Mercato, giochi e giocatori -...
Transcript of Mercato, giochi e giocatori -...
Marco Accordi RickardsFrancesca Vannucchi
Il videogiocoMercato, giochi e giocatori
0I_XXXII_Princ.indd 3 02/08/13 14:48
2. La produzione del videogioco
2.1 Lo sviLuppo (game deveLopment)
2.1.1 Il concept
A dispetto delle tecnologie necessarie per creare un videogioco, il punto di partenza di ogni processo di game development è lo stesso che ha animato ogni opera dell’ingegno dalla notte dei tempi: un’idea. La scintilla creativa e i mezzi per visualizzare un videogioco sono gli stessi di altre forme di espressione artistica. L’avvento di tecnologie sofisticate non ha diminuito la centralità dell’idea e il valore dell’originalità nella progettazione di videogiochi, a livello meccanico e narrativo e dell’interazione di queste due componenti.
Il videogioco è un mezzo in continua evoluzione, in quanto ogni opera interattiva può potenzialmente riscrivere le regole del mezzo. Chiaramente, esistono dei modelli di gioco (i «generi», come da convenzione della critica), ma anche un enorme margine di sperimentazione in ciascuno di essi e un bagaglio di know how da cui ogni creativo può attingere.
La natura ereditaria del game design, l’arte di ideare i videogiochi, fa sì che le idee per un videogioco e la loro possibilità di realizzarsi siano strettamente legate al contesto temporale. Super Mario Bros. (1985), uscito sulla prima console da casa di Nintendo, il NES, non poteva fare affidamento sulla grafica 3D. Questa sarebbe stata introdotta su Nintendo 64, in Super Mario 64 (1995), primo gioco della serie a 3D, che avrebbe permesso una rivoluzione concettuale per la serie e per il settore del game design.
La sperimentazione ha permesso di creare un numero vastissimo di generi di giochi: è del 2011 la creazione di L.A. Noire, videogioco di investigazione che, raccogliendo elementi dalle
025_056_C02.indd 25 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO26
avventure grafi che (es. Gabriel Knight: Sins of the Fathers) e dai giochi d’azione a mondo aperto (il più famoso dei quali è Grand Theft Auto) costruisce un nuovo tipo di esperienza.
Il lavoro dello sviluppatore di videogiochi è di natura pionieristica e quest’industria, al pari di altri settori legati all’informatica, ha la spinta all’innovazione scritta nel suo DNA. Il creativo è una fi gura centrale nello sviluppo di videogiochi, a dimostrazione di come essi non siano un’asettica fi liera tecnica, ma un’espressione della sensibilità, capace di rifl ettere le sue esperienze e mettere in scena le più fantasiose visioni.
2.1.2 La pre-produzione: i documenti di design
Immediatamente successiva al concept, è la fase di preproduzione, in cui sono creati gli elementi preliminari necessari per passare alla produzione. In questa fase, gli strumenti a disposizione del creativo sono molteplici, ma il più potente è il testo. Se è poetico immaginare uno studio che fa videogiochi come una fucina creativa, dove a dominare sono l’estro e la fantasia, è vero che serve un’enorme dose di disciplina per portare avanti un’impresa complessa e delicata come quella di completare lo sviluppo di un titolo. Entrano in gioco i documenti di design, la messa in forma scritta di tutte le più importanti scelte creative che riguardano l’opera alla quale si sta lavorando.
Si tratta di uno studio propedeutico, che non si addentra necessariamente nei dettagli, anche se idealmente dovrebbe essere il più completo possibile. All’atto pratico, si tratta di testi redatti in Word o equivalenti, corredati da note, schizzi e diagrammi di fl usso, dove viene descritto il gioco, le sue regole, la narrazione, i personaggi giocanti e non, i livelli, i nemici, etc.
La fase di concettualizzazione e la stesura del design sono fondamentali, una volta che si passa a lavorare con gli strumenti tecnici defi nitivi. Per questo motivo il producer, incaricato di seguire e condurre lo sviluppo del gioco in tutti i suoi aspetti, riserva svariati mesi alla stesura dei documenti di design. Un documento di design può essere paragonato a quello che, sempre nel cinema, è chiamato la «bibbia», ovvero tutto quanto c’è da sapere sul mondo che verrà messo in scena, sui suoi personaggi, sulle location, sulle atmosfere, etc.
025_056_C02.indd 26 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 27
Accanto al documento di design, esistono anche altri strumenti testuali, meno utili per i creativi, ma importanti quando si tratta di proporre il videogioco ai fi nanziatori.
Stiamo parlando dell’high concept e del game treatment. Il primo è un documento semplice che, più che scendere in dettagli, propone a grandi linee la visione del gioco, in modo che sia comprensibile anche ai non addetti ai lavori e, soprattutto, agli investitori. In maniera analoga, il game treatment contiene tutte le informazioni essenziali del gioco, approfondendo l’aspetto tecnico e le risorse economiche necessarie per portare a termine il prodotto.
2.1.3 La pre-produzione: gestione delle risorse umane e prototipi
Come un generale preparerebbe il suo esercito prima di andare in battaglia, così prima di iniziare il periodo di game development è necessario avere un piano, elaborare una strategia e calcolare le risorse necessarie. Nell’industria del videogioco, la fi gura del generale equivale a quella del producer. In fase di preproduzione è fondamentale che sia vigile, sia in grado di prendere decisioni e valutare che cosa servirà durante la produzione, per non ritrovarsi di fronte a ostacoli di natura tecnica (mancanza di risorse, stime sbagliate delle tempistiche, etc.).
Uno strumento fondamentale nella fase di preproduzione sono anche i prototipi, ovvero una versione preliminare del gioco che presenta tutti gli elementi di gameplay del prodotto fi nito ed è la prima espressione interattiva, abbozzata e incompleta, del concept. Nella fase di realizzazione dei prototipi, le funzioni del gameplay sono di volta in volta aggiunte o rimosse e, se soddisfacenti, vengono inserite nel documento di design. Di solito i producer mettono in atto in questi momenti le regole della cosiddetta RAD (Rapid Application Development), una metodologia informatica, in cui la pianifi cazione del software avviene in contemporanea con la compilazione.
2.1.4 La produzione: dal fi rst playable al gold master
La fase di produzione di un videogioco può durare svariati mesi, a seconda dell’importanza del prodotto (e delle singole
025_056_C02.indd 27 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO28
contingenze). Un gioco indipendente può essere sviluppato in una notte, una produzione milionaria richiede una lavorazione anche di molti mesi (rispetto agli inizi, i ritmi dell’industry si sono velocizzati, complice il ricorrere dei franchise, ma esistono casi di videogiochi il cui sviluppo è durato oltre dieci anni).
A scandire la lavorazione di un videogioco, ci sono le mile-stone (pietra miliare), ovvero stati di avanzamento del videogioco. Spesso i publisher indicano agli sviluppatori, al momento della defi nizione del progetto, delle milestone da rispettare entro una determinata data. Le milestone possono anche corrispondere a pagamenti da parte del publisher. Non esiste una regola per defi nire la suddivisione delle milestone, anche se esistono alcune convenzioni diffuse. Una di queste è il fi rst playable, una versione del gioco che contiene già il gameplay in versione avanzata e funzionale, oltre a elementi grafi ci embrionali. Si colloca temporalmente a un anno o più dal completamento del codice. Spesso si tratta di una versione avanzata del prototipo.
Si defi nisce alpha lo stadio, collocato temporalmente dagli otto ai dieci mesi dal completamento del codice, in cui le funzioni basilari del gameplay sono già tutte presenti e gli elementi estetici (come la grafi ca e il sonoro) sono in parte completati. I programmatori tendono a fi nire il codice di base piuttosto che sperimentare. Si parla di code freeze quando si fi nisce di inserire un nuovo codice al gioco e si passa piuttosto a correggere i singoli bug; dai tre ai quattro mesi prima del termine dei lavori.
Subito dopo è il momento della beta, una versione del gioco che contiene i suoi elementi defi nitivi e, per quanto ancora ci siano dei bug da eliminare, nessuno di questi è talmente grave da impedire la sua pubblicazione. Siamo dai due ai quattro mesi dal code release.
Il code release è uno stadio in cui i bug sono corretti e il gioco è pronto per essere spedito e sottoposto all’attenzione dei produttori di console. In questa fase è fondamentale il piano quality assurance (accertamento della qualità), la suddivisione del lavoro di controllo che andrà effettuato. Solitamente, il primo codice release è pronto a un mese dall’uscita nei negozi.
Il passo successivo è il gold master, ovvero il codice di gioco defi nitivo (dal colore che un tempo avevano i CDR), che sarà usato per essere masterizzato nel numero di copie destinate ai negozi.
025_056_C02.indd 28 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 29
2.1.5 Il team: sezione art direction e modellazione 3D
Passiamo ora a esaminare i reparti che uniranno le forze nel tentativo di raggiungere l’obiettivo. Trattandosi di un videogioco, parte fondamentale nella sua realizzazione sono le persone addette al comparto visivo. Si occuperanno dell’aspetto di tutto quello che appare nel gioco, dai protagonisti ai nemici, passando per le ambientazioni e l’interfaccia grafi ca.
