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MILLE ANNI DI MUSICA E DI NOTE NELLA BIBLIOTECA CAPITOLARE DI VERONA La Biblioteca Capitolare di Verona si accinge a celebrare l'anno europeo della musica con una mostra di manoscritti musicali antichi, che sarà aperta nei periodi primaverile, estivo e autunnale in tre tornate di quindici giorni ciascuna e sarà corredata da un catalogo al quale hanno dato un prezioso contributo gli studiosi Paganuzzi, Donella e Zivelonghi. L'enorme patrimonio bibliografico esistente nella biblioteca, l'impegno della chiesa locale, esercitato per secoli, nella promozione del canto e della musica sacra determinarono la scelta del tema della rassegna, in concomitanza con tante altre celebrazioni che si tengono quest'anno in Europa e nel mondo con lo scopo di mobilitare le forze interessate, cioè autori, interpreti, editori, ascoltatori e di sensibilizzare il pubblico sull'importanza e la funzione assunte dalla musica nel passato e nel presente e sulla sua influenza nella cultura e nel costume. Le benemerenze della Chiesa nel campo della musica sacra e, per riflesso, anche di tanta parte della musica profana furono di grande portata e si manifestarono nell'ispirare, favorire, incentivare la produzione e l'esecuzione musicale. A secoli di maggiore splendore seguirono periodi di decadenza, quando la purezza della musica sacra venne contaminata dall'introduzione di forme e di strumenti impropri nelle celebrazioni liturgiche e, un po' alla volta, venne a perdersi la ieratica spiritualità del canto gregoriano partecipato anche al popolo e la severa monumentalità della polifonia classica eseguita dalla schola. La Chiesa ebbe sempre in grande onore la liturgia «culmine verso cui tende la sua azione e, insieme, fonte da cui promana tutta la sua virtù». Fu sempre sua cura regolamentarla e, con essa, la musica sacra, parte integrante del culto cattolico. Già nel secolo V esistevano presso alcune diocesi le "scuole cattedrali" affidate al Capitolo dei canonici, dove si insegnava insieme con le materie teologiche anche il canto sacro. A Verona abbiamo notizia del "lettore Ursicino" (anno 517) che apparteneva alla Schola sacerdotum. E questo rivela la presenza di una gerarchia di chierici al servizio delle celebrazioni liturgiche, fra i quali, oltre al lettore, v' era certamente l'accolito e il cantore. L'origine della scrittura musicale è certamente italiana e forse propriamente romana, poiché il riferimento più antico che si conosca è l'opera di S. Gregorio Magno, il quale, per designare i diversi suoni della scala, usò le lettere dell'alfabeto: lettere minuscole, maiuscole e raddoppiate. Donde il nome di notazione alfabetica, alla quale succedette la notazione diastematica (indicativa degli intervalli) con i neumi scritti senza rigo, cioè a campo aperto, finché gli stessi neumi incominciarono ad essere "portati" da una o più linee. Guido D'Arezzo (995-1050) benedettino a Pomposa e poi ad Arezzo, provvide a colorare in rosso la linea del FA e in giallo la linea del DO, completando poi l'invenzione con l'indicare la lettera melodica corrispondente sia a queste che alle altre linee. Da questo uso derivarono le chiavi musicali moderne. Nei manoscritti veronesi la notazione musicale non ha né elementi né fisionomia caratteristica locali, a differenza di quanto è avvenuto nella scrittura. Un solo codice contiene un esempio di notazione alfabetica. Tutti gli altri usano la sangallese o la nonantolana. Esiste un'indicazione rudimentale di notazione musicale del codice XXXVIII del secolo VIII. Nel secolo IX, il Sacramentarium Gelasianum-Gregorianum (codice LXXXVI) offre un saggio perfetto di notazione chironomica nonantolana mescolata con sangallese, con rare note e neumi in gran parte binari. Allo stesso secolo e al principio del successivo appartengono alcuni manuali di canto sacro liturgico interamente notati, con melismi ricchissimi e con una chiara disposizione diastematica. Verso la metà del secolo XI venne redatto il Carpsum, antologia di musiche liturgiche, ricca di notazioni con numeri romani oppure con lettere indicanti i modi gregoriani a cui appartenevano le melodie corrispondenti ai diversi testi. Lo scrisse un cantor che aveva il

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MILLE ANNI DI MUSICA E DI NOTE NELLA BIBLIOTECACAPITOLARE DI VERONA

La Biblioteca Capitolare di Verona si accinge a celebrare l'anno europeo della musica conuna mostra di manoscritti musicali antichi, che sarà aperta nei periodi primaverile, estivo eautunnale in tre tornate di quindici giorni ciascuna e sarà corredata da un catalogo al qualehanno dato un prezioso contributo gli studiosi Paganuzzi, Donella e Zivelonghi.

