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mensile socio-culturale della a.n.r.p. Spediz. abbonamento postale mensile - art. 2, comma 20/c, L. 662/96 - Filiale di Roma - Italia - Anno XXIV - n. 9/10 - Settembre/Ottobre 2002 In caso di mancato recapito, si prega ritornare al mittente: rassegna a.n.r.p. - Via Statilia, 7 - 00185 Roma Una copia Euro 2.50 “Il Tricolore non è una semplice insegna di Stato, è un vessillo di libertà conquistata da un popolo che si riconosce unito, che trova la sua identità nei principi di fratellanza, di eguaglianza, di giustiza. Nei valori della propria storia e della propria civiltà” Carlo Azeglio Ciampi

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mensile socio-culturale della a.n.r.p.

Spediz. abbonamento postale mensile - art. 2, comma 20/c, L. 662/96 - Filiale di Roma - Italia - Anno XXIV - n. 9/10 - Settembre/Ottobre 2002

In caso di mancato recapito, si prega ritornare al mittente: rassegna a.n.r.p. - Via Statilia, 7 - 00185 Roma

Una copia Euro 2.50

“Il Tricolore non è una semplice insegna di Stato, è un vessillo di libertà conquistata

da un popolo che si riconosce unito,

che trova la sua identitànei principi

di fratellanza, di eguaglianza,

di giustiza.Nei valori della propria

storia e della propria civiltà”

Carlo Azeglio Ciampi

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rassegnamensile socio-culturale della a.n.r.p.

Anno XXIV - n. 9/10 - Settembre/Ottobre 2002Sped. in abb. post. mensile - Roma

Direzione e Redazione:00185 Roma - Via Statilia, 7Tel. 06.70.04.253 - Fax 06.70.47.64.19internet: www.anrp.ite-mail: [email protected]

Presidente Nazionale:Francesco CAVALERA

Segretario GeneraleDirettore Editoriale:Enzo ORLANDUCCI

Direttore Responsabile:Salvatore CHIRIATTI

Redattore Capo:Giovanni MAZZÀ

Redazione:Maristella BOTTAAlessandro MARONGIUAlvaro RICCARDI

A questo numero inoltrehanno collaborato:Gualtiero ALBERGHINIMassimo COLTRINARIMartino CONTULara DARIGiorgio R. FANARARaimondo FINATIM. Rita MARRASCarmine MONACOAlberto MONTEVERDEIlio MURACAAllegra PICCINIVincenzo PORCASIArmando RAVAGLIOLI

Foto:Elvio INCANIFernanda PILIAIgnazio UCCHEDDU

Progetto grafico:Anna N. MARIANI

Gli articoli firmati impegnanosolo la responsabilità dell’Autore.Tutti gli articoli e i testidi “rassegna” possono essere,citandone la fonte, ripresi e pubblicati.

Sede Legale:00184 Roma - Via Sforza, 4

Registrazione:- Tribunale di Roman. 17530 - 31 gennaio 1979

- Registro Nazionale della Stampan. 6195 - 17 febbraio 1998

Stampa:Edizioni Grafiche Manfredi sncVia Gaetano Mazzoni, 39/a00166 RomaDato alle stampe il 18 ottobre 2002

AssociazioneNazionaleReduci dallaPrigionia,dall’Internamentoe dalla Guerra diLiberazione

S O M M A R I O

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Dedicato a…di Enzo Orlanducci

La bandiera dei guinnessa cura di M. Contu, M.R. Marras

e A. Monteverde

Patto di stabilità dell’areaMediterranea e del Mar Nerodi Vincenzo Porcasi e Lara Dari

Il debito estero argentinodi Allegra Piccini

Il mio otto settembredi Ilio Muraca

Patria e onoredi Gualtiero Alberghini

Un giallo nel lager di Wietzendorfdi Armando Ravaglioli

Umiliazione gratuita dei prigionieri italianidi Massimo Coltrinari

I P.O.W. in USAa cura di Giorgio R. Fanara

hanno detto… hannoscrittoa cura di Maristella Botta

Gli internati …al Parlamentoa cura di Alessandro Marongiu

La scelta!Come e perchèdi Raimondo Finati

Gruppo Ufficiali ex A.U.C. del ’43a cura di Alvaro Riccardi

Da Padova un monito:“mai più reticolati”

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Abbonamento annuale: Euro 15.00Gli abbonamenti e i contrubuti a sostegno di

“ rassegna” vanno versati, indicando la causale,sul c/c postale n. 51610004 intestato A.N.R.P.

Un target mirato di 30.000 lettori.

