MIA - Engels_ La Questione Delle Abitazioni - Prima Parte

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10/9/2014 MIA - Engels: La Questione delle Abitazioni - Prima Parte http://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1872/abitazioni/qa-1pa.htm 1/16 [ Indice de La Questione delle Abitazioni ] La Questione delle Abitazioni Prima Parte: In che modo il problema della casa viene risolto da Proudhon Nel numero 10 e seguenti di Volksstaat si trova una serie di sei articoli sulla questione dell'abitazione, che merita d'essere letta attentamente per l'unica ragione che - a prescindere da certi retorciumi degli anni Quaranta, passati di moda da un pezzo - rappresenta il primo tentativo di trapiantare in Germania la scuola di Proudhon. È, in questo, un regresso così enorme rispetto a tutto il processo evolutivo del socialismo tedesco (che già venticinque anni or sono fu proprio esso a dare il colpo di grazia alle fantasie proudhoniane [7] ) che vale la pena di controbattere immediatamente questo tentativo. La cosiddetta carestia di alloggi, di cui oggigiorno si fa un così gran discorrere sulla stampa, non sta nel fatto che la classe operaia viva per lo più in abitazioni scadenti, strapiene e malsane. Questa carestia non è qualcosa che sia peculiare del presente; non è neppure una delle pene che siano peculiari del proletariato moderno e lo distinguono da tutte le classi oppresse d'altri tempi: al contrario, ha colpito in misura abbastanza uniforme tutte le classi oppresse d'ogni tempo. Per mettere fine a questa penuria di abitazioni, non vi è che un mezzo: eliminare lo sfruttamento e l'oppressione della classe lavoratrice da parte della classe dominante. Quel che oggi s'intende per crisi degli alloggi non è che un particolare acutizzarsi delle già cattive condizioni abitative dei lavoratori, provocato dall'improvviso afflusso demografico verso le grandi città: un enorme aumento dei canoni d'affitto, un ancor più pronunciato pigiarsi di inquilini in ogni singolo caseggiato, e per taluni l'impossibilità di trovare un alloggio qualsiasi. E questa penuria di abitazioni fa parlare tanto di sé per la sola ragione che non è limitata alla classe operaia, ma colpisce altresì la piccola borghesia. La scarsezza di alloggi di cui soffrono i lavoratori e una parte dei piccoli borghesi delle nostre città moderne è uno degli inconvenienti minori, secondari, che derivano dall'odierno modo di produzione capitalistico. Non è affatto una conseguenza diretta dello sfruttamento del lavoratore in quanto lavoratore da parte dei capitalisti. Questo sfruttamento è il male radicale, che la rivoluzione sociale intende eliminare eliminando il sistema capitalistico di produzione. Ma la pietra angolare di quest'ultimo è il fatto per cui il nostro attuale ordinamento sociale mette i capitalisti in condizione di comperare la forza lavoro dell'operaio al suo valore, e di ricavarne però più del suo valore, facendo

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    [ Indice de La Questione delle Abitazioni ]

    La Questione delleAbitazioni

    Prima Parte: In che modo ilproblema della casa viene risolto

    da Proudhon

    Nel numero 10 e seguenti di Volksstaat si trova una serie di sei articoli sulla questionedell'abitazione, che merita d'essere letta attentamente per l'unica ragione che - aprescindere da certi retorciumi degli anni Quaranta, passati di moda da un pezzo -rappresenta il primo tentativo di trapiantare in Germania la scuola di Proudhon. , inquesto, un regresso cos enorme rispetto a tutto il processo evolutivo del socialismotedesco (che gi venticinque anni or sono fu proprio esso a dare il colpo di grazia allefantasie proudhoniane [7]) che vale la pena di controbattere immediatamente questotentativo.

    La cosiddetta carestia di alloggi, di cui oggigiorno si fa un cos gran discorrere sullastampa, non sta nel fatto che la classe operaia viva per lo pi in abitazioni scadenti,strapiene e malsane. Questa carestia non qualcosa che sia peculiare del presente; non neppure una delle pene che siano peculiari del proletariato moderno e lo distinguonoda tutte le classi oppresse d'altri tempi: al contrario, ha colpito in misura abbastanzauniforme tutte le classi oppresse d'ogni tempo. Per mettere fine a questa penuria diabitazioni, non vi che un mezzo: eliminare lo sfruttamento e l'oppressione della classelavoratrice da parte della classe dominante. Quel che oggi s'intende per crisi deglialloggi non che un particolare acutizzarsi delle gi cattive condizioni abitative deilavoratori, provocato dall'improvviso afflusso demografico verso le grandi citt: unenorme aumento dei canoni d'affitto, un ancor pi pronunciato pigiarsi di inquilini inogni singolo caseggiato, e per taluni l'impossibilit di trovare un alloggio qualsiasi. Equesta penuria di abitazioni fa parlare tanto di s per la sola ragione che non limitataalla classe operaia, ma colpisce altres la piccola borghesia.

    La scarsezza di alloggi di cui soffrono i lavoratori e una parte dei piccoli borghesi dellenostre citt moderne uno degli inconvenienti minori, secondari, che derivanodall'odierno modo di produzione capitalistico. Non affatto una conseguenza direttadello sfruttamento del lavoratore in quanto lavoratore da parte dei capitalisti. Questosfruttamento il male radicale, che la rivoluzione sociale intende eliminare eliminandoil sistema capitalistico di produzione. Ma la pietra angolare di quest'ultimo il fatto percui il nostro attuale ordinamento sociale mette i capitalisti in condizione di comperarela forza lavoro dell'operaio al suo valore, e di ricavarne per pi del suo valore, facendo

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    lavorare l'operaio pi a lungo di quanto non sia necessario per riprodurre il prezzopagato per la forza lavoro. Il plusvalore prodotto in tal modo viene ripartito nell'ambitodell'intera classe dei capitalisti e dei proprietari, inoltre tra i loro servi prezzolati, dalPapa e dall'imperatore fino all'ultima guardia notturna e pi in gi ancora. Come sieffettui questa ripartizione non ci interessa in questa sede; una cosa certa: tutti coloroche non lavorano possono vivere, appunto, solo dei ritagli di questo plusvalore, cheaffluisce loro in un modo o nell'altro. (cfr. Marx, Il Capitale, la dove si parla di questoper l prima volta).

    Il plusvalore prodotto dalla classe lavoratrice viene tolto a quest'ultima senza che le siapagato e viene ripartito fra le classi che non lavorano, e questa ripartizione si effettuatra litigi assai edificanti e imbrogli reciproci; svolgendosi essa per via di compravendita,uno dei suoi precipui punti di forza l'abbindolamento dei compratori da parte delvenditore, e nel commercio al minuto, soprattutto nelle grandi citt, questo diventatoattualmente una vera e propria condizione di vita per i rivenditori. Ma quando illavoratore viene imbrogliato dal suo bottegaio o dal suo fornaio sul prezzo o sulla bontdella merce, ci gli capita non per la sua specifica qualit di lavoratore. Al contrario,non appena una certa misura media di turlupinatura diviene la regola sociale in un datoluogo, a lungo andare dovr trovare necessariamente la sua compensazione in uncorrispondente aumento di salario. Il lavoratore si pone di fronte al merciaio comecompratore, cio come un possessore di denaro o di credito, e quindi per niente affattonella sua qualit di lavoratore, cio come venditore di forza lavoro. La turlupinaturapu colpirlo, come in generale colpisce la classe pi povera, pi duramente di quantonon faccia con le classi sociali pi ricche, ma non un male che lo colpisca in esclusiva,che sia peculiare della sua classe.

