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Mercanti, ambasciatori e sacerdoti 111 Mercanti, ambasciatori e sacerdoti nel VII secolo in Cina: le testimonianze archeologiche di Andrea MONTELLA Università degli studi di Napoli “L’Orientale” doi.org/10.26337/2532-7623/MONTELLA Riassunto: Per secoli, attraverso le cosiddette Vie della Seta, un grande flusso di persone straniere raggiunse la Cina, subendo un lungo e complesso processo di integrazione nella società cinese. L’impatto della cultura e dei costumi stranieri fu un fenomeno che ebbe grandi ripercussioni sulla società cinese dell’epoca. Attraverso l’indagine archeologica possiamo avere una testimonianza materiale di tale fenomeno, in particolare attraverso i contesti funerari. Abstract: For Centuries, through the caravan routes of the so-called Silk Roads, there was a large flow of foreign people to China, which underwent a deep and complex process of integration within the Chinese society. The impact of foreign culture and customs on the Chinese civilization was a phenomenon that affected a broad time span. We can get a glimpse of that time even trough archaeological investigation, particularly through funerary contexts. Keywords: Silk roads, Tang dynasty, Zhanghuai Saggio ricevuto in data 12 febbraio 2019. Versione definitiva ricevuta in data 3 marzo 2019 Introduzione Per secoli, attraverso il complesso apparato di rotte carovaniere transcontinentali chiamato Vie della Seta, vi fu un grande afflusso di stranieri verso la Cina, i quali subirono un profondo e complesso processo di integrazione all’interno della società cinese, apportando contemporaneamente un grande

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    Mercanti, ambasciatori e sacerdoti nel VII secolo in Cina: le testimonianze archeologiche

    di Andrea MONTELLA Università degli studi di Napoli “L’Orientale”

    doi.org/10.26337/2532-7623/MONTELLA

    Riassunto: Per secoli, attraverso le cosiddette Vie della Seta, un grande flusso di persone straniere raggiunse la Cina, subendo un lungo e complesso processo di integrazione nella società cinese. L’impatto della cultura e dei costumi stranieri fu un fenomeno che ebbe grandi ripercussioni sulla società cinese dell’epoca. Attraverso l’indagine archeologica possiamo avere una testimonianza materiale di tale fenomeno, in particolare attraverso i contesti funerari. Abstract: For Centuries, through the caravan routes of the so-called Silk Roads, there was a large flow of foreign people to China, which underwent a deep and complex process of integration within the Chinese society. The impact of foreign culture and customs on the Chinese civilization was a phenomenon that affected a broad time span. We can get a glimpse of that time even trough archaeological investigation, particularly through funerary contexts. Keywords: Silk roads, Tang dynasty, Zhanghuai Saggio ricevuto in data 12 febbraio 2019. Versione definitiva ricevuta in data 3 marzo 2019 Introduzione

    Per secoli, attraverso il complesso apparato di rotte

    carovaniere transcontinentali chiamato Vie della Seta, vi fu un grande afflusso di stranieri verso la Cina, i quali subirono un profondo e complesso processo di integrazione all’interno della società cinese, apportando contemporaneamente un grande

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    contributo al suo sviluppo. L’impatto della cultura e dei costumi stranieri sulla civiltà cinese fu un fenomeno di ampia portata che investì un lungo arco temporale.

    Il termine Vie della Seta apparve per la prima volta nel 1877, quando il geografo tedesco Ferdinand von Richthofen (1833-1905) pubblicò l'opera Tagebücher aus China, risultato delle sue sette spedizioni in Cina tra il 1868 e il 1872, nella cui introduzione utilizzò il termine Seidenstraße1. Tale termine, in realtà, per lungo tempo non godette di grande popolarità in ambito accademico sino al XX secolo quando il famoso esploratore e geografo svedese Sven Hedin non pubblicò un libro intitolato The Silk Road nel 1938. La forza di questa immagine ha infine trovato ampia diffusione nel mondo accademico.

    Durante la dinastia Sui (581-618) e, soprattutto, nel corso dei primi due secoli della dinastia Tang (618-907), la presenza straniera sul territorio cinese, in particolar modo iranico-sogdiana, raggiunse la sua acme. Nell’VIII secolo, tuttavia, due avvenimenti portarono bruscamente al termine il processo di integrazione della cultura straniera nella società del Paese di Mezzo: il primo fu la perdita dei territori dell’Asia Centrale a seguito della sconfitta contro la nuova potenza araba nella famosa battaglia del fiume Talas del 751; il secondo fu la rivolta di An Lushan nel 755-56 durante il regno di Xuanzong (r. 712-756) che, non solo provocò lo sviluppo di un sentimento xenofobo all’interno della corte cinese, ma portò anche al progressivo indebolimento della forza militare2. Circa un secolo

    1 F.F. VON RICHTHOFEN, Tagebücher aus China, Berlino, Dietrich Reimer, 1907, Vol. I. 2 E.G. PULLEYBLANK, The An Lu-Shan Rebellion and the Origins of Chronic Militarism in Late T'ang China, in Essays on Tʻang society : the interplay of social, political and economic forces, a cura di J. C. Perry - B. L. Smith, Leida, Brill, 1976, pp. 32-61.

