Miodrag Lekic Stato sovrano. Questa posizione sta ... filenia o la situazione in Bosnia Erzegovina....
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degli anni Novanta e che potrebbero, in caso
di esito negativo, ostacolare tale percorso. l
Ne abbiamo parlato con il professor Miodrag
Lekic, gi ambasciatore di Jugoslavia in Italia.
di Angelica Attolico
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Il 2009 avrebbe dovuto essere, secondo quanto auspicatodallex commissario dellUnione europea allAllargamentoOlli Rehn, lanno dei Balcani occidentali. Tuttavia il 2009 stato ampiamente superato e lo stato di integrazionedella regione nelle strutture euro-atlantiche risulta ancoraframmentato. Sebbene dei risultati positivi siano statiraggiunti, soprattutto per quanto riguarda la Serbia (sbloccodella parte commerciale dellAccordo di associazionee stabilizzazione con lUe; liberalizzazione del regimedei visti; deposito formale della domanda di candidaturaallUe), rimangono ancora delle importanti questionida risolvere (status del Kosovo rispetto alle relazionicon la Serbia; stallo politico-istituzionale della Bosnia;disputa del nome tra Macedonia e Grecia).Qual il reale bilancio di questanno a suo parere?Sicuramente si pu considerare il 2009 come un anno
importante, come lo sar anche il 2010. Ci sono stati deitraguardi concreti, come per la Serbia, ma lo stesso nonpu dirsi per quanto riguarda lo status quo in Macedo-nia o la situazione in Bosnia Erzegovina. Oltre allesisten-za di parametri specifici (quali ad esempio i criteri di Co-penaghen) cui lUe guarda per valutare lidoneit di uno
Miodrag Lekic:sogno i Balcani in EuropaA partire dalla fine degli anni Novanta si aperta per i Balcani occidentali una nuova stagione
che ruota intorno alla prospettiva di una possibile integrazione nelle strutture euro-atlantiche.
l Esistono per ancora oggi delle questioni irrisolte che affondano le loro radici nei conflitti
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Stato ad aderire allUnione, bisogna tener conto dellesi-stenza anche di altri criteri che vanno sotto il nome diinteressi geopolitici. In questo senso molto dipendedunque dal contesto geopolitico e dalla reale volontda parte dellUe di integrare questi Paesi.
Mi viene da pensare per che se il percorso potrebbe essereabbastanza fluido per la Croazia (il cui ingresso in Europa atteso per il 2012), per la Serbia non pu dirsi lo stesso,soprattutto con riferimento ai rapporti bilaterali con ilKosovo. La Serbia continua a riconoscere il Kosovo solo sullabase di quanto dettato dalla risoluzione 1244 del 1999del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e non come
Stato sovrano. Questa posizione sta ostacolando ad esempiole iniziative di cooperazione a livello regionale come quella,lanciata di recente da Croazia e Slovenia, di tenereun incontro tra gli Stati della regione (il primo negli ultimidiciotto anni) al quale la Serbia ha rifiutato di partecipare,accettando una presenza del Kosovo solo sotto lombrellodella risoluzione Onu 1244.Lei come vede una via di uscita a questempasse? difficile per ora pensare a una via di uscita. I serbi so-
no in attesa di ricevere il parere consultivo, come da lo-ro richiesto, della Corte internazionale di giustizia circala legalit della dichiarazione di indipendenza del Ko-
Il presidente croato Ivo Josipovic nel villaggio bosniaco di Ahmicimentre depone una corona sulla lapide che riporta i nomidei musulmani uccisi dalle forze croate nellaprile del 1993.Leccidio, che fece quasi 100 vittime, fu una delle tante atrocitcommesse in quel periodo. Il 14 aprile Josipovicha espresso le scuse ufficiali per il coinvogimento del suo Paesenella guerra bosniaco-croata e ha invocatoun radicale cambio di politica dei Balcani,i cui Paesi aspirano a entrare nellUnione Europea.
