MilanoCittàAperta - Issue#7 - Spring/2011

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ISSUE #7 - SPRING/2011 NOME: MOHAMED. NAZIONALITÀ: ITALIANA SENZA VELO LA VERSIONE DI DIDI BURLESQUE VOODOO LEADER SI NASCE, CHEER SI DIVENTA MISEX www.miciap.com

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Donne che lottano per difendere il loro diritto a portare il velo e donne che si guadagnano da vivere ballando nude attorno a un palo, donne che decidono, giovanissime, di diventare madri e donne che, ugualmente giovani, si iscrivono a corsi di cheerleader, donne che tengono viva la raffinata arte del burlesque e donne che cantano le antiche gesta della malavita popolare.

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ISSUE #7 - SPRING/2011NOME: MOHAMED. NAZIONALITÀ: ITALIANA SENZA VELO LA VERSIONE DI DIDI BURLESQUE VOODOO LEADER SI NASCE, CHEER SI DIVENTAMISEX

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n Italia, le donne possono votare solo dal 1946. Le nostre nonne e le nostre madri sono nate in un mondo esplicitamente (e orgogliosamente) governato dal potere maschile. Da allora, nei decenni immediatamente successivi, un movimento sempre più determinato e allargato ha conquistato, uno a uno, quei diritti che hanno portato i cittadini italiani a non considerare come “inferiori” le donne rispetto agli uomini.

Se oggi è difficile immaginare tutto ciò, è perché negli ultimi anni il mondo è completamente cambiato. Fino al punto che ormai, “le donne” sono diventate una categoria strumentale, un’etichetta da usare a seconda della situazione, un nome al servizio della retorica politica.

Eppure, “le donne” non sono tutte uguali. E parlare di loro come di un insieme omogeneo ha il sapore dell’ignoranza e, ancora, dell’arretratezza sociale e culturale.

Per ricordarlo, questo settimo numero di miciap ci mostra donne che lottano per difendere il loro diritto a portare il velo e donne che si guadagnano da vivere ballando nude attorno a un palo, donne che decidono, giovanissime, di diventare madri e donne che, ugualmente giovani, si iscrivono a corsi di cheerleader, donne che tengono viva la raffinata arte del burlesque e donne che cantano le antiche gesta della malavita popolare.

Le donne, insomma, non hanno nessuna necessità di avere una rappresentanza esclusiva, né una difesa di ufficio da parte di questa o quella parte politica. Piuttosto, sono i giornalisti, i politicanti, i capopopolo a cercare sempre per loro una nuova definizione da agitare nel circo mediatico.

Buona visione (che siate donne o uomini).

NiccolòdeMojana

IDENTITÀ

SQUARCI

IN VISTA

NOME: MOHAMED. NAZIONALITÀ: ITALIANAIsabella De Maddalena

LA VERSIONE DI DIDIOlivia Gozzano

LEADER SI NASCE, CHEER SI DIVENTAVincenzo Cammarata

SENZA VELO Lucio Cavicchioni

BURLESQUE VOODOO Zoe Vincenti

MISEXGiovanni Hanninen

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NOME: MOHAMED. NAZIONALITÀ: ITALIANAIsabella De Maddalena

Milano, maggio 2008, Centro Aiuto alla Vita Mangiagalli. Un

momento del gruppo bebè, in cui neo-mamme di diversi

paesi si confrontano sulla crescita dei figli.

ISSUE #7 - SPRING/2011

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Indagine sulla nascita di una nuova generazione di cittadini italiani che viene (o meglio fugge) da lontano.

Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli, ore 10 del mattino: un gruppo di donne equadoregne, peruviane e marocchine attende con i propri bimbi l’inizio del “gruppo bebé”, in cui le neo-mamme si confrontano sulla crescita dei figli.

Centro di salute e ascolto donne straniere, Ospedale San Paolo: alcune madri cinesi e filippine siedono in attesa della visita pediatrica. La mediatrice culturale esce dallo studio e dice loro di avere pazienza, oggi le persone in lista sono tante e bisogna trovare spazio per tutti.