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    dopo, la persecuzione religiosa voluta dall’imperatore Wuzong (r. 840-46), a cui tra le religioni straniere sopravvivrà solo il Buddhismo - peraltro molto ridimensionato -, portò la quasi totale interruzione dei rapporti con gli altri Paesi.

    Prima di tali avvenimenti, la famiglia Li, sovrani della dinastia Tang, soggiogarono tutti i loro rivali e la Cina visse un periodo di grande prosperità commerciale di cui la capitale, Chang’an, fu l’emblema. La città ospitava, come spesso ricordato nelle fonti, uomini provenienti da tutta l’Asia che affollavano i grandi mercati, i templi e la stessa corte imperiale.

    Il settimo secolo fu, per la Cina, un periodo di conquiste e nuovi insediamenti. Possiamo avere uno spaccato del cosmopolitismo dell’epoca anche attraverso l’indagine archeologica: l’improvvisa diffusione della toreutica, delle forme ceramiche di ispirazione occidentale, dei dipinti murali che testimoniano l’adozione di abiti stranieri o che rappresentano stranieri stessi, corroborano e spesso arricchiscono quanto testimoniato dalle fonti.

    L’obiettivo di questo articolo è fornire un contributo allo studio del fenomeno migratorio delle popolazioni dall’Asia Centrale verso la Cina, attraverso i contesti funerari. Infatti, numerose sono le tombe recentemente rinvenute in Cina appartenenti a facoltosi membri delle comunità straniere, in cui differenti tradizioni artistiche e cultuali si mescolano dando vita a fenomeni artistici e iconografici unici.

    Vie carovaniere e rotte commerciali marittime

    I grandi flussi di viaggiatori provenienti da ogni luogo

    dell’Asia avevano due modi per giungere in Cina: tramite le vie carovaniere e le rotte marittime.

    L’apparato transcontinentale di strade che congiungevano la Cina con il resto dell’Asia, arrivando fino al Mediterraneo, era

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    percorribile in qualsiasi periodo dell’anno, permettendo un afflusso continuo di merci e uomini. La rotta principale, partendo da Chang’an, procedeva in direzione nord-ovest attraversando il Gansu fino a Dunhuang dove la strada si snodava in tre possibili percorsi: i primi due, costeggiando il deserto del Taklamakan rispettivamente a nord e sud, si ricongiungevano a Kashgar3; il terzo, invece, si rivolgeva più a settentrione, passando per l’oasi di Turfan e fiancheggiando la catena montuosa del Tian Shan, e attraversava parte delle regioni meridionali dell’odierno Kazakistan. Tutte le strade giungevano infine in Sogdiana da cui poi proseguivano verso il Mediterraneo (fig.1).

    Un altro possibile percorso, altrettanto antico ma meno utilizzato, attraversava le attuali regioni del Sichuan e dello Yunnan, all’epoca abitate da popolazioni “barbare”, e costeggiando l’alto Irrawaddy giungeva poi nel Bengala e quindi in India4.

    Nella Cina settentrionale, il controllo delle rotte commerciali marittime e le tecniche di navigazione più avanzate erano nelle mani dei Coreani, in particolare dopo l’unificazione del territorio da parte del regno di Silla nel 660. Questi formavano in Cina ampie comunità, come nelle città fluviali di Chuzhou e Lianshui dove godevano, seppur stranieri, di ampi diritti extraterritoriali5. Anche le navi mercantili del regno di Bohai, nell’odierna Manciuria, culturalmente dipendente dai Tang, avevano un ruolo importante nell’economia marittima dei mari del Nord, attestato dalla presenza nello Shandong di locande governative per offrire riposo e ristoro ai marinai mancesi6.

    3 E.H. SCHAFER, The Golden Peaches of Samarkand. A study of T’ang Exotics, Berkeley, University of California press, 1963, p. 10. 4 Ivi, p. 11. 5 Ibidem. 6 Ibidem.

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    Se nel nord la Corea dominava le rotte commerciali verso la Cina, nel sud la situazione era più complessa. Bisognava avere una profonda conoscenza delle tecniche di navigazione e tener conto dei monsoni che impedivano viaggiare in mare durante determinati periodi dell’anno. Oltre ai vari Stati della penisola malese e dell’Indonesia, un ruolo predominante era svolto dall’isola di Ceylon, importante centro commerciale di snodo verso il Golfo Persico. Non abbiamo attestazioni durante questo periodo di navi cinesi spintesi a ovest verso l’Iran e la Penisola Arabica ma, a partire dal settimo secolo, numerose imbarcazioni arabe giunsero a Canton creando un fitto network di scambi commerciali, in particolare provenienti dal porto iranico di Siraf7. I contesti funerari durante l’epoca Tang

    Durante la dinastia Tang, il rito funerario occupava un ruolo

    centrale all’interno della società cinese. A differenza della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.), di cui i sovrani Tang si ritenevano ideologicamente i successori, la costruzione dei mausolei imperiali avveniva solo dopo la morte dell’imperatore. Per tale motivo, dovevano essere realizzati in un lasso di tempo relativamente breve, di solito compreso tra i cinque e i sette mesi8. La costruzione di un mausoleo imperiale, oltre che una necessità rituale e ideologica, rappresentava un’opera di carattere propagandistico: nella realizzazione di una tomba imperiale Tang venivano utilizzati elementi peculiari della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.), nel tentativo di creare un legame di continuità, dopo secoli di divisione e dominazione

    7 Ivi, p. 12. 8 ZHANG JIANLIN, 2016. Bringing Peace to Chang’an’s Deceased, in Tang. Treasures from the Silk Road Capital, a cura di CAO YIN, Sidney, Art Gallery of New South Wales, 2016, p. 114.

