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CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME CONFERENZA PERMANENTE TRA LO STATO, LE REGIONI, LE PROVINCE AUTONOME E IL CONSIGLIO GENERALE DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO (CGIE)

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CONFERENZA DELLE REGIONI E

DELLE PROVINCE AUTONOME

CONFERENZA PERMANENTE

TRA

LO STATO, LE REGIONI, LE PROVINCE AUTONOME E IL

CONSIGLIO GENERALE DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO (CGIE)

Roma, 29-30 novembre e 1 dicembre 2005

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI – SALA CONFERENZE INTERNAZIONALI

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INDICE CRONOLOGICO

Presentazione pag. 4

Programma della Conferenza pag. 5

Martedi’ 29 novembre 2005 – Sessione mattutina:

- Relazione introduttiva del Sottosegretario agli Affari Esteri, Sen. Roberto Antonione pag. 9(messaggio del Ministro degli Affari Esteri e Presidente del CGIE, On.le Gianfranco Fini)

- Ministro per gli Affari Regionali, Sen. Enrico La Loggia pag. 11 (messaggio del Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri, On.le Silvio Berlusconi)

- Segretario Generale del CGIE, Franco Narducci pag. 13- Presidente Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome,

Vasco Errani pag. 18 - Ministro per gli Affari Regionali, Sen. Enrico La Loggia pag. 20- Vice Presidente Commissione Affari Costituzionali del Senato, Sen. Luciano Magnalbo’ pag. 25 - Sottosegretario per la Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo pag. 27 - Presidente della VI Commissione del CGIE, Claudio Micheloni pag. 29- Vice Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, On Antonio Martusciello pag. 31- Presidente della Regione Toscana, Claudio Martini pag. 32- Presidente della I Commissione del CGIE, Antonino Randazzo pag. 35- Vice Presidente della II Commissione del CGIE, Aldo Lorenzi pag. 37- Presidente della IV Commissione del CGIE, Giovanni Graziano Tassello pag. 38

Martedì 29 novembre 2005 - Sessione pomeridiana:

- Presidente della III Commissione del CGIE, Mario Tommasi pag. 41- Ministro per l’Ambiente e la Tutela del Territorio. On. Altero Matteoli pag. 45- Presidente della V Commissione, Franco Santellocco pag. 47- Presidente della VII Commissione, Carlo Erio pag. 49- Vice Segretario per l’America Latina, Luigi Pallaro pag. 51- Vice Segretario per i Paesi Anglofoni Extraeuropei, Marco Fedi pag. 52- Vice Segretario per l’Europa e l’Africa del Nord, Elio Carozza pag. 55- Vice Segretario per i Consiglieri di Nomina Governativa, Andrea Amaro pag. 56- Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le Politiche Sociali, On. Saverio Romano pag. 57- Approvazione documento finale pag. 59

Mercoledì 30 novembre - Mattina - Gruppo di Lavoro “Internazionalizzazione”

- Relazione di introduzione al dibattito sul documento tematico “Internazionalizzazione. Tematiche e problematiche. Il ruolo delle comunità italiane all’estero”. pag. 61

- Tullio Di Pietro, Dirigente Ministero delle Attività Produttive pag. 66 - Raffaella Pallamolla, Rappresentante della Regione Puglia pag. 67- Franco Santellocco, Presidente della V Commissione del CGIE pag. 68- On. Mirko Tremaglia, Ministro per gli Italiani nel Mondo pag. 71- Dibattito pag. 74

Mercoledì 30 novembre 2005 – Pomeriggio - Gruppo di Lavoro “Ambito Sociale e Tutela dei Diritti”

- Relazione di introduzione al dibattito sul documento tematico “Ambito sociale e tutela

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dei diritti pag. 83- Isabella Menichini, Dirigente Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali pag. 85- On.le Teresa Angela Migliasso, Assessore al Welfare, Lavoro, Immigrazione ed Emigrazione della Regione Piemonte pag. 87- Roberto Volpini, Consigliere II Commissione del CGIE pag. 90- Dibattito pag. 92

Incontro con il Signor Presidente della Repubblica – Palazzo del Quirinale

- Ministro per gli Affari Regionali, Sen. Enrico La Loggia pag. 96- Signor Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi pag. 98

Giovedì 1 dicembre - Mattina - Gruppo di Lavoro “Riforma dello Stato”:

- Relazione di introduzione al dibattito sul documento tematico “Riforma dello Stato” pag. 101- Claudio Tucciarelli , Capo Dipartimento per le Riforme Istituzionali pag. 104- Renato Catalano, Direttore Generale del Dipartimento Affari Regionali pag. 107- Giacomo Canepa, Vice Presidente della III Commissione del CGIE pag. 114- Dibattito pag. 115

Giovedì 1 dicembre – Pomeriggio - Gruppo di Lavoro “Lingua, Culturae Formazione Professionale” :

- Relazione di introduzione al dibattito sul documento tematico “Lingua, cultura e formazione professionale pag. 123

- Min. Adriano Benedetti, Direttore Generale DGIEPM, Ministero Affari Esteri pag. 125- Fabrizio Bruno, Dirigente Responsabile Emigrazione, Regione Piemonte pag. 128- Alberto Di Giovanni, Vice Presidente della IV Commissione del CGIE pag. 130- Vera Marincioni, Direttore Generale, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali pag. 131- Dibattito pag. 132

Documenti della Conferenza:

- Documento Finale pag. 142- Documento finale della Conferenza Stato Regioni del 2002 pag. 145

Appendice

- Legge 6 novembre 1989 n. 368 – Istituzione del CGIE- Legge 18 giugno 1998 n. 198 – modifica del CGIE ed istituzione Conferenza permanente

Stato-Regioni Province Autonome-CGIE pag. 152

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PRESENTAZIONE

Dal 29 novembre al 1 dicembre 2005 si è svolta a Roma, presso il Ministero degli Affari Esteri, la seconda convocazione della Conferenza Permanente tra lo Stato, le Regioni, le Province Autonome e il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE).

La Conferenza, convocata dal Presidente del Consiglio, è disciplinata, come è noto, dalla Legge del CGIE, la quale, tra l’altro, ne indica la composizione: lo stesso Presidente del Consiglio; il Ministro degli Affari Esteri; il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; il Ministro per i Beni e le Attività Culturali; il Ministro per gli Italiani nel Mondo e i Presidenti delle competenti Commissioni Parlamentari di Senato e Camera per lo Stato; i Presidenti e gli Assessori con delega all’emigrazione per le Regioni; i Presidenti dell’ANCI e dell’UPI per le Autonomie Locali; i membri del CGIE.

La Seconda convocazione della Conferenza, che ha il compito di “indicare le linee programmatiche per la realizzazione delle politiche del Governo, del Parlamento e delle Regioni per le comunità italiane all’estero”, è stata preparata da una cabina di regia, composta da rappresentanti delle tre componenti (Stato, Regioni, CGIE), coadiuvata dai Presidenti delle Commissioni Tematiche del CGIE, con particolare apporto della Sesta Commissione, costituita per l’organizzazione della Conferenza Permanente. Sono stati individuati quattro ambiti tematici, Internazionalizzazione, Ambito Sociale e Tutela dei Diritti, Riforma dello Stato, Lingua, Cultura e Formazione Professionale, da proporre alla Conferenza per un approfondimento in vista della Terza convocazione.

La Conferenza, accogliendo l’impostazione proposta dalla Cabina di Regia, ha approvato un Documento che ribadisce il carattere permanente della sua attività, individuando un percorso di approfondimento delle quattro tematiche sopra indicate, nonché momenti di raccordo con l’attività del CGIE al quale, come previsto dalla legge, compete la segreteria.

Questa pubblicazione raccoglie gli atti più importanti della Conferenza, a partire dagli interventi dei partecipanti, tra i quali quello inaugurale del Ministro per gli Affari Regionali, Sen. La Loggia, in rappresentanza del Presidente del Consiglio, On. Silvio Berlusconi. Essa contiene poi la relazione introduttiva del Consigliere del CGIE Claudio Micheloni, il documento finale della Conferenza e i documenti dei quattro ambiti tematici

In appendice, infine, sono riportati il testo della Legge istitutiva del CGIE e il documento, approvato dalla Prima convocazione della Conferenza nel marzo del 2002.

Roma, marzo 2006

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Programma

Martedi’ 29 novembre 2005

Inno Nazionale

10.00 Intervento del Sottosegretario agli Affari Esteri, Sen. Antonione, in rappresentanza del Ministro degli Affari Esteri e Presidente del CGIE, On. Gianfranco Fini.

Intervento del Sen. La Loggia, in rappresentanza del Presidente del Consiglio, On. Silvio Berlusconi.

Intervento del Segretario Generale del CGIE, Franco Narducci

Intervento del Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Vasco Errani.

11.30 Caffè

11.45 Interventi:

- Ministro per gli Affari Regionali, Sen. Enrico La Loggia;- Vice Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, Sen.

Luciano Magnalbo’;- Sottosegretario per la Regione Lombardia, Raffele Cattaneo;- Presidente della VI Commissione del CGIE, Claudio Micheloni;- Vice Ministro dei Beni e delle Attivita’ Culturali, On. Antonio Martusciello;- Presidente della Regione Toscana, Claudio Martini;- Presidente della I Commissione del CGIE, Antonino Randazzo- Vice Presidente della II Commissione del CGIE, Aldo Lorenzi- Presidente della IV Commissione del CGIE, Giovanni Graziano Tassello

14.00 Buffet

15.00 Interventi:

- Presidente della III Commissione del CGIE, Mario Tommasi- Ministro per l’Ambiente e la Tutela del Territorio, On. Altero Matteoli- Presidente della V Commissione del CGIE, Franco Santellocco- Presidente della VII Commissione del CGIE, Carlo Erio- Vice Segretario del CGIE per l’America Latina, Luigi Pallaro- Vice Segretario del CGIE per i Paesi Anglofoni extraeuropei, Marco Fedi- Vice Segretario del CGIE per l’Europa e l’Africa del Nord, Elio Carozza- Vice Segretario Generale del CGIE per i Consiglieri di nomina governativa, Andrea

Amaro- Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le Politiche Sociali, On. Saverio Romano

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17,30 Adozione del documento e chiusura dei lavori

Mercoledi’ 30 novembre 2005

10.00 -11.30 Relazioni di introduzione al dibattito sul Documento Tematico “Internazionalizzazione”

Moderatori: Segretario Generale del CGIE, Franco Narducci, Presidente VI Commissione Tematica del CGIE, Claudio Micheloni

- Relatore per il Governo, Tullio Di Pietro, Dirigente della Direzione Generale Sviluppo e Scambi del Ministero delle Attività Produttive

- Relatore per le Regioni: Raffaella Pallamolla, Rappresentante Regione Puglia- Relatore per il CGIE: Franco Santellocco, Presidente V Commissione Tematica - Intervento del Ministro per gli Italiani nel Mondo, On Mirko Tremaglia

11.30-11.45 Caffè

11.45-13.00 Dibattito e chiusura lavori

14.30-15.00 Relazioni di introduzione al dibattito sul Documento Tematico

“Ambito Sociale e Tutela dei Diritti”:

Moderatori: Segretario Generale del CGIE, Franco Narducci, Presidente VI Commissione Tematica del CGIE, Claudio Micheloni

- Relatore per il Governo: Dott.ssa Isabella Menichini, Dirigente Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

- Relatore per le Regioni: On. Teresa Angela Migliasso, Assessore al Welfare, Lavoro, Immigrazione ed Emigrazione, Regione Piemonte,

- Relatore per il CGIE: Roberto Volpini, Membro della II Commissione Tematica

15.00-16.00 Dibattito

16.00-16.15 Caffè

16.15-17.30 Dibattito e chiusura lavori

18.30-19.30 Incontro con il Signor Presidente della Repubblica – Palazzo del Quirinale

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Giovedì 1 dicembre

10.00-10.30 Relazioni di introduzione al dibattito sul Documento Tematico “Riforma dello Stato”

Moderatori: Segretario Generale del CGIE, Franco Narducci, Presidente VI Commissione Tematica del CGIE, Claudio Micheloni

- Relatori per il Governo: Claudio Tucciarelli, Capo Dipartimento per le Riforme Istituzionali Renato Catalano, Direttore Generale Dipartimento Affari Regionali

- Relatore per il CGIE : Giacomo Canepa, Vice Presidente III Commissione Tematica

10.30-11.30 Dibattito

11.30-11.45 Caffè

11.45-13.00 Dibattito e chiusura lavori

14.30-15.00 Relazioni di introduzione al dibattito sul Documento Tematico “Lingua, Cultura e Formazione Professionale”

Moderatori: Segretario Generale del CGIE, Franco Narducci, Presidente VI Commissione Tematica del CGIE, Claudio Micheloni

- Relatori per il Governo: Min. Plen. Adriano Benedetti, Direttore Generale della DGIEPM, Ministero Affari Esteri

Vera Marincioni, Direttore Generale, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,

- Relatore per le Regioni: Fabrizio Bruno, Dirigente Responsabile Emigrazione Regione Piemonte

- Relatore per il CGIE: Alberto Di Giovanni, Vice Presidente della IV Commissione Tematica,

15.00-16.00 Dibattito

16.00-16.15 Caffè

16.15-17.30 Dibattito e chiusura lavori

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Martedì 29 novembre 2005

Interventi della sessione mattutina

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Sen. Roberto ANTONIONE, Sottosegretario agli Affari Esteri

È con vivo piacere che a nome del ministro Fini inauguro i lavori della Seconda Assemblea Plenaria della Conferenza Permanente tra Stato, Regioni, Province Autonome e Consiglio Generale degli Italiani all’Estero.A distanza di tre anni dalla precedente convocazione, la Conferenza che si apre oggi ha il compito impegnativo di indicare le linee programmatiche per le politiche del Governo, del Parlamento e delle Regioni per i connazionali all’estero, alla luce soprattutto dei mutamenti economici e sociali avvenuti nel corso degli ultimi anni. Su tali basi, in particolare il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero potrà orientare le proprie attività tenendo in considerazione non solo gli indirizzi del Governo, ma tutti i contributi provenienti dalle Regioni e dagli enti autonomi, i quali dovranno a loro volta ispirarsi alle risultanze della Conferenza. Un compito impegnativo, e tuttavia necessario, legato al maggior profilo riconosciuto anche sul piano esterno a Regioni e Province Autonome dalle modifiche apportate nel 2001 alla Carta Costituzionale, che è stato ribadito anche dalla riforma recentemente approvata dai due rami del Parlamento. Tale maggiore protagonismo in sostanza corrisponde alla maggiore autonomia loro conferita anche nei confronti dei connazionali all’estero.La cornice in cui le iniziative regionali si inseriscono rimane, anche in questo settore, quella di uno Stato unitario; unitarietà e decentramento devono non escludersi, ma completarsi a vicenda. Allo stesso modo, il doveroso rispetto delle diverse realtà locali e dell’autonomia delle loro iniziative non contraddice l’altrettanto doverosa coerenza del quadro di insieme in cui vanno a innestarsi, che proprio nella loro pluralità può trovare un fattore di specifica qualificazione e ulteriore arricchimento. È quindi auspicabile che la Conferenza che inauguriamo oggi offra anche un momento di riflessione, utile in vista di una programmazione più concertata e integrata degli interventi pubblici, statali e locali, in favore delle comunità italiane all’estero.L’esperienza maturata negli ultimi tempi sia in materia economico-commerciale, sia di diffusione e promozione della lingua e cultura italiane, sia di assistenza ai più bisognosi, suggerisce che esiste spazio per un migliore e più efficace coordinamento delle iniziative di ciascuno, che andrebbe innanzitutto nell’interesse dei nostri connazionali, ma anche in direzione dell’attuazione concreta di quella logica di sistema-Paese di cui tanto spesso si parla, ma che ci si deve maggiormente impegnare per trasferire dalle parole ai fatti. Del sistema Italia, infatti, i nostri connazionali all’estero sono protagonisti importanti; essi portano con sé un senso di identità nazionale particolarmente spiccato, che arricchiscono a loro volta di un contributo che rispecchia le multiformi specificità del nostro Paese, concorrendo così alla diffusione nei Paesi di residenza dei valori civili comuni all’Italia e all’Europa. In passato gli italiani all’estero hanno sempre contribuito in modo significativo, e spesso decisivo, allo sviluppo economico del Paese. Oggi più che mai essi sono parte integrante della concreta articolazione del sistema Italia, espressione e testimonianza diretta dell’immagine dell’Italia nel mondo.In tale contesto è fondamentale sottolineare l’importanza dell’appuntamento elettorale del prossimo anno, che rappresenterà per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana la possibilità di votare per tutti i connazionali residenti all’estero. Come è stato evidenziato in occasione del referendum sulla

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procreazione assistita del giugno scorso, che ha registrato una partecipazione al voto in alcuni casi superiore a quella nazionale, le collettività italiane all’estero sono desiderose di partecipare attivamente alla vita del Paese, al quale sono legate da radici ancora molto salde. La creazione, quindi, della Circoscrizione estero, che permette l’elezione di 12 deputati e 6 senatori in rappresentanza degli italiani residenti all’estero, costituirà un momento storico nella vita del Paese. Desidero con l’occasione ribadire che il Ministero degli Esteri è impegnato assiduamente, al meglio delle sue possibilità, ad assicurare che tale storico appuntamento si svolga nel modo migliore e più ordinato possibile.Sul piano politico, con grande soddisfazione abbiamo accolto pochi giorni fa la decisione del Governo canadese di consentire ai cittadini italiani residenti in Canada di esercitare il diritto di voto attivo e passivo; sono stati così coronati da successo mesi di intensa attività di sensibilizzazione diplomatica nei confronti del Governo di Ottawa, svolta a ogni livello.Sul piano operativo va manifestato vivo apprezzamento per il lavoro svolto dal Comitato Anagrafico Elettorale che, raggruppando in sé diverse istanze della Pubblica Amministrazione, ha predisposto un articolato piano di intervento per consentire agli italiani nel mondo di votare in occasione delle prossime elezioni politiche. Sono state superate difficoltà ragguardevoli e, malgrado rimangano ostacoli non trascurabili, desidero ribadire che verrà profuso il massimo impegno per assicurarne il superamento.Come ho già sottolineato, il Governo è perfettamente consapevole dell’essenziale ruolo degli italiani che vivono e lavorano all’estero, risorsa di primaria importanza per la promozione della lingua e della cultura, ma anche dell’economia e, più in generale, degli stessi interessi del nostro Paese all’estero. Per tale ragione le quattro tematiche all’ordine del giorno di questa Conferenza – riforma dello Stato; internazionalizzazione; lingua, cultura e formazione professionale; ambito sociale e tutela dei diritti – aggiungendosi al tradizionale impegno del CGIE, saranno oggetto di lavoro e di attento approfondimento nel prossimo triennio.Il percorso da compiere è ancora lungo e molteplici sono le azioni che restano da intraprendere in questi campi. Si deve avviare un’attenta riflessione sulla riforma dello Stato in relazione ai diritti e doveri dei nostri connazionali all’estero; vanno individuati approcci nuovi per valorizzare il ruolo degli italiani all’estero nel settore della internazionalizzazione; occorre approfondire le politiche a sostegno della diffusione della lingua e cultura, e della formazione professionale, con particolare attenzione alle nuove generazioni nate all’estero; è necessario rafforzare l’azione di assistenza in ambito sociale nei confronti delle fasce dei connazionali meno fortunati. Per il raggiungimento di tali complessi obiettivi sarà indispensabile il massimo impegno da parte di tutti i componenti della Conferenza nella definizione delle modalità e dei criteri di lavoro per i prossimi anni.Auguro quindi di vivo cuore ai partecipanti alla Conferenza di cogliere, al termine della presente riunione, i risultati tanto attesi.

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Sen. Enrico LA LOGGIA, Ministro per gli Affari Regionali

Reco il saluto del presidente Berlusconi, che me ne ha espressamente incaricato:“L’intenso calendario di impegni istituzionali non mi consente, come avrei voluto, di partecipare alla Conferenza Permanente Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE.Il compito che la legge conferisce alla Conferenza è più che mai attuale alla luce delle trasformazioni in atto sia sul piano internazionale, con l’affermarsi della globalizzazione, sia su quello interno, con le importanti riforme costituzionali realizzate. I nuovi scenari coinvolgono le nostre collettività all’estero in un mondo sempre più interdipendente. L’Italia è l’unico grande Paese industriale che dispone di un’importante rete di collettività affermate nei Paesi di accoglimento; esse rappresentano una risorsa aggiuntiva sia sul piano economico che su quello della diffusione della nostra cultura.Gli italiani nel mondo saranno sempre più un elemento centrale nella definizione della politica estera del Paese, uno strumento insostituibile della sua proiezione nel mondo. D’altro canto, mentre l’Italia sta cambiando, occorre evitare che le nostre comunità nel mondo, impegnate nel delicato processo di integrazione nelle realtà di insediamento, perdano il raccordo con la società di origine, sentendosi estranee ai mutamenti istituzionali, economici e sociali favoriti dalle riforme costituzionali.La Conferenza Permanente Stato-Regioni-PA-CGIE rappresenta una preziosa occasione di collegamento tra le due Italie, quella entro i confini e quella fuori dai confini nazionali. Essa costituisce un soggetto autonomo, l’unico previsto dal legislatore, al quale concorrono in modo paritario le tre componenti istituzionali più coinvolte nei rapporti con le comunità all’estero: le istituzioni centrali dello Stato, rappresentate dal Governo e dal Parlamento; le Autonomie locali, con le Regioni e le Province Autonome; e il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, che rappresenta il naturale portavoce delle esigenze delle comunità espatriate.Alla Conferenza è assegnato il compito di indicare gli indirizzi delle politiche del Governo, del Parlamento e delle Autonomie locali nei confronti delle collettività all’estero. È evidente che tale attività, nel pieno rispetto dell’autonomia delle parti coinvolte, rappresenta un fondamentale esercizio di coordinamento che scaturisce da un confronto tra i soggetti più implicati nei rapporti dell’Italia con i suoi cittadini all’estero. Questo coordinamento comporta anche l’esigenza di coniugare la flessibilità negli interventi con le aspettative dei connazionali nel mondo. Considero la flessibilità un aspetto chiave per collegare due tendenze apparentemente contraddittorie ed entrambe caratteristiche dei nostri tempi, in Italia come nel resto del mondo. Mi riferisco a fenomeni ai quali ho accennato, quello della globalizzazione e quello del decentramento. Il Governo italiano è orgoglioso di aver risposto con la dovuta attenzione alle sfide rappresentate da entrambi i fenomeni. Il Ministero degli Affari Esteri, che ospita oggi questa riunione, è sempre più protagonista nell’affermazione dell’Italia in un mondo nel quale l’interdipendenza tra gli attori e tra i diversi problemi è una realtà di cui tenere conto. D’altra parte l’Italia, con la recente riforma costituzionale, ha rafforzato e modernizzato le proprie istituzioni per assicurare alle realtà locali più vicine ai cittadini un ruolo più forte all’interno di un Paese che saprà meglio difendere i propri interessi nazionali. Ogni sfida deve rappresentare un’opportunità. La

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sfida costituita dalla convivenza dei fenomeni della globalizzazione e dell’internazionalizzazione non è solo italiana, ma il nostro Paese in più ha la risorsa rappresentata dagli italiani all’estero. La Conferenza, con la sua composizione rappresentativa delle istanze interessate a tali fenomeni, ha la possibilità di cogliere questa opportunità speciale offerta all’Italia.In tale contesto i protagonisti in ultima istanza devono essere gli italiani nel mondo. Sono orgoglioso di aver guidato nel corso di questa legislatura il Governo che, dopo decenni di attesa, ha finalmente riconosciuto appieno il loro ruolo con un apposito Ministero guidato dall’on. Mirko Tremaglia, che con la sua azione generosa ha dato concretezza al sogno di milioni di connazionali di essere fino in fondo italiani esercitando i propri diritti democratici e vedendo pienamente valorizzato il grande contributo che, attraverso il proprio sacrificio, hanno fornito alla Patria e ai Paesi che li hanno accolti.Le tematiche sulle quali la Conferenza dovrà confrontarsi si riferiscono a quattro ambiti proposti dal Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, quale rappresentante delle collettività: riforma dello Stato; internazionalizzazione; ambito sociale e tutela dei diritti; lingua, cultura e formazione professionale. Sono questioni complesse che vanno coniugate con le diverse realtà delle nostre collettività insediate nelle più disparate aree geografiche, dalle Americhe all’Australia e dall’Africa all’Europa. Si tratta inoltre di temi che si riferiscono all’attualità dei rapporti tra il nostro Paese e le sue collettività all’estero. In particolare, nell’ambito delle riforme costituzionali, l’istituzione di una circoscrizione elettorale per l’estero è un’opportunità straordinaria per dare finalmente voce in Parlamento ai rappresentanti dei cittadini residenti fuori del territorio nazionale. Sulla base di tale riforma il Parlamento, nell’intento di garantire pienezza di contenuti e diritto di cittadinanza e di partecipazione politica agli italiani all’estero, ha approvato la legge per il voto all’estero, voluta dal ministro Tremaglia.L’attualità degli argomenti da trattare si ricollega anche a un passaggio generazionale: la generazione emigrata nel Dopoguerra sta passando la mano a quelle nate all’estero. Per queste ultime non si tratta di acquisire la lingua e la cultura locali, ma di mantenere o addirittura recuperare quella italiana; non si tratta tanto di inserirsi in una società di accoglimento, ma di mantenere legami con il Paese di origine, che spesso è profondamente cambiato rispetto all’immagine che era stata trasmessa dai genitori. Sarà importante coinvolgere le generazioni che costituiscono il futuro delle nostre comunità all’estero e hanno spesso una conoscenza solo indiretta dell’Italia.Analogo sforzo dovrà essere compiuto per accrescere il ruolo della componente femminile, valorizzando l’Osservatorio delle donne italiane all’estero, che è uno dei seguiti operativi della Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo. Il complesso dei rapporti dell’Italia con le proprie collettività all’estero richiederà un impegnativo approfondimento, di cui questa Assemblea è chiamata a definire il tracciato.So di aver descritto sfide e opportunità ben note ai presenti. Rivolgo di cuore a tutti un caloroso augurio di buon lavoro, nella certezza che un sereno e costruttivo dialogo possa favorire le opportune sinergie anche in omaggio al carattere permanente della Conferenza”.

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Franco NARDUCCI, Segretario Generale del CGIE

Tre anni fa in questa stessa sala, preceduta da una intensa fase preparatoria, si riunì per la prima volta l’Assemblea Plenaria della Conferenza Permanente Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE, istituita dal Parlamento italiano per dare risposta alle esigenze di elaborazione programmatica e di coordinamento operativo tra i diversi soggetti istituzionali che concorrono alla realizzazione delle politiche verso gli italiani all’estero. Quella esperienza, così carica di attese e di significato, non ha avuto i seguiti sperati e, nonostante tutti gli sforzi compiuti dal gruppo di lavoro costituito per gestire le operazioni post Conferenza, il CGIE ha continuato a operare in assenza di quell’indirizzo politico-amministrativo che dovrebbe costituire l’ovvia conseguenza delle linee programmatiche indicate dalla Conferenza. Nel frattempo Stato e Regioni – all’infuori dell’intervento congiunto per far fronte all’emergenza Argentina – non sono riusciti a imprimere una svolta alle politiche per gli italiani nel mondo, facendo crescere soprattutto la nuova cultura del “fare sistema”, teorizzata con insistenza tre anni fa e che ora deve emergere da questa Conferenza.Ho voluto richiamare questi fondamentali passaggi che hanno inciso sulla prima Assemblea Plenaria della Conferenza perché la VI Commissione Tematica del CGIE, i gruppi di lavoro e la cabina di regia, memori della precedente esperienza, hanno operato per strutturare e dare senso a questa seconda Assemblea Plenaria, ponendosi due fondamentali obiettivi: una strategia per incidere innovativamente sulle politiche per gli italiani nel mondo, da realizzare attraverso un percorso a carattere permanente; e una ricerca di intese metodologiche per la piena condivisione delle scelte della Conferenza da parte dei soggetti che la compongono.Il senso dell’innovazione si identifica soprattutto nel rinnovato impegno a promuovere la cultura del fare sistema con il coinvolgimento del tessuto associativo degli italiani nel mondo, una potenzialità che le Regioni hanno riconosciuto da tempo e con cui hanno sviluppato una crescente rete di relazioni.La Conferenza offre la possibilità di mettere in circuito con criteri sistematici le molteplici iniziative sviluppate dalle Autonomie locali e dallo Stato nelle loro proiezioni all’estero e di attivare sinergie e azioni combinate di cui l’Italia ha indubbiamente bisogno per stimolare una prospettiva di sviluppo. In tal senso, le linee programmatiche che la Conferenza deve indicare non costituiscono un esercizio ozioso e non soffocano la capacità di agire dei singoli protagonisti, ma hanno un compito significativo ed entusiasmante: ridare forza e prospettiva di lungo periodo alle politiche verso gli italiani residenti all’estero in un quadro fortemente variabile e largamente dominato dai fenomeni e dai processi di mondializzazione.La globalizzazione pone numerose domande a livello culturale, sociale ed economico sul ruolo delle comunità italiane all’estero, sulle opportunità che offrono in termini di sviluppo a livello locale e in un’ottica transnazionale. La globalizzazione ha dato maggiori responsabilità alle Regioni nel predisporre le condizioni di competitività del territorio governato, ed è noto quanto sia reale e consistente l’intreccio economico tra i cittadini emigrati e la loro regione di origine. Un intreccio che spesso nasce da aspetti culturali, oltre che affettivi, ma anche dal lavoro proficuo svolto dalle Consulte regionali.Con ciò non si intende, tuttavia, avallare una visione strettamente

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economicistica della Conferenza, bensì evidenziare la necessità di interventi orientati all’esercizio di una cogente sussidiarietà istituzionale per far fronte alle diverse situazioni create dalla globalizzazione nelle realtà geografiche ed economiche che hanno accolto grandi comunità italiane.Il processo di globalizzazione, che inizialmente sembrava portare a una unificazione planetaria di tutti i processi di scambio e di mercato, ha poi mostrato uno sfilacciamento progressivo. Oggi i Paesi europei e nordamericani vedono parzialmente messa in discussione la propria egemonia. Sta emergendo un nuovo assetto economico nel pianeta, caratterizzato da una globalizzazione ad arcipelago, con un orientamento degli scambi internazionali che va in senso diverso rispetto a quello previsto dall’integrazione globale.Il concetto di arcipelago esprime i due livelli in cui si muove l’economia mondiale. Il primo è rappresentato da una serie di aggregazioni regionali, isole caratterizzate da una complementarietà economica e da tratti culturali omogenei. Il secondo consiste in un insieme di istituzioni, regole, flussi economici globali, che conferiscono unitarietà all’economia del pianeta, dove le diverse isole economiche sono in collegamento tra loro. Vi appartengono settori di attività che mantengono il proprio carattere autonomo, quali il sistema finanziario, le reti di trasporto e comunicazione, nonché i settori più tradizionali del commercio globale, così come dell’industria.Tuttavia, in questo scenario della competitività globale, assistiamo anche a dinamiche che tendono a escludere intere aree geografiche. Infatti alcuni Paesi, come gran parte di quelli africani, vedono aumentare la loro povertà e rimangono ai margini dell’economia mondiale; altri emergono, invece, con ritmi di crescita accelerati. Una trasformazione epocale che sta ridisegnando la mappa economica, nella quale i Paesi dell’Asia meridionale e orientale oggi rappresentano il 55 percento della crescita mondiale e mettono in allarme tanti Paesi occidentali, tra cui l’Italia.All’interno di questo processo si sta facendo strada una nuova divisione del lavoro a livello globale, in cui i Paesi europei, e tra essi l’Italia, hanno la necessità di ricollocarsi. Pur con qualche semplificazione, si potrebbe dire che oggi in alcuni Paesi – in generale quelli dell’area OCSE – si lavora già prevalentemente comunicando; in altri si lavora prevalentemente fabbricando; in altri ancora si lavora sopravvivendo, con il prevalere di modelli di economia informale.Le sfide e le scelte che l’Italia si trova di fronte sul versante dello sviluppo e del lavoro si collocano all’interno del contesto europeo per l’appartenenza politica, economica e culturale dell’Italia alla casa europea e alle strategie che i Paesi dell’UE si sono dati a partire da Lisbona 2000, che puntano alla costruzione di una economia basata sulla conoscenza. Ma l’Italia, che come tutti gioca le proprie sfide sullo scacchiere mondiale, può contare su una diffusa rete internazionale di cittadini italiani e cittadini di origine italiana che, nonostante i processi di integrazione molto avanzati, hanno forte il senso delle comuni radici di valori, di identità culturale e il legame che in genere unisce l’emigrazione con il nostro Paese.In queste comunità esistono professionalità che occorre sostenere attuando politiche in raccordo con quelle dei Governi locali, allo scopo di promuovere il lavoro, le attività culturali e le occasioni di scambio commerciale, ampliando il raggio della solidarietà e del riconoscimento di pari opportunità con i residenti. Tanto più risulta allora incomprensibile il silenzio misterioso che da quasi tre anni è calato sulle iniziative di formazione professionale facenti capo al

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Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dirette ai connazionali residenti nei Paesi extra Unione Europea.Il CGIE ha moltiplicato gli sforzi affinché le risorse investite in formazione professionale nelle succitate aree geografiche siano portatrici di benefici reali e accertati e di valore aggiunto spendibile sul mercato del lavoro, poiché proprio in grandi aree geografiche, come l’America Latina e l’Africa, vi è un assoluto bisogno di intensificare e sviluppare efficacemente la collaborazione tra il mondo produttivo e quello della formazione professionale.Non comprendiamo inoltre come nel sistema scolastico disegnato dalla legge n. 53/2003, che prevede una struttura a due percorsi o canali – quello liceale e quello dell’istruzione professionale – non si sia tenuto conto delle realtà scolastiche italiane esistenti all’estero e non sia stata svolta una riflessione sugli sviluppi che interessano i cittadini italiani residenti all’estero e i collegamenti con le ampie competenze affidate alle Regioni, cui la riforma in atto ha conferito già ampia delega normativa e operativa.È giustificato, dunque, guardare a questa Conferenza non soltanto come all’occasione di una solenne riaffermazione del valore della risorsa italiani nel mondo, che ormai è entrata nella consapevolezza della classe dirigente nazionale e locale, ma soprattutto come al primo momento di un’azione concertata dai diversi soggetti istituzionali che hanno poteri di intervento in questo campo, ai quali spetta il compito di concretizzare un rinnovato sistema di rapporti con le nostre comunità all’estero attraverso scelte progettuali e azioni di governo adeguate a trasferire la categoria della risorsa dalla sfera delle intuizioni e degli indirizzi di principio a quella della politica e della coerenza amministrativa.Oltre alla richiesta di attenzione, alla Conferenza è lecito dunque avanzare una richiesta di definizione di un preciso quadro programmatico e di individuare gli strumenti atti alla realizzazione dei quattro seminari tematici che di qui al 2008 dovranno garantire il carattere permanente della Conferenza e il coordinamento delle politiche rispondenti alle attese delle nostre comunità, che la stessa legge istitutiva della Conferenza richiede. Questo percorso dovrebbe facilitare e rendere più agevole la possibilità di instaurare il dialogo e il coinvolgimento delle nuove generazioni. Non si può pensare, infatti, che i giovani italiani all’estero, formatisi in contesti culturali diversi, caratterizzati dal largo uso delle tecnologie, possano rivolgersi ancora per lungo tempo con interesse a un’idea di italianità declinata in termini tradizionali e retorici, quando ogni momento della loro vita è riempito di stimoli di altro segno, e la loro stessa sensibilità si forma in un orizzonte diverso: quello della contemporaneità.Il vero problema, culturale e pratico, consiste nel basare la proposta di italianità su una definizione di identità che, pur tenendo conto delle specificità nazionali, consideri che sono in atto tre processi simili fra i giovani che vivono oltre confine: il primo processo: per i giovani l’esperienza migratoria diventa reversibile.

Oggi le distanze tra i Paesi si accorciano, ponendo l’emigrato e i suoi discendenti di fronte a una condizione duratura di transitorietà: si può sempre cambiare meta, laddove si presenti l’occasione o si subisca un improvviso rovescio del destino;

il secondo processo: la compresenza culturale; il terzo processo: la riflessività, ovvero la re-invenzione dell’italianità.Inoltre, emerge anche una tendenza di fondo che accomuna la condizione

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giovanile nei diversi Paesi: il distacco dalle reti associative della diaspora.Non vi è di che meravigliarsi. Questi enti hanno svolto un ruolo fondamentale in un’epoca che non appartiene più ai giovani, ma sono ancora decisivi per ravvivare la memoria. Per ridurre il distacco spesso si invoca il ricambio generazionale dei quadri dirigenziali di tali associazioni: con l’ingresso dei giovani tutto si risolverebbe quasi per incanto. L’impressione, invece, è che tale avvicendamento di cariche non sia sufficiente per risolvere il problema. Probabilmente servirebbe un ripensamento complessivo del ruolo dei giovani nell’associazionismo.In alcuni Paesi di non antica emigrazione il processo di integrazione stenta e crea pesanti problemi sul piano del successo scolastico e della posizione dei giovani nel mercato del lavoro. È un processo emarginante, che richiede un ripensamento anche delle politiche scolastiche attuate dallo Stato italiano. Non a caso, fin dagli anni Ottanta del secolo scorso, un grande sociologo come Ralf Dahrendorf aveva indicato come uno dei rischi maggiori del mondo contemporaneo il dissolvimento del vincolo sociale, che produce anomia, la quale a sua volta costituisce un grave pericolo per la società in quanto crea masse di persone indifferenti rispetto a tutto ciò che trascende l’orizzonte quotidiano. I fuochi accesi di recente nella banlieue parigina da immigrati di seconda o terza generazione stanno a dimostrarlo.La promozione del processo di integrazione deve avanzare di pari passo con la difesa del patrimonio linguistico e culturale italiano, che costituisce un valore aggiunto, decisivo anche ai fini di una migliore posizione professionale. In questo fondamentale ambito è particolarmente avvertita l’esigenza di un coordinamento reale tra le iniziative realizzate dai due attori istituzionali, che consentirebbe una migliore allocazione delle disponibilità finanziarie. A tal fine uno strumento di spendibilità immediata potrebbe essere un Fondo nazionale, da sottoporre a un attento controllo delle operazioni di finanziamento, che abbiamo già proposto in passato e potrebbe essere riconsiderato. In ogni caso non è possibile “correre con i sassi nello zaino”, e le politiche di taglio in questo campo sono da considerare alla stregua di un disinvestimento nel futuro.Promuovere la cultura italiana nel mondo significa anche difendere il sistema di informazione che gli italiani all’estero hanno costruito a prezzo di enormi sacrifici personali e finanziari. Non vorremmo esprimere un giudizio impietoso, ma i ripetuti appelli che il CGIE ha rivolto al Governo e al Parlamento, e a tutte le forze politico-parlamentari affinché venga adeguato lo stanziamento di 2 milioni di euro l’anno che devono essere ripartiti tra oltre 150 testate, che tirano circa 25 milioni di copie ed escono in 21 Paesi di quattro continenti, sono rimasti regolarmente inascoltati.La Conferenza Permanente Stato-Regioni-PA-CGIE cade alla vigilia del fondamentale appuntamento che vedrà gli italiani emigrati votare per la prima volta nelle Circoscrizioni elettorali all’estero ed eleggere una propria rappresentanza parlamentare. La conquista del voto all’estero è un avvenimento di portata storica, che premia lo sforzo di quanti, in tanti anni di impegno, hanno lavorato per riunificare le due Italie sul piano della cittadinanza compiuta. Dobbiamo valorizzare al massimo il voto, poiché nell’ambito delle politiche verso gli italiani all’estero, e delle sinergie che dall’estero si riversano verso l’Italia, rappresenta l’elemento in grado di produrre sostanziali mutamenti di segno positivo.Vi è un altro versante di riforma istituzionale che apre un orizzonte di novità per gli italiani all’estero: quello collegato alla riforma dello Stato e alla

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devoluzione. Negli ultimi decenni le Regioni hanno sviluppato una presenza tra gli italiani all’estero che, per volume complessivo e capillarità, non ha avuto eguali in confronto ad altre istanze dello Stato. In non rari casi il loro intervento ha svolto una funzione di vera e propria supplenza.Di tutto ciò ha beneficiato anche l’associazionismo regionale, che si è sviluppato in parallelo alla presenza delle Regioni, a volte favorendolo, a volte ricevendone impulso. Ora che le Regioni hanno visto rafforzati i propri poteri, è evidente l’interesse delle rappresentanze democratiche delle comunità, in primis dei Comites, di partecipare al delicato bilanciamento tra la legislazione di indirizzo, che compete allo Stato, e l’esercizio della concreta potestà normativa, che spetta alle Regioni. Su questo concetto ritengo che tutti debbano impegnarsi a riflettere seriamente e con continuità.Concludo il mio intervento ringraziando per l’attenzione e augurando che questa Plenaria possa individuare nel migliore dei modi le linee programmatiche degli interventi verso gli italiani all’estero.

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Vasco ERRANI, Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni

È un onore per me recare il saluto e rappresentare le Regioni e le Province Autonome in questa Conferenza. Viviamo un momento importante, cruciale, per alcuni aspetti storico, a partire dal voto, ma abbiamo bisogno – e questo deve essere l’obiettivo comune – di imprimere un nuovo impulso alla nostra iniziativa e una nuova politica alle nostre rappresentanze all’estero, oltre la retorica, oltre la vecchia nostalgia, oltre le impostazioni assistenziali.Se il sistema Italia investirà sulle comunità italiane all’estero, se insieme si sceglieranno alcuni percorsi, esse potranno rappresentare una rete strategica capace di promuovere un’immagine innovativa dell’Italia dal punto di vista culturale, tecnologico, del modo di vivere che questo nostro Paese tanto amato nel mondo rappresenta, e nello stesso tempo potranno esprimere una cultura innovativa, aperta allo scambio e alle relazioni. In fondo, il salto da compiere riguarda tutti: in primo luogo l’Italia, che deve essere maggiormente capace di sviluppare sinergie per promuovere la cooperazione, raccordare i tanti protagonisti che operano all’estero, realizzare iniziative concrete; e le comunità italiane all’estero, che debbono qualificare il proprio intervento e rappresentare una presenza dinamica del nostro Paese nel mondo.Le Regioni sono determinate; in questi anni hanno fortemente rafforzato le iniziative nel mondo attraverso le associazioni e le loro comunità senza alcuno spirito autoreferenziale, consapevoli e rispettose dei limiti costituzionali entro i quali operare, e con un profondo senso delle istituzioni e della politica estera, che è unica e spetta allo Stato italiano. Ma Stato, Regioni e CGIE debbono darsi una strategia comune. Si parla molto di federalismo, ma non vi è federalismo senza una leale collaborazione e cooperazione. Non si tratta di oscillare, o rimanere all’interno di un interminabile e svilente braccio di ferro tra il centralismo e una sorta di “fai da te” delle Regioni, ma di sperimentare sul terreno di una politica nel mondo, rispettosa delle competenze di ciascuno, la cultura della cooperazione, fondamentale per sostenere il sistema istituzionale che si sta faticosamente costruendo.Ritengo giusta la scelta di rafforzare i legami delle Regioni con le proprie comunità, promuovendo le peculiarità dei territori e i valori di riferimento delle diverse comunità dentro un solido impianto nazionale. E non appaia strano che proprio dalle Regioni venga la consapevolezza della necessità di tale solido impianto nazionale. Penso, per esempio, alle grandi potenzialità turistiche del Paese e alla necessità di un marchio Italia affermato nel mondo, ai grandi nuovi mercati turistici che non possono essere interpretati da questa o quella Regione. Abbiamo bisogno di Italia dentro una organizzazione capace di cogliere le diverse peculiarità. In un mondo dove la rete, le informazioni, le notizie si accavallano in tempo reale, sono convinto che uno dei problemi più rilevanti dell’epoca moderna consista nel capire il mondo, conoscerlo, conoscere le culture, leggere quanto avviene intorno superando quel provincialismo che spesso si riscontra anche nel nostro Paese. Sotto questo profilo le comunità italiane all’estero costituiscono una risorsa fondamentale, e sempre più potranno rappresentarla perché fanno leva su una sensibilità diretta, né scolastica né superficiale, essenziale per articolare la presenza dell’Italia nel mondo.Spesso invochiamo l’identità come motore del nostro rapporto con gli italiani all’estero, ma l’identità non è solo ciò che siamo stati, non è alle nostre spalle;

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è ciò che vogliamo essere e, soprattutto, dove vogliamo andare. Dunque, l’identità oggi è una sintesi felice fra i valori che hanno formato la comunità e la capacità di interpretare la società multietnica con la spina dorsale diritta, non accettando mai la standardizzazione, ma promuovendo contatti, relazioni, confronti. Ecco la grande novità. Da questo punto di vista le comunità italiane all’estero rappresentano un contributo non solo per l’internazionalizzazione del nostro essere Italia, dei nostri prodotti, della nostra economia, ma anche per capire, per essere migliori e rendere più qualitativa la nostra identità. A tal fine ritengo fondamentale il ruolo dei giovani, che in molti Paesi sono di seconda, terza e addirittura quarta generazione. Come valorizzare questa grande potenzialità? Ritengo che si debba rilanciare l’idea di una Conferenza dei giovani italiani nel mondo, da tempo proposta dal CGIE, e che su questo fronte si debba profondere il massimo impegno, perché i giovani italiani nel mondo possono diventare gli ambasciatori di un Paese moderno che sa guardare avanti.Ho vissuto un’esperienza interessantissima: di alcune decine di emigrati, che soprattutto dalla Svizzera e dal Belgio sono rientrati in un Comune della provincia di Forlì, nella mia Regione, abbiamo raccolto emozioni ed esperienze. Il tratto dominante era costituito dallo spiazzamento, poiché si trovavano in un Paese diverso da quello immaginato. È dunque importante anche la capacità di creare le condizioni per capire come è oggi il nostro Paese, per evitare che i connazionali che rientrano vivano una nuova forma di emigrazione. Ed è importante anche al fine di preservare il senso di essere italiani.La Conferenza ha carattere permanente e si deve riconoscere che nei tre anni trascorsi le nostre aspettative non sono state pienamente risolte. Difficoltà e problemi non sono mancati, ma è necessario riuscire a imprimere nuovo impulso all’azione di questa Conferenza permanente. I temi dei quattro seminari sono molto impegnativi, riguardano questioni istituzionali e altre, relative a come il Paese affronta le tematiche sociali degli italiani all’estero; riguardano inoltre il grande tema della lingua, della cultura, della formazione professionale, e io ritengo che un aspetto strategico sia l’internazionalizzazione delle nostre Università, del nostro sistema del sapere, che va diffuso nel mondo. Perché ciò si realizzi è fondamentale il ruolo dei giovani che stanno all’estero.Da questo punto di vista sono state condotte in Argentina, dopo la crisi, esperienze molto interessanti di master finalizzati a dotare di adeguati strumenti culturali i ragazzi di origine italiana, perché diventino protagonisti della rinascita e classe dirigente di quel Paese, non dimenticando l’origine italiana. Ecco dunque il fondamentale ruolo della cabina di regia, non pletorica ma operativa, capace di porsi obiettivi concreti e con l’impegno di ciascuna componente per realizzarli. Quello delle Regioni certamente crescerà, e io auspico non una competizione a somma zero, ma un sistema. Si assiste a un incremento di progetti interregionali; l’esperienza dell’Argentina potrebbe essere estesa ad altri territori con progetti comuni Stato e sistema delle Regioni, e riterrei opportuno approfondire l’idea di ottimizzare le risorse in una rete discussa, fissando come sede di scelta questa Conferenza.Per indicare il mio sentimento rispetto a questo lavoro cito conclusivamente l’Enciclica Pacem in terris di Papa Giovanni XXIII, il quale nel 1963 affermava che il mondo cambia, che nessuno può fare più da sé e la chiave fondamentale è il dialogo, la relazione, il confronto. Solo così si rafforzano le identità;

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diversamente, nello scontro non c’è futuro per il mondo. E prima di tutto non c’è futuro per i valori di questo Paese, che vengono dalla sua storia, sono radicati, e che insieme dobbiamo cercare di confermare nel nostro modo di essere donne e uomini italiani nel mondo.