Centro donne straniere Ospedale San Carlo: Isabela, rom, 16 anni, incinta al terzo mese aspetta con la suocera, che sorridendo mi dice che la ragazza oggi aveva un po’ di mal di pancia e così hanno preferito fare un controllo.

Le foto di queste pagine raccontano la realtà della maternità delle donne immigrate a Milano. Sono frutto del lavoro di alcuni mesi in tre centri a Milano: il Centro di aiuto alla vita della clinica Mangiagalli, e i Centri di salute e ascolto donne straniere degli Ospedali San Carlo e San Paolo a Milano. Qui le donne immigrate ricevono assistenza durante e dopo la gravidanza da parte di personale qualificato: ginecologa, pediatra, ostetrica, assistente sociale, psicologa e uno staff di mediatrici linguistico culturali provenienti da: Marocco, Algeria, Cina, Sud America, Filippine, Albania, Romania.

Secondo l’ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità), il numero di donne straniere rispetto al totale delle donne in maternità a Milano è attualmente superiore ad un quarto del totale. Al primo gennaio 2010 risultavano residenti, iscritti in Anagrafe, nella città di Milano 2.950 cittadini stranieri con meno di 1 anno di età (1.513 maschi e 1.437 femmine) e in totale 75.983 in tutta Italia. Possiamo quindi capire come la presenza di diverse nazionalità nel nostro paese si stia facendo sempre più forte e come sia importante valorizzare questa multiculturalità come ricchezza. I bambini stranieri nati oggi in Italia saranno gli adulti di un domani.

Milano, ottobre 2008, Centro di salute e ascolto donne straniere ed i loro bambini, Ospedale San Paolo. May e Marlon, filippini, con la figlia Sofia nella sala di attesa per la visita pediatrica.

Milano, ottobre 2008, Centro di salute e ascolto donne straniere ed i loro bambini, Ospedale San Carlo. Viktoria, 28 anni, nigeriana, con la piccola Erika nella sala di attesa.

Milano, giugno 2008, Centro di salute e ascolto donne straniere ed i loro bambini, Ospedale San Carlo. Viktoria, 28 anni, nigeriana, con la piccola Erika nella sala di attesa.

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Milano, maggio 2008, Centro Aiuto alla Vita Mangiagalli. Un momento del gruppo bebè. Neo-mamme di diversi paesi si confrontano sulla crescita dei figli con l’aiuto delle educatrici.

Milano, giugno 2008, Centro di salute e ascolto donne straniere ed i loro bambini, Ospedale San Paolo. Mary, mamma egiziana residente a Milano durante il colloquio con la pediatra e Zahia, mediatrice culturale.

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Milano, giugno 2008, Centro Aiuto alla Vita Mangiagalli. Lyzbeth, originaria dell’Ecuador controlla il peso durante la visita ginecologica.

Milano, aprile 2008, Centro Aiuto alla Vita Mangiagalli. Lindsay, nata da mamma del Salvador, durante

il controllo del peso alla visita pediatrica.

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Milano, maggio 2008, Centro di salute e ascolto donne straniere ed i loro bambini, Ospedale San Paolo. Rawda, bimba egiziana con la mamma e la sorellina Samar al controllo dell’altezza durante la visita pediatrica.

Milano, giugno 2008, Centro di salute e ascolto donne straniere ed i loro bambini, Ospedale San Carlo. Saraa, nata da genitori egiziani, durante la visita pediatrica.

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Milano Ospedale San Paolo, 22 agosto 2008. Il primo vagito di

una neonata nata da genitori srilankesi a Milano.

Milano Ospedale San Paolo, 22 agosto 2008. Tasmi, 28 anni, srilankese, al parto della secondogenita affiancata dal compagno Rawil.