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Larea dei Balcani e i rapporti con lUe
Paesi membri UePaesi in attesa di annessioneAltri Paesi
ALBANIA
AUSTRIA
BOSNIAERZEGOVINA
KOSOVO
ITALIA
MALTA
GRECIA
ROMANIA
UNGHERIA
SLOVENIA
CROAZIA
BULGARIA
MACEDONIA
SERBIA
MONTENEGRO
TURCHIA
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procci massimalistici, si delinei uno scenario simile al-lesito della Repubblica serba di Krajina in Croazia nel1995, vale a dire unintegrazione forzata della parte anord del fiume Ibar del Kosovo, generando nuovamenteprofughi verso la Serbia e nuovi scontri. Anche perch laSerbia, che al momento incarnata dalla figura del pre-sidente Tadic, una Serbia filooccidentale e, nel caso diuno scenario di questo tipo, Tadic perderebbe il potere eci andrebbe a favore di forze pi radical-nazionaliste.
Passando alla Bosnia Erzegovina, invece, si dice che per sbloccare la situazione si dovrebbe rendere sempre pi chiara la prospettiva di una sua adesione allUnione europea.Dato poi limportante coinvolgimento della comunit internazionale da pi di un decennio nella regione, in particolare nella forma dellAlto rappresentante della
comunit internazionale (Ohr) e da molti consideratooramai un ostacolo, forse la soluzione risiede nelladozione di un nuovo approccio fondato ad esempiosu di un processo di graduale responsabilizzazione della classe politica dirigente locale?Al posto della Jugoslavia noi adesso abbiamo molti
Stati, pseudo-Stati, protettorati. Due Paesi che hanno laforma di protettorato sono proprio la Bosnia Erzegovinae il Kosovo. La Bosnia, che si considera vittima di que-sta selvaggia disintegrazione della Jugoslavia, ha ogget-tivamente gli elementi di un protettorato, definiti negliaccordi di Dayton, che hanno il merito di aver posto finealla guerra e, al contempo, di aver delineato totalmenteanche lassetto istituzionale del Paese. Ci sono per an-che delle contraddizioni. La Costituzione della BosniaErzegovina definisce come popoli costituenti letniaserba, croata e bosgnacca. Solo queste tre etnie possonopartecipare attivamente allesercizio del potere politico.La politica conseguentemente dominata da una retori-ca nazionalista che persegue obiettivi massimalistici eche alimenta posizioni fra loro difficilmente conciliabi-li (i serbi di Bosnia affermano che senza la RepubblicaSrpska non c la Bosnia; i bosgnacchi ribadiscono il con-trario; i croati sono alla ricerca di una propria forma dimaggiore autonomia che potrebbe portare anche alla
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unintervista che ho letto si affermava che forse i serbi ri-schiano di cadere in trappola con questa sentenza, il cuiesito invece attendono molto. La Serbia ha risposto checomunque, avendo gi perso il Kosovo una volta (da unpunto di vista di realismo politico), non pu permettersidi perderlo due volte. Si tratta dunque dellultima cartada giocare. Questo poi un paradosso. LEuropa e lOcci-dente si basano molto sulle regole e sul diritto, al contra-rio di quanto storicamente abbia fatto Belgrado e questovale anche per Putin e per la Russia. Pertanto con il casodel Kosovo lOccidente ha offerto unoccasione imperdi-bile alla Russia (non a caso pochi mesi dopo c stata laguerra in Georgia e il conseguente riconoscimento da par-te della Russia dellindipendenza dellAbkhazia e del-lOssezia del Sud). Daltra parte, se la Corte riconoscessela legalit dellautoproclamata indipendenza del Koso-vo, Belgrado perderebbe lultimo argomento a suo favo-re e forse questo potrebbe contribuire alladozione di unapproccio realistico-pragmatico da parte della Serbia,portandola ad accettare tale realt. Ci potrebbe portareallultimo momento la comunit internazionale ad inven-tare qualcosa, come ad esempio organizzare un negozia-to tra europei, russi e americani per quanto riguarda las-setto della parte Nord del Kosovo a maggioranza serba.Questo anche onde evitare che, con il sopravvento di ap-
sovo. Questo sicuramente non porter i Paesi europei egli Stati Uniti a rinunciare al riconoscimento, ma daltraparte avr sicuramente un valore morale di notevolespessore, un peso politico. La mia opinione personale che per una corretta valutazione del problema sia neces-sario collocarsi in una prospettiva diversa, che parta dal-lidea che per la Serbia il Kosovo non solo geografia, maqualcosa di pi. Il Kosovo daltronde non mai stato unoStato ma sempre una provincia autonoma e dunque dalpunto di vista serbo, uninvenzione. difficile dunquepretendere che vi siano dei rapporti fra Serbia e Kosovoed un errore, se non una trappola, pensare infatti a unarealt di due Stati. In aggiunta al problema di come ri-solvere la loro congiunta partecipazione ad esempio al-la prossima conferenza in Slovenia a fine marzo, mi sem-bra che vi siano questioni pi serie ancora aperte. Que-sto resta dunque un rebus geopolitico. La Serbia si trovadel resto in attesa del suo De Gaulle serbo, mi riferiscoal De Gaulle che ha riconosciuto lAlgeria.