L'enorme patrimonio bibliografico esistente nella biblioteca, l'impegno della chiesa locale,esercitato per secoli, nella promozione del canto e della musica sacra determinarono la sceltadel tema della rassegna, in concomitanza con tante altre celebrazioni che si tengonoquest'anno in Europa e nel mondo con lo scopo di mobilitare le forze interessate, cioè autori,interpreti, editori, ascoltatori e di sensibilizzare il pubblico sull'importanza e la funzioneassunte dalla musica nel passato e nel presente e sulla sua influenza nella cultura e nelcostume.

Le benemerenze della Chiesa nel campo della musica sacra e, per riflesso, anche di tantaparte della musica profana furono di grande portata e si manifestarono nell'ispirare, favorire,incentivare la produzione e l'esecuzione musicale.

A secoli di maggiore splendore seguirono periodi di decadenza, quando la purezza dellamusica sacra venne contaminata dall'introduzione di forme e di strumenti impropri nellecelebrazioni liturgiche e, un po' alla volta, venne a perdersi la ieratica spiritualità del cantogregoriano partecipato anche al popolo e la severa monumentalità della polifonia classicaeseguita dalla schola. La Chiesa ebbe sempre in grande onore la liturgia «culmine verso cuitende la sua azione e, insieme, fonte da cui promana tutta la sua virtù». Fu sempre sua curaregolamentarla e, con essa, la musica sacra, parte integrante del culto cattolico. Già nel secoloV esistevano presso alcune diocesi le "scuole cattedrali" affidate al Capitolo dei canonici,dove si insegnava insieme con le materie teologiche anche il canto sacro.

A Verona abbiamo notizia del "lettore Ursicino" (anno 517) che apparteneva alla Scholasacerdotum. E questo rivela la presenza di una gerarchia di chierici al servizio dellecelebrazioni liturgiche, fra i quali, oltre al lettore, v' era certamente l'accolito e il cantore.

L'origine della scrittura musicale è certamente italiana e forse propriamente romana,poiché il riferimento più antico che si conosca è l'opera di S. Gregorio Magno, il quale, perdesignare i diversi suoni della scala, usò le lettere dell'alfabeto: lettere minuscole, maiuscole eraddoppiate. Donde il nome di notazione alfabetica, alla quale succedette la notazionediastematica (indicativa degli intervalli) con i neumi scritti senza rigo, cioè a campo aperto,finché gli stessi neumi incominciarono ad essere "portati" da una o più linee. Guido D'Arezzo(995-1050) benedettino a Pomposa e poi ad Arezzo, provvide a colorare in rosso la linea delFA e in giallo la linea del DO, completando poi l'invenzione con l'indicare la lettera melodicacorrispondente sia a queste che alle altre linee. Da questo uso derivarono le chiavi musicalimoderne. Nei manoscritti veronesi la notazione musicale non ha né elementi né fisionomiacaratteristica locali, a differenza di quanto è avvenuto nella scrittura. Un solo codice contieneun esempio di notazione alfabetica. Tutti gli altri usano la sangallese o la nonantolana. Esisteun'indicazione rudimentale di notazione musicale del codice XXXVIII del secolo VIII.

Nel secolo IX, il Sacramentarium Gelasianum-Gregorianum (codice LXXXVI) offre unsaggio perfetto di notazione chironomica nonantolana mescolata con sangallese, con rare notee neumi in gran parte binari. Allo stesso secolo e al principio del successivo appartengonoalcuni manuali di canto sacro liturgico interamente notati, con melismi ricchissimi e con unachiara disposizione diastematica.

Verso la metà del secolo XI venne redatto il Carpsum, antologia di musiche liturgiche,ricca di notazioni con numeri romani oppure con lettere indicanti i modi gregoriani a cuiappartenevano le melodie corrispondenti ai diversi testi. Lo scrisse un cantor che aveva il

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compito di preparare accuratamente tutto lo svolgimento della liturgia, dopo avere studiatoassai bene soprattutto la parte musicale. Il Carpsum è un esemplare dell'ordo della cattedraledi Verona, che raccoglieva dagli altri libri liturgici (antifonario, responsoriale, salterio eordines romani) le norme dell'ufficio corale e delle Messe nonché gli inizi dei testi cantabili,che il cantor doveva intonare.