Gli artisti nei videogiochi si dividono in 2D, 3D e UI (i responsabili dell’interfaccia). I primi sono fondamentali in fase di concettualizzazione e il loro scopo è produrre i disegni preliminari, che saranno poi usati dagli artisti 3D come riferimento per creare i modelli che saranno impiegati all’interno del gioco. I disegni 2D nelle prime fasi di lavorazione sono l’unico modo per visualizzare un mondo che non esiste ancora; e questo ha effetti benefi ci tanto sull’effi cienza degli altri dipartimenti del team quanto sul loro morale.
L’art direction, ovvero il fi l rouge visivo alla base del gioco, è un ruolo fondamentale ed è compito dell’art director visualizzare un mondo virtuale e dargli un look coerente, producendo i disegni d’ispirazione e revisionando il lavoro dei modellatori 3D.
Gli artisti 2D lavorano con una gamma di strumenti che vanno dalla carta e matita fi no a disegni defi nitivi realizzati con programmi di grafi ca come Adobe Photoshop. Usando come base il materiale realizzato dal reparto 2D, si passa alla modellazione in 3D di personaggi, ambienti e oggetti. A occuparsene sono gli artisti 3D, fi gure affi ni agli artisti 2D, ma con diverse competenze, nella fattispecie nel reparto della modellazione 3D. La loro competenza è relativa ai programmi come Autodesk Maya e Zbrush di Pixologic e a oggetti che possano essere visti da tutte le angolazioni e che potranno essere controllati e interagire in ambiente 3D.
Dopo che il modello 3D è stato creato, deve essere passato agli animatori, che effettuano il cosiddetto rigging. Questo serve a defi nire le parti mobili di personaggi e oggetti e il modo in cui si relazionano tra di loro, come in una sorta di scheletro. In alcuni casi, è possibile avvalersi della motion capture, cioè dell’impiego di attori i cui movimenti saranno ripresi all’interno del videogioco. Occorre distinguere tra i modelli 3D usati
025_056_C02.indd 29 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO30
per i contenuti in real time e cinematici (come nelle cutscene): i primi devono essere pronti a rispondere alle contingenze del gioco, i secondi dovranno essere collocati in uno spazio e sottoposti a effetti speciali (esattamente come avviene per girare un fi lm con attori veri).
Si seguono gli stessi procedimenti anche per quanto riguarda tutti gli altri oggetti, come le armi o altri elementi dello scenario, che saranno disposti lungo i livelli, un po’ come farebbe un interior designer nella realtà. In questo caso, si parla di level design, che è una competenza tanto del game designer quanto del modellatore 3D che, con strumenti simili a quelli di un architetto, dovrà creare strutture credibili (o comunque coerenti con il setting) e che, allo stesso tempo, siano divertenti per i giocatori, occupandosi anche della gestione delle luci e del posizionamento dei singoli oggetti, sia per gli esterni che per gli interni e in base alle diverse condizioni atmosferiche.
2.1.6 Il team: sezione sound and music
Componente fondamentale nel defi nire il tono e l’atmosfera di un fi lm quanto di un videogioco è il sonoro, inteso tanto nella sua accezione di effetti ambientali e d’atmosfera che come colonna sonora. In maniera analoga agli artisti 2D, il suono è un elemento realizzato da esperti provenienti da ambiti non necessariamente legati al videogioco, ma devono saper adattare la loro impostazione mentale ai meccanismi creativi e di produzione del videogioco. Anche il reparto del sound design deve lavorare in sinergia con tutti gli altri settori, in modo che le tracce composte risultino coerenti e bene integrate con il gioco nel complesso.
Quella del sound designer è la fi gura più facile da trovare nella costruzione di un team (molti musicisti entrano nell’industria dei videogiochi), ma è importante che questi abbiano la consapevolezza del medium a cui stanno dando il loro apporto, onde evitare che producano dei risultati slegati dal contesto interattivo. La cosa più importante è come il suono in un videogioco sia necessario prima di tutto per ricostruire un universo verosimile e coinvolgente, anche per quanto riguarda il doppiaggio.
025_056_C02.indd 30 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 31
2.1.7 Il team: sezione game design
Finora ci siamo concentrati su quelli che sono i dipartimenti artistici coinvolti nella realizzazione di un videogioco. Per quanto il loro lavoro sia funzionale e strutturato, si tratta di competenze che rimangono collaterali al videogioco vero e proprio. Quando si parla di game designer, ci si riferisce al creatore di videogiochi in senso stretto. Queste fi gure si occupano dell’opera nel suo complesso, curandone il funzionamento, gestendo le singole componenti e perseguendo un unico scopo: creare qualcosa di divertente.
Il game designer si occupa di quello che è l’aspetto più caratterizzante del videogioco, l’interattività, e per questo può essere defi nito a tutti gli effetti un ingegnere del divertimento. Un bravo game designer non deve necessariamente essere esperto di scrittura, belle arti o programmazione, ma deve avere quanta più cultura possibile nel campo dei videogiochi ed essere consapevole di tutto il retroterra di game design che è stato progettato dagli albori del medium fi no a oggi. Va da sé che l’alto numero di generi esistenti (platform, sportivi, strategici, bellici, simulativi, etc.) è proporzionale al numero delle tipologie di game designer.
Nell’industria mainstream il suo ruolo non è univoco e autosuffi ciente, ma è strutturato all’interno della produzione, secondo una struttura piramidale. Al vertice si trova il lead designer, che fornisce la visione globale del videogioco e prende le scelte creative più importanti. Si tratta di una fi gura versatile che possiede un insieme di competenze tecniche e artistiche esclusive dei videogiochi. È utile che possegga un bagaglio culturale ampio in modo da dare un apporto innovativo e fuori dagli schemi. Tra tutte le fi gure, è probabilmente quella che più imprime la sua sensibilità sull’opera. Spesso è considerato l’autore del videogioco.
È chiaro che il lavoro del lead designer di Call of Duty: Modern Warfare, sparatutto ambientato in epoca contemporanea, sarà molto diverso da quello di chi si occupa del nuovo episodio del gioco di ruolo Pokémon, che invece richiede un tipo di mentalità diverso. Oltre a concepire lo scenario (quando non sia già ideato da terzi), il lead designer deve prendere le singole decisioni creative e curare tutti gli aspetti del gioco: i per
025_056_C02.indd 31 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO32
sonaggi, le ambientazioni, la direzione artistica, il gameplay, il fl uire della narrazione, etc. Non è necessario che egli sia direttamente operativo. A differenza di quanto avveniva ai tempi di Doom, diffi cilmente toccherà a lui programmare il suo gioco. Il suo lavoro giornaliero consiste nel prendere decisioni in tempo reale, gestire le risorse a disposizione e saper ridimensionare la propria idea in base a varie circostanze (tempistiche, consegne del publisher, imprevisti, etc.). Il lead designer si trova ad assumere un ruolo di coordinamento simile a quello del producer ma, a differenza di quest’ultimo, il suo compito è più creativo che amministrativo. Affi nché la produzione non si inceppi, un lead designer deve sapersi coordinare con i programmatori e gli artisti, cosicché le sue idee diventino realtà all’interno del gioco.
Il lead designer non ha l’assoluto controllo creativo del suo progetto, mentre questa competenza spetta al creative director della compagnia, solitamente un game designer veterano che ha il compito di curare personalmente i progetti (spesso, più di uno in contemporanea) di una compagnia e occuparsi della visione d’insieme. Alle dirette dipendenze del lead designer si trova una serie di game designer con specifi che aree di competenza e con cui dovrà coordinarsi in maniera effi cace, oltre che per comunicare la propria visione, anche per risolvere i singoli problemi e prendere decisioni specifi che.
A seconda dei generi, la composizione del team di game designer può essere molto diversa, così come i loro compiti. Normalmente ogni team ha al suo interno uno o più system designer, incaricati esclusivamente delle meccaniche di gioco e del loro equilibrio. Ad esempio, in un gioco di lotta, sarà lui a decidere le mosse dei personaggi, il modo in cui usano le armi e la loro forza.
Il level designer decide le strutture dei livelli, indicando il punto in cui appariranno i nemici, dove si attiveranno gli eventi, dove sono nascosti taluni segreti, etc.; spetta a lui decidere le missioni, il loro svolgimento e come andranno a integrarsi con la trama.
Il technical designer è una fi gura situata a metà tra il designer e il programmatore, incaricata di implementare elementi di gameplay, spesso senza interpellare direttamente i programmatori grazie a degli strumenti appositi. Non di rado avviene che il
025_056_C02.indd 32 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 33
technical designer, che lavora direttamente sulle funzioni di gioco, metta le sue skill logico/matematiche al servizio del system design. Infi ne, l’UI designer, l’esperto in usabilità, è la persona incaricata di creare l’interfaccia di gioco.
Per quanto non sia possibile enumerare tutti gli impieghi del game designer, quello che è più opportuno ricavare è che senza il loro lavoro il videogioco non potrebbe essere realizzato.
