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Università LUISS Guido Carli, A.A. 2009-2010 (I semestre) Metodi Matematici per la Finanza SECONDA PARTE: Equazioni Differenziali e alle Differenze Prof. Fausto Gozzi (in collaborazione con Dott.ssa Alessandra Cretarola)

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Università LUISS Guido Carli, A.A. 2009-2010 (I semestre)

Metodi Matematici per la Finanza

SECONDA PARTE:

Equazioni Differenziali e alle Differenze

Prof. Fausto Gozzi

(in collaborazione con Dott.ssa Alessandra Cretarola)

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Indice

1 Introduzione ai sistemi dinamici 51.0.1 Obiettivi della seconda parte del corso . . . . . . . . . . . . . 51.0.2 Notazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.1 Prime definizioni ed esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.1.1 Sistemi dinamici descritti da equazioni differenziali o alle dif-

ferenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.1.2 Alcune osservazioni utili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.2 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101.2.1 L’evoluzione di un deposito in banca . . . . . . . . . . . . . . 101.2.2 Modelli di crescita della popolazione e di marketing . . . . . . 121.2.3 Modello preda-predatore (Lotka - Volterra) . . . . . . . . . . 131.2.4 Modello di crescita di Solow . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131.2.5 Mercato competitivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141.2.6 Gestione (Management) di produzione . . . . . . . . . . . . . 15

1.3 Una definizione formale di sistema dinamico . . . . . . . . . . . . . . 15

2 Esistenza ed unicità delle soluzioni 192.1 Soluzioni: il caso a tempi discreti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.1.1 Soluzioni locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202.1.2 Esistenza ed unicità globale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

2.2 Soluzioni: il caso a tempi continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222.2.1 Soluzioni locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 242.2.2 Esistenza ed unicità globale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

3 Equazioni alle differenze ed equazioni differenziali lineari 293.1 ED del primo ordine lineari (caso n = 1) . . . . . . . . . . . . . . . . 293.2 EDO del primo ordine lineari (caso n = 1) . . . . . . . . . . . . . . . 30

Bibliografia 32

3

4 INDICE

Capitolo 1

Introduzione ai sistemi dinamici

1.0.1 Obiettivi della seconda parte del corso

Lo scopo principale della seconda parte del corso è quello di fornire i concetti basedella teoria matematica dei sistemi dinamici partendo da alcune applicazioni bennote in economia, management, e finanza. In particolare, gli argomenti trattatiriguarderanno:

• i risultati matematici e gli strumenti usati per formalizzare e studiare alcunimodelli ben noti in economia e finanza frequentemente incontrati in letteratura;

• alcuni metodi di base per risolvere problemi semplici e affrontare problemi piùcomplessi che coinvolgono equazioni differenziali (e alle differenze).

1.0.2 Notazioni

Le lettere in grassetto denotano i vettori (o funzioni che mappano numeri reali invettori). Le componenti dei vettori non sono in grassetto.

1.1 Prime definizioni ed esempi

Molti problemi applicati in economia, management e finanza sono di natura di-namica. Generalmente parlando, non possono essere compresi (o predetti, o anchecontrollati) semplicente osservandoli ad un certo istante; è necessario poter osservarela loro evoluzione nel tempo. Per maggiori dettagli ed un’approfindita trattazione,si legga ad esempio l’introduzione di [4], o il primo capitolo di [2].

Il primo passo nella costruzione un modello è quello di “identificare” le variabiliche descrivono completamente il problema che stiamo trattando. Tali variabili sonocomunemente chiamate variabili di stato. Dato che il problema è di natura dinamica,ciò che interessa maggiormente è lo studio dell’evoluzione di tali variabili di stato alvariare del tempo1. Questo significa che, se indichiamo con x il vettore delle variabili

1Naturalmente, nello studio del problema possono esserci altri obiettivi. In alcuni casi, può es-sere interessante lo studio del comportamento delle variabili di stato (e.g. monotonia, convessità,punti estremali, comportamento asintotico,...); in altri casi risulta interessante controllare il com-

5

6 Introduzione ai sistemi dinamici

di stato, siamo interessati a studiare la funzione

x : T → X ⊆ Rn

dove

• T è un sottoinsieme assegnato di R e rappresenta l’insieme dei tempi nei qualivogliamo calcolare il valore della variabile di stato;

• X è un sottoinsieme assegnato di Rn (n è il numero delle componenti dellavariabile di stato che stiamo considerando), dove vive la variabile di stato (disolito dipende dal tipo di problema: ad esempio se, per n = 1, x rappresentaun prezzo, è naturale richiedere che prezzi siano ≥ 0 e quindi X = [0,+∞)).

Tale funzione x è, euristicamente, il cuore di un sistema dinamico n-dimensionale edescrive l’evoluzione nel tempo della variabile di stato. Naturalmente x dipenderàdal valore dei parametri che compaiono nel modello, specialmente dai dati iniziali.Non daremo qui la definizione formale di Sistema Dinamico (in breve SD da adessoin avanti), lasciandola per la sezione 1.3.

L’insieme dei tempi T può essere sostanzialmente di due tipi:

• T ⊆ N che è il caso di un SD a tempi discreti;

• T è un intervallo di R possibilmente non limitato, e questo è il caso di un SDa tempi continui.

Se la funzione x è nota in forma esplicita allora possiamo utilizzare gli strumentinecessari per studiare una funzione di questo tipo (che è comunemente chiamata unacurva in Rn, si veda ad esempio [6, Sezione 4.5] per una teoria base sulle curve). Madi solito, x non è esplicitamente nota. Nella sottosezione seguente, descriviamo cosaè comunemente noto in questi modelli.

1.1.1 Sistemi dinamici descritti da equazioni differenziali o alledifferenze

In molti modelli dinamici, sono note le seguenti cose:

• il valore x0 dello stato ad un certo istante t0 (di solito, ma non necessariamente,il primo oppure l’ultimo);

• la legge di evoluzione, che andiamo a studiare distinguendo il caso a tempidiscreti da quello a tempi continui.

portamento delle variabili di stato nel raggiungere certi stati, oppure massimizzare alcune funzioniobiettivo, e così via. Vedremo queste cose più avanti in alcuni esempi.

1.1 Prime definizioni ed esempi 7

Tempi discreti. La legge di evoluzione è una relazione tra il valore x (t) dellavariabile di stato al tempo t e i suoi valori ad istanti successivi, i.e. in formagenerale è rappresentata nel modo seguente:

G (t,x (t) ,x (t + 1) ,x (t + 2) , ...,x (t + k)) = 0 ∀t ∈ T

dove G : T × Xk+1 → Rp è una funzione assegnata. L’espressione sopra èchiamata Equazione alle Differenze (in breve ED da adesso in poi) di ordinek (dato che coinvolge i valori della variabile di stato da x (t) a x (t + k)). Ilnumero p rappresenta il numero di equazioni. Un caso particolare più semplice(quando p = n) è quello in cui è possibile riscrivere l’equazione sopra come

x (t + k) = g (t,x (t) ,x (t + 1) ,x (t + 2) , ...,x (t + k − 1)) ∀t ∈ T

per una funzione assegnata g : T × Xk → Rn. Tali ED sono chiamate EDin forma normale. L’ED è detta autonoma se G (o equivalentemente, g) nondipende da t. Se invece lo è, l’ED è detta non autonoma.

Tempi continui. La legge di evoluzione in questo caso è una relazione tra ilvalore x (t) della variabile di stato al tempo t e le sue successive derivate allostesso istante, i.e. in forma generale è rappresentata nel modo seguente:

F(t,x (t) ,x′ (t) ,x′′ (t) , ...,x(k) (t)

)= 0 ∀t ∈ T

dove F : T×X0×X1×X2× . . . Xk → Rp è una funzione assegnata (Xi ⊆ Rn èl’insieme dove vogliamo vincolare la i−esima derivata della variabile di stato).L’espressione sopra è chiamata Equazione Differenziale Ordinaria (in breveEDO da adesso in poi) di ordine k (dato che coinvolge i valori delle derivatefino all’ordine k). Il numero p rappresenta il numero di equazioni. Come per leED un caso particolare più semplice (quando p = n) è quello in cui è possibileriscrivere l’equazione sopra come:

x(k) (t) = f(t,x (t) ,x′ (t) ,x′′ (t) , ...,x(k−1) (t)

)∀t ∈ T

per una funzione assegnata f : T × X0 × X1 × X2 × . . . Xk−1 → Rn. TaliEDO sono chiamate EDO in forma normale. L’EDO è detta autonoma se F(o, equivalentemente, f) non dipende da t. Se invece lo è, l’EDO è detta nonautonoma.