    Esattamente lo stesso avviene per la penuria di abitazioni. In certe zone, specie inquelle site al centro, l'estendersi delle grandi citt moderne conferisce alla proprietfondiaria un valore artificiale, che spesso aumenta sino a livelli vertiginosi; gli edificiche vi sono costruiti sopra, invece di elevare tale valore, lo abbassano, giacch noncorrispondono pi alle mutate condizioni; li si demolisce e li si sostituisce con altri. Ciavviene soprattutto nelle abitazioni di operai site nel centro urbano, il cui affitto,nemmeno in condizioni di massimo sovraffollamento, pu superare un certomassimale, o lo supera solo con estrema lentezza. Le si demolisce e al loro posto sicostruiscono negozi, depositi di merci, edifici di interesse pubblico. Per mezzo del sulHaussmann di Parigi, il bonapartismo ha sfruttato al massimo questa tendenza a favoredella speculazione e dell'arricchimento privati; ma lo spirito di Haussmann passatoanche per Londra, Manchester e Liverpool, e sembra sentirsi a casa sua anche a Berlinoe a Vienna. Ne risulta che dal centro delle citt gli operai sono scacciati verso laperiferia, che le abitazioni per operai, o comunque piccole, si fanno rare e care e spessoaddirittura introvabili; in condizioni del genere, infatti, l'industria edilizia, a cuiabitazioni pi care offrono un campo di speculazione di gran lunga migliore, costituirsolo per eccezione case per i lavoratori.

    indubbio, quindi, che la crisi dei fitti colpisce i lavoratori pi duramente di qualsiasiclasse pi agiata; ma n pi n meno degli imbrogli del merciaio, essa costituisce unmale che non opprime esclusivamente la classe operaia e, per quanto riguardaquest'ultima, a certe condizioni di intensit e durata, deve trovare una certa qualecompensazione economica.

    di queste pene comuni alla classe operaia e alle altre, e segnatamente alla piccolaborghesia, che si occupa di preferenza il socialismo piccolo-borghese, al quale

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    appartiene anche Proudhon. Non quindi un caso che il nostro proudhoniano tedescosi sia impadronito soprattutto della questione della casa che, come s' visto, non affatto esclusiva degli operai, e che, al contrario, egli la dichiari per una vera edesclusiva questione operaia.

    "Quel che l'operaio salariato di fronte al capitalista, lo il locatario difronte al padrone di casa".

    completamente falso.

    Nella questione delle abitazioni abbiamo due parti che si fronteggiano: il locatario ed illocatore (o proprietario della casa). Il primo intende acquistare dall'altro il temporaneouso di un'abitazione; egli ha denaro o credito, anche se questo credito deve acquistarloa prezzo d'usura dal proprietario stesso dell'immobile con un aumento d'affitto. Sitratta di una semplice vendita di merce; non un negozio tra proletario e borghese, fralavoratore e capitalista; il locatario, anche se lavoratore, si presenta come personadotata di mezzi, uno che deve aver gi venduto la sua propria merce, cio la forzalavoro, per potersi presentare, con il ricavato di questa, quale compratore dell'usufruttodi un'abitazione, oppure deve poter offrire garanzie dell'imminente vendita della suaforza lavoro. Qui mancano del tutto i risultati peculiari che la vendita della forza lavoroha sui capitalisti. Il capitalista fa produrre in primo luogo il valore della forza lavoroacquistata, ma in secondo anche un plusvalore, che resta provvisoriamente nelle suemani, con la riserva di essere ripartito fra la classe dei capitalisti. Qui, dunque, siproduce un valore eccedente, per cui viene aumentato il totale complessivo del valore adisposizione. Tutt'altro avviene nel negozio di locazione. Quale che sia l'entit dellatruffa che il locatore voglia compiere ai danni del locatario, si ha pur sempre untrasferimento di valore gi esistente, prodotto in precedenza, e il totale del valore inpossesso comune del locatario e del locatore resta lo stesso di prima. Il lavoratore, glipaghi il capitalista del lavoro compiuto al di sotto, al di sopra o al giusto prezzo del suovalore, viene sempre truffato di una parte del prodotto del suo lavoro; il locatario,invece lo solo se deve pagare l'abitazione al di sopra del suo valore reale. Significa,quindi, stravolgere totalmente il rapporto fra locatario e locatore il pretendere diequipararlo a quello tra lavoratori e capitalisti. Al contrario, abbiamo a che fare con unnegozio di mercato del tutto comune fra due cittadini, e questo negozio si svolgesecondo le leggi economiche che regolano in generale la vendita di merci, e in specie lavendita di quella merce che la propriet fondiaria. Nel computo entrano in primoluogo i costi di costruzione e di manutenzione della casa o della parte di essa inquestione; viene in secondo luogo il valore del suolo, condizionato dalla posizione pi omeno vantaggiosa dell'edificio; a decidere in modo definitivo lo stato attuale delrapporto fra domanda e offerta. Nella testa del nostro proudhoniano questo semplicerapporto economico si esprime come segue:

    "Una volta costruita, la casa serve come titolo perenne di diritto a unadeterminata frazione del lavoro sociale, anche qualora gi da tempo invalore reale della casa sia pagato in misura pi che sufficiente alproprietario sotto forma di canone d'affitto. Avviene quindi che una casa,fabbricata ad esempio cinquant'anni fa, durante questo tempo abbia copertocon i proventi delle sue pigioni il prezzo di costo originario due, tre, cinque,dieci volte".

    Qui abbiamo subito davanti Proudhon tutto intero. In primo luogo si dimentica che lapigione deve non solo ammortizzare i costi di costruzione dell'edificio, bens anche

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    coprire le spese di riparazione, l'importo di pesanti debiti, di affitti non pagati, comepure l'eventuale onere dell'appartamento sfitto, e infine scontare a rate annuali uncapitale di costruzione impiegato in un edificio che deperisce e col tempo divieneinabitabile e privo di valore. Si dimentica, in secondo luogo, che la pigione deveindennizzare altres l'aumento del valore dell'area su cui sorge l'edificio, e quindi unaparte di essa consiste in rendita fondiaria. pur vero che il nostro proudhonianodichiara subito che, verificandosi senza concorso del proprietario dell'area,quest'aumento di valore spetta per diritto non a lui, bens alla societ; ma egli non sirende conto che in tal modo postula in realt l'abolizione della propriet terriera: unpunto sul quale non possiamo entrare in merito ora, perch il farlo ci porterebbe troppolontano. Non si rende conto, infine, che in tutto il negozio non si tratta minimamente diacquistare la casa, bens solo l'usufrutto di essa per un tempo determinato. Proudhon, ilquale non si mai curato delle condizioni reali, effettive, in cui si svolge un qualsiasifenomeno economico, naturale che non sappia spiegarsi come in certi casi il prezzo dicosto originario di una casa sia pagato, sotto forma di pigione, dieci volte nel giro dicinquant'anni. Anzich studiare la questione, tutt'altro che difficile, sul pianoeconomico e accertare se essa sia realmente, e come, in contraddizione con le leggieconomiche, se la cava con un audace salto dall'economia alla giurisprudenza: "unavolta costruita, la casa serve come titolo perenne di diritto" a un determinatopagamento annuo. Sul come ci avvenga, come la casa diventi un titolo giuridico,Proudhon tace completamente. Ed invece proprio ci che avrebbe dovuto spiegare. Seavesse studiato la questione, egli avrebbe trovato che tutti i titoli giuridici di questomondo, per perenni che vogliano essere, non conferiscono ad una casa la capacit diricevere, come pagamenti di pigione, dieci volte superiori il suo prezzo di costo nel girodi cinquant'anni, ma che sono capaci di tanto solo condizioni puramente economiche(che possono essere socialmente riconosciute sotto forma di titoli giuridici). Ed ecco,quindi, che egli tanto lontano dalla soluzione quanto lo era all'inizio.