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Sen. Enrico LA LOGGIA, Ministro per gli Affari Regionali

Riprendo la parola per fornire il mio contributo a questo importante incontro, peraltro scusandomi, assieme al Sottosegretario Antonione, per il fatto che dovremo allontanarci per partecipare alle votazioni in Senato, che giustificano diversi posti vuoti tra i Senatori dei quali era prevista la presenza. Sono lieto ed onorato di essere presente anche in occasione di questa seconda Assemblea plenaria della Conferenza Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE. Nel marzo 2002, in occasione della prima edizione, mi sono rallegrato per l’istituzione di questo importante meccanismo di consultazione, teso a identificare ed indicare le linee programmatiche più idonee per la realizzazione delle politiche del Governo, del Parlamento e delle Istituzioni Autonome per favorire il migliore inserimento e la qualità di vita delle nostre Comunità all’estero ma anche e soprattutto per recepire le aspettative che dalle stesse provengono.La stabilità di Governo assicurata nel corso di questa Legislatura consente agli stessi protagonisti di ritrovarci insieme per valutare il lavoro svolto e soprattutto quello da svolgere nel corso del prossimo triennio. E questo ritengo che debba essere sottolineato come fatto estremamente positivo perché in tal modo possiamo meglio valutare come migliorare le nostre attività per il futuro. Un altro segnale positivo è costituito dall’apprezzato intervento – del quale voglio dare in questa sede pubblicamente atto - del Segretario Generale Franco Narducci alla Conferenza Stato-Regioni-Province Autonome del 24 novembre scorso, in occasione della quale sono stati anticipati in modo schematico e chiaro gli obiettivi che ci si propone di conseguire nel corso di questo secondo triennio della Conferenza.Altro aspetto, che pienamente condivido, è la necessità di rendere davvero permanente questo meccanismo in modo da utilizzarne al meglio le potenzialità. Evidentemente dobbiamo trarre insegnamento dal rodaggio cui abbiamo sottoposto il nostro meccanismo, che evidenzia tra l’altro l’utilità di una consultazione continua, che, a seconda dei temi da trattare, vedrà coinvolti di volta in volta, per quanto riguarda la componente governativa, i competenti settori identificati nel corso dei lavori svolti dalla “cabina di regia” e opportunamente evidenziati dal Segretario Generale in occasione dell’incontro che si è svolto durante la Conferenza Unificata del 24 novembre scorso, e cioè l’internazionalizzazione; l’ambito sociale e la tutela dei diritti; la riforma dello Stato; la lingua, la cultura e la formazione professionale, temi che verranno affrontati nel corso di questi giorni di lavoro e successivamente approfonditi nel prossimo triennio. Dall’istituzione del CGIE (Legge 6 novembre 1989, n. 368) ad oggi, l’accresciuta sensibilità verso le nostre comunità all’estero, da sempre considerate una fonte della nostra identità:- ha portato il Parlamento ad attribuire ai nostri concittadini residenti all’estero il diritto di voto, creando la circoscrizione estera e introducendo il voto per corrispondenza (legge 459/2001); una modificazione sostanziale nell’ambito del nostro ordinamento, che forse non è stata mai abbastanza evidenziata come fatto positivo, come strumento realmente utile per gli italiani che

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risiedono fuori del territorio nazionale;- ha portato inoltre alla nomina di un Ministro, come ricordava nel suo messaggio il Presidente del Consiglio dei Ministri, ed all’istituzione di un Dipartimento per gli Italiani nel mondo. Ma non è solo questo. E’ il modo attraverso il quale il Governo ha esercitato un’attenzione continua e crescente attraverso l’opera del Ministro Tremaglia;- ha consentito l’espansione del ruolo delle Consulte regionali per l’emigrazione, l’incremento degli interventi delle regioni e degli enti locali in favore delle proprie comunità estere di riferimento;- ha, infine, determinato l’adozione della legge 31 marzo 2005, n. 56, che, dettando misure per l’internazionalizzazione delle imprese ed il riordino degli enti operanti nel settore produttivo, ha previsto la costituzione degli “sportelli unici all’estero”, importantissimi presìdi del prodotto italiano, del nostro made in Italy e degli interessi delle comunità d’affari di origine italiana all’estero.E’ un pacchetto di risultati che ci fa essere ulteriormente determinati sulla via di questa realizzazione, nella consapevolezza che da tale sinergia molti altri risultati positivi potranno essere raggiunti. E’ solo uno spaccato, ovviamente, di tutte le azioni che sarebbe necessario intraprendere, ma è comunque un bilancio che per questa parte non può che considerarsi positivo. Pur essendo assolutamente propedeutico rispetto ai tanti altri problemi che devono essere risolti, è comunque l’indicazione di un metodo di lavoro al quale dovremmo tutti fare riferimento.Sono ottimista perché si possono raggiungere altri traguardi; il mio ottimismo poggia sulla considerazione che è stata acquisita da tutte le istituzioni, centrali e locali, la consapevolezza che solo interventi sinergici e coordinati insieme producono risultati efficaci, razionali ed economici.Guai immaginare che ciascuno nell’ambito delle proprie competenze possa essere nella condizione di risolvere i problemi di tutti. Non è così, non può essere così; ma la somma degli interventi coordinati può sicuramente apportare risultati ancora più positivi soprattutto nei settori in cui vi è tuttora maggiore bisogno.Ed è proprio questo ripensamento delle realtà istituzionali, ma anche sociali ed economiche, come entità che interagiscono tra loro con l’obiettivo prioritario della qualità della vita dei cittadini, che mi consente un cenno a quella che, tra le tematiche che ci si accinge ad approfondire in questa sede – se non altro per “esperienza professionale” – mi è più congeniale: la riforma dello Stato.Il tema delle riforme costituzionali, che stanno completando il percorso federalista ormai avviato, ha infatti una sua pregnante valenza proprio in virtù delle competenze che le Istituzioni locali hanno conquistato, in forza del principio di sussidiarietà sancito dalla Costituzione. Per lungo tempo, il ruolo delle autonomie territoriali disegnato dalla Costituzione non ha trovato corrispondenza nel ruolo realmente assegnato a livello di comunità statuale: ciò è dipeso, tra l’altro, dalla percezione originaria del “regionalismo” - così come oggi del “federalismo” - come di un percorso disaggregante dell’unità nazionale e dalla diffidenza verso l’attribuzione a Regioni ed enti locali di funzioni e compiti pur relativi alla cura degli interessi ed alla promozione dello sviluppo delle relative comunità.La fragilità delle basi costituzionali su cui era poggiato il decentramento (attuato a Costituzione invariata attraverso i cosiddetti decreti Bassanini) ne ha reso necessario un consolidamento, assicurato con la riforma del titolo V della Costituzione; ma la legge costituzionale n. 3 del 2001, pur apportando

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modifiche in parte necessarie e condivisibili, ha creato problemi e disequilibri ed ha reso indispensabili non solo la legge n. 131 del 2003 (che ha dettato le disposizioni per l’adeguamento ad essa dell’ordinamento della Repubblica), ma anche il nuovo intervento costituzionale (che – mi preme ricordare - non è solo sulla devoluzione), comprendendo i poteri del Presidente del Consiglio così come del Presidente della Repubblica, della Corte Costituzionale, ma soprattutto una più semplificata procedura legislativa.Quante volte si era sentito dire attraverso il dibattito anche di comuni cittadini: quanto tempo si perde in Parlamento duplicando la stessa identica funzione alla Camera e al Senato? Possibile che non si riesca a trovare un sistema per differenziare le funzioni di Camera e Senato? Non si riesce a diminuire i passaggi necessari dal momento in cui si presenta un disegno di legge a quello nel quale finalmente si pubblica la legge? Si è arrivati a 24-26 passaggi in un arco medio di tempo difficilmente inferiore ai 22-24 mesi. Quante volte abbiamo sentito queste giustificate critiche? Eppure da 30 anni non si era riusciti a trovare un punto di equilibrio in grado di sostituire il vecchio con un nuovo assetto; la Commissione Bicamerale, la Bozzi, poi la De Mita, la Iozzi, la D’Alema, tanti tentativi purtroppo non riusciti per modernizzare il Paese e renderlo più competitivo. Così come, con riferimento al numero dei Parlamentari, quante volte si è detto: tutto questo apparato quanto costa? Ebbene, il tentativo di diminuire di un numero consistente i Parlamentari – circa il 20% - finalmente è riuscito e troverà applicazione nel tempo, essendo stata giustamente prevista un’attuazione graduale della riforma. Non si tratta dunque solo di devoluzione, ma di fatti concreti e importanti di modernizzazione del Paese.Non posso mancare di sottolineare che il nuovo intervento costituzionale, oltre a correggere i difetti di quel modello di devoluzione e di federalismo, ha aggiunto altri indispensabili tasselli a completamento del processo riformistico in corso. La riforma del 2001 non ha realizzato una trasformazione dello Stato in senso federale, ma ha messo in moto un “regionalismo differenziato”, volto ad esaltare e valorizzare le potenzialità intrinseche di ciascuna Regione, con conseguente rottura del “regionalismo dell’uniformità” che aveva caratterizzato l’esperienza italiana. In altri termini, da quella riforma è emerso il rafforzamento del principio autonomistico, statutario, regolamentare e finanziario, all’interno di una definita cornice costituzionale che però necessita di nuovi equilibri, come riconosciuto dalla stessa opposizione nel nostro Paese. Su tale sfondo va visto il riconoscimento agli enti territoriali di una posizione costituzionale garantita e tutelata, così come previsto dal novellato art. 114 della Costituzione per quanto attiene a competenze e poteri, con l’esaltazione dell’autonomia statutaria, del potere regolamentare locale e della titolarità delle funzioni amministrative, alla luce del principio di sussidiarietà verticale ed orizzontale. In ultima analisi, sussidiarietà e principi di pari dignità, cooperazione e responsabilità hanno costituito punti di forza su cui costruire – con la riforma appena varata dal Parlamento - un nuovo e più corretto equilibrio tra Stato, Regione e Autonomie locali, in un’ottica di “federalismo/regionalismo cooperativo”, non più differenziato, non più competitivo ma cooperativo, che esalti anche il ruolo particolarmente forte che le Regioni possono esercitare e che preservi l’unità nazionale, evitando che la differenza si trasformi in divari

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socio-economici tra le varie Regioni, capaci di rompere la coesione nazionale ed il senso di una comune cittadinanza.Mi permetto di dire sempre: basta leggere. Ho sentito troppi commenti, molto qualificati, di personaggi di tutti i tipi, esperti in tutti i settori, che avevano un comune denominatore: non avevano letto la riforma e si erano semplicemente appuntati alcune critiche a quella che, magari in uno dei tanti passaggi della riforma, era apparsa come ipotesi possibile, ma che poi è stata scartata, non è stata utilizzata e non è più contenuta nel testo finale, che chiunque può leggere perché facilmente accessibile. E’ noto che la riforma costituzionale in vigore desta forti preoccupazioni nelle Amministrazioni locali e nei cittadini: nei primi perché al nuovo assetto istituzionale, che consegna alla dimensione territoriale nuovi poteri, non si è ancora accompagnato un assetto fiscale idoneo ad assicurare le risorse necessarie all’esercizio dei maggiori compiti; nei secondi perché l’indeterminatezza dei contenuti fa temere un federalismo che, lungi dall’essere solidale, possa accentuare i divari economici, occupazionali, culturali e sociali.Ma questo è quanto vi era già. Non la nuova riforma, approvata il 16 novembre scorso al Senato, in quarta lettura, che ristabilisce l’equilibrio dei poteri tra centro e periferia. Quindi la critica, che spesso si ascolta è su ciò che esiste, non su ciò che sarà non appena entrerà in vigore la nuova riforma costituzionale. E di fatti si affida alle Regioni “assistenza e organizzazione sanitaria, organizzazione scolastica, definizione dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione, polizia amministrativa regionale e locale”, e si allunga la lista delle competenze esclusive dello Stato, rimediando ad alcuni evidenti errori della riforma del 2001, con l’ingresso delle “norme generali sulla salute, che costituiscono la vera garanzia che tutti i cittadini possono avere un eguale trattamento sanitario in ogni angolo del Paese. Noi le abbiamo riportate alla competenza esclusiva dello Stato, mentre fino ad ora non era così: si trattava di una competenza mista Stato-Regioni. E ancora, le grandi reti di trasporto, che erano state poste erroneamente in legislazione concorrente; l’energia, la comunicazione e le professioni intellettuali. Ritengo che solo un refuso dattilografico possa avere giustificato l’inserimento delle professioni in una legislazione concorrente, prevedendo in qualche modo 20 modelli diversi di professioni per 20 Regioni italiane, mentre l’Europa giustamente ci invita ad una omogeneizzazione delle nostre capacità di esercizio dei titoli abilitativi, della capacità di esercizio dell’attività professionale. Noi riportiamo le professioni nell’ambito della legislazione esclusiva dello Stato e con il ripristino della possibilità per il Parlamento di annullare una decisione regionale, quando ritenuta lesiva dell’interesse nazionale. L’interesse nazionale era scomparso dalla riforma del 2001; molto opportunamente l’abbiamo reinserito nell’ambito del nostro ordinamento.Sotto l’aspetto della promozione della conoscenza e della verità, un ruolo essenziale deve svolgere la Conferenza Permanente Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE. E’ un invito anche ai presenti a rendersi messaggeri di ciò che è; si può criticare o non criticare, ma sulla base di fatti, non di opinioni o di interpretazione di fatti. I fatti, come diceva George Bernard Shaw, sono argomenti testardi, difficile da contestare in quanto fatti. La ristrutturazione voluta da questo Governo ridisegna il ruolo delle istituzioni centrali, regionali e locali, attribuendo a ciascuna la responsabilità ed i mezzi per realizzare nuovi modelli di programmazione e di sviluppo condivisi, efficaci

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ed adeguati ai reali bisogni dei cittadini.E senza retorica sostengo che oggi tutti insieme possiamo e dobbiamo contribuire a costruire un “Sistema Paese” più efficace, razionale e conseguentemente più coeso che si presenti all’estero unitariamente e non con i campanilismi che finora lo hanno contraddistinto, positive se inseriti nell’ambito di un progetto di coordinamento sinergico, non certo positivi se lasciati alla singola, apprezzabile ma spesso non completamente utile, iniziativa di ciascuno. E quando dico tutti insieme, intendo tutti gli italiani, ovunque residenti, perché a nessuno di noi manca creatività, apertura verso valori innovativi, capacità di partecipazione sinergica ai processi di sviluppo economico.Dobbiamo concludere questo incontro con un messaggio rivolto a tutti gli italiani, residenti sia in Italia che fuori dal territorio nazionale, agli italiani di ieri, di oggi e a quelli di domani, soprattutto ai giovani, ragazzi e ragazze che dovranno essere nella condizione di diventare italiani in divenire, forti delle loro radici e orgogliosi del loro passato, ma protagonisti del proprio futuro. Mi compiaccio per il lavoro svolto sotto la guida del Segretario Generale Narducci e condivido, tra le altre cose, la proposta di realizzare la Conferenza dei Giovani Italiani nel Mondo, della quale mi farò promotore. È una proposta lungimirante, che guarda in prospettiva allo sviluppo del Paese e delle Comunità italiane all’estero. Se solo lasciassimo questo segnale importante, concreto, come risultato di questa Conferenza, già avremmo ottenuto tanto; ma se avremo fatto di più, quella sarà la base per lavorare insieme in modo sinergico negli anni che ci separano dalla prossima Conferenza. Gli stessi o altri protagonisti potranno continuare un’opera che con entusiasmo, passione, intelligenza e dedizione è stata svolta nel corso di questo triennio e che dovrà essere proseguita nel nostro futuro.Arrivederci al 2008.

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Sen. Luciano MAGNALBÒ, Vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato

Al mio personale saluto unisco quelli del Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, senatore Pastore, e del Presidente del Senato, senatore Pera. Il ministro Tremaglia, al quale va dato atto che senza la sua tenacia non si sarebbe pervenuti al varo della legge elettorale per il voto degli italiani all’estero, ci ha insegnato a considerare i connazionali nel mondo con sentimenti di rispetto e ammirazione per quanto hanno saputo fare, onorando il nome dell’Italia e fornendo un esempio di grande forza d’animo e capacità.Ai fini dell’applicazione di tale legge, la Prima Commissione Affari Costituzionali del Senato ha svolto un’indagine conoscitiva, nel corso della quale si sono susseguite diverse audizioni di rappresentanti del Consiglio Generale, dei Ministri degli Esteri, dell’Interno e per gli Italiani nel Mondo, di numerosi responsabili della struttura amministrativa, da ultimo il prefetto Cilosi del Ministero dell’Interno. Sono stati anche effettuati sopralluoghi in Canada, a New York, in Australia, Argentina, Brasile, in occasione dei quali si sono avuti incontri con i Comites e con numerosi rappresentanti di associazioni e della stampa italiana all’estero. Si è potuto così ottenere un quadro d’insieme e sono emerse alcune esigenze prioritarie, delle quali le più rilevanti al fine dell’esercizio del voto per corrispondenza riguardano l’allineamento delle anagrafi e le intese con i vari Paesi. Soltanto in giorni recenti il Canada ha superato le proprie perplessità in ordine allo svolgimento della consultazione elettorale e con il Governo è stata raggiunta un’intesa che consentirà di votare ai connazionali ivi residenti.Si è anche preso atto di alcune aspettative forti in termini di cittadinanza attiva: l’esercizio del diritto di voto; motivazioni affettive che sollecitano cittadini orgogliosi di avere ascendenti italiani partiti magari poverissimi, che all’estero hanno saputo crearsi una solida posizione, ad avere influenza sotto il profilo economico e politico; la volontà di possedere anche un passaporto europeo.Il Segretario Generale ha evidenziato, nel suo intervento, la necessità di un maggiore coordinamento fra le due Italie; sotto questo profilo vanno riconosciute mancanze e gravi disattenzioni, per cui non dovrà mancare un’approfondita riflessione. È anzitutto indispensabile definire un quadro programmatico che riguardi non soltanto l’aspetto amministrativo, ma anche quello politico, al fine di realizzare una reale coesione fra le collettività italiane in Patria e nel mondo, finalizzata allo scambio di esperienze e che valorizzi la produzione e la circolazione delle conoscenze.Il Segretario Generale si è opportunamente soffermato su un problema di vitale importanza in qualsiasi società: quello dei giovani, che con sempre maggiore difficoltà si riesce ad attrarre nei luoghi di aggregazione delle comunità, dove potrebbero recare nuovi stimoli ed essi stessi trovare motivazioni di impegno. In tale contesto appare nevralgico il ruolo dell’educazione, uno dei capisaldi del pensiero di Locke, alla fine del Seicento, che è alle fondamenta di qualsiasi comunità. A tal proposito è doloroso constatare i drammatici risultati di una recente indagine sull’analfabetismo in Italia, che tuttora esiste ed è anche di ritorno, nel senso che colpisce chi, non praticando ciò che ha appreso, finisce col dimenticarlo. Soltanto il 10 percento della popolazione legge i giornali e il 60 percento dei giovani non comprende il senso di un articolo semplice. Questa

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è la nostra classe dirigente del futuro! Occorre operare sia all’interno che all’estero per porre rimedio a una situazione pericolosa e inaccettabile e tornare a quella che si potrebbe definire una cultura nazionale e transnazionale. È tutt’altro che facile, perché bisogna ripartire dalla base con scuole diverse.Quanto alla riforma costituzionale, si è inteso riequilibrare l’assetto delle competenze tra Regioni e Stato centrale, al fine di attenuare quella conflittualità seguita alla riforma del Titolo V della Costituzione, cui ha fatto riferimento il presidente Errani e che rende difficile la cooperazione e la leale collaborazione auspicate. Le norme presuppongono un’intesa tra lo Stato e le Regioni, ma questa viene raramente raggiunta per ragioni di contrapposizione politica. Anche in questo caso si pone un problema di educazione, per cui una comunità dovrebbe essere unita per lo meno rispetto a determinate questioni.Infine, non ritengo valida l’idea di ridurre del 20 percento il numero dei Parlamentari, poiché ciascuno dovrà rappresentare un territorio più vasto per cui, a fronte di una diminuzione dei costi per i Parlamentari, si assisterà a una lievitazione delle spese per coprire tutti i territori. Io seguo le Marche, in un collegio, e mi domando come in seguito si affronterà la situazione. Ho inteso sollevare la questione perché i futuri rappresentanti in Parlamento dei connazionali all’estero saranno responsabili di aree estesissime e dovranno disporre di mezzi di comunicazione diversi e di strutture migliori rispetto a quelle a disposizione degli attuali senatori: una stanza di 4 metri quadrati e un computer personale. A questo aspetto si dovrà prestare molta attenzione.Al di là del voto all’estero e delle diverse questioni, ritengo necessario un radicale rinnovamento culturale perché infine l’Italia si consideri una comunità unica, della quale una parte vive e opera all’esterno del territorio nazionale e una parte all’interno. Solo così sarà possibile una grande valenza a livello anche internazionale.

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Raffaele CATTANEO, Sottosegretario per Regione Lombardia

Reco il saluto mio personale, della Regione Lombardia e del presidente Formigoni. Certo non poteva mancare in questa Conferenza la voce della Regione Lombardia.Il Paese si sta finalmente sempre più accorgendo dell’importanza e delle straordinarie potenzialità dell’Italia che vive fuori dai confini nazionali, e ciò in buona parte si deve a un uomo politico lombardo, al quale in questa sede tutti dobbiamo tributare un omaggio: il ministro Mirko Tremaglia. È anche grazie a lui – ma non soltanto a lui – che oggi è più chiaro come non per nostalgia, non per difesa di una identità che se si arrocca si perde, ma per oggettivo interesse politico ed economico le comunità italiane, sempre più composte da italiani diversi rispetto a quelli di qualche tempo fa, rappresentano una straordinaria risorsa strategica per il Paese, che è uno solo ma si arricchisce dell’articolazione nelle sue Regioni. Nei rapporti con le comunità italiane all’estero questa articolazione è di straordinario valore e spesso assume una dimensione addirittura subregionale, legata a un territorio specifico.Ritengo compito di questa sede fare il punto su come le nostre istituzioni, il Governo centrale, le Regioni, le forme di rappresentanza delle comunità italiane all’estero, alla luce delle trasformazioni in atto, reinterpretano e forniscono una risposta politica al rapporto che ci lega alle comunità. Ritengo si debbano compiere molti passi avanti e che si rendano necessarie innovazioni anche nel contenuto delle nostre politiche, per tenere conto di una realtà diversa da quella cui siamo abituati a pensare, quale è emersa da una ricerca, conclusa lo scorso anno, dell’Istituto di ricerca della Lombardia, che ha interessato 300 associazioni di lombardi nel mondo: 100 di tipo tradizionale; 100 di imprenditori, professionisti, giovani, donne; 100 riferite a soggetti diversi, tra cui i ricercatori. Tale ricerca ha posto in particolare evidenza quanto già si era rilevato tre anni fa in occasione della prima Assemblea Plenaria della Conferenza, e cioè che il fenomeno associativo è sempre più complesso e sempre meno riconducibile a un’unica tipologia.In particolare, due sono le tipologie dominanti alle quali è opportuno rivolgere l’attenzione e l’iniziativa politica: la prima, di tipo tradizionale, è nata per un’esigenza di difesa dell’identità e di mutuo aiuto, e ha tuttora un significativo ruolo di coesione all’interno delle comunità di italiani emigrati, che però non sono più gli unici, e in taluni casi non sono neppure i principali soggetti aggregatori di interessi e di identità; la seconda risente di nuove forme di mobilità transnazionale anche temporanea, che hanno portato alla creazione di comunità di tipo funzionale in cui l’identità di ruolo – professionale, imprenditoriale, scientifica – prevale su quella tradizionale, fondata sulle origini. Ciò è particolarmente vero per le comunità lombarde all’estero. A tale tendenza, che va delineando un percorso verso il futuro, è necessario prestare maggiore attenzione.Di fronte a tali fenomeni le istituzioni debbono avere il coraggio di individuare politiche innovative, in particolare incentrate su tre dimensioni. Occorre anzitutto una migliore conoscenza dei nuovi e sempre più diversificati fenomeni attraverso un monitoraggio capace di individuare i soggetti a cui rivolgersi e così facilitare l’attuazione di azioni mirate. A tal fine la Regione Lombardia sta procedendo a una mappatura delle comunità di lombardi nel mondo. In secondo luogo, occorre favorire forme nuove di comunicazione che consentano di continuare a valorizzare il rapporto con le comunità tradizionali

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attraverso il ricorso a scambi culturali mediante l’uso delle nuove tecnologie, ancora poco diffuse nel mondo dell’associazionismo tradizionale all’estero. In tale ottica stiamo sostenendo il “Progetto lombardi nel mondo”, che si deve alla comunità dei mantovani all’estero. Ma soprattutto – ed è la terza dimensione – appare determinante favorire funzionali reti connettive che facilitino il reciproco scambio di conoscenze e competenze specie nei settori strategici per lo sviluppo, che possono contribuire in modo significativo alla crescita di competitività della nostra Regione e dell’intero Paese.A tal fine ci si sta concentrando su tre linee prioritarie di intervento: la prima riguarda il capitale umano e la formazione a livello elevato, con il coinvolgimento delle Università e dei giovani. In occasione di un recente incontro a Boston con la comunità dei ricercatori si è potuto constatare quale importante contributo essi siano in grado di offrire. Né vanno trascurate altre iniziative rivolte ai giovani, come le summer school e la formazione a distanza.La seconda linea di intervento consiste nella messa in rete delle business communities, affinché le nostre imprese che intendono operare nei mercati internazionali possano contare sul sostegno di realtà italiane nel mondo, come i “Lombardia points” e il sistema delle Camere di commercio.La terza, infine, attiene alla ricerca scientifica e tecnologica. Se compito delle istituzioni è valorizzare le reti di eccellenza favorendo la nascita di partnership stabili tra le diverse realtà di prestigio presenti nelle comunità all’estero, è necessario investire nei settori della ricerca e dell’innovazione tecnologica, in cui la qualità del capitale umano italiano emerge in maniera spiccata.È pertanto necessario rivitalizzare le reti di scambio e di collaborazione, che sempre più si connotano come una risorsa per lo sviluppo, in un continuo confronto con la sfida del nuovo, piuttosto che come uno strumento di difesa dell’identità. Solo governando il nuovo, segnando una linea di indirizzo per il futuro ed evitando di rimanere prigionieri della nostalgia del passato si contribuirà alla tutela della nostra identità e delle nostre comunità regionali e nazionali in un mondo sempre più globale.È con tale spirito che la Regione Lombardia ha sviluppato un progetto di legge regionale recante misure di sostegno alle comunità dei lombardi nel mondo; sarà mia cura portarlo al più presto all’attenzione del Consiglio regionale perché sia rapidamente approvato.

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Claudio MICHELONI, Presidente della VI Commissione Tematica

Già nel 2004, appena insediatasi, la VI Commissione del CGIE aveva sollecitato la convocazione della II Assemblea Plenaria della Conferenza permanente Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE, definendo anche un apposito percorso istruttorio. Purtroppo solo nove settimane fa è arrivata la convocazione formale, per cui è stato necessario rovesciare l’impostazione metodologica, privilegiando un’ipotesi per rendere effettivamente permanente la Conferenza e quindi definendo un percorso di sviluppo.È stata attentamente valutata l’esperienza della I Assemblea Plenaria, i cui risultati sono ancora attuali. In particolare si è cercato di “far tesoro” delle difficoltà preparatorie legate ad atteggiamenti non proprio costruttivi delle tre componenti, a quel tempo spesso arroccate nella difesa dei propri territori. Si è puntato a creare un altro clima, grazie al quale rendere permanente la Conferenza. A tal fine estremamente positiva è stata l’esperienza della cabina di regia attivata per preparare la II Assemblea Plenaria.A seguito del ricordato rovesciamento metodologico i seminari da organizzare sono diventati programmi di lavoro per i prossimi anni, e auspica che al termine della sessione odierna vi possa essere un ampio consenso convinto da parte di tutti intorno al documento elaborato dalla cabina di regia, a seguito del quale realmente la Conferenza potrà diventare permanente in modo efficace. Questo è l’obiettivo del documento, che è in realtà ambizioso, perché consentirà di operare con efficacia nei prossimi tre anni.Non a caso nel documento si fa riferimento alle giovani generazioni, che ora rappresentano all’estero una preziosa simbiosi tra la cultura di appartenenza e quella di origine; una simbiosi da affrontare pragmaticamente e da valorizzare opportunamente. A tal fine appare strategica la Conferenza dei giovani italiani nel mondo, in ordine alla quale con piacere ha ascoltato l’assunzione di precisi impegni.Vi sono poi altre proposte operative. Le riunioni della VI Commissione potranno essere integrate da rappresentanti dello Stato e delle Regioni. La cabina di regia potrà continuare a operare quale efficace organo operativo. Sarà poi opportuno che a margine delle sedute plenarie del CGIE vi possano essere riunioni allargate alle parti politiche della Conferenza Stato-Regioni: si tratta di un altro elemento che “materializza” il carattere permanente della Conferenza.Auspica che Stato e Regioni forniscano adeguate risorse per organizzare i seminari tematici che la II Assemblea Plenaria individuerà. È importante che su queste quattro tematiche si sviluppino progetti concreti a partire dalla discussione nei prossimi due giorni. Al riguardo i giovani, le donne e l’informazione non costituiscono materie a sé, ma tematiche che dovranno essere trasversalmente presenti nei quattro seminari individuati.La Conferenza Stato-Regioni dovrà diventare visibile al mondo dell’emigrazione anche mediante strumenti nuovi, che coinvolgano i Comites, come ad esempio la partecipazione delle Regioni alle riunioni dell’Intercomites. Un filo rosso è presente nei documenti elaborati ed è rappresentato dalla triade: coordinamento, partenariato e solidarietà.Dopo aver ritenuto opportuno inviare un messaggio ai familiari degli italiani rapiti in Venezuela, si sofferma sulla riforma costituzionale in atto. In particolare, fa presente come il mondo dell’emigrazione spesso operi in stati di tipo federale. Piuttosto il problema riguarda il tipo di federalismo che si intende

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introdurre in Italia e se saprà o meno rafforzare il concetto di appartenenza a uno Stato unitario, coniugando realtà istituzionale e solidarietà sociale.Quattro anni fa discusse accesamente con il ministro Tremaglia perché a suo avviso era preferibile un Sottosegretario per gli italiani nel mondo presso il MAE piuttosto che un Ministro senza portafoglio. Riconosce ora che probabilmente tale giudizio non era del tutto esatto, ma ritiene allora opportuno che nell’attuale contesto di globalizzazione l’odierno Ministro per gli italiani nel mondo si trasformi in un “Ministro per l’integrazione dei fenomeni migratori”, valorizzando appieno le esperienze delle comunità italiane all’estero. Si chiede inoltre come mai non sia stato ancora istituito un Commissario europeo per l’integrazione.Conclude facendo presente che già venerdì mattina la VI Commissione e la cabina di regia si riuniranno per dare immediata concretezza ai lavori della seconda sessione, che rappresenta una opportunità da sfruttare e da riempire di contenuti.

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On. Antonio MARTUSCIELLO, Vice Ministro per i Beni e le Attività Culturali

Desidero sottolineare come la riunione odierna costituisca un momento di rilevante importanza per coordinare gli sforzi in favore della cultura italiana nel nostro Paese e nel resto del mondo. Soprattutto in un periodo storico in cui si parla di globalizzazione della cultura e di cultura della globalizzazione è importante rilanciare l’importanza della lingua italiana e delle innumerevoli manifestazioni culturali di un Paese ove esiste oltre il 60 per cento del patrimonio artistico mondiale. E’ importante che le spinte all’internazionalizzazione vengano sfruttate al meglio e che gli italiani all’estero abbiano la possibilità di arricchire la propria identità.Secondo uno studio recentissimo, il nostro Paese primeggia nel mondo in termini di notorietà per quanto riguarda l’arte, la storia, la cultura, un primato che va rafforzato accompagnando all’immagine una conoscenza più profonda delle memorie storiche. A tal fine le istituzioni devono operare sinergicamente.Nel campo della cultura italiana molto si sta facendo. Il Presidente della Repubblica ha recentemente firmato a Istanbul un accordo per promuovere l’insegnamento della lingua e della cultura italiane presso l’Università del Mediterraneo. Non a caso l’Unesco ha designato Roma e Torino capitali mondiali del libro, dall’aprile del prossimo anno.Per la diffusione della cultura italiana all’estero ci si avvale anche di siti Internet costantemente aggiornati. Sono stati attivati nuovi corsi di italianistica, o ampliati e migliorati quelli esistenti, presso università prestigiose; ne è un esempio il risultato raggiunto con la Columbia University di New York. È stata rafforzata la collaborazione con l’Australia e nel 2005 è stata inaugurata l’ampliata sezione di italianistica presso la Monash University of Melbourne. Innumerevoli sono le collaborazioni internazionali, tra le quali spicca quella con la Biblioteca di Alessandria d’Egitto, dove pure esiste una sezione di italianistica. È inoltre in programma l’apertura di nuove sezioni di italianistica e di biblioteche in vari Paesi, dove più numerosa è la comunità italiana. In tal senso vi è una richiesta da parte dei Governi del Messico e del Perù e nel 2006 è prevista l’apertura di una grande biblioteca a Città del Messico, nella quale alla letteratura italiana sarà riservato uno spazio importante. Analoga iniziativa sarà avviata in Cile. Ricordo inoltre la Fiera di Francoforte, al cui prestigio internazionale hanno contribuito anche molti italiani della comunità, che in Germania è particolarmente numerosa.È sempre più stringente l’alleanza tra tecnologia e cultura; in tale direzione sono stati compiuti negli ultimi anni notevolissimi passi avanti. In un recente rapporto di una società di consulenza che per conto del Governo britannico ha studiato per otto mesi lo sviluppo del e-government in vari Paesi, con riferimento all’Italia si parla di una struttura governativa di forte impatto tecnologico e si afferma che, grazie all’azione del Governo italiano, in soli quattro anni è stato recuperato il gap che separava il nostro dagli altri Paesi industrializzati.La stretta connessione fra le dimensioni locale e mondiale, incentivata da Internet, costituisce un aspetto importante della nostra realtà: il Governo è particolarmente impegnato nella diffusione del sapere attraverso un’ulteriore

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alleanza fra la cultura e le nuove tecnologie. Il Ministero dei Beni culturali ha realizzato alcune iniziative che potranno suscitare l’interesse degli italiani nel mondo. Ricordo in particolare il portale della Biblioteca digitale italiana, una sorta di network turistico-culturale, un osservatorio on line sull’editoria, sulla lettura in Italia e sulle offerte culturali del Paese.Inoltre, per dare visibilità al progetto di incrementare gli indici di lettura in Italia, assieme al mondo dell’editoria abbiamo realizzato il sito Il pianeta libro, con l’obiettivo di creare uno spazio aperto al pubblico e collegato alle iniziative istituzionali. Si tratta di una guida all’Italia del libro, a quanto viene prodotto dai nostri autori, ma anche alla storia della letteratura. Attraverso le rubriche, i servizi on-line, le recensioni, si forniscono informazioni sulle tendenze dell’editoria e della lettura in Italia. Nel nostro e negli altri Paesi queste iniziative possono fungere da propulsore della cultura, che sempre più potrà essere motivo di orgoglio identitario.L’Italia, cui viene riconosciuta la massima competenza scientifica nel campo del restauro archeologico, artistico e architettonico, vanta rapporti di collaborazione internazionale per prestigiosi interventi: il restauro del Giardino della Città proibita in Cina, della Grande Muraglia cinese, del Palazzo di San Pietroburgo, in Russia, del Parco archeologico di Atene, di Leptis Magna in Libia. Deve dunque esserci in tutti noi la piena consapevolezza della portata e della profondità delle nostre radici culturali, ma occorre anche un fortissimo slancio, una rinnovata volontà perché la memoria e l’identità siano salvaguardate e fortemente valorizzate. È necessario sviluppare un fecondo colloquio che consenta il rilancio delle nostre tradizioni perché trovino spazio in un contesto che non può essere soltanto l’Unione Europea, ma l’intero mondo dove vivono e operano i nostri connazionali.Ringrazio i Consiglieri del CGIE e tutti coloro che, con quotidiana dedizione, operano per l’affermazione dei valori del nostro Paese nel mondo. Dalla seconda Assemblea Plenaria della Conferenza permanente, che costituisce una grande opportunità, auspico che scaturisca un proficuo colloquio istituzionale per rilanciare la tradizione culturale italiana. Si deve fin d’ora guardare lontano, alla scadenza del 2008, come a un momento di progresso e verifica dei risultati di un programma che verrà proposto in questa sede.

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Claudio MARTINI, Presidente della Regione Toscana

Per la prima volta partecipo alla Conferenza Permanente Stato-Regioni-PA-CGIE, che vivo come una grande occasione di lavoro comune per far crescere l’abitudine a riflettere insieme sui problemi e a rafforzare l’idea di un coordinamento.Ho apprezzato l’intervento del presidente Errani, che condivido pienamente. La collaborazione sinergica fra le istituzioni è un’esigenza vera che la Regione Toscana ha praticato, sviluppando negli ultimi anni numerose iniziative in vari Paesi, dal Sud America all’Australia, agli Stati Uniti, all’Europa, in piena cooperazione con Ambasciate, Consolati, Istituti Italiani di Cultura, ICE, Enit; insomma, con il sistema Paese.Non sono le Regioni a fare la politica estera – esse ne sono pienamente consapevoli – ma è anche vero che si fa meno politica estera se delle Regioni non si utilizzano le risorse, le iniziative, le potenzialità. Ma è pure necessario un coordinamento tra le diverse Regioni, per evitare che si dia luogo a iniziative che possono generare disorientamento, imbarazzo e incomprensioni nelle nostre stesse comunità. Pertanto, il coordinamento fra lo Stato, le Regioni e il CGIE è assolutamente cruciale, perché in questa sede si può instaurare un legame virtuoso tra federalismo e unità nazionale, tema che merita un dibattito approfondito.Il ministro La Loggia si è lanciato in un’appassionata difesa della riforma costituzionale e della devolution, cosa del tutto legittima; ma non ritengo fosse questa la sede opportuna per trattare un argomento che a me è parso fuori tema. Peraltro, senza possibilità di replica non può esservi discussione.Negli ultimi anni la Regione Toscana non ha mancato di attivarsi nei confronti dei corregionali nel mondo. Lo spirito iniziale era di mantenere un legame culturale, affettivo e umano tra la Regione e le comunità toscane di emigrati, per tre quarti provenienti dalla Lucchesia (le associazioni dei lucchesi nel mondo superano per numero quelle dei toscani nel mondo). Gradualmente questa esperienza internazionale ha affrontato questioni di economia, tematiche culturali, problemi dei giovani.Abbiamo toccato con mano due realtà diametralmente opposte: da un lato quella della Silicon Valley, negli Stati Uniti, dove ricercatori italiani partecipano attivamente a nuove scoperte, e dell’Australia, caratterizzata da un forte dinamismo di cui sono protagonisti anche i nostri emigrati; e dall’altro quella dell’Argentina e dell’Uruguay, dove le comunità italiane hanno vissuto una fase di grande difficoltà e dove l’intervento della Regione non si è limitato all’assistenza, ma è stato anche teso a che quelle comunità aiutassero la ripresa del Paese.Per quanto concerne le iniziative culturali, sono certo interessanti le esperienze volte a diffondere le nostre grandi tradizioni, e apprezzabili i programmi messi in campo, ma forse basterebbe più semplicemente fare il punto sullo stato di salute degli Istituti di cultura italiani all’estero, che sembrano abbandonati a se stessi e che, con finanziamenti decrescenti e gravissime difficoltà a partecipare a qualsiasi programma, hanno ormai raggiunto livelli di mera sopravvivenza. Questo nulla toglie all’importanza della nostra partecipazione al restauro della Grande Muraglia cinese, ma l’una cosa non deve escludere l’altra.È di grande interesse l’esperienza dell’Università di Montevideo, che si è

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consorziata con quelle di Pisa e di Siena – le quali possono collaborare tra loro soltanto all’estero – per realizzare alcuni grandi progetti di diffusione della cultura latina e latino-americana e fare da contrappeso a quella inglese, della quale vorrebbero tentare di frenare l’invasione.La questione dei giovani merita un’approfondita riflessione e su tale fronte la Regione Toscana è particolarmente impegnata. I figli degli emigrati costituiscono una grande risorsa, ma molti di essi, di terza e quarta generazione, non hanno mai visto la Toscana e, se per caso ne sanno qualcosa, è grazie a film o alla televisione. Sono 64 le associazioni di toscani nel mondo, e 30 di soli giovani; la metà del capitolo di bilancio della Regione per i toscani all’estero è destinata a programmi rivolti ai giovani, nella consapevolezza che lavorare con il mondo giovanile comporta una fatica enorme, però può sortire buoni risultati.Plaudo all’idea di una Conferenza nazionale dei giovani italiani nel mondo. Noi abbiamo già tenuto due Conferenze dei giovani toscani all’estero, nel 2000 a Montecatini e nel 2003 a Viareggio, con la presenza in quel caso anche del segretario generale Narducci, il quale ha recato un proprio contributo. In tale circostanza è stato addirittura commovente vedere che giovani brasiliani di lingua portoghese, e argentini di lingua spagnola, dialogavano tra loro grazie alla conoscenza dell’italiano.La Regione ospita ogni anno cento giovani provenienti da tutti i continenti, perché seguano corsi di lingua e cultura; sono state istituite dieci borse di studio per stages nelle botteghe artigiane dove si praticano i mestieri tradizionali della nostra terra e vi è stato chi, avendo seguito un corso di moda, è stato poi accolto nei laboratori di Roberto Cavalli. A questo si aggiungano due master post universitari e altre borse di studio.Sarei lieto di confrontare l’esperienza della nostra con quella di altre Regioni, e magari di realizzare iniziative comuni, poiché unendo le risorse si possono ottenere risultati certamente migliori.La Regione Toscana intende proseguire questo lavoro nel quadro di una leale collaborazione, che non sfocia nel conflitto – come lamentava il senatore Magnalbò – se c’è rispetto reciproco e volontà di acquisire il contributo di ciascuno. Certo, non può esservi collaborazione se si pretende semplice acquiescenza a scelte che calano dall’alto e che hanno il sapore di una imposizione.La Regione Toscana è intenzionata a seguire il solco tracciato, che ritiene possa anche favorire la partecipazione al voto. In tal senso dovrebbero essere orientate le iniziative del Governo, del Parlamento, delle Regioni e del CGIE perché, pur se in questa Legislatura sono stati compiuti storici passi avanti, tuttavia a pochi mesi dal voto vi sono ancora questioni aperte che i connazionali e le associazioni segnalano: il divario tra i dati delle anagrafi comunali e degli elenchi consolari, che comporta problemi da non sottovalutare; le modalità di informazione agli elettori sulle liste, i candidati e i programmi attraverso i diversi canali; il rafforzamento delle garanzie in ordine alla trasmissione dei certificati elettorali e alla loro conservazione presso i Consolati.Quella del voto è un’occasione importante non soltanto perché saranno eletti 18 Parlamentari provenienti dai territori che rappresenteranno, ma perché vi saranno altri ambasciatori dell’Italia nel mondo. I futuri nuovi eletti e tutte le nostre attività dovranno essere orientati nel senso di una proiezione dell’Italia all’estero, nello spirito di quella rinnovata identità di cui si è ampiamente

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parlato. Con tale spirito continueremo il lavoro nei prossimi mesi, sempre più ricercando occasioni di collaborazione con altri soggetti istituzionali.

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Antonino RANDAZZO, Presidente della I Commissione Tematica del CGIE

Questa seconda Assemblea Plenaria della Conferenza Permanente Stato-Regioni-Province Autonome-Consiglio Generale degli Italiani all’Estero deve rappresentare anche un momento di rinnovato slancio propositivo e insieme un’occasione di ulteriore riflessione sulla centralità del tema dell’informazione e comunicazione nell’ambito delle politiche per la presenza italiana nel mondo. Non si può sfuggire alla logica dei meccanismi che regolano gli intrecci dei sistemi mediatici, che condizionano e determinano in misura rilevantissima l’efficacia o meno, il successo o il fallimento di operazioni, proposte e iniziative nel settore pubblico e in quello privato. A questi meccanismi d’informazione e comunicazione resta inevitabilmente legata anche l’attuazione o meno di qualsiasi proposta che possa scaturire da questa Conferenza. Senza l’intervento, il supporto, la proiezione mediatica, senza la dinamica di un’informazione tecnicamente compiuta, ampiamente disponibile, facilmente accessibile e intelligentemente mirata, anche il più articolato e costruttivo dei dibattiti rischia di essere vanificato, di diventare o di restare autoreferenziale, con un ristagno operativo e l’indifferenza dei soggetti ai quali ci si rivolge nelle variegate realtà italiane nel mondo. Alla luce delle considerazioni fatte e delle conclusioni emerse dalle Commissioni tematiche e dalle Assemblee Plenarie del CGIE, si presentano, in sintesi, due aspetti essenziali del viluppo delle problematiche dell’informazione e comunicazione. Uno è di natura generale e consiste nella esiguità delle risorse disponibili e nella scarsa efficacia e incisività di qualsiasi iniziativa intrapresa in questo settore a livello istituzionale. E a questo accennerà ora brevissimamente, essendo tema che sarà approfondito in seno alla I Commissione, convocata in riunione straordinaria per venerdì prossimo, 2 dicembre. L’altro aspetto della questione, maggiormente legato alla sostanza e agli obiettivi della Conferenza, è il contributo e il ruolo delle amministrazioni regionali, con le risorse e gli apparati burocratico-amministrativi di cui dispongono, per quanto attiene all’informazione e comunicazione; ruolo attuale e potenziale, da qualificare e quantificare, da valorizzare e in molti casi magari ancora da scoprire. Quanto all’aspetto generale, è sufficiente in questa sede rilevare e denunciare senza mezzi termini il fallimento, penoso, frustrante, umiliante e pressoché totale delle campagne, o presunte tali, d’informazione istituzionale nelle prime tre prove del voto per corrispondenza. Se non fosse stato per l’iniziativa dei mezzi d’informazione, privata, autonoma e a costo zero per l’amministrazione pubblica, oppure di individui a vario titolo e variamente motivati, le scarse, tardive, pasticciate operazioni d’informazione istituzionale nelle tre suddette occasioni sarebbero assolutamente rimaste lettera morta, vuoi per l’astrusità del linguaggio adoperato, vuoi per l’approccio aridamente burocratico evidente nei testi elaborati, vuoi soprattutto per la mancata consultazione con le rappresentanze delle basi di quelle comunità alle quali l’operazione era destinata. Si evidenzia questo anche perché alcuni autorevoli esponenti del Parlamento e dell’Esecutivo nazionali e delle Amministrazioni regionali oggi presenti possano rendersi maggiormente consapevoli delle sfasature nel sistema-chiave dell’informazione istituzionale per gli italiani all’estero. A tanto si aggiungano l’insoddisfazione diffusa e la protesta vana e costante per il servizio di Rai International in determinate aree geografiche di

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significativi insediamenti italiani, quali l’Australia, la Nuova Zelanda, il Sud Africa, dove all’assenza di palinsesti specifici per la fruibilità del servizio in fasce orarie decenti ed alla discutibile qualità di parte dei contenuti, si sommano anche esosi e scandalosi canoni d’abbonamento, imposti, tramite l’obbligo d’acquisto di interi pacchetti di canali tematici, da distributori locali del segnale.Per tornare a focalizzarci aspetti della tematica attinente al rapporto di collaborazione e coordinamento nelle politiche per gli italiani all’estero fra Stato, Regioni, Province Autonome e CGIE, auspicabilmente anche in fatto d’informazione e comunicazione nella più ampia accezione di questi termini, si ritengono meritevoli di considerazione tre particolari suggerimenti nel contesto del complessivo pacchetto di progettualità e priorità per la prossima fase attuativa triennale della Conferenza permanente. Occorre innanzitutto un ripensamento di strategia per l’informazione di ritorno con il diretto coinvolgimento delle competenti branche delle amministrazioni regionali. Considerato il totale e sostanzialmente irreversibile (e per qualche verso anche comprensibile) rifiuto dei mass media nazionali, inclusi i tre canali della televisione pubblica, di offrire un’adeguata e continuativa copertura del variegato panorama di eventi, sviluppi e dinamiche interne delle realtà italiane nel mondo; considerato al contempo il fallimento di ogni tentativo compiuto finora, anche con iniziative, studi e approcci a livello istituzionale, resterebbe l’esame dell’ipotesi di un’utilizzazione intensiva dei mezzi d’informazione nelle singole aree regionali, dove esistono notevoli spazi e domanda, tramite una semplice struttura centralizzata di smistamento in grado di provvedere a una mirata diffusione di notizie, senza nulla togliere per questo all’opportunità di periodiche panoramiche d’interesse generale e nazionale su rilevanti aspetti della presenza italiana nel mondo. Occorre in secondo luogo definire i contorni della correlazione tra i concetti di “informazione di ritorno” e “cultura di ritorno”, con le possibili implicazioni d’ordine pratico e ricadute operative sul terreno di iniziative concrete. Si impone una riflessione sulle possibilità dell’apertura di finestre in Italia, sul piano nazionale e in ambiti regionali per l’immensa creatività italiana nel mondo in settori caratterizzati ormai da comprovati riconoscimenti critici oggettivi e da affermazioni individuali di elementi sia di prima che di seconda generazione del nostro gruppo etnico. Occorre in terzo luogo intraprendere un’iniziativa, che va considerata anche parte integrante di un processo d’informazione e comunicazione, cioè l’istituzione e il coordinamento di raccordi tra la crescente rete museale italiana e analoghe istituzioni pubbliche e private nei Paesi d’insediamento degli italiani nel mondo. Si aprono straordinarie possibilità di maggiore valorizzazione, a scopi di studio e diffusione di conoscenze anche on-line, e collaborazione fra i tanti musei dell’emigrazione, alcuni operanti e altri progettati o in fase di realizzazione, in ogni Regione d’Italia, e i musei dell’immigrazione stabiliti nei principali Paesi d’insediamento di italiani all’estero. Infine, esprime la proposta e la speranza che il coordinamento Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE si possa dotare di uno strumento che il CGIE non ha mai avuto, e forse al quale non ha mai neppure pensato: un ufficio stampa, anche se minimo, embrionale per cominciare, ma permanente, affinché si realizzi un punto di riferimento, una specie di portavoce ufficiale, un canale di

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comunicazione, uno specchio d’attualità, una fonte d’informazione puntuale e attendibile, a cui attingere notizie, spunti, risultati di ricerche, profili, aggiornamenti di natura cronachistica, sociale, culturale, economica sull’altra Italia per i media nazionali e regionali.

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Aldo LORENZI,Vicepresidente della II Commissione Sicurezza e TutelaSociale

La Conferenza Stato, Regioni, P.A., CGIE, convocata dall’ On. Presidente del Consiglio ai sensi e per gli effetti della legge istitutiva n°198/98, si è riunita in data odierna per discutere, in tutti i possibili ambiti, le attività da intraprendere a tutela dei nostri connazionali all’estero e delle loro associazioni.Nel corso dei lavori preparatori, particolarmente intensi e partecipati, sono venuti in evidenza i cambiamenti istituzionali, economici e sociali succedutesi negli ultimi anni e che determineranno variazioni sostanziali per il futuro, nelle stesse istituzioni che curano gli interessi delle nostre comunità residenti all’estero.Il Parlamento, il Governo, le Regioni, le P.A. e gli enti autonomi daranno, nell’ampio quadro del sistema Italia per gli italiani nel Mondo, l’indirizzo fondante delle attività da svolgere all’estero.In tali attività di riferimento, tra l’altro, è indispensabile vivificare e consolidare le Consulte Regionali che costituiscono di per sé l’affermazione sostanziale non rinunciabile delle funzioni svolte dalle Consulte stesse.Nell’attuale programma, come risulta agli atti in nostro possesso, sono previsti seminari indirizzati all’analisi ed alla proposizione di provvedimenti per singole fattispecie via via emergenti. In queste attività dove il gruppo di lavoro, “Ambito Sociale e Tutela dei Diritti”, per la sua parte vorrà la massima attenzione e darà il massimo impegno e tutta la sua collaborazione in seno al CGIE, affinché non solo non ci siano ulteriori degradi sociali ma anzi attraverso meccanismi discendenti dal miglioramento delle spinte all’internazionalizzazione e delle attività-economiche produttive- si verifichi un deciso miglioramento dei servizi e delle prestazioni da parte delle istituzioni preposte alla tutela sociale stessa.Questo gruppo di lavoro, per quanto di sua competenza, ha ritenuto di proporre una riflessione portandola all’attenzione di tutti, su tematiche che investono anche delicati temi politico-sociali che proprio in questi giorni sono alla base di reazioni negative in alcuni Stati.In concreto si tratta di una griglia composta da otto punti che dovrebbero costituire la base di discussione del dibattito sul documento tematico “Ambito Sociale e Tutela dei Diritti” che domani 30 novembre il collega Consigliere Roberto Volpini illustrerà nelle sue specifiche peculiarità.

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Giovanni Graziano TASSELLO, Presidente della IV Commissione Tematica del CGIE

Intende procedere ad una riflessione di carattere più generale, che prende le mosse da un opuscolo pubblicato nel 1887 da Giovanni Battista Scalabrini, il primo e per decenni il solo degli intellettuali europei ad analizzare in modo scientifico l’emigrazione. Nella seduta della Camera dei Deputati del 12 febbraio 1979 l’on. Antoniboni, fra le altre desolanti notizie sulle condizioni degli emigranti in America, leggeva una lettera di un colono veneto: “Siamo qui come bestie: si vive e si muore senza medici, senza preti, senza maestri!”. Fin dall’inizio dell’emigrazione italiana all’estero, accanto alle sfide della solidarietà, la comunità riteneva prioritario l’insegnamento della lingua italiana per i figli, per scoprire la loro identità nazionale. Scalabrini sosteneva che gli emigranti avevano conosciuto l’Italia soltanto sotto le forme odiose della leva e dell’esattore. Per moltissimi emigrati l’Italia autentica era stata scoperta di fatto all’estero.Analizzando le politiche migratorie recenti, ritiene che manchi la motivazione vera per effettuare interventi in campo linguistico e culturale. Occorre pertanto accentuare alcune linee di fondo che possono aiutare in questa direzione. Per rendere gli italiani residenti all’estero protagonisti di un progetto occorre introdurre il discorso della tutela dei diritti soprattutto in ambito linguistico e culturale. Se non si accetta la nozione di un diritto da parte dell’emigrato, diventa inevitabile una sua condanna alla invisibilità e alla marginalità democratica. Si riferisce anche al diritto allo studio e alla conservazione della storia dell’emigrazione, che troppe università italiane continuano a ignorare, imitando maldestramente gli intellettuali e i poeti dell’800. Occorre inoltre riaffermare il diritto all’approfondimento e alla riscoperta della cultura nata all’estero, che è diversa da quella italiana, ma di cui l’Italia ha decisamente bisogno. Non vi sono motivazioni nazionalistiche, perché lingua e cultura debbono poter godere di uguale dignità. Secondo un grande filosofo, quando muore una lingua, muore contestualmente la cultura del popolo che la parlava. Nonostante tante parole spese a favore della lingua e della cultura, l’accento è sempre posto sugli aspetti economici e su un partenariato, nell’ambito del quale la cultura rischia di essere considerata adatta solo ad esportare prodotti italiani. Anche le Regioni debbono essere coscienti dell’opportunità di investire in campo linguistico, perché questa è una forma di mantenere legami con gli italiani residenti all’estero.Nell’intervento del rappresentante del Ministero per i beni e per le attività culturali si faceva riferimento alla grande capacità dell’Italia nel restauro e nella preservazione di grandi beni artistici. Si augura che per quanto concerne la lingua non ci si limiti soltanto alla preservazione, ma si passi alla creatività e alla diffusione. Purtroppo si deve constatare che la diffusione della lingua e della cultura all’estero è affidata sempre più a iniziative private o a interventi del volontariato culturale, che non riescono più a far fronte alle richieste del settore. Mentre lo Stato opera una fuga in avanti, la diaspora rischia di essere emarginata, perché rimangono mali antichi denunciati in incontri e convegni

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del CGIE.Si riferisce anzitutto all’assenza di politiche unitarie e al fatto che la maggior parte degli investimenti venga dirottata a favore del mercato italofilo e non della diaspora. E l’attenzione preferenziale viene riconosciuta a qualche ente dal lignaggio nobile, quando invece sarebbe possibile investire nella collettività e nel suo associazionismo popolare, poiché anche i lavoratori fanno parte del sistema-Italia. L’utilizzo commerciale della vicenda migratoria a lungo andare danneggia l’impegno a favore della lingua e della cultura.Il CGIE insiste sul rispetto di un diritto, che se non venisse tutelato cancellerebbe qualsiasi parvenza di politica internazionale che intenda coinvolgere gli italiani all’estero.Cultura non è trasmissione di nozioni, ma è il frutto di una visione nuova che deve animare le scelte del CGIE. La vera cultura, l’apprendere la lingua italiana o rispolverarne la conoscenza, significa aprirsi, mettersi in relazione, dialogare con gli altri e credere nella vera democrazia, perché tutte le lingue e tutte le culture sono importanti. È necessario che in ambito linguistico si instauri una sinergia vera fra tutti i soggetti interessati al fenomeno. Qualcuno ha fatto riferimento ai danni causati dai sussidi a pioggia in ambito linguistico e culturale. I risultati sono ben peggiori quando si analizzano gli investimenti portati avanti senza alcuna strategia unitaria. Sta emergendo un clima nuovo si riferisce alla cultura della solidarietà e della sinergia fra Stato, Regioni e CGIE. Questa cultura darà una spinta nuova a un settore che rimane fondamentale; altrimenti fra qualche anno ci saranno molti milioni di persone con cognome italiano, ma nulla più.