In questi casi parleremo di Sistemi Dinamici descritti da ED (o da EDO). Possiamoanche dire che le ED assegnate (o le EDO) sono le rappresentazioni locali di unSistema Dinamico.In entrambi i casi descritti sopra, quando il numero p delle equazioni è strettamentemaggiore di 1, talvolta si può parlare di “Sistemi di ED o di EDO”.

8 Introduzione ai sistemi dinamici

Da adesso in avanti, considereremo soltanto SD la cui legge di evoluzione è una EDo EDO del primo ordine in forma normale:

x (t + 1) = g (t,x (t)) , ∀t ∈ T

x′ (t) = f (t,x (t)) , ∀t ∈ T.

Questa legge di evoluzione sarà accoppiata alla condizione x (t0) = x0 ∈ X. Disolito, ma non sempre, t0 sarà il primo punto dell’insieme dei tempi T. Per questaragione, la condizione x (t0) = x0 è di solito chiamata “condizione iniziale”. Ma puòaccadere che t0 sia il punto finale (o un qualsiasi altro punto) di T e buona partedella teoria che svilupperemo funzionerà ugualmente. Specificheremo le differenze sece ne saranno.Il risultato di questo accoppiamento sono i cosiddetti Problemi di Cauchy (inbreve PC da adesso in avanti):{

x (t + 1) = g (t,x (t)) , ∀t ∈ T

x (t0) = x0 ∈ X;(1.1){

x′ (t) = f (t,x (t)) , ∀t ∈ T

x (t0) = x0 ∈ X;(1.2)

faremo loro riferimento come PC-ED e PC-EDO. Vedremo che sotto opportune ipote-si (che nei nostri esempi saranno quasi sempre verificate), la soluzione di tali problemidi Cauchy esiste ed è unica (si veda il Capitolo 2). Per evidenziare la dipendenza ditali soluzioni dal dato iniziale, le denoteremo

x (t; t0,x0)

o semplicemente x (t;x0) quando t0 = 0 è fissato (talvolta, quando sarà chiaro dalcontesto, scriveremo semplicemente x (t)).

Diamo ora alcune definizioni che saranno utili più avanti:

• l’immagine della funzione x (·; t0,x0) cioè l’insieme C = {x (t; t0,x0) , t ∈ T} èchiamato l’orbita (del SD) associata al dato iniziale (t0,x0). Si tratta di unsottoinsieme di Rn.

• La famiglia delle curve integrali del SD è la famiglia delle curve{x (t; t0,x0) , t0 ∈

T, x0 ∈ X}. Spesso t0 è fissato una volta per tutte e allora la famiglia delle

curve integrali del SD è la famiglia delle curve {x (t; t0,x0) ,x0 ∈ X}. Le curveintegrali sono spesso anche chiamate traiettorie del SD. Ogni curva integraleè un sottoinsieme di T × Rn.

• Un punto x0 ∈ X tale che per ogni t e t0 la funzione costante x (t; t0,x0) = x0

è una soluzione del problema di Cauchy (1.1) o (1.2) è chiamato punto diequilibrio.

1.1 Prime definizioni ed esempi 9

1.1.2 Alcune osservazioni utili

Osservazione 1.1.1. Osserviamo che, per dare senso ad un PC-ED come (1.1)abbiamo solo bisogno di richiedere che x (t) ∈ X, mentre, per dare senso ad un PC-EDO come (1.2), bisogna richiedere che la funzione x (·) sia differenziabile in ognipunto t ∈ T. Ciò significa che lo studio di equazioni differenziali ordinarie richiedein generale più ipotesi di regolarità sulle funzioni coinvolte.

Osservazione 1.1.2. Una volta che sappiamo come studiare una ED od una EDOdel primo ordine in forma normale, risulta molto semplice trattare ED o EDO delk-esimo ordine in forma normale. Infatti ogni ED o EDO del k-esimo ordine informa normale è equivalente ad una ED o EDO del primo ordine in forma normalecon kn variabili.Per verificarlo nel caso di una EDO con n = 1, consideriamo una qualsiasi EDO diordine k > 1 scritta in forma normale

x(k) (t) = f(t, x (t) , x′ (t) , x′′ (t) , ..., x(k−1) (t)

)∀t ∈ T (1.3)

dove f : T ×X0 × . . .×Xk−1 → R (Xi ⊆ R). Consideriamo ora la funzione

y : T → Rk

definita come

y1 (t) = x (t)y2 (t) = x′ (t)y3 (t) = x′′ (t)

...yk−1 (t) = x(k−2) (t)

yk (t) = x(k−1) (t) .

E’ evidente che, se x : T → R è k-volte differenziabile ed è soluzione di (1.3), alloral’applicazione y : T → Rk è ben definita, differenziabile e soddisfa, ∀t ∈ T:

y′1 (t) = x′ (t) = y2 (t)y′2 (t) = x′′ (t) = y3 (t)

...y′k−1 (t) = x(k−1) (t) = yk (t)

y′k (t) = x(k+1) (t) = f(t, x (t) , x′ (t) , x′′ (t) , ..., x(k−1) (t)

)così y è una soluzione della seguente EDO del primo ordine:

y′ (t) = h (t,y (t))

dove X = X0 × . . .×Xk−1 eh : T ×X → Rk

10 Introduzione ai sistemi dinamici

h (t,y) =

y2

y3...yk

f (t, y1, y2, y3, ..., yk−1, yk)

.

Il caso n > 1 è completamente analogo. Si veda ad esempio [5, pp.274-275].

Osservazione 1.1.3. Nei modelli e nelle applicazioni che vedremo, l’obiettivo prin-cipale sarà lo studio delle proprietà delle traiettorie di stato. Prima di intraprenderequesto studio però, abbiamo bisogno di sapere che le soluzioni di PC-ED come (1.1)(e/o di PC-EDO come (1.2)) esistano e che possibilmente siano uniche. La mancan-za di esistenza od unicità per qualche dato iniziale x0 ∈ X è di solito qualcosa chenon auspichiamo in un modello: vorrebbe dire che la funzione di stato non esiste,oppure che partendo dallo stesso punto iniziale sono possibili molteplici evoluzioni.Questa è la ragione per cui prima di tutto (dopo gli esempi) cercheremo di stabilirealcuni risultati di esistenza ed unicità delle soluzioni. Nel capitolo 2, Sezione 2.1 e2.2 rispettivamente, daremo un insieme di condizioni che garantiscano esistenza edunicità delle soluzioni.

1.2 Esempi

1.2.1 L’evoluzione di un deposito in banca

Se un certo capitale C > 0 è affidato ad un deposito bancario all’istante t = 0, allorail suo valore verrà incrementato grazie ai tassi di interesse (ove previsti2) pagatidalla banca. Consideriamo il modello a tempi discreti misurando il tempo in anni.Scegliamo come variabile di stato x (t) che rappresenta l’ammontare del capitale neldeposito durante l’anno t ∈ N. Sia r (t) il tasso di interesse annuale relativo all’anno t(i.e. il tasso di interesse applicato nel periodo (t, t + 1)) e assumiamo che non ci sianoaltri fattori che possano influenzare l’andamento di x (t). Allora x deve soddisfare ilseguente PC-ED {

x (t + 1) = (1 + r (t))x (t) , ∀t ∈ N;x (0) = C.

(1.4)

Si può ottenere euristicamente un modello analogo a tempi continui, nel modoseguente. Assumiamo sempre che il tempo venga misurato in anni ma in più oravogliamo conoscere il valore del capitale x (t) non solo per t ∈ N ma anche pert ∈ (∆t) N per un “piccolo” ∆t > 0 assegnato.3 Ciò significa che il PC-ED (1.4)diventa {

x (t + ∆t) = (1 + r∆t (t))x (t) , ∀t ∈ (∆t) N;x (0) = C,

2Per un’agile e utile introduzione all’argomento si suggerisce di consultare il libro “BancaBassotti” di G. Cloza, Editore: Stampa Alternativa, 2001.