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    straniera, con il glorioso passato della Cina. In questo modo la dinastia cercava di proclamarsi implicitamente come unica e legittima erede dalla tradizione Han.

    Tra i complessi monumentali di quest’area, quello di Qianling è considerato uno dei più importanti. Dedicato all’imperatore Gaozong (r. 649-683) e all’imperatrice Wu Zetian (r. 690-705), esso può essere ritenuto il prototipo di riferimento a cui si atterranno tutti i successivi regnanti della dinastia. Qianling è locato sul Liangshan, una montagna di roccia calcarea a circa mille metri sopra il livello del mare. La sommità del monte Liang è formata da tre cime, di cui quella settentrionale, di dimensioni maggiori rispetto alle altre due, ospita al suo interno la tomba imperiale. Le due cime minori fungono invece idealmente da torri di guardia del complesso e fiancheggiano il sentiero che conduce alla tomba. Il mausoleo appariva come una sorta di cittadella fortificata che, in parte, rifletteva l’organizzazione planimetrica di Chang’an (fig. 2).

    All’interno del complesso, nell’area circostante la seconda cinta di mura, sono stati ritrovati alcuni templi minori e tombe satelliti appartenenti a personaggi illustri della corte cinese dell’epoca. Essere sepolti all’interno del perimetro del mausoleo imperiale era considerato un grande onore, spettante solo ai membri della famiglia imperiale e a pochi ufficiali e funzionari che si distinsero per i successi conseguiti in vita e per la fedeltà verso l’imperatore. Rispetto ai precedenti complessi di Xianling (67) e Zhaoling (167), il numero di tombe satelliti ritrovato nel complesso di Qianling appare esiguo: ne sono state individuate solo 17. Sebbene lo studio di queste sepolture di alto rango ci abbia restituito un quadro dettagliato dell’arte e dell’architettura di epoca Tang, poche di queste tombe sono state indagate archeologicamente. Infatti, solo cinque sono state scavate, di cui tre attualmente aperte al pubblico. In particolare, tra quest’ultime, la tomba appartenente al principe Zhanghuai

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    appare di notevole importanza e costituisce un importante esempio dell’architettura funeraria dell’epoca. La tomba del principe Zhanghuai

    Li Xian (654-684) fu il sesto figlio dell’imperatore Gaozong,

    il secondo che l’imperatore ebbe con la futura imperatrice della dinastia Zhou Wu Zetian (r. 690-705) e quindi fratello dei due Imperatori fantoccio Zhongzong (r. 684 e 705-710) e Ruizong (r. 684-690 e 710-712), manovrati dalla loro madre. Dopo la morte del fratello maggiore Li Hong, fu nominato Principe ereditario nel 675, all’età di 21 anni, e mantenne il titolo fino al 680 quando venne accusato di tradimento per l’omicidio di un funzionario di nome Ming Chongyen. Egli venne ucciso, secondo l’opinione dell’imperatrice Wu, da alcuni banditi eseguendo gli ordini di Li Xian, il quale venne conseguentemente deposto. L’anno successivo, a seguito di un’inchiesta voluta dall’imperatrice, vennero ritrovate numerose armature nelle stalle del complesso residenziale di Li Xian, che furono ritenute prova dei legami intercorsi con i banditi colpevoli dell’uccisione del funzionario. Venne quindi esiliato a Bazhou, Sichuan, nel 682 o 683 e spogliato di ogni titolo o rango, divenendo un cittadino comune. Nel 684 il Generale Qiu Shenji venne inviato a Bazhou e costrinse Li Xian a commettere suicidio9.

    La salma venne inizialmente inumata in una fossa comune a Bazhou, nonostante nel 685 gli fosse stato restituito, seppur postumo, uno dei suoi titoli, quello di principe di Yong. Dopo la morte della madre nel 705, le spoglie di Li Xian vennero

    9 T. ECKFELD, Imperial Tombs in Tang China, 618-907.The Politics of Paradise, New York, Routledge Curzon. Taylor & Francis Group, 2005, p. 32.

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    riesumate e riportate nella capitale dove vennero seppellite nel complesso funerario imperiale nel 70610.

