MH135_SOGNI E DESIDERI

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Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Quinn's Woman

To Love and Protect Silhouette Books

© 2003 Susan Macias Redmond © 2004 Harlequin Books S.A.

Traduzioni di Velia De Magistris e Federica Jean

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Special Edition agosto 2004 Prima edizione Harmony Special Edition agosto 2005

Seconda edizione Il Meglio di Harmony novembre 2010

Questo volume è stato impresso nell'ottobre 2010

da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

IL MEGLIO DI HARMONY ISSN 1126 - 263X

Periodico mensile n. 135 del 30/11/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 777 del 6/12/1997 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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«Cerca di riportarmelo vivo» disse lo sceriffo Travis Haynes, indicando con un cenno del capo il ragazzo smilzo che aspettava in un angolo dell'ufficio. «Vivo, questo posso promettertelo» affermò DJ Monroe, prendendo un fucile dall'armadio. «Tutto in-tero potrebbe essere più complicato.» Gli uomini presenti nella stanza ridacchiarono, ma il volto del ragazzo sbiancò. DJ gli lanciò il fucile, ne prese un altro e si incamminò, sicura che quello che sarebbe stato il suo compagno per le seguenti quattor-dici ore l'avrebbe seguita una volta capito che lei non aveva intenzione di aspettarlo. In effetti, non più di trenta secondi dopo, passi af-frettati risuonarono sul terreno bagnato. «Come ti chiami?» gli chiese quando lui l'affiancò. «Soldato semplice Ronnie West, signora.» DJ lo osservò. Era alto e magro, aveva i capelli ros-si e il viso coperto da una peluria che difficilmente poteva definirsi barba. «Hai almeno diciotto anni, Ronnie?» domandò ancora. «Certo, signora. Li ho compiuti quattro mesi fa.» «Ti senti sminuito per essere stato messo in coppia con una donna?» chiese lei.

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«No, signora» replicò il ragazzo, sgranando gli oc-chi blu. «Ne sono onorato. Il mio sergente ha detto che lei è una delle migliori e che io ero dannatamente fortunato ad avere la possibilità di guardarla mentre lavora» affermò solenne. DJ si fermò e si girò verso di lui. I giochi di guerra che si svolgevano ogni anno fra i servizi di sicurezza di Glenwood, California - che comprendevano l'uffi-cio dello sceriffo, i vigili del fuoco e i corpi forestali - e la base dell'esercito fornivano la possibilità a tutti di imparare, fare pratica e divertirsi. Nella mattina si e-rano svolte le gare di corsa a ostacoli e di tiro al piat-tello. A lei non interessava quella fase dei giochi, ma era più che entusiasta di partecipare alla successiva, cioè la simulazione di uno scontro armato. A partire da quel momento fino alle sei del mattino successivo, lei e il suo compagno avrebbero dovuto catturare cinque nemici. Aveva vinto le ultime due e-dizioni di quella competizione, e la cosa era un punto di orgoglio per lei. I suoi avversari borbottavano sem-pre riguardo alla sua fortuna, ma non capivano che si trattava di pura abilità. «Stabiliamo le regole basilari» decise. «Io sono al comando di questa missione. Il tuo compito sarà di a-scoltarmi e di obbedire ai miei ordini. Tu ostacolami il cammino e io ti taglierò le orecchie, solo per comin-ciare. Hai capito bene?» Ronnie deglutì a disagio, poi annuì lentamente. «Cosa più importante, tu sei più alto di me e molto più pesante. Hai per caso qualche dubbio sul fatto che io sia in grado di avere la meglio su di te in qualsiasi istante?» Ronnie abbassò lo sguardo sugli stivali anfibi che