3Questo significa che siamo interessati a conoscere il valore di x al tempo0, ∆t, 2∆t, 3∆t, . . . , n∆t, . . ., i.e. ai multipli di un’unità di tempo assegnata ∆t. Prendendo∆t sempre più piccolo (mesi, giorni, ore, secondi, e così via) ci avviciniamo sempre di più ad unmodello a tempi continui.

1.2 Esempi 11

dove adesso r∆t (t) è il tasso di interesse applicato durante il periodo (t, t + ∆t).L’equazione alle differenze sopra può quindi essere riscritta come

x (t + ∆t)− x (t) = r∆t (t) x (t) , ∀t ∈ (∆t) N,

e dividendo per ∆t, otteniamo

x (t + ∆t)− x (t)∆t

=r∆t (t)

∆tx (t) , ∀t ∈ (∆t) N. (1.5)

Adesso possiamo, informalmente, mandando ∆t a 0, passare ad un modello a tempicontinui. Naturalmente il passaggio al limite richiederebbe sapere che tale limiteesiste, ma ciò non è ovvio a priori. Non entriamo nei dettagli del problema e andiamoavanti semplicemente, assumendo che “ogni cosa funzioni” nel calcolo del limite. Iltermine a destra tende a x′ (t). In quello a sinistra, assumiamo (ed è ragionevole nelmodello) che la quantità r∆t(t)

∆t , quando ∆t → 0, abbia un limite: il cosiddetto tassodi interesse istantaneo al tempo t che chiamiamo δ (t). Allora il limite della (1.5)quando ∆t → 0 è (aggiungendo la condizione iniziale):{

x′ (t) = δ (t) x (t) ∀t ∈ R+;x(0) = C.

(1.6)

Osserviamo che questo è un possibile analogo a tempi continui del modello (1.4) manon è l’unico. Informalmente parlando, possiamo dire che questo è il più intuitivo.In questo caso, la relazione tra r e δ (il tasso di interesse a tempi discreti e continuirispettivamente) può essere ottenuta, nel caso siano costanti, calcolando le soluzionidei due PC (1.4) e (1.6), (1 + r)t e eδt rispettivamente, e ponendole uguali per t ∈ N.Ne segue che deve essere δ = ln (1 + r)).

Naturalmente, il tasso di interesse può variare nel tempo e può anche dipenderedall’ammontare di capitale, così a tempi discreti si ha:

x (t + 1) = (1 + r (t, x (t)))x (t) , x (0) = C,

o a tempi continui,x′ (t) = δ (t, x (t))x (t) x (0) = C.

Inoltre, possiamo pensare al caso in cui ci siano prelevamenti periodici nel conto. Atempi discreti, questo porta ad una ED del tipo

x (t + 1) = (1 + r (t))x (t)− k (t) , ∀t ∈ N;

dove k (t) è una funzione assegnata che esprime il prelevamento al tempo t. Nat-uralmente i prelevamenti possono avere diversa periodicità a seconda dell’unità dimisura del tempo assegnata. Per esempio possiamo decidere di contare il tempoin mesi e avere prelevamenti ogni 3 mesi. Assumendo che tali prelevamenti sianocostanti (uguali a k0 > 0) avremmo

k (t) ={

k0, se t ∈ 3N0, otherwise.

Si osservi che trovare un modello a tempi continui equivalente a questo è un compitodifficile.

12 Introduzione ai sistemi dinamici

1.2.2 Modelli di crescita della popolazione e di marketing

Sia x (t) la popolazione di una data specie in un certo ambiente al tempo t. Unmetodo classico di modellizzare la dinamica della popolazione è la cosiddetta leggedi Malthus, in base alla quale l’incremento della popolazione nell’unità di tempo èproporzionale alla popolazione attraverso una costante a > 0 che rappresenta il tassodi crescita per unità di tempo (i.e. la quantità ∆x

x ). In questo modo si ha il seguentemodello a tempi discreti {

x (t + 1)− x (t) = ax (t) ;x (0) = x0.

Un analogo a tempi continui si trova come nell’esempio precedente, scrivendo:

x′ (t) = bx (t) ; x (0) = x0,

dove b ha un significato diverso da a, dato che rappresenta il tasso istantaneo dicrescita (i.e. la quantità x′

x ). La relazione tra a e b è come quella trovata tra r e δnell’esempio precedente.

Un’altra possibilità più realistica è quella di assegnare (oltre la crescita descrittasopra) un livello di saturazione M per la popolazione (il massimo numero di personeche possono vivere in un dato ambiente, considerando cibo, risorse naturali, acqua,aria, ecc.) nel modo seguente:

x (t + 1)− x (t) = ax (t) (M − x (t)) ; x (0) = x0

per un modello a tempi discreti o

x′ (t) = bx (t) (M − x (t)) ; x (0) = x0

per un modello a tempi continui. Queste sono chiamate equazioni logistiche (Verhulstle ha introdotte nel 1845). Lo studio del caso a tempi discreti è molto più complicatodato che porta a dinamiche complesse e caos, si veda e.g. [5, pp.3263-368] and [4,pp.505-512].

Questi due modelli possono essere visti come modelli di marketing dove x (t) rapp-resenta il numero di clienti di una data azienda al tempo t. Per commenti su questimodelli di marketing si veda [2, p.71-74].

Un modello più generale che include quelli precedentemente descritti può esserescritto nel modo seguente (a tempi discreti):

x (t + 1)− x (t) = F (x (t))−H (t) ; x (0) = x0 (1.7)

dove F (x) è la funzione di crescita della popolazione (la differenza tra nascita emorte) e H è una harvesting function (funzione di “raccolta”): H (t) rappresenta ilnumero di individui che escono dal sistema nel periodo tra t e t + 1. La funzione

1.2 Esempi 13

F è di solito scritta come F (x) = xR (x) dove R (x) è il tasso di crescita dellapopolazione. Nel caso di Malthus R è costante. Nel caso logistico R è decrescenteaffine. In generale, si possono verificare differenti comportamenti. Per un maggioreapprofondimento, si veda e.g. [3]. Nel modellizzare la popolazione dei pesci (maanche bovini o altri animali) la funzione H è assegnata dall’industria della pesca.Il PC-ED (1.7) è anche usato per modellizzare l’evoluzione di uno stock di risorserinnovabili, si veda e.g. [3].

1.2.3 Modello preda-predatore (Lotka - Volterra)

E’ un modello semplice a tempi continui che descrive l’evoluzione nel tempo di duespecie che interagiscono tra loro: la preda ed il predatore. Si tratta di un modello cherisolve il problema di sopravvivenza tra due specie diverse di animali, una delle qualideve cibarsi dell’altra per sopravvivere. Chiamiamo x1 (t) il numero (medio) delleprede al tempo t e x2 (t) il numero (medio) dei predatori al tempo t. Le equazioniche modellizzano l’evoluzione sono:

x′1 (t) = x1 (t) (A−Bx1 (t)) , x1 (0) = x10;

x′2 (t) = x2 (t) (−C + Dx2 (t)) , x2 (0) = x20.(1.8)

Questo rappresenta un modello semplice di tali interazioni e fu proposto dagli stu-diosi Lotka and Volterra. Per una spiegazione più dettagliata si veda [6, pp.443-445].Si tratta di un modello non lineare che è stato ampiamente studiato in letteratura.Per una trattazione approfondita si possono consultare [5, pp. 278-283] o [6, Sec-tions 15.5, 15.6], oppure [4, Section 24.4]. Ricordiamo che le equazioni (1.8) sonostate impiegate da Goodwin per costruire il ben noto modello del ciclo di crescita diGoodwin (si consulti [4, pp.458-464]).

Un altro esempio di modello dinamico della popolazione è il modello di Leslie, siveda [6, pp.354-356].