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Isabella De Maddalena

Isabella De Maddalena nasce a Santa Margherita Ligure (Ge) il 2 agosto 1978.Nel 2002 si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Si specializza in fotogiornalismo alla “Danish School of Media and Journalism” di Aarhus, in Danimarca. All’età di 21 anni inizia a lavorare maturando una lunga esperienza in studi fotografici di moda e still-life a Milano e, per un periodo, a Londra. Dopo uno stage all’agenzia Contrasto, è assistente del fotografo Stefano De Luigi. Concentra la sua attenzione su progetti fotografici legati al sociale, con particolare interesse a tematiche riguardanti il mondo femminile e l’immigrazione. Nel corso del 2008 realizza un progetto sulla maternità delle donne straniere in Italia, pubblicato sul settimanale “Io Donna”, inserto del Corriere Della Sera.Ha collaborato con diverse riviste tra le quali “Women’s Wear Daily” e “IL - Intelligence in Lifestyle”.

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Milano, ottobre 2008, Ospedale San Carlo. Racheal, 35 anni, nigeriana di Lagos con il piccolo Alessandro, tre giorni di vita, nel reparto maternità.

Milano, ottobre 2008, Ospedale San Carlo. Karin originaria di Lima, Perù, con il primogenito Cortez, tre giorni di vita, all’Ospedale San Carlo. Karin vive a MIlano da 6 anni.

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SENZA VELOLucio Cavicchioni ISSUE #7 - SPRING/2011

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Il velo nasconde, protegge, reprime, rispetta, domina le donne. Chi ha la risposta giusta di certo sbaglia.

Per presentare il servizio fotografico di Lucio Cavicchioni, abbiamo pensato di dare la parola a una donna. Shirin Neshat, artista contemporanea e fotografa di fama internazionale, è nata in Iran e da anni si occupa con le sue opere della condizione femminile, in particolare rispetto al mondo dell’Islam. Vi riportiamo un brano preso da una sua intervista in merito alla complessa questione del velo, questione di fronte alla quale chiunque usi la testa non può avere una opinione salda e univoca.

“Credo sia una caratteristica del femminile il non pensare a una visione dualistica dell’esistenza. [...] L’interesse per il velo nasce per me proprio dalla sua natura ambigua nella società Islamica: il velo protegge le donne dall’essere considerate un oggetto, dotandole di rispetto, e contemporaneamente nasce dalla consapevolezza degli uomini dell’incapacità di controllare la propria sessualità, costringendo le donne a coprirsi. Ma la rivoluzione ha costretto le donne ad occupare ruoli pubblici, mettendole su un uguale posizione con gli uomini. Il velo è anche un atto politico: le donne che vestono il velo mostrano la loro solidarietà alla lotta contro l’occidentalizzazione della loro società, e così il velo diviene anche un simbolo della battaglia contro l’imperialismo. Le interpretazioni del velo sono molteplici, ed è un segno dei tempi iniziare a parlarne. È un argomento che non cesserà presto di generare controversie”.

TestodiNiccolòdeMojana

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LA VERSIONE DI DIDIOlivia Gozzano ISSUE #7 - SPRING/2011

Quand seri giuina e stavi in ludovica fu minga per vantam

seri un belè

Andavi in sui bastiuna a fa la vita

ma la mia vita l’era un ruchetè.

I volt che el me basava stu ligera

el me streffava fin i pann che dos

mi me sentivi e cu andà in scundera

e me scurlivi tuta fin ai os

e me scurlivi tuta pè stu ligera

Avù le giù stasira sura la gazeta de vun che l’han catà

cunt i danè

fa su cunt el comercio della streppa

quel lì a l’era propi el ruchetè.

Quand seri guina e stavi in Ludovica stà insema a stu

balurd

se l’era bel anca se dent per dent el me seurliva

el me cunsciava tuta d’un murel.

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Reduce da un passato dimenticato, Didi canta da sempre le gesta della Ligera, la leggendaria malavita popolare di Milano.

Olivia Gozzano è fotografa a Milano, città che ha vissuto e amato con tanti conflitti, che ha lasciato e rincontrato più volte.