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Martedì 29 novembre 2005

- Sessione pomeridiana -

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Mario TOMMASI, Presidente della III Commissione Diritti Civili, Politici e Partecipazione

Saluto alle autorità presenti ed agli altri partecipanti

Desidero iniziare il mio intervento ripartendo dal Documento finale della prima Conferenza permanente Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE svoltasi a Roma dal 18 al 20 marzo 2002 e che aveva fissato le linee programmatiche per l’attività del Governo, del Parlamento, delle Regioni e province autonome, nonché del CGIE.Rileggendomi gli interventi e gli articoli riguardanti tal evento ho potuto constatare che tutte le parti coinvolte avevano considerato tale Conferenza come un’occasione importantissima per quanto riguardava la conoscenza reciproca e che il lavoro compiuto era da considerarsi altamente positivo, ma che andava considerato come punto di partenza e non di arrivo. Ricordo che il titolo del documento finale era “Valorizzare l’identità italiana nel mondo”. Vale la pena di citare alcune importanti affermazioni contenute in tale documento, tuttora attuali, e che potranno essere di supporto anche durante queste tre nostre giornate di lavoro. Innanzitutto la necessità di ripensare al ruolo della comunità italiana nel mondo come ad una risorsa e quindi l’opportunità di associarla in una lungimirante azione di valorizzazione dell’identità della cultura italiana e degli interessi nazionali nel mondo, identità italiana che non si forma solo in ambito nazionale, ma è il risultato della costante interazione tra questo e le varie articolazioni delle comunità italiane all’estero. Desidero aprire a questo proposito una breve parentesi per porre l’accento sul merito che va riconosciuto alle comunità italiane nel mondo, al movimento associazionistico, non solo regionale, ed agli organismi rappresentativi (Comites e CGIE) di aver impedito, riaffermando in ogni momento l’orgoglio dell’appartenenza e delle proprie origini, che si affievolissero i legami con la madre Patria. Infatti, il movimento associazionistico ha sempre rappresentato, e dovrà continuare a rappresentare anche in futuro, un importante strumento di tutela dei diritti, di promozione della solidarietà e di sviluppo sociale delle comunità italiane nel mondo. La 1.a Conferenza individuava cinque obiettivi:Una legge quadro che recasse i principi fondamentali cui avrebbe dovuto attenersi la potestà legislativa concorrente delle Regioni nelle materie riguardanti le collettività all’estero. Nel testo avrebbero dovuto trovare accoglimento in particolare il principio dell’uguaglianza che rifiuti, nella predisposizione degli interventi finanziati congiuntamente dallo Stato e dall’Unione Europea, qualsiasi forma di discriminazione regionale per ispirarsi, all’opposto, ai criteri di solidarietà. Seguiva poi una lista di interventi che troverete nella vostra documentazione.La modifica della Legge del CGIE, che prevedesse una maggiore rappresentanza delle Regioni e delle Autonomie locali e tale da potenziare il ruolo dinamico del Consiglio anche al fine di assicurare un maggior collegamento di tutti gli italiani all’estero (doppi cittadini, gli oriundi vecchi e nuovi emigrati e le giovani generazioni) e la loro rappresentanza parlamentare.

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A questo proposito apro una parentesi per ribadire ancora una volta la richiesta manifestata da anni oramai in vari ordini del giorno presentati sia dalla mia Commissione tematica, che dalla 7.a, di organizzare al più presto la prima Conferenza dei giovani italiani nel mondo. Desidero segnalare ancora che il precedente CGIE da parte sua aveva già approvato una bozza di riforma della sua legge istitutiva.L’istituzione del Fondo Nazionale a favore delle comunità italiane all’estero che prevedesse la partecipazione finanziaria di soggetti pubblici e privati e nel quale potessero confluire anche finanziamenti dell’Unione Europea. Il Fondo avrebbe dovuto quindi corrispondere all’attività di coordinamento delle singole iniziative, incluse quelle di solidarietà, diventando cosi il volano della politica italiana nei confronti dei cittadini all’estero. Lo “Sportello unico per l’internazionalizzazione” era richiesto, partendo dalla constatazione di una forte presenza regionale e del legame con i corregionali residenti in loco, al fine di rendere più agevole il flusso delle informazioni da e per le imprese, di assistere le medesime e di attrarre investimenti esteri in Italia.Si auspicava inoltre la creazione di un Segretariato della Conferenza Permanente, composto di ventuno membri, pariteticamente ripartititi fra Stato, sistema delle Autonomie e CGIE, che garantisse la continuità di azione di monitoraggio dei seguiti operativi, che valorizzasse le risorse disponibili ed il coordinamento dell’insieme degli strumenti messi in opera. Ho voluto ricordare quelli che erano stati gli obiettivi della 1.a Conferenza Permanente, perché purtroppo come potrete facilmente intuire salvo qualche iniziativa isolata, isolata in quanto é mancata una politica programmatica da parte del Governo nella sua collegialità, come quelle intraprese dal Ministro per gli Italiani nel Mondo, con l’organizzazione dei Convegni dei Parlamentari di origine italiana, dei Ristoratori e degli Imprenditori italiani nel mondo, dei Missionari nel mondo, la costituzione del Comitato scientifico permanente degli scienziati italiani nel mondo, nonché l’Alleanza degli Ospedali Italiani nel mondo, che costituiscono un mezzo per riavvicinare tali soggetti al nostro Paese, questi rimangono tuttora attuali in quanto non realizzati. A mio parere comunque a queste importanti iniziative è mancato un coinvolgimento delle autonomie locali e del CGIE. Pertanto il compito principale di questa seconda Conferenza sarà quello di esaminare i motivi per i quali essi non sono stati realizzati e trovare le soluzioni affinché possano trovare attuazione in futuro, e qui desidero affermare che condivido pienamente il programma di lavoro dei prossimi tre anni proposto dalla Cabina di regia, ma per fare questo sono necessari una maggiore volontà politica sia da parte del Parlamento, che l’impegno convinto dell’attuale e del prossimo Governo, nonché quello delle Regioni e delle Province Autonome, a maggior ragione dopo la recente approvazione della nuova legge sulla “devolution” qualora questa venga confermata dal referendum confermativo. Segnalo comunque che per questa legge il parere del CGIE non é stato richiesto come lo prevederebbe invece la legge istitutiva.Va in ogni modo ricordato che già con la legge attuale e con la riforma del titolo V della Costituzione, le Regioni hanno più poteri in tutti i campi. Pertanto risulta evidente, qualunque sia la legge in vigore dopo il referendum, la necessità di trovare un punto di raccordo programmatico in materia di emigrazione fra le Regioni prima, e delle Regioni con lo Stato poi. Bisogna cioè cercare di applicare, per usare un’espressione di Padre Tassello la “cultura

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della sinergia”.Occorrerà inoltre procedere quanto prima alla tanto auspicata riforma del Ministero degli Esteri che dovrà dare impulso e potenziamento al suo ruolo di coordinamento di tutti i soggetti istituzionali e non, che contribuiscono a sostenere l’impegno dei nostri connazionali all’estero. In questo quadro voglio fare un accenno alla drammatica situazione, a causa delle note restrizioni di bilancio, in cui si trova la rete diplomatica e consolare italiana denunciata oramai da anni da tutti gli organismi rappresentativi degli italiani nel mondo, rete che andrebbe invece potenziata e posta nelle condizioni di svolgere meglio il ruolo di cerniera tra le istituzioni dello Stato e le comunità degli italiani nel mondo recuperando specificatamente il rapporto con le Regioni e le Province Autonome. Infatti solo investendo adeguate risorse finanziarie e qualificando ancor di più professionalmente e culturalmente le risorse umane utilizzate si potranno raggiungere gli obiettivi prefissati. Voglio infine rilevare anche che eccetto rari esempi di regioni che hanno legiferato riconoscendo emigrati ed immigrati titolari di pari diritti ed allo stesso tempo destinando risorse importanti per lo sviluppo, la quasi generalità degli enti regionali si è limitato a muoversi in un’ottica meramente assistenziale, seguendo la logica del capitolo di spesa “emigrazione”, se non addirittura puramente localistica. L’obbiettivo dovrebbe essere quello che ogni regione deliberi e riservi una quota delle voci di bilancio dei singoli assessorati che sia proporzionale al numero di corregionali all’estero, in particolare relativamente alla spesa corrente mirata al superamento di situazioni di esclusione sociale o di indigenza presenti in molti paesi, cito ad esempio l’America Latina, e parallelamente, sul piano degli investimenti sulla risorsa che costituisce l’emigrazione, come volano di sviluppo delle attività finalizzate all’internazionalizzazione in ambito culturale, sociale ed economico. Si dovrebbe infine arrivare al superamento delle sperequazioni fra cittadini italiani all’estero determinate da legislazioni regionali differenziate che andrebbero raccordate ed armonizzate, ove possibile, nel rispetto tuttavia della potestà legislativa delle singole Regioni. Ricordo che vi sono regioni che tuttora non hanno ancora costituito delle Consulte dell’emigrazione, o si propongono di non istituirne, dove andrebbero inseriti di diritto i consiglieri del CGIE provenienti dalle stesse regioni.Alcune regioni già lo hanno fatto, cito ad esempio la mia Regione, il Friuli Venezia Giulia, altre, come la Sicilia, le hanno costituite ma non le riuniscono. Di tali consulte dovrebbero far parte anche un congruo numero di consultori in rappresentanza delle comunità regionali all’estero. A tale scopo occorrerebbe armonizzare i criteri ed i requisiti necessari per l’iscrizione all’albo delle Associazioni riconosciute dalle Regioni ai fini degli interventi anche di contributo, finanziamenti e assistenza alle attività associative. Vanno poi risolti i problemi relativi al riacquisto della cittadinanza tuttora irrisolti e già segnalati in numerosi ordini del giorno presentati dal CGIE (cito ad esempio il problema dei trentini : segnalo a questo proposito l’imminente scadenza della legge 379/2000 che riguarda un numero importante di oriundi che desiderano acquisire la cittadinanza italiana, ma che vari impedimenti burocratici oramai noti agli addetti ai lavori non lo possono fare entro la scadenza prevista del 19 dicembre prossimo. Pertanto tale legge andrebbe

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prorogata d’urgenza).A me sarebbe enormemente piaciuto poter venire a riferire quest’oggi forte di un mandato preciso della mia Commissione (ricordo che a più riprese ne avevamo richiesto la convocazione straordinaria). Invece, come sappiamo, l’approccio alla Conferenza é stato, come già ricordato da altri in precedenza, piuttosto convulso e scarso nei mezzi finanziari messi a disposizione.Voglio pero’ dire che la mia Commissione ha comunque, nell’arco del suo operare, sostenuto il tema della partecipazione come fondamentale e decisivo per la crescita culturale e politica delle comunità che rappresentiamo. Il percorso di avvicinamento da me citato alla prima Conferenza e che mirava a farne una Conferenza Permanente é attuale anche in questa fase. Sono certo comunque di interpretare al riguardo tutti i colleghi della mia Commissione. In conclusione, tenendo presente che le comunità italiane all’estero in un mercato globalizzato costituiscono una grande risorsa, nonché una grande opportunità per lo sviluppo locale e transnazionale, sia in rapporto all’Italia che ai paesi di accoglienza, e cio’ sia nell’ambito culturale, sociale ed economico, auspico che il dibattito che si svilupperà in questa seconda Conferenza possa determinare un sereno confronto e dialogo tra tutte le parti coinvolte per definire nuovi indirizzi per una politica organica delle Regioni, delle Province Autonome e dello Stato che non disattenda le giuste aspettative delle nostre comunità all’estero.

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On. Altero MATTEOLI, Ministro per l’Ambiente e la Tutela del territorio

È con grande piacere e con autentica soddisfazione che intervengo ai lavori di questa Conferenza: con piacere, perché essa prova l’impegno di questo Governo nel realizzare un nuovo raccordo tra la madrepatria e le comunità italiane all’estero; con soddisfazione, perché essa si colloca come momento di passaggio tra un triennio di avvio e un altro di impostazione di strategie. In pochi anni siamo passati dal progetto alla realtà; abbiamo ora davanti un lungo e fruttuoso cammino comune al quale tutti, ne sono certo, forniremo il massimo contributo.Gli ultimi anni sono stati per l’Italia di grande impegno e di grandi sfide: costituzionali, politiche, sociali. Pur in una congiuntura mondiale non facile, segnata da difficoltà economiche generali e dalle minacce del terrorismo internazionale, il Paese è cresciuto sul piano internazionale, dove abbiamo sostenuto con altre grandi democrazie un ruolo di presenza responsabile e non facile, per affermare obiettivi di pace in zone chiave per il futuro del mondo: sul piano europeo, dove abbiamo contribuito con la nostra visione all’allargamento della famiglia dell’Unione Europea, per accogliervi le nuove democrazie dopo la fine dell’Unione Sovietica; sul piano interno, dove abbiamo aggiornato la Costituzione da una parte per rafforzare la rappresentatività e l’efficacia operativa del Governo centrale e dall’altra per consentire alle realtà regionali di esprimersi meglio in un contesto di unità nazionale.Anche per quanto riguarda il mio settore di responsabilità, la tutela dell’ambiente, posso affermare con soddisfazione che l’Italia si è collocata a suo tempo all’avanguardia tra coloro che hanno proposto misure realmente efficaci di intervento, quali quelle previste dal Protocollo di Kyoto. Stiamo ora operando per guadagnare a questa causa anche Paesi e società che quel protocollo non hanno sottoscritto. Per difendere la sopravvivenza del pianeta e tutelare il nostro habitat abbiamo inaugurato una politica nuova, fatta non solo di divieti e non solo proclamata nel nome di dogmi astratti, ma creando anche opportunità per le imprese, quei soggetti cioè che alle nostre società devono offrire soluzioni e garantire la sopravvivenza economica. Vorrei aggiungere con orgoglio, perché i membri del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero lo possano affermare nei Paesi dai quali provengono, che le tecnologie italiane nel settore ambientale non sono oggi seconde a quelle di nessun’altra società avanzata.La gestione sostenibile delle risorse naturali ed energetiche è l’obiettivo individuato negli ultimi 20 anni dalla comunità internazionale dell’Unione Europea e da singoli Paesi a livello nazionale o locale. L’Italia ha raccolto la sfida di affrontare le grandi tematiche ambientali del pianeta e coniugarle con gli obiettivi di sviluppo sociale ed economico di tutti i Paesi, mettendo a disposizione le proprie capacità, esperienze e innovazioni. In questa prospettiva il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio ha maturato un ruolo da protagonista, promuovendo partnership con istituzioni, imprese, organizzazioni non governative, istituti di ricerca, Università, che hanno messo a disposizione risorse economiche e tecnologie avanzate.Nell’ambito degli accordi multilaterali sull’ambiente e del Piano di azione di Johannesburg per lo sviluppo sostenibile, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio ha avviato programmi comuni con più di 25 Paesi, con

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molteplici e ambiziosi obiettivi: uso efficiente delle risorse energetiche e idriche; diffusione delle fonti rinnovabili; protezione e conservazione del patrimonio naturalistico; formazione professionale e trasferimento di know-how; promozione di tecnologie ecosufficienti; lotta alla desertificazione. A tal fine si stanno avviando o sono in fase di attuazione progetti che interessano vari Paesi: Albania, Argentina, Belize, Cina, Egitto, Iraq, Israele, Marocco, Romania, Russia, Serbia, Montenegro, Tailandia, Brasile.A fronte di questo quadro oggi si apre la seconda Assemblea Plenaria della Conferenza Permanente Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE, ed è un’Italia più matura e consapevole del cammino percorso quella che oggi ascolterà le riflessioni e le proposte che da essa scaturiranno. È anche un’Italia che tra poco accoglierà nei due rami del Parlamento i rappresentanti che le comunità italiane nel mondo sceglieranno, i quali forniranno un proprio originale contributo all’impegno nazionale.Siamo tutti consapevoli che ciò aprirà un’epoca nuova sia per gli italiani in Patria che per quelli che vivono in altri Paesi, dei quali restano componenti essenziali, e servirà a segnare un altro passo verso il ruolo di un’Italia aperta al mondo, che dalle sue comunità all’estero vuole trarre ispirazione per crescere e affermarsi in un mondo globalizzato. Sarà anche un modo per provare alle nostre comunità all’estero che mentre esse perseguiranno nei rispettivi luoghi di residenza le proprie mete economiche e sociali, l’Italia sarà onorata di costituire per loro e per i loro discendenti un riferimento di tradizione e di civiltà.Sono certo che al termine di queste tre giornate anche per l’attuale Governo vi saranno motivi di riflessione grazie ai documenti che qui saranno sottoscritti.

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Franco SANTELLOCCO, Presidente della V Commissione Formazione, Impresa, Lavoro e Cooperazione

Per molti anni il “miracolo italiano” ha fatto apparire il nostro sistema produttivo, agli occhi degli osservatori economici internazionali, come il calabrone di Igor Sikorsky: “il suo peso in rapporto alla superficie alare, rende impossibile il volo. Per sua fortuna, il goffo insetto ignora le leggi della fisica, e le vìola inconsapevolmente e mirabilmente”.Il calabrone è l’immagine della nostra economia, così piccola per dimensione delle proprie aziende, eppure così grande da conquistare il mondo. La creatività, l’immaginazione, la fantasia italiane hanno conquistato i mercati dei più sperduti angoli della Terra.Ciononostante, il cambiamento cui siamo chiamati ad adeguarci non può più prescindere dai principi costitutivi del moderno contesto economico-sociale: la globalizzazione ed il progresso tecnologico. Ambedue i processi non sono più reversibili.La globalizzazione degli scambi ha prodotto l’insorgere di esigenze e prospettive nuove, che è necessario cogliere per trasformarle in sviluppo e produzione di lavoro e ricchezza.Indispensabile a tal riguardo appare dunque incentivare l'internazionalizzazione delle imprese aiutandole a crescere e fornendo loro moderni servizi reali. La crescita è infatti indispensabile per mantenere posizioni di mercato. Restare piccoli significa entrare in un circolo vizioso che inevitabilmente comporta una regressione, perché perdere quote di mercato significa fronteggiare difficoltà sempre crescenti nell'attrarre le risorse necessarie per andare avanti. Diventare grandi significa invece trascinare dietro di sé la crescita di un intero agglomerato di imprese che a vario titolo partecipano al sistema, innescando questa volta un circolo virtuoso.Tale passo potrà essere affrontato solo attraverso una forte convergenza tra le Istituzioni e le realtà socio-economiche territoriali.Questa visione della evoluzione delle relazioni internazionali e la volontà di individuare un approccio nuovo per valorizzare e promuovere la presenza degli italiani all’estero indusse la prima Conferenza Stato-Regioni-Province autonome-CGIE ad esaminare e discutere a fondo, tra l’altro, le condizioni per favorire la internazionalizzazione delle imprese, con l’adozione di uno strumento legislativo atto a dare efficacia e dinamismo al coordinamento delle attività di diffusione, di informazione, di assistenza alle imprese con la previsione della collaborazione degli italiani nel mondo.Il provvedimento auspicato ha visto la luce con l’approvazione della legge 31 marzo 2005, n. 56 “Misure per l’internazionalizzazione delle Imprese”, anche se esso é tuttora non operativo in assenza del Regolamento che definirà le modalità operative, di costituzione ed organizzazione degli Sportelli Unici.Si prende atto con rammarico che è mancato il coinvolgimento delle comunità italiane all’estero e dei loro organi rappresentativi.Tali comunità sono un prezioso patrimonio nazionale, una ricchezza tangibile della nostra cultura, ma anche della nostra economia, del nostro modo di vivere, della nostra educazione, i cui interessi vanno difesi nella loro specificità e globalità, trovando per ogni problema la sintesi che individui la soluzione

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concreta e pragmatica più idonea, libera ed autonoma rispetto ad ogni condizionamento ideologico..Ed a questo proposito, collegandomi alle apprensioni delle comunità dell’area da cui provengo, il Nord Africa, spero che, nel prossimo futuro, esaurita ormai la frenesia elettorale, si voglia dedicare attenzione e mostrare sensibilità non solo alle esigenze ed alle aspettative delle grandi comunità storiche, ma anche alle attese di quelle più modeste numericamente, ma altrettanto importanti, anche in termini economici per l’export di tecnologie e macchinari italiani, di nuova formazione in Asia, Africa ed Europa dell’Est.Mi auguro,poi, che la opportunità di essere coinvolti nelle vicende politiche italiane suscitata dal prossimo evento elettorale risvegli l’interesse anche dei giovani di seconda e terza generazione, ormai integrati nei Paesi di accoglienza, cui si dovrà riproporre la scoperta di cultura e tradizioni del Paese di origine e degli anziani cui si dovrà ravvivare la memoria. A tal fine assume un rilievo fondamentale la diffusione di un canale televisivo pubblico non basata su rimasugli, ma programmi mirati, interessanti ed intelligenti, capaci di captare attenzione e suscitare interesse.E’ stato di recente messo in evidenza da più parti come la qualificazioni professionale diventi una esigenza prioritaria per trovare occupazione in un mondo industriale che sta rapidamente ristrutturandosi e limitando la forza lavoro: viene quindi messa in primo piano l’ulteriore sviluppo di strumenti quali i corsi di formazione ed il loro rifinanziamento.Sono convinto che la via scelta per sviluppare il lavoro della Conferenza permanente, in particolare attraverso un organo di gestione corrente a livello tecnico, con l’obiettivo di realizzare pienamente la collaborazione fra le tre gambe della Conferenza, sia adeguato anche se avrei gradito un richiamo ad una maggiore partecipazione delle componenti tematiche, limitatissima per non correre il rischio di farne uno strumento pletorico. Vorrei concludere questo mio intervento con un richiamo pressante al soggetto della Cooperazione: come è ampiamente noto sono particolarmente sensibile alle vicende africane.In questi giorni a Roma viene raccontata per immagini, in una mostra al Vittoriano, la tragedia della gente del Darfur, sconvolto da un conflitto che colpisce sistematicamente la popolazione civile, definito “l’inferno della terra” da Kofi Annan, “regione del terrore” dalla Croce Rossa, dove è in atto un genocidio con oltre centomila morti e due milioni di rifugiati.L’Africa è un continente che muore: in Niger la vita di 800.000 bambini é a rischio, 250.000 sono malnutriti, 30.000 soffrono di malnutrizione grave, che per la maggioranza di loro significa la morte per fame, in Zimbawe 220.000 bambini mancano di cibo, assistenza, per non parlare di scuola, in definitiva non hanno neppure la speranza di un futuro. Non sono che esempi di tragedie immense causate da conflitti, malattie, fame.Le organizzazioni internazionali fanno quello che possono, fra mille difficoltà burocratiche ed ostacoli, ma i loro sforzi non sono che un rivolo modesto e certamente non sufficiente ad alimentare l’immenso fabbisogno di ogni tipo di assistenza della maggioranza dei Paesi africani.In un periodo in cui sembrano necessari tagli al bilancio nazionale, rivolgo, e qui concludo, un pressante e caldo invito, che mi piacerebbe fosse accolto da questa Conferenza, a voler considerare l’esigenza di non togliere neppure un euro ai fondi per la cooperazione verso quelle sfortunate popolazioni la cui esistenza è un inferno, che non hanno altre prospettive rispetto alla morte che

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la fuga dalla loro terra.Grazie.

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Carlo ERIO, Presidente della VII Commissione Tematica, Nuove Migrazioni e Generazioni Nuove

Tanta curiosità, tanto interesse, ragionamenti e tante promesse ai giovani…..eravamo cinque anni esatti or sono alla fine della conferenza degli Italiani nel mondo e ci eravamo lasciati con la speranza che entro un paio di anni al massimo, in varie parti del mondo, sarebbe esplosa la volontà della nostra gioventù di origine italiana, così diversa, così ricca di promesse, di contare come l’altra Giovane Italia. Anche questi giovani, come già i loro padri, erano una “risorsa” per l’Italia.Tutto rimase com’era!Mancanza di risorse solamente o di volontà e coraggio politici? Nel 2004, con il rinnovo dei Comites e con questo rinnovato CGIE, finalmente si sperava di sfondare una porta aperta e veniva creata la nostra VII Commissione Nuove Migrazioni e Generazioni Nuove.A questa era richiesto, non di fare dotti studi (era già stato fatto uno studio inchiesta dal precedente CGIE ed erano già pervenuti vari lavori principalmente dall’area anglofona e da quella europea) ma di soprattutto tradurre in programmi attuabili dal CGIE, dallo Stato, dalle Regioni e Province autonome quelle idee scaturite dal 2000 a quel momento.A quel punto e probabilmente per una nostra errata interpretazione nacque una certa preponderante centralità del CGIE e dei Comites. Ci accorgemmo perciò che le strade da percorrere erano altre e le seguimmo, abbastanza presto, cioé appena dopo 18 mesi dall’insediamento della nostra Commissione. Ciò perché avevamo constatato che le nostre idee, elaborate insieme in Commissione ed esposte all’Assemblea, stavano trovando bene o male una attuazione in un sempre maggior numero di regioni, allorché sino ad allora solo alcune avevano affrontato il problema giovanile non nel suo insieme ma pezzo per pezzo, secondo richieste dall’estero o interessi immediati delle Regioni stesse. Abbiamo quindi concluso alla necessità di un coordinamento reale delle attività rivolte ai giovani, per non confonderli poiché i giovani all’estero non si differenziano a livello regionale fra di loro, anzi attuano sinergie profonde interstatali (come i nostri giovani dei Baltici e di San Pietroburgo, dell’Alta Savoia e della Svizzera).Allora, anche per superare ogni possibile conflittualità tra lo Stato e le Regioni e poi tra le regioni stesse, abbiamo cercato (cioè il CGIE) di vedere come attuare e su quali linee possibili la Conferenza, come risulta dalla bozza presentata dalla cabina di regia. I programmi volgevano attorno ad alcune idee chiave:la scoperta delle radici e della memoria storica;la scuola e l’insegnamento della lingua italiana, gli scambi culturali;la formazione professionale e le ricerche di professionalità diffuse;la ricerca scientifica e l’insieme delle materie di insegnamento che coinvolgono tante nostre fasce di diplomati, non solo da e per l’Italia, ma anche di giovani d’origine dei paesi anglofoni (con opportunità di creare una rete per avallare gli scambi);l’informazione con la creazione degli sportelli regionali, che noi avremmo voluto in ogni Consolato e Rappresentanza Diplomatica;la creazione di un osservatorio giovani, accessibile a tutti i Comites, come anche di un osservatorio donne (tanto richiesto dalle donne del CGIE ma mai

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attuato nei fatti);lo sport infine, e non da ultimo, con la possibilità di rendere più efficaci e accessibili i Giochi della Gioventù, internazionali, patrocinati dal CONI, per individuare tra i nostri giovani sportivi di origine italiana gli eventuali futuri talenti (e poi lo sport crea ancor più fraternità).Tutti questi programmi disattesi in generale, e solamente dicevo in particolare attuati da qualche Regione, potrebbero essere compresi in una vasta azione di profondo respiro per attuare la conferenza dei giovani italiani nel mondo comunque entro il 2006 (malgrado le elezioni politiche tutto il mondo dell’emigrazione non si fermerà e continuerà a lavorare con e nel CGIE).In completa sinergia lo Stato, le Regioni, le Province autonome, il CGIE, dovranno farsi promotori immediatamente di questo lavoro, che anche gli interventi di stamattina del Ministro La Loggia e del Presidente delle Regioni Errani hanno sollecitato, come da altri autorevoli interventi.Come indicato nella bozza di documento propostoci dalla cabina di regia si dovrà attuare una azione piramidale che parte dai Comites e dall’associazionismo regionale in emigrazione, per nazione, per continente, onde organizzare gli incontri preparatori che coinvolgono tutti gli attori che hanno interessi, domande, desideri da esprimere e dai quali questa volta siamo realmente chiamati a dare risposta. Non attendiamo ancora tanto!I giovani del 2000 hanno 5 e presto 6 anni di più, e sappiamo che i giovani vorrebbero vedere cose tangibili in breve tempo. Alle promesse non credono più, rischiamo di allontanarli e rischiamo di sprecare la grande risorsa che loro rappresentano per la creatività nazionale.

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Luigi PALLARO, Vice Segretario del CGIE per l’America Latina

Questa Conferenza è stata sempre ritenuta molto importante, ora forse però si avverte la necessità di spiegare più diffusamente il fenomeno dell’immigrazione. L’area dell’America Latina si è occupata di indagare la realtà degli italiani residenti in questo settore geografico e ne è emerso un quadro molto complesso. Nell’America del Sud oltre 100 mila bambini studiano la lingua italiana ogni giorno, è bene dunque partire da dati certi come questo per organizzare un ragionamento. A Buenos Aires, per esempio, si possono facilmente rintracciare molti Istituti di lingua e cultura italiani, occorre dunque ragionare considerando il fatto che non si parte da zero, ma che molta strada è già stata percorsa: società mutualistiche, ospedali, scuole, Università sono solo alcuni esempi di istituzioni costituite dagli italiani in Sud America.Le Regioni, ma anche le Province e i Comuni, possono fare la loro parte, lasciando magari allo Stato una funzione di raccordo generale. Stessa positiva funzione possono svolgere le 74 Camere di Commercio italiane all’estero, che non costano praticamente nulla all’erario e rivestono una funzione importantissima. Oggi l’Argentina, per esempio, non è più il Paese ricco di 50 anni fa, ma la situazione può cambiare e Stato e Regioni possono far molto in questo senso, tanto più che le nuove generazioni di italiani all’estero sono certamente molto dissimili da quelle dei loro nonni o dei loro antenati. Non c’è bisogno di spendere molti soldi, basta semplicemente attuare una politica più attenta e razionale.Il CGIE sta lavorando molto bene ma è necessario modificare radicalmente il nostro approccio a tutta questa tematica. Se vogliamo individuare un esempio positivo potremmo citare la Regione Veneto, che molto si è impegnata a livello di tutela sanitaria degli italiani all’estero: altre istituzioni farebbero bene a seguirne l’esempio.

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Marco FEDI, Vice Segretario del CGIE per i Paesi anglofoni extraeuropei

Due passaggi della legge n. 198 del 18.6.1998 (La Conferenza ha il compito di indicare le linee programmatiche per la realizzazione delle politiche del Governo, del Parlamento e delle Regioni per le comunità italiane all’estero; le linee programmatiche indicate dalla Conferenza costituiscono l’indirizzo politico-amministrativo dell’attività del CGIE) impegnano tutti i soggetti che fanno parte della Conferenza Permanente Stato-Regioni-PA-CGIE e che oggi si incontrano in questa seconda plenaria, in un processo di riflessione, di proposta e di partecipazione paritaria, teso a definire orientamenti, priorità e linee programmatiche da assumere in questa nuova e più matura fase nel rapporto con le comunità italiane nel mondo. Questa maturità di rapporto sarà sancita anche dalla effettiva realizzazione dell’esercizio in loco del diritto di voto e dall’elezione, per la prima volta, di una rappresentanza parlamentare dall’estero. La Conferenza permanente ha già coerentemente lavorato verso questi obiettivi, ma non è riuscita a dotarsi di una efficace regia. Oggi occorre dare concretezza all’azione, dotandosi di strumenti condivisi per rendere la Conferenza “permanente”.La Commissione Continentale dei Paesi anglofoni extra-europei, che ha affrontato in molteplici occasioni il tema della Conferenza Permanente e del rapporto fra i soggetti che la compongono, ritiene che si debba partire da una serena riflessione sulle priorità, per arrivare a identificare strumenti di conoscenza e analisi delle realtà, per impegnarsi sia rispetto a una serie di progetti che su un percorso di rilancio delle riforme. La formula deve essere quella della concretezza e della impostazione programmatica, tuttavia non si può cessare di immaginare un rapporto nuovo con le Regioni, di sognare un momento di “coordinamento generale”, una regia, un fare “sistema Italia”, di costruire un percorso comune per definire una legge quadro, per rendere l’intervento delle Regioni sempre più legato ai bisogni delle comunità ed alla promozione del Sistema Italia e sempre meno ancorato ai modelli dell’appartenenza regionale, per rispondere alla crescente domanda di servizi, cultura, scambi e collegamenti con il Paese. L’aspirazione del CGIE è che sia realizzata, nei fatti e non solo sulla carta, questa prerogativa sull’indicazione delle priorità e dei programmi che veda il contributo di tutti i soggetti. L’aspirazione del CGIE è che nei momenti di “vita del CGIE” si possano realizzare, ad esempio nelle Commissioni Continentali, momenti di partecipazione e scambio con le Regioni, le PA e i consultori regionali basati all’estero; che nella Conferenza Stato-Regioni si possano trovare gli opportuni spazi di discussione sui temi legati alla vita delle comunità italiane all’estero, nonché le forme, i modi e i tempi di un collegamento costante con il CGIE.La necessità di un coordinamento tra Stato, Regioni, PA e CGIE è sentita fortemente dalle comunità all’estero. Alcuni interventi dello Stato – in alcuni settori chiave come la cooperazione internazionale – rischiano di essere ridimensionati per questioni di bilancio; alcuni altri capitoli sono inalterati da anni, questo significa che di fatto è ridotta la capacità di rispondere ai bisogni linguistici, culturali, formativi. Un coinvolgimento attivo delle Regioni sarebbe utilissimo anche per un pacchetto di riforme, dall’editoria e media elettronici fino alla riforma del CGIE; la rete consolare è sottodotata di personale e risorse

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a fronte di un bisogno crescente di efficienza amministrativa e le Regioni possono fornire un contributo nel rapporto con le Amministrazioni comunali e provinciali. È sempre più sentita l’esigenza di affrontare, con la rete di tutela rappresentata dai patronati, la questione solidarietà nei confronti delle fasce più deboli dell’emigrazione con il monitoraggio delle nuove povertà e delle nuove emarginazioni. È infine sempre più urgente l’intervento per la terza età.L’intervento delle Regioni all’estero offre oggi un quadro difforme. Nei Paesi dell’area anglofona alcune Regioni sono impegnate e presenti da oltre un ventennio, ma ancora oggi vivono la fase della “conoscenza e dell’incontro”. Le Regioni che caratterizzano il proprio intervento con una forte progettualità, attraverso gemellaggi, borse di studio, programmi di scambio, partecipazione ad expo commerciali e culturali, sono una minoranza e il loro intervento, spesso, non avviene in sintonia con quello dello Stato e in alcune occasioni non vede coinvolte le rappresentanze dei Comites o del CGIE e gli stessi consultori . In questo modo non si fa sistema e si perdono occasioni per valorizzare questi importanti interventi con i Governi dei Paesi in cui avvengono le iniziative.Altre Regioni sono da sempre totalmente assenti in alcune realtà, per ragioni legate alle risorse e a scelte prioritarie. Anche questo aspetto potrebbe essere superato attraverso un’azione solidale e coordinata delle Regioni con lo Stato, il CGIE e i Comites.In attesa di una legge quadro sarebbe opportuno indicare linee comuni nelle procedure per la elezione dei consultori, dotando questi di uno status davvero consono al ruolo che svolgono e cercando di trovare sempre collegamenti sempre più numerosi con gli organismi di rappresentanza, anche sul piano normativo.Informazione e comunicazione rivestono un ruolo strategico per il futuro delle comunità e per il rapporto tra i soggetti della Conferenza Permanente Stato-Regioni-PA-CGIE. Occorre definire un progetto di comunicazione tra i soggetti della Conferenza affinché siano condivisibili le informazioni e affrontare con lo Stato il tema di un piano strategico nazionale e internazionale teso a valorizzare davvero gli italiani nel mondo, la loro identità composita, il loro essere e divenire “comunità nuova”. Oggi l’informazione è carente, il piano strategico assente, le risorse scarse e male utilizzate, gli strumenti normativi superati, le finestre di ritorno inesistenti, mentre l’internazionalizzazione non ha riguardato i processi di comunicazione e l’informazione cartacea, radiofonica e televisiva soffre di provincialismo.Il programma di lavoro della Commissione dei Paesi anglofoni extraeuropei ha riguardato temi che sono al centro della discussione programmatica. Infatti in materia di cittadinanza e nazionalità auspica che si unifichino i progetti di legge per la riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza italiana e una giornata di studio su nazionalità e appartenenza (in Plenaria); per le nuove generazioni, che si dedichi una parte dei lavori della Plenaria al tema dei giovani, in attesa di indire la Conferenza mondiale dei giovani. La Commissione propone altresì la revisione del testo proposto dal Governo, con gli emendamenti già presentati dall’area anglofona e dal CGIE, per la riforma della legge n. 153 del 1971.In materia di previdenza e sicurezza sociale, si propongono accordi bilaterali per affrontare le nuove povertà, per definire una carta dei diritti e dei servizi anche e soprattutto in materia di sanità.

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In conclusione, esprimo l’auspicio che si trovino subito, nel programma di lavoro delle Commissioni Continentali, delle Commissioni tematiche, del CGIE e delle Regioni e PA, aree di interesse comune e progetti da realizzare insieme.In una lontana occasione, a Vancouver, proprio la Commissione Continentale per i Paesi anglofoni affrontò un’analisi, interessante e originale, dei modelli di federalismo che accomunano Australia, Canada, Stati Uniti e Sud Africa. In quella occasione, tra le conclusioni, si affermò che uno Stato che non nasceva federale ma che si avviava verso una trasformazione in senso federalista avrebbe dovuto garantire “solidarietà” e ”capacità di intervento” per tutte le realtà regionali. Non sono certo che ciò si realizzerà: un’analisi anche in questo campo consentirebbe di entrare a far parte di una riflessione importante e di entrare nel merito di una serie di altre questioni che riguarderanno, sempre più da vicino, anche i cittadini italiani residenti all’estero.

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Elio CAROZZA, Vice Segretario generale del CGIE per l’Europa e l’Africa del Nord

Porta innanzitutto il saluto della Commissione Continentale Europa-Africa del Nord, che ha espresso nell’ultima riunione un vivo apprezzamento per il lavoro preparatorio svolto e per la scelta mirata delle quattro tematiche da approfondire.La I Assemblea Plenaria, svoltasi nel marzo del 2002, ha approvato un documento finale che ha definito obiettivi precisi e strategie dedicate per perseguirli. Purtroppo ben poco è stato messo in opera, e nemmeno è stato assicurato il carattere permanente che la legge stessa stabilisce per la Conferenza Stato-Regioni-CGIE.In particolare, gli organi dello Stato e delle Regioni non hanno saputo cogliere lo spirito innovativo dell’iniziativa, pur avendo a disposizione documenti e analisi complete e dettagliate. Le Regioni hanno sviluppato negli ultimi anni una eccezionale presenza tra gli italiani all’estero, che non ha eguali rispetto ad altri organi della Repubblica. Nonostante il forte sviluppo dell’associazionismo regionale, tuttavia occorre ora cogliere l’occasione per rispondere a una domanda diffusa per colmare i vari divari che ancora portano a distinguere i cittadini dai connazionali di origine, coloro che provengono dall’una o dall’altra Regione, le prime generazioni da quelle successive.Non è più tempo di limitarsi a dichiarare la propria disponibilità o a interpretare in modo formale la legge. Occorre piuttosto predisporre gli strumenti operativi che potranno consentire realmente e permanentemente la realizzazione delle necessarie sinergie.Pertanto auspica che a partire dai lavori odierni si possa passare “dalla poesia alla prosa”, favorendo la concretezza degli interventi. Occorre oggi sfruttare appieno un’opportunità unica, che può comportare con il concorso di tutti gli attori la piena valorizzazione di quel patrimonio di esperienze, di culture e di valori, costituito dagli italiani all’estero e necessario al Paese collocato ormai in un punto delicato nelle emigrazioni di livello planetario.Ma a tal fine occorre un quadro di impegni politici e culturali chiaramente ispirati da orientamenti di pace, di sicurezza, di solidarietà, di cooperazione internazionale e di sostegno allo sviluppo.Conclude sottolineando come la II Assemblea Plenaria possa assumere l’obiettivo ambizioso di rappresentare un punto di svolta nell’impegno politico e istituzionale di tutto il “Paese Italia” relativo agli italiani nel mondo.

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Andrea AMARO, Vice Segretario Generale del CGIE per i Consiglieri di nomina governativa

Il suo intervento probabilmente sarà inutile come gran parte di quelli di questo pomeriggio. Eppure i lavori erano ben iniziati questa mattina, ma poi alla sessione pomeridiana sono rimasti solo i membri del CGIE, come al solito.Forse l’esperienza dimostra che sarebbe preferibile ridurre la discussione plenaria a una sola giornata per poi dedicare il resto dei lavori a discussioni tematiche, soprattutto al fine di coinvolgere al meglio i rappresentanti delle varie istituzioni.Occorre compiere un serio sforzo affinché gli impegni contenuti nel documento possano dar vita a una salto di qualità nel modo di procedere. Al fine di rendere effettivamente permanente la Conferenza, occorre innanzitutto attendersi e pretendere risposte ragionevolmente possibili. Ben vengano poi i documenti preparatori, che possono valorizzare anche tematiche prioritarie come i giovani, la lingua, la cultura, la previdenza, l’internazionalizzazione e così via. Se necessario, occorre fare critica e autocritica: lo stesso CGIE deve caratterizzarsi per una metodologia di lavoro più concreta, a carattere soprattutto propositivo, quasi di tipo sindacale se non lobbistico.I Presidenti delle Commissioni hanno riferito intorno a questioni di merito molto rilevanti: rappresenta poi una buona impostazione avere affidato la definizione delle singole tematiche all’approfondimento dei gruppi di lavoro e dei seminari.Un altro elemento di novità è costituito dal fatto che Stato e Regioni hanno dimostrato che su queste tematiche possono aversi iniziative complementari e non concorrenti. Del resto per il CGIE Stato e Regioni sono attori di pari dignità istituzionale, e nessun interlocutore può considerarsi privilegiato.A dire il vero le relazioni dei membri del Governo sono apparse per lo più evasive e generiche, mentre è emersa l’evidente diversità tra gli interventi dei rappresentanti delle differenti Regioni. In particolare, dal presidente Errani è emersa l’importante consapevolezza del ruolo che le Regioni possono svolgere per il mondo dell’emigrazione; ma purtroppo qualche intervento di rappresentanti delle Regioni è apparso poco ragionevole.Ma in questo contesto di complessità il CGIE dovrà dimostrare appieno la capacità di muoversi in autonomia e con efficacia.La Conferenza Permanente dovrà affrontare un’altra grande questione: quella di un più stretto legame tra gli organismi eletti e le comunità italiane all’estero, che andranno non solo informati, ma anche mobilitati. Comites e Intercomites dovranno essere posti in grado di essere informati e di far sentire all’occorrenza la propria voce, innanzitutto davanti al CGIE.Pur non sottovalutando la qualità delle presenze e degli interventi della sessione antimeridiana, tuttavia il dialogo è stato spesso più formale che sostanziale. Auspica quindi che la scelta di privilegiare la riflessione intorno ad argomenti tematici possa favorire il superamento di queste difficoltà di dialogo.

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On. Saverio ROMANO, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le Politiche Sociali

Sono lieto di rivolgere ai presenti un caloroso saluto e il mio ringraziamento per questa opportunità di incontro che vede al centro dell’interesse la promozione di politiche volte alla valorizzazione dell’identità delle collettività italiane nel mondo, di cui i rappresentanti del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero sono l’espressione politica. Sono comunità alle quali è unanimemente riconosciuto il sacrificio e l’impegno che attraverso generazioni hanno profuso nel lavoro anche raggiungendo posizioni di prestigio; esse si sono perfettamente inserite nel tessuto socioeconomico degli Stati di residenza, che hanno arricchito con le loro peculiari doti di umanità, creatività e capacità personali. Tengo a dichiarare che, essendo figlio di emigrante e orgoglioso di esserlo, conosco dal di dentro i problemi che affrontano gli italiani all’estero. Poi mio padre ha scelto di tornare in Italia.L’attuale fase economica mondiale, caratterizzata dalle veloci e complesse dinamiche della globalizzazione, tende a sgretolare l’immagine dello Stato-Nazione creando nuovi spazi di competizione e cooperazione, con ripercussioni negative per le comunità italiane all’estero dal punto di vista sia economico che dell’affermazione dell’identità culturale e professionale. In tale situazione è fondamentale che ogni branca della Pubblica Amministrazione individui gli strumenti amministrativi e legislativi più appropriati per affrontare l’insorgere delle nuove esigenze. Sono un convinto assertore dell’identità nazionale italiana, non già per una sorta di sciovinismo, ma perché ritengo che in un mondo globalizzato sia sempre più importante avere presenti le proprie radici, le proprie tradizioni, la propria cultura, i propri valori, tanto più che sono spesso marcate con forza radici, cultura, tradizioni, valori diversi da quelli italiani. Ritengo che esaltare la propria identità serva a migliorare il dialogo e a integrare i popoli, e questo è particolarmente vero per coloro che vivono l’italianità all’estero.Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali è impegnato, insieme al Ministero degli Affari Esteri, nella promozione delle politiche a favore delle comunità italiane all’estero principalmente nel settore della formazione professionale e della vigilanza sull’organizzazione e sull’attività degli Istituti di patronato. Gli interventi formativi promossi dal Ministero del Lavoro, condivisi anche con il CGIE e con il Ministero degli Affari Esteri, oltre a rappresentare un momento importante per i nostri connazionali, rispondono all’esigenza di potenziare e supportare lo sviluppo delle collettività italiane, la rete e la relazione tra i sistemi produttivi. È stato emanato il bando per la formazione professionale degli italiani all’estero, per un importo di circa 26 milioni di Euro, a valere sull’esercizio finanziario 2005, si sta valutando se lanciare un nuovo bando oppure utilizzare la graduatoria del bando 2005 a scorrimento fino ad esaurimento risorse anno 2006, pari a circa 21 milioni di Euro. Ci si prefigge l’obiettivo di aggiornare e sviluppare competenze già acquisite al fine di favorire l’occupabilità, ma anche di migliorare le opportunità di carriera all’estero, ed eventualmente anche in Italia, dei cittadini italiani residenti in Paesi non comunitari.Da un punto di vista strategico è opportuna una riflessione sull’uso, nei prossimi anni, delle altre risorse disponibili. Poiché appare sempre più necessario favorire un legame stretto tra le realtà imprenditoriali di italiani che lavorano all’estero e il tessuto produttivo italiano, al fine di aumentare

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l’interscambio commerciale e rafforzare i legami economici con le imprese che per la comune cittadinanza già intrattengono rapporti privilegiati con l’Italia, si tratta di individuare insieme le modalità di intervento più efficaci.Desidero inoltre ricordare l’importante ruolo dei patronati, storico strumento di tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, che in modo egregio hanno contribuito a rendere effettiva la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. Le trasformazioni sociali degli ultimi decenni hanno tuttavia reso necessario riscrivere il ruolo di tali istituti con una legge di riforma profondamente innovativa dei loro campi di intervento. La nuova legge n. 152 del 2001 disciplina anche l’attività svolta dai patronati nei luoghi di tradizionale emigrazione italiana, attraverso organismi da loro stessi promossi. Gli ispettori incaricati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ad effettuare le verifiche annuali fuori dai confini nazionali ne hanno potuto constatare la funzione catalizzatrice sotto il profilo sociale. Infatti, ci si rivolge al patronato non solo per ottenere prestazioni assicurative, ma anche per esprimere bisogni individuali e collettivi. Occorre pertanto puntare sulla crescita professionale degli operatori perché siano capaci di soddisfare le variegate richieste dell’utenza e di svolgere attività di supporto alla Rete consolare e ai Comites.Agli istituti di patronato è quindi attribuito un complesso di funzioni di grandissimo rilievo, tanto che a pieno titolo possono essere inseriti tra i soggetti sociali di maggiore peso nella complessa società contemporanea. Negli Stati Uniti, ad esempio, le ispezioni effettuate negli ultimi anni hanno rilevato un’evoluzione delle attività di tali istituti che, oltre a svolgere le pratiche previste dalla vigente normativa, per i circa 14 milioni di connazionali ivi residenti rappresentano un punto di riferimento per quanto concerne traduzioni, passaporti, servizi sociali. In particolare negli USA va aumentando l’immigrazione di giovani laureati che frequentano corsi di perfezionamento presso le Università; pertanto i patronati si trovano ad affrontare problematiche nuove, che richiedono nuove specializzazioni. La vigilanza e il costante supporto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha contribuito al notevole miglioramento della qualità dei servizi prestati da questi enti.La possibilità di rafforzare gli interventi socio-assistenziali merita una specifica riflessione che non può prescindere dall’analisi di alcuni fattori determinanti, primo fra tutti la riforma del welfare che, a partire dal 2001, ha radicalmente mutato l’architettura istituzionale ridefinendo i livelli di responsabilità, invertendo lo schema tradizionale e assegnando alle Regioni compiti di grande portata. Da un punto di vista giuridico, è ormai di competenza esclusiva delle Regioni ogni materia non espressamente riservata allo Stato, mentre altre materie sono a legislazione concorrente. Il sistema si fonda su nuovi rapporti tra centro e periferia non più impostati secondo il tradizionale coordinamento gerarchico; essi prevedono lo sviluppo di procedure decentrate basate su relazioni di tipo cooperativo e sulla condivisione di obiettivi. Tra le materie di competenza esclusiva delle Regioni rientra la programmazione delle politiche sociali; agli enti locali compete l’erogazione di servizi e allo Stato la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali, sulla scorta di quanto già stabilito dalla legge n. 328 del 2000, che continua a costituire un importante riferimento anche se, per la sua natura di legge quadro, appare ormai superata dalla riforma del Titolo V della Costituzione.Negli ultimi anni le Regioni hanno fornito un forte impulso alla definizione di provvedimenti volti a delineare il nuovo sistema regionale di servizi e di prestazioni sociali, avendo comunque presente la legge n. 328 in particolare

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per quanto riguarda i nuovi criteri organizzativi per il coordinamento e l’integrazione tra i diversi attori, e il forte ruolo riconosciuto alla famiglia e all’integrazione sociale. L’Italia, in coerenza con le conclusioni del Consiglio Europeo di Lisbona e con la rinnovata Agenda sociale, intende rafforzare l’integrazione tra politiche sociali, politiche del lavoro e politiche macroeconomiche in un quadro di sviluppo economico e sociale bilanciato e sostenibile. Il riconoscimento di questa stretta connessione appare fondamentale e funzionale per fronteggiare le più recenti sfide europee e per creare un welfare attivo, dinamico e solidale. La lotta contro l’esclusione sociale in favore di un protagonismo di individui e famiglie non costituisce solo un impegno etico, ma è un prerequisito essenziale per lo sviluppo del nostro Paese in un contesto estensibile alla realtà internazionale. Tale integrazione deve avvenire nel rinnovato quadro istituzionale in cui i diversi livelli di governance devono sviluppare modalità di cooperazione coerenti con le proprie specifiche responsabilità; al privato sociale e alle famiglie è riconosciuto un ruolo di protagonisti in termini di definizione programmatoria delle politiche sociali.Alla luce di quanto esposto, eventuali percorsi in favore degli italiani all’estero possono essere definiti nell’ambito della programmazione regionale. A quell’ambito è stato fatto riferimento nel corso di un recente incontro, nel corso del quale sono state depositate presso il Ministero del Lavoro 50 mila firme concernenti un problema molto sentito dagli italiani all’estero; a tal riguardo assicuro la massima disponibilità del Ministero del Lavoro a promuovere azioni che consentano una tempestiva soluzione.La mia presenza in questa sede non vuole essere soltanto un dovere istituzionale, ma la testimonianza di chi, sentendo propri i bisogni degli italiani all’estero, se ne fa autentico interprete.