1.2.4 Modello di crescita di Solow

Si consideri un’economia chiusa dove ogni agente possiede una quantità k0 di capitaleal tempo t = 0. La quantità pro capite di capitale cambia al variare del tempo e siassume che la sua evoluzione dipenda dalla produzione pro capite fP (k), dal tassodi crescita della popolazione δ e dal consumo c(t), nel modo seguente:

k (t + 1)− k (t) = fP (k (t))− δk (t)− c (t) ; k (0) = k0

a tempi discreti, e

k′ (t) = fP (k (t))− δk (t)− c (t) ; k (0) = k0

14 Introduzione ai sistemi dinamici

a tempi continui. Qui fP : [0,+∞) → [0,+∞) rappresenta la cosiddetta funzione diproduzione pro capite e si assume che soddisfi le seguenti condizioni:

fP ∈ C2 ((0,+∞) ; R) ,

f ′P > 0, f ′′P < 0,

fP (0) = 0, fP (+∞) = +∞,

f ′P (0) = +∞, fP (+∞) = 0.

Un esempio è fP (k) = kα per un certo α ∈ (0, 1). Inoltre la funzione c rappresentala polizza di consumo dell’agente economico. Ci sono differenti modi per sceglierla.Una possibilità è quella di sceglierla in base ad un modello di ottimizzazione, i.e.scegliere la traiettoria c che massimizza un funzionale assegnato (si veda un corsodi ottimizzazione dinamica per avere un’idea). Un’altra possibilità più semplice è disceglierla in base ad una feedback rule assegnata, i.e. scegliere c(t) come una funzioneassegnata del capitale al tempo t. Una scelta ben nota è

c (t) = (1− s) fP (k (t)) ,

dove s ∈ (0, 1) è il tasso di risparmio (i.e. la proporzione di produzione che non èstata impiegata per il consumo). In questo secondo caso, si ha

k (t + 1)− k (t) = sfP (k (t))− δk (t) ; k (0) = k0

a tempi discreti e

k′ (t) = sfP (k (t))− δk (t) ; k (0) = k0 (1.9)

a tempi continui. Per uno studio approfondito del modello, si veda e.g. [1, Ch. 2]oppure [4, Sezioni 13.2 and 24.2.3]).

1.2.5 Mercato competitivo

Questo esempio è tratto da [2, p.74-77]. Qui delineiamo il modello riferendoci a quellibro per una descrizione più completa. Consideriamo un mercato con n individuiche competono dividendosi l’intero mercato (e.g. gestori di compagnie telefoniche).Chiamiamo x (t) il vettore delle quote di mercato per ciascuna compagnia così daavere

∑ni=1 xi (t) = 1, per ogni t ≥ 0. Chiamiamo poi A la matrice n × n dei

coefficienti di transizione (aij è la porzione di clienti della j-esima compagnia chepasserà alla compagnia i nel prossimo periodo). Si assume che A sia costante. Percostruzione si ha:

n∑i=1

aij = 1, ∀j = 1, ..., n.

Allora il vettore x (t) soddisfa il PC-ED omogeneo a tempi discreti

x (t + 1) = Ax (t) ; x (0) = x0,

1.3 Una definizione formale di sistema dinamico 15

dove x0 rappresenta la distribuzione iniziale delle quote di mercato. Un analogo atempi continui del modello a tempi discreti è

x′ (t) = (A− I)x (t) ; x (0) = x0.

Un modello simile utilizzato per descrivere l’aumento o la diminuzione del numero diauto in una città (od in uno stato, o qualsiasi altro luogo) è discusso in [2, p.74-77].

1.2.6 Gestione (Management) di produzione

Si consideri un’azienda che fa scorte di beni utilizzati per la produzione in un certodeposito (“storehouse”). Se ci sono ad esempio n beni, le loro quantità possono essererappresentate da un vettore x = (x1, ..., xn) ∈ Rn. Naturalmente, queste quantitàvarieranno nel tempo conseguentemente a:

• il loro utilizzo nella produzione (-);

• l’arrivo di nuovi stocks comprati dall’azienda (+);

• altri eventi attesi od inattesi (declini, furti, incendi, donazioni,...) (+ o -).

Allora è chiaro che il problema di gestire il magazzino è un problema dinamico.Il vettore x rappresenta lo stato del sistema “storehouse”. Dipende dal tempo epuò essere scritto come x (t), dove t appartiene ad un certo insieme di tempi cheindicheremo con T. Un primo tentativo di modellizzare tale comportamento dinamicopuò essere il seguente:

x (t + 1) = −B (t) + A (t,x (t)) + N (t,x (t)) ; x (0) = x0,

dove B è una funzione positiva del tempo che fornisce la quantità utilizzata per laproduzione ad ogni periodo t (si potrebbe pensare che non dipenda da t, come effet-tivamente la produzione non dovrebbe essere condizionata dalle quantità immagazz-inate). Qui A è una funzione positiva che fornisce le quantità comprate dall’aziendanel periodo t; dipende anche da x, ritenendo ragionevole che l’azienda osservi lequantità immagazzinate per decidere quanta merce comprare. Per concludere, N èuna quantità aleatoria che rappresenta tutti i cambiamenti inaspettati (che possonodipendere o non dipendere da x).

Esercizio 1.2.1. Si discuta la formulazione del problema appena illustrato, si pre-senti una possibile alternativa ed un modello a tempi continui commentandolo.

1.3 Una definizione formale di sistema dinamico

Ci occupiamo ora di dare una definizione formale di sistema dinamico che possafavorire una comprensione più profonda di questo oggetto matematico e delle sueapplicazioni. Partiamo con una prima definizione.

16 Introduzione ai sistemi dinamici

Definizione 1.3.1. Un sistema dinamico è dato da un insieme X, (l’insieme deglistati, di solito chiamato lo spazio di fase) un insieme T (l’insieme dei tempi), uninsieme di traiettorie {x (·; t0,x0)}(t0,x0)∈T×X , che soddisfano le seguenti proprietà:

1. ∀ (t0,x0) ∈ T ×X si ha x (t0; t0,x0) = x0;

2. ∀ (t0,x0) ∈ T ×X si ha x (·; t0,x0) : T → X;

3. ∀x0 ∈ X and t0, t1, t2 ∈ T si ha

x (t2; t0,x0) = x (t2; t1,x (t1; t0,x0))

L’idea che si nasconde dietro la definizione appena enunciata è la seguente. Un sis-tema dinamico è sostanzialmente dato dall’insieme di tutte le traiettorie della vari-abile di stato x, al variare del dato iniziale (o finale, o un qualsiasi altro) x0. Sono as-segnati un insieme di tempi possibili T ed un insieme di stati possibili X. Pensando aquanto visto nella Sezione 1.1, possiamo dire euristicamente che {x (·;x0)}(t0,x0)∈T×X

corrisponde all’insieme delle soluzioni dei problemi di Cauchy (1.1) o (1.2) quando(t0,x0) varia in T ×X.

Osservazione 1.3.2. Le tre proprietà sopra elencate richiedono coerenza tra il sis-tema dinamico e l’insieme di soluzioni dei problemi di Cauchy. Le prime due sonoabbastanza chiare, dato che stabiliscono la condizione iniziale ed il fatto che tutte letraiettorie sono definite in T con valori in X. La terza proprietà è probabilmente è aprima vista un po’ più oscura: sostanzialmente, dice che la seconda parte di una trai-ettoria, che parte da un determinato punto, può essere vista come un punto diversospostato nel tempo. Corrisponde alle proprietà di esistenza ed unicità che vedremonel prossimo capitolo.

Esaminiamo ora il caso autonomo.