Gli occhi di Olivia sono l’obiettivo che racconta e “giustifica” il suo amore per questa città. Milano è una Signora, a volte elegante, sinuosa e maliziosa, a volte popolare, spigliata e intrigante. La Milano che non c’è più rivive nel personaggio di Didi Martinaz, cantante simbolo della Ligera, la mala milanese del dopoguerra. Testimonianza che rievoca un frammento della Milano passata, che l’ha vista regina dei locali dell’epoca fra cui il mitico Derby Club e, ultimamente, con “Milanoir, Milanuit” di Piero Colaprico. Così ritroviamo nelle sue canzoni il piccolo ragioniere che porta a battere la vecchia Maria con il motorino, il pittore di madonne vessato dal “ghisa”, la casa di ringhiera abbattuta da ruspe “impazienti”, la prostituta triste ne la “Ligera”.

Lei, Didi Martinaz, artista che è parte della storia di Milano, presta il proprio volto ai personaggi nati dalla sua creatività, gli stessi personaggi raccolti dallo sguardo profondo dell’obiettivo di Olivia Gozzano che vuole celebrare il coraggio della femminilità.

Le immagini sono accompagnate dai testi delle canzoni scritte dalla cantante.

TestodiDavideAtomoTinelli

Avù le giù stasira sura la gazeta de vun che l’han catà cunt i danè

fa su cunt el comercio della streppa

quel lì a l’era propi el ruchetè.

Quand seri guina e stavi in Ludovica stà insema a stu balurd

se l’era bel anca se dent per dent el me seurliva

el me cunsciava tuta d’un murel.Poeu el me basava tener, e mi slinguiva

Lu el me purtava semper i calset de seda

de quei rigà de negher sul calcagn

poeu el me sugavatuta la muneda

p’andala a gool insema ai so tusan

Ma un dì che u fa in ment quand seri ciula

e lu mandà de bott a quel paes

ma da quel dì me sun sentida sul

cumpagn di gandulitt in di seires

E tut perchè sun senza el me ligera.

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Faccio finta di essere una Sciùra in visita...

Oh, signora mia , ma non ci posso credere...

U Signur...ma va a da via el cu!

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Da sinistra:

Sto aspettando qualcuno ma non so chi...

Sento un rumore... sarà mica un segno del signore?

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La mia cà de ringhera ti accoglieva ogni ora coi suoi mille rumori

Ti tendeva le braccia e ti proteggieva dal mondo di fuori

se bevevi o cantavi ridevi o piangevi

pregavi o insultavi

il naviglio scorreva un pò giallo e un pò nero senza darsi pensiero

La mia cà de ringhera con un dio milanese e dei Cristi barboni

concepiti per caso messi al mondo per sbaglio da Marie di bastioni

In ciabatte di ferro grembiule di calce biancheria di mattoni

Si vestiva da sera per ricever l’amico che era stato in galera

La mi cà de ringhera era l’alba e la sera per più di una vita

consumata in silenzio fra odore di nebbia e di verza bollita

Ha sorriso con sfida al signore distinto che con tono annoiato

annunciava che lì si doveva far posto ad un supermercato.

Su di lei una mattina

una ruspa impaziente si è sfogata con rabbia

riducendola in breve in frantumi di sogno

in ricordi di sabbia

ammucchiate da parte contorte e spezzate

le vecchie ringhiere

Solamente il naviglio le ha offerto il suo pianto

di lacrime nere.

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Sono senza titolo... Tranquillità vuol dire non rinnegare un passato

veramente vissuto anche se era sbagliato.