    Tutta la dottrina proudhoniana poggia su questo salto dalla realt economica allefrasette giuridiche. Ogni qual volta al buon Proudhon scappa di mano il contestoeconomico - e ci gli capita in ogni questione di una certa seriet - egli si rifugia nelcampo del diritto e si appella alla giustizia eterna.

    "Il Proudhon inizia con l'attingere il suo ideale della giustizia, la justiceternelle, dai rapporti giuridici corrispondenti alla produzione delle merci,con il che, sia detto di passata, vien fornita anche la dimostrazione, cosconsolante per tutti i borghesucci, che la forma della produzione delle merci eterna come la giustizia. Poi, viceversa, vuole rimodellare la produzionereale delle merci e il diritto reale ad essa corrispondente in conformit diquell'ideale. Che cosa si penserebbe di un chimico che, invece di studiare leleggi reali del ricambio organico e di risolvere determinati problemi sullabase di esse, volesse rimodellare il ricambio organico per mezzo delle "ideeeterne" della naturalit e della affinit? Quando si dice che l'usuracontraddice alla justice ternelle e ad altre vrits ternelles, si d forse su diessa qualcosa in pi di quel che ne sapessero i Padri della Chiesa, quandodicevano che essa contraddiceva alla grace ternelle, alla foi ternelle, allavolont ternelle de Dieu?" (Marx, Il Capitale, [libro I, capitolo I, sezione II,nota]).

    Al nostro proudhoniano le cose non vanno meglio che al suo maestro:

    "Il contratto di pigione uno di quei mille scambi che nella vita della societ

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    moderna sono tanto necessari quanto la circolazione del sangue nel corpodegli animali. Sarebbe naturalmente nell'interesse di questa societ che tuttiquesti scambi fossero pervasi da un'idea di diritto, cio che venissero attuatiovunque secondo le esigenze della giustizia. In una parola, la vita economicadella societ deve, come dice Proudhon, assurgere alle altezze di un dirittoeconomico. In realt, come noto, avviene esattamente il contrario".

    Si dovr credere che, cinque anni dopo che Marx ha tratteggiato con s felice econvincente brevit il proudhonismo, e proprio sotto questo aspetto decisivo, siapossibile fare stampare in tedesco cose confusionarie come queste? Che vogliono maidire simili sciocchezze? Nulla, se non che gli effetti pratici delle leggi economiche, cheregolano la societ moderna, fanno a pugni col senso di giustizia dell'autore, e questinutre il pio desiderio che le cose si possano aggiustare in modo da rimediare agliinconvenienti. Gi, se i rospi avessero la coda, non sarebbero pi rospi! E il modocapitalistico di produzione non forse "pervaso da un'idea di diritto", vale a dire dalproprio diritto di sfruttare i lavoratori? Il nostro autore ci dice che tale non la sua ideadi diritto; ebbene, siamo forse andati di un passo avanti?

    Ma torniamo alla questione delle abitazioni. Il nostro proudhoniano lascia ora liberocorso alla sua "idea del diritto" e snocciola la seguente commovente declamazione:

    "Non esitiamo minimamente ad affermare che per l'intera civilt del nostrocelebrato secolo non si d dileggio pi terribile del fatto che nelle grandicitt il novanta per cento della popolazione e oltre non abbia un luogo chepossa chiamare proprio. Il vero punto nodale dell'esistenza morale efamiliare, la casa e il focolare, viene travolto dal turbine sociale... A questoriguardo noi siamo di gran lunga inferiori ai selvaggi. Il troglodita ha la suacaverna, l'australiano ha la sua capanna d'argilla, l'indiano il suo propriofocolare - il proletario moderno , di fatto, all'aria aperta" ecc.

    In questa geremiade abbiamo il proudhonismo in tutta la sua forma reazionaria. Percreare la moderna classe rivoluzionaria del proletariato era assolutamente necessarioche fosse tagliato il cordone ombelicale che teneva ancora legati i lavoratori del passatoal terreno. Il tessitore manuale che, oltre al suo telaio, possedeva la sua casetta, il suogiardinetto e il suo campicello, al di l di ogni miseria e di ogni oppressione politica, eraun uomo tranquillo e contenuto "in tutta santit e decoro"; si levava il cappello davantiai ricchi, ai pievani e agli impiegati statali, e nell'intimo era in tutto e per tutto unoschiavo. La grande industria moderna, che del lavoratore incatenato al terreno ha fattoun proletario del tutto nullatenente, libero da tutte le catene sociali e davvero liberocome un uccello, proprio questa rivoluzione economica ad aver creato le condizioniuniche e sole che rendano possibile, insomma, l'abolizione dello sfruttamento dellaclasse operaia nella sua forma ultima, la produzione capitalistica. Ed ecco che oraquesto lacrimoso proudhoniano se ne viene a deprecare come un gran regresso il fattoche i lavoratori siano scacciati da casa e focolare, un fatto che per l'appunto costituiscela condizione primissima della loro emancipazione intellettuale.

    Ventisette anni fa (cfr. La situazione della classe operaia in Inghilterra) ho descrittoappunto, nelle sue linee principali, questo processo di espulsione dei lavoratori da casae focolare, quale si verifico nel XVIII secolo in Inghilterra. In quelle pagine sonodescritte come meritano le infamie di cui si resero colpevoli in quell'occasione iproprietari terrieri e gli industriali, gli effetti materialmente e moralmente dannosi chequell'espulsione sort necessariamente sui lavoratori che ne furono vittime. Ma mi

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    poteva mai venire in mente di scorgere in quel processo evolutivo necessario sul pianostorico, un regresso "al di sotto dei selvaggi"? Certo che no. Il proletariato inglese del1872 ad un livello infinitamente pi alto del tessitore rurale del 1772 "con casa efocolare". E il troglodita con la sua caverna, l'australiano con la sua capanna d'argilla,l'indiano con il suo proprio focolare avrebbero mai potuto compiere una sommossa digiugno [8] e una Comune di Parigi?

