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali è subordinato al preventivo parere della stessa amministrazione, da esprimersi nel termine di sessanta giorni dalla richiesta del prefetto. In mancanza del parere il prefetto procede ai sensi dei commi 5 e 6».

10 La Giunta regionale, con deliberazione n. VII/7295 dell'11 dicembre 2001, ha determinato, rispettivamente in 26.000 euro per le organizzazioni di volontariato ed in 52.000 euro per tutti gli altri casi, tra cui le fondazioni, il limite minimo del fondo iniziale a tal fine necessario.

16

costituzione dell'ente e in particolare che lo scopo sia possibile e lecito e la congruità del patrimonio rispetto alla realizzazione dello scopo.11

Il Registro delle persone giuridiche private della Lombardia è basato su un supporto informatico che permette l’accesso agli enti privati sia per la richiesta della propria iscrizione sia per qualsiasi altro atto modificativo o estintivo degli stessi. Le Camere di commercio sono deputate alla gestione del registro stesso per quanto concerne l’attività di sportello come l'iscrizione nel Registro regionale informatico dei provvedimenti inerenti, il rilascio dei certificati, ecc.12 3.1.3. Le tipologie di fondazioni Le fondazioni vengono classificate come enti non commerciali, intendendo per questi gli enti pubblici e/o privati13 che non hanno per oggetto esclusivo o principale14 l’esercizio di attività commerciali.

Le fondazioni possono svolgere anche attività commerciale15, qualora risultasse strumentale al perseguimento dei propri scopi: ad esempio per costituire il reddito volto a sostenere le attività istituzionali o per raggiungere i fini statutari della fondazione stessa.

La qualifica dell'attività principale come commerciale o non commerciale comporta l’applicazione di un diverso regime normativo e tributario.16

In base al regime normativo applicato nella costituzione della fondazione,

possiamo distinguere in fondazioni tipiche e atipiche.

Tipiche. Le fondazioni tipiche sono classificate in ragione dell’organizzazione interna o esterna attraverso cui svolgono le proprie attività e sono suddivise tra:

- di erogazione; - operative; - miste.

11 Si applicano le disposizioni della l. 241 del 1990 che disciplina il procedimento amministrativo.

12 Art. 7 del regolamento regionale n. 2 del 2 aprile 2001. 13 Art. 73, c.1, lett. c), n. 9 del D.P.R. 917/1986 “Testo Unico delle imposte sui redditi”: «gli

enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;».

14 Art. 73, c.4 del D.P.R. 917/1986: «l'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto».

15 L’attività commerciale è disciplinata dal libro V del codice civile (in particolare gli artt. 2082 e 2195), dal D.LGS. 460 /1997, dal D.P.R. 917/1986 e dal D.P.R. 601/1973 (disciplina relativa all’imposta sul valore aggiunto).

16 Nel caso in cui l’attività principale della fondazione è di tipo commerciale si applica la disciplina delle imprese commerciali contenuta nel Libro V del codice civile e nel D.P.R. 917/1986.

17

La fondazione può perseguire il proprio scopo indirettamente, attraverso l’erogazione di risorse finanziarie a terzi che offrono beni e/o servizi di pubblica utilità coerenti con lo scopo della fondazione stessa (cd. fondazioni di erogazione), o direttamente producendo beni e/o servizi di pubblica utilità attraverso la gestione di attività o strutture in proprio (cd. fondazioni operative). Infine è possibile che la fondazione operi, nel perseguire il proprio scopo, in parte direttamente ed in parte indirettamente (cd. fondazioni miste).

Atipiche. Le fondazioni possono assumere anche forme atipiche non regolamentate da specifiche disposizioni legislative. In particolare, ai fini del presente studio, assumono particolare rilevanza le cd. fondazioni di partecipazione17.

Questa tipologia di fondazioni ricomprende enti che presentano aspetti tipici sia dell’istituto delle fondazioni che di quello delle associazioni. Le fondazioni di partecipazione sono caratterizzate dall’elemento del patrimonio vincolato allo scopo, tipico delle fondazioni, e dall’elemento personale di partecipazione tipico delle associazioni. L’atto costitutivo delle fondazioni di partecipazione assume la forma di un contratto aperto a cui possono partecipare persone fisiche o giuridiche, sia pubbliche che private, in qualità di fondatori (apportatori del patrimonio destinato) o aderenti successivi (che partecipano al conseguimento dello scopo sociale e la cui quota associativa non entrerà a far parte del patrimonio vincolato). Ciascun soggetto aderente coinvolto nella fondazione di partecipazione mantiene la propria identità pur partecipando, operativamente e/o finanziariamente, alle attività della fondazione stessa18. 3.1.4. Le diverse forme giuridiche delle fondazioni

Le fondazioni possono assumere diverse forme giuridiche, tra cui quella di imprese sociali e/o di organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)19. La disciplina normativa di queste due forme di ente, entrambe non commerciali, presenta caratteristiche comuni, o comunque similari, anche con l’istituto giuridico della fondazione:

17 Le fondazioni di partecipazione sono riconosciute come persone giuridiche private atipiche ex art. 1, c. 1 del D.P.R. 361 del 2000: « Salvo quanto previsto dagli articoli 7 e 9, le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento determinato dall'iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture».

18 Per approfondimenti sul tema vedi Bellezza, Florian F. (2006), “Fondazioni di Partecipazione”, ed. La Tribuna, Piacenza.

19 Art.1 del D.LGS. 155/06: « Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private, ivi compresi gli enti di cui al libro V del codice civile, che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale, e che hanno i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4».

18

- il perseguimento di scopi senza fini di lucro 20; - il patrimonio destinato al perseguimento dello scopo; - la classificazione delle attività economiche destinate alla produzione di beni

o servizi di rilievo sociale.

L’espressione impresa sociale comprende ogni persona giuridica la cui attività economica principale, esercitata in modo stabile, è diretta alla produzione e/o allo scambio di beni e/o servizi di utilità sociale21. Le attività economiche di utilità sociale possono essere (a titolo di esempio non esaustivo):

- assistenza sociale; - assistenza sanitaria; - assistenza socio-sanitaria; - educazione, istruzione e formazione; - tutela dell'ambiente e dell'ecosistema; - valorizzazione del patrimonio culturale; - turismo sociale; - formazione universitaria e post-universitaria; - ricerca ed erogazione di servizi culturali; - formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione

scolastica ed al successo scolastico e formativo; - servizi strumentali alle imprese sociali.22 Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) sono regolamentate

dal D.LGS. 460/1997. L’art. 10 del decreto legislativo in oggetto disciplina in modo dettagliato gli enti che possono assumere la forma di ONLUS: le fondazioni, le associazioni, le società cooperative ed altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, che svolgono attività in settori specifici elencati nell’articolo stesso e perseguono in modo esclusivo finalità di solidarietà sociale23.

I settori specifici di attività oggetto delle ONLUS sono: - assistenza sociale e socio-sanitaria; - assistenza sanitaria; - beneficenza; - istruzione; - formazione; - sport dilettantistico; - tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico; - tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente, escludendo la raccolta e

il riciclaggio di rifiuti urbani; - promozione della cultura e dell'arte;

20 Art. 3 del D.LGS. 155 del 2006 e art. 10, c. 1, lett. b) e d) del D.LGS. 460 del 1997. 21 Art. 1, co.1 del D. LGS. 155 del 2006 22 Art. 2, co.1 del D. LGS. 155 del 2006. 23 Art. 10, c.1, lett. b) del D. LGS. 460 del 1997.

19

- tutela dei diritti civili; - ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da

fondazioni ovvero da esse affidata ad università, enti di ricerca ed altre fondazioni che la svolgono direttamente24.

Le Onlus usufruiscono di un regime tributario agevolato per le imposte sui

redditi, per l'imposta sul valore aggiunto e per le altre imposte indirette. Sono inoltre previste agevolazioni fiscali a favore dei soggetti che effettuano erogazioni liberali a questi enti25.

Le ONLUS sono sottoposte a significativi vincoli statutari e contabili per poter beneficiare delle agevolazioni e delle esenzioni tributarie26.

3.2 Perché una fondazione per lo sviluppo del capitale umano?

Lo studio di fattibilità circa la creazione di un modello di Fondazione, nasce dal bisogno di approfondire la possibilità di poter creare una Fondazione che, basandosi sul principio di sussidiarietà, permetta di sostenere gli investimenti dello sviluppo del capitale umano della Regione Lombardia.

Il modello di Fondazione, oggetto qui di studio, permette a diversi enti appartenenti al sistema istruzione e/o formazione, alle imprese, alle famiglie e ai cittadini, di interagire con modalità nuove e diverse per sviluppare il capitale umano nel territorio lombardo. La finalità della Fondazione è di promuovere e realizzare la gestione associata di interventi sul capitale umano tramite un network di attori del settore formazione/istruzione che garantisca la massima efficienza, efficacia ed economicità degli interventi che la Fondazione dovrà sostenere. Il perseguimento di tale finalità permetterà, oltre alla valorizzazione delle risorse presenti sul territorio, di attrarre investimenti e nuovi progetti.

La Fondazione rappresenterà il connettore tra i diversi attori presenti sul territorio di riferimento (siano essi istituzionali, sociali, pubblici, privati, …) favorendo momenti di partecipazione per incentivare la cooperazione attiva tra tutte le forze del sistema istruzione/formazione ed il territorio (i cittadini destinatari del sistema Dote).

Questa azione coordinata permetterà di far iniziare un processo orientato allo sviluppo del capitale umano e del territorio d’intesa e in attuazione delle politiche pubbliche regionali in materia formativa.

Il pubblico, il privato e il privato sociale no-profit del sistema integrato di istruzione/formazione e i cittadini non saranno più entità distinte e a sé stanti, ma potranno collaborare insieme per generare nuove prospettive e risorse attraverso lo strumento della Dote.

24 Art. 10, c.1, lett. a) del D. LGS. 460 del 1997. 25 Artt. 12 e ss. del D. LGS. 460 del 1997. 26 Artt. 10 e 25 del D. LGS. 460 del 1997.

20

I caratteri formali che riteniamo essere necessari al modello da noi ipotizzato sono:

- autonomia; - rilevanza sociale dello scopo statutario; - natura no-profit dell’ente (direttamente derivante dal punto precedente); - possibilità di estendere la partecipazione a diversi livelli di interlocutori e in

momenti successivi.

In generale, una qualsiasi fondazione deve essere un ente autonomo che una persona, un gruppo di persone o anche un’impresa o un ente pubblico fondano per perseguire uno scopo socialmente utile, vincolando a tale scopo del capitale.

In particolare, la possibilità che i fondatori di una fondazione hanno nello stabilire la forma costitutiva, lo scopo, la struttura organizzativa e funzionale permettono alla fondazione stessa di dotarsi di tutti i caratteri sopra elencati.

Si verrà quindi a delineare la forma giuridica atipica della cd. fondazione di partecipazione, caratterizzata da aspetti di associazione oltre che di fondazione tipica, che permette ed incentiva la partecipazione alla nascita e alla vita della fondazione di una pluralità di soggetti singoli o collettivi, pubblici o privati: ognuno può contribuire alla creazione della fondazione stessa o aderirvi successivamente partecipando al conseguimento del suo scopo sociale (non solo finanziariamente, ma attraverso anche l’erogazione di servizi, la messa a disposizione di particolari professionalità o l’apporto di beni) mantenendo sempre la propria autonomia strutturale e organizzativa.

La natura no-profit che caratterizza il modello ipotizzato, non inibisce questo ente dall’assumere un’organizzazione imprenditoriale, volta alla massima efficienza nella gestione che nell’operatività.

La Fondazione, pur non essendo per sua natura definibile come istituzione in senso proprio, può assumere una connotazione semi-istituzionale dato il suo ruolo di connettore tra istituzioni pubbliche, private e collettività che permetterà di e supportare la gestione e l’attuazione delle politiche formative della Regione Lombardia.

21

Tabella 3.1. - Quadro comparativo tra forme giuridiche

Requisiti Fondazione tipica Associazione Fondazione di

partecipazione

Autonomia statutaria ���� ���� ����

Scopo di utilità sociale ���� ���� ����

Natura no-profit da statuto ���� ���� ����

Elemento soggettivo: partecipazione volontaria successiva alla costituzione

���� ����

Elemento soggettivo: partecipazione contributiva rispetto al patrimonio vincolato

���� ����

Possibilità di partecipare al raggiungimento dello scopo statutario, attraverso conferimenti non in denaro

���� ����

Patrimonio vincolato allo scopo ���� ����

Separazione tra funzioni operative e funzioni gestionali

���� ����

Fonte: elaborazione del gruppo di studio

22

Capitolo 4

Fondazione Sviluppo Capitale Umano: il modello

4.1. Lo scopo della Fondazione

Lo scopo della Fondazione è quello di contribuire allo sviluppo socio-economico e rilancio della competitività del territorio lombardo attraverso lo sviluppo del capitale umano; in particolare attraverso il sostegno a percorsi formativi di carattere professionalizzate per l’ampliamento e/o approfondimento di competenze tecnico-professionali e scientifiche. I percorsi che si intende sostenere saranno prevalentemente rivolti a inoccupati e/o disoccupati e riguarderanno soprattutto l’offerta formativa successiva al secondo ciclo di istruzione e istruzione e formazione professionale (IFP) come definita dalla legge regionale dal titolo “Norme sul sistema educativo di istruzione e istruzione e formazione professionale” (L.R. n. 19/2007). Nello specifico si potranno promuovere e facilitare iniziative per:

- la formazione superiore, - l’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), - la formazione di specializzazione.

A fronte delle analisi condotte, lo scopo della Fondazione, come sopra

descritto, risulta prioritario, in quanto risponde ad un interesse generale rilevante derivante dal ruolo che riveste la formazione tecnico-professionale e scientifica, perché:

- ha rivestito in passato, e continua in prospettiva a svolgere, un ruolo importante ai fini dello sviluppo di un tessuto imprenditoriale competitivo nei territori italiani;

- ha una funzione vitale nell’ambito delle innovazioni tecnologiche soprattutto in riferimento alla piccola e media impresa;

- è necessario rendere più stabile e articolata l’offerta formazione tecnico-professionale e scientifica qualificata in modo da corrispondere in modo più organico e tempestivo alle esigenze del sistema;

- è vantaggioso per il territorio affiancare alle azioni programmate a livello di amministrazione regionale (che implicano e rispondono a politiche

23

istituzionali più complesse), uno strumento più immediato rispetto ai mutevoli bisogni che manifestano le imprese e il mercato del lavoro, anche in relazione agli sbocchi occupazionali effettivi.

La Fondazione può contribuire a facilitare l’innesco di esperienze virtuose

all’interno del sistema educativo regionale contribuendo:

- a rafforzare la formazione superiore terziaria non accademica con forme di sperimentazione che consentano una continuità integrata con i percorsi triennali Diritto Dovere di Istruzione e Formazione (DDIF) e di quarto anno per il diploma professionale;

- a semplificare a monte il sistema dei Poli Formativi e degli IFTS coinvolgendo sistematicamente i diversi attori educativi e socioeconomici per permettere agli operatori accreditati di concentrasi sulla fase di progettazione e gestione al fine del miglioramento effettivo dell’offerta formativa;

- qualificare i percorsi di specializzazione attraverso un raccordo forte fra istituzioni formative e mondo dell’impresa sulla base della formalizzazione di accordi specifici.

La Fondazione potrà anche occuparsi di formazione continua e permanente, ma

non sarà l’obiettivo principale. Infatti, in questi anni, il maggiore sviluppo e utilizzo dei fondi interprofessionali ha permesso alle imprese di avvalersi di buoni strumenti e sufficienti risorse per la formazione continua. Tuttavia, la Fondazione dovrà continuare a monitorare la domanda di formazione permanente, soprattutto per vagliare la necessità di intervenire a sostenere le persone che per età o obsolescenza professionale sono maggiormente a rischio di espulsione dal mercato del lavoro.

4.2. La Fondazione come strumento

Lo strumento principale per sostenere la formazione tecnico-professionale e scientifica è la Dote coerentemente con i principi della centralità della persona, della libertà di scelta e della valorizzazione del capitale umano, sanciti dalle leggi regionali n. 22/2006 e n. 19/2007. Tuttavia, lo strumento Dote è adattato, in base al principio di sussidiarietà, per integrarlo efficacemente con l’innovativo strumento Fondazione.

24

La Fondazione può essere uno strumento1, in senso forte, a tutti gli effetti, capace di interagire e di integrarsi con le politiche formative regionali, in quanto non serve esclusivamente come mezzo per raggiungere dei fini. La Fondazione, grazie alle caratteristiche insite nel modello costitutivo, avvia politiche di crescita del capitale umano per lo sviluppo del territorio nell’ambito del principio di sussidiarietà. Pertanto la Fondazione, pur non qualificandosi come vera e propria istituzione in senso tradizionale, assume una connotazione a valenza istituzionale perché il suo operato affianca e integra le politiche per la formazione attuate dalla Regione Lombardia.

Figura 4.1- La fondazione in rapporto al territorio

Fonte: elaborazione gruppo di studio

1 Nel libro “Gli strumenti per governare” di Pierre Lascoumes e Patrick Le Galès, si afferma che gli strumenti istituzionali sono le regole fondamentali del gioco e che questi strumenti non sono affatto neutrali: veicolano valori, creano abitudini e schemi di pensiero. In altre parole gli strumenti, soprattutto quando hanno una valenza istituzionale, non sono un semplice mezzo per raggiungere un fine, ma costituiscono la politica stessa. Più che a fattori geografici e commerciali, lo sviluppo economico di uno stato o un territorio è legato alla qualità delle sue istituzioni. Puntare a questo sviluppo significa assicurasi strumenti istituzionali che funzionino (Lascoumes P., Le Galés P., 2009).

collettore addizionatorecollettore

acceleratorequalificatore

qualificatoreacceleratore

qualificatore

STAKEHOLDER

BE

NE

FIC

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OPERATORI ACCREDITATI

DO

NA

TO

RI

FONDAZIONE

CA

PIT

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PO

25

Gli elementi costitutivi dello strumento Fondazione sono: - il territorio; - gli stakeholder; - i donatori/benefattori; - i beneficiari; - gli operatori accreditati; - le leve di coordinamento. Descriviamo di ognuno degli elementi individuati le caratteristiche specifiche,

al fine di rendere evidente come ciascun elemento può contribuire al raggiungimento dello scopo della Fondazione tramite specifiche leve di coordinamento. 4.2.1. Il territorio

Il territorio costituisce l’insieme integrato degli elementi materiali e immateriali che compongono la regione geografica Lombardia e che è amministrato dall’ente Regione Lombardia2..

La delimitazione geografica e amministrativa individuata è necessaria per specificare il contesto in cui è applicato il principio di sussidiarietà e quindi l’ambito in cui si instaura il rapporto cittadini-amministrazione per la realizzazione di iniziative che soddisfino gli interessi generali.

Si potrebbero analizzare o assumere altre definizioni (ad esempio l’accezione neoclassica concepisce il territorio come luogo di produzione e distribuzione del reddito), ma ai fini dell’implementazione del modello è sufficiente costatare che il territorio si connota come:

- entità sistemica; - insieme complesso di relazioni; - aperto all’ambiente; - organizzato su più livelli.

La Fondazione, attraverso specifiche leve di coordinamento, avvierà un

processo finalizzato alla creazione di valore per la collettività composta dall’insieme degli individui che fruiscono del territorio predeterminato nei suoi confini. La fruizione di beni e servizi presenti sul territorio, nell’ambito dello

2 La definizione, sintetica e generale, utilizzata per spiegare il territorio non deve farci dimenticare che tra il territorio e i suoi utenti si costituisce, in senso lato, un rapporto di scambio. Tuttavia, l’oggetto dello scambio, nell’ambito dello strumento Fondazione, sono tutti quegli elementi materiali e immateriali che favoriscono lo sviluppo del capitale umano nell’ambito del sistema educativo di istruzione e IFP.

26

sviluppo del capitale umano, non è fine a se stessa, ma è volta a costruire, mantenere e rafforzare rapporti di scambio vantaggioso tra i cittadini residenti (come individui o come entità organizzate) con lo scopo ultimo di aumentare il valore del territorio e l’attrattività dello stesso, attivando un circolo virtuoso di soddisfazione-attrattività-valore. 4.2.2. Gli stakeholder

Gli stakeholder sono i portatori di interessi presenti sul territorio lombardo che in quanto cittadini esprimono una domanda di formazione e in particolare si evidenzia, tra di essi, la categoria dei rappresentanti del mondo delle imprese e del lavoro.

La funzione dei portatori di interesse nel modello è meglio identificata esplicitando alcune distinzioni assunte durante lo studio. Esse sono:

- gli stakeholder possono essere singoli individui o entità organizzate; - il gruppo degli stakeholder può essere mutevole nel tempo sia in termini di

numero che in termini di categorie rappresentate; - il gruppo degli stakeholder può essere formato a più livelli di interesse e di

rappresentanza: • a) stakeholder istituzionali (amministrazione regionale e enti locali,

istituzioni scolastiche e formative, università, associazioni di categoria e datoriali, parti sociali, servizi al lavoro pubblici e privati, enti di ricerca, libere associazioni di cittadini) che hanno una funzione di rappresentanza e contribuiscono alla governance generale della Fondazione;

• b) stakeholder che hanno una funzione di espressione della domanda di formazione (mondo del lavoro e delle imprese) e contribuiscono alla definizione dei bisogni formativi.

- alcuni degli stakeholder possono assumere la funzione di “domanda

pagante”, ossia contribuire alla formulazione e valorizzazione di una specifica Dote perché hanno un bisogno formativo immediato da soddisfare. In questo caso, possono essere definiti shareholders perché sono disposti ad investire in una specifica azione perché la ritengono conveniente anche nel breve periodo3.

3 Quando qualcuno tra degli stakeholder decide di erogare fondi alla Fondazione per sostenerne lo scopo generale (non per un progetto specifico) assume la funzione di donatore ed è rappresentato principalmente dagli organi di governo della Fondazione che contribuiscono al mantenimento degli scopi statutari.

27

4.2.3. I donatori/benefattori

I donatori/benefattori sono i cittadini che per se stessi o per conto delle organizzazioni o enti che rappresentano, elargisco denaro per gli scopi generali della Fondazione.

Una particolare categoria di donatori sono i volontari che dedicano competenze e tempo per gli scopi della Fondazione e ne aumentano le sue risorse strumentali.

Le somme di denaro possono derivare da diverse fonti di finanziamento:

- donazioni a fondo perduto per gli scopi statutari frutto del fund raising (cfr. allegato piano fund raising);

- donazioni a fondo perduto su progetto (frutto del piano di fund raising e delle attività di governance);

- 5 per mille (raccolto secondo le normative vigenti); - quota versata dai soci sostenitori (definito in base alla normativa sulle

fondazioni); - quota versata sistematicamente su base volontaria, soprattutto da imprese

for-profit, definita in termini percentuale sulla base di un parametro (ad esempi fatturato, numero di dipendenti, dichiarazione IVA…);

- partecipazione diretta al capitale da parte delle fondazioni di origine bancaria attraverso la sottoscrizione di titoli non proprietari e quindi sia distribuibili che remunerabili nella misura di oltre cinque punti oltre al tasso ufficiale di riferimento.

4.2.4. I beneficiari

I beneficiari sono i singoli cittadini che partecipando alla Dote possono fruire dell’offerta formativa proposta dagli operatori accreditati e successivamente qualificati dalla Fondazione.

Il singolo cittadino che fruisce dei servizi previsti dal percorso formativo si caratterizza come beneficiario diretto a differenza degli stakeholder e del territorio che risultano beneficiari indiretti che godono solo degli effetti sviluppati dalla Dote. 4.2.5. Gli operatori accreditati

Gli operatori accrediti sono le istituzioni scolastiche e formative iscritte alla sezione A) e alla sezione B) dell’Albo degli accreditati per i servizi di Istruzione e Formazione professionale della Regione Lombardia.

Gli operatori sono qualificati di volta in volta dalla Fondazione in base ai servizi previsti da una specifica Dote messa a bando.

L’operazione di qualificazione risponde alla necessità di individuare l’operatore più idoneo a predisporre un’offerta formativa che soddisfi gli obiettivi

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e i requisiti di qualità formulati nella Dote. L’obiettivo finale della qualificazione è quello di rispondere efficacemente alle esigenze espresse dagli stakeholder e/o dagli shareholder.

Agli operatori chiamati a partecipare alla Dote è chiesto il requisito dell’accreditamento per garantire un livello base di prestazione e per assicurare che il servizio sia offerto secondo gli standard del sistema educativo di istruzione e IFP della Regione Lombardia.

Gli operatori che si candidano all’offerta formativa, saranno ulteriormente qualificati ad hoc per la specifica Dote: ciò introduce un ulteriore livello di prestazione che deve assicurare una migliore predisposizione dell’offerta formativa rispetto agli obiettivi e i destinatari della Dote.

Gli operatori accreditati possono predisporre l’offerta formativa in forma singola o associata a seconda di quanto è definito nel bando Dote.

4.3. Le caratteristiche della Fondazione

La Fondazione perseguendo i suoi scopi di interesse generale senza fini di profitto (perché non distribuisce gli utili e opera in un solo settore per un unico scopo specifico), ha l’obiettivo, nel medio periodo, di trasformare la sua attività in senso imprenditoriale.

La Fondazione non ha vincoli di distribuzione degli utili, ma cerca di combinare la sua natura di organizzazione “imprenditoriale” (autonomia, rischio, efficienza, efficacia, propensione all’innovazione) con la produzione di un servizio a favore della collettività in cui opera o di un gruppo specifico di cittadini.

Le caratteristiche che evidenziano la sua natura imprenditoriale sono: - prevalente attività di produzione di un servizio in forma continuativa; - elevato grado di autonomia con limitati vincoli diretti o indiretti da parte di

autorità pubbliche sebbene operi dotandosi di una governance che la sostiene nello scopo di interesse generale e nell’interazione con il sistema educativo e di istruzione e IFP regionale;

- assunzione diretta del rischio da parte dei soci fondatori che impegnano risorse finanziarie, il proprio lavoro e il relativo investimento in risorse umane specifiche;

- impiego anche di un certo ammontare di lavoro retribuito funzionale allo start-up, gestione operativa e sviluppo della fondazione.

La natura imprenditoriale della Fondazione è costantemente commisurata al

principio di sussidiarietà che la impegna a:

- realizzare attività che apportino benefici ai membri della collettività;

29

- adottare leve di coordinamento volte a favorire una dinamica partecipativa dei diversi portatori di interesse.

Le caratteristiche distintive, della Fondazione oggetto del modello di studio,

sono:

- collettore di risorse finanziarie: serve per raccogliere risorse finanziarie da diverse fonti e diversi benefattori allo scopo di sostenere percorsi formativi di carattere professionalizzate per l’ampliamento e/o approfondimento di competenze tecnico-professionali e scientifiche;

- collettore della domanda formativa proveniente dal territorio regionale: lavora per elaborare in tempo reale le esigenze del tessuto imprenditoriale, in modo da sviluppare risposte on-demand creando punti di raccordo tra domanda e offerta di formazione più vicini ai punti di incontro tra domanda e offerta di lavoro (sbocchi occupazionali effettivi);

- addizionatore di risorse finanziarie: facilita la possibilità di canalizzare più fonti di finanziamento all’interno della stessa Dote formativa, in modo da offrire l’opportunità di concretizzare interventi formativi con livelli qualitativi maggiori rispetto a quelli che si possono attivare in proprio senza collegarsi allo strumento della fondazione;

- addizionatore di risorse strumentali: permette la condivisione di risorse strumentali, e non solo finanziarie, nel rispetto delle peculiarità di ciascun partner4 coinvolto nelle attività in modo che il risultato complessivo sia maggiore della sola somma delle singole parti;

- acceleratore dell’incontro tra domanda e offerta di formazione: migliora i tempi di realizzazione dei percorsi formativi perché, pur svolgendo un’attività di interesse generale, si occupa di soddisfare la domanda immediata di formazione, senza dover gestire forme di attuazione a tutela di tutti i cittadini e dell’intero sistema regionale in quanto questo ruolo compete all’amministrazione;

- qualificatore dell’offerta formativa: produce un’offerta formativa più qualificata perché invita alla realizzazione di percorsi formativi gli operatori accreditati dalla Regione Lombardia e introduce forme di qualificazione degli stessi operatori attraverso modalità di valutazione ad hoc, costruite direttamente sul sistema di domanda formativa che ha suscitato la formulazione della Dote per uno specifico intervento.

Tra le caratteristiche distintive descritte sopra si evidenzia il connotato di

acceleratore dell’incontro tra domanda e offerta di formazione per la volontà di rispondere con tempismo ai bisogni formativi tecnico-professionali e di specializzazione degli stakeholder. Le esigenze di innovazione e competitività del sistema imprenditoriale sono soddisfatte soprattutto elevando le competenze in

4 L’utilizzo a questo livello del termine partner indica qualsiasi collaboratore, singolo o collettivo, della Fondazione indipendentemente dal tipo di rapporto che instaura con essa (volontariato, accordo, contratto…).

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ingresso delle persone che si presentano per le prime volte sul mercato del lavoro o che dovranno essere assunte presso altre imprese5. L’obiettivo è quello di sostenere i cambiamenti nelle imprese riducendo al minimo il gap di competenze (tra quelle acquisite durante la formazione e quelle richieste al momento dell’inserimento lavorativo) nella fase di incontro tra domanda e offerta di nuovo lavoro. Solo in questo modo si può innescare un circolo virtuoso di “soddisfazione-attrattività-valore” con il territorio di riferimento della Fondazione.

4.4. Le leve di coordinamento: governance, gestione, formulazione della Dote

La Fondazione è dotata di tre leve di coordinamento per realizzare il suo scopo, ognuna di esse risponde ad una funzione e un obiettivo specifico.

La governance è il processo di partecipazione degli stakeholder ed ha l’obiettivo di vagliare i bisogni dei cittadini e del territorio per sviluppare capitale umano.

La gestione è il processo organizzativo ed ha la funzione di tradurre gli scopi statutari in obiettivi operativi realizzabili attraverso l’attivazione di risorse umane e finanziarie. La gestione ha anche il compito di rendere conto ai donatori/benefattori e stakeholder dell’operatività della Fondazione elaborando il bilancio sociale.

La formulazione della Dote è il processo di incontro tra domanda e offerta di formazione ed ha l’obiettivo di offrire ai cittadini la possibilità di scegliere percorsi formativi che sviluppano uno stretto legame tra domanda e offerta di lavoro. 4.4.1. La governance

La Fondazione, è un ente autonomo, frutto della libera iniziativa di cittadini, che agisce nell’ambito del principio di sussidiarietà. La Fondazione, operando

5 Tra le morfologie formative previste dal sistema educativo di istruzione e IFP, la Fondazione ha scelto come scopo principale quello di sostenere percorsi formativi di carattere professionalizzate per l’ampliamento e/o approfondimento di competenze tecnico-professionali e scientifiche. Le ragioni della scelta sono principalmente due:

- i rappresentanti delle imprese, oggetto della nostra indagine, hanno denunciato soprattutto il persistente divario tra la formazione e il livello di competenze spendibili al momento dell’ingresso in azienda delle nuova forza lavoro;

- lo studio di fattibilità ha evidenziato il debole sostegno finanziario riservato, in genere alla formazione superiore, di istruzione e formazione tecnica superiore, di specializzazione. Diversamente da quanto avviene ad esempio per la formazione continua grazie al significativo apporto dei Fondi interprofessionali.

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nell’ambito di rapporti prevalentemente paritari, ha quindi necessità di integrare il suo intervento con gli stakeholder6, soprattutto per perseguire il suo scopo di interesse generale.

La Fondazione avvia momenti di partecipazione per cooperare attivamente con tutte le forze del territorio e per innescare un processo botton-up orientato allo sviluppo del capitale umano e del territorio che non collida con le politiche pubbliche. La modalità di coinvolgimento degli attori territoriali possono essere diverse (consultazione, valutazioni partecipate, negoziati, ecc.), tuttavia il processo inclusivo persegue un obiettivo a carattere ‘politico’ e la convocazione dei tavoli ha primariamente valenza di concertazione degli indirizzi operativi generali. Il processo di partecipazione serve a:

- (a) coordinare l’attività della Fondazione con gli altri attori del territorio; - (b) raccogliere indicazioni per definire gli obiettivi d’impiego delle risorse

economiche e strumentali; - (c) definire i bisogni formativi del mondo del lavoro e delle imprese per

formulare la Dote.

Il processo di governance coinvolge in misura diversa gli stakeholder a seconda degli obiettivi del tavolo7.

Per le attività (a) e (b) sono coinvolti periodicamente gli stakeholder istituzionali (amministrazione regionale e enti locali, istituzioni scolastiche e formative, università, associazioni di categoria e datoriali, parti sociali, servizi al lavoro pubblici e privati, enti di ricerca, libere associazioni di cittadini).

Per l’attività (c) sono coinvolte soprattutto i rappresentanti delle imprese e del mercato del lavoro in base alla necessità. Precisiamo che il momento (c), della fase di governance, ha valenza di concertazione prima della formulazione della Dote da mettere a bando. La concertazione utilizzerà i risultati prodotti dal sistema di rilevazione dei bisogni formativi messo a punto e gestito dal Comitato Tecnico Scientifico della Fondazione. Il sistema di rilevazione opera sistematicamente per raccogliere tutte le esigenze provenienti dal territorio, dal mondo delle imprese e del lavoro e le organizza in modo che possano essere opportunamente valutate nei momenti di governance.