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Era un piccolo ragioniere quasi buono per la apensionecon un grande sogno proibito diventare un nuovo Al Capone Si ma non sopportando il sangue on essendo lesto di mano gli restava una strada aperta iniziare come ruffiano lui andava col motorino un mosquito comprato a rate e la notte girovagava per le strade più malfamate lui andava col motorino e nei bar della malavita confidava me lo son fatto con la donna che fa la vita Ormai con la Maria non ci andava neppure un caneandava a ottant’anni poteva dirsi la decana delle puttane Ma un sera con decisione lui le disse sarò il tuo uomo la Maria che era un poco sorda gli rispose “C’è il lago a Como”.

Era un ras della mala occho torvo e la facci adura Che importav se i suoi colleghi qusi tutti avevan la Miura Che importava se la Maria non gli dava un bel accidente tanto più che della faccenda non aveva capito niente lui andava col motorino un mosquito comprato a rate e la notte girovagava per le strade più malfamate Lui andava col motorino e nei bar della malavitaconfidava me lo son fatto con la donna che fa la vita.

Una volta era quasi l’alba capitò su per i bastioni mentre c’era un pestaggio in corso fra i ruffiani di due fazioni senza starci a pensar due volte saltò subito in merzzo a quelli dopo un pò si trovaron tutti in via Fatebenefratelli. Alle dieci della mattina la questura li ha rilasciati Han ripreso le fuoriserie // le Ferrari e le Maserati solo un tale con il mosquito si prepara al trasferimento alla volta di S.Vittore arrestato per sfuttamento. Lui andava col motorino un mosquito comprato a rate e la notte girovagava per le strde più malfamate Lui andava col motorino e nei bar della malavita confidava me lo son fatto con la donna che fa la vita...

Olivia Gozzano

Nata a Roma, cresciuta a Milano da una famiglia di fotografi, sin da piccola abituata a vivere tra lampade, riflessi e artisti, dopo aver frequentato il liceo artistico inzio a fare l’assistente fotografa di still life,moda,pubblicità bambini. Pur essendo sempre appassionata di fotografia, lavoro nel campo della televisione e dello spettacolo come attrice. La mia personalità mi mette nel cammino esplorativo delle varie realtà sociali ed emotive che mi portano ad avventurarmi a fare i lavori più disparati. Dieci anni fa decido di tornare sui miei passi di fotografa, imparo ad usare Photoshop e riprendo a fare fotografie in digitale. Dopo aver vissuto a Roma, Montepulciano e negli ultimi anni a Siena, nel 2008 torno a vivere a Milano. La mia ricerca (fotografica sì, ma non solo) è infinita ed attualmente lavoro come free lance per lavori di posati, attualità e ritratti.

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BURLESQUE VOODOOZoe Vincenti ISSUE #7 - SPRING/2011

Milano, Connie Douglas.

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Il burlesque come moda, come business, come intrattenimento, come tradizione, come forma d’arte.

Questo lavoro nasce negli ultimi mesi del 2009 e si sviluppa lungo tutto il 2010.

Da sempre attratta dalle sottoculture, dalle tribù metropolitane e dall’umanità “non allineata” sono entrata in contatto con il mondo del Neo Retrò e del burlesque proprio nel momento in cui, da movimento underground e di nicchia si è trasformato in fenomeno di massa.

Ho conosciuto i ragazzi della Voodoo De Luxe (ora una delle agenzie di Burlesque più famosa in Italia) durante una delle loro prime serate a Milano. Questo incontro mi ha aperto le porte di una realtà molto estesa nel tempo e nello spazio, qui in Italia e non solo. È stata da subito

fascinazione, non soltanto per quello che i miei occhi potevano vedere, ma per l’intera aurea che avvolgeva ognuno dei personaggi che incontravo di volta in volta. Non c’è solo il burlesque e l’amore per lo stile Retrò, c’è un intero stile di vita dietro ad ognuna delle persone che ho conosciuto.

Ho cercato di raccontare quanto sia forte la sensazione di essere altrove in questi incontri, di come queste persone vivano come in una realtà parallela a quella contemporanea quando si trovano assieme.

La tribù dei Neo Retrò ha il suo mondo, i suoi riti, i suoi codici e in queste immagini ho voluto mostrarne una parte.