    Che, da quando la produzione capitalistica ha cominciato a svolgersi su larga scala, lacondizione degli operai sia divenuta in complesso peggiore dal punto di vista materiale,non lo mette in dubbio solo il borghese. Ma per questo forse dobbiamo guardarebramosamente indietro alle (peraltro assai magre) pentole d'Egitto [9], cio alla piccolaindustria rurale, che produceva solo anime di schiavi, oppure ai "selvaggi"? Alcontrario. Soltanto il proletariato creato dall'industria moderna, liberato da tutte lecatene ereditarie, anche da quelle che lo inchiodano alla terra, solo il proletariatopigiato nelle grandi citt in grado di compiere la grande trasformazione sociale chemetter fine ad ogni sfruttamento di classe e ad ogni dominio di classe. I tessitoricampagnoli di un tempo, con casa e focolare, non sarebbero mai stati in grado di farlo,non avrebbero potuto concepirne nemmeno il pensiero, e ancor meno attuarlo.

    Per Proudhon, invece, tutta la rivoluzione industriale degli ultimi cent'anni, il vapore, laproduzione su larga scala, che sostituisce il lavoro manuale con le macchine e moltiplicala capacit produttiva del lavoro, un evento quant'altro mai increscioso, qualcosa chenon avrebbe dovuto mai accadere. Il piccolo borghese Proudhon vuole un mondo in cuiciascuno porti a compimento un prodotto tutto suo, autonomo, che siaimmediatamente adoperabile e scambiabile; solo se in tal modo ciascuno recupera ilpieno valore del suo lavoro in un altro prodotto, si sar soddisfatto all'"eterna giustizia"e realizzato il migliore dei mondi. Ma questo mondo migliore proudhoniano gi statoschiacciato in boccio dal piede del progressivo sviluppo industriale, che da tempo haabolito il lavoro singolo in tutti rami maggiori della grande industria e va abolendologiorno per giorno anche nei minori e minimi; al suo posto mette il lavoro sociale,sostenuto da macchinari e da forze della natura assoggettate, un lavoro il cui prodotto,immediatamente scambiabile o adoperabile, l'opera comune di pi singoli, per lemani dei quali esso ha dovuto passare. Ed proprio grazie a questa rivoluzioneindustriale che la capacit produttiva del lavoro umano ha raggiunto un simile apogeo,che - per la prima volta da quando esistono uomini - data la possibilit, con unaintelligente ripartizione di lavoro fra tutti, non solo di produrre a sufficienza per illavoro abbondante di tutti i membri della societ e per un cospicuo fondo di riserva, maaltres di lasciare ad ogni singolo sufficiente tempo libero perch si conservi quanto valerealmente la pena di conservare di ci che costituisce la cultura storicamentetradizionale (scienza, arte, rapporti umani ecc.), e non solo di conservarlo, ma ditrasformarlo da un monopolio della classe dominante in un bene comune della societintera, e di accrescerlo. E qui sta il punto decisivo. Non appena la capacit produttivadel lavoro umano si sviluppa fino a questo apogeo, sparisce ogni pretesto per l'esistenzadi una classe dominante. La ragione con cui si sosteneva la differenza di classe, infatti, stata sempre questa, in fondo: deve sempre esservi una classe che non sia costretta atormentarsi per la produzione del proprio mantenimento quotidiano, per avere tempodi curare il lavoro intellettuale della societ. A questa fanfaluca, che finora ha avuto unasua grande giustificazione storica, ha tagliato le radici una volta per tutte la rivoluzioneindustriale degli ultimi cent'anni. L'esistenza di una classe dominante diviene ognigiorno di pi un ostacolo allo sviluppo delle forze produttive industriali e, non meno, aquello della scienza, dell'arte, e segnatamente di ben ordinari rapporti umani. Difficolt

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    pi grosse e imbrogliate di quelle costituite dai nostri borghesi odierni non se ne sonomai avute.

    Tutto questo non tocca minimamente l'amico Proudhon. Egli vuole la "giustizia eterna",e niente altro. Scambiando il suo prodotto, ciascuno deve ricevere per esso il proventocomplessivo del suo lavoro, il valore totale del suo lavoro. Sennonch, un calcolo delgenere, quanto al prodotto dell'industria moderna, una faccenda piuttosto complicata.L'industria moderna, tiene nell'ombra proprio la parte che il singolo ha nel prodottocomplessivo, e che nell'artigianato manuale di un tempo era di per s evidente nelprodotto compiuto. L'industria moderna, inoltre, va eliminando sempre di pi quelloscambio individuale su cui si fonda l'intero sistema di Proudhon, cio lo scambio direttofra due produttori, ciascuno dei quali riceve in cambio il prodotto dell'altro perconsumarlo. Ecco quindi che tutto il proudhonismo pervaso da una tendenzareazionaria, da una profonda antipatia per la rivoluzione industriale, un desiderio, orapalese, ora nascosto e inespresso, di buttar fuori tutta l'industria moderna, macchine avapore, macchine tessili ed altre diavolerie, per tornare all'antico, onesto lavoromanuale. Che in tal modo perdiamo in novecentonovantanove per mille di capacitproduttiva, che l'umanit intera sia condannata alla schiavit di lavoro pi durapossibile, che la carestia diventi regola generale - che importa mai, purch riusciamo adistituire lo scambio in modo tale che ciascuno riceva il "pieno provento del suo lavoro" esia attuata la "giustizia eterna"? Fiat justitia, pereat mundus!

    Vada in malora pur il mondo intero, ma la giustizia abbia intatto il suo impero!

    E il mondo andrebbe in malora davvero, in codesta controrivoluzione proudhoniana,dato e non concesso che sia mai attuata.

    del resto ovvio che anche nella produzione sociale, condizionata dalla grandeindustria moderna, a ciascuno pu essere assicurato il "pieno provento del suo lavoro"nella misura in cui questa frase ha un senso. E lo ha solo se la si estende in modo tale daintendere che non ogni singolo lavoratore diventi proprietario di codesto "pienoprovento del suo lavoro", bens che l'intera societ, consistente di lavoratori che sifanno sentire, sia la proprietaria del prodotto complessivo del suo lavoro, che essa inparte distribuisce tra i suoi membri per il consumo, in parte impiega per il ricambio el'aumento dei suoi mezzi di produzione e in parte immagazzina come fondo di riservadella produzione e del consumo.

    ***Dopo quanto si detto, siamo in grado di saper gi in anticipo come il nostroproudhoniano risolver la questione delle abitazioni. Da un lato abbiamo l'esigenza cheogni lavoratore abbia una sua propria abitazione, affinch non restiamo pi a lungo aldi sotto dei selvaggi. Dall'altro ci si assicura che il pagare due, tre, cinque o dieci volte ilprezzo originario di una casa sotto forma di pigione, come avviene di fatto, poggia su untitolo giuridico e che questo titolo giuridico si trova in contraddizione con la "giustiziaeterna". La soluzione semplice: abbiamo il titolo giuridico e, in forza della giustiziaeterna, dichiariamo che la pigione pagata solo un acconto, per cos dire, del prezzodell'appartamento affittato. Aggiustare le proprie premesse in modo tale che vi siacontenuta la conclusione, ovvio che non richiede maggiore abilit di quella che

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    possiede qualsiasi ciarlatano per tirare dal sacco bell' pronto il risultato preparato inprecedenza e vantarsi della logica inconcussa di cui quello il prodotto.