* * * * *

In conclusione della giornata di lavori, è stato distribuito un documento, che è frutto del lavoro collegiale della cabina di regia, la quale ha recepito alcune osservazioni emerse dall’Assemblea del CGIE, che hanno un carattere più che altro di aggiustamento e di integrazione rispetto all’impostazione precedente.

- In particolare, le modifiche di maggiore consistenza sostanziale si articolano nei seguenti punti: l’istituzione di una cabina di regia tecnica;

- lo strumento della programmazione triennale definito dalla II Assemblea Plenaria;

- la partecipazione dei membri della cabina di regia alle riunioni della VI Commissione;

- la definizione delle quattro aree tematiche, con la conseguente organizzazione di quattro gruppi e di quattro seminari tematici.

 

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Il documento è posto quindi in votazione per alzata di mano ed approvato all’unanimità.

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Mercoledì 30 novembre

– Mattina –

Gruppo di Lavoro “Internazionalizzazione”

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Relazione di introduzione al dibattito sul documento

tematico

INTERNAZIONALIZZAZIONETEMATICHE E PROBLEMATICHE

IL RUOLO DELLE COMUNITA’ ITALIANE ALL’ESTERO

Per molti anni il “miracolo italiano” ha fatto apparire il nostro sistema produttivo, agli occhi degli osservatori economici internazionali, come, per usare la stessa metafora con cui Galimberti inizia la sua “Storia dell’economia italiana del ‘900”, il calabrone di Igor Sikorsky: “il suo peso in rapporto alla superficie alare, rende impossibile il volo. Per sua fortuna, il goffo insetto ignora le leggi della fisica, e le vìola inconsapevolmente e mirabilmente”.Il calabrone è l’immagine della nostra economia, così piccola per dimensione delle proprie aziende, eppure così grande da conquistare il mondo. La creatività, l’immaginazione, la fantasia italiane hanno conquistato i mercati dei più sperduti angoli della Terra.Ciononostante, l'attuale scenario economico internazionale impone un riposizionamento del nostro sistema produttivo. Il cambiamento cui siamo chiamati ad adeguarci non può più prescindere dai principi costitutivi del moderno contesto economico-sociale: la globalizzazione ed il progresso tecnologico. Ambedue i processi non sono più reversibili.Oggi si assiste ad una nuova fase economica in cui le forze attive del territorio devono concorrere ad una ri-programmazione dello sviluppo, avente carattere di lunga durata, sostenibilità, equità, creazione di ricchezza e coesione sociale, privilegiando gli investimenti in innovazione, ricerca e formazione.La globalizzazione degli scambi ha prodotto l’insorgere di esigenze e prospettive nuove, che è necessario cogliere per trasformarle in sviluppo e produzione di lavoro e ricchezza.Le sfide del mercato globale stanno mettendo a dura prova i sistemi industriali e le economie del nostro paese. Attraversiamo oggi un difficile periodo congiunturale che tuttavia può, se ben gestito, avviare un processo di selezione, di riqualificazione e di riconversione dell’apparato produttivo.Indispensabile a tal riguardo appare dunque incentivare l'internazionalizzazione delle imprese aiutandole a crescere e fornendo loro moderni servizi reali. La crescita è infatti indispensabile per mantenere posizioni di mercato. Restare piccoli significa entrare in un circolo vizioso che inevitabilmente comporta una regressione, perché perdere quote di mercato significa fronteggiare difficoltà sempre crescenti nell'attrarre le risorse necessarie per andare avanti. Diventare grandi significa invece trascinare dietro di sé la crescita di un intero agglomerato di imprese che a vario titolo partecipano al sistema, innescando questa volta un circolo virtuoso.Tale passo potrà essere affrontato solo attraverso una forte convergenza tra le Istituzioni e le realtà socio-economiche territoriali, affinché si possa contribuire, in uno spirito di collaborazione, ad affrontare insieme le sfide dell’internazionalizzazione, a fare scelte che mirino a rafforzare la competitività e a valorizzare le imprese e il lavoro.

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Questa visione della evoluzione delle relazioni internazionali e la volontà di individuare un approccio nuovo per valorizzare e promuovere la presenza degli italiani all’estero indusse la prima Conferenza Stato-Regioni-Province autonome-CGIE ad esaminare e discutere a fondo, tra l’altro, le condizioni per favorire la internazionalizzazione delle imprese, con l’adozione di uno strumento legislativo atto a dare efficacia e dinamismo al coordinamento delle attività di diffusione, di informazione, di assistenza alle imprese con la previsione della collaborazione degli italiani nel mondo.Il provvedimento auspicato ha visto la luce con l’approvazione della legge 31 marzo 2005, n. 56 “Misure per l’internazionalizzazione delle Imprese”, entrata in vigore il 5 maggio scorso, che si pone l'obiettivo di offrire all'imprenditoria italiana, con gli Sportelli Unici Italia, nuovi strumenti operativi, di coordinamento e di raccordo, anche se esso é tuttora non operativo in assenza del Regolamento che definirà le modalità operative, di costituzione ed organizzazione degli Sportelli Unici.Si prende atto con rammarico che è mancato il coinvolgimento delle comunità italiane all’estero e dei loro organi rappresentativi.Il CGIE ha più volte messo in rilievo come il “Sistema Italia” non sia ancora completo, segnalando le difficoltà incontrate dalle imprese italiane nell’ottenere finanziamenti e garanzie e lamentando la scarsa attenzione prestata al coinvolgimento ed alla cooperazione con gli imprenditori di origine italiana attivi nei Paesi di adozione.Appare ormai giunto il momento di sostenere l’imprenditoria dei connazionali nei Paesi di accoglienza ed individuare misure di sostegno affinché vengano analizzate ed utilizzate, in sinergia con le imprese nazionali, le potenzialità che la diaspora della emigrazione ha creato.E’ una richiesta posta sul tappeto con forza da un mondo imprenditoriale che non solo non vuole essere dimenticato, ma sottolinea la propria originalità e capacità di impresa.Gli imprenditori italiani all’estero si propongono come attori di un universo ove l’italianità non sia solo un sentimento, ma una realtà concreta, in cui non si faccia distinzione fra italiani in Patria ed all’estero.Essi rivendicano il diritto di essere coinvolti nell’individuazione di iniziative tese ad acquisire spazi di scambio coniugando variamente know-how delle imprese nazionali e conoscenza del mercato degli imprenditori all’estero e richiedono un sostegno più efficace del sistema creditizio per trasformare in ricchezza la creazione di uno spazio economico comune alle imprese italofone.Lo sportello unico rappresenta un buon inizio, ma è solo un inizio che richiede energie e risorse per ottenere a pieno i risultati che si propone.Appare evidente la necessità di sburocratizzare le procedure e diffondere in maniera capillare le strutture e le informazioni, coinvolgendo le organizzazioni rappresentative dei connazionali e dell’imprenditoria italiana all’estero.E’ pur vero che ci si è già mossi sulla via indicata dal provvedimento legislativo, sono state infatti create strutture comuni tra Ambasciate e Uffici ICE all’estero in 33 sedi, mentre in altre 9 tali integrazioni sono in fase di realizzazione, ma è da sottolineare che per ora esse sono presenti quasi esclusivamente nelle capitali ed una sola è in America Latina, a Caracas, mentre un’altra è in via di realizzazione a San Paolo.Il lavoro da fare é ancora molto e la situazione impone di muoversi in fretta rendendo operativo al più presto il provvedimento legislativo più sopra citato

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con la emanazione del Regolamento, che era prevista entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge.Le Regioni sono chiamate ad assumere nel prossimo futuro compiti crescenti anche nelle funzioni di relazione con le proprie comunità residenti all’estero.E’ possibile che, in concorrenza con lo Stato, abbia origine una pluralità di interventi e legislazioni che appare opportuno coordinare, finalizzare, rendere sinergiche, evitando interventi contradditori o ripetitivi.Pur nel comprensibile desiderio di ogni Istituzione di dare evidenza alla propria azione, appare interesse comune che nessuna comunità di italiani all’estero possa sentirsi trascurata o peggio dimenticata.Trasformare finalmente il fenomeno della emigrazione in una grande risorsa appare un progetto ambizioso che dovrà essere perseguito anche con uno sforzo di fantasia e di immaginazione: tuttavia non vi è dubbio che per consolidare e realizzare qualsiasi iniziativa sono necessari investimenti, sia pubblici che privati. Questi ultimi saranno tanto più incoraggiati quanto maggiore sarà il ritorno in termine di penetrazione nei mercati e diffusione del Made in Italy.In presenza di situazioni di particolare vivacità le reazioni debbono essere estremamente rapide: canalizzare informazioni, coinvolgere istituzioni, mettere a confronto partners possibili, diventa una scommessa vincente. La creazione di strutture, temporanee o in alcuni casi anche permanenti, che, senza sostituirsi a quelle ufficiali, ne sappiano tuttavia integrare l’azione, evitando inutili protagonismi e sovrapposizioni non coordinate ad altre istituzioni, deve essere attentamente analizzata e valutata e pensiamo a strutture quali “Casa Italia” o le cosiddette “antenne”, cui deve essere attribuita una accorta ed economica valorizzazione affinché divengano efficaci strumenti di conoscenza e utilizzazione del marchio italiano e di cooperazione con l’imprenditoria italiana nei Paesi di accoglienza.Le nuove emigrazioni infine dovranno essere analizzate e definite: a nostro parere due flussi migratori relativamente recenti meritano particolare attenzione, quello seguito ai processi di delocalizzazione nei Paesi dell’Est europeo e quello ancora più sfuggente, perché spesso individuale, dei professionisti.Il primo, determinato da chiari vantaggi di natura economica per le imprese, deve comunque assicurare condizioni di sicurezza sul lavoro adeguate ed essere collocato nell’ambito di una politica di sostegno che salvaguardi un sostanziale equilibrio fra la vocazione mediterranea del nostro Paese ed una presenza attenta e vivace nell’area balcanica, che non deve trascurare una penetrazione parallela di cultura, lingua, progresso sociale, sola capace di garantire un futuro di stabili relazioni.Il secondo, spesso trascurato perché difficile da classificare e monitorare, va invece attentamente seguito e debbono essere individuati incentivi idonei per spingere gli interessati ad entrare in rete con strutture di studio e sviluppo nazionali per l’alto valore aggiunto che tale iniziativa può rappresentare.Le migrazioni umane rappresentano un fenomeno comune a tutte le epoche storiche, legato da sempre ai bisogni essenziali dell’esistenza. La storia dei movimenti migratori travalica i confini di ciascuno stato inserendosi in un contesto di globalizzazione terrestre.Tale fenomeno, oggi, per essere ben compreso deve essere analizzato congiuntamente al sistema formativo locale ed estero. Un tempo si fuggiva dalla propria terra perché povera di risorse naturali, oggi la povertà è causa del

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ritardo di sviluppo. L'obiettivo deve dunque essere quello di stimolare l'imprenditoria nei paesi arretrati per creare un’occupazione stabile che possa evitare la continua emorragia di capitale umano che l’emigrazione da lavoro impone.Potremo così evitare che nei ricordi di alcuni popoli oggi meno fortunati ci siano nuove Ellis Island o “isole delle lacrime”.Nella odierna società della conoscenza, infatti, la crescita di un territorio è strettamente correlata alla disponibilità di capitale umano altamente formato. La sua assenza genera un circolo vizioso dal quale è difficile venir fuori.Occorre pertanto investire in formazione per aumentare la dotazione di capitale umano di tali territori, chiave di ogni futura ricchezza e benessere sociale.Su questo punto occorre insistere, con politiche più incisive e mirate per far crescere il livello di reddito, di consumi e della qualità della vita. Il sistema della formazione deve essere rifondato, centrandolo non solo sui singoli individui bensì sulla crescita di un vero e proprio sistema d’impresa. Ciò sarà possibile solo attraverso uno sforzo concorde di tutte le istituzioni, locali, nazionali ed internazionali.Occorre infatti migliorare l’attrattività dei territori sia attraverso l’accrescimento del flusso degli investimenti produttivi, sia attraverso la capacità di formare le future generazioni.La conoscenza viene oggi intesa quale principale fattore di produzione soprattutto in considerazione dell’enorme riduzione dei costi legati alla raccolta, all’elaborazione ed al trasferimento dei dati che essa consente. Il mercato oggi richiede continui miglioramenti di processi spesso legati all’abilità ed alla dimestichezza con la selezione e l’elaborazione delle informazioni, valorizzando la rapidità e la facile adattabilità al cambiamento.Porre in essere un’efficace politica di formazione significa innescare un circolo virtuoso che si riflette sull’intero sistema in una logica di trasferimento di conoscenze, informazioni, capacità tecniche, organizzative, manageriali e di marketing. Viceversa l’insufficiente disponibilità di capitale umano altamente qualificato spinge il sistema produttivo a ripiegare su prodotti a basso valore aggiunto tentando una impossibile competizione sui costi ed avviando così un processo di declino ed impoverimento economico e professionale.Gli investimenti produttivi si sviluppano spontaneamente una volta fertilizzato il territorio. Il benessere di un territorio è dunque determinato dalla capacità di accrescere ed utilizzare al meglio il potenziale delle persone, dalla capacità di diffondere la conoscenza e l’innovazione.La conoscenza migliora la vita; le idee cambiano il mondo.Pensate che Einstein avrebbe potuto elaborare le teoria della relatività speciale senza la conoscenza dei concetti classici di spazio e di tempo assoluti risalenti a Newton? Così come Oppenheimer non avrebbe forse realizzato la prima bomba atomica senza gli studi di Enrico Fermi. Voglio ricordare a tal proposito che lo scienziato statunitense si rifiutò di partecipare alla progettazione della bomba all’idrogeno dopo aver visto l’uso che il Potere fece delle sue formidabili scoperte scientifiche. Non è questa la sede oggi per parlare dell’opportunità di riconsiderare l’energia atomica come fonte inesauribile di approvvigionamento energetico, tuttavia questi esempi valgano a far capire come un moderno e competitivo Paese debba assolutamente evitare la fuga dei propri cervelli, ma, piuttosto, attrarne di esteri per poter esportare conoscenza futura.Le scelte relative alle localizzazioni di attività produttive manifatturiere classiche, vengono operate sulla base di mere opportunità economiche e

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dunque rivolte massimamente dove il costo dei fattori produttivi è più basso. Ben venga dunque una politica di delocalizzazione competitiva, tuttavia, le attività industriali ad alto contenuto innovativo e la produzione di servizi in genere, necessitano di capitale umano altamente qualificato. Bisogna dunque favorire e veicolare in patria il naturale passaggio generazionale tra l’hard technology e la soft technology, tra gli impianti ed il know-how.Bell immaginava un irrinunciabile passaggio dalla società industriale a quella post-industriale, in cui si producevano maggiori servizi rispetto ai beni ed in cui il sapere tecnologico operava il controllo, la regolazione e la valutazione dei processi. La crescita dei servizi sta infatti ridimensionando l’industria così come questa aveva fatto con l’agricoltura nel corso del XX secolo. Tuttavia noi sappiamo che l’industria è e resterà il fulcro di ciascuna società moderna in ragione del maggiore valore che essa genera anche rispetto al terziario. Il post-fordismo trasforma dunque l’industria diversificandola, ma senza eliminarla. La globalizzazione rende tale processo più veloce e nonostante le promesse uniformanti, evoca dimensioni locali sottolineandone le specificità. Alla politica spetta il compito di governare tale processo preservando e valorizzando le diversità, attraverso un’interpretazione lungimirante delle esigenze dei territori.Mi domando dunque se le risorse necessarie per gli interventi finalizzati alla formazione professionale degli italiani residenti in Paesi non appartenenti all’Unione europea, saranno assicurate anche in futuro in relazione all’alto valore sociale delle iniziative così finanziate.Non deve sfuggire infatti che la formazione all’estero non può essere intesa come una concessione, ma un investimento, che i corsi sono un primo anello nel processo di internazionalizzazione, poiché promuovono nelle nuove generazioni delle nostre comunità una risorsa umana qualificata ed idonea ad intraprendere attività produttive all’interno del “Sistema Italia”.Vorrei infine concludere con un ultimo dolente capitolo, quello della Cooperazione.Un capitolo che richiede solida concretezza e concentrazione degli sforzi, capacità di coordinamento e chiarezza degli obiettivi. Combattere fame e malattie, contribuire a migliorare condizioni di vita sub-umane, sono traguardi da perseguire con continuità, tenacia e modestia.A volo di uccello sono stati indicati punti e problematiche meritevoli di attenzione: essi richiedono il confronto di normative esistenti, la loro armonizzazione, il coordinamento delle azioni e forse nuove iniziative legislative.Sarà un duro lavoro che ci auguriamo possa trovare nella Conferenza permanente una sede di riflessione per la individuazione di soluzioni credibili e concrete.

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Tullio DI PIETRO, Rappresentante della Direzione Generale Sviluppo e Scambi del Ministero delle Attività Produttive

La Direzione Generale Sviluppo e Scambi del Ministero delle Attività Produttive si sta impegnando per portare avanti il processo di internazionalizzazione del sistema-Italia, anzitutto con strumenti finanziari riferibili ad altri Enti, come SACE, oppure anche gestiti in autonomia da parte dello stesso Ministero. Forte è stato anche l’impegno sul piano del coordinamento delle attività promozionali. Come è noto, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, il commercio estero è diventato una materia concorrente tra Stato e Regioni, per cui è stato necessario accentuare le azioni di coordinamento con le Regioni stesse, senza tuttavia trascurare il coinvolgimento degli altri attori pubblici e privati, territoriali e settoriali, come le Camere di commercio, le associazioni e le Università. La materia dell’internazionalizzazione è diventata “di moda” anche se in realtà è squisitamente professionale e andrebbe affrontata con una certa delicatezza. In realtà, una maggiore presenza delle imprese italiane nel mondo non può che comportare una maggiore vicinanza con le comunità italiane all’estero, specie con riferimento agli imprenditori italiani all’estero, per coinvolgere i quali sono state sensibilizzate le Ambasciata, gli uffici ICE e le Camere di commercio all’estero. Infatti, gli imprenditori italiani all’estero vanno considerati come “consulenti”, diffusori di notizie, ipotizzando anche lo svolgimento di conferenze in Italia in ambienti dedicati, come ad esempio di distretti. Del resto, i primi promotori dei prodotti italiani all’estero sono stati proprio i connazionali emigrati, come dimostra il caso emblematico dell’Italian food.Ha analizzato con attenzione il documento del gruppo di lavoro sull’internazionalizzazione. Certamente la legge n. 53 del 2005 va implementata, ma non può essere l’unica ricetta per risolvere una problematica così complessa, dove insistono soprattutto disfunzioni strutturali, l’assenza di vocazione a fare sistema e le stesse caratteristiche dell’imprenditoria, che per lo più è composta da soggetti non più giovanissimi. Vi sono poi sprechi da correggere e da non trascurare.Per quanto concerne gli sportelli unici, esprime una forte preoccupazione perché essi potranno funzionare nei limiti in cui emergerà la capacità di un forte coordinamento, che non può non presupporre adeguate professionalità. Comunque è evidente che la semplice apertura degli sportelli non è sufficiente di per sé a risolvere tutti i problemi.Vi è poi il ruolo del sistema bancario e finanziario, con riferimento al quale occorre dimostrare capacità di lobby mediante le Camere di commercio all’estero o gli stessi raggruppamenti associativi. Occorre poi riflettere sulla pluralità degli organismi rappresentativi: in un’epoca di grande professionalizzazione delle attività non può considerarsi più sufficiente una rappresentanza di tipo generalistico.Il Ministero delle Attività Produttivi si sta anche impegnando ai fini di una maggiore semplificazione e sburocratizzazione.Avverte poi che il 40 percento dei fondi dell’ICE viene impegnato nelle progettualità attivate insieme con gli Enti con cui ci si relaziona. Sempre per rispondere alle sfide della modernità, le stesse Camere di commercio vanno

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guidate con criteri aggiornati, in particolare con una maggiore apertura alle giovani generazioni.Conclude auspicando che possano scaturire elementi positivi dal dibattito, al quale parteciperà cercando di fornire gli eventuali chiarimenti che fossero richiesti.

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Raffaella PALLAMOLLA, Rappresentante della Regione Puglia

Nel recare le scuse dell’Assessore alle Politiche Sociali della Regione Puglia, Elena Gentile, impossibilitata a essere presente a causa di concomitanti impegni consiliari, richiama l’attenzione su una recente iniziativa della Regione Puglia in convenzione con strutture dell’ONU e dell’UNESCO. Si tratta della stipula di una convenzione per la realizzazione del progetto cosiddetto: “Archivio della memoria”. Si vuole raccogliere tutto il materiale che racconti la memoria degli emigranti, da considerare patrimonio dell’umanità. La Regione Puglia invita le altre Regioni a un partenariato per sostenere tale progetto.

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Franco SANTELLOCCO, Presidente della V Commissione Formazione, Impresa, Lavoro e Cooperazione

La globalizzazione degli scambi ha prodotto l’insorgere di esigenze e prospettive nuove, che è necessario cogliere per trasformarle in sviluppo e produzione di lavoro e ricchezza. Questa visione della evoluzione delle relazioni internazionali e la volontà di individuare un approccio nuovo per valorizzare e promuovere la presenza degli italiani all’estero indusse la prima Conferenza Stato-Regioni-Province autonome-CGIE ad esaminare e discutere a fondo, tra l’altro, le condizioni per favorire la internazionalizzazione delle imprese, con l’adozione di uno strumento legislativo atto a dare efficacia e dinamismo al coordinamento delle attività di diffusione, di informazione, di assistenza alle imprese con la previsione della collaborazione degli italiani nel mondo.

Il provvedimento auspicato ha visto la luce con l’approvazione della legge 31 marzo 2005, n. 56 “Misure per l’internazionalizzazione delle Imprese”, entrata in vigore il 5 maggio scorso, che si pone l'obiettivo di offrire all'imprenditoria italiana, con gli Sportelli Unici Italia, nuovi strumenti operativi, di coordinamento e di raccordo, anche se si attende l’emanazione del Regolamento che definirà le modalità operative, di costituzione ed organizzazione degli Sportelli Unici.Si prende atto con rammarico che è mancato il coinvolgimento delle comunità italiane all’estero e dei loro organi rappresentativi.Il CGIE ha più volte messo in rilievo come il “Sistema Italia”non sia ancora completo, segnalando le difficoltà incontrate dalle imprese italiane nell’ottenere finanziamenti e garanzie e lamentando la scarsa attenzione prestata al coinvolgimento ed alla cooperazione con gli imprenditori di origine italiana attivi nei Paesi di adozione. Appare ormai giunto il momento di sostenere l’imprenditoria dei connazionali nei Paesi di accoglienza ed individuare misure di sostegno affinché vengano analizzate ed utilizzate, in sinergia con le imprese nazionali, le potenzialità che la diaspora della emigrazione ha creato.E’ una richiesta posta sul tappeto con forza da un mondo imprenditoriale che non solo non vuole essere dimenticato, ma sottolinea la propria originalità e capacità di impresa (vd. la CIIM – Confederazione degli Imprenditori Italiani nel Mondo – 14.745 aziende, 3 milioni 200.000 addetti con un fatturato medio per azienda di circa 200 milioni di euro). Gli imprenditori italiani all’estero si propongono come attori di un universo ove l’italianità non sia solo un sentimento, ma una realtà concreta, in cui non si faccia distinzione fra italiani in Patria ed all’estero.Essi rivendicano il diritto di essere coinvolti nell’individuazione di iniziative tese ad acquisire spazi di scambio coniugando variamente know-how delle imprese nazionali e conoscenza del mercato degli imprenditori all’estero e richiedono un sostegno più efficace del sistema creditizio per trasformare in ricchezza la creazione di uno spazio economico comune alle imprese italofone.Lo sportello unico rappresenta un buon inizio, ma è solo un inizio che richiede energie e risorse per ottenere a pieno i risultati che si propone.Appare evidente la necessità di sburocratizzare le procedure e diffondere in maniera capillare le strutture e le informazioni, coinvolgendo le organizzazioni

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rappresentative dei connazionali e dell’imprenditoria italiana all’estero.E’ pur vero che ci si è già mossi sulla via indicata dal provvedimento legislativo, sono state infatti create strutture comuni tra Ambasciate e Uffici ICE all’estero in 33 sedi, mentre in altre 9 tali integrazioni sono in fase di realizzazione, ma è da sottolineare che per ora esse sono presenti quasi esclusivamente nelle capitali ed una sola è in America Latina, a Caracas, mentre un’altra è in via di realizzazione a San Paolo.Il lavoro da fare é ancora molto e la situazione impone di muoversi in fretta rendendo operativo al più presto il provvedimento legislativo più sopra citato con la emanazione del Regolamento, che era prevista entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge. Le Regioni sono chiamate ad assumere nel prossimo futuro compiti crescenti anche nelle funzioni di relazione con le proprie comunità residenti all’estero.E’ possibile che, in concorrenza con lo Stato, abbia origine una pluralità di interventi e legislazioni che appare opportuno coordinare, finalizzare, rendere sinergiche, evitando interventi contradditori o ripetitivi. Pur nel comprensibile desiderio di ogni Istituzione di dare evidenza alla propria azione, appare interesse comune che nessuna comunità di italiani all’estero possa sentirsi trascurata o peggio dimenticata.Trasformare finalmente il fenomeno della emigrazione in una grande risorsa appare un progetto ambizioso che dovrà essere perseguito anche con uno sforzo di fantasia e di immaginazione: tuttavia non vi è dubbio che per consolidare e realizzare qualsiasi iniziativa sono necessari investimenti, sia pubblici che privati. Questi ultimi saranno tanto più incoraggiati quanto maggiore sarà il ritorno in termine di penetrazione nei mercati e diffusione del Made in Italy.In presenza di situazioni di particolare vivacità le reazioni debbono essere estremamente rapide: canalizzare informazioni, coinvolgere istituzioni, mettere a confronto partners possibili diventa una scommessa vincente. La creazione di strutture, temporanee o in alcuni casi anche permanenti, che, senza sostituirsi a quelle ufficiali, ne sappiano tuttavia integrare l’azione, evitando inutili protagonismi e sovrapposizioni non coordinate ad altre istituzioni, deve essere attentamente analizzata e valutata e pensiamo a strutture quali “Casa Italia” o le cosiddette “antenne”, cui deve essere attribuita una accorta ed economica valorizzazione affinché divengano efficaci strumenti di conoscenza e utilizzazione del marchio italiano e di cooperazione con l’imprenditoria italiana nei Paesi di accoglienza. Le nuove emigrazioni infine dovranno essere analizzate e definite: a nostro parere due flussi migratori relativamente recenti meritano particolare attenzione, quello seguito ai processi di delocalizzazione nei Paesi dell’Est europeo e dell’Asia e quello ancora più sfuggente, perché spesso individuale, dei professionisti.Il primo, determinato da chiari vantaggi di natura economica per le imprese, deve comunque assicurare condizioni di sicurezza sul lavoro adeguate ed essere collocato nell’ambito di una politica di sostegno che salvaguardi un sostanziale equilibrio fra la vocazione mediterranea del nostro Paese ed una presenza attenta e vivace nell’area balcanica, che non deve trascurare una penetrazione parallela di cultura, lingua, progresso sociale, sola capace di garantire un futuro di stabili relazioni.Il secondo, spesso trascurato perché difficile da classificare e monitorare, va invece attentamente seguito e debbono essere individuati incentivi idonei per

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spingere gli interessati ad entrare in rete con strutture di studio e sviluppo nazionali per l’alto valore aggiunto che tale iniziativa può rappresentare. Infine, sembrerebbe, secondo quanto indicato ieri dal Sottosegretario al Ministero del Lavoro on. Romano, che l’annoso capitolo relativo ai corsi di formazione professionale degli italiani residenti in Paesi non appartenenti all’Unione Europea abbia trovato una parziale soluzione. Dovremmo per questo ritenerci soddisfatti? Niente affatto.La qualificazioni professionale diventa una esigenza prioritaria per ricollocarsi in un mondo industriale che sta rapidamente ristrutturandosi e limitando la forza lavoro: viene ribadita l’esigenza dell’ulteriore sviluppo di strumenti quali i corsi di formazione ed il loro rifinanziamento.Non deve sfuggire infatti che la formazione all’estero non può essere intesa come una concessione, ma un investimento, che i corsi sono un primo anello nel processo di internazionalizzazione, poiché promuovono nelle nuove generazioni delle nostre comunità una risorsa umana qualificata ed idonea ad intraprendere attività produttive all’interno del “Sistema Italia”.Vorrei infine concludere con un ultimo dolente capitolo, quello della Cooperazione. Un capitolo che richiede solida concretezza e concentrazione degli sforzi, capacità di coordinamento, chiarezza degli obiettivi e soprattutto adeguate risorse finanziarie. Combattere fame e malattie, contribuire a migliorare condizioni di vita sub-umane, sono traguardi da perseguire con continuità, tenacia e modestia.Sono stati indicati punti e problematiche meritevoli di attenzione: essi richiedono il confronto di normative esistenti, la loro armonizzazione, il coordinamento delle azioni e nuove iniziative legislative. Sarà un duro lavoro che ci auguriamo possa trovare nella Conferenza permanente una sede di riflessione per la individuazione di soluzioni credibili e concrete.

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Mirko TREMAGLIA, Ministro per gli Italiani nel Mondo

In occasioni come questa che ci vede riuniti è bene ricordare le vittorie faticosamente conquistate combattendo insieme, a dimostrazione che quando si lavora fianco a fianco si ottengono grandi risultati. A voi chiedo di sostenere il vostro Ministro.In Canada insieme abbiamo vinto battaglie non facili: si è finalmente ottenuto di ricevere il segnale di RAI International; inoltre, grazie all’intervento del Ministro degli Esteri e mio personale, i connazionali ivi residenti potranno essere protagonisti del voto attivo e passivo in occasione delle prossime votazioni per il Parlamento italiano. Ho particolarmente apprezzato la posizione del Governo canadese, che così si è espresso: “In relazione agli accordi tra Canada e Italia per permettere ai cittadini italiani e ai cittadini di doppia nazionalità residenti in Canada di votare per i referendum e per le elezioni, e di presentarsi come canditati per le elezioni dei distretti extraterritoriali stabiliti dal Parlamento italiano con la legge n. 459 del 2001, la legge Tremaglia …”. È motivo di compiacimento che anche il Governo canadese abbia fatto riferimento alla legge Tremaglia, ma soprattutto è di grande rilievo la soluzione cui si è pervenuti, stante la difficile situazione.Quanto all’internazionalizzazione, ricordo di aver realizzato, tra gli altri, un convegno sugli oltre 60 mila ristoratori italiani nel mondo, che sul piano economico hanno un indubbio peso. Un altro convegno ha riguardato gli imprenditori italiani all’estero in relazione ai quali, con la costituzione di una “Confederazione degli imprenditori italiani nel mondo”, ho posto la classe politica italiana di fronte alla realtà di un impero economico che fattura 8 miliardi di euro l’anno e che dunque non solo non può essere sottovalutato, ma deve ricevere il supporto di ogni possibile facilitazione. A vantaggio dell’Italia offro la grande forza degli italiani nel mondo, e chiamo il CGIE e i Comites a sostenere la mia azione nei confronti delle istituzioni italiane. Quando il Ministro degli Esteri invita a individuare approcci nuovi per valorizzare il ruolo degli italiani all’estero nel settore dell’internazionalizzazione, ebbene, è proprio quanto si sta facendo con la Confederazione degli imprenditori italiani nel mondo, una realtà in costante crescita il cui potenziale potrà realizzarsi pienamente con il convinto sostegno di tutte le istituzioni deputate alla promozione dell’economia italiana all’estero.Con ragione il segretario generale Narducci ha richiamato l’attenzione sul progressivo ritiro delle banche dalla scena internazionale, quando al contrario sarebbe necessaria una loro maggiore presenza per sostenere il lavoro italiano nel mondo. Questa realtà va messa in evidenza, perché ciascuno sia posto di fronte alle proprie responsabilità.Abbiamo creato una banca dati, strumento necessario per realizzare l’indispensabile collegamento tra le forze economiche italiane in Patria e nel mondo, al fine di dare concretamente vita a quel sistema Italia di cui tanto si parla. In quest’ottica è necessario che proprio voi diate forza al Ministro per gli Italiani nel Mondo che – come è noto – è il vostro Ministro e ha deleghe atte a sostenervi in tutti i settori.Questo Ministero è nato da poco, è possibile che siano stati commessi errori, ma certo nessuno può mettere in dubbio la lealtà di chi ha speso la vita per ottenere riforme che consentono l’espressione di un diritto che non è solo costituzionale, ma umano e civile, un risultato eccezionale che un tempo sembrava irraggiungibile. La riforma dello Stato che l’attuale maggioranza

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parlamentare e il Governo in carica hanno finalmente portato a termine, è proprio quella che voi ed io abbiamo voluto e rappresenta un evento epocale ai fini della valorizzazione degli italiani nel mondo: in un momento in cui si pensa a una riduzione del numero dei Parlamentari, i connazionali all’estero avranno i propri rappresentanti nel Parlamento italiano.Riforma dello Stato, internazionalizzazione, ambito sociale e tutela dei diritti, diffusione della lingua e cultura italiane e formazione professionale; insomma, sistema Italia: abbiamo soltanto iniziato a farlo funzionare, tenendo conto che il Ministero del quale sono titolare è senza portafoglio, ma comunque dotato di incredibili ricchezze umane, civili e morali. Ora l’impegno deve essere rivolto a soddisfare la giusta richiesta, non sufficientemente sostenuta dal Consiglio Generale, che la Direzione Generale degli Italiani all’Estero, oggi validamente diretta dal ministro Benedetti, sia incorporata nel mio Ministero, tramite indispensabile per la piena realizzazione del sistema Italia, che si compone di diverse realtà.Negli Stati Uniti l’insegnamento della lingua italiana in 500 scuole è stato reso possibile dal fatto che il 15 percento dei Sindaci è di origine italiana. Il Presidente del Brasile, politicamente di sinistra, mi ha ricevuto perché nel Paese vivono 25 milioni di cittadini di origine italiana. Noi ben sappiamo che 4 milioni di cittadini italiani nel mondo e 60 milioni di origine italiana al di là dei numeri significano qualcosa di molto più elevato, che la classe politica italiana sembra ignorare: un percorso irto di sacrifici e dolori, che ha fornito frutti eccezionali. È per ricordare che mi reco a Marcinelle; è per questo che io – non altri – ho chiesto che l’8 agosto sia celebrata la “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”, e questo Governo – non altri – ha emanato un decreto in tal senso. La difesa della memoria vuole rappresentare un riconoscimento alla vostra gente, ai vostri nonni e bisnonni che valicando monti e attraversando l’Oceano hanno portato la civiltà in tutto il mondo creando strade, costruendo scuole, erigendo ospedali, in relazione ai quali ricordo la rete telematica creata tra gli ospedali italiani in Italia e nel mondo, con il concorso del Ministero per la Salute.Oggi sono numerosi gli italiani nelle Pubbliche Amministrazioni, nei Parlamenti, nei Governi di Paesi stranieri: 56 Ministri e 395 Parlamentari con i quali i vostri rappresentanti eletti avranno un rapporto privilegiato, essendo portatori della voce e della passione dell’Italia sul piano politico, economico, culturale; essi faranno politica estera disponendo di interlocutori pronti ad ascoltarli. Quante volte nei miei viaggi ho incontrato Parlamentari di origine italiana; quante volte li ho sentiti parlare del Paese come della madrepatria italiana! Questa non è retorica, è una realtà della quale il ceto politico italiano stenta a prendere atto, e pertanto finora non se ne è avvalso; oggi si può concretamente pensare a un’inversione di tendenza.Va poi tenuto presente che all’estero si riceve RAI International e si annoverano 72 Camere di commercio italiane e 390 testate giornalistiche, 5 delle quali a tiratura quotidiana, una rete che, assieme agli ospedali, alle scuole, al mondo della ristorazione e dell’imprenditoria, costituisce quel sistema Italia che solo per la classe politica italiana sembra non esistere.Oltre a quello del Ministro degli Esteri, in occasione di questa Conferenza vi è stato anche l’intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri, a riprova dell’importanza attribuita ai milioni di cittadini italiani all’estero, ai quali è stato finalmente fatto dono della democrazia, in passato negata. È un successo che sento profondamente, che ascrivo come fatto glorioso della mia vita e per il

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quale ringrazio gli italiani all’estero e tutti voi, con cui ci si può anche scontrare poiché si pensa in modo diverso, ma il rapporto rimane improntato a una lealtà che non si trova dove non vi sono gli italiani nel mondo. Ne è prova quanto tra l’altro ha scritto America Oggi, importante giornale di area non politicamente a me vicina, in occasione del Columbus Day: “Non ci sono state le temute contestazioni” – erano circolate voci in tal senso - “e per il ministro Tremaglia, il Ministro per gli Italiani nel Mondo, è stato il giorno del trionfo in terra d’America. Tremaglia, che si è battuto per tutta la sua vita politica per il voto degli italiani all’estero, ha aperto ieri tra gli applausi della folla presente la sessantunesima parata del Columbus Day”.In occasione dell’Assemblea Plenaria del Consiglio Generale, il prossimo febbraio, si potrà dedicare più tempo alla questione del voto. Oggi mi limito a confermare che, per cercare di superare alcune tuttora serie difficoltà, metto a vostra disposizione le mie deleghe, secondo le quali “il Ministro è delegato a esercitare le funzioni di coordinamento e di promozione di iniziative anche normative nelle materie riguardanti le collettività italiane all’estero, in particolare le politiche generali concernenti le collettività italiane all’estero, la loro integrazione nei suoi vari aspetti e i loro diritti, con particolare riferimento alle indicazioni emerse nelle Conferenze internazionali e nazionali, anche attraverso appositi incontri con Autorità e istituzioni nei Paesi di insediamento… omissis … l’intervento coordinato dello Stato e delle Regioni e favore delle comunità all’estero, nonché le provvidenze per gli italiani che rimpatriano, la valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani all’estero anche ai fini dello sviluppo del loro legame con la madrepatria. Ai fini dell’espletamento delle funzioni delegate ai sensi del presente decreto, il Ministro opera anche avvalendosi della collaborazione delle strutture centrali … omissis”. Organizzerò riunioni con i Comites, con i giovani e con le donne, sulle quali insisto in modo particolare. Avete da parte mia il sostegno totale; sta a voi fornirmi gli strumenti operativi perché possa continuare ad assolvere al mio dovere in favore degli italiani nel mondo, un dovere che per l’amore che nutro per tutti voi, cui ho dedicato l’intera mia vita, in realtà è un piacere.A voi e alle vostre famiglie auguro Buon Natale!

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Dibattito

Claudio MICHELONI, Presidente della VI Commissione TematicaInvita a presentare per iscritto eventuali proposte di modifica del documento sull’internazionalizzazione.

Alberto BERTALI, Gran BretagnaNel condividere il senso dell’intervento del consigliere Santellocco (Algeria), fa presente che l’internazionalizzazione delle imprese italiane anzitutto richiede la loro competitività, al qual fine non sono certo sufficienti né la legge n. 56 del 2005 né le politiche dei sussidi.A proposito del contesto del sistema-Italia, rileva che in genere le nostre imprese sono ben viste all’estero, anche perché i nostri imprenditori hanno una forte capacità innovativa. Ma questo non basta, proprio perché all’estero l’immagine è fornita da un insieme di attori che vi operano. Ad esempio, se i centralini dei Consolati non rispondono, se l’ICE dichiara di non avere risorse, allora evidentemente l’immagine del sistema-Italia non potrà essere positiva.Ma non basta. Se non ci si presenta agli appuntamenti predefiniti da tempo, all’estero l’immagine è negativa. Ricorda come non abbiano avuto successo alcuni suoi tentativi di organizzare all’estero la partecipazione di nostri imprenditori, proprio perché all’ultimo momento non potevano essere presenti per sopraggiunti impegni.Occorre quindi un cambio di mentalità, anzitutto ripotenziando i Consolati, fornendo nuove opportunità all’ICE e non da ultimo rispettando gli impegni assunti.A quest’ultimo proposito, nelle società anglosassoni, e in genere nei Paesi che contano, questo è il primo “biglietto da visita”. Ma una maggiore serietà non può che essere il punto di partenza per un rilancio dell’immagine del sistema-Italia all’estero.

Giangi CRETTI, FUSIESpesso nelle riunioni del CGIE si ha una sorta di innamoramento verso termini concettuali, come ad esempio sta avvenendo per la parola “internazionalizzazione”, che non è certo un mero artifizio retorico, dietro la quale invece vi sono riflessioni e una certa spiritualità.Però quando si fa riferimento all’internazionalizzazione, automaticamente si richiamano una serie di lacune. Lo stesso dott. Di Pietro ha ammesso lo stato ancora sperimentale delle prime aperture degli sportelli unici, ben lungi dall’essere completati. Emerge in generale come sia sempre più difficile “fare sistema”.Circa la bozza di documento già distribuito, che chiaramente è il frutto di una mediazione tra enti diversi, forse sarebbe necessaria una maggiore enfasi sull’esigenza di fare sistema e sulle modalità per riuscirvi. Ed è evidente che l’efficacia e l’efficienza degli Uffici italiani all’estero è estremamente importante ai fini della nostra immagine.Inoltre, molto spesso i vari enti non comunicano, a volte sembrano operare addirittura in competizione tra loro. A parte l’ICE e le Camere di commercio, occorre considerare l’ENIT, struttura ben poco efficace e sempre in attesa di

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una riforma complessiva. Gli stessi Istituti di cultura italiana all’estero dovrebbero essere enti anche di promozione del sistema-Italia. Ma netta è l’impressione che ognuno vada per conto proprio.Il ministro Tremaglia ha appena ricordato che, a seguito del convegno sugli imprenditori italiani nel mondo, è stata costituita la Confederazione mondiale degli imprenditori italiani, nel cui direttivo vi sono 32 imprenditori che da soli avrebbero un fatturato di 8 milioni di euro all’anno e quindi sembrerebbero rappresentare una potenza economica di notevoli dimensioni. Ma troppo spesso vengono enfatizzati numeri e cifre, mentre si trascurano altri interrogativi fondamentali: ad esempio, qual è l’esatta conoscenza sui territori di questa Confederazione mondiale? Qual è la sua capacità di raccordarsi con imprenditori italiani sul territorio?È evidente che queste sono esigenze riguardanti soprattutto le piccole imprese, che non hanno gli strumenti a disposizione delle grandi imprese per raccordarsi a vasto raggio. Ma proprio per le piccole imprese è indispensabile avere la possibilità di conoscere appieno i mercati in cui si può operare, proprio per non perdere le opportunità fornite dall’attuale economia globalizzata.Infine, gli stessi enti pubblici locali dovrebbero dimostrare una maggiore capacità di programmazione delle proprie iniziative all’estero, che spesso hanno carattere episodico ed estemporaneo, mentre invece dovrebbero connotarsi per la sistematicità e la pianificazione.

Claudio POZZETTI, Frontalieri CGILNel dichiarare di condividere le considerazioni critiche del Presidente della V Commissione, della quale fa parte, richiama l’attenzione intorno a tre punti prioritari.Anzitutto, soprattutto nel caso dell’internazionalizzazione sono indispensabili processi sinergici del mondo del lavoro e degli imprenditori, dello Stato, delle Regioni e degli enti locali, dei rappresentanti del CGIE e in genere di tutti gli attori coinvolti.In secondo luogo, il sistema-Italia può essere vincente solo se avrà la capacità di innalzare la qualità del prodotto e della produzione nel mercato mondiale. Infine, proprio per la finalità da ultimo indicata, sono indispensabili attività di formazione e di qualificazione. In particolare, risulta fondamentale il ruolo della formazione professionale, con riferimento alla quale non condivide affatto le dichiarazioni ottimistiche del sottosegretario Romano. Infatti, anche qualora le cifre da lui indicate venissero approvate, si tratterebbe solo di soluzioni parziali. Occorre invece che i progetti rispondano alle reali esigenze formative degli italiani all’estero.A quest’ultimo scopo sarebbe necessario che il Ministero del Lavoro almeno definisca un albo dei soggetti attuatori che possono essere ammessi al progetto di gara, onde evitare doppi finanziamenti oppure discriminazioni a danno di soggetti validi.

Norberto LOMBARDI, D.S. ItaliaEsprime soddisfazione perché finalmente la discussione verte su un tema inedito e molto stimolante. Condivide molte delle affermazioni rese dai colleghi. Nel documento è contenuta una sensata elencazione di iniziative che possono promuovere una migliore internazionalizzazione. Non vi è la registrazione del dato di partenza, cioè che il Paese da qualche anno sta perdendo competitività

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in modo drammatico. Pertanto nel documento dovrebbe essere aggiunta una considerazione molto breve cioè che la prima cosa da fare è tentare di arrestare questa perdita di competitività, quindi di recuperare il terreno perduto.Il sistema-Italia ha grandi potenzialità e per rilanciarlo si può utilizzare un ventaglio di strumenti. Molto dipende da fattori di carattere generale, ma altri, come il miglioramento qualitativo del prodotto, la formazione e l’informazione, rientrano nel lavoro che occorre compiere. È necessario anche considerare i fenomeni nuovi che si vanno manifestando, ad esempio l’assestamento dell’iniziale azienda del sistema-Italia, nel senso che esse sono presenti oltre i tradizionali insediamenti situati nelle realtà storiche di immigrazione italiana. Si tratta di capire quali tipo di problemi inediti ponga il rapporto con queste diverse aree di decentramento dell’impresa italiana. Non ci si può limitare poi a parlare solo soltanto di imprese, perché occorre prestare una maggiore attenzione all’internazionalizzazione delle professioni. Infine, non si possono sottovalutare le nuove migrazioni, che in alcune regioni italiane sta diventando veramente incisivo. È un fenomeno che deve essere registrato in termini oggettivi e sicuramente più drammatici rispetto al passato. Esso incide soprattutto nelle regioni meridionali e sulle nuove generazioni: ad esempio a Campobasso 9 giovani su 12 sono emigrati all’estero o in altre regioni italiane.Occorre attivare una linea di attenzione e di approfondimento anche su questo fenomeno, che coinvolge parti importanti del Paese.

Luigi PALLARO, Vice Segretario generale del CGIE per l’America LatinaÈ importante approfondire in questa sede tutte le problematiche connesse al sistema-Italia. In riferimento sono state istituite e realizzate molte strutture nel mondo. Ad esempio, 20 anni fa sono state riunite tutte le Camere di commercio a Caracas, per stabilire come diffondere l’immagine dell’Italia nel mondo. Quella riunione si ripete ogni anno e ora le Camere di commercio da 35 sono diventate 74. In questo modo i circa trecento impresari che sono invitati possono reperire informazioni su altrettanti Paesi del mondo, considerando anche che le Camere di commercio medesime possono comunicare in teleconferenza.Il problema è stato discusso molte volte nella V Commissione, nel senso di portare l’imprenditore più vicino alle fonti di informazione.Il commercio è legato alla cultura. Nella sua veste di Vicesegretario generale per l’America Latina ha visitato Lima, dove gli sono state mostrate con orgoglio le scuole, che sono state costruite oltre cento anni fa e dove si insegna la lingua italiana da sempre. Questo succede anche in altre località.In sostanza, da molto tempo esistono strutture come scuole e Camere di commercio. È stata creata anche una rete di informazione per il cittadino. Inoltre, è stato portato avanti un lungo dibattito sulla necessità di raccordare le Camere di commercio, l’ICE, il Ministero del Commercio Estero e le Ambasciate. Laddove si è riusciti a instaurare questo raccordo, le cose funzionano molto bene. L’ICE in particolare deve fare esposizioni e mostre, portare l’immagine dell’Italia attuale. Questo deve fare anche la RAI, invece di programmare tanti film balordi dell’Italia di 20 o 30 anni fa.

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Recentemente ha ricevuto dalla Camera di commercio 30 giovani piccoli imprenditori e ha potuto constatare che c’è tanta forza, tanta tecnica, tanta tecnologia, per cui l’Italia molto presto uscirà dalla crisi.

Paolo CASTELLANI, CileNon c’è un solo sistema-Italia. Infatti insieme al sistema-Italia metropolitano esiste da tanto tempo, almeno in America Latina, il sistema-Italia realizzato dagli emigranti. Questi non hanno solo popolato vasti territori, ma li hanno resi produttivi. Parte del progresso che vanta il Cile negli ultimi anni è il prodotto anche del lavoro degli italiani. In Cile la prima e la quinta fra le più grandi holding del Paese sono italiane.Occorre prendere in considerazione e utilizzare questo sistema, che è più potente, efficace e moderno di quello esistente in Italia. In altri termini la sinergia deve essere multipla, nel senso che occorre diffondere anche prodotti italiani del Brasile in Cile e viceversa.Il sistema-Italia è una proposta più che una realtà perché non è in grado di sfruttare le grandi potenzialità esistenti in America Latina e nel mondo. È ovvio e scontato che l’Italia importi rame dal Cile, ma gli italiani devono investire ed essere presenti insieme alle piccole, medie e grandi imprese, con le famiglie italiane che sono desiderose e che vogliono avere un rapporto privilegiato con l’Italia. In Cile è stato compiuto un grande sforzo per organizzare un forum, ma soltanto 7 di 200 ditte italiane hanno fatto affari. Il secondo giorno sono arrivati 100 imprenditori spagnoli, che hanno sensibilizzato molti giornali, che hanno oscurato il lavoro importante che stava facendo l’Italia. Questa deve essere in grado di mettere in moto il sistema. Per far questo occorre arrivare a un grande coordinamento delle iniziative assunte dalle Regioni, spesso in contrasto l’una con l’altra. Questa Conferenza dovrà appunto trovare una programmazione per arrivare al coordinamento di queste iniziative, perché le competenze concordate non sono funzionali.

Ugo DI MARTINO, VenezuelaNel momento in cui è stato eletto alla carica di Consigliere del CGIE, ha avuto un incontro con l’Ambasciatore, al quale ha detto che è importante, per migliorare i rapporti fra il Venezuela e l’Italia e per aumentare la presenza industriale italiana in Venezuela, pensare alle piccole e medie imprese.Ha notato la mancanza di coinvolgimento di strutture quali CGIE e Comites. Si sta lavorando su strutture vecchie, legate a schemi tradizionali. Occorre rompere gli schemi e pensare che prima di tutto l’Italia ha bisogno degli italiani all’estero per far fronte alla internazionalizzazione e alla globalizzazione e da questo punto di vista è importante, essenziale, il tessuto dei giovani. Se si vuole veramente aprire all’impresa occorre cercare di migliorare le strutture esistenti, con il coinvolgimento totale delle comunità italiane. Occorre saper sfruttare e porgere il patrimonio ricco e importante di cui l’Italia dispone. In questo modo si potrà riuscire ad aiutare effettivamente sia l’Italia, sia i connazionali in Venezuela. C’è tanto da fare e lavorando insieme si possono ottenere risultati.