6 Coscienti che in letteratura con il termine stakeholder si intendono tutti i portatori di interesse presenti sul territorio, a livello di definizione della governance riteniamo che sia necessario individuare un gruppo definito di stakeholder a fronte dello scopo statutario della Fondazione. Anche per questo abbiamo introdotto nel modello la distinzione tra stakeholder e donatori/benefattori, proprio per rimarcare che nel processo di governance ci sono livelli di partecipazione differenziati e che i primari stakeholder del modello proposto sono il mondo del lavoro e dell’impresa. Infatti, il gruppo degli stakeholder istituzionali sarà prevalentemente stabile, mentre quello degli stakeholder del mondo del lavoro e dell’impresa varierà in base ai bisogni formativi e della Dote da formulare.

7 L’organizzazione della governance tiene conto che il territorio è un’insieme sistemico, insieme complesso di relazioni, aperto all’ambiente, organizzato su più livelli.

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4.4.2. La gestione

La Fondazione è concepita sia come ente operativo, sia come ente erogativo, quindi la sua struttura organizzativa comprende funzioni e organismi che permettono di gestire le attività interne ed esterne per raggiungere lo scopo definito nell’atto di fondazione.

La strutturazione interna dell’organico (senza entrare nel merito delle persone che ricopriranno le cariche) della Fondazione deve soddisfare due macro funzioni che racchiudono al loro interno delle gestioni specifiche: la funzione di governo e la funzione operativa.

Scendendo ad un livello micro è possibile soddisfare la gestione delle due funzioni con organismi specifici.

Le funzioni di governo della Fondazione sono realizzate con:

- il Consiglio di amministrazione; - il Collegio dei revisori dei conti, - l’Assemblea di partecipazione.

La loro organizzazione è conforme alle norme di legge connesse all’atto

costitutivo e allo statuto giuridicamente riconosciuto.

Le funzioni operative della Fondazione sono organizzate per realizzare in modo efficiente, efficace ed economico lo scopo sociale. L’organizzazione operativa è snella e flessibile ed è composta da un Direttore generale (DG) che presiede un Comitato tecnico scientifico (CTS) formato da staff operativi con a capo un Project Manager.

Sia la DG che i singoli staff del CTS possono dotarsi di una segreteria operativa essenziale all’esecuzione delle attività.

Il CTS è organizzato e presieduto dal DG ed emana i bandi Dote formulati grazie alle informazioni ricavate dal lavoro di ciascun staff.

Le funzioni degli staff operativi sono:

- Governance (il responsabile è il DG): coinvolge e convoca gli attori territoriali per i tavoli di partecipazioni previsti dalla governance;

- Osservatorio permanente (il responsabile è il Project Manager): organizza il sistema di rilevazione delle esigenze del territorio, del mondo delle imprese e del lavoro. La sua funzione è determinante per recepire sistematicamente e tempestivamente le richieste. È il collettore della domanda, pertanto predispone un sistema in grado di rilevare la domanda diretta di formazione raccordandola con le indagini sui fabbisogni formativi disponibili, modella i profili professionali da formare individuando le priorità formative da sottoporre al processo di formulazione della Dote;

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- Fund raising e gestione: (il responsabile è il Project Manager): organizza la realizzazione del piano di fund raising per sostenere le azioni che scaturiscono dalla formulazione della Dote. È il collettore e addizionatore delle risorse finanziarie e strumentali;

- Formulazione Dote (il responsabile è il Project Manager): organizza la pubblicazione dei bandi Dote. È la funzione che crea le opportunità per accelerare l’incontro tra domanda e offerta di formazione;

- Monitoraggio e valutazione (il responsabile è il Project Manager): presidia il livello di qualità delle attività della fondazione e valuta i risultati e gli effetti delle doti pubblicate. È la funzione che si occupa di qualificare l’offerta formativa e di rendere conto agli stakeholder dell’operato della Fondazione, Per conto della fondazione lo staff Monitoraggio e valutazione elabora e redige il bilancio sociale coordinandosi con lo staff di “Fund raising e gestione”;

- Comunicazione (il responsabile è il Project Manager): promuove tutte le attività della Fondazione lavorando con tutti gli staff che compongono il CTS. La sua funzione ha anche una valenza formativa e non meramente “pubblicitaria” al fine di stimolare la diffusione di una cultura della partecipazione, della sussidiarietà e della formazione responsabile.

4.4.3. La formulazione della Dote

Il processo di formulazione della Dote si basa su un peculiare approccio alle modalità di incontro domanda e offerta di formazione.

Gli approcci alla base dei sistemi di istruzione/formazione sono fondamentalmente riconducibili a tre macro-tipologie. La successiva descrizione è finalizzata a contestualizzare e definire l’approccio domanda/offerta adottato dalla Fondazione anche in relazione allo strumento Dote. La breve illustrazione è necessaria perché la scelta di un metodo di incontro domanda/offerta e la modalità con cui viene gestito influisce sul rapporto tra chi eroga formazione, chi ne è il destinatario, chi gestisce e/o governa il sistema e chi realizza l’offerta formativa8. Le differenti tipologie di approccio di incontro tra domanda e offerta sono:

- Centrato primariamente sull’offerta: con questo approccio la formazione da erogare è definita dall’offerente, ossia da operatori accreditati o imprese di formazione, sulla base di analisi sui “bisogni del mercato formativo” e gli individui scelgono ciò che più corrisponde al loro scopo nell’ambito dell’offerta disponibile predisposta a prescindere della domanda specifica e diretta. La modalità può anche essere regolata da programmi pubblici che definiscono tramite programmazione e valutazione ex-ante la validità

8 Un’ulteriore riflessione è possibile compierla a partire dal costo della formazione e da come è finanziato dalla Pubblica amministrazione. Gli scenari che si delineano hanno dei risvolti sia metodologici che qualitativi (C. Catania, M. Lozzi, A. Vergani, 2008).

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dell’offerta. I destinatari, in questo caso, sono meno protagonisti e sono “funzionali” alla soddisfazione dell’offerta predisposta e promossa prima che i destinatari ne facciano richiesta diretta. L’approccio presenta altri punti di debolezza, ossia può generare un’offerta scarsa, sovradimensionata o poco aderente ai bisogni degli individui e della società in cui vivono.

Figura 4.2- Sistema centrato sull’offerta

Fonte: elaborazione gruppo di studio

- Centrato primariamente sulla domanda: con questo approccio l’offerta è programmata sulla base della domanda ed è frutto della libera richiesta dei destinatari che si muovono arbitrariamente a partire dai loro interessi e rivolgendosi a chi può soddisfare la loro necessità. Questa modalità esiste con poca probabilità allo stato puro, perché difficilmente i singoli individui sono in grado di stimolare un’offerta formativa strutturata e di sistema che offra loro opportunità di formazione organiche, soprattutto nel caso dell’istruzione/formazione di base.

Inoltre, il diritto all’istruzione/formazione, frutto delle conquiste della modernità, ha dato origine a un sistema formativo generalizzato a livello istituzionale, che rende impensabile una completa e assoluta auto-generazione dell’offerta solo a partire dalla singola domanda individuale. Ciò non toglie che esistano dei settori in cui prevale la formazione costruita esclusivamente sulla domanda individuale (pensiamo ad esempio alla formazione in età adulta) o che vi siano forme che favoriscano maggiormente la tutela della domanda individuale attraverso nuovi modelli di quasi mercato.

DOMANDA DI FORMAZIONE

EROGAZIONE

PROGETTAZIONE

OFFERTA

PROGRAMMAZIONEPROGRAMMAZIONE

35

Figura 4.2- Sistema centrato sull’offerta

Fonte: elaborazione gruppo di studio

- Misto prodotto della concertazione/qualificazione della domanda e dell’offerta: nell’ambito del principio di sussidiarietà è possibile creare degli strumenti che permettano una migliore regolazione dell’offerta, al fine di rispondere maggiormente alle esigenze di personalizzazione dei cittadini. Ciò può avvenire assegnando al cittadino risorse individuali da utilizzare liberamente in un regime di quasi mercato dell’offerta. La Dote, adottata dalla Regione Lombardia, rappresenta lo strumento attraverso cui le persone possono rivolgersi a degli operatori accreditati e richiedere un offerta/servizio formativo. In questo caso i percorsi di istruzione/formazione sono progettati ed erogati solo successivamente alla domanda formativa richiesta dai destinatari della Dote.

In questo contesto può sussistere lo spazio per un’offerta formativa promossa da corpi intermedi che hanno lo scopo di sostenere indirettamente la realizzazione di azioni formative. Il corpo intermedio, la Fondazione, agisce per intermediare la domanda formativa del territorio affinché l’offerta sia più rispondente alle immediate necessità di sviluppo locale. Le doti sono messe a bando solo a fronte di esigenze specifiche dagli stakeholder e l’offerta è predisposta per un intervento circoscritto.

Questo approccio presenta il vantaggio di integrare e affiancare la programmazione regionale, destinata a garantire le esigenze di tutti, con la necessità di soddisfare bisogni più specifici che ugualmente possono giovare all’intera collettività, perché introducono nel sistema interventi formativi più qualificati e vicini alle esigenze immediate del territorio.

DOMANDA DI FORMAZIONE

EROGAZIONE

PROGETTAZIONE

OFFERTA

PROGRAMMAZIONEPROGRAMMAZIONE

36

Figura 4.2- Sistema misto

Fonte: elaborazione gruppo di studio

La Fondazione opera all’interno del sistema regionale della Dote mettendo a

disposizione risorse economiche integrative affinché le persone possano partecipare ad attività formative che hanno una stretta relazione con il mercato del lavoro. Ciò è possibile definendo un numero mirato di doti poste a bando grazie ad un sistema di concertazione diretta con gli stakeholder.

La Fondazione procede alla formulazione della Dote9 considerando attentamente:

- le esigenze degli stakeholder; - i requisisti dei destinatari; - la qualità dell’operatore della formazione.

Nella fase operativa di formulazione della Dote confluiscono e sono valutate le

esigenze espresse nei momenti di partecipazione che coinvolgono attori di natura

9 Il termine formulazione è utilizzato prevalentemente nell’ambito delle politiche pubbliche ed identifica lo stadio iniziale del processo politico. Ci pare adeguato utilizzare il termine formulazione anche per il processo specifico con cui la Fondazione definisce la Dote da mettere a bando, perché la pubblicazione del bando è il momento centrale di un articolato processo di governance che ha effetti e impatti sulle politiche pubbliche che influiscono sullo sviluppo del capitale umano e indirettamente sulla crescita del territorio regionale.

DOMANDA DI DOTE DOTE

EROGAZIONE

PROGETTAZIONE

OFFERTA

PROGRAMMAZIONEPROGRAMMAZIONE

37

diversa. L’obiettivo è quello di identificare precisamente le esigenze dei diversi portatori di interesse in modo che domanda e offerta di formazione trovino un punto di equilibrio il più vicino possibile alle esigenze degli individui e della collettività.

La rilevazione delle effettive esigenze del principale portatore di interesse, il mondo dell’impresa con il mercato del lavoro, è determinante ai fini della realizzazione dell’obiettivo. Con ciò non si vuole mettere in secondo ordine i destinatari della formazione, ma solo avvicinarli alle più concrete opportunità di lavoro rispetto ai loro talenti. La Fondazione, non potendo soddisfare la tutte le esigenze, si pone come obiettivo prioritario l’impegno di valorizzare al meglio tutte le opportunità di formazione che incidono maggiormente sulle opportunità di occupazione e sullo sviluppo competitivo del territorio. Ciò implica una precisa valutazione di quanto esprimono i primari portatori di interesse, in termini di competenze da formare e dei requisiti qualitativi da richiedere agli operatori deputati alla realizzazione delle attività formative.

Figura 4.2- Modello fondazione

Fonte: elaborazione gruppo di studio

Definito il bisogno formativo lo staff “Formulazione della Dote” elabora il

bando che sarà sottoposto all’approvazione e emanazione da parte del CTS. I bandi definiscono la Dote individuando:

- obiettivi e principi dell’intervento; - risorse finanziarie;

CITTADINI

EROGAZIONE

STAKEHOLDER

FORMULAZIONE DOTE

REQUISITI

ASSEGNAZIONE DOTEDESTINATARI CHE FANNO

DOMANDA DI DOTE

BANDO

QUALIFICAZIONE

CATALOGO

PROGETTAZIONE

OFFERTA

PROGRAMMAZIONE

ESIGENZE

CITTADINI

EROGAZIONE

STAKEHOLDER

FORMULAZIONE DOTE

REQUISITI

ASSEGNAZIONE DOTEDESTINATARI CHE FANNO

DOMANDA DI DOTE

BANDO

QUALIFICAZIONE

CATALOGO

PROGETTAZIONE

OFFERTA

PROGRAMMAZIONE

ESIGENZE

CITTADINI

EROGAZIONE

STAKEHOLDER

FORMULAZIONE DOTE

REQUISITI

ASSEGNAZIONE DOTEDESTINATARI CHE FANNO

DOMANDA DI DOTE

BANDO

QUALIFICAZIONE

CATALOGO

PROGETTAZIONE

OFFERTA

PROGRAMMAZIONE

ESIGENZE

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- destinatari; - composizione della Dote; - soggetti coinvolti; - vincoli e criteri dell’offerta formativa; - tempistica; - valorizzazione della Dote; - modalità di valutazione dell’offerta formativa e della domanda formativa; - liquidazione e pagamento della Dote; - gestione e monitoraggio della Dote; - punti di contatto.

Nella formulazione della Dote riveste un ruolo centrale la definizione della

modalità di valutazione dell’offerta formativa e della domanda formativa, in quanto la fondazione adotta un sistema misto di incontro tra offerta/domanda di formazione. Per questo motivo nel bando sono specificati dettagliatamente i requisiti per la predisposizione dell’offerta e i requisiti che i destinatari devono possedere all’ingresso, affinché si possa indirizzare in termini qualitativi l’utilizzo della Dote messa a bando.

Al termine della fase di formulazione della Dote la Fondazione pubblica un bando che avvisa gli operatori della possibilità di progettare dei percorsi formativi e i cittadini della opportunità di partecipare a percorsi di formazione. A questo punto il processo passa ad un’altra delicata fase di realizzazione: la qualificazione.

La qualificazione comporta l’identificazione degli operatori accreditati che rispondono ai requisiti definiti nel bando Dote. Gli operatori che hanno presentato un’offerta rispondente alle esigenze degli stakeholder formeranno il catalogo degli operatori aventi diritto ad erogare le attività formative. L’attività formativa potrà iniziare quando l’operatore ha selezionato (secondo i criteri formulati nella Dote) i cittadini che hanno fatto domanda di Dote e sono in lista di attesa. Il CTS supporta, guida e monitora il processo di selezione, erogazione e valutazione degli apprendimenti, affinché il percorso formativo soddisfi le aspettative degli stakeholder.

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Conclusioni

Il modello proposto può essere realizzato individuando un gruppo di fondatori che siano disposti a costituire con atto pubblico una Fondazione di partecipazione, apportando un patrimonio sufficiente allo start up dell’operatività della Fondazione sviluppo del capitale umano.

La Fondazione si caratterizza come strumento a struttura aperta per alcune ragioni:

- la figura giuridica di Fondazione di partecipazione permette una progressiva strutturazione successivamente all’atto pubblico di costituzione che ne definisce lo scopo esplicato nello statuto da una pluralità di fondatori;

- la figura giuridica di Fondazione di partecipazione consente l’aggregazione continua di attori e persone ad uno scopo di interesse comune e pubblico;

- le leve di coordinamento di cui è dotata la Fondazione offrono la possibilità di rilevare la domanda emergente di formazione dal territorio, in particolare di quella proveniente dai principali stakeholder: il mondo del lavoro e delle imprese;

- le struttura organizzativa operativa, oltre agli organi previsti dallo statuto in base al Codice Civile, si caratterizza per imprenditorialità, snellezza e flessibilità;

- le caratteristiche di collettore di domanda formativa, addizionatore di risorse finanziarie e strumentali, acceleratore dell’incontro tra domanda e offerta di formazione, qualificatore dell’offerta formativa, garantiscono un processo di formulazione della dote che incontrare tempestivamente la domanda e l’offerta di formazione;

- le doti messe a bando dalla Fondazione affiancano e integrano la Programmazione regionale offrendo ai cittadini la possibilità di scegliere percorsi formativi che sviluppano uno stretto legame tra domanda e offerta di lavoro;

- gli operatori chiamati a erogare l’attività di formazione sono qualificati in modo da garantire, oltre alla qualità del processo formativo, anche la qualità degli apprendimenti in vista degli sbocchi occupazionali effettivi.

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45

Allegato 1

IL CONTESTO Marzo 2009

46

Indice allegato 1 Introduzione 47 Capitolo 1 Il contesto di riferimento 49 1.1. Europeo: la Strategia di Lisbona 49 1.2. Nazionale: il quadro strategico nazionale 2007-2013 50 1.3. Regionale 51

1.3.1. Il programma operativo regionale della Lombardia ob. 2 FSE 2007-2013

51

1.3.2. Processi di riforma: LR 22/2006 e LR 19/2007 52 Capitolo 2 Regione Lombardia e crescita del capitale umano: la dote 54 2.1. Il sistema dote 54

2.1.1. I soggetti coinvolti 56 2.2. Tipologie di doti 57

2.2.1. La Dote Scuola 58 2.2.2. La Dote Formazione 58 2.2.3. La Dote Lavoro 59

2.3. Il sistema dote nella nuova programmazione 2009 60

Capitolo 3 Il mercato dell’istruzione della formazione e del lavoro in Regione Lombardia

65

3.1. Istruzione e formazione 65 3.1.1. L’offerta 65 3.1.2. La domanda 69

3.2. Lavoro 74 Capitolo 4 Lo scenario imprenditoriale attuale 77 4.1. Lo scenario imprenditoriale in Regione Lombardia 80 4.2. Esigenze delle imprese e previsioni occupazionali in Regione Lombardia

82

Bibliografia 85

47

Introduzione

Questi ultimi anni ed in particolare l’ultimo periodo caratterizzato dalla forte crisi economica mondiale, ha spinto Regione Lombardia a porsi numerose sfide competitive e sociali, che ne stimolano continuamente l’azione nella direzione di una maggiore competitività complessiva.

Tra queste, una delle sfide più importanti è indubbiamente quella relativa al sostegno allo sviluppo del Capitale Umano, affinché esso sia adeguato alle nuove sfide della conoscenza ed ai bisogni del contesto territoriale (asse IV del POR 2007 -2013).

Da questo punto di vista, Regione Lombardia opera da sempre per sostenere lo sviluppo del proprio capitale umano garantendo più opportunità per tutti: studenti, famiglie, insegnanti e imprese. Più libertà di scelta, più competenze per chi frequenta un percorso formativo, un maggior legame con le richieste del tessuto imprenditoriale, la crescita dell'occupazione, la formazione continua, l'efficienza del mercato del lavoro. In tal senso, nell'ultimo decennio le attività ed i risultati raggiunti da Regione Lombardia sono stati significativi:

- i contributi per il diritto allo studio scolastico e quelli per facilitare l'accesso

alla scuola (assegni di studio, contributi per i libri di testo, borse di studio e buono scuola);

- i percorsi di formazione di secondo ciclo (biennali e triennali); - le azioni messe in campo per sostenere il successo formativo dei giovani e

contrastare il fenomeno dell'esclusione sociale e della dispersione scolastica; - il contributo alla formazione di tipo manageriale dei dirigenti scolastici per

favorire il raggiungimento di una vera autonomia scolastica; - la collaborazione con l'Università tramite l'attivazione di Dottorati per

l'innovazione della pubblica amministrazione e la realizzazione di percorsi di alta formazione;

- l'assegnazione, nell'ambito del diritto allo studio universitario, di borse di studio dei prestiti fiduciari agli studenti universitari; gli interventi per la mobilità internazionale degli studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi;

- il sostegno alle iniziative delle Università per la realizzazione di residenze universitarie per aumentare il numero dei posti disponibili per studenti

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universitari fuori sede, anche al fine di migliorare ulteriormente la già elevata attrattività del sistema universitario lombardo;

- l'offerta di formazione post secondaria, di corsi per la formazione di apprendisti e di corsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS);

- la sperimentazione di apprendistato di alta formazione; - la sperimentazione dei poli formativi, al fine di sostenere l'alleanza tra scuola,

università, centri di ricerca e aziende per dare una risposta completa e articolata ai complessi fabbisogni territoriali e settoriali attraverso attività non solo di formazione ma anche di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico.

49

Capitolo 1

Il contesto di riferimento

1.1. Europeo: la Strategia di Lisbona Nel 2000 la Strategia di Lisbona definisce nuovi obiettivi strategici per i Paesi dell'Unione Europea finalizzati a sostenere l'occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale nel contesto di un'economia basata sulla conoscenza. In particolare, l'obiettivo strategico fissato dalla Strategia di Lisbona, poi riaffermato dal Consiglio europeo di Stoccolma del 23-24 marzo 2001, è stato di diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.

In questo quadro, le politiche dell'istruzione e della formazione costituiscono una parte importante della Strategia di Lisbona. In particolare, relativamente al tema dell'istruzione e formazione, gli obiettivi principali fissati dal Consiglio europeo del 23-24 marzo 2000 sono stati i seguenti:

- un sostanziale aumento annuale degli investimenti pro capite in risorse umane; - dimezzamento del numero dei giovani tra i 18 ed i 24 anni che hanno assolto

solo il primo ciclo di studi secondari e che non continuano gli studi nè intraprendono altro tipo di formazione;

- la trasformazione delle scuole e dei centri di formazione in centri locali di apprendimento plurifunzionali e accessibili a tutti;

- la definizione di nuove competenze di base da fornire lungo tutto l'arco della vita;

- favorire la mobilità degli studenti, dei docenti e del personale preposto alla formazione ed ricerca;

- l'elaborazione di un modello comune europeo per i curriculum vitae per favorire la mobilità contribuendo alla valutazione delle conoscenze acquisite sia negli istituti di insegnamento e formazione che presso i datori di lavoro.

Relativamente ai temi del lavoro, gli obiettivi prioritari al cui raggiungimento sono stati invitati gli Stati membri, risultarono i seguenti:

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- migliorare l'occupabilità e colmare le lacune in materia di qualificazioni, in particolare fornendo servizi di collocamento mediante una base di dati a livello europeo riguardante i posti di lavoro e la possibilità di apprendimento; promuovere programmi speciali intesi a permettere ai disoccupati di colmare le lacune in materia di qualificazioni;

- attribuire una più elevata priorità all'attività di apprendimento lungo tutto l'arco della vita quale elemento di base del modello sociale europeo;

- accrescere l'occupazione nei servizi; - favorire tutti gli aspetti della parità di opportunità.

(Fonte: Consiglio Europeo di Lisbona 23-24 marzo 2000 - conclusioni della Presidenza) In seguito, a cinque anni dall'avvio della Strategia di Lisbona, la Commissione Europea, alla luce dei risultati piuttosto limitati ottenuti in materia di occupazione, propone un rilancio della strategia ri-orientandola su tre obiettivi principali: - rendere l'Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro; - porre la conoscenza e l'innovazione al servizio della crescita; - creare nuovi e migliori posti di lavoro.

Parte integrante della strategia di Lisbona riveduta inoltre, è rappresentata dal Patto Europeo per la gioventù, approvato dal Consiglio Europeo nel maggio 2005. Tale patto riconosce l'importanza di integrare i giovani nella società e nella vita lavorativa e di sfruttare al meglio il loro potenziale per garantire il ritorno ad uno sviluppo sostenuto e sostenibile in Europa.

1.2. Nazionale: il quadro strategico nazionale 2007-20131

Anche il QSN evidenzia la necessità di finalizzare la politica regionale 2007-2013 ad obiettivi di competitività, produttività ed innovazione da perseguire in tutto il Paese attraverso specifiche priorità. Nello specifico, il POR 2007-2013 di Regione Lombardia interviene direttamente su quattro delle dieci priorità evidenziate dal QSN: - priorità 1: miglioramento e valorizzazione delle risorse umane soprattutto per

quel che riguarda il miglioramento della capacità di adattamento, innovazione e competitività dei lavoratori/trici in special modo attraverso il rafforzamento della formazione continua e superiore e l'integrazione dei sistemi di istruzione, formazione e lavoro;

1 Quadro Strategico Nazionale per la politica regionale di sviluppo 2007-2013 - Ottobre 2006

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- priorità 2: promozione, valorizzazione e diffusione della Ricerca e dell'innovazione per la competitività, in particolare attraverso la realizzazione di reti di cooperazione tra ricerca e imprese;

- priorità 4: inclusione sociale e servizi per la qualità della vita e l'attrattività territoriale in particolar modo per quanto riguarda il miglioramento dei servizi in grado di migliorare l'accesso alle opportunità di tutti i cittadini con particolare attenzione alle azioni di antidiscriminazione e alle pari opportunità di genere;

- priorità 7: competitività dei sistemi produttivi e occupazione.

1.3. Regionale

1.3.1. Il programma operativo regionale della Lombardia ob. 2 FSE 2007-2013 La strategia che Regione Lombardia promuove attraverso il POR 2007-2013, trova il proprio fondamento nel Piano Comunitario per la Crescita e l'Occupazione: Regione Lombardia individua come unico obiettivo globale della propria azione programmatoria il rafforzamento della competitività e dinamicità dell'economia regionale. Tale approccio unitario rappresenta anche la declinazione territoriale della strategia di Lisbona, rispondendo in maniera organica e strutturata alle indicazioni comunitarie, ed in particolare agli Obiettivi Integrati per la Crescita e l'Occupazione (OICO) ed agli Orientamenti Strategici Comunitari (OSC) per la politica di coesione 2007-2013 nonché agli obiettivi, definiti dal Consiglio Europeo, in materia di politiche in favore delle risorse umane (Istruzione e Formazione 2010, Piani Nazionali per l'inclusione sociale, Strategia Europea per l'occupazione). In questa direzione, il POR 2007-2013 è articolato su sei assi prioritari di intervento: I - Adattabilità: l'obiettivo primario è sostenere la capacità di adattamento ai mutamenti da parte dei lavoratori/trici e delle imprese, al fine di migliorare l'anticipazione e la gestione positiva dei cambiamenti economici e sostenere il mantenimento la crescita della competitività del sistema socio-economico lombardo agendo sullo sviluppo del capitale umano delle imprese. II - Occupabilità: l'obiettivo primario è di favorire la crescita occupazionale e la stabilità della condizione lavorativa per le persone in cerca di lavoro e per quelle inattive, prevenire la disoccupazione, in particolare la disoccupazione di lunga durata e la disoccupazione giovanile, incoraggiare l'invecchiamento attivo e prolungare la vita lavorativa, e accrescere la partecipazione al mercato del lavoro. III - Inclusione sociale: l'obiettivo primario è di favorire l'integrazione sociale e lavorativa dei soggetti deboli, accrescendo la sicurezza e la stabilità del lavoro e riducendo i fattori di precarietà e di esclusione. IV - Capitale umano: l'obiettivo primario è di rafforzare il capitale umano a sostegno della crescita della competitività del sistema socio-economico lombardo,

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promuovendo in particolare l'accompagnamento ed il consolidamento del processo di riforma del sistema di istruzione e formazione al fine di sviluppare l'occupabilità, rendendo i servizi di accompagnamento e formazione più pertinenti ai fini dell'inserimento nel mercato del lavoro e aggiornando costantemente le competenze dei formatori, nell'obiettivo di proseguire nello sviluppo di un'economia basata sulla conoscenza. V - Transnazionalità e interregionalità: che ha una connotazione trasversale e complementare alle altre linee di intervento. VI - Assistenza tecnica: finalizzato a sostenere le diverse attività di programmazione, progettazione operativa, pubblicizzazione, monitoraggio, verifica e valutazione del PORL. Agli obiettivi comuni della strategia di Lisbona e agli OSC, la strategia di intervento regionale concorre attraverso un duplice approccio: - la concentrazione, come richiesto dai regolamenti comunitari, di una quota

significativa delle risorse derivanti dai Fondi Strutturali su tali obiettivi; - il rafforzamento di tale concentrazione attraverso la destinazione di risorse

regionali e della quota spettante di risorse nazionali sugli obiettivi comuni. 1.3.2. Processi di riforma: LR 22/2006 e LR 19/2007 Coerentemente con gli sviluppi normativi nazionali ed internazionali, il sistema educativo, formativo e del lavoro di Regione Lombardia ha orientato le proprie politiche verso l'attuazione del principio di sussidiarietà, innanzitutto rinnovando l'impianto normativo. In particolare, attraverso l'introduzione formale del principio di sussidiarietà, la riforma del Titolo V della Costituzione ha permesso all'attore politico di innescare processi di innovazione normativa in grado di sostenere un'azione autenticamente sussidiaria in grado di tutelare e sostenere la ricca dinamicità della società e degli Enti Locali e di valorizzare l'esperienza di ogni singola persona.

Il perno delle riforme attuate è rappresentato dall'integrazione degli interventi, collegando in un'unica filiera i tre settori dell'istruzione, della formazione e del lavoro. Nello specifico, il processo di riforma si regge su due provvedimenti che costituiscono la base del sistema integrato:

- la legge di riforma del sistema educativo di istruzione e formazione (l.r. 19/07)

che determina uno sviluppo del sistema unitario di istruzione e formazione professionale secondo un asse che, dalla formazione di secondo ciclo procede verso una formazione superiore di terzo livello su cui si innestano i segmenti della formazione continua e permanente in un'ottica di educazione lungo tutto l'arco della vita; la Regione promuove inoltre l'integrazione del sistema di istruzione e formazione professionale con l'istruzione, l'università e con l'ambito territoriale e produttivo di riferimento;

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- la legge di riforma del mercato del lavoro (l.r. 22/06) che ha lo scopo non di definire ex ante le azioni di politica del lavoro, ma di riorganizzare le competenze e i ruoli dei diversi attori definendo, in collaborazione con gli Enti locali e le parti sociali, specifiche forme di intervento volte a garantire l'occupazione.

Il sistema lombardo di istruzione e formazione professionale è un sistema, quindi, che da diversi anni si sta caratterizzando per il suo tratto di innovazione e avanguardia: questo innanzitutto per le dimensioni quantitative/ qualitative dell’offerta di formazione nelle sue diverse articolazioni, per l’efficacia dei risultati, in termini di sviluppo del capitale umano, nonché di tenuta nel circuito e di successo formativo.

54

Capitolo 2

Regione Lombardia e crescita del capitale umano: la dote

2.1. Il sistema dote La vera innovazione adottata da Regione Lombardia si è attuata attraverso un’impostazione strategica orientata ad integrare le politiche e gli strumenti della formazione e dell’istruzione, inclusa quella superiore ed universitaria, con le politiche attive per il lavoro. Prefigurando le scelte poi portate a sistema con le Leggi Regionali 22/2006 e 19/2007, la prospettiva assunta è stata quella di considerazioni proprie degli ambiti del lavoro, dell’istruzione e della formazione in una logica di sistema integrato, attraverso la sistematica collaborazione ed il costante coordinamento tra Regione e Stato, Regione ed Enti Locali e tra questi e le parti sociali. Il tutto nella prospettiva di un ‘sistema unitario’ in cui la persona ‘possa liberamente svilupparsi e realizzare il proprio percorso di crescita personale senza disperdere il proprio “capitale” di acquisizioni, realizzate in qualsiasi contesto o momento della vita’.

A questo proposito significativa è l’introduzione del Sistema della Dote ovvero l’impianto strutturale attraverso il quale la disponibilità economica sull’offerta formativa finanziata viene gestita direttamente dalle persone: in tale sistema, infatti, i finanziamenti sono spostati dall'offerta, alla domanda.

Più precisamente, la dote è un insieme di risorse in denaro e servizi riservato alla persona perché stabilisca, mantenga e rafforzi le relazioni che tengono vivo, sviluppano e valorizzano al meglio il suo capitale umano. È quindi un elemento unificante in grado di favorire una programmazione unitaria delle diverse fonti di finanziamento, centrata sulla domanda e non più sull’offerta. Essa rappresenta appunto il frutto finale del processo di riforma che Regione Lombardia ha attivato e che ha visto l’apice con l’emanazione della l.r. 19/2007 di riforma dell’istruzione e formazione professionale e della l.r. 22/2006 di riforma del mercato del lavoro. Due interventi che hanno impostato un sistema di promozione del capitale umano finalizzato al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona, attivando contemporaneamente una modalità di governante che sostiene la libera scelta del cittadino e promuove la crescita qualitativa di una rete di soggetti – pubblici e privati – in grado di offrire servizi formativi e di sostegno all’occupazione adeguati ai reali bisogni della persona. Questo meccanismo

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rappresenta una nuova modalità di sostegno non più alla rete dell’offerta (gli enti di formazione professionale, i centri per l’impiego, le scuole, ecc.) ma direttamente alla domanda, mettendo le risorse in capo alla persona. Alla Regione spetta quindi il compito del controllo della qualità dei servizi e della valutazione dell’efficacia dei risultati.