Quindi, secondo lei, anche a seguito della pronuncia dellaCorte internazionale di giustizia, la situazione non cambier?Non cambier ma avr un peso. I serbi hanno dalla lo-
ro parte questa volta la carta della legalit internaziona-le, che stanno utilizzando dinnanzi alla Corte dellAja. In
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A SINISTRA Il vice segretario di Stato americano James Steinberg
nel corso della sua visita in Kosovo nellaprile del 2008
di fronte al monastero di Gracanica con due sacerdoti.
QUI SOTTO Il presidente serbo Boris Tadic
e quello croato Ivo Josipovic si stringono la mano
al termine dellincontro On the Balkans 2010
nel corso del meeting di Bruxelles nel marzo di questanno.
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trebbe passare per una reintegrazione a livello regiona-le dellarea tramite criteri europei, abbandonando lap-proccio delle distinzioni tra Stati buoni e Stati cattivi. Inquesto senso, se la Croazia entrer come previsto per pri-ma nellUe, lattenzione dovrebbe essere rivolta a inte-grare insieme, sempre nel rispetto delle realt statua-li, questo gruppo di Stati che alcuni, per ragioni stori-che, chiamano gruppo ottomano (Serbia, Bosnia, Ma-cedonia, Montenegro, Albania e Kosovo) e che peraltrosono accomunati dallessere tutte realt multietniche eaventi un simile livello economico.
Mi ha colpito la recente dichiarazione del nuovo presidente croato Josipovic che ha chiesto alla Serbia di rinunciare insieme alle reciproche denunce di genocidi
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sorta di piccola Jugoslavia per il suo carattere multietni-co, il suo destino non poteva essere quello di una Sviz-zera democratica (considerando in particolare il conte-sto di ultranazionalismo in cui si consumata tale disin-tegrazione). Si trattava di una pretesa volta a giustifica-re le terribili colpe dei protagonisti politici, dei naziona-listi. Esistevano invece delle alternative: o ci si sforzavadi mantenere in vita certe forme di integrit jugoslava onon si accettavano le proclamazioni unilaterali di indi-pendenza finch non si trovava una soluzione generaledi pace. E adesso invece si pagano le conseguenze diqueste scelte perch si aperta una fase di disintegrazio-ne selvaggia che potrebbe essere interminabile. Per que-sto ritengo che sebbene sia positivo lapproccio negozia-le dellUe attraverso questi meccanismi di Associazionee Stabilizzazione, daltra parte molto rischioso pensa-re che questa situazione vada verso unintegrazione sen-za possibili sorprese negative di questo tipo.
Quindi secondo lei i tempi sono ancora molto lunghi? In tal senso la prospettiva di unintegrazione nellUe potrebbe non essere sufficiente per riassorbire tutte queste fratture?Questo un punto interrogativo. Non facile, quando
si vissuto un periodo di irrazionalit collettiva, riportar-la nei ranghi della razionalit. Non dico che adesso il peg-gio non sia passato. Tuttavia le contraddizioni ancora esi-stono e non facile costatare una nuova pagina che vadaverso lEuropa e che non porti rischi. I rischi restano.
