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Metodi Matematici della Fisica II - Appunti tratti dalle lezioni del prof. L. Bracci - A. Di Canto a.a. 2005-06

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Metodi Matematici della Fisica II- Appunti tratti dalle lezioni del prof. L. Bracci -

A. Di Canto

a.a. 2005-06

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Indice

1 Introduzione all’analisi complessa 11.1 Il piano complesso C. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Funzioni di variabile complessa. Analiticita. . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.3 Integrazione delle funzioni di variabile complessa. Teoremi di Cauchy . . . 91.4 Proprieta delle funzioni analitiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151.5 Sviluppi in serie di Taylor–Laurent . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171.6 Prolungamento analitico e zeri di funzioni analitiche . . . . . . . . . . . . 201.7 Singolarita isolate, removibili ed essenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 251.8 Calcolo dei residui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 281.9 Comportamento all’infinito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

1.9.1 Residuo all’infinito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 321.10 Applicazioni del teorema dei residui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

1.10.1 Calcolo di integrali sulla retta reale. Il lemma di Jordan . . . . . . 331.10.2 Indicatura logaritmica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 351.10.3 Altra conseguenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

2 Funzioni armoniche e problemi di potenziale 412.1 Trasformazioni conformi, trasformazioni bilineari . . . . . . . . . . . . . . 422.2 La funzione di Green ed il suo uso per la soluzione di problemi omogenei

e non . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo 573.1 Funzione di Green per problemi lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

3.1.1 Funzione di Green per un problema con condizioni iniziali date . . 593.1.2 Funzione di Green per un problema con condizioni al contorno date 63

3.2 Analisi in frequenza. Relazione fra proprieta di un segnale e proprietadello spettro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69

3.3 Proprieta della funzione di Green nel dominio delle frequenze . . . . . . . 733.4 Risposta alla θ(t) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74

4 Elementi di teoria delle distribuzioni 794.1 Distribuzioni in D′ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 814.2 Distribuzioni in S ′ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 834.3 Struttura locale delle distribuzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 834.4 Trasformata di Fourier in S ′ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86

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4.4.1 Trasformate di Fourier utili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 884.5 Derivata di una distribuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 904.6 Successioni convergenti alla δ(x) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91

4.6.1 Definizioni di δ(f(x)

). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92

4.7 Serie convergenti nel senso delle distribuzioni . . . . . . . . . . . . . . . . 934.8 Moltiplicazione di una distribuzione per una funzione . . . . . . . . . . . . 96

4.8.1 Soluzioni di xT = 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 974.8.2 Soluzioni di xnT = 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 984.8.3 Soluzioni di f(x)T = 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98

4.9 Equazioni differenziali per le distribuzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 994.9.1 Soluzione di DnT = 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 994.9.2 Soluzione di DT = V . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1004.9.3 Soluzione di DT = a(x)T + V . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1014.9.4 Soluzione di un’equazione di ordine n . . . . . . . . . . . . . . . . 101

4.10 Distribuzioni a supporto puntiforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1024.11 Convoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103

4.11.1 Prodotto di due distribuzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1054.11.2 Convoluzione in D′ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1084.11.3 Convoluzione in S ′ e trasformata di Fourier di una convoluzione . 108

5 Sistemi causali e relazioni di dispersione 111

iv

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1 Introduzione all’analisi complessa

1.1 Il piano complesso C.

Consideriamo l’insieme C delle coppie ordinate di reali z = (x, y) o, cio che e equivalente,dei vettori del piano. I vettori z = (x, y) e z = (x,−y) che sono rappresentati da deipunti simmetrici rispetto all’asse x sono detti coniugati. Identifichiamo il vettore (x, 0)al reale x; designiamo con R l’insieme di tutti i reali (l’asse x). I reali ed essi soli sonotali che z = z.Dotiamo l’insieme C di una struttura di corpo. Introducendo la somma vettoriale

z1 + z2 = (x1, y1) + (x2, y2) = (x1 + x2, y1 + y2)

possiamo allora rappresentare ogni elemento z ∈ C nella forma

z = 1 · x + i · y = x + iy (1.1)

dove 1 = (1, 0) e i = (0, 1) indicano rispettivamente i vettori unitari dell’asse x e dell’assey. Definiamo il prodotto su C ponendo

z1z2 = (x1, y1)(x2, y2) = (x1x2 − y1y2, x1y2 + x2y1)

si ha allora che i2 = −1 e che l’inverso moltiplicativo di z �= 0 vale

z−1 = z|z|−2 =x − iy

x2 + y2

Diamo per noto il fatto che queste operazioni conferiscono all’insieme C una strutturadi corpo, chiamato corpo dei numeri complessi; dunque un numero complesso z = (x, y)e una coppia di reali x e y chiamati rispettivamente parte reale e parte immaginaria diz e vengono indicati con

x = �e z e y = �m z

I numeri tali che �e z = 0 sono detti immaginari puri.La rappresentazione cartesiana (1.1) si presta bene alla somma, ma per la moltiplica-zione (cosı come per l’esponenziazione e per l’estrazione di radice) e piu vantaggiosorappresentare un numero complesso nella sua forma polare

z = (r cos ϕ, r sinϕ) = r(cos ϕ + i sinϕ) = reiϕ

dove si e introdotti il raggio r =√

x2 + y2 e l’angolo polare ϕ, che e l’angolo fra l’assepositivo x ed il vettore z. Queste coordinate si chiamano rispettivamente modulo eargomento di z e si indicano con

r = |z| e ϕ = arg z

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1 Introduzione all’analisi complessa

Il modulo e definito in modo unico e l’argomento a meno di 2kπ (con k ∈ Z). Serven-dosi di formule elementari di trigonometria e della definizione del prodotto si ottiene larelazione

z1z2 = r1eiϕ1r2eiϕ2 = r1r2ei(ϕ1+ϕ2)

mentrez−1 = r−1e−iϕ

(in particolare |z−1| = |z|−1

)Notiamo infine che C e uno spazio metrico con la distanza euclidea

d(z1, z2) = |z1 − z2|

Valgono allora le seguenti proprieta:

(i) |z1z2| = |z1| |z2|(ii) |z1 + z2| � |z1| + |z2|(iii) |z1 − z2| �

∣∣|z1| − |z2|∣∣

Si dira quindi che una successione zn → z se |zn−z| → 0; notare che questo e equivalentea xn → x, yn → y perche |xn − x| � |zn − z| (idem per |yn − y|) e

|zn − z| = |(xn − x) − i(yn − y)| � |xn − x| + |yn − y|

1.2 Funzioni di variabile complessa. Analiticita.

Consideriamo in questa sezione funzioni complesse di una variabile complessa, cioe lecorrispondenze fra il piano complesso e se stesso (o fra suoi sottoinsiemi)

f(z) : A ⊂ C → C

Se si separa in f ed in z la parte reale ed immaginaria scrivendo f = u + iv e z = x + iyl’assegnazione di f : A → C equivale a quella dell’applicazione vettoriale{

u = u(x, y)v = v(x, y)

di A ⊂ R2 → R2. Se f �= 0 e si scrive f(z) = ρeiφ, si puo rappresentare l’applicazione fcon le due relazioni

ρ = ρ(z) e φ = φ(z) + 2kπ

Nei punti in cui la funzione f e nulla lo e anche ρ, mentre φ non e definita.Sia f una funzione definita in un aperto A del piano complesso e z0 ∈ A, f e continuain z0 se

limz→z0

f(z) = f(z0)

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1.2 Funzioni di variabile complessa. Analiticita.

ovvero se u, v sono continue in z0.La funzione f e invece derivabile in z0 ∈ A se esiste

limz→z0

f(z) − f(z0)z − z0

≡ f ′(z0)

E chiaro che se la derivata f ′(z) esiste essa e uguale a ∂f∂z .

Osservazione: La derivabilita implica la continuita, infatti

|f(z) − f(z0)| =∣∣∣∣f(z) − f(z0)

z − z0

∣∣∣∣ |z − z0|

dove il primo termine e limitato mentre il secondo tende a zero.

Teorema 1.1. Condizione necessaria e sufficiente affinche f risulti derivabile in z eche esistano le derivate parziali prime continue di f in z e che si abbia

∂f

∂x= −i

∂f

∂y

(o, analogamente,

∂u

∂x=

∂v

∂ye

∂u

∂y= −∂v

∂x

)(1.2)

Dimostrazione . Mostriamo la necessita: se f e derivabile vuol dire che il rapportoincrementale ha limite indipendentemente dalla direzione lungo cui esso viene eseguito,in particolare lungo gli assi si ha

f ′(z) = limΔz→0

f(z + Δz) − f(z)Δz

=

⎧⎪⎪⎨⎪⎪⎩lim

Δz=Δx→0

f(x + Δx, y) − f(x, y)Δx

=∂f

∂x

limΔz=iΔy→0

f(x, y + Δy) − f(x, y)iΔy

= −i∂f

∂y

Per dimostrare la sufficienza notiamo che l’esistenza delle derivate parziali prime (cioela differenziabilita di f in senso reale) implica

f(z + Δz) = f(z) + fx(z)Δx + fy(z)Δy + o(|Δz|)dove o(|Δz|) e un infinitesimo di ordine superiore in |Δz|. Allora usando la condizione(1.2) si trova

limΔz→0

f(z + Δz) − f(z)Δz

= limΔx+iΔy→0

fx(z)Δx + fy(z)Δy + o(|Δz|)Δx + iΔy

= limΔx+iΔy→0

(Δx + iΔy)fx(z) + o(|Δx + iΔy|)Δx + iΔy

= fx(z)

che prova la derivabilita di f in z.

Le (1.2) sono dette condizioni di Cauchy–Riemann .

Poiche la derivata di una funzione di variabile complessa si definisce come in analisireale, le operazioni elementari di derivazione (derivata di una somma, di un prodot-to, di un quoziente, di una funzione composta e del reciproco) si generalizzano senzacambiamenti al caso complesso. Ad esempio:

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1 Introduzione all’analisi complessa

(i) f(z) = z e derivabile e df/dz = 1;

(ii) f(z) = zn e derivabile e df/dz = nzn−1;

(iii) I polinomi Pn(z) di grado n sono derivabili, cosı come Pn/Qm (ovviamente neipunti in cui Qm(z) �= 0);

(iv) f(z) = ez = ex(cos y + i sin y) e derivabile (dato che u, v sono differenziabili eobbediscono alle condizioni (1.2) di Cauchy–Riemann) e vale

d

dz(ez) =

∂u

∂x+ i

∂v

∂y= ex cos x + iex sin y = ez

(v) sin z e cos z sono derivabili (perche somma e composizione di funzioni derivabili) evale

d

dz(sin z) = cos z e

d

dz(cos z) = − sin z

Occupiamoci ora, attraverso un esempio, della definizione della funzione inversa; consi-deriamo l’inversa della funzione z = w2 cioe occupiamoci della funzione

f(z) =√

z

Questa e una funzione a ”due valori”, cioe, fissato z �= 0, esistono sempre due valoriw1, w2 che elevati al quadrato danno z (ovviamente essi sono tali che w1 = ±w2); datoche siamo interessati a funzioni ad un solo valore, potremmo allora definire

f(z) = f+(z) ≡√

|z|+eiθ2

(essendo z = |z|eiθ

)dove il segno + indica che bisogna prendere la radice quadrata reale positiva di |z|. Cosıfacendo, pero, la funzione f(z) risulta non continua: notiamo infatti che la funzionez = w2 stabilisce una corrispondenza biunivoca fra un semipiano, ad esempio quello percui 0 � arg w < π, esclusa l’origine ed il piano complesso.

�e w

�m w

0 � arg w < π

π � arg w < 2π

O

Si ha che se w compie un semicerchio, o comunque passa da un valore w0 a −w0 girando

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1.2 Funzioni di variabile complessa. Analiticita.

nel semipiano superiore, corrispondentemente z = w2 compie un giro completo; cioementre z torna al valore di partenza, w = f+(z) cambia di segno.

�e w

�m w

−w0 w0O �e z

�m z

zO

Se poi w passa nel semipiano inferiore i valori che trovo sono quelli relativi alla funzionef−(z), mentre z ripercorre il cammino precedente. Per rimediare si pensano i due pianiz corrispondenti a w nel semipiano superiore e a w nel semipiano inferiore come duepiani distinti tali che, quando z compie un giro completo intorno all’origine w passa daun piano (quello dove e definita f+(z)) all’altro (dove e definita f−(z)). Cosı facendofare un giro completo a w (e quindi due giri a z = w2) il valore di w torna a quello dipartenza.In altre parole si pensa f(z) =

√z definita ad un solo valore su una superficie e due piani o

fogli (detta superficie di Riemann), tale che per passare da un foglio all’altro bisognafare un giro intorno all’origine (vedi fig. 1.1); il primo foglio corrisponde a 0 � arg w < π,il secondo a π � arg w < 2π (la scelta di 0, π, 2π e arbitraria, α, α+π, α+2π va altrettantobene).

Figura 1.1: Superficie di Riemann della funzione√

z.

Diremo che un punto z0 (in questo caso z0 = 0) si chiama punto di diramazione per

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1 Introduzione all’analisi complessa

f se, comunque preso un intorno di z0 esistono in tale intorno cammini chiusi lungo iquali la funzione cambia valore.

Osservazione: La funzione√

z risulta derivabile e vale

d

dz(√

z) =1

2√

z

Discutiamo ora l’inversione della funzione z = ew = eueiv. Al variare di u si ha che0 � eu = |z| < ∞; per 0 � v < 2π (o in generale α � v < α + 2π) l’argomento di zpercorre un giro completo, cioe la striscia individuata dalle relazioni −∞ < u < ∞ e0 � v < 2π e l’immagine del piano z esclusa l’origine (dato che � w tale che ew = 0);ovvero ogni striscia orizzontale del piano w di ampiezza 2π e in corrispondenza biunivocacol piano z privato dell’origine. La funzione inversa di z = ew, che in modo naturale echiamata

f(z) = log z

e quindi una funzione ad infiniti valori; per trattare log z come una funzione ad unsolo valore la si immagina allora definita su una superficie ad infiniti fogli (e ogni voltache z compie un giro completo intorno all’origine si passa da un foglio al successivo).Esplicitando z = eueiv possiamo scrivere1

log z = ln |z| + i arg z

Ogni foglio e individuato fissando i limiti ad arg z (ad esempio 0 � arg z < 2π); si diceche fissare questi limiti introduce nel piano z un taglio (che nel nostro caso e individuatodal semiasse reale positivo), e che se si fa un percorso chiuso che attraversa il taglio lafunzione cambia valore.

�e z

�m zQui log z cambia valore

O �e z

�m z

Qui log z non cambia valore

O

In generale si chiama taglio ogni linea che nel piano complesso congiunge due puntidi diramazione (nel caso precedente l’altro punto di diramazione e il punto all’infinito,come vedremo in seguito).

1Nel seguito useremo la convezione per cui log z indichera la funzione logaritmo a valori complessi,mentre ln x quella a valori reali.

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1.2 Funzioni di variabile complessa. Analiticita.

Osservazione: La funzione log z risulta derivabile e vale

d

dz(log z) =

1z

Tramite log z si definiscezα ≡ eα log z con α ∈ C

che e una funzione a piu valori se α non e intero; infatti

eα log z = eα(ln |z|+i arg z) = eα ln |z|eiα arg z

se arg z cresce di 2π si ha che

eiα arg z → eiα(a arg z+2π) = eiα arg ze2πiα

dove l’ultimo fattore e 1 se e solo se α e intero. Il caso α = 1/2, discusso precedente-mente, riduce gli infiniti fogli su cui log z e ad un solo valore a 2, perche dopo due giriarg z → arg z + 4π e e2πi = 1. Un altro esempio e dato dalla funzione

f(z) =√

z2 − 1 = e12

log(z2−1) = |z2 − 1| 12 ei2

arg(z2−1)

anche questa e a due valori dato che se arg(z2 − 1) cresce di 4π il valore di√

z2 − 1 noncambia. E spesso utile sapere come si deve tagliare il piano z per avere una determina-zione ad un solo valore di f(z). La domanda da porsi e: quali percorsi chiusi nel pianoz portano ad una variazione di ±2π di arg(z2 − 1)? La risposta e data dalla seguenteOsservazione: Se f = gh e γ e una curva chiusa, si ha che la variazione

Δγ arg f = Δγ arg g + Δγ arg h

Dimostrazione . Sia θ = arg f , ovvero

Δγθ =∫

γ

(∂θ

∂xdx + i

∂θ

∂ydy

)ora se f = u + iv si ha che θ = arctan u

v e che

∂θ

∂x=

vxu − vux

u2 + v2

∂θ

∂y=

vyu − vuy

u2 + v2

poste g = a + ib e h = p + iq sara u = ap − bq e v = aq + bp. Facendo un po’ di conti sitrova

θx,y =bx,ya − bax,y

a2 + b2+

qx,yp − qpx,y

q2 + p2

per cui

Δγθ =∫

γ

(qxp − qpx

q2 − p2dx +

qyp − qpy

q2 + p2dy

)+∫

γ

(bxa − bax

a2 + b2dx +

bya − bay

a2 + b2dy

)= Δγ arg g + Δγ arg h

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1 Introduzione all’analisi complessa

Tornando all’esempio in considerazione si ha

Δγ arg(z2 − 1) = Δγ arg(z − 1) + Δγ arg(z + 1)

E chiaro che arg(z − 1) varia di 2π se z gira intorno ad 1, e arg(z + 1) se si gira intornoa −1. Allora per tagliare il piano in modo che arg(z2 − 1) non vari bisogna evitare icammini chiusi che girano intorno ad uno di tali punti (ma non intorno ad entrambiperche in tal caso arg(z2 − 1) cresce di 4π).

�e z

�m z

Δγ arg(z2 − 1) = 2π

−1 1 �e z

�m z

Δγ arg(z2 − 1) = 4π

−1 1

In questo caso possiamo dire che il taglio e individuato dal segmento di retta reale cheunisce i punti −1 e 1, quindi due semplici percorsi lungo i quali

√z2 − 1 non cambia

sono, ad esempio, questi mostrati in figura:

�e z

�m z

−1 1 �e z

�m z

−1 1

La prima soluzione si ottiene prendendo 0 � arg(z − 1) < 2π e 0 � arg(z + 1) < 2π; laseconda prendendo 0 � arg(z − 1) < 2π e −π � arg(z + 1) < π.Osservazione: Allo stesso modo si vede che se h �= 0 e f = g/h vale

Δγ arg f = Δγ arg g − Δγ arg h

Si dice che una funzione f e analitica (o olomorfa) in un aperto A se e derivabile inA; si dice che f e analitica in un punto z ∈ C se e derivabile in un intorno di questo

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1.3 Integrazione delle funzioni di variabile complessa. Teoremi di Cauchy

punto.Consideriamo, ad esempio, la funzione f(z) = zz; si ha

f(z + Δz) − f(z) = (z + Δz)(z + Δz) − zz = zΔz + zΔz

quindi il rapporto incrementale

f(z + Δz) − f(z)Δz

= z +Δz

Δz

Δz/Δz non ha limite per Δz → 0 (ad esempio, se Δz = Δx il rapporto e 1, mentre seΔz = iΔy e −1). La derivata esiste solo se z = 0, ma f(z) = zz non e analitica in z = 0perche non esiste un intorno in cui f sia derivabile.La funzione f(z) = (z − z)2, invece, e derivabile per z reale, infatti

f(z + Δz) − f(z) = (Δz − Δz)2 + 2(z − z)(Δz − Δz)

dove il secondo termine, diviso per Δz, contiene (z − z)Δz/Δz che, come prima, halimite solo se z − z = 0, cioe solo se z e reale. Neanche questa funzione allora e analiticain qualche punto, perche non esiste mai un intorno in cui sia derivabile.

1.3 Integrazione delle funzioni di variabile complessa. Teoremidi Cauchy

Se γ(t), con t ∈ [0, 1] e una curva regolare (vale a dire C1 a tratti) e f(z) una funzionecontinua (non necessariamente analitica), si definisce l’integrale di f su γ come l’integralelungo γ della forma differenziale in due variabili f(x + iy)dx + if(x + iy)dy, cioe∫

γf(z)dz ≡

∫γ

(u(x)dx − v(y)dy

)+ i

∫γ

(u(x, y)dy + v(x, y)dx

)Valgono evidentemente le seguenti proprieta:

(i) se γ va da z1 a z2 si ha che ∫γ(z1,z2)

dz = z2 − z1

(ii) cambiando il senso di percorrenza della curva si inverte il segno dell’integrale, cioe∫γ(z1,z2)

f(z)dz = −∫

γ(z2,z1)f(z)dz

(iii) linearita, cioe (dato λ ∈ C) ∫γλf(z)dz = λ

∫γf(z)dz∫

γ

(f(z) + g(z)

)dz =

∫γf(z)dz +

∫γg(z)dz

9

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1 Introduzione all’analisi complessa

Notiamo che per le funzioni a valori complessi non vale il teorema della media integraleper cui ∫ b

af(x)dx = f(ξ)(b − a)

infatti ∀ ξ ∈ [0, 2π] si ha sempre

2πeiξ �=∫ 2π

0eizdz = 0

In compenso vale il seguente

Teorema 1.2 (di Darboux). Posto M = maxz∈γ |f(z)| si ha∣∣∣∣∫γf(z)dz

∣∣∣∣ � M L(γ)

dove con L(γ) si e indicata la lunghezza della curva γ.

Dimostrazione . Innanzitutto, dato che f e continua, cioe u, v sono continue, risulta che|f | ha massimo su γ limitata e chiusa, quindi∣∣∣∣∫

γf(z)dz

∣∣∣∣ �∫ 1

0|f |∣∣∣∣dz

dt

∣∣∣∣ dt � M

∫ 1

0

∣∣∣∣dz

dt

∣∣∣∣ dt = M L(γ)

Teorema 1.3 (di Cauchy I). Se A e un aperto semplicemente connesso e f e analiticasu A = A ∪ ∂A (o f e analitica in A e continua in A) allora∮

∂Af(z)dz = 0

Dimostrazione . La tesi segue da un noto teorema per le forme differenziali in due varia-bili, osservando in particolare che le condizioni (1.2) di Cauchy–Riemann che esprimonol’analiticita coincidono con quelle di irrotazionalita della forma differenziale.

Osservazione: Dal teorema appena enunciato seguono immediatamente i seguenti fatti:

(i) Se A non e semplicemente connesso e facile vedere che vale ancora la tesi. Consi-deriamo, ad esempio, l’aperto A = A+ ∪ A− mostrato in figura:

10

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1.3 Integrazione delle funzioni di variabile complessa. Teoremi di Cauchy

A+

A−

Γ

γ

Evidentemente si ha ∮∂A±

f(z)dz = 0

Convenendo di percorrere la frontiera in modo da avere l’interno a sinistra, som-mando otteniamo ∮

∂Af(z)dz =

∮∂A+

f(z)dz +∮

∂A−f(z)dz = 0

dato che i tratti in comune sono percorsi due volte in senso opposto.

(ii) Dall’esempio appena fatto segue anche che∮Γ

f(z)dz =∮

γf(z)dz

(iii) Siano γ1, γ2 due curve che portano da z a z′, se la regione compresa tra le duecurve e di analiticita per f (bordo compreso) allora∫

γ1(z,z′)f(z)dz =

∫γ2(z,z′)

f(z)dz

La conseguenza piu importante del teorema 1.3 di Cauchy I e il seguente

Teorema 1.4 (di Cauchy II). Se f e analitica in z0 per definizione e analitica in tuttoun intorno di z0 e, in tale intorno, si puo trovare una curva chiusa γ che racchiude z0.Risulta

f(z0) =1

2πi

∮γ

f(z)z − z0

dz

Dimostrazione . Infatti, preso ε tale che γε = {|z − z0| = ε} sia interna a γ, per ilteorema 1.3 di Cauchy I si ha che∮

γ

f(z)z − z0

dz =∮

γε

f(z)z − z0

dz

11

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1 Introduzione all’analisi complessa

Ma ∮γε

f(z)z − z0

dz =∮

γε

f(z) − f(z0)z − z0

dz + f(z0)∮

γε

dz

z − z0

Il secondo integrale si calcola: scritto z = z0 + εeiθ trovo dz = iεeiθ e quindi∮γε

dz

z − z0=∫ 2π

0

iεeiθ

εeiθdθ = 2πi

da cui ∮γε

f(z)z − z0

dz = 2πif(z0) +∮

γε

f(z) − f(z0)z − z0

dz

Facendo il limite per ε → 0 l’ultimo integrale si annulla in quanto l’integrando, ovvero ilrapporto incrementale, e limitato (dato che f e derivabile in z0) e L(γ) = 2πε → 0.

Naturalmente anche il teorema 1.4 di Cauchy II continua a valere se f e continua su γe analitica dentro.Abbiamo gia visto che se f e analitica allora e derivabile, mostriamo ora che la deri-vata di una funzione analitica e ancora analitica. Innanzitutto scriviamo il rapportoincrementale sottoforma di integrale grazie al teorema 1.4 di Cauchy II

f(ζ + Δz) − f(ζ)Δz

=1

2πi

∮γ

f(z)Δz

(1

z − ζ − Δz− 1

z − ζ

)dz

=1

2πi

∮γ

f(z)(z − ζ − Δz)(z − ζ)

dz

dove γ e una curva chiusa interna al dominio di analiticita e Δz e tale che ζ + Δz siaancora dentro γ. Facendo il limite per Δz → 0 (l’operazione di limite si puo portaresotto il segno di integrale) si trova

f ′(ζ) =1

2πi

∮γ

f(z)(z − ζ)2

dz

Alternativamente, se ζ = x + iy, dato che 1/(z − ζ) e analitica in ζ (ovvero soddisfale condizioni (1.2) di Cauchy–Riemann), per il teorema di derivazione sotto il segno diintegrale si ha

df

dζ=

∂f

∂x=

12πi

∂x

∮γ

f(z)z − ζ

dz =1

2πi

∮γf(z)

∂x

(1

z − ζ

)dz

=1

2πi

∮γf(z)

d

(1

z − ζ

)dz =

12πi

∮γ

f(z)(z − ζ)2

dz

Il punto importante e che questa ultima espressione si puo ancora derivare rispetto ax, dato che 1/(z − ζ)2 e ancora analitica in ζ; ne segue allora che se f e analitica, ederivabile infinite volte e in generale vale la formula integrale di Cauchy

f (n)(ζ) =n!2πi

∮γ

f(z)(z − ζ)n+1

dz (1.3)

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1.3 Integrazione delle funzioni di variabile complessa. Teoremi di Cauchy

Abbiamo gia visto che se f e analitica in A aperto semplicemente connesso e z0, z ∈ Al’integrale lungo una curva γ che congiunge z0 con z e indipendente dalla curva sceltapurche γ sia interamente contenuta in A. E quindi ben definita

F (z) =∫ z

z0

f(ζ)dζ ≡∫

γ(z0,z)f(ζ)dζ

Teorema 1.5 (di Morera). Risulta che la F (z) appena definita e analitica e

F ′(z) = f(z)

Dimostrazione . Se Δz e tale che z + Δz ∈ A si ha

F (z + Δz) − F (z)Δz

− f(z) =1

Δz

(∫ z+Δz

zf(ζ)dζ − f(z)

∫ z+Δz

zdζ

)=

1Δz

∫ z+Δz

z

[f(ζ) − f(z)

]dζ

Dato ε, per la continuita di f se |Δz| e piccolo ho che |f(ζ) − f(z)| < ε, quindi∣∣∣∣F (z + Δz) − F (z)Δz

− f(z)∣∣∣∣ � 1

|Δz| |Δz| ε = ε

cioe ΔF/Δz → f .

Osservazione: Notiamo che:

(i) Naturalmente anche F (z) + a e analitica e ddz (F (z) + a) = f(z), nella discussione

fatta abbiamo cioe tacitamente assunto F (z0) = 0; in generale vale

F (z) − F (z0) =∫ z

z0

f(ζ)dζ

(ii) L’analiticita di f ci e servita solo per definire F (z) indipendentemente dal camminopercorso; per la dimostrazione del teorema e bastata la continuita in A. Allora, sef e continua in A e

∫ zz0

f(ζ)dζ non dipende dal cammino percorso, F (z) e ancoraben definita, derivabile e vale F ′(z) = f(z).

Conseguenza del teorema 1.5 di Morera e il seguente

Lemma 1.6. Siano A semplicemente connesso, {fn} una successione di funzioni ana-litiche in A tale che fn → f uniformemente, allora f e analitica in A.

Dimostrazione . Innanzitutto f e continua perche limite uniforme di funzioni continue(in quanto analitiche); per vedere che f e analitica basta verificare che, se γ e contenutain A ∮

γf(z)dz = 0

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1 Introduzione all’analisi complessa

Ma, preso ε, per la convergenza uniforme ho che∣∣∣∣∮γf(z)dz

∣∣∣∣ =∣∣∣∣∮

γ(f(z) − fn(z))dz

∣∣∣∣ �∮

γ|f(z) − fn(z)| |dz| � ε L(γ)

facendo tendere ε → 0 ottengo la tesi.