Il modello dote si fonda in sintesi su tre pilastri: - la piena libertà di scelta del cittadino, in particolare di colui che usufruisce

del servizio garantito dal sistema dote; - la libertà e l’autonomia degli operatori accreditati; - il ruolo di regolazione e controllo da parte della pubblica amministrazione,

che sostiene il sistema attraverso un’azione di monitoraggio e valutazione dei risultati.

A partire da questi tre pilastri, lo strumento della dote è stato introdotto nell’attuazione del POR FSE, in piena coerenza con i principi del processo di riforma del mercato del lavoro e dell’istruzione di seguito richiamati:

� La Centralità della persona e la Valorizzazione del Capitale Umano attraverso l’implementazione di interventi di istruzione, formazione e politica attiva del lavoro mirati al raggiungimento di obiettivi specifici e personalizzati, in base alle esigenze dei singoli destinatari identificati sulla base di analisi puntuali e dettagliate del mercato lavorativo lombardo e delle sue specificità. In quest’ottica, sono i servizi finalizzati alla valorizzazione del capitale umano ad adattarsi alle esigenze del singolo, modulandosi ai suoi fabbisogni;

� La rete degli operatori del mercato del lavoro e della formazione basata sul principio dell’accreditamento e della sussidiarietà tra i diversi enti ed organismi di governo coinvolti. Attraverso un accesso selezionato da parte di operatori pubblici e privati alle risorse pubbliche e la garanzia della qualità dei servizi erogati, è possibile avere una rete realmente operante ed efficiente nel mercato (L.r. 22/2006, capo V, art.13; L.R. 19/07 Capo III). A questo proposito Regione Lombardia, con la Delibera della Giunta Regionale numero VIII/4562 del 18 aprile 2007, ha avviato la costituzione dell’Albo regionale degli operatori;

� Il Patto di servizio stipulato tra l’operatore e il destinatario dell’intervento, rappresenta per alcune tipologie di destinatari il primo passo verso la costruzione del percorso personale di riqualificazione e reinserimento lavorativo. E’ lo strumento attraverso il quale il destinatario usufruisce dell’insieme dei servizi di acquisizione della dichiarazione sostitutiva dello stato di disoccupazione, colloquio di orientamento, proposta di iniziative e misure personalizzate di inserimento lavorativo o di formazione o di riqualificazione professionale o altre misure che favoriscano l’integrazione occupazionale, verifica del rispetto delle misure concordate con il disoccupato (art. 13 L.r. 22/06; D. Lgs 181/00; D.Lgs. 276/03);

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� Borsa Lavoro Lombardia è il nodo regionale della Borsa Nazionale Continua del Lavoro, costituisce l’elemento portante di supporto all’attuazione di tutte le politiche del lavoro realizzate sul territorio regionale lombardo. All’interno di Borsa Lavoro Lombardia e dei sistemi a essa integrati, al fine di supportare al meglio tutte le attività previste, è possibile gestire gli interventi di politiche attive del lavoro e i relativi processi di attuazione, insieme ai dati e alle informazioni necessarie all’attività di monitoraggio e valutazione, in sinergia con l’Osservatorio Regionale e il Valutatore indipendente;

� L’Osservatorio Regionale del Mercato del Lavoro si occupa di monitoraggio e valutazione, strumenti strategici a supporto dell’azione di governo. L’Osservatorio, integrato dei sistemi di istruzione formazione lavoro, svolge oltre all’attività di studio, anche la funzione di raccolta, elaborazione e analisi dei dati ai fini delle attività di monitoraggio, analisi e diagnosi sull’efficacia delle politiche (L.r. 22/2006 capo II, art. 6);

� Il Valutatore Indipendente rappresenta l’istituto innovativo per la valutazione della performance di tutti gli operatori. Con un ruolo sinergico rispetto a quello dell’Osservatorio Regionale, il Valutatore Indipendente introduce un elemento di garanzia di coerenza, efficacia ed efficienza dell’azione degli operatori del mercato del lavoro e della formazione, che permette di stimolare l’offerta di servizi di qualità (L.r. 22/2006 capo VI, art.17).

2.1.1. I soggetti coinvolti I primi soggetti coinvolti dal sistema della dote sono naturalmente i soggetti pubblici che erogano le risorse. In secondo luogo, sono coinvolti gli enti parificati, autorizzati ed accreditati come ad esempio le scuole, i centri di formazione professionale o i servizi per il lavoro. Le procedure di parifica, autorizzazione ed accreditamento hanno lo scopo di assicurare il pubblico sulla qualità e la quantità minime di prestazioni e sulla rilevanza pubblica delle attività svolte dai soggetti.

Con i soggetti accreditati, i titolari di dote possono stipulare il patto di servizio che lega le due parti a svolgere il percorso (formativo, di rientro al lavoro, ecc.). L’individuo che intende usufruire della dote, con il supporto dell’operatore accreditato al lavoro, deve successivamente formalizzare il proprio percorso in un Piano di Intervento Personalizzato (PIP), nel quale sono definite le modalità operative di attuazione dell’intervento e la tempistica di attuazione, in coerenza con le indicazioni fornite dall’Autorità di Gestione. Il PIP costituisce lo strumento che permette di articolare la dote e di determinare l’allocazione delle componenti ed il loro uso effettivo. Il PIP, inoltre, consente di effettuare le fasi successive di erogazione delle risorse (sia in forma diretta sia in forma di titolo di servizio come i voucher) ed il controllo sull’effettivo uso delle risorse.

Un esempio concreto è rappresentato da LaborLab, un programma di interventi innovativi a favore di disoccupati e lavoratori atipici che si avvale innanzitutto della dote economica, finanziando un percorso formativo da concludersi con un

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contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato della durata di almeno un anno. Anche in questo caso viene sostenuto il principio della libertà di scelta del lavoratore, che all’interno del progetto citato, può spendere le risorse regionali presso lo sportello che ritiene più idoneo. Nel caso specifico, al fianco della dote economica il lavoratore si può avvalere del Piano di Intervento Personalizzato (PIP) che prevede la realizzazione di servizi personalizzati di orientamento, formazione e inserimento nel mondo del lavoro costruiti su misura per ogni beneficiario del programma, sulla base delle sue esigenze e potenzialità. Tutti gli elementi cardine che ne permettono la realizzazione, infatti, hanno come punto di origine e di arrivo la persona. Il percorso personalizzato quindi, essendo articolato sui fabbisogni individuali, può coinvolgere una pluralità di soggetti, quali gli operatori accreditati al lavoro, gli operatori accreditati alla formazione e le aziende.

2.2. Tipologie di doti

Essendo un insieme di risorse, è possibile identificare diverse componenti che costituiscono la dote. Le componenti di una specifica dote sono identificate e finanziate, anche con risorse separate e di provenienza diversa. Una dote quindi può presentare articolazioni diverse per persone che affrontano percorsi simili, ma si presentano con diversi problemi. Le componenti di una dote possono essere costruite in modo che esse coprano una articolazione ampia e diversificata di problemi che va dal sostegno al reddito al supporto alla libertà di scelta, al sostegno alla disabilità al premio per l’eccellenza negli studi. Le diverse componenti sono quindi identificate e valorizzate tenendo conto delle caratteristiche e delle condizioni del singolo.

Attraverso l’assegnazione di finanziamenti alle persone in forma di dote, Regione Lombardia risponde all’esigenza di definire percorsi sempre più personalizzati alle esigenze della persona, con l’obiettivo quindi di realizzare interventi mirati ed efficaci per singoli individui.

L’insieme delle doti di cui si diviene titolari costituisce il sistema di risorse che si articola lungo tutto l’arco di vita della persona: la dote scuola che accompagna nella scelta e nello svolgimento del percorso scolastico, la dote formazione che accompagna nei percorsi formativi e professionalizzanti, la dote lavoro che porta alla scelta di un proprio percorso lavorativo dopo la scuola o dopo un qualsiasi periodo di disoccupazione.

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2.2.1. La Dote Scuola La Dote Scuola sostituisce, con un contributo ex ante, la pluralità dei benefici tradizionali (buono scuola, assegni, borse di studio e libri di testo), che si ritrovano quali componenti della stessa dote. In particolare, la Dote Scuola:

- assicura ad ogni studente il diritto allo studio; - garantisce alle famiglie la più ampia libertà di scelta; - accompagna i ragazzi lungo tutto il percorso scolastico, anche in vista

dell’inserimento lavorativo. -

È attribuita agli studenti che frequentano i percorsi educativi per l’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione dai 6 ai 18 anni. Comprende diverse componenti che variano a seconda del percorso scelto e dalle caratteristiche dell’allievo. Prevede contributi per premiare il merito e l’eccellenza e per alleviare i costi aggiuntivi sostenuti dagli studenti disabili.

Il contributo accompagna lo studente lungo il suo percorso di studi e include: 1. Sostegno al reddito: è un aiuto per la permanenza nel sistema educativo

per gli studenti meno abbienti 2. Buono Scuola: un sostegno alla libertà di scelta per chi frequenta una

scuola paritaria. 3. Merito: un riconoscimento assegnato agli studenti capaci, meritevoli e

privi di mezzi. 4. Dote Frequenza IFT: è un contributo per la frequenza a percorsi di

Istruzione e Formazione Professionale. 5. Disabilità: un sostegno per favorire una formazione personalizzata anche

nella scuola paritaria. Per lo studente portatore di handicap certificato, la famiglia percepisce un contributo aggiuntivo, rispetto al valore della Dote, pari a euro 3.000,00 (valore relativo al 2008) per spese connesse al personale insegnante impegnato in attività didattica di sostegno. Questa componente della Dote scuola spetta a tutti gli studenti portatori di handicap certificati, indipendentemente dal reddito.

Tabella 1. Tipologie di sostegno economico ai cittadini

Studenti Scuole Paritarie Studenti Scuole Statali Studenti Istruzione Formazione Professionale

Buono scuola Sostegno al reddito Contributo per frequenza Integrazione Merito Sostegno al reddito Disabilità Disabilità Merito

Fonte: Iref – Incontro formativo Dote Scuola A.s. 2009-2010

2.2.2. La Dote Formazione La Dote Formazione è la nuova forma della quota capitaria per i percorsi di formazione: il tradizionale finanziamento diretto ai Centri di Formazione è

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sostituito da un voucher, assegnato all’allievo beneficiario, che lo spende a copertura dei costi del percorso formativo. La Dote Formazione nasce per favorire la crescita, l’aggiornamento e il perfezionamento delle competenze lungo tutto l’arco della vita, per poter competere in un mercato in continua evoluzione. E soprattutto ha l’obiettivo di favorire l’occupabilità delle persone e l’innalzamento del livello di competenze. È destinata a tutti i residenti o domiciliati in Lombardia, tra i 16 e i 64 anni, che vogliono rafforzare e accrescere le proprie competenze, conoscenze e abilità, usufruendo dei servizi formativi del sistema d’Istruzione e Formazione Professionale regionale. Ne possono usufruire anche coloro che hanno un’occupazione, purchè fuori dall’orario di lavoro. Prevede un contributo massimo di 5.000 euro, in relazione alla tipologia e quantità dei servizi fruiti. Questa innovazione garantisce quindi alla persona maggiore libertà di scelta tra gli enti di formazione, sollecitando un aumento di qualità e valorizzando quelli che meglio rispondono ai bisogni reali. 2.2.3. La Dote Lavoro La Dote Lavoro è un insieme di risorse in denaro e servizi destinata a target specifici, con lo scopo di favorire l’accesso al mondo del lavoro e la riqualificazione professionale. Si tratta quindi di un sostegno concreto per chi non ha un’occupazione. Prevede, infatti, un contributo che permette ai disoccupati, agli inoccupati e ai lavoratori in mobilità o in cassa integrazione tra i 16 e i 64 anni di accedere a un piano d’intervento personalizzato finalizzato all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro. Prevede un contributo base di 1.500 euro, a cui si aggiungono ulteriori 1.500 euro per adulti che vivono da soli, adulti che hanno a carico una o più persone; ultracinquantenni; persone con un titolo di studio inferiore al diploma; persone in cerca di occupazione da oltre 6 mesi. Inoltre, i destinatari della Dote Lavoro le cui condizioni sociali o economiche rendano necessario un sostegno aggiuntivo per poter usufruire dei servizi programmati potranno ottenere un ulteriore contributo massimo di 3.000 euro.

Tabella 2. Caratteristiche della Dote Formazione e della Dote Lavoro Servizi acquistabili

Dote Formazione Dote Lavoro

- Formazione

- Servizi al lavoro: - colloquio di accoglienza I livello - colloquio di accoglienza II livello - bilancio di competenze - definizione del percorso - tutoring e counselling - scouting aziendale - monitoraggio, coordinamento, gestione

PIP - autoimprenditorialità

PIP non previsto PIP: strumento fondante Fonte: LaborLab Academy – Il sistema Dote 2009 e l’offerta dei servizi

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Focus 1. Sperimentazioni: i risultati delle doti attivate

Dote scuola finalizzata a sostenere la libertà di scelta ed il diritto allo studio nell’ambito dell’istruzione e formazione professionale: - 214.569 beneficiari Dote percorsi triennali IFL - 8.500 doti assegnate - il 65% di chi ottiene la qualifica trova lavoro entro 6 mesi dalla fine del corso e il 15% prosegue gli studi Dote specializzazione finalizzata a promuovere percorsi di specializzazione altamente professionalizzanti, costruiti sulla base dei reali fabbisogni di competenze espressi dalle imprese e finalizzati all’inserimento lavorativo: - 713 doti assegnate Dote formazione personalizzata, disabili - 222 doti assegnate Dote disabili psichici finalizzata a favorire l’inserimento professionale ed il miglioramento dell’occupazione delle persone con disabilità psichica: - 1.017 doti assegnate Dote lavoro Laborlab finalizzata a sperimentare servizi innovativi di politiche attive per il lavoro, rivolte a persone disoccupate ad alto rischio di esclusione dal mercato del lavoro e a lavoratori atipici: - 1.502 doti assegnate - il 66% dei Piani di Intervento Personalizzati conclusi ha portato a un contratto di lavoro Dote donna finalizzata a prevedere percorsi di reinserimento lavorativo per donne laureate in materie umanistiche e disoccupate: - sono state presentate 721 domande e ne sono state avviate 430 Dote ricercatori finalizzate a promuovere il trasferimento di competenze dal mondo della ricerca a quello delle imprese: - 908 doti assegnate nell’ambito del trasferimento tecnologico, ricerca industriale e di sviluppo competitivo, nuova imprenditorialità high tech.

Fonte: Regione Lombardia: la persona al centro – dicembre 2008

2.3. Il sistema dote nella nuova programmazione 2009 La Programmazione del sistema dote per i servizi di istruzione, formazione e lavoro per l’anno 2009 (deliberazione n.VIII / 8864 del 14/01/2009) evidenzia la netta separazione tra l’offerta dei servizi e l’allocazione delle risorse economiche:

- gli Standard di Servizio regolano l’Offerta dei Servizi di Istruzione e Formazione Professionale del Sistema Regionale riconosciuto attraverso l’accreditamento. Dentro il sistema l’offerta del mercato è libera purchè formulata nel rispetto degli Standard;

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- Risorse e Policy: nel 2008 è stata utilizzata una logica di “bando” vale a dire che l’apertura dell’offerta era legata alla disponibilità di risorse specifiche. Nel 2009 questa logica scompare, le risorse non sono più legate all’offerta; l’offerta pur tenendo conto dell’allocazione delle risorse, è indipendente da esse.

Relativamente alle risorse, la nuova Programmazione Finanziaria ha deliberato 333 milioni di euro per il 2009 finalizzati a sostenere le famiglie lombarde nei percorsi scolastici, di formazione professionale e di inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro. In particolare, sono previste tre linee di intervento:

- oltre 195 milioni di euro destinati alla Dote Scuola, precisamente 75.482.000 euro a percorsi di Istruzione e 120.439.000 euro a percorsi di istruzione e formazione professionale. La Dote Scuola comprende i contributi per la frequenza dei percorsi in Diritto Dovere di Formazione Professionale e nello stesso tempo i finanziamenti relativi a tutte le politiche già esistenti per il diritto allo studio ordinario (buono scuola, borse di studio, libri di testo, assegni di merito); non è più rimborsata a posteriori (prima l’esborso economico e poi la presentazione della documentazione) ma a priori: il beneficiario la può ottenere se è in possesso dei requisiti previsti dall’avviso; è possibile chiedere un contributo al Sostegno al Reddito anche per i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (con indicatore reddito ISEE<15.458 euro) oltre a 4.500 euro di componente istruzione, formazione e lavoro e 3.000 euro di contributo aggiuntivo per studenti portatori di handicap.

- 25 milioni di euro destinati alla Dote Formazione; - 112 milioni di euro destinati alla Dote Lavoro.

Relativamente alle policy, nelle tabelle che seguono sono esplicitati i beneficiari, le componenti e l'entità del contributo, relativamente alle tre tipologie di Dote.

Tabella 3. Dote Scuola Componente Buono Scuola Destinatari studenti residenti in Lombardia, iscritti a corsi a gestione ordinaria presso le

scuole primarie, secondarie di I grado e secondarie superiori, paritarie con sede in Lombardia o in regioni confinanti, purchè lo studente, al termine delle lezioni rientri quotidianamente alla propria residenza.

Valore economico - in presenza di indicatore reddituale inferiore o uguale a 8.348,74 euro verrà riconosciuto un buono scuola corrispondente al 50% della previsione di spesa dichiarata, con un tetto massimo di 1.050,00 euro. - in presenza di indicatore reddituale compreso tra 8.348,74 euro e 46.597,00 euro verrà riconosciuto un buono scuola corrispondente al 25% della previsione di spesa dichiarata, con un tetto massimo di 1.050,00 euro. - in presenza di indicatore reddituale superiore a 46.597,00 euro non verrà riconosciuto alcunchè. Allo studente portatore di handicap certificato, verrà assegnato un contributo aggiuntivo pari a 3.000,00 euro per spese connesse al personale insegnante impegnato in attività didattica di sostegno. In presenza di ISEE inferiore o uguale a 15.458,00 euro è attribuita, a copertura delle spese previste per la frequenza delle scuole primarie, un'integrazione al Buono Scuola, come Buono Servizi per la Scuola pari a

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500,00 euro in caso di scuola primaria, pari a 700,00 euro in caso di scuola secondaria di I grado, ovvero pari a 1.000,00 euro in caso di scuola secondaria superiore.

Componente Sostegno al reddito Destinatari studenti residenti in Lombardia, iscritti a corsi a gestione ordinaria presso le

scuole primarie, secondarie di I grado e secondarie superiori, statali con sede in Lombardia o in regioni confinanti, purchè lo studente, al termine delle lezioni rientri quotidianamente alla propria residenza.

Valore economico In presenza di ISEE inferiore o uguale a 15.458,00 euro verrà riconosciuta una Dote Scuola - componente Sostegno al reddito, pari a: - 120,00 euro per la frequenza a scuola primaria - 220,00 euro per la frequenza a scuola secondaria di I grado - 320,00 euro per la frequenza a scuola secondaria superiore

Componente Merito Destinatari Studenti, residenti in Lombardia, capaci e meritevoli che abbiano concluso il

terzo anno della scuola secondaria di I grado, nonchè la prima, la seconda, la terza e la quarta classe della scuola secondaria superiore, presso un'istituzione scolastica statale o paritaria, con sede in Lombardia, e che abbiano conseguito nell'arco del percorso scolastico una valutazione eccellente.

Valore economico - allo studente, con ISEE pari o inferiore a 20.000,00 euro verrà riconosciuta una Dote Scuola - componente Merito pari a 300,00 euro se ha conseguito agli esami di licenza media una valutazione finale pari o superiore a 9, ovvero una Dote pari a 1.000,00 euro se ha conseguito agli esami di licenza media una valutazione finale pari almeno a 10. - allo studente con ISEE pari o inferiore a 20.000,00 euro verrà riconosciuta una Dote Scuola - componente Merito pari a 300,00 euro se a conclusione della prima, della seconda, della terza, della quarta classe della scuola secondaria superiore ha conseguito una valutazione finale media compresa tra 8 e 9, ovvero una Dote pari a 500,00 euro in caso di valutazione finale media superiore a 9. - allo studente che abbia concluso il IV anno della scuola superiore riportando la valutazione di 100 e lode verrà riconosciuta una Dote Scuola - componente Merito pari a 1.000,00 euro, a semplice presentazione della domanda, senza indicazione della situazione reddituale o ISEE.

Fonte: Bollettino ufficiale della Regione Lombardia – delibera è 8864/2009

Tabella 4. Dote Scuola - Percorsi di Istruzione e Formazione Professionale Componente Istruzione e formazione professionale Destinatari Studenti residenti o domiciliati in Lombardia, iscritti alla prima o alla

seconda annualità di un percorso di istruzione e formazione professionale per l'assolvimento del diritto-dovere di IFP, anche personalizzato per allievi diversamente abili, erogato dalle Istituzioni formative accreditate dal sistema di istruzione e formazione professionale regionale, ai sensi dell'art. 24 della l.r. n. 19/07 ed atti attuativi.

Valore economico - in caso di iscrizione ad un centro di formazione accreditato verrà riconosciuto un contributo pari a 4.500,00 euro. - in caso di iscrizione ad un centro di formazione accreditato trasferito verrà riconosciuto un contributo pari a 2.500,00 euro. Allo studente, portatore di handicap certificato, verrà assegnato un contributo aggiuntivo pari a 3.000,00 euro per spese connesse al personale insegnante impegnato in attività didattica di sostegno.

Modalità di assegnazione

La Dote Scuola - componente Istruzione e Formazione Professionale verrà assegnata subordinatamente all'ordine di presentazione della domanda e alla posizione numerica nel percorso formativo prescelto e previa verifica della disponibilità di doti.

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Componente Sostegno al reddito Destinatari Studenti residenti o domiciliati in Lombardia, iscritti ad una delle

annualità di un percorso di istruzione e formazione professionale erogato dalle Istituzioni formative accreditate dal sistema di istruzione e formazione professionale regionale, ai sensi dell'art. 24 della l.r. n. 19/07 ed atti attuativi.

Valore economico In presenza di ISEE inferiore o uguale a 15.458,00 euro verrà riconosciuta una Dote Scuola - componente Sostegno al reddito pari a 160,00 euro.

Fonte: Bollettino ufficiale della Regione Lombardia – delibera è 8864/2009

Tabella 5. Dote Formazione Componente Base Destinatari Residenti o domiciliati in Lombardia, tra i 16 e i 64 anni (anche

occupati purché fuori dall'orario di lavoro) Valore economico Contributo per la fruizione di servizi formativi del sistema di

istruzione e formazione professionale regionale, fino ad un ammontare massimo di 5.000,00 euro in relazione alla tipologia e quantità dei servizi fruiti.

Fonte: Bollettino ufficiale della Regione Lombardia – delibera è 8864/2009

Tabella 6. Dote Lavoro Componente Base Destinatari Residenti o domiciliati in Lombardia, tra i 16 e i 64 anni inoccupati,

disoccupati, lavoratori in mobilità e CIGS. Valore economico

Contributo per la fruizione di servizi di politica attiva e di brevi percorsi formativi del sistema di istruzione e formazione e lavoro regionale, fino all'ammontare massimo di 1.500,00 euro, in relazione al Piano di Intervento Personalizzato elaborato con un operatore accreditato per i servizi al lavoro.

Componente aggiuntiva Categorie prioritarie Destinatari Residenti o domiciliati in Lombardia, tra i 16 e i 64 anni inoccupati,

disoccupati, lavoratori in mobilità e CIGS che appartengono a una o più delle categorie a rischio di svantaggio o emarginazione dal mercato del lavoro quali: adulti che vivono da soli con una o più persone a carico, persone che hanno superato i 50 anni di età, persone con titolo di studio inferiore al diploma di scuola media superiore o professionale, persone in cerca di occupazione da oltre 6 mesi.

Valore economico

Contributo per la fruizione di servizi di politica attiva e di brevi percorsi formativi del sistema di istruzione e formazione e lavoro regionale, fino all'ammontare massimo di 1.500,00 euro, in relazione al Piano di Intervento Personalizzato elaborato con un operatore accreditato per i servizi al lavoro.

Componente aggiuntiva Sostegno al reddito Destinatari Soggetti destinatari di Dote Lavoro le cui condizioni sociali ed

economiche rendono necessario un sostegno per la fruizione delle politiche attive programmate.

Valore economico

Contributo fino all'ammontare massimo di 3.000,00 euro (pari a 300,00 euro per ciascun mese di fruizione dei servizi di politica attiva, sino ad un massimo di 10 mesi).

Fonte: Bollettino ufficiale della Regione Lombardia – delibera è 8864/2009

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La particolare situazione di crisi e gli impatti sociali che le criticità poste dalle attuali congiunture economiche e finanziarie possono comportare, tanto sulle famiglie quanto sui singoli lavoratori, spingono Regione Lombardia ad assumere interventi tempestivi con un utilizzo razionale e coordinato delle risorse. Per questa ragione merita particolare attenzione, perché impatta direttamente sulla programmazione regionale Dote Lavoro, il collegamento con la normativa nazionale (L. 2 del 28 gennaio 2009 – Titolo III Protezione del Capitale Umano) che potenzia ed estende gli strumenti di tutela del reddito in caso di sospensione del lavoro o disoccupazione, attraverso:

- integrazione delle politiche passive e attive del lavoro e vincolo alla partecipazione ad un percorso di formazione o inserimento lavorativo per percepire un ammortizzatore sociale;

- estensione dei target percettori di ammortizzatori sociali (tempi determinati, apprendisti, somministrati, co.co.co.).

Si tratta di un’intesa di grande importanza perché andrà ad integrare le risorse per gli ammortizzatori sociali con la riqualificazione dei lavoratori per il loro rilancio nel mercato. Questo significa che ogni lavoratore interessato dalla crisi potrà potenzialmente beneficiare di una dote con la quale acquistare servizi di formazione e reinserimento lavorativo offerti dalla rete regionale degli operatori pubblici e privati accreditati; per i soggetti maggiormente in difficoltà la Regione potrà prevedere anche un contributo di integrazione al reddito; dallo Stato arriveranno le risorse per il sostegno al reddito e per i contributi figurativi. Questa innovativa linea di intervento realizza non solo un’integrazione tra le risorse (regionali, nazionali ed europee) ma anche un’integrazione tra politiche passive ed attive al lavoro.

In particolare, la programmazione regionale delle risorse FSE 2009 per i percorsi di politiche attive, comprensive delle indennità di partecipazione a favore dei destinatari, prevede:

- 27.300 doti lavoro da 3.000 euro, per un valore complessivo di 81,9

milioni di euro; - 10.000 sostegno al reddito da 3.000 euro per un valore complessivo di 30

milioni di euro.

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Capitolo 3

Il mercato dell’istruzione della formazione e del lavoro in Regione Lombardia

Questo capitolo intende proporre una fotografia dei mercati dell'istruzione, della formazione e del lavoro, dal punto di vista soprattutto dimensionale in termini di domanda e di offerta.

3.1. Istruzione e formazione 3.1.1. L’offerta Istruzione scolastica. In Lombardia risultano attive 5.226 scuole statali e 2.498 scuole paritarie, sono inoltre presenti 49 scuole ed organismi didattico/educativi stranieri (39 in provincia di Milano, 5 nella provincia di Brescia, 2 in quelle bergamasca e cremonese, 1 nella provincia di Varese).

Tabella 7. Scuole statali e non statali in Regione Lombardia Scuola dell’Infanzia

Scuola primaria Scuola secondaria di I grado

Scuola secondaria di II grado

SCUOLE _________ PROVINCE

Statali Non statali

Statali Non statali

Statali Non statali

statali Non statali

Totale

Bergamo 118 244 298 32 158 22 81 37 990 Brescia 150 298 329 25 160 21 98 34 1.115 Como 83 138 185 13 75 10 31 28 563 Cremona 88 52 102 8 47 3 29 10 339 Lecco 46 101 102 9 39 8 21 13 339 Lodi 45 42 63 5 26 3 16 4 204 Mantova 113 39 106 3 54 2 36 6 359 Milano 357 567 609 112 280 79 230 121 2.355 Pavia 115 73 147 8 69 5 45 17 479 Sondrio 61 36 84 1 33 1 26 1 243 Varese 84 196 222 20 100 15 65 36 738 LOMBARDIA 1260 1786 2247 236 1.041 169 678 307 7.728

Fonte: Ufficio scolastico regionale della Lombardia, 2007-2008.

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In particolare le scuole d’infanzia paritarie nelle province di Milano, Brescia, Bergamo, Como, Lecco e Varese superano l’analoga offerta statale e nel territorio bresciano costituiscono oltre il 66% dell’offerta complessiva.

Per gli altri ordini di scuola il rapporto si inverte, tuttavia l’offerta non statale ritorna significativa per le scuole secondarie di secondo grado, soprattutto in provincia di Como e di Milano con rispettivamente il 47% e il 34%. Si tratta principalmente di istituti tecnici (27,3%), licei scientifici (20,3%), licei linguistici (13,4) e licei classici (11,3%). Formazione Professionale. Per quanto riguarda la formazione professionale sono 163 gli operatori accreditati in tutta la Lombardia, di cui 37 pubblici e 126 privati. Le risorse umane impiegate sono più di 25.000 tra personale docente e non docente, come mostrato nella Tabella 8. Tabella 8. Operatori accreditati, sedi e personale dei percorsi sperimentali per il Diritto Dovere Istruzione e Formazione (DDIF) – a.f. 2006-2007.

Operatori Totale sedi Totale docenti Totale non docenti

Province Totale pubblici

Totale privati

pubblico Privato pubblico privato pubblico privato

Bergamo 3 13 8 21 218 1317 153 535

Brescia 3 17 11 22 459 1980 230 556

Como 2 13 2 16 60 1313 108 413

Cremona 2 6 3 8 139 1213 110 401

Lecco 2 6 2 9 78 1311 83 376

Lodi 1 4 2 4 104 415 15 179

Milano 14 39 25 63 985 3772 506 1353

Mantova 1 5 2 6 34 1098 70 296

Pavia 2 9 2 14 103 1698 42 560

Sondrio 2 3 2 3 70 873 80 189

Varese 5 11 9 14 298 1611 153 460

Totali 37 126 68 180 2548 16601 1550 5136 Totale pubblico e privato

163 248 19149 6686

Fonte: DG Istruzione Formazione Lavoro 2007 L’istruzione e la formazione Professionale in Regione Lombardia, sebbene si articoli in una ampia tipologia di percorsi formativi, si può dire che sia caratterizzata in modo prevalente da percorsi triennali sperimentali.

La sperimentazione è iniziata con l’anno formativo 2002 – 2003 con l’attivazione di corsi biennali per 35 classi presso enti di formazione frequentate da 620 allievi. Nel 2006 si è aggiunto il quarto anno di corso ed oggi sono attive complessivamente 1.208 classi su quattro annualità presso gli Enti di Formazione accreditati e 319 classi su tre annualità presso gli Istituti Scolastici. Come mostrato nel seguente grafico il totale degli iscritti, nel 2007, ha raggiunto i 30.392 allievi.

67

Fonte: DG Istruzione Formazione Lavoro 2007

Nell’anno 2006-2007 i progetti attivati nell’ambito dei percorsi sperimentali sono stati complessivamente 1.227 tra pubblici e privati, per un costo complessivo di circa 108 M€, coperti al 96% con finanziamento pubblico.

Oltre ai corsi previsti per il Diritto Dovere di Istruzione e Formazione, altre due aree di Formazione Professionale compongono l’articolazione dell’offerta formativa presente sul territorio regionale. Si tratta della Formazione Superiore (SF2) – che comprende corsi di tipologia diversa ma sempre e comunque relativi a percorsi successivi all’assolvimento del DDIF – e della Formazione Continua e Permanente (SF1). Quest’ultima risponde sia all’esigenza dell’aggiornamento professionale degli occupati (più specificamente la formazione continua) sia al bisogno di aggiornamento tecnico di altri soggetti (quali lavoratori in Cassa Integrazione e mobilità, inoccupati, inattivi e disoccupati), nonché di aggiornamento culturale, prescindendo dal mero ambito lavorativo. Si tratta di una formazione che, secondo quanto stabilito a livello europeo, dovrà riuscire a coinvolgere quote sempre maggiori di cittadini durante l’intero arco della loro vita. Tra i parametri di riferimento stabiliti nel maggio 2003 dal Consiglio Istruzione nell’ambito della Strategia di Lisbona, infatti, entro il 2010, il livello medio di partecipazione all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita dovrebbe attestarsi nell'Unione europea almeno al 12,5% della popolazione adulta in età lavorativa (fascia di età compresa tra 25 e 64 anni). Secondo i dati Istat, nel 2006 gli adulti in Lombardia che hanno partecipato all’apprendimento permanente sono stati il 6,6%; 6,3% gli occupati che hanno partecipato ad attività formative e di istruzione e 4,8% i non occupati (disoccupati e non forze lavoro).

Tra gli erogatori della formazione continua vi sono anche le imprese che spesso attivano corsi formativi rivolti principalmente ai propri dipendenti.

Dal 2000 il trend della spesa in formazione continua sostenuta dalle imprese è stato complessivamente crescente (1.500 milioni di euro nel 2006 verso 895 milioni di euro nel 2000). La spesa complessiva sostenuta per la formazione dei dipendenti viene sostenuta dalle imprese, con la seguente ripartizione:

9.732

20.564

30.392

620

2.269

0 5000

10000

15000

20000

25000

30000

35000

2002-03 2003-04 2004-05 2005-06 2006-07

Anni Formativi

Numero Allievi

n. allievi

Grafico 1. Allievi nella sperimentazione lombarda dal 2002 al 2006-07

68

- Grandi imprese: 57% della spesa complessiva; - Micro imprese (1-9 dipendenti): 14% della spesa complessiva; - PMI: 29% della spesa complessiva.

