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MINIERE E MINERALI IN CARNIA

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MINIERE

E MINERALI

IN CARNIA

QUADERNI DEL MUSEO GEOLOGICO DELLA CARNIA - 2

Pubblicazione edita in occasione

della mostra

Miniere e minerali in Carnia

Ampezzo

Museo Geologico della Carnia

dal 23 giugno 2007 al 6 gennaio 2008

L’interesse per i minerali e le mineralizzazioni

della montagna friulana è divenuto per alcuni

una passione, come lo era per Claudio Calligaris,

professore di scienze al Liceo Scientifico Pio

Paschini di Tolmezzo, naturalista e profondo

conoscitore dei monti della Carnia.

Recentemente scomparso,

a Lui è stata dedicata questa mostra.

Comunità Montana della Carnia

Comune di Ampezzo

Provincia di Udine

in collaborazione con

CarniaMusei

Museo Friulano di Storia Naturale

ISIS Paschini di Tolmezzo

Museo delle Scienze di Pordenone

progettazione scientifica

Margherita Solari

Giuseppe Muscio

testi

Giuseppe Muscio

Margherita Solari

Mauro Unfer

Roberto Zucchini

foto

Roberto Zucchini

Giuseppe Muscio

Adalberto D’Andrea

Elido Turco

grafica

Furio Colman

un particolare ringraziamento a

Circolo Speleologico e Idrologico Friulano

Gruppo Speleologico Gortani

Mauro Unfer

Luca Simonetto

Egidio Screrm

Andrea Mocchiutti

Giandomenico Cella

MINIERE E MINERALI

IN CARNIA

© Museo Geologico della Carnia

1° edizione 2007

1° ristampa 2015

Fin dai tempi antichi l’uomo ha sempre sfrut-

tato l’ambiente che lo circonda, prelevando

acqua, prodotti della terra o animali. L’utiliz-

zo dei prodotti del sottosuolo, le cosiddette

materie prime, quali idrocarburi, carboni o

minerali, ha fortemente influenzato, quindi,

la storia umana: basti pensare a come sud-

dividiamo la cronologia nella preistoria e

protostoria (età del rame, età del ferro, ecc.)

o come, oggi, si facciano guerre per il petro-

lio.

Anche la montagna friulana è stata sfruttata

per ricavarne materie prime, probabilmente

già nella preistoria e poi dai romani, ma le at-

tività estrattive divengono significative nel

Medioevo; molti toponimi lo confermano. Og-

gi le attività minerarie sono del tutto scom-

parse, restano solo cave a cielo aperto per

l’estrazione di calcari o gesso. Ma rimango-

no tracce interessanti delle quali si sono oc-

cupati molti studiosi. Le ricerche devono co-

munque avere come base la conoscenza

geologica del territorio.

Non è, però, facile riassumere in poche righe

le caratteristiche geologiche delle Alpi Friu-

lane: rocce che vanno dai 450 milioni di anni

fa ad oggi e che, poste una sopra l’altra, co-

stituirebbero una pila di strati alta 30 km.

A ciò si somma il fatto che esse (o perlomeno

parte di esse) portano le tracce di due distin-

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MINERALI E GEOLOGIA

Nella pareti del Monte Avanza (Forni Avoltri) sono presenti tasche mineralizzate sfruttate sin dall’antichità

Cristalli di Realgar

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Schema geologico

semplificato delle Alpi

Carniche

(da VENTURINI, mod.)

1 - Monte Avanza

2 - San Giorgio di

Comeglians

3 - Timau

4 - Pramosio

te fasi orogenetiche, quella Ercinica e quella

Alpina (quest’ultima tuttora in atto). Volendo

però compiere un esame oltremodo semplifi-

cato, possiamo dire che le rocce più antiche

(quelle pre-erciniche) affiorano lungo la cre-

sta di confine con l’Austria, mentre i depositi

paleozoici post-ercinici si spingono un po’

più a sud.