2.1.8 Il team: sezione programmatori
Abbiamo trattato tutti i compartimenti artistici e concettuali necessari alla realizzazione di un videogioco. Ma è solo grazie al lavoro dei programmatori che un videogioco può prendere forma.
Il programmatore è la fi gura che, a partire dalle idee fornitegli dai designer, le astrae e le traduce in codice informatico, ciò che permette di far accadere eventi in un videogioco (così come in ogni altro software). La sua raison d’être è scrivere un codice che richiami tutti gli elementi artistici e d’interfaccia che sono stati creati, che determini il modo in cui ogni singola parte si comporta e si relaziona con le altre e che preveda una serie di reazioni agli input del giocatore.
Come in tutti gli altri settori, anche nella programmazione esistono diverse fi gure specializzate, che lavorano in sinergia mettendo a disposizione le proprie competenze. L’organizzazione è, anche in questo caso, gerarchica e vede nel lead program-mer il suo vertice. Si tratta di una fi gura di grande esperienza, un profondo conoscitore dell’arte di scrivere il codice. Ma, allo stesso tempo, il suo compito è coordinare il team e fungere da raccordo tra il producer e gli addetti alla programmazione, oltre a interfacciarsi con gli altri reparti.
Si noti come, ancora un’altra volta, il lavoro di squadra, la lucidità e l’organizzazione siano il requisito più importante per realizzare un videogioco, per certi versi ancor più degli strumenti tecnici. È il lead programmer a ideare e a scrivere in prima persona le parti di codice più complesso, oltre a trovare le soluzioni più intelligenti ed effi caci ai problemi che insorgono. Inoltre, avrà il compito di organizzare il lavoro del team in base alle tempistiche (spesso frenetiche e con scaden
025_056_C02.indd 33 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO34
ze perentorie), revisionare il codice altrui e preservare l’integrità del codice globale. Ed è facile immaginare quanto possa rivelarsi letale la perdita o il danneggiamento dei dati durante la produzione di un videogioco.
L’industria dei videogiochi è uscita da lungo tempo dai garage degli adolescenti americani, pertanto non c’è più bisogno di inventarsi il codice da zero. Esistono ambienti di lavoro detti motori grafi ci (tra i più diffusi, l’Unreal Engine), contenenti il nucleo di codice che farà funzionare il videogioco. I motori dispongono di un’interfaccia grafi ca che permette di importare al suo interno i modelli 3D e implementare i menu e le funzioni.
Per quanto i motori permettano già di gestire di default una gran parte delle funzioni necessarie per un videogioco, maggiormente è complesso un gioco, più i programmatori dovranno sviluppare un codice, in aggiunta a quello già esistente. È qui che entra in gioco l’engine programmer, l’addetto alla gestione del motore grafi co, incaricato di costruire il gioco a partire dal motore e personalizzare quest’ultimo a seconda delle esigenze.
Figura analoga, ma con mansioni diverse, è il tool program-mer, al quale è richiesto di lavorare a stretto contatto con gli artisti e i game designer, creando delle interfacce con cui apportare modifi che dirette sugli elementi di gioco, cambiando dei valori. Ad esempio, un tool potrebbe servire a gestire il comportamento di un albero tramite un menu, anche senza conoscere il codice, con il game designer a decidere le modalità in cui il personaggio vi interagisce (se può scalarlo, se può sbatterci contro, etc.) e il reparto 3D a occuparsi dell’estetica (altezza, larghezza, scelta delle texture, etc.).
Il tool programmer spesso crea anche l’editor dei livelli, un sottoprogramma grazie al quale i level designer potranno costrui re le mappe di gioco. Più questi strumenti saranno potenti e facili da usare, più il lavoro del tool programmer sarà prezioso per il resto della squadra.
Un discorso a parte per complessità e importanza riguarda la programmazione dell’intelligenza artifi ciale. L’AI programmer si occupa di ricreare negli elementi di gioco l’illusione dell’intelligenza. È chiaro che il concetto di AI è vasto e sconfi na in campi come la robotica, la biologia e la psicologia. Nella maggior parte dei casi, l’AI di un videogioco deve rispondere a esigenze più
025_056_C02.indd 34 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 35
limitate, per quanto si tratti comunque di un campo in continua evoluzione. L’AI perfetta è tuttora considerata alla stregua di un Santo Graal del game development. Un bravo AI programmer deve saper scendere a compromessi e anche sacrifi care il realismo in nome del suo obiettivo fi nale, cioè un gioco divertente.
Anche se è raccomandabile che tutti i programmatori abbiano esperienza nel gestire la componente grafi ca, questa è prerogativa esclusiva di un’apposita fi gura. Stiamo parlando del gra-phics programmer, colui che gestisce l’ambiente tridimensionale e tutti i modelli 3D presenti al suo interno. Suo compito è aggiungere le skin (le coperture dei modelli), rendere fl uide le animazioni e gestire i fi le provenienti dai programmi di grafi ca.
Tra i suoi incarichi più delicati c’è l’ottimizzazione, il gestire cioè in maniera intelligente la potenza di calcolo in modo da mantenere alto il dettaglio grafi co senza sottrarre risorse. La sua area di interesse ricopre tutta la grafi ca in tempo reale e, con il suo lavoro, impedisce che il vostro personaggio si incastri inesorabilmente nelle pareti o diventi all’improvviso un nano con la testa gigante. Con le stesse mansioni, ma specializzato nella gestione di effetti speciali (particelle, luci, esplosioni, etc.), è lo special effects programmer.
Con l’avvento dei videogiochi online, un’altra branca di programmatori è diventata indispensabile nella composizione di un team. Stiamo parlando del multiplayer networking programmer, un programmatore che si occupa di creare tutto il codice su cui sono basate le interazioni online dei giocatori. Per il team equivale a una serie di sfi de ben diverse da quelle rappresentate dal single player, così come una lunga serie di variabili da tenere in conto, tra cui i sistemi dei giocatori, le caratteristiche delle connessioni Internet e le architetture dei server. Si tratta di un lavoro delicato, soprattutto se pensiamo che dall’altra parte esiste un intero fronte di personaggi, gli hacker, che rema in senso contrario: il networking programmer si impegna a mantenere l’esperienza equilibrata e divertente per i giocatori, gli hacker lavorano incessantemente a nuovi metodi per imbrogliare, per trarre profi tto o anche solo per divertirsi. Un compito ancora più cruciale nelle compagnie che fondano il loro core business sui giochi online, dove il lavoro di questi programmatori può fare la differenza tra il successo e la bancarotta.
025_056_C02.indd 35 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO36
Vale la pena citare anche gli audio programmer, che si occupano di tutto quello che riguarda il suono in un videogioco, la cui rilevanza è salita particolarmente in seguito all’ascesa dei rhythm game (giochi interamente basati sulla musica, come il famoso Guitar Hero). Sono chiamati junior programmer tutti quei programmatori alle prime armi, non ancora specializzati, che vengono accolti in un team per occuparsi dei compiti basilari e per apprendere il knowhow direttamente dai loro colleghi.
2.1.9 I creatori di mondi: gli autori nell’evoluzione del medium
In un discorso di affermazione culturale del videogioco, non si può prescindere dal riconoscimento dei suoi creatori più brillanti come artisti e autori che hanno scelto l’OMI come mezzo di espressione della propria sensibilità. Tuttavia, data la natura corale della produzione di un videogioco, storicamente uno dei principali problemi in questo senso è sempre stato identifi care una fi gura come responsabile della visione creativa. Ma, di pari passo con la crescente complessità del medium, si è evoluta anche la concezione di autorialità all’interno dei videogiochi.
Nei primi anni di vita dell’industria, quando il livello tecnologico era ancora tale da consentirlo, un gioco poteva essere sviluppato praticamente da una singola persona, o da un gruppo molto ristretto, che racchiudeva in sé le competenze necessarie per portarlo a termine. Con il passare del tempo, e con la loro progressiva trasformazione da puro mezzo d’intrattenimento a più complessa forma d’espressione, i videogiochi sono diventati oggetto di passione e argomento d’interesse agli occhi dei loro fruitori, una tendenza che ha portato i game developer a ottenere una maggiore visibilità, fi no ad arrivare al sorgere di vere e proprie star, acclamate dal pubblico di videogiocatori e che godono di grande popolarità anche presso la stampa non specializzata.
È il caso di Shigeru Miyamoto, Will Wright, Peter Molyneux e molti altri ancora. Un altro fattore determinante nell’emergere dei creatori di videogiochi come autori è stato l’evoluzione tecnologica del medium e la conseguente formazione di strutture e team sempre più ampi, che ha permesso anche ai creativi non in possesso di skill strettamente tecniche di realizzare la propria visione.
025_056_C02.indd 36 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 37
Ad oggi hanno potuto trovare spazio all’interno del settore rinomati esponenti del game design come David Cage, il creatore di Heavy Rain, o Ken Levine di BioShock, a tutti gli effetti autori di videogiochi, ma di estrazione culturale del tutto estranea all’ambito puramente tecnico. Il valore artistico di un videogioco viene ormai da tempo identifi cato non solo nella qualità e integrità tecnica dell’oggetto prodotto, ma anche e soprattutto nel proprio apporto innovativo alla sfera del game design, oltre che nel suo valore estetico a livello di storytelling interattivo e componente visuale.