Definizione 1.3.3. Un sistema dinamico autonomo è dato da un insieme X, (l’in-sieme degli stati, di solito chiamato lo spazio di fase) un insieme T (l’insieme deitempi), un istante t0 ∈ T, un insieme di traiettorie {x (·;x0)}x0∈X , che soddisfanole seguenti proprietà:

1. ∀x0 ∈ X si ha x (t0;x0) = x0;

2. ∀x0 ∈ X si ha x (·;x0) : T → X;

3. ∀x0 ∈ X and t1, t2 ∈ T tale che t1 + t2 ∈ T si ha

x (t1 + t2;x0) = x (t2;x (t1;x0))

La differenza tra l’ultima definizione data e quella generale è la seguente. In questocaso l’istante iniziale (o finale, o un qualsiasi altro) t0 è fissato una volta per tuttementre lo stato iniziale x0 varia in X. Sostanzialmente questo è dovuto al fatto che

1.3 Una definizione formale di sistema dinamico 17

nel caso autonomo, identificare lo stato richiede solo di conoscere il punto inizialee la distanza dal tempo iniziale. Questo non succede nel caso non autonomo doveanche l’istante iniziale deve essere noto.Pensando a quanto visto nella sezione 1.1, possiamo dire euristicamente che {x (·;x0)}x0∈X

corrisponde all’insieme delle soluzioni dei problemi di Cauchy (1.1) o (1.2), quandot0 è fissato e facciamo variare x0 in X.Un istante iniziale (o finale , o un qualsiasi altro) t0 è fissato così come lo spazio deglistati X.

Un altro modo di guardare un sistema dinamico autonomo è il seguente (per brevità,tralasciamo la discussione del caso non autonomo). Invece di concentrarsi sulle traiet-torie di stato che variano con il tempo, si potrebbe pensare di focalizzare l’attenzionesulle applicazioni φt : X → X, definite per ogni t ∈ T come segue :

φt (x0) = x (t; t0,x0) .

L’idea è che per ogni τ ∈ T, un sistema dinamico induce una trasformazione dellospazio degli stati X in se stesso, ovvero la mappa φt. Studiare le proprietà di talimappe è sostanzialmente equivalente a studiare le proprietà delle traiettorie, ma conun diverso punto di vista.

Dal punto di vista economico, possiamo pensare all’esempio seguente: si considerinoun istante iniziale e vari agenti corrispondenti a varie condizioni iniziali; la mappaφt dice dove sono gli agenti al tempo t, ed in questo modo fornisce un’immagineglobale di un sistema complesso ad un certo istante. La singola traiettoria descrivel’evoluzione di un singolo agente. La seguente definizione (si veda e.g. [5, p.378])mette in luce questa importante caratteristica.

Definizione 1.3.4. Un sistema dinamico autonomo è dato da un insieme X (l’in-sieme degli stati, di solito chiamato lo spazio di fase) un insieme T (l’insieme deitempi), un insieme di mappe di evoluzione

{φt}

t∈T, che soddisfano le seguenti pro-

prietà:

1. φ0 = IdX (assumendo che t = 0 è il primo punto di T ).

2. φt : X → X, ∀t ∈ T

3. φt+s = φt ◦ φs, ∀t, s ∈ T tale che t + s ∈ T .

Le mappe φt sono oggetti matematici che descrivono l’evoluzione dinamica del sis-tema; la mappa φt porta il valore dello stato iniziale x (0) nel valore dello stato x (t)al tempo t, che corrisponde al valore iniziale assegnato. Valori iniziali diversi portanoin generale a diversi valori al tempo t.Si osservi che con questa definizione di sistema dinamico, data una qualsiasi con-dizione iniziale la traiettoria seguita dal sistema è data da x (t;x0) = φt (x0), cont ∈ T.Inoltre, l’immagine di questa traiettoria sarà chiamata orbita associata a x0 e saràindicata da Or (x0) =

{φt (x0) , t ∈ T

}⊆ X. Se l’orbita associata a x0 è costante,

i.e. se φt (x0) = x0, ∀t ∈ T, allora x0 è detto punto di equilibrio del sistemadinamico.

18 Introduzione ai sistemi dinamici

Capitolo 2

Esistenza ed unicità delle soluzioni

In questo capitolo daremo la definizione di soluzione di equazioni alle differenze (ED)ed equazioni differenziali ordinarie (EDO) e per i problemi di Cauchy (PC) associati.Vedremo anche i risultati fondamentali di esistenza ed unicità delle soluzioni cheforniranno una base per l’intera teoria sui sistemi dinamici.Iniziamo con il caso a tempi discreti che è molto semplice. Poi studieremo il caso atempi continui che richiede maggiore attenzione.

2.1 Soluzioni: il caso a tempi discreti

Prima di tutto introduciamo il modello di base.

• X è un sottoinsieme assegnato di Rn;

• assegnati gli istanti iniziale e finale −∞ ≤ T0 ≤ T ≤ +∞, poniamo T =[T0, T ] ∩ Z, dato che siamo nel caso a tempi discreti;

• la funzione g (chiamata dinamica ) è definita da T ×X → Rn.

Partiamo con la definizione di soluzione globale, che è quella che si cerca solitamente.

Definizione 2.1.1. Una funzione x : T → X è una soluzione globale dell’ED

x (t + 1) = g (t,x (t)) , ∀t ∈ T (2.1)

se soddisfa (2.1), i.e. l’equazione x (t + 1) = g (t,x (t)) per ogni t ∈ T.

È abbastanza chiaro che le soluzioni di (2.1), se esistono, in generale non sono uniche.Infatti la semplice ED

x (t + 1) = x (t) , ∀t ∈ T

ha infinite soluzioni: le costanti. Ciò è dovuto al fatto che la condizione non è stataspecificata. Così il problema naturale che consideriamo nei modelli applicati e checaratterizza “in modo naturale” esistenza ed unicità è il problema di Cauchy come(1.1). Enunciamo ora la definizione di soluzione di problema di Cauchy in questocontesto.

19

20 Esistenza ed unicità delle soluzioni

Definizione 2.1.2. Una funzione x : T → X è una soluzione globale del PC-ED{x (t + 1) = g (t,x (t)) ∀t ∈ T

x (t0) = x0 t0 ∈ T,x0 ∈ X(2.2)

se soddisfa (2.2), i.e. l’equazione x (t + 1) = g (t,x (t)) per ogni t ∈ T e la condizioneiniziale x (t0) = x0.

2.1.1 Soluzioni locali

In molti casi esistono soluzioni ma non sono definite su tutto l’insieme T. In questocaso non possiamo dire che esiste una soluzione globale nel senso della Definizione2.1.2, dato che non è pienamente soddisfatta. Questo fenomeno è comune maggior-mente a tempi continui e lo studieremo in dettaglio nella prossima sezione. Perquesta ragione introduciamo il concetto di soluzione locale. Iniziamo da un esempionel caso unidimensionale dove una soluzione globale non esiste.

Esempio 2.1.3. (n = 1, T = N, X = [0,+∞)) Il PC-ED

x (t + 1) = −2 +√

x (t), t ∈ Nx (0) = 4

non ammette unna soluzione globale. Infatti otteniamo con una semplice iterazione,

x (0) = 4,

x (1) = −2 +√

x (0) = 0,

x (2) = −2 +√

x (1) = −2,

x (3) = −2 +√

x (2) non definita in R.

Questo è il motivo per cui si introduce il concetto di soluzione locale. Diamo ladefinizione di soluzione locale per un CP-DE ma una simile può essere data per ED.Evidenziamo il fatto che questo concetto è molto più importante nel caso a tempicontinui, come vedremo nella prossima sezione.

Definizione 2.1.4. Il problema di Cauchy (2.2) ammette una soluzione locale seesiste un intorno di t0, che indichiamo con J (t0), contenente almeno un elementot1 ∈ T, t1 6= t0, e una funzione x : J (t0) → X tale che x soddisfi

x′ (t) = g (t,x (t)) , ∀t ∈ J (t0) ∩ T

x (t0) = x0.

Tale funzione x è chiamata una soluzione locale di (2.2). Se prendiamo J comeintorno destro (o sinistro) di t0, allora parliamo di soluzione locale a destra o asinistra.

2.1 Soluzioni: il caso a tempi discreti 21

2.1.2 Esistenza ed unicità globale

Passiamo ora allo studio di esistenza ed unicità per problemi di Cauchy come 2.2).Ciò che vedremo implicherà automaticamente risultati per le equazioni alle differen-ze.Assumiami che t0 è il primo punto di T1 In questo caso, il CP-DE fornisce unalgoritmo per calcolare la soluzione ricorsivamente. (sia t = t0 per semplicità):

x (0) = x0, x (1) = g (0,x (0)) , x (2) = g (1,x (1)) , ...

e così via. Questo algoritmo permette di calcolare la soluzione in un numero finitodi passi se T < +∞, altrimenti fornisce solo un modo di definire induttivamentela soluzione. L’algoritmo non genera una soluzione soltanto se ad un certo puntog (t,x (t)) non è ben definito. Questo succede e.g. nell’esempio 2.1.3 visto sopra enegli esempi seguenti.