Le compagini rocciose più diffuse sono quel-

le triassiche che affiorano estesamente fra il

Tagliamento e la linea Comeglians-Paluzza-

Paularo, mentre i più recenti depositi Giuras-

sici sono presenti nel Monte Verzegnis. Tutto

il territorio presenta poi estese coperture

quaternarie, spesso legate all’intensa attività

dei ghiacciai würmiani che hanno modellato,

sino a circa 10 mila anni fa, le montagne friu-

lane.

Per fornire un quadro generale dello sfrutta-

mento minerario dell’area carnica, bisogna

ricordare, prima di tutto, che i prodotti di

questa attività estrattiva erano, sostanzial-

mente, galena (PbS), blenda (o sfalerite)

(ZnS), fluorite (CaF2), siderite manganesifera

((Fe,Mn)CO3), siderite (FeCO3), tetraedrite

(Cu(Sb,AS)S3), ematite (Fe2O3) e barite (Ba-

SO4).

Le mineralizzazioni si sviluppano soprattutto

nelle rocce siluriane e devoniane. Si tratta, in

generale, di patine o filoni la cui origine è se-

dimentaria o idrotermale.

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Cristalli di zolfo provenienti dai dintorni di Sauris

La Creta di Bordaglia, che sovrasta il Lago di Bordaglia, è

costituita da calcari del Devoniano

11I minerali sono i costituenti delle rocce e ne determinano le caratteristiche fisiche e meccani-

che. Essi possono essere definiti come solidi naturali caratterizzati da una composizione chi-

mica ben determinata (o variabile entro un intervallo ristretto), ed una struttura cristallina. In

natura esistono circa quattromila specie di minerali diversi, anche se solamente trecento sono

abbastanza diffuse.

Ad ogni minerale viene associata una determinata formula mineralogica, che esprime la sua

composizione chimica. In realtà la stessa sostanza può dare origine a forme mineralogiche

differenti. Cristalli con morfologia, struttura e proprietà differenti possono avere la stessa

composizione chimica e questo fenomeno prende il nome di polimorfismo. Un classico esem-

pio è dato da pirite e marcassite, entrambi solfuri di ferro; un’altro caso particolarmente inte-

ressante è quello del carbonio, che si può presentare come diamante (il minerale più duro che

si conosca) o come grafite (certamente non altrettanto pregiata, ma utile nelle matite!). Si

tratta di differenze che sono connesse alle diverse condizioni ambientali in cui si sono forma-

ti i cristalli: per diamante e grafite, ad esempio, la pressione. Il sommarsi delle caratteristiche

cristalline e chimiche fa sì che i minerali abbiano proprietà fisiche molto variabili. Queste pro-

prietà sono conseguenza sia della composizione chimica che della genesi del minerale.

Il colore dipende dalla composizione chimica o dalla presenza di impurità (a causa delle qua-

li, ad esempio, il quarzo incolore diviene rosato), mentre la lucentezza dipende dalla capacità

di riflettere la luce; può essere metallica, vitrea, madreperlacea, ecc.

La durezza indica la capacità di un minerale di scalfire un altro minerale (o di esserne scalfi-

to); comunemente si misura con la scala di Mohs per confronto con altri minerali (il più tenero

è il talco, il più duro il diamante).

La sfaldabilità è la capacità del cristallo colpito di spaccarsi secondo piani regolari, come ad

esempio le miche che si sfogliettano secondo piani paralleli; altri cristalli si fratturano dando

frammenti irregolari.

La conducibilità è la capacità di condurre l’elettricità, la birifrangenza quella di sdoppiare un

raggio ottico che attraversa il cristallo, presente ad esempio nella calcite varietà “spato d’I-

slanda”. Alcuni minerali hanno proprietà magnetiche ed elettriche, possono essere magneti-

ci, radioattivi, piezoelettrici, e così via. Alcune di queste proprietà sono vettoriali, ovvero di-

pendono dalla direzione in cui vengono misurate nel cristallo.