Una domanda ricorrente tra gli addetti alla stampa specializzata è se esista o meno un equivalente di Quarto Potere, il celebre fi lm di Orson Welles, anche nei videogiochi. Per quanto sia un quesito al quale è diffi cile rispondere in maniera univoca, è pur vero che molti videogiochi abbiano veicolato contenuti artistici in maniera rilevante, ancor più in tutti quei casi in cui sono riusciti a sfruttare la propria interattività come mezzo per trasmettere emozioni o ideologie ben precise. Perché questo avvenga, però, vi deve essere a monte la direzione di un autore con una visione creativa molto forte, che orienti il lavoro delle persone sotto la sua direzione
In virtù di questi meriti, esistono personaggi del mondo del game development che possono essere accostati per fama e popolarità a esponenti noti di altre forme d’arte, come Steven Spielberg per quanto concerne il cinema. Tra tutti i game designer, quello che più si avvicina a un simile status di popolarità è Shigeru Miyamoto, l’inventore di Super Mario Bros., i cui giochi, ma anche la sua fi gura pubblica, si sono insediati a pieno diritto nella cultura collettiva internazionale. Più vicino alla categoria dei game designer puri, il suo merito artistico è da ricondurre principalmente all’originalità che caratterizza il game design delle sue opere, per quanto sia innegabile il valore estetico individuabile in titoli come Donkey Kong, nonché le loro infl uenze e la capacità di impattare su un’epoca a livello iconografi co.
Un discorso analogo a quello di Miyamoto può essere condotto intorno a Peter Molyneux, noto per aver inventato dei generi che in precedenza non esistevano e che negli anni successivi alla loro creazione avrebbero infl uenzato l’industria nel suo complesso e il modo di vedere i videogiochi. Con Populous, tan
025_056_C02.indd 37 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO38
to per fare un esempio, Molyneux ha introdotto per la prima volta nella storia del medium il concetto di god game, ovvero una vera e propria simulazione di divinità in cui si possono guidare in prima persona le sorti di un’antica tribù.
CASE HISTORY
Duke Nukem Forever Nell’industria dei videogiochi sono numerose le storie di titoli dalla produzione travagliata, in cui molti dei principi di buona lavorazione enunciati nei paragrafi precedenti non sono stati per vari motivi osservati, creando un prodotto fi nale di qualità più o meno scadente. Il gioco più spesso citato come caso sorprendente in questo senso è Duke Nukem Forever (d’ora in poi, DNF), creato da 3D Realms e Gearbox Software, titolo rimasto uffi cialmente in sviluppo per quattordici anni a partire dal 1996. Occorre puntualizzare come il tempo di sviluppo medio per un’opera interattiva si aggiri intorno ai due anni, una cifra che sale a quattro o più in casi rari e particolari. La serie di sparatutto Duke Nukem nasce nel 1991, distinguendosi per il suo protagonista sopra le righe, caricatura di celebri attori di Hollywood, come Arnold Schwarzenegger, e per l’umorismo sboccato e politicamente scorretto. L’odissea di DNF inizia nel 1996, a ridosso del successo commerciale e di critica del primo capitolo tridimensionale della serie, Duke Nukem 3D. La condizione di partenza del suo annunciato sequel, DNF, era estremamente favorevole sia a livello di marketing che di expertise dei suoi sviluppatori. In maniera paradossale, furono proprio queste le basi su cui 3D Realms maturò una fi losofi a e una linea di condotta che avrebbe danneggiato il progetto DNF. Inebriata dal successo di Duke Nukem 3D, 3D Realms era intenzionata a creare un gioco che ne replicasse le fortune, straordinariamente al di sopra di tutta la concorrenza, tanto nella tecnologia che nel gameplay. Parallelamente, grazie a Duke Nukem 3D, la compagnia era entrata in possesso di un patrimonio economico tale da potersi sobbarcare una simile impresa, a prescindere da ogni valutazione sulla sua ragionevolezza.
025_056_C02.indd 38 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 39
È facile immaginare come, in un settore quale il videogioco, legato a doppio fi lo con la costante evoluzione della tecnologia, tenere fede a questo proposito sarebbe risultato quantomeno ostico e fallace nel suo rincorrere a tempo indefi nito un’eccellenza tecnica i cui standard venivano ridefi niti di anno in anno. Inseguendo un obiettivo ambizioso e vago, senza un disegno preciso del risultato fi nale, Duke Nukem adottava sempre nuovi strumenti tecnologici e meccanismi di gameplay nel tentativo di rimanere al passo con i tempi. Ma, contemporaneamente, questo rinviava sempre di più la conclusione dei lavori, dal momento che nei videogiochi come per ogni altro software, tutti i cambiamenti della tecnologia usata comportano in automatico una ridefi nizione a livello generale del progetto. Qualcuno, nel narrare la storia di DNF, parla non a caso di un atto di hybris: l’eccezionale disponibilità economica di 3D Realms causò la rottura di quel rapporto di sudditanza virtuosa che intercorre tra lo sviluppatore e il publisher. Se, nella pratica comune, il fatto che lo sviluppatore sia sovvenzionato da un publisher lo motiva de facto a sottostare a consegne, scadenze e limitazioni provenienti dall’alto, allo stesso tempo il publisher funge da organo regolatore del progetto, nonché garante della qualità del prodotto e dell’effettivo compimento del suo ciclo di sviluppo. Completamente diverso il discorso per quanto riguarda DNF, in cui il team arrivò addirittura a compiere atti di aperta ostilità nei confronti del proprio publisher, TakeTwo. Come è facile immaginare furono problematiche anche le dinamiche di gestione del personale, sottoposto e minato nella sua motivazione da un obiettivo il cui raggiungimento appariva come lontano agli occhi di chiunque. Oltre alle innumerevoli defezioni e ai rimpasti di personale, si determinò una situazione di malcontento tanto tra i membri coinvolti da poco tempo nel progetto, malpagati rispetto alla concorrenza e attirati da Broussard tramite la promessa di dividere le percentuali, tanto tra i veterani, generato in questo caso dalla stringente necessità degli stessi di aggiungere la realizzazione di un gioco 3D al proprio curriculum. Come osserva lo psicologo americano Jamie Madigan, alla base delle anomalie procedurali in cui è incorso lo sviluppo di
025_056_C02.indd 39 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO40
DNF ci sarebbe stato un fenomeno assimilabile a quello sotteso al gioco d’azzardo, defi nito dagli esperti «intensifi cazione dell’impegno». Secondo quanto teorizzato dai ricercatori statunitensi Jerry Ross e Barry M. Staw I, l’essere umano sarebbe portato a continuare a oltranza l’investimento di risorse in un’attività, citando come motivazione l’entità degli investimenti precedenti, anche quando tali investimenti siano evidentemente andati perduti e persino a costo di subire nuove perdite. Una situazione alla quale può essere facilmente ascritto anche l’affaire DNF, in cui gli sviluppatori si sono trovati a lavorare e a perdere tempo e risorse su un progetto, in virtù della grande quantità di tempo già speso, nonostante sarebbe stato più ragionevole interrompere le perdite e passare ad altri lavori. Come è facile immaginare è arrivato il momento in cui i fondi si esaurirono, motivo per cui 3D Realms fu costretta a chiedere sei milioni di dollari a TakeTwo per completare il gioco. Da quanto risulta dai documenti portati in tribunale in seguito dalle due compagnie, all’inizio TakeTwo accettò l’accordo, per poi ritrattare, offrendo solo due milioni e mezzo in contanti e due milioni e mezzo a lavoro fi nito. Un’offerta rifi utata dai vertici di 3D Realms. Fu così che lo sviluppo di Duke Nukem Forever si è arrestato nel 2009, il team è stato licenziato e TakeTwo ha fatto causa a 3D Realms per non aver portato a termine il gioco, annullando i potenziali ricavi. Nei due anni successivi si è congetturato che il progetto Duke Nukem Forever fosse stato defi nitivamente interrotto, ma un altro sviluppatore ha raccolto l’eredità di 3D Realms: Gearbox Software, uno studio statunitense noto per la sua puntualità nel portare a termine i lavori, il nome più indicato per recuperare DNF. 3D Realms aveva prodotto una mole corposa di materiale, ma sparsa ed incompleta, per cui il compito di Gearbox è stato riunire i pezzi e riportare alla luce la visione originale del gioco. Un processo durato due anni, nel corso dei quali Gearbox ha dichiarato di essersi trovata di fronte a una miniera di idee geniali e intui
I Ross, J. – Staw, B.M., Behavior in escalation situations: Antecedents, prototypes and Solutions, in «Research in Organizational Behavior», 10/1987.
025_056_C02.indd 40 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 41
2.2 L’ediZione
2.2.1 La valutazione del progetto (il pitch)
Come in ogni altra industria creativa, perché l’idea di un videogioco diventi realtà è necessario che riceva suffi cienti fondi per coprire tutte le spese di realizzazione. Dopo aver messo in risalto la complessità del lavoro di produzione e il numero di persone coinvolte nel processo, è facile immaginare l’entità delle cifre necessarie per portare a termine un progetto.