Domenico AZZIA, UNAIE, ItaliaL’arma vincente del processo di mondializzazione è la conoscenza. Nel mondo attuale è ricco non chi ha proprietà e palazzi, ma la conoscenza. Gli italiani nel

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mondo hanno contribuito in maniera determinante nei processi di mondializzazione di sviluppo delle società di accoglienza. Queste comunità oggi costituiscono una grande risorsa. Secondo studi recenti, al momento dell’esodo gli emigranti italiani non andarono a sostituire la manovalanza degli schiavi, perché erano piccoli imprenditori e commercianti.Oggi tra l’identità e il business vi è una interdipendenza. Il business non rappresenta soltanto l’occasione di rinnovare il linguaggio e la cultura e di procedere a una riaggregazione, ma anche la possibilità di portare avanti precisi progetti. Milioni di persone giornalmente entrano in contatto in fase interattiva, però quando conoscono la comune identità scatta un mix che facilita i rapporti e consente di portare a termine anche gli affari. Gli italiani sono spesso al centro del potere economico, culturale, civile e dell’informazione. La comune identità è un’arma poderosa, ma per avere successo occorre la conoscenza. Attraverso la sua associazione ha provato a mettere in contatto imprese venezuelane e siciliane. Dopo un anno l’insuccesso è stato totale perché in Sicilia manca la cultura dell’esportazione: alcune ditte commettevano errori nel collocare l’indicazione dei prezzi e non erano puntuali nelle consegne. Mancava inoltre la grande molla del profitto. Se si vuole che le persone ritrovino la fiducia reciproca nella comune identità e portino avanti l’internazionalizzazione, occorre puntare alla tecnicità, alla promozione di servizi finanziari e informativi di assistenza dei mercati, delle opportunità, delle agevolazioni bancarie. Come ha detto all’inizio, è necessaria l’informazione, che può essere assicurata dalle comunità degli italiani all’estero. Il fulcro di esse è rappresentato dall’associazionismo. Questo può portare al successo attraverso l’informazione e, dunque, la conoscenza.

Michele SCHIAVONE, SvizzeraDeplora anzitutto che la mancata partecipazione al dibattito di esponenti delle altre istituzioni interessate induca nei membri del CGIE un senso di frustrazione e di inutile ritualità. Stando all’estero si ha spesso la sensazione che alle assemblee del CGIE si esprimano desideri e vengano coniate espressioni che assomigliano molto a slogan – come, ad esempio, “fare sistema” – senza però che facciano seguito realizzazioni concrete. L’imprenditoria italiana all’estero è spesso costituita da delocalizzazioni temporanee all’insegna del “mordi e fuggi”, ben lungi da qualsiasi programmazione sistemica di lungo periodo. Il sistema bancario italiano è poi ammalato di protezionismo, cosicché le imprese italiane vengono ad essere penalizzate anche sotto questo aspetto. Nella sua zona di residenza – per indicare un problema concreto – molte piccole imprese non si sentono rappresentate dalla Camera di commercio.Conclude il suo intervento esortando a un maggiore pragmatismo e a una più rigorosa focalizzazione degli obiettivi, dopo aver chiesto al Rappresentante del Ministero delle Attività Produttive che i Comites siano inseriti nella nuova politica di internazionalizzazione.

Massimo ROMAGNOLI, GreciaIn consonanza con le osservazioni del segretario generale Narducci circa le banche italiane all’estero, informa che tali banche, quando pure all’estero continuano a operare, non riconoscono assolutamente un trattamento preferenziale agli imprenditori italiani. La sua personale esperienza in Bulgaria,

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Grecia e Romania lo porta a constatare che i clienti delle banche italiane sono gli imprenditori locali e quasi mai quelli italiani. Nella prospettiva di una effettiva valorizzazione del lavoro e delle imprese italiane all’estero, molto va ancora fatto, ad esempio in tema di coordinamento con gli enti fieristici. Peraltro non mancano i casi di successo, come quello che si è verificato in Grecia: l’Italia è divenuta il primo partner commerciale della Grecia, grazie soprattutto all’attività dell’Ambasciatore italiano, che è riuscito effettivamente a svolgere un’efficace azione di coordinamento. Esorta infine a creare scuole di imprenditoria all’estero, per avviare i giovani all’attività imprenditoriale, e rimarca che i cinque pilastri della nuova internazionalizzazione sono: imprenditoria, giovani e cultura, attenzione verso i consumatori, informazione, istituzioni.

Luciano NERI, MargheritaNella consapevolezza che il dibattito in corso è volto anche a offrire spunti che poi saranno ripresi in sede di Commissioni, rimarca anzitutto che lo sviluppo economico richiede, come condizione preliminare, la sicurezza. Nessun imprenditore verrà da fuori a investire i propri capitali in zone nelle quali prevede di essere taglieggiato o dove la sua incolumità personale sarà posta a rischio per eventi bellici, come quelli che oggi insanguinano il Medio Oriente e che indirettamente impediscono l’attività delle piccole e medie imprese italiane anche nel Maghreb o nel Caucaso. E in tema di sviluppo occorre chiedersi per quale motivo l’Italia ormai non cresca più da cinque anni. Non è verosimile che la colpa sia sempre dell’euro o della Cina o di un qualsiasi altro fattore esterno. Evidentemente devono essere sciolti alcuni nodi strutturali, che impediscono a tutt’oggi di sviluppare l’innovazione. Una scelta come quella della Regione Umbria di difendere le coltivazioni di tabacco o la volontà di proteggere a tutti i costi la produzione tessile italiana sono evidentemente contraddittorie con l’intenzione di affrontare la concorrenza della Cina o dell’India. Innovazione ed efficienza del sistema-Italia non sono certo assicurate, per la loro parte, dalle banche le quali, ad esempio, hanno prima collocato tra i risparmiatori i titoli del debito pubblico argentino, nonostante fossero pienamente consapevoli che l’Argentina si avviava al default, e in seguito hanno organizzato esse stesse i comitati dei cittadini che protestavano contro il mancato pagamento da parte argentina. Molti sono i settori nei quali occorre intervenire, per assicurare nuovo sviluppo all’economia italiana sui mercati internazionali. Ad esempio, dovrebbe essere diffuso in tutto il mondo un marchio di qualità da concedere ai ristoranti italiani che utilizzino solo prodotti italiani.

Marina SALVAREZZA, EcuadorRicollegandosi all’intervento del consigliere Cretti (FUSIE), informa che in questi giorni è in visita in Ecuador un gruppo di finanzieri italiani, ottimamente supportati dall’Ambasciata italiana. Tali finanzieri sono disponibili ad offrire finanziamenti a piccole e medie imprese, intendendo però per tali quelle con un fatturato fino a due milioni di dollari. Si tratta in realtà di un limite incredibilmente alto per l’economia ecuadoregna, cosicché è facile prevedere che i finanziamenti, in definitiva, avvantaggeranno imprese che non saranno né piccole né medie. Gli interventi devono essere calibrati sulla realtà nella quale si interviene e il sistema-Italia può effettivamente funzionare solo sulla base di uno scambio continuo di informazioni, cosicché, ad esempio, l’impresa italiana indirizzi le sue controparti verso altre imprese italiane. Oggi, quando si telefona

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agli uffici delle Ambasciate e dei Consolati italiani si corre il rischio di rimanere un quarto d’ora ad ascoltare una noiosa musichetta mentre, se ci si rivolge all’analogo Ufficio cinese, dopo un’ora arriva il funzionario che propone un accordo. L’efficienza è necessaria per crescere e anche per difendere le posizioni acquisite, altrimenti a breve termine saranno gli italiani a dover cercare fortuna in altri Paesi. Già oggi la differenza tra il salario operaio in Ecuador e in Italia è molto ridotta rispetto al passato, allorché i salari italiani erano relativamente molto più alti.

Claudio MICHELONISaluta l’Assessore al welfare della Regione Piemonte, che è arrivato a partecipare ai lavori della Conferenza.

Salvatore TABONE, FranciaRingrazia il dott. Di Pietro che ha parlato di sportelli unici e a tale proposito informa che in Francia si sono raggiunti ottimi risultati, con la creazione di un’apposita istituzione, la quale ha, tra l’altro, organizzato una fiera internazionale a Metz. Nella sua qualità di Direttore della locale Camera di commercio italiana, può testimoniare che l’opera di promozione culturale è andata di pari passo con la valorizzazione dell’attività economica, nella consapevolezza che gli italiani all’estero sono i primi consumatori del made in Italy. La sua organizzazione – che, certo, ha il vantaggio di operare in un territorio dove sono insediate forti collettività italiane, con una rilevante presenza anche di imprese italiane – ha importanti collegamenti con istituzioni quali l’ICE, l’ENIT e l’Istituto di cultura. La Camera di commercio ha anche appoggiato il Ministero dell’Educazione Nazionale francese nell’organizzazione di un master franco-italiano per la formazione di futuri imprenditori. Di recente la Camera di commercio ha stretto rapporti con l’Ente per lo sviluppo dell’artigianato della Regione Campania, in previsione del prossimo gemellaggio tra Pompei e una città della Mosella.

Claudio MICHELONIDall’interessantissimo dibattito che si è sviluppato stamani, egli trae personalmente l’impressione che l’Italia ufficiale debba anzitutto constatare l’esistenza dei vari “sistema-Italia” che esistono all’estero malgrado le istituzioni italiane.

Tullio DI PIETRONon condivide l’ultima affermazione del presidente Micheloni e si dispiace che gli interventi del dibattito poggino su una conoscenza gravemente lacunosa del sistema imprenditoriale italiano. Le esportazioni italiane sono opera di una miriade di aziende, cosicché risulta obiettivamente difficilissimo coordinare poi questa amplissima, frammentata ed eterogenea platea di soggetti. Il piccolo o piccolissimo imprenditore non riesce a piazzare i suoi prodotti nelle grandi catene di distribuzione internazionali o ad aprire un suo proprio canale. Non esiste una Ikea italiana. Il 40 percento delle esportazioni italiane è assicurato da 12 mila aziende con un numero di dipendenti tra 50 e 200, ma poi vi sono altre 170 mila aziende con meno di 50 addetti e che neanche conoscono Internet. L’imprenditore italiano medio ha oggi sui 60 anni e deve combattere con la Cina, con competitori che neanche esistevano quando egli ha cominciato a lavorare. La responsabilità della perdita di competitività del sistema-Italia non

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è certo della Pubblica Amministrazione. Alcuni uffici ICE funzionano benissimo, grazie soprattutto ai loro direttori, e altri funzionano meno bene. Ci si lamenta che solo in 33 Paesi gli uffici ICE sono stati unificati con gli uffici commerciali delle Ambasciate, ma si trascura che questo risultato è stato raggiunto in un solo anno. E il ruolo dei Comites nello sportello unico delle imprese italiane all’estero è già previsto nella bozza del regolamento applicativo, bozza che è già stata elaborata e che ora sta facendo il “giro delle sette Chiese” tra i Ministeri e la Conferenza unificata, in conseguenza di un assetto policentrico che si è inteso dare alle istituzioni. Il Ministero delle Attività produttive è anche prontissimo a stipulare una convenzione con la Confederazione degli imprenditori italiani nel mondo, ma il tempo delle sovvenzioni a fondo perduto e dei rimborsi a pie’ di lista è ormai passato e chi chiede contributi deve essere anche pronto a investire le proprie risorse. Quanto al ruolo delle banche, esse in Italia sono società private, che devono rispondere ai loro azionisti, e quindi non possono essere obbligate dallo Stato a mantenere sedi internazionali, quando non lo giudichino più vantaggioso. Si è parlato prima della Francia, ma essa è talmente simile e vicina all’Italia che per un imprenditore italiano è facilissimo operarvi. È invece pressoché impossibile convincere un imprenditore italiano ad andare in un Paese come il Cile, anche perché è finita l’epoca del “mordi e fuggi” e occorre assicurare un servizio duraturo, con la manutenzione delle merci vendute. Il Ministero sta cercando di formare nuovi imprenditori, che poi certamente potranno fornire un grande contributo alla internazionalizzazione della quale si è parlato.

Franco NARDUCCIRingraziato il dottor Di Pietro per il suo intervento, osserva, a proposito delle banche italiane, che esse non possono continuare a operare in un sistema protezionistico. In passato, il metodo delle partecipazioni statali e dell’intervento statale nell’economia ha condotto l’Italia nel G8, ma poi, allorché si è dovuto entrare nel sistema delle privatizzazioni e del mercato, non si è riusciti a compiere il necessario salto qualitativo. Di questa défaillance le banche hanno la loro parte di responsabilità. La farsa che si è sviluppata nella scorsa estate intorno alla Banca d’Italia ha poi accentuato questa impressione di declino istituzionale, strettamente connesso alla perdita di competitività economica. Certo non tutte le notizie che si leggono sui giornali sono negative. Si rimane ammirati dei successi conseguiti dall’imprenditore Riva, ma ci si chiede come sia possibile che l’Italia produca ottimi impianti per la combustione dei rifiuti urbani e poi le strade della Campania siano intasate di rifiuti, con immagini che hanno fatto il giro del mondo e che hanno danneggiato incredibilmente l’Italia. Avverte infine che, nel pomeriggio, sarà necessario chiudere i lavori alle ore 16.45, per recarsi al Quirinale.

I lavori, sospesi alle ore 13.35, riprendono alle ore 14.55

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Mercoledì 30 novembre 2005

– Pomeriggio –

Gruppo di Lavoro “Ambito Sociale e Tutela dei Diritti”

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Relazione di introduzione al dibattito sul documento tematico

“AMBITO SOCIALE E TUTELA DEI DIRITTI”

PREMESSA

Il gruppo di lavoro ha convenuto di denominare l’ambito di suo approfondimento: “Ambito sociale e tutela dei diritti in materia di sanità, assistenza, servizi sociali e solidarietà”. Il gruppo ha ritenuto di non predisporre una relazione, ma una griglia su alcune proposte indispensabili a favore delle collettività italiane all’estero. Come già sottolineato in occasione della prima Plenaria della Conferenza Permanente Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE, i cambiamenti in atto dovuti alla globalizzazione dei mercati portano sempre più al ridimensionamento delle politiche sociali sia in Italia che all’estero, con ripercussioni negative anche per le comunità italiane all’estero e in special modo per i residenti in Paesi ad economie deboli e privi delle garanzie minime.

Il permanere o l’emergere di vecchie e nuove povertà impone, quindi, la promozione di nuove politiche sociali che garantiscano, attraverso il principio della sussidiarietà, un “valore aggiunto” rispetto all’intervento tradizionale. Nel contempo il nostro Paese sta vivendo forti cambiamenti istituzionali (devolution) che vedono maggiori trasferimenti di competenze, anche nel campo socio-assistenziale, dal livello centrale a quello locale (Regioni, Province, Comuni). Tutto ciò comporta un aumento dei soggetti abilitati ad intervenire, a fronte di una crescita di soggetti destinatari che sempre più si collocano nell’area del disagio con modalità diverse rispetto al passato.

Ciò premesso, si ritiene necessaria una riflessione sui seguenti temi:

1. Per offrire un supporto in materia di sanità ai nostri connazionali all’estero in stato di indigenza, o in forte disagio, sarebbe opportuno prevedere una assicurazione integrativa i cui costi dovrebbero essere addebitati in modo primario allo Stato con la partecipazione delle Regioni;

2. Solidarietà. Prevedere a favore di casi bisognosi progetti di solidarietà in partenariato tra le diverse Regioni;

3. Rafforzamento dei servizi tradizionali di tutela sociale mediante la valorizzazione degli istituti di patronato e l’istituzione di nuovi servizi sociali sia in materia di consulenza che di assistenza;

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4. Rafforzamento degli interventi socio-assistenziali con l’estensione e l’applicazione delle disposizioni previste dalla legge-quadro 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali;

5. Prevedere una possibile estensione della legge 383 in materia di promozione sociale. Verificare se CGIE e Comites, oltre le associazioni aventi carattere nazionale, possono accedere ai benefici della legge 383. Coinvolgere e corresponsabilizzare l’associazionismo sociale operante all’estero;

6. Istituzione di un fondo nazionale di assistenza sociale e solidarietà;

7. Per l’attuazione di nuove politiche sociali e tutela dei diritti è opportuno promuovere una convenzione tra Regioni e Ministeri competenti perché le prime possano accedere agli elenchi degli italiani all’estero iscritti all’AIRE.

8. La seconda Plenaria dovrebbe porre particolare attenzione e promuovere allo stesso tempo una Conferenza mondiale dei giovani italiani all’estero, anche per far emergere un’altrettanta attenzione proprio alle nuove migrazioni.

Documentazione

È opportuno acquisire i testi legislativi nn. 328/2000, 383/2000 e 152/2001.

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Isabella MENICHINI,Dirigente Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Reca all’Assemblea i saluti del ministro Maroni, del sottosegretario Sestini e del direttore generale Daverio. Nell’illustrare la competenza del Ministero in tema di politiche sociali, ricorda che questo settore è stato profondamente segnato dalla riforma costituzionale del 2001, che ha assegnato nuovi compiti alle Regioni. Il Ministero del Lavoro, nella nuova situazione, cerca di svolgere una funzione di cerniera nei confronti di Bruxelles e di operare a livello nazionale per una leale cooperazione tra le Regioni e una definizione unitaria del sistema dei diritti sociali, oltre che per un’opera di monitoraggio. Nel recente passato si è dovuta registrare una certa conflittualità tra i diversi livelli istituzionali, anche perché non è opera obiettivamente agevole la definizione di un nuovo sistema articolato tra i diversi centri. La Corte Costituzionale ha indicato alcuni principi, rimarcando che al potere centrale spetta la definizione dei livelli minimi essenziali delle prestazioni, mentre alle Regioni tocca la programmazione e la gestione, con trasferimenti da parte del centro che non possono essere finalizzati così specificamente da ridurre o annullare l’autonomia regionale. Il Ministero da parte sua ha elaborato il “Libro bianco sul welfare”, che è stato presentato nel 2003 dal ministro Maroni e dal sottosegretario Sestini e indica alcune priorità. Le politiche sociali vanno ridefinite a seguito delle forti trasformazioni demografiche in corso. L’Italia ha un bassissimo tasso di natalità e un forte aumento dell’aspettativa di vita, cosicché occorre arrivare a un nuovo patto tra le generazioni, che permetta agli anziani una serena continuazione della vita attiva e assicuri ai giovani un efficace sostegno per l’ingresso nella vita produttiva e la formazione dei nuovi nuclei familiari.Queste sono le priorità indicate dal Libro Bianco. IL contesto nazionale e internazionale può ingenerare insicurezza, fragilità nella condizione degli individui e può aumentare il rischio di esclusione sociale e di emarginalizzazione. Il Libro Bianco ha inquadrato le reazioni per raccogliere tali sfide nel nuovo contesto istituzionale, che richiede un’attuazione concreta del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale.Il Libro Bianco ha inserito la famiglia come strumento per rafforzare la coesione sociale. Essa è riconosciuta come un nuovo soggetto sociale, verso il quale indirizzare specifiche azioni e politiche, perché possa essere un reale protagonista dello sviluppo, alla pari rispetto agli altri attori.La sua direzione ha competenza anche in materia di responsabilità sociale delle imprese. nel Libro Bianco è chiarito che non ci può essere sviluppo del welfare senza la preventiva costruzione di una rete fra tutti gli attori e senza che vi sia un ruolo attivo del settore produttivo.In questa cornice il Ministero ha cercato di sviluppare politiche su più fronti: da un lato tutto il pacchetto di azione indirizzate alla famiglia, dall’altro la costruzione di un nuovo patto fra le generazioni.Nel documento si fa riferimento alla legge n. 328/2000 come punto di riferimento della costruzione di un nuovo sistema integrato di servizi. Nel Libro Bianco si sottolinea come la legge citata, che pure ha grandi meriti, sia in parte superata.Il nuovo Titolo V ha riconosciuto a livello costituzionale alcuni principi contenuti nella legge n. 328, ad esempio che il compito fondamentale dello Stato è la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e delle responsabilità.

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Tale legge è stata anche una guida per le Regioni, che hanno emanato provvedimenti attuativi definendo il proprio sistema di assistenza.Il Ministero ha cercato di condurre il dialogo con le Regioni da un punto di vista concreto, affrontando alcuni ambiti specifici, come la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni. Da questo punto di vista è stato compiuto un certo percorso, è stato definito un documento su come costruire un linguaggio comune e su come superare le differenze tra le aree regionali. Inoltre, da più di un anno insieme alle Regioni e ai Comuni è stata avviata un’azione di monitoraggio sulla spesa sociale; contestualmente è stato portato avanti il monitoraggio delle azioni di inclusione sociale dei gruppi svantaggiati.Si tratta di diritti ed esigenze che possono essere anche degli italiani residenti all’estero. Il Ministero è senz’altro pronto ad attivare, con le Regioni, le misure che si ritengano prioritarie a favore degli italiani all’estero.Nel corso del prossimo mese di dicembre si svolgerà la settimana dei giovani europei promossa dalla Commissione Europea: potrebbe essere una buona occasione per lanciare suggestioni sul coinvolgimento e sulla partecipazione dei giovani che vivono all’estero.

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Teresa Angela MIGLIASSO, Assessore al Welfare, Lavoro, Immigrazione ed Emigrazione della Regione Piemonte

Cortesi Signori e Signore, quale Assessore al Welfare, Lavoro, Immigrazione ed Emigrazione della Regione Piemonte rivolgo un cordiale saluto a tutti i componenti della Conferenza da parte della Presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso.Oggetto del mio intervento è l’ambito sociale e tutela dei diritti nel quale la Regione Piemonte svolge ed ha realizzato diverse iniziative quali ad esempio:a San Paolo (Brasile), in collaborazione con l’Associazione dei Piemontesi del Mondo locale, è in corso la realizzazione del Progetto “Arte e Terapia della Speranza” rivolto ad adolescenti e disoccupati senza fissa dimora, realizzato dal SERMIG – Arsenale della Speranza;a Santo Domingo (Repubblica Dominicana), in collaborazione con l’Associazione dei Piemontesi del Mondo locale, sono state acquistate e donate 5 incubatrici per neonati ad un ospedale pubblico dominicano;a Johannesburg (Sud Africa), in collaborazione con l’Associazione dei Piemontesi del Mondo locale, si è provvede da diversi anni ad integrare il pagamento delle rette della casa di riposo “Casa Serena” ove sono ospitati anziani piemontesi indigenti;a Caracas (Venezuela) in collaborazione con l’Associazione dei Piemontesi del Mondo locale, si è provvede da diversi anni ad integrare il pagamento delle rette della casa di riposo “Cristoforo Colombo” ove sono ospitati anziani piemontesi indigenti.Oltre alle suddette iniziative, mi preme ricordare che la Regione Piemonte, in forza della l.r. n. 1/87 «Interventi regionali in materia di movimenti migratori», ha avviato e programmato diverse iniziative rivolte agli emigrati piemontesi e loro discendenti, e precisamente:

1. Il Progetto A.L.PI.P.Il progetto ALPIP (America Latina Piemonte Politecnico) è stato lanciato alla fine del 2001 e nelle sue prime 4 edizioni sono state erogate centinaia di borse di studio a studenti dell’America Latina per frequentare corsi di laurea specialistica, master di 2° livello e dottorati di ricerca presso il Politecnico di Torino. Il progetto ALPIP è promosso da numerosi soggetti con caratteristiche e ruoli diversi e complementari: il Politecnico di Torino (offerta accademica, accoglienza studenti, coordinamento e finanziamento); Fondazione C.R.T. (principale finanziatore); Regione Piemonte (finanziatore e azione di sportello); Confindustria Piemonte – Unione Industriale di Torino (azione di sportello e stage); UnionCamere Piemonte/CCIAA (azione di sportello e stage); Istituto Superiore Mario Boella sulle Tecnologie dell’Informazione e delle Telecomunicazioni (finanziamento e stage); Istituto nazionale per il Commercio Estero (finanziatore e azione di sportello); M.I.U.R. (finanziatore).In tutte le edizioni del progetto ALPIP, gli studenti all’inizio di ciascun corso di laurea, master o dottorato hanno frequentato e frequentano un corso volto alla conoscenza od approfondimento della lingua italiana.

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Attualmente si sta svolgendo l’attività organizzativa finalizzata alla realizzazione della V edizione del progetto ALPIP.

2. Corso di marketing rivolto ai piemontesi nel mondo Nell’ottobre 2004 si è proceduto a porre in essere l’attività organizzativa in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino – Scuola di Amministrazione Aziendale (S.A.A.), finalizzato alla realizzazione di 11 borse di studio a favore di giovani argentini di origine piemontese, al fine della loro partecipazione ad un corso a Torino in Economia e Management delle Piccole e Medie Imprese (PMI). Nel gennaio 2005 si è proceduto a porre in essere l’attività organizzativa necessaria alla prosecuzione del rapporto di collaborazione con l’Università degli Studi di Torino – Scuola di Amministrazione Aziendale (S.A.A.), per la tenuta di una seconda edizione del suddetto corso di marketing questa volta da tenersi a Belo Horizonte (Brasile) con la creazione di borse di studio a favore di giovani brasiliani di origine piemontese. Il master si è concluso nel mese di maggio 2005 ed è stato rivolto a 40 allievi.In tutte le edizioni del Corso della S.A.A., gli studenti hanno frequentato un corso volto alla conoscenza od approfondimento della lingua italiana.Attualmente si sta valutando la proposta per il 2006 di una 3° edizione del corso.

3. Master Biennale Universitario di 1° livello in “Cultura e patrimonio storico-linguistico del Piemonte per la formazione di insegnanti a Cordoba (Argentina) Si è proceduto a porre in essere l’attività organizzativa in collaborazione con Università Studi di Torino, Facoltà di Scienze della Formazione, prof.ssa Alda Rossebastiano responsabile del Master in oggetto rivolto ad un massimo di 40 partecipanti. Le lezione del master sono iniziate il 23 maggio u.s. e sono terminate a metà di questo mese. Al primo ciclo di lezioni hanno partecipato 22 persone, in possesso di laurea, con un’età media di 50 anni. Il Master viene svolto da docenti italiani in lingua italiana e prevede all’interno del suo programma l’insegnamento della lingua e cultura italiana, con particolare riferimento alla Regione Piemonte.Attualmente si sta svolgendo l’attività organizzativa finalizzata alla realizzazione del 2° anno del Master biennale.

4. Master Biennale Universitario di 1° livello in “Esperto di cultura regionale per la formazione degli insegnanti” a Vitòria (Brasile) Si è proceduto a porre in essere l’attività organizzativa in collaborazione con Università Studi di Torino, Facoltà di Scienze della Formazione, prof.ssa Alda Rossebastiano responsabile del Master in oggetto rivolto ad un massimo di 40 partecipanti. Le lezione del master sono iniziate il 16 maggio u.s. e sono terminate a metà di questo mese. Al primo ciclo di lezioni hanno partecipato 28 persone, in possesso di laurea, con un’età che varia dai 25 al 60 anni. Il Master viene svolto da docenti italiani in lingua italiana e prevede all’interno del suo programma l’insegnamento della lingua e cultura italiana, con particolare riferimento alla Regione Piemonte.Attualmente si sta svolgendo l’attività organizzativa finalizzata alla realizzazione del 2° anno del Master biennale.

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5. Corsi di cultura e letteratura italiana-piemontese

Sono stati promossi 22 corsi di cultura e letteratura italiana, con particolare riguardo a quella piemontese, alla quali hanno aderito, tra il 2004 ed il 2005, ventidue Associazioni di piemontesi nel mondo. A tal fine sono stati riconosciuti dei rimborsi spese ed inviati diverse pubblicazioni es. dizionari, letterature ed altri libri.

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Roberto VOLPINI, Membro della II Commissione Tematica del CGIE

Si scusa per non aver potuto concordare questa riflessione con gli amici componenti il gruppo di lavoro. Ciò soprattutto per il fatto di aver dovuto sostituire l’assenza del Presidente del gruppo stesso.Ricorda di aver contribuito, nei lavori preparatori, a cambiare la definizione delle tematiche oggetto di approfondimento. Si era infatti assegnata un’area riferita alla “società” che rischiava di non mettere a fuoco problematiche su cui l’apposita II Commissione del CGIE ha sempre lavorato. “Ambito sociale e tutela dei diritti” rende ora più visibile tutto ciò.Fa presente le difficoltà incontrate, nel poco tempo a disposizione, a recuperare, insieme, una “memoria” di questi tre anni che ci hanno diviso dall’ultima Conferenza.Si è così lavorato ampiamente per mettere in evidenza i problemi, vecchi e nuovi, socio economici, previdenziali, assistenziali che ogni giorno si trovano di fronte ai nostri connazionali. Ciò con lo scopo di riproporli oggi all’Assemblea alfine di integrare il documento di lavoro che dovrà dettare il percorso del nostro cammino futuro.Per questo scopo la II Commissione del CGIE mette a disposizione quel lavoro di “monitoraggio” permanente, svolto in questi anni, per la ricerca delle soluzioni possibili. Fa presente che, purtroppo, i nostri O.d.g., appelli, proposte non hanno, per la verità, trovato tanto ascolto e accoglienza. Occorre però proseguire con pazienza e tenacia in questa azione sollecitatrice, ciò al fine di vincere e denunciare questa permanente “sordità” da parte dei soggetti istituzionali interessati; ciò a partire dal recuperare una valida interlocuzione, un dialogo, un confronto aperto tra noi.Da questa Conferenza, allora, ci si aspetta molto, avendone condiviso l’impostazione, per tre ragioni:

a) recuperare un luogo di confronto e dialogo aperto dove vogliamo condividere e mettere a disposizione la “nostra memoria” il nostro patrimonio;

b) ridisegnare ed individuare le priorità condivise, definendone i percorsi;c) continuare l’azione mirante a riconoscere tutti i diritti di cittadinanza per i

nostri connazionali residenti all’estero.Richiama i lavori, a cui ha partecipato, che la “Cabina di regia” della Conferenza ha promosso nei giorni 25-26 ottobre.Fa presente che in quell’ambito, tutti insieme, si sono indicate le priorità, vecchie e nuove, che si è ritenuto interessano le persone e le comunità degli italiani all’estero.Priorità che oggi devono tenere presente dei cambiamenti che vedono trasferimenti di competenze istituzionali specie nel campo socio-assistenziali.Riassumendo dal documento preparatorio, Volpini, ripropone tre filoni tematici di lavoro:

a) la tutela sociale e assistenza in cui viene rivendicato il diritto a riconoscere l’assistenza sanitaria soprattutto per i nostri connazionali indigenti; si è proposto di promuovere una forma di assicurazione preventiva i cui costi dovrebbero essere addebitati allo Stato ed alle Regioni; in questa direzione occorre estendere l’applicazione delle disposizioni della Legge 328/2000 per la realizzazione di un sistema integrato di servizi sociali all’estero;

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b) completamento dei diritti previdenziali attraverso il rafforzamento della tutela sociale mediante l’attività dei Patronati valorizzando nuovi servizi di consulenza e assistenza; è tempo ormai anche di concretizzare l’attuazione dell’assegno sociale di solidarietà;

c) l’organizzazione di progetti di solidarietà e di intervento di promozione sociale; prevedendo una possibile estensione della legge 383/2000 all’associazionismo sociale operante all’estero.

Volpini ricorda che il CGIE ha già messo in programma di organizzare un momento di studio sullo stato della sicurezza sociale nei confronti dei nostri connazionali.Sottolinea che da questa Conferenza usciamo con un messaggio che ci costringe a credere di più al ruolo del CGIE. Così come deve crescere una maggiore consapevolezza delle decisioni che prenderemo nell’ambito di una “alleanza” tra soggetti istituzionali interessati.Si è così condiviso un metodo e un percorso: ora è tempo di decisione senza avere la pretesa di avere tutto chiaro prima di decidere; altrimenti si corre il rischio di non decidere mai.

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Dibattito

Dottoressa BONACA, Dipartimento per gli Italiani nel MondoNel recare i saluti dell’avv. Corso, Dirigente generale dell’Ufficio III del Dipartimento per gli Italiani nel Mondo della Presidenza del Consiglio, intende soffermarsi sull’esigenza, più volte richiamata nel corso dei dibattiti di questi giorni, di raggiungere una funzionale sinergia nelle politiche indirizzate al mondo dell’emigrazione, facenti capo ai diversi livelli istituzionali. A tal fine, nell’attuale contesto istituzionale, si potrebbe ipotizzare un intervento legislativo condiviso tra Stato e Regioni, valorizzando appieno i principi contenuti nella sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 2003, in cui è stato delineato un modello flessibile di ripartizione delle stesse competenze legislative di cui all’art. 117 della Costituzione. La Corte Costituzionale ha preso le mosse dall’art. 118 della Carta fondamentale, pur riguardante la ripartizione delle funzioni amministrative, ma che delinea un meccanismo di flessibilità funzionale, legato ai principi di sussidiarietà, di proporzionalità e di adeguatezza; meccanismo che ben può riflettersi sullo stesso riparto delle competenze legislative. In quest’ottica va sviluppata un’innovativa concezione procedimentale di tipo consensuale, che valorizzi appieno il significato del principio di sussidiarietà verticale e che scaturisca da un accordo tra gli attori istituzionali, adeguato, ben proporzionato e comunque non irragionevole. Sulla base quindi di un combinato disposto degli artt. 117 e 118 della Costituzione è stato stabilito il principio che un’intesa istituzionale può superare una concezione rigida del principio di sussidiarietà ai fini del riparto delle competenze; un’intesa che ovviamente si fonda sul principio della leale collaborazione e che viene resa operativa attraverso adeguati meccanismi di cooperazione.Proprio una lettura flessibile di questo genere meglio potrebbe valorizzare quelle funzioni legislative sull’emigrazione, che pur apparterrebbero in gran parte alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni, ma che non possono non coinvolgere lo Stato ai fini di una migliore realizzazione funzionale. La stessa esperienza del codice digitale dell’Amministrazione dimostra la fruttuosità di un percorso procedurale del genere. E strumenti analoghi potrebbero essere attivati anche ai fini delle materie pur formalmente attribuite alla residuale competenza legislativa esclusiva delle Regioni. Passando a verificare il documento programmatico, si sofferma sul punto 7, laddove si ipotizza la promozione di convenzioni tra Regioni e Ministeri onde consentire alle prime l’accesso ai dati dell’AIRE. Proprio il descritto percorso metodologico potrebbe essere utile a tale riguardo.Il documento fa altresì riferimento alle nuove forme di povertà che possono emergere dalle attuali condizioni dell’emigrazione italiana. In particolare, sono emerse profonde differenze tra le varie Regioni circa gli interventi socio-assistenziali riguardanti il rimpatrio, relative sia alle tipologie di intervento che ai requisiti di accesso. Ma le difficoltà del rientro, se non adeguatamente sostenute, si trasformano in una “nuova forma di emigrazione”, come sottolineato dal presidente Errani. A tale riguardo estremamente utile può essere l’attivazione di appositi interventi di solidarietà, che tengano anche conto delle esigenze di perequazione interregionale in questo ambito. Ringrazia tutte le Regioni per la sollecitudine con cui hanno risposto alla richiesta di elementi informativi ai fini di una raccolta comparata degli

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interventi per il rimpatrio e delle Consulte regionali per l’emigrazione. A quest’ultimo riguardo sarebbe opportuno individuare comuni parametri di rappresentatività e per una loro armonica composizione.

Nazzareno MOLLICONE, UGLIl documento in discussione si lega non poco alle tematiche della sessione antimeridiana concernente l’internazionalizzazione, che come è noto sta conducendo a un ridimensionamento delle politiche sociali. Ma occorre dedicare la dovuta attenzione a tale aspetto, onde individuare i modi più efficaci per reagire a questa sorta di “corsa verso il basso”Sarebbe altresì opportuno sottolineare la necessità di una certa sinergia tra WTO e OIL, importanti enti sopranazionali che operano del tutto separatamente. Circa l’imprenditoria italiana, da un lato deve essere dotata di adeguati strumenti per affrontare la sfida della globalizzazione; dall’altro occorre evitare che siano gli imprenditori italiani stessi uno strumento di sfruttamento dei disagi sociali favoriti dalla globalizzazione, anche perché l’imprenditoria italiana ha sempre esportato elementi di civiltà. Andrebbe inoltre considerata nel dovuto modo la competenza dell’Unione Europea negli interventi di tutela sociale, come dimostrano le recenti direttive sull’orario di lavoro, sull’esercizio delle professioni e sulla mobilità, tanto più che gran parte dell’emigrazione italiana all’estero si situa in Paesi dell’Unione Europea. Appare poi a dir poco utopistico ipotizzare assicurazioni sanitarie integrative a carico delle Regioni, in considerazione delle note difficoltà finanziarie. Più efficace potrebbe essere fare riferimento all’ipotesi di un intervento delle Regioni limitato alle gravi malattie e ai grandi interventi riguardanti connazionali all’estero.Esprime infine soddisfazione per il fatto che lo stesso sottosegretario Romano ha riconosciuto il ruolo incisivo dei patronati: si tratta di un punto di partenza per superare del tutto le critiche strumentali nei riguardi dei patronati stessi, che vengono sollevate a vario livello.

Claudio POZZETTI, Frontalieri CGILIn sede di Assemblea Plenaria desidera richiamare l’attenzione sulle lavoratrici e sui lavoratori transfrontalieri, sulle condizioni cioè di quei cittadini che vivono in Italia e lavorano all’estero. Reputa grave che lo stesso rappresentante della Regione Lombardia non abbia dedicato alcun riferimento ai lavoratori transfrontalieri, che nella sola Lombardia raggiungono le 40 mila unità in direzione della Svizzera.Eppure l’Assemblea del CGIE aveva approvato due ordini del giorno riguardanti i 6 mila transfrontalieri verso la Francia e il Principato di Monaco e i 6 mila concernenti San Marino, dove pure gli italiani possono avere solo contratti a tempo determinato.E gli stessi diritti alla formazione e alla qualificazione non possono non riguardare anche i lavoratori transfrontalieri.Per queste ragioni reputa opportuno inserire tra i punti 5 e 6 un apposito paragrafo dedicato alla promozione dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori transfrontalieri, che nel Paese di origine debbono poter godere di tutele sociali, di assistenza sanitaria e di un equo trattamento fiscale, mentre nel Paese in cui

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operano devono poter essere tutelati nei contratti di lavoro ed essere trattati in modo non discriminatorio.

Maria Rosa ARONA, ArgentinaIn riferimento alle problematiche sociali, si registra con ancor maggiore evidenza la necessità del coordinamento fra lo Stato centrale e le Regioni, per una reale efficacia degli interventi. Va notato purtroppo che si sta determinando una certa differenziazione degli interventi di assistenza sociale a seconda che si sia cittadini dell’una o dell’altra Regione, mentre l’obbligo costituzionale per lo Stato centrale di assicurare i livelli essenziali di assistenza dovrebbe concernere non solo i cittadini italiani che vivono nel territorio metropolitano, ma anche quelli residenti all’estero. Ricorda a tale proposito che di recente sono state raccolte 50 mila firme a sostegno della richiesta di un assegno di solidarietà per gli italiani all’estero che versino in condizioni di indigenza.

Gian Luca LODETTI, Inas CISL, ItaliaGli interventi dei rappresentanti istituzionali sono perfettamente coerenti con la richiesta, da tempo avanzata dal CGIE di un forte coordinamento, che è reso ancor più necessario dall’ulteriore trasferimento di competenze alle Regioni che si è avuto con la legge costituzionale del 2001. Alle parole è però ora necessario far seguire i fatti e, poiché gli interventi sociali richiedono adeguati finanziamenti, non possono non destare preoccupazione i tagli operati dalla legge finanziaria 2006 ai trasferimenti alle Regioni e agli Enti locali, pur se gli esponenti della maggioranza governativa continuano a ripetere la giaculatoria di non voler toccare il welfare. È necessario comunque essere fiduciosi e auspicare che, a differenza di quanto avvenuto dopo la prima sessione plenaria della Conferenza permanente, stavolta si riesca effettivamente ad operare il coordinamento.Deplora poi che talora le aziende italiane che impiantano stabilimenti in Paesi come il Nepal o l’India trattino i loro dipendenti locali in maniera certo non rispettosa dei loro diritti. Tali situazioni vanno evitate, poiché alla internazionalizzazione delle imprese deve accompagnarsi l’internazionalizzazione dei diritti. Dichiara infine di avere registrato con grande soddisfazione le valutazioni molto positive espresse dal Sottosegretario al lavoro in merito ai patronati, ma deplora che, a quattro anni di distanza dalla legge di riforma dei patronati, il Governo non abbia ancora emanato il Regolamento di attuazione, che certo permetterebbe di migliorare molto le prestazioni.

Alberto BERTALI, Gran BretagnaIn Gran Bretagna si registra una fortissima spinta alla delocalizzazione delle industrie, anche se il livello di disoccupazione generale rimane basso, poiché i lavoratori licenziati vengono assunti in aziende del commercio o dei servizi, che però assicurano condizioni lavorative di livello inferiore. Questa tendenza presenta sicuramente una dimensione internazionale e c’è da interrogarsi sulle caratteristiche che assumerà la società, allorché non sarà più possibile garantire quei livelli di sicurezza, anche previdenziale, che le generazioni dei lavoratori più anziani hanno acquisito in passato. Deplora infine la tendenza a far dipendere i livelli di assistenza dalla Regione della quale l’assistito sia cittadino.

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Franco SANTELLOCCO, AlgeriaPreannuncia la presentazione di un emendamento al punto 1) del documento, per inserire, dopo le parole “ai nostri connazionali all’estero in stato di indigenza”, l’espressione “in attesa del superamento della discriminante fra cittadini residenti e non”. I lavori terminano alle ore 16,45.

Mercoledì 30 novembre 2005Incontro con il Signor Presidente della

RepubblicaPalazzo del Quirinale

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Sen. Enrico LA LOGGIA, Ministro per gli Affari Regionali

Signor Presidente La ringrazio a nome dei membri dell’Assemblea Plenaria della Conferenza Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE e mio personale per l’odierno incontro, che ci consente di riferirLe di persona i lavori svolti dalla II Assemblea Plenaria e le prospettive che riteniamo si dischiudano per il prossimo triennio. Signor Presidente, in ottemperanza all’articolo 17 della Legge istitutiva del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (L. 18.6.1989, n. 368), il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, On.le Silvio Berlusconi, ha convocato la Seconda Assemblea Plenaria che si tiene, nel rispetto della Legge, a tre anni dalla Prima edizione. Compito della Conferenza è quello “di indicare le linee programmatiche per la realizzazione delle politiche del Governo, del Parlamento e delle Regioni per le comunità italiane all’estero”.Conseguentemente e coerentemente, ieri la Conferenza ha preso atto dei profondi cambiamenti istituzionali, economici e sociali intervenuti nell’ultimo triennio.In primo luogo mi compiaccio di ricordare il percorso che ha portato alla riforma della Costituzione e al nuovo ruolo delle Regioni, che si affianca a quello dello Stato, nell’assistenza dei connazionali all’estero; nonché all’attribuzione del voto all’estero, che consentirà alle nostre Comunità, con il suo effettivo esercizio in occasione della prossima tornata elettorale, di disporre di una specifica rappresentanza in Parlamento. Sul piano economico, si è preso atto che la “globalizzazione” genera spinte all’internazionalizzazione delle attività produttive che coinvolgono evidentemente anche le nostre collettività all’estero e di conseguenza si è preso atto del fatto che la Conferenza debba tenerne conto nello svolgimento dei compiti istituzionali.Si è anche preso atto, in uno spirito di franca e piena collaborazione, che il processo di integrazione delle nostre comunità all’estero richiede, soprattutto da parte delle seconde e successive generazioni, strumenti per mantenere e migliorare il patrimonio culturale e linguistico di origine.Infine, avvertita l’esigenza di misurarsi con le nuove realtà delle nostre comunità all’estero per alimentare il legame che le riunisce all’Italia, la Conferenza ha riconosciuto opportuna la proposta del CGIE di realizzare una Conferenza dei Giovani Italiani nel MondoSignor Presidente, sulla scorta di questa impostazione, nella seconda giornata, l’Assemblea plenaria ha affrontato e dibattuto i documenti tematici dedicati all’internazionalizzazione, all’ambito sociale e alla tutela dei diritti.Nella giornata di domani, quella conclusiva, verranno affrontati gli ultimi due argomenti concordati: riforma dello Stato e lingua, cultura e formazione professionale.Da questi lavori e dagli esiti delle tre giornate, cui faranno prossimamente seguito riunioni operative, ci attendiamo un proficuo triennio che ci consenta,

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in occasione della terza Assemblea plenaria, prevedibilmente nel 2008, di ricevere il compiacimento delle nostre Comunità residenti all’estero. Per giungere a tale risultato sarà comunque utile e necessario il concorso pieno e solidale di tutte le forze politiche. Sarà ugualmente utile al Paese mostrare al Mondo che ci osserva la compattezza di tutte le forze politiche e sociali nella difesa e nel sostegno delle nostre Comunità residenti all’estero.

Signor Presidente, ringrazio per l’attenzione.

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Signor Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio CIAMPI

Signor Ministro, Signori Sottosegretari, Signori Presidenti delle Regioni, Signor Segretario Generale del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero, Signori Consiglieri,sono molto lieto di accogliere al Quirinale i partecipanti alla Seconda Conferenza Plenaria tra Stato, Regioni, Province Autonome e Consiglio Generale degli Italiani all'Estero. E' la seconda volta che vi riunite per definire le linee d'azione che le Istituzioni dello Stato, le Istituzioni pubbliche decentrate ed i rappresentanti degli Italiani nel mondo devono perseguire, insieme, per rispondere alle esigenze e alle aspettative delle nostre Collettività all'estero. Un obiettivo tanto più importante perché in Italia e nel mondo si verificano profonde evoluzioni economiche e sociali, e nel nostro Paese le Regioni sono chiamate ad assumere nuovi compiti. Oggi più che mai si impone la necessità di una concertazione tra gli organi preposti alla definizione e all'attuazione delle politiche a favore delle nostre Comunità all'estero, allo scopo di raggiungere risultati ottimali. Gli incontri con le collettività italiane rappresentano sempre un momento importante delle mie visite in altri Paesi. Gli italiani nel mondo costituiscono parte integrante di questa Nazione. Sono una cosa sola con l'Italia. Lo dichiarai solennemente il giorno del mio giuramento come Presidente della Repubblica. Quelle parole hanno costituito un impegno costante del mio settennato.I nostri connazionali sono un ponte prezioso con culture diverse, mantenendo intatti i valori e i tratti distintivi dell'italianità: gli affetti familiari, l'amore per la terra, la dignità nel lavoro, una profonda umanità; la tenacia; l'ingegnosità. Condividono con gli italiani in patria la consapevolezza di essere parte di un'unica grande Nazione, indipendentemente dai confini geografici. Per la prima volta, tra pochi mesi, i due rami della nostra Assemblea Legislativa si arricchiranno dell'apporto dei Rappresentanti dei nostri connazionali all'estero. Attraverso la voce di questi 12 Deputati e 6 Senatori, gli italiani nel mondo potranno contribuire ancor più direttamente al progresso civile e materiale del nostro Paese, facendosi portavoce non solo delle proprie istanze, ma anche del patrimonio di conoscenze maturate all'estero. Si tratta di una svolta nella vita politica del nostro Paese. L'attuazione del diritto di voto - che gli italiani all'estero hanno già esercitato in occasione delle consultazioni referendarie del giugno 2003 e del giugno 2005 - ha corrisposto ad un mio vivo auspicio. Attraverso questa via gli italiani all'estero potranno partecipare pienamente agli sviluppi democratici del nostro Paese, così come gli italiani residenti nei Paesi europei partecipano sin dal 1999 alle elezioni del Parlamento Europeo.So che tra i temi sui quali state riflettendo occupa un posto di rilievo quello della crescente presenza delle imprese italiane all'estero. Le nostre Comunità all'estero possono dare un contributo prezioso al dinamismo e alla diffusione del Sistema Italia. Possono agire da autentici moltiplicatori della presenza e degli investimenti italiani, favorendo l'interscambio, accordi di partenariato, la collaborazione tra le realtà economiche di residenza e le regioni di origine. Gli italiani emigrati in altri Paesi hanno sovente conquistato posizioni di prestigio. Si sono guadagnati stima e rispetto con il loro lavoro, la loro determinazione, i

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loro sacrifici. Col loro impegno, concorrono al progresso dello Stato di residenza e al tempo stesso ne consolidano i rapporti di amicizia con l'Italia. Rendono così onore al nostro Paese.Nonostante la distanza geografica e l'integrazione nei Paesi di accoglienza, gli italiani nel mondo preservano le loro radici. L'Italia deve coltivare queste radici: promovendo la lingua e la cultura italiane; intensificando gli scambi scolastici ed accademici tra i giovani italiani ed i loro coetanei che vivono all'estero; potenziando la collaborazione in queste materie con i Paesi dove risiedono le nostre Collettività.E' una duplice azione, fondamentale per il mantenimento del Vostro legame con l'Italia, per alimentarlo nelle nuove generazioni, per diffonderlo nei Paesi di accoglienza. Lì dove questo vincolo si è attenuato con il trascorrere del tempo, è importante ritrovarlo: con soggiorni o studi nel nostro Paese, attraverso la riscoperta delle nostre splendide città e dei paesi d'origine, prendendo conoscenza di quale è l'Italia di oggi, dei progressi compiuti, che la rendono per molti aspetti diversa dal ricordo tramandato dai Vostri padri.So che molti di voi sono fortemente impegnati in questa direzione. Vorrei esprimerVi il mio incoraggiamento ed apprezzamento per il sostegno che con il Vostro lavoro ed il Vostro operato offrite all'immagine del nostro Paese. A tutti Voi testimonio la riconoscenza mia personale e dell'Italia tutta; l'esortazione a continuare a partecipare alla crescita democratica ed economica del nostro Paese, a continuare a sostenere intensi rapporti di collaborazione in tutti i campi tra l'Italia e lo Stato dove ora vivete.Confido che la partecipazione dei nostri connazionali alle prossime elezioni parlamentari sia il preludio di una nuova stagione di solidarietà e di intensa collaborazione tra tutti gli italiani, all'interno e all'esterno dei nostri confini.Lo ripeto: siete una sola cosa con l'Italia!

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Giovedì 1 dicembre – Mattina –

Gruppo di Lavoro “Riforma dello Stato

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Relazione di introduzione al dibattito sul documento tematico

RIFORMA DELLO STATO

Seguendo le indicazioni emerse dalla riunione della Cabina di Regia della seconda plenaria della Conferenza permanente S-R-PA-CGIE, il 25 ottobre 2005 si è riunito a Roma il tavolo di lavoro preparatorio sul tema Riforma dello Stato.

Il tavolo premette che i principi generali che dovranno ispirare i lavori del Gruppo con lo stesso titolo all’interno della plenaria saranno le definizioni dei concetti di cittadinanza, partecipazione e rappresentanza riferiti agli italiani all’estero e di laboratorio di democrazia avanzata costituito dalle comunità.

Proposta di contenuti

In questo quadro, si propone il seguente ordine del giorno dei lavori del Gruppo nel corso della plenaria:

1. analisi della riforma dello Stato in senso federalista:a costituzione invariata (legge costituzionale 3/2001);a costituzione modificata con l’approvazione della cosiddetta devolution;equiparazione della Circoscrizione Estero ad una regione italiana;

2. rappresentanza degli italiani all’estero in Italia,verso l’Italia e nei paesi di residenza:

Revisioni delle leggi istitutive di Com.It.Es. e CGIE in virtù della futura elezione dei rappresentanti degli italiani all’estero al Parlamento italiano; proposta di nuovi metodi per la gestione dell’effettivo elenco degli elettori italiani all’estero, anche attraverso l’equiparazione dei Consolati ai Comuni nella tenuta degli schedari degli elettori;

Analisi della rappresentanza e della rappresentatività degli italiani all’estero a titolo individuale ed a titolo associativo;

Rappresentanza degli italiani all’estero nei confronti delle Regioni: dibattito sull’opportunità del voto regionale con riconoscimento dell’elettorato attivo e passivo;

Consulte e Consigli dell’Emigrazione: armonizzazione delle legislazioni regionali in materia di composizione, compiti e poteri delle Consulte; inserimento ex officio in ogni Consulta dei Consiglieri eletti al CGIE provenienti dalla stessa Regione; presenza ed elezione da parte delle associazioni di un congruo numero di consultori in rappresentanza delle comunità all’estero; ruolo dei consultori nei rapporti con le Regioni, con le rappresentanze diplomatico-consolari, con le comunità regionali all’estero; superamento delle sperequazioni nei trattamenti a favore delle collettività e degli individui anche per quanto riguarda sia i rientri che le garanzie previste da LEA e LIVEAS, come definiti nel gruppo di lavoro della plenaria sul tema: Ambito sociale; istituzione di un Fondo sociale nazionale a favore delle comunità italiane all’estero con il contributo dello Stato, delle Regioni, delle PA, dell’UE e di soggetti pubblici e privati;

Rappresentanza associativa: armonizzazione dei criteri e dei requisiti necessari per l’iscrizione all’albo delle Associazioni riconosciute dalle

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riconoscimento Regioni ai fini degli interventi anche di contributo, finanziamenti e assistenza alle attività associative; definizione di nuove forme di coordinamento degli interventi e delle attività regionali all’estero con valorizzazione delle professionalità esistenti all’interno delle comunità e superamento della duplicazione concorrente di momenti e presenze promozionali della stessa Regione nello stesso ambito territoriale estero; censimento dei corregionali all’estero, da farsi a cura delle Regioni e Ministeri e Dipartimenti competenti; semplificazione delle procedure di registrazione delle associazioni negli albi regionali, fermi restando i requisiti di documentazione e trasparenza, previsti ai sensi della normativa regionale, richiesti per verificare l’effettiva esistenza dell’organizzazione da iscrivere; riconoscimento di forme di coordinamento nazionali o regionali delle associazioni operanti in Italia e all’estero.