CRISTALLI

Tormalina

e dolomite (esempio del fenomeno dell’isomorfismo per cui il magnesio ed il calcio si sono vi-

carianti, sostituendosi in varie proporzioni nella formula chimica).

Fosfati e nitrati: formati da metalli uniti a un gruppo fosfato e nitrato rispettivamente.

Come detto, i minerali sono composti naturali caratterizzati da una struttura cristallina, sono

quindi sostanze solide, omogenee, cristalline e con una composizione ben definita. Solamen-

te alcuni minerali, come l’opale ad esempio, non hanno struttura cristallina ma si presentano

in forma amorfa. Non rispecchiano questa definizione anche alcuni minerali particolari come

il mercurio (allo stato liquido), mentre alcuni considerano minerali anche gli idrocarburi co-

me il petrolio.

Quasi tutti i minerali si presentano, quindi, in forma di cristalli, ovvero sono poliedri delimitati

esternamente da facce e spigoli con una geometria caratteristica. Ciò dipende dal fatto che gli

atomi che costituiscono il minerale si dispongono nello spazio secondo rapporti geometrici ben

precisi, e questo ordine si ripercuote sulla struttura del cristallo.

Nei secoli scorsi i cristallografi hanno individuato uno schema di classificazione dei cristalli,

che permette di riconoscere un minerale osservandone l’abito cristallino (oltre alle caratteri-

stiche fisiche come colore, durezza, ecc.). Le forme cristalline sono suddivise nei sei sistemi

cubico, tetragonale, romboedrico, esagonale, ortorombico, monoclino e triclino (appartenenti

ai tre gruppi: monometrico, dimetrico e trimetrico) in base alle geometrie tra gli assi cartesia-

ni individuati nel cristallo e alle simmetrie che le caratterizzano.

A volte i minerali si presentano come cristalli isolati di dimensioni ragguardevoli, più spesso

sono riuniti in raggruppamenti come geminati o geoidi.

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La classificazione dei minerali si basa principalmente sulla loro composizione chimica (solo

secondariamente sulla cristallizzazione): in base a questo criterio si possono suddividere i mi-

nerali in due grandi categorie: silicatici (formati da silicio, ossigeno ed altri atomi), che sono i

più diffusi sulla crosta terrestre, e non silicatici (ulteriormente suddivisi in base alla composi-

zione).

Nei minerali silicatici ossigeno e silicio formano i gruppi SiO4 (unità strutturale di tutti i silicati)

che si possono disporre isolati o formare catene, anelli o piani, dando origine rispettivamente

a nesosilicati, sorosilicati, ciclosilicati, inosilicati, fillosilicati e tectosilicati.

Tra i non silicatici ricordiamo:

Elementi nativi: costituiti da un solo elemento chimico, non combinato con altri; ne sono esem-

pio oro, argento, zolfo, platino o carbonio sotto forma di diamante o grafite.

Solfuri: formati dall’unione dello zolfo con altri metalli. Pirite, calcopirite, blenda, galena e ci-

nabro formano importanti giacimenti da cui si ricava ferro, rame, piombo, zinco e mercurio.

Ossidi e idrossidi: formati da metalli uniti rispettivamente all’ossigeno e al gruppo OH (ossidri-

le). Tra gli ossidi vi sono spinello, magnetite ed ematite, da cui si ricava il ferro, e la bauxite, da

cui si ricava alluminio.

Alogenuri: formati da sali di cloro, bromo e iodio; tra i più importanti vi sono salgemma, fluori-

te e clorite.

Solfati: formati da metalli uniti a un gruppo solfato, ne sono esempio gesso, anidrite e celesti-

na.

Carbonati: formati da metalli uniti a un gruppo carbonato; ne sono esempio calcite, aragonite

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Dendriti di psilomelano (manganese), sono presenti soprattutto nei calcari cretacici delle Prealpi GuilieCrisocolla su azzurrite da San Giorgio di Comeglians

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Il più delle volte, però, spesso i cristalli si

presentano di piccole dimensioni, addirittura

come patine, e possono essere individuati

solamente al microscopio. Questa diversità

di aspetto è dovuta alla differente genesi: la

cristallizzazione avviene per solidificazione

di un magma fuso o per precipitazione da

una soluzione.