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DJ indossava, per rialzarlo sui pantaloni mimetici fino ad arrivare al suo viso. Infine raddrizzò le spalle e scosse la testa. «No, signora» affermò. «Allora credo che sia tutto chiaro.» DJ si chinò per entrare nella tenda che la sua squa-dra usava come quartier generale. Recuperò il suo zai-no e tornò fuori. Prese un pugnale dal piccolo baga-glio e lo infilò nel gambale di uno stivale. «Controlla le tue armi» ordinò a Ronnie. Il ragazzo aggrottò la fronte, perplesso. «Non sono cariche» obiettò. «Controllale comunque. Devi sempre farlo.» «Sì, signora.» Ronnie si accertò che la pistola infi-lata nella fondina che penzolava al suo fianco e il fu-cile fossero scarichi. Mentre aspettava che il suo compagno terminasse quell'operazione, DJ si calcò il berretto in testa. A-vrebbe preferito una giornata di sole, anche se le nu-vole e il cielo grigio riducevano il rischio comportato dalle ombre. La considerazione, però, non serviva a farle apprezzare l'umidità di quel pomeriggio piovoso. Era quasi luglio, ormai. Teoricamente, doveva essere estate. Ma il clima della California del Nord spesso colla-borava poco, pensò mentre si incamminava verso la foresta, Ronnie che trotterellava alle sue calcagna fa-cendo più rumore di una mandria di bufali. Almeno stava zitto. Il suo compagno dell'anno precedente ave-va continuato a chiacchierare fino a quando lei era sta-ta costretta a puntargli il coltello alla gola, minaccian-do di tagliargliela se non taceva immediatamente. Due ore dopo giunsero nel territorio nemico. DJ rallentò il passo con l'intenzione di impedire al suo

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partner di rivelare la loro posizione agli avversari. La sua camicia era fradicia di pioggia e le aderiva alla pelle, una sensazione che detestava. Rivoli d'acqua ca-devano dalla visiera del suo berretto. Era proprio la giornata da trascorrere raggomitolata sotto le coperte in compagnia di un buon libro, e non vagabondando nei boschi a caccia di uomini saccenti che credevano di sapere tutto. Tuttavia, quel gioco l'aiutava a restare vigile. E poiché la sua vita si basava su quello - sulla prontezza di riflessi e di ragionamento - il libro avreb-be dovuto aspettare. Si immobilizzò quando sentì, anzi percepì, un ru-more. Ronnie prontamente la imitò. DJ gli porse il suo zaino e gli fece cenno di aspettare. Poi, camminando china, aggirò una radura in modo da poterne raggiun-gere il limite estremo. Un uomo era seduto su uno sgabello pieghevole, assorto nello studio di una mappa. DJ lo riconobbe subito. Era Fern Hill, una guardia forestale. Aveva cir-ca trent'anni ed era in discreta forma fisica. Per quanto non costituisse una gran preda, lei sapeva di dover prendere tutto ciò che le capitava a portata di mano. Calpestò deliberatamente un ramoscello per farlo scricchiolare, poi si nascose dietro il tronco di un al-bero. L'uomo scattò in piedi e si guardò intorno con fare circospetto. Poi, cautamente, si diresse verso il luogo da cui era giunto il rumore che lo aveva allertato. Svelta e si-lenziosa, DJ si portò alle sue spalle, gli afferrò un braccio e gli fece lo sgambetto. L'uomo cadde a terra con un tonfo. Lei gli fu addosso immediatamente. Lo disarmò e gettò da un lato la pistola, gli legò le mani dietro la

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schiena e gli immobilizzò i piedi ancora prima che la guardia forestale avesse la possibilità di rendersi conto di quanto stava succedendo. «Va bene, ragazzo» chiamò DJ ad alta voce. «Ora puoi venire.» Ronnie apparve qualche istante dopo. Osservò con aria ammirata l'uomo legato. «È stata bravissima» si complimentò. «Scommetto che questo tizio non l'ha neanche sentita arrivare.» Fern, dal canto suo, non sembrava divertito. «E o-ra?» domandò. DJ sorrise amabilmente. «Ora niente» replicò tran-quilla. «Tu cerca di rilassarti mentre noi scoviamo al-tre prede. Non ho intenzione di sprecare il tempo di Ronnie rimandandolo all'accampamento con un solo prigioniero.» «Assolutamente no!» affermò Fern. «Sta piovendo. Il terreno è bagnato. Non puoi lasciarmi qui.» «Spiacente, mio caro, ma questa è la guerra» sen-tenziò DJ. Lei e Ronnie ripresero la marcia mentre l'uomo continuava a protestare. Le sarebbe piaciuto tornare indietro per imbavagliarlo, pensò, ma così avrebbe violato le regole del gioco. Peccato. Un'ora dopo scorsero tre uomini in una radura. Ri-devano e scherzavano fra loro, ovviamente incuranti del pericolo di essere catturati. DJ studiò la situazione, poi chiamò Ronnie da par-te. «Se vuoi vincere» gli sussurrò, «devi essere pronto a fare tutto ciò che è necessario per raggiungere lo scopo. Dobbiamo cogliere il nemico di sorpresa. Io aspetto qui, mentre tu ti metti in posizione. Cammina