Per realizzare un videogioco ad alta defi nizione e disponibile per più di una console il costo medio oscilla tra diciotto e ventotto milioni di dollari, mentre la cifra scende a dieci milioni per i giochi destinati a una singola piattaforma. I titoli ad alto profi lo, i tripla A, superano in genere la soglia di quaranta milioni.
zioni brillanti lasciate in eredità da 3D Realms. DNF è uscito nei negozi USA il 10 giugno 2011. Si è trattato di un evento per il mondo dei videogiochi, ma il gioco è stato accolto con un numero di unità vendute soltanto discreto e ha ricevuto pareri contrastanti dalla stampa specializzata, che si è trovata di fronte a un testo ricostruito con accuratezza fi lologica e razionalità da Gearbox, ma anacronistico sia sul piano tecnico che del gameplay. Tra le recensioni del titolo, forse la più puntuale è stata della «Edge» (UK). Pur riconoscendone i meriti, «Edge» assegna un voto di 3 su 10 a DNF, evidenziando più di ogni altra rivista quello che è il motivo del suo insuccesso e il suo valore. La natura schizofrenica del gioco, al cui interno si trovano idee di game design derivate in un arco di tempo molto lungo, mescolate tra di loro in maniera incoerente, al modo simile di una capsula del tempo. Quella di DNF è una case history evidentemente fallimentare, ma può essere defi nita una delle più interessanti e istruttive esperienze che può raccontare l’industria del videogioco, la quale proprio nella contemplazione del fallimento come esito dello sforzo artistico trova la sua dimensione più sinceramente umana.
025_056_C02.indd 41 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO42
Convincere gli eventuali fi nanziatori della bontà di un’idea, soprattutto in uno scenario affollato come quello del settore, dove un fi nanziamento è considerato una sorta di El Dorado da parte di tutti gli sviluppatori, è un compito delicato. Il primo passo per avviare un progetto, è sottoporre un concept ai publisher o ai venture capitalist, che si assumerebbero le spese, e deve essere compiuto tanto dagli sviluppatori indipendenti quanto da quelli che hanno già un contratto con le grandi compagnie.
Quest’ultima categoria avrà una corsia preferenziale a seconda dei risultati ottenuti nel corso della carriera, quando non sarà chiamata a continuare una serie da loro creata. In gergo, l’azione di sottoporre un’idea a un fi nanziatore è defi nita pitch, contrazione di sales pitch, il termine inglese usato per defi nire in generale l’atto di convincere qualcuno ad acquistare qualcosa. Il pitch è diventato una consuetudine nell’industria dell’entertainment e di rifl esso nel settore videoludico, per cui l’importanza di saperlo gestire è aumentata di pari passo con la crescita degli investimenti, della concorrenza e dei tempi dell’industria. Lo scopo principale del pitch è comunicare in maniera chiara e immediata l’essenza di un’opera interattiva, mettendone in luce i punti di forza. Lo scopo, in ultima in analisi, è dare un buon motivo a qualcuno per fi nanziare la propria idea.
2.2.2 Game testing
Esattamente come ogni altro tipo di prodotto, anche un’opera multimediale interattiva, una volta entrata nelle fasi più avanzate di sviluppo, dovrà essere testata da un apposito staff. La fi gura preposta a questo ruolo è defi nita game tester, detto anche test engineer. Il team al quale fa capo è defi nito QA, quality assurance (controllo qualità). Anche in questo caso, le convenzioni del testing sono molteplici, scalate in base alle proporzioni del team e della produzione e rispondono alle esigenze del singolo gioco.
Anziché prendere in esame ogni specifi ca metodologia, si preferirà trattare la fi losofi a che si trova alla base della pratica del game testing, la quale può essere ricondotta a due interrogativi: «Funziona?», «È divertente?». Occorre premettere che tutti i controlli di tipo interno al team, effettuati prima che il gio
025_056_C02.indd 42 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 43
co arrivi nelle mani del pubblico dei nonaddetti ai lavori, sono defi niti alpha testing. Il compito del game tester è assai delicato, diffi cile e di cruciale importanza per la riuscita di un progetto. Lavorando a stretto contatto con il team di sviluppo, il game tester deve giocare al videogioco in tutte le sue parti e fornire feedback agli sviluppatori su diversi livelli. Essi spesso appartengono a una gerarchia piramidale, che vede al suo gradino più basso i cosiddetti third-party. Questi tester hanno solitamente un accesso limitato all’equipaggiamento del team e si occupano del testing black-box, condotto senza conoscere i meccanismi di programmazione dietro al funzionamento del gioco. I tester second-party lavorano in una compagnia sussidiaria a quella che produce il gioco; più vicini agli sviluppatori e autorizzati a usare strumenti più complessi, si occupano del testing di tipo white-box, in cui sono resi noti i processi di programmazione e, usando delle funzioni del motore o un programma esterno, si può tracciare e registrare quello che succede mentre il software è in funzione. Inoltre, possono condurre anche i test case. I tester third-party comunicano direttamente con gli sviluppatori e hanno accesso alla maggior parte degli strumenti di testing.
I game tester più esperti possono salire di categoria e diventare lead tester, cioè la persona incaricata di coordinare i vari team deputati ai test e organizzare piani di lavoro in cui saranno dettagliati i test da effettuare e le caratteristiche da controllare. Per certi versi, si tratta anche in questi casi di un lavoro di design: ideare test per collaudare il funzionamento del gioco.
Il lead tester deve tenere e organizzare un database di tutti i bug riscontrati, assumere e allenare i nuovi tester e fungere da raccordo tra il team di testing e gli altri reparti. Il lead tester decide anche le tecnologie e i tool che saranno usati per compiere le revisioni. Idealmente, la maggior parte di questi tester ha dimestichezza con le pratiche QA e con i vari cicli di sviluppo.
Il testing si distingue in due macrocategorie: un tipo di pratica defi nita ad-hoc, non strutturata e basata sulla libera esperienza del fruitore. In una controparte più scientifi ca del testing i developer e i lead tester producono una serie di analisi sperimentali defi nite test case. Tali test andranno eseguiti sulle singole funzioni del prodotto, sul modo in cui le funzioni interagiscono una con l’altra e sui loro parametri.
025_056_C02.indd 43 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO44
L’oggetto di ricerca principale da parte del team QA, che è anche il nemico numero uno dell’intera produzione, è il bug, un errore nel codice che causa problemi nel gioco. La debugging è la procedura degli sviluppatori che consiste nell’andare a cercare i bug per correggerli all’interno del codice sorgente. Per tale motivo, è fondamentale che il game tester incaricato al testing adhoc esplori il mondo di gioco in ogni sua più piccola parte, sperimentando ogni possibile combinazione di comportamenti e variabili. In gergo, l’atto di provare ripetutamente il gioco, cercando di eseguire tutte le azioni possibili, anche quelle che intuitivamente non si compierebbero, viene defi nito stress test.
Si pensi ora ad un’opera monumentale come i giochi di ruolo della serie The Elder Scrolls (Bethesda Softworks), i quali ricreano un intero mondo fantasy fatto di città, foreste, caverne, castelli e popolato dai relativi abitanti e creature; è chiaro che la gestione di tutti questi elementi, a causa del loro elevato numero, e il modo in cui essi interagiscono, rende diffi cile la fase di testing, tanto che un buon numero di errori sfuggono al controllo e riescono a farsi strada anche nella versione pubblicata del gioco. In questo caso, solitamente il team provvede a creare e a diffondere un software correttivo del codice chiamato patch.
In generale il lavoro di un game tester consiste nel tentare in tutti i modi di non far funzionare il videogioco, mentre lo sviluppatore cerca di fare il contrario.
Se abbiamo approfondito l’alpha testing, occorre soffermarsi brevemente sull’importante fase di beta testing, un tipo di valutazione rivolta a un gruppo più o meno limitato di utenza esterna al team. In questo caso, una versione defi nitiva del software (beta version) è spedita a giocatori, che svolgono un controllo ulteriore rispetto a quello già avvenuto durante l’alpha testing. I beta tester sono reclutati tra giocatori che accettano di revisionare il gioco, in cambio della possibilità di provarlo in anteprima. In alcuni casi, le beta sono aperte al pubblico e si parla di open beta. Si tratta di una consuetudine diffusa per il genere dei MMORPG, i giochi dalla mole eccezionale e basati su meccaniche il cui funzionamento può essere verifi cato solo grazie alla presenza di un gran numero di giocatori, per esempio il sistema di economia in-game.
025_056_C02.indd 44 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 45
2.2.3 Marketing del prodotto
Quando si parla del videogioco, si parla di un’industria che è in grado di fatturare a oggi più di quella cinematografi ca. Pertanto, è facile immaginare come, a margine di un imponente apparato produttivo, esista anche una macchina di marketing, che orbita in maniera più rilevante intorno ai titoli tripla A.