Qual dunque una reale alternativa a un modo di ragionareper Stati e foriero nel passato di nefaste conseguenze?Se c un passato non lontano in cui queste diverse re-
alt facevano parte di un unico Stato e la diversit fun-zionava (non a caso quando Sarajevo era una citt mul-tietnica era considerata culturalmente allavanguardia),una via di uscita ci deve essere. E questa via di uscita po-
creazione di una terza entit). E cos si arriva a un nuovoparadosso, perch essendo i rappresentanti di questi par-titi dalla forte retorica nazionalista tutti eletti democra-ticamente dal popolo, il nazionalismo ottiene in questomodo una legittimazione attraverso elezioni democrati-che. vero che i Balcani sono dunque un mondo com-plicato, vero che i politici hanno complicato tale situa-zione, ma vero anche che gli approcci internazionalihanno contribuito alle contraddizioni che si vivono. Co-s come vale per la Turchia, eterna fidanzata dellUe, lamancanza di una prospettiva chiara dintegrazione del-larea da parte dellUnione europea potrebbe influenza-re negativamente lopinione pubblica delineando scena-ri negativi. Ad esempio la scelta dellUe di non dispen-sare la Bosnia Erzegovina e lAlbania dallobbligo del vi-sto per laccesso allarea Schengen (a differenza di Ser-bia, Montenegro e Macedonia) genera contraddizioniperch, se i serbi e i croati di Bosnia possono avvalersidella doppia cittadinanza per accedere allarea Schen-gen, altrettanto non pu dirsi per i musulmani (bosgnac-chi) di Bosnia. Non possono farlo inoltre i kosovari e ne-anche gli albanesi (entrambi musulmani). Pu essere unacoincidenza ma ci non esclude che nei Balcani alcuniritengano che questa scelta non sia totalmente casualema abbia a che vedere con la paura dellIslam radicale.Questo un punto importante. Perch lunica popolazio-ne musulmana in Europa nei Balcani.
Lex ambasciatore Usa, Willian Montgomery, che ha lavoratoa lungo nella regione, ha sostenuto, in un editoriale delNew York Times a giugno 2009, che per poter pervenirea una soluzione in Bosnia Erzegovina sia necessarioadottare un approccio che prenda seriamentein considerazione le esigenze del luogo e la storiadi questa regione. Questo significherebbe,secondo Montgomery, permettere alla Repubblica serbadi Bosnia di tenere prima o poi un referendumsullindipendenza, con le dovute garanziee sotto la supervisione della comunit internazionale. Questo ci che ripete la stessa Serbia. Se al Kosovo
con maggioranza albanese stato permesso di separarsidalla Serbia, perch i serbi di Bosnia non possono segui-re lo stesso percorso? Del resto chi conosceva bene la re-alt jugoslava sapeva che una disintegrazione selvaggiasarebbe finita male e che la Bosnia Erzegovina ne avreb-be pagato il prezzo pi alto. Sebbene rappresentasse una
Un cittadino serbo appende le sue chiavi di casa in Croazia
durante la cerimonia, nella chiesa di Saint Marko a Belgrado,
in ricordo dei connazionali uccisi in questo Paese
nel 1995 durante loperazione militare denominata Storm.
Loperazione, concepita per riprendere il controllo di una parte
della Croazia rivendicata dai separatisti serbi,
dur 84 ore e fu il pi grande attacco militare
via terra dai tempi della Seconda guerra mondiale.
o pendenti allAja: potrebbe questa essere una strada percorribile ai fini del rilancio di un vero dialogo fra le varie comunit etnico-nazionali della regione?Si tratta sicuramente di un passo molto positivo, so-
prattutto ai fini di un processo di reintegrazione. Alla fi-ne, dopo tutti questi discorsi, evidente quanto tali Pae-si siano comunque accomunati dalle sofferenze lascia-te dalla guerra e abbiano tutti problemi economici simi-li. A proposito di questa proposta, credo sar accettatamolto volentieri anche dal presidente serbo Tadic cheha un profilo simile a quello del nuovo presidente croa-to. Questa visione del presidente croato dunque unesempio e lidea dellintegrazione regionale nellUe enella Nato rimane la principale linea guida per perveni-re a una soluzione. .
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