Le condizioni in cui avvengono tali processi

(la presenza di piccole quantità di elementi

estranei, le tensioni prodotte dalla vicinanza

di altri cristalli in crescita, le tensioni nelle

rocce preesistenti) influenzano sia la compo-

sizione che l’aspetto del minerale.

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Cristalli di calcite presenti in un vacuolo della dolomia

bituminosa del Norico (Triassico superiore) di Preone

Pirite mammellonare dalle Miniere di Raibl (Cave del Predil)

Molti indizi ci consentono di ipotizzare che

sin dalla preistoria i minerali della montagna

friulana siano stati oggetto di sfruttamento.

Con maggiore probabilità ciò è avvenuto al

tempo dei romani: Polibio e Strabone, ad

esempio, parlano di miniere (persino di oro)

intorno ad Aquileia.

La più antica testimonianza scritta che ci è

pervenuta relativa ad uno sfruttamento mi-

nerario, è sicuramente quella inerente le

miniere del Monte Avanza, quando nel 778 il

duca Franco Masselio dona al Monastero di

Sesto al Reghena un paese chiamato Forno

con tutte le sue pertinenze comprensive an-

che delle miniere di ferro e di rame.

Seguono altre concessioni nel XIII secolo in

più zone del territorio cioè nel Canale di

Gorto e nella contrada di Avoltri. In realtà i

minerali vengono cercati ovunque, soprat-

tutto quelli destinati al conio, cioè argento e

oro. Solo occasionalmente, però, si sono

rinvenuti materiali diagnostici, quali martelli medioevali a Pramosio e Timau e frammenti di

ceramica a Timau, indicanti il basso Medioevo.

Notevole impulso alla ricerca mineraria viene dato dalla Repubblica Veneta quando, il 16 lu-

glio 1420, assoggetta il territorio del Patriarcato di Aquileia. Si cerca il minerale per rifornire

l’arsenale veneziano, osservando i colori di alterazione dei vari minerali: verde e azzurro per

il rame, rosso e giallo per il ferro; bastano anche poche quantità di minerale per aprire una

miniera. Ora tutte le miniere sono esaurite e chiuse: rimangono a testimonianza di un’attività

estrattiva millenaria i toponimi (quali rio Malinfier, rio Miniere, rio Pistons) e le leggende.

Accanto ai documenti ufficiali (in particolare gli antichi atti notarili ancora oggi conservati

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MINIERE FRASTORIA E LEGGENDE

Una galleria medioevale dalla classica forma ad ogiva presente presso Pramosio

Nella forra del Rio Fuina, in Val Pesarina, erano presenti,

secondo la tradizione, miniere d’oro;

si tratta in realtà di mineralizzazioni a marcassite (solfuro

di ferro)

polare e si è diffusa così la credenza che

fossero serviti a legare le carovane, di muli

o asini, adoperate per trasportare i metalli

preziosi dalle viscere della montagna ai

luoghi di lavorazione.

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presso l’Archivio di Stato), anche le tradizioni orali possono, infatti, fornirci utili informazioni

sullo sfruttamento di minerali in passato; ma le leggende sono anche l’esternazione delle

paure dell’uomo, delle sue passioni e dei suoi desideri.

La Carnia ha risentito dell’influsso dei miti e delle leggende che diffusero le maestranze

“tedesche”, chiamate a lavorare in queste miniere. Una delle credenze più radicate, di ori-

gine centro-europea, è quella che associa a gallerie anguste l’attività di minatori molti pic-

coli: dei nani. La leggenda è legata alle fantasie popolari che ritenevano impossibile il la-

voro dei minatori in cunicoli strettissimi.

Il castigo di Dio

La tradizione orale vuole che le miniere del Rio Fuina, presso Pesariis, siano state sfruttate,

per l’estrazione dell’oro, già in tempi antichi. I minatori non rispettando le feste comandate

fecero adirare Dio che cancellò ogni traccia della miniera facendo franare le gallerie.