    E cos accade nel nostro caso. L'abolizione degli appartamenti d'affitto vieneproclamata una necessit, nel senso che si postula la trasformazione di ciascunlocatario in proprietario del suo appartamento. Come farlo? semplicissimo:

    "Si aboliscono gli appartamenti d'affitto (...) A colui che ne statoproprietario finora, viene pagato il valore della sua casa fino all'ultimocentesimo. Finora, il pagamento della pigione rappresenta il tributo che illocatario paga all'eterno diritto del capitale; ebbene, dal giorno in cui vieneproclamata l'abolizione delle case d'affitto, il locatario, invece, pagher unasomma esattamente calcolata quale rata annua dell'appartamento che passato in sua propriet (...) In tal modo la societ (...) si trasforma in uncomplesso di proprietari di casa liberi e indipendenti".

    Il proudhoniano vede un delitto contro la giustizia eterna nel fatto che il padrone di unacasa possa ricavare, senza lavoro, una rendita fondiaria e un interesse dal capitaleinvestito nella casa. Egli decreta che ci deve cessare; e il capitale investito in abitazioninon deve fruttare pi alcun interesse n, in quanto rappresenta l'area acquistata,nemmeno una rendita fondiaria. Abbiamo gi visto che in tal modo non viene toccatoaffatto il modo di produzione capitalista, che il fondamento della societ odierna. Ilcardine su cui ruota lo sfruttamento del lavoratore la vendita della forza lavoro alcapitalista e l'uso che il capitalista fa di questa sua compera, costringendo il lavoratore aprodurre assai di pi del valore pagatogli in cambio della forza lavoro. questo negoziofra capitalista e lavoratore, che produce tutto il plusvalore, che poi, sotto forma direndita fondiaria, profitti commerciali, interessi di capitale, tasse e via dicendo, siripartisce fra le varie sottospecie di capitalisti e i loro servitori. Ed ora se ne viene ilnostro proudhoniano e crede di far compiere un passo avanti proibendo ad un'unicasottospecie di capitalisti, e per di pi di quei capitalisti che non comprano direttamentenessuna forza lavoro e quindi non fanno nemmeno produrre un plusvalore, di lucrareprofitti o interessi! La massa del lavoro non pagato, di cui viene derubata la classelavoratrice, rimarrebbe esattamente la stessa, anche se domani si togliesse ai padronedi casa la possibilit di farsi pagare per rendite diarie o interessi. Ma questo nonimpedisce al nostro proudhoniano di dichiarare:

    "L'abolizione delle case d'affitto quindi uno degli sforzi pi fecondi egrandiosi che scaturiscono dal grembo dell'idea rivoluzionaria e devediventare un'esigenza di primo ordine da parte della democrazia sociale".

    proprio la stessa ciarlataneria di mastro Proudhon, il cui schiamazzo in rapportoinverso alla grandezza dell'uovo deposto.

    Immaginatevi, ora, la bella condizione che si avrebbe qualora ogni lavoratore, piccoloborghese e borghese sar costretto a diventare, con rate annuali, proprietario dapprimaparziale e poi totale della sua abitazione! La cosa avrebbe ancora un possibile senso neisettori industriali dell'Inghilterra, dove sono una grande industria, ma piccole case perlavoratori, e dove ogni operaio coniugato abita in una cassetta tutta per s. La piccolaindustria di Parigi, come pure della maggior parte delle grandi citt continentali,invece, integrata da grandi caseggiati, in cui abitano insieme venti, trenta famiglie. Ilgiorno del gran decreto liberatorio, che proclama l'abolizione delle case di affitto, Pietrolavora in una fabbrica di macchinari a Berlino. Trascorso un anno, proprietario, bene

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    che vada, dell'undicesima parte del suo appartamento monocamera ad un certo quintopiano presso la Porta d'Amburgo. Perde il suo lavoro e subito dopo si ritrova in unappartamento simile, con una splendida vista sul cortile, in un terzo piano presso ilPothof ad Hannover, dove, dopo un soggiorno di cinque mesi, ha acquistato 1/36 dellapropriet proprio quando una qualche trappoleria lo sbalza a Monaco di Baviera e locostringe ad accollarsi, con un soggiorno di undici mesi, esattamente 11/180 del dirittodi propriet su di uno stabile piuttosto buio, a piano terra, dietro la Ober-Angergasse.Ulteriori trasferimenti, come oggi capitano spesso agli operai, gli appioppano, inoltre:7/360 di un non meno raccomandabile appartamento a St. Gallen, 23/180 di un altro aLeeds e 347/56223, calcolato esattamente perch non abbia nulla a ridire la "giustiziaeterna", d'un terzo a Seraing. Che cosa resta in mano a Pietro, di tutte queste porzionidi appartamenti? Chi gliene d il giusto valore? Dove mai andr a pescare ilproprietario i proprietari delle rimanenti porzioni di tutte quelle che sono state le sueabitazioni? E, anzitutto, come si regolano i rapporti di propriet di un qualsiasi grandecaseggiato, i cui vari piani comprendono diciamo venti appartamenti e che, trascorso iltermine di riscatto abolite le case d'affitto, appartiene forse trecento proprietariparziali, che sono dispersi in tutte le parti del mondo? Il nostro proudhonianorisponder che sino a quel momento esister la Banca di cambio proudhoniana [10] chea qualsiasi momento pagher a chiunque, per ogni prodotto di lavoro, il pienoammontare di quest'ultimo, e quindi anche il pieno valore di ogni porzioned'appartamento. Ma la Banca di cambio proudhoniana, in primo luogo non c'entraaffatto, perch non viene mai menzionata negli articoli sulla questione delle abitazioni;in secondo luogo essa poggia su uno strambo errore, per cui chiunque voglia vendereuna data merce, dovrebbe trovare sempre e necessariamente chi gliela compri a pienovalore, e in terzo luogo, ancora prima che Proudhon la inventasse, ha gi fatto pi d'unavolta fallimento di Inghilterra sotto il nome di Labour Exchange Bazaar [11].

    Quella che il lavoratore debba acquistare la sua ubicazione, un'idea che poggiainteramente anch'essa su di una concezione di fondo reazionaria di Proudhon gi messain risalto, secondo cui le condizioni create dalla grande industria moderna sono delleaberrazioni patologiche e la societ deve essere condotta a forza - cio contro lacorrente che essa segue da cento anni - ad uno stato di cose in cui l'antico e stabilelavoro manuale del singolo sia la regola, a uno stato che non nient'altro cheun'idealizzata restaurazione di quella piccola industria che si estinta e che tuttora invia di estinzione. Una volta i lavoratori siano ricaduti in questa stabile condizione, unavolta che quindi sia felicemente domato il "vortice sociale", naturale che il lavoratorepossa tornare ad aver bisogno della propriet di "casa e focolare", e la suesposta teoriadi riscatto appare meno insulsa. Sennonch Proudhon dimentica che, per venire a capodi tutto questo, necessario prima rimettere indietro di cento anni l'orologio dellastoria universale, e che facendolo, egli riconvertirebbe gli operai di oggi in anime dischiavi anguste, striscianti, vili come quelle dei loro trisnonni.