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in cerchio fino a trovarti esattamente di fronte a me e dietro di loro. Quando io mi farò avanti per distrarli, tu entra in azione puntando loro il fucile alle spalle.» Ronnie annuì, ma nei suoi occhi blu era riflesso il dubbio. Ovviamente si stava chiedendo come avrebbe fatto lei a distrarre tutti e tre gli uomini. DJ sorrise. In realtà, era un compito semplice. Per prima cosa, si tolse la camicia. Sotto al top verde oliva non portava il reggiseno. Ronnie sgranò gli occhi. Un'espressione di disappunto apparve sul viso di DJ. Il ragazzo arrossì e arretrò di un passo, mormo-rando qualche parola di scusa. DJ scosse la testa, poi annodò il top proprio sotto al seno. Adesso la stoffa le aderiva come una seconda pelle e lei aveva lo stomaco scoperto. Sbottonò i pan-taloni e li arrotolò fino all'altezza delle anche. Infilò la pistola nella tasca posteriore e, in ultimo, si tolse il berretto e sciolse la lunga treccia. Si chinò in avanti per scuotere i lunghi capelli castani per ridare loro vo-lume e leggerezza. Ronnie spalancò la bocca. «Ma lei è bellissima...» disse, poi si interruppe repentinamente. «Deve scusar-mi, signora, non intendevo...» DJ lo zittì con un cenno della mano. «Lascia stare. Ora portati in posizione. Sbrigati, hai solo due minuti a disposizione.» Aspettò per il tempo stabilito, poi si diresse verso gli uomini che, del tutto ignari del pericolo, stavano ancora chiacchierando. Raddrizzò la schiena allo sco-po di mettere in evidenza il seno e assunse un'espres-sione sgomenta. «Sono così confusa» mormorò. «Voi, signori, po-treste aiutarmi?»

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I tre uomini erano ufficiali dell'esercito, tutti di car-riera e dunque professionisti, e non si aspettavano cer-to di vedere spuntare una donna mezza nuda nel bel mezzo di un bosco. Il più anziano mosse un passo verso di lei. «Qual è il problema, signora?» chiese con gentilezza. Erano tre perfetti idioti, pensò allegramente DJ. A-vevano abbandonato i loro fucili accanto a un albero. Ancora qualche passo, e non avrebbero più avuto la possibilità di riprenderli. Giocherellò con una ciocca di capelli. «Questo non è da me» disse. «Voglio dire, ma a cosa stavo pensando? Non ricordo più neanche qual è la mia squadra. Mi sono iscritta ai giochi per-ché me lo ha chiesto il mio fidanzato, e quel farabutto mi ha lasciato tre giorni fa!» esclamò, poi socchiuse gli occhi, come nel tentativo di reprimere le lacrime. «Adesso ho freddo e sono stanca, e soprattutto sono molto spaventata.» Gli uomini si incamminarono verso la loro disfatta. «Non muovetevi! Mani in alto!» Doveva rendere il giusto merito a Ronnie, pensò DJ. Aveva parlato con tono autoritario e di comando. I tre militari si girarono verso di lui. Quando torna-rono a guardarla, lei aveva la pistola puntata contro di loro. Uno degli ufficiali rise. «Ottima messa in scena» commentò. «Grazie.» Pochi minuti dopo, i tre avevano le mani legate. Le regole del gioco stabilivano un massimo di cin-que nemici catturati. C'era un bonus per chi ne portava quattro prima della mezzanotte. Prima i nemici veni-vano consegnati, maggiore era il bonus. Lei e Ronnie