La ricerca FOP – Formazione Orientamento Professionale – fa emergere inoltre quali sono i fornitori di formazione continua scelti dal mondo economico:

- università ed enti di ricerca; - scuole superiori e loro emanazioni operative (CTP Centri Territoriali

Permanenti); - enti ed agenzie formative accreditate dalle amministrazioni regionali; - società di consulenza e formazione non accreditate; - imprese formatrici.

Università. La Regione Lombardia, con 12 Atenei, ricopre per più del 15% dell’offerta formativa universitaria nazionale. Sono, infatti, 322.666 gli immatricolati in Italia nell’anno 2007- 2008 (di cui le donne sono il 56,5 %). La città con più offerta formativa è Milano, con sette Atenei di cui 4 privati (Bocconi, Cattolica, Iulm, San Raffaele) e 3 statali (Milano Statale, Bicocca, Politecnico).

Tabella 9. Atenei in Regione Lombardia

IMMATRICOLATI A.A. 2007 – 2008

IMMATRICOLATI A.A. 2006 – 2007

TOTALE di cui donne TOTALE ATENEO valore assoluto Percentuale valori assoluti Variazione %

Castellanza LIUC 299 34,1 1.296 1, 0

Insubria 2.189 58,6 2.136 2,5

Milano 10-839 57 12.067 -10,2

Milano Politecnico 6.460 34 6.426 0,5

Milano Bocconi 2.372 49,6 2.421 -2

Milano Cattolica 8.472 65 7.873 7,6

Milano IULM 791 75,7 1.077 -26,6

Milano San Raffaele 388 64,9 399 -1,3

Milano Bicocca 6.293 60,4 5.811 8,3

Bergamo 3.132 59,7 3.186 -1,7

Brescia 2.873 48,9 3.087 -6,9

Pavia 4.544 56,2 4.681 -2,9

Fonte: Istat anno 2008 All’inizio dell’anno accademico 2007/2008 i corsi di I livello (laurea triennale) e di II livello (laurea specialistica) erano 5.879 in tutta Italia.

A partire dal prossimo anno accademico i corsi di studio degli Atenei si ridurranno del 20% rispetto a quelli attivati nell’anno 2008 - 2009. Gli obiettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sono disattivare i percorsi formativi non essenziali, rendere più razionale l’organizzazione delle attività didattiche per offrire agli studenti didattica di qualità. In questi anni infatti si è assistito ad una proliferazione dei corsi di laurea non sempre motivata da reali esigenze del mercato del lavoro. In particolare si prevede: la disattivazione di

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corsi di studio con un numero basso di iscritti, qualora nella stessa regione risultino già attivi corsi con analoghi obiettivi formativi; l’aumento del numero di docenti necessario per attivare un singolo corso di laurea; la riduzione della frammentazione degli insegnamenti presenti in ciascun corso di studio, attraverso l’indicazione di un numero minimo di 6 crediti formativi per ciascun insegnamento; l’individuazione del numero di insegnamenti che ciascun ateneo è in grado di sostenere effettivamente, in base alle strutture e ai docenti di ruolo disponibili.

Altro punto fondamentale del pacchetto di misure predisposte è la razionalizzazione delle Scuole di specializzazione mediche attraverso l’accorpamento delle scuole con un basso numero di specializzandi. Con queste misure, già da questo anno accademico 2008/2009, il numero di scuole di specializzazione mediche si è ridotto, passando dalle circa 1.600 dell’a.a. 2007/2008 alle attuali 1.150, diminuendo quindi di 450 scuole. 3.1.2. La domanda Istruzione scolastica. Gli studenti iscritti nelle scuole lombarde sono più di un milione e le fasce più numerose sono quelle dei frequentanti la scuola primaria e la scuola secondaria di II grado. Nella Tabella 5 si confrontano, inoltre, i dati regionali rispetto al contesto nazionale italiano, da cui emerge che il rapporto alunni/docente resta quasi inalterato rispetto alla media nazionale, mentre il rapporto alunni per classe è leggermente superiore al dato nazionale. In particolare il tasso di abbandono alla fine del primo anno di scuola secondaria superiore con il valore di 1,5 resta inferiore al valore nazionale (2,4). Tabella 10. Scuola dell’infanzia, primaria, di I e II grado- confronto Lombardia/Italia - 2008

Lombardia Italia %

Lombardia su Italia Bambini che frequentano la scuola dell'infanzia 112.154 975.757 11,5

- Rapporto alunni/docente 10,6 10,6 -

- Rapporto alunni per sezione 24,8 23,0 -

Alunni che frequentano la scuola primaria 404.688 2.579.938 15,7

- Rapporto alunni/docente 9,1 9,4 -

- Rapporto alunni per classe 19,4 18,7 - Alunni che frequentano la scuola secondaria di I grado 233.270 1.625.651 14,3

- Rapporto alunni/docente 8,2 8,2 -

- Rapporto alunni per classe 21,4 21,0 - Alunni che frequentano la scuola secondaria di II grado 335.026 2.570.010 13,0

- Rapporto alunni/docente 9,4 9,2 -

- Rapporto alunni per classe 22,0 21,6 - Tasso di abbandono alla fine del I anno di scuola secondaria superiore 1,5 2,4 Fonte: Istat, Ministero dell' Istruzione, MURST (Ministero Università e ricerca scientifica) - 2008

70

71

Guardando i dati rispetto alle Province emerge un rapporto alunni/classe più favorevole nella scuola primaria, con 19 alunni per classe, che varia da meno di 15 della provincia di Sondrio, ad un massimo di 27 della provincia di Pavia.

In particolare, dalla Tabella 6 si evince che la presenza di alunni con disabilità è maggiore nella scuola secondaria di primo grado e minima nella scuola superiore.

Tale aumento del numero di ragazzi è caratterizzato anche dal fatto che dal triennio 2003-2005 la Regione registra un aumento complessivo degli alunni (+2,66%) maggiore di quello osservato a livello nazionale (+0,59%): l’incremento è superiore in tutte le province con la sola eccezione di Sondrio, che presenta invece una contrazione (-1,31%). Considerando il grado di scuola, l’aumento concerne principalmente gli allievi delle scuole primarie (3,54%) e delle scuole d’infanzia (3,40%); è più contenuto nelle scuole superiori (2,68%) e minimo nelle scuole secondarie di primo grado (0,8%). Rispetto alla situazione nazionale per le Scuole Superiori di II Grado, si registra in Lombardia un minore orientamento agli studi liceali ad indirizzo classico (6,53% contro il 10,73% a livello nazionale) a vantaggio degli istituti tecnici, che assorbono il 39,17% degli studenti lombardi (contro il 34,24% del dato nazionale).

Tutti gli altri tipi di istituti presentano invece valori pressoché identici, compresi gli istituti professionali (20,92% Lombardia, 21,07 Italia). In particolare, l’analisi della serie storica (Grafico 2), che descrive i dati relativi agli studenti lombardi tra l’a.s. 2001/2002 e il 2007 mostra il superamento degli iscritti ai licei scientifici sugli studenti frequentanti gli istituti professionali statali.

Il sorpasso è avvenuto nell’anno scolastico 2005-2006 e da allora sembra in via di consolidamento. Grafico 2. Scuola secondaria di II grado statale. Andamento del nr. di alunni per tipo di scuola.

0

20.000

40.000

60.000

80.000

100.000

120.000

140.000

160.000

2001-2002 2002-2003 2003-2004 2004-2005 2005-2006 2006-2007

Istituti d'arte e licei artistici Liceo classici Istituti e scuole magistrali

Licei scientifici Istituti professionali Istituti tecnici

Fonte: Pdl n° 220 norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia

2007

72

Formazione professionale. I corsi più frequentati nell’ambito della formazione professionale sono stati quelli riferiti alle aree professionali meccanica e metallurgica (oltre il 20,1%), estetica e benessere (17,7%), alimentare-alberghiera e della ristorazione (17,6%); elettrica elettronica (14,1%) e servizi di impresa (10,5%). Complessivamente queste aree professionali assorbono oltre l’80% del totale degli allievi.

Grafico 3. Allievi nei corsi DDIF, per area professionale – a.f. 2006-2007.

comunicazione/spettacolo

tessile/moda

turistica

Legno/mobili/arredamento

agricoltura

varia

artigianato artistico

edile e del territorio

grafica/ fotografica

commerciale /vendite

servizi di impresa

elettrica/elettronica

Alim./alberghiera/ristoraz.

estetica /benessere

meccanica /metallurgica

Fonte: DG Istruzione Formazione Lavoro 2007 Il confronto fra le caratteristiche dell’offerta e della domanda di lavoro per livello di istruzione e posizione professionale mostra che, nonostante in Lombardia il 62% dei giovani scelga gli istituti tecnici e le scuole professionali e, contemporaneamente, nelle scelte universitarie tra le iscrizioni prevalgono ingegneria (14,2%) ed economia (14%), il mismatch riguarda soprattutto tecnici ed operai specializzati (48% delle figure di difficile reperimento), professioni relative alle vendite ed ai servizi alle famiglie (40,5% delle figure di difficile reperimento) e personale non qualificato (solo il 24% di difficile reperimento, grazie al ricorso al lavoro immigrato).

In Lombardia come nel resto del paese, gli istituti professionali vengono scelti in prevalenza da ragazzi provenienti da famiglie con basso grado di istruzione. La transizione scuola lavoro per i diplomati appare più efficace in Lombardia che a livello nazionale, infatti i tassi di inattività (scolastica e lavorativa) dopo 3 anni dal diploma sono del 4,5% per i diplomati in istituti tecnici e professionali, e del 2,0% per i liceali. In particolare al dato degli istituti tecnici e professionali, una minore attività sembra essere legata ad una maggiore probabilità di essere occupati.

Sono più di 24.000 gli studenti che nell’anno 2006-2007 hanno frequentato i corsi sperimentali di istruzione e formazione professionale gestiti dagli enti di formazione professionale accreditati, 7.237 i frequentanti dei corsi degli istituti scolastici per un Totale di 31.281 alunni.

61166199261282349370

697988

1.2502.448

3.2854.1074.123

4.676

0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000

73

In un contesto di percorso di formazione continua, le aziende che nel 2007 hanno attivato azioni formative sono 11.958 ed i destinatari che hanno beneficiato della formazione sono stati 53.762. per un totale di 189.270 ore di formazione.

Tabella 11. Azioni formative, destinatari e aziende.

Azioni Formative

Voucher formativi Formazione a scelta individiale

Azioni 6.580 277 327 210

Aziende 11.950 250 229 153

Destinatari 53.762 691 327 210

Ore di formazione 189.270 18.969 12.352

Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati monitoraggio Regionale 2008

Anche per i voucher è stata rilevante la partecipazione di target “deboli”, con particolare riguardo per le donne over 40 e i lavoratori di imprese con meno di 15 dipendenti.

Tabella 12. Tipologia di destinatari delle azioni formative.

Destinatari prioritari Azioni

formative

Donne Over 40 4.688

Lavoratori di imprese private con mmeno di 15 dipendenti 10.070

Lavoratori di imprese private in CIGO e CIGS 485

Lavoratori in possesso del solo titolo di licenza elementare o istruzione obbligatoria 2.613

Lavoratori in possesso del solo titolo di licenza elementare o istruzione obbligatoria 392

Lavori di stato di disoccupazione per ristrutturazione aziendale nonché in aree e settori di crisi 3.352

Lavoratori inseriti nelle tipologie contrattuali 6.063

Lavoratori over 45 1.512

Lavoratori provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione Europea 307

Persone iscritte nelle liste di mobilità 24.280

Totale 53.762

Fonte: Elaborazioni Isfol – Area Politiche e Offerte per la Formazione Continua su dati monitoraggio Regionale 2008

Università. I ragazzi che si sono iscritti all’Università nel 2008 sono 243.591, in crescita rispetto al 2007 e al 2006, ma poco meno del 20% arriva alla laurea. Questo dato, pur se molto basso, resta comunque superiore alla percentuale

74

nazionale (16,60%), come risulta dalla Tabella 8, infatti, solo 48.441 sono i ragazzi laureati nel 2008. In particolare ad avere maggior successo nel terminare gli studi universitari sono le ragazze con il 55,7%.

Tabella 13. Università - confronto tra dati Lombardia e Italia anno 2008 – 2009.

Lombardia Italia % Lombardia su

Italia

Iscritti ai corsi di laurea (1) 243.591 1.808.665 13,5

- di cui femmine (%) 54,0 56,5 12,8 - di cui al 1° anno (%) 18,9 17,0 15,0 Laureati 48.441 300.131 16,1 - di cui femmine (%) 55,7 58,0 15,5

Fonte: Istat, Ministero dell' Istruzione, MURST (Ministero Università e ricerca scientifica)

(1) CDL=Corso di Laurea (vecchio ordinamento), CDU=Corso di diploma (vecchio ordinamento), SDFS=Scuola diretta a fini speciali,L=Corso di laurea, LS=Corso di laurea specialistica, LSCU=Corso di laurea specialistica a ciclo unico; LMS= Corso di Laurea Magistrale Specialistica.

3.2. Lavoro In Regione Lombardia la popolazione attiva incide per il 16,2% sul totale italiano ed i tassi di occupazione, nelle classi centrali di età, sono più elevati rispetto alla media europea, mentre i tassi di disoccupazione pur se in crescita negli ultimi anni, sono molto inferiori a quelli medi dell’UE 15, anche per effetto della ancora scarsa partecipazione al lavoro delle donne e degli over 55.

Mentre resta bassa l’occupazione della popolazione anziana (55 – 64 anni), pari al 28,5 % rispetto all’obiettivo europero del 50% ed a livelli del 44,1 % della media europea, inferiore agli obiettivi di Lisbona (del 60%) resta anche il tasso di occupazione femminile che è circa al 41,4%.

Con l’aumento della flessibilità del mercato del lavoro lombardo, causato dalla crescita del lavoro part-time, temporaneo ed autonomo, si è contribuito per l’87% alla crescita dell’occupazione regionale. Il lavoro autonomo è meno diffuso in Lombardia rispetto alla media nazionale, tuttavia, è comunque superiore a quella europea (23,8% rispetto al 26,1% nazionale ed al 14,7% UE).

Dalla Tabella emerge anche che rispetto all’offerta ed alla domanda di capitale umano di alto profilo, si evidenzia il buon posizionamento della Regione in termini di addetti all’industria a medio alta tecnologia (36%) e dei servizi ad alta intensità di conoscenza (62,3%). Nonostante la dotazione di importanti centri di ricerca e il buon livello del sistema e della ricerca, l’investimento in capitale umano, uno dei fattori cruciali per la competitività del territorio, resta inferiore rispetto al dato delle regioni più forti d’Europa.

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Tabella 14. Indicatori di Sintesi Lavoro Lombardia –Italia, aggiornamento Febbraio 2009

Fonte: Istat, Inps, Ministero del Lavoro Infatti, il mercato del lavoro Lombardo presenta condizioni generali di “piena occupazione”, tuttavia alcuni gruppi di popolazione continuano a registrare particolari condizioni di debolezza che necessitano di politiche mirate di sostegno:

- giovani in uscita precoce dal sistema scolastico – formativo (15 – 24 anni): presentano una percentuale di attività e di occupazione più elevata di quella media nazionale, il 27,6% contro il 25,2% nazionale; tuttavia emergono alcune criticità che riguardano soprattutto il periodo di transazione tra scuola e lavoro. Il 29,4% dei giovani è impiegato con lavoro a termine ed i tempi di passaggio da un contratto a termine, ad uno a tempo indeterminato sono spesso molto lunghi;

- popolazione femminile: come dimostrano i dati della Tabella 6 l’accesso al lavoro per la popolazione femminile è ancora più difficoltosa, soprattutto quando queste presentano carichi familiari e bassi titoli di studio;

Lombardia e Italia - Anno 2007

Lombardia Italia

% Lombardia

su Italia Popolazione attiva (migliaia) 8.189 50.553 16,2

- di cui femmine (%) 51,5 51,8 16,1 Occupati (migliaia) 4.305 23.222 18,5

- di cui femmine (%) 41,4 39,5 19,5

- di cui dipendenti (%) 76,2 73,9 19,1

- di cui dipendenti a tempo determinato (%) 6,9 9,8 13,2

- di cui indipendenti (%) 23,8 26,1 17,0

- di cui in agricoltura (%) 1,7 4,0 7,9

- di cui nell'industria (%) 36,0 30,2 22,1

- di cui nei servizi (%) 62,3 65,9 17,5

- di cui a part-time 14,3 13,6 19,4

Persone in cerca di lavoro (migliaia) 153 1.506 10,2

- di cui femmine (%) 55,6 52,0 10,9

- di cui 15-24 anni (%) 27,6 25,2 11,1 Tasso di attività 15-64 anni (%) 69,2 62,5 -

- di cui femmine (%) 59,3 50,7 -

Tasso di disoccupazione 3,4 6,1 -

- di cui femmine (%) 4,6 7,9 -

- di cui giovanile 15-24 anni (%) 12,9 20,3 - Interventi ordinari Cassa Integrazione Guadagni (milioni di ore) 11,11 40,10 27,7 Interventi straordinari Cassa Integrazione Guadagni (milioni di ore) 21,16 108,53 19,5

Lavoratori domestici: totale 87.828 469.522 18,7

- di cui: stranieri 70.155 339.223 20,7

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- gli adulti con bassi titoli di studio: presentano tassi di occupazione particolarmente bassi (58,4%) soprattutto tra le donne (41,5%) e gli over 50 (33,1%). La disoccupazione, soprattutto quella di lunga durata si concentra molto di più tra gli adulti con un basso titolo di studio. Infine è aumentato il ricorso alla cassa integrazione e alle liste di mobilità negli ultimi anni arrivando ad un dato di 11,11 milioni di ore di interventi ordinari di cassa integrazione e di 21,16 milioni di ore per gli interventi straordinari;

- gli immigrati: dati del 2005 presentano tassi di attività (71,9%) superiori a quello degli italiani (68%). I tassi di occupazione e di disoccupazione dei cittadini stranieri non comunitari evidenziano tuttavia una maggiore penalizzazione relativa, infatti per gli uomini ai maggiori tassi di attività corrispondono, da un lato, più elevati tassi di occupazione (ma il gap rispetto alla componente italiana si riduce significativamente) e dall’altro più elevati tassi di disoccupazione (7% contro il 2,9% dei cittadini italiani) per quanto riguarda le donne la debolezza sul mercato del lavoro risulta essere ancora maggiore.

77

Capitolo 4

Lo scenario imprenditoriale attuale

Dopo circa un decennio di ritmo sostenuto di crescita, dalla metà del 2007 l’economia mondiale ha iniziato a rallentare la sua corsa (pur mantenendo una dinamica positiva) per effetto degli squilibri sui mercati finanziari e per l’aumento del costo delle materie prime. Tale rallentamento però è soprattutto nelle economie sviluppate, mentre il trend rimane crescente nelle economie in via di sviluppo.

L’andamento del PIL Italiano riflette la dinamica delle economie sviluppate, mantenendo però un differenziale negativo di crescita, rispetto alla media dell’area Euro, che si attesta nel 2005 – 2007 dell’ordine di un punto percentuale.

Nel 2007 il tasso di crescita del PIL è di 1,5% contro l’1,8% dell’anno precedente, al quale corrisponde anche un calo del CLUP- reddito al lavoro dipendente pro-capite (dal 2,6% nel 2004 al 2% nel 2007). Ma un PIL molto più preoccupante è quello del 2008, come si può vedere dalla Tabella 7, che riprende indicatori elaborati dal ministero del lavoro e divulgati dallo stesso nel febbraio 2009, il PIL nel 2008 subisce un costante e rapido calo in pochi mesi (Variazione dal III trimestre 2007 al III trim. 2008 dello 0.9%).

Tabella 15. Dati economici PIL e CLUP Variazioni % annue Variazioni %

III Trim. '08 III Trim. '08 2004 2005 2006 2007 2008

III Trim. '07 II Trim. '08

PIL 1,5 0,6 1,8 1,5 - -0,9 -0,5

Produttività lavoro 1,4 0,6 -0,1 -0,2 - - -

CLUP* 2,6 2,4 2,3 2 - 4,3 0,3

IV Trim. '08 IV Trim. '08

IV Trim. 07 III Trim. '08 Grado di utilizzo degli impianti** 0,2 -0,1 1,5 -0,2 -3,4 -6,7 -5,5

*CLUP = (reddito al lavoro dipendente pro-capite)/(valore aggiunto ai prezzi base – valori concatenati – anno 2000) **Differenze assolute delle percentuali di utilizzo degli impianti Emerge anche un trend di decrescita del grado di utilizzo degli impianti, che può essere meglio spiegato da una diminuzione della produzione industriale che come

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emerge nella Tabella 8 subisce anch’essa un crollo notevole nel 2008, dovuta ad un trend in calo degli ordini, che da gennaio 2008 a gennaio 2009 sono arrivati a -33,4%.

Tabella 16. Dati economici produzione industriale Variazione % annue Dic. 2008 Dic. 2008

2004 2005 2006 2007 2008 Dic. 2007 Nov. 2007

Produzione industriale (dati corretti per i giorni lavorativi)

-0,3 -0,8 2,4 -0,2 -4,3 -14,3 -

Produzione Industriale (dati destagionalizzati) -0,3 -0,8 2,4 -0,1 -4,4 -13 2,5

Produzione industriale (dati grezzi) 0,9 -1,8 1,9 0,5 -4,3 -12,2 -

Gen. '09 Gen. '09

Gen. '08 Dic. 2008 Tendenza degli ordini a 3 mesi** 1 -4,1 7,2 -2,3 -15,5 -33,4 0,4

Fonte dati: Istat, ISA 2009; *Differenze assolute dei saldi

In un confronto con l’UE per l’Italia è previsto per il 2009 un PIL del -2 alla pari con la Spagna, più alto rispetto alla previsione della Germania (2,3) e del Regno Unito (-2,8), ma al di sotto della previsione francese (-1,8).

A tale contesto si aggiunge una generale sfiducia da parte delle imprese industriali e dei consumatori come dimostrano i seguenti Grafici 4 e 5. Tuttavia, mentre continua a calare la fiducia delle aziende, si registra una crescita della fiducia del consumatore, che tuttavia risulta essere molto altalenante e quindi soggetta a rapide variazioni nell’arco di brevi periodi.

Grafico 3. Clima di fiducia delle imprese industriali. Dati destagionalizzati, 2000 = 100

79

Grafico 4. Clima di fiducia dei consumatori.

Dati destagionalizzati, 1980 = 100

Contemporaneamente il trend del tasso di occupazione ha subito un leggero miglioramento (dello 0,4 nel III trimestre 2008 rispetto al III trimestre 2007), ciò grazie ad un incremento dei contratti di lavoro a termine. Il tasso di disoccupazione del 6,7 (nel III trimestre 2008) rimane elevato, ma resta comunque inferiore alla media Europea (7,5).

Dalla Tabella 17 emerge il numero di imprese entrate in procedura fallimentare nel 2008, suddivise per settori di attività. Confrontando i dati con il 2007 si evince che le aziende che nel 2008 non sono riuscite a superare la forte crisi economica mondiale sono soprattutto del settore delle costruzioni e del Commercio, mentre resta ancora attivo il settore delle imprese manifatturiere, che riportano un saldo del – 91 imprese in procedura di fallimento nel 2008 rispetto all’anno precedente.

Tabella 17. Imprese entrate in procedura fallimentare. Anni 2007-2008. Saldi e variazioni percentuali annue

SETTORI DI ATTIVITÀ 2007 2008 Saldo Var%

Agricoltura 113 94 -19 -16,80%

Pesca 4 7 3 75%

Estrazione di minerali 15 8 -7 -46,70%

Attività manifatturiere 1.675 1.584 -91 -5,40%

Energia 2 2 0 0,00%

Costruzioni 1.182 1.361 179 15,10%

Commercio 1.755 1.876 121 6,90%

Alberghi e ristoranti 260 271 11 4,20%

Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni 351 405 54 15,40%

80

Intermediazione monetaria e finanziaria 41 40 -1 -2,4%

Servizi alle imprese 651 636 -15 -2,30%

Istruzione 30 22 -8 -26,70%

Sanità 45 47 2 4,40%

Servizi alle persone 144 114 -30 -20,80%

Imprese non classificate 902 863 -39 -4,30%

Totale 7.170 7.330 160 2,20%

Fonte: elaborazioni Unioncamere –InfoCamere su dati registro delle imprese 2008

4.1. Lo scenario imprenditoriale in Regione Lombardia In regione Lombardia, secondo i dati aggiornati al 31-12-08, sono 830.213 le imprese attive iscritte al Registro delle Imprese, costituendo il 15,6% dell’imprenditoria italiana. La maggior parte di esse sono ditte individuali e altre forme giuridiche (54,2%), seguite dalle artigiane (32,7%) e da quelle di commercio, albergo e pubblici servizi (29,0%).

Rappresentano una elevata importanza a livello nazionale i servizi immobiliari, informatici, professionali e di ricerca, che rappresentano il 25,5% del settore rispetto al dato italiano, cosi come le società di capitali della regione Lombardia che rappresentano il 23,6% delle società di capitali presenti sul territorio nazionale.

Con 68.184 imprese iscritte nell’anno e 70.580 imprese cessate nel 2008, il saldo delle imprese per il 2008 in Regione Lombardia risulta negativo, sono 2.396 aziende in meno rispetto agli inizi del 2008, con un tasso di mortalità delle imprese (8,5) superiore alla media Italiana (7,2).

Inoltre emerge un altro dato che è l’imprenditoria femminile che in Regione Lombardia risulta essere leggermente più bassa della media nazionale, 27,1% rispetto al 28,6% italiana.

81

Tabella 18. Imprese e imprenditori in Regione Lombardia aggiornato al 31 -12 - 2008

Lombardia Italia % Lombardia su Italia

Imprese "attive" iscritte al Registro delle Imprese 830.213 5.316.104 15,6

- di cui artigiane (%) 32,7 28,0 18,3

- di cui agricoltura, caccia e pesca (%) 6,7 17,0 6,1

- di cui industria manifatturiera (%) 15,1 12,1 19,5

- di cui industria delle costruzioni (%) 17,2 15,2 17,6

- di cui altre industrie (%) 0,1 0,1 19,9

- di cui commercio, alberghi, pubblici esercizi (%) 29,0 27,2 16,6 - di cui servizi immobiliari, informatici, professionali, ricerca (%) 18,6 11,4 25,4

- di cui altri servizi e trasporti (%) 13,4 17,0 12,3

- di cui società di capitali (%) 25,0 16,5 23,6

- di cui società di persone (%) 20,8 17,5 18,6

- di cui ditte individuali e altre forme giuridiche (%) 54,2 66,0 12,8

Imprese "attive" per Kmq 34,8 17,6 -

Imprese "attive" per 1.000 abitanti 86,1 87,7 -

Imprese iscritte nell'anno 68.184 436.025 15,6

Tasso di natalità delle imprese (%) 8,2 7,1 -

Imprese cessate nell'anno 70.580 440.332 16,0

Tasso di mortalità delle imprese (%) 8,5 7,2 -

Unità locali industria e servizi per Kmq 19,6 8,3 42,6 Addetti alle unità locali industria e servizi per 1.000 abitanti 283,8 208,4 73,4

Artigiani titolari e collaboratori familiari 375.246 1.993.130 18,8

- di cui femmine (%) 19,0 19,0 18,8 Artigiani titolari e collaboratori familiari per 1.000 abitanti 38,9 32,9 -

Commercianti titolari e collaboratori familiari 338.559 2.170.084 15,6

- di cui femmine (%) 35,5 37,4 14,8 Commercianti titolari e collaboratori familiari per 1.000 abitanti 35,1 35,8 -

Cariche sociali totali 1.760.281 9.789.527 18,0

- di cui femmine (%) 27,1 28,6 17,1

- di cittadini stranieri comunitari (%) 1,9 1,7 20,5

- di cittadini stranieri extra-comunitari (%) 5,1 4,2 21,8

Fonte: Infocamere, Sincert, Istat, Inps 2009

82

4.2. Esigenze delle imprese e previsioni occupazionali in Regione

Lombardia Secondo i dati dell’Osservatorio economico di Unioncamere, prodotti dal sistema Informatico Excelsior, e riferiti alle previsioni di assunzione 2008, il livello di istruzione più richiesto dalle imprese lombarde è il livello secondario, corrispondente al Diploma, seguito da quello della scuola dell’obbligo, dal livello universitario e dalla qualifica professionale.

In un confronto con il dato nazionale, emerge che le imprese lombarde ricercano livelli di istruzione più elevati (15,2% livello Universitario) rispetto alla media italiana.

Tabella 19. Assunzioni previste per il 2008 secondo il livello di istruzione esplicitamente segnalato

Numero di assunzioni previste 2008 Valori assoluti* Valori percentuali

Livello di istruzione chiesto dalle Imprese Lombardia Italia Lombardia Italia Totale 157.250 827.890 100 100

Livello Universitario 23.902 88.000 15,2 10,6

Livello secondario – Diploma 62.900 335.280 43 40,5

scuola dell'obbligo e qualifica professionale 65.728 404.610 41,8 48,9

di cui solo qualifica professionale 22.644 - 14,4 -

di cui scuola dell'obbligo 43.084 - 27,4 - Fonte: Elaborazione su dati di Unioncamere - 2008

*Valori assoluti arrotondati alle decine La maggiore offerta del lavoro in Lombardia è data dalle imprese con sede a Milano (79.040 posti lavoro), seguita da Brescia (20.140 posti lavoro) e Bergamo (con 14.890 posti lavoro). Milano è anche la prima città disposta ad assorbire il maggior numero di laureati (21,1%), mentre è Varese (con il 48%) a prendere il primo posto per la richiesta di un maggior numero di persone con un livello di istruzione secondario (Diploma).

Le imprese di Pavia (25,8%) e di Como (22,1%) sono quelle con maggiore necessità di una specifica qualifica professionale, Pavia risulta essere anche la città con imprese che ricercano il più alto numero di competenze di difficile reperimento (con il 34,7%) seguita da Varese (31,9%) e Como (30,1%), non per niente tali città ospitano le imprese con il più alto bisogno di corsi di formazione continua per i propri dipendenti, fatta all’interno o all’esterno dell’impresa.

83

Tabella 20 Assunzioni non stagionali previste dalle imprese per il 2008 secondo il livello di

istruzione richiesto di cui: (valori %)

livello di istruzione segnalato dalle imprese

Assunzioni non

stagionali 2008

(v.a.)*

Universitario

Secondario e

Post second.

Qualifica profess.

di difficile

reperimento

fino a

29 anni

necessità formazione (corsi) (1)

LOMBARDIA 157.250 15,2 43 14,4 27,9 35,7 29,4

VARESE 12.350 10,2 48 15,9 31,9 34 27,8

COMO 6.820 8,8 39,4 22,1 30,1 42,5 23,3

SONDRIO 2.520 8,1 45,1 11 21,6 45,7 23,6

MILANO 79.040 21,1 43 11,8 25,5 34,5 33,7

BERGAMO 14.890 10 41,5 17 29,2 36,7 24,6

BRESCIA 20.140 8,6 43,3 15,7 30 35,9 24,6

PAVIA 4.820 8,1 38,6 25,8 34,7 35 25,4

CREMONA 4.210 9,9 45 14,8 32,8 41,9 24,3

MANTOVA 6.460 7,1 36,6 18,4 32,1 36,3 27,9

LECCO 3.750 8 45,1 14,1 28,9 35,8 20,7

LODI 2.260 13,8 47,9 14,7 24,5 31,6 24,5 Fonte: Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2008

*Valori assoluti arrotondati alle decine. (1) Formazione prevista dalle imprese attraverso attività corsuale interna ed esterna alle imprese stesse. È importante inoltre considerare che oltre ai suddetti livelli di istruzione le imprese richiedono un periodo di esperienza, considerata importante per una “formazione integrata” composta di sapere scolastico e di sapere esperienziale.

Di seguito sono riportati i saldi occupazionali per la Regione Lombardia riferiti ad ogni singolo settore di attività per l’anno 2008. Tra i settori emergenti risultano soprattutto i servizi ed in particolare gli incrementi occupazionali si verificherebbero maggiormente nel commercio, negli alberghi e nei servizi alle imprese. Per quanto riguarda l’industria il saldo, in previsione dell’anno 2008, era considerato positivo per le industrie dei metalli, del settore meccanico e dei trasporti.