    Quel tanto, per, di razionale, praticamente valorizzabile, della soluzione proudhonianadel problema della casa, oggi giorno viene gi attuato, questa attuazione deriva nondal "grembo dell'idea rivoluzionaria", bens dalla stessa grande borghesia. Ascoltiamocosa dice al riguardo un ottimo foglio spagnolo, La emancipacion di Madrid, del 16marzo 1872:

    "Per risolvere il problema delle abitazioni c' un altro modo ancora,proposto da Proudhon, e che a prima vista affascina, ma ad un esame piattento svela tutta la sua totale debolezza. Proudhon propone di trasformarei locatari in acquirenti rateali, in modo che il canone d'affitto pagato

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    annualmente sia computato come rata per il riscatto del valoredell'abitazione e, trascorso un certo tempo, il locatario diventi proprietariodel suo appartamento. Questo sistema, che Proudhon ritiene quanto mairivoluzionario, oggigiorno viene messo in opera in tutti i paesi da societ dispeculatori, che, aumentando il prezzo d'acquisto, si fanno pagare due o trevolte il valore delle case. Il signor Dollfus e altri costruttori della Francianord-orientale hanno realizzato questo sistema, non solo per guadagnaredenaro, ma per giunta con un secondo fine politico.

    "I capi pi avveduti della classe dominante hanno sempre rivolto i lorosforzi ad accrescere il numero di piccoli proprietari per creare un esercitocontro il proletariato. Le rivoluzioni borghesi del secolo scorso suddivisero ilgrande latifondo della nobilt e della chiesa in piccole propriet parcellari,cos come vogliono fare oggi i repubblicani spagnoli con il grande latifondoancora esistente, e crearono in tal modo una classe di piccoli proprietariterrieri, che da allora in poi sono divenuti l'elemento pi reazionario dellasociet l'ostacolo continuo al movimento rivoluzionario del proletariato.Riducendo le singole aliquote del debito pubblico, Napoleone III ha mirato acreare un'analoga classe nelle citt, e, vendendo appartamenti a rate annualiai loro operai, il Signor Dollfus e i suoi colleghi hanno cercato di estinguerein essi ogni spirito rivoluzionario, incatenandoli al tempo stesso, con unapropriet fondiaria, alla fabbrica in cui lavoravano un tempo: ecco quindiche il piano di Proudhon, anzich alleviare la condizione della classelavoratrice, si risolto in qualcosa che va direttamente contro di essa" [*1].

    Come va risolta, allora, la questione delle abitazioni? Nella societ moderna,esattamente come viene risolta ogni altra questione sociale: con il graduale pareggioeconomico di domanda e offerta; una soluzione, questa, che riproduce continuamentedi nuovo la questione, e quindi non una soluzione. Come la risolverebbe unarivoluzione sociale, fatto che non solo dipende dalle circostanze del momento, ma legato altres a molte altre questioni ulteriori, tra le quali una delle precipue l'abolizione dei contrasti fra citt e campagna. Giacch non abbiamo da prospettarenessun sistema utopistico per l'instaurazione della societ futura, sarebbe pi cheozioso entrarvi in merito. certo, per, che gi fin d'ora nelle grandi citt esistonoedifici destinati ad abitazioni in numero sufficiente per rimediare, con un uso razionaledelle medesime, ad ogni reale "penuria" d'abitazioni. Ci, naturalmente, pu avveniresolo mediante l'esproprio dei proprietari attuali, ovvero assegnando le loro case ailavoratori senza tetto o oltremodo sovraffollati nelle loro abitazioni attuali; non appenail proletariato avr conquistato il potere politico, un simile provvedimento, imposto dalpubblico bene, sar facilmente attuato, al pari di altri espropri e di altre assegnazionicompiute dallo Stato medesimo.

    ***Il nostro proudhoniano, per, non ancora contento di quanto ha detto finora sullaquestione delle abitazioni. Deve sollevarla da questo basso mondo nella sfera delsocialismo superiore, affinch anche in essa si palesi come un essenziale "frammentodella condizione sociale".

    "Facciamo ora l'ipotesi che la produttivit del capitale sia presa realmente di

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    petto, come presto o tardi dovr avvenire, ad esempio con una leggeprovvisoria che fissi l'interesse di tutti i capitali all'uno percento, benintesocon la tendenza ad avvicinare questa percentuale sempre pi allo zero,cosicch alla fine non venga pi pagato altro che il lavoro necessario allaconversione del capitale. Come tutti gli altri prodotti, naturalmente anchecasa e abitazione sono compresi nel quadro di questa legge (...) Ilproprietario stesso sarebbe il primo a dare una mano per la vendita, perchaltrimenti la sua casa resterebbe inutilizzata e il capitale investito sarebbesemplicemente improduttivo".

    Questo passo contiene uno dei principali articoli di fede del catechismo proudhoniano eoffre un esempio patente della confusione che vi imperante.

    La "produttivit del capitale" un'assurdit che Proudhon mutua acriticamente daglieconomisti borghesi. Costoro cominciano bens anch'essi col principio che il lavoro lafonte d'ogni ricchezza e la misura del valore d'ogni merce; ma devono altres spiegarecome avvenga che il capitalista, il quale impegni del capitale in un'impresa industriale oartigianale, alla fine si veda tornare indietro non solo il capitale investito, ma per giuntaanche il profitto. Essi devono quindi impegolarsi in contraddizioni d'ogni genere eattribuire una certa quale produttivit anche al capitale. Quanto profondamenteProudhon sia ancora prigioniero della mentalit borghese, nulla lo mostra meglio delsuo far proprio questo modo di parlare della produttivit del capitale. All'inizioabbiamo gi visto che la cosiddetta "produttivit del capitale" null'altro se non unapropriet che gli inerisce (negli odierni rapporti sociali, una propriet senza di cui nonvi sarebbe capitale di sorta): quella di appropriarsi di lavoro non retribuito deilavoratori salariati.

    Ma Proudhon si differenzia dagli economisti borghesi per il fatto che egli non ammettequesta "produttivit del capitale", ma al contrario vi scopre una violazione della"giustizia eterna". E' tale violazione ad impedire che il lavoratore riceva il pienoprovento del suo lavoro. La si deve dunque sopprimere. E come? Abbassando con leggicoattive il tasso di interesse. Allora, secondo nostro proudhoniano, il capitale cesser diessere produttivo.

    L'interesse del capitale liquido dato a prestito solo una parte del profitto; il profitto,sia esso del capitale industriale, sia del commerciale, solo una parte del plusvaloresottratto dalla classe capitalistica a quella lavoratrice sotto forma di lavoro nonretribuito. Le leggi economiche che regolano il tasso d'interesse, sono cos indipendentida quelle che regolano la quota del plusvalore, come pu aver luogo in generale fra leggidi una medesima forma di societ. Per quanto riguarda la distribuzione di questoplusvalore tra i singoli capitalisti, chiaro che per quelli industriali e commerciali, chehanno nei loro affari molto capitale anticipato da altri capitalisti, la quota del loroprofitto deve aumentare nella stessa misura in cui - ferme restando tutte le altrecondizioni - cade il tasso di interesse. Il ribasso e l'abolizione finale di quest'ultimo,dunque, non sarebbe affatto un vero "prendere di petto" la cosiddetta "produttivit delcapitale", ma solo un regolare diversamente la distribuzione del plusvalore sottratto enon pagato alla classe lavoratrice, e assicurerebbe un vantaggio non al lavoratore neiconfronti del capitalista industriale, bens al capitalista industriale nei confronti di coluiche vive di rendita.