Osservazione: Si ha immediatamente che f(k)n → f (k) uniformemente.

Le considerazioni precedenti ci permettono di discutere la analiticita di funzioni definitetramite integrali, come ad esempio la trasformata di Fourier e la funzione Γ di Eulero:

f(ω) =∫

f(t)eiωtdt, Γ(z) =∫ ∞

0tz−1e−tdt

Lemma 1.7. Sia γ una curva regolare, fatta da un numero finito di pezzi tali che cia-scuno e rappresentato da una ζ(t) (con t ∈ [0, 1]) continua con derivata prima continua(in tal modo γ ha lunghezza finita). Consideriamo la funzione

f(z) =∫

γg(z, ζ)dζ

con g(z, ζ) analitica in z per z ∈ A aperto, e continua in (z, ζ) per z ∈ A e ζ ∈ γ. Si hache f e analitica in A.

Dimostrazione . Preso z ∈ A, considero un insieme chiuso B ⊂ A tale che z ∈ B. Lafunzione g e uniformemente continua in B × γ e quindi f e continua in B × γ:

|f(z2) − f(z1)| =∣∣∣∣∫

γ

[g(z2, ζ) − g(z1, ζ)

]dζ

∣∣∣∣�∫

γ

∣∣g(z2, ζ) − g(z1, ζ)∣∣ |dζ|

� εL(γ)

se z1 e z2 sono abbastanza vicini, indipendentemente da ζ per la uniforme continuita.Per concludere che f e analitica resta da verificare che∮

γ′f(z)dz = 0

Se z(p) con p ∈ [0, 1] descrive la curva γ′ si ha (supponendo per semplicita γ descrittada una sola ζ(t)) ∮

γ′f(z)dz =

∫ 1

0dp

dz

dp

∫ 1

0dt

dtg(z(p), ζ(t)

)essendo g continua, si puo cambiare l’ordine di integrazione∮

γ′f(z)dz =

∫ 1

0dt

dt

∫ 1

0dp

dz

dpg(z(p), ζ(t)

)= 0

perche, per l’analiticita di g in z e∮γ′ g(z, ζ)dz = 0. Allora per il teorema 1.5 di Morera

f e analitica.

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1.4 Proprieta delle funzioni analitiche

Osservazione: La f si puo derivare sotto il segno di integrale quante volte si vuole; adesempio, se γ′ e una curva chiusa attorno a z nella regione di analiticita

df

dz(z) =

12πi

∮γ′

f(w)(w − z)2

dw

=1

2πi

∫ 1

0dp

dw

dp

1(w − z)2

∫ 1

0dt

dtg(w(p), ζ(t)

)di nuovo si puo scambiare l’ordine di integrazione e si trova

df

dz(z) =

12πi

∫ 1

0dt

dt

∫ 1

0dp

dw

dp

g(w(p), ζ(t)

)(w − z)2

e per la formula integrale di Cauchy (1.3) applicata all’integrale interno

df

dz(z) =

∮γ′

dg

dz(z, ζ)dζ =

d

dz

∮γ′

g(z, ζ)dζ

Se γ ha lunghezza infinita, come e per Γ(z) ad esempio, ζ(t) non puo essere definita sudi un intervallo limitato. Supponiamo che ζ(t) sia definita su tutta la retta, le funzioni

fn(z) =∫ n

−ndt

dtg(z, ζ(t))

sono allora analitiche. Se esse convergono uniformemente a

f(z) =∫ ∞

−∞dt

dtg(z, ζ(t))

allora anche f e analitica e, come gia visto, si ha

f ′(z) = limn→∞ f ′

n(z) = limn→∞

∫ n

−n

dg

dz(z, ζ(t))

dtdt =

∫ ∞

−∞dg

dz(z, ζ(t))

dtdt

Allo stesso modo se l’integrale che definisce f(z) esiste come integrale improprio su [0, a],si puo definire

fn(z) =∫ a

1/ndt

dtg(z, ζ(t))

e vale quanto gia detto.

1.4 Proprieta delle funzioni analitiche

Una funzione analitica in tutto il piano complesso e detta intera .

Teorema 1.8 (di Liouville). Se f e intera e |f | < M allora f e costante.

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1 Introduzione all’analisi complessa

Dimostrazione . Fissato z0, per qualsiasi R vale

f ′(z0) =1

2πi

∫|z−z0|=R

f(z)(z − z0)2

dz

dato che f e intera. Ma allora, essendo

|f ′(z0)| � 12π

M2πR

R=

M

R

per qualsiasi z0, deve essere f costante.

Ne segue il

Teorema 1.9 (fondamentale dell’algebra). Se Pn(z) e un polinomio di grado n � 1,allora Pn ha almeno una radice nel piano C.

Dimostrazione . Se fosse Pn(z) �= 0 ∀ z, la funzione f = 1/Pn sarebbe intera e limitata(perche |Pn(z)| → ∞ per |z| → ∞) e quindi, per il teorema 1.8 di Liouville, costante.Allora anche Pn sarebbe costante, ma questo e assurdo perche, per ipotesi, n � 1.

Un’altra proprieta che riguarda il modulo di una funzione analitica e il seguente

Teorema 1.10 (Principio del massimo per funzioni analitiche). Se f e analiticain un aperto A e f non e costante allora |f | non puo avere massimo in A.

Dimostrazione . Procediamo per passi:

(i) Se f e analitica in A aperto e |f | e costante, allora f e costante.Infatti, se |f | = 0 e f = 0; mentre se |f |2 = u2 + v2 = M �= 0, derivando ottengo

uux + vvx = 0 e uuy + vvy = 0

esprimendo vx, vy tramite le condizioni (1.2) di Cauchy–Riemann trovo

uux − vuy = 0 e vux + uuy = 0

ho cosı un sistema di due equazioni omogeneo in ux, uy, il determinate della matricedei coefficienti vale Δ = u2 + v2 �= 0 e quindi ux = uy = 0, cioe df/dz = 0 e f ecostante.

(ii) Se z0 ∈ A e {|z − z0| � r} ⊂ A, allora

|f(z0)| � max|z−z0|=r

|f(z)|

Infatti, per il teorema 1.4 di Cauchy I si ha

f(z0) =1

2πi

∮|z−z0|=r

f(z)z − z0

dz =12π

∫ 2π

0f(z0 + reiθ)dθ

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1.5 Sviluppi in serie di Taylor–Laurent

ovvero il valore nel centro e la media dei valori sulla circonferenza2. Prendendo ilmodulo:

|f(z0)| � 12π

∫ 2π

0|f(z0 + reiθ)| � 1

∫ π

0Mdθ = M

dove M e il massimo di |f | sulla circonferenza (se in z′ si ha |f | < M , per continuitalo e in tutto un arco e allora vale il minore stretto).

(iii) Se f(z) non e costante, |f | non puo essere costante. Supponiamo che |f | abbiamassimo in A, considero l’insieme B = {z ∈ A | |f(z)| = max |f | = M}. Si ha cheB e chiuso, dato che |f | e continua, e che B �= A se |f | non e costante. Se ζ ∈ ∂Ballora |f(ζ)| = M , ma in un intorno di ζ esistono punti in cui |f | < M . Se prendouna circonferenza di centro ζ e raggio tale che passi per una di questi punti, hoancora

f(ζ) =12π

∫ 2π

0f(ζ + reiθ)dθ

Se per θ0 e |f(ζ + reiθ)| < M , per continuita in tutto un intervallo attorno a θ0

continua a valere il minore stretto, e allora, se I e tale intervallo

M = |f(ζ)| =12π

∣∣∣∣∣∫

If(ζ + reiθ)dθ +

∫[0,2π]�I

f(ζ + reiθ)dθ

∣∣∣∣∣� 1

(∣∣∣∣∫If(ζ + reiθ)dθ

∣∣∣∣+∣∣∣∣∣∫

[0,2π]�If(ζ + reiθ)dθ

∣∣∣∣∣)

<12π

(∫IMdθ +

∫[0,2π]�I

Mdθ

)= M

che e assurdo.

1.5 Sviluppi in serie di Taylor–Laurent

Consideriamo la serie di potenze

∞∑k=0

ak(z − z0)k

Esattamente come per le serie reali si puo definire un numero positivo r (eventualmenteuguale a zero o a infinito), detto raggio di convergenza, tale che la serie converge in tuttii punti z interni al cerchio |z − z0| < r (e anzi converge uniformemente in ogni cerchiochiuso |z − z0| � ρ < r), mentre non converge al di fuori.

2Prendendo parte reale e immaginaria si trova che questa proprieta vale separatamente per u e v.

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1 Introduzione all’analisi complessa

Si verifica subito, inoltre che all’interno del cerchio di convergenza la serie di potenze eanalitica, infatti la convergenza uniforme ci permette di passare l’operazione di derivatasotto il segno di somma e trovare che sono soddisfatte le condizioni (1.2) di Cauchy–Riemann.Altro esempio importante e dato dalle cosiddette serie bilatere

∞∑k=−∞

ak(z − z0)k∞∑

k=0

αk(z − z0)k +∞∑

k=1

βk(z − z0)−k

La seconda serie (quella a potenze negative) converge per |z − z0| > r1, la prima (quellaa potenze positive) come visto per |z − z0| < r2; pertanto la serie bilatera converge nellacorona circolare centrata in z0 di raggio interno r1 e raggio esterno r2. Ovviamente ser1 > r2 non ci sono punti di convergenza, mentre se r1, r2 sono infiniti il dominio diconvergenza e tutto il piano complesso escluso z0.Naturalmente, all’interno del dominio di convergenza la serie bilatera e analitica.

Teorema 1.11 (Serie di Taylor–Laurent). Se f e analitica in un aperto A, allora inogni corona circolare C1,2 = {r1 � |z − z0| � r2} interamente contenuta in A la f puoessere sviluppata in serie di potenze (bilatera)

f(z) =∞∑

k=−∞ak(z − z0)k (1.4)

e vale

ak =1

2πi

∮γ

f(z)(z − z0)k+1

dz (1.5)

dove γ e una qualsiasi curva chiusa contenente z0 al suo interno e contenuta in A.

Dimostrazione . Dato che la corona chiusa C1,2 e inclusa in A aperto, esiste una coronaaperta CR1,R2 di raggi R1 e R2 centrata in z0 con R1 < r1 e R2 > r2, tale che f eanalitica anche in CR1,R2 . Per z ∈ C1,2 si puo scrivere

f(z) =1

2πi

∮∂C1,2

f(ζ)ζ − z0

dζ =1

2πi

∮|ζ−z0|=R1

f(ζ)ζ − z

dζ +1

2πi

∮|ζ−z0|=R2

f(ζ)ζ − z

dζ (1.6)

(sempre convenendo di percorrere le curve in modo da avere l’interno a sinistra). Con-sideriamo dapprima il secondo integrale della (1.6): notiamo che

1ζ − z

=1

(ζ − z0) − (z − z0)=

1ζ − z0

11 − z−z0

ζ−z0

per |ζ − z0 = R2 e z ∈ C1,2 si ha ∣∣∣∣z − z0

ζ − z0

∣∣∣∣ � r2

R2< 1

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1.5 Sviluppi in serie di Taylor–Laurent

allora1

1 − z−z0ζ−z0

=∞∑

k=0

(z − z0

ζ − z0

)k

con la serie che converge uniformemente in |z − z0| � r2, perche per M, N abbastanzagrandi ∣∣∣∣∣ ∑

k=M+1

N

(z − z0

ζ − z

)k∣∣∣∣∣ �

N∑k=M+1

∣∣∣∣z − z0

ζ − z

∣∣∣∣k <N∑

k=M+1

(r2

R2

)k

< ε

sostituendo nell’integrale si trova

12πi

∮|ζ−z0|=R2

f(ζ)ζ − z

dζ =1

2πi

∮|ζ−z0|=R2

∞∑k=0

f(ζ)ζ − z0

(z − z0

ζ − z0

)k

=1

2πi

∞∑k=0

∮|ζ−z0|=R2

f(ζ)ζ − z0

(z − z0

ζ − z0

)k

=∞∑

k=0

αk(z − z0)k

conαk =

12πi

∮|ζ−z0|=R2

f(ζ)(ζ − z0)n+1

Consideriamo ora il primo integrale della (1.6) procedendo come appena fatto troviamo,percorrendo la curva in senso antiorario (interno a destra)

12πi

∮|ζ−z0|=R1

f(ζ)z − ζ

dζ =∞∑

k=1

βk(z − z0)−k

conβk =

12πi

∮|ζ−z0|=R1

f(ζ)(ζ − z0)k−1dζ

Nella corona la funzione f(ζ)/(ζ − z0)k+1 e analitica per ogni k (maggiore o minore dizero), per cui l’integrale sulle circonferenze di raggi R1 e R2 possono essere sostituiti congli integrali su γ; notando infine che αk = β−k si ottiene la tesi.

Il punto z0 e detto centro di sviluppo della serie.Osservazione: Se f e analitica in z0 allora in ogni cerchio aperto di centro z0 contenutoin A la funzione puo essere sviluppata in una serie ”puramente di Taylor” (cioe con solopotenze positive); in questo caso risulta

ak =1k!

f (k)(z0)

Infatti, dalla (1.5) segue ak = 0 per ogni k < 0, mentre per k > 0 si ottiene la formula(1.3) integrale di Cauchy.

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1 Introduzione all’analisi complessa

1.6 Prolungamento analitico e zeri di funzioni analitiche

Ci sono funzioni (ad esempio 1/1− z) la cui serie di Taylor converge in un cerchio finito(|z| < 1 se si sviluppa attorno a zero), ma che sono analitiche in una regione piu grande.

�e z

�m z

A = {|z| < 1}

B

La funzione

f(z) =∞∑

k=0

zk

e analitica in A = {|z| < 1} (e lo sviluppo in serie di 1/(1 − z)), inoltre

g(z) =1

1 − z

e analitica in B e nell’intersezione dei due aperti e f = g. Si dice allora che g e ilprolungamento analitico di f da A a A∪B (o f e il prolungamento analitico di g daB a A ∪ B).In generale date f , analitica nell’aperto A, e g analitica nell’aperto B, se f = g in A∩B,si dice che g prolunga analiticamente f da A a A ∪ B.La proprieta essenziale del prolungamento analitico e che esso e unico; infatti se g1, g2

sono due funzioni analitiche in B, uguali ad f in A ∩ B, allora la loro differenza, che euguale alla funzione nulla in A ∩ B, e nulla in tutto B. Vale infatti il seguente teoremasugli zeri delle funzioni analitiche:

Teorema 1.12. Sia f analitica in A aperto connesso. L’insieme degli zeri di f non hapunti di accumulazione in A (fatta eccezione per la funzione identicamente nulla).

Dimostrazione . Ricordiamo che l’ipotesi di connessione significa che A non e unione didue aperti disgiunti non vuoti.Siano B = {z ∈ A | z e punto di accumulazione di zeri di f} e C il complementare di Brispetto ad A. Se si fa vedere che B e C sono entrambi aperti si conclude che uno deidue deve essere l’insieme vuoto e quindi si prova la tesi.Se z0 ∈ B e f(z0) = 0, l’analiticita di f implica allora che in un intorno di z0 la funzionef e rappresentata dalla sua serie di Taylor

f(z) = (z − z0)[a1 + a2(z − z0) + ...

]

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1.6 Prolungamento analitico e zeri di funzioni analitiche

Dico che a1 = f ′(z0) = 0; infatti se fosse a1 �= 0 in tutto un intorno di z0 dovrebbe essere

a1 + a2(z − z0) + ... �= 0

il che e assurdo perche z0 ∈ B. Iterando trovo che a1 = 0 ∀ i, allora in un intorno di z0

f e identicamente nulla, cioe B e aperto.Se z0 ∈ C allora esiste un intorno di z0 in cui f �= 0, cioe C e aperto.

Ad esempio, f(z) = sin 2z − 2 sin z cos z e intera e nulla sull’asse reale, allora f(z) eidenticamente nulla.Il teorema 1.12 dice che una funzione analitica puo avere un punto di accumulazioni dizeri a patto che tale punto non appartenga al dominio di analiticita. Ad esempio, lafunzione f(z) = sin(1/z) e nulla per 1/z = nπ, ma il punto di accumulazione (l’origine)non e di analiticita per f .Il punto z0 e uno zero di ordine n per f se

f(z0), f ′(z0), ..., f (n−1)(z0) �= 0 mentre f (n)(z0) �= 0

Osservazione: Per il teorema 1.12 si ha che ogni zero e di ordine finito. Infatti se in z0

fosse f (n)(z0) = 0 ∀ n, la serie di Taylor di f sarebbe identicamente nulla, ma f e ugualealla sua serie di Taylor nel massimo cerchio aperto incluso in A e quindi f dovrebbeessere nulla in tale cerchio, cosı che z0 sarebbe uno zero non isolato.

Se f e analitica in un cerchio C, un punto z0 ∈ ∂C si dice regolare se esistono un cerchioC0 di centro z0 e una funzione g analitica in C0 tale che g = f in C ∩C0. Se questo nonaccade z0 e detto punto singolare .

Teorema 1.13. Se il raggio di convergenza della serie di Taylor di f e finito, allorasulla circonferenza del cerchio di convergenze esiste almeno un punto singolare.

Dimostrazione . Si vede per assurdo: se non fosse cosı, ogni ζ sulla circonferenza sarebbeil centro di un cerchio Cζ tale che esiste il prolungamento analitico gζ di f dal cerchioC di convergenza a C ∪ Cζ . Estraggo una copertura finita della circonferenza, cioe unafamiglia {Ci}i=1,...,n di cerchi associati ai prolungamenti {gi}i=1,...,n. La funzione

h(z) =

{f(z) se z ∈ C

gi(z) se z ∈ Ci

e allora ben definita, perche nei punti di C ∩ Ci e gi = f per ipotesi, e nei punti diCi ∩ Cj e gi = gj (infatti, dato che C ∩ Ci ∩ Cj �= ∅ e in tale insieme gi = gj = f , si hache gi = gj in tutto l’aperto connesso Ci ∩Cj). Quindi h(z) e analitica in C ∪ (

⋃ni=1 Ci);

questa regione contiene evidentemente un cerchio di raggio maggiore di quello di C. Laserie di Taylor di h e allora convergente in questo cerchio, ma tale serie e proprio quelladi f (dato che f = h in C, le derivate, cioe i coefficienti della serie, delle due funzionisono uguali). Si ha allora un assurdo, perche per ipotesi f converge solo in C.

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1 Introduzione all’analisi complessa

Un criterio comodo per vedere se un punto z0 ∈ ∂C e singolare: se non esiste il limite

limz→z0z∈γ

f(z)

con γ curva regolare che porta dal centro del cerchio a z0, allora z0 e singolare.Infatti se z0 fosse regolare avremmo che esiste g analitica in un cerchio C ′ centrato inz0 tale che g = f in C ∩ C ′; allora, poiche la parte finale di γ e contenuta in C ∩ C ′ siavrebbe

limz→z0z∈γ

f(z) = limz→z0z∈γ

g(z)

e tale limite deve esistere, per l’analiticita di g, contro l’ipotesi.Con questo criterio si puo vedere che funzioni come

∞∑n=0

z2no

∞∑n=0

zn!

hanno punti singolari densi sulla circonferenza {|z| = 1}, e allora evidente che tali fun-zioni non sono prolungabili analiticamente oltre tale circonferenza.Il prolungamento analitico si compie attraverso una catena di aperti Ai che si sovrap-pongono (Ai ∩ Ai+1 �= ∅) in modo se fi e analitica in Ai, in Ai ∩ Ai+1 sia fi = fi+1. Secapita che che An torni su A0, cioe se An ∩ A0 �= ∅, puo capitare che sia fn �= f0. Adesempio considero la funzione

√z e la catena di aperti

�e z

�m z

A0

A1

A2

A3

E chiaro che, se in A0√

z e definita con −π � arg√

z < π, in A0 ∩ A3 e arg√

z < −π ela radice ha cambiato di segno.La relazione ”gB prolunga fA”, dove A e B sono gli aperti in cui f e g sono analitiche,e simmetrica, riflessiva ma non transitiva. Se pero gB prolunga fA, hC prolunga gB eA ∩ B ∩ C �= ∅ allora in A ∩ C e anche hC = fA.Discutiamo ora il prolungamento analitico lungo una curva . Se f e analitica inun intorno C0 di z0, si puo riuscire a prolungarla in un intorno di zf con il seguenteprocedimento: sia γ una curva regolare che porta da z0 a zf , e sia {Ci}i=0,...,n una suc-cessione di cerchi concatenata con γ, cioe tale che γ e l’unione di curve ci interne ai Ci

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1.6 Prolungamento analitico e zeri di funzioni analitiche

con estremi in Ci ∩ Ci+1 �= ∅, con C0 centrato in z0, Cn centrato in zn

C0C1

C2

... Cn−1

Cn

c0

c1

c2

cn−1cn

z0

zf

Se esiste una famiglia fi di funzioni analitiche in Ci tale che f0 = f e fi = fi+1 inCi ∩ Ci+1, si dice che f e prolungata da un intorno di z0 ad un intorno di zf lungo lacurva γ.Il punto essenziale e che, fissata γ, il prolungamento cosı trovato non dipende dalla fa-miglia di cerchi che si sceglie.Per vederlo, supponiamo che esista un’altra famiglia di cerchi {Γj}j=0,...,m concatenatacon γ, Γ0 centrato in z0, Γm centrato in zf , con g0 = f e gj = gj+1 in Γj ∩ Γj+1,e mostriamo che vale fn = gm. Chiamiamo γj gli analoghi dei ci per la catena Γj esupponiamo per assurdo fn �= gm. Considero i valori di k = i + j per i quali accadequesto: ci ∩ γj �= ∅ (e quindi Ci ∩ Γj �= ∅) e in Ci ∩ Γj e fi �= gj . Detto K l’insiemedi tali k si ha che k = m + n ∈ K, e che se k ∈ K allora k − 1 �∈ K, altrimenti se cosıfosse da k = m + n arriverei a k = 0, ma per ipotesi e f0 = g0 = f . Supponiamo, perfissare le idee, che k = i + j ∈ K e che γj cominci a destra dell’estremo sinistro di ci,come mostrato in figura (la curva ci e quella compresa tra i cerchi, mentre γj e la curvacompresa tra i triangoli):

Ci

Γj

ciγj

Poiche l’estremo sinistro di γj deve essere in Γj−1, Γj−1 interseca sia Γj sia Ci (quindiCi ∩ Γj−1 ∩ Γj �= ∅); la situazione e

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1 Introduzione all’analisi complessa

CiΓj

Γj−1

ciγj

Questo implica che anche in Ci ∩ Γj−1 e fi �= gj−1; infatti se fossero uguali, nella triplaintersezione sarebbe gj = gj−1 e quindi fi = gj . Questo e assurdo perche, per quantogia detto k − 1 = i + j − 1 �∈ K.Vale inoltre il seguente

Lemma 1.14. Se γ0 e γ1 sono due curve omotope che portano da z0 a zf , allora in unintorno di zf danno luogo allo stesso prolungamento.

Dimostrazione . L’ipotesi di omotopia tra le curve significa che esiste un’applicazionecontinua γ(p, t) : [0, 1] × [0, 1] → C tale che γ(0, t) = γ0, γ(1, t) = γ1, γ(p, 0) = z0 eγ(p, 1) = zf .Fissato p, dire che il prolungamento lungo γp significa che esiste una catena, etc... Sia εminore della distanza di γp dalla frontiera dell’unione dei cerchi della catena, consideroil δ(p) tale che, per l’uniforme continuita, e |γp(t)−γp′(t)| < ε per |p−p′| < δ(p). Alloraper |p−p′| < δ(p) la catena di cerchi scelta per γp e concatenata anche con γ(p′). Quindiil valore del prolungamento nell’intorno di zf ottenuto con γp′ e uguale a quello ottenutocon γp. Dato che il ragionamento fatto e valido per ogni p, estraendo una ricoperturafinita dalle famiglie di cerchi concludo che γ0 e γ1 portano allo stesso prolungamento inzf .

Questo permette di enunciare il seguente

Teorema 1.15 (di monodromia). Se A e un aperto semplicemente connesso, C e uncerchio incluso in A e f e analitica in C, se f puo essere prolungata lungo una curvacontenuta in A, allora la funzione g(z), prolungamento analitico di f da z0 ∈ C ad unintorno di z ∈ A, non dipende dalla curva scelta ed e ancora una funzione ad un solovalore in A.

Si possono rivedere cose gia viste in termini delle considerazioni fatte:

(i) Consideriamo la funzione log z. Se e dato z0 �= 0 e il valore di arg z e vicino alvalore di arg z0 per z vicino a z0, log z e derivabile. Nel dominio semplicementeconnesso ottenuto tagliando il piano lungo la semiretta reale che va da 0 ad ∞, lafunzione

f(z) = ln |z| + i[arg z0 + Δγ arg z]

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1.7 Singolarita isolate, removibili ed essenziali

con γ che va da z0 a z nel piano tagliato, rappresenta il prolungamento analiticodo log z da un intorno di z0 ad un intorno di z lungo γ. La funzione ottenuta eanalitica e ad un sol valore. La scelta di arg z0 fissa la determinazione di log z.

(ii) In A semplicemente connesso considero f analitica non nulla. Se in un intornodi z0 fisso il valore di arg f(z) vicino al valore di arg f(z0), la funzione log f(z) eanalitica. Allora la funzione

F (z) = log f(z) = ln |z| + i[arg f(z0) + Δγ arg f(z)]

e il prolungamento analitico da un intorno di z0 ad un intorno di z lungo la curvaγ in A; tale funzione e analitica e ad un sol valore in A.

(iii) In A semplicemente connesso siano f, g analitiche e non nulle, come prima le fun-zioni F = log f , G = log g, H = log fg sono analitiche e ad un solo valore in A.Se in z0 ho che arg fg(z0) = arg f(z0) + arg g(z0) e in un intorno di z0 prendoarg fg(z) vicino al valore di arg fg(z0), allora in tale intorno vale H = F + G. Ilprolungamento da z0 a z ∈ A della funzione H − G − F e dato da

H − G − F = ln |fg| + i[arg fg(z0) + Δγ arg fg]+− ln |f | − i[arg f(z0) + Δγ arg f ] − ln |g| − i[arg g(z0) + Δγ arg g]

= i[Δγ arg fg − Δγ arg f − Δγ arg g] = 0

perche nell’intorno di z0 era H − G − F = 0. Si ritrova allora

Δγ arg fg = Δγ arg f + Δγ arg g

Il discorso fatto vale anche per f/g con f, g non nulle, per cui

Δγ argf

g= Δγ arg f − Δγ arg g

(iv) Se si ha una f tale che per ogni z0 ∈ A non semplicemente connesso, f risultaderivabile in un intorno di z0 allora la funzione ottenuta prolungando la f definitain un intorno di z0 lungo qualsiasi curva chiusa γ in A e ad un sol valore purcherisulti

Δγf = 0

Questo e il caso, ad esempio, della funzione√

z2 − 1 che risulta derivabile in ogniz0 nel piano tagliato del segmento di asse reale che va da −1 ad 1, e che per ognicurva γ chiusa nel piano tagliato soddisfa Δγ

√z2 − 1 = 0.

1.7 Singolarita isolate, removibili ed essenziali

Si dice che z0 e per f un punto singolare isolato se esiste un intorno I di z0 tale chef(z) e analitica e ad un sol valore per z ∈ I � {z0}.

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1 Introduzione all’analisi complessa

Esempi: per le funzioni sin z/z, sin z/z2, e1/z, z = 0 e un punto singolare isolato. Per√z il punto z = 0 non e singolare isolato, perche non esiste un intorno in cui la funzione

e ad un solo valore.Se z0 e un punto singolare isolato, per quanto visto in precedenza, nella corona circolare{0 < |z − z0| � R} inclusa in I per R opportuno, vale

f(z) =+∞∑

k=−∞ak(z − z0)k

Ci sono allora due possibili casi:

(i) La serie ha solo potenze positive, allora la funzione

g(z) =∞∑

k=0

ak(z − z0)k

e analitica anche in z0 e vale

g(z0) = a0 = limz→z0

f(z)

quindi f e prolungabile analiticamente in z0; in tal caso il punto z0 si chiamasingolarita removibile . Esempio:

sin z

z= 1 − z2

3!+

z4

5!+ ...

Il fatto che f abbia limite per z → z0 implica che f e limitata in un intorno diz0. E importante che: se f ha in z0 un punto singolare isolato e e |f | < M inun intorno di z0 allora z0 e una singolarita removibile. Infatti, i coefficienti per icoefficienti della serie con potenze negative vale

|βk| =12π

∣∣∣∣∣∮|z−z0|=r

f(z)(z − z0)k−1dz

∣∣∣∣∣ � M

2πrn−1 2πr = Mrn

che e piccolo a piacere, quindi βk = 0.Notiamo infine che, a differenza del caso di variabile reale, dire che f e limitata inun intorno di z0 implica necessariamente l’esistenza del limite.