L’oro di Moggio

La leggenda narra della scoperta, da parte di un prete tedesco, di una miniera d’oro nei

dintorni di Moggio e di come questi la nascose affinché nessuno la potesse trovare. In

realtà non si trattava di oro ma, probabilmente, di pirite.

Gli anelli di ferro

Grossi anelli di ferro, fissati nella roccia, si rinvengono nella Val di Gorto, ma anche in altre

aree del Friuli (Valli del Natisone). La presenza di questi anelli ha stimolato la fantasia po-

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Martello medioevale da miniera rinvenuto presso Timau

Nel suo De la Pirothecnia (1540), il toscano Vannuccio

Biringuccio cita miniere in Carnia, più specificatamente

sul Monte Avanza

La miniera del Monte Avanza è quella che pre-

senta la più lunga e documentata storia di

sfruttamento o ricerca: documenti si hanno già

a partire dal 778.

Dopo uno sfruttamento secolare ma a fasi al-

terne, alcune gallerie sono ancora individua-

bili, mentre i più recenti tentativi di riapertura

delle miniere hanno portato alla ristruttura-

zione del villaggio minerario. La miniera è sta-

ta definitivamente chiusa alla fine del secolo

scorso. Le mineralizzazioni a solfuri di rame,

contenenti argento, sono localizzate nella di-

scontinuità fra i calcari devoniani e il com-

plesso argillo-scistoso del Carbonifero. Gli

scavi più antichi sono a giorno e costeggiano

la parete meridionale del Monte Avanza. Pro-

babilmente dopo una facile estrazione del mi-

nerale a giorno si è proceduto scavando poz-

zi verticali sempre in prossimità del massic-

cio calcareo: numerosi sono i simboli del martello incrociato, che indicano miniera, e che si rin-

vengono incisi nella roccia. Purtroppo tutti gli scavi di età moderna hanno cancellato le vec-

chie tracce e quindi è difficile dire quando sia effettivamente iniziato lo sfruttamento; l’unica

evidenza che ci porta al basso Medioevo è un abbozzo di galleria dalla tipica forma ad ogiva

troncata e dove sono evidenti ancora i colpi inferti sulla roccia dal martello.

Il minerale estratto (soprattutto tetraedrite, con galena, sfalerite, calcopirite), veniva trasportato

a valle fino alla località Pistons, dove subiva il processo di arricchimento, per giungere poi nella

fonderia che si trovava ove oggi è presente la colonia di San Marco. Qui si può ancora osserva-

re la bocca di carico del forno.

Le prime notizie sulle miniere di Comeglians sono di Torquato Taramelli che, nel 1869, parla di fi-

loncelli di pirite, galena e tetraedrite osservati nella Valle del Torrente Degano, presso S. Gior-

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MINIEREDELLA CARNIA

Il villaggio minerario del Monte Avanza

La galleria Mulazzani nella miniera del Monte Avanza

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gio, Monajo, Povolaro e, soprattutto, nell’area di S. Giorgio di Comeglians. La tradizione orale

vuole che nel periodo che va dal 1300 al 1500 siano state coltivate delle miniere di argento e ra-

me, ma non ci sono documenti che attestino questo sfruttamento. Le prime attività di ricerca

documentate sono databili al 1940 quando, con il permesso di ricerca “Comeglians”, e succes-

sivamente con quello di “Povolaro” (1951), furono scavate due gallerie presso il rio Da Rossa

ed effettuati alcuni saggi, ma anche una modesta estrazione orientata alla barite. Durante que-

ste ricerche vennero individuate antiche gallerie minerarie che vennero attribuite al Medioevo.

Attualmente si possono osservare solo alcuni saggi mentre le gallerie più importanti sono fra-

nate. Le rocce interessate sono quelle di età silurico-devonica. I minerali presenti sono bour-

nonite, tetraedrite, galena, blenda, pirite, calcopirite, calcosina, barite, fluorite.