In passato, il marketing dei videogiochi era autoreferenziale, rivolto verso gli spazi in cui tale medium era già trattato, come le riviste specializzate o quelle rivolte a un pubblico molto ristretto di utenza. Ben diversa è la situazione attuale, in cui il videogioco, in virtù della sua ramifi cazione capillare all’interno della società, è diventato un oggetto fruito da un target eterogeneo e pubblicizzato attraverso un numero di canali più ampi e variegati che, oltre alle riviste specializzate, include anche media di consumo come il cinema, la televisione, la stampa non specializzata e Internet. Inoltre al videogioco sono riservati gli stessi spazi di altri prodotti, come la cartellonistica o le pubblicità sui mezzi pubblici.
Con l’evoluzione stilistica dei videogiochi e il loro avvicinarsi sempre più al linguaggio del cinema, anche lo stile delle relative pubblicità è cambiato. Esiste una miniera di advertising del passato, legata ai videogiochi, che adotta espedienti anche molto creativi. Sono celebri le pubblicità comparative tra Sega e Nintendo o la campagna televisiva giapponese della console Sega Saturn, composta di brevi sketch incentrati sulle avventure farsesche di Segata Sanshiro, un guerriero che convince le persone ad acquistare la macchina facendo uso della violenza.
Con il passare del tempo, l’entità degli investimenti legati ai videogiochi è cresciuta e non è diffi cile che, in occasione dell’uscita di titoli tripla A, siano prodotti spot di altissima qualità e dal taglio spettacolare, siano essi liveaction o in computer grafi ca.
Oltre agli spot, come già accade per un fi lm, si può far risalire l’inizio della campagna marketing di un videogioco nel momento stesso in cui sono resi noti, solitamente attraverso Internet, i primi dettagli della lavorazione. In alcuni casi, si tratta di notizie vaghe e non confermate sull’esistenza di un determinato gioco e sulle forze coinvolte, nella cui fattispecie si parla di rumour
025_056_C02.indd 45 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO46
(voci di corridoio). In altri casi, possono essere rivelati anche il titolo work in progress, il logo o degli artwork preliminari.
Con la crescita e la maturazione dell’industria, il marketing è diventato un apparato estremamente ingegnerizzato e collaudato, per cui la maggior parte delle volte il piano con cui tutti i dettagli emergono da uno studio di sviluppo è in realtà stabilito a monte da un’agenzia PR. Persino quando si parla di leak, ovvero di informazioni presumibilmente non autorizzate provenienti da uno studio, non è del tutto escluso che in realtà rientrino in un disegno commerciale.
Tutto questo serve allo scopo fondamentale di suscitare nel pubblico la curiosità riguardo a un prodotto. Si consideri anche la particolarità del pubblico dei videogiocatori, storicamente incline più di altri a fi delizzarsi nei confronti di brand e, per natura, portato a seguire in maniera entusiasta tutti gli sviluppi legati intorno a un prodotto, adottando come cassa di risonanza le community online e i social network.
Le agenzie PR sono consapevoli di queste abitudini ed è naturale conseguenza che le campagne marketing siano strutturate non solo sull’esigenza del pubblico di conoscere dettagli sui prodotti attesi, ma anche sulla loro curiosità per dettagli frammentari e periodicamente ricorrenti.
Il punto di raccordo tra gli sviluppatori di videogiochi e il pubblico è la stampa. Le agenzie PR forniscono ai siti web e alle riviste specializzate materiali del gioco, come screenshot (immagini tratte direttamente dal gioco), artwork, fi lmati teaser, trailer di gioco, cutscene e diari di sviluppo, seguendo il programma di un piano di comunicazione. Un rapporto di reciproca convenienza lega la stampa specializzata, che ha bisogno per il suo business di fornire contenuti esclusivi, e le agenzie PR, alle quali occorre quanta più visibilità possibile nei confronti del titolo per cui lavorano.
Di cruciale importanza nella costruzione dell’interesse intorno a un gioco sono gli eventi a porte chiuse del settore, come l’E3 di Los Angeles o lo showcase Captivate di Capcom, durante i quali la stampa può visionare i giochi nelle fasi più o meno avanzate dello sviluppo, colloquiare con gli sviluppatori e assistere a presentazioni tenute dalle principali compagnie del settore.
Le presentazioni dei giochi sono diventate un’occasione di comunicazione strutturata e le agenzie di PR infl uiscono in
025_056_C02.indd 46 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 47
maniera determinante su quello che gli sviluppatori diranno a proposito del loro gioco, in modo da delineare l’immagine del prodotto, evitando informazioni fuorvianti che rischiano di comprometterne il successo commerciale e di critica.
È importante anche la versione che sarà presentata nel corso della fi era, dal momento che sarà l’unico oggetto su cui i giornalisti potranno esprimere una valutazione e sulla cui base saranno stese le anteprime del gioco.
Nel piano strategico legato al marketing di un gioco è fondamentale anche la diffusione della demo, una porzione di software distribuita gratuitamente per il download. Le demo possono presentare parti diverse del gameplay a seconda delle componenti su cui lo sviluppatore intende porre l’accento. In alcuni casi la demo può comprendere interi livelli del gioco.
Internet ricopre un ruolo fondamentale all’interno delle campagne pubblicitarie e il mezzo più in uso per dare visibilità ai videogiochi sono i banner nei siti d’informazione e sui social network. Con la proliferazione di questi, si è assistito anche alla nascita del cosiddetto viral marketing, un tipo di marketing non convenzionale grazie al quale sono diffusi in Rete anteprime e rivelazioni su un prodotto, parallelamente alla campagna marketing uffi ciale.
Si parla di viral marketing anche nel caso di fi nte iniziative pubblicitarie, legate all’immaginario del gioco. Per esempio, in occasione del lancio di Deus Ex: Human Revolution sono stati pubblicati su YouTube alcuni fi nti spot di Sarif Corporation, la compagnia che nel mondo fantascientifi co del gioco produce innesti biomeccanici per gli esseri umani. Gli spot, girati in liveaction, mostrano, tra l’altro, un uomo che gioca a palla con suo fi glio facendo uso di un arto meccanico. Derivazione del viral marketing sono anche gli Alternate Reality Games, molto usati dal cinema e dai videogiochi, cacce al tesoro online, in cui i partecipanti devono trovare indizi e seguire tracce attraverso una serie di siti appositamente creati, spesso legati a retroscena del gioco pubblicizzato.
Sono inserite nella categoria del marketing anche le trasposizioni in altri linguaggi, veicolati attraverso media diversi, come fumetti, libri e miniserie tv, che contribuiscono alla visibilità del gioco. È considerata un’operazione di marketing anche la prati
025_056_C02.indd 47 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO48
ca dei DLC, i downloadable content, parti di gioco non accessibili all’acquisto, ma che possono essere sbloccate in seguito, scaricandole dalle piattaforme di digital delivery. Anche questo contribuisce a massimizzare i profi tti ricavati da un franchise, con il risultato che se ne continua a parlare nel tempo.
In defi nitiva, è evidente come il marketing sia una componente indispensabile per la salute e l’integrità dell’industria e come, di pari passo con l’affermazione del videogioco all’interno della cultura collettiva, anche i relativi reparti pubblicitari abbiano sviluppato strategie appropriate.
Nel prossimo paragrafo vedremo come i videogiochi possono essere usati a loro volta come veicolo di messaggi pubblicitari, attraverso la pratica del product placement e dell’in-game advertising.
2.2.4 Videogiochi e pubblicità
In ambito promozionale il videogioco fa uso di strumenti analoghi a quelli a disposizione degli altri settori dell’entertainment. Ma il videogioco può essere usato come veicolo per trasmettere dei messaggi pubblicitari, adottando le pratiche già in uso per fi lm e telefi lm, con il valore aggiunto della sua prerogativa caratterizzante: l’interattività.
I metodi con cui i videogiochi possono fare pubblicità si dividono in tre categorie: (i) il product placement che, come nel cinema, prevede l’inserimento all’interno delle opere di fi nzione di oggetti e brand del mondo reale, camuffati in maniera che sembrino coerenti con il contesto in cui sono calati; (ii) gli advergame, la creazione di un intero videogioco con la fi losofi a, i valori caratterizzanti e l’iconografi a di un brand; (iii) l’in-game advertising, quando gli sviluppatori prevedono all’interno del loro gioco spazi pubblicitari non troppo dissimili da quelli che sarebbe possibile incontrare nel mondo reale. Dal product pla-cement partiremo per illustrare le modalità pubblicitarie all’interno del videogioco.
Fin dai primi anni di vita della game industry, la pratica del product placement è stata comunemente in uso, con una predilezione per quanto riguarda i brand sportivi. Nei videogiochi, a differenza di quanto accade per il cinema, le scene di vita quo
025_056_C02.indd 48 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 49
tidiana, potenziale veicolo dei messaggi pubblicitari, sono limitate. Assai fortunato è il genere delle simulazioni sportive, nelle quali il product placement assume la duplice funzione di contribuire alla costruzione di un ambiente di gioco credibile, del tutto simile a quello che il giocatore potrebbe osservare assistendo a una partita in televisione. Allo stesso tempo, viene così coperta l’esigenza di fornire quanta più visibilità possibile al brand.