(ii) La serie ha almeno una potenza negativa. In questo caso non esiste il prolunga-mento analitico in z0 e z0 e detta singolarita non removibile.Notiamo anche che per quanto gia detto nell’intorno di una singolarita non remo-vibile |f | non puo essere limitato.Per le singolarita non removibili distinguiamo altri due casi:

(a) Il numero dei coefficienti delle potenze negative diversi da zero e finito; si diceallora che f ha in z0 un polo di ordine n, dove n e la massima potenzanegativa che compare nella serie. Esempi:

sin z

z2,

sin z

z3,

1z2

− z

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1.7 Singolarita isolate, removibili ed essenziali

(b) La parte della serie con potenze negative ha ha infiniti coefficienti diversi dazero; si dice allora che z0 e una singolarita essenziale . Esempi:

e1z , z3e

1z2 , sin

1z

E necessario saper riconoscere i due casi; iniziamo con i poli:

(i) f ha un polo di ordine n in z0 se e solo se

limz→z0

(z − z0)nf(z) = l �= 0

Per ipotesi di polo

f(z) =a−n

(z − z0)n+ a0 + ... con a−n �= 0

quindilim

z→z0

(z − z0)nf(z) = limz→z0

[a−n + a0(z − z0) + ...] = a−n �= 0

Viceversa se g(z) = (z − z0)nf(z) ha limite l, allora g(z) ha in z0 una singolaritaremovibile, cioe

g(z) = l + a0(z − z0) + ... =⇒ f(z) =l

(z − z0)n+ ...

ed essendo l �= 0 si ha che f ha un polo di ordine n.

(ii) f ha un polo di ordine n in z0 ⇐⇒ |f | → ∞ per z → z0.Se f ha un polo

|f(z)| = |(z − z0)nf(z)| 1|z − z0| −→ ∞ per z → z0

dato che per quanto appena detto il primo fattore ha limite finito diverso da zero.Viceversa, se |f | → ∞ allora esiste un intorno I di z0 in cui funzione f e non nulla.La funzione g = 1/f e analitica in I � {z0}, |g| → 0 e quindi g ha una singolaritaremovibile in z0, che e uno zero di ordine n:

g(z) = an(z − zn)n + ... =⇒ limz→z0

g(z)(z − z0)n

= an �= 0

cioe f → 1/an, il che implica che f ha in z0 un polo di ordine n.Possiamo quindi dire che se f ha in z0 un polo di ordine n, vicino a z0 f si comportacome 1/(z − z0)n.

(iii) Quanto appena visto ci permette di osservare che: f ha un polo di ordine n in z0

equivale a dire che 1/f ha uno zero di ordine n in z0.

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1 Introduzione all’analisi complessa

Per le singolarita essenziali (ad esempio z = 0 per e1/z) f non e limitata (e1/x → ∞ perx > 0), ma non tende ad ∞ (e1/iy ha modulo 1); ovvero non esiste il limite ne finito neinfinito. Vale il seguente

Lemma 1.16. Se f ha in z0 una singolarita essenziale, per w ∈ C e ε > 0 qualunque,in ogni intorno di z0 esistono infiniti z tali che |f(z) − w| < ε.

Dimostrazione . Se, per assurdo, il lemma non fosse vero dovrebbero esistere un w e unintorno I di z0 tali che in tutto I�{z0} dovrebbe essere |f(z)−w| > ε. Allora la funzioneg = 1/(f(z) − w) e analitica in I � {z0} ed z0 e per g un punto singolare isolato. Datoche |f(z) − w| > ε, possiamo dire che |g| e limitato, quindi z0 e per g una singolaritaremovibile. Se il prolungamento di g in z0 e non nullo, f − w = 1/g e analitica in tuttoI e quindi lo e anche f . Se g ha in z0 uno zero di ordine n, f ha un polo di ordine n equesto e assurdo perche per ipotesi z0 e una singolarita essenziale per f .

Questo significa che: se z0 e una singolarita essenziale, dato w esiste una successione{zn} tale che

f(zn) −→ w per zn → z0

Notiamo che per f = e1/z e immediato vedere che per w �= 0, l’equazione e1/z = w hasoluzione in ogni intorno dell’origine:

1z

= log w = ln |w| + i arg w + 2nπi

Al crescere di n, z si trova vicino a zero quanto si vuole. Pero non e mai f = 0.In generale vale il

Teorema 1.17 (di Picard). Se f ha in z0 una singolarita essenziale, allora comunquesi scelga w ∈ C (escluso al piu un valore eccezionale) in ogni intorno di z0 esistonoinfiniti punti in cui f(z) = w.

Come visto per e1/z il valore eccezionale e w = 0, mentre per sin(1/z) non c’e il valoreeccezionale.

1.8 Calcolo dei residui

Se f ha in z0 un punto singolare isolato, si chiama residuo di f in z0 il coefficiente a−1

dello sviluppo in serie di Taylor–Laurent della f in un intorno di z0, ovvero il residuo eil valore di

Rf (z0) =1

2πi

∮γf(z)dz

su una curva γ che abbia al suo interno solo z0 come punto di non analiticita. Si capisceallora che e utile conoscere il residuo per il calcolo di integrali.

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1.8 Calcolo dei residui

Teorema 1.18 (dei residui interni). Sia f analitica su una curva γ e dentro a partepunti singolari isolati z1, ..., zn

3, allora∮γf(z)dz = 2πi

n∑j=1

Rf (zj)

Dimostrazione . Consideriamo per ogni zj una curva γj che al suo interno contenga solozj come punto singolare isolato:

Azj

zi

γ

γj

γi

Nella regione bucata A, la cui frontiera e costituita dalle curve γ, γ1, ..., γn, f e analitica,per il teorema 1.3 di Cauchy I si ha

0 =∮

∂Af(z)dz =

∮γf(z)dz −

n∑j=1

∮γj

f(z)dz

(dove tutte le curve γ e γj sono percorse in senso antiorario), quindi∮γf(z)dz =

n∑j=1

∮γj

f(z)dz = 2πin∑

j=1

Rf (zj)

Se z0 e un polo del primo ordine posso scrivere

f(z) =a−1

z − z0+ a0 + ...

da cui trovo subito che

Rf (z0) = a−1 = limz→z0

(z − z0)f(z)

Un caso particolare e rappresentato da f = g/h con g, h analitiche in z0, g(z0) �= 0,h(z0) = 0 e h′(z0) �= 0. Si ha che f ha un polo del primo ordine in z0 perche

limz→z0

(z − z0)f(z) = limz→z0

g(z)/h(z)z − z0

=g(z0)h′(z0)

�= 0

3I punti singolari dentro γ sono in numero finito, perche se fossero infiniti dovrebbero avere un puntodi accumulazione che quindi sarebbe un punto singolare non isolato.

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1 Introduzione all’analisi complessa

e il residuo vale proprio

Rf (z0) =g(z0)h′(z0)

Ad esempio la funzione

f(z) =1

zn + 1

ha come punti singolari isolati i punti per cui zn = −1, ovvero zk = e(2k+1)πi/n per kintero, e i residui valgono

Rf (zk) =1

nzn−1k

Allo stesso modo vedo che, se z0 e un polo di ordine n

Rf (z0) =1

(n − 1)!Dn−1

[(z − z0)nf(z)

]∣∣∣∣z=z0

1.9 Comportamento all’infinito

Si parla di piano complesso esteso quando si considera il piano complesso con il suopunto all’infinito. Il piano esteso puo essere messo in corrispondenza biunivoca con lasuperficie di una sfera. A questo scopo consideriamo uno spazio euclideo dotato di unsistema di coordinate rettangolari ξ, η, ζ i cui assi ξ ed η coincidono rispettivamente congli assi x e y del piano complesso e consideriamo la sfera unitaria

S = {ξ2 + η2 + ζ2 = 1} (1.7)

A ciascun punto z = (x, y) ∈ C associamo il punto Z = (ξ, η, ζ) di intersezione di S conil segmento che congiunge il ”polo Nord” N = (0, 0, 1) di S al punto z (vedi figura 1.2).La corrispondenza z → Z si chiama proiezione stereografica . Inserendo le equazioni

Figura 1.2: Proiezione stereografica.

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1.9 Comportamento all’infinito

ξ = tx, η = ty e ζ = 1 − t del segmento Nz nell’equazione (1.7) che definisce la sfera, sitrova che t(1 + |z|2) = 2 al punto Z e le equazioni della proiezione stereografica sono

ξ =2x

1 + |z|2 , η =2y

1 + |z|2 , ζ =|z|2 − 11 + |z|2 (1.8)

Dall’ultima equazione si deduce che 2/(1 + |z|2) = 1 − ζ e dalle due prime le formuledell’applicazione inversa

x =ξ

1 − ζ, y =

η

1 − ζ(1.9)

Si vede dalle (1.8) e (1.9) che la proiezione stereografica z → Z stabilisce una corrispon-denza biunivoca fra C e S � {N} (e evidente che il punto N non e immagine di alcunpunto z); si conviene allora che N e l’immagine del punto all’infinito, cosı facendo sistabilisce la corrispondenza biunivoca annunciata fra il piano esteso e la sfera S (dettasfera dei numeri complessi o sfera di Riemann).Gli intorni dell’infinito I∞ ≡ {z ∈ C | |z| > R} corrispondono ad intorni di N , gli intornidi un punto al finito ad intorni sulla sfera della loro proiezione.Il piano esteso e compatto e semplicemente connesso; quindi, viste sulla superficie dellasfera le varie possibilita di aggirare i tagli per funzioni come

√z2 − 1 appaiono ottenute

l’una dall’altra attraverso deformazioni continue.Si dice che il punto all’infinito e per f un punto isolato se f e analitica in un intornodell’infinito I∞; in questo caso, per z ∈ I∞ e

f(z) =+∞∑

k=−∞akz

k con ak =1

2πi

∮γ

f(z)zk+1

dz

con γ contenuta in I∞.Si dice che il punto all’infinito e per f una

(i) una singolarita removibile, se lo sviluppo in serie di f ha solo potenze negative; adesempio

1z,

1z2 + 1

,z

z2 + 1

(ii) un polo di ordine n, se un numero finito di ak con k > 0 e diverso da zero e n e ilmassimo k per cui cio accade; ad esempio

z3

z2 + 1, Pn(z) (polinomio di grado n)

(iii) una singolarita essenziale, se infiniti ak con k > 0 sono diversi da zero; ad esempio

ez,ez

z, sin z

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1 Introduzione all’analisi complessa

Le definizioni date equivalgono alla seguente. Se f e analitica in I∞, g(z) = f(1/z)e analitica in un intorno I0 dell’origine; se g ha in z = 0 una singolarita removibile(rispettivamente un polo, una singolarita essenziale) allora f ha nel punto all’infinitouna singolarita removibile (rispettivamente un polo, una singolarita essenziale).Per riconoscere il comportamento all’infinito valgono criteri analoghi a quelli visti per ipunti al finito:

(i) Se |f | e limitato in I∞, |g| lo e in I0 e questo implica che g e analitica in tutto I0,cioe

g(z) =∞∑

k=0

akzk ∀ z ∈ I0

ne segue allora che

f(z) =∞∑

k=0

ak

zk∀ z ∈ I∞

allora il punto all’infinito e una singolarita removibile.

(ii) Se all’infinito |f | → ∞, |g| → 0 in zero, cioe g ha un polo nell’origine e quindi fha un polo all’infinito. In particolare

limz→∞

|f(z)||zn| = l �= 0 ⇒ lim

z→0|g(z)| |zn| = l �= 0

cioe il polo di g, e quindi quello di f , e dell’n-esimo ordine.

(iii) Per le singolarita essenziali, infine, vale anche all’infinito il teorema 1.17 di Picard,dato che vale per g in z = 0.

1.9.1 Residuo all’infinito

Il residuo della funzione f nel punto all’infinito e dato da Rf (∞) = −a−1, cioe ilcoefficiente, cambiato di segno, di del termine 1/z dello sviluppo in serie.

Teorema 1.19 (dei residui esterni). Sia f(z) analitica sulla curva γ e fuori, a partepunti singolari isolati (compreso il punto all’infinito), allora∮

γf(z)dz = −2πi

∑zj

esterni

Rf (zj) − 2πi Rf (∞)

Dimostrazione . Dato che le singolarita esterne sono in numero finito (vale la stessaargomentazione usata nella nota 3), esiste R tale che tutte le singolarita esterne, esclusoil punto all’infinito, sono dentro il cerchio C = {|z| < R}. Se A e la ciambella ottenuta

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1.10 Applicazioni del teorema dei residui

A C = {|z| < R}

zi

zj

zk

γ

si ha, per il teorema 1.18 dei residui interni e per il teorema 1.3 di Cauchy I, che

0 =∮

∂Af(z)dz =

∮∂C

f(z)dz −∮

γf(z)dz − 2πi

∑zj

esterni

Rf (zj)

Si ottiene allora la tesi notando che

12πi

∮∂C

f(z)dz = a−1(∞) = −Rf (∞)

Notiamo che, se f ha punti singolari isolati allora∑tutti

Rf = 0

dato che se γ e una curva chiusa

12πi

∮γf(z)dz =

∑interni

Rf = −∑

esterni

Rf

1.10 Applicazioni del teorema dei residui

1.10.1 Calcolo di integrali sulla retta reale. Il lemma di Jordan

Consideriamo l’integrale ∫ ∞

−∞f(x)dx (1.10)

dove la f e una funzione della variabile reale x (il caso tipico a cui e possibile applicare leconsiderazioni che seguono e quello in cui f sia una funzione razionale, cioe un rapportodi polinomi Pn(x)/Qm(x)). Se e noto a priori che l’integrale esiste finito (nel casodella funzione razionale basta che il denominatore Qm(x) non abbia radici reali e che

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1 Introduzione all’analisi complessa

n � m − 2) possiamo estendere la definizione della funzione f(x) in modo da ottenereuna funzione f(z) analitica in tutto il semipiano complesso superiore, cioe quello in cui�m z > 0, escluso al piu un numero finito di punti singolari (tale condizione e senz’altroverificata se f e razionale semplicemente sostituendo x con z).In queste ipotesi consideriamo la semicirconferenza di centro nell’origine e raggio R:

�e z

�m z

−R R

zi

zj

γ

Sia R abbastanza grande da contenere tutti i punti singolari z1, ..., zn di f posti nelsemipiano superiore. Grazie al teorema (1.18) dei residui interni si ha∫ R

−Rf(z)dz +

∮γf(z)dz = 2πi

n∑j=1

Rf (zj)

Prendendo il limite per R → ∞ e aggiungendo l’ulteriore condizione (automaticamenteverificata se f e razionale)

limR→∞

R maxz∈γ

|f(z)| = 0

si ha che ∣∣∣∣∮γf(z)dz

∣∣∣∣ � πR maxz∈γ

|f(z)| −→ 0

mentre l’integrale sulla retta reale tende proprio all’integrale cercato (1.10), per cui∫ ∞

−∞f(x)dx = 2πi

n∑j=1

Rf (zj)

Una generalizzazione di tale risultato e data dal seguente

Lemma 1.20 (di Jordan). Si consideri l’integrale∫ +∞

−∞f(x)eiωxdx

e si supponga che f(z) sia analitica in tutto il piano complesso tranne che per un numerofinito di punti. Sia ω > 0, allora se γ e una semicirconferenza di raggio R centratanell’origine posta nel semipiano superiore e se e soddisfatta la condizione

limR→∞

(maxz∈γ

|f(z)|)

= 0

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1.10 Applicazioni del teorema dei residui

allora ∫ +∞

−∞f(x)eiωxdx = 2πi

∑�m zj>0

RF (zj) (1.11)

dove si e indicato F = feiωz.

Si noti che, nel caso in cui tutti i punti singolari siano poli del primo ordine, la (1.11)puo scriversi ∫ +∞

−∞f(x)eiωxdx = 2πi

∑�m zj>0

Rf (zj)eiωzj

Se ω < 0 si considera la semicirconferenza nel semipiano inferiore e la (1.11) diventa∫ +∞

−∞f(x)eiωxdx = −2πi

∑�m zj<0

RF (zj)

Il lemma 1.20 di Jordan trova ampia applicazione nel calcolo della trasformata e dell’an-titrasformata di Fourier.

1.10.2 Indicatura logaritmica

Sia f analitica su γ e dentro, f �= 0 su γ, ne segue che anche g = f ′/f e analitica su γ edentro (a parte i punti interni in cui f = 0). Se z0 e uno zero di ordine n, in un intornodi z0 si ha

f(z) = (z − z0)n[an + an+1(z − z0) + ...] = (z − z0)nϕ(z)

con ϕ analitica e ϕ(z0) �= 0. La g puo essere allora scritta come

g =f ′

f=

ϕ′

ϕ+

n

z − z0

essendo f ′ = n(z − z0)n−1ϕ + (z − z0)nϕ′. La funzione ϕ′/ϕ e analitica in z0 e, in unintorno di z0, puo essere sviluppata in serie puramente di Taylor

ϕ′(z)ϕ(z)

=∞∑

k=0

bk(z − z0)k

quindi f ′/f ha in z0 un polo del primo ordine con residuo Rf ′/f (z0) = n. Allora

∮γ

f ′(z)f(z)

dz = 2πi

Nz∑j=1

nj = 2πiNz

dove nj e l’ordine dello zero in zj e Nz e il numero totale di zeri, contati ciascuno con ilproprio ordine. Ma

f ′(z)f(z)

=d

dz

(log f(z)

)

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1 Introduzione all’analisi complessa

(w = f(z) e analitica su γ, log w e analitica per w �= 0, e poiche su γ f(z) �= 0, log f(z) eanalitica in ogni punto di γ e vale per la derivata quanto appena scritto). In ogni regionesemplicemente connessa contenente γ (o parte di essa) in cui e f �= 0 vale∫

γ(a,b)

f ′(z)f(z)

dz = log f(z)∣∣∣∣ba

= log f(b) − log f(a)

γ(a, b)

a

b

quando la curva si chiude∮γ

f ′(z)f(z)

dz = Δγ log f(a ≡ b) = Δγ ln |f | + iΔγ arg f

dato che ln |f | non cambia deve allora valere

12π

Δγ arg f = Nz

Ne segue il

Teorema 1.21 (di Rouche). Siano f, g analitiche su γ e dentro, se su γ f �= 0 e|g| < |f | allora entro γ le funzioni f e f + g hanno lo stesso numero di zeri.

Dimostrazione . Infatti

Nz(f) =12π

Δγ arg f e Nz(f + g) =12π

Δγ arg(f + g)

Essendo f �= 0 su γ si puo scrivere arg(f + g) = arg[f(1 + g/f)] da cui

Δγ arg(f + g) = Δγ arg[f

(1 +

g

f

)]= Δγ arg f + Δγ arg

(1 +

g

f

)Per ipotesi si ha che su γ |g/f | < 1, questo implica che al muoversi di z su γ la funzione1 + g(z)/f(z) si muove in un intorno di 1 senza girare intorno all’origine e quindi

Δγ arg(

1 +g

f

)= 0

e la tesi e dimostrata.

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1.10 Applicazioni del teorema dei residui

Esempio: dato un polinomio di grado n

Pn(z) = zn + an−1zn−1 + ... + a0

per |z| > 1 e

|an−1zn−1 + ... + a0| � |an−1| |zn−1| + ... + |a0| � (|an−1| + ... + |a0|)|zn−1| = a|z|n−1

mentre per |z| > a e|z|n > a|z|n−1 (1.12)

Allora dentro il cerchio di raggio a, sul cui bordo zn �= 0, il polinomio Pn ha, peril teorema 1.21 di Rouche (f = zn, g = Pn − zn), n zeri, cioe tanti quanti ne ha zn.Aumentando il raggio di tale cerchio la disuguaglianza (1.12) necessaria per l’applicazionedel teorema resta valida; si puo allora concludere dicendo che Pn ha n radici nel pianocomplesso.Se dentro γ f ha anche poli (f �= 0 su γ), allora f ′/f ha singolarita anche nei poli. Sez0 e un polo di ordine n in un intorno di z0

f(z) =1

(z − z0)n[a−n + a−n+1(z − z0) + ...] =

ϕ(z)(z − z0)n

con ϕ analitica e ϕ(z0) = a−n �= 0. Si trova allora

f ′

f+

n

z − z0=

ϕ′

ϕ

lo sviluppo in z0 di ϕ′/ϕ ha solo potenze positive e quindi f ′/f ha in z0 un polo delprimo ordine di residuo Rf ′/f (z0) = −n. Allora∮

γ

f ′(z)f(z)

dz = 2πi(Nz − Np)

dove Np e il numero di poli, o anche

12π

Δγ arg f = Nz − Np

Questo mostra che, se f ha solo zeri o poli, log f puo cambiare valore solo se si gira suuna curva per cui Nz − Np �= 0.Esempio: l’equazione tanw = z ha come soluzione

e2iw =1 + iz

1 − iz=⇒ w = − i

2log

1 + iz

1 − iz

e la funzione f = (1 + iz)/(1 − iz) ha zero in i, polo in −i. I punti di diramazione sono±i (quindi Δγ arg f �= 0 se γ gira attorno ad i senza includere −i, e viceversa), ma ilpunto all’infinito non e un punto di diramazione (cioe se si gira intorno sia ad i che a−i Δγ arg f = 0).

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1 Introduzione all’analisi complessa

1.10.3 Altra conseguenza

Siano A aperto semplicemente connesso, f analitica e f �= 0 in A. Notiamo innanzituttoche in A non ci sono punti di diramazione perche Δγ arg f = 2πNz ed il numero di zeri dif dentro γ e per ipotesi Nz = 0. Scelto z0 ∈ A, assegno ad f(z0) una delle sue possibilifasi, ho allora che la funzione g(z) = log f(z) ottenuta assegnando a f(z) la fase che siha a partire da quella di f(z0) lungo una curva γ che va da z a z0 entro A non dipendeda γ. Ho allora che per ogni f analitica e diversa da zero in A semplicemente connesso e

f(z) = e log f(z) = eg(z)

con g analitica in A.

Lemma 1.22. Se f e analitica in un aperto A e non e costante allora f(A) e aperto.

Dimostrazione . Sia w0 = f(z0) con z0 ∈ A. Deve esistere un intorno di z0 in cuif(z) �= w0, a parte z = z0 (se z0 fosse un punto di di accumulazione di zn tali per cuif(zn) = w0, sarebbe f(z) ≡ w0). Considero un cerchio chiuso C di centro z0 cosı piccoloda essere in A e tale da contenere z �= z0 per cui f(z) = w0. Lo sviluppo di Taylor di fin C e

f(z) = w0 + am(z − z0)m + am+1(z − z0)m+1 + ... con am �= 0

dove m e l’ordine dello zero di f(z) − w0.Su ∂C, essendo f(z) − w0 �= 0, |f(z) − w0| avra un minimo maggiore di zero, per cui|f(z) − w| > δ. Prendo nel piano w il cerchio |w − w0| � δ. Sia w in tale cerchio, si ha

per z ∈ C f(z) − w = f(z) − w0 + (w0 − w)per z ∈ ∂C |f(z) − w0| > δ

mentre e |w0 − w| < δ

per cui f(z)−w0 e f(z)− w hanno in C, per il teorema 1.21 di Rouche, lo stesso numerodi zeri che e m (dato che si e preso C in modo tale che solo in z0 sia f(z) = w0).In conclusione, per w tale che |w − w0| < δ esistono (sono m, ma alcune potrebberoessere radici multiple, pero almeno uno c’e) z ∈ C tali che f(z) = w, quindi l’immaginedi A sotto f se contiene w0 contiene tutto |w − w0| < δ, cioe f(A) e aperto.4

4Osserviamo che nel caso m = 1, ricordando le proprieta delle applicazioni differenziabili da R2 ad R2,si ha che u(x, y), v(x, y), (u + iv)(x0, y0) = w0, e invertibile in un intorno di w0, infatti e

J =ux uy

vx vy= u2

x + v2x = |f ′(z0)|2 �= 0

Ricordando anche che lo jacobiano dell’applicazione inversa e J−1 si ha

xu xv

yu yv=

1

Jvy −uy

−vx ux

da cui si vede che

xu − yv =1

J (vy − ux) = 0

per le condizioni (1.2) di Cauchy–Riemann, e cosı anche per l’altra condizione. Quindi l’inversa eanalitica.

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1.10 Applicazioni del teorema dei residui

Per quanto visto, se

f(z) − w0 = (z − z0)m [am + ...] = (z − z0)mh(z) con m > 1

si ha h(z0) = am �= 0 cioe esiste un intorno di z0 in cui e h �= 0 e quindi si puo scrivere

h(z) = eg(z) =(eg(z)/m

)m

da cuif(z) − w0 =

[(z − z0)eg(z)/m

]m

La funzione p(z) = (z − z0)eg(z)/m (esistono m determinazioni di p che dipendono dal-l’argomento assegnato a g = log h) e tale che p(z0) = 0, p′(z0) = eg/m �= 0 e quindiper un intorno appropriato |p| < r esiste un intorno di z0 tale che c’e corrispondenzabiunivoca tra p(z) e z in tali intorni. Ma i p tali che pm + w0 = w = f(z) sono m (leradici m-esime di w − w0) e per ognuna di esse esiste uno z in un intorno di z0 tale che|p(z)| < r.

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1 Introduzione all’analisi complessa

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2 Funzioni armoniche e problemi dipotenziale

Se f = u + iv e una funzione analitica nell’aperto A allora le due funzioni u e v sonofunzioni armoniche in A, ovvero vale

∇2u(x, y) =(

∂2

∂x2+

∂2

∂y2

)u(x, y) = 0 e ∇2v(x, y) =

(∂2

∂x2+

∂2

∂y2

)v(x, y) = 0

Questo risultato puo essere ottenuto immediatamente derivando le condizioni (1.2) diCauchy–Riemann (dato che, come visto, l’analiticita di f ci assicura la possibilita dieseguire derivazioni successive). Viceversa, se A e aperto semplicemente connesso eu(x, y) e armonica in A, allora esiste v(x, y) armonica (detta armonica coniugata) taleche f(z) = u+iv e analitica in A; a tale scopo basta imporre alla funzione v di soddisfarealle condizioni (1.2) di Cauchy–Riemann, le quali la determinano univocamente a menodi una costante additiva.Se A non e semplicemente connesso l’armonica coniugata puo esistere solo localmente.

Lemma 2.1. Se f = u + iv e una funzione analitica, le curve su cui u e costante sonoperpendicolari alle curve su cui v e costante.

Dimostrazione . Presa una curva u =cost il vettore ∇u = (ux, uy) e ortogonale allacurva e analogamente ∇v e ortogonale alla curva v =cost. Ci basta allora mostrarel’ortogonalita dei gradienti, si ha

∇u · ∇v = uxvx + uyvy = 0

per le condizioni (1.2) di Cauchy–Riemann.

Questo significa che se u =cost sono le equipotenziali di un campo di forza, le v =costsono le linee di forza. Ad esempio, se f = ln r + iθ, le circonferenze di raggio r (per cuiln r =cost) sono le equipotenziali del campo di una carica puntiforme in un piano (di unfilo nello spazio), le linee di forza sono allora quelle per θ =cost.Cercare di risolvere un problema di potenziale in una regione con una data condizioneal contorno equivale a cercare quella funzione analitica f la cui parte reale ha il valoredato al contorno.Consideriamo, ad esempio, il seguente problema

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2 Funzioni armoniche e problemi di potenziale

u = b u = a

∇2u(x, y) = 0

O

con u limitata1 Notando che arg z e costante su una semiretta che parte dall’origine, siha che

u = a +b − a

πarg z

e la soluzione. Se invece fosse

u = a u = bu = c

∇2u(x, y) = 0

x1 x2

con u limitata, la soluzione sarebbe

u = c1 arg(z − x1) + c2 arg(z − x2) + c3

con ci determinati dalle condizioni al contorno.

2.1 Trasformazioni conformi, trasformazioni bilineari

In generale, dato ∇2u in A e u = a(x, y) su ∂A, la geometria di A non e cosı sempliceda permettere di trovare a vista la funzione analitica la cui parte reale ha il valore alcontorno giusto. Si puo cercare allora una trasformazione di variabile ξ(x, y), η(x, y) chein modo univoco trasformi A in un’altra regione B.In generale, se ϕ(ξ, η) = u(x(ξ, η), y(ξ, η)) (e u(x, y) = ϕ(ξ(x, y), η(x, y))), l’equazioneper ottenere ϕ si ricava da ∇2u = 0 scrivendo

∂2ϕ

∂ξ2|∇ξ|2 +

∂2ϕ

∂η2|∇η|2 + 2

∂2ϕ

∂ξ∂η(∇ξ · ∇η) +

∂ϕ

∂ξ∇2ξ +

∂ϕ

∂η∇2η = 0 (2.1)

Se f(z) = ξ + iη e una funzione analitica, ∇2ξ = ∇2η = 0, ∇ξ ·∇η = 0 (per le condizioni(1.2) di Cauchy–Riemann), |∇ξ|2 = |∇η|2 = |f ′(z)|2 (sempre per le condizioni (1.2) di

1La condizione di limitatezza e necessaria per l’unicita della soluzione; senza tale condizione ad unasoluzione si puo sempre aggiungere una soluzione di ∇2u = 0 con u = 0 per y = 0 (per esempio y,xy).