Esempio 2.1.5. (n = 1, T = N, X = (0,+∞))

x (t + 1) = −2 + lnx (t) , t ∈ Nx (0) = e.

Otteniamo

x (0) = 4, x (1) = −2 + lnx (0) = −1,

x (2) = −2 + lnx (1) , non definita in R.

Esempio 2.1.6. (n = 1, T = N, X = [0,+∞))

x (t + 1) = 2x (t)−√

x (t), t ∈ N

x (0) =13,

dove si ha

x (0) =13, x (1) =

23−√

13,

x (2) = 2

(23−√

13

)−

√23−√

13

< 0,

x (3) = non definita in R.

Abbiamo il risultato seguente, la cui dimostrazione si fa semplicemnte per induzione.1Osserviamo che, se t0 non è il primo istante di T, allora l’algoritmo per trovare una soluzione

può dare solo valori per t > t0. Per t < t0, si dovrebbe andare nell’altra direzione. Perdare una spiegazione, facciamo un passo in più. Consideriamo l’ED per t = t0 − 1 ottenendox (t0) = g (t0 − 1,x (t0 − 1)). Poi cerchiamo di trovare x (t0 − 1) da questa equazione, se possibile.Naturalmente, questo algoritmo all’indietro potrebbe rivelarsi molto più complesso dell’algoritmoin avanti descritto nel testo.

22 Esistenza ed unicità delle soluzioni

Teorema 2.1.7. Dati T ⊆ N, X ⊆ Rn, g : T×X → Rn, x0 ∈ X, la soluzione globaledi (2.2) esiste ed è unica se e solo se la successione {x (t)}t∈T definita ricorsivamenteda

x (0) = x0, x (1) = g (0,x (0)) , ..........x (t + 1) = g (t,x (t)) , ....

è ben definita per ogni t ∈ T.Se g : T × X → X, allora la soluzione di (2.2) esiste ed è unica per ogni dato

iniziale x0 ∈ X.

Esercizio 2.1.8. Nell’Esempio 2.1.5: dimostrare che per ogni dato iniziale x (0) ≥ 0esiste un istante t tale che x (t) < 0, cosi che la soluzione non è mai definita pertutti i t ∈ N a prescindere dalla condizione iniziale.

Esercizio 2.1.9. Nell’Esempio 2.1.6: provare, senza lìaiuto di un calcolatore, chex (2) < 0. Inoltre provare che se x (0) ≥ 1 allora la soluzione globale è ben definita eche strettamente crescente. Cosa possiamo dire per x < 1?

Osservazione 2.1.10. Per quanto riguarda l’esistenza, i punti dove g (t,x0) = x0

per ogni t ∈ T sono punti speciali. Infatti, se il sistema parte da questi punti, alloraesiste sempre un’unica soluzione costante x (t,x0) = x0 per ogni t ∈ T. Questi puntisono chiamati punti di equilibrio. Anche se non esistono soluzioni che partono daaltri punti, sicuramente esistono soluzioni che partono da punti di equilibrio.

2.2 Soluzioni: il caso a tempi continui

In questa sezione estendiamo i concetti di esistenza ed unicità delle soluzioni in-trodotti precedentemente, al caso a tempi continui.Qui il modello di base è il seguente:

• X è un sottoinsieme assegnato di Rn;

• assegnati gli istanti iniziale e finale −∞ ≤ T0 ≤ T ≤ +∞, poniamo T =[T0, T ] ∩ R, dato che siamo nel caso a tempi continui;

• la funzione f (chiamata dinamica) è definita da T ×X → Rn.

Analogamente al caso a tempi discreti, iniziamo dalla definizione di soluzioneglobale, che è quella che solitamente si va a cercare.

Definizione 2.2.1. Una funzione x : T → X è una solution globale classicadell’EDO

x′ (t) = f (t,x (t)) , ∀t ∈ T (2.3)

se è differenziabile in ogni t ∈ T e soddisfa (2.3).

2.2 Soluzioni: il caso a tempi continui 23

Osserviamo che qui richiediamo la differenziabilità della funzione x (·). È abbastan-za chiaro che soluzioni di (2.3), se esistono, in generale non sono uniche. Infattianalogamente al caso a tempi discreti, la semplice EDO

x′ (t) = 0, ∀t ∈ T

ha infinite soluzioni: le costanti. Sappiamo che questo è dovuto al fatto che non èstata specificata la condizione iniziale. Allora il problema naturale che consideriamonei modelli applicati e che “caratterizza” esistenza ed unicità è di nuovo il PC come(1.2). Enunciamo ora la definizione di soluzione per un problema di Cauchy nel casoa tempi continui.

Definizione 2.2.2. Una funzione x : T → X è una soluzione globale classica delPC-EDO {

x′ (t) = f (t,x (t)) ∀t ∈ T

x (t0) = x0 t0 ∈ T, x0 ∈ X(2.4)

se è differenziabile in ogni t ∈ T e soddisfa (2.4).

Osservazione 2.2.3. Ogni soluzione del problema di Cauchy (2.4) è chiamata unacurva integrale dell’EDO.

Integrando, possiamo dare un’altra definizione di soluzione per (2.3) e per (2.4).

Definizione 2.2.4. Una funzione x : T → X è una soluzione globale debole di (2.4)se la funzione

s → f (s,x (s))

è integrabile su [t0, t] per ogni t ∈ T (si veda e.g. [5, p.216] per la definizione diintegrabilità) in T e

x (t) = x0 +∫ t

t0

f (s,x (s)) ds, ∀t ∈ T. (2.5)

Similarmente x : T → X è una soluzione globale debole di (2.3) se esiste t0 ∈ T ex0 ∈ X tale che (2.5) è verificata (equivalentemente se

x (·) ∈∫

f (s,x (s)) ds,

ricordando che l’integrale indefinito di una funzione è l’insieme di tutte le primitive).

Esempio 2.2.5. Caso in cui esiste una soluzione globale debole che non è unasoluzione globale classica. Sia

h (t) =

1

t− 1, t 6= 1

0, t = 1{x′ (t) = h (t) x (t) , ∀t ≥ 0x (0) = x0 x0 ∈ R

24 Esistenza ed unicità delle soluzioni

La funzionex (t) = x0 |t− 1|

è una soluzione globale debole ma non è classica dato che non è differenziabile int = 1.

Esercizio 2.2.6. Verificare l’ultima affermazione sopra operando una sostituzionenel PC-EDO. Trovare anche un altro esempio di questo tipo.

2.2.1 Soluzioni locali

In molti casi esistono soluzioni ma non sono differenziabili su tutto l’insieme T. Inquesto caso non possiamo dire che esistono soluzioni globali nel senso della Definizione2.2.2, dato che non sono pienamente verificate. Allora, riformuliamo il concetto disoluzione locale introdotto nella sezione precedente, adattandolo al nostro modello atempi continui.Seguendo l’idea del caso a tempi discreti, iniziamo con un esempio nel caso uni-dimensionale dove non esistono soluzioni globali.

Esempio 2.2.7. (n = 1, T = R+, X = R) Il PC-EDO{x′ (t) = x2 (t) ,x (0) = x0 ∈ R

ammette una soluzione globale su T = R+ se e solo se x0 ≤ 0, come vedremo inun esempio nel prossimi capitoli.Osserviamo che l’analogo problema a tempi discretiPC-ED {

x(t + 1)− x(t) = x2(t),x(0) = x0 ∈ R

ammette una soluzione globale su T = N per ogni dato iniziale x0 ∈ R. Questa è unaconseguenza diretta del Teorema 2.1.7.

Vediamo ora la definizione di soluzione locale per PC-EDO ma una simile si puòdare per equazioni differenziali ordinarie.