    La tomba del principe Zhanghuai è situata 3 km in direzione sud-est rispetto al tumulo principale. La tomba presenta un orientamento sud-nord ed è circondata da mura perimetrali lunghe in totale circa 650 metri. Due torri di guardia fiancheggiano l’inizio dello shendao, il sentiero devozionale che conduce alla tomba vera e propria. Una coppia di arieti in pietra indicano la presenza di un membro della nobiltà cinese. Inoltre recentemente, nei pressi del complesso funerario di Li Xian, è stata ritrovata una colonna ottagonale che doveva far parte di una coppia. Probabilmente, gli arieti furono scolpiti già durante la costruzione della tomba nel 706, mentre le colonne ottagonali furono aggiunte durante l’ampliamento e restauro del 711, quando Li Xian recuperò il titolo di principe ereditario con il nome di principe Zhaghuai11. All’interno delle mura perimetrali un vasto giardino circonda l’imponente tumulo di forma piramidale posto leggermente decentrato verso sud. L’interno della sepoltura misura in totale 71 metri di lunghezza ed è costituito da un vano di passaggio, un tunnel d’accesso con quattro pozzi d’areazione, un corridoio e due camere sepolcrali. La tomba, costruita in mattoni, presenta numerose pitture murali sulle pareti e sul soffitto. Nel vano di passaggio sono dipinte attività svolte in ampi spazi aperti: nella prima parte della parete est, è rappresentata una imponente battuta di caccia a cui partecipano oltre 40 cavalieri all’interno di un arido paesaggio interrotto solo da rocce e alcuni sparuti alberi. È interessante notare come alcuni cavalieri portino con sé leopardi o giaguari, animali solitamente offerti dalle delegazioni centroasiatiche e

    10 Ibidem. 11 Ivi, p. 36.

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    persiane alla corte cinese12. Lungo la parete est, dopo la scena di caccia, troviamo una interessante scena in cui sono raffigurati tre funzionari cinesi che accolgono tre emissari stranieri (fig. 3). La minuziosa precisione dei dettagli e il realismo delle figure ci suggeriscono che l’artista doveva avere particolare familiarità con gli stranieri, tanto da permetterci di identificare quantomeno le aree di provenienza di ciascuno. Il primo delegato straniero può essere identificato come inviato del regno di Koguryo (Corea), grazie alla particolare foggia del copricapo. Nel Jiu Tang Shu (147, 1/1), viene fatta un’accurata descrizione dei costumi nord coreani:

    Nell’abbigliamento e negli ornamenti solo il Re poteva utilizzare i Cinque Colori13. I loro copricapo sono fatti in mussolina e hanno una cinghia di pelle bianca. Sia i copricapo che le cinture sono decorati in oro. I funzionari di nobile rango possono utilizzare del tessuto blu mentre quelli di rango inferiore possono utilizzare il rosso. Attaccano due piume sui loro copricapo e li decorano con oro e argento. Le maniche e le pieghe dei loro abiti sono molto larghe e le tuniche vengono cinte in vita da una fascia bianca; le loro scarpe sono fatte di pelle gialla14.

    La seconda figura indossa una lunga tunica marrone con

    ampio collo e stivali neri, abbigliamento tipico delle popolazioni centroasiatiche. L’uomo, dal naso pronunciato con ampie narici e dai grandi occhi sormontati da folte sopracciglia, è di probabile origine iranica, forse persiana, e trova un interessante confronto con una raffigurazione, seppur precedente, dipinta sulla kasaya di una statua ritrovata e Qingzhou nel 199615. L’ultimo uomo, 12 H. BIELENSTEIN, Diplomacy and Trade in the Chinese World 589-1276, Leida, Brill, 2005, in particolare pp. 343 e 370. 13 I Cinque colori a cui si riferisce il testo sono: blu, rosso, giallo, nero e viola. 14 J. FONTEIN - WU TUNG, Unearthing China’s past, Boston, New Yor Graphic Society, 1973, p. 94. 15 ZHAO PUCHU, Qingzhou Longxingsi fojiao zaoxiang yunshu, 1999, Jinan, p. 115.

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    raffigurato in posizione decentrata rispetto agli altri, indossa un copricapo e dei pantaloni di pelliccia, elementi che hanno permesso di identificarlo come emissario del regno di Bohai16. Sulla parete ovest sono invece dipinti dei giocatori di polo in un paesaggio montagnoso, interrotto da pochi arbusti. Questa, molto probabilmente è la più antica rappresentazione in Cina di questo sport che venne introdotto proprio durante la dinastia Tang dal Tibet17. Infine, su entrambe le pareti, sono raffigurate delle guardie atte a proteggere l’ingresso alla cripta, il cui ultimo baluardo difensivo è rappresentato da due torri di guardia, dipinte a trompe-d’oeil, alte 6.5 m e larghe 3 m.

    Dopo il vano d’ingresso, comincia il tunnel sotterraneo che porta alle camere funerarie. Presenta quattro pozzi18 che conducono all’esterno per permettere il ricambio d’aria durante i lavori di costruzione e sei nicchie laterali, tre per ciascun lato, in cui sono stati ritrovati gli oggetti in ceramica del corredo funerario19. All’interno del corridoio sono stati ritrovati una balestra e dei quadrelli, forse simbolo di protezione, e dei pesanti blocchi di piombo di forma varia, per un peso totale di 65 kg, il cui scopo non è tuttora chiaro20.