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2.1 Trasformazioni conformi, trasformazioni bilineari

Cauchy–Riemann); quindi la (2.1) diventa

∣∣f ′(z)∣∣2(∂2ϕ

∂ξ2+

∂2ϕ

∂η2

)= 0

Ricordando che la condizione di invertibilita implica f ′ �= 0 ne segue che ϕ e una funzionearmonica. Su ∂A deve essere inoltre verificata la condizione u(x, y) = a(x, y) e quindiper ϕ deve valere su ∂B

ϕ(ξ, η) = a(x(ξ, η), y(ξ, η)

)Se invece il problema avesse come condizione al contorno ∂u/∂n = a, allora per ϕ dovraessere

∂ϕ

∂nw(ξ, η) = a

(x(ξ, η), y(ξ, η)

) ∣∣∣∣ dz

dw

∣∣∣∣dove con w si e indicata la variabile complessa nel piano trasformato.Le trasformazioni biunivoche da A a B realizzate con ξ ed η tali che f(z) = ξ + iηsia una funzione analitica si chiamano trasformazioni conformi . La ragione di talenome sta nel fatto che se due curve si incontrano in z formando un angolo α, le curvetrasformate si incontrano in w(z) formando lo stesso angolo. Per vederlo osservo che, seγ(t) =

(x(t), y(t)

)e una certa curva, la direzione della tangente in z a tale curva e quella

di (x, y). Se γ′(t) =(ξ(x(t), y(t)), η(x(t), y(t))

)e la curva trasformata la direzione della

tangente a γ′ in w(z) e quella di(ξ, η

)= (ξxx + ξyy, ηxx + ηyy)

usando le condizioni (1.2) di Cauchy–Riemann(ξ, η

)= (ξxx − ηxy, ηxx − ξxx)

= (ξx + iηx)(x + iy) = f ′(z)(x, y)

ovvero la tangente a γ′ e quella in γ ruotata di un angolo uguale a arg f ′(z) che nondipende dalla curva; per cui due curve γ1 e γ2 che si incrociano in z sono ruotate dellostesso angolo e sono cosı trasformate in due curve γ′

1 e γ′2 che in w(z) formano lo stesso

angolo che γ1 e γ2 formavano in z.Una famiglia di trasformazioni conformi e data dalle trasformazioni bilineari :

w(z) =az + b

cz + dcon ad − bc �= 0

Questa e una trasformazione del piano esteso in se. Per w ∈ C si puo risolvere per z (ez(w) e bilineare in w), il punto w = ∞ e l’immagine del punto z per cui, se c �= 0, siannulla il denominatore o, se c = 0, e l’immagine di z = ∞. La trasformazione w(z) eanalitica in z fatta eccezione per i punti che annullano il denominatore e

dw

dz=

ad − bc

(cz + d)2�= 0

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2 Funzioni armoniche e problemi di potenziale

fatta ancora eccezione per gli z che annullano il denominatore.Le trasformazioni bilineari sono composizione di trasformazioni lineari e dell’inversionew = 1/z; infatti, se c = 0 la trasformazione e lineare, mentre se c �= 0 e

w =a

c

z + b/a

z + d/c

momentaneamente sia a �= 0

w =a

c

z + d/c + (b/a − d/c)z + d/c

=a

c+

a

c

bc − ad

ac

1z + d/c

=a

c+

bc−adc

cz + d

che e valida anche per a = 0. Si ha allora che w e la composizione di

z −→ z′ = cz + d −→ z′′ =1z′

−→ w = pz′′ + q

Si deduce allora che ogni proprieta valida per le trasformazioni lineari e per l’inversionee valida anche per le trasformazioni bilineari. In particolare:

Lemma 2.2. Le trasformazioni bilineari mandano l’insieme delle rette e dei cerchi delpiano complesso in se stesso.

Dimostrazione . Si puo pensare alle rette come cerchi di raggio infinito o, riferendocialla sfera di Riemann, come cerchi per il punto all’infinito. L’equazione piu generale perun cerchio o retta e

pzz + qz + qz + r = 0 con p, r ∈ R, e |q|2 > rp

infatti per p = 0 e evidentemente una retta, mentre per p �= 0 con un po’ di conti ottengo∣∣∣∣z +q

p

∣∣∣∣2 =|q|2p2

− r

p

che e evidentemente un cerchio di centro z0 = −q/p e raggio dato da R2 = (|q|2−rp)/p2.E allora chiaro che l’applicazione lineare w = az + b trasforma l’ultima equazione in

|w − (az0 + b)|2 = |a|2R2

quanto all’inversione w = 1/z l’equazione in w diventa

p

|w|2 +q

w+

q

w+ r = 0 cioe r|w|2 + qw + qw + p = 0

che e della forma da cui siamo partiti.

44

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2.1 Trasformazioni conformi, trasformazioni bilineari

Osservazione: Se e r = 0, nel piano w la figura di arrivo e una retta; r = 0, d’altra parte,significa che z = 0 appartiene alla curva di equazione p|z|2 + qz + qz = 0, e z = 0 e ilpunto che sotto l’inversione va all’infinito. Questo e il criterio che distingue se la curvadi arrivo e un cerchio o una retta: se il punto che va all’infinito (quello che annulla ildenominatore) appartiene alla figura di partenza, la figura di arrivo passa per il puntoall’infinito e quindi e una retta, altrimenti e un cerchio.In una trasformazione bilineare sono importanti solo i rapporti tra le costanti a, b, c, d,infatti se si moltiplicano numeratore e denominatore per una costante la trasformazionenon cambia. In effetti la trasformazione e fissata se si richiede per tre punti

z1 −→ w1, z2 −→ w2, z3 −→ w3

Basta infatti osservare che l’inversa di una trasformazione bilineare e ancora bilinearee che il prodotto di trasformazioni bilineari e anch’essa bilineare. Se a w si associa lamatrice dei coefficienti

w �(

a bc d

)la trasformazione prodotto ha come matrice associata il prodotto delle matrici e latrasformazione inversa la matrice inversa (a meno di un fattore che moltiplica numeratoree denominatore). Ora se t(z) e la trasformazione che manda

z1 −→ 0, z2 −→ 1, z3 −→ ∞e t(w) quella che manda

w1 −→ 0, w2 −→ 1, w3 −→ ∞allora w(t(z)) manda

z1 −→ w1, z2 −→ w2, z3 −→ w3

La trasformazione t(z) e data da

t(z) =z − z1

z − z3

z1 − z3

z2 − z1

e analogamente per t(w), quindi w(t(z)) e data implicitamente da

z − z1

z − z3

z1 − z3

z2 − z1=

w − w1

w − w3

w1 − w3

w2 − w1

Per determinare la trasformazione che manda una certa curva (cerchio o retta) in un’altrae utile una proprieta valida per le trasformazioni lineari e per l’inversione che si esprimein termini di punti simmetrici , che sono definiti come segue:

(i) I punti z1 e z2 sono simmetrici rispetto ad un cerchio di centro z0 e raggio R se

(z1 − z0)(z2 − z0) = R2 e arg(z1 − z0) − arg(z2 − z0) = arg R2 = 0

(la seconda relazione significa che i punti z0, z1, z2 sono allineati).

45

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2 Funzioni armoniche e problemi di potenziale

(ii) I punti z1 e z2 sono simmetrici rispetto ad una retta se tale retta e l’asse delsegmento che li unisce. L’espressione algebrica di tale proprieta puo essere trovatanotando che se la retta e l’asse reale due punti sono simmetrici se sono coniugati,e che una generica retta del piano complesso puo ottenersi ruotando l’asse realeattorno all’origine e traslandolo lungo l’asse immaginario:

�e z

�m z

α

z1

z2

b

Quindi z1 e z2 sono simmetrici rispetto alla retta (z − b)e−iα se

(z1 − b)e−iα − (z2 − b)eiα = 0

La proprieta anticipata, di cui omettiamo la facile dimostrazione, e la seguente

Lemma 2.3. Le trasformazioni bilineari mandano punti simmetrici in punti simmetrici.

Osservazione: Se la trasformazione ha un denominatore che si annulla per uno z (cioenon e lineare), abbiamo che un certo z1 viene mandato all’infinito. Dato un cerchio, sez1 e sul cerchio il suo simmetrico e z1 stesso e quindi il cerchio viene mandato in unaretta; se z1 non e sul cerchio, avra un simmetrico z2, e il cerchio e trasformato in unaltro cerchio. Analogamente se si ragiona con una retta. Si ha inoltre che il centro delcerchio e z = ∞ sono simmetrici nel senso che i loro trasformati sono simmetrici rispettoalla figura di arrivo, o provengono da punti che sono simmetrici rispetto alla figura dipartenza.

Esempio: trasformiamo |z| = R in se in modo tale che il punto z0 interno al cerchiovenga mandato in w(z0) = 0. L’equazione del cerchio puo scriversi come zz = R2, ilsimmetrico di z0 e

zs0 =

R2

z0

Dato che z0 → 0 dovra essere zs0 → ∞ e quindi

w(z) = αz − z0

z − R2

z0

46

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2.1 Trasformazioni conformi, trasformazioni bilineari

con α che deve essere scelto in modo da soddisfare |w| = R; scrivendo z = Reiθ deveessere

∣∣∣∣∣α Reiθ − z0

Reiθ − R2

z0

∣∣∣∣∣ =∣∣∣∣αz0

R

Reiθ − z0

z0eiθ − R

∣∣∣∣ =∣∣∣∣αz0

R

Reiθ − z0

z0 − Re−iθ

∣∣∣∣ =∣∣∣∣αz0

R

∣∣∣∣ = R

cioe α = R2/z0 (a meno di un fattore di fase) e quindi

w(z) =R2

z0

z − z0

z − R2

z0

Si puo usare questa trasformazione per ritrovare la formula di Poisson. Basta ricordareche il valore di una funzione armonica in un cerchio e la media dei valori sulla circonfe-renza. Se

�e z

�m z

∇2u(x, y) = 0

u(x, y) = f(θ)

z0

�e w

�m w

∇2ϕ(ξ, η) = 0

ϕ(ξ, η) = g(θw)

O

w(z)

si ha

u(x0, y0) = ϕ(ξ(x0, y0), η(x0, y0)

)= ϕ(0) =

12π

∫ 2π

0g(θw)dθw

Se esprimiamo θw in termini di θ, g(θw(θ)) diventa f(θ) e si puo calcolare u(x0, y0).Notiamo che, essendo w = Reiθw , z = Reiθ e z0 = reiϕ e

dw

w= idθw =

dz

z − z0− dz

z − R2

z0

= idθReiθ

(1

Reiθ − reiϕ− 1

Reiθ − R2

r eiϕ

)

47

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2 Funzioni armoniche e problemi di potenziale

e quindi

dθw

dθ=

Reiθ(reiϕ − R2

r eiϕ)

R (Reiθ − reiϕ)(eiθ − R2

r eiϕ)

=eiϕ(r2 − R2)eiθ

(Reiθ − reiϕ) (reiθ − Reiϕ)

=R2 − r2)

(Reiθ − reiϕ) (Re−iθ − re−iϕ)

=R2 − r2

R2 + r2 − 2rR cos(θ − ϕ)

in conclusione si ottiene la formula di Poisson

u(r, ϕ) =R2 − r2

∫ 2π

0

f(θ)dθ

R2 + r2 − 2rR cos(θ − ϕ)

che risolve il problema di Laplace con condizioni ai limiti sulla circonferenza.

2.2 La funzione di Green ed il suo uso per la soluzione diproblemi omogenei e non

Partiamo ricordando un risultato noto, siano A ⊂ R3 un aperto e a, b ∈ C2(A) ∩ C1(A),dalla relazione

a∇2b − b∇2a = ∇ · (a∇b − b∇a)

integrando ed usando il teorema di Gauss si trova la formula di Green∫A(a∇2b − b∇2a)dV =

∫∂A

(a

∂b

∂n− b

∂a

∂n

)dS (2.2)

Se u ∈ C2(A) ∩ C1(A) possiamo adoperare la formula di Green per u; sia r0 ∈ A, detto

G0 =1

|r − r0|il potenziale della carica puntiforme si ha che G0 e singolare in r0, consideriamo allorauna sfera Sε di raggio ε e centro r0 e poniamo Aε = A � Sε:

r0

∂A∂Sε

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2.2 La funzione di Green ed il suo uso per la soluzione di problemi omogenei e non

Usando la formula (2.2) di Green, poiche in Aε si ha ∇2G0 = 0, si trova∫Aε

G0∇2u dV =∫

∂A

(G0

∂u

∂n− u

∂G0

∂n

)dS +

∫∂Sε

(G0

∂u

∂n− u

∂G0

∂n

)dS

facendo tendere ε → 0 si ha:

(i) al primo membro, poiche e |∇2u| < M e G0 ∈ L1(A), per il teorema dellaconvergenza dominata di Lebesgue si ha∫

G0∇2u dV =∫

AχAεG0∇2u dV −→

∫A

G0∇2u dV

dove χAε e la funzione caratteristica che vale 1 su Aε ed e nulla altrove;

(ii) al secondo membro, posto ρ = |r − r0| si ha G0 = 1/ρ e dS = ρ2dΩ, con ρ = ε su∂Sε, per cui ∫

∂Sε

G0∂u

∂ndS = ε

∫∂u

∂n(ε, Ω)dΩ −→ 0

e inoltre, essendo ∂/∂n = −∂/∂ρ, cioe ∂G0/∂n = 1/ρ2, si ha che∫∂Sε

u∂G0

∂ndS =

∫u(ε, Ω)dΩ = 4πu(ε, Ω) −→ u(r0)

In conclusione otteniamo

u(r0) =14π

∫∂A

(G0

∂u

∂n− u

∂G0

∂n

)dS − 1

∫A

G0∇2u dV (2.3)

In due dimensioni si ottiene lo stesso risultato con

G0 = −2 ln |r − r0|In un problema di potenziale tipicamente al contorno e assegnata la u o la ∂u/∂n, mentrenella (2.3) compaiono entrambe. Non e quindi possibile usare direttamente la (2.3) peresprimere la soluzione di un problema.Quando la funzione u e armonica, ossia quando ∇2u = 0, la (2.3) diventa

u(r0) =14π

∫∂A

(G0

∂u

∂n− u

∂G0

∂n

)dS

Da quest’ultima si possono ottenere le seguenti interessanti informazioni sulle funzioniarmoniche.

Teorema 2.4 (della media). Se r0 ∈ A e SR e una sfera di centro r0 e raggio Rinteramente contenuta in A, allora

u(r0) =14π

∫∂SR

u(r0 + Rn)dΩ

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2 Funzioni armoniche e problemi di potenziale

Dimostrazione . Su SR, poiche ∇2u = 0 si ha

G0 =1R

∫∂SR

∂u

∂ndS =

∫∂SR

∇u · ndS =∫

SR

∇2u dV = 0

Inoltre su ∂SR e ∂G0/∂n = ∂/∂ρ(1/ρ), si ha allora

u(r0) =14π

∫∂SR

u1ρ2

∣∣∣∣ρ=R

R2dΩ =14π

∫∂SR

u dΩ

Teorema 2.5 (Principio del massimo e del minimo per funzioni armoniche).Una funzione armonica non puo avere massimi o minimi all’interno del dominio diarmonicita.

Dimostrazione . Se non fosse cosı si entrerebbe in contrasto con il teorema 2.4 dellamedia se si pensa ad una superficie sferica di centro nel presunto massimo rmax e passanteper un punto in cui u < u(rmax). Analogamente per il minimo.

Osservazione: Immediate conseguenze del principio 2.5 del massimo e del minimo perfunzioni armoniche sono le seguenti:

(i) Se A e connesso e u armonica in A ha massimo interno ad A allora u e costante.

(ii) Se a, b sono armoniche in A, continue in A e a − b � 0 su ∂A allora a − b � 0 sututto A.

(iii) Se u e armonica in A e |u| � M su ∂A allora |u| � M su tutto A (in particolare|u| � max∂A |u|).

Teorema 2.6 (del prolungamento armonico). Sia I un intorno dello zero, se u earmonica in I �{0} e ru → 0 per r → 02, allora esiste una funzione v armonica in tuttoI tale che sia u = v in I � {0}.Dimostrazione . Sia r0 ∈ I � {0}. Esistono ε, R > 0, con ε < |r0| < R, tali che la sferaSR di raggio R e centro in zero sia in I. Dalla (2.3) (ricordando che ∇2u = 0) si ha che

4π u(r0) =∫

∂SR

(G0

∂u

∂n− u

∂G0

∂n

)dS +

∫∂Sε

(G0

∂u

∂n− u

∂G0

∂n

)dS

2Questo e l’enunciato in tre dimensioni; in due dimensioni basta che sia u limitata in I; piu in generale,detto Vp(r) il potenziale della carica puntiforme deve essere

limr→0

u(r)

Vp(r)= 0

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2.2 La funzione di Green ed il suo uso per la soluzione di problemi omogenei e non

La funzione di r0 definita dal primo integrale e armonica in tutto I, perche r ∈ SR.Mandando ε → 0 il termine∫

∂Sε

u∂G0

∂ndS =

∫u

∂n

(1

|r − εn|)

ε2dΩ −→ 0

perche ε2u → 0, dato che per ipotesi εu → 0, e ∂/∂n(1/|r − εn|) e limitato. D’altraparte il termine ∫

∂Sε

G0∂u

∂ndS =

∫1

|r − εn|∂u

∂nε2dΩ

e per il teorema 2.4 della media∫1

|r − εn|∂u

∂nε2dΩ =

4πε2

|r − ε[n]|∂u

∂n(ε, [n]) −→ C

|r0|con C costante. Quindi

4π |r0| u(r0) = |r0|∫

∂SR

(G0

∂u

∂n− u

∂G0

∂n

)dS + A

Per r0 → 0, al secondo membro il primo termine tende a zero, e poiche per ipotesiru(r) → 0 si trova anche C = 0. In conclusione

u(r0) =14π

∫∂SR

(G0

∂u

∂n− u

∂G0

∂n

)dS

e il secondo membro e armonico anche il zero.Analogamente si procede in due dimensioni.

Affrontiamo un problema di Dirichlet : abbiamo ∇2u = f in A e u = g su ∂A. Comegia anticipato la relazione (2.3) l’incognita ∂u/∂n su ∂A, quindi non puo essere usata perla risoluzione diretta del problema. Notiamo che la (2.3) continua a valere se sostituiamo

G0(r) −→ G(r0, r) = G0 + h(r0, r)

con h armonica in A. Infatti, per ricavare la (2.3) si e usato il fatto che per r �= r0 era∇2G0 = 0 e che G0 e L1 in un intorno di r0, cose che restano valide anche per G. Alloraper un problema di Dirichlet si puo scrivere

u(r0) =14π

∫∂A

(G

∂u

∂n− u

∂G

∂n

)dS − 1

∫A

G∇2u dV

=14π

∫∂A

(G

∂u

∂n− g

∂G

∂n

)dS − 1

∫A

Gf dV

Se la h e scelta in modo tale che per r ∈ ∂A sia G = 0, cioe in modo tale che

h(r0, r) +1

|r − r0| = 0 per r ∈ ∂A

51

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2 Funzioni armoniche e problemi di potenziale

la u(r0) resta espressa in termini di quantita note:

u(r0) = − 14π

∫∂A

g∂G

∂ndS − 1

∫A

Gf dV

La funzione G = G0 + h, con ∇2h = 0 in A e h + G0 = 0 su ∂A, e detta funzione diGreen della regione A.Prima di discutere il significato fisico di G dimostriamo il seguente

Lemma 2.7. La funzione di Green, G(r0, r), e simmetrica nei due argomenti.

Dimostrazione . Siano x,y ∈ A, considero

x

y

∂A

∂Sε(x)

∂Sε(y)

Per z ∈ Aε le funzioni G(x, z), G(y, z) sono armoniche. La formula (2.2) di Green implica∫∂Aε

[G(x, z)

∂G

∂n(y, z) − G(y, z)

∂G

∂n(x, z)

]dS = 0

la frontiera di Aε e fatta da ∂A, dove G(x, z) = G(y, z) = 0, e da ∂Sε(x) e ∂Sε(x),quindi

0 =∫

∂Sε(x)

[G(x, z)

∂G

∂n(y, z) − G(y, z)

∂G

∂n(x, z)

]dS+

+∫

∂Sε(y)

[G(x, z)

∂G

∂n(y, z) − G(y, z)

∂G

∂n(x, z)

]dS

Mandando ε → 0, su ∂Sε(x) la G(x, z) diverge come 1/ε, mentre dS va come ε2, quindiil limite e zero. D’altra parte

∂nG(x, z) = − ∂

∂n

(1ρ

) ∣∣∣∣ρ=ε

+∂

∂nh(x, z) (2.4)

il contributo di ∂h/∂n in (2.4) e limitato perche h e armonica, infatti∫∂Sε(x)

G(y, z)∂h

∂n(x,y) =

∫G(y,x + εn)

∂h

∂n(x,y)ε2dΩ −→ 0

perche anche G(y,x + εn) e limitata. Invece il primo termine della (2.4), per il teorema2.4 della media, diventa

−∫

∂Sε(x)G(y, z)

1ε2

ε2dΩ = −4πG(y,x + εn) −→ −4πG(y,x)

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2.2 La funzione di Green ed il suo uso per la soluzione di problemi omogenei e non

Discorso analogo per l’integrale su ∂Sε(y), per cui si trova

G(x,y) = G(y,x)

e il teorema e dimostrato.

Quindi G(r0, r), che nasce come potenziale in r quando una carica unitaria e in r0

con condizione al contorno G = 0, e anche il potenziale in r0 generato da una caricapuntiforme in r (che tende a zero quando r0 si avvicina alla frontiera).La soluzione dell’equazione di Poisson ∇2u = −4πρ con u = 0 al contorno, che e

u(r0) =∫

AG(r0, r)ρ(r)dV

e allora interpretabile come la somma dei contributi al potenziale delle cariche ρ(r)dV ,e poiche la condizione al contorno e omogenea, se G(r0, r)ρ(r)dV = 0 al contorno anchela somma (integrale) e nulla al contorno.

Lemma 2.8. La funzione di Green soddisfa queste tre condizioni:

(a) e armonica in A � {r0}∇2G(r0, r) = 0 per r �= r0

(b) l’andamento in r0 e tale che

limr→r0

G(r0, r)G0(r0, r)

= 1

(c) ed e nulla al contorno:G(r0, r) = 0 su ∂A

e queste tre condizioni definiscono univocamente una funzione G come funzione di Green.

Dimostrazione . Infatti la (a) dice che il potenziale di una distribuzione di carica e nonnullo solo in r0, (c) dice che si annulla al contorno e (b) precisa che la distribuzionee quella di una carica puntiforme (e non ad esempio di un dipolo, che in r0 e piusingolare).

Consideriamo ora un problema di Neumann (che assegna sul bordo il valore di∂u/∂n): si potrebbe pensare di partire da

u(r0) =14π

∫∂A

(G

∂u

∂n− u

∂G

∂n

)dS − 1

∫A

G∇2u dV

con G = G0 + h, h armonica tale per cui ∂G∂n = 0 su ∂A, in modo da eliminareil termine incognito dipendente dal valore di u su ∂A. Ma cio e impossibile. Infatti,integrando ∂G/∂n sulla frontiera si ha

0 =∫

∂A

∂G

∂ndS =

∫∂A

∂G0

∂ndS +

∫∂A

∂h

∂ndS

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2 Funzioni armoniche e problemi di potenziale

per il teorema di Gauss (il flusso del campo attraverso ∂A e uguale alla carica contenutain A) che il primo termine e uguale a −4π, mentre il secondo e 0. Si ha quindi unassurdo.Possiamo pero richiedere che ∂G/∂n sia uguale ad una appropriata costante su ∂A, cosıfacendo infatti risulta ∫

∂Au

∂G

∂ndS = cost

e il problema di Neumann e definito a meno di una costante. La costante appropriata eindividuata dall’equazione∫

∂A

∂G

∂ndS = K μ(∂A) =

∫∂A

(∂G0

∂n+

∂h

∂n

)dS = −4π

dove μ(∂A) rappresenta la misura della frontiera, cioe

K = − 4π

μ(∂A)

Funzione di Green per una sfera e per una circonferenza di raggio R: usiamo il metododelle immagini, sfruttando la seguente costruzione

O

M

P

Q

dove Q (allineato con P e O) e tale che

OP · OQ = R2

Per un generico punto M sulla sfera si ha che

OP

OM=

OM

OQ

questo implica che i triangoli OPM e OQM sono simili. Allora e anche

OP

OM=

OM

OQ=

PM

MQ

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2.2 La funzione di Green ed il suo uso per la soluzione di problemi omogenei e non

cioe1

PM=

1QM

OM

OP

Per il problema tridimensionale della sfera questo ci dice che, se r ≡ M ed in r0 ≡ P epresente una carica unitaria, la funzione

1|r − r0| −

R

r0

1|r − rQ

e armonica in tutta la sfera a parte il punto r0 ed obbedisce alle condizioni (a), (b), (c),richieste per la funzione di Green. Poiche e

rQ =(

R

r0

)2

r0

la funzione di Green vale

G(r0, r) =1

|r − r0| −R

r0

1|r − r0(R/r0)2

Per il problema bidimensionale della circonferenza, prendendo G0 = −2 ln |r − r0| si ha

G(r0, r) = −2 ln(

R

r0

|r − r0||r − r0(R/r0)2|

)Nei problemi a due dimensioni la funzione di Green si puo trovare se si sa trasformarein modo conforme la regione considerata in un’altra in cui la funzione di Green e gianota. Infatti si e visto che se ξ(x, y) e η(x, y) sono tali che w(z) = ξ + iη e analitica e seϕ(ξ, η) = u(x(ξ, η), y(ξ, η)) si trova che

∇2zu(x, y) = ∇2

wϕ(ξ, η) |∇ξ|2 (2.5)

in cui, tenendo conto delle condizioni (1.2) di Cauchy–Riemann, si ha

|∇ξ|2 = Jw(z) =∣∣∣∣ξx ξy

ηx ηy

∣∣∣∣Se integro in una certa regione Sz il primo ed il secondo membro di (2.5) si trova∫

Sz

∇2zu dxdy = −4πQSz =

∫Sz

∇2wϕ Jw(z) dxdy

passando alle variabili ξ, η nel secondo integrale, detta Sw la regione trasformata, si ha

−4πQSz =∫

Sw

∇2wϕ Jw(z) Jz(w) dξdη =

∫Sw

∇2wϕ dξdη

dato che i due jacobiani sono uno l’inverso dell’altro, da cui

QSz = QSw

cioe il potenziale ϕ proviene da una distribuzione di carica tale che la regione trasformataSw contiene la stessa della regione di partenza Sz.In particolare, se consideriamo la funzione di Green u(x, y) = G(z0, z) (potenziale dicarica unitaria in z0 e nulla altrove), si ha il seguente

55

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2 Funzioni armoniche e problemi di potenziale

Lemma 2.9. Se GA(z0, z) e la funzione di Green di una certa regione A del piano z ew(z) trasforma in modo conforme A in B, allora la funzione di Green della regione B edata da

GB(w0, w) = GA(z(w0), z(w))

Dimostrazione . Sono infatti soddisfatte le tre condizioni del lemma 2.8:

(a) GB e il potenziale di una carica unitaria in w0 = w(z0) e nulla altrove;

(b) nell’intorno di w0 = w(z0) e

w(z)−w0 = (z− z0) [a + (z − z0) + ...] = (z− z0)g(z) con g(z0) = a =dw

dz(z0) �= 0

dato che la trasformazione e invertibile, per cui

− GB(w0, w)2 ln |w − w0| = − GA(z0, z)

2 ln |z − z0| − 2 ln |g(z)|= − GA(z0, z)

2 ln |z − z0|1

1 − g(z)/(2 ln |z − z0|) −→ 1

(c) ed infine, se GA si annulla per z → ∂A, allora anche GB si annulla per w → ∂B,dato che w → ∂B ⇐⇒ z → ∂A.