Definizione 2.2.8. Il problema di Cauchy (2.4) ammette una soluzione locale seesiste un intorno di t0, che chiamiamo J (t0) e una funzione x : J (t0) → X tale chex è differenziabile in J (t0) e soddisfa{

x′ (t) = f (t,x (t)) , ∀t ∈ J (t0) ∩ T

x (t0) = x0.

Questa funzione x è chiamata una soluzione locale di (2.4). Se J è un intornodestro (o sinistro) di t0, allora diciamo che è una soluzione locale a destra (o asinistra).

Vediamo ora come è facile ottenere esistenza ed unicità di soluzioni locali, mentre èmolto più difficile ottenere soluzioni globali.

2.2 Soluzioni: il caso a tempi continui 25

Esistenza ed unicità locale

L’analisi per il caso a tempi continui è più difficile. Prima di tutto non abbaimo unalgoritmo ricorsivo per calcolare la soluzione. Inoltre è molto più complicato garantireesistenza ed unicità di soluzioni globali (classiche o deboli). Si veda l’Esempio 2.2.7.Vediamo ora due teoremi molto importanti. Il primo teorema stabilisce un risultatogenerale per l’esistenza di soluzioni locali. Durante la trattazione, un intorno di(t0,x0) sarà sempre inteso come prodotto di due intorni sferici, i.e. I (t0,x0) =I1 (t0) × I2 (x0). Useremo anche la notazione I1

(t+0)

(rispettivamente I1

(t−0)) per

indicare un intorno destro (rispettivamente sinistro) di t0 e la notazione I(t+0 ,x0

)(rispettivamente I

(t−0 ,x0

)) per indicare I1

(t+0)× I2 (x0) (rispettivamente I1

(t−0)×

I2 (x0)). Per concludere, assegneremo una volta per tutte gli istanti iniziale e finale−∞ ≤ T0 ≤ T ≤ +∞ e porremo T = [T0, T ] ∩ R.

Teorema 2.2.9 (Peano). Sia X ⊆ Rn, f :T × X → Rn, sia (t0,x0) ∈ T × X. Seesiste un intorno di (t0,x0), che chiamiamo I (t0,x0) ⊆ T×X tale che f è continua suI, allora esiste una soluzione locale x di (2.4). Se prendiamo I

(t+0 ,x0

)o I(t−0 ,x0

)allora otteniamo solo soluzioni locali a destra o a sinistra.

Dimostrazione 2.2.10. La dimostrazione di questo teorema è piuttosto complessa efa uso di argomenti di compattezza su spazi di funzioni appropriati. Nel caso potesseinteressare, si può guardare ad esempio [7, Section 3.1].

In questo teorema si assume che x0 ∈ IntX. Se x0 ∈ FrX, i.e. x0 si trovo sul bordodi X, valgono ancora alcuni risultati di esistenza. Abbiamo ad esempio il corollarioseguente che sarà utile per lo studio dell’esempio di Peano ed altri simili che vedremopiù avanti.

Corollario 2.2.11. Sia X un intervallo reale, f : T ×X → R, sia (t0,x0) ∈ T ×X.Sia x0 ∈ FrX. Se esiste un intorno di

(t+0 ,x+

0

)(respectively

(t−0 ,x−0

)), che chiami-

amo I(t+0 ,x+

0

)⊆ T ×X (rispettivamente I

(t−0 ,x−0

)⊆ T ×X) tale che f è continua

e non-negativa (rispettivamente non-positiva) su I, allora esiste una soluzione localea destra (rispettivamente a sinistra) x di (2.4).

Passiamo ora al ben noto teorema di esistenza ed unicità locale. Prima di enunciarlo,abbiamo bisogno di introdurre la seguente definizione.

Definizione 2.2.12. Una funzione h : X → Y , X, Y spazi metrici (di solito, ma nonnecessariamente sottoinsiemi di Rn) è Lipschitziana su X se esiste una costanteM > 0 tale che

dY (h (x1)− h (x2)) ≤ MdX (x1 − x2) , ∀x1,x2 ∈ X.

h è localmente Lipschitziana su X se per ogni x ∈X esiste un intorno che lo contienedove h è Lipschitziana.

Una funzione f : A × X → Y , A ⊆ R, X, Y spazi metrici, è Lipschitziana in x,uniformemente rispetto a t ∈ A se esiste una costante M > 0 tale che

dY (f (t,x1)− f (t,x2)) ≤ MdX (x1 − x2) , ∀t ∈ A, ∀x1,x2 ∈ X.

26 Esistenza ed unicità delle soluzioni

f è localmente Lipschitziana nella variabile x, uniformemente rispetto a t se perogni (t0,x0) ∈ A×X esiste un intorno di (t0,x0), che chiamiamo I (t0,x0) dove f èLipschitziana in x, uniformemente rispetto a t.

Teorema 2.2.13 (Cauchy, Lipschitz, Picard). Sia f : T×X → Rn, let (t0,x0) ∈T×X. Se esiste un intorno di (t0,x0), che chiamiamo I (t0,x0) ⊆ T×X tale che, suI, f è Lipschitziana in x, uniformemente rispetto a t, allora esiste un’unica soluzionelocale x di (2.4). Se prendiamo I

(t+0 ,x0

)o I(t−0 ,x0

)allora abbiamo solo soluzioni

locali uniche a destra o a sinistra.

Dimostrazione 2.2.14. Per la dimostrazione di questo risultato fondamentale, suconsulti e.g. [5, pp.263-264].

Corollario 2.2.15. Sia f : T ×X → Rn, sia (t0,x0) ∈ T ×X. Se esiste un intorno

di (t0,x0), che chiamiamo I (t0,x0) ⊆ T×X tale che, su I,∂f∂x

esiste ed è continua,allora esiste un’unica soluzione locale x di (2.4).

Corollario 2.2.16. Sia f : T ×X → Rn, e assumiamo che esista un insieme aperto

X0 ⊆ X tale che, ad ogni istante (t0,x0) ∈ T×X0 la derivata parziale∂f∂x

esiste ed ècontinua. Allora per ogni (t0,x0) ∈ T×X0 esiste un’unica soluzione locale x di (2.4)con l’accordo che se t0 è sul bordo di T, la soluzione è solo a destra o a sinistra.

In molti esempi, l’insieme X0 sarà scelto il più grande possibile, i.e. la parte internadi X denotata da IntX.

Osservazione 2.2.17. Un diretta e fondamentale conseguenza del corollario 2.2.16è che, sulla regione T × X0 le curve integrali non si incrociano. È sufficiente ar-gomentarlo per contraddizione. Se due curve integrali si incrociano in un dato(t0,x0) ∈ T ×X0, allora questo vorrebbe dire che esistono due soluzioni che esconoda questo punto. Questo però non può succedere in virtù del teorema di unicità.

2.2.2 Esistenza ed unicità globale

In generale siamo interessati all’esistenza ed all’unicità globale. Nel caso a tempicontinui, le otteniamo però molto difficilmente, anche se la funzione f ha un buonanadamento come visto sopra. Vediamo ora alcune condizioni che garantiscono es-istenza ed unicità globale.

Da adesso in poi assumiamo in questa sezione che le ipotesi del Corollario 2.2.16sopra sono soddisfatte, i.e. f : T × X → Rn, ed esiste un insieme aperto X0 ⊆ X

tale che, ad ogni (t0,x0) ∈ T ×X0,∂f∂x

esiste ed è continua. In questo caso per ogni(t0,x0) ∈ T × X0 esiste un’unica soluzione locale x (·; t0,x0) di (2.4). Prendiamoora tale soluzione. Sarà sicuramente definita su un certo intervallo [t0 − δ, t0 + δ].Possiamo quindi considerare un nuovo problema di cauchy (cercando una soluzioney) con la stessa EDO e condizione iniziale all’istante t0 + δ uguale a x (t0 + δ).{

y′ (t) = f (t,y (t)) ∀t ∈ T

y (t0 + δ) = x (t0 + δ) .

2.2 Soluzioni: il caso a tempi continui 27

Se (t0 + δ,x (t0 + δ)) ∈ T ×X0 and t0 + δ non è l’ultimo punto di T allora di nuovoabbiamo un’unica soluzione locale y. Tale soluzione è detta prolungamento adestra della soluzione locale x. In maniera simile, si può definire un prolungamentoa sinistra.