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erano stati fortunati, decise DJ mentre indossava la camicia e sistemava i pantaloni. «Ricordi dov'è l'altro prigioniero?» chiese poi rivol-ta a Ronnie. «Sì, signora.» «Bene. Adesso porta questi tre con te e vai a pren-derlo» gli ordinò DJ. «Scortali fino al quartier genera-le e assicurati che ci assegnino il punteggio del bonus. Poi torna qui. Io ti aspetterò nei paraggi, e sono certa che ti sentirò arrivare.» «Sì, signora.» DJ osservò i quattro che si allontanavano. Le regole del gioco imponevano ai prigionieri di collaborare du-rante il tragitto di ritorno verso l'accampamento. Pote-vano tentare di fuggire solo prima di mettersi in cam-mino, dunque Ronnie era in grado di portare a termine l'operazione. Rimasta sola, si sedette su uno sgabello. Era quasi il tramonto, aveva infine smesso di piovere, tuttavia l'aria non accennava a diventare più tiepida. Considerò l'opportunità di accendere un piccolo falò, ma, così facendo, avrebbe segnalato la sua posizione, cosa che preferiva evitare. Avrebbe fatto il possibile per non muoversi di lì fino al ritorno di Ronnie, per-ché, se fosse stata costretta a nascondersi, il ragazzo difficilmente l'avrebbe ritrovata. Avrebbe aspettato due ore e, se lui non si fosse fatto vivo per allora, a-vrebbe cercato da sola un altro prigioniero e raggiunto poi l'accampamento prima della mezzanotte. Trascorsi quarantacinque minuti, DJ sentì qualcosa. Non era un rumore di passi né un fruscio di foglie. In realtà, non era riuscita a identificare il suono, tuttavia i suoi sensi si tesero. C'era qualcuno lì vicino.

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Silenziosamente, corse a nascondersi dietro il tron-co di un albero. Nascose lo zaino sotto il tappeto di foglie che copriva il terreno, controllò di avere la pi-stola nella fondina e si accinse a scoprire chi era l'in-truso. Si aggirò nella radura seguendo l'istinto, basandosi sull'unica consapevolezza di una presenza. Il silenzio era ripiombato su di lei, tanto che infine si convinse di avere solo immaginato il rumore. Tornò sui suoi passi per riprendere lo zaino e fu allora che lo vide. Un uo-mo era chino sul suo bagaglio, come se avesse saputo esattamente dove trovarlo. DJ non si soffermò per chiedersi come aveva fatto. La fascia viola che il tizio portava al braccio lo identi-ficava come un suo avversario, e tanto le bastava. In quel momento era distratto, chino per esaminare le sue provviste. Con l'agilità di un felino, DJ balzò in avanti e gli premette il fucile contro la schiena. «Sei morto» af-fermò. «Ora alzati molto lentamente» gli ordinò. L'uomo lasciò andare lo zaino e sollevò le mani. «Ti ho sentita passeggiare qui intorno» disse. «Che cosa stavi facendo? Davi la caccia ai conigli?» DJ non apprezzò il commento ironico perché, per prima cosa, non aveva fatto alcun rumore. E seconda, era lei ad avere il fucile. «Non abbassare le mani» or-dinò, mentre arretrava con l'intenzione di portarsi a una distanza che gli avrebbe reso impossibile tentare di disarmarla. L'uomo raddrizzò la schiena. Era molto alto e mu-scoloso, notò DJ. I suoi movimenti le suggerirono che non era un amatore, come molti dei partecipanti ai giochi. Non lo aveva mai visto. Probabilmente era an-

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che lui un ufficiale dell'esercito. Il suo pugnale era piantato per terra, ma in quel momento non riusciva a vedere la pistola. «Per quanto tempo dovremo restare così?» chiese l'uomo con noncuranza. «Oppure hai dimenticato le fasi successive del gioco? Si suppone che tu mi ordini di girarmi, in modo da poterci guardare in faccia. Poi devi spaventarmi con il tuo fucile e legarmi le mani. Ricordi tutto questo o devo essere io a spiegartelo?» «Certo che hai fegato, figliolo» riconobbe DJ. «Figliolo?» L'uomo scoppiò a ridere. «Dalla voce, non mi sembri così anziana da poter essere mia ma-dre» osservò. Un arrogante bastardo, ecco quello che era, decise DJ. Sicuramente stava pensando di poterla raggirare come voleva, solo perché lei era una donna. Le avreb-be fatto un immenso piacere prenderlo a calci, ma non avrebbe dato inizio a un'azione sapendo di non poterla portare a termine. Era irritata, ma non tanto da com-mettere idiozie. «Non mi interessa guardarti in faccia» affermò con tono duro. «Incrocia le mani dietro la nuca, poi ingi-nocchiati lentamente.» «Ma se mi sono appena alzato!» replicò l'uomo con il tono petulante di un bambino che rifiutava di man-giare la zuppa di verdure. «Decidi cosa vuoi che io faccia, poi fammelo sapere.» «Ora ascoltami bene...» L'uomo si mosse con la velocità di un fulmine. Un attimo prima le dava le spalle, quello successivo si era girato. Con un calcio colpì il fucile, abbastanza vio-lentemente affinché DJ sentisse una fitta di dolore serpeggiarle lungo il braccio. Lasciò la presa e l'arma