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

Consideriamo un circuito RL, detta V (t) la tensione prodotta dal generatore, l’equazionedel circuito e

Ldi

dt+ Ri = V (t)

La soluzione e data da

i(t) = i0e−RL

t +∫ t

ae−

RL

(t−x)V (x)dx (3.1)

Supponiamo che V sia nulla prima di un certo istante t0:

V (t) = V (t)θ(t − t0)

In questo caso si puo porre a = −∞ e la (3.1) diventa

i(t) = i0e−RL

t +∫ t

−∞e−

RL

(t−x)V (x)θ(x − t0)dx (3.2)

Cerco quella soluzione iV che e nulla per t < t0, cioe quella soluzione che e dovutaunicamente alla presenza di V (t). Per t < t0 il secondo termine della (3.2) e nullo perchee θ(x − t0) = 0, allora, affinche i sia nulla, deve essere i0 = 0. La soluzione cercata equindi

iV (t) =∫ t

−∞e−

RL

(t−x)V (x)dx =∫ ∞

−∞e−

RL

(t−x)θ(t − x)V (x)dx

La relazione trovata tra iV e V e evidentemente lineare: se si pone iV = L(V ) e

L(V1 + V2) = L(V1) + L(V2) e L(αV ) = αL(V )

Il sistema e inoltre invariante per traslazioni temporali, il che significa che

i(t) = L[V (t)] =⇒ L[V (t − T )] = i(t − T )

57

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

Naturalmente la linearita e l’indipendenza dal tempo del sistema sono una conseguenzadella linearita dell’equazione e del fatto che i coefficienti dell’equazione sono indipendentidal tempo.In generale, si dice sistema lineare e indipendente dal tempo ogni sistema per cuitra l’ingresso f(t) e l’uscita g(t) = L[f(t)] valgono le relazioni

(i) L(f1 + f2) = L(f1) + L(f2);

(ii) L(αf) = αL(f);

(iii) L[f(t − T )] = L[f(t)](t − T ).

E un fatto generale che

Lemma 3.1. Per un sistema lineare e indipendente dal tempo, la relazione tra uscita ged ingresso f e data da

g(t) =∫

G(t − x)f(x)dx (3.3)

dove la G si chiama funzione di Green del sistema.

Dimostrazione . La piu generale dipendenza lineare fra g ed f e rappresentabile come

g(t) =∫

G(t, x)f(x)dx

l’indipendenza dal tempo significa che se gT (t) e la risposta a f(t − T ), deve esseregT (t) = g(t − T ), cioe posto z = x − T

gT (t) =∫

G(t, x)f(x − T )dx =∫

G(t, z + T )f(z)dz = g(t − T ) =∫

G(t − T, x)f(x)dx

e, poiche questa relazione deve valere per ogni f , deve essere

G(t, x + T ) = G(t − T, x)

ovvero, posto y = t − TG(y, x) = G(y + T, x + T ) (3.4)

Ogni funzione di x, y puo essere pensata anche come una funzione G di d = y − x es = y + x, la (3.4) dice allora

G(d, s) = G(d, s + 2T )

e poiche T e qualunque si ha che G non dipende da s, ma solo da d.

Osservazione: Vedremo meglio nel seguito che l’integrale nella (3.3) si deve intenderecome qualcosa di piu generale, come l’effetto di una distribuzione su f (convoluzione).Per esempio, se il sistema e tale che g = L(f) = f si ha G(t − x) = δ(t − x). Sempreoperando con la δ di Dirac, si vede che se f(t) = δ(t) allora g(t) = G(t), ovvero lafunzione di Green e la risposta alla δ di Dirac. La situazione e, sotto questo punto divista, simile a quella che si e incontrata nei problemi di potenziale dove la G(r0, r) e ilpotenziale per la distribuzione di carica ρ(r) = δ(r − r0).

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3.1 Funzione di Green per problemi lineari

Si e incontrato un caso di relazione g = L(f) con L lineare e indipendente dal tempoquando, risolvendo il problema⎧⎪⎪⎪⎨⎪⎪⎪⎩

�u(x, t) = F (x, t)

u(x, 0) = 0,∂u

∂t(x, 0) = 0

u(0, t) = 0, u(L, t) = 0

separando le variabili u(x, t) =∑

Xn(x)Tn(t), ci siamo trovati a risolvere l’equazione

T ′′(t) + ω2T (t) = a(t) con T (0) = T ′(0) = 0 (3.5)

dove a(t) e il coefficiente di Fourier della forza esterna F (x, t). La soluzione era

T (t) =∫ t

0

sinω(t − τ)ω

a(τ)dτ

Dato che la forza esterna agisce a partire da t = 0, e a(t) = 0 per t < 0 e quindi

T (t) =∫ ∞

−∞sin ω(t − τ)

ωθ(t − τ)a(τ)dτ

la funzione di Green vale allora

G(t − τ) =sin ω(t − τ)

ωθ(t − τ)

La dipendenza della funzione di Green da t− τ esprime l’indipendenza dal tempo, che edovuta al fatto che la (3.5) e un’equazione differenziale a coefficienti costanti.

3.1 Funzione di Green per problemi lineari

3.1.1 Funzione di Green per un problema con condizioni iniziali date

Se dobbiamo risolvere un problema con coefficienti non costanti e con condizioniiniziali omogenee

y′′(x) + a(t)y′(x) + b(t)y = f(x) con y(0) = y′(0) = 0 (3.6)

la funzione di Green G(x, z) tale che

y(x) =∫ x

0G(x, z)f(z)dz

non e piu funzione solo di x− z. Per esprimere la soluzione del problema cosı e comodomoltiplicare ambo i membri della (3.6) per M(x) = e

x a(z)dz; si trova un’equazione deltipo

Ly ≡ d

dx

[M(x)y′(x)

]+ P (x)y(x) = F (x) con y(0) = y′(0) = 0 (3.7)

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

Risolviamo la (3.7) col metodo della variazione delle costanti. Consideriamo le soluzioniu, v dei problemi omogenei⎧⎪⎨⎪⎩

Lu = 0u(0) = 0u′(0) = 1

e

⎧⎪⎨⎪⎩Lv = 0v(0) = 1v′(0) = 0

Tali soluzioni sono evidentemente linearmente indipendenti. Notiamo che e

uLv − vLu = ud

dx(Mv′) − v

d

dx(Mu′) = 0 =

d

dx(uMv′ − vMu′)

da cuiuMv′ − vMu′ = −M(0) �= 0

dato che M > 0. Sia

y = au + bv =⇒ y′ = [a′u + b′v] + au′ + bv′

Imponendo a′u + b′v = 0 e sostituendo tale y nella (3.7) si trova

Ly =d

dx

[aMu′ + bMv′

]+ P (au + bv)

= a′Mu′ + b′Mv′ + aLu + bLv

= a′Mu′ + b′Mv′ = F

deve essere allora {a′u + b′v = 0a′Mu′ + b′Mv′ = F

Il determinante dei coefficienti vale∣∣∣∣ u vMu′ Mv′

∣∣∣∣ = uMv′ − vMu′ = −M(0)

per cui

a′ = − 1M(0)

∣∣∣∣0 vF Mv′

∣∣∣∣ =vF

M(0)e b′ = − 1

M(0)

∣∣∣∣ u 0Mu′ F

∣∣∣∣ = − uF

M(0)

Imponendo le condizioni iniziali si trova

y(0) = a(0)u(0) + b(0)v(0) = 0 =⇒ b(0) = 0y′(0) = a(0)u′(0) + b(0)v′(0) = 0 =⇒ a(0) = 0

e quindi

a(x) =∫ x

0

v(z)F (z)M(0)

dz e b(x) = −∫ x

0

u(z)F (z)M(0)

dz

60

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3.1 Funzione di Green per problemi lineari

Per la y si ha allora

y(x) =∫ x

0

u(x)v(z) − v(x)u(z)M(0)

F (z)dz

da cui si trova la funzione di Green

G(x, z) =u(x)v(z) − v(x)u(z)

M(0)(3.8)

Notiamo che evidentemente la G obbedisce alle equazione LxG(x, z) = 0 (e anche aLzG(x, z) = 0), e antisimmetrica, vale quindi G(x, x) = 0, mentre

∂G

∂x(z, z) =

u′(z)v(z) − v′(z)u(z)M(0)

=vMu′ − uMv′

M(0)1

M(z)=

1M(z)

e, per l’antisimmetria,∂G

∂z(x, x) = − 1

M(x)

Lemma 3.2. Le condizioni

(a) LxG(x, z) = 0

(b) G(x, x) = 0

(c) ∂∂x G(z, z) = 1

M(z)

determinano univocamente la funzione di Green.

Dimostrazione . Vediamo che se G soddisfa le (a), (b), (c) allora

y(x) =∫ x

0G(x, z)F (z)dz

e soluzione di (3.7). E evidentemente y(0) = 0, vale

y′(x) = G(x, x)F (x) +∫ x

0

∂G

∂x(x, z)F (z)dz =

∫ x

0

∂G

∂x(x, z)F (z)dz

che mostra y′(0) = 0, ed infine

Ly =d

dx(My′) + Py

= M(x)∂G

∂x(x, x)F (x) +

∫ x

0

d

dx

[M

∂G

∂x(x, z)

]F (z)dz +

∫ x

0P (x)G(x, z)F (z)dz

= F (x) +∫ x

0LxG(x, z)F (z)dz = F (x)

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

Se F (x) e estesa al valore nullo per x < 0, la soluzione di (3.7) diventa

y(x) =∫ +∞

−∞H(x, z)F (x, z)dz con H(x, z) = θ(x − z)G(x, z)

La H evidentemente obbedisce a LxH(x, z) = 0 per x ≷ z, ed e continua in x = z percheG(x, x) = 0. La sua derivata e pero discontinua in x = z ed ha discontinuita

∂H

∂x(z+, z) − ∂H

∂x(z−, z) =

∂G

∂x(z+, z) =

1M(z)

dato che H(x, z) = 0 per x < z. Quanto detto su H si riassume scrivendo

LxH(x, z) = δ(x − z) (3.9)

Notiamo che la derivata parziale di H compare in LxH nel termine ∂∂x

(M ∂H

∂x

), la di-

scontinuita della derivata parziale e allora tale che M ∂H∂x ha in x = z discontinuita 1.

La funzione di Green puo di fatto essere ricavata risolvendo la (3.9) con la condizioneche sia H(x, z) < θ(x − z) (cioe nulla per x < z). Infatti si tratta di risolvere⎧⎪⎪⎪⎨⎪⎪⎪⎩

LxH(x, z) = 0 per x > z

H(x, x) = 0∂H

∂x(z+, z) =

1M(z)

E chiaro che se si cerca la H per x > z come

H(x, z) = a(z)u(x) + b(z)v(x)

si trovano per a e b le condizioni⎧⎨⎩a(x)u(x) + b(x)v(x) = 0

a(x)u′(x) + b(x)v′(x) =1

M(x)

che risolte dannoa(x) =

v(x)M(0)

e b(x) = − u(x)M(0)

da cui, sostituendo in H per x > z, ricavo la (3.8).Osservazione: Si puo trovare direttamente la funzione di Green H(x, z) anche senzatrasformare la (3.6). Basta risolvere

∂2H

∂x2(x, z) + a(z)

∂H

∂x(x, z) + b(z)H(x, z) =

δ(x − z)M(z)

Infatti dalla (3.6), posto H1(x, z) = H(x, z)M(z), si vede che

y(x) =∫ +∞

−∞H1(x, z)f(z)dz =

∫ +∞

−∞

H1(x, z)M(z)

M(z)f(z)dz =∫ +∞

−∞H(x, z)F (z)dz

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3.1 Funzione di Green per problemi lineari

Se si risolve

∂2H1

∂x2(x, z) + a(z)

∂H1

∂x(x, z) + b(z)H1(x, z) = δ(x − z)

cercando la soluzione per x > z in termini di u e v (cioe H1(x, z) = a(z)u(x)+ b(z)v(x)),si trova, imponendo in x = z la continuita di H1 e la discontinuita 1 della derivata,

H1(x, z) =u(x)v(z) − v(x)u(z)v(z)u′(z) − v′(z)u(z)

= H(z)M(z)

dove, stavolta, il denominatore non e costante. E allora vero che

y(x) =∫ x

0

u(x)v(z) − v(x)u(z)v(z)u′(z) − v′(z)u(z)

f(z)dz

=∫ x

0

u(x)v(z) − v(x)u(z)M(z)

[v(z)u′(z) − v′(z)u(z)

] M(z)f(z)dz

=∫ x

0

u(x)v(z) − v(x)u(z)M(0)

F (z)dz

=∫ x

0H(x, z) F (z)dz

Se il problema ha condizioni iniziali non omogenee la soluzione e data da

y(x) =∫ x

0G(x, z)F (z)dz + αu(x) + βv(x)

se deve essere y(0) = α e y′(0) = β.C’e da notare che le soluzioni dell’omogenea si ricavano direttamente da G(x, z). infattiG(x, 0) e soluzione dell’omogenea e si annulla in x = 0, mentre ∂

∂xG(x, 0) vale −1/M(0)in x = 0 e ∂2

∂x∂zG(0, 0) = 0.1

3.1.2 Funzione di Green per un problema con condizioni al contorno date

Affrontiamo ora il problema, simile a quello trattato, con condizioni al bordo omo-genee

Ly ≡ d

dx

[M(x)y′(x)

]+ P (x)y(x) = F (x) con y(0) = y(1) = 0 (3.10)

1Nota che la soluzione di (3.7) si vede subito da

0 = y(z)LzG(x, z) − G(x, z)Ly =d

dxyM

∂G

∂z(x, z) − G(x, z)My′(z)

integrando tra 0 e x in dz.

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

Cerchiamo la G tale che sia

y(x) =∫ 1

0G(x, z)F (z)dz

Si costruisce la soluzione col solito metodo: siano u0 e u1 tali che{Lu0(x) = 0u0(0) = 0

e

{Lu1(x) = 0u1(1) = 0

Supponiamo per il momento u0 e u1 linearmente indipendenti2. Si cerca

y = au0 + bu1 =⇒ y′ = [a′u0 + b′u1] + au′0 + bu′

1

Imponendo a′u0 + b′u1 = 0 la (3.10) diventa

a′Mu′0 + b′Mu′

1 = F

abbiamo il solito sistema {a′u0 + b′u1 = 0a′Mu′

0 + b′Mu′1 = F

il cui determinante dei coefficienti

Δ = u0Mu′1 − u1Mu′

1 �= 0

e costante poiche, per ipotesi fatta, u0, u1 sono linearmente indipendenti. Si trova allora

a′ = −u1F

Δe b′ =

u0F

ΔImponendo le condizioni al bordo si trova

y(0) = b(0)u1(0) = 0 =⇒ b(0) = 0y(1) = a(1)u0(1) = 0 =⇒ a(1) = 0

Allora

a(x) =∫ 1

x

u1(z)F (z)Δ

dz e b(x) =∫ x

0

u0(z)F (z)Δ

dz

sostituendo in y = au0 + bu1 si ricava la funzione di Green

G(x, z) =

⎧⎪⎨⎪⎩u0(z)u1(x)

Δper z < x

u0(x)u1(z)Δ

per z > x

(3.11)

La (3.11) e simmetrica, si annulla in x = 0 ed in x = 1, e continua in x = z, mentre perla derivata si ha una discontinuita

∂G

∂x(z+, z) − ∂G

∂x(z−, z) =

u′1(z)u0(z)

Δ− u′

0(z) − u1(z)Δ

=1

M(z)

e, per simmetria, condizioni analoghe valgono per ∂∂zG.

2Non e sempre cosı, per esempio per y′′ + π2y = 0 la soluzione y = sin πx e tale che y(0) = y(1) = 0.Questo caso verra trattano a pag. 67

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3.1 Funzione di Green per problemi lineari

Lemma 3.3. Le condizioni

(a) LxG(x, z) = 0 per x �= z

(b) G(0, z) = G(1, z) = 0

(c) G continua in x = z

(d) ∂∂x G(z+, z) − ∂

∂x G(z−, z) = 1M(z)

sono sufficienti a determinare la funzione di Green.

Dimostrazione . La (a) fa sı che siano soddisfatte le condizioni al contorno. Per calcolareLy spezziamo l’integrale∫ 1

0G(x, z)F (z)dz =

∫ x

0G(x, z)F (z)dz +

∫ 1

xG(x, z)F (z)dz

a causa della discontinuita della derivata prima di G. Si ha

My′ = Md

dx

∫ x

0G(x, z)F (z)dz + M

d

dx

∫ 1

xG(x, z)F (z)dz

= ���������M(x)G(x, x)F (x) + M(x)

∫ x

0

∂G

∂x(x, z)F (z)dz+

����������−M(x)G(x, x)F (x) + M(x)∫ 1

x

∂G

∂x(x, z)F (z)dz

= M(x)∫ x

0

∂G

∂x(x, z)F (z)dz + M(x)

∫ 1

x

∂G

∂x(x, z)F (z)dz

derivando rispetto ad x

d

dx(My′) = M(x)

∂G

∂x(x, x−)F (x) +

∫ x

0

d

dx

[M

∂G

∂x(x, z)

]F (z)dz+

− M(x)∂G

∂x(x, x+)F (x) +

∫ 1

x

d

dx

[M

∂G

∂x(x, z)

]F (z)dz

= F (x) +(∫ x

0+∫ 1

x

)d

dx

[M

∂G

∂x(x, z)

]F (z)dz

Aggiungendo P (x)y(x) si ottiene infine

Ly = F (x) +(∫ x

0+∫ 1

x

)LxG(x, z)F (z)dz = F (z)

e la tesi e dimostrata.

Osservazione: La simmetria di G e una conseguenza delle condizioni (a), (b), (c), (d).

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

Dimostrazione . Se consideriamo G(x, t) e G(x, z), poiche sono soluzioni dell’omogenea,si ha

d

dx

[G(x, t)M(x)

∂G

∂x(x, z) − G(x, z)M(x)

∂G

∂x(x, t)

]= 0

Integrando su [0, z], [z, t] e [t, 1] si trova

0 = G(z, t)M(z)∂G

∂x(z−, z)

�����������

−G(z, z)M(z)∂G

∂x(z, t) − G(0, t)M(0)

∂G

∂x(0, z)+

+ G(0, z)M(0)∂G

∂x(0, t)

�����������+G(t, t)M(t)

∂G

∂x(t, z) − G(t, z)M(z)

∂G

∂x(t−, t)+

− G(z, t)M(z)∂G

∂x(z+, z)

�����������

+G(z, z)M(z)∂G

∂x(z, t) + G(1, t)M(1)

∂G

∂x(1, z)+

− G(1, z)M(1)∂G

∂x(1, t)

�����������−G(t, t)M(t)

∂G

∂x(t, z) + G(t, z)M(t)

∂G

∂x(t+, t)

Tenuto conto della (b) e della (d) si ricava G(t, z) = G(z, t).

Se abbiamo condizioni al bordo non omogenee si deve aggiungere una soluzionedell’omogenea che soddisfi le condizioni richieste

Ly = 0 con y(0) = α e y(1) = β (3.12)

Una soluzione di tale problema si ricava direttamente dalla G: sfruttando la simmetria diG, e quindi il fatto che per x �= 0 e LzG(x, z) = 0, la soluzione cercata si trova partendodalla relazione

y(z)LzG(x, z) − G(x, z)Lzy(z) = 0 (per x �= 0, 1)

che si riscrive come

d

dz

[y(z)M

∂G

∂z(x, z) − G(x, z)My′(z)

]= 0

da cui, integrando fra 0 ed x e fra x e 1

0 =(∫ x

0+∫ 1

x

)d

dz

[y(z)M

∂G

∂z(x, z) − G(x, z)My′(z)

]dz

= y(x)M(x)∂G

∂z(x, x−)����������−G(x, x)M(x)y′(x) − y(0)M(0)

∂G

∂z(x, 0)+

+ y(1)M(1)∂G

∂z(x, 1) − G(x, 1)M(1)y′(1) − y(x)M(x)

∂G

∂z(x, x+)+

����������+G(x, x)M(x)y′(x)

tenuto conto che M(x)[

∂∂zG(x, x+) − ∂

∂zG(x, x−)]

= 1 si ha

y(x) = y(1)M(1)∂G

∂zG(x, 1) − y(0)M(0)

∂G

∂z(x, 0)

66

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3.1 Funzione di Green per problemi lineari

ed infine (ricordando le condizioni al bordo)

y(x) = βM(1)∂G

∂zG(x, 1) − αM(0)

∂G

∂z(x, 0)

Si verifica immediatamente che quest’ultima e soluzione del problema (3.12).Ora vediamo il caso, precedentemente scartato, in cui esiste una soluzione non identica-mente nulla dell’omogenea con condizioni al bordo omogenee

Lu = 0 con u(0) = u(1) = 0

In tale ipotesi u0 ed u1 sono linearmente dipendenti . D’altra perte, la soluzione di(3.10) esiste solo per F tale che ∫ 1

0u(z)F (z)dz = 0 (3.13)

Infatti euF = uLy − yLu =

d

dx

[uMy′ − yMu′]

integrando tra 0 e 1 ∫ 1

0uFdx =

[uMy′ − yMu′] ∣∣∣∣1

0

= 0

perche sia u che y si annullano in 0 e in 1.Supponiamo allora valida la (3.13), sia v(x) soluzione di

Lv = 0 con v(1) = 0

Certamente e v(0) �= 0 (altrimenti sarebbe v = λu e cio non e possibile perche v(1) �= 0).Cerchiamo l’unica3 soluzione ortogonale a u e cerchiamo la funzione di Green G⊥ taleche

y⊥(x) =∫

G⊥(x, z)F (z)dz

sia la soluzione ortogonale a u. Partiamo da y nella forma

y = au + bv

col solito metodo si trova Δ = uMv′ − u′Mv = cost �= 0 e

a′ = −vF

Δe b′ =

uF

Δ

imponendo le condizioni al bordo si trova

a(x) =∫ 1

x

v(z)F (z)Δ

dz + λ e b(x) =∫ x

0

u(z)F (z)Δ

dz

3La soluzione e unica perche se y1, y2 sono soluzioni allora y1 − y2 = λu.

67

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

con λ costante, e quindi

y(x) =∫

G(x, z)F (z)dz + λu con G(x, z) =

⎧⎪⎨⎪⎩u(x)v(z)

Δper x < z

u(z)v(x)Δ

per x > z

Tale G e simmetrica, continua in x = z, la ∂∂xG ha discontinuita 1/M in x = z,

G(0, z) = 0 e G(1, z) = v(1)u(z)/Δ �= 0. Il fatto che sia LxG(x, z) = δ(x − z) assicurache per ogni F (x) la funzione

∫G(x, z)F (z)dz sia tale che Lx

∫G(x, z)F (z)dz = F (x).

Tale funzione inoltre e nulla in x = 0, ma non in x = 1 se non e soddisfatta la (3.13).Per trovare y⊥, e la funzione di Green che la produce, prendiamo u normalizzata ad 1,cioe ∫

u2dx = 1

e prendiamo

y⊥(x) = y − u(x)∫

u(t)g(t)dt

che vogliamo esprimere tramite una funzione di Green applicata alla F . E allora

y⊥(x) =∫

G(x, z)F (z)dz − u(x)∫

u(t)dt

∫G(t, z)F (z)dz

=∫

F (z)dz

[G(x, z) − u(x)

∫u(t)G(t, z)dt

]=∫

F (z)dz

[G(x, z) − u(x)

∫u(t)G(z, t)dt

]La funzione tra le parentesi [...] non e l’unica a produrre y⊥, ci si puo sempre sommareAu(z), con A costante. La funzione [...] non e ancora quella cercata, infatti e sı ortogonalead u, cioe

∫u(x)[...]dz = 0, si annulla in x = 0, ma non in x = 1 ed inoltre non e

simmetrica. Prendiamo allora

G⊥(x, z) = G(x, z) − u(x)∫

u(t)G(z, t)dt − u(z)∫

u(t)G(x, t)dt − λu(x)u(z)

Questa funzione e chiaramente simmetrica, si annulla in x = 0 ed in x = 1 ed inoltre, seλ e scelto in modo tale che sia∫

u(t)dt

∫u(x)G(x, t)dx + λ = 0

G⊥ continua ad essere ortogonale ad u.In definitiva otteniamo il seguente

Lemma 3.4. La soluzione del problema (3.10) ortogonale alla u e univocamente deter-minata dalla funzione G⊥(x, z) che soddisfa le seguenti proprieta:

(i) LxG⊥(x, z) = δ(x − z) − u(x)u(z)

68

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3.2 Analisi in frequenza. Relazione fra proprieta di un segnale e proprieta dello spettro

(ii) G⊥(0, z) = G⊥(1, z) = 0

(iii) G⊥ e ortogonale ad u, cioe ∫u(x)G⊥(x, z)dx = 0

Il problema con condizioni al bordo non omogenee

Ly = F con y(0) = α e y(1) = β

non sempre ha soluzioni. In modo analogo a quanto gia fatto, se e soddisfatta la (3.13),per mezzo di G⊥ si puo ottenere la soluzione ortogonale da aggiungere ad u, si ha

y⊥(x) = βM(1)∂G⊥∂z

(x, 1) − αM(0)∂G⊥∂z

(x, 0) +∫ 1

0G⊥(x, z)F (z)

3.2 Analisi in frequenza. Relazione fra proprieta di un segnalee proprieta dello spettro

Si e visto che per un sistema lineare e indipendente dal tempo la relazione fra ingressof(t) e uscita g(t) e data da

g(t) =∫

G(t − z)f(z)dz = G ∗ f(t)

(dove ∗ indica il prodotto di convoluzione) e questa relazione richiama la trasformata diFourier F per la quale vale

F(f1 ∗ f2) = Ff1 · Ff2

Vale il seguente

Lemma 3.5. Un sistema lineare e indipendente dal tempo ha la proprieta di trasformareun segnale di ingresso monocromatico in un suo multiplo, cioe

f(t) = e−iωt =⇒ g(t) = L(f(t)) = H(ω)eiωt

Dimostrazione . Per la linearita e per l’indipendenza da tempo vale

g(t − T ) = L(e−iω(t−T )

)= L

(eiωT e−iωt

)= eiωT L

(e−iωt

)= eiωT g(t)

in particolare per t = 0 deve valere

g(−T ) = eiωT g(0)

che, essendo valida per ogni T , mostra la tesi.

69

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

Questo fa sı che, nota H sia nota la risposta a tutti i segnali rappresentabili comesovrapposizioni di e−iωt, ovvero tutti quei segnali sviluppabili in serie o integrale diFourier4; infatti se e

f(t) =∫

f(ω)e−iωt dω

per la linearita si ha

g(t) = L(f(t)) =∫

f(ω)L(e−iωt

) dω

2π=∫

f(ω)H(ω)e−iωt dω

Nel caso in cui e possibile applicare i teoremi sulla trasformata di Fourier, si vede cheH(ω) = G(t).Ricordiamo alcune proprieta della trasformata di Fourier che ci saranno utili nel seguito:

(i) Se f, tf, ..., tnf ∈ L1 allora f ∈ Cn e inoltre

F(tnf) = (−i)n dnf

dωn

(ii) Se f ∈ Cn e f, f ′, ..., f (n) ∈ L1 allora per k � n si ha

F

(dkf

dtk

)= (−iω)kf

(iii) Se f, g ∈ L2 vale l’uguaglianza di Parseval

(f, g) = 2π(f , g) dove (f, g) =∫

f∗(t)g(t)dt (3.14)

(iv) Se f ∈ L1 e g ∈ Lp allora f ∗ g ∈ Lp e

F(f ∗ g) = f · g

(v) Se f, g ∈ L2 allora

f ∗ g =∫

f(ω)g(ω)e−iωt dω

La trasformata di Fourier stabilisce alcune relazioni fra le proprieta di un segnale f(t) equelle del suo spettro f(ω). Esaminiamo, ad esempio, il seguente caso: sia

f(t) =

{1 per |t| < T

0 altrove

come appare evidente dal grafico in figura 3.1 la funzione

f(ω) =∫ T

−Teiωtdt = 2T

sinωT

ωT

70

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3.2 Analisi in frequenza. Relazione fra proprieta di un segnale e proprieta dello spettro

Figura 3.1: Funzione sinz/z.

e significativamente diversa da zero per |ωT | < π, cioe in un intervallo di ω che va come1/T . Piu precisamente, osservando che ‖f‖2 cresce come T , anche ‖f‖2 cresce come T ,e allora la percentuale della norma compresa tra −ω0 e ω0, al variare di T , va come

1T

∫ ω0

−ω0

sin2 ωT

ω2dω =

∫ ω0T

−ω0T

sin2 z

z2dz

che e costante per ω0T =cost, e quindi al crescere di T la stessa parte dell’energia sitrova in un intervallo di frequenze piu stretto.Per rendere quantitativa la valutazione e mostrare che il fenomeno e generale, definiamo,per segnali f normalizzati ad 1, le seguenti valori medi

t =∫

t|f(t)|2dt e ω =∫

ω|f(ω)|2dω

e i seguenti scarti

Dt =∫

(t − t)2|f(t)|2dt e Dω =∫

(ω − ω)2|f(ω)|2dω

Definiamo allora larghezza temporale la quantita

Δt =√

Dt

e ampiezza spettrale

Δω =√

4Ma, come vedremo in seguito, anche quelli per cui la trasformata, e l’antitrasformata, di Fourier esistein un senso piu ampio (trasformata nel senso delle distribuzioni).