84

Tabella 21. Saldi occupazionali previsti dalle imprese per il 2008, per settore di attività e regione. Lombardia TOTALE 17.040

INDUSTRIA 2.160 Industria in senso stretto 2.430

Estrazione di minerali 200

Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco 50

Industrie tessili, dell'abbigliamento e calzature -1.210

Industrie del legno e del mobile 360

Industrie della carta, della stampa ed editoria 10

Industrie chimiche -1.140

- di cui: Industria farmaceutica -410

Industrie della gomma e delle materie plastiche 100

Industrie dei minerali non metalliferi 240

Industrie dei metalli 1.660

Industrie meccaniche e dei mezzi di trasporto 1.770

- di cui: Industria aeronautica 240

- di cui: Fabbricazione autoveicoli e altri mezzi di trasporto 200

Industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicali 860

- di cui: Industria elettronica -30

Ind. beni per la casa, tempo libero e altre manifatturiere -160

Produzione e distribuzione di energia, gas e acqua -310

Costruzioni -270

SERVIZI 14.870

Commercio al dettaglio 3.700

Commercio e riparazione di autoveicoli e motocicli 560

Commercio all'ingrosso 1.930

Alberghi, ristoranti e servizi turistici 2.290

- di cui: Alberghi e servizi turistici 250

Trasporti e attività postali -170

- di cui: Trasporto-movimentazione merci e logistica 390

Informatica e telecomunicazioni 1.340

Servizi avanzati alle imprese 2.900

- di cui: Servizi tecnici e servizi di ricerca e sviluppo 60

Credito, assicurazioni e servizi finanziari 1.190

Servizi operativi alle imprese e alle persone 690

Istruzione e servizi formativi privati -160

Sanità e servizi sanitari privati 550

Altri servizi alle persone -30

Studi professionali 100 Fonte: Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2008

*Valori assoluti arrotondati alle decine. A causa di questi arrotondamenti, i totali possono non coincidere con la somma dei singoli valori.

85

BIBLIOGRAFIA Consiglio Regionale della Lombardia “PDL N. 220 Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia, Quaderni di documentazione”, 2007 Regione Lombardia Istruzione, Formazione e Lavoro “Regione Lombardia la persona al centro, i fondamenti del sistema Dote”, Maggioli Editore Dicembre 2008 Regione Lombardia Istruzione, Formazione e Lavoro “Sette anni di Istruzione Formazione e Lavoro” a cura di MBS Srl, Gianpietro Cavazza, Davide De Santis; Fabrizio Palai e Mirco Potami, Guerini e Associati, 2008 Consiglio Europeo di Lisbona, “Conclusioni della Presidenza”, 23 e 24 Marzo 2000 Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, Serie Ordinaria – N. 4 – 26 gennaio 2009-03-30 Regione Lombardia, Direzione Generale Istruzione Formazione Lavoro, Decreto n. 420 del 22/01/2009 Regione Lombardia, DG IFL – Struttura Paritaria e diritto allo studio “Dote Scuola a te la scelta A.S. 2009 – 2010”, anno 2009 LaborLab, “Regione Lombardia e Comuni insieme nell’attuazione della Dote Scuola 2009 2010”, anno 2009 LaborLab Academy – “Il sistema Dote 2009 e l’offerta dei servizi”, 2008 “Programma Operativo Regionale della Lombardia, ob. 2 FSE 2007 – 2013”, Dec. C(2007)5465 del 06.11.2007

86

Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Segretariato Generale Divisione V – Coordinamento delle attività statistiche “Tendenze dell’economia e del mercato del lavoro”, Febbraio 2009 Rapporto 2008 sulla formazione Continua, Febbraio 2009 Strutture dei sistemi di istruzione, formazione professionale e educazione degli adulti in Europa, Italia 2007/2008 IReR, “Sostegno alla riforma del sistema di istruzione e formazione professionale in Lombardia”, Rapporto finale, Milano, ottobre 2007 IReR, Comitato strategico per la competitività della Regione Lombardia, “Capitale Umano e Competitività, la vera sfida per il Paese” Iref – Ibcontro Formativo Dote Scuola A.s. 2009-2010 Rapporto ISFOl 2008 SITI INTERNET www.ring.lombardia.it www.eformazionecontibua.it www.isfol.it www.regione.lombardia.it www.programma.laborlab.it

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Allegato 2

L’INDAGINE SUL CAMPO: METODOLOGIA E ANALISI

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Indice allegato 2 1. Lo scopo delle interviste 89 2. Lo Strumento e la procedura di rilevazione 89 2.1 L’intervista strutturata 89 2.2. L’intervista alle istituzioni scolastiche e formative 91 2.3 L’intervista alle imprese 94 3. La rappresentatività e le peculiarità degli intervistati 95 4. La metodologia per l’analisi dei risultati 97 5. I risultati dell’analisi alle istituzioni scolastiche e formative 97

6. I risultati dell’analisi alle imprese 103 7. L’interpretazione dei risultati 107

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1. Lo scopo delle interviste

L’idea della Fondazione si colloca all’interno dell’attuale scenario regionale, come ente in grado di mobilitare risorse sociali ed economiche al fine di agire in modo mirato e tempestivo a supporto del sistema educativo istruzione e istruzione formazione professionale (IFP), in costante evoluzione. Al fine di comprendere al meglio lo spazio regionale nel quale collocare la Fondazione, si è deciso di indagare il sistema educativo di istruzione e IFP e il mondo delle imprese. In un’ottica di sussidiarietà entrambe le realtà possono collaborare attivamente per favorire lo sviluppo del capitale umano attraverso il sistema educativo regionale.

Muovendoci all’interno della cornice sopra descritta, il presente documento ha la finalità di illustrare il lavoro di ricerca svolto con un’indagine sul campo, per progettare la fattibilità del modello fondazione e di mostrare i risultati ottenuti dalla raccolta del materiale empirico.

Costituire una Fondazione a supporto del sistema istruzione formazione implica una conoscenza del territorio, quindi delle sue esigenze in ambito formativo e al contempo una visione d’insieme delle imprese che vi operano.

Date queste premesse si è ritenuto rilavante ai fini della progettazione andare a sondare attraverso lo strumento dell’intervista, l’applicazione e l’utilizzo della Dote nel settore istruzione e formazione, per comprendere nella maniera più completa possibile il suo funzionamento, gli aspetti positivi, i punti da sviluppare e le criticità. Si è deciso quindi intervistare un campione di attori sociali appartenenti al sistema educativo di istruzione e IFP operanti sul territorio lombardo.

In un secondo momento si sono incontrati alcuni dei protagonisti della realtà economica regionale: le imprese. Queste, insieme ad altre realtà, sono portatrici di interesse – stakeholder- sono dunque espressione della domanda di formazione e contribuiscono alla definizione dei fabbisogni formativi.

2. Lo Strumento e la procedura di rilevazione

2.1 L’intervista strutturata Come anticipato è stato necessario comprendere l’andamento e il

funzionamento del sistema educativo rispetto allo strumento Dote e la relativa percezione riguardo alla sua adeguatezza operativa da parte degli operatori e

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capire le esigenze dei potenziali benefattori della Fondazione riguardo al sistema istruzione-formazione.

È stato deciso di utilizzare per entrambe le parti lo strumento dell’intervista strutturata con domande aperte, in quanto questa è stata definita come ”[…] una conversazione provocata dall’intervistatore, rivolta a soggetti scelti sulla base di un piano di rilevazione e avente finalità di tipo conoscitivo, guidata dall’intervistatore, sulla base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione” (Corbetta, 1999, p. 405).

L’intervista strutturata è l'equivalente del questionario con domande predefinite dal ricercatore in fase di preparazione dello strumento, ma a differenza del questionario implica una conversazione tra due o più interlocutori.

L’intervista strutturata è dunque definibile come un insieme fisso e ordinato di domande aperte che vengono sottoposte a tutti gli intervistati nella stessa formulazione e nella stessa sequenza, alle quali l’intervistato è lasciato libero di rispondere come crede. Le domande non vincolano l’intervistato, ma se vengono poste a tutti nello stesso ordine si corre il rischio di rendere l’intervista poco flessibile e adattabile alla specifica situazione.

Questa tecnica di rilevazione dei dati permette di raccoglie informazioni da un lato in modo standardizzato (le domande) e dall’altro in modo aperto e destrutturato (le risposte).

È proprio questa standardizzazione delle informazioni che permette di inserire il materiale raccolto in un quadro sinottico, ovvero in una matrice.

L’indagine è stata condotta con un’intervista strutturata, in quanto questa modalità di interlocuzione permette di formulare, insieme agli intervistati discorsi articolati e rigorosi su più argomenti. Inoltre, l’utilizzo dell’intervista strutturata non solo ha permesso agli intervistati di esprimersi liberamente all’interno di un percorso tracciato da domande aperte, ma ha consentito al gruppo di ricerca di confrontare le risposte in un quadro sinottico costruito ad hoc.

Nonostante la conduzione dell’intervista sia avvenuta seguendo una traccia prestabilita, il gruppo di studio si è riservato di intervenire nella conversazione, articolando le domande e gli argomenti in modo congeniale al contesto e all’intervistato ogni qualvolta ritenesse necessario porre in risalto aspetti poco chiari del discorso, o l’interlocutore facesse scaturire nuovi focus di rilevante interesse.

Per il tipo di ricerca svolto l’intervista strutturata si è rivelata vantaggiosa perchè è un metodo versatile, che è possibile utilizzare in ogni stadio della progettazione, da quella di esplorazione a quella di analisi. Infatti la presenza del ricercatore allontana l'eventualità che il soggetto interpreti in maniera errata le domande o che si trovi in imbarazzo perché non comprende quanto gli viene richiesto; inoltre, nel caso di una risposta non attinente, il ricercatore può riformulare la domanda.

Un altro aspetto caratterizzante l’intervista strutturata si configura nella flessibilità, ovvero l'intervistatore può scegliere di volta in volta le domande più appropriate a differenza di quanto avviene con i questionari.

Le interviste condotte hanno richiesto, per una correttezza metodologica nell’analisi, la registrazione di ogni singola conversazione, anche se questo ha

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comportato un limite: gli intervistati, vendendo il registratore interposto tra loro e il gruppo di ricerca percepivano una minor garanzia dell’anonimato, anche se solitamente l’aspetto legato alla riservatezza professionale e la relativa garanzia è legato maggiormente a domande attinenti alla sfera personale e non ad altro tipo di argomenti (come ad esempio l’ambito lavorativi).

Per questo motivo abbiamo deciso di far compilare agli intervistati una dichiarazione nella quale la Soges S.p.A si è impegnata a rispettare la riservatezza del materiale registrato. In questo modo gli intervistati si sono sentiti più a loro agio nel manifestare le proprie opinioni sulle questioni poste. Per formulare le tracce delle interviste condotte con gli attori sociali ed economici presenti sul territorio lombardo, si è ritenuto opportuno documentarsi sul tema della sussidiarietà, della Dote e del sistema istruzione-formazione in Lombardia attraverso le seguenti fonti: le normative, articoli specifici e siti internet.

Presentiamo adesso le tracce delle interviste, procedendo prima con quella attinente alle istituzioni scolastiche formative e in un secondo momento con l’intervista dedicata ai potenziali finanziatori della Fondazione.

2.2 L’intervista alle istituzioni scolastiche e formative

Al fine di comprendere meglio l’andamento e il funzionamento del sistema educativo rispetto allo strumento Dote da parte delle istituzioni scolastiche si è deciso -come primo passo- di affrontare insieme agli intervistati la storia dell’ente in cui lavorano e successivamente di indagare come gli intervistati percepiscono il sistema Dote.

Si è cercato inoltre di capire la composizione -in termini economici- della qualità dell’offerta formativa da loro erogata: quanto incide il fund-raising adesso e quanto conterà con l’introduzione a pieno regime dello strumento Dote.

L’intervista si conclude mettendo in evidenza i nodi e i problemi attualmente rilevati nel sistema Dote e ipotizzando gli affetti che scaturiranno.

Possiamo riassumere l’intervista in quattro nuclei argomentativi: - la storia e le finalità dell’ente,

- la percezione dello strumento Dote e i primi passi fatti per fra far fronte al nuovo sistema, - le criticità e i punti di forza percepiti, - previsioni rispetto alla Dote a pieno regime.

Qui sotto la traccia dell’intervista somministrata.

Intervista ai rappresentanti delle istituzioni scolastiche e del sistema IFP Nome /Cognome /Ente / Ruolo

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Parte I: Storia e orientamento. 1-Quando è nata la vostra associazione/scuola/agenzia formativa, e con quali scopi?

Anni di servizio

Numero di sedi

numero di sedi operative numero medio destinatari tipologia di utenza

range di età

2-Come si è evoluta durante gli anni? Cambiamento di mission…………………………………………..SI NO Stessa mission, ma cambiamento delle modalità di svolgimento… SI NO Espansione dell’offerta formativa……………………....................SI NO 3- Com’è finanziata la vostra struttura?

%

Tassa iscrizione

Rette

Benefattori Finanziamenti pubblici Attività di supporto

(ristorazione….)

Altro 4-Il vostro attuale sistema di gestione economico/finanziaria permette di sostenere le attività

nell’ambito formativo, di istruzione e di educazione? 5-Come si compone attualmente la qualità del servizio da voi erogato? I servizi base da chi

sono sovvenzionati? Sono sufficienti a rendere l’ente/associazione/scuola… competitiva? L’insieme di servizi: docenti, strutture, attività extra curriculari… che incidono sulla

competitività del servizio e sono finanziati dai fondi di cui prima. I servizi di cui disponete, sono sufficienti per assicurare una buona attività?

6-Avete un sistema di follow-up che permette di testare a breve termine gli esiti della vostra

attività formativa? 7-In caso affermativo, le informazioni ricavate dal follow-up manifestano degli esiti che

ritenete : insufficienti sufficienti discreti buoni ottimi 8- Come utilizzate gli esiti del follow up? Parte II: introduzione del sistema Dote 9-Cosa ne pensa del sistema Dote in sperimentazione da quest’anno? 10-Come vi siete organizzati, a livello di gestione e previsione dei servizi da attuare, per far

fronte a questo nuovo tipo di strumento? 11-Siete stati informati adeguatamente e chiaramente sul funzionamento della Dote?

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12-Avete adottato iniziative per riflettere, creare un’opinione e dibattere sul sistema Dote: all’interno della vostra struttura /verso il pubblico 13- Attualmente come hanno reagito le famiglie e le persone singole di fronte al sistema Dote? 14- Quali iniziative avete messo in atto per informare le famiglie e gli allievi sul sistema Dote e

le relative modalità di funzionamento? 15-La Dote ha già portato dei cambiamenti sostanziali o rilevanti nella vostra strutturazione

dell’offerta? 16- La Dote ha già portato dei cambiamenti sostanziali o rilevanti nella vostra strutturazione

del sistema amministrativo di gestione economico finanziaria dell’attività (rendicontazioni…)? Parte III: problematiche connesse al sistema Dote 17-Con la Dote cambia drasticamente il rapporto domanda/offerta. Sarà la domanda a

determinare l’offerta. Questo, a suo avviso, potrebbe portare a breve e lungo termine dei cambiamenti sostanziali nella vostra strutturazione dell’offerta formativa? Riduzione dell’offerta (alcuni corsi formativi potrebbero essere eliminati)?

18- La qualità del servizio erogato cambierà? 19- Quali effetti scaturiranno (dal sistema Dote) sulla comunicazione e sulla relazione con gli

allievi e con le famiglie? Parte IV: ipotesi sulle sui provvedimenti da prendere con l’introduzione a pieno regime della

Dote 20-Supponendo che il modello, nonostante il cambiamento dell’approccio domanda/offerta sia

valido, quali sono le aspettative verso il sistema e l’amministrazione? 21-Ipotizzando che i servizi da voi erogati abbiano un numero di utenti che non permette

l’utilizzo della dote: cosa pensate di fare? Questi servizi verranno modificati e adattati? 22-In caso contrario: se il numero degli utenti iscritti ai vostri corsi è superiore al numero

massimo di quelli previsti dalla Dote, come pensate di agire? Come vi rapporterete agli utenti senza Dote?

23-Sarà necessario offrire più servizi per essere più competitivi e quindi ottenere un numero

maggiori di Doti? 24-Ipotizzate di riuscire a mantenere, tramite la dote, i servizi (attività) erogati, oppure ritenete

che con la dote il vostro servizio possa migliorare rispetto ala situazione attuale? 25-Prevedete di avvalervi (o continuare ad appoggiarvi in caso sia la situazione attuale) di

benefattori (fondazioni…) per ottenere fondi finalizzati mantenere inalterata l’offerta del vostro attuale servizio?

26-Pensate incrementare il found- raising per incrementare il servizio erogato in modo da

essere più competitivi? 27-Ipotizzate che alcuni servizi attualmente gratuiti per gli utenti, potrebbero diventare a carico

loro?

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L’intervista alle imprese

L’incontro con attori economici si è sviluppato su due fuochi: la formazione e il fund raising. Questo è stato fatto per comprendere il valore che l’azienda da alla formazione delle risorse umane e, in base a questo dato, capire quanto e come è disposta a sostenere economicamente il sistema regionale istruzione-formazione.

La traccia dell’intervista è la seguente: Intervista ai rappresentanti delle imprese Anni di attività Tipo di attività svolta Mercato di riferimento: vendita business to business vendita business to costumer Tipologie di figure aziendali e ruoli Numero di addetti Mappa delle professioni ricoperte in azienda N°

persone

Turn over di dipendenti e le aree aziendali coinvolte Formazione: 1) Usufruite di corsi formazione per il personale della vostra azienda? In caso affermativo verso quali tipologie di dipendenti? (Neo assunti, persone stabili) 2) Quali sono le competenze e gli argomenti maggiormente soggetti alla formazione e perché? (aggiornamento, formazione specializzata…) 3) Qual è il livello di formazione a cui siete interessati (molto specifica e settoriale, generale e

riguardante diverse figure professionali …)? 4) A quale mercato vi appoggiate per la formazione? (corsi erogati con finanziamenti pubblici,

corsi privati che vi autofinanziate…) 5) Che tipo di conoscenza avete riguardo al mercato della formazione (finanziata e non)? 6) La formazione è realmente importante ai fini dell’inserimento lavorativo di personale

qualificato nelle aziende e per migliorare la competitività delle imprese? 7) A suo avviso chi è che ha il compito di sostenerla (e.g. il pubblico per l’obbligo formativo?

Il privato per i corsi di formazione specifici al proprio personale? Il pubblico per la formazione generale?)

8) È importante investire come privati nel campo della formazione (e.g. borse di studio,

sostegno agenzie formative, formazione ai dipendenti)?

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9) È importante investire come privati nel campo della formazione pubblica (e.g. borse di studio, sostegno agenzie formative, formazione ai dipendenti)?

10) Le figure professionali ricercate devono avere in ingresso una formazione specifica? In caso affermativo, vi appoggiate a scuole o istituti di formazione professionali? 11) Secondo voi finanziare la formazione direttamente, ma allo stesso tempo indirettamente e

quindi far interagire pubblico e privato, potrebbe migliorare la formazione e il rapporto di interscambio tra le due realtà?

Fund raising: 12) Siete mai stati coinvolti in attività di fund raising o di responsabilità sociale nel ruolo di

benefattori? In caso affermativo, quali sono stati i settori che hanno richiesto la vostra presenza? 13) Che tipo di attività siete andati a finanziare e perché? (ritorno immediato e diretto degli investimenti…) In caso negativo come mai non avete aderito alle iniziative? 14) Ci sono dei progetti o dei settori che sareste disposti a sostenere economicamente? 15) A suo avviso le aziende che fanno fund raising o sviluppano azioni di responsabilità sociale

perché lo fanno? Che tipo di iniziative prediligono e sostengono? Con che criteri scelgono cosa finanziare?

16) Modello Fondazione sviluppo capitale umano: Ritenete che il progetto che porti alla

creazione di una fondazione di “partecipazione” pubblico-privata sia fattibile? Condividete il modello proposto? Se si perché? Se no perché?

17) Ripresa del modello di Fondazione sviluppo capitale umano: ritenete che appoggiare

economicamente degli investimenti in capitale umano sia utile/proficuo o sarebbe meglio continuare a finanziare direttamente operatori specifici (istituti professionali, enti di formazione, oppure privati)?

18) Le due modalità potrebbero essere compatibili contemporaneamente? In caso positivo

diversificherebbero i finanziamenti oppure aggiungerebbero capitale non togliendo nulla agli attuali beneficiari?

19)Supponendo che siate interessati a diventare partner di questa Fondazione, quali ritorni di

interesse e quali vantaggi vi attendete?

3. La rappresentatività e le peculiarità degli intervistati

In questo paragrafo si affrontano la popolazione e il campione presi in esame nell’indagine.

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La popolazione teorica presa in esame risponde alle esigenze dettate dagli obiettivi della ricerca: ovvero l’insieme degli istituti e delle agenzie che lavorano nel sistema istruzione-formazione e il mondo dell’imprenditoria lombarda.

L’insieme complessivo della popolazione varia quindi in prima istanza dalla scuola primaria fino alla formazione continua e in secondo luogo all’interno di aziende private potenzialmente interessate al mondo della formazione. Non potendo accedere a tutta la popolazione teorica presente sul territorio in quanto non fisicamente raggiungibile si è deciso di focalizzare l’attenzione sulla popolazione accessibile, ovvero l’insieme di tutti i casi appartenenti alla popolazione teorica che sono effettivamente raggiungibili. All’interno di questa si è estratto un campione, cioè un’insieme di unità (popolazione), un numero finito di casi non rappresentativo della realtà del sistema istruzione formazione e dell’imprenditoria lombarda.

Il fatto che il campione qui esaminato non sia rappresentativo non costituisce un ostacolo ai fini dello studio di fattibilità. Infatti lo scopo dell’indagine sostenuta ha un fine puramente conoscitivo della realtà regionale, non vuole essere un rilevatore ufficiale del funzionamento del sistema Dote.

L’indagine è stata rivolta a dieci operatori (tra centri di formazione professionale e scuole) per un totale di diciotto intervistati appartenenti ai diversi enti. Si sono quindi incontrate, per un intervista strutturata, cinque agenzie di formazione professionale, una scuola paritaria, due enti di formazione continua, una federazione di scuole paritarie e un testimone privilegiato che lavora da anni con diverse istituzioni scolastiche formative lombarde.

Gli interlocutori delle singole strutture ricoprono ruoli che riguardano prevalentemente la funzione direttiva/manageriale e amministrativa. La scelta di interfacciarsi ad entrambe le funzioni organizzative è stata mossa dall’esigenza di avere un confronto sia con coloro che gestiscono l’insieme dell’ente (quindi presidiano la mission, l’organizzazione e hanno rapporti con tutti gli attori che gravitano intorno all’ente: i docenti, le famiglie, le istituizioni…), sia con coloro che si occupano delle gestione “pratica” della Dote, ovvero l’amministrazione.

Quest’ultima infatti ha una percezione concreta dell’ iter amministrativo e burocratico che la Dote comporta. Gli operatori coinvolti si sono dimostrati disponibili ad un incontro, in quanto hanno manifestato l’esigenza di esprimere la propria opinione sulla Dote, considerandola una strumento innovativo in grado cambiare significativamente il rapporto tra i destinatari e le istituzioni del sistema istruzione-formazione.

Per ciò che concerne i benefattori ai quali sarà chiesto di prendere parte alla Fondazione anche con il ruolo di finanziatori, si è deciso di indagare su diversi settori: meccanico, tessile, cartario e il settore dei servizi. Per ogni campo sono state scelte delle aziende rilevanti per dimensioni e importanza territoriale. In totale sono state interpellate dieci aziende appartenenti ai settori menzionati.

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.

4. La metodologia per l’analisi dei risultati Ogni intervista svolta nel lasso di tempo febbraio/marzo 2009 è stata registrata,

sbobinata e comparata con la totalità del materiale empirico, attraverso l’utilizzo di due quadri sinottici. Uno riguardante le rilevazioni eseguite con i rappresentanti del sistema educativo di istruzione e IFP, uno contenente le risposte degli imprenditori.

I quadri sinottici sono stati così formulati: sulle colonne si hanno gli istituti/agenzie appartenenti al mondo dell’istruzione-formazione interpellati/e nel primo quadro, mentre nel secondo vi sono i nominativi degli imprenditori. Le righe della matrice riportano le domande contenute nella traccia di intervista. Le caselle prodotte dall’incrocio dato dalle colonne e dalle righe contengono le risposte degli intervistati2. Attraverso la lettura dalla matrice è possibile ottenere in quadro completo della situazione per poter comparare velocemente ed efficacemente le risposte.

Inoltre si è ritenuto opportuno affiancare ai quadri sinottici un’ulteriore analisi (micro) su una parte del materiale raccolto per evidenziare i lemmi del discorso più comuni nel testo, nello specifico per ciò che riguarda la Dote. Questo per capire quali parole e quindi quale associazione di idee sono prodotte dagli intervistati nei confronti della Dote. È rilevante fare un’analisi linguistica per avere un’immediata percezione dell’impatto della Dote rispetto alle realtà di riferimento degli intervistati, attraverso l’identificazione delle parole e con la frequenza con la quale vengono associate al concetto Dote.

Per questa analisi sono state prese in considerazione le domande attinenti alla percezione della Dote, agli effetti ipotizzati e apportati da questa nel sistema, all’offerta formativa dell’agenzia (quindi coprono la sfera economica/qualità) e ai risvolti sul piano relazionale del rapporto con gli utenti (e relative famiglie).

5. I risultati dell’analisi alle istituzioni scolastiche e formative In questo spazio esaminiamo il materiale empirico estrapolato dalle interviste

con i rappresentanti del sistema educativo di istruzione e IFP. Riteniamo sia opportuno precisare che le interviste sono state effettuate nel

periodo in cui la Dote era in sperimentazione. Quindi le opinioni dei nostri intervistati sono viziate dal clima creatosi negli ultimi mesi: ovvero da tutte le problematiche annesse a qualsiasi innovazione (una comunicazione parziale o

2 Le risposte degli intervistati non sono state riportate integralmente per motivi di diverso ordine, il principale è la necessità di avere i concetti principali riassunti e pronti per la comparazione.

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alcune volte mancante, la difficoltà di adeguarsi a uno strumento nuovo che coinvolge tutti, dai fruitori della dote alle istituzioni scolastiche e formative, il timore che l’introduzione della Dote possa destabilizzare gli equilibri creatisi…). Quindi desideriamo sottolineare che il materiale empirico raccolto rispecchia per alcuni aspetti le ansie e timori legati allo specifico contesto e al momentaneo periodo di transizione.

Da una prima analisi sono emersi interessanti aspetti concernenti la Dote. Le considerazioni esposte dagli operatori variano tra la completa condivisione teorica della filosofia alla base della sperimentazione dello strumento Dote e la manifesta perplessità dovuta alle criticità riscontrate nella messa in atto dello strumento stesso. Le criticità sono state giustificate dagli intervistati con il breve lasso di tempo che è intercorso tra l’elaborazione dello strumento Dote e l’entrata in vigore della sperimentazione. La mancata piena comprensione del nuovo strumento, da parte di tutti gli operatori coinvolti nel sistema, è stata individuata nella complessità dello strumento adottato per la gestione del rapporto domanda/offerta di istruzione-formazione.

Di seguito sono esposti alcuni frammenti di materiale empirico raccolto per offrire una visione il più possibile concreta del fenomeno oggetto di studio. L’esposizione dei risultati ottenuti si articola attraverso la polarizzazione tra due estremi: i punti di forza e le criticità dello strumento Dote. Come già accennato, l’aspetto positivo condiviso in modo unanime da tutti diciotto gli intervistati è la teoria che sostiene la Dote:

“Un’idea di fondo assolutamente condivisibile, il richiamo alla centralità della persona, alla libertà di scelta […] L’idea ha un’ottima ispirazione.” “Secondo me è importantissima la Dote perché si passa dall’efficienza come opportunità all’efficienza come obiettivo. Cioè si passa dalla qualità del servizio erogato che era un’opportunità che l’ente aveva, ma non aveva nessun effetto o valutazione se facevi un cattivo corso, mentre invece con la Dote diventa un obiettivo, perché se non dai qualità alla gente, questa non ritorna.”

“Alla base è bello. La logica di passare dal finanziamento al contributo è positivo.” “Lo ritengo valido nella teoria, posso condividere a volte le premesse da cui parte.” “ Da la possibilità di scelta alla famiglia e quindi mette in competizione i centri nell’alzare la propria qualità.”

“Visione positiva in generale, […] perché la Dote è un modo esplicito per favorire l’incontro tra l’esigenza della persone e l’inserimento lavorativo, c’è un dialogo molto preciso tra la persone e l’azienda dove chi fa formazione gioca un ruolo fondamentale di coordinamento, noi favoriamo la persona ad incontrare l’azienda.”

“Sembra che il sistema introduca una capacità di flessibilità nella pianificazione che agevola nella attività perchè non siamo condizionati dal bando, se sono disponibili le Doti, a seconda di quello che ci chiede il mercato, nei momenti che consideriamo più opportuni, possiamo dare avvio a dei percorsi anche con dei numeri che sono adatti. Uno snellimento, una maggiore incisività. Sembra uno strumento buono”

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“Strumento potenzialmente importante perché va a sanare anni di confusione e ci permette di fare tutto dal primo colloquio alla formazione. “

“L’ingresso della Dote ha fatto si che io potessi aumentare la mia offerta, e questo per me la dice tutta sul perché io la ritenga buona. Io ho promosso un’offerta formativa buona. La Dote ha dato mobilità.”

Attraverso i frammenti estrapolati dalle diverse interviste, è possibile notare

che la percezione dei valori che muovono la Dote è positiva e condivisa. I diversi intervistati sostengono che attraverso la libera scelta dell’individuo sia possibile dare mobilità alla domanda e quindi aumentare la propria offerta formativa e alzare la qualità della formazione. Si scardinano così le vecchie regole che comportavano una cristallizzazione del mercato della formazione e non valorizzavano la qualità del servizio erogato.

Dal punto di vista pratico gli enti sostengono la necessità di: -alzare la qualità della propria offerta formativa, variabile necessaria per poter essere competitivi sul mercato, -espandere la propria offerta formativa.

Si sottolinea l’importanza di quest’ultima possibilità data esclusivamente dallo strumento Dote.

Gli operatori hanno evidenziato un impatto positivo della Dote sul piano della comunicazione: -aumento dei contatti tra operatori per condividere le problematiche, -maggiore scambio di informazioni e dialogo con le famiglie e gli utenti. A questo proposito presentiamo alcune parti delle interviste relative agli aspetti appena trattati: La Dote mi ha dato la possibilità di mettere in atto dei settori che prima non

potevo aprire, io non apro due sezioni in più per avere più doti, tramite le doti riesco ad aprire dei settori in più.

“Non è che abbiamo allargato l’offerta per la Dote, ma la Dote ha creato una dinamicità all’interno del sistema che ha comportato anche un allargamento strutturale. Noi avevamo due prime, poi visto che avevamo una forte richiesta e abbiamo deciso di allargarci. Il lavoro che è stato fatto sulla Dote ha comportato un investimento di comunicazione verso le scuole che ha allargato la richiesta.”

“Per i diplomati e gli adulti che stanno frequentando dei percorsi professionalizzanti, ci sembrano contenti, abbiamo una bella risposta, una bella vivacità, noi abbiamo gli utenti che autorizzano a un rapporto anche li è molto importante, perchè anche se ci è dovuto si passa attraverso il meccanismo, il rapporto si gioca anche in quella fase li. Si, non si ha più un bando sei mesi prima, adesso abbiamo un catalogo aperto e fisso, così il numero minimo c’è già. Possiamo aumentare la nostra offerta, le cose che facevano prima solo per le aziende adesso le possiamo fare anche per i disoccupati, insieme alla Dote per i disoccupati, questa è una cosa importante. La qualità ai nostri soci è già cambiata. Dai soci alle famiglie aumenterà, perché si viene premiati in base al servizio che da. Perché coinvolge in un rapporto più stretto con le famiglie.

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Riassumendo schematicamente i punti di forza riscontrati possiamo considerare che la Dote valorizza:

- la scelta dell’individuo, perché in questo modo ha la possibilità di sviluppare con più facilità il proprio capitale umano;

- la qualità della formazione erogata dagli enti; - la capacità di selezionare la migliore l’offerta formativa; - la comunicazione e il rapporto con le famiglie e gli utenti. Strettamente e intrinsecamente legate agli aspetti positivi vi sono alcune

criticità che gli enti di istruzione-formazione devono affrontare in questo nuovo sistema.

Sul lato della criticità riscontriamo che la Fondazione, in quanto organo

promotore e sostenitore dello sviluppo del capitale umano e della Dote, può dare un contributo allo sviluppo di questo strumento, facendo fronte alle perplessità generate dal cambiamento ed alle difficoltà comunicative per aiutare la comprensione del fenomeno. A questo proposito è fondamentale presentare le difficoltà evidenziateci dagli enti, in quando soltanto attraverso una presa di coscienza degli aspetti da approfondire è possibile migliorare lo strumento Dote. I problemi sono stati riscontarti in due ambiti: quello amministrativo e quello della comunicazione. Gli intervistati in primis hanno evidenziato che le difficoltà incontrate sono collegate all’innovazione portata dalla Dote. Non si dichiarano spaventati, ma semplicemente affaticati dalle procedure burocratiche. Gli adempimenti amministrativi si sono parcellizzati e le procedure sono nuove rispetto al precedente sistema di finanziamento. Gli enti si sono dovuti organizzare autonomamente per far fronte ai nuovi numerosi moduli da compilare e alle richieste delle famiglie. L’interpretazione del nuovo regolamento della materia e l’utilizzo delle nuove procedure, inoltre, hanno contribuito ad alimentare un clima di confusione e ansia tra gli enti:

“[…] ogni giorno c’è una novità, è una linea aperta con il funzionario e con la parte aperta dal sistema informatico, anche se c’è sempre stata una grande disponibilità da parte dei funzionari” “[…] il problema è dato dal fatto che non ci sono dei tempi sicuri, a noi hanno detto una cosa, alle famiglie un’altra, poi hanno ritrattato, la modalità che manda in tilt tutto quanto […]” “C’è una continua doccia scozzese delle comunicazioni, ma arriva alla scuola la Dote e questo è positivo.”