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cadde per terra. Ora era in serio svantaggio, pensò, non tanto perché aveva perso il fucile, ma perché il braccio le faceva male. Non che avessero comunque la possibilità di affrontarsi. Il suo antagonista aveva estratto la pistola e gliela stava puntando alla tempia. Il cervello di DJ lavorava freneticamente. Si era re-sa conto di avere di fronte un degno avversario non appena lui si era mosso. Il sorriso divertito che gli incurvava le labbra con-trastava drammaticamente con la pistola che stringeva in mano. Era bravo, doveva ammetterlo, ma era anche abbastanza abile da riuscire a sconfiggerla? L'aveva disarmata, vero, ma non l'aveva ancora battuta. Forse sua madre non gli aveva insegnato che le donne non si toccano neanche con un fiore? Fedele alla sua teoria di usare ogni mezzo a sua di-sposizione, decise di trovare una risposta a quella do-manda. Ignorò la pistola e si massaggiò il polso dolen-te con l'altra mano, mentre si lasciava sfuggire un ge-mito. Odiava apparire debole, ma, a mali estremi, e-stremi rimedi, ricordò a se stessa. La pistola rimase puntata contro la sua testa, però l'uomo arretrò di un passo. «Che succede? Ho dato un calcio al fucile, non a te» disse. «Forse avevi intenzione di colpire il fucile, ma hai sbagliato mira» replicò lei, poi sospirò e si mordicchiò il labbro inferiore. «Credo che il polso sia fratturato.» «Non ho nemmeno sfiorato il polso» insistette lui. «Certo, perché, nonostante gli stivali anfibi che porti, sei riuscito a percepire esattamente dove mi hai colpito» ribatté DJ, sperando che la sua tattica diver-siva avesse effetto. In effetti, l'uomo abbassò lo sguardo sui suoi piedi.

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DJ approfittò di quella frazione di secondo per sferrar-gli un calcio nello stomaco. Lui tese le mani per affer-rarle la gamba, ma, avendo previsto la contromossa, DJ si era già portata a distanza di sicurezza. L'uomo avanzò, sebbene sofferente. Non trascorse più di un istante e DJ ruzzolò per terra. Confusa, si chiese come avesse fatto ad atterrarla. L'unica consapevolezza era la mancanza assoluta di dolore. L'uomo doveva averla colpita con abbastanza violenza da farla cadere, ma non da causarle danni fi-sici. Dunque le aveva riservato un trattamento di favo-re perché lei era una donna, pensò oltraggiata. Come aveva osato? Ma non era il momento di riflettere su quello per-ché doveva rimettersi subito in piedi e cercare di pre-vedere la sua prossima mossa. Scosse la testa e si inginocchiò. L'esperienza le consigliò di passare subito all'attacco. Si rialzò e balzò verso di lui, ma scivolò sulle foglie bagnate. Istinti-vamente allungò le mani in cerca di sostegno e afferrò la canna del fucile che l'uomo aveva imbracciato. L'arma rotolò per terra e lei, con un balzo, riuscì a im-padronirsene. Ma di nuovo mise il piede in fallo e, mentre perdeva l'equilibrio, per puro caso colpì la te-sta dell'uomo con il calcio del fucile. L'uomo cadde al suolo senza un gemito. Dapprima DJ pensò che fosse morto, poi si tran-quillizzò vedendo il torace che si alzava e si abbassa-va al ritmo del respiro. Il secondo pensiero fu che avrebbe fatto meglio a legarlo subito, perché non poteva prevedere cosa sa-rebbe successo quando lui avrebbe ripreso i sensi.

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