Milano, Apollo Dancing. Milano, Apollo Dancing.

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Milano, Connie Douglas.

Milano, Connie Douglas.

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Milano, Connie Douglas.

Milano, Connie Douglas.

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Milano, Apollo Dancing.

Milano, Apollo Dancing.

Da sinistra:

Milano, Connie Douglas.

Milano, Apollo Dancing.

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Milano, Connie Douglas.

Milano, Apollo Dancing.

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Zoe Vincenti

Vincenti nasce a Milano nel 1975 dove attualmente vive e lavora. Si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera e dal 1996 inizia ad esprimersi con il mezzo fotografico frequentando i corsi tenuti da diversi fotografi Americani ed Europei. Il primo approccio con la fotografia è di tipo artistico, i suoi primi lavori raccontano del rapporto tra se, i luoghi ed il proprio corpo. Nel 1998 viene selezionata per esporre durante il festival Enzimi e successivamente alla Biennale dei giovani artisti dell’Europa e del Mediterraneo tenutasi a Roma. Nel 2000 sceglie di compiere una deviazione di percorso e trascorre i futuri 7 anni come performer in una rock band Italiana, suonando costantemente tra Italia ed Europa. Dopo tutti questi anni torna a lavorare con il mezzo fotografico, questa volta con un approccio più documentaristico. Dal 2008 lavora come fotografa freelance nell’editoria, discografia e su progetti personali legati a storie e temi sociali. Le sue immagini sono state pubblicate su diversi magazines come: The Oprah Magazine (Usa), Wirtshafts Woche (De), Tempo(Tr), A/Anna(It), Wired(IT), Playboy (It), Cosmopolitan (It), Internazionale (It), Riders (It).

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Milano, Apollo Dancing.

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LEADER SI NASCE, CHEER SI DIVENTAVincenzo Cammarata ISSUE #7 - SPRING/2011

In palestra - Palestra dello Stadio Brianteo di Monza,

Novembre 2009, allenamento Milano Cheers. In attesa delle

nuove divise.

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American Beauty all’italiana, viaggio nella provincia alla scoperta di giovani apprendiste cheerleader, tra minigonne, trucco e sudore.

Ormai sono ovunque, compaiono in video musicali e vanno in TV partecipando a spot e show. Ma quando questo racconto ebbe inizio, erano fra le prime. A Milano.

Ottobre: una piccola news sul web annunciava le selezioni di una nuova squadra di Cheerleading. Selezioni e allenamenti si tenevano nel sottogradinata dello Stadio Brianteo di Monza, linoleum verde e cemento armato grigio a vista. In questo caso la curiosità è uomo: decido di presentarmi alle selezioni. Al solo scopo documentativo, ovviamente, anche se più tardi scoprirò che la prima cheerleader, nel 1898, si chiamava Johnny e si faceva la barba come me.Dal Brianteo a San Siro il passo è breve se si passa dagli spalti del Vigorelli coordinando i cori per i Rhinos (Football Americano, campionato IFL), e a maggio mi ritrovo al centro campo del Meazza a ritrarre l’emozione di circa una dozzina di ragazze in divisa nel tempio milanese dello sport che si esibiscono durante una triangolare “del cuore”.

A dispetto dei numerosi luoghi comuni alla American Beauty, essere cheerleader è una missione. La cheer si allena, suda, soffre, cade, si rialza e si emoziona come qualsiasi altra atleta. Di più. Come una squadra.è questo l’aspetto più nobile della disciplina, vivere in una dimensione plurale piuttosto che singola, imparando ad anteporre il noi all’io, fidandosi degli altri.Questo l’ingrediente principale. La consapevolezza di costruire insieme qualcosa di bello che, per funzionare bene e senza incidenti, ha bisogno di dover puntare tutto sulla fiducia reciproca: la certezza di poter contare sempre su ciascuna delle proprie compagne.