Definizione 2.2.18 (Soluzione massimale). Chiamiamo

Tmax = sup {t > t0| la soluzione locale di (2.4) ammette un prolungamento a destra} .

In maniera simile, si può definire Tmin. La soluzione prolungata può allora esseredefinita su (Tmin, Tmax) che è chiamato intervallo massimale di esistenza. Questasoluzione prolungata sarà chiamata la soluzione massimale del problema di Cauchy(2.4). Naturalemnte se T ⊆ (Tmin, Tmax) allora la soluzione locale è globale.

Abbiamo i seguenti risultati molto importanti.

Teorema 2.2.19. Se X = Rn e f o∂f∂x

sono limitate sulla striscia T × Rn, alloraesiste un’unica soluzione globale di (2.4).

Teorema 2.2.20. Se x (t) = x (t; t0,x0) è la soluzione locale di (2.4) e x (t) èlimitata per ogni t tale che x (t) esiste, allora la soluzione locale può essere prolungataad una globale.

Osservazione 2.2.21. Punti speciali sono i punti dove f (t,x0) = 0 per ogni t ∈T. Se il sistema parte da questi punti, allora esiste sempre una soluzione costantex (t,x0) = x0 per ogni t ∈ T (che è unica se e.g. vale Corollario 2.2.15). Questipunti sono chiamati punti di equilibrio. Anche se non esistono soluzioni globaliche partono da altri punti, sicuramente esisteranno soluzioni globali che partono daipunti di equilibrio.

28 Esistenza ed unicità delle soluzioni

Capitolo 3

Equazioni alle differenze edequazioni differenziali lineari

Iniziamo lo studio delle equazioni alle differenze e delle equazioni differenziali lineari,e dei problemi di Cauchy associati.Partiamo dal caso n = 1 i.e. il caso uni-dimensionale. Vedremo alcuni metodi percalcolare la soluzione, sia nel caso a tempi discreti che nel caso a tempi continui.

3.1 ED del primo ordine lineari (caso n = 1)

Iniziamo con la definizione di equazione alle differenze lineare. Qui T sarà unintervallo assegnato di N, possibilmente l’intero insieme N.

Definizione 3.1.1. Una equazione alle differenze (ED) del primo ordine definita inT è detta lineare se la funzione g (i.e. la dinamica) è lineare o affine, quindi se èdel tipo

x (t + 1) = aD (t) x (t) + bD (t) , t ∈ T

dove aD, bD : T → R sono funzioni assegnate. Se bD è 0 allora l’ED è detta lineareomogenea. Altrimenti, è detta non omogenea.

Di solito lo spazio degli stati è R. In alcuni modelli applicati, è richiesto uno spaziodegli stati diverso. Se non è specificato, assumiamo in questo capitolo che X = R.

Teorema 3.1.2. Fissato (t0, x0) ∈ T × R, esiste sempre un’unica soluzione delproblema di Cauchy (PC-ED){

x (t + 1) = aD (t) x (t) + bD (t) , t ∈ T

x (t0) = x0.(3.1)

Nel caso lineare uni-dimensionale abbaimo una formula per la soluzione. La enuncer-emo ma senza dimostrazione. Si può trovare una dimostrazione in e.g. in [5,p.339].

29

30 Equazioni alle differenze ed equazioni differenziali lineari

Proposizione 3.1.3. L’unica soluzione su T = [t0,+∞)∩Z del problema di Cauchy{x (t + 1) = aD (t) x (t) + bD (t) , t ∈ T

x (t0) = x0,

è data da

x (t) = x0

(t−1∏s=t0

aD (s)

)+

t−1∑s=t0

bD (s)

(t−1∏

r=s+1

aD (s)

)(3.2)

che nel caso omogeneo è

x (t) = x0

(t−1∏s=t0

aD (s)

)(3.3)

e nel caso in cui aD è costante, è

x (t) = x0at−t0D +

t−1∑s=t0

bD (s) at−s−1D . (3.4)

Osservazione 3.1.4. Osserviamo che la soluzione è data dalla somma di cue ter-mini:

1. la soluzione dell’ED omogenea associata, che dipende linearmente dal datoinziale;

2. la soluzione della non omogenea quando scegliamo come dato iniziale 0 al tempot0.

Possiamo dire che la soluzione generale è una funzione affine (lineare nel caso omo-geneo) del dato iniziale.

3.2 EDO del primo ordine lineari (caso n = 1)

Prima di tutto enunciamo la definizione di EDO del primo ordine lineare. Qui T saràun intervallo assegnato di R, possibilmente tutto R.

Definizione 3.2.1. Un’equazione differenziale ordinaria (EDO) del primo ordinedefinita in T è detta lineare se la funzione f (i.e. la dinamica) è lineare o affine,così è del tipo

x′ (t) = aC (t) x (t) + bC (t) , t ∈ T

dove aC , bC : T → R sono funzioni assegnate. Se bC è 0 allora l’EDO è detta lineareomogenea. Altrimenti, è detta non omogenea.

Per queste equazioni vale il seguente teorema che è un po’ più potente dell’appli-cazione al caso lineare dei risultati visti precedetemente.

Teorema 3.2.2. Si assuma che aC e bC sono funzioni continue su T. Allora, fissatoogni (t0, x0) ∈ T × R esiste sempre un’unica soluzione del problema di Cauchy (PC-EDO) {

x′ (t) = aC (t) x (t) + bC (t) , t ∈ T

x (t0) = x0.(3.5)

3.2 EDO del primo ordine lineari (caso n = 1) 31

Osservazione 3.2.3. Applicando il Teorema 2.2.19 al caso lineare otterremmo es-istenza ed unicità di (3.5) su [t0, T ] per ogni T finito. Il Teorema 3.2.2 stabiliscesistenza ed unicità anche su [t0,+∞).

Nel caso lineare uni-dimensionale abbiamo una formula esplicita per la soluzione,come nel caso a tempi discreti. La enunciamo ma senza la dimostrazione. Per unmaggiore approfondimento, si consulti e.g. in [6, pp.407-408]. Si veda anche [2] peruna trattazione unificata del caso a tempi discreti e continui.

Proposizione 3.2.4. L’unica soluzione su T = [T0, T1] ∩ R del problema di Cauchy(PC-EDO) {

x′ (t) = aC (t) x (t) + bC (t) , t ∈ T

x (t0) = x0, t0 ∈ T, x0 ∈ R,

è data da

x (t) = x0eR t

t0aC(s)ds +

∫ t

t0

bC (s) eR t

s aC(r)drds (3.6)

che nel caso omogeneo èx (t) = x0e

R tt0

aC(s)ds (3.7)

e nel caso in cui aC è costante

x (t) = x0eaC(t−t0) +

∫ t

t0

bC (s) eaC(t−s)ds. (3.8)

Osservazione 3.2.5. Come nel caso a tempi discreti, la soluzione è somma di duetermini:

1. la soluzione dell’EDO omogenea associata, che dipende linearmente dal datoinziale;

2. la soluzione della non omogenea quando scegliamo come dato iniziale 0 al tempot0.

Di nuovo, possiamo dire che la soluzione generale è una funzione affine (lineare nelcaso omogeneo) del dato iniziale.

32 Equazioni alle differenze ed equazioni differenziali lineari

Bibliografia

[1] R.J. Barro and X. Sala-i-Martin (1995), Economic Growth, Mc Graw-Hill,New York.

[2] E. Castagnoli, L. Peccati (1996), La matematica in azienda: strumenti e modellivol 4 (sistemi dinamici con applicazioni), (EGEA) (1);

[3] G.I. Bischi, On discrete time models in population dynamics, draft.

[4] G. Gandolfo (1997), Economic Dynamics (Springer) (1,2).

[5] A. Guerraggio, S. Salsa (1997), Metodi matematici per l’economia e le scienzesociali, (Giappichelli), (1,2);

[6] A. Simon, K. Blume, Mathematics for economists.

[7] L.C. Piccinini, G Stampacchia, G. Vidossich (1978), Equazioni differenzialiordinarie in Rn (problemi e metodi), (Liguori).

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