Documentazione

Per facilitare i lavori del Gruppo sul tema: Riforma dello Stato si ritiene necessario che venga fornita al più presto la seguente documentazione:

1. Testo del DDL sulla devolution;2. Testo del Titolo V della Costituzione come modificato dalla legge 3

del 2001;3. Sintesi delle leggi regionali vigenti con particolare riferimento a:

Consulte e Consigli dell’Emigrazione; Trattamento dei rientri; Interventi a qualunque titolo a favore dei corregionali all’estero;

4. Legge istitutiva dei Comitati degli Italiani all’Estero (Com.It.Es.);5. Legge istitutiva del CGIE;6. Proposte di legge in materia di riapertura dei termini per il riacquisto

della cittadinanza;7. Legge 459/2001, recante norme per l’esercizio di voto degli italiani

residenti all’estero ed eventuali ulteriori norme attuative;8. Testo del DDL o della nuova legge elettorale italiana.

Proposta di metodo di lavoro nel corso della seconda plenaria

Nomina di un coordinatore dei lavori del Gruppo: Riforma dello Stato, da individuarsi indicativamente nel Presidente della Commissione competente del CGIE, coadiuvato da un rappresentante dello Stato e da un rappresentante delle Regioni e delle PA;

Produzione di un documento conclusivo da presentare in plenaria per l’adozione e la definizione delle linee programmatiche in materia.

Suggerimenti per i lavori futuri della Conferenza permanente Definizione dei metodi di interazione con il Segretariato della Conferenza

permanente per il follow up di implementazione e verifica politica delle deliberazioni assunte nelle materie di competenza di questo Gruppo di Lavoro;

Definizione dei tempi e dei modi di convocazione dell’Assemblea plenaria delle Consulte e dei Consigli dell’Emigrazione regionali prima dello

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svolgimento della terza plenaria della Conferenza permanente previsto per il 2008

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Claudio Tucciarelli, Capo Dipartimento per le riforme istituzionali

La riforma dell’ordinamento della Repubblica, avviata con l’esame del disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa presentato nel 2003, ha impegnato il Parlamento per oltre due anni. Adesso il percorso parlamentare si è concluso con l’approvazione definitiva da parte del Senato in seconda deliberazione. Il testo della legge costituzionale – approvata con la maggioranza assoluta ma senza i due terzi dei componenti di ciascuna Camera - è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 novembre scorso.Si tratta di un progetto organico, con cui sono modificati ben 50 articoli della seconda parte della Costituzione, dedicata, come noto, all’ordinamento della Repubblica. E si tratta di un progetto che costituisce lo sbocco di ampie e pluriennali discussioni sull’assetto del nostro ordinamento, risalenti a ben più di venti anni fa, se solo si pone mente ai Comitati costituiti nel 1982 all’interno delle Commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato e poi alle discussioni parlamentari, alle Commissioni bicamerali, ai Comitati governativi.La stessa discussione pubblica testimonia come parole quali “federalismo” o “premierato” siano entrate ormai con forza nel patrimonio culturale comune, fuoriuscendo dalla cerchia ristretta dei confronti tra i tecnici del diritto costituzionale.Il testo approvato dal Parlamento affronta una serie di questioni cruciali per il nostro ordinamento: la forma di Stato (con le competenze legislative di Stato e Regioni), la forma di governo (con l’investitura popolare diretta del premier), il bicameralismo (con l’istituzione del Senato federale e la distinzione delle funzioni delle due Camere), le garanzie (con la diversa composizione della Corte costituzionale, il ruolo del Presidente della Repubblica e le prerogative dell’opposizione parlamentare).Sulla forma di Stato, la riforma completa e corregge il Titolo V, così come modificato nel 2001. Alla c.d. devolution (attribuzione di competenze legislative esclusive regionali su materie attinenti alla sanità, all’istruzione, alla polizia locale) si affiancano numerose correzioni dell’ultima riforma: alcune materie concorrenti (condivise quindi da Stato e Regioni) tornano alla competenza esclusiva statale, perché alla prova dei fatti non è risultato possibile frazionare questioni quali, ad esempio, la produzione nazionale dell’energia o le grandi reti di trasporto, non solo per ragioni tecnico-giuridiche ma anche perché allarmanti segnali venivano lanciati dal mondo produttivo-imprenditoriale.Non solo. La riforma reintroduce la tutela esplicita dell’interesse nazionale, scomparsa dal testo costituzionale nel 2001: il Parlamento in seduta comune potrà disporre a tal fine, con la maggioranza assoluta, l’annullamento di una legge regionale. La sussidiarietà diventa in fine principio ispiratore dell’intera rete dei rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali: ogni attività dovrà essere espletata dal livello di governo più adeguato, per espressa previsione costituzionale. La sussidiarietà comporta la cooperazione e non la competizione tra le diverse componenti della Repubblica.Ma credo che in questa sede valga la pena soffermarsi sulla profonda revisione del sistema della rappresentanza determinato dalla riforma.

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L’istituzione del Senato federale pone fine al “bicameralismo perfetto”, che fa dell’Italia un caso unico: due Camere, le stesse funzioni, lo stesso rapporto fiduciario con il Governo.Già all’Assemblea costituente furono chiaramente prospettati (primo fra tutti, da Costantino Mortati) i diversi modelli di organizzazione e funzionamento del Parlamento e segnatamente della seconda Camera, che riassuntivamente possono indicarsi nel modello della rappresentanza territoriale, nel modello delle garanzie e in quello della rappresentanza degli interessi.Tranne alcuni sporadici spunti relativi al secondo modello, la riforma costituzionale segna una svolta decisa in favore del primo: la rappresentanza territoriale del Senato che, non a caso, cambia anche la denominazione in “Senato federale”. Da tempo ormai le forze politiche oltre che la dottrina costituzionalistica hanno connotato la seconda Camera su base territoriale quale elemento essenziale della riforma di un ordinamento in senso filoautonomista. Né sembra riuscito il timido tentativo che la riforma del Titolo V aveva perseguito in via transitoria ed eventuale, investendo la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata dai rappresentanti delle autonomie territoriali, di funzioni rilevanti all’interno del procedimento legislativo, laddove fossero coinvolte materie di interesse regionale.L’istituzione del Senato federale, i cui componenti sono eletti per ogni Regione contestualmente ai rispettivi Consigli regionali, muta la configurazione dell’attuale Senato, che diventa pertanto organo permanente e i cui componenti si succedono nella carica, per gruppi regionali, al succedersi delle diverse tornate elettorali delle Regioni di appartenenza. Il Senato sarà poi integrato da rappresentanti delle Regioni e degli enti locali (due per ogni Regione), senza diritto di voto, e dai presidenti delle Giunte regionali in occasione della elezione di quattro giudici costituzionali.Cambiano, insieme alla composizione, anche le funzioni del Senato. Se nell’attuale bicameralismo paritario il Senato è titolare di poteri e funzioni identiche a quelle della Camera, con la riforma il Senato federale, in quanto espressione primaria delle Regioni, non è più titolare del rapporto fiduciario con il Governo, spettante in esclusiva alla Camera dei deputati. Il procedimento legislativo è contraddistinto dalla differenziazione tra i due rami: la Camera deciderà in via esclusiva, con l’eventuale parere del Senato, sui progetti di legge concernenti materie di competenza esclusiva statale; il Senato federale, con l’eventuale parere della Camera, deciderà sui disegni relativi a materie di competenza concorrente. Solo nel caso in cui i disegni di competenza del Senato siano essenziali per l’attuazione del programma di governo, la Camera potrà essere chiamata a decidere in via definitiva, a maggioranza assoluta. Il bicameralismo paritario residuerà solamente per alcune materie qualificate.Differenziazione delle competenze, territorialità della rappresentanza e governabilità sono le tre variabili che la riforma ha inteso comporre e coordinare.Quale il ruolo dei parlamentari eletti nella circoscrizione Estero all’interno della riforma ?Il radicamento degli eletti nelle rispettive Regioni costituisce un’innovazione di vasto spessore nell’impianto del Senato federale, che trova conferma puntuale nelle nuove norme costituzionali sulla eleggibilità dei senatori, sulla validità delle deliberazioni, sul coinvolgimento dei Consigli regionali nel procedimento

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legislativo, sui rapporti di informazione e collaborazione tra i senatori e gli altri enti territoriali della propria Regione. Proprio nel rafforzato radicamento su base regionale deve essere individuato il fattore che ha consigliato al legislatore costituzionale di sottrarre i parlamentari eletti nella circoscrizione Estero al Senato federale, per valorizzare il loro ruolo all’interno della rappresentanza politica espressa dalla Camera dei deputati. La prevalenza del radicamento territoriale ha giocato un ruolo importante anche nei confronti dei parlamentari a vita (vi saranno infatti solamente deputati a vita e non più senatori a vita). La Camera sarà composta quindi dai deputati eletti sul territorio nazionale oltre che dai 18 deputati eletti nella circoscrizione Estero.Non si è invece inteso ridurre la presenza complessiva dei parlamentari eletti all’Estero, in parallelo con la riduzione del numero complessivo dei deputati (500 eletti su base nazionale) e dei senatori (252). Il peso ponderato dei deputati eletti nella circoscrizione Estero risulterà dunque significativamente aumentato e inciderà pertanto sulle deliberazioni più rilevanti della Camera, a partire dal voto sulla fiducia al Governo. Un passaggio importante, soprattutto se calibrato sul nuovo sistema elettorale in corso di discussione in questi giorni in Parlamento e sulle norme transitorie della riforma stessa che richiedono di considerare compiutamente lo stesso ruolo dei parlamentari eletti nella circoscrizione Estero ai fini della formazione della maggioranza a sostegno del premier scelto direttamente dagli elettori. L’ampiezza della riforma, in cui i diversi fili costituiscono un organico tessuto complessivo, porterà senz’altro a dovere rivedere categorie e metodi di analisi e potrà determinare un diverso assetto anche del sistema politico in generale e della rappresentanza degli italiani all’estero in particolare.

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Renato Catalano, Direttore Generale Dipartimento Affari Regionali

VERSO LA COSTRUZIONE DI UN FEDERALISMO ITALIANO

Premessa.La legge costituzionale n. 3/2001 ha riformato in maniera radicale il titolo V della Costituzione Italiana, dedicato alla disciplina delle autonomie territoriali, determinando un nuovo assetto dei rapporti tra lo Stato e gli altri livelli di governo, sulla base di principi di ispirazione federalistica.Il nuovo testo dell’art. 114 della Costituzione afferma che “la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Rispetto alla precedente versione, tale disposizione si distingue per il fatto che, nell’enumerare gli enti territoriali costituenti la Repubblica, inizia dal livello di governo più piccolo e più vicino ai cittadini, vale a dire il Comune, e prosegue indicando quelli progressivamente più distanti, sino a giungere allo Stato. L’elemento più rilevante, tuttavia, è che la riforma del 2001 ha determinato il superamento della costruzione “gerarchica” tra gli enti territoriali (che poneva lo Stato in posizione di supremazia rispetto alle Regioni e agli enti locali, nonostante le une e gli altri fossero dotati di proprie sfere di competenza costituzionalmente riconosciute), sancendone invece l’equiordinazione e garantendone la pari dignità istituzionale.Il secondo comma dell’art. 114 statuisce, infatti, che “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principî fissati dalla Costituzione”. L’attuale disciplina riconosce a tutti i livelli di governo territoriale una pari autonomia, pertanto sottoposta, per tutti, ai soli principi fissati nella stessa Costituzione.Prima di passare ad analizzare le principali innovazioni apportate dalla riforma costituzionale in questione, è opportuno specificare che l’Italia risulta oggi costituita da:20 Regioni, di cui 5 a Statuto speciale (cioè dotate di maggiore autonomia legislativa e finanziaria, e i cui statuti sono approvati con legge costituzionale);2 Province autonome (equiparabili alle Regioni a Statuto Speciale);103 Province;8102 Comuni.

Il nuovo assetto dei rapporti tra lo Stato e gli altri enti territoriali.

L’ equiordinazione degli enti territoriali che concorrono, insieme allo Stato, a costituire la Repubblica non si risolve in una mera enunciazione di principio, ma si traduce in una serie di implicazioni attinenti al riparto di competenze tra Stato, Regioni ed enti locali, nonché, più in generale, all’assetto dei loro rapporti reciproci, con importanti conseguenze anche sul sistema dei controlli. In tal senso, le principali innovazioni introdotte dalla l. cost. n.3/2001 possono essere così sinteticamente indicate:ridefinizione del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, attraverso l’adozione del criterio enumerativo (e tassativo) delle materie di competenza statale e di quello “residuale” a favore delle regioni, le quali si configurano così come enti dotati di competenza legislativa generale (art. 117 Cost.).

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Ridefinizione del riparto di competenze amministrative tra Stato, Regioni ed enti locali, attraverso la costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà verticale ed orizzontale e la conseguente attribuzione ai Comuni, in via primaria, di tutte le funzioni amministrative, salvo che esigenze di carattere unitario ne giustifichino una riallocazione ai livelli di governo superiori (in ordine crescente, Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato) (art. 118 Cost.). Ciò ha determinato il superamento del precedente principio del parallelismo tra le funzioni legislative e quelle amministrative, in base al quale, secondo quanto disposto dalla vecchia versione dell’art. 118, le Regioni erano titolari di funzioni amministrative solo nell’ ambito delle materie per le quali esse disponevano anche della potestà legislativa. Lo Stato, tuttavia, poteva delegare loro l’esercizio di ulteriori funzioni amministrative di sua competenza e attribuire direttamente agli enti locali quelle di interesse esclusivamente locale. Oggi, venuto meno il principio del parallelismo, la funzione legislativa è ripartita per materie dall’art. 117, mentre, per quanto concerne le funzioni amministrative, il principio di sussidiarietà comporta che la loro allocazione non dipenda più dalla previa disponibilità della potestà legislativa, ma dalla dimensione territoriale degli interessi da tutelare.Rafforzamento dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali diversi dallo Stato, attraverso l’espresso riconoscimento di un’autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nonché del potere di stabilire e applicare tributi ed entrate propri, sia pure in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (art. 119);Eliminazione dei controlli preventivi statali nei confronti delle leggi e degli atti amministrativi regionali e, parallelamente, soppressione dei controlli regionali sugli atti amministrativi degli enti locali (attraverso l’abrogazione degli artt. 124 e 130 Cost. e la modifica dell’art. 125 Cost.). A fronte di tali eliminazioni, coerenti con il rafforzamento dell’autonomia, il legislatore costituzionale ha però attribuito al Governo centrale un potere sostitutivo nei confronti degli enti di governo territoriale, da esercitarsi, tuttavia, nei soli casi indicati nella stessa Costituzione e connotati da caratteri di particolare gravità (art. 120).A ciò va aggiunto che già la legge costituzionale n. 1/1999 aveva rafforzato l’autonomia statutaria delle Regioni, configurando lo Statuto come fonte interamente regionale (art. 123). La stessa legge aveva inoltre stabilito l’elezione a suffragio universale diretto del Presidente della Regione, sia pure con una disciplina derogabile dagli stessi statuti regionali, e comunque transitoriamente imposta fino alla loro adozione (art. 121 c.4).

Le potestà normativa: le competenze legislative e regolamentari

Già nella precedente versione, l’art. 117 Cost. riconosceva alle Regioni a statuto ordinario una competenza legislativa su determinate materie ivi enumerate. Tuttavia, tale competenza si configurava come “ripartita o concorrente”, in quanto le Regioni, nell’esercizio della loro potestà legislativa dovevano di fatto emanare, nelle materie di propria competenza, leggi rispettose delle norme costituzionali e dei principi fondamentali contenuti nella legislazione statale (cd. leggi-quadro o leggi-cornice). Lo Stato, quindi, era l’unico detentore della potestà legislativa esclusiva in tutte le materie non rientranti nell’elenco di cui all’art. 117, ma anche riguardo a quest’ultime conservava il potere di disciplinarle nei principi fondamentali e di vincolare, in tal modo, l’attività legislativa regionale.

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La riforma apportata con la legge costituzionale n. 3/2001 inverte, a favore delle regioni, il criterio enumerativo: l’elenco di materie contenuto nel nuovo art. 117 della Cost. non riguarda più la competenza delle regioni, bensì quella dello Stato (esclusiva o concorrente), secondo una modalità di riparto tipica dei sistemi federali.Di conseguenza, lo Stato dispone attualmente di una competenza legislativa esclusiva non più di tipo generale, ma limitata alle sole materie tassativamente indicate nell’art. 117 c. 2 Cost.Il comma 3 dello stesso articolo, invece, contiene un ulteriore elenco di materie riservate alla competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni. Essa si esercita con le stesse modalità già previste dalla vecchia versione dell’art. 117: lo Stato è competente ad emanare i principi fondamentali, alla cui osservanza sono tenute le Regioni nell’esercizio della loro potestà legislativa di dettaglio.Per tutte le altre materie non rientranti negli elenchi di cui ai commi 2 e 3, invece, spetta alle Regioni una potestà legislativa di tipo esclusivo, quindi non vincolata dalla legislazione di principio dello Stato e soggetta al solo rispetto della Costituzione, oltre che dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, analogamente a quanto previsto per la legislazione esclusiva dello Stato (art. 117 cc. 1 e 4).L’adozione del cosiddetto criterio “residuale” per la delimitazione delle materie di competenza legislativa esclusiva regionale (prima non riconosciuta), riduce il potere dello Stato e, di converso, rafforza intensamente quello delle Regioni, le cui leggi si configurano ormai come fonti normative primarie a competenza generale.Tra le materie rientranti nella competenza legislativa esclusiva statale, tuttavia, ve ne sono alcune, cosiddette “finali”, che si caratterizzano per il loro carattere “trasversale”, cioè capace di incidere su una molteplicità di materie diverse, eventualmente anche di competenza non statale: in tale prospettiva si collocano, ad esempio, la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (art. 117, c. 2, lett. m)), la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” (art. 117, c. 2 lett. s) o, ancora, la tutela della concorrenza e del risparmio” (art. 117, c. 2 lett. e).E’ inoltre opportuno sottolineare che, in base al comma 5 dell’art. 117, le regioni e le Province autonome provvedono, nelle materie di loro competenza, all’attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e degli atti normativi dell’Unione europea, rispettando le procedure stabilite con legge dello Stato.Coerentemente con questa nuova strutturazione delle competenze legislative, poi, il legislatore costituzionale ha modificato anche il riparto di quelle regolamentari.L’art. 117 comma 6 prevede infatti che lo Stato dispone di potestà regolamentare per le sole materie rientranti nella sua competenza legislativa esclusiva, salvo delega alle Regioni. Per tutte le altre materie (quindi anche quelle di competenza concorrente), invece, la potestà regolamentare spetta alle Regioni.Un ulteriore elemento di rilevante novità è rappresentato dalla “potestà regolamentare” che il comma citato riserva a Comuni, Province e Città Metropolitane, relativamente alla “disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”. Tale potestà era già prevista in una norma primaria del nostro ordinamento, contenuta nel d.lgs. n. 267/2000 (recante il “Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti Locali”), ma la sua

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costituzionalizzazione la configura come una vera e propria “riserva regolamentare” a favore degli enti locali, che in tal modo sono maggiormente garantiti nella loro autonomia organizzativa.Sul fronte della potestà legislativa delle regioni, infine, qualche considerazione a parte merita la disciplina degli Statuti regionali, già riformata, come si è accennato, con la legge costituzionale n. 1/1999, e su cui la legge costituzionale n. 3/2001 ha inciso solo marginalmente.Gli Statuti regionali, ormai fonti interamente regionali, si configurano come le “Carte Costituzionali” delle singole regioni. Essi sono infatti approvati dai Consigli regionali con una procedura aggravata e disciplinano (in armonia con la Costituzione) la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento, oltre che l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali (art. 123 Cost). La legge costituzionale n. 3/2001 ha poi aggiunto la disposizione secondo cui lo Statuto deve disciplinare anche il Consiglio delle Autonomie, quale organo di consultazione fra Regioni ed Enti locali. Tali contenuti sono necessari (in quanto imposti dalla stessa Costituzione), ma non esclusivi: le Regioni sono infatti libere di disciplinare anche altri aspetti, purché, ovviamente, questi non siano riservati alla competenza legislativa ordinaria dello Stato o delle stesse Regioni.Attraverso gli Statuti Regionali, quindi, le Regioni sono in grado di esercitare una forte autonomia organizzativa, pur essendo tenute all’osservanza di alcuni aspetti inderogabilmente disciplinati nella stessa Costituzione (ad esempio, l’attribuzione della potestà legislativa al Consiglio Regionale, o il potere, ad esso attribuito, di esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta, così costringendolo alle dimissioni, secondo quanto previsto dagli artt. 121 c. 2 e 126 c. 2).

Le funzioni amministrative

Il nuovo testo dell’ art. 118 stabilisce che tutte “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”.Si tratta di una disposizione particolarmente importante, perché sottolinea il ruolo centrale del Comune e recepisce a livello nazionale un principio già introdotto in sede comunitaria: vale a dire il principio di sussidiarietà.In base a tale principio, le funzioni amministrative devono essere collocate al livello di governo più vicino al bacino di utenza, cioè ai Comuni. Non si tratta, tuttavia, di un criterio rigido e assoluto, perché la norma costituzionale consente che, laddove la dimensione territoriale degli interessi da tutelare trascenda la capacità dell’ente comunale di farvi fronte, le relative funzioni possano essere attribuite, con legge, ai livelli di governo progressivamente superiori, se necessario anche allo Stato.

L’autonomia finanziaria

Il mutato assetto dei rapporti istituzionali e il progressivo ampliamento dei compiti trasferiti o attribuiti dallo Stato agli enti territoriali, non poteva restare privo di conseguenze sul piano finanziario. Una struttura fortemente decentrata, in cui gli enti locali si configurano come enti a competenza

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generale, titolari della stragrande maggioranza delle funzioni amministrative finali, non potrebbe infatti funzionare efficacemente ed efficientemente se i rapporti finanziari, strumentali alla realizzazione di tali funzioni, continuassero ad essere gestiti con un’impostazione centralistica.Prima degli anni ’90 la finanza locale si configurava sostanzialmente come un finanza “derivata”, cioè basata su trasferimenti erariali settoriali e irrigiditi da vincoli di destinazione.Già nel corso degli anni ’90 sono state introdotte nell’ordinamento italiano alcune norme volte a definire rapporti finanziari più coerenti con le evoluzioni “autonomistiche” che contemporaneamente stavano intervenendo sul fronte delle funzioni amministrative.Le istanze alla base di tale processo sono state consacrate a livello costituzionale con la l. cost. n. 3/2001, che ha modificato radicalmente l’art. 119 della Costituzione, dedicato appunto ai rapporti finanziari tra gli enti territoriali. Esso afferma ora solennemente che “i Comuni, le Province, le Città Metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa”.Al secondo e al terzo comma, invece, l’articolo specifica quali sono le loro fonti di finanziamento: in primo luogo, gli enti territoriali hanno il potere di stabilire e applicare tributi ed entrate propri, sia pure in armonia con la Costituzione e con i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (materia rientrante, tra l’altro, nella competenza concorrente Stato/Regioni, e non più in quella esclusiva statale); in secondo luogo, essi dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al proprio territorio (art. 119, c. 2)Tuttavia, è evidente che tali risorse autonome potrebbero non essere da sole sufficienti a garantire a tutti gli enti territoriali il finanziamento delle molteplici funzioni di cui sono titolari, specialmente in considerazione del fatto che la distribuzione della ricchezza non è uniforme su tutto il territorio nazionale. Un sistema basato esclusivamente su risorse proprie, pertanto, potrebbe determinare, rispetto alla capacità di assolvere alle funzioni istituzionalmente proprie degli enti, forti squilibri tra le varie aree del paese.Per questi motivi, il terzo comma dell’art. 119 aggiunge che “la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante”. In tal modo, da un lato viene riservato allo Stato un ruolo comunque determinante in ambito finanziario, cioè quello di riequilibrare i possibili dislivelli derivanti da un sistema a federalismo fiscale, dall’altro si garantisce agli enti territoriali la disponibilità di risorse sufficienti per l’esercizio delle proprie funzioni. Il quarto comma dell’art. 119, infatti, specifica che l’insieme di tali tipologie di risorse (cioè quelle derivanti da tributi ed entrate propri, quelle consistenti nella compartecipazione al gettito erariale, nonché quelle derivanti dai trasferimenti del fondo perequativo) devono essere “sufficienti a finanziarie integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite”. Inoltre, al fine di contenere il debito pubblico (e coerentemente con i vincoli derivanti dall’UE), l’ultimo comma impone che gli enti territoriali possano ricorrere all’indebitamento esclusivamente per finanziare le proprie spese di investimento (c.6). Sempre ad esigenze di carattere solidaristico risponde, infine, il quinto comma dello stesso articolo, statuendo che “per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti alla persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse

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aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni”. Tali risorse aggiuntive, quindi, sono distinte dal fondo perequativo, pur essendo accomunate a quest’ultimo da finalità solidaristiche.Occorre considerare che questa parte della riforma, dedicata ai profili finanziari, costituisce certamente uno degli aspetti più delicati dell’intero sistema delle autonomie, in quanto strumentale al suo corretto funzionamento. Il sistema dei controlli

Coerentemente con il rafforzamento dell’autonomia degli enti territoriali e con la loro equiordinazione con lo Stato, la riforma del 2001 ha inciso in modo significativo anche sul previgente sistema dei controlli.In base alla vecchia disciplina, infatti, le leggi regionali erano sottoposte ad un controllo preventivo nella forma dell’apposizione del visto da parte del Commissario del Governo. Tale tipo di controllo era sia di legittimità (nel caso di legge che eccedesse la competenza della Regione) che di merito (per contrasto con l’interesse nazionale), e la procedura prevedeva che, in caso di esito negativo dello stesso, il Governo poteva rinviare la legge al Consiglio Regionale perché vi apportasse le opportune modifiche. Se il Consiglio rifiutava di apportare le modifiche, approvando la legge nello stesso testo e a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il Governo poteva promuovere questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale o, addirittura, quella di merito dinanzi al Parlamento, per preteso contrasto con l’interesse nazionale. La riforma del 2001 ha eliminato ogni tipo di controllo preventivo sulle leggi regionali, sicché adesso il Governo, qualora ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della regione, ha solo il potere di promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge ritenuta illegittima. (art. 127, primo comma).Parallelamente, la Regione può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la propria sfera di competenza, sempre entro sessanta giorni dalla pubblicazione (art. 123 comma secondo).In maniera analoga, poi, la riforma ha eliminato, da un lato, i previgenti controlli amministrativi che lo Stato esercitava sugli atti amministrativi regionali e, dall’altro, i controlli che le regioni effettuavano sugli atti amministrativi degli enti locali. Tutti i livelli di governo, in questo modo, non sono più soggetti a controlli gerarchici, coerentemente con la loro autonomia piena e paritaria.A fronte di ciò, tuttavia, il legislatore costituzionale si è preoccupato di individuare gli strumenti per evitare che eventuali inerzie degli enti territoriali rispetto ad attività dovute possano comportare situazioni di particolare gravità. L’art. 120, comma secondo della Costituzione, infatti, attribuisce al Governo poteri sostitutivi nei confronti degli organi degli enti territoriali, esercitabili nei soli casi tassativamente indicati nello stesso articolo, cioè i seguenti:mancato rispetto di norme o trattati internazionali o della normativa comunitaria;pericolo grave per l’incolumità o la sicurezza pubblica;

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quando sia necessario per la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.Questo complesso sistema autonomistico richiede ovviamente momenti di raccordo e di coordinamento tra lo Stato e gli enti territoriali. A tal fine, nell’ambito dell’apparato governativo è stato istituito il Dipartimento per gli Affari Regionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Inoltre, è stata istituita la Conferenza Stato-Regioni,presieduta dal Ministro per gli Affari regionali su delega del Presidente del Consiglio dei Ministri, organicamente disciplinata con la legge n. 400/1988, modificata da ultimo col d.lgs. n. 281/1997. Sono state inoltre costituite la Conferenza Stato-città-autonomie-locali e la Conferenza unificata. In particolare, le Conferenze permanenti rappresentano la sede di incontro tra le diverse posizioni dei soggetti istituzionali in questa prima fase di attuazione della legge costituzionale n. 3/2001.Si osserva che manca, a tutt’oggi, una sede di coordinamento a livello legislativo.Si è, invero, tentato di attenuare questo vulnus con la costituzione della Commissione per le questioni regionali,in seno al Parlamento italiano, prevedendo in essa la partecipazione dei rappresentanti regionali e delle autonomie; tuttavia la riforma non è stata ancora compiutamente attuata.Vengono svolti quindi tutti i compiti relativi al coordinamento delle attività amministrative e legislative dagli organi summenziati, attraverso l’applicazione del principio della leale collaborazione .

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Giacomo CANEPA, Vice Presidente della III Commissione Tematica del CGIE

Preliminarmente sottolinea il persistente ruolo dell’associazionismo, che non potrà non rappresentare anche in futuro un punto di riferimento per la tutela dei diritti dei connazionali all’estero.Nel documento elaborato dalla cabina di regia si sono attentamente valutate le conseguenze della riforma in senso federale dell’ordinamento italiano sul mondo della rappresentanza degli italiani all’estero.In particolare, la necessità di rivedere le leggi riguardanti i Comites e il CGIE si lega soprattutto al nuovo ruolo dei Parlamentari eletti nella Circoscrizione estero. Dovranno essere anche individuati nuovi criteri nella gestione delle anagrafi.Ma le problematiche della rappresentanza e della rappresentatività dei connazionali all’estero si pongono soprattutto con riferimento alle Regioni. Non a caso in tali ambiti hanno cominciato a essere riconosciuti diritti elettorali attivi e passivi.Inoltre, le Consulte regionali dovranno arricchirsi della partecipazione dei Consiglieri del CGIE e di consultori provenienti dall’associazionismo a seconda della Regione di provenienza.È altresì opportuno armonizzare i requisiti ai fini dell’iscrizione all’albo delle associazioni riconosciute.Il programma di analisi e di approfondimento dovrà prossimamente svilupparsi intorno agli effetti della riforma costituzionale della seconda parte della Costituzione (qualora entri in vigore), della legge costituzionale n. 2 del 2001, della legislazione regionale sulle Consulte per l’emigrazione, nonché sulle leggi istitutive dei Comites e del CGIE, sulla stessa legge n. 459 del 2001 sul voto degli italiani all’estero e, qualora approvata, sulla nuova legge elettorale italiana.A conclusione del suo intervento desidera svolgere alcune riflessioni, che possano costituire uno stimolo per migliorare l’efficacia dei lavori della Conferenza Stato-Regioni-PA-CGIE, la quale deve puntare a diventare realmente permanente.Spiace dover constatare ancora una volta durante i lavori dell’Assemblea Plenaria tanti posti vuoti a causa delle numerose assenze, che testimoniano scarso interesse per la Conferenza, dalla quale poi molte persone si allontanano appena dopo aver preso la parola, mentre l’unico che sembra operare in modo permanente è il Segretario Generale.Una conferenza per essere efficace deve essere composta da persone che parlano, ma anche da persone che ascoltano.Occorre soprattutto passione nello svolgimento del proprio mandato rappresentativo, come hanno insegnato il ministro Tremaglia, con la sua pluriennale battaglia per il voto degli italiani all’estero, e il rimpianto Bruno Zoratto, che non gradiva essere disturbato quando ascoltava gli interventi.

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Dibattito

Franco NARDUCCIRingrazia il consigliere Canepa per l’invito a svolgere con passione il mandato rappresentativo, che condivide appieno.

Daniela TUFFANELLI COSTA, AustraliaInterviene sul tema della questione femminile, chiedendo di tenere conto, anche per il futuro, delle prospettive di genere nel perseguire gli obiettivi posti dalla Conferenza Permanente. Le donne del CGIE hanno trattato questo tema, anche nei loro documenti, rimarcando che gli uomini e le donne hanno già compiuto un lungo percorso comune, sviluppando una piena sintonia di intenti nella formulazione della normativa sulla parità dei diritti. Molto però resta ancora da fare, particolarmente per una più ampia presenza femminile negli organismi decisionali, che in Italia è veramente troppo ridotta, soprattutto se si considera che anche molti Paesi del Terzo Mondo stanno, negli ultimi tempi, aumentando enormemente la rappresentanza femminile nelle sedi deliberative. Sul sito Internet della Regione Piemonte si apprende che la rappresentanza femminile in Ruanda è arrivata ormai al 48 percento, superando anche la Svezia. Il tema di una maggiore presenza femminile è poi particolarmente avvertito dalle nuove generazioni, come dimostrano i documenti approvati da numerosi convegni dei giovani italiani all’estero.

Antonino RANDAZZO, Presidente della I Commissione Tematica del CGIEIn un dibattito di così ampie dimensioni e così complesso come quello sulla riforma dello Stato e i suoi riflessi sugli italiani all’estero, è opportuno adottare un approccio pragmatico ed evitare proposte fantasiose e di ben difficile realizzazione. Se sono stati necessari cinquant’anni per arrivare al voto degli italiani all’estero, ne occorrerebbero almeno 200 per la realizzazione di alcune delle proposte che sono state avanzate. È giusto polemizzare contro la mancata rappresentanza degli italiani all’estero nel futuro Senato federale, ma la richiesta di equiparazione della Circoscrizione Estero a una Regione italiana sembra ben poco ragionevole, così come quella del diritto di voto per le elezioni amministrative che, in molti Comuni, condurrebbe a uno stravolgimento degli equilibri politici. Altrettanto irragionevole sembra la pretesa di interferire nella normativa regionale sugli organismi consultivi, mentre del tutto fondata è la richiesta di un maggior coordinamento, che non intacchi i principi di unità e solidarietà nazionale, e di un fondo sociale nazionale per gli interventi assistenziali a favore degli italiani all’estero.Ricorda inoltre, che nel prossimo referendum sulla riforma costituzionale così come alle elezioni politiche generali, il criterio che guiderà i cittadini italiani all’estero nell’esercizio del voto sarà quello del valore dell’unità nazionale. Reputa infine che, sul tema della riforma dello Stato, siano più che sufficienti i paragrafi 2, 3, 4 e 5 del documento approvato all’unanimità al termine della prima giornata dei lavori.

Franco NARDUCCI

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Invita i Consiglieri che leggono un testo scritto a consegnarlo poi all’ufficio di segreteria.

Gian Luca FERRETTI, ANChiede scusa se il suo intervento ripeterà affermazioni già espresse da altri Consiglieri, ma non ha potuto seguire una parte dei lavori della mattinata, avendo dovuto assentarsi. Ha però ascoltato il pregevole comizio del Consigliere che lo ha preceduto, in ordine al quale si permette di osservare che non sembra essere molto utile un lavoro di “copia e incolla” di certi discorsi parlamentari. Attira poi l’attenzione su un aspetto particolarmente pregevole della nuova Costituzione, ovvero la riduzione del numero complessivo dei Parlamentari, pur nel mantenimento dei 18 Parlamentari eletti all’estero, il cui peso relativo risulta così aumentato. Infine rinnova l’appello ai Parlamentari ad astenersi da manovre e giochetti sulla legge per il voto agli italiani all’estero, legge che già esiste, è vigente e va solo applicata.

Walter PETRUZZIELLO, BrasileAnche se la discussione di stamane ha riguardato finora grandi riforme costituzionali, egli personalmente preferisce attirare l’attenzione su aspetti normativi e amministrativi di rilievo solo apparentemente minore. Deplora anzitutto che in occasione di ogni Legge finanziaria vengano decurtate le risorse del Ministero degli Affari Esteri, con l’ovvio risultato di rendere sempre più difficile il funzionamento della rete consolare che eroga i servizi agli italiani all’estero. Avverte poi che nei prossimi giorni scadrà la legge n. 379 del 2000, sul riconoscimento della cittadinanza italiana ai discendenti dei sudditi dell’Impero austro-ungarico. In questi giorni lunghissime file di persone si affollano alle porte dei Consolati, nel timore di non riuscire a presentare in tempo la richiesta. Chiede pertanto che la legge sia prorogata e anzi che venga abolito qualsiasi termine temporale per la richiesta del riconoscimento della cittadinanza italiana.

Mario TOMMASI, Presidente della III Commissione Tematica del CGIEConcorda sia con il consigliere Petruzziello sia con il consigliere Canepa, il quale si è dichiarato deluso per l’assenza di rappresentanti delle Regioni e dello Stato, assenza che pone in dubbio il carattere paritetico della Conferenza. Auspica poi la parificazione della Circoscrizione Estero a una Regione e chiede la convocazione finalmente della Conferenza dei giovani italiani nel mondo nonché un adeguato finanziamento del Ministero degli Affari Esteri, che permetta un efficace funzionamento della rete consolare. Sottolinea quindi la necessità del varo di una disciplina sulle Consulte regionali dell’emigrazione e chiede che i consultori istituiti all’estero dalle varie Regioni siano coinvolti nel futuro dibattito sulle quattro tematiche esaminate nella Conferenza Permanente. Invita infine anche le Commissioni Tematiche a dibattere i temi proposti dalla cabina di regia.

Silvana MANGIONE, USADeplora che, contro una esplicita previsione della legge, il Parlamento non abbia ritenuto di inviare propri rappresentanti alla Conferenza Permanente e concorda sulla richiesta di parificazione della Circoscrizione Estero a una Regione. In passato il ministro Calderoli si è mostrato ben poco disponibile nei confronti di questa proposta, ma il risultato potrebbe essere raggiunto se il

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CGIE si battesse coerentemente e con decisione. L’obiettivo appare particolarmente meritevole di essere perseguito in quanto gli emigrati italiani all’estero sentono particolarmente forte il legame con la Regione d’origine e quindi la presenza di loro rappresentanti nel Senato federale sarebbe certo opportuna.Si dichiara poi preoccupata per le discrepanze fra la nuova legge elettorale e la legge n. 459 – nella quale maliziosamente alcuni vorrebbero abrogare l’obbligo della residenza all’estero per i futuri 18 Parlamentari – discrepanze che gettano un’ombra sull’esercizio del voto nelle prossime elezioni politiche generali. Per quanto concerne le Consulte regionali, è necessario che la rappresentanza degli emigrati sia designata dal basso con metodo corretto e trasparente, evitando l’istituzione all’ultimo minuto di finte associazioni, che nascono solo in vista del seggio alla Consulta. Infine – affinché il comportamento del CGIE sia ispirato a maturità e positività, anziché a un deteriore presenzialismo – chiede che il CGIE si schieri contro l’ipotesi di una rappresentanza degli italiani all’estero nei Consigli Regionali, poiché tali Consigli si fondano su un legame diretto con il territorio, che evidentemente non sussiste nel caso degli emigrati, che in quel territorio non operano più e che adempiono altrove ai propri doveri fiscali.

Franco NARDUCCISaluta l’on. Pietro Fontanini, Vice Presidente della Commissione Affari Costituzionali.

Lorenzo MURGIA, Rappresentante della Regione ToscanaDa assiduo frequentatore dei lavori del CGIE, a cui annette una grande importanza, ha convinto il presidente Martini a intervenire nel dibattito. Quest’ultimo si è posto sulla scia del documento, che è stato approvato anche attraverso la mediazione del presidente Errani, il quale coordina il lavoro delle Regioni. Queste ultime sono consapevoli del ruolo che hanno acquisito con la precedente riforma del Titolo V della Costituzione. La riforma approvata più recentemente ha invece accentuato alcuni aspetti, che non sono in sintonia con le richieste del CGIE, riportate in un documento generale e su otto documenti riguardanti le singole tematiche.Alla luce di quanto è stato affermato dai tecnici, la modifica costituzionale recentemente approvata non introduce certamente una equiordinazione fra due poteri legislativi. È necessario esprimere taluni dubbi anche in ordine all’equiparazione della Circoscrizione estero a una Regione. Non si può parlare nemmeno di equiparazione degli schedari: i titolari delle anagrafi sono i Comuni e il Ministero dell’Interno fa riferimento appunto alle anagrafi comunali, non a quelle consolari. Questo è un argomento che può e deve essere affrontato e discusso con i Comuni e con le Regioni.Si è affermato che queste ultime fanno parte a pieno titolo della VI Commissione e della cabina di regia, però si è sorvolato su un aspetto essenziale, vale a dire che i Presidenti delle Regioni sono invitati, ma hanno soltanto diritto di parola, non di voto. Questo è un problema che occorre porsi nel momento in cui si tratta della riforma del CGIE. È legittimo anche che si discuta delle differenze esistenti nella varie legislazioni, come ha suggerito il consigliere Mangione (USA). Il presidente Errani ha ribadito con molta energia che occorre un coordinamento delle Regioni relativamente alle questioni dell’emigrazione, appunto per cercare di armonizzare le diverse legislazioni,

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per rispondere sempre meglio alle esigenze dei cittadini italiani all’estero. Questo ben inteso non significa incidere sulla potestà di ogni singola Regione di legiferare su determinate materie.È pienamente legittimo che le Regioni si pongano il problema dell’esercizio del voto. La Regione Toscana, ad esempio, ha recentemente modificato l’art. 3 dello Statuto nel senso che garantisce la partecipazione di tutti i cittadini toscani residenti all’estero, dei quali promuove l’effettivo esercizio dei diritti politici, alle scelte politiche regionali. Il presidente Martini ha garantito che il problema sarà affrontato durante il corso della legislatura. Anche su questo versante sarà opportuno un coordinamento, altrimenti potrebbero essere compiute scelte dettate da ragioni non sempre nobili.

Franco NARDUCCI Vi è una ragione storica che lega gli italiani all’estero con l’Italia, vale a dire il legame fondamentale con la Regione d’origine. Inoltre, si è determinata una ulteriore condizione storica, poiché gli italiani all’estero si sono sentiti Stato prima che questo nascesse. Molti vivono in Stati in cui c’è un ordinamento federale, quindi hanno potuto sperimentare direttamente il funzionamento di questo sistema. L’Italia dovrà affrontare un problema molto importante, quello della solidarietà fra le Regioni, che è molto più semplice da scrivere che da praticare. Egli ha potuto constatare le difficoltà con le quali i Cantoni di montagna in Svizzera riescono a innescare tali meccanismi di solidarietà. Le competenze scolastiche attraverso la nuova riforma sono affidate alle Regioni, ma questa scelta giusta implica una serie di misure di accompagnamento per pervenire a una armonizzazione delle professioni e dei titoli di studio professionali, perché questi possano essere spendibili sul mercato.Il dibattito su questi argomenti dovrà avere un seguito. Costruire il federalismo dal centro alla periferia è profondamente diverso che farlo in senso opposto. Le scelte infatti debbono tenere conto che vi sono una Nazione, tante Regioni e tante realtà dal punto di vista economico.

I lavori, sospesi alle ore 11.30, riprendono alle ore 12

Alberto BERTALI, Gran BretagnaCondivide pienamente l’esigenza che la riforma costituzionale debba essere adeguatamente illustrata e approfondita, tanto più con riferimento agli italiani all’estero.Quanto ai problemi della rappresentatività, non bisogna dimenticare che gli italiani all’estro hanno bisogno di una rappresentanza dei loro interessi non solo verso l’Italia, ma anche nei Paesi di residenza.Non condivide del tutto l’equiparazione dei Consolati ai Comuni, in quanto anche le anagrafi consolari non sono sempre gestite al meglio e sono molto spesso affidate alla solerzia individuale.Infine non poche problematiche si legano all’ipotesi di prevedere il diritto di voto nelle elezioni regionali: infatti occorre definire con chiarezza la Regione di appartenenza, oppure effettuare la non facile scelta di affidarsi alle opzioni individuali. Né tutte le questioni sono risolte dal fare affidamento all’ultimo Comune di residenza, ammesso che vi sia un principio generale del genere.

Marco FEDI, Vice Segretario Generale della Commissione Continentale per i Paesi anglofoni extraeuropei

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A parte il ruolo della Conferenza Stato-Regioni-P.A.-CGIE, occorre soffermarsi sulle funzioni della cabina di regia, che finora non ha consentito un ampio approfondimento della riforma costituzionale in atto. Né si può temere una discussione che abbia un tono decisamente politico, sempre evidentemente nell’ambito delle prospettive degli italiani all’estero.È pienamente convinto che, qualora la riforma entri in vigore, occorrerà affrontare una discussione serena sulle sue conseguenze.Si augura poi che in generale la cabina di regia svolga un ruolo concorrente e non sostitutivo rispetto a quello del Ministero senza portafoglio.

Norberto LOMBARDI, D.S.Si stanno celebrando la coesione e il coordinamento, per cui si asterrà da rilievi critici che potrebbero intaccare tale spirito, che reputa prezioso.A proposito delle riflessioni del consigliere Canepa, fa presente che – pur non essendo in genere un ottimista – questa volta sarebbe estremamente prudente rispetto alla ripetizione delle consuete lamentele. Infatti, al di là delle presenze numeriche effettivamente registratesi, si avverte un cambiamento di clima, che è prezioso e va colto. Difatti, rispetto alla precedente riunione, il livello di coinvolgimento delle Regioni è molto più elevato, anche e soprattutto in prospettiva. Circa il merito delle questioni, se può considerarsi ottimista circa la Conferenza Permanente, esprime però una certa delusione per le modalità con cui gli italiani all’estero sono stati poco presenti nel gioco della ridefinizione della rappresentanza politica. Se è positivo aver mantenuto i 18 Parlamentari eletti all’estero, tuttavia la rappresentanza è qualitativamente cambiata, in quanto è grave l’esclusione dal Senato, luogo istituzionale di collegamento con le Regioni.La Circoscrizione estero potrebbe considerarsi come una Regione italiana, oppure le stesse comunità all’estero potrebbero configurarsi come un prolungamento fisico, anche se non istituzionale, delle Regioni.In ogni caso, se si svolgerà il referendum, nel dibattito dovrà entrare l’esigenza della rappresentanza degli italiani all’estero in Senato, che tra l’altro forse costituisce per le collettività all’estero il luogo istituzionale maggiormente significativo proprio per il legame con le Regioni.Altro argomento di discussione sarà quello riguardante le Regioni più povere, che hanno fornito in passato un forte contributo all’emigrazione e sarebbero poi probabilmente le più colpite dai nuovi assetti istituzionali e dall’applicazione del federalismo fiscale.Con riferimento alle Regioni – a parte i grandi obiettivi della partecipazione diretta al voto e della presenza di rappresentanti eletti all’estero – un’esigenza immediata per la cabina di regia potrebbe essere quella di trasformare le Consulte regionali in veri e propri Consigli degli italiani all’estero, con poteri non meramente consultivi, o quanto meno con pareri che siano obbligatori e in qualche caso vincolanti.

Franco SANTELLOCCO, Presidente della V Commissione Tematica del CGIENel dichiararsi d’accordo con le considerazioni del consigliere Lombardi, si sofferma sulle Consulte regionali e sulla presenza delle associazioni. Tuttavia, riunioni così limitate delle Consulte regionali non possono certo considerarsi funzionali al loro buon andamento.

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Per quanto concerne la revisione delle leggi istitutive, è opportuno chiarire un punto: la normativa istitutiva del CGIE e dei Comites è imperfetta e non solo con riferimento alle conseguenze future dell’elezione dei rappresentati degli italiani all’estero. Semmai si tratta di un ulteriore elemento di distorsione. Il fatto che le leggi istitutive siano anche attualmente abbondantemente imperfette è dimostrato dalle stesse previsioni asimmetriche, per cui il Nord Africa è nella Commissione continentale con l’Europa, mentre nella legge elettorale fa più opportunamente parte dell’Africa.Propone quindi di sopprimere l’inciso che limita l’esigenza di revisione delle leggi istitutive agli effetti legati all’elezione all’estero.Da ultimo, in particolare anche la revisione della normativa sugli Intercomites è necessaria: fa notare che l’idea di un Intercomites è nata in Nord Africa, è stata recepita da tutti ed è stata fatta propria da tutti, ad esclusione del Nord Africa.

Gianfranco SEGOLONI, GermaniaI Consiglieri del CGIE devono rendersi conto che sono stati eletti dai Comites, i quali quindi costituiscono la rappresentanza politica più qualificante, in quanto sono eletti direttamente dai rappresentanti delle comunità italiane all’estero.Eppure, nonostante questo, i Comites sono costantemente deficitari di risorse economiche adeguate. Con soddisfazione ha potuto constatare come stia emergendo una generazione nuova che si impegna nei Comites, tra l’altro dimostrando grandi e svariate capacità conoscitive.Per queste ragioni è indispensabile che nei prossimi seminari sia prevista una parte propositiva dedicata al ruolo dei Comites, in coerenza con una impostazione di praticità nelle conclusioni, compiendo precise scelte di priorità. Per questo è opportuno che, in vista dei prossimi appuntamenti di febbraio, si valuti anche la possibilità di organizzare un seminario sulle questioni evidenziate.

Valter DELLA NEBBIA, USAI veri referenti del CGIE sono i cittadini italiani, i quali però risultano tuttora abbastanza disinformati circa le questioni degli italiani all’estero e dei loro organismi rappresentativi. Manca l’informazione di ritorno ed è ormai evidente che questa il CGIE deve conquistarsela da solo, anziché aspettarsela come un dono grazioso da parte dei grandi mezzi di comunicazione di massa. Al di là dei vincoli posti dalla partitocrazia instauratasi nel CGIE, gli intellettuali, i giornalisti e gli imprenditori che di questo organismo fanno parte debbono provvedere a sensibilizzare l’opinione pubblica. La stampa spontaneamente non sembra interessata ai lavori del CGIE, come dimostra la mancanza di giornalisti sia a questa seconda sessione plenaria della Conferenza Permanente Stato-Regioni-P.A.-CGIE, sia ieri al Quirinale.

Franco NARDUCCIAssicura i Consiglieri che la segreteria provvede sempre a invitare i giornalisti, ma concorda nella constatazione che i lavori del CGIE hanno poco risalto sulla stampa, la quale evidentemente ha bisogno di notizie clamorose per svolgere la propria opera di informazione.

Claudio MICHELONIInvita i Consiglieri a evitare forme di autolesionismo e rivendica la giustezza dell’impostazione data ai lavori della seconda sessione della Conferenza

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Permanente Stato-Regioni-P.A.-CGIE, la quale indica la direzione delle attività per i prossimi tre anni. Non è esatto affermare che ai lavori in corso non prendano parte rappresentanti delle Regioni e delle istituzioni centrali e anzi va rimarcato un positivo cambiamento nel clima generale dei rapporti tra il CGIE e le altre istituzioni. Infine fa notare che la cabina di regia ha natura di strumento meramente operativo e organizzativo, ma non decide i contenuti del dibattito, e ricorda che la VI Commissione ebbe un incontro con i ministri La Loggia e Calderoli sul tema della riforma dello Stato, tema che verrà anche trattato in uno dei più significativi tra i prossimi seminari.

Franco NARDUCCIDà conto dei messaggi inviati al ministro Fini, nella sua qualità di Presidente del CGIE, da parte dei presidenti Soru e Vendola, i quali si scusano per non poter essere presenti ed esprimono il massimo interesse per i lavori della Conferenza.