Probabilmente fin dai tempi antichi si scavavano minerali di rame e argento nelle montagne

dei dintorni di Timau, ma il primo documento risale al 4 luglio 1485; il rinvenimento di ceramica

pettinata fa datare lo sfruttamento almeno al basso Medioevo, ma quasi certamente l’attività

mineraria è ancora più antica. Si segnala inoltre il ritrovamento di un martello minerario me-

dioevale.

Altri documenti (21 gennaio 1489, 18 agosto 1490, 15 febbraio 1493, 15 dicembre 1503, 1 dicem-

bre 1506, 6 novembre 1577, 24 agosto 1578) attestano uno sfruttamento abbastanza continuo in

zone limitrofe all’abitato di Timau. Notizie su Timau sono riportate da Paolo Santonino nel suo

Itinerarium, in cui descrive le visite pastorali del vescovo Pietro Capreolo in queste regioni ne-

gli anni 1485-1487. Dal diario si evince che Timau era nota per le miniere di argento. La tradizio-

ne dice che, connesse allo sfruttamento dell’argento, si siano verificate due fasi migratorie da

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parte di “minatori tedeschi” attorno all’anno

Mille (a questa migrazione viene fatta risalire,

da alcuni, l’origine della particolare parlata ti-

mavese, vicina all’antico carinziano).

Rilievi effettuati già alla fine del XIX secolo

hanno evidenziato come alcune gallerie, po-

ste sopra il Fontanon di Timau, siano state

ampliate o realizzate artificialmente; alcune

sboccano sul fianco ripido della montagna.

Purtroppo ora sono di difficile interpretazio-

ne tutti i segni di intervento antropico perchè

enormi modificazioni a cavità, gallerie e grot-

te anche naturali sono state realizzate ante-

cedentemente e durante il conflitto 1915-

1918. Studi recenti allontanano l’ipotesi che il

sistema sotterraneo noto come Grotte di Ti-

mau sia stato usato direttamente come mi-

niera, mentre è più probabile che si trattasse

di una struttura collegata con l’attività di

sfruttamento minerario.

La località “Schmelzhütte” (fornace fusoria,

in timavese “Sghmelzhita”), indica un’area

dove il materiale estratto veniva lavorato e

nella quale Girardi nel 1808 osservò i resti di

forni fusori. Il minerale più importante è la te-

traedrite (solfuro di rame e ammonio), cui si

associano calcopirite e pirite.

La mineralizzazione dell’area di Pramosio in-

teressa i calcari carsificati del Devonico al

contatto con la formazione trasgressiva del-

l’Hochwipfel (situazione analoga a quella del

Monte Avanza). Sono quindi vari i punti inte-

ressati da coltivazioni, che iniziarono nel

Basso Medioevo, come testimoniato dalle

concessioni minerarie, e forse anche prima.

Nell’area si segnalano molte gallerie e pozzi

che hanno però tutte perso, tranne rari casi,

le caratteristiche di cunicoli e gallerie mine-

rarie a causa del loro riutilizzo come struttu-

re militari durante la Prima Guerra Mondiale.Mineralizzazione nelle galleria di San Giorgio di Comeglians

Il sistema di gallerie noto come “Grotte di Timau”

Il monte Gamspitz sopra Timau

2524

Nella zona di Pramosio è presente in prossimità della cava di pietra, una galleria medioevale,

tuttora percorribile, nella quale sono presenti i segni dell’escavazione eseguita mediante ab-

battimento al fuoco e con la tecnica della punta e mazza. Venivano accatastate presso la pa-

rete da abbattere alcune fascine cui veniva dato fuoco. La roccia veniva poi bagnata e, a cau-

sa del raffreddamento differenziato, si creavano tensioni e fratture che facilitavano l’abbatti-

mento con i martelli.