“Va bene che è tutto nuovo, però non si sapeva a cosa si andava incontro, la famiglia non sapeva dove presentare la domanda se aveva un figlio alla paritaria e uno alla statale, le informazioni erano frammentate e inesatte, si contraddicevano. L’organizzazione delle domande non era congruente al file che ci avevano dato, anche solo l’ordine in cui mettere le domande, se l’ordine alfabetico di chi la compilava, del ragazzo […]. Alla fine di tutti i file restituiti alla regione solo un 30% era leggibile. Ora la scuola protocolla direttamente, e alla fine snellisce la procedura.”

101

“Da quando c’è la Dote noi facciamo il servizio chiavi in mano: cioè noi facciamo il servizio di orientamento, scegli bene la tua professione del futuro, vieni qui ti diamo un appuntamento. Facciamo tutto noi nel senso che convochiamo le famiglie per la richiesta delle Dote, e facciamo tutto noi. Quando in regione si accorgeranno che sono arrivati cinquanta arabi e cinesi che non parlano italiano e non sanno cosa sia la CRS o il Pin dove devono andarlo a prendere (che li abilita a chiedere la Dote), quando capiranno che questo meccanismo è del chi prima arriva meglio alloggia, allora capisci che hai una macchinosità che ti impedisce di essere snello e questo è un grande ostacolo.”

“La gente vuole una risposta, se una famiglia vuole fare alla figlia un corso da cuoca non posso chiederle “ma lei ha la CRF? Ma lei ha il pin? Loro vogliono un servizio subito […] è tutto molto macchinoso, se la gente vuole venire da noi, noi ci siamo fatti carico di risolverli, se la gente può scegliere allora deve poi poterlo fare.”

I termini “burocratico” “macchinoso” “poco snello” sono ripetuti

frequentemente dagli intervistati, questo denota che ci sono ancora molti passi da fare affinché la Dote sia inserita in un sistema efficiente, in grado di rispondere tempestivamente al far bisogno di formazione da parte del cittadino. Per ciò che concerne la comunicazione, la questione va affrontata sotto due versanti: gli enti e le famiglie. Gli intervistati sostengono di aver avuto informazioni da parte della struttura organizzativa regionale, anche se non sempre chiare ed esaurienti, nonostante la Regione Lombardia si sia mostrata disponibile al dialogo e al confronto. Le problematiche sul piano tecnico della comunicazione sono state riscontrate maggiormente dai centri professionali. Alla domanda “Siete stati informati adeguatamente e chiaramente sul funzionamento della Dote?” alcune delle risposte evidenziano:

“Adeguatamente no, siamo stati informati, poi come in ogni sperimentazione qualcosa è sfuggito. C’è stata una grossa campagna di informazione, ma nello specifico sono sfuggite delle cose: la procedura di gestione operativa della Dote con la famiglia ci ha messo molto sotto pressione perché essendo una cosa nuova temevamo le conseguenze di questa lacuna, e questo ha aggiunto una grande ansia anche per il tempo, che non era chiaro. All’ultimo momento abbiamo scoperto delle cose nuove e questo ha generato molte tensioni, all’inizio non riuscivamo inserire gli stranieri, perciò come ogni bella favola poi ha un lieto fine, perché dal nostro punto di vista le cose non sono state così drammatiche negli esiti. Inizialmente non tutte le regole erano chiare, anche se abbiamo fatto tantissimi incontri e tutto, ma poi la cosa perfetta non esiste.” “Dal punto di vista dell’aspetto idea sì, dal punto di vista operativo non sempre, si è rivelato molto diverso da quello prospettato dalla riunione. Abbiamo scoperto come funzionava soltanto entrando nel sistema quel giorno e vedendo come funzionava.” “Possiamo stampare pacchi di mail, e poi cito un esempio: l’anno scorso a seguito di un’informazione mancante abbiamo deciso di fare un incontro a seguito di continue chiamate da parte dei soci, abbiamo deciso di fare anche un incontro chiamando l’assessore proprio perché era necessario dare dei segnali nel senso che la Regione c’è ed è in grado di rispondere alle esigenze e le richieste anche specifiche e pratiche di un sistema nuovo. Poi anche le scuole, noi incontravamo o i gestori o i direttori o entrambe. Inoltre anche altre realtà come la nostra si rivolgono a noi per capire come funziona. Facciamo di tutto per trovare delle soluzioni.”

102

“Le informazioni inizialmente erano corrette, anche se parziali, ovviamente però è dovuto ad esigente di tempo, inoltre era stato indetto un bando per l’ente e il gestore di questa cosa, che aveva scadenza a giugno, quindi era stata definita la modalità di domanda, ma la modalità di erogazione non era stata decisa, non si era capito se fossero stati dei voucher, dei buoni. Non avevano ancora identificato un ente intermediario che gestisse questa cosa, perché la Regione è stata molto chiara, “io non ne voglio sapere niente, fate una domanda, io individuo l’organo intermediario e poi fatti vostri” ma l’ente intermediario è stato identificato tardi rispetto alla partenza della Dote.”

Sul versante comunicativo, analizzando le risposte degli i rappresentanti del sistema educativo di istruzione e IFP, è possibile affermare che scuole ed enti di formazione hanno percepito una scarsa sensibilità da parte dell’amministrazione regionale nel loro coinvolgimento in un ruolo di interfaccia con le famiglie. Infatti sia le scuole sia gli enti di formazione hanno dovuto far fronte alla Dote incrementando il lavoro della propria segreteria, aumentando il monte ore settimanali dei propri dipendenti per dare un adeguato servizio informativo alle famiglie.

“Oltre alle informazioni è stato necessario approntare servizi di assistenza amministrativa e procedurale; gli istituti lamentano che questo ruolo di help desk di sistema non è stato riconosciuto, né valorizzato, sia sotto l’aspetto della comunicazione, sia dal punto di vista economico[…]” “La Regione ha recepito tanto ma ha ancora tanto da recepire, anche se c’è un buon livello di collaborazione. Alla Regione si chiede maggior comprensione per il lavoro in più che è stato chiesto, valorizzazione. C’è stata una poca attenzione alla comunicazione. Adesso la scuola deve fare proprio da intermediario tra famiglie e regione, non è più la regione che protocolla. La scuola è parte attiva della Dote, ma se tu dici loro: ti aggiungo lavoro o ti chiedo di collaborare come parte del sistema, la comunicazione è completamente diversa. La Regione ha scaricato molto per rendere parte attiva la scuola, ma se non lo dici, la scuola questa lo percepisce come un macinio.”

Gli utenti, ovvero le famiglie e i singoli attori sociali, stentano ad entrare nel meccanismo della Dote e non comprendono interamente il significato e la filosofia che muove tutto il processo. Gli intervistati sostengo che sia necessario ancora molto tempo e un grande lavoro sul versante comunicativo volto alla promozione della cultura della libera scelta finalizzata ad auto determinare il personale percorso di istruzione-formazione. Infatti alla domanda “Attualmente come hanno reagito le famiglie e persone singole di fronte al sistema Dote?” abbiamo registrato le seguenti affermazioni:

“Alcuni pensavano che fosse denaro da spendere, a livello di diffusione del singolo cittadino l’impianto della Dote c’è ancora molto da lavorare. In generale molto passivamente, con la parola Dote non collegano subito, bisogna spiegare un po’ di più non c’è una piena consapevolezza. È anche complicato, ci vuole tempo per risolvere i problemi, poi ci saranno i ragazzi che comunicheranno tra di loro.” “[…] le famiglie sembrano non capire, in un certo senso abbiamo quasi dovuto difendere la Dote, perchè non è che i genitori sono entusiasti di dover correre qui ogni volta per fare delle firme. Non c’è una chiara percezione, per il mondo della formazione professionale non è che adesso la modalità di finanziamento operativamente abbia cambiato le cose perché si chiama

103

Dote. Secondo me, per quel che riguarda la Dote, non credo che le famiglie abbiamo chissà quale percezione, un conto è la Dote formazione, sì, è una cosa nuova, ma per la formazione professionale è solo una questione di modulistica. Abbiamo convocato i genitori per farli firmare, ma a livello ideale non è compito nostro spiegare loro.“ “Secondo me la famiglia oggi non ha ancora colto bene la cosa, prendevano il buono scuola prima, oggi la Dote alla famiglia non cambia nulla. Per far capire come funziona alle famiglie, il concetto spiego la Dote formazione. Tenga conto che la Dote non è ancora stata pagata, quindi prima che la famiglia se ne renda conto deve passare ancora del tempo. Il lavoro che ho fatto negli incontri con i genitori è passare tutta la teoria che c’è dietro alla Dote, poi c’è il gestore che è più motivato o meno a far capire come funziona. La famiglia inizierà a capire come funziona la Dote quando si vedrà il voucher […]. Tra il buono scuola e la Dote la differenza non è stata ancora recepita, ci vuole del tempo. Se ci fosse una comunicazione più efficace, non è solo l’informazione non omogenea, ma manca proprio un’informazione di base o la filosofia: se io fermo uno per strada e affronto il sistema della Dote, che non ha nessun altro in Italia, questo mi guarda e mi chiede: “Di cosa stai parlando?” La percezione di novità non esiste.” “Le famiglie non hanno affatto percezione del potere che hanno, qualcuno pensa di spenderli i soldi. Molti lo confondono con quello che era il buono scuola e quindi l’idea che lo spendi […]”

6. I risultati dell’analisi alle imprese

Le interviste con gli imprenditori hanno evidenziato questioni che si

sviluppano su due nuclei: il rapporto con la formazione e l’attività di fund raising. Per ciò che concerne il primo focus di interesse, ovvero la formazione, il

discorso si articola su tre aspetti: - l’importanza di lavorare con personale che, arrivato in azienda, disponga già di un’adeguata formazione di base;

- il rapporto tra l’azienda e la formazione continua proposta ai dipendenti; - il sistema di istruzione formazione attualmente in atto. Riguardo al primo aspetto tutti gli intervistati hanno evidenziato l’importanza

di avere dipendenti formati adeguatamente all’entrata nell’azienda e alla domanda “La formazione è realmente importante ai fini dell’inserimento lavorativo di personale qualificato nelle aziende e per migliorare la competitività delle imprese?” Le risposte sono state molto chiare e precise.

“Sì certo è un plus in più che negli ultimi tempi si è un po’ perso” “Sì, infatti facciamo due settimane di formazione per tutti i neo assunti. Noi chiediamo un voto di laurea abbastanza alto, quindi quando facciamo selezione valutiamo attitudini comportamentali e di conoscenze tecniche, ma nelle 2 settimane completiamo con aspetti tecnici sul mestiere del consulente, questo per evitare un processo di depauperamento della conoscenza aziendale in cui non puoi portare un contributo perché non hai la conoscenza comune al resto dell’azienda. Il corso ha contenuti riguardanti l’azienda, le strumentazioni, le attività del business aziendale, e le competenze metodologiche e tecniche.”

104

Da ciò possiamo desumere che per le aziende è importante che il sistema istruzione-formazione sia efficiente e prepari in maniera opportuna il capitale umano al mercato del lavoro.

Dal secondo aspetto preso in considerazione - il rapporto con la formazione verso i propri dipendenti – emerge che le aziende manifestano interesse per la formazione e alcuni degli intervistati sono orientati a formare i propri dipendenti sia su livelli generali fornendo competenze di base (e.g. corsi di lingua straniera), sia nei campi più specifici delle competenze trasversali. Le aziende per finanziare i suddetti corsi accedono a risorse economiche interne (auto-finanziamento), oppure a specifici fondi:

“(Facciamo) Corsi di formazione su tutte le tipologie, specialmente su chi opera su cliente, quindi sui consulenti. Dal neo assunto con un percorso di formazione in azienda di due settimane. Personale stabile anche se con questo termine intendiamo anche in contratto di inserimento di 18 mesi, comunque intendiamo migliorare le competenze tecniche, a prescindere dal contratto, per migliorare gli skill tecnici e le competenze manageriali. Poca formazione per lo staff interno.” “[…] inglese perché siamo convinti che è una lingua che ti permette di andare dappertutto e poi le persone che stanno facendo il corso hanno contatti specialmente con fornitori in lingua inglese e a volte una parte di loro anche con clienti. “ “Quella che diamo ai nostri dipendenti per i dirigenti sono attività finanziate, come FONDIR, sul resto è finanziata da noi. In generale la formazione tecnica è finanziata da noi anche con docenti interni, quella comportamentale è finanziata. tecniche di vendita, gestione del conflitto è finanziata, il corso sulla modellazione di modelli di rischio è gestito da noi o pagato da noi.”

In ultima istanza viene esaminato insieme agli intervistati il sistema di

istruzione formazione attualmente in vigore sul territorio, il ruolo che “il pubblico” ricopre o dovrebbe ricoprire in tale sistema e le considerazioni in merito.

Tutti gli intervistati sostengono che la formazione di ingresso debba essere sostenuta da fonti pubbliche con controlli sull’operato e sui relativi risultati degli istituti di formazione:

“[…] manca in generale un controllo sull’efficacia dell’attività formativa dalla scuola alla formazione aziendale. In un mondo ideale il pubblico deve dare una formazione alta, che permetta di entrare con competenze elevate sviluppando gli aspetti che hanno nel potenziale, mentre il privato deve occuparsi di affinare le persone nel contesto specifico. […] Manca in generale un controllo sull’efficacia dell’attività formativa dalla scuola alla formazione aziendale.”

Nonostante gli intervistati non manifestino particolari apprezzamenti nei

confronti della formazione pubblica, accusata di essere incompleta e non in essere sempre grado di immettere nel mercato del lavoro figure professionalmente complete, le aziende in questione collaborano con gli istituti professionali, le scuole e le università pubbliche e private da anni.

105

“[…]lo stage che i ragazzi fanno da noi lo consideriamo come un investimento e lo facciamo con il pubblico. Tenga presente che i primi investimenti del privato nel pubblico l’ha fatto per la prima volta Enzo Ferrari che formavano i primi operai dentro la Ferrari, cioè a Maranello l’istituto tecnico era dedicato alla formazione degli operai metalmeccanici. La Ferrari è l’eccellenza e noi prendiamo sputo, poi a noi non costa nulla quindi investiamo.” “Si, andiamo a cercare il personale nelle università specifiche. Si, si con la Bocconi, il Politecnico e con la Luis a Roma. […] Ci appoggiamo con partnership operative, utilizziamo molto lo strumento dello stage anche curriculare che è un modo molto valido per conoscere il candidato un po’ prima della laurea e fidelizzarlo, prima che compia delle scelte per la sua vita futura. […] Abbiamo scelto queste università qui per motivi territoriali. […]”

A fronte delle affermazioni apparentemente contraddittorie, è quindi possibile

desumere che nonostante la formazione finanziata dal pubblico appaia in generale incompleta e manchevole agli occhi degli intervistati, le aziende intessono proficui rapporti di collaborazione con le scuole/università stesse.

Il secondo nucleo di interesse su cui si è focalizzata l’intervista è la Fondazione e nello specifico: la visione del fund raising e la disponibilità di poter aderire economicamente al progetto Fondazione sviluppo capitale umano.

Gli intervistati si sono dimostrati favorevoli al finanziamento di iniziative filantropiche senza scopo di lucro, attività alle quali si dedicano già attualmente. Le motivazioni che hanno spinto le aziende interpellate a muoversi nel campo del fund raising sono sia solidaristiche/filantropiche sia commerciali come testimoniano i frammenti di intervista riportati:

“[…] se dovessimo metterli in una scala li metterei nell’ordine in cui glieli ho elencati: un fenomeno legato all’attività pubblicitaria, la condivisione di valori finalizzata all’obiettivo di business e poi ci può essere un’attività filantropica che molto spesso però corrisponde a un’esigenza del capo azienda che a una mission vera e propria dell’azienda.[…]” “[… ] se stiamo bene noi, perché non devono star bene anche gli altri? Fondamentalmente è un’opera di volontariato, non vedo altro motivo se non quello di fare bene al prossimo, è chiaro che poi bisogna vedere fino a che punto il volontariato, cioè l’azione privata va a mettere delle pezze su quello che dovrebbe essere un dovere pubblico statale, cioè per la mancanze della croce rossa metto io la lettiga perché non c’è, ecco!”

I progetti che vengono finanziati sono “monitorati” dalle aziende, ovvero i

benefattori vogliono essere certi che il capitale economico investito in tali attività sia utilizzato nel migliore dei modi, come testimoniano le affermazioni qui riportate:

“[…]Abbiamo esperienza di fund raising tramite l’associazione “***(nome dell’associazione)” la viviamo direttamente e indirettamente, nel senso che l’associazione fa opera di fund raising perché essendo una onlus deve per forza auto-finanziarsi e auto-sostenersi e poi per ovvi motivi noi la sosteniamo economicamente con denari spesi bene e abbiamo il controllo diretto […]” “[…] la scelta (di finanziamento) è caduta su progetti dove il livello di conoscenza dei soggetti coinvolti era tale da darci un minimo di garanzia […].”

106

Da ciò possiamo desumere che le attività di finanziamento rivolte a iniziative sociali sono indirizzate a progetti non sempre attinenti al settore economico di appartenenza, ma vengono scelte in base a criteri soggettivi, come suggerisce un intervistato, purché ci sia una finalità specifica e certa:

“[…] in un contesto generale andrei a calarlo in un contesto in cui l’indagine di clima aziendale diventa uno dei driver, o io come decisore ho una sensibilità sul momento, o risponde ad una esigenza di mercato: per esempio se produco sostanze chimiche lavoro o sulle ricerca o sulla donazione di un’ambulanza, ma anche nell’ottica del dipendente attraverso le analisi di clima.”

Finanziare una fondazione che ha come prerogativa quella di contribuire

attraverso l’utilizzo di risorse private all’integrazione di servizi erogati dal pubblico, non è un’azione percepita dagli intervistati come puramente filantropica. Infatti il modello in auge fino ad oggi prevede che il sistema istruzione e formazione sia finanziato principalmente da fondi pubblici, affiancato da un privato autorizzato a offrire dei servizi paralleli.

Riguardo alla proposta di prendere parte alla Fondazione Sviluppo Capitale Umano nel ruolo di benefattori, gli intervistati si sono espressi in maniera favorevole, sebbene abbiano presentato alcuni vincoli legati ad aspetti gestionali e di monitoraggio:

“Potrebbe essere fattibile ma dipende dalla logica di gestione. Se fossimo nell’ottica dove chi partecipa alla fondazione può intervenire nella gestione dei fondi orientata alla rilevazione del far bisogno allora sì, la vedrei bene, se invece caliamo nel costume italico che fa una fondazione che poi eroga attività a pioggia e non riesce a indirizzarle neanche sul piano culturale e diventa un ambito nel quale si dividono la poltrona allora logicamente no, stiamo dove siamo a continuiamo a farci le nostre cose.” “Certo, dipende sembra con chi lo fa, si a livello ideale lo condivido perché deve essere tutto e carico del pubblico o del privato, assolutamente se non sbaglio in svizzera è così hanno un interscambio sostenuto esigente ed efficace. Fino a quando non vedremo che il vento cambia…causa effetto, investo controllo e ho il feed back che va tutto bene.”

Quindi i potenziali benefattori sarebbero disposti a prendere parte al progetto

fondazione a patto che: - le risorse economiche di cui dispone siano indirizzate a destinatari specifici,

all’interno un modello efficiente di allocazione delle risorse, - vi sia un riscontro reale dell’investimento sostenuto, - vi sia un sistema di governance tale da includere i benefattori non solamente

come meri erogatori di capitale economico, ma anche come soggetti impegnati a indirizzare le risorse delle fondazione.

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7. L’ interpretazione dei risultati A fronte di quanto riscontrato finora, è possibile approciarsi al materiale

empirico collezionato come un insieme di esigenze rilevate sul territorio lombardo nell’ambito del sistema istruzione-formazione su due versanti: le scuole, le agenzie che erogano istruzione e formazione e gli imprenditori che necessitano di capitale umano adeguatamente formato in grado di poter contribuire in maniera innovativa e proficua allo sviluppo aziendale. È stato importante raccogliere e riassumere le esigenze riscontrate sul territorio per dare alla Fondazione una mission funzionale alle esigenze degli attori sociali ed economici presenti in Lombardia.

I rappresentanti delle istituzioni scolastiche e del sistema IFP con i quali abbiamo dialogato sostengono che la Dote sia uno strumento unico nel suo genere, un facilitatore, in grado quindi di permettere la libertà di scelta ai singoli. Inoltre alcuni intervistati sostengono che la Dote possa migliorare il rapporto con il singolo utente e che quindi la persona possa essere posta al “centro del mondo” attraverso un dialogo constante con un operatore in grado di comprendere le esigenze dell’utente e utilizzare il denaro pro-capite messo a disposizione per la persona, come mezzo per scegliere i percorsi più consoni all’utente, utilizzando così al meglio le risorse presenti sul territorio.

Allo stesso tempo però si chiede di implementare la comunicazione da parte della Regione specialmente verso i cittadini, i quali sembrano ancora lontani dal comprendere pienamente la nuova filosofia introdotta dalla Dote e il relativo funzionamento tecnico.

Sul versante imprenditoriale invece si riscontra la necessità di avere un territorio in grado di istruire e formare adeguatamente gli individui, ovvero il capitale umano in grado di apportare sviluppo e innovazione al mondo dell’impresa. Riteniamo quindi che sia necessario approfondire il rapporto che vige tra la formazione pubblica, gli imprenditori e il capitale umano al fine di creare gli strumenti che capaci di permettere un dialogo tra tutti i portatori di interesse del territorio lombardo.

Bibliografia:

Corbetta P., (1999), “Metodologia e tecniche della ricerca sociale”, Il Mulino

108

109

Allegato 3

STUDIO DEL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ

Leggendo e approfondendo l’art.118, u.c. (comma 4) Costituzione sulla sussidiarietà si deduce che si ha:

APPROFONDIMENTI MODELLO FONDAZIONE

• Piena libertà e autonomia di proporre soluzioni purchéil modello sia sostenibile:

• a livello istituzionale

• a livello economico-finanziario nel medio-lungoperiodo

110

2

OBIETTIVO DELLO STUDIO DI FATTIBILITÀ

Produrre un piano operativo per la nascita di una Fondazione regionale dedicata a sostenere investimenti in capitale umano nei servizi di istruzione e formazione professionale

VINCOLI CHE DISCENDONO DALL’OBIETTIVO

1.Carattere regionale della Fondazione

2.Principi e finalità del sistema di istruzione e formazione

3.Caratteristiche del sistema dote

4.Declinazione del principio di sussidiarietà

ANALISI DEI VINCOLI

3

Principio di sussidiarietà

• definito e disciplinato nell'art.118, u.c. (comma 4) Cost. con la riforma del Titolo V del 2001

• "Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà"

111

4

Conseguenze pratiche del principio sussidiarietà art.118.4

• La sussidiarietà orizzontale è portata a rango di principio costituzionale , anche se il testo legislativo non parla espressamente di sussidiarietà orizzontale

• (Simone) Liberalizzazione delle attività private• (Simone) Ritiro dello stato dall’economia• (Simone) Privatizzazione e deregolamentazione

amministrativa (sub specie di delegificazione e di semplificazione)

5

Conseguenze pratiche del principio sussidiarietà art.118.4

• (Bassanini) assetto istituzionale policentrico• (Bassanini) disarticolazione e pluralizzazione della

sovranità• (Bassanini) Modello paritario• (Bassanini) Comunità intermedie progressivamente

riconosciute dall’ordinamento:– Prima: partiti e sindacati per rappresentanza e tutela– Assemblea costituente: artt. 2 e 5 costituzione prodotto di cultura

personalistica e comunitaria attenta al pluralismo sociale basata sul principio di sussidiarietà vert e orizz non espressamente enunciati

– 1997 prima legge Bassanini entra nella legislazione

• PRINCIPIO ORGANIZZATIVO

112

6

Conseguenze pratiche del principio sussidiarietà art.118.4

• (Pizzetti) obbligo dei soggetti di cui all’art. 114 di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini

• (Pizzetti) obbligo incombe agli enti nell’esercizio di ogni loro attività, compresa quella legislativa e quella regolamentare

• (Pizzetti) dovere anche quando non abbia un nesso funzionale immediato con l’ambito della funzioni e delle proprie degli enti stessi

7

Conseguenze pratiche principio sussidiarietà art.118.4

• (Arena) principio relazionale con portata dirompente che scardina il “paradiga bipolare”, amministrazione-amministrati del Diritto amministrativo

• (Arena) principio relazionale disciplina i rapporti fra soggetti dotati di autonomia (principio organizzativo generale come regola dei rapporti fra tutti i poteri pubblici e fra questi e la societànelle varie articolazioni)

• (Arena) RELAZIONI PARITARIE fra più soggetti rappresentativi di interessi

113

8

Sussidiarietà“principale” (cittadino) - “agente” (amministrazioni)

Cittadini attivi e collaborativi

Cittadini passivi e subordinati

Amministrazioni enti che favoriscono

Amministrazioni enti preposti alla soddisfazione

Cittadino autonomo nell’iniziativa

Cittadino titolare d’interesse

Convergono verso la soddisfazione di un interesse comune

Netta separazione

Nuovo paradigmaVecchio paradigma

9

Principio di sussidiarietà

• Il principio di sussidiarietà ha bisogno di due o più poli del rapporto per potersi esplicare

• Il subsidium , per definizione, richiede almeno la presenza di due soggetti, uno che sostiene l’altro che èsostenuto

• L’agente (cioè l’amministrazione) continua ad essere tale, ma anziché agire in nome e per conto del principale passivo, cambia modalità di azione e mette le proprie risorse a disposizione del principale che ha deciso di diventare agente

• Principali e agenti continuano ad essere soggetti distinti, ma cambia la qualità e la direzione del rapporto

114

10

Sostenibilità istituzionale• Il rapporto con l’amministrazione Regionale è garantito dal

“favoriscono”• I cittadini, singoli o associati, hanno piena autonomia purché:

– operino all’interno dell’ordinamento legislativo – perseguano obiettivi di interesse generale:

• non significa necessariamente che l’iniziativa intrapresa si debba

preoccupare di politiche distributive e ridistributive, perché:

– il compito regolativo e di controllo resta alle istituzioni pubbliche, per l’uguaglianza dell’accesso ai servizi e dell’universalità dei diritti

– non si costituisce un ente pubblico attraverso cui la P.A. esplichi l’attività amministrativa (deve comunque essere istituito o riconosciuto per legge, art. 4 della L. 70/1975)

– localizzino l’ambito d’intervento

11

Sostenibilità economico-finanziaria

• Modello di rapporto con i benefattori:– capitale iniziale per la costituzione del fondo

vincolato ad uno scopo – donazioni– fund raising– meccanismi di accantonamento/accumulo

permanenti (cfr. Fondimpresa)

115

116

Allegato 4

ANALISI DEGLI SCENARI

OBIETTIVO DELLO STUDIO DI FATTIBILITÀ

Produrre un piano operativo per la nascita di una Fondazione regionale dedicata a sostenere investimenti in capitale umano nei servizi di istruzione e formazione professionale

VINCOLI CHE DISCENDONO DALL’OBIETTIVO

1. Carattere regionale della Fondazione

2. Principi e finalità del sistema di istruzione e formazione

3. Caratteristiche del sistema dote

4. Declinazione del principio di sussidiarietà

ANALISI DEI VINCOLI

117

2

VINCOLO 1: Carattere regionale della Fondazione

È da definire regionale perché?

� insiste sul territorio regionale

� sostiene l’Amministrazione regionale

� adotta il sistema regionale di istruzione-formazione

� fondata da soggetti privati operanti sul territorio regionale

� fondata dall’Amministrazione regionale

� fondata dall’Amministrazione Regionale con soggetti privati

� elargisce risorse a cittadini residenti e/o domiciliati nel territorio regionale

1

3

VINCOLO 2: Principi e finalità del sistema di istruz ione e formazione

� La Fondazione è finalizzata al sostenimento del sistema regionale di erogazione dei servizi di istruzione e formazione composto della rete di operatori, soggetti pubblici e privati, denominati “ISTITUZIONI FORMATIVE” (come definiti all’Art. 24 della L.R. 19/2007) CHE EROGANO SERVIZI DI INTERESSE GENERALE?

� La Fondazione sostiene anche altri operatori non propriamente istituzioni formative che perseguono interessi particolari e specifici?

� Come perseguire l’obiettivo di sostenere lo sviluppo del capitale umano senza qualificarsi come operatore/erogatore?

� Come può sostenere la domanda di formazione e non l’offerta di formazione che discende dal principio della quota capitaria (come definiti all’Art. 28 della L.R. 19/2007)?

2

118

4

La dote è una quota capitaria, a disposizione della persona, vincolata alla sua condizione di destinatario

La persona sceglie liberamente, entro i vincoli posti dalla tipologia di dote, come e dove investirla (tipo di percorso e tipo di operatore)

SISTEMA DELL’OFFERTA

EDUCATIVA-ISTRUZIONE-FORMAZONE

REGIONE LOMBARDIA

LA DOTE NEL SISTEMA EDUCATIVO

DI ISTRUZIONE E

FORMAZIONE PROFESSIONALE

DELLA REGIONE LOMBARDIA

Il sistema dell’offerta educativa è differenziato in base alla tipologia dell’operatore e alla natura dell’offerta (percorsi e indirizzi professionali)

---------Operatori trasferiti

---------Operatori privati non accreditati

---------Operatori privati accreditati

---------Operatori pubblici non accreditati

---------Operatori pubblici accreditati

UniversitàFormazioneIstruzione

L’operatore può programmare la sua offerta di servizi (educativi-istruzione-formazione) sulla base di indagini sui fabbisogni formativi e sulla base della domanda dei soggetti

L’orientamento per il PIP può essere compreso nella Dote e/o erogato dall’operatore

La persona ha diritto alla dote in quanto cittadino residente e/o domiciliato in Lombardia e possiede i requisiti per la tipologia/target di dote

N.B. L’assegnazione/selezione è fatta su richiesta, secondo target ma non secondo merito, perchél’Amministrazione ha come finalità le pari opportunità di accesso per tutti

Regime: CONCESSIONE AMMINISTRATIVA

VINCOLO 3: Caratteristiche del sistema dote 3

5

La dote è una quota capitaria, a disposizione della persona, vincolata alla sua condizione di destinatario

La persona sceglie liberamente, entro i vincoli posti dalla tipologia/target di dote, come e dove investirla (tipo di percorso e tipo operatore)

SISTEMA DELL’OFFERTA

EDUCATIVA-ISTRUZIONE-FORMAZONE

REGIONE LOMBARDIA

LA DOTE PUÒ ESSERE EROGATA

DALLA FONDAZIONE?

QUALI CRITERI/VINCOLI PERCHÉ

SIA SISTEMA DOTE

E NON “BORSA DI STUDIO”?

Il sistema dell’offerta educativa è differenziato in base alla tipologia dell’operatore e alla natura dell’offerta (percorsi e indirizzi professionali)

---------Operatori trasferiti

---------Operatori privati non accreditati

---------Operatori privati accreditati

---------Operatori pubblici non accreditati

---------Operatori pubblici accreditati

UniversitàFormazioneIstruzione

L’operatore può programmare la sua offerta di servizi (educativi-istruzione-formazione) sulla base di indagini sui fabbisogni formativi e sulla base della domanda dei soggetti

Come gestire l’orientamento e il PIP?

La persona ha diritto alla dote in quanto cittadino residente e/o domiciliato in Lombardia e possieda i requisiti per la tipologia/target di dote

N.B. L’assegnazione/selezione è fatta sulla base di quale criterio?

Target SI – Merito FORSE?

Regime: ELARGIZIONE PRIVATA O CONCESSIONE AMMINISTRATIVA?

3

119

6

BENEFATTORIStakeholder

3

FONDAZIONE REGIONE

MAGGIORI

RISORSE

SISTEMA DOTE

Aumento

valore quota capitaria

Incremento

N. doti per soggetti privi

Integrazione

N. doti per obiettivi specifici

programmazione

FONDAZIONE

EROGAZIONE

DIRETTA

DOTE

Integrazione

N. doti per obiettivi specifici

programmazione

Incremento

N. doti per soggetti privi

proposte di indirizzo

BENEFATTORIStakeholder

ELARGIZIONE INDIRETTA

ELARGIZIONE DIRETTA

7

Analisi dei fabbisogni formativi del territorio

Pubblicazione del bando dote

NODI CRITICI

Come amministrare la Dote?

Bando pubblico o coaptazione?

MODELLO DI EROGAZIONE

DIRETTA DELLA DOTE

DA PARTE DELLA FONDAZIONE

�Come si comporta con la selezione del destinatari?

�Come si qualificano gli operatori?

�A chi è elargito il denaro?

�Come si elargisce il denaro?

�Quali controlli sul buon uso del beneficio?

�Come monitorare gli effetti per rendicontare ai benefattori/ Stakeholder?