Autore del manoscritto fu Stefano cantore che dichiara di non averlo compilato ex novoma soltanto aggiornato, aggiungendo e cancellando alcuni passi (que congruenda addendaerant addidi et que superflua sollerter resecare studui) senza mutare tuttavia la strutturadell'anno liturgico. Fra i manoscritti musicali del secolo XI esiste, nella Capitolare di Verona,il codice CIX, contemporaneo se non anteriore a Guido D'Arezzo, con notazione in perfettosistema guidoniano a base di rigo e di chiavi.

Fuori dell'ambito strettamente liturgico era fiorita a Verona, nell'alto medioevo unaproduzione innodica e melica di cui sono gemme O Roma nobilis e O admirabile Venerisidolum, anonime vene di affiorante classicismo scoperte, nel secolo scorso, anche nella vestemusicale, in manoscritti non veronesi.

Nell'arco di una storia millenaria (ma nel secolo X quella che noi chiamiamo BibliotecaCapitolare aveva già almeno mezzo millennio di vita) gli accrescimenti spariscono alconfronto con la migrazione o la perdita di centinaia di codici. Comunque in quelli musicaliesistenti è possibile seguire l'evoluzione delle varie notazioni fino a quella quadrata sutetragramma, che ha nei celebri corali trecenteschi del Turone un capolavoro paleografico eminiaturistico.

Mentre il gregoriano continuava la sua storia secolare, la polifonia, prima amensurale poimensurale, entrava frattanto nell'uso degli ambienti religiosi e profani.

Nel Trattato de li ritmi volgari di Gidino da Sommacampagna e nel Summa artis rythmicivulgaris dictaminis di Antonio da Tempo, il madrigale trecentesco, la più importante delleforme meliche italiane destinate alla coeva polifonia, ha la sua prima estesa definizione edesemplificazione.

Evento di importanza storica per il destino musicale di Verona fu l'istituzione della ScuolaAccolitale nel quarto decennio del Quattrocento, fatta da Papa Eugenio IV, per concordevolontà delle autorità religiose e civili cittadine al fine di ben preparare i giovani destinati alsacerdozio e di alimentare, con quelli a cui la vocazione fosse mancata, una classe difunzionari laici colti e capaci.

In tale ambiente ecclesiastico e umanistico di cultura classica e musicale si formò unaschiera di organisti, di compositori, di maestri di canto gregoriano, di maestri di canto figuratoche insegnavano contrappunto agli accoliti e dirigevano la Cappella. Vi insegnarono anchemusicisti fiamminghi e francesi.

Nel secolo XVI, come frutto dell'opera di moralizzazione compiuta dal Giberti nelcostume della gioventù nobiliare distinta, ebbe vita l'Accademia Filarmonica, gloriosaistituzione, ancora oggi viva che, oltre alla scuola accolitale con la quale furono continui irapporti sia di cultura che di produzione dell'arte dei suoni, rappresenta il secondo muromaestro della storia musicale.

La scuola accolitale, anche dopo il 1576 quando, in obbedienza alle norme tridentine, fuistituito a Verona il Seminario, continuò il suo cammino e la sua attività fino ai tempi moderni.Sacerdoti e fedeli anziani della nostra città ricordano ancora la presenza della Scuola e levivaci figure degli accoliti che riempirono di voci armoniose i luoghi più augusti delCristianesimo veronese.

Il Seicento a Verona ebbe significative figure di maestri e compositori. L'avvento tuttaviadel nuovo stile barocco, col suo gusto del grandioso, con una musica che prevaricava sullaparola, con i sacri testi divenuti pretesto per ipertrofiche costruzioni musicali, con la melodiaedonisticamente in primo piano e sempre più assimilata ai modi dell'oratorio e del

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melodramma, con la ricerca della teatralità e dell'effetto, segnò, liturgicamente parlando,l'inizio della decadenza della musica sacra. Di questo secolo e dei successivi la BibliotecaCapitolare conserva un grande patrimonio musicale, oggetto continuo di consultazione e distudio.

Nelle mostre di quest'anno verranno esposti anche alcuni strumenti musicali, conservatinella biblioteca. Sono 14 legni a fiato che si possono suddividere in quattro categorie: flautidolci del rinascimento, flauti traversi del rinascimento, cornetti muti. Provengono dal fondooriginario delle scuole Accolitali e quindi del Capitolo Canonicale oppure da altre collezioniveronesi del rinascimento. Sono i superstiti di una raccolta, decimata dall'usura del tempo, dadonazioni o furti e, per ultimo, dal bombardamento del 1945 che distrusse una tromba e unorganistron, che è una specie di viola a tre corde, con tasti, a suono continuo che si ottenevamediante il girare di una ruota di legno di basso, la cui circonferenza sfregava sotto le cordestesse.

Da L'Osservatore romano del 30 marzo 1985