Claudio TUCCIARELLIEsprime anzitutto il suo ringraziamento all’Assemblea, che ha approfondito in maniera estremamente interessante alcuni dei temi della riforma dello Stato, particolarmente per i suoi riflessi sugli italiani all’estero. Osserva poi che solo una carente comunicazione ha portato a designare la recente riforma costituzionale come la riforma della devolution, in quanto tale devolution è solo una parte della riforma generale, una parte che si inserisce in un tutto organico che comprende anche la modifica del bicameralismo e delle garanzie, nonché l’istituzione del premierato. L’immaginazione collettiva è stata colpita soprattutto dalla devolution, ma in realtà la riforma conduce anche a una valorizzazione del principio della sussidiarietà che, per molti aspetti, costituisce il corrispettivo nell’ordinamento italiano di quella che, nell’ordinamento tedesco, viene definita “clausola di supremazia”, in quanto la valorizzazione della sussidiarietà è volta a evitare rischi per la tenuta complessiva dell’ordinamento. È stato rafforzato il potere sostitutivo dello Stato, non solo per quanto concerne la funzione amministrativa, ed è stata introdotta la clausola dell’interesse nazionale, mentre alcune specifiche competenze, prima assegnate alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni, tornano oggi alla legislazione esclusiva dello Stato. Per quanto concerne la problematica della rappresentanza degli italiani all’estero, va rimarcato che l’attuale configurazione del Senato federale costituisce l’esito di un lungo e complesso percorso, sfociato in una soluzione certo di compromesso, ma abbastanza coerente. I rappresentanti delle Regioni nel Senato federale vengono eletti contestualmente alla elezione del Consiglio Regionale, con un meccanismo che certamente sarebbe difficile replicare nel caso della Circoscrizione estero. La parificazione della Circoscrizione estero a una Regione incontrerebbe pertanto alcuni ostacoli, che potrebbero essere rimossi solo con una calibrata revisione della struttura generale del Senato federale. Quanto al tema del federalismo fiscale, va ricordato l’incipit di un aureo libretto di una decina di anni or sono, secondo cui il federalismo o è fiscale o non è affatto. Il tema non è stato affrontato dall’ultima riforma costituzionale, poiché già la riforma del 2001 aveva portato all’attuale testo dell’art. 119 della Costituzione, il quale coniuga il principio dell’autonomia fiscale della singola Regione con quello della solidarietà nazionale. L’ultima riforma costituzionale si è quindi limitata a prevedere che il federalismo fiscale debba essere attuato entro tre anni, senza

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alcun aumento della pressione fiscale, poiché evidentemente le risorse necessarie dovranno essere reperite grazie a una razionalizzazione della spesa e all’opera di contrasto dell’evasione tributaria.

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Giovedì 1 dicembrePomeriggio

Gruppo di Lavoro“Lingua, Cultura e Formazione Professionale”

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Relazione di introduzione al dibattito sul documento tematico

LINGUA, CULTURA E FORMAZIONE PROFESSIONALE

Scenario

L’assenza di una strategia unitaria nella promozione e diffusione della lingua e cultura italiana all’estero;Negli interventi più recenti, si dà la priorità agli investimenti a favore dell’ampliamento del mercato degli italofili;Le iniziative mirate delle Regioni risentono della mancanza di un coordinamento sia pure entro i limiti degli Statuti regionali;I ripetuti e crescenti tagli alle spese rendono poco credibili le dichiarazioni ufficiali che vanno in senso contrario;Permane una notevole domanda di cultura e lingua italiana da parte della diaspora.

Priorità e obiettivi

La riforma della 153 deve operare un passaggio dall’assistenzialismo alla promozione e rivalutazione della lingua e della cultura italiana come strumenti di miglioramento delle posizioni anche professionali ed economiche. Nel rafforzarsi della necessità di saper vivere ed operare in un contesto mondiale, il progetto di riforma pur essendo rivolto prioritariamente alle collettività deve proporsi anche alle popolazioni dei paesi di insediamento.La riforma degli Istituti Italiani di Cultura deve invece coinvolgere più direttamente le comunità ed i loro organismi rappresentativi democraticamente eletti.Il modello di intervento ipotizzato nella Conferenza di Montecatini e applicato con successo negli Stati Uniti con il coinvolgimento diretto anche finanziario sia dei Governi statali e federale sia delle associazioni comunitarie nazionali, con il coordinamento da parte dell’Ambasciata, va esteso agli altri paesi nelle forme più adatte e consentite dalle leggi locali.Alcune Regioni stanno usando con successo programmi di Master e diplomi di laurea all’estero in cui l’insegnamento della lingua e cultura italiana è parte integrante dei corsi impartiti. Questo approccio ha una ricaduta positiva sia nella scoperta o valorizzazione dell’identità d’origine, sia nell’offrire al paese di accoglimento una reale conoscenza del sistema Italia. In questo senso, bisogna incrementare i corsi di formazione professionale, già attuati da alcune Regioni, che rispondono alle richieste avanzate dalle stesse comunità alla luce delle diverse esigenze del mercato del lavoro locale. È auspicabile trovare un meccanismo di legge che privilegi i centri di eccellenza delle singole Regioni in progetti di formazione o di scambi, anche a livello universitario, cui possano unirsi altre Regioni interessate.

Poiché l’investimento culturale, per avere successo, deve privilegiare la fascia giovanile e delle nuove generazioni, diventa assolutamente prioritaria

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l’indizione della Conferenza Mondiale dei Giovani, dotata di mezzi finanziari sufficienti ad organizzare incontri preparatori a livelli nazionali e continentali, per permettere loro di manifestare che cosa significhi essere discendente di italiani e quali siano le loro esigenze reali in campo culturale.La stessa legge 482 del 1999, che prevede lo stanziamento di fondi per la tutela delle minoranze linguistiche storiche in Italia, deve essere estesa per analogia alla tutela dell’italiano all’interno delle comunità all’estero. Come in Italia esistono dei parchi letterari per la salvaguardia di patrimoni culturali, così all’estero occorre procedere al censimento, al recupero, alla conservazione e alla valorizzazione delle produzioni culturali degli italiani all’estero in lingua italiana o locale.

Metodologia

Creazione di un Tavolo permanente che monitori l’implementazione dei progetti e l’entità degli investimenti effettuati dalle diverse componenti della Conferenza permanente per raggiungere gli obiettivi indicati.Attuare una banca dati continuamente aggiornata delle iniziative realizzate dai Ministeri competenti, dalle Regioni, dalle Università, dall’Unione Europea e da altri organismi pubblici e privati e delle risorse economiche messe a disposizione da ciascuno. Coinvolgere le Consulte e Consigli regionali dell’Emigrazione, eventualmente prevedendone la partecipazione al Tavolo di lavoro, poiché strumenti di mediazione di base tra le comunità, le rappresentanze elette e le istituzioni competenti.Istituire il Fondo nazionale a favore delle comunità italiane all’estero come proposto nelle linee programmatiche emerse dalla prima plenaria della Conferenza permanente S-R-PA-CGIE.

Motivazione

Intendendo la cultura come «Espressione e mezzo di trasmissione della nostra identità che è in continua evoluzione» possiamo offrire i valori che ispirano il nostro modus vivendi e stabilire rapporti che mettono in comune con altri le nostre conoscenze facendoci ricevere un ritorno dagli altri rafforzando così un sistema di vera internazionalizzazione delle idee.

Il gruppo di lavoro ha infine convenuto che la “cabina di regia” integrerà il testo sui temi del: “Riconoscimento dei titoli di studio” e “Informazione”, avvalendosi per quest’ultimo del contributo della I Commissione Tematica del CGIE.

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Min. Plen. Adriano BENEDETTI, Direttore Generale della DGIEPM

L’idea che è alla base del mio intervento è che le risorse messe in campo per la nostra collettività non devono essere considerate esclusivamente in un’ottica settoriale, per quanto importante, che vede lo Stato quale ente erogatore di servizi, ma come vere e proprie risorse produttive per lo sviluppo del Paese. In altri termini, l’emigrazione oggi è una fonte di ricchezza ed un importante strumento tramite il quale l’Italia vuole e può affrontare con successo le sfide poste dalla globalizzazione.Vorrei discutere di questa tematica facendo riferimento a due settori di intervento strategici della Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche migratorie:

1. la diffusione della lingua e della cultura italiana.2. le iniziative specifiche di animazione e promozione di legami stabili delle

regioni con gli italiani all’estero nei partenariati territoriali, cofinanziate con il FSE.

Il primo tema, cioè quello della diffusione dell’insegnamento della lingua e della cultura italiana all’estero, è sicuramente di grande attualità ed è al centro dell’attenzione del Governo Italiano. Sono certamente molte le strategie per fare in modo che l’italiano si diffonda sempre più nel mondo e si affermi come lingua di cultura e di lavoro ma vi è la consapevolezza che per il successo di ogni tipo di intervento è indispensabile la preziosa mediazione culturale delle nostre collettività, la cui presenza costituisce un sicuro vantaggio da mettere a profitto. In un recente passato l’italiano ha infatti costituito per molti nostri connazionali, che si sono dovuti confrontare con realtà spesso difficili, lo strumento per eccellenza attraverso il quale tenere vivo il legame con la terra di origine e conservare una forte identità. E’ in questo scenario che sono nati i corsi di lingua e cultura italiana e che è stata pensata una normativa (quella della legge 153 del ’71) che recepiva le esigenze sociali e culturali maturate in seno all’emigrazione del primo dopoguerra.Oggi questo genere di emigrazione non esiste più o comunque si è molto trasformata ed il processo di integrazione sociale vissuto dalle nostre colletività si è accompagnato comprensibilmente a un processo di diluizione dell’identità, ma anche di arricchente diversità, che si va modificando ed adattando nell’ambito di categorie spazio-temporali in continuo movimento. I giovani italiani o di origine italiana residenti all’estero sono spesso nati nei Paesi di emigrazione e perfettamente integrati nella realtà sociale locale. La buona conoscenza dell’italiano non ha più quindi esclusivamente la funzione di mantenere forte e salda una identità – sempre in via di evoluzione - ed il legame con la propria collettività ma diventa un atotut per i nostri giovani per inserirsi più agevolmente nel mondo del lavoro e per raggiungere migliori posizioni sociali. L’italiano diventa così lingua di qualità, spendibile nel portfolio linguistico, in linea con il Quadro di Riferimento Europeo, credito formativo per l’accesso agli studi superiori e al mondo del lavoro e si trasforma definitivamente da “lingua etnica e di origine” a “lingua di cultura e del lavoro”. E’ anche, e forse soprattutto, per questo motivo che il suo insegnamento è richiesto non solo da alunni e famiglie italiane ma anche dalle scuole e dalle autorità scolastiche locali. E’ per offrire risposte a queste esigenze che lo Stato italiano mette in campo un

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impegno considerevole, in termini di risorse sia finanziarie che umane, e che in numerosi Paesi del mondo la nostra Direzione Generale ha promosso, attraverso la rete diplomatico-consolare, la conclusione di convenzioni di collaborazione con le Autorità straniere il cui obiettivo principale è l’integrazione dei corsi di lingua e cultura italiana nell’offerta formativa locale.Per la stessa ragione stiamo sperimentando sistemi di valutazione della qualità dei nostri corsi e di certificazione delle competenze degli alunni che hanno riscosso in pochissimo tempo grande successo nel tentativo di rendere sempre più elevato il livello qualitativo della nostra offerta formativa in modo che l’italiano, introdotto nelle scuole straniere grazie alla presenza di alunni di origine italiana, si possa progressivamente affermare come lingua seconda.Siamo consapevoli che la normativa in vigore necessita di sostanziale rivisitazione. Come è noto a questa conferenza, sforzi importanti sono stati compiuti, in piena concertazione con il CGIE, talché è stata predisposta una piattaforma certamente aggiornata ed innovativa. Su tale impostazione ci sarà modo di riflettere ulteriormente nei prossimi mesi affinché la nuova legislatura veda finalmente il varo di una riforma.In sintesi, nell’ambito delle nostre competenze e possibilità concrete, siano animati dalla convinzione che lingua e cultura sono essenziali per l’identità (si essa univoca complessa), che l’identità vissuta consapevolmente è il supporto essenziale per una partecipazione responsabile alla società in cui ci si trova a vivere e che senza lingua, cultura e identità il ruolo che spetta a ciascuno non può essere svolto con serenità e positività di apporto.Nella seconda parte del mio intervento vorrei parlare del programma cofinanziato dal FSE che la DGIEPM sta gestendo in quanto si fonda sulla valorizzazione degli italiani all’estero quale fattore strategico dell’attività internazionale delle regioni. L’idea di base sottesa a questo programma è che Le attività di internazionalizzazione delle imprese e di promozione del “sistema Italia” trovano oggi negli Italiani all’Estero una risorsa di dimensioni e di importanza crescente, presente e ben radicata in tutti i maggiori paesi del mondo, sempre più interessata a cooperare con le regioni di origine per comuni interessi di sviluppo e progresso. In questa prospettiva, si mira a sostenere e rafforzare i percorsi di institutionalbuilding delle regioni del mezzogiorno, rientranti nell’obiettivo 1, nel campo delle attività internazionali. Le Regioni, infatti, sono e saranno sempre più coinvolte in tali attività e a tal fine si stanno dotando di competenze e capacità progettuali che possono fare leva sull’immenso patrimonio di esperienze, di conoscenze, di professionalità e di opportunità imprenditoriali degli italiani che vivono ed operano nei paesi di emigrazione sia storica che più recente, come ad esempio, in quelli confinanti con l’Unione Europea, nel Mediterraneo, nei Balcani e nell’Europa Orientale.Nello scenario dell’economia globale, infatti, la sfida principale è quella della capacità di fare rete potendo contare soprattutto sui fattori immateriali della cultura e della conoscenza: in questo caso, si tratta della cultura più forte, quella legata alla identità delle origini, e della conoscenza più forte che nasce da una esperienza internazionale vissuta nei paesi più avanzati e nei mercati più grandi ed evoluti.Il MAE ha potuto così gettare le basi di una rete internazionale di progettazione dello sviluppo del territorio che collega le Regioni, le comunità italiane all’estero e le entità locali di altri Paesi; una rete che, facendo leva sulle competenze degli italiani all’estero, promuove la cooperazione economica e

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culturale quale valore essenziale delle azioni internazionali delle Regioni.In questa ottica, si è giunti innanzitutto alla costituzione di un Osservatorio sul lavoro degli Italiani all’estero che opera come rete interistituzionale che collega il Ministero degli Affari Esteri ed in particolare la DGIEPM agli uffici di programmazione delle Regioni che partecipano al programma. Grazie a tale struttura è stato possibile promuovere numerose azioni partenariali fra i soggetti territoriali delle Regioni coinvolte nel programma ed entità locali di oltre 15 Paesi che hanno riguardato intese per la formazione di giovani, la formazione di formatori, la creazione di nuove associazioni imprenditoriali, l’aggiornamento tecnico e culturale dei funzionari delle amministrazioni locali.Il programma, che si sta concludendo, ha quindi indicato una traccia di sviluppo per l’attività istituzionale in campo internazionale delle Regioni che potranno mettere a profitto le esperienze migliori e più qualificanti della nostra emigrazione. L’auspicio di questa Direzione Generale è che il lavoro iniziato possa proseguire nelle due seguenti direzioni:innanzitutto una politica per lo sviluppo delle risorse umane quale migliore investimento per il futuro. La rete di progettazione già costituita potrà diventare il catalizzatore delle competenze italiane all’estero, il polo di attrazione delle migliori intelligenze per rafforzare l’offerta di alta formazione in senso internazionale. La proposta è quella di costituire, in collaborazione con le Regioni, e con le altre Amministrazioni centrali interessate alte istanze di competenze facilmente attivabili nel mondo che siano espressione di reti strutturate di personalità italiane all’estero.in secondo luogo, una strategia per rafforzare la posizione delle Regioni nelle attività di cooperazione territoriale prevista dai nuovi regolamenti comunitari con particolare riguardo ai Paesi del Mediterraneo. In questo contesto la rete di progettazione già attivata dalle Regioni sarà funzionale ai partenariati in materia di formazione e di mobilità transnazionale dei lavoratori anche ai fini della regolamentazione dei flussi migratori in ingresso nel nostro Paese attraverso un’attività di analisi della domanda e dell’offerta di formazione e di lavoro nei Paesi del vicinato e la formazione di esperti e di funzionari dei Paesi di provenienza dei migranti.Le sfide che ci attendono sono sicuramente numerose e di alto livello; c’è però la consapevolezza che uno sforzo di elaborazione culturale sia quanto mai necessario. D’altro canto, siamo convinti che, se le sfide che ci aspettano sono impegnative, la valorizzazione delle esperienze maturate in seno alla nostra collettività all’estero possono costituire un fondamentale punto di forza per lo sviluppo del Paese.

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Fabrizio BRUNO, Dirigente Responsabile Emigrazione Regione Piemonte – Coordinatore della Commissione Affari Internazionali della Conferenza dei

Presidenti delle Regioni

Cortesi Signori e Signore,quale componente della cabina di regia che avuto l’onore e l’onere di organizzare i lavori di questa 2° Conferenza plenaria, permettetemi di rivolgere un sentito ringraziamento a tutti coloro con i quali ho collaborato per il successo di questa assise e, precisamente, il Segretario Generale Narducci, il Presidente Micheloni ed il Vicepresidente Inchingoli della 6 Commissione Tematica del C.G.I.E., tutti i colleghi dello Stato e delle Regioni ed, infine, il Ministro Carloni ed i suoi collaboratori.L’altro giorno il Presidente della Conferenza Regioni il Presidente Errani, all’atto dell’apertura dei lavori, ha dichiarato che occorre cooperare e coordinare l’attività delle diverse componenti della Conferenza, perseguendo un’armonizzazione delle legislazione regionale in materia di emigrazione e promuovendo la costituzione di banche dati comuni. Il Presidente della Regione Toscana Martini ha ribadito l’importanza di promuovere corsi di lingua italiana fra i nostri connazionali all’estero e loro discendenti.Per quanto riguardo la promozione della lingua italiana fra i nostri emigrati occorre ricordare che le Regioni da molti anni sostengono diverse iniziative in tale senso ad es. i corsi proposti dall’Unione Ladina in collaborazione con diverse Regioni italiane.Per quanto riguarda la valorizzazione del patrimonio linguistico mi preme ricordare che la legge n. 482/99 ha riconosciuto e sostiene la tutela e promozione delle lingue minoritarie franco-provenzale, occitano, friulano, valser, ladino, sardo parlate nelle nostre Regioni ed, anche, fra i nostri emigrati.Oltre alla normativa nazionale diverse Regioni dispongono di proprie leggi in materia quali ad esempio la legge della Regione Piemonte n. 26/90 “Tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell’originale patrimonio linguistico del Piemonte”. In osservanza della normativa statale e regionale, le Regioni sono tenute a tutelare, promuovere e valorizzare, anche fra i nostri emigrati, la lingua italiana ma anche le c.d. lingue minoritarie regionali.Per quanto riguarda l’emigrazione piemontese vi sono molte comunità ad esempio in Argentina od Uruguay ove viene parlata comunemente la lingua piemontese in luogo di quella italiana. A dimostrazione di quanto assunto mi piace ricordare quanto avvenne in un recente viaggio di una delegazione regionale piemontese in Argentina. In tale occasione durante un incontro conviviale gli emigrati discorrevano parlando in piemontese ed i componenti della delegazione rispondevano utilizzando la stessa lingua, fatta eccezione per un consigliere regionale. Dopo alcuni minuti di discussione un connazionale, parlando in piemontese, si rivolse al suddetto consigliere regionale e gli disse: “Perché lei non parla italiano?”. Dopo un breve attimo di imbarazzo, spiegai al nostro connazionale che lui parlava piemontese mentre il consigliere parlava la lingua italiana.

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Ciò premesso, si rende necessario promuovere sempre più la conoscenza del ns. patrimonio linguistico italiano con particolare riferimento ai giovani discendenti dei nostri emigrati.In tale ottica la Regione Piemonte ha avviato e programmato diverse iniziative rivolte agli emigrati piemontesi e loro discendenti al fine di promuovere la lingua e la cultura, quali ad esempio:- Il progetto ALPIP (America Latina Piemonte Politecnico) che prevede borse di studio a studenti dell’America Latina per frequentare corsi di laurea specialistica, master di 2° livello e dottorati di ricerca presso il Politecnico di Torino. In tutte le edizioni del progetto ALPIP, gli studenti all’inizio di ciascun corso di laurea, master o dottorato hanno frequentato e frequentano un corso volto alla conoscenza od approfondimento della lingua italiana.- 2 Masters Biennali Universitari di 1° livello in “Cultura e patrimonio storico-linguistico del Piemonte per la formazione di insegnanti” uno a Cordoba (Argentina) l’altro a Vitoria (Brasile) in collaborazione con Università Studi di Torino, Facoltà di Scienze della Formazione. Attualmente si sta svolgendo l’attività organizzativa finalizzata alla realizzazione del 2° anno dei Master.- 22 Corsi di cultura e letteratura italiana, con particolare riguardo a quella piemontese, alla quali hanno aderito, tra il 2004 ed il 2005, ventidue Associazioni di piemontesi nel mondo. La promozione della nostra cultura all’estero si sviluppa anche grazie a diverse iniziative quali mostre, rassegne organizzate dalla nostre Regioni spesso in collaborazione con gli Istituti Italiani di Cultura. La Regione Piemonte ha, in tale ambito, promosso in collaborazione con le Associazioni di Piemontesi nel Mondo diverse mostre dedicate a pittori piemontesi ad esempio, negli ultimi dodici mesi, a Lima ed a Bruxelles. Oltre alle mostre, ricordo la costituzione a l’Havana di un centro di documentazione sull’attività dell’architetto piemontese Dino Pogolotti, emigrato a Cuba nel fine ‘800.Il documento elaborato dal Gruppo di lavoro “Lingua, cultura e formazione professionale”, all’esame di questa terza giornata di lavori, ha incluso fra le priorità e obiettivi oltre alle summenzionate iniziative l’incremento dei corsi di formazione con particolare attenzione ai giovani discendenti dei nostri emigrati. Le Regioni sono molto attente alla formazione giovanile, per esempio la Regione Piemonte ha realizzato quest’anno a Buenos Aires un corso formazione in art & design di alto artigianato rivolto a giovani di origine piemontese. Altro esempio è la 2°edizione di un corso di marketing realizzato a Belo Horizonte (Brasile), in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino – Scuola di Amministrazione Aziendale (S.A.A.), con la creazione di borse di studio a favore di giovani brasiliani di origine piemontese. Visto il successo dell’iniziativa, nel 2006, è prevista una 3° edizione del corso in Cile.In ambito formativo, occorre infine ricordare il bando emanato dal Ministero del Lavoro rivolto al sostegno di corsi di formazione in Paesi extra-U.E.. A tale bando la Regione Piemonte ha aderito sostenendo un progetto di formazione per barman in Australia.A conclusione del mio intervento auspico che la costituenda Cabina di Regia possa costituire un utile strumento per promuovere e coordinare le diverse iniziative statali e regionali, rivolte ai nostri emigrati, anche in materia di cultura intesa quest’ultima quale espressione e mezzo di trasmissione della nostra identità che è in continua evoluzione.

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Alberto DI GIOVANNI, Vice Presidente della IV Commissione Tematica del CGIE

Espresso il proprio compiacimento per quanto comunicato dal ministro Benedetti, riferisce sui risultati del gruppo di lavoro in merito alla formazione professionale. Il gruppo constata l’assenza di una strategia negli interventi italiani all’estero e deplora l’annunciato taglio dei fondi. La formazione professionale costituisce un importante strumento per il miglioramento della posizione professionale ed economica dei lavoratori ed è strettamente correlata alla diffusione della cultura e della lingua italiana, la quale ultima non solo assicura l’identità degli italiani all’estero, ma si pone anche come importante occasione di arricchimento culturale per cittadini stranieri. Vanno deplorati i ritardi nella riforma degli Istituti italiani di cultura, che si sottraggono ancora ostinatamente a qualsiasi tentativo di democratizzazione, mentre si devono salutare positivamente gli interventi delle Regioni, che stanno già finanziando corsi di formazione professionale e, in taluni casi, master universitari, che prevedono l’insegnamento della lingua italiana come parte integrante. I tentativi di avvicinare ulteriormente i giovani italiani all’estero alla lingua e alla cultura nazionale sarebbero ovviamente favoriti dalla Conferenza mondiale dei giovani italiani all’estero. La vigente legge n. 482 del 1999, per la tutela delle minoranze linguistiche in Italia, va estesa anche a favore delle collettività italiane all’estero, molte delle quali hanno produzioni culturali di tutto rispetto, tali da costituire spesso vere e proprie letterature. Le iniziative per conseguire gli obiettivi della Conferenza Permanente devono essere attentamente monitorate e in esse vanno coinvolte anche le Consulte regionali dell’emigrazione. A favore delle collettività italiane all’estero deve essere finalmente istituito l’apposito fondo nazionale, nell’ambito di una generale strategia di difesa dei valori di tali collettività e di una internazionalizzazione delle idee, oltre che della economia. Conclude esprimendo, a titolo personale, l’auspicio che vengano ulteriormente finanziati i soggiorni in Italia di giovani componenti delle collettività italiane all’estero, poiché questi giovani ritornano nei propri Paesi pieni di entusiasmo e di amore per l’Italia. In questo campo, anche eventualmente con accordi tra Regioni e Stato, limitati investimenti di bilancio permettono di ottenere risultati di grandissima importanza.

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Vera MARINCIONI, Direttore Generale Ministero del Lavoro

Innanzitutto manifesta stupore per il fatto che un Consesso così autorevole ed esperto possa attribuire tanto peso a semplici “voci di corridoio”. In ogni caso, fa presente, quale Direttore generale della struttura competente, che lei stessa non ha potuto ancora vedere la graduatoria, che le è pervenuta solo alle ore 14 di oggi. Occorre quindi essere prudenti nel lamentare risultati poco convincenti o l’aggiudicazione da parte di soggetti senza esperienza.La formula del bando, come è noto, è stata condivisa; mentre la Commissione di valutazione già adesso è composta da esperti delle materie rilevanti. Inoltre, i progetti hanno subito un doppio ordine di valutazione: per l’ammissibilità e per l’esame della qualità dei progetti. A quanto le consta la Commissione ha operato bene.Si dichiara d’accordo con l’ipotesi di istituire un albo, che del resto ella stessa aveva sollecitato anni addietro con riferimento non solo alla formazione professionale rivolta agli italiani all’estero, ma per tutte le procedure di competenza della Direzione da lei ora guidata.Non è vero che si sono perse le risorse degli ultimi due anni, anche perché attualmente non sono state ancora ripartite le dotazioni del fondo relative agli anni 2004 e 2005. In ogni caso si adopererà con il competente Sottosegretario Viespoli, affinché quanto prima possa essere definita la ripartizione degli stanziamenti per gli anni 2004 e 2005, tenendo anche conto che dal 1 gennaio 2006 si potrà fare riferimento anche alle risorse per l’anno prossimo. Pertanto le risorse non sono assolutamente andate perse.Più in particolare, le attuali dotazioni per il 2004 esauriscono tutte le risorse del capitolo, a meno che non vi siano differenti scelte dell’organo di vertice politico relative alle risorse 2004 e 2005. In ogni caso, a oggi, non può lamentare carenze di risorse nelle previsioni facenti capo alla Direzione da lei diretta.Al di là di questioni tecniche, comunque sia il gettito che perviene alla direzione da lei guidata consente di realizzare appieno gli interventi di competenza, quindi il fondo per la formazione non corre alcun rischio.Nell’assicurare che si adopererà ai fini dell’attivazione dell’albo dei soggetti attuatori, fa presente che certamente vi è stata una valutazione non facile dei progetti, anche perché nel mese di settembre, proprio quando è subentrata alla guida della Direzione è pervenuto il provvedimento di sospensione dell’avviso su Equal da parte del Tar del Lazio. Ha quindi invitato la Commissione di valutazione ad approfondire e motivare ancora di più i propri giudizi, per cui si è verificato qualche ritardo.Chiarisce infine che la graduatoria formulata dalla Commissione è provvisoria, perché spetta all’Amministrazione decidere in via definitiva.

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Dibattito

Franco NARDUCCIRicorda che nel 2003 il CGIE si impegnò affinché il bando venisse riformulato e fosse rivolto anche ai lavoratori con un livello di formazione preuniversitario. Il bando venne allora riformulato, ma successivamente al CGIE non è più pervenuta alcuna informazione fino allo scorso mese di settembre, allorché un funzionario del Ministero informò che entro 10 giorni tutta la procedura sarebbe stata completata e il CGIE ne sarebbe stato messo a conoscenza. Ieri il sottosegretario Romano ha informato che la fase di valutazione dei progetti è ormai conclusa. Si sono però diffuse negli ultimi tempi voci di corridoio estremamente preoccupanti secondo cui sarebbero state compiute scelte fortemente unilaterali, in una logica di mera spartizione. Se tali voci fossero confermate, il CGIE considererebbe la situazione estremamente grave. Il CGIE da tempo chiede che venga istituito un albo degli istituti in grado di offrire i corsi di formazione professionale, che i corsi siano organizzati con le Autorità locali del mercato del lavoro e che lo stesso CGIE sia coinvolto nella valutazione. È da ritenere improbabile, peraltro, che il Comitato di valutazione che ha appena terminato i suoi lavori sia andato a controllare la situazione in Argentina, Sud Africa o in altri Paesi.Avverte infine che dalla Regione Friuli-Venezia Giulia è pervenuta una nota in merito alla legge n. 482 del 1999, nota il cui contenuto appare pienamente condivisibile, perché il CGIE non ha intenzione di alimentare alcuna contrapposizione tra le minoranze linguistiche in Italia e le collettività italiane all’estero.

Gian Luigi FERRETTI, ANCome membro della V Commissione, e soprattutto come rappresentante di AN nel CGIE, sottoscrive ogni parola del Segretario Generale, dichiarando di condividerne i purtroppo probabilmente fondati timori.

Andrea AMARO, Vice Segretario Generale del Gruppo di nomina governativaRicorda anzitutto di aver avuto modo di occuparsi a più riprese della formazione professionale e osserva che il bando attuale va a conclusione dopo un periodo di fermo di 3-4 anni. Certo il bando rappresenta un notevole sforzo finanziario, ma le collettività italiane all’estero sono state molto danneggiate dal fermo degli anni passati, sui cui motivi egli personalmente può fare delle illazioni, senza però che al CGIE sia stata fornita alcuna spiegazione ufficiale.Le somme per la formazione professionale hanno giuridicamente un assetto ben poco stabile, per vari motivi. La legge oggi autorizza le imprese a curare esse stesse la formazione professionale, esentandole in tal caso dall’obbligo di versamento dei contributi all’apposito fondo. In realtà, il finanziamento statale per la formazione professionale dei lavoratori italiani all’estero rappresenta l’effetto di una forzatura di qualche Ministro del tempo passato e non è sicuro che tale forzatura possa resistere nel prossimo futuro. Altri problemi si pongono poi in relazione al nuovo ruolo delle Regioni in materia. Si tratta di temi estremamente importanti, che andrebbero attentamente esaminati e sui quali però nessuna indicazione è pervenuta al CGIE da parte del potere politico. A quanto si dice, i beneficiari dell’attuale bando sarebbero organismi che mancano di esperienza del lavoro all’estero, mentre strutture ben sperimentate

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sarebbero state scartate sulla base di valutazioni strumentali e infondate. Qualche tempo fa il Ministero del Lavoro ha commissionato all’Organizzazione Internazionale del Lavoro una relazione che ha indicato numerosi organismi affidabili. A quanto sembra, nessuno di questi organismi è stato prescelto con il bando attuale. Infine va rimarcato che il CGIE è stato ben poco consultato in tutta la procedura del bando.

Claudio MICHELONIInforma che è pervenuta alla Presidenza la proposta di un documento che poi leggerà, anche se non potrà essere posto in votazione perché concerne il CGIE e non la Conferenza Permanente attualmente in corso.

Franco SANTELLOCCO, AlgeriaCome Presidente della Commissione Tematica del CGIE specificamente competente in tema di formazione professionale, ringrazia la dottoressa Marincioni, pur ricordando che molte altre volte, in passato, al CGIE è stato comunicato che il bando stava arrivando a conclusione. Non concorda con il consigliere Amaro (Italia) sulla entità finanziaria del bando, che è in realtà ben ridotta, se si considera che si riferisce a un triennio. Dopo aver poi deplorato che il CGIE non si sia battuto per avere un proprio rappresentante nel Comitato di valutazione, ricorda che i risultati dei lavori di tale Comitato non sono ufficialmente noti, ma che, secondo le voci correnti, sarebbero altamente deprecabili, poiché sarebbero stati approvati progetti presentati da organismi non specificamente competenti in tema di formazione professionale. Auspica poi che l’Africa non sia nuovamente penalizzata, anche se a lui è stato riferito che non è stato accolto neanche uno dei 12 progetti presentati dal Marocco. A proposito del Marocco, ricorda che l’ultimo numero dell’Economist pubblica un bellissimo trafiletto sul recente viaggio del ministro Maroni in quel Paese e sulla stipula di un nuovo accordo in merito alla protezione dei lavoratori; è però deplorevole che la ratifica della Convenzione italo-marocchina del 1994, vertente sui medesimi temi, non sia ancora avvenuta a causa – secondo le parole dello stesso ministro Maroni – della mancanza di risorse finanziarie.

Claudio MICHELONIDà lettura di un documento riguardante la formazione professionale, su cui il Segretario Generale chiede un consenso di massima.In particolare, nel documento, si prende atto dell’intervento del sottosegretario Romano e si auspica che i progetti ammessi a finanziamenti rispondano ai bisogni effettivi delle comunità italiane all’estero, ritenendo comunque indispensabile l’istituzione di un albo dei soggetti attuatori ammissibili ai bandi di gara da parte del Ministero del Lavoro.Si propone altresì che la commissione di valutazione dei progetti sia composta da esperti sia della formazione che delle problematiche dell’emigrazione.

Francesco FATIGA, UIL, ItaliaData la complessità del documento, propone che venga esaminato con maggiore attenzione nella giornata di domani, quando si riuniranno le Commissioni del CGIE.

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Claudio MICHELONIRicorda che comunque nel pomeriggio si riunirà anche il Comitato di Presidenza del CGIE.In ogni caso il Segretario Generale, insieme con il Presidente della V Commissione, sollecita un consenso massima affinché possano adoperarsi da subito secondo i contenuti del documento.

(Generali applausi. Così resta stabilito)

Vera MARINCIONI, Direttore Generale Ministero del LavoroInnanzitutto manifesta stupore per il fatto che un Consesso così autorevole ed esperto possa attribuire tanto peso a semplici “voci di corridoio”. In ogni caso, fa presente, quale Direttore generale della struttura competente, che lei stessa non ha potuto ancora vedere la graduatoria, che le è pervenuta solo alle ore 14 di oggi. Occorre quindi essere prudenti nel lamentare risultati poco convincenti o l’aggiudicazione da parte di soggetti senza esperienza.La formula del bando, come è noto, è stata condivisa; mentre la Commissione di valutazione già adesso è composta da esperti delle materie rilevanti. Inoltre, i progetti hanno subito un doppio ordine di valutazione: per l’ammissibilità e per l’esame della qualità dei progetti. A quanto le consta la Commissione ha operato bene.Si dichiara d’accordo con l’ipotesi di istituire un albo, che del resto ella stessa aveva sollecitato anni addietro con riferimento non solo alla formazione professionale rivolta agli italiani all’estero, ma per tutte le procedure di competenza della Direzione da lei ora guidata.Non è vero che si sono perse le risorse degli ultimi due anni, anche perché attualmente non sono state ancora ripartite le dotazioni del fondo relative agli anni 2004 e 2005. In ogni caso si adopererà con il competente Sottosegretario Viespoli, affinché quanto prima possa essere definita la ripartizione degli stanziamenti per gli anni 2004 e 2005, tenendo anche conto che dal 1 gennaio 2006 si potrà fare riferimento anche alle risorse per l’anno prossimo. Pertanto le risorse non sono assolutamente andate perse.Più in particolare, le attuali dotazioni per il 2004 esauriscono tutte le risorse del capitolo, a meno che non vi siano differenti scelte dell’organo di vertice politico relative alle risorse 2004 e 2005. In ogni caso, a oggi, non può lamentare carenze di risorse nelle previsioni facenti capo alla Direzione da lei diretta.Al di là di questioni tecniche, comunque sia il gettito che perviene alla direzione da lei guidata consente di realizzare appieno gli interventi di competenza, quindi il fondo per la formazione non corre alcun rischio.Nell’assicurare che si adopererà ai fini dell’attivazione dell’albo dei soggetti attuatori, fa presente che certamente vi è stata una valutazione non facile dei progetti, anche perché nel mese di settembre, proprio quando è subentrata alla guida della Direzione è pervenuto il provvedimento di sospensione dell’avviso su Equal da parte del Tar del Lazio. Ha quindi invitato la Commissione di valutazione ad approfondire e motivare ancora di più i propri giudizi, per cui si è verificato qualche ritardo.Chiarisce infine che la graduatoria formulata dalla Commissione è provvisoria, perché spetta all’Amministrazione decidere in via definitiva.

I lavori, sospesi alle ore 15,00, riprendono alle 15,20.

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Claudio MICHELONIDichiara aperto il dibattito sul documento tematico.

Marco FEDI, AustraliaRibadisce che occorre porre mano alle riforme con una certa celerità e ciò può avvenire proprio grazie alla II Assemblea Plenaria. In effetti un settore che deve essere oggetto di riforme e di coordinamento è certamente quello della promozione linguistico-culturale e della formazione. Nella seduta odierna un Direttore Generale ha fornito risposte molto razionali dalla sua prospettiva, ma erano stati indicati punti cardine a cui gli esiti del bando potrebbero non corrispondere. Occorre dunque porre mano alla riforma del settore, per evitare che ciò avvenga. Propone pertanto che si proceda concretamente a un approfondimento che parta dai modelli di promozione, di diffusione di lingua e cultura nonché di formazione esistenti nella realtà continentale, per affinare vecchi e nuovi strumenti di intervento.Continua a essere valida la proposta di dotare le aree continentali di piani-Paese che includano anche la formazione.Il secondo obiettivo consiste nell’intervenire rapidamente e contestualmente alla riforma della legge n. 153 del 1971 e di quella riguardante gli Istituti italiani di cultura. Occorre infatti tener conto della riforma costituzionale, in modo che si tengano in considerazione le nuove competenze delle Regioni per le campagne di promozione della formazione, della lingua e della cultura presso le nuove generazioni. Ciò già avviene con le giornate della lingua italiana nel mondo, ma a queste iniziative occorre coinvolgere maggiormente il CGIE.Una vera informazione in lingua italiana all’estero riguarda anche Rai International. Occorre inserire questo elemento, insieme agli altri, perché in tal caso probabilmente si riuscirebbe anche a rilanciare in maniera molto più articolata che nel passato la questione delle riforme.

Fernando MARZO, BelgioCondivide la sottolineatura del collega Canepa circa la scarsa presenza dei rappresentanti delle Regioni, che anche all’estero dimostrano scarsa professionalità, perché spesso fanno proclami che restano contenitori vuoti. Alcune Amministrazioni regionali, compresa la sua, cioè la Puglia, mancano di una adeguata cultura di partecipazione. Il CGIE dovrebbe farsi attore della promozione di questa cultura, a maggior ragione perché è stata approvata la devolution.L’internazionalizzazione e la mondializzazione sono fenomeni che procedono a velocità supersonica, colpendo l’industria pesante e quella automobilistica, che pure non è vecchia e obsoleta. Sono proprio le comunità degli italiani dei residenti all’estero a pagare spesso un prezzo molto alto per tale devoluzione in atto a livello mondiale. I connazionali in alcuni Paesi europei sono diventati un gruppo a rischio anche se non sono considerati tali, essendo l’Italia uno dei Paesi pionieri dell’Unione Europea.Nei confronti di questi gruppi di connazionali la formazione è estremamente importante.Per queste ragioni la IV Commissione dovrebbe riprendere subito i lavori del tavolo tecnico, per poter superare le discordanze emerse, perché si tratta di un settore in cui o si innova oppure si rimane in surplace come fanno i ciclisti.

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Esiste anche una domanda crescente da parte delle nuove generazioni, che attraverso la lingua chiedono di riscoprire l’identità, le origini e di riaffacciarsi alla cultura italiana.Per quanto concerne l’informazione, in Europa non si riceve Rai International, ma la Rai tradizionale, le cui trasmissioni sono visibili attraverso il satellite, ma sono molto “zoppicanti”. D’altra parte i programmi culturali offerti dalle Regioni sono una vera e propria “schifezza”. Gli italiani residenti all’estero dovrebbero poi essere informati delle convenzioni che la Rai sta stipulando con gli operatori telefonici, al fine di poterne usufruire.

Graziano TASSELLO, Presidente della IV Commissione Tematica del CGIEPrende atto che le dichiarazioni rese dal Governo e dai politici, concernenti lingua e cultura, divengono sempre più raffinate. Per convincersene è sufficiente leggere le dichiarazioni rilasciate alla stampa durante la III Conferenza degli istituti italiani di cultura, ma le buone intenzioni non si traducono mai in fatti concreti, tanto più che i fondi sono stati ridotti.Di fatto è stata stabilita una priorità per gli italofili, il che ha portato a una certa rassegnazione negli operatori impegnati nell’ambito delle comunità italiane.Qualcuno ritiene che i Parlamentari che saranno eletti nel mese di aprile risolveranno ogni problema, ma ha i suoi dubbi che questo avvenga.Vi sono ancora momenti di protesta, come quello avvenuto recentemente a Monaco di Baviera, in cui è stato costituito il Consiglio degli stranieri, secondo il quale la conoscenza della madrelingua è un diritto fondamentale, oltre che un aiuto fecondo, secondo gli studiosi, all’apprendimento di una seconda lingua. I politici però non credono agli studiosi.Il Presidente della Repubblica a conclusione del suo discorso ha affermato solennemente che gli italiani, siano essi residenti in Patria o all’estero, sono una cosa sola. Occorre approfondire le conseguenze politiche di questa affermazione in campo linguistico e culturale, affinché le cose cambino veramente.In futuro la riforma della legge n. 153 e di quella che disciplina gli Istituti italiani di cultura devono avvenire congiuntamente.Si è parlato di piani-Paese che rispettino le identità delle singole Nazioni. Sono emerse nuove esigenze. Ad esempio, la prima generazione ha bisogno di una formazione permanente. È ora che si investa anche all’estero in Università per la terza età.A proposito di lingua e cultura, occorre mettersi in ascolto delle seconde e terze generazioni e l’occasione propizia per fare questo potrà essere offerta dalla Conferenza dei giovani italiani nel mondo.In seno al CGIE è emersa l’etica del comportamento in emigrazione. È generale la convinzione che debba esistere una solidarietà non solo sociale, ma anche culturale.È emersa altresì la cultura della sinergia e del partenariato. Anche le Regioni devono entrare in questo livello, previo confronto con il CGIE, perché attualmente gli investimenti sono molto diversificati e creano divisioni all’interno delle comunità.Il Segretario Generale ha accennato al fatto che la legge n. 482 del 1999 per la tutela delle lingue storiche minoritarie sia estesa per analogia alla lingua italiana all’interno della Comunità Europea. In questo ambito la lingua italiana sta scomparendo, la Comunità ha limitato perfino il numero dei traduttori; rimarranno soltanto l’inglese, il francese e il tedesco.

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La lingua è un importante strumento per salvaguardare la cultura. Si augura che nei prossimi incontri si possa dibattere questo filone prioritario per modificare la situazione in atto.

Mario TOMMASI, Presidente della III Commissione Tematica del CGIERingrazia il ministro Benedetti che è sempre presente in modo attento, tanto più a fronte di tanti altri partecipanti “mordi e fuggi”.Ringrazia anche per la continua disponibilità dimostrata per risolvere un grave problema verificatosi nell’insegnamento della lingua italiana in Lussemburgo. In quest’ultimo caso è emerso in modo evidente quanto possa essere fruttuosa la “cultura della sinergia”, in particolare tra MAE, collettività italiane e Ambasciate.Sottolinea l’urgenza di sottoscrivere un nuovo accordo bilaterale tra Italia e Lussemburgo, scaduto da oltre tre anni; urgenza tanto più evidente a seguito dei cambiamenti costituzionali in atto nelle competenze delle Regioni.

Min. Plen. Adriano BENEDETTIAnzitutto ringrazia per le parole di apprezzamento il consigliere Tommasi (Lussemburgo), al quale fa presente che si è in attesa della notizia di un definitivo superamento dei problemi verificatisi in Lussemburgo e legati a un comitato scolastico locale.Dopo aver dichiarato di condividere le questioni di fondo emerse dal dibattito, assicura che la Direzione da lui guidata è animata una forte motivazione culturale negli interventi di competenza e si impegnerà affinché, nei limiti del possibile, le risorse disponibili vengano utilizzate nel modo migliore.Circa la riduzione dei fondi per le comunità, nel settore di competenza non vi è stata alcuna decurtazione nominale; fatto di non poco conto in un contesto di difficoltà della finanza pubblica.Dichiara altresì la piena disponibilità ad agire in modo sinergico con la RAI, che rappresenta uno strumento fondamentale per le collettività italiane all’estero sotto vari profili, non solo culturali, proprio perché – come ha ricordato il presidente Ciampi – la “comunità è unica” nella misura in cui è stato accolto il diritto di voto all’estero.Quanto alla riforma della legge n. 153, sono note le numerose riunioni dedicate a definire una riforma significativa della legge. Ma occorre prendere atto che nello stesso CGIE vi è un netto divario tra chi vuole potenziare il ruolo dell’ente gestore e coloro i quali preferiscono opzioni diverse. Comunque sia, la proposta di modifica è stata portata a conoscenza del CGIE ed è stata poi affidata all’Ufficio legislativo del MAE, ma le contingenze della legislatura ne hanno impedito la formale presentazione in Parlamento.Nei prossimi mesi, in vista di una iniziativa nella prossima legislatura, vi potrà essere un’ulteriore riflessione sulla problematica, che potrà favorire quanto meno il riavvicinamento delle posizioni.Circa l’ipotesi avanzata dal consigliere Tassello di abbinare la modifica della legge n. 153 e la riforma degli Istituti di cultura italiana all’estero, ne comprende le motivazioni, date le evidenti connessioni funzionali, ma vi è il rischio che gli Istituti di cultura vengano a sovrapporsi a quella “costruzione” legata negli anni alla legge n. 153.Ha inteso così fornire spunti di riflessione, che sicuramente troveranno un ulteriore approfondimento nel corso del futuro lavoro comune.

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Franco NARDUCCINello scusarsi per dover abbandonare prima della chiusura i lavori della sessione odierna, causa un impegno istituzionale insieme con la I Commissione Tematica, sottolinea come i lavori della Conferenza abbiano comportato un salto notevole rispetto al passato, con l’assunzione di precisi impegni politici. Tutto ciò consente di guardare con maggiore ottimismo ai futuri impegni.

Loredana CORNERO, RAIDopo aver precisato di essere dipendente della RAI, e non di RAI International, e in particolare responsabile del settore strategia internazionale – area della promozione della lingua italiana nel mondo, dichiara di aver ascoltato con molto interesse gli interventi svoltisi. Nella sua qualità di Segretario Generale della comunità di radio e di televisioni italofone, fa presente che proprio da quest’anno, quando ha assunto la carica, si è deciso di aprire ai media a carattere privato. Hanno aderito, oltre a radio e televisioni private, anche, ad esempio, agenzie di stampa, l’Accademia della Crusca, l’Università per gli stranieri di Perugia. Si tratta quindi di una comunità che si sta allargando, il cui scopo principale è la diffusione della lingua italiana. A questo fine vengono messi a disposizione prodotti radiofonici e televisivi a titolo gratuito.Sono state altresì attivate iniziative di coproduzione, come quella sulla via franchigena con la RAI svizzera, mentre è stato organizzato un convegno sui rapporti tra l’italiano e le minoranze linguistiche, sotto il duplice aspetto della situazione in Italia, oppure negli altri Paesi in cui la lingua italiana è di minoranza. Gli atti del convegno sono stati raccolti in appositi volumi, che ha messo a disposizione della Segreteria.Dopo aver fornito l’indirizzo del dominio (www.comunitàitalofone.org), sottolinea l’esigenza di sfruttare appieno le potenzialità del web, risultando ormai fondamentali gli strumenti che possono essere diffusi via Internet. Ad esempio, si può scaricare gratuitamente dal sito un apposito programma: “fuori la lingua”.Inoltre, è stata realizzato un sito (www.linguaitaliana.rai.it), volto a valorizzare al massimo il materiale multimediale della RAI, scaricabile in gran parte gratuitamente; materiale che rappresenta un ottimo supporto per la lingua italiana e per gli stessi insegnanti. Questo materiale può altresì essere richiesto dalle istituzioni alla RAI mediante le vie tradizionali, solo con i costi di duplicazione e di spedizione. Tale iniziativa è stata svolta in collaborazione con l’Istituto Luce, il cui archivio parte dal 1924, mentre quello della RAI dal 1954. Infine, sono stati definiti appositi programmi educativi con 6 Università degli Stati Uniti.Il terzo progetto che intende illustrare concerne la convenzione tra la RAI e il MAE, del cui gruppo di lavoro è coordinatrice, al fine di veicolare la lingua italiana attraverso i mezzi televisivi dei Paesi esteri. A tal fine la RAI fornisce gratuitamente alle televisioni pubbliche nazionali e locali programmi riguardanti in modo evidente l’Italia: arte, programmi culturali, concerti, paesaggi naturali, cucina e anche eventi sportivi.Ha inteso illustrare tre indirizzi strategici che la RAI ha intrapreso per ampliare la sfera non solo degli italofoni, ma anche degli italofili; attività che si aggiunge a quella di RAI International sul satellite. Auspica che per tutti questi obiettivi piena e fattiva possa essere la collaborazione tra RAI e CGIE.

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Claudio MICHELONIRingrazia la dottoressa Cornero e la invita a lasciare alla segreteria i documenti che ha portato.Avverte poi che il Comitato di Presidenza si riunisce domani in questa sala alle ore 9,00 e le Commissioni Tematiche si riuniranno alle ore 9,30.

Alberto BERTALI, Gran BretagnaDopo aver lamentato che alcune informazioni siano state comunicate solo a una parte dei Consiglieri, rimarca che negli interventi per la formazione professionale sarebbe grandemente opportuno prevedere stage presso aziende, con la speranza che queste assumano poi alle propri dipendenze gli stagisti. Si determinerebbe così un uso proficuo dei fondi messi a disposizione dal contribuente italiano, fondi il cui corretto utilizzo andrebbe controllato, al di là dei grandi progetti strategici, anche per quanto riguarda le ricadute concrete degli interventi per la diffusione della lingua e cultura italiana all’estero.

Norberto LOMBARDI, D.S.Anche se alcune differenze continuano a permanere per quanto concerne la riforma della legge n. 153, la coerenza con la riforma degli Istituti italiani di cultura e la gestione degli interventi, l’introduzione del ministro Benedetti incontra l’unanime consenso di questa Assemblea, a dimostrazione che insistere nel dialogo e nel confronto conduce sempre, in definitiva, a risultati positivi. In vista del lavoro da condurre nei prossimi tre anni occorre però essere consapevoli che l’asse dell’impostazione del CGIE in tema di diffusione della lingua italiana sta subendo radicali trasformazioni. Finora, di fatto, è stato privilegiato l’impegno per la diffusione dell’insegnamento della lingua italiana, di cui alla legge n. 153, come strumento di identità delle collettività italiane all’estero, mentre un ruolo meno importante veniva assegnato alla diffusione della cultura, materia questa affidata a un’altra Direzione Generale. Oggi invece – e sul processo in corso influirà anche la prossima Conferenza mondiale dei giovani – la promozione della cultura viene prima di quella della lingua italiana. Le giovani generazioni sono ormai pienamente integrate nel Paese di residenza, anche nei Paesi europei che hanno più facili legami con l’Italia. La padronanza della lingua del posto è pertanto essenziale per chi muove i suoi primi passi in un ambiente nazionale diverso da quello italiano, mentre la conoscenza della lingua dei suoi avi sarà importante in una fase successiva, come strumento per ampliare la sua cultura. Insomma la lingua italiana è sempre meno lingua etnica e sempre più lingua di cultura, con un rovesciamento della prospettiva, che rende ancora più incomprensibile la permanente assenza della Direzione Generale per le Politiche Culturali alle riunioni del CGIE. Infine è veramente assurdo che la cultura internazionale si sia accorta da un pezzo degli autonomi valori letterari e culturali espressi, in particolare da alcune specifiche collettività italiane all’estero, come quella degli Stati Uniti, dell’Australia e dal Canada, mentre le istituzioni italiane sembrano ancora ignorare il fenomeno. Nei prossimi anni occorrerà profondere un forte impegno per la valorizzazione di queste culture.