3

Quantificazione del fabbisogno

Definizione del target

Mappatura dell’offerta

Monitoraggio

GO

VE

RN

AN

CE

GO

VE

RN

AN

CE

Rendicontazione sociale

CO

MIT

ATO

PR

OG

ET

TA

ZIO

NE

120

8

VINCOLO 4: Declinazione del principio di sussidiari età

Possibili declinazioni:

� Sussidiarità verticale e orizzontale

� Sussidiarietà perché soggetti privati perseguono interessi generali con fonti private

� Sussidiarietà perché soggetti privati perseguono interessi generali utilizzando fonti pubbliche

� Sussidarietà perché soggetti privati operano per/con soggetti pubblici e di conseguenza si perseguono interessi generali

� Sussidiarietà perché soggetti privati e pubblici gestiscono risorse economiche di fonte privata e pubblica per interessi generali

N.B. Quali criteri/vincoli garantiscono che l’inter esse è pubblico? Èsufficiente il principio della centralità della pers ona?

4

9

FONDAZIONE

Costituita da fondi privati

FONDAZIONE

Costituita da fondi privati e pubblici

STARTEGIA ORGANIZZAZIONE GOVERNANCE ELARGIZIONE VALUTAZIONE/RENDICONTAZIONEFUND RAISING

AMMINISTRAZIONE REGIONALE

AMMINISTRAZIONE REGIONALE

4

121

122

Allegato 5

IL PIANO DI FUND RAISING

123

Indice allegato 5 Premessa 125 Il funding privato in ambito educativo 125 Che cos’e’ il funding privato 126 Capitolo 1: Linee strategiche del piano di fund raising 128 Premessa 128 Piano operativo di intervento 128 1.2.1. Obiettivi strategici 129 1.2.2. Obiettivi operativi 129 1.3. Prime azioni da intraprendere 133 1.3.1.Fase di avviamento 133 1.3.2. Breve periodo 133 1.3.3. Medio periodo 134 1.3.4 Lungo periodo 134 1.4 Conclusioni 134 Capitolo 2 I soggetti target e le leve del funding 136 2.1. Le imprese e la corporate social responsability 136 2.1.1. Come si realizza la CSR: percorsi di CSR 138 2.1.2. L’attenzione dei consumatori 139 2.1.3. Le motivazioni principali delle imprese 139 2.1.4. La Corporate Social Responsability a sostegno dell’educazione, della formazione e di un miglioramento dell’occupazione, in un’ottica complessiva di sviluppo sostenibile

140

2.2. Le fondazioni di impresa e la filantropia 142 2.2.1 La situazione italiana 144 2.3. Le associazioni di categoria 145 2.4. Le fondazioni bancarie 145 2.4.1. La distribuzione territoriale del patrimonio 146 2.4.2. I settori d’intervento 146 2.4.3. Istruzione primaria e secondaria 148 2.4.4. Istruzione superiore 148 2.4.5. Istruzione professionale e degli adulti 148 2.4.6. Crescita e formazione giovanile 149

124

Capitolo 3 Modalità di partnership e strumenti del funding privato 151 3.1. Come si realizza la Corporate Social Responsability 151 3.2 Struttura dei fondi erogati alla Fondazione 151 3.2.1. Grants 152 3.2.2. Equity 152 3.2.3. Donazioni pianificate: Il testamento e La rendita vitalizia 152 3.2.4. Trust 153

125

Premessa

Con il presente documento si intende supportare la Fondazione per lo Sviluppo

del Capitale Umano nella definizione di una strategia di funding efficace, che permetta di attrarre risorse finalizzate a sostenere investimenti in capitale umano nei servizi di istruzione e formazione professionale.

Il funding privato in ambito educativo Lo sviluppo del capitale umano, attraverso l’istruzione e la formazione lungo

tutto l’arco della vita, costituisce un fattore fondamentale di sviluppo di un Paese. Il sistema della Dote ha fatto propri gli obiettivi prefìssati dalla strategia di Lisbona nella direzione di fare dell’Italia e, nello specifico, di Regione Lombardia, entro il 2010, la più competitiva economia basata sulla conoscenza, costruendo un sistema integrato che faciliti lo sviluppo di meccanismi di relazione, integrazione, partecipazione, attrazione di risorse economiche. Un sistema integrato che possa rispondere alla domanda di conoscenza da parte del mondo economico, implementando nuove competenze professionali; che possa migliorare la qualità dell’offerta formativa e consolidare il sistema educativo, raccordando la formazione superiore con percorsi tecnici e professionali; che possa favorire lo sviluppo occupazionale; che possa sostenere l’innovazione ed il trasferimento dei risultati della ricerca al sistema produttivo, attraverso l’integrazione con le strutture impegnate nella ricerca e nell’innovazione; che possa, infine, valorizzare tutte le potenzialità e le sinergie della rete, in una dimensione territoriale e di filiera settoriale. Un sistema integrato in cui sia costante l’assunzione, da parte di ciascun partner, di responsabilità (economiche, organizzative, formative, propositive).

Per essere realmente strumento di sviluppo del capitale umano, il sistema della Dote oggi si trova di fronte ad una grande sfida: quella della sostenibilità economico-finanziaria di lungo periodo, in una logica di integrazione delle risorse pubbliche e private.

126

Che cos’e’ il funding privato Il funding privato descrive la capacità di un’organizzazione di attrarre risorse

(di diversa tipologia) da mercati ed interlocutori privati, finalizzate alla realizzazione della propria mission. Il fondatore della disciplina del fund raising - Henry Rosso – definisce il fund raising come “La nobile arte di insegnare alle persone la gioia del donare”, andando ad evidenziare in questo modo un atteggiamento di fondo di un’organizzazione nei confronti della propria mappa relazionale interna ed esterna. In questa ottica il funding non ha a che fare unicamente con il chiedere soldi, ma con il generare rapporti duraturi, di fiducia, che predispongano al dono. Quindi il funding è un’azione che si esprime nei confronti di tutti, non solo verso chi presumiamo abbia del denaro da destinare a progetti di utilità sociale, ma verso i potenziali soggetti interessati e verso tutti con l’attenzione a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento di utilità sociale.

Nel tentativo di applicare la definizione originaria di fund raising alla realtà ed all’esperienza della nascente Fondazione, indichiamo con funding privato quell’attività relazionale che ha lo scopo di mettere in moto relazioni strategiche in grado di generare matrimoni di reciprocità e di interesse fra chi chiede risorse finalizzate al raggiungimento della propria mission e chi è potenzialmente disponibile a sostenerla, mosso da ragioni e motivazioni di varia natura.

1 - ….mettere in moto relazioni strategiche ... Non si tratta di un’attività meramente finanziaria. Occorre creare ambiti in cui

l’esperienza si trasmetta generando relazioni di fiducia che soddisfino l’interesse di tutte le parti coinvolte.

2 - ...finalizzate al raggiungimento della propria mission La mission è sempre al centro della relazione. La ragion d’essere per cui

nasciamo ed operiamo, ciò per cui ci muoviamo, il problema da risolvere, il bisogno da colmare. Il grado più alto di coinvolgimento di un interlocutore si raggiunge quando anche per lui la mission diventa una pre-occupazione, qualcosa per cui impegnarsi, qualcosa per cui vale la pena agire. Il punto d’arrivo dell’azione del funding è questo, non appena il finanziamento, la donazione.

3 - ... e chi è potenzialmente disponibile a sostenerla... Un’azione che mira ad attirare soggetti che abbiano la stessa preoccupazione

nostra è una azione più radicale della semplice richiesta di denaro e introduce meglio il concetto di sostenibilità. L’obiettivo della sostenibilità è il quadro entro cui innestare la funzione di funding.

Sostenibilità significa durabilità ed implica quindi alcune dimensioni gestionali come efficacia ed efficienza. Sostenibilità significa anche attivazione di tutte le risorse disponibili. Significa inoltre capacità di adeguarsi a scenari mutevoli.

Il funding privato, concludendo, non è solo e semplicemente una strategia, né

un’insieme di tecniche da attuare; l’efficacia è strettamente collegata alla sua capacità di essere uno strumento relazionale, in grado cioè di costruire relazioni

127

significative e durature nel tempo. Da questo punto di vista, l’interlocutore del funding – il potenziale donatore / finanziatore3 / partner – non è semplicemente colui in grado di fornire all’organizzazione risorse di diversa tipologia, ma è colui con il quale si instaura un dialogo, si condividono mission ed obiettivi, si costruisce un rapporto di reciprocità.

Dal punto di vista più strettamente collegato all’esperienza della nascente Fondazione, se l’obiettivo del funding non è solo di natura quantitativa ma relazionale, sarà necessario valorizzare ed ottimizzare una serie di fattori interni, quali:

la chiarezza della mission - la concretezza dell’intervento - l’eccellenza dell’intervento - adeguata risposta alla domanda in termini qualitativi e quantitativi - la comunicazione dei risultati - replicabilità dell’esperienza - fruibilità ad ampio raggio (non solo per i destinatari diretti) - la trasparenza nella rendicontazione - la fidelizzazione della mappa relazionale

3 Per potenziale donatore si intendono le persone fisiche e tutti gli interlocutori del mondo economico (imprese, fondazioni d’impresa, fondazioni bancarie, associazioni di categoria, studi professionali, ecc.)

128

Capitolo 1:

Linee strategiche del piano di fund raising

1.1 Premessa

In questa sezione saranno delineate le linee strategiche essenziali, necessarie

all’implementazione del piano di funding per la Fondazione per lo Sviluppo del Capitale Umano. In particolare, la strategia di funding a cui il piano fa riferimento si basa sulla piena integrazione – in termini di vision e mission - tra beneficiari, erogatori di servizi e finanziatori, i quali fanno parte di uno stesso sistema di partnership. Questo significa che nel processo di funding il punto focale è nella condivisione di un progetto generale e comune che possa creare beneficio per l’intera collettività.

Nel dettaglio, l’elaborazione di una strategia di funding richiede necessariamente la realizzazione di un percorso che, partendo dall’individuazione di uno o più obiettivi strategici conduca alla definizione di precisi obiettivi operativi, fino ad arrivare alla determinazione di veri e propri piani di azione, con previsione di interlocutori da raggiungere, centri di responsabilità e tempistica.

1.2. Piano operativo di intervento L’attuazione di un piano di intervento per il funding per la Fondazione per lo

Sviluppo del Capitale Umano dovrà seguire gli obiettivi strategici individuati dalla Fondazione medesima. Successivamente sarà necessario supportare il raggiungimento di tali obiettivi con risorse strumentali, professionali, economiche ed organizzative adeguate.

129

1.2.1. Obiettivi strategici Gli obiettivi strategici della Fondazione non dovranno rappresentare solo una

dichiarazione di intenti, ma l’ambito di azione entro cui essa si dovrà muovere nel lungo periodo.

Sulla base delle analisi svolte, gli obiettivi possono essere così individuati: assumere e rafforzare la posizione nazionale di prima realtà di questa tipologia. essere in grado di dialogare con molteplici target – imprese, fondazioni grant

making, istituzioni, famiglie e privati, attori del settore educativo-formativo – con un’immagine forte, credibile, consolidata e condivisa.

strutturare un sistema di funding pubblico-privato in una visione di lungo periodo e multi sources.

costituire un endowment fund territoriale che metta in atto una reale responsabilità sociale del territorio.

essere in grado di mettere in atto una vera trasparenza comunicativa. 1.2.2. Obiettivi operativi individuazione ed analisi dei bisogni e definizione degli obiettivi Per analisi dei bisogni si intende l’individuazione delle principali esigenze su

cui la Fondazione vuole intervenire con conseguente definizione degli obiettivi anche economici, su un asse temporale di almeno 3-5 anni.

individuazione dei target/interlocutori del funding Come già sottolineato, una importante potenzialità prospettica della

Fondazione per lo Sviluppo del Capitale Umano è il suo utilizzo per incrementare e potenziare le opportunità di attivazione e integrazione di differenti fonti di funding a sostegno del sistema Dote. La Fondazione può essere cioè intesa come uno strumento funzionale a coinvolgere in maniera coerente le risorse disponibili a supporto del sistema Dote, rafforzando lo sviluppo di strumenti per l’ottimizzazione del processo di funding basati sul raccordo, la razionalizzazione e l’integrazione delle risorse pubbliche e sull’impulso al coinvolgimento di investimenti privati. In particolare, in una logica di lungo periodo, sarà di estrema importanza la capacità di creare una struttura di funding mix, vale a dire il coinvolgimento di tutte le tipologie di partner pubblico-privati – istituzioni, fondazioni grant making, imprese, privati e famiglie. In una logica di lungo periodo e di funding mix, la Fondazione potrà definire modalità di partnership congiunte sulla base di obiettivi condivisi, sviluppando quindi un raccordo programmatico ex ante.

Questa fase richiederà lo sviluppo e l’analisi della mappa delle relazioni. La mappa relazionale o network è l’insieme dei soggetti che per legami di tipo territoriale, culturale e sociale sono o possono essere in relazione diretta con la nascente Fondazione o con chi la promuove e la rappresenta. La mappa è frutto quindi di un lavoro di analisi e ricerca che porta ad individuare i potenziali

130

finanziatori/sostenitori. Occorre cioè una presa di coscienza strutturata dei soggetti che gravitano o graviteranno potenzialmente intorno alla Fondazione. Nello specifico, essendo la Fondazione un soggetto neo costituito, la rete delle conoscenze personali di ciascun fondatore o membro del board è il primo e più importante punto di riferimento per la definizione del mondo delle relazioni, funzionali alla realizzazione di partnership efficaci.

L’individuazione dei target e degli interlocutori partirà quindi dall’analisi delle

relazioni esistenti e delle potenzialità del board, per poi pianificare anche target “freddi” ritenuti strategici in una logica multi sources:

soggetti grant making – fondazioni bancarie; fondazioni comunitarie; fondazioni di impresa;

imprese del territorio lombardo associazioni di categoria Il metodo che normalmente viene utilizzato per individuare i potenziali

interlocutori di una strategia di funding è il metodo CAI – Collegamenti; Abilità; Interesse – quindi l’analisi dei soggetti che hanno un legame con la Fondazione o con i soggetti che vi operano; dei soggetti che hanno la capacità economica adeguata; i soggetti che hanno un interesse specifico per la causa.

Solo relativamente all’ambito delle Fondazioni di impresa, non esistendo oggi

in Italia un osservatorio specifico, è riportata di seguito una tabella che indica le Fondazioni grant making emerse a seguito di una ricerca interna svolta attraverso i mezzi di informazione esistenti. In particolare, sono state selezionate le Fondazioni che, indipendentemente dalla loro territorialità – che quindi risulta essere anche non lombarda – dichiarano nel proprio statuto di erogare risorse a settori affini all’ambito della nascente Fondazione.

131

Tabella n. 1: Fondazioni di impresa che investono nel settore educazione-

formazione

FONDAZIONI D'IMPRESA

IMPRESA SEDE AMBITO D'INTERVENTO

Fondazione Accenture

Accenture Milano innovazione scientifica, tecnologica e

manageriale: educazione dei giovani

Fondazione Adecco

Adecco Milano inserimento lavorativo soggetti

svantaggiati Fondazione

AEM AEM spa Milano innovazione tecnologica

Fondazione Arvedi Buschini

Arvedi Cremona sviluppo e sostegno per la territorialità

Fondazione De Agostini

De Agostini Milano ricerca scientifica e formazione

Fondazione Edison

Gruppo Montedison

Milano cultura e ricerca scientifica

Fondazione Enrico Mattei

ENI Milano ricerca

Fondazione Feo Fivol

Feo e Fivol Roma impresa sociale, volontariato,

solidarietà e utilità sociale Fondazione

Italcementi Italcementi Bergamo sanità/bambini/mente/innovazione

Fondazione Italo Gnutti Onlus

Imprenditore Emilio Gnutti in memoria di suo padre

Brescia formazione scientifica dei giovani

laureati

Fondazione Lonati

Lonati Brescia incrementare l'istruzione

Fondazione Lucchini

Lucchini Brescia Formazione civica, culturale e

professionale dei giovani: diffusione della cultura industriale

Fondazione Oltre

Oltre venture

Milano microcredito, housing sociale,

opportunità lavorative per fasce deboli

Fondazione Peppino Vismara

/ Milano

formazione giovanile e assistenza alle categorie svantaggiate, oratori, scuole catechistiche, seminari, centri culturali, sportivi, ecc.

Fondazione Tronchetti Provera

Bicocca, Politecnico e Bocconi

Milano ricerca

Fondazione Vodafone

Vodafone Rozzano

Milano Assistenza malato, formazione, ricerca

scientifica

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individuazione delle modalità di partnership e degli strumenti specifici Esiste una tendenza di massima da parte dei soggetti del settore educativo-

formativo di cercare risorse da interlocutori privati (imprese e fondazioni), o in generale di stringere partnership e collaborazioni. Tuttavia spesso si tratta di un dialogo casuale od occasionale, tipica delle organizzazioni che hanno necessità di risorse aggiuntive da integrare con i fondi pubblici. Attraverso lo strumento della Fondazione tale tendenza dovrà gradualmente essere abbandonata per trasformarsi in una visione strategica, metodologica, continuativa che porti a stringere relazioni di lungo periodo, finalizzate alla realizzazione di un bene comune per la collettività, a partire da un sostegno concreto al Sistema Dote. In termini di funding privato per la Fondazione, si potranno prevedere:

forme di partnership istituzionali che vadano ad alimentare l’endowment, vale

a dire una dotazione patrimoniale, una sorta di fondo istituzionale non spendibile, che investito possa permettere un utilizzo delle rendite per le priorità gestionali;

forme di partnership occasionali, vincolate o non vincolate ad uno scopo preciso. La Fondazione, in una logica di trasparenza e fidelizzazione dei partner, potrebbe creare dei “fondi” virtuali dedicati a progetti e/o doti specifiche.

In particolare, il modello della Fondazione di partecipazione appare adeguato a

questa impostazione, in quanto può considerarsi come un patrimonio a struttura aperta, a formazione progressiva destinato ad uno scopo su cui si innesta l’adesione di altri soggetti, in una logica multi sources. Nello specifico, l’assetto patrimoniale della Fondazione è costituito da un fondo patrimoniale e da un fondo di gestione utilizzabile per l’attività corrente e la gestione della Fondazione. Questo patrimonio di destinazione è a struttura aperta; possono cioè continuamente aderire (secondo regole e modalità stabilite dallo statuto) soggetti pubblici e privati apportando beni mobili, immobili, contributi in lavoro, servizi e lavoro. L’assetto patrimoniale della Fondazione si compone quindi di:

un fondo di dotazione (patrimonio non spendibile) un patrimonio a rendita (endowment fund) un fondo di gestione (spendibile) Le categorie di soggetti presenti in Fondazione potranno essee: i fondatori: enti pubblici e soggetti privati che partecipano alla costituzione

della Fondazione e che quindi contribuiscono al fondo di dotazione iniziale e al fondo di gestione mediante contributi in denaro, in attività o in beni materiali o immateriali;

i partecipanti istituzionali; i soggetti pubblici e privati che, condividendo le finalità della Fondazione, contribuiscono alla realizzazione dei suoi scopi mediante grants continuativi - annuali o pluriennali;

i partecipanti: soggetti pubblici e privati che contribuiscono in maniera occasionale, non continuativa agli scopi della Fondazione.

133

Relativamente alle modalità di erogazione di contributi, le principali saranno costituite da:

- grants - investimenti in equità - donazioni pianificate - conferimenti in trust

1.3. Prime azioni da intraprendere 1.3.1.Fase di avviamento La fase di avviamento costituisce il “punto zero” del piano di funding. Non è

possibile per nessuna organizzazione, pur in presenza di un’esigenza forte e condivisa, partire dalla ricerca di risorse con la certezza di reperirle. Non è sufficiente esistere, né tantomeno proporre progetti interessanti per generare un’attrattiva nei confronti del mondo economico, tale per cui quest’ultimo decida di finanziare l’organizzazione. Occorre creare un reale valore aggiunto per il territorio e per la collettività in termini di beneficio sociale, di occupazione, di sviluppo del capitale umano, di educazione delle giovani generazioni, ecc. Occorre perseguire un vantaggio competitivo: cosa rende unica la Fondazione, quali elementi di distintività la contraddistinguono, tali per cui essa riesca ad attrarre risorse? Occorre tendere all’eccellenza dell’intervento. Occorre comunicare, investire sul posizionamento del brand, sull’immagine, sulla comunicazione della mission, sul coinvolgimento della propria mappa relazionale e dei propri stakeholders.

Fatte queste considerazioni di massima, nella fase di avviamento saranno strategiche le seguenti attività:

1.3.2. Breve periodo -condivisione della vision, mission e degli obiettivi con i fondatori ed i

principali stakeholders -pianificazione di una strategia di comunicazione per avviare il posizionamento

comunicativo della Fondazione nei confronti dei principali stakeholders – istituzioni; soggetti economici; famiglie; erogatori dei servizi di educazione e formazione

-individuazione evento/i di lancio della Fondazione

134

1.3.3. Medio periodo relativamente al mondo economico: strutturazione di proposte partnership

differenziate per dimensione economica, visibilità e benefit, grado di partecipazione alla Fondazione

relativamente alle famiglie ed al settore dell’offerta : pianificazione di una strategia di comunicazione che permetta di posizionare la neo Fondazione come soggetto funzionale al miglioramento del sistema complessivo di istruzione-formazione-lavoro e, nello specifico al supporto del modello Dote.

1.3.4. Lungo periodo consolidamento delle risorse erogabili consolidamento ed ampliamento delle partnership consolidamento ed ampliamento degli interventi.

1.4 Conclusioni In questo primo capitolo sono stati definiti gli elementi principali di un

approccio strategico al funding da parte della Fondazione per lo Sviluppo del Capitale Umano. Ciascuna indicazione – interlocutori da coinvolgere, leve di coinvolgimento, modalità di partnership, strumenti specifici - sarà approfondita nel corso dei capitoli successivi. In ogni caso, il primo elemento che emerge è la necessità di inquadrare la strategia di funding all’interno di una più ampia strategia di comunicazione che permetta di posizionare esattamente la mission della Fondazione presso i vari stakeholders e presso la collettività. Occorre infatti sviluppare una concreta ed incisiva identità comunicativa sulla quale “appoggiare” le iniziative di funding specifiche. Un secondo importante aspetto è l’attenzione alla trasparenza e alla tracciabilità dei contributi derivanti da funding privato. In effetti, la decisione di intraprendere un’attività sistematica di reperimento di risorse e di coinvolgimento di soggetti privati, comporta un impegno di trasparenza particolarmente pronunciato. Il carattere pioneristico della Fondazione nel contesto italiano richiede inoltre elevate condizioni di efficienza, in quanto il problema essenziale da affrontare nella prima fase di avviamento sarà quello della legittimazione e della credibilità, tanto più difficile tanto meno abituato il “donatore” italiano a prendere in considerazione “buone cause” che esulino dai tradizionali settori del sociale. In conclusione, per quanto complesso possa essere in questa dimensione sperimentare il lancio della Fondazione, occorre che ciò venga fatto nella consapevolezza che si tratta di una iniziativa di

135

grande impatto potenziale sull’intero settore dell’istruzione, della formazione e del lavoro oltre che sul sistema della Dote.

136

Capitolo 2

I soggetti target e le leve del funding

2.1. Le imprese e la corporate social responsability L’idea della responsabilità sociale delle imprese (RSI o, secondo l’acronimo

anglosassone, CSR, Corporate Social Responsability) ha cominciato a diffondersi in Europa negli anni ’80, ma solo di recente essa è stata recepita nell’ambito delle normative europee. In effetti, la CSR è entrata formalmente nell’agenda della UE a partire dal Consiglio Europeo di Lisbona del marzo 2000, dove è stata considerata come uno degli strumenti strategici per realizzare in Europa una società più competitiva e socialmente coesa. Il Libro verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese” (redatto dalla Commissione europea nel luglio 2001) definisce la responsabilità sociale come "l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate".

A livello nazionale, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali si è fatto promotore di seguire l’impulso dato dalla Commissione organizzando, nel novembre 2003 a Venezia, la terza Conferenza Europea sulla CSR.

L’attenzione delle imprese nei confronti della responsabilità sociale pur essendo ormai un fenomeno da tutti riconosciuto ed in grandissima evoluzione, non trova una definizione univoca in letteratura. Tuttavia, la maggior parte delle definizioni esistenti sembrano ruotare attorno al concetto di "triple-bottom-line", uno schema ambizioso per misurare e registrare le prestazioni aziendali sotto il profilo economico, sociale e ambientale. L'approccio "triple-bottom-line" significa che le imprese dovrebbero sviluppare investimenti sostenibili e decisioni societarie partendo dalla base (bottom), perseguendo simultaneamente tre obiettivi (triple-line)4:

inclusione sociale performance ambientale

4 Roberto Ravaglia Coordinatore Comparto "Gestione aziendale" dell'UNI-Ente Nazionale Italiano di Unificazione

137

sviluppo economico Figura 2.1 - L’approccio Triple bottom line

L’approccio alla CSR concorda con il messaggio fondamentale della strategia

sostenibile adottata dal Consiglio Europeo di Goteborg nel giugno 2001 secondo la quale nel lungo termine la crescita economica, la coesione sociale e la tutela ambientale vanno di pari passo verso quello che viene identificato come sviluppo sostenibile.

Seguendo questo approccio la CSR si configura come una strategia stakeholder value (l’obiettivo dell’impresa è di generare valore per tutti i propri stakeholder), contrapposto all’approccio ben più limitato del shareholder value (l’obiettivo dell’impresa è di generare profitto, ovvero valore per i propri azionisti).

Si parla quindi di impresa socialmente responsabile in presenza di una realtà aziendale tesa a soddisfare in misura sempre crescente, andando al di là degli obblighi giuridici, le attese sociali ed ambientali dei propri stakeholder interni ed esterni, mediante il normale svolgimento delle attività aziendali. In sintesi, si tratta di tutte quelle pratiche aziendali che tengono conto degli aspetti di carattere sociale ed ambientale nelle operazioni commerciali e che rappresentano un fattore di competitività traducendosi in un accrescimento della qualità, della trasparenza e della correttezza delle imprese.

Oltre alle multinazionali, che per prime in maniera più evidente hanno affrontato queste tematiche, anche altre imprese oggi stanno sviluppando approcci e strumenti per la gestione degli aspetti sociali nell’ambito delle proprie attività strategiche e competitive. E’ infatti noto nella pratica manageriale che la performance di un’impresa dipende da diversi elementi di tipo intangibile (intangible asset) quali il valore della conoscenza e la capacità di innovare, il consenso e la fiducia delle diverse categorie di stakeholder, la reputazione e, in ultima analisi, la disponibilità a contribuire al benessere della comunità. Per quanto ad oggi numerose ricerche stiano ancora approfondendo l’analisi delle possibili correlazioni tra operazioni di responsabilità sociale e prestazioni

PERFORMANCE

AMBIENTALE

SVILUPPO

ECONOMICO INCLUSIONE

SOCIALE

SVILUPPO

SOSTENIBILE

138

economico-finanziarie, un numero sempre crescente di aziende sta adottando comportamenti socialmente responsabili. Da questo punto di vista, la responsabilità sociale (e le azioni che ne conseguono) non è più considerata come un costo, ma come un elemento che, se integrato nella governance aziendale, condiziona positivamente la performance dell’impresa e la sua competitività, migliorandone le prospettive di sviluppo. Una gestione accorta del proprio comportamento responsabile risulta fondamentale per l’impresa che voglia creare un valore sostenibile nel tempo.

Le politiche di CSR quindi non si esauriscono in mere opere di filantropia aziendale, che hanno effetti nel breve periodo, ma devono essere integrate nelle strategie aziendali di ampio raggio, sviluppate in un’ottica di lungo periodo, perché solo in questo spettro di tempo tali politiche possono produrre i loro effetti positivi, quali il miglioramento del brand, la fidelizzazione del cliente, il miglioramento del clima aziendale, l’implementazione degli asset intangibili, ecc.

2.1.1. Come si realizza la CSR: percorsi di CSR Data la complessità del tema in discussione e la grande diversità di approcci,

fino ad oggi non è stato possibile definire uno standard internazionale di CSR, come invece è accaduto con la gestione della qualità (con ISO 9000) e con la gestione ambientale (con ISO 14000 ed EMAS). Anzi, proprio il gran numero di approcci e modelli differenti che sono stati proposti nell’ultimo decennio rappresenta il principale punto di debolezza del movimento mondiale di CSR.

Nel tentativo di semplificare lo scenario, potremmo suddividere le imprese sulla base delle strategie di CSR attuate. In particolare, da una recente ricerca realizzata da Unioncamere, emergono due profili aziendali:

quello delle imprese impegnate nella dimensione interna della CSR, composto dalle aziende che intervengono in forma congiunta nella gestione delle risorse umane, nella salute e sicurezza del lavoro, nell’informazione e coinvolgimento degli azionisti;

quello delle imprese impegnate nella dimensione esterna della CSR che sviluppano interventi mirati al coinvolgimento ed alla soddisfazione degli stakeholder a monte (fornitori) e a valle (clienti) dell’intera filiera produzione - consumo, al rafforzamento della propria reputazione nella comunità di appartenenza e, non da ultimo, alla tutela del patrimonio ambientale.

Sodalitas, arrivato alla settima edizione del Sodalitas Social Award, il premio per le aziende responsabili (candidate aziende italiane che hanno intrapreso percorsi di CSR), ha suddiviso le strategie di CSR delle aziende in sette categorie premiabili:

• Premio per il miglior programma di responsabilità sociale rivolto alla valorizzazione del capitale umano

• Premio per la migliore iniziativa di sostenibilità • Premio per la realizzazione del miglior programma di partnership nella

comunità • Premio per la migliore campagna di marketing sociale

139

• Premio per la migliore iniziativa di responsabilità sociale realizzata da PMI • Premio per l’innovazione di prodotto o servizio socialmente, ambientalmente

e finanziariamente responsabile • Premio per la migliore iniziativa di responsabilità sociale realizzata da ente

locale, istituzione pubblica o scolastica 2.1.2. L’attenzione dei consumatori Uno dei fattori decisivi del cambiamento delle imprese è senza dubbio

l’attenzione degli operatori, dell’opinione pubblica e di tutti i portatori di interesse che si è ormai concentrata sull’integrità delle imprese e sugli atteggiamenti da queste assunti, non solo nei confronti degli azionisti ma anche della società nel suo complesso. Ed è in particolare l’atteggiamento dei consumatori l’elemento determinante nelle decisioni strategiche aziendali. In effetti, si sta diffondendo sempre più la figura del consumatore responsabile, in cui cioè l’attenzione all’impegno sociale ed ambientale delle imprese interviene ad orientare i processi di acquisto, fino a modificare la preferenza accordata ad una marca piuttosto che ad un’altra. Per cogliere appieno questa sfida diventa necessario per l’impresa investire di più nel capitale umano, nell’ambiente e nel rapporto con la società.

Unioncamere evidenzia un atteggiamento di disistima degli italiani nei confronti delle principali istituzioni economiche. La mancanza di fiducia più acuta la si osserva presso banche e multinazionali. Al contrario, una maggior credibilità è riconosciuta alle piccole e medie imprese, ai centri commerciali ed ai negozi al dettaglio. Sempre Unioncamere mostra ad esempio che il 63,8% dei consumatori (poco meno di due italiani su tre) ha fiducia nelle imprese che investono nel sociale, ritenendo che il compito dell’impresa non sia limitato alla sola efficienza economica, ma che debba contemplare anche l’obbligo di contribuire alla soluzione dei principali problemi della società. Di fronte a questo mutato atteggiamento dei consumatori, le imprese cercano sempre più di fornire prodotti e servizi non solamente di elevata qualità, ma adeguati alle nuove esigenze del cliente. L’attenzione dei consumatori alle tematiche ed alle esigenze sociali e la loro propensione ad un “consumo etico” influiscono direttamente sulla scelta finale di acquisto, privilegiando le aziende che dimostrano un maggiore impegno sociale.

2.1.3. Le motivazioni principali delle imprese In un quadro competitivo internazionale sempre più complesso e dinamico, la

responsabilità sociale può rappresentare un qualificante elemento di differenziazione. Le imprese che adottano strategie di CSR ne ottengono diversi vantaggi. Di seguito sono elencati i principali benefici di un comportamento socialmente responsabile:

• con riferimento alle risorse umane e al clima aziendale, le pratiche di responsabilità sociale contribuiscono a creare un ambiente di lavoro migliore, più sicuro e motivante, in linea con gli obiettivi aziendali dell’efficacia e

140

dell’efficienza. Di conseguenza, aumentano la capacità dell’impresa di attrarre e mantenere personale qualificato e motivato.

• nei confronti del mercato finale, l’impegno in ambito sociale contribuisce a rafforzare il brand value, attraverso lo sviluppo di un rapporto stabile e duraturo con i consumatori/clienti, basato sulla fiducia e la fedeltà alla marca.

• l’attenzione a principi di responsabilità sociale e ambientale, rafforzando la reputazione dell’impresa, riduce i rischi di iniziative di boicottaggio da parte di organizzazioni terze.

- genera una forte coesione con gli stakeholder, e contribuisce a migliorare le relazioni con gli enti pubblici e la comunità locale.

- genera una crescita degli investimenti poiché le istituzioni finanziarie fanno sempre più spesso ricorso a criteri sociali ed ecologici per valutare il rischio di prestito e/o di investimento.

- favorisce una differenziazione con il mercato ed un vantaggio competitivo di lungo periodo.