    All’interno delle nicchie laterali sono stati rivenuti oltre 600 manufatti in ceramica, di cui la maggior parte in argilla, che sembrerebbero suddivisi in ordine crescente d’importanza: la prima coppia di nicchie contiene mingqi di figure umane e animali di discreta fattura; la seconda coppia ospita statuette umane e animali con invetriatura sancai, in particolare cavalli e

    16 J. FONTEIN - WU TUNG, Unearthing China, p. 94. 17 Ivi, p. 101 18 Indagini archeologiche hanno messo in evidenza come dei quattro pozzi, tre risalgano alla prima fase di costruzione della cripta nel 705-706 mentre l’ultimo alla fase di ampliamento avvenuta nel 711. 19 T. ECKFELD, Imperial Tombs, p. 39. 20 Ivi, p. 40

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    cammelli; nella terza vi sono i mingqi di ufficiali dell’esercito, di funzionari civili e di guardiani protettori, sia di forma umana che teriomorfa.

    La prima camera funeraria è decorata con pitture murali: all’interno di un padiglione in un giardino, donne di alto lignaggio sono intrattenute da danzatori e musicisti; sul soffitto sono invece raffigurati la Via Lattea, il sole, la luna e le stelle, una rana e una lepre che preparano la droga dell’immortalità. Nella parete nord della stanza vi è una porta di pietra che sigilla il piccolo corridoio che porta alla camera funeraria posteriore, la quale simboleggia gli appartamenti privati del principe quando era in vita. Nella camera posteriore, sul cui soffitto è rappresentato il medesimo motivo della camera anteriore, furono ritrovati un sarcofago in pietra, un supporto in pietra e due coppie di epitaffi funebri. La presenza contemporanea di elementi quali il supporto per il sarcofago e la porta in pietra, riccamente decorata con un motivo di peonie e con leoni che inseguono cavalli alati, denota l’elevato rango del defunto21.

    All’interno del sarcofago di pietra furono ritrovati resti lignei, appartenuti a un ulteriore sarcofago in legno deterioratosi nel tempo e ossa umane attribuibili al defunto. Sul pavimento della camera funeraria furono invece rinvenute alcune ossa umane, probabilmente appartenenti alla moglie del defunto. Ulteriori frammenti ossei furono trovati nel corridoio di accesso alla camera posteriore, presumibilmente trasportati da flussi d’acqua o spostati in seguito al saccheggio della tomba. La tomba di Pugu Yitu

    Il VII secolo viene considerato l’apice della società cinese

    durante l’epoca Tang. Quest’ultima raggiunge anche una delle

    21 Ivi, p. 41

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    sue massime estensioni territoriali, ampliando il proprio controllo sui territori occidentali, corrispondenti all’attuale Xinjiang, e sui territori settentrionali, corrispondenti all’attuale regione meridionale della Mongolia. Con la sconfitta nel 630 dei Turchi Orientali e con il successivo soggiogamento dei Xueyantuo nel 647, la dinastia Tang istituì il sistema amministrativo del jimi fuzhou (lett. Prefettura delle briglie del cavallo), dividendo l’area in sette differenti prefetture, il cui comando veniva poi affidato a capi locali che giuravano fedeltà all’imperatore. Il sistema serviva per garantire un controllo delle frontiere cinesi in cui “erano gli stessi barbari a controllare i barbari”.22 Una testimonianza archeologica dell’utilizzo di questo sistema nell’odierna Mongolia proviene dal recente ritrovamento di una tomba nella suddetta area. Nel 2009 una missione Russo-Mongola scoprì una tomba dalla tipica struttura cinese di epoca Tang, appartenente a un capo tribù locale che aveva giurato fedeltà alla dinastia imperiale cinese: Pugu Yitu (635-678), capo della tribù Pugu.

    La tomba, anche nota con il nome di Shoroon Dov Kurgan, era situata a circa 28km sud-est del distretto di Zaarmar, circa 2.5 km di distanza dal fiume Tuul (anche detto Tola), vicino alla fortezza del X secolo Khermen Denzh, costruita lungo la sponda del fiume. La tomba presentava la classica struttura tripartita delle tombe cinesi, formata da un tunnel obliquo di accesso, un corridoio costituito da sale di passaggio intervallate da pozzi verticali (tianjing) e una camera funeraria di forma trapezoidale (fig. 4). La tomba presentava inoltre due nicchie laterali che ospitavano il corredo funerario, il quale è stato, purtroppo, in gran parte saccheggiato. La maggiore scoperta fatta all’interno della sepoltura è sicuramente il ritrovamento in situ di una stele funeraria con iscrizione in cinese, composta da due parti: il 22 L. ARDEN-WONG, Tang Governance and Administration in the Turkic Period, in “Journal of Eurasian Studies”, VI, issue 2, Oxford, 2014, pp. 9-10.

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    coperchio con un’iscrizione di 4 righe di 3 caratteri ciascuno e l’iscrizione principale composta da 28 righe di 31 caratteri ciascuna23. Tramite tale iscrizione apprendiamo che Pugu Yitu, dopo la sconfitta dei Turchi Orientali da parte della dinastia Tang, fu nominato capo del clan Pugu, che era parte dei Xueyantuo, tribù turca che cercò di colmare lo iato lasciato dalla disfatta dei Turchi Orientali, i quali vennero a loro volta sconfitti nel 647 dalla dinastia Tang. Una volta sconfitti i Xueyantuo, il clan Pugu accettò di sottomettersi alla corte cinese e il loro capo tribù venne insignito del titolo di Dudu (Comandante in Capo), in qualità di responsabile di una delle prefetture create con il sistema jimi fuzhi. Il primo a ottenere la nomina di Dudu fu il nonno di Pugu Yitu, Qaran Bayan. Quest’ultimo è citato anche nelle fonti storiche dell’epoca come capo dell’area. A lui seguì il figlio Sifu che governò fino al 657. Come testimonia l’epitaffio, Pugu Yitu morì alla giovane età di 44 anni, quindi succedette al padre Sifu all’età di 22 o 23 anni. Secondo l’iscrizione nel secondo anno dell’era Linde (665), egli partecipò con l’imperatore Gaozong (r. 649-683) a una cerimonia sul Monte Tai, nella provincia dello Shandong. Nell’iscrizione sono inoltre documentate le campagne militari che condusse contro i Mohe nella Manciuria orientale e in Tibet24.