Non sono i soli giochi sportivi a offrire spazi e occasioni utili per il product placement. A prestarsi bene sono anche quei prodotti che prevedono l’uso di un vasto numero di oggetti al loro interno. Per esempio, The Sims, sorta di simulatore di vita quotidiana ideato da Will Wright, che chiede ai giocatori di creare intere dimore per i personaggi, è una struttura perfetta per ospitare al suo interno un gran numero di oggetti brandizzati, creati sul modello delle controparti reali. Non sono rari i casi in cui i videogiochi pubblicizzano al loro interno altri videogiochi.
Un fenomeno più vario e interessante è quello degli adverga-me. Si tratta di un videogioco appartenente a uno qualunque dei generi, ma progettato per pubblicizzare un determinato prodotto. Raramente si tratta di produzioni ad alto budget, spesso neanche destinate alle principali piattaforme ed è più facile si tratti di produzioni su piccola scala, limitate tanto nella tecnologia che nel game design. Molte compagnie, sparse in tutto il mondo, hanno fatto uso di questo particolare tipo di advertising.
La maggior parte delle volte tali produzioni, distribuite soprattutto in forma gratuita, riprendono l’iconografi a caratteristica dell’oggetto che vogliono pubblicizzare e vi costruiscono attorno un mondo di gioco. Gli elementi più riconoscibili o anche il prodotto stesso sono integrati come parte del gameplay. Una delle prime compagnie a rendersi conto dell’enorme potenziale ricavabile da questi prodotti è Mc Donald’s, che nel 1992 ha commissionato alla compagnia giapponese Ocean una serie di giochi incentrati sulla famiglia di mascotte della nota catena di fast food, già raffi gurati all’interno di menu, gadget e decorazioni dei locali.
Con l’avvento di console tecnologicamente più prestanti e di conseguenza con l’aumento dei costi di sviluppo e l’allungarsi delle tempistiche per realizzare un videogioco, operazioni del genere sono diventate più rare o relegate ai circuiti della digital delivery e delle produzioni a basso costo.
025_056_C02.indd 49 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO50
Con la crescente diffusione di Internet, gli advergame hanno trovato terreno fertile all’interno dei browser, sfruttando la tecnologia concessa da Adobe Flash. Una case history di enorme successo per quanto riguarda gli advergame può essere considerato America’s Army, sparattutto online il cui gameplay è costruito intorno ai valori fondamentali dell’esercito americano. Il gioco, pur non essendo fi nanziato da una multinazionale, bensì dall’esercito americano, può essere considerato un veicolo di messaggi pubblicitari destinati a promuovere un modo di pensare legato a un’organizzazione, con la proposizione spettacolare di elementi della pratica bellica, come armi e veicoli, assimilabile a quella dei giochi di guerra convenzionali. Da molti critici è stato identifi cato come un mezzo per invogliare i giovani americani ad arruolarsi, al punto che più volte all’interno del gioco è indicato l’indirizzo del sito con cui è possibile iscriversi nell’esercito.
Altro fenomeno comune all’interno di un videogioco è il cosiddetto in-game advertising, la pubblicità all’interno dei giochi. Il primo esempio di questo fenomeno risale al 1978 con Adventureland, che pubblicizzava all’interno del gioco il suo seguito Pirate Adventure. In seguito, bisognerà aspettare il 1991, anno di uscita di James Pond: Robocod, gioco per bambini, al cui interno era contenuta una pubblicità dei biscotti Penguin.
A prestarsi bene a questo tipo di pubblicità sono i giochi sportivi che, nell’inserire pubblicità all’interno dei campi da gioco virtuali, soddisfano la duplice necessità di rendere il gioco più realistico e vendere spazi pubblicitari. Tuttora, il modo più immediato e diffuso di fare pubblicità nel contesto di un videogioco è inserire nelle ambientazioni virtuali gli stessi canali pubblicitari presenti nel mondo reale. Per esempio, molti giochi di macchine prevedono lungo i tracciati cartelloni pubblicitari che possono ospitare gli advertising di famosi brand, collegati al target verso cui è rivolto il gioco in questione. L’advertising in ambito videoludico è un settore in gran parte inesplorato, di cui gli esempi messi in luce sono solo una piccola parte rispetto alle infi nite e ancora inespresse sinergie possibili tra game design e pubblicità.
025_056_C02.indd 50 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 51
2.2.5 Media franchise nei videogiochi
Si defi nisce media franchise un contenuto narrativo declinato attraverso più mezzi di comunicazione diversi. La pratica del media franchise è un concetto che ha toccato i videogiochi fi n dalla loro nascita. Sono espressione di questo fenomeno tutti i sequel delle opere interattive e i cosiddetti spin off, i casi in cui una storia è ambientata nell’arco narrativo più ampio di un’altra, ma si concentra su intrecci, personaggi e tematiche diverse.
Nei videogiochi, in maniera analoga e ancor più rispetto al cinema di puro intrattenimento, storicamente l’idea di sequel si presenta con una frequenza molto più elevata. Trattandosi di un’industria in prevalenza mainstream, il videogioco tende a rifarsi a meccaniche strettamente commerciali e non artistiche, al punto che certe serie vedono la realizzazione di un nuovo episodio quasi ogni anno. Se persino per un blockbuster di largo consumo come Indiana Jones ci sono voluti molti anni prima che fosse girato un quarto fi lm, sarà molto più facile che gli episodi dello sparatutto in terza persona Gears of War entrino in sviluppo a poca distanza l’uno dall’altro.
I giochi privi di narrazione, come Super Mario, sono riproposti a cadenza ciclica per introdurre nuove meccaniche di gameplay, ma capita sovente che abbiano una continuazione anche quei giochi fortemente incentrati sulla sceneggiatura.
Si parla di media franchise nei videogiochi nel caso dei tie-in, i prodotti usciti in concomitanza con un fi lm e direttamente ispirati a esso, per quanto la qualità di questi software è sempre bassa, a causa delle tempistiche di realizzazione serrate.
Le opere interattive rappresentano sempre più una parte fondamentale nella creazione e diffusione di un franchise e in certi casi possono raccontare una storia alternativa a quella raccontata dal medium di provenienza. Se agli albori del medium era più diffi cile riproporre in un videogioco i contenuti di un fi lm o di un libro in maniera credibile, le cose sono cambiate con la crescita esponenziale delle risorse tecnologiche. Tra tutti i medium il videogioco è l’unico che consente di fruire della narrazione con un ruolo attivo al suo interno. Ad esempio, il giocatore può decidere di esplorare come meglio crede i luoghi più celebri della serie o vivere attraverso i propri occhi i tragici ricordi del passato di Batman.
025_056_C02.indd 51 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO52
Uno dei media franchise più prolifi ci di sempre, Star Wars di George Lucas, ha generato un vastissimo fi lone anche nel mondo delle opere interattive, con una gamma di titoli che spazia dai giochi di ruolo, fi no ad arrivare ai racing. Ciò ha permesso di esplorare il cosiddetto lore di Star Wars, l’insieme di tutte le storie riconosciute come uffi ciali da chi gestisce il brand, in una maniera che non sarebbe mai stata possibile sfruttando i media tradizionali.
In The Old Republic, gioco di ruolo online e multiplayer di BioWare (in gergo MMORPG), l’opera, ambientata 3500 anni prima delle storie narrate dai fi lm, permette ai giocatori di spostarsi attraverso un universo, con la possibilità di atterrare sui pianeti, incontrare le civiltà che li abitano e scoprire le loro storie. Il giocatore può scegliere di vivere l’avventura da più punti di vista, a seconda del personaggio che crea ed è possibile vivere avventure, costruire relazioni con altri giocatori, esplorare, fabbricare artefatti, vivere una routine quotidiana all’interno di un mondo immaginario e persistente (sempre accessibile, su Internet).
Il videogioco è l’unico mezzo in grado di offrire un’interazione tanto profonda e viscerale con la fi ction. Può verifi carsi anche il processo inverso, cioè fi lm che siano tratti direttamente dai videogiochi, sebbene in questi casi l’operazione è stata poche volte accolta con calore sia dal pubblico che della critica.