Claudio MICHELONIAssicura che la Direzione Generale per le Politiche Culturali viene sempre invitata alle riunioni del CGIE.

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Silvana MANGIONE, USALa legge per la tutele delle minoranze linguistiche in Italia afferma chiaramente, al suo articolo 1, che la Repubblica valorizza il patrimonio linguistico e culturale italiano. Poiché tale valorizzazione non viene limitata al territorio nazionale, se ne deduce che concerne anche il patrimonio linguistico e culturale italiano all’estero, sì da risultare evidente la fondatezza della richiesta di estensione della legge a favore anche delle collettività italiane all’estero, richiesta che non comporta affatto ovviamente una correlata diminuzione dei finanziamenti per le minoranze linguistiche in Italia. La politica di promozione culturale all’estero esige specifici accordi con i Governi di quei Paesi. Negli Stati Uniti d’America, per quanto concerne la certificazione dei docenti, occorrerà procederà ad accordi con ciascuno dei 50 Stati, mentre per quanto concerne il visto degli insegnanti si deve pervenire a un accordo unitario con il Governo federale. Sottolinea poi la necessità di un maggior legame tra le Università italiane e quelle statunitensi e l’utilità della “cultura di ritorno” alla quale faceva riferimento il consigliere Lombardi, anche per una sprovincializzazione della cultura italiana, nella consapevolezza che le collettività italiane all’estero rappresentano un patrimonio anche culturale, oltre che economico e politico.

Paolo CASTELLANI, CileAnche per impulso del Comites di Santiago, in Cile si è recentemente costituita una federazione delle sei scuole italiane. In quella Nazione si registra un netto incremento della richiesta di corsi di lingua e cultura italiana, a fronte però di una deplorevole carenza di docenti, anche per il fatto che le previste borse di studio per docenti sono del tutto inutili, poiché hanno la durata solamente di un mese e non prevedono il pagamento del biglietto aereo. Eppure è del tutto opportuno che i figli degli emigranti che approdarono in Cile conoscendo soltanto il dialetto apprendano oggi l’italiano, per riscoprire le proprie radici.

Claudio MICHELONIA conclusione dei lavori, dichiara di ritenere che la II Assemblea Plenaria della Conferenza permanente sia stata bene utilizzata come base di partenza per una programmazione triennale dei lavori. I contenuti del dibattito saranno indicati dalle Commissioni, mentre la cabina di regia svolgerà un compito di organizzazione.Ringrazia tutti coloro che hanno lavorato con encomiabile impegno e spirito di sacrifico alla realizzazione della seconda sessione plenaria.

Giuseppe BIGNONE, Dipartimento Affari Regionali della Presidenza del ConsiglioAuspica che i lavori della II sessione plenaria si traducano in contributi concreti per risolvere i problemi che sono stati indicati e si dichiara fiero di aver fatto parte della organizzazione.

Andrea CIAFFI, Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province AutonomeConcorda pienamente con il collega e augura buon lavoro a tutti i componenti dell’Assemblea.

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I lavori terminano alle ore 17,45.

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Documenti della Conferenza.

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CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

CONFERENZA PERMANENTE STATO - REGIONI E PROVINCE AUTONOME - CONSIGLIO GENERALE DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO (CGIE) La Conferenza permanente Stato–Regioni–Province Autonome–CGIE si è riunita il 29 novembre 2005 in plenaria a seguito della convocazione dell’On. Presidente del Consiglio, ai sensi della Legge istitutiva n. 198/98.La Conferenza ha preso innanzitutto atto dei profondi cambiamenti istituzionali, economici e sociali intervenuti negli ultimi tre anni seguiti alla convocazione della prima plenaria, nonché delle ripercussioni che essi comportano nelle relazioni tra le diverse componenti del tessuto socio-politico nazionale, con particolare riferimento alle Comunità italiane all’estero.La legge conferisce infatti alla Conferenza il compito di indicare le linee programmatiche delle politiche del Parlamento, del Governo, delle Regioni e degli Enti autonomi nei confronti delle collettività all’estero, linee programmatiche che costituiscono l’indirizzo politico–amministrativo dell’attività del CGIE.Sul piano istituzionale la riforma costituzionale del 2001 conferisce alle Regioni e alle Province Autonome piena autonomia nelle proiezioni all’estero, dove le Comunità italiane, spesso organizzate in associazioni regionali, rappresentano un interlocutore privilegiato. I legami delle Regioni con le proprie comunità all’estero vengono alimentati anche dalle Consulte regionali che costituiscono un elemento sostanziale nei rapporti con i corregionali nel mondo.L’introduzione dell’esercizio del diritto di voto all’estero per corrispondenza e la creazione di una circoscrizione elettorale estera alla quale sono stati assegnati 18 Parlamentari (12 Deputati e 6 Senatori) consentirà alle Comunità italiane nel mondo di avere una rappresentanza diretta nel Parlamento nazionale. Il CGIE, che la legge di modifica n. 198/1998 definisce “l’organismo di rappresentanza delle Comunità italiane all’estero presso tutti gli organismi che pongono in essere politiche che interessano le comunità all’estero”, non potrà non essere direttamente coinvolto dalla riforma costituzionale sopra indicata. Appare opportuna una riflessione comune, tesa ad individuare e definire i rispettivi ruoli dello Stato e delle Regioni nei confronti delle collettività all’estero nel nuovo contesto che si è creato.

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Oltre al piano istituzionale anche sul piano economico le comunità italiane all’estero hanno risentito delle diverse situazioni createsi nei rispettivi paesi di insediamento. Sebbene da un lato la cosiddetta “globalizzazione dell’economia” genera spinte all’internazionalizzazione delle attività economico-produttive, che coinvolgono in misura crescente le nostre collettività all’estero, ormai in un generale avanzato stadio di integrazione nei paesi di accoglimento, tuttavia in alcuni casi le nostre collettività si trovano ad affrontare le situazioni di crisi in cui versano i rispettivi paesi di residenza. La Conferenza non può prescindere da un’analisi approfondita ed un attento monitoraggio di tali aspetti della vita delle nostre comunità all’estero, da un lato potenziali risorse di internazionalizzazione, da un altro lato soggetti bisognosi della solidarietà nazionale.Il processo di integrazione delle nostre comunità all’estero nelle società di inserimento si accompagna naturalmente con un loro mutato rapporto verso la lingua e la cultura italiana. Le seconde e successive generazioni nate all’estero richiedono strumenti per mantenere il proprio patrimonio culturale e linguistico di origine, ma al tempo stesso esprimono sempre di più una propria identità culturale – frutto di una simbiosi tra le tradizioni dei propri ascendenti e quella dei luoghi di insediamento – che costituisce una ricchezza sia per la società di appartenenza sia per quella d’origine.Infine, si avverte l’esigenza di misurarsi con le nuove realtà delle nostre comunità all’estero per alimentare il legame che le unisce all’Italia. A tal fine la Conferenza ribadisce l’urgenza di realizzare la Conferenza dei Giovani Italiani nel Mondo che il CGIE ha già da tempo proposto.Alla luce delle profonde dinamiche sopra accennate che interessano le nostre comunità all’estero e che richiedono da parte di tutte le componenti della società nazionale, segnatamente le istituzioni statali e regionali, un continuo adeguamento delle proprie politiche alle mutevoli situazioni , la Conferenza riafferma il carattere permanente della propria attività ed a tal fine si prefigge l’obiettivo di creare le condizioni e programmare le azioni per affrontare in modo concreto e costruttivo le quattro tematiche individuate dal CGIE, accolte e condivise dalle altre due parti: “Riforma dello Stato; Internazionalizzazione; Lingua, Cultura e Formazione Professionale;Ambito sociale e Tutela dei Diritti”. Pertanto stabilisce di adottare le seguenti determinazioni:è istituita una cabina di regia tecnica, paritetica “Stato-Regioni-P.A.-CGIE”; la cabina di regia è lo strumento operativo per la realizzazione del programma triennale definito dalla seconda plenaria della Conferenza permanente;i componenti della cabina di regia partecipano alle riunioni della VI Commissione Tematica del CGIE “Stato-Regioni-P.A.-CGIE”;in occasione delle Assemblee plenarie del CGIE si riuniranno le parti della Conferenza per un momento di “verifica politica” della propria attività;le quattro tematiche su indicate saranno oggetto dell’approfondimento di quattro gruppi di lavoro che sfocerà in quattro seminari tematici da organizzare nel prossimo triennio. I seminari progettati dovranno coinvolgere, oltre ai componenti della Conferenza previste dalla legge, anche le Consulte o i Consigli Regionali per l’Emigrazione, nonché Com.It.Es., il mondo associativo e le personalità, gli istituti e gli esperti interessati. I risultati dei seminari verranno portati all’attenzione delle componenti politiche ed istituzionali della Conferenza affinché ne derivino i necessari seguiti, legislativi o amministrativi, man mano che si concludono i lavori dei seminari.

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Questo programma rende effettivamente permanente la Conferenza senza creare nuovi organismi: infatti, la legge stabilisce che la Segreteria della Conferenza è la stessa del CGIE, mentre la VI Commissione del CGIE opportunamente integrata con rappresentanti dello Stato e delle Regioni, diventerà l’organo operativo della Conferenza permanente Stato–Regioni-Province Autonome-CGIE. I seminari saranno organizzati in modo che i costi di partecipazione siano assunti dai diversi componenti riducendo in modo significativo le risorse necessarie, da reperire presso lo Stato e le Regioni, per coprire spese organizzative e garantire una larga partecipazione anche ad enti non previsti dalla Legge, ma il cui coinvolgimento è funzionale al buon esito dei lavori. La terza plenaria della Conferenza prevista secondo la legge con cadenza almeno triennale, cioè al più tardi nel 2008, sarà il momento di verifica politica della realizzazione del presente programma e di definizione delle linee programmatiche del successivo triennio.

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CONFERENZA PERMANENTE STATO - REGIONI E PROVINCE AUTONOME -CONSIGLIO GENERALE DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO (CGIE)

18-20 Marzo 2002

LINEE PROGRAMMATICHE PER L'ATTIVITA' DEL GOVERNO, DEL PARLAMENTO, DELLE REGIONI E PROVINCE AUTONOME E DEL CONSIGLIO GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO

1. Una nuova politica

La Repubblica italiana, in tutte le sue componenti, si impegna a realizzare, con il concorso delle comunità all’estero, una politica di valorizzazione dell’identità italiana nel mondo, predisponendo a tale scopo gli strumenti legislativi e attuativi adeguati. Il raggiungimento di tale obiettivo, in un contesto internazionale attraversato da grandi trasformazioni per effetto dei processi di globalizzazione della cultura e dell’economia, richiede azioni politiche rivolte a valorizzare in modo organico il patrimonio umanistico della cultura nazionale e le sue acquisizioni scientifiche e tecnologiche più recenti.

In questo quadro l’asse portante è costituito dalle comunità italiane nel mondo rispetto alle quali si deve anzitutto il riconoscimento che l’emigrazione si è tramutata in una grande risorsa – nel solo anno 2000 un apporto di circa 100 miliardi di euro al sistema economico nazionale - con la quale il Paese è in grado di creare una vantaggiosa rete di rapporti economici, culturali, professionali, informativi, scientifici e solidali.

La decisione del Parlamento, con la Legge 459/2001, di estendere il voto e la rappresentanza parlamentare agli italiani all’estero, oltre a consentire l’esercizio di un diritto, è importante perché abbatte una barriera psicologica che, per più di un secolo, ha ingiustamente diviso l’universo italiano tra cittadini residenti ed emigrati, gli uni portatori di pieni diritti, gli altri spesso meno tutelati. La Conferenza intende riconoscere e ovviare per quanto possibile a questo torto storico e dare atto alle comunità italiane nel mondo, al variegato movimento associazionistico e agli organismi che le hanno rappresentate di aver impedito, riaffermando in ogni momento l’orgoglio dell’appartenenza, che si affievolissero i legami con la Patria di origine.

Ripensare, quindi, al ruolo della comunità italiana nel mondo come a una risorsa e associarla, anche formalmente, in una lungimirante azione di valorizzazione dell’identità della cultura italiana e degli interessi nazionali nel mondo rappresenta un decisivo salto di qualità compiuto rispetto ai tradizionali modi di intendere la prassi politica. L’identità italiana non si forma solo in ambito nazionale, ma è il risultato della costante interazione tra questo e le

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articolazioni delle comunità italiane all’estero. Tanto più lo stato nazionale deve essere in grado di porsi in un atteggiamento di ascolto e di assorbire e di amalgamare esperienze, valori vissuti anche nelle condizioni sociali e culturali in cui la diaspora si è storicamente realizzata.

In tale logica si pone la funzione della Conferenza investita dalla Legge 198/1998 del compito di indicare le linee programmatiche per la realizzazione delle politiche del Governo, del Parlamento e delle Regioni per le comunità italiane all'estero, nonché l'indirizzo politico e amministrativo dell'attività del CGIE.

In primo luogo, quindi, va precisato il ruolo dello Stato. Un passo importante è stato fatto con l’insediamento del Ministro per gli italiani nel mondo, che, avvalendosi della collaborazione delle strutture centrali del MAE – ed in particolare della Direzione Generale degli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie - ha rivelato una efficace sensibilità e una preziosa operatività, oltretutto accresciute dall'ampiezza delle materie a lui delegate. Al tempo stesso lo strumento operativo da affinare continua a essere rappresentato dal Ministero degli Esteri e la sua imminente riforma dovrebbe dare impulso e potenziamento al suo ruolo di coordinamento di tutti i soggetti istituzionali e non, che contribuiscono a sostenere l’impegno dei nostri connazionali all’estero. In questo quadro rientra il necessario rafforzamento della rete diplomatica e consolare che va posta nelle condizioni di svolgere meglio il ruolo di cerniera tra le istituzioni dello Stato e le comunità degli italiani all'estero recuperando specificamente il rapporto con le Regioni. Ciò deve avvenire in termini non più meramente burocratici ma dinamici e propositivi. E’ questo un risultato che si ottiene solo investendo adeguate risorse finanziarie e qualificando ancor di più professionalmente e culturalmente le risorse umane utilizzate.

L’altro dato significativo è costituito dall’evoluzione in senso federalista dello Stato italiano che ha conosciuto una prima fase di attuazione nelle riforme costituzionali del Titolo V. Le nuove riforme vanno a riconfigurare il ruolo delle Regioni e, di conseguenza, delle Autonomie locali che da tempo hanno costituito un punto di riferimento degli italiani all’estero sostenendone le forme associative, favorendone il reinserimento in Patria, assistendoli materialmente e rispondendo alla loro domanda di cultura e informazione. Se vi è stata una ripresa del sentimento di italianità tra le comunità all’estero il merito non può essere attribuito solo al miglioramento dell’immagine internazionale del nostro Paese, ma anche alla presenza capillare delle Regioni e degli Enti locali tra queste comunità, riconoscendo altresì il contributo apportato dalle Consulte regionali sull’Emigrazione. Le attività di presenza all'estero delle Regioni, da coordinare e integrare con l'azione dello Stato, in un unico Sistema-Paese, producono opportunità più concrete per sostenere non solo la presenza degli italiani all'estero, ma anche le economie e le popolazioni di questi Paesi e delle Regioni di origine.

2. Gli obiettivi generali.

La Conferenza individua come altrettanti obiettivi da raccomandare al Governo, al Parlamento, alle Regioni e Province Autonome e al CGIE quelli elaborati per temi dai Tavoli preparatori della Conferenza medesima che qui di seguito si sintetizzano e ai cui relativi documenti si rimanda per ulteriori approfondimenti ed eventuali interpretazioni.

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3. Una nuova cultura per una realtà che cambia e il ruolo dell’informazione.

L’emigrato va ritenuto un concittadino che ha dovuto esprimere le proprie potenzialità lontano dalla madrepatria, dimostrando spesso capacità di intrapresa, socialità e accoglienza talvolta superiore a quelle dei conterranei.

La maggioranza degli emigrati italiani e dei loro discendenti, infatti, si è ormai inserita nel tessuto socioeconomico degli stati di residenza divenendo portatrice di una mentalità aperta e creativa e di valori innovativi che gli consentono di partecipare ai processi di trasformazione alla pari di tutti.

Di conseguenza è necessaria una nuova politica che, superata la fase dell’assistenza, offra a tutti i nostri connazionali all’estero un sostegno qualificato, specifico ed efficace, evitando la polverizzazione degli interventi e sovrapposizioni fra le varie branche delle Amministrazioni pubbliche.

Alla luce di questa realtà mutata occorre contribuire al processo di promozione della cultura, della lingua, della conoscenza del nostro paese nell’affermazione dell’identità italiana in società sempre più multiculturali.

Tale obiettivo di fondo va perseguito con un investimento massiccio, sinergico e lungimirante principalmente in ambito culturale. La nuova proposta culturale dovrà inglobare non solo la grande tradizione umanistica, più frequentemente esportata, ma anche le espressioni scientifiche e tecnologiche ed artistiche.

Occorre inoltre sviluppare la cooperazione interuniversitaria volta a rafforzare il modello formativo italiano, a beneficio in particolare rivolta alle comunita’ italiane all’estero.

In questo quadro un ruolo decisivo è assunto dalla politica dell'informazione che va sostenuta in tutto il suo pluralismo, riaffermando la centralità della stampa in lingua italiana all'estero, delle emittenti radio e televisive locali insostituibili per l’informazione, l’integrazione, la difesa dei diritti e la salvaguardia delle identità culturali.

Gli strumenti prioritari con cui conseguire tali obiettivi dovranno essere:A) La riappropriazione del significato dell’emigrazione italiana attraverso

l’inserimento nel percorso formativo scolastico della sua storia, a vantaggio soprattutto delle giovani generazioni che si trovano a vivere in una società multiculturale.

B) La rivitalizzazione dello studio e della diffusione della lingua e delle cultura italiane mediante un rinnovato impegno per la formazione dei docenti, un più ampio ricorso allo strumento degli scambi di docenti e studenti, delle “borse di studio”, la partecipazione ai programmi comunitari e l’istruzione e formazione a distanza.

C) La riforma degli Istituti di cultura che dovrà prevedere una più stretta collaborazione con le Regioni e gli Enti locali.

D) La realizzazione di un’informazione di ritorno che possa rafforzare l’utilizzo dei media locali regionali, pur senza rinunciare all'intervento degli organismi centrali, per realizzare uno stretto legame tra gli italiani in Italia e gli italiani all’estero.

E) L’istituzione di un uno specifico gruppo di lavoro che, in seno al Tavolo di Coordinamento, segua le politiche attuate dai settori pubblici e privati per l'informazione degli italiani all'estero.

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F) La valorizzazione dello strumento pubblico della RAI anche tramite convenzioni con le Regioni e lo Stato in particolare in vista dell’esercizio di voto all’estero.

4. La solidarietà e il lavoro italiano nel mondo

Radicali cambiamenti sono intervenuti in ordine alle caratteristiche del lavoratore italiano nel mondo.

Esiste oggi una nuova figura di “lavoratore in mobilità” dotato di professionalità sempre disponibile a trasferirsi verso Paesi con maggiori opportunità. In questo senso, il frontalierato ha assunto sempre più le caratteristiche di un fenomeno non transitorio, bensì strutturale, per finalità e dimensione, del mercato del lavoro nelle fasce territoriali di confine. Contemporaneamente esiste una nuova emigrazione stanziale, per lo più “intellettuale”, indirizzata verso alcuni Paesi.

In tale contesto si può operare attraverso:a) Il potenziamento della formazione e della specializzazione professionale,

anche a livello superiore attivando linee di finanziamento ad hoc, alle quali concorrano i diversi referenti istituzionali (Unione Europea, Ministeri, Regioni)

b) La semplificazione delle procedure per i giovani di origine italiana ai fini del riconoscimento dei titoli di studio e professionali conseguiti all’estero e, reciprocamente, dei titoli di studio e professionali conseguiti in Italia dai lavoratori frontalieri.

c) Il rilancio della cooperazione internazionale, che per l’Italia rappresenta una componente essenziale della sua politica estera. Tale risultato, non disgiunto da quello precedente, potrà essere conseguito unificando i tentativi, gli sforzi e le iniziative, evitando interventi slegati dal contesto e dalle linee di politica estera, a vantaggio delle aree di crisi.

d) L’ampliamento ai lavoratori all’estero dell’accesso ai diritti e servizi nel campo sanitario, della casa, della previdenza e dell’assistenza.

5. I giovani e l'associazionismo come linfa delle comunità all'estero.

La realtà e gli interessi delle comunità italiane all'estero si esprimono anche attraverso la varietà e la vivacità delle loro associazioni. A tal fine occorre:

a) Individuare specifiche politiche in favore dei giovani come presupposto per la continuità dei rapporti con le comunità italiane all'estero. In tale ottica è necessario procedere al pieno coinvolgimento delle giovani generazioni al vasto movimento associazionistico presente all'estero ed al loro progressivo inserimento nella nostra rete di presenze organizzate all’estero. Il conseguimento di questi due obiettivi presuppone che vengano evitate all'interno delle associazioni tradizionali forme di chiusura delle frange giovanili e che vengano introdotte norme statutarie tese a fissare presenze di giovani negli organi delle Associazioni.

b) Ripensare in termini nuovi il ruolo e il compito dell’associazionismo. Esso costituisce un patrimonio da tutelare e valorizzare in vista del mantenimento e del rafforzamento dei legami delle nostre collettività all’estero con la Madre Patria. Per una migliore definizione delle sue caratteristiche è indispensabile che sia stabilito un procedimento di

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riconoscimento delle associazioni che operano all'estero, attraverso la registrazione in appositi albi consolari, come presupposto per l'assolvimento dei compiti di istituto e per l'accesso alle forme di contributo e di finanziamento da parte dello Stato e delle Regioni.

OBIETTIVI E STRUMENTI PRIORITARI

La Conferenza permanente Stato-Regioni e Province Autonome, CGIE individua i cinque obiettivi seguenti:

1. Una legge quadro che rechi i principi fondamentali cui si dovrà attenere la potestà legislativa concorrente delle Regioni nelle materie interessanti le collettività all’estero. Nel testo dovrà trovare accoglimento in particolare il principio dell'uguaglianza che rifiuta, nella predisposizione degli interventi cofinanziati dallo Stato e dall’Unione Europea, qualsiasi forma di discriminazione regionale per ispirarsi, all’opposto, ai criteri di solidarietà.Sotto un profilo di uguaglianza sostanziale, peraltro, gli interventi, anche di natura esclusivamente prescrittiva, dovranno essere indirizzati indifferentemente a cittadini italiani o di origine italiana in maniera tale da garantire alle generazioni di emigranti successive alla prima (cui possono essere parificate eventualmente quelle categorie di persone che per qualsiasi motivo hanno perso, contro la loro volontà, la facoltà di ottenere la cittadinanza italiana), il pieno sviluppo della personalità e l’effettiva partecipazione alla vita del Paese. Rientrano per primi tra tali interventi quelli volti ad assicurare il diritto al lavoro, compreso l’accesso ai pubblici uffici, all’aggiornamento professionale, allo studio e alla ricerca che vanno quindi tenuti totalmente divisi dai “regimi di quote di ingresso” attualmente in vigore per disciplinare il fenomeno migratorio.

2. La modifica della Legge del CGIE, che preveda una maggiore rappresentanza delle regioni e delle autonomie locali, deve potenziare il ruolo dinamico del Consiglio anche al fine di assicurare un maggiore collegamento di tutti gli italiani all’estero (doppi cittadini, oriundi vecchi e nuovi emigrati e giovani generazioni) e la loro rappresentanza parlamentare. Inoltre, la modifica dell’art. 17 della Legge 198 al fine di inserire nell’intestazione della Conferenza Permanente Stato-Regioni-Province Autonome- CGIE anche gli Enti Locali.

3. L'Istituzione del Fondo Nazionale a favore delle collettività italiane all’estero che preveda la partecipazione finanziaria di soggetti pubblici e privati e nel quale possano confluire anche finanziamenti dell’Unione Europea. Il Fondo dovrebbe quindi corrispondere all’attività di coordinamento delle singole iniziative, incluse quelle di solidarietà, diventando così il volano finanziario della politica italiana nei confronti dei cittadini all’estero.

4. Lo “Sportello unico per l’internazionalizzazione” è richiesto, partendo dalla constatazione di una forte presenza regionale e del legame con i corregionali residenti in loco, al fine di rendere più agevole il flusso delle informazioni da e per le imprese, di assistere le medesime e di attrarre investimenti esteri in Italia. La realizzazione di tale strumento è allo studio e deve essere attuata per l’idoneità dimostrata nella concreta

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esperienza regionale sinora maturata a rappresentare all’estero gli interessi economici nazionali in sinergia con le altre istanze economiche.

5. Creare un Segretariato della Conferenza che garantisca la continuità di azione e di monitoraggio dei seguiti operativi, che valorizzi le risorse disponibili ed il coordinamento dell’insieme degli strumenti messi in opera.Il Segretariato avrà composizione paritetica.In via transitoria si riunirà ancora la “Cabina di regia”, integrata dagli Uffici di Presidenza dei Tavoli Tematici, per definirne, entro il 30 giugno 2002, la composizione e modalità di funzionamento.

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Appendice

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TESTO UNICO DELLA LEGGE ISTITUTIVA DEL CGIE(Legge 6.11.1989 n. 368, modificata dalla Legge 18.6.1998, n. 198 e Regolamento emanato con D.P.R. 14 settembre 1998 n. 329) Art. 11. E’ istituito il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE). 1. bis. Il CGIE è l’organismo di rappresentanza delle comunità italiane all’estero presso tutti gli organismi che pongono in essere politiche che interessano le comunità all’estero.2. Il CGIE, in aderenza ai principi affermati dagli articoli 3 e 35 della Costituzione, ha il fine di promuovere e agevolare lo sviluppo delle condizioni di vita delle comunità italiane all’estero e dei loro singoli componenti, di rafforzare il collegamento di tali comunità con la vita politica, culturale, economica e sociale dell’Italia, di assicurare la più efficace tutela dei diritti degli italiani all’estero e di facilitarne il mantenimento dell’identità culturale e linguistica, l’integrazione nelle società di accoglimento e la partecipazione alla vita delle comunità locali, nonché di facilitare il coinvolgimento delle comunità italiane residenti nei Paesi in via di sviluppo nelle attività di cooperazione allo sviluppo, e di collaborazione nello svolgimento delle iniziative commerciali aventi come parte principale l’Istituto nazionale per il commercio estero, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e le altre forme associative dell’imprenditoria italiana. Art. 21. Per l’attuazione dei fini di cui all’articolo 1 il CGIE provvede a: a) esaminare, in armonia con lo sviluppo politico, culturale, economico e sociale dell’Italia, i problemi delle comunità all’estero, in particolare per quanto attiene alle condizioni di vita e di lavoro dei singoli e delle comunità medesime nel loro insieme, alla formazione scolastica e professionale, al reinserimento in attività produttive ed alle altre esigenze di coloro che decidono di rimpatriare;b) formulare, su richiesta del Governo o dei Presidenti dei due rami del Parlamento, pareri e, di propria iniziativa, proposte e raccomandazioni, in materia di iniziative legislative o amministrative ed elettorali dello Stato o delle regioni, accordi internazionali e normative comunitarie concernenti le comunità italiane all’estero;c) promuovere studi e ricerche su materie riguardanti le comunità italiane e di origine italiana nel mondo, collaborando alla organizzazione e alla elaborazione degli stessi;c-bis) verificare e promuovere i processi di integrazione delle comunità italiane nelle strutture sociali ed economico-produttive del Paese ospitante e di valorizzazione dell’identità nazionale delle comunità italiane all’estero.

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d) elaborare una relazione annuale con proiezione triennale da presentare, tramite il Governo, al Parlamento, nella quale si valutino gli eventi dell’anno precedente e si traccino prospettive ed indirizzi per il triennio successivo.d-bis) contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale che ha riflessi sul mondo dell’emigrazione.Art. 31. Il CGIE esprime parere obbligatorio sulle proposte del Governo concernenti le seguenti materie: a) stanziamenti sui vari capitoli del bilancio dello Stato in favore delle comunità italiane all’estero;b) programmi pluriennali e relativi finanziamenti per la politica scolastica, la formazione professionale e la tutela sociale, assistenziale e previdenziale;c) criteri per l’erogazione di contributi ad associazioni nazionali, patronati, enti di formazione scolastica e professionale, organi di stampa, di divulgazione e di informazione che svolgano concreta attività di sostegno e di promozione economica, sociale, culturale e civile delle comunità italiane all’estero;d) informazioni e programmi radiotelevisivi e informatizzati per le comunità italiane all’estero;e) linee di riforma dei servizi consolari, scolastici e sociali.1-bis) Il CGIE esprime parere obbligatorio sulle questioni concernenti le comunità italiane all’estero affrontate dal Governo e dalle regioni.1-ter) Le amministrazioni dello Stato e gli enti territoriali forniscono tempestivamente e compiutamente le informazioni loro richieste nelle materie di competenza del CGIE.1-quater) Il CGIE ha diritto di accesso presso tutte le Amministrazioni dello Stato, ivi comprese le rappresentanze diplomatiche e consolari, e presso gli Enti territoriali, alle informazioni nelle materie di sua competenza, fatti salvi i limiti e le deroghe al diritto di accesso ai documenti amministrativi stabiliti dall’art. 24 della legge 7 agosto del 1990, n. 241.2. Abrogato. 3. Abrogato. 4. In caso di motivata urgenza, il parere è formulato dal Comitato di Presidenza di cui all’articolo 9 e deve essere sottoposto alle valutazioni del CGIE nella prima riunione successiva. 5. Si prescinde dal parere del CGIE qualora lo stesso non sia espresso nella riunione successiva alla richiesta. 5. bis) Il Governo e le regioni motivano le decisioni assunte sulle questioni di interesse per le comunità italiane all’estero, qualora difformi dal parere

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espresso dal CGIE ai sensi del comma 1-bis, trasmettendo copia della motivazione alle competenti Commissioni parlamentari.Art. 41. Il CGIE è composto da novantaquattro membri dei quali sessantacinque in rappresentanza delle comunità italiane all’estero e ventinove nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri secondo la ripartizione indicata al comma 5. 2. I sessantacinque membri del CGIE in rappresentanza delle comunità italiane all’estero sono eletti secondo le modalità previste dagli articoli 13 e 14, e nelle proporzioni numeriche fissate, per ciascun Paese, dalla tabella allegata alla presente legge. 3. Essi devono risiedere da almeno tre anni nel rispettivo Paese, avere raggiunto la maggiore età ed essere in possesso della cittadinanza italiana. 4. Nei Paesi in cui la rappresentanza elettiva sia di due o più membri, possono essere rappresentate, in proporzione non superiore alla metà dei componenti, anche persone non in possesso della cittadinanza italiana, purché siano figli o discendenti di cittadini italiani. 5. I ventinove membri di nomina governativa sono designati come segue: a) dieci dalle associazioni nazionali dell’emigrazione;b) sette dai partiti che hanno rappresentanza parlamentare;c) nove dalle confederazioni sindacali e dai patronati maggiormente rappresentativi sul piano nazionale, e che siano rappresentati nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro;d) uno dalla Federazione nazionale della stampa;e) uno dalla Federazione unitaria della stampa italiana all’estero;f) uno dalla organizzazione più rappresentativa dei lavoratori frontalieri.(Il Ministro degli affari esteri o il Sottosegretario di Stato delegato ai problemi della comunità italiana all’estero invita, con lettera raccomandata, nei venti giorni che precedono lo svolgimento delle assemblee di cui all’art. 13, gli enti interessati a proporre, entro un termine di trenta giorni dalla ricezione della richiesta, le designazioni di loro competenza. Nei successivi trenta giorni il Presidente del Consiglio dei Ministri provvede alla nomina dei ventinove membri con proprio decreto cumulativo - art.5, comma,1. Con la medesima procedura il Ministro degli affari esteri o il Sottosegretario richiede la designazione dei rappresentanti ed esperti previsti dall’art. 6, comma 1, lettere c-d-e-f-g-h- della legge -art.5, comma 2)Art. 51. I membri del CGIE rimangono in carica per una durata equivalente a quella prevista per i membri dei Comitati degli Italiani all’estero (COMITES).

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2. I membri del CGIE decadono dalla carica qualora non partecipino, senza giustificato motivo, a più di due sedute plenarie consecutive del Consiglio, ovvero, quando si tratta di membri in rappresentanza delle comunità italiane all’estero, qualora perdano la residenza nel Paese per il quale sono stati designati. Art. 61. Partecipano ai lavori del CGIE, con solo diritto di parola, i seguenti rappresentanti ed esperti: a) il direttore generale dell’emigrazione e degli affari sociali del Ministero degli affari esteri;b) il direttore generale dell’impiego del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;c) un esperto designato (da ciascuno dei Ministri che compongono il Comitato interministeriale per l’emigrazione, nonché uno designato = n.d.r. abrogato dall’art.18) dal Ministro dell’Interno, uno dal Ministro per il commercio con l’estero, uno dal Ministro del turismo e dello spettacolo, nonché uno dal Dipartimento per gli italiani nel mondo;d) i Presidenti delle regioni e delle province autonome, o loro delegati;e) un rappresentante del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro;f) tre esperti designati, rispettivamente, uno dalla RAI- Radiotelevisione italiana S.p.A., uno dalle emittenti radiofoniche e televisive nazionali private e uno dai principali organismi che operano nel campo delle comunicazioni informatizzate;g) tre esperti designati dalle organizzazioni nazionali delle cooperative;h) quattro esperti designati dalle organizzazioni dei datori di lavoro dell’industria, dell’agricoltura, del commercio e dell’artigianato maggiormente rappresentative sul piano nazionale.2. Il Comitato di presidenza può invitare a partecipare ai lavori del CGIE, del Comitato di Presidenza, delle commissioni per le aree continentali e delle commissioni di lavoro, con solo diritto di parola, sino a venti personalità interessate ai problemi all’ordine del giorno, scelte tra rappresentanti delle istituzioni, di organismi od enti italiani, nonché studiosi delle materie rientranti nella competenza delle CGIE, rimborsandone le eventuali spese di viaggio e soggiorno. Agli eventuali oneri derivanti dall’applicazione del presente comma si provvede a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio del Ministero degli affari esteri. 3. Il Presidente è tenuto comunicare l’ordine dei lavori di ciascuna sessione del CGIE al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica, i quali, ove lo ritengano opportuno, potranno designare fino a sette parlamentari appartenenti alle Commissioni permanenti competenti per materia che parteciperanno ai lavori del CGIE con solo diritto di parola. Art. 7

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1. Il Ministro degli Affari Esteri è Presidente del CGIE. 2. Il CGIE elegge nel suo seno il Segretario Generale che convoca l’Assemblea Plenaria e il Comitato di Presidenza, ne dirige i lavori e dà esecuzione alle decisioni assunte.3. In apertura delle riunioni dell’Assemblea plenaria e del Comitato di Presidenza, il Ministro degli affari esteri, o il Sottosegretario da lui delegato, svolge una relazione sulle attività del Governo verso gli italiani nel mondo. Art. 81. Il CGIE è convocato dal Segretario Generale in via ordinaria due volte all’anno. Esso può essere inoltre convocato in via straordinaria, su motivata richiesta di almeno due terzi dei suoi componenti, non oltre il ventesimo giorno dalla data del deposito della richiesta di convocazione presso la Segreteria generale. Fra la data di convocazione e quella della riunione devono trascorrere almeno venti giorni, salvo casi di particolare urgenza per i quali il Segretario generale può stabilire un termine minore, non inferiore a dieci giorni. 2. Per la validità delle riunioni è necessaria la presenza della metà più uno dei suoi componenti. 3. Il CGIE esamina ed approva la relazione annuale e le prospettive delle comunità italiane all’estero di cui alle lettere d) e d-bis) del comma 1 dell’articolo 2, nonché tutti gli argomenti attinenti ai compiti istituzionali che gli vengano sottoposti dal Comitato di presidenza. 4. Il CGIE può deliberare di affidare la rappresentanza delle comunità italiane che vivono in Paesi non compresi nella tabella allegata alla presente legge ad uno o più consiglieri residenti in Paesi limitrofi. 5. Abrogato Art. 8-bis1. Il CGIE si articola in: a. Assemblea plenaria; b. Comitato di Presidenza; c. commissioni per le aree continentali: Europa ed Africa del Nord, America Latina, Paesi anglofoni (Australia, Canada, Stati Uniti, Sud Africa) che si riuniscono almeno due volte l’anno nelle proprie aree continentali e due volte in occasione delle Assemblee plenarie ordinarie e sono presiedute dal vice segretario generale eletto per ogni area; d. commissioni di lavoro per tematiche dell’emigrazione, che si riuniscono quando e dove necessario; e. Gruppi di lavoro per specifici argomenti che l’Assemblea plenaria costituisce laddove ne ravvisi la necessità.

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(per la validità delle riunioni del Comitato di presidenza è necessaria la metà più uno dei componenti -art.2, comma 2; il Consiglio e il Comitato di presidenza adottano le proprie deliberazioni a maggioranza dei partecipanti -art.2, comma 1)Art. 8-ter1. Il CGIE ha sede presso il Ministero degli affari esteri. 2. Le riunioni dell’Assemblea plenaria, del Comitato di presidenza, delle commissioni di lavoro e dei gruppi di lavoro si tengono presso il Ministero degli affari esteri, salvo diversa decisione del Comitato di presidenza. Le Assemblee plenarie del CGIE sono pubbliche. 3. Le riunioni delle commissioni per le aree continentali si tengono a rotazione nei diversi Paesi delle rispettive aree. 4. Le Commissioni per le aree continentali hanno il compito di redigere annualmente un rapporto sui processi di integrazione delle comunità italiane residenti nelle aree di loro pertinenza, sullo stato dei diritti delle stesse comunità e sui contenziosi bilaterali aperti tra l’Italia ed i Paesi dell’area che hanno riflessi sulla situazione delle comunità italiane ivi residenti. (Le riunioni del Consiglio vengono convocate dal Segretario generale secondo quanto previsto dall’art.8 comma 1 direttamente con lettera raccomandata per i membri residenti in Italia e tramite le Rappresentanze diplomatiche per i membri residenti all’estero art. 4, comma 1; le riunioni delle Commissioni continentali diverse da quelle a margine del Consiglio, sono convocate dal Vice Segretario generale eletto per ogni area, con preavviso di almeno 15 giorni tramite le rispettive Rappresentanze diplomatiche art. 4, comma 3)Art. 91. Il CGIE elegge nel suo seno il Comitato di presidenza, composto, oltre che dal Presidente e dal Segretario generale, da un Vicesegretario generale per ognuna delle aree continentali definite dall’articolo 8-bis, comma 1, lettera c), da un Vicesegretario generale eletto tra i ventinove membri nominati con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’art. 4, comma 1, da due membri eletti tra quelli nominati con il medesimo decreto e da tre membri per ognuna delle citate aree continentali. 2. Per l’elezione del Segretario generale, dei Vicesegretari generali e dei componenti il Comitato di presidenza si procede con votazioni successive e con schede separate. E’ eletto Segretario generale colui che ottiene la maggioranza assoluta dei voti dei membri del Consiglio. Qualora nessun candidato raggiunga tale maggioranza, si procede ad un secondo scrutinio. Risulta eletto chi ottiene il più alto numero dei voti. Sono eletti Vicesegretari generali e componenti il Comitato di Presidenza coloro che al primo scrutinio hanno ottenuto il maggior numero dei voti dei partecipanti alla votazione. Ciascun membro scrive sulla propria scheda un nome per il Segretario generale e per i Vicesegretari generali, sei nomi per gli altri componenti il Comitato di Presidenza in rappresentanza di ognuna delle aree continentali e quattro nomi per i componenti in rappresentanza dei membri nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’art. 4, comma 1.

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3. Il Comitato di presidenza si riunisce almeno sei volte all’anno, di cui due volte in margine alle riunioni del Consiglio. (Per le altre riunioni del Comitato di presidenza diverse da queste e per le riunioni delle Commissioni di lavoro e dei gruppi di lavoro di cui alle lettere d-e dell'art. 8 bis, sono convocate dal Segretario generale con preavviso di almeno dieci giorni direttamente con lettera raccomandata per i membri residenti in Italia e tramite le Rappresentanze diplomatiche per i membri residenti all’estero - art. 4, comma 2; l’avviso di convocazione contiene l’ordine del giorno della riunione - art. 4, comma 4)4. Esso cura la preparazione e lo svolgimento regolare dei lavori del CGIE, gli opportuni contatti con gli organismi interessati alle sue attività, l’elaborazione della relazione annuale ed il coordinamento delle attività delle commissioni, sceglie e indica le priorità di spesa per l’attività del CGIE e ne valuta il bilancio consuntivo. 5. Il Comitato di presidenza fissa l’ordine del giorno delle sessioni plenarie, tenendo conto delle segnalazioni e richieste che gli sono tempestivamente trasmesse dai membri del CGIE. 6. In occasione delle riunioni del CGIE, del Comitato di presidenza, delle commissioni per le aree continentali e delle commissioni di lavoro il Comitato di presidenza può autorizzare di volta in volta la partecipazione sia di esperti sia di qualificati rappresentanti di amministrazioni dello Stato diverse da quelle previste all’articolo 6, nonché di enti pubblici ed associazioni aventi specifico interesse alle questioni da trattare. Il CGIE provvede alle eventuali spese di viaggio e soggiorno. 7. Il Comitato di presidenza riferisce al CGIE sull’attività svolta con apposita relazione scritta. Art. 101. Il CGIE ed i suoi organi interni si avvalgono del supporto di personale di segreteria dipendente da pubbliche amministrazioni, all’uopo comandato, il cui numero e le cui qualifiche sono determinati con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica. 2. La segreteria del CGIE ha sede presso il Ministero degli Affari Esteri ed è affidata ad un funzionario della carriera diplomatica di qualifica non inferiore a consigliere d’ambasciata. 3. Il funzionario di cui al comma 2 e il personale di segreteria non possono essere contemporaneamente addetti ad alcun altro incarico all’interno della pubblica amministrazione. Art. 111. I membri del CGIE rappresentanti le comunità italiane all’estero hanno diritto di partecipare alle riunioni dei COMITES costituiti nei Paesi in cui risiedono. 2. Prima di ogni riunione del Consiglio i membri del CGIE eletti all’estero si riuniscono presso la rappresentanza diplomatica nel Paese di residenza per

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esaminare i problemi dei connazionali residenti in quel Paese in relazione agli argomenti all’ordine del giorno del Consiglio. (Le riunioni sono convocate d’intesa con i predetti membri dal Capo della Rappresentanza diplomatica anche per via telegrafica quando vi siano ragioni d’urgenza. A tali riunioni partecipa lo stesso Capo della Rappresentanza diplomatica o un funzionario della carriera diplomatica da questo delegato - art. 6)2. bis) Almeno una volta l’anno i membri del CGIE eletti all’estero si riuniscono presso la rappresentanza diplomatica nel Paese di residenza insieme ai Consoli ed ai Presidenti dei COMITES ivi costituiti. Le spese di viaggio e soggiorno dei membri del CGIE sono a carico del bilancio del Consiglio.3. Le richieste di informazione su argomenti specifici, attinenti a materie di competenza del CGIE, debbono essere rivolte dai membri del Consiglio stesso esclusivamente al Comitato di presidenza. Art. 121. Ai membri del CGIE che partecipano alle riunioni previste della presente legge spettano il pagamento delle spese di viaggio, che verranno rimborsate con le modalità previste per i dipendenti dello Stato della VIII qualifica funzionale, nonché un rimborso forfetario per le spese di vitto e alloggio sostenute nel periodo di permanenza nella sede della riunione, di importo pari a Lire 400.000 giornaliere, ridotto della metà per i residenti nella sede stessa e aumentato della metà per il Segretario generale. Agli stessi membri spetta inoltre un rimborso forfetario, pari a lire 2.000.000 annue, aumentato a Lire 3.000.000 annue per i componenti del Comitato di presidenza e a Lire 4.000.000 annue per il Segretario generale, per le spese telefoniche e postali. I rimborsi forfetari non sono dovuti ai parlamentari nazionali ed europei che siano membri del CGIE. I membri del CGIE hanno diritto alla copertura assicurativa per malattia e infortuni durante i periodi di riunione. (Il periodo di permanenza per il quale sono corrisposti i rimborsi forfetari per le spese di vitto e alloggio comprende un giorno precedente la data di inizio della riunione e un giorno successivo alla stessa, per coloro che non sono residenti nella sede della riunione - art. 11, comma 1).Art. 131. I membri di cui all’articolo 4, comma 2, sono eletti da una assemblea formata per ciascun Paese dai componenti dei COMITES regolarmente costituiti nei Paesi indicati nella tabella allegata alla presente legge e da rappresentanti delle associazioni delle comunità italiane in numero non superiore al 30 per cento dei componenti dei COMITES per i Paesi europei e del 45 per cento per i Paesi transoceanici, tenendo conto dei requisiti fissati dell’articolo 4 e delle modalità previste nelle norme di attuazione di cui all’articolo 17 che dovranno garantire, sul piano della rappresentanza, il pluralismo associativo. (Le associazioni i cui rappresentanti possono essere designati come membri dell’Assemblea, devono essere iscritte in apposito registro presso la Rappresentanza diplomatica o consolare, da cui risultino la data di costituzione, le finalità statutarie, il capitale sociale e i nominativi dei rappresentanti legali. Esse devono essere operanti nel Paese da almeno 5 anni - art. 7, comma 1; l’Assemblea si riunisce entro un termine di quattro mesi dall’insediamento dei

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comitati degli italiani all’estero ed è convocata dal Capo della Rappresentanza diplomatica con un preavviso di almeno venti giorni - art. 8, comma 1).2. La relativa spesa, valutata per l’anno 1989 in lire 600 milioni, qualora non utilizzata nel corso di detto anno per impossibilità di indire le elezioni, può essere utilizzata nel successivo anno finanziario. Art. 141. Nei Paesi in cui non sono costituiti i COMITES, le associazioni delle comunità italiane ivi operanti da almeno cinque anni propongono, alla rispettiva Rappresentanza diplomatica, un numero di nominativi doppio di quello previsto nella tabella allegata alla presente legge per la scelta definitiva dei membri del CGIE assegnati a quel determinato Paese in conformità a quanto previsto dall’articolo 4, comma 4. Art. 151. In caso di cessazione dall’ufficio di taluno dei sessantacinque membri del CGIE di cui all’articolo 4, comma 2, si provvede alla sostituzione entro sessanta giorni, con la nomina dei primi non eletti secondo l’esito delle votazioni. Qualora non vi siano candidati che possano subentrare, alla sostituzione si provvede, nel medesimo termine, mediante elezione suppletiva con le stesse modalità previste per l’elezione ordinaria. 2. Le rappresentanze diplomatiche nei Paesi dove dette vacanze si siano verificate provvedono a dare immediata comunicazione della sostituzione agli interessati ed al Ministero degli affari esteri. 3. In caso di cessazione dall’ufficio di taluno dei ventinove membri del CGIE designati ai sensi dell’articolo 4, comma 5, alla sostituzione si provvede con le stesse modalità previste per la nomina del membro da sostituire. 4. I sostituti restano in carica fino al compimento del periodo per il quale erano stati nominati o eletti i membri sostituiti. Art. 161. Le spese del CGIE gravano su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri. Il Comitato di presidenza indica alla Segreteria le priorità per la predisposizione del preventivo di spesa e valuta il relativo consuntivo. 2. All’onere derivante dall’applicazione della presente legge, valutato in lire 1.100 milioni per l’anno 1989, in lire 800 milioni per l’anno 1990 e in lire 800 milioni a decorrere dall’anno 1991, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1989-1991, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del Tesoro per l’anno 1989, all’uopo utilizzando quanto a lire 500 milioni per ciascuno degli anni 1989, 1990 e 1991 lo specifico accantonamento ‘’Istituzione del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero’’ e quanto a lire 600 milioni per l’anno 1989, a lire 300 milioni per ciascuno degli anni 1990 e 1991, quota parte dell’accantonamento ‘’Norme concernenti il riordinamento del Ministero degli affari esteri ed il potenziamento del servizio diplomatico consolare’’.

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3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Art. 171. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, verranno emanate, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro degli affari esteri di concerto con i Ministri dell’interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e del lavoro e della previdenza sociale le norme di attuazione che dovranno, fra l’altro, disciplinare le modalità e i termini per l’elezione dei sessantacinque membri di cui alla tabella allegata alla presente legge e per le designazioni dei ventinove membri di cui all’articolo 4, comma 5. ( E’ abrogato il regolamento 29 novembre 1990, n. 434 della legge 368/1989 -art. 12, comma 1).2. In occasione del rinnovo del CGIE, si provvederà, ove occorra, alla revisione della tabella allegata alla presente legge con decreto del Ministro degli affari esteri. Art. 17 bis (17 della legge n.198)1. E’ istituita la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni, le province autonome e il Consiglio generale degli italiani all’estero (CGIE). 2. La Conferenza è convocata, almeno ogni tre anni, dal Presidente del Consiglio dei Ministri che la presiede; in caso di suo impedimento, la Conferenza è presieduta dal Ministro degli affari esteri. 3. La Conferenza è composta, oltre che dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri da lui delegato e dal Segretario Generale del CGIE: a) dal Ministro degli affari esteri e dal Sottosegretario di Stato delegato per i problemi delle comunità italiane all’estero;b) dal Ministro della pubblica istruzione;c) dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale;d) dal Ministro per i beni culturali e ambientali;e) dal Ministro competente per le politiche relative agli italiani all’estero, ove nominato;f) dai Presidenti delle Commissioni parlamentari della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica competenti per gli argomenti iscritti all’ordine del giorno;g) dai Presidenti e dagli Assessori con delega all’emigrazione delle regioni e delle province autonome;h) dal Presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani;i) dal Presidente dell’Unione delle province d’Italia;

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l) dai membri del CGIE.4. I Ministri, i Presidenti e gli assessori regionali sono assistiti, nel corso dei lavori della Conferenza, dai Direttori generali degli uffici delle rispettive Amministrazioni che trattano gli argomenti iscritti all’ordine del giorno. 5. I servizi di segreteria della Conferenza sono svolti dal personale addetto alla segreteria del CGIE. 6. La Conferenza ha il compito di indicare le linee programmatiche per la realizzazione delle politiche del Governo, del Parlamento e delle Regioni per le comunità italiane all’estero.7. Le linee programmatiche indicate dalla Conferenza costituiscono l’indirizzo politico-amministrativo dell’attività del CGIE. Art. 17-ter (art. 18 della legge 198)1. Per l’espletamento delle sue funzioni istituzionali il CGIE può avvalersi della collaborazione di professionisti esperti nelle materie di sua competenza, opportunamente retribuiti per le loro prestazioni. 2. Per le proprie attività istituzionali il CGIE può avvalersi anche di risorse provenienti da atti di liberalità e di finanziamenti di enti e istituti pubblici e privati, nel rispetto della normativa vigente. 3. I Vicesegretari generali eletti in rappresentanza delle aree continentali possono avvalersi, per lo svolgimento delle riunioni previste all’articolo 8-bis, comma 1, lettera c), della legge 6 novembre 1989, n.368, introdotto dall’articolo 9 della presente legge, della collaborazione di personale di segreteria da reperire nel luogo della riunione. Art. 181. E’ soppresso il Comitato consultivo degli italiani all’estero di cui all’articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, modificato dalla legge 15 dicembre 1971, n. 1221. 2. E’ abrogato l’articolo 3 della legge 18 marzo 1976, n. 64 (n.d.r. = Comitato interministeriale per l’emigrazione C.I.em). Art. 191. All’onere derivante dall’applicazione della presente legge, valutato in lire 1070 milioni annue a decorrere dall’anno 1998, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno finanziario 1998, all’uopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. 2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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3. La presente legge , munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

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