Il trattamento dell’immagine e l’estetica ricercata nella composizione è funzionale ad un racconto distaccato, divertito e, a tratti, ironico testimone dell’impegno che le ragazze, tutte ragazze comuni, dimostrano di avere durante la prima stagione di uno sport ancora esotico.

Riscaldamento - Velodromo Vigorelli di Milano, Aprile 2010, esibizione Milano Cheers. Le ragazze si riscaldano.

Worming-up - Palestra dello Stadio Brianteo di Monza, Novembre 2009, allenamento Milano Cheers. Riscaldamento.

Flyer - Palestra dello Stadio Brianteo di Monza, Novembre 2009, allenamento Milano Cheers. Valentina (flyer) sorretta dalle compagne si prepara ad eseguire una figura.

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Make-up - Spogliatoi del Velodromo Vigorelli di Milano, Aprile 2010, esibizione Milano Cheers. Il make-up è parte integrante della preparazione di un esibizione.

Bordocampo - Velodromo Vigorelli di Milano, Aprile 2010,

esibizione Milano Cheers. Fra un coro e l’altro, l’ordine è

essenziale per l’immagine della squadra.

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Motivazione - Stadio Meazza - San Siro di Milano, Maggio 2010, La coach prepara le ragazze in occasione del triangolare di calcio in beneficenza Derby della Madonnina.

Pom pon - Velodromo Vigorelli di Milano, Aprile 2010, esibizione Milano

Cheers. I pom pon completano la divisa. Lo scopo è quello di rendere

più visibili e coreaografici i movimenti durante i cori e le esibizioni.

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Cheers - Velodromo Vigorelli di Milano, Aprile 2010, esibizione Milano Cheers. Valentina, la coordinatrice dei cori, infortunata ad un braccio, partecipa incitando le compagne e guidando i cheers.

Dall’alto:

Durante l’incontro - Velodromo Vigorelli di Milano, Aprile 2010, esibizione Milano

Cheers. Coreografie e cori durante la partita di Football americano.

Teamwork - Velodromo Vigorelli di Milano, Aprile 2010, esibizione Milano Cheers.

La squadra tutta intera collabora alla realizzazione della coreografia acrobatica.

In questa figura, le flyer in extension vengono sorrette dalle basi e aiutate dalle

spotter.

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Baby-doll - Stadio Meazza - San Siro di Milano, Maggio 2010, triangolare di calcio

in beneficenza Derby della Madonnina. Figura acrobatica.

Rocket - Stadio Meazza - San Siro di Milano, Maggio 2010, triangolare di calcio

in beneficenza Derby della Madonnina. Figura acrobatica.

Stella Stellina - Velodromo Vigorelli di Milano, Aprile 2010, esibizione Milano Cheers. Stella Stellina al secolo Maria Famà (40) - Base e Flyer.

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Zoe Vincenti

Nato a Palermo nel 1978 si diploma nel 2000 in graphic design dove si avvicina alla fotografia (Accademia di Comunicazione di Milano). Grafico e Web designer della prima ora a Milano e Locarno (dove attualmente risiede), nel 2007 consegue il MSc in Corporate Communication presso l’USI (Università della Svizzera Italiana) di Lugano occupandosi di tematiche relative all’influenza del web 2.0 sulla cultura aziendale. Nel 2007 grazie alla Scuola del Viaggio, una summer school universitaria orientata al reportage di viaggio, riscopre la fotografia come strumento per lo storytelling. Nel 2009 frequenta a Milano la prima edizione del corso di Alta Formazione in Fotogiornalismo di Contrasto. Decide, quindi, di lasciare il precedente posto di lavoro (ufficio stampa di una compagnia aerea basata a Lugano) e di fare “il salto”, dedicandosi a tempo pieno all’attività di fotoreporter freelance e di fotocomunicatore. Grazie alla formazione eterogenea in comunicazione, approfondisce la sua ricerca fotografica indagando le applicazioni del racconto fotografico al campo della corporate comunication... da cui ne fa derivare la Corporate Photocommunication.Nel 2010, insieme ad altri quattro fotografi conosciuti durante il corso di Contrasto, fonda il collettivo Fos - Focus on Stories, che ha come scopo quello di garantire non solo una elevata qualità fotografica e interpretativa ma, soprattutto storie interessanti di realtà e persone spaziando dal reportage di costume al reportage sociale. Ha pubblicato in Italia su “Io Donna” e collabora attivamente con due settimanali in Svizzera.