    Dal punto di vista giuridico Proudhon spiega il tasso di interesse, come tutti i fattieconomici, non in base alle condizioni della produzione sociale, bens con le leggi dello

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    Stato, che danno un'espressione universale a quelle condizioni. A tale punto di vista, acui sfugge il sia pur minimo sospetto del nesso fra leggi statali e condizioni diproduzione della societ, le prime appaiono necessariamente come imposizionipuramente arbitrarie, che in qualsiasi momento si possono sostituire benissimo con illoro opposto diametrale. Nulla di pi facile, per Proudhon (non appena ne abbia ilpotere) che promulgare un decreto che riduca il tasso di interesse all'uno percento.Naturalmente, se tutte le altre circostanze sociali restano quelle di prima, il decretoproudhoniano rimarr sulla carta. Il tasso d'interesse continuer ad essere regolatocome prima, secondo le leggi economiche a cui obbedisce oggi, nonostante tutti idecreti; coloro che hanno credito continueranno a percepire, secondo i casi, il 2, il 3, il 4e pi percento, n pi n meno come prima. L'unica differenza sar che quanti vivonodi rendita saranno molto guardinghi e anticiperanno denaro solo a quelle persone dacui non c' d'attendersi un processo. Ecco quindi che codesto gran disegno di togliere alcapitale la sua "produttivit" vecchio quanto il mondo, vecchio come le leggisull'usura, che miravano unicamente a ridurre il tasso d'interesse, e che ora sono stateabolite ovunque, poich in pratica erano violate o aggirate, e lo Stato ha dovutoconfessare la sua impotenza di fronte alle leggi della produzione sociale. E ilreintrodurre queste leggi medievali, inattuabili, dovrebbe significare un "prendere dipetto la produttivit del capitale"? evidente: quanto pi lo si studia, tanto pi ilproudhonismo appare reazionario.

    Quando, poi, il tasso d'interesse sar ridotto in tal modo a zero, e quindi sar abolitol'interesse del capitale, allora, "non sar pagato pi nient'altro che il lavoro necessarioalla conversione del capitale". Ci vuol dire che l'abolizione del tasso d'interesseequivale a quella del profitto effettivo del plusvalore. Ma, qualora fosse possibile abolireil tasso con un decreto, quale ne sarebbe la conseguenza? Che la classe di coloro chevivono di rendita non avrebbe pi alcun motivo di mettere a frutto il proprio capitalesotto forma di prestito, ma lo investirebbe per proprio conto o in industrie o in societper azioni. La massa del plusvalore sottratta alla classe lavoratrice da quella capitalistaresterebbe la medesima; muterebbe solo la sua distribuzione, e anche questa non inmisura rilevante.

    In realt il nostro proudhoniano non tiene conto che gi attualmente, nell'acquisto dimerci che si ha nella societ borghese, in media non si paga niente di pi del "lavoronecessario alla riconversione del capitale" (per intenderci, alla produzione dideterminate merci). Il lavoro la misura del valore di tutte le merci, e nella societodierna - a prescindere dalle fluttuazioni di mercato - semplicemente impossibile chenella media complessiva si paghi per le merci pi del lavoro necessario a produrle. No,no caro proudhoniano, l'intoppo sta in ben altro: sta nel fatto che il lavoro necessarioalla riconversione del capitale (per usare il Suo confuso modo di esprimersi) non affatto pagato a pieno! Come ci avvenga, Lei lo pu leggere in Marx (Il Capitale, libroI, sezione II)

    E non tutto. Qualora fosse abolito l'interesse del capitale, sarebbe abolito percistesso anche il canone d'affitto. Infatti, "come tutti gli altri prodotti, anche casa eabitazione sono naturalmente comprese nel quadro di questa legge". Questo perfettamente in linea con lo spirito di quel vecchio maggiore che fece chiamare unadelle sue reclute e l'apostrof: "Dica un po', sento dire che Lei dottore; venga allora ditanto in tanto da me; quando si ha moglie e sette figli, si ha sempre qualcosa darattoppare".

    Recluta: "Mi scusi, signor Maggiore, io sono dottore in filosofia"

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    Maggiore: "Per me non fa differenza: un vasellina sempre una vasellina"[12]

    Anche per il nostro proudhoniano le cose vanno cos; canone d'affitto e interesse dicapitale sono per lui la stessa cosa: interesse interesse [13], vasellina vasellina. - Si visto sopra che il canone di locazione, vulgo affitto, si compone di: (1) una quota direndita fondiaria; (2) una quota d'interesse sul capitale investito nella costruzione, iviincluso il profitto dell'appaltatore; (3) una quota per le spese di assicurazione eriparazione; (4) una quota che ammortizza il capitale investito nella costruzione, iviincluso il profitto, in rate annuali, a misura che la casa gradualmente deperisce.

    Ed ora dovr essersi fatto chiaro anche ai pi ciechi che "il proprietario stesso sarebbe ilprimo a dare una mano per la vendita, perch altrimenti la sua casa resterebbeinutilizzata e il capitale investito sarebbe semplicemente improduttivo". Naturalmente.Se si abolisce l'interesse sul capitale anticipato, nessun proprietario potr pi riceverenemmeno un centesimo di pigione per la sua casa, perch anzitutto invece di "pigione"si pu dire anche "canone", e poi perch il canone d'affitto include una parte che veroe proprio interesse di capitale. La vasellina resta vasellina. Anche qualora le leggisull'usura, sia pure col solo aggirarle, si potessero rendere inoperanti sul comuneinteresse di capitale, mai e poi mai esse scalfirebbero lontanamente il principio del fittod'abitazione. Solo a Proudhon fu riservato immaginare che la sua nuova legge sull'usurapotesse servire indiscutibilmente a regolare, e gradualmente abolire, non solo ilsemplice interesse di capitale, ma altres il complicato interesse incluso nel fitto dilocazione. Perch, allora, si dovrebbe continuare a comprare a caro prezzo dalproprietario la casa "semplicemente priva di utile", e come mai, a certe condizioni, ilpadrone non arrivi a sborsare denaro per liberarsi di una casa "semplicemente priva diutile", per non doversi pi assumere alcuna spesa di riparazione, sono interrogativi suiquali ci si lascia all'oscuro.

    Dopo questa sua superba prestazione sul campo del socialismo (mastro Proudhon lodenomin supersocialismo), il nostro proudhoniano si ritiene autorizzato a volare unpo' pi alto.

    Ora non c' pi che da trarre alcune conclusioni, che facciano piovere da tutte le partipiena luce sul nostro cos importante argomento.

    E quali sono queste conclusioni? Cose che discendono da quanto si premesso tantopoco quanto la svalutazione delle case d'abitazione dall'abolizione del tasso d'interesse,cose che, spogliate delle locuzioni pompose e solenni di cui le addobba il nostro autore,non significano altro che quanto segue. Per il migliore disbrigo del negozio di riscattodelle case e pigione sono auspicabili: (1) una precisa statistica sulla materia inquestione; (2) una buona polizia sanitaria e (3) cooperative di muratori capaci diassumersi imprese edilizie per costruire nuove abitazioni. Tutte cose belle e buoneassai, ma che, ad onta di tutte le fumose frasette ciarlatanesche, non recano affatto"piena luce" nel tenebrore e nella confusione del pensiero proudhoniano.

    Chi ha compiuto s grandi cose, ha ben diritto di rivolgere un serio monito ai lavoratoritedeschi:

    "Queste e consimili questioni riteniamo che siano ben degne di attenzioneda parte della democrazia sociale (...) Si possa cercare di venire in chiaro,cos come si fatto sulla questione delle case, anche su altre egualmente

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    poderose, quali il credito, il debito pubblico, il debito privato, le imposte" evia dicendo.