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

Per f abbastanza regolare e decrescente ad infinito abbastanza rapidamente si ha che,sia λ ∈ R,

0 �∫ ∣∣∣∣λ(t − t)f +

df

dt+ iωf

∣∣∣∣2 dt

= λ2

∫(t − t)2|f |2dt +

∫ ∣∣∣∣dfdt+ iωf

∣∣∣∣2 dt + 2λ �e

∫(t − t)f

(df

dt− iωf

)∗dt

Il primo termine e λ2Dt. Per il secondo, usando l’identita (3.14) di Parseval si ha∫ ∣∣∣∣dfdt+ iωf

∣∣∣∣2 dt =12π

∫ ∣∣F(f ′) + iωF(f)∣∣2 dω =

12π

∫(ω − ω)2|f |2dω = Dω

Nel terzo termine∫(t − t)(ff ′∗ + f∗f ′)dt =

∫(t − t)

d

dt|f |2 = −

∫|f |2dt = −1

integrando per parti e assumendo |f |2, t|f |2 → 0 all’infinito. Invece∫(t − t)ff∗ = t − t = 0

Alla fine si ottiene0 � λ2Dt + Dω − λ (3.15)

poiche questa relazione deve valere per ogni λ, deve essere

1 − 4DtDω � 0

cioe si ha il principio di indeterminazione

ΔtΔω � 12

(3.16)

Per trovare quando nella (3.16) vale l’uguaglianza, risolvendo la (3.15) con l’uguale sitrova

λ =1

2Dt

per tale valore si hadf

dt=[− t − t

2Dt− iω

]f

La cui soluzione e

f(t) = Ae−iωte−(t−t)2

4Dt

con A tale che f risulti normalizzata ad 1.Un altro aspetto interessante e il seguente

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3.3 Proprieta della funzione di Green nel dominio delle frequenze

Teorema 3.6 (Sampling Theorem). Se un segnale f(t) ha spettro limitato tra −ω0

e ω0 allora esso e completamente noto se sono noti i valori fn = f(nπ/ω0).

Dimostrazione . In generale e

f(t) =∫ ω0

−ω0

f(ω)e−iωt dω

Nell’intervallo [−ω0, ω0] un insieme completo e dato da

1√2ω0

ei nπω0

ω

da cui

f(ω) =1

2ω0

∑n

ei nπω0

ω∫ ω0

−ω0

f(ω)e−i nπω0

ωdω =

π

ω0

∑n

ei nπω0

ωf

(nπ

ω0

)Allora, sostituendo nella trasformazione inversa, si trova

f(t) =1

2ω0

∫ ω

−ω0

∑n

f

(nπ

ω0

)ei nπ

ω0ωe−iωtdω =

∑n

f

(nπ

ω0

)sin(nπ − ω0t)

nπ − ω0t

3.3 Proprieta della funzione di Green nel dominio dellefrequenze

Studiamo la risposta di un sistema lineare e indipendente dal tempo alla funzione diHeaviside θ(t). E immediata la soluzione se consideriamo

g(t) =∫ ∞

−∞G(t − x)θ(x)dx =

∫ ∞

0G(t − x)dx =

∫ t

−∞G(z)dz

Da qui si ricavano

G(t) =dg

dt, g(−∞) = 0, g(∞) =

∫ ∞

−∞G(z)dz = G(0)

Se si definisce il tempo di salita ts con

tsdg

dt

∣∣∣∣max

= g(∞) − g(−∞)

si hatsGmax = G(0)

73

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

Per un passa basso ideale, che filtra le frequenze lasciando passare solo |ω| < ωt, che nonintroduce distorsioni

G(ω) =

{0 per |ω| > ωt

A0eiωt0 per |ω| � ωt

Sef = fχ[−ωt,ωt] + fχ{|ω|>ωt}

la risposta eg = fχ[−ωt,ωt]A0eiωt0

da cui, detta p la trasformata inversa di fχ[−ωt,ωt]

g(t) = A0p(t − t0)

Se lo spettro di f e tutto in |ω| < ωt, l’uscita non e distorta, solo attenuata (A0 < 1) eritardata. Per questo sistema ideale

G(0) = A0, G(t) =A0

∫ ωt

−ωt

e−iωteiωt0dω, Gmax = G(t0) = A0ωt

π

da cui trovo che il tempo di salita vale

ts =π

ωt

Quindi piu e stretto il taglio, piu grande e il tempo di salita. In generale se un sistemanon ha distorsione di fase

G = A(ω)eiωt0 con A � 0

e sempre Gmax = G(t0), perche

G(t) =12π

∫A(ω)e−iωteiωt0dω

e allora

ts = 2πA(0)∫A(ω)dω

Piu e larga la banda passante, piu piccolo e ts.

3.4 Risposta alla θ(t)

Se si cerca la risposta alla θ(t) tramite g = G · f si presenta un problema perche θ non etrasformabile. Si puo pero approssimare θ con una successione di funzioni fn → θ e, segn = L(fn), cercare il limite delle gn. Vedremo che il risultato e lo stesso per successionidiverse, e questo ci indurra a cercare di definire una nozione di F(θ) che renda ragione

74

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3.4 Risposta alla θ(t)

di questo comportamento.Sia

fT (t) = χ[0,T ] =

{1 per 0 � t � T

0 altrove

Chiaramente si ha fT → θ per T → ∞. Vale

fT (ω) =eiωT − 1

iωe gT (ω) = G(ω)

eiωT − 1iω

quindi

gT (t) =12π

∫G(ω)e−iωt e

iωT − 1iω

dω =∫

p(ω)eiωT − 1

iωdω con p(ω) =

G(ω)e−iωt

Assumiamo che p sia C1 e che ad infinito vada a zero abbastanza rapidamente. Il risultatointeressante sara: sebbene (eiωT − 1)(iω) non ha limite per T → ∞, l’integrale scrittoha limite. Infatti

gT (t) =∫

p(ω)cos ωT − 1

iωdω +

∫p(ω)

sinωT

ωdω

per il secondo integrale si ha∫p(ω)

sinωT

ωdω =

∫ ∞

−∞p(ω)

2

∫ T

−Tcos ωλ dλ

=∫ T

−T

2

∫ ∞

−∞p(ω) cos ωλ dω

=∫ T

−T

2

∫ ∞

−∞pp(ω) cos ωλ dω

(notiamo che p ∈ L1(R) e quindi p cos ωλ ∈ L1(R × [−T, T ])) dove il pedice indica laparte pari, allora∫

p(ω)sinωT

ωdω =

∫ T

−T

2

∫ ∞

−∞pp(ω)eiωλdω

= π

∫ T

−Tpp(λ)dλ −→ π

∫ ∞

−∞pp(λ)dλ = π

∫ ∞

−∞p(λ)dλ = πp(0)

mentre per il primo∫p(ω)

cos ωT − 1iω

dω = i

∫pd(ω)

ωdω − i

∫pd(ω)

ωcos ωT dω −→ i P

∫p(ω)ω

dato che per il lemma di Riemann–Lebesgue (pd ∈ L1) il secondo integrale tende a zero,e dove si e introdotto il valore principale di Cauchy definito come

P∫

= limε→0

R→∞

(∫ x0−ε

−R+∫ R

x0+ε

)

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

dove x0 e un punto di divergenza. In definitiva

g(t) = limT→∞

gT (t) = πp(0) + i P∫

p(ω)ω

E facile verificare, ricordando la definizione di p, che si ritrova il risultato precedente

g(t) =12G(0) +

i

2πP∫

G(ω)ω

e−iωtdω

=12

∫ ∞

−∞G(x)dx +

i

2πP∫

ω

∫G(x)eiω(x−t)dx

=12

∫ ∞

−∞G(x)dx − 1

2πP∫

ω

∫G(x) sin ω(x − t)dx

=12

∫ ∞

−∞G(x)dx − 1

2πP∫

ω

∫G(z + t) sin ωzdz

=12

∫ ∞

−∞G(x)dx − 1

2πP∫

η

∫dzsgn(z)G(z + t) sin η

=12

∫ ∞

−∞G(x)dx − 1

2

∫ ∞

−∞sgn(z)G(z + t)dz

=12

(∫ ∞

−∞G(x)dx −

∫ ∞

0G(z + t)dz +

∫ 0

−∞G(z + t)dz

)=∫ t

−∞G(z)dz

E importante ricordare le due relazioni trovate

limT→∞

∫p(ω)

sinωT

ωdω = πp(0) e lim

T→∞P∫

p(ω)cos ωT

ωdω = 0

Verifichiamo che con un altro modo di approssimare la θ(t) si ottiene lo stesso risultato.Prendiamo

θε(t) = θ(t)e−εt con ε > 0

in modo evidente si ha che θε → θ per ε → 0. Vale

θε(ω) =∫ ∞

0eiωte−εtdt =

∫p(ω)

ε2 + ω2+

ε2 + ω2

)dω

Il primo termine vale ∫p(ω)

ε

ε2 + ω2dω =

∫p(εz)1 + z2

dz

per ε → 0 l’integrando tende a p(0)/(1 + z2) ed e maggiorato da M/(1 + z2) ∈ L1, sipuo passare il limite sotto il segno di integrale, si ha allora∫

p(ω)ε

ε2 + ω2dω −→ πp(0)

Il secondo termine vale

i

∫p(ω)ωε2 + ω2

dω = i

∫pd(ω)ωε2 + ω2

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3.4 Risposta alla θ(t)

l’integrando tende a pd/ω ed e maggiorato da |pd/ω| ∈ L1, si puo passare il limite sottoil segno di integrale e si trova

i

∫p(ω)ωε2 + ω2

dω −→ i P∫

p(ω)ω

Si trova cosı il risultato precedente. Sono da ricordare

limε→0

∫p(ω)

ε

ε2 + ω2dω = πp(0) e lim

ε→0

∫p(ω)ωε2 + ω2

dω = P∫

p(ω)ω

Ricapitolando, si e visto questo. La funzione θ non ha trasformata di Fourier, ma elimite di fn che hanno trasformata di Fourier fn. La successione fn non ha limite nelsenso delle convergenze studiate fin ora, ma la successione di funzionali definiti da∫

fnpdω −→ πp(0) + i P∫

p

ωdω

si puo pensare come l’effetto su pn = fnp di un funzionale

T : 〈T, p〉 = πp(0) + i P∫

p

ωdω

Cio ci induce a definire come F(θ) ”nel senso delle distribuzioni” il funzionale (la distri-buzione) T sopra definita. Per rendere rigoroso questo procedimento occorre:

(i) definire il tipo di funzionali di cui si parla, ed in particolare la classe di funzioni,dette funzioni test, su cui agiscono;

(ii) definire la nozione di convergenza di una successione di funzionali;

(iii) dare una definizione autonoma di trasformata di Fourier, che generalizzi quellausata sin ora.

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3 Sistemi lineari e indipendenti dal tempo

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

Una distribuzione T e un funzionale lineare e continuo su uno spazio vettoriale difunzioni test. Se si indica con 〈T, ϕ〉 l’effetto di T su ϕ, lineare significa naturalmente

〈T, αϕ + βψ〉 = α 〈T, ϕ〉 + β 〈T, ψ〉Per continuita si intende: definita la nozione di convergenza ϕn → ϕ nello spazio dellefunzioni test (basta dire, per la linearita, cosa significa ϕn → 0), T e continua se

ϕn → ϕ =⇒ 〈T, ϕn〉 → 〈T, ϕ〉Ogni classe di distribuzioni e definita dalla classe di funzioni test su cui agisce e dallanozione di convergenza in tale classe.

(i) Distribuzioni di Schwartz : l’insieme delle funzioni test e

D = {ϕ | ϕ ∈ C∞ e ϕ a supporto compatto}

ϕnD−→ 0 significa: esiste un compatto K ⊃ Kn, dove Kn e il supporto di ϕn, in

cui ϕ(k)n → 0 uniformemente per ogni k. L’insieme delle distribuzioni su D si indica

con D′ (duale di D).

(ii) Distribuzioni temperate: l’insieme delle funzioni test e

S ={

ϕ | ϕ ∈ C∞ e |xnϕ(m)| < Anm

}ϕn

S−→ 0 significa: xpϕ(q)n → 0 uniformemente per ogni p, q fissati. L’insieme delle

distribuzioni su S si indica con S ′. E in S ′ che si definisce la trasformata di Fourier.

(iii) Distribuzioni su funzioni infinitamente derivabili : l’insieme delle funzionitest e

E = C∞

ϕnE−→ 0 significa: su ogni compatto ϕ

(k)n → 0 uniformemente per ogni k. L’insieme

delle distribuzioni su E si indica con E ′.

Inoltre Tn → T in D′ (rispettivamente S ′ o E ′) significa: ∀ ϕ ∈ D (rispettivamente S ′ oE ′) e 〈Tn, ϕ〉 → 〈T, ϕ〉.Si puo dimostrare che vale in un certo senso il viceversa, cioe che questi spazi di distribu-zioni sono completi: se per ogni funzione test e 〈Tn, ϕ〉 → a(ϕ), il funzionale (ovviamentelineare) definito da

〈T, ϕ〉 = limn→∞ 〈Tn, ϕ〉

79

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

e anche continuo, nel senso che se ϕj → 0 allora anche 〈T, ϕj〉 → 0. Cioe le distribuzionisono un insieme completo.Gli spazi D′, S ′ e E ′ sono spazi vettoriali se si definiscono, in modo ovvio, αT e T + T ′:

〈αT, ϕ〉 = α 〈T, ϕ〉 e⟨T + T ′, ϕ

⟩= 〈T, ϕ〉 +

⟨T ′, ϕ

⟩E evidente che αT e T + T ′ oltre che lineari sono continui.Vediamo ora in che relazione sono D′,S ′ e E ′. E chiaro che E ⊃ S ⊃ D; questo significache ogni funzionale definito su E e definito anche su S e, che se e definito su S, e definitoanche su D. Per affermare che allora e

E ′ ⊂ S ′ ⊂ D′

occorre pero verificare (la linearita e assunta per ipotesi) che T ∈ E ′ e continuo anchenel senso di S ′, cioe che se ϕn

S−→ 0 e anche ϕnE−→ 0; discorso analogo per dimostrare

che S ′ ⊂ D′. In effetti: S � ϕnS−→ 0 significa che xpϕ

(k)n → 0 uniformemente su R, e

cioe ϕ(k)n → 0 uniformemente su ogni compatto, il che significa ϕn

E−→ 0. AnalogamenteD � ϕn

D−→ 0 significa ϕ(k)n → 0 uniformemente su un appropriato compatto K, questo

implica che xpϕ(k)n → 0 uniformemente su K e quindi (dato che tutte le ϕ0 sono nulle al

di fuori di K) anche su R, cioe ϕnS−→ 0.

Osservazione: D e denso in S e in E nel senso seguente: data ϕ ∈ S, esiste una successioneϕn ∈ D tale che ϕn

S−→ ϕ, stesso discorso per E .

Figura 4.1: Funzione η(x).

Dimostrazione . Se consideriamo la funzione η(x) rappresentata in figura 4.1, si ha cheϕn(x) = ϕ(x)η(x/n) ∈ D e ϕn

S−→ ϕ. Infatti

ϕ(x) − ϕn(x) = ϕ(x)[1 − η

(x

n

)]= 0 per |x| < n

80

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4.1 Distribuzioni in D′

mentre per le proprieta di S

ϕ(x) − ϕn(x) = ϕ(x)[1 − η

(x

n

)]� |ϕ(x)| < ε per |x| � n

se n e abbastanza grande. Analogamente per |xp(ϕ − ϕn)|. Per le derivate

ϕ′(x) − ϕ′n(x) = ϕ′(x)

[1 − η

(x

n

)]− 1

nη′(x

n

)ϕ(x) (4.1)

quindi ∣∣ϕ′(x) − ϕ′n

∣∣ � |ϕ′|∣∣∣1 − η

(x

n

)∣∣∣+ 1n

max |η′| |ϕ| −→ 0

uniformemente, dato che max |η′| e indipendente da n e che ϕ′ ∈ S. Se moltiplico perxp non cambia nulla. Cosa analoga per tutte le derivate.Le stesse considerazioni mostrano che se ϕ ∈ E allora ϕn(x) = ϕ(x)η(x/n) E−→ ϕ. Infatti,dato un compatto K, ϕn − ϕ = 0 su K se n e abbastanza grande. Per le derivate, vedi(4.1), il primo termine e nullo su K, per n abbastanza grande, mentre per il secondo∣∣∣η′ (x

n

)ϕ(x)

∣∣∣ � max |η′| maxK

|ϕ| < ε

per n grande, e cosı per tutte le derivate.

L’osservazione e utile perche, date due distribuzioni A, B di S ′ (o di E ′), se esse sonouguali su D, saranno uguali anche su S (o su E): se ϕ ∈ S e D � ϕn

S−→ ϕ allora

〈A, ϕ〉 =⟨A, lim

n→∞ϕn

⟩= lim

n→∞ 〈A, ϕn〉 = limn→∞ 〈B, ϕn〉 =

⟨B, lim

n→∞ϕn

⟩= 〈B, ϕ〉

dato che su D e A = B.

4.1 Distribuzioni in D′

Ogni funzione f localmente integrabile e una distribuzione in D′. Infatti, per ϕ ∈ Desiste

〈f, ϕ〉 =∫

Kf(x)ϕ(x)dx

essendo K il supporto di ϕ. Inoltre il funzionale e continuo: se ϕD−→ 0 (i supporti di

ϕn sono contenuti in K) allora |ϕn| < ε per n grande, per cui∣∣∣∣∫K

f(x)ϕn(x)dx

∣∣∣∣ � ε

∫|f(x)|dx

cioe 〈f, ϕn〉 → 0.Osservazione: Due funzioni f, g localmente integrabili possono dare lo stesso risultatoper ϕ ∈ D solo se f = g quasi ovunque.

81

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

Dimostrazione . Presi a e b qualunque, la funzione

ϕ(x) =

{e−

1(x−a)(b−x) per a < x < b

0 altrove

e in D, cosı come le funzioni ϕ1/n. Se f, g danno lo stesso risultato applicate ad ogniϕ ∈ D, sara ∫ b

a

[f(x) − g(x)

]ϕ1/n(x)dx = 0

si puo passare il limite sotto il segno di integrale dato che l’integrando e maggiorato da|f − g| ∈ L1, e si trova ∫ b

a

[f(x) − g(x)

]dx = 0

Poiche quanto detto e valido per ogni a, b si ha che

h(x) =∫ x

a

[f(t) − g(t)

]dt = 0

e quindi h′ = f − g = 0 quasi ovunque.

In D′ e anche δ(x − x0), essendo

〈δ(x − x0), ϕ(x)〉 = ϕ(x0)

e chiaro che se ϕnD−→ 0 allora∣∣ϕn(x0)

∣∣ < supK

∣∣ϕn(x)∣∣ < ε

Anche P 1x e una distribuzione in D′,⟨

P 1x

, ϕ(x)⟩

= P∫

ϕ(x)x

dx

Infatti, sia il supporto di ϕ contenuto nell’intervallo [−L, L],

P∫

ϕ(x)x

dx = P∫ L

−L

ϕ(x)x

dx = limε→0

(∫ −ε

−L+∫ L

ε

)ϕ(x)

xdx

= limε→0

(∫ −ε

−L+∫ L

ε

)ϕd(x)

xdx =

∫ L

−L

ϕd(x)x

dx

e ϕd/x ∈ L1 perche ϕd(x) = x ϕ′d(ξ). Inoltre P 1

x e continuo, perche se ϕD−→ 0 in

particolare ϕ′n → 0 uniformemente in un compatto K che contiene i supporti di ϕn,

quindi |ϕ′n,d| < ε e ∣∣∣∣∫ L

−Lϕ′

n,d(ξ)dx

∣∣∣∣ � 2Lε

82

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4.2 Distribuzioni in S ′

4.2 Distribuzioni in S′

Questa volta non basta che f sia localmente integrabile perche sia definito

〈f, ϕ〉 =∫

f(x)ϕ(x)dx

Ad esempio cio accade per f = ex2e ϕ = e−x2/2.

Occorre quindi che la crescita di f all’infinito sia ”temperata”. Precisamente se f ,localmente integrabile, e tale che esiste m per cui f/(1 + |x|m) ∈ L1 allora f ∈ S ′.Infatti

〈f, ϕ〉 =∫

f(x)ϕ(x)dx =∫

f(x)1 + |x|m (1 + |x|m)ϕ(x)dx

e, essendo |(1 + |x|m)ϕ| < A,

|fg| � A|f |

1 + |x|m ∈ L1

Il funzionale e continuo su S, infatti se ϕnS−→ 0 allora (1 + |x|m)|ϕn| < ε per n grande

e quindi

|〈f, ϕn〉| �∫ |f |

1 + |x|m (1 + |x|m)|ϕn| dx < ε

∫ |f |1 + |x|m dx

Osservazione: In S ′ ci sono anche funzioni che non sono maggiorate da un polinomio.Per esempio ex cos(ex) ∈ S ′, infatti∫

ex cos(ex)ϕ(x)dx =∫

d

dxsin(ex) ϕ(x)dx =

����������0sin(ex)ϕ(x)

∣∣∣∣+∞

−∞−∫

sin(ex)ϕ′(x)dx

= −∫

sin(ex)ϕ′(x)dx

Il funzionale e continuo perche se ϕnS−→ 0 allora anche ϕ′

nS−→ 0, cioe (1 + x2)|ϕ′

n| < ε,onde ∣∣∣∣∫ ex cos(ex)ϕ(x)dx

∣∣∣∣ �∫

|ϕ′n|dx < ε

∫dx

1 + x2

Anche δ(x) e P 1x sono in S ′. Per δ(x) e evidente; per P 1

x si ragiona come fatto per D′.

4.3 Struttura locale delle distribuzioni

In generale non ha senso parlare di valore di una distribuzione in un punto. sembrapero naturale dire, ad esempio, che δ(x) = 0 per x �= 0, e cio e corretto ai sensi delladefinizione seguente: si dice che una distribuzione T e zero in un aperto A se per ogniϕ ∈ D(A) e 〈T, ϕ〉 = 0, avendo definito

D(A) = {ϕ ∈ D | il supporto di ϕ e contenuto in A}

83

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

Si dice che T e zero in un punto se esiste un intorno di tale punto in cui T = 0.L’insieme dei punti in cui T = 0 e evidentemente un aperto: se x0 ha un intorno I taleche se ϕ ∈ D(I) e 〈T, ϕ〉 = 0, tutto un intorno di x0 ha questa proprieta (addiritturatutti i punti di I).Il complemento dell’insieme degli x su cui T = 0, che e chiuso, si chiama il supporto diT . Ad esempio, δ(x) ha supporto in x = 0.E utile conoscere il seguente

Lemma 4.1. Siano A un aperto e K ⊂ A un compatto, se {Ai}i=1,...,n con Ai ⊂ A euna copertura finita di K, allora esistono funzioni ϕi ∈ D(Ai) tali che

0 �n∑

i=1

ϕi � 1 en∑

i=1

ϕi = 1 su X

dove X e un aperto tale che K ⊂ X ⊂ A.

Questa proprieta permette di vedere il seguente

Lemma 4.2. Se una distribuzione e zero in ogni punto di un aperto A essa e zero in A.

Dimostrazione . Se ϕ ha supporto K ⊂ A, per ogni x ∈ K considero l’intorno I(x) ⊂ Atale che 〈T, ϕ〉 = 0 se ϕ ∈ D(I(x)). Estraggo una copertura finita {Ii}i=1,...,n di K(Ai = Ii ∩ A), e considero le funzione ϕi con le proprieta dette prima (vedi lemma 4.1).Si ha allora

〈T, ϕ〉 =

⟨T,

n∑i=1

ϕiϕ

⟩=

n∑i=1

〈T, ϕiϕ〉 = 0 (4.2)

dato che ϕiϕ ∈ D(Ai) e Ai ⊂ Ii.

Quindi se due distribuzioni sono uguali in ogni punto di A esse sono uguali in A.In questo modo si verifica anche il seguente naturale

Lemma 4.3. Se il supporto della distribuzione T non ha punti in comune con il supportodella funzione ϕ allora 〈T, ϕ〉 = 0.

Dimostrazione . Per ipotesi si ha che T = 0 in ogni punto del supporto di ϕ, cioe ognipunto del supporto di ϕ ha un intorno in cui T = 0. Prendendo una ricopertura finita{Ii}i=1,...,n di tali intorni e le ϕi come prima (vedi lemma 4.1), si ha, in virtu della (4.2),che 〈T, ϕ〉 = 0 dato che ϕiϕ ha supporto in Ii dove T = 0.

Un’altra conseguenza e il seguente

Lemma 4.4. Se T e a supporto compatto e η ∈ D e 1 su di un aperto che contiene ilsupporto di T , allora T = ηT , nel senso che 〈ηT, ϕ〉 = 〈T, ϕ〉.Dimostrazione . Per ogni ϕ ∈ D si ha che ϕ = (1 − η)ϕ + ηϕ. Il supporto di (1 − η)ϕha intersezione vuota con il supporto di T e quindi 〈T, ϕ〉 = 〈T, ηϕ〉 = 〈ηT, ϕ〉 (perchiarimenti vedi avanti).

84

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4.3 Struttura locale delle distribuzioni

Teorema 4.5. Le distribuzioni di D′ a supporto compatto sono le distribuzioni di E ′.

Dimostrazione . Se T ∈ D ha supporto compatto possiamo definire T su tutto E , infattise η ∈ D e una funzione che vale 1 su un aperto contenente il supporto di T il funzionale〈T, ϕ〉 = 〈T, ηϕ〉 e definito per ϕ ∈ E perche ηϕ ∈ D. Tale funzionale e ben definitoperche non dipende dalla scelta di η, infatti se η1 e η2 sono due funzioni con le proprietarichieste

〈T, η1ϕ〉 − 〈T, η2ϕ〉 = 〈T, (η1 − η2)ϕ〉 = 0

dato che il supporto di T ha intersezione nulla con il supporto di (η1−η2)ϕ. Infine T cosıdefinito e continuo su E , infatti, se ϕn

E−→ 0, ηϕnD−→ 0. Il supporto di ηϕn e contenuto

nel supporto di η e

Dk(ηϕn) =k∑

j=0

(kj

)η(j)ϕ(k−j)

n

e se ϕnD−→ 0, su ogni compatto (in particolare sul supporto di η) e ϕ

(k)n → 0 uniforme-

mente e cioe 〈T, ηϕn〉 → 0.Ora vediamo che se T ∈ E ′ allora T e a supporto compatto. Per assurdo se cosı non fosseper ogni n dovrebbe esistere una funzione ϕn ∈ D, con supporto ad intersezione nullacon [−n, n], tale che 〈T, ϕn〉 = cost �= 0. Si ha che ϕn

E−→ 0, perche su ogni compatto,per n abbastanza grande, ϕn ≡ 0. Allora, poiche T ∈ E ′, 〈T, ϕn〉 → 0, si ha allora unassurdo perche 〈T, ϕn〉 = cost �= 0.

Per le distribuzioni T ∈ D′ a supporto compatto

〈T, ϕ〉 = 〈T, ηϕ〉 = 〈T, ψ〉

con le ψ che hanno sempre supporto contenuto in un aperto A che include il supportodi η. Per tali distribuzioni, definite su ψ ∈ D(A), esistono sempre una costante M edun intero N � 0 (M ed N sono indipendenti da ψ) tali che

|〈T, ψ〉| � M supk�N

∣∣∣ψ(k)∣∣∣ (4.3)

Infatti, se per assurdo non fosse cosı, per ogni N il rapporto | 〈T, ψ〉 |/ supk�N |ψ(k)| nonsarebbe limitato, in particolare dovrebbe esistere una una ψN tale che

|〈T, ψN 〉| � N supk�N

∣∣∣ψ(k)N

∣∣∣Considero allora la successione

ϕN =1N

ψN

supk�N

∣∣∣ψ(k)N

∣∣∣85

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

Per ogni ordine k di derivata e k � N , per cui

∣∣∣ϕ(k)N

∣∣∣ =1N

∣∣∣ψ(k)N

∣∣∣supk�N

∣∣∣ψ(k)N

∣∣∣ � 1N

Dato che i supporti delle ψN sono tutti inclusi nel supporto di η, questo significa cheϕN

D−→ 0, per cui 〈T, ϕn〉 deve tendere a zero, ma questo e in contraddizione con

|〈T, ϕN 〉| =1N

|〈T, ψN 〉|supk�N

∣∣∣ψ(k)N

∣∣∣ � 1

E chiaro che una T che gode della proprieta (4.3) per ψ ∈ D(A) e continua. Infatti seψn

D−→ 0 in particolare |ψ(k)n | < ε e quindi | 〈T, ψn〉 | → 0.

Osservazione: La (4.3) non vale in generale per ψ ∈ D(R), vedremo un esempio.