Mineralizzazioni simili a quelle di Pramosio sono presenti fra Pal Grande e Pal Piccolo ma le

antiche opere di scavo sono state in parte modificate dalle strutture militari della Prima Guer-

ra Mondiale. Gallerie sono presenti anche nel Monte Avostanis: il nome tedesco è Blaustein,

cioè roccia blu, per la presenza di azzurrite, la cui evidente colorazione ha attirato molti mina-

tori medioevali che hanno scavato cunicoli e pozzi. Anche nei pressi del Lago di Avostanis so-

no ben evidenti patine di azzurrite e malachite (si possono ad esempio ritrovare nei grandi ac-

cumuli detritici alla base dei paretoni devoniani). I minerali presenti sono la tetraedrite, calco-

pirite con tracce di bournonite, calcosina, covellina, pirite, cuprite, azzurrite, malachite e ocre

di antimonio in una ganga calcarea silicea.

Accanto alle miniere sinora elencate (di interesse storico ma mai di grande rilievo produttivo in

tempi recenti) vanno ricordate alcune aree mineralizzate che potrebbero essere state oggetto

di piccoli sfruttamenti che hanno portato all’esaurimento di vene piccole o le cui tracce sono

state cancellate dal tempo. Il fatto stesso che parte della Carnia sia nota come “Forni Savor-

gnani”, e la presenza di toponimi significativi (Forni di Sotto, di Sopra e Avoltri), testimoniano

che sino ad alcuni secoli fa la lavorazione dei metalli aveva un suo rilievo (e doveva averlo an-

che quella di estrazione). Nell’area del Monte

Cogliàns affiorano, con discontinuità, livelli

con mineralizzazioni di ferro (pirite, marcasite

e limonite).

Presso la Maina della Schialute (rio Turriea),

all’interno di vulcaniti carbonifere, sono pre-

senti quarzo, ematite, brookite, calcopirite,

bornite, ecc. Minerali di ferro (pririte) sono

presenti nei livelli devonico-silurici del rio

Malinfier.

Nei dintorni di Passo Pramollo va ricordata la

mineralizzazione a tetraedrite, calcosina, steatite, cinabro, bornite, calcopirite, ecc. delle sor-

genti del rio Turriè. Tutte queste mineralizzazioni, comunque, hanno tenori molto bassi o esten-

sioni talmente ridotte da non renderle economicamente sfruttabili.

Nei dintorni di Sauris, invece, veniva in passato estratto lo zolfo, ma l’attività estrattiva più rile-

vante della Carnia è stata, fino ad alcuni decenni fa, quella della Miniera di Cludinico (Ovaro)

dalla quale, però, non provenivano minerali ma carbone, scavato dai depositi del Triassico.

L’attività, avviata alla fine del XIX secolo, ha coinvolto, negli anni Quaranta, fino a 1600 minato-

ri.

La porzione occidentale delle Alpi Carniche e le Alpi Giulie sono più ricche di testimonianze mi-

nerarie e, soprattutto, di strutture che hanno prodotto minerale sino a pochi decenni fa: piombo

e zinco per le Miniere di Raibl (che negli anni Sessanta contavano un migliaio di dipendenti ed

un indotto che ricadeva sull’intera vallata), ferro per quelle del Monte Cocco (Ugovizza), fluorite

per la Val Aupa.

Ed ancora affioramenti sfruttati erano quelli del Rio Geloviz presso Dogna. Analoghe mineraliz-

zazioni sono presenti sul Monte Acumizza. Fino agli anni Quaranta, poi, olio ed idrocarburi ve-

nivano estratti dalle miniere di Resiutta.

Crisocolla e calcite da San Giorgio di Comeglians

Cristalli di calcite dalle Miniere di Raibl (Cave del Predil)

I depositi chimici e i minerali di grotta costi-

tuiscono uno degli aspetti più affascinanti

del mondo sotterraneo.