    L’importanza di Pugu Yitu è sottolineata anche dalla menzione nell’iscrizione di doni fatti direttamente dall’imperatore Taizong per il lutto: 300 rotoli di tessuto, una veste in broccato di seta, una cintura in oro, un arco con frecce, una faretra, una sella e un’iscrizione su pietra.25 Fatta eccezione per la veste e i rotoli di tessuto, tutti gli oggetti donati

    23 LUO XIN, Menguguo chu de Tangdai Pugu Yitu Muzhi, in Zhongyuan yu wai qingzhu Zhang Guangda jiaoshou bashi song shou yantao hui lunwen ji, Tabei, 2011. 24 Ibidem. 25 Ibidem.

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    dall’imperatore sottolineano il carattere militare e le origini nomadiche di Pugu Yitu. Infatti, spesso le sepolture appartenenti a membri dell’élite straniera presentano come elemento del corredo funerario una cintura in materiale prezioso, o riccamente adornata, che sottolineava lo status del defunto.

    Sebbene all’interno della storiografia dell’epoca non vi sia menzione di Pugu Yitu, abbiamo un ulteriore dato epigrafico che ne sottolineerebbe l’importanza nella storia dell’epoca: infatti, il suo nome è stato ritrovato su una delle statue degli emissari stranieri che fiancheggiavano il cosiddetto sentiero degli spiriti (cin. shendao) del mausoleo imperiale di Qianling, dedicato all’imperatore Gaozong e all’imperatrice Wu Zhao. In questo caso (fig. 5), la raffigurazione di dignitari stranieri era un modo per simboleggiare l’estensione territoriale e l’influenza politica raggiunta durante l’epoca Tang dall’impero cinese. Le 61 statue degli emissari stranieri erano tutte di dimensioni verosimilmente realistiche, ritratte in una posa remissiva con le mani giunte davanti al petto, in segno di riverenza verso l’imperatore. Secondo la tradizione, le statue sarebbero state realizzate per il volere dell’imperatrice Wu Zetian per commemorare i dignitari che parteciparono ai funerali dell’imperatore.

    Sebbene le statue di tutti i dignitari stranieri siano oggi prive della testa, 36 statue presentano ancora sul retro la loro nazionalità, il nome e il titolo. Tra questi ritroviamo Pugu Yitu.

    Pugu Yitu morì, stando all’epitaffio il 27 marzo del 678. Il rituale funerario si svolse invece tra il 31 agosto e il 9 settembre del 678, durante il quale vennero compiute tutte le pratiche cerimoniali necessarie per la deposizione del defunto all’interno del suo Palazzo Eterno. La data scelta per l’inumazione del corpo, il 9 settembre, secondo il calendario cinese dell’epoca, rappresentava uno dei giorni di maggior auspicio dell’anno26. Il 26 http://isaw.nyu.edu/events/archive/2015/rostovtzeff-silk-roads-lecture-4 (Ultima consultazione: 28-01-2019).

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    defunto venne deposto in un feretro all’interno della camera funeraria. La tomba ha restituito un ricco corredo funerario costituito da decine di oggetti, in particolare statuette funerarie, i cosiddetti mingqi (lett. oggetti luminosi), il cui uso nelle sepolture era diffuso nelle tombe cinesi a partire sin dall’epoca degli Han Occidentali (206 a.C.-8 d.C.). Le statuette ritrovate nella sepoltura di Pugu Yitu raffigurano prevalentemente soggetti umani, sebbene vi siano anche statuette raffiguranti animali ed esseri mitologici. Di particolare interesse risulta essere una delle statuette che, sebbene priva della testa, rappresenterebbe un uomo ornitomorfo, con busto e testa umani, e la parte inferiore del corpo da uccello27 (fig. 6). Un possibile confronto proviene da una sepoltura coeva poco distante, ritrovata nel 2011 a 11 km in direzione ovest dalla tomba di Pugu Yitu. La tomba in questione, denominata tomba di Ulaan Khermiin, sebbene a differenza della tomba di Pugu Yitu non sia stata saccheggiata, non presenta alcuna epigrafe che possa permettere l’identificazione del proprietario. All’interno del corredo funerario, è stata ritrovata una statuetta parzialmente danneggiata di un essere ibrido, metà uomo e metà uccello. Questo tipo di rappresentazioni sembra essere estraneo alla cultura cinese dell’epoca, sebbene presenti alcuni possibili confronti in un gruppo di sepolture tutte datate alla seconda metà del VI secolo e appartenenti a stranieri, in particolare Sogdiani.