Ragionando allo stesso modo si vede che se T ∈ S ′ esistono N, M tali che

|〈T, ϕ〉| � M supj,k�N

∣∣∣xjϕ(k)∣∣∣ (4.4)

L’intero N individuato dalle (4.3), (4.4) si chiama ordine della distribuzione. Si diceallora che le distribuzioni a supporto compatto hanno ordine finito.

4.4 Trasformata di Fourier in S′

Si sa che f ∈ L1 ∪ L2 e anche in S. Per f ∈ L2, poiche S ⊂ L2,

〈f, ϕ〉 =∫

f(x)ϕ(x)dx = (ϕ∗, f) =12π

(Fϕ∗, f

)D’altra parte

12π

Fϕ∗ =12π

∫ϕ∗(x)eiωxdx =

(12π

∫ϕ(x)e−iωxdx

)∗= ϕ∗

da cui〈f, ϕ〉 =

(ϕ∗, f

)=∫

ϕ(x)f(x)dx =⟨f , ϕ

⟩Lo stesso accade per f ∈ L1:

〈f, ϕ〉 =∫

f(x)ϕ(x)dx =∫

dxf(x)∫

dωϕ(ω)eiωx

=∫

dωϕ(ω)∫

dxf(x)eiωx = ϕ(ω)f(ω)dω =⟨f , ϕ

86

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4.4 Trasformata di Fourier in S ′

E allora naturale definire la trasformata di Fourier di una distribuzione T ∈ S ′

come〈FT, ϕ〉 = 〈T, Fϕ〉

Il funzionale cosı definito e ovviamente lineare ed e anche continuo dato che ϕnS−→ 0 se

e solo se ϕnS−→ 0.

Osservazione: Non si puo definire la trasformata di una distribuzione T ∈ D′ come〈FT, ϕ〉 = 〈T, Fϕ〉, perche le funzioni su cui agisce FT (ovvero le antitrasformate dellefunzioni di D) non sono funzioni di D, ma di un altro spazio indicato con Z. Cioe perT ∈ D′ e in generale FT ∈ Z ′; solo nel caso in cui T ∈ S ′ e FT ∈ S ′ ⊂ D′.Come in L2 ed in S, ogni T ∈ S ′ e tale che T = FP con P ∈ S ′. Infatti la P cercata edefinita da

〈T, ϕ〉 = 〈FP, ϕ〉 = 〈P, Fϕ〉La P definita da 〈P, ψ〉 =

⟨T, F−1ψ

⟩e evidentemente lineare e continua.

Lemma 4.6. La trasformata di Fourier F : S ′ → S ′ e continua.

Dimostrazione . Se TnS′−→ T allora FTn

S′−→ FT , infatti

〈FTn, ϕ〉 = 〈Tn, Fϕ〉 −→ 〈T, Fϕ〉 = 〈FT, ϕ〉

Questo ci dice che il procedimento euristico usato in precedenza per trovare Fθ e corretto.Infatti fT = χ[0,T ]

S′−→ θ e allora FfT → Fθ; si e visto che su funzioni sufficientementeregolari, come sono quelle di S, e⟨

fT , ϕ⟩

−→ i P∫

ϕ(ω)ω

+ πϕ(0) =⟨

iP 1ω

+ πδ(ω), ϕ⟩

da cuiFθ = iP 1

ω+ πδ(ω)

E utile definire la parita di una distribuzione. Data T definiamo T (−x) (spessoindicata con T ) come

〈T (−x), ϕ(x)〉 = 〈T, ϕ(−x)〉E chiaro che se T e lineare e continua lo e anche T (−x). Si dice che T e pari seT = T (−x), cioe se 〈T, ϕ(x) − ϕ(−x)〉 = 0, ovvero se T annichila le funzioni test dispari.Ovviamente vale il viceversa: se 〈T, ϕd〉 = 0 allora T e pari, infatti

〈T, ϕ〉 = 〈T, ϕp〉 =⟨

T,ϕ(x) − ϕ(−x)

2

⟩=⟨

T + T (−x)2

, ϕ

⟩Analogamente T e dispari se T = −T (−x), ovvero se T annichila le funzioni pari. Valeil seguente

87

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

Lemma 4.7. Se Tn e una successione di distribuzioni pari (dispari) e Tn → T allora Te pari (dispari).

Dimostrazione . Devo far vedere che T annichila le funzioni test dispari:

〈T, ϕd〉 =⟨

limn→∞Tn, ϕd

⟩= lim

n→∞ 〈Tn, ϕd〉 = 0

Discorso analogo per il caso dispari.

Per trovare Fθ si era approssimata θ(x) anche con le funzioni θε = e−εxθ(x). Si eratrovato che

Fθε =ε

ε2 + ω2+ i

ω

ε2 + ω2

La parte reale e pari, quella immaginaria e dispari. Poiche si sa che Fθε → Fθ si ha chela parte pari (dispari) di Fθε tende alla parte pari (dispari) di Fθ, cioe

ε

ε2 + ω2−→ πδ(ω)

ω

ε2 + ω2−→ P 1

ω

Osservazione: Il fatto che δ(x) e P 1x siano limite di distribuzioni in D′ ci assicura (D′ e

completo) che appartengono a D′. Discorso analogo per S ′.

4.4.1 Trasformate di Fourier utili

Si sa che

Fθ = iP 1ω

+ πδ(ω)

Poiche 2θ(x) = 1 + sgn(x), dato che la funzione 1 e pari E la funzione sgn(x) e disparisi ha che

F(1) = 2πδ(ω) e F(sgn(x)

)= 2i P 1

ω(4.5)

Ricaviamo questo risultato anche dalla definizione di trasformata: per la funzione 1 siha

〈F(1), ϕ〉 = 〈1, Fϕ〉 = 〈1, 2πϕ(−x)〉 = 2π

∫ϕ(x)dx = 2πϕ(0) = 〈2πδ(x), ϕ〉

88

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4.4 Trasformata di Fourier in S ′

per sgn(x) il conto e piu laborioso⟨F(sgn(x)

), ϕ⟩

= 〈sgn(x), Fϕ〉 = 〈sgn(x), 2πϕ(−x)〉= 2π

∫sgn(x)ϕ(−x)dx = 2π

∫sgn(−x)ϕ(x)

= −4π

∫ ∞

0ϕd(x)dx = −4π lim

L→∞

∫ L

0dx

∫ +∞

−∞dω

2πϕd(ω)e−iωx

= 2i limL→∞

∫ L

0dx

∫ +∞

−∞dωϕd(ω) sin ωx

= 2i limL→∞

∫ +∞

−∞dωϕd(ω)

∫ L

0dx sinωx

= −2i limL→∞

∫ ∞

−∞ϕd(ω)

cos ωL − 1ω

dω = 2i

∫ +∞

−∞ϕd(ω)

ωdω

= 2i P∫

ϕd(ω)ω

dω = 2i P∫

ϕ(ω)ω

dω =⟨

2i P 1ω

, ϕ

⟩(si e usato il fatto che ϕd/ω ∈ L1 ed il lemma di Riemann–Lebesgue). In modo analogoalle funzioni vale il seguente

Lemma 4.8. Sia T ∈ S ′, vale FFT = 2πT (−x).

Dimostrazione . Infatti, eseguendo il conto

〈FFT, ϕ〉 = 〈T, FFϕ〉 = 〈T, 2πϕ(−x)〉 = 〈2πT (−x), ϕ〉

In virtu di questa proprieta, dalle (4.5) si ricavano le relazioni

Fδ(x) = 1 e F

(P 1

x

)= iπ sgn(ω)

Per calcolo diretto si trova che

〈Fδ(x), ϕ〉 = 〈δ(x), Fϕ〉 = Fϕ∣∣x=0

=∫

ϕ(ω)dx = 〈1, ϕ〉

Mentre per la seconda, approssimando P 1x con

χε,R ={

1 per ε < |x| < R0 altrove

possiamo calcolare con la variabile complessa

limε→0

R→∞

(∫ −ε

−R+∫ R

ε

)eiωx

xdx

89

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

4.5 Derivata di una distribuzione

La derivata di una distribuzione si definisce in modo tale che se T e rappresentatada una funzione f derivabile sia DT = f ′. Per una tale f e

∫f ′(x)ϕ(x)dx =

��������0

f(x)ϕ(x)∣∣∣∣+∞

−∞−∫

f(x)ϕ′(x)dx = −∫

f(x)ϕ′(x)

perche fϕ → 0 a ±∞. Si definisce allora

〈DT, ϕ〉 = − ⟨T, ϕ′⟩La definizione ha senso: se ϕ ∈ D (o in S) allora ϕ′ ∈ D (o in S), il funzionale cosıdefinito e lineare e continuo (perche se ϕn

D−→ 0 anche ϕ′n

D−→ 0, e analogamente in S).Dato che ϕ ∈ D (o in S) ⇒ ϕ′ ∈ D (o in S) si puo definire la derivata di ogni ordine:⟨

DkT, ϕ⟩

= (−1)k⟨T, ϕ(k)

⟩Lemma 4.9. La derivata di ordine k, Dk : D′ → D′, e continua.

Dimostrazione . Infatti se Tn → T allora DTn → DT , dato che

〈DTn, ϕ〉 = − ⟨Tn, ϕ′⟩ −→ − ⟨T, ϕ′⟩ = 〈DT, ϕ〉

Analogamente per gli altri ordini di derivazione.

Come per le funzioni

Lemma 4.10. Se T e pari (dispari) allora DT e dispari (pari).

Dimostrazione . Infatti, se ϕ e pari 〈DT, ϕ〉 = −〈T, ϕ′〉 = 0 dato che ϕ′ e dispari e T epari. Discorso analogo per il caso T dispari.

Consideriamo ora una distribuzione rappresentata da una funzione f che sia C1 a trattie tale che esistono finiti i limiti destro e sinistro nei punti di non derivabilita.Supponiamo dapprima che ci sia un solo punto, x0, dove f non e derivabile:

〈Df, ϕ〉 = − ⟨f, ϕ′⟩ = −(∫ x0

−∞+∫ +∞

x0

)f(x)ϕ′(x)dx

= −f(x)ϕ(x)∣∣∣∣x0

−∞− f(x)ϕ(x)

∣∣∣∣+∞

x0

+(∫ x0

−∞+∫ +∞

x0

)f ′(x)ϕ(x)dx

=[−f(x−

0 ) + f(x+0 )]ϕ(x0) +

(∫ x0

−∞+∫ +∞

x0

)f ′(x)ϕ(x)dx

= 〈d(x0)δ(x − x0), ϕ〉 +⟨{

f ′}, ϕ⟩

90

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4.6 Successioni convergenti alla δ(x)

dove d(x0) e la discontinuita in x0 e⟨{f ′}, ϕ

⟩=(∫ x0

−∞+∫ +∞

x0

)f ′(x)ϕ(x)dx

cioe {f ′} e la distribuzione della derivata calcolata nei tratti in cui esiste. Ad esempio,in questo modo si trova che Dθ(x) = δ(x).Se si ha piu di un punto di discontinuita, spezzando l’integrale nei vari tratti si ha

Df =∑

i

d(xi)δ(x − xi) +{f ′}

Esempio: calcoliamo la derivata di θ(x)/√

x:⟨D

θ(x)√x

, ϕ

⟩= −

∫ +∞

0

ϕ′(x)√x

dx = − limε→0

∫ +∞

ε

ϕ′(x)√x

dx

= − limε→0

[ϕ(x)√

x

∣∣∣∣∞ε

−∫ ∞

εϕ(x)

d

dx

1√x

dx

]= lim

ε→0

[ϕ(ε)√

ε+∫ ∞

εϕ(x)

d

dx

1√x

dx

]Separatamente entrambi i termini non hanno limite (il secondo perche x−3/2 non e L1

in un intorno dell’origine). Aggiungo e sottraggo ϕ(0) nel secondo integrale e ottengo⟨D

θ(x)√x

, ϕ

⟩= lim

ε→0

[ϕ(ε)√

ε+∫ ∞

ε

[ϕ(x) − ϕ(0)

] d

dx

1√x

dx + ϕ(0)∫ ∞

ε

d

dx

1√x

dx

]= lim

ε→0

[ϕ(ε) − ϕ(0)√

ε+∫ ∞

ε

[ϕ(x) − ϕ(0)

] d

dx

1√x

dx

]=∫ ∞

0

[ϕ(x) − ϕ(0)

] d

dx

1√x

dx

e stavolta l’integrale esiste.

4.6 Successioni convergenti alla δ(x)

Il fatto che sia Dθ(x) = δ(x) e che D sia continua ha come conseguenza che se fn(x) →θ(x), gn(x) = f ′

n(x) → δ(x), e questo ci mostra un modo per trovare successioni difunzioni che tendono alla δ(x).In particolare sia g(x) tale che ∫ +∞

−∞g(x)dx = 1 1

1Non e necessario che g ∈ L1, basta che esista

limL,L′→∞

+L′

−L

g(x)dx

Ad esempio g(x) = sin x/πx va bene.

91

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

Sia ora

hn(x) = n

∫ x

−∞g(nt)dt =

∫ nx

−∞g(t)dt

facendo tendere n → ∞ puntualmente, per x > 0 si ha che hn → 1, mentre per x < 0 ehn → 0. Ne segue che hn − θ → 0 nel senso delle distribuzioni. Infatti

〈hn − θ, ϕ〉 =∫ 0

−∞hn(x)ϕ(x)dx +

∫ +∞

0

(hn(x) − 1

)ϕ(x)dx

hn(x) e limitata e continua e |hn| e maggiorabile con una costante indipendente da n,dato che ∣∣∣∣∫ nx

−∞g(t)dt

∣∣∣∣ < A

perche∫ x−∞ g(t)dt tende a 0 a −∞ ed a 1 a +∞; ne segue che sia hnϕ che (hn − 1)ϕ

tendono a zero puntualmente e sono maggiorate da A|ϕ| e B|ϕ| che sono in L1, quindisi puo passare il limite sotto il segno di integrale.Dato che hn → θ si ha che

h′n(x) = ng(nx) −→ δ(x)

Ad esempio, per g(x) = sin x/πx si ha

sinnx

x−→ δ(x)

oppure per g(x) = 1/π(1 + x2) si ha

1nπ

11n2 + x2

−→ δ(x)

Di fatto si puo dimostrare addirittura che ogni distribuzione di D′ e il limite nel sensodi D′ di una successione di funzioni di D (pensate come distribuzioni di D′, in quantolocalmente integrabili).

4.6.1 Definizioni di δ(f(x)

)Ricordando che

δ(x) = limn→∞ δn(x) con, ad esempio, δn(x) =

1nπ

11n2 + x2

si definisce in modo ovvio δ(f(x)

). Vediamo per quali f esiste il limite. Supponiamo f

continua, consideriamo l’intervallo chiuso I in cui f �= 0, sara f2 � m2 > 0, allora

1n

11n2 + f2

<1n

1f2

� 1n

1m2

92

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4.7 Serie convergenti nel senso delle distribuzioni

per cui in I

〈δn(f), ϕ〉 =∫

I

1nπ

ϕ(x)1n2 + f2(x)

dx −→ 0

Sia, invece, I cosı piccolo da contenere un solo zero, x0, di f e supponiamo che f siamonotona in I (il che esclude che f ′(x0) possa essere zero), ad esempio f ′ > 0; si puofare il cambio di variabile z = f(x) per cui∫

I

1nπ

ϕ(x)1n2 + f2(x)

dx =∫ +β

−αdz

∣∣∣∣dx

dz

∣∣∣∣ 1nπ

ϕ(x(z)

)1n2 + z2

=∫ +β

−α

1nπ

g(z)1n2 + z2

dz

con α, β > 0 e g(z) continua. Ponendo ε = 1/n e facendo il cambio di variabile z = εtl’integrale diventa ∫ +β/ε

−α/ε

g(εt)1 + t2

dt =∫ +∞

−∞1π

g(εt)1 + t2

χ[−αε

, βε ]dt

Il modulo dell’integrando e maggiorabile con una funzione di L1∣∣∣∣ 1π g(εt)1 + t2

χ[−αε

, βε ]

∣∣∣∣ < max[α,β]

|g| 1π

11 + t2

si puo allora passare il limite sotto il segno di integrale e si trova

limε→0

∫ +∞

−∞1π

g(εt)1 + t2

χ[−αε

, βε ]dt =

∫ +∞

−∞limε→0

(1π

g(εt)1 + t2

χ[−αε

, βε ]

)dt = g(0)

Cioe il contributo a 〈δ(f), ϕ〉 dell’intervallo I e

ϕ(x0)|f ′(x0)| =

⟨δ(x − x0)|f ′(x0)| , ϕ

⟩Poiche questo discorso si puo ripetere per ogni zero xi di f si ha

δ(f(x)

)=

n∑i=0

δ(x − xi)|f ′(xi)|

Si capisce che deve essere, come si e assunto, f ′(xi) �= 0 se f(xi) = 0. Ad esempio

δ(x2 − a2) =12a

[δ(x − a) + δ(x + a)]

4.7 Serie convergenti nel senso delle distribuzioni

Iniziamo con le distribuzioni in D′: siano fn localmente integrabili (allora fn ∈ D′) e taliche

S =∞∑

n=0

fn

93

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

converge uniformemente su ogni compatto. Allora anche S e localmente integrabile inquanto, detta SN la somma parziale N -esima,

|S| � |S − SN | + |SN | < ε + SN

e N e indipendente dal compatto e SN e localmente integrabile. Quindi anche S e in D′

e

SN =N∑

n=0

fnD′−→ S =

∞∑n=0

fn

infatti|〈S − SN , ϕ〉| �

∫|S − SN | |ϕ|dx < ε

∫|ϕ|dx

Allora S e derivabile quante volte si vuole e, per la continuita della derivata,

DS = D limN→∞

SN = limN→∞

DSN = limN→∞

N∑n=0

f ′n =

∞∑n=0

f ′n

Idem per derivata di qualunque ordine. Cioe anche se le fn sono tali che la serie dellederivate non converge ne puntualmente, ne L2, ne uniformemente, essa converge nelsenso delle distribuzioni di D′. Ad esempio, consideriamo

fn(x) =1n2

einx per n �= 0

E facile vedere che, in [0, 2π], e

f(x) =∑

n∈Z�{0}fn(x) =

x2

2− πx +

π2

3(4.6)

Infatti

D2∑

n∈Z�{0}fn(x) = −

∑n∈Z�{0}

einx = 1 −∑n∈Z

einx = 1 − 2π∑n∈Z

δ(x − 2nπ)

Questo dice che f(x) e continua, f ′(x) ha discontinuita −2π in x = 2nπ e {f ′′} = 1, cioe

f(x) =x2

2+ ax + b

imponendo la continuita (la discontinuita della derivata e una condizione equivalente) e∫ 2π

0f(x)dx = 0

si trova la (4.6). Si trova anche che⟨∑n∈Z

einx, ϕ

⟩=∑n∈Z

ϕ(n)

94

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4.7 Serie convergenti nel senso delle distribuzioni

poiche per la decrescenza rapida di ϕ ∈ S∑n∈Z

|ϕ(n)| < ∞

non esiste problema di riordinamento della serie.Occupiamoci ora di S ′: siano fk localmente integrabili e tali che fk/(1 + |x|nk) ∈ L1

(allora fk ∈ S ′) e sia

S =∞∑

k=0

fk

convergente uniformemente su R. Allora, analogamente a quanto visto per le distribu-zioni in D′, esiste

limN→∞

〈SN , ϕ〉 = 〈S, ϕ〉e, per la completezza di S ′, si ha che S ∈ S ′. Al solito, per la continuita di D, e

D∞∑

k=0

fk =∞∑

k=0

f ′k

Il caso piu comune in cui queste considerazioni servono e con la serie di Fourier∑k∈Z

akeikx

Se esiste n tale che ∑k∈Z

|ak||k|n < ∞

allora ∑k∈Z�{0}

ak

kneikx

rappresenta una funzione continua, perche la serie converge uniformemente, e∑k∈Z�{0}

akeikx = (−1)nDn∑k∈Z

ak

kneikx

Osservazione: Si puo dimostrare che ogni distribuzione T ∈ S ′ e la derivata di ordine nnel senso delle distribuzioni di una funzione continua f di crescita al piu polinomiale

T = Dnf

Cio e localmente vero anche per T ∈ D′, cioe, dato un intervallo I, per tutte le ϕ asupporto contenuto in I avviene che

〈T, ϕ〉 =⟨f (n), ϕ

⟩con f continua.

95

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

In particolare questo avviene per le distribuzioni a supporto compatto, perche se η = 1in un aperto I che contiene il supporto di T , per il lemma 4.4 e T = ηT , cioe

〈T, ϕ〉 = 〈ηT, ϕ〉 = 〈T, ηϕ〉

ed il supporto di ηϕ e contenuto nel supporto di η. Allora, essendo T = f (n), si ha

〈T, ηϕ〉 =⟨f (n), ηϕ

⟩= (−1)n 〈f,Dn(ηϕ)〉 = (−1)n

∫f(x)Dn

(η(x)ϕ(x)

)dx

Dn(ηϕ) e la somma di termini del tipo ηkϕ(n−k) e∫f(x)ηk(x)ϕ(n−k)(x)dx =

∫gkϕ

(n−k)(x)dx = (−1)n−kDn−kgk(x)

dove si e posto gk = fη(k). In conclusione risulta

T =n∑

i=0

Digi = Dng

con g continua. Ad esempio: D2(xθ(x)

)= δ(x).

4.8 Moltiplicazione di una distribuzione per una funzione

Se T e rappresentata da una funzione f(x) e g(x) e un’altra funzione, f(x)g(x) puo essereuna distribuzione se essa e localmente integrabile (D′) e si comporta bene a ±∞ (S ′).Pero cio puo accadere per una certa f e non per un’altra. Perche g possa moltiplicareogni distribuzione deve accadere che

〈gT, ϕ〉 =∫

g(x)f(x)ϕ(x)dx = 〈T, gϕ〉

ovvero gϕ deve essere una funzione test per ogni ϕ e questo avviene se g ∈ C∞ (D′) e,per ogni k, le g(k) crescono al piu come potenze (S ′).Per distribuzioni particolari, il prodotto gT e definito anche per g piu generali. Peresempio, se T e a supporto compatto, basta che g sia C∞ su un aperto che include ilsupporto di T . Anzi, ricordando che per T a supporto compatto vale la (4.3), si vede cheT puo essere esteso alle funzioni CN con supporto in un aperto A che include il supportodi T in modo che continui a valere

| 〈T, ϕ〉 | � M supk�N

∣∣∣ϕ(k)i

∣∣∣Questo ci dice che il funzionale esteso e continuo su CN con la definizione che

ϕi −→ 0 se supk�N

∣∣∣ϕ(k)i

∣∣∣ −→ 0

96

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4.8 Moltiplicazione di una distribuzione per una funzione

Allora 〈gT, ϕ〉 = 〈T, gϕ〉 e definito purche g ∈ CN .Tornando al caso generale, per cui aT e definito per ogni T , vale per la derivata la solitaregola

D(aT ) = a′T + aDT

infatti

〈D(aT ), ϕ〉 = − ⟨T, aϕ′⟩ = − ⟨T, D(aϕ) − a′ϕ⟩

= 〈DT, aϕ〉 +⟨T, a′ϕ

⟩=⟨aDT + a′T, ϕ

⟩Stessa cosa per le derivate successive.Osservazione: Si verifica facilmente per calcolo diretto che

a(x)δ(x) = a(0)δ(x) e che a(x)δ′(x) = a(0)δ′(x) + a′(0)δ(x)

Si puo ora verificare che per T ∈ S ′ valgono le stesse relazioni fra T e FT che si hannoper le funzioni:

(i) F(DT ) = iωFT , infatti

〈F(DT ), ϕ〉 = 〈DT, Fϕ〉 = −〈T, D(Fϕ)〉= −〈T, F(iωϕ)〉 = −〈FT, iωϕ〉 = 〈−iωFT, ϕ〉

(ii) F(xT ) = −iD(FT ), infatti

〈F(xT ), ϕ〉 = 〈xT, Fϕ〉 = 〈T, xFϕ〉 = x

∫ϕ(ω)eiωxdω

=∫

ϕ(ω)(−i

d

dωeiωx

)dω = i

∫(Dϕ)eiωxdω

= 〈T, iF(Dϕ)〉 = 〈iFT, Dϕ〉 = 〈−D(FT ), ϕ〉

(iii) F(T (x − a)) = eiωaFT , infatti

〈F(T (x − a)), ϕ〉 = 〈T (x − a), Fϕ〉 = 〈T, (Fϕ)(x + a)〉=⟨T, F(ϕeiωa)

⟩=⟨FT, ϕeiωa

⟩=⟨eiωaFT, ϕ

⟩essendo

(Fϕ)(x + a) =∫

eiω(x+a)ϕ(ω)dω = F(ϕeiωa)

4.8.1 Soluzioni di xT = 0

Cerchiamo la distribuzione T ∈ D′ tale che xT = 0, questo significa che T deve esseretale che 〈xT, ϕ〉 = 0 ∀ ϕ ∈ D, cioe 〈T, ψ〉 = 0 se ψ = xϕ, ovvero ψ/x ∈ D.Una condizione necessaria e che sia ψ(0) = 0, tale condizione e anche sufficiente: infatti,se ψ(0) = 0 si ha che

ψ(x) =∫ x

0ψ′(t)dt = x

∫ 1

0ψ′(xz)dz cioe

ψ(x)x

=∫ 1

0ψ′(xz)dz ∈ C∞

97

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

Ora se χ ∈ D e tale che χ(0) = 1, una generica α(x) ∈ D si puo scrivere come unacombinazione di ψ e χ:

α(x) = [α(x) − α(0)χ(x)] + α(0)χ(x)

la quantita in parentesi e nulla in x = 0, quindi

α(x) − α(0)χ(x) = ψ(x) = xϕ(x)

per qualche ϕ, e

〈T, α(x) − α(0)χ(x)〉 = 〈T, xϕ(x)〉 = 〈xT, ϕ(x)〉 = 0

Ne segue che e

〈T, α(x)〉 = 〈T, α(0)χ(x)〉 = α(0) 〈T, χ(x)〉 = λα(0) = 〈λδ(x), α(x)〉

cioe T = λδ(x). La δ(x) e l’unica distribuzione, a meno di costante moltiplicativa, in D′

(e quindi in S ′) tale che xT = 0.

4.8.2 Soluzioni di xnT = 0

Per quanto appena visto, essendo xnT = x(xn−1T ) = 0, si deve avere xn−1T = λδ(x).Se V e soluzione di xV = λδ(x) allora, ponendo xn−2T = V + W , si puo scrivere

x(V + W ) = xV + xW = λδ(x) + xW con xW = 0

ovvero W = μδ(x). Ora tale V vale V = −λδ′(x), infatti⟨xδ′(x), ϕ

⟩=⟨δ′(x), xϕ

⟩= −〈δ(x), D(xϕ)〉 = − ⟨δ(x), xϕ′ + ϕ

⟩= −〈δ(x), ϕ〉

Allora xn−2T = λδ′(x) + μδ(x). Proseguendo cosı si ottiene la soluzione di xnT = 0 chevale

T =n−1∑k=0

akδ(k)(x)

4.8.3 Soluzioni di f(x)T = 0

Supponiamo f ∈ C∞ e tale che in ogni compatto f ha un numero finito di zeri. Siaϕ ∈ D, detto K il supporto di ϕ, ho che K contiene x1, ..., xn zeri di f . Copro K conun numero finito di aperti Ai tali che ogni Ai contiene solo lo zero xi. Per il lemma 4.1esistono le funzioni ηi ∈ D(Ai) tali che

n∑i=1

ηi = 1

98

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4.9 Equazioni differenziali per le distribuzioni

su un aperto che contiene K e che degli zeri di f contiene solo quelli contenuti in K;allora

〈T, ϕ〉 =

⟨T,

n∑i=1

ηiϕ

⟩=

⟨n∑

i=1

ηiT, ϕ

⟩=

⟨n∑

i=1

Ti, ϕ

⟩con Ti = ηiT . Se il supporto di ηi non contiene uno zero di f , ηi/f ∈ C∞ e quindi

Ti =ηi

f(fT ) = 0

Se il supporto di ηi contiene uno zero di f di ordine ki, (x − xi)kiηi/f ∈ C∞ e quindi

(x − xi)kiTi =(x − xi)kiηi

f(fT ) = 0 =⇒ Ti =

ki−1∑j=0

ajδ(j)(x − xi)

Ripetendo il ragionamento per tutti gli zeri, si ha allora che

T =n∑

i=1

ki−1∑j=0

aijδ(j)(x − xi) 2

4.9 Equazioni differenziali per le distribuzioni

4.9.1 Soluzione di DnT = 0

Iniziamo vedendo che in D′ (e quindi anche in S ′) l’equazione DT = 0 ha come soluzioneT =cost. Infatti deve essere 〈DT, ϕ〉 = −〈T, ϕ′〉 = 0 per ogni ϕ ∈ D, cioe 〈T, ψ〉 = 0 seψ = ϕ′. Se ψ = ϕ′ e ∫ +∞

−∞ψ(x)dx = ϕ(x)

∣∣∣∣∞−∞

= 0

Questa condizione e anche sufficiente, perche e

ψ(x) =d

dx

∫ x

−∞ψ(t)dt

e ϕ(x) =∫ x−∞ ψ(t)dt e C∞ ed e a supporto compatto se

∫∞−∞ ψ(t)dt = 0.