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Il reportage è stato pubblicato il 28 agosto del 2010 su “Io Donna” - RCS, contribuendo in modo significativo alla notorietà di questo sport in Italia: pdf sfogliabile del servizio pubblicatoVisitate il sito della Federazione Italiana CheerleadingGuarda il servizio onlineCommenta il servizio sul blog di MilanoCittàAperta

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Le Milano Cheers (oggi All Star Milano) - Velodromo Vigorelli di Milano, Aprile 2010, esibizione Milano Cheers. La squadra.

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MISEXGiovanni Hänninen ISSUE #7 - SPRING/2011

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Simile a un tempio dedicato al corpo femminile, il Mi-Sex raccoglie ogni anno migliaia di adepti che lottano per un posto in prima fila.

Qualche amico, un pomeriggio libero da mogli, amanti e fidanzate, un po’ di noia per la vita di tutti i giorni. Ed ecco che ci si organizza per un’inconsueta gita fuoriporta a Milanofiori.

In ognuno dei due appuntamenti annuali del MiSex, sono migliaia gli uomini che si riuniscono, animati da un comune spirito cameratesco. Maschi di tutte le età si muovono fra i vari stand alla ricerca di una trasgressione facile, all’interno di un meccanismo che la rende accettabile. Anzi, tollerabile anche da quelle mogli (o facenti funzione) che hanno concesso ai mariti una scappatella pubblica, come avrebbero fatto con un bambino che vuole giocare, invece di fare i compiti.

Goliardia, complicità maschile, l’idea di infrangere le regole (almeno per un giorno). Ognuno ha le proprie aspettative, ma non è la soddisfazione dei loro desideri l’aspetto allettante. Non conta tanto il risultato, quanto l’esperienza. È come un’iniziazione in cui ogni maschio deve superare diverse prove prima di diventare uomo. Novelle sacerdotesse offrono le loro carni su un palcoscenico/altare e gli astanti/adepti bramano e lottano per averne un pezzetto. È una sorta di rito orgiastico contemporaneo in cui si celebra la sensualità nella sua dimensione esclusivamente fisica. Si adora il sesso, eccitati dal suo odore. Si annusa, si guarda, si sfiora. Poco di più.

Il resto si lascia all’immaginazione. No, non a quella in mezzo alle lenzuola. L’immaginazione da bar, dove ognuno dei partecipanti a questo pomeriggio particolare racconterà la sua versione degli eventi. In fondo, non è importante ciò che si è realmente fatto, quanto quello che si può raccontare, sicuri di non essere traditi dai propri compagni d’avventura.

TestodiAlbertoAmoretti,scrittoreesceneggiatore.

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Giovanni Hänninen

Giovanni Hänninen nasce a Helsinki nel 1976. Metà finlandese, metà siciliano, è cresciuto a Milano. Ha conseguito un dottorato in Ingegneria aerospaziale e continua a collaborare con il Politecnico di Milano nell’ambito della didattica. Nella sua carriera da fotografo ha pubblicato molti reportage con riviste nazionali e internazionali (Io donna, D di Repubblica, Riders -IT-, Rolling Stone -IT-, Playboy -IT-, L’Officiel -FR-) e collaborato a due libri di urbanistica (Milano Downtown e L’abitare collettivo). Da bambino sviluppava i suoi primi scatti nel bagno di casa, trasformato in camera oscura, mentre sognava di diventare un ingegnere. Oggi vuole ancora studiare la realtà come uno scienziato, attraverso una lente. Quella della sua macchina fotografica.

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