In generale il minerale più diffuso nelle grot-

te è la calcite microcristallina che forma le

concrezioni. In due cavità della catena carni-

ca nei comuni di Paluzza e Forni Avoltri, sono

però presenti cristalli scalenoedrici di calci-

te che raggiungono anche i 20 cm di lunghez-

za. Entrambe le grotte si sviluppano all’inter-

no dei calcari devonici e le loro condizioni,

un tempo completamente vadose con acque

calme, hanno consentito lo svilupparsi di si-

mili cristalli, per la verità non eccezionali nel

panorama italiano, ma alquanto rari per que-

sta regione. Spesse volte le superfici cristallizzate sono coperte da veli calcitici in disfacimen-

to, accresciutisi in seguito allo svuotamento delle cavità. La morfologia delle cavità, con la pre-

senza di cupole di corrosione e la dimensione dei cristalli, fa pensare ad una origine idroter-

male. Tuttavia nell’area non sono segnalati fenomeni di termalismo attuale, quindi l’avvalora-

mento di questa ipotesi indicherebbe una datazione del carsismo ipogeo molto antica.

In Val Pesarina sono presenti anche cristalli ed infiorescenze di gesso secondario sulle pare-

ti di una modesta cavità, nelle nicchie più riparate il gesso si presenta sotto forma di fragilissi-

me incrostazioni microcristalline. La deposizione di gesso è ancora in corso ed avviene con

notevole rapidità, tanto da formarsi anche presso l’ingresso sui licheni che rivestono la pare-

te rocciosa. La loro formazione è legata alla presenza di modeste sorgenti sulfuree nella ca-

vità e ad una costante corrente d’aria instauratasi tra i due ingressi della grotta, che favorisce

l’evaporazione dell’acqua pellicolare presente lungo le pareti.

27

MINERALI DI GROTTA

Grandi cristalli scalenoedrici di calcite, in parte in disfacimento, in una grotta delle Alpi Carniche

Cristalli di gesso in una grotta della Val Pesarina

La documentazione archeologica è ancora

frammentaria per poter fornire indicazioni

certe su uno sfruttamento antico delle risor-

se minerarie e non sono state fino ad ora

trovate tracce antichissime di lavorazione

dei metalli associate a zone d’estrazione.

Si sono però rinvenuti in regione numerosi

reperti, quali “pani” e “pani a piccone” di

rame, che possono testimoniare un’intensa

attività commerciale con aree contermini,

ma anche farci supporre uno sfruttamento

delle risorse locali. Le testimonianze riguar-

dano, più che le attività minerarie, quelle

metallurgiche che non ci permettono di col-

legare la lavorazione con uno sfruttamento

minerario locale.

Nella zona di Paularo sono state rinvenute fibule, anelli ed altri oggetti in metallo che presen-

tano tipologie di derivazione celtica; stili e quantità dei reperti rinvenuti fanno ipotizzare una

possibile lavorazione dei metalli a carattere locale. In generale le aree di produzione dei ma-

nufatti metallici non erano molto distanti da quelle di origine del minerale utilizzato.

Il ritrovamento, presso il paese di Raveo, di un tesoretto costituito da circa quattrocento mo-

nete d’argento celtiche e romane, di primo conio, conservate dentro un vaso metallico, po-

trebbe anch’esso far supporre la presenza di una zecca nella zona; si avrebbero così prove in-

dirette della lavorazione dell’argento in un’area dove esistono miniere antiche di questo me-

tallo.

Non sono stati però, sinora, messi in luce strumenti particolarmente antichi per la lavorazione

dei vari metalli e scorie derivanti da processi di affinamento di minerale di ferro e di rame.

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La grande quantità di detrito mineralizzato del Monte Avanza, miniera usata già in antichità per l’argento

ARCHEOLOGIAE MINERALI

Il minerale grezzo veniva trasportato sotto forma di

“pane” o di “pane a piccone”

AA. VV., 2006 - I minerali. Forme di luce. Museo Civico delle Scienze, Pordenone.

CARULLI G.B. (a cura di), 2006 - Carta geologica del Friuli Venezia Giulia (scala 1:150.000). Regio-

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Naturale, pubbl. 40, Udine.

PER SAPERNE DI PIÙ

Finito di stampare nel febbraio 2015

presso Lithostampa, Pasian di Prato, Udine