Ora, per una ψ generica si puo sempre, fissata una ω ∈ D normalizzata ad 1, decomporre

ψ(x) =[ψ(x) − ω(x)

∫ψ(t)dt

]+ ω(x)

∫ψ(t)dt (4.7)

2Piu brutalmente il risultato trovato si puo spiegare nel modo seguente: f(x)T = 0 significa che in unintorno di x0, zero di f di ordine k (in tale intorno f ∼ (x − x0)

k) e (x − x0)kT = 0, ovvero in tale

intorno

T =

k−1

j=0

ajδ(j)(x − x0)

99

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

la parentesi e ad integrale nullo (e cioe la derivata di una funzione) e 〈T, [...]〉 = 0, allora

〈T, ψ〉 = 〈T, ω〉∫

ψ(t)dt = cost∫

ψ(t)dt = 〈cost, ψ〉

cioe T =cost. Ne segue che DnT = 0 ha come soluzione un polinomio di grado n − 1,infatti

D(Dn−1T ) = 0 =⇒ Dn−1T = a0 = D(a0x)

cioe

D(Dn−2T − a0x) = 0 =⇒ Dn−2T − a0x = a1

continuando cosı si trova T = Pn−1(x).

4.9.2 Soluzione di DT = V

Troviamo ora la primitiva V di una distribuzione, ovvero risolviamo l’equazione DT = V .E chiaro che due primitive possono differire solo per una costante: se T1 e T2 risolvono siha D(T1 −T2) = 0 e quindi T1 −T2 =cost. Verifichiamo che la primitiva esiste: DT = Vsignifica 〈DT, ϕ〉 = −〈T, ϕ′〉 = 〈V, ϕ〉 ovvero, sulle ψ tali che ψ = −ϕ′ la distribuzioneT e definita da 〈T, ψ〉 = 〈V, ϕ〉. De componendo ψ come in (4.7) si ha

〈T, ψ〉 =⟨T,−ϕ′⟩+ 〈T, ω〉

∫ψ(t)dt = 〈V, ϕ〉 + cost

∫ψ(t)dt = 〈V, ϕ〉 + 〈cost, ψ〉

Il secondo termine e la costante di cui si sapeva gia, il primo, in cui e

ϕ(x) = −∫ x

−∞

[ψ(t) − ω(t)

∫ψ(y)dy

]dt

rappresenta una distribuzione di D′, se V lo e. La linearita e evidente; per la continuitabasta verificare che se ψn

D−→ 0 anche ϕnD−→ 0. La condizione sui supporti e verificata,

dato che i supporti delle ψn sono tutti inclusi in un compatto K che posso prendere cosıgrande da includere anche il supporto di ω. La convergenza uniforme delle derivate eevidente, infatti ψn

D−→ 0 implica che ψ(k)n → 0 uniformemente, e∣∣∣∣∫ ψn(t)dt

∣∣∣∣ �∫

K|ψn|dt < ε μ(K) −→ 0

(μ(K) rappresenta la misura di K

), ma anche |ϕn| → 0 uniformemente perche

|ϕn(x)| �∫

K

[|ψn| + |w|

∫|ψn|dy

]dt =

(1 +

∫|ω|dt

)∫|ψn|dt −→ 0

100

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4.9 Equazioni differenziali per le distribuzioni

4.9.3 Soluzione di DT = a(x)T + V

Partiamo dall’equazione omogenea

DT = a(x)T con a ∈ C∞

in D′ ha le soluzioni classiche. Infatti, se u(x) e una soluzione classica non nulla (e cioel’esponenziale), ponendo T = uZ (cioe definendo Z = u−1T ), si ricava per Z

u′(x)Z + u(x)DZ = a(x)u(x)Z

da cui DZ = 0, cioe Z =cost, e quindi T = cost u(x).

Osservazione: In S ′ la soluzione non nulla puo non esistere: ad esempio, l’equazioneDT −xT = 0 ha in D′ la soluzione classica u(x) = cex2/2 �∈ S ′, a meno che non sia c = 0.

Passando ora all’equazione non omogenea si trova

u′(x)Z + u(x)DZ = a(x)u(x)Z + V

cioe DZ = u−1(x)V e quest’ultima, come si e visto, ha soluzione in D′.

4.9.4 Soluzione di un’equazione di ordine n

Consideriamo l’equazione

DnT + an−1(x)Dn−1T + ... + a0(x)T = V con ak ∈ C∞ (4.8)

Ci si riporta, come nel caso classico, ad un sistema di equazioni differenziali del primoordine, per il quale si ragiona come prima. Si pone Yk = Dk−1T per cui

DYk = Yk+1(1 − δkn) + δkn

(V −

n−1∑k=0

ak(x)Yk+1

)per 1 � k � n

che ha la forma di un sistema lineare

DY + A(x)Y = B

con Bk = 0 se V = 0. Il caso omogeneo ha n soluzioni linearmente indipendenti, u(i),e l’indipendenza lineare dice che la matrice Uri = u

(i)r ha determinante diverso da zero.

Essa e tale cheDUri = Du(i)

r = −Arsu(i)s = −(AU)ri

cioeDU + AU = 0

L’equazione omogenea ha solo le soluzioni classiche, perche se Y = UZ si ha

D(UZ) + (AU)Z = (DU)Z + UDZ + (AU)Z = UDZ = 0

101

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

da cui DZ = 0, ovvero Z =cost e quindi Yk = (UZ)k = u(r)k cr. Per l’equazione non

omogenea, ponendo ancora Y = UZ, si ricava per Z l’equazione

UDZ = B cioe DZ = U−1B

e quest’ultima ha soluzione determinata a meno di un vettore costante.Considerazioni come le precedenti valgono per D′(A), A aperto.

Osservazione: Quanto detto vale se l’equazione e nella forma (4.8), se cosı non e, leconclusioni tratte possono essere false. Ad esempio, se consideriamo l’equazione xDT = 0si ha DT = aδ(x) = aDθ(x), cioe T = aθ(x) + b. Si ha cosı una famiglia di soluzionidipendente da due costanti.

4.10 Distribuzioni a supporto puntiforme

Abbiamo visto che le distribuzioni a supporto compatto sono le distribuzioni di E ′ e cheper tali distribuzioni esiste un intero N , detto ordine della distribuzione, per cui vale la(4.3). Vediamo ora che se T ha supporto in x = 0 allora

T =N∑

k=0

ckδ(k)(x)

Innanzitutto mostriamo la validita della seguente

Osservazione: Se T e a supporto in x = 0 e ϕ e tale che ϕ(k)(0) = 0 per k � N , allora〈T, ϕ〉 = 0.

Dimostrazione . Consideriamo la solita funzione η(x) che vale 1 in un aperto che contieneil supporto di T , ovvero in un intorno di x = 0. Per ogni ε, si ha allora

T = η(x)T = η(x

ε

)T

Presa ϕ tale che ϕ(k)(0) = 0 per k � N e

〈T, ϕ〉 =⟨η(x

ε

)T, ϕ

⟩=⟨T, η

(x

ε

)ϕ⟩

Ora usiamo la (4.3) per ψ = η(x/ε)ϕ, che e zero per |x| > ε. Avremo, per ogni k

Dk[η(x

ε

)ϕ(x)

]=

k∑j=0

(kj

)Djη

(x

ε

)Dk−jϕ(x) =

k∑j=0

(kj

)1εj

η(j)(x)ϕ(k−j)(x)

Usando la formula di Taylor con il resto di Lagrange si puo scrivere

ϕ(k−j) = ϕ(k−j)(0)+xϕ(k−j+1)(0)+...+xN−k+j

(N − k + j)!ϕ(N)(0)+

xN+1−k+j

(N + 1 − k + j)!ϕ(N+1)(ξ)

102

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4.11 Convoluzione

Sopravvive solo l’ultimo termine che sara in modulo maggiorato da una costante perεN+1−k+j , in conclusione∣∣∣Dk

[η(x

ε

)ϕ(x)

]∣∣∣ � A εN+1−k � B ε

dato che al meglio k = N , e quindi

|〈T, ϕ〉| � B ε

Dato che quanto detto vale per ogni ε e che B non dipende da ε si ha 〈T, ϕ〉 = 0.

Per una ϕ generica, scriviamo

ϕ(x) =[ϕ(x) − ϕ(0) − xϕ′(0) + ... − xN

N !ϕ(N)(0)

]+[ϕ(0) + xϕ′(0) + ... +

xN

N !ϕ(N)(0)

]La prima parentesi moltiplicata per η(x) in x = 0 ha tutte le derivate di ordine k � Nnulle (dato che η(k)(0) = 0), quindi

〈ηT, ϕ〉 = 〈T, ηϕ〉 =

⟨T, η(x)

N∑k=0

xk

k!ϕ(k)(0)

⟩=

N∑k=0

ϕ(k)(0)⟨

T, η(x)xk

k!

=N∑

k=0

ckϕ(k)(0) =

⟨N∑

k=0

(−1)kckδ(k)(x), ϕ(x)

4.11 Convoluzione

Vogliamo ora introdurre un’operazione che abbia le proprieta della convoluzione frafunzioni ma che sia definita sulle distribuzioni. Ci aspettiamo che continuino a valere leseguenti proprieta:

(i) f ∗ g = g ∗ f ;

(ii) δ ∗ f = f ;

(iii) δ(n) ∗ f = f (n);

(iv) D(f ∗ g) = f ′ ∗ g = f ∗ g′.

Se f, g ∈ L1, h = f ∗ g ∈ L1, allora

〈h, ϕ〉 =∫

f(x − y)g(y)ϕ(x)dxdy =∫

f(z)g(y)ϕ(y + z)dydz

questo suggerisce di definire

〈f ∗ g, ϕ〉 = 〈f(x)g(y), ϕ(x + y)〉 (4.9)

103

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

in cui fg ∈ L1(R2). Pero ϕ(x + y) non e una funzione test in quanto in generale non ea supporto compatto.Se f (o g) ha supporto compatto il problema non esiste, infatti in tal caso f(x) =η(x)f(x) (con η la solita funzione che vale 1 su un aperto che contiene il supporto di f)e quindi

〈η(x)f(x)g(y), ϕ(x + y)〉 = 〈f(x)g(y), η(x)ϕ(x + y)〉e η(x)ϕ(x + y) ha supporto compatto in R2 se ϕ lo ha in R, come appare evidente infigura:

x

y

abc d

x + y = a

x + y = b

dove [a, b] e il supporto di ϕ, [c, d] contiene il supporto di η, e la zona tratteggiata e ilsupporto di η(x)ϕ(x + y).Osservazione: Se ϕ ∈ S, η(x)ϕ(x + y) ∈ S(R2).

Dimostrazione . Infatti, per certi ajk,

Dpx Dq

y

(η(x) ϕ(x + y)

)=∑j,k

ajk η(j)(x) ϕ(k)(x + y)

e∣∣xnymη(j)(x)ϕ(k)(x + y)

∣∣ e limitato perche |xnη(j)(x)| e limitato e

∣∣∣ϕ(k)(x + y)∣∣∣ � M

1 + |x + y|m+1�

⎧⎪⎪⎨⎪⎪⎩M

1 + |y − a|m+1per y > a

M

1 + |y + a|m+1per y < −a

dove [−a, a] e tale da contenere il supporto di η, per cui anche |ymϕ(k)| risulta limitato.

Osservazione: Si puo verificare che la distribuzione definita da 〈f(x)g(y), η(x)ϕ(x + y)〉e continua su S(R2).Un altro caso fisicamente significativo in cui e lecito definire il prodotto di convoluzionetramite la (4.9) e quando f e g hanno supporti limitati entrambi a sinistra (o a destra),

104

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4.11 Convoluzione

infatti in tal caso il supporto di ϕ(x + y) risulta compatto. Le ragioni di cio appaionoevidenti, ad esempio, dalla figura seguente:

x

y

abcx

cy

x + y = a

x + y = b

in cui si e supposto f, g con supporti entrambi limitati a sinistra ([a, b] e il supporto diϕ, [cx, +∞[ il supporto di f(x), [cy, +∞[ il supporto di g(y) e la zona tratteggiata e ilsupporto di ϕ(x + y)).Quanto visto suggerisce che per definire il prodotto di convoluzione tramite la (4.9) nelcaso piu generale si possa ”a forza” rendere compatto il supporto della ϕ (o rendere laϕ ∈ S) moltiplicandola per ηn(x, y) con la condizione che ηn → 1 su ogni compatto, conderivata uniformemente limitata, e definire cosı

〈f(x)g(y), ϕ(x + y)〉 = limn→∞ 〈f(x)g(x), ηn(x, y), ϕ(x + y)〉

tutte le volte che tale limite esiste indipendentemente dalla successione ηn scelta.Per applicare questi concetti alle distribuzioni non descritte da funzione e necessarioprima considerare il prodotto diretto di due distribuzioni A ⊗ B.

4.11.1 Prodotto di due distribuzioni

L’idea e di definire sulle funzioni di D(R2) o di S(R2)

〈A ⊗ B, ϕ(x, y)〉 =⟨

A(x) , 〈B(y), ϕ(x, y)〉 ⟩ (4.10)

La prima cosa e esaminare le proprieta di ψ(y) = 〈T (x), ϕ(x, y)〉 come funzione di y.

Lemma 4.11. Per ϕ(x, y) ∈ D(R2) risulta che ψ ∈ D e che

Dkψ =⟨

T (x),∂kϕ

∂yk(x, y)

⟩Dimostrazione . La funzione ψ e a supporto compatto dato che ϕ ∈ D ed e continua:

ψ(y + h) − ψ(y) = 〈T (x), ϕ(x, y + h) − ϕ(x, y)〉

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

Se al posto di h penso ad una successione hn si ha che

ζn = ϕ(x, y + hn) − ϕ(x, y) D−→ 0

dato che ∂∂p xpϕ(x, y) e uniformemente continua in x, y e quindi |Dk

xζn| < ε per |hn|sufficientemente piccolo. Per mostrare la derivabilita considero

ψ(y + hn) − ψ(y)hn

−⟨

T (x),∂ϕ

∂y(x, y)

⟩=⟨

T (x),ψ(y + hn) − ψ(y)

hn− ∂ϕ

∂y(x, y)

⟩Per Taylor la ζn su cui T agisce e ∂

∂yϕ(x, yn) − ∂∂yϕ(x, y) (dove |yn| < hn) che per

l’uniforme continuita e piccola uniformemente. Lo stesso vale per Dkxζn, quindi il secondo

membro tende a zero nel senso di D per cui il limite del rapporto incrementale e proprioquello voluto. Allo stesso modo si ragiona per le derivate successive.

Allora la (4.10) definisce una distribuzione di D′(R2). E chiaro che allo stesso modo sivede che

〈B ⊗ A, ϕ(x, y)〉 =⟨

B(y) , 〈A(x), ϕ(x, y)〉 ⟩ (4.11)

definisce una distribuzione di D′(R2).

Lemma 4.12. Le due distribuzioni definite da (4.10) e da (4.11) sono uguali.

Dimostrazione . E chiaro che esse danno lo stesso risultato se applicate ad una funzionetest del tipo

ϕ(x, y) = α(x)β(y) con α, β ∈ Do ad una loro combinazione lineare, infatti

〈A ⊗ B, α(x)β(y)〉 =⟨

A(x) , 〈B(y), α(x)β(y)〉 ⟩ =⟨

A(x) , α(x)〈B(y), β(y)〉 ⟩= 〈A, α〉 〈B, β〉 =

⟨B(y) , β(y)〈A(x), α(x)〉 ⟩

=⟨

B(y) , 〈A(x), α(x)β(y)〉 ⟩Per concludere basta osservare cheOsservazione: Ogni ϕ ∈ D(R2) e tale che

ϕ(x, y) = limD

N∑p,q

apqαp(x)βq(y)

Allora per la continuita su D(R2) dei due modi di calcolare A⊗B, i risultati coincidono.

Dimostrazione dell’osservazione. Basta far vedere che

N∑p,q

αp(x)βq(y)

106

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4.11 Convoluzione

sono dense in D(R2). Supponiamo per semplicita di esposizione che ϕ(x, y) ∈ D(R2)abbia supporto in (0, π) × (0, π). E

ϕ(x, y) =∞∑p,q

apqeipxeiqy

e la serie converge uniformemente a ϕ. La serie delle derivate e la serie della derivata diϕ, e anche in questo caso c’e convergenza uniforme. Cosı per ogni derivata. Se η e lasolita funzione che vale 1 in un intorno di (0, π) allora

N∑p,q

apqη(x)eipxη(y)eiqy

converge a ϕ in D:

ϕ(x, y) − η(x)η(y)N∑p,q

apqeipxeiqy =

[ϕ(x, y) −

N∑p,q

apqeipxeiqy

]+

+ [1 − η(x)η(y)]N∑p,q

apqeipxeiqy

il primo termine converge uniformemente a zero con tutte le derivate, il secondo ancheperche e non nullo solo se ϕ = 0.

Vediamo alcune proprieta di questo prodotto:

(i) Esaminiamo il caso in cui B(y) = 1, si ha

〈A ⊗ 1, ϕ(x, y)〉 =⟨

A(x) , 〈1(y), ϕ(x, y)〉 ⟩ =⟨

A(x),∫

ϕ(x, y)dy

⟩=⟨

1(y) , 〈A(x), ϕ(x, y)〉 ⟩ =∫

〈A(x), ϕ(x, y)〉 dy

La relazione ⟨A(x),

∫ϕ(x, y)dy

⟩=∫

〈A(x), ϕ(x, y)〉 dy

e una sorta di scambio di ordine di integrazione come nel teorema di Fubini.

(ii) Per calcolo diretto si verifica che

Dx(A ⊗ B) = (DA) ⊗ B e che Dy(A ⊗ B) = A ⊗ (DB)

107

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

4.11.2 Convoluzione in D′

Per quanto detto sulle funzioni, se A (o B) e a supporto compatto oppure se A e Bhanno entrambe supporto limitato a sinistra (o a destra) e allora lecito definire

〈A ∗ B, ϕ〉 = 〈A ⊗ B, ϕ(x + y)〉

Verifichiamo che valgono ancora le proprieta valide per i prodotto di convoluzione di duefunzioni:

(i) Il prodotto di convoluzione continua ad essere commutativo dato che A⊗B = B⊗A.

(ii) La δ(x) e a supporto compatto, vale

〈δ ∗ B, ϕ〉 =⟨

B(y) , 〈δ(x), ϕ(x + y)〉 ⟩ = 〈B(y), ϕ(y)〉

cioeδ ∗ B = B

(iii) Per δ′(x) vale⟨δ′ ∗ B, ϕ

⟩=⟨

B(y) ,⟨δ′(x), η(x)ϕ(x + y)

⟩ ⟩=⟨

B(y) , −⟨δ(x), Dx

(η(x)ϕ(x + y)

)⟩ ⟩= − ⟨B(y), ϕ′(y)

⟩= 〈DB(y), ϕ(y)〉

cioe δ′ ∗ B = DB e analogamente per δ(n)(x) vale

δ(n) ∗ B = DnB

(iv) Per la derivata, supponendo B a supporto compatto (B = ηB),

〈D(A ∗ B), ϕ〉 = − ⟨A ∗ B, ϕ′⟩ = −⟨ A(x) ,⟨B(y), η(y)ϕ′(x + y)

⟩ ⟩= −⟨ A(x) ,

⟨B(y), Dx

(η(y)ϕ(x + y)

)⟩ ⟩= −⟨ A(x) , Dx〈B(y), η(y)ϕ(x + y)〉 ⟩=⟨

DA(x) , 〈B(y), ϕ(x + y)〉 ⟩= 〈(DA) ∗ B, ϕ〉

e analogamente per A a supporto compatto, vale allora

D(A ∗ B) = (DA) ∗ B = A ∗ (DB)

4.11.3 Convoluzione in S ′ e trasformata di Fourier di una convoluzione

Poiche e S ′ ⊂ D′ le considerazioni appena fatte continuano a valere. Interessiamoci ora divedere se, o in quali casi, A∗B ∈ S ′ e se, in tali casi, vale ancora che F(A∗B) = FA ·FB.Il caso piu semplice e quello di due funzioni:

108

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4.11 Convoluzione

(i) f, g ∈ L1, si ha che f ∗ g ∈ L1 e quindi f ∗ g ∈ S ′. Si ha allora che anche in S ′ eF(f ∗ g) = f · g, infatti

〈F(f ∗ g), ϕ〉 = 〈f ∗ g, Fϕ〉 =⟨

f ∗ g,

∫ϕ(ω)eiωxdω

⟩=∫

dx

∫dyf(x − y)g(y)

∫dωϕ(ω)eiωx

=∫

dωϕ(ω)∫

dx

∫dyf(x − y)g(y)eiω(x−y)eiωy

=∫

dωϕ(ω)∫

dzf(z)eiωz

∫dyg(y)eiωy

=⟨f · g, ϕ

⟩(ii) f ∈ L1, g ∈ L2. Se gL = gχ[−L,L] ∈ L1, e gL

L2−→ g e quindi

F(f ∗ gL) = f · gLL2−→ f · g

Questo implica che f · gLS′−→ f · g perche (f ∗ g ∈ L2 ⊂ S ′)∣∣∣∣∫ f(ω) [g(ω) − gL(ω)] ϕ(ω)dω

∣∣∣∣ � ‖g − gL‖ ‖f · ϕ‖ −→ 0

e questo significa che F−1(f · g) S′−→ f ∗ g.

(iii) f, g ∈ L2. In questo caso si sa che e∫f(x − y)g(y)dy =

12π

∫f(ω)g(ω)e−iωxdω

con f , g ∈ L1 e quindi f ∗ g ∈ S ′. Proviamo che nel senso di S ′ e F−1(f · g) = f ∗ g:e chiaro che per ogni T ∈ S ′ e⟨

F−1FT, ϕ⟩

= 〈T, ϕ〉 =⟨T, FF−1ϕ

⟩=⟨FT, F−1ϕ

⟩allora ⟨

F−1(f · g), ϕ⟩

=⟨f · g, F−1ϕ

⟩=⟨

f · g,12π

∫ϕ(x)e−iωxdx

⟩=

12π

∫dωf(ω)g(ω)

∫dxϕ(x)e−iωx

=12π

∫dxϕ(x)

∫dωf(ω)g(ω)e−iωx

=∫

dxϕ(x)∫

dyf(x − y)g(y) = 〈f ∗ g, ϕ〉

Nel caso di due distribuzioni generiche A, B ∈ S ′ la convoluzione esiste se A (o B) e asupporto compatto; in questo caso si ha ancora che F(A ∗ B) = FA · FB.

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4 Elementi di teoria delle distribuzioni

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5 Sistemi causali e relazioni di dispersione

Si definiscono sistemi causali quei sistemi lineari per i quali la risposta g(t) = L(f(t))dipende dai valori di f(x) per x � t. Poiche

g(t) =∫ +∞

−∞G(t − x)f(x)dx

per un tale sistema deve essere G(t) = 0 per t < 0.Per G causale e in L1 (o in L2), G(ω1 + iω2) e definita e analitica per ω2 > 0; infatti∫ n

0G(t)eiω1te−ω2tdt

e una funzione intera e l’integrale converge uniformemente a∫ ∞

0G(t)eiω1te−ω2tdt per |ω2| > 0

dato che∣∣∣∣∫ m

nG(t)eiω1te−ω2tdt

∣∣∣∣ �∫ m

n|G|e−ω2t �

∫ m

n|G|e−αtdt < ε per |ω2| � α > 0

perche Ge−αt ∈ L1 se G ∈ L1 (o L2).Se si aggiunge l’ipotesi G(z) analitica anche per z reale, G(z) → 0 per z → ∞ nelsemipiano superiore, si ottiene una relazione fra �e G e �m G. Se ω e reale, integrandola funzione

f(z) =G(z)z − ω

sul cammino

�e z

�m z

ω +R−R +ε−ε

ΓR

γε

si ha, per il teorema 1.3 di Cauchy I,(∫ ω−ε

−R+∫ R

ω+ε

)f(x)dx +

∫γε

f(z)dz +∫

ΓR

f(z)dz = 0

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5 Sistemi causali e relazioni di dispersione

Facendo i limiti

limε→0

∫γε

f(z)dz = −iπG(ω) e limR→∞

∫ΓR

f(z)dz = 0

si ottiene allora la relazione di dispersione

P∫

G(x)x − ω

dx = iπG(ω) (5.1)

che equivalentemente si puo scrivere con le due formule di Kramers–Kronig

�e G(ω) = P 1π

∫ �m G(x)x − ω

dx e �m G(ω) = −P 1π

∫ �e G(x)x − ω

dx (5.2)

Le relazioni ora scritte si trovano anche a partire dall’ipotesi che G sia analitica nelsemipiano superiore e che sia

‖G(ω1 + iω2)‖2 � ‖G(ω1)‖2 (5.3)

Preso ω nel semipiano superiore, basta integrare sul cammino

�e z

�m z

ω

R + ia−R + ia

R + ib−R + ib

e mandare R → ∞, b → ∞ ed a → 0.La relazione (5.1) di dispersione implica a sua volta che G(t) = 0 per t < 0 ovvero G ecausale. Infatti consideriamo l’operatore

F−1T f = F−1 1iπ

P∫

f(x)x − ω

dx

se applicato a ϕ ∈ S si trova

F−1 1iπ

P∫

ϕ(x)x − ω

dx = − 1iπ

F−1

(P 1

x∗ ϕ

)= 2iF−1

(P 1

x

)F−1 (ϕ)

= 2i

(12i

sgn(t))

ϕ(t) = sgn(t)ϕ(t)

Tale operatore e evidentemente limitato e puo essere esteso a tutto L2, allora

G(t) = F−1FG(t) = F−1TFG(t) = sgn(t)G(t)

Abbiamo cosı (parzialmente) dimostrato il

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Teorema 5.1 (di Titchmarsh). I seguenti fatti sono equivalenti:

(i) G ∈ L2 e causale;

(ii) G(ω1 + iω2) analitica per ω2 > 0 e ‖G(ω1 + iω2)‖2 � ‖G(ω1)‖2;

(iii) vale la relazione di dispersione (5.1).

Osservazione: Quando la funzione di Green non e in L2 non si puo usare il teorema 5.1.Se pero G e analitica nel semipiano superiore (per semplicita assumiamo che sia analiticaanche sull’asse reale) e G(ω)/ωn → 0 per ω → ∞, G e ancora causale.

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5 Sistemi causali e relazioni di dispersione

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Bibliografia

[1] G. Cicogna, Metodi Matematici per la Fisica – SEU

[2] W. Rudin, Real and Complex Analysis – McGraw-Hill

[3] H. F. Weinberger, A first course in Partial Differential Equations – Dover

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Bibliografia

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Indice analitico

ampiezza spettrale, 71analitica, 8armonica coniugata, 41armoniche, 41

condizioni di Cauchy–Riemann, 3

derivata di una distribuzione, 90distribuzione, 79distribuzioni

di Schwartz, 79infinitamente derivabili, 79temperate, 79

formula di Green, 48formula di Poisson, 48formula integrale di Cauchy, 12formule di Kramers–Kronig, 112funzione di Green, 52, 58funzioni test, 79

intera, 15

larghezza temporale, 71

olomorfa, 8ordine della distribuzione, 86

parita di una distribuzione, 87polo di ordine, 26principio del massimo

per funzioni analitiche, 16per funzioni armoniche, 50

principio di indeterminazione, 72problema di Dirichlet, 51problema di Neumann, 53

proiezione stereografica, 30prolungamento analitico, 20prolungamento analitico lungo una cur-

va, 22prolungamento armonico, 50punti simmetrici, 45punto di diramazione, 5punto singolare, 21punto singolare isolato, 25

relazione di dispersione, 112residuo, 28

serie bilatere, 18sfera dei numeri complessi, 31sfera di Riemann, 31singolarita essenziale, 27singolarita removibile, 26sistema lineare e indipendente dal tem-

po, 58sistemi causali, 111superficie di Riemann, 5supporto di una distribuzione, 84

taglio, 6tempo di salita, 73teorema

dei residuiesterni, 32interni, 29

del campionamento (sampling theo-rem), 73

della media, 49di Cauchy I, 10di Cauchy II, 11

117

Page 124: Metodi Matematici della Fisica II - UZ wikiOrsoBruno96/didattico/dispense metodi 2.pdf · 1 Introduzione all’analisi complessa Il modulo `e definito in modo unico e l’argomento

Indice analitico

di Liouville, 15di monodromia, 24di Morera, 13di Picard, 28di Rouche, 36

trasformata di Fourier di una distribu-zione, 87

trasformazioni bilineari, 43trasformazioni conformi, 43

valore principale di Cauchy, 75

zero di ordine, 21

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