CASE HISTORY
E.T. e Guitar Hero Nella migliore tradizione delle disgrazie, anche il famigerato crollo dell’industria dei videogiochi del 1982 è stato per certi versi un disastro annunciato. Tutto ebbe inizio con un evento che a sua volta avrebbe generato conseguenze nocive per l’intero settore. L’uscita di E.T. The Extra-Terrestrial per Atari 2600, titolo tratto dal capolavoro della fantascienza di Steven Spielberg, ma di qualità notevolmente inferiore. Ritenuto uno dei peggiori videogiochi mai realizzati, E.T. si dimostrò un insuccesso anche dal punto di vista commerciale e costò ad Atari 125 milioni di dollari. Il progetto fu una delle principali cause del fallimento della storica società fondata da
025_056_C02.indd 52 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 53
Nolan Bushnell (ingegnere statunitense, considerato il padre dell’industria videoludica) e Ted Dabney. E.T. innescò una reazione a catena che, in seguito, avrebbe portato a una crisi dell’industria a causa dell’alto numero di console immesse sul mercato e della scarsa qualità dei titoli. Nel caso di E.T. il pessimo risultato fi nale è da imputare principalmente a una serie di scelte e strategie di Atari. Il fenomeno di E.T., all’epoca della sua uscita nei cinema, assunse i tratti della mania collettiva, con incassi milionari al botteghino che superarono quelli di Guerre Stellari. Per questo Steve Ross, amministratore delegato di Warner Communications, azienda che in quegli anni possedeva anche Atari, decise di capitalizzare il successo del fi lm, producendo un videogioco a esso ispirato e acquistando da Steven Spielberg i diritti di E.T., pagando la cifra di venticinque milioni di dollari. Lo sviluppo fu affi dato a Howard Scott Warshaw, game designer di grande talento che già in passato aveva realizzato un videogioco ispirato ad un altro suo fi lm, Indiana Jones e i pre-datori dell’Arca perduta (il primo gioco su licenza della storia). Warshaw dovette completare il lavoro in sole cinque settimane, in modo che il gioco uscisse entro il Natale di quell’anno. Il programmatore non volle sfruttare meccaniche già viste in altri titoli come Pac-Man, ma cercò di dare vita a un’idea più originale, per restare in linea con l’atmosfera del fi lm. La qualità fi nale del prodotto fu penalizzata dal limitato tempo a disposizione per lo sviluppo. A livello di concept, il videogioco è organizzato in schermate fi sse, dove il giocatore controlla E.T., alla ricerca dei tre pezzi necessari per costruire il telefono e ritornare sul suo pianeta d’origine, in maniera analoga a quello che accade nel fi lm. Il personaggio deve essere condotto attraverso le varie schermate, facendo attenzione a grosse buche ed evitando che gli agenti della FBI o gli scienziati lo catturino. Quella che sulla carta potrebbe suonare una buona idea, all’atto pratico non è in nessun modo divertente. E.T. era un’esperienza frustrante per i giocatori, messi di fronte a un ambiente caotico, senza punti di riferimento né una ricompensa per
025_056_C02.indd 53 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO54
le azioni svolte. Non solo, ogni volta che E.T. cadeva in una buca, e questo avveniva spesso a causa di un sistema di collisioni ineffi cace, il giocatore doveva far levitare il personaggio per liberarsi. La scelta di design, oltre che involontariamente comica nel suo raffi gurare l’alieno con il collo allungato, risultava snervante per il giocatore, al quale per svariati secondi non era richiesto di fare alcunché se non premere un tasto, ancor più se pensiamo che, come avveniva nella maggior parte dei casi, il personaggio sarebbe ricaduto nella buca di lì a poco costringendo chi giocava a ripetere tutto il processo. A completare un quadro già di per sé critico, una serie di errori di programmazione, anch’essi dovuti alla mancanza di tempo per eseguire il debugging. Le vendite di E.T. andarono male: in un primo momento risultava essere all’ottavo posto in classifi ca con un milione e mezzo di copie vendute, nel giro di poco tempo perse sempre più posizioni. Ben cinque milioni di copie furono distribuite ai rivenditori, una cifra alta per l’epoca se consideriamo che le console presenti sul mercato si attestavano sui dieci milioni di pezzi. L’invenduto superava svariati milioni di pezzi e su questo dato sono sorte negli anni alcune leggende mai confermate del tutto da Atari. Una di queste racconta che la compagnia abbia seppellito milioni di cartucce di E.T. in una fossa nel deserto del New Mexico.Completamente diversa nella natura e nel contesto, ma altrettanto interessante, è la case history di Guitar Hero, gioco musicale o rhythm game, che permetteva ai giocatori di suonare celebri pezzi rock, usando un controller simile a una chitarra. In seguito furono rese disponibili anche la tastiera, la batteria e il microfono. Il gioco fu ideato dall’etichetta indipendente RedOctane e nel 2005 fu pubblicato per la prima volta da Activision su PlayStation 2. Quello che iniziò con un successo di pubblico e di critica si espanse in breve tempo in un fenomeno di massa. Il franchise ottenne un vasto numero di seguiti e spinoff che vendettero venticinque milioni di copie, generando un introito di due miliardi di dollari. Tuttavia, nonostante il successo del franchise, Activision comunicò a febbraio 2011 la decisione di smantellare l’intero
025_056_C02.indd 54 02/08/13 14:49
LA PRODUZIONE DEL VIDEOGIOCO 55
team che si occupava della serie sancendo di fatto la sua fi ne. Analizzare l’ascesa e la caduta commerciale di Guitar Hero è utile per comprendere più a fondo i meccanismi che regolano l’industria dei videogiochi, in particolar modo la gestione dei franchise e la pratica dei sequel. Nel caso di Guitar Hero, il successo è riconducibile a una combinazione di più fattori diversi e complementari. A monte c’è sicuramente l’originalità del concept, basato sulla periferica, a sua volta ripreso dalla serie giapponese Guitar Freaks, ma componenti altrettanto fondamentali sono state la progettazione dell’interfaccia, sia fi sica che virtuale, e una presentazione, tanto nel packaging che nella direzione artistica, molto simile a quella di brand extrasettore come MTV e Hard Rock Cafè. Tra le prerogative riuscite meglio del concept, c’è la sua capacità di restituire al giocatore la sensazione di suonare uno strumento, pur mantenendo sempre radicata la natura di puro intrattenimento del prodotto. Sul manico della fi nta chitarra sono posizionati cinque tasti, ognuno di colore diverso e uguali a quelli che appaiono in alternanza sullo schermo. Lo scopo del gioco è premerli con il giusto tempismo richiesto, in modo da riprodurre correttamente la canzone. In contemporanea con la pressione dei tasti va attivata anche un’apposita barra di plastica, posizionata nell’altra estremità del controller, che riproduce idealmente l’azione del plettro. Per vincere nel gioco non sono richieste particolari skill musicali e il livello di coordinazione occhiomano richiesto è lo stesso di un qualsiasi puzzle game (genere a cui, del resto, Guitar Hero è assimilabile). Ma Guitar Hero è importante nella storia dei videogiochi anche per il modo in cui ha impattato sulla cultura popolare. A livello di vendite, la serie raggiunge in breve tempo franchise allora più famosi, come Super Mario di Nintendo e Madden NFL di Electronic Arts (una simulazione di football americano, molto popolare negli Stati Uniti). Parallelamente, Guitar Hero ha avuto effetti anche sull’industria musicale, se pensiamo alle royalties ricavate nella vendita online di brani aggiuntivi per il gioco. Più in generale, il franchise ha funzionato come cassa di risonanza per i gruppi musicali che hanno prestato la loro imma
025_056_C02.indd 55 02/08/13 14:49
IL VIDEOGIOCO56
gine al gioco, in maniera analoga ai video musicali negli anni Ottanta. Band come i Metallica o gli Aerosmith hanno inserito la loro musica nelle tracklist del gioco e, in alcuni casi, sono state pubblicate delle edizioni interamente dedicate a un gruppo. Nielsen SoundScan ha rilevato che durante le vacanze natalizie del 2007 – in generale, il Natale è uno dei periodi più favorevoli per la vendita di videogiochi –, tutte le canzoni incluse in Guitar Hero III hanno ricevuto un incremento nei download a pagamento tra il 15% e l’843%. Precorrendo e favorendo un processo di assimilazione del videogioco nella cultura main-stream, Guitar Hero è apparso in celebri show come South Park, nelle serie televisive Heroes, Chuck e Gossip Girl e nei video di star musicali, come Eminem e Mariah Carey. Che cosa ha determinato la cancellazione del progetto? Il problema sembra essere analogo a quello che ha portato alla crisi del 1982: un’eccessiva presenza sul mercato e la scarsità di innovazione. Nel 2009 i titoli appartenenti al brand superavano la decina ed erano presenti su tutte le piattaforme, cellulari compresi. Molti esperti fi nanziari in tutto il mondo hanno cercato di spiegare la chiusura del brand. Tra questi Michael Pachter, analista di Wedbush Securities e commentatore abituale del settore videoludico, ha evidenziato il limite nelle periferiche del gioco. Una volta che gli utenti avevano acquistato il kit con tutti gli accessori (controller, chitarra, microfono e batteria), non erano spronati a comprare un nuovo kit per un altro episodio, perché la vecchia versione era compatibile con quelle uscite successivamente. Tuttavia, esiste un’ampia discordanza di visioni in tal senso. Una scuola di pensiero opposta sostiene che fosse impossibile tracciare una strategia allo scopo di evitare la chiusura di Guitar Hero. Al di là della sua avventura commerciale e dei relativi sviluppi, stiamo parlando di una storia di successo per il settore delle opere interattive, di per sé testimonianza dell’enorme volume di affari che il settore è in grado di muovere. Si tratta di un tassello fondamentale nel percorso di riconoscimento culturale del videogioco, per il modo in cui Guitar Hero è riuscito a insediarsi nel pubblico mainstream e per la sua risonanza ottenuta a livello mediatico.
025_056_C02.indd 56 02/08/13 14:49