    In particolare, raffigurazioni di sacerdoti con parte inferiore del corpo ornitomorfa provengono da tre tombe indagate archeologicamente tra il 1998 e il 2003. Di queste, due sono state scoperte nell’area del distretto di Kangdizhai, a nord dell’odierna città di Xi’an, e una a sud-ovest dell’odierna città di Taiyuan28. Le tombe appartenevano a facoltosi membri della 27 Ibidem. 28 Per un approfondimento riguardo il ritrovamento e lo scavo archeologico delle tre tombe menzionate si rimanda a SHAANXI SHENG KAOGU

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    comunità sogdiana in Cina, i quali, probabilmente approfittando dell’instabilità sociale e politica degli ultimi anni della dinastia dei Zhou Settentrionali (557-581), realizzarono sepolture di dimensioni e ricchezza tali da poter rivaleggiare con quelle degli alti dignitari e della famiglia imperiale29.

    Le tombe, sebbene saccheggiate già in epoca antica, hanno restituito un interessante corredo funerario tra cui spicca la presenza di sarcofagi e letti funerari riccamente decorati con scene dipinte in oro e rosso, realizzate a incisione o rilievo. Sui pannelli che costituiscono questi oggetti sono raffigurate soprattutto scene di arte venatoria e banchetti. Quest’ultimi presentano generalmente il medesimo schema compositivo: due figure principali, il defunto e la sua consorte, che brindano assisi in un padiglione o una tenda, circondati da attendenti e astanti30.

    Nelle tre tombe sopramenzionate troviamo la raffigurazione di due sacerdoti ornitomorfi accanto a un braciere. Questo sembra essere un tòpos iconografico caratteristico delle sepolture attribuibili a Sogdiani nella seconda metà del VI secolo. L’importanza di tale iconografia è sottolineata dalla sua posizione centrale sulla parete anteriore della base di sarcofagi e YANJIUSUO, Xi’an Bei Zhao An Qie mu, Beijing, Wenwu chubanshe, 2003; SHANXI SHENG KAOGU YANJIUSUO, TAIYUAN SHI WENWU KAOGU YANJIUSUO e TAIYUAN SHI JINYUAN QU WENWU LUYOU JU, Taiyuan Sui Yu Hong mu, Beijing, Wenwu chubanshe, 2005; YANG JUNKAI, Bei Zhou Shi jun mu, Beijing, Wenwu chubanshe, 2014. 29 Per un confronto tra le tombe dei mercanti sogdiani e le tombe dell’élite imperiale si rimanda a JUI-MAN WU, Mortuary Art in the Northern Zhou China (557-581 CE): Visualization of Class, Role and Cultural Identity, Pittsburgh, 2010, in particolare pp. 124-136. 30 Il banchetto rappresenterebbe l’arrivo nel mondo ultraterreno del defunto e della sua consorte ed è un tema estremamente popolare nelle sepolture attribuibili a stranieri ritrovate in Cina sin dal VI secolo. Si rimanda a WU HUNG, A case of Cultural Interaction: House-shaped Sarcophagi of the Northern Dynasties, in “Orientations”, vol. 33.5, Hong Kong, 2002, pp 34-47.

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    divani funerari. Il suo scopo è probabilmente quello di delimitare il confine tra il regno degli esseri viventi e l’aldilà: i sacerdoti hanno funzione psicopompa, introducendo il defunto nel regno dell’oltretomba. Questa funzione è particolarmente evidente nella tomba di An Qie dove la scena raffigurante sacerdoti ornitomorfi è posizionata sul timpano semicircolare della porta di accesso alla camera funeraria31 (fig. 7).

    Un ulteriore esempio di questo tipo di raffigurazione è conservato nel Museo del Mercato Occidentale di Xi’an. Il reperto, seppur proveniente da contesto archeologico, venne trafugato durante gli scavi e riapparve solo diversi anni dopo nel mercato antiquario di Macao32. Si tratta della parte anteriore della base di un letto funerario attribuito ad An Bei, un mercante straniero proveniente dallo Stato di An, situato nell’odierno Uzbekistan33. Sull’oggetto è raffigurato un alto braciere fiancheggiato da due figure con parte superiore del corpo umana e parte inferiore del corpo da uccello. Entrambi indossano una maschera sul volto e impugnano un lungo strumento, probabilmente liturgico (fig. 8).

    Questa iconografia è spesso stata interpretata in connessione allo zoroastrismo, religione di origine iranica professata dai Sogdiani nella loro madrepatria. Sebbene sacerdoti indossanti maschere rituali siano comuni in ambito funerario centro-asiatico, l’utilizzo di un’iconografia con figure metà umane metà uccello appare inusuale. Un possibile confronto proviene da due frammenti di differenti ossuari ritrovati nel 1999 ad Afrasiab,

    31 SHAANXI SHENG KAOGU YANJIUSUO, Xi’an Bei Zhao An Qie mu, pp. 16-17. 32 GE CHENGYONG, Aojiao Shenghuo yishu de xin faxian. Sui dai An Bei mu wenwu chu tan, in “Meishu Yanjiu”, vol. 3, Beijing, 2009, pp. 14-18. 33 Per ulteriori informazioni biografiche su An Bei si rimanda a MAO YANGGUANG, Luoyang Xin chutu Sui An Bei muzhi kaoshi, in “Kaogu yu Wenwu” vol. 5, Xi’an, 2011, pp. 84-88.