    Ecco dunque che il nostro proudhoniano fa sperare tutta una serie di articoli su"questioni consimili", e se egli le tratter tutte nello stesso modo esauriente con cui hatrattato il "cos importante argomento" attualmente in questione, il Volksstaat provvisto di manoscritti per un anno. Nel frattempo possiamo prevenire quel che ci sidir e che si risolve tutto in quanto stato gi detto: viene abolito l'interesse delcapitale, viene a cadere l'interesse da pagare sul debito pubblico e su quello privato, ilcredito diviene gratuito ecc. La stessa parola magica viene applicata a qualsivogliaargomento, e in ogni singolo caso si approda con logica inesorabile allo stessostupefacente risultato: che, una volta abolito l'interesse del capitale, non si avr pi dapagare alcun interesse per il denaro incassato.

    Del resto sono belle davvero le questioni con cui ci minaccia il nostro proudhonista:credito! Di quale credito ha bisogno l'operaio, se non di quello da una settimanaall'altra e di quello del monte dei pegni? Che gli sia dato gratuitamente o a interesse(anche a quello da strozzino che viene applicato al monte di piet), a quanto ammontala diffidenza per lui? E, se preso in generale, egli ne traesse un vantaggio e quindi i costidi produzione della forza lavoro andassero pi a buon mercato, non dovrebbe cadere ilprezzo della forza lavoro? - Ma per i borghesi, e specialmente per i piccolo borghesi, peri quali il credito una faccenda importante, sarebbe una bella cosa poter ottenerecredito ad ogni momento e senza dover pagare interessi. - Debito pubblico! La classelavoratrice sa di non averlo contratto essa, e quando arriver al potere, ne lascer ilpagamento a coloro che l'hanno incassato. - Debiti privati! -Vedi credito. - "Imposte"!Cose che interessano molto la borghesia, e molto, molto poco, i lavoratori: quel che illavoratore paga in imposte, a lungo andare viene inglobato nei costi di produzione dellaforza lavoro, e quindi devono essere i capitalisti a sborsarne il risarcimento. Tutti questiargomenti, che ci si vuole proporre come questioni della massima importanza per laclasse lavoratrice, in realt presentano un interesse di portata essenziale solo per iborghesi o, meglio ancora, per i piccolo borghesi, e a dispetto di Proudhon, noiaffermiamo che la classe lavoratrice non ha alcuna vocazione a tutelare gli interessi dialtre classi.

    Della grande questione che interessa i lavoratori, del rapporto fra capitalista e operaiosalariato, un certo punto, di come avvenga che il capitalista possa arricchirsi sul lavorodei suoi operai, di tutto ci il nostro proudhonista non dice una parola. Il suo maestro edonno, in verit, se n' occupato, ma non vi ha recato la minima luce, ed anche nei suoiultimi scritti, in sostanza, non andato oltre quella sua Philosophie de la misre(filosofia della miseria), di cui, gi nel 1847, Marx ha rilevato la totale nullit.

    gi abbastanza grave che da venticinque anni a questa parte i lavoratori di linguaneolatina non abbiano per il loro intelletto quasi nessuno altro nutrimento socialistache gli scritti di codesto "socialista del secondo impero"; sarebbe un guaio in pi se orala teoria proudhoniana dovesse inondare anche la Germania. Eppure si provveduto atanto. Le concezioni teoriche dei lavoratori tedeschi sono cinquant'anni in anticipo diquelle proudhoniane, e baster prendere ad esempio questa unica questione delleabitazioni per essere dispensati da ulteriori fatiche al riguardo.

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    Note

    7. Con la Miseria della filosofia di Marx.

    8. L'insurrezione del giugno 1848, "la prima grande battaglia fra proletariato eborghesia" (Engels) fu compiuta dagli operai di Parigi dal 24 al 26 giugno e fu soffocatanel sangue dal ministro della guerra Cavaignac.

    9. La leggenda biblica della fuga degli ebrei dalla schiavit egiziana riferisce che, per ledifficolt del cammino e per la fame, i pusillanimi fra di essi desideravano le pentole dicarne che erano state garantite loro in Egitto, cio pensavano con rimpianto ai giorniche avevano trascorsi nella mancanza di libert, ma per lo meno saziandosi.

    10. Proudhon cerc di dar vita alla sua "Banca di cambio" durante la rivoluzione del1848-49. Il 3 gennaio 1849 fond a Parigi la Banque du peuple (Banca del popolo), cheesistette per circa due mesi e solo sulla carta. Come dice Marx, essa fall ancora primad'aver cominciato a funzionare regolarmente.

    11. Il Labour Exchange Bazaar, o meglio gli Equitable Labour Bazaar or Offices (Bazarper l'equo scambio di prodotti del lavoro) furono creati in parecchie citt d'Inghilterrada societ cooperative operaie. Il primo fu fondato da Robert Owen a Londra nelsettembre 1832 ed esistette fino alla met del 1834. In queste cooperative operaie iprodotti del lavoro venivano scambiati per mezzo di una carta moneta operaia, la cuientit era costituita dall'ora di lavoro. Questo tentativo utopistico di organizzare unoscambio di merci senza denaro nelle perduranti condizioni dell'economia capitalisticadi mercato fu condannato ad un rapido fallimento.

    *1. Come questa soluzione del problema della casa si attui spontaneamente incatenandoi lavoratori ad un loro proprio "focolare" nei pressi di citt americane gi grandi o in viad'espansione, ci d notizia il seguente passo di una lettera scritta da Indianapolis il 28novembre 1886 da Eleonor Marx-Aveling: "a Kansas City, o meglio nei pressi, abbiamovisto delle miserabili capannucce di legno di circa tre camere, nel cuore della foresta. Ilterreno era costato 600 dollari ed era appena sufficiente ad accogliere la casetta. Questaera costata a sua volta pi di 600 dollari: in totale, 4800 marchi per una casucciamiserabile, ad un'ora dalla citt, in un deserto fangoso. I lavoratori devono quindiaccollarsi pesanti debiti ipotecari per non ricever altro, poi, che abitazioni come queste,e sono, ora pi che mai, schiavi del padrone che d loro da mangiare. Sono incatenatialle loro case, non possono andare via e devono far buon viso per forza a tutte lecondizioni di lavoro che si offrono loro". [E 1887]

    12. In tedesco "Pflasterkastchen", letteralmente "cassettina dei cerotti", nel gergo dicaserma indicava scherzosamente il militare di Sanit. "Vasellina" ne stato, ancorafino a pochi anni addietro, l'equivalente italiano. Si intenda, in questa barzelletta, chenella sua ignoranza il Maggiore non sappia distinguere un "dottore" in medicina da un"dottore" in qualsiasi altra materia.

    13. Per comprendere appieno questo passo, e altri in cui ricorre il medesimo problema,va tenuto presente che in tedesco "canone d'affitto" (mietzins) e "interesse di capitale"(kapitalzins) sono parole composte entrambe dallo stesso vocabolo "zins", che significatanto "canone, tassa, fitto" ecc, quanto "interesse".

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    Seconda Parte: In che modo il problema della casa viene risolto dalla borghesia

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    Ultima modifica 24.09.2000