- migliora la gestione delle risorse naturali: comportamenti responsabili verso l’ambiente, quali l’adozione di sistemi di gestione, portano ad una riduzione dei costi legati alla gestione degli impatti ambientali.

Da una recente ricerca di Unioncamere risulta che l’impegno nella CSR vede prevalere in misura netta le “motivazioni ideali” ed economiche rispetto a quelle di natura meramente utilitaristica (riconducibili alla volontà di ottenere un feed back positivo e immediato dal mercato). La volontà di rafforzare l’immagine aziendale e la reputazione rappresenta la spinta motivazionale principale all’adozione di comportamenti socialmente responsabili, superando la motivazione etica dell’imprenditore oltre che la volontà di contribuire positivamente alla soluzione di problemi in campo socio - ambientale.

2.1.4. La Corporate Social Responsability a sostegno dell’educazione, della

formazione e di un miglioramento dell’occupazione, in un’ottica complessiva di sviluppo sostenibile

In occasione del Consiglio Europeo di Lisbona nel 20005, le imprese europee

sono state invitate a dimostrare pubblicamente il loro impegno a favore dello sviluppo sostenibile, della crescita economica e di un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione, nonché ad impegnarsi maggiormente nella CSR, in particolare con le parti interessate al fine di promuovere la competitività dell’economia europea. La crescita sostenibile ed una maggiore e migliore occupazione sono due sfide che l’UE da sempre affronta, in una situazione di concorrenza mondiale, per salvaguardare il modello europeo di società, basato sulla parità delle opportunità, su un’alta qualità della vita, sull’inclusione sociale e su un ambiente sano. Per questo motivo l’UE di recente ha voluto dare un nuovo impulso alla strategia di Lisbona lanciando nel febbraio 2005 un partenariato per

5 “Il partenariato per la crescita e l’occupazione: fare dell’Europa un polo d’eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese” - Commissione delle Comunità Europee – Bruxelles, marzo 2006

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la crescita e l’occupazione e rinnovando nel dicembre 2005 la sua strategia per lo sviluppo sostenibile. Le imprese, motore della crescita economica, della creazione di occupazione e dell’innovazione, sono elementi chiave per realizzare gli obiettivi di Lisbona e di sviluppo sostenibile. La Commissione delle Comunità Europee riconosce che la CSR può “fornire un contributo essenziale allo sviluppo sostenibile rafforzando al tempo stesso il potenziale innovativo e la competitività dell’Europa”.

Naturalmente le pratiche che si ispirano alla CSR non sono sufficienti, da sole, ad ottenere i risultati di sviluppo sostenibile, innovazione e crescita. Non si sostituiscono all’azione delle Istituzioni Pubbliche, ma possono contribuire a realizzare una serie di obiettivi che esse perseguono, quali:

Mercati del lavoro più integrati e livelli più elevati di inclusione sociale, quando la politica delle assunzioni delle imprese tende a favorire l’occupazione di persone appartenenti a categorie sociali svantaggiate

Investimenti destinati a favorire lo sviluppo delle competenze, l’apprendimento permanente e l’occupabilità, necessari per rimanere competitivi nell’economia globale della conoscenza e per far fronte all’invecchiamento della popolazione lavorativa in Europa

Migliori prestazioni in fatto di innovazione, in particolare per quanto riguarda le innovazioni nel modo di affrontare i problemi della società, grazie ad un’interazione più intensa con gli operatori esterni ed alla creazione di ambienti di lavoro più atti a stimolare l’innovazione

Uno sfruttamento più razionale delle risorse naturali ed una diminuzione dei livelli di inquinamento

Un maggior rispetto dei diritti umani, della tutela dell’ambiente e delle norme fondamentali del lavoro, in particolare nei paesi in via di sviluppo

Con particolare riferimento ai settori dell’educazione e della formazione, secondo il rapporto OCSE “Education at a Glance 2008” le fonti di finanziamento private dell’istruzione assumono un ruolo sempre più importante. Nei Paesi OCSE i finanziamenti privati alle istituzioni scolastiche rappresentano in media il 14% dell’ammontare complessivo, con percentuali che vanno dal 10% o meno nella Repubblica Ceca, in Germania, Grecia, Italia e Giappone, a più del 20% in Messico e Nuova Zelanda. Nel 2007, circa l’86% della spesa complessiva per l’istruzione proveniva da fonti pubbliche. In tutti i Paesi per i quali sono disponibili dati comparabili, si è registrato un incremento dei finanziamenti pubblici. Tuttavia, in circa i tre quarti di questi Paesi la spesa privata è aumentata in misura anche maggiore. Circa il 24% della spesa per l’istruzione terziaria e il 20% della spesa per la scuola pre - primaria provengono da fonti private. Ancora, in base ad una ricerca effettuata dall’Istituto Italiano della Donazione6 tra i settori finanziati dalle imprese rientra la ricerca e gli studi superiori che catturano l’8,5% dell’ammontare complessivo delle risorse erogate dalle imprese attraverso strategie di CSR. Questo è un dato significativo che dice di una nuova tendenza che riguarda soprattutto le imprese.

6 Imprese e filantropia, 2007

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In questa logica, la Fondazione per lo Sviluppo del Capitale Umano sfiderà gli attori economici del territorio ad un passaggio decisivo: quello di passare dalla responsabilità sociale di impresa alla responsabilità sociale del territorio, in una prospettiva che da individuale diventi plurale o collettiva, in modo che l’azione dei singoli attori possa coordinarsi e intersecarsi.

In particolare, la RST – Responsabilità Sociale del Territorio, è definita come “una direzione di senso, fondata sulla riscoperta di valori condivisi che gli attori economici, sociali ed istituzionali di un territorio sanno consolidare grazie a solide reti di relazioni tra gli stessi, e concretizzare in percorsi di sviluppo della comunità territoriale, che guardano in primis al bene della persona e dell’ambiente”.7

Ciò non è né semplice, né rapido, né scontato, ma può diventare un importante fattore di competitività per un territorio. La vera competitività oggi si può giocare proprio sulla crescita e la cura di fattori sociali, umani e relazionali, che costituiscono il capitale intangibile di un territorio: quel patrimonio di relazioni, di fiducia, di credibilità, di conoscenze, di saper fare relazionale, che può essere il vero fondamento del successo o meno del territorio stesso. Il punto di partenza consiste nella rilettura della Responsabilità Sociale di Impresa, quale fattore di vantaggio competitivo legato allo sviluppo sostenibile e durevole, oltre che soluzione alternativa in grado di far fronte a innegabili elementi di crisi, crisi che non potrà essere superata sul terreno del contenimento dei costi, ma piuttosto sulla valorizzazione dei fattori distintivi, tramite percorsi di individuazione di nuove opportunità, individuando nel capitale sociale il motore dello sviluppo e della creazione di valore aggiunto. In un’ottica di Responsabilità Sociale del Territorio, la Fondazione per lo Sviluppo del Capitale Umano vedrà coinvolti diversi attori con sede in Regione Lombardia, a ciascuno dei quali sarà richiesta una forte assunzione di responsabilità per partecipare attivamente allo sviluppo del capitale umano della Regione. I diversi attori che prendono parte al progetto sono gli enti appartenenti al sistema istruzione e/o formazione, le imprese, le famiglie e i cittadini (non più visti come entità separate, ma come soggetti complementari del sistema regione) che interagiranno tra loro con modalità innovative, in maniera costruttiva per creare sinergie al fine di dare al territorio benefici concreti per lo sviluppo della competitività del territorio, una competitività difficilmente raggiungibile senza la realizzazione di un reale investimento sul capitale umano, sul suo sviluppo.

2.2. Le fondazioni di impresa e la filantropia

L’European Foundation Centre di Bruxelles (associazione non profit

internazionale costituita nel 1989 come centro promotore in Europa e nel mondo delle attività delle fondazioni ed associazioni), definisce come fondazione 7 Francesco Peraro, Gianpietro Vecchiato: Responsabilità sociale del territorio – Franco Angeli, 2007

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d’impresa un ente privato senza finalità di lucro con una propria sorgente di reddito che deriva normalmente, ma non esclusivamente, da un patrimonio.

La Fondazione d’Impresa è l’espressione della volontà di una impresa commerciale di destinare un complesso organizzato di beni ad uno scopo di pubblica utilità.

Le moderne Fondazioni d’Impresa, nel raggiungimento dello scopo che si prefiggono, utilizzano prevalentemente l’elemento patrimoniale (elemento costitutivo come in tutte le fondazioni) ma affiancano ad esso anche le conoscenze, le tecnologie, la cultura d’impresa e le risorse professionali ed umane che possiedono.

Le Fondazioni di Impresa non impiegano solo soldi nelle loro azioni di pubblica utilità ma molto di più. Coinvolgono sistematicamente l’azienda fondante e i suoi dipendenti, ne utilizzano i migliori dirigenti, i tecnici e gli analisti, chiamano a collaborare personalità e manager esterni di grande autorevolezza e qualità (provenienti dall’università, da Ong, da amministrazione pubbliche), cercando di trasferire il modello gestionale, le conoscenze, la cultura d’impresa (elementi sviluppati negli anni con grandi investimenti) nel settore Welfare.

Le fondazioni d’impresa intervengono in ambiti molto diversi fra loro e attraverso linee strategiche che non consentono di creare delle regole di settore. Questa differenza è dovuta alla loro differente natura identitaria, ovvero, provengono tutte allo stesso modo dal mondo imprenditoriale, ma si tratta di un mondo costituito da soggetti privati. Questo vuol dire che ogni azienda porta con sé la sua storia, le sue strategie, le sue preferenze e i suoi ambiti d’intervento, soprattutto nel caso di aziende multinazionali. Ogni azienda nasce grazie alla realizzazione o alla proposta di un prodotto in risposta ad un bisogno umano e/o territoriale. Da fondazione a fondazione cambia la modalità di approccio, la modalità di presentazione della domanda, l’ambito di intervento, le linee strategiche, il territorio di riferimento.

Le Fondazioni di Impresa si dividono in due macro classi: Operating, sono quelle che gestiscono in proprio un’attività (case di cura,

scuole, biblioteche, centri di ricerca, ecc.) che, pur erogando fondi al terzo settore, ne seguono l’operatività in modo da rendere le stesse organizzazioni non profit autonome, cioè capaci di autofinanziare i propri progetti mediante fondi provenienti da soggetti pubblici o privati, cioè enti che partecipano al welfare (es.: Fondazione Atm di Milano, F. Ducati con il Progetto Fisica in Moto, ecc.). In Italia sono il 30,5%.

Grantmaking, sono quelle che raggiungono lo scopo erogando sussidi e contributi (grant) a soggetti beneficiari richiedenti, cui rimane la gestione e la realizzazione del progetto finanziato, come Vodafone, Johnson & Johnson, Adecco, Eni, Enel. Questi ultimi, a loro volta, intervengono con la propria struttura per offrire beni/servizi alla collettività. In Italia costituiscono il 20%.

Il 49,5% delle fondazioni d’impresa italiane svolge entrambe le attività e rientra nella categoria delle fondazioni “miste” (es. Oliver Twist della Kairon).

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Negli Stati Uniti esistono più di 2.000 fondazioni d’impresa che erogano circa il 12% di tutti i “grants” delle fondazioni americane per un totale di quasi 2,5 miliardi di dollari (donati nel 1999).

Per citare il caso di una di queste (forse la più rappresentativa) la “Bill & Melinda Gates Foundation”, nel 2006 ha fornito il 90 per cento dei fondi mondiali per lo sradicamento della poliomelite.

Anche in Europa molti Governi si sono posti, soprattutto nell’ultimo decennio, l’obiettivo di promuovere lo sviluppo delle fondazioni d’impresa, di agevolarne le attività, di incentivare le donazioni. In Inghilterra, esistono attualmente più di 9.000 fondazioni grant making, la maggior parte delle quali costituite da imprese. In Germania operano oltre 340 fondazioni finanziate da imprese private.

2.2.1 La situazione italiana In Italia attualmente non esiste un osservatorio sulle fondazioni d’impresa che

consenta di essere costantemente aggiornati sulla loro nascita ed evoluzione. Il dato approssimativo è di circa 200 fondazioni grant making italiane provenienti da imprese (130) e da patrimoni di origine familiare. In effetti, il fenomeno delle fondazioni d'impresa ha iniziato a diffondersi solo negli ultimi anni, anche se una ricerca effettuata dalla Fondazione Eni Enrico Mattei mostra che il 22% di esse nasce tra il 1950 ed il 1979, il 24% durante gli anni ottanta ed il 28% nello scorso decennio. In particolare, le prime fondazioni di impresa hanno avuto origine da imprese appartenenti al capitalismo familiare, mentre le fondazioni nate da imprese ad organizzazione manageriale risultano essere più recenti. Nel 1980 nasce una delle due fondazioni italiane della multinazionale IBM. Nel 1989 viene creata da Eni la Fondazione Eni Enrico Mattei, nel 1990 la Fondazione Cesar di Unipol, dieci anni dopo compare la Fondazione Edison della società del Gruppo Montedison. In tempi recentissimi, si moltiplicano le fondazioni nate da grandi gruppi industriali, sia italiani che internazionali, dimostrando come la logica della corporate philanthropy abbia fatto pienamente il proprio ingresso nella cultura delle grandi imprese.

Questi enti erogano per le proprie finalità statutarie circa 150 milioni di euro l’anno e danno lavoro a 1.721 persone8. Quasi la metà di loro ha sede in Lombardia, ma la maggior parte opera su scala nazionale.

Le percentuali rispetto agli ambiti di intervento sono differenti rispetto a quelle delle fondazioni bancarie: la ricerca è al secondo posto e occupa il 21% degli enti, il 15% opera nella cultura (che è il campo d’azione più finanziato delle fondazioni bancarie), il 9% nell’educazione, il 4% nello sviluppo e nell’housing sociale. La percentuale maggiore riguarda interventi di tipo sociale: minori, disabili, interventi su zone territoriali depresse, ecc.

Le fondazioni d’impresa costituiscono per quantità di fondi erogati, per tipologie di intervento, per modalità di intervento e presenza territoriale una presenza di forte impatto sul bisogno esistente nei vari ambiti: sociale, educativo, culturale, scientifico. 8 V. Melis, Il Sole 24 Ore.

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Il punto di debolezza riguarda l’incrocio tra la domanda e l’offerta; ovvero, non esiste ancora un’adeguata circolazione d’informazioni sul bisogno del contesto territoriale cui risponde il non profit da una parte, e sull’esistenza delle Fondazioni e dei relativi ambiti d’intervento dall’altra. Il superamento di questo gap, attraverso l’informazione e la conoscenza, consentirebbe da parte delle Fondazioni un’ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse esistenti e dall’altra (settore non profit) il raggiungimento di obiettivi maggiori e in tempi più brevi.

2.3. Le associazioni di categoria

Le associazioni di categoria rappresentano un nuovo mercato del funding

privato, certamente atipico rispetto al tradizionale mondo imprenditoriale ed economico, ma decisamente strategico nel supportare azioni di reperimento di risorse economiche. Il coinvolgimento di associazioni di categoria – industriali, commercianti, agricoltori, artigiani, cooperative, ecc. - può assumere diverse forme: da semplici ma efficaci accreditamenti verso i propri associati, a vere e proprie erogazioni liberali e/o sponsorizzazioni. E’ importante sottolineare il fatto che il rapporto con le associazioni di categoria è strategico per un’organizzazione che attua politiche di funding privato; le associazioni di categoria infatti rappresentano una sorta di “garanti” dell’organizzazione in quanto contribuiscono ad aumentare la credibilità e l’affidabilità dell’organizzazione medesima e dei progetti che essa attiva, soprattutto nei confronti delle realtà economiche che esse associano. Per questo motivo, l’approccio con le associazioni di categoria non deve limitarsi ad una semplice richiesta economica; con esse occorre instaurare una vera e propria partnership, possibilmente duratura, finalizzata ad un coinvolgimento su più iniziative e progetti.

2.4. Le fondazioni bancarie

Secondo la definizione Acri – Associazione Casse di Risparmio Italiane - le

Fondazioni di origine bancaria sono soggetti non profit, privati ed autonomi, che perseguono esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico. Sono 88 e dispongono di ingenti patrimoni, che investono in attività diversificate, prudenti e fruttifere. Dagli utili derivanti dalla buona gestione di questi investimenti traggono le risorse per sostenere attività d'interesse collettivo, in particolar modo nei settori della ricerca scientifica, dell'istruzione, dell'arte, della sanità, della cultura, della conservazione e valorizzazione dei beni

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ambientali e paesaggistici, dell'assistenza alle categorie sociali deboli ed in tutti quei settori, fra quelli ammessi dalla legge, che ciascuna Fondazione ritenga di prevedere nel proprio statuto. Le fondazioni bancarie operano, quindi, rispettando canoni etici e di responsabilità sociale, secondo criteri di efficienza, non discriminazione e trasparenza.

Il patrimonio contabile delle fondazioni bancarie, in base ai bilanci chiusi al 31 dicembre 2007, ammonta a 48.759 milioni di euro e costituisce l’84,7% del passivo di bilancio. Il valore reale delle fondazioni bancarie a fine 2007 è stimato in circa 77 miliardi di euro. Il valore contabile ha registrato una crescita del + 3,4% con un incremento di oltre 1.600 milioni di euro9. Nel 2007 le Fondazioni hanno erogato complessivamente 1.715,1 milioni di euro (compresi gli accantonamenti ai fondi speciali per il volontariato che corrispondono a 92 milioni di euro) attraverso 29.375 interventi. Nel 2007 gli importi erogati hanno superato il 2006 del +8% con il 2% in più del numero totale di iniziative sostenute, anche se il trend di crescita è diminuito, sempre rispetto all’anno precedente. Non sono ancora disponibili i dati relativi al 2008, che ha segnato una forte riduzione delle erogazioni anche da parte delle fondazioni bancarie.

Leggendo il rapporto Acri in un’ottica di funzionalità strategica alla

sostenibilità della Fondazione Regionale per lo sviluppo del Capitale Umano è possibile mettere in evidenza alcuni aspetti favorevoli:

2.4.1. La distribuzione territoriale del patrimonio In Italia esistono 88 fondazioni bancarie, le 47 fondazioni aventi sede nel Nord

del Paese hanno complessivamente un patrimonio di circa 33,2 miliardi di euro, pari al 68% del patrimonio complessivo. In particolare nel Nord Ovest del Paese, dove risiedono 5 delle 18 Fondazioni di grandi dimensioni, il valore medio del patrimonio è circa il doppio della media generale (1.089 milioni di euro contro 554). Il Nord Est ha una presenza più diffusa di Fondazioni (30), ma un valore medio del patrimonio più contenuto della media (489 milioni di euro). Il Centro, con 30 fondazioni ha valori patrimoniali ancora inferiori con 447 milioni di euro. Il Sud e le Isole, con 11 fondazioni sono dotate del patrimonio netto più basso con 199 milioni di euro.

La causa è ovviamente la provenienza delle fondazioni d’impresa dalle originarie Casse di Risparmio. E’, in ogni caso un dato favorevole alla Regione Lombardia dove vi è altresì una forte presenza di Fondazioni comunitarie, anch’esse enti di erogazione per grossi contributi a seconda dei bacini territoriali.

2.4.2. I settori d’intervento

9 Tredicesimo rapporto Acri, Il patrimonio e la gestione economica, capitolo 3, pag. 1.

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La normativa prevede una classificazione degli interventi erogabili divisi su 20 categorie. La categoria in linea con la Fondazione Regionale per lo Sviluppo del Capitale Umano è quella dell’educazione, istruzione e formazione, incluso l’acquisto di prodotti editoriali per la scuola. Questa classificazione è unica e valida su tutto il territorio nazionale e per tutte le 88 fondazioni bancarie.

Questo settore ha potuto godere per il 2007 di un finanziamento pari a 206,6 milioni di euro (12% rispetto al totale) per 4.811 interventi (16,54% sul totale). E’, a fronte di questo, collocato al terzo posto per percentuale di importi erogati a seguito dei settori: arte, attività e beni culturali; ricerca scientifica e tecnologica. Precede perfino il settore volontariato, filantropia e beneficenza.

Le politiche di erogazione delle Fondazioni per quanto riguarda la scelta dei settori di intervento evidenziano un’elevata specializzazione settoriale. Le Fondazioni che erogano a favore di progetti riguardanti il campo dell’Educazione, istruzione e formazioni sono 83 su 88.

Al primo posto in graduatoria troviamo quest’anno l’istruzione primaria e

secondaria a cui vanno 80,8 milioni di euro, in leggera flessione rispetto alla passata rilevazione (82,6), pari al 39,1% degli importi.

Segue l’istruzione superiore (comprendente l’istruzione universitaria e para-universitaria e le specializzazioni post-universitarie) che progredisce rispetto all’anno passato sia in valore assoluto (gli importi erogati passano 23 da 53,1 a 67,5 milioni) sia in termini di peso percentuale (da 28,7% a 32,7 %).

Gli altri due comparti presi in considerazione nel settore Educazione istruzione e formazione si collocano a netta distanza dai primi due.

L’istruzione professionale e degli adulti conferma il robusto trend di crescita dei volumi di spesa evidenziatosi lo scorso anno, aumentando negli importi da 21,5 a 30,7 milioni di euro (con incidenza sul totale che passa da 11,6% a 14,9%), mentre subisce una flessione nel numero di interventi: da 903 a 651 (dal 18,4% al 14,9% sulle iniziative totali).

La crescita e formazione giovanile arresta invece la sua crescita subendo una flessione sia negli importi che nel numero. Essa raccoglie 13,3 milioni di euro pari a 6,4% degli importi erogati (nel 2006 erano 15 milioni e 8,1%), per un totale di 558 interventi (l’11,6% del comparto ).

In quest’ultimo comparto sono raggruppati interventi che, aggiungendosi ai tradizionali percorsi formativi dei giovani (i luoghi dell’istruzione “ufficiale”), propongono esperienze educative e di crescita individuale meno istituzionali (ma non per questo meno importanti), quali ad esempio attività ricreative, sportive e culturali organizzate.

Il restante 6,9% delle risorse destinate al settore non è stato specificamente classificato in nessuno dei sotto-settori qui richiamati, che vengono ora ripresi in esame, uno ad uno, per fornire maggiori informazioni e dettagli sulle tipologie di intervento realizzato.

Nell’Istruzione primaria e secondaria la finalizzazione più ricorrente degli interventi è la costruzione o ristrutturazione di immobili e le attrezzature, cui vengono destinati oltre 39 milioni di euro, pari al 56% del totale; il dato mostra una particolare sensibilità delle Fondazioni relativamente all’ambito dell’edilizia

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scolastica, in cui si manifestano alcune tra le emergenze più acute del sistema educativo nazionale.

Seguono gli interventi a sostegno di progetti e programmi di studio specifici (circa 7 milioni di euro, con un’incidenza del 10% del comparto) e le borse di studio (con circa 4 milioni di euro e il 5,1%).

Per quanto attiene le dotazioni strumentali, sono in primo piano i progetti volti a mettere a disposizione delle scuole attrezzature informatiche, strumentazione e arredi per laboratori, biblioteche, mezzi per il trasporto degli studenti.

2.4.3. Istruzione primaria e secondaria La quota delle risorse destinate ai beneficiari privati è leggermente superiore ai

pubblici (51% contro i 49%) in controtendenza rispetto alla passata rilevazione che vedeva un prevalere del soggetto pubblico su privato.

2.4.4. Istruzione superiore Per quanto riguarda l’istruzione superiore, gli interventi realizzati nel 2007

sono prevalentemente rivolti al sostegno di progetti specifici e programmi di studio (28,4% del comparto, per una spesa di circa 18 milioni di euro i primi, e di oltre 12 milioni di euro i secondi, pari a circa il 20%). In proposito, si riscontrano contributi per un’ampia gamma di Corsi di diploma universitari, relativi sia alle discipline tradizionali, giuridiche ed economiche, sia a tematiche più innovative (ad esempio quelle in campo agro-alimentare, ambientale e del turismo).

Oltre che dal lato dell’offerta le Fondazioni non mancano di sostenere l’attività di formazione anche dal lato della domanda, erogando borse di studio agli studenti per circa 9,3 milioni di euro (14,7% del totale di comparto).

Meritano un’altra citazione particolare i grandi progetti di carattere infrastrutturale finalizzati alla creazione di nuovi insediamenti universitari (ivi incluse strutture integrate per l’alloggiamento di studenti) , che incidono per il 11% sulle erogazioni del settore, con 7 milioni di euro erogati.

Numerosi interventi sono inoltre destinati al rafforzamento dei servizi bibliotecari delle università, e ad investimenti per l’innovazione delle metodologie didattiche.

Da ultimi, ma non certo per rilevanza economica, si rammentano gli interventi delle Fondazioni costituiti da contributi generali per l’amministrazione di Università, Istituzioni e Centri di alta formazione, che rappresentano circa il 12% delle erogazioni del comparto (circa 8 milioni di euro).

2.4.5. Istruzione professionale e degli adulti Per quanto riguarda la natura dei beneficiari, vi è in questo comparto una

situazione di perfetto equilibrio tra soggetti privati e soggetti pubblici. I contributi a favore dell’Istruzione professionale e degli adulti vengono

utilizzati principalmente per la costruzione e ristrutturazione di immobili, con il 58% degli importi (15 milioni di euro) destinati alla riqualificazione e

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ammodernamento delle strutture dedicate alla didattica, e alla realizzazione di progetti specifici, con il 14,2% delle erogazioni (3,7 milioni di euro).

Alle borse di studio per studenti-lavoratori e ai programmi di formazione e riqualificazione professionale, vanno circa 2 milioni di euro pari al 6% delle risorse.

Anche in questo comparto le risorse spese nel 2007 sono quasi in equilibro tra le due tipologie principali di soggetti anche se si registra una lieve prevalenza a favore dei soggetti privati (51,7%).

2.4.6. Crescita e formazione giovanile Anche nel comparto crescita e formazione giovanile la quota prevalente degli

interventi si rivolge ad interventi di carattere strutturale (circa per il 50% degli importi ed un totale di 6 milioni di euro) che riguardano il recupero di edifici e impianti dedicati all’aggregazione giovanile (tipicamente: centri parrocchiali e strutture ricreative pubbliche).

Il sostegno di progetti specifici si posiziona al secondo posto (32,7% degli importi per un totale di circa 4 milioni di euro) volti a prevenire fenomeni di emarginazione sociale e a promuovere l’arricchimento dei percorsi formativi di giovani e adolescenti.

A differenza degli altri comparti i beneficiari degli interventi di questo ambito sono in prevalenza pubblici (51,3% delle erogazioni).

Nel settore Educazione, Istruzione e formazione, prevalgono nettamente le

erogazioni basate su domande presentate da terzi, con il 66%, degli importi erogati, mentre i progetti di origine interna delle fondazioni (i cosiddetti “progetti propri”) rappresentano solo il 21%. Tramite bando, infine, viene assegnato il 13% degli importi.

Fonte: Tredicesimo rapporto Acri, Il patrimonio e la gestione economica.

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Fonte: Tredicesimo rapporto Acri, Il patrimonio e la gestione economica.

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Capitolo 3:

Modalità di partnership e strumenti del funding privato

3.1. Come si realizza la Corporate Social Responsabilità

La Corporate Social Responsability, analizzata nei contesti legati

all’educazione – formazione - istruzione, in Italia e nel mondo, si muove lungo due principali direttrici:

Erogazioni che vanno a costituire una dotazione patrimoniale (endowment) Si tratta cioè di finanziamenti che investiti all’interno della Fondazione, vanno

a costituire una sorta di fondo istituzionale. Questo endowment permette alla Fondazione un utilizzo delle rendite da dedicare alle priorità gestionali e/o a singoli progetti.

Erogazioni liberali tout court, che hanno il carattere di partnership di breve - medio periodo che possono ripetersi negli anni o rimanere occasionali.

La forma giuridica che meglio si presta ad entrambe le tipologie di collaborazione è la Fondazione di partecipazione, essendo un patrimonio a struttura aperta, a formazione progressiva destinato ad uno scopo su cui si innesta l’adesione di altri soggetti, in una logica multi sources. Nello specifico, l’assetto patrimoniale della Fondazione è costituito da un fondo patrimoniale e da un fondo di gestione utilizzabile per l’attività corrente e per la gestione della Fondazione. Questo patrimonio di destinazione è a struttura aperta; possono cioè continuamente aderire (secondo regole e modalità stabilite dallo statuto) soggetti pubblici e privati apportando beni mobili, immobili, contributi in lavoro, servizi e lavoro.

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3.2 Struttura dei fondi erogati alla Fondazione Questa sezione del piano intende presentare le diverse modalità erogative che

possono essere effettuate a beneficio della Fondazione, indicando per ognuna di questa i relativi benefici connessi.

3.2.1. Grants Si tratta di contributi “a fondo perduto” distinti, a seconda della destinazione,

tra contributi vincolati (ovvero destinati al finanziamento di progetti specifici) e contributi non vincolati (ovvero donazioni per le quali non è determinato uno scopo preciso da parte del donatore e che quindi vengono utilizzate a discrezione di chi le gestisce).

L’analisi dei grants erogati nell’ambito dell’istruzione e formazione, soprattutto universitaria, fa emergere le seguenti tipologie, che risultano essere le più consolidate:

- co-finanziamento di corsi - erogazione di borse di studio - contributi per progetti speciali - istituzione di cattedre 3.2.2. Equity Si tratta di contributi finanziari che partecipano alla creazione del patrimonio di

enti dedicati alla realizzazione di uno scopo o di un progetto (o insieme di progetti). Nello specifico, tali contributo vanno ad alimentare l’endowment, vale a dire una dotazione patrimoniale, il fondo istituzionale non spendibile, che investito permetterà un utilizzo delle rendite per le priorità gestionali o per singoli progetti. E’ uno strumento che consente di coinvolgere il donatore a livello di partecipazione diretta e non occasionale, consentendogli di coinvolgersi direttamente nella mission della Fondazione. E’ questa una possibilità prevista nella natura della Fondazione regionale pensata come fondazione di partecipazione appunto, per il coinvolgimento di “partecipanti” di varia natura e origine: enti pubblici, imprese, fondazioni e privati cittadini.

3.2.3. Donazioni pianificate Si tratta di erogazioni per le quali il donatore dà disposizione in vita, ma i cui

benefici principali non arrivano all’ente beneficiario per un certo periodo di tempo, di solito fino alla morte del donatore. Tra le tipologie più comuni troviamo il lascito testamentario, la rendita vitalizia, il fondo pensione e la polizza

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assicurativa. Di seguito, si troverà un breve approfondimento delle due tipologie più frequenti:

Il testamento Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in

cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse (art.587, comma 1, cod. civ.). Il testamento produce i suoi effetti dal momento della morte del testatore che fino a quel momento è sempre revocabile e modificabile. Con il testamento il testatore può disporre di tutti o di una parte dei propri beni, in quest’ultimo caso insieme alla successione testamentaria concorrerà quella per legge per la quale è necessaria la definizione di una serie di elementi al cospetto di un notaio.

La rendita vitalizia Si tratta di un contratto di scambio: con il contratto di rendita vitalizia un

soggetto, detto “vitaliziato”, aliena beni mobili o immobili oppure cede un capitale in favore di un altro soggetto, detto “vitaliziante”, che si obbliga a corrispondergli periodicamente una determinata prestazione normalmente avente ad oggetto una somma di denaro per tutta la durata della vita del vitalizio. La rendita vitalizia può essere costituita anche a favore di una persona diversa dallo stipulante.

3.2.4. Trust Il trust, istituto che deriva dagli ordinamenti anglosassoni, è uno strumento

giuridico mediante il quale un soggetto – settlor (costituente) – trasferisce con atto tra vivi o mortis causa ad un altro soggetto – trustee (fiduciario) – beni mobili, immobili o mobili registrati affinchè li amministri nell’interesse di un terzo beneficiario o per un determinato scopo, in conformità alle indicazioni impartite dal settlor nell’atto istitutivo, sotto l’eventuale vigilanza di un terzo soggetto – protector (custode). Caratteristica fondamentale del trust è che i beni trasferiti al trustee, e costituiti in trust, non entrano a far parte del suo patrimonio personale ma costituiscono una sorta di patrimonio separato non aggredibile ad alcun titolo dai creditori personali del trustee, neppure in caso di fallimento. Da questo punto di vista, il trust consente l’esecuzione dell’opera per il quale è stato istituito su un piano di totale indipendenza rispetto agli enti coinvolti, garantendo la protezione del patrimonio trasferito al trustee esclusivamente indirizzato al perseguimento dello scopo auspicato.

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Allegato 6

MAPPATURA DEL “MERCATO” FORMATIVO

Regione: potestà concorrente Regioni: potestà esclusiva

Formazione permanente Formazione continua

Scuole

paritarie

e statali con fondi propr

i o pubblici

(buono

scuola)

Fondi interprofessionali

FSE tramite regione

Privati e altri FONDI derivanti

dall’Università e fondi pubblici

FONDAZIONE

Prevalentemente

Operatori accredita

ti dalla Regione

MAPPATURA DEL “MERCATO” FORMATIVO

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Allegato 7

SCREEN-SHOT DEL SITO

www.sviluppocapitaleumano.net

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La home page

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Il progetto

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Gli strumenti

161

Sezione riservata: la gestione documentale

162

Sezione riservata: Il Forum