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    Samarcanda, durante uno scavo d’emergenza, datati al VII secolo. Entrambi mostrano il volto e parte del busto di una figura antropomorfa alata che indossa un padâm. Poiché i due frammenti appaiono identici, Frantz Grenet ha ipotizzato che provenissero dalla stessa matrice, probabilmente successivamente riutilizzata.34

    Il legame di queste iconografie con la religione zoroastriana, sebbene inizialmente sia stato condiviso dalla maggior parte degli studiosi, negli ultimi anni è stato messo in discussione35. La presenza di immagini simili nelle sepolture attribuibili a membri di tribù turche nell’area della Mongolia potrebbe essere un ulteriore elemento per mettere in discussione questa tesi. Conclusioni

    Durante la dinastia Tang il fenomeno migratorio verso la Cina

    raggiunse la sua acme: tutte le grandi città cinesi ospitavano cospicue comunità straniere e i mercati accoglievano merci provenienti da tutto il Mondo allora conosciuto. Chang’an fu l’emblema del cosmopolistismo Tang: con quasi due milioni di residenti tassabili fu probabilmente la città più grande della sua epoca. La capitale aveva due grandi mercanti, Occidentale ed Orientale; quest’ultimo, a ridosso delle abitazioni di nobili e funzionari, presentava merci pregiate e di grande qualità. Nel mercato Occidentale, più affollato, era possibile trovare le merci

    34 Comunicazione personale di Frantz Grenet a Penelope Riboud. Si veda P. RIBOUD, Bird-Priests in Central Asian Tombs of 6th-Century China and Their Significance in the Funerary Realm, in “Bulletin of the Asia Institute”, vol. 21, Detroit, 2007, pp. 1-23. 35 Per un approfondimento riguardo le connessioni con lo zoroastrismo si rimanda a P. WERTMANN, Sogdians in China. Archaeological and Art Historical Analyses of Tombs and Texts from the 3rd to the 10th century AD, Darmstadt, Verlag Phillip von Zabern, 2015.

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    più esotiche ed era meta dei ceti meno abbienti e della maggior parte dei mercanti stranieri e cinesi.

    Dai contesti funerari emergono dati importanti per la comprensione del fenomeno migratorio in Cina. Nelle tombe appartenenti a dignitari cinesi, l’introduzione nel corredo funerario o nelle pitture murali di stranieri simboleggiava l’alto status raggiunto dal defunto in vita. Infatti, l’aver intrattenuto relazioni commerciali o diplomatiche con dignitari ed emissari stranieri era considerato un compito di grande lustro che generalmente spettava a uomini particolarmente capaci. Nelle tombe appartenenti a funzionari e nobili cinesi era, inoltre, spesso possibile ritrovare oggetti di manifattura straniera. Tali oggetti, in particolare le monete in oro bizantine, erano particolarmente apprezzate in Cina per le loro iconografie esotiche, tanto che spesso venivano utilizzate come inserti per gioielli e diademi36.

    Le tombe appartenenti a stranieri sono invece una testimonianza diretta dei loro usi costumi e ci forniscono dati importanti riguardo le loro pratiche cultuali. Da questi contesti emerge generalmente una situazione fluida, in cui elementi allogeni si fondono con quelli tipici della cultura cinese. Spesso questo fenomeno viene definito sinizzazione, basandosi sull’assunto che l’utilizzo di determinati elementi peculiari della cultura cinese da parte degli stranieri sia necessariamente sintomo del più o meno graduale abbandono dei loro costumi. Seguendo questa interpretazione, gli stranieri rinuncerebbero alle loro usanze una volta accortisi della maggiore civiltà ed eleganza della società cinese. Questa definizione riduce il 36 Sull’utilizzo di monete bizantine in contesti funerari cinesi si rimanda a J. L. ANNETTE, Monks and Merchants. Silkroad Treasures from Northwest China Gansu and Ningxia, 4th-7th Century, New York, Harry N. Abrams with the Asia Society, 2001, in particolare pp. 271-291.

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    fenomeno a un movimento univoco, in cui uno dei due poli assorbe quello considerato più debole o inferiore. Si tratta, invece di un fenomeno ben più complesso, una sorta di sincretismo nel quale vi è un mutuo scambio e determinate convenzioni sociali e valori che possono perdere la loro importanza generandone di nuovi.

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    Figure

    Figura 1 - Mappa delle rotte commerciali che collegavano la Cina con il

    Mediterraneo

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    Figura 2 - Pianta del Mausoleo di Qianling

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    Figura 3 - Dipinto murale della tomba del principe Zhanghuai

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    Figura 4 – Pianta della tomba di Pugu Yitu

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    Figura 5 – Statue dei dignitari stranieri lungo lo shendao del mausoleo di Qianling

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    Figura 6 – Statuetta ornitomorfa ritrovata nel corredo funerario della tomba di Pugu Yitu

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    Figura 7 – Disegno della lunetta semicircolare dell'architrave della tomba di An Qie

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    Figura 8 – Dettaglio frammento della parete frontale del letto funerario di An Bei