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Dedicato a… 3

Chi ha avuto la fortuna di salire, anche solo per unavolta come semplice turista, in cima alle Torri Gemel-

le, non potrà mai dimenticare la visione a 360° del panora-ma di New York e dintorni, visti dall’alto, come dalla cimadi una collina. Le grandi vetrate “a filo” delle pareti sco-scese consentivano, a chi minimamente avesse il co-raggio di appoggiarvisi, una visione vertigi-nosa delle strade sottostanti e poi, alzan-do lo sguardo, delineavano con preci-sione il profilo lontano o vicino de-gli edifici più ragguardevoli e ca-ratteristici della città: l’EmpireState Building, , il Chrysler, ilponte di Brooklyn e ancoralaggiù, piccola piccola, la Sta-tua della Libertà… Il mondo aperdita d’occhio. Il mondo aituoi piedi. Quasi una sfida.Le Torri Gemelle erano i grat-tacieli più alti di New York, 415metri, esclusa l’antenna televisi-va che sovrastava la Torre sud,per 110 piani. Salendo per qualcheinterminabile minuto su su, fino addi-rittura alla terrazza esterna, trasportati dauno di quegli ascensori capienti come unagrande stanza, non si poteva fare a meno di pensare al-l’abisso che diventava sempre più profondo, sotto il pavi-mento, e un pensiero, subito rimosso, faceva percorrere unbrivido. ”E… se succedesse qualcosa? E se l’ascensore siguastasse? Quanto ci si potrebbe impiegare a scendere tuttiquei piani a piedi?”. Forse questi pensieri, ormai, non sfioravano più le migliaiadi persone che ogni giorno varcavano le altissime arcategotiche di quel tempio della potenza economica americana,per contribuire con il loro lavoro alla crescita del paese. Le Torri Gemelle, invulnerabili, oscillanti elastiche al ven-to, impavide contro i fulmini, e i nembi di tempesta…Poi, l’11 settembre accadde l’impossibile. I nostri occhi, at-toniti e sgomenti, videro i due giganti ridursi in polvere. Prima l’impatto dei due aerei, poi il crollo causarono lamorte di 2.819 persone, mentre altre 89 sono ancora nellalista dei dispersi (a questa lista vanno aggiunti i 44 morti abordo dell’aereo precipitato in Pennsylvania e i 189 pas-seggeri del jet che colpì il Pentagono).Tra le vittime, numerosi furono i soccorritori: 314 vigili delfuoco e 70 poliziotti, accorsi immediatamente dopo l’im-

patto del primo aereo sequestrato dai terroristi di Al Qae-da. Le operazioni di soccorso e di ricerca dei sopravvissutisi trasformarono poi, senza alcuna pausa, nel lavoro disgombero delle macerie delle Torri e del World Trade Cen-ter. Il cantiere è stato chiuso ufficialmente il 30 maggio

2002 con questo bilancio: 80 mila oggetti, rinve-nuti durante i lavori a Ground zero sono

stati recuperati e catalogati e, tra que-sti, 340 gioielli e 437 orologi. I ca-

mion utilizzati per trasportare lemacerie delle Twin Towers inuna discarica di Staten Islandhanno compiuto 108.444viaggi in otto mesi e mezzo,trasportando complessiva-mente un milione e 800 milatonnellate di detriti, di cui190 mila e 568 tonnellate diacciaio.

Ma tutto questo, cosa è signi-ficato, e cosa ha cambiato den-

tro e fuori dell’America? Il terro-rismo è balzato alla ribalta in mo-

do èclatante, creando psicosi persecu-torie più o meno giustificate. Il pianeta è

pervaso da un’inquietudine permanente, dal-l’angoscia di una malattia che non ha neppure il

confortevole vantaggio di annunciarsi “terminale”.Qualcuno ha scritto: Cristo non si è fermato a New Yorkquella mattina in cui il mondo ha tremato sotto l’ondad’urto spettacolare che ha scosso e straziato il cuore, l’ani-ma, l’immaginario di una grande potenza. Il mondo interoè rimasto sconvolto; i punti di riferimento e i concetti poli-tici tradizionali sono andati in frantumi con le TwinTowers.L’11 settembre è un giorno senza fine, un giorno crudele,poiché la ragione è stata annientata ovunque. Ma soprat-tutto è emerso “il problema”: quando manca la comunica-zione si creano barriere difficilmente sormontabili. L’esa-sperazione, causata dal perpetrarsi di ingiustizie politico-sociali o da egoistici interessi, se non è mitigata dal dialo-go costruttivo degli organismi internazionali e dal corag-gio e dalla volontà di cambiamento, rischia di sfociare inincontrollabili reazioni a catena che ci disorientano e cicostringono ancora una volta a porci la domanda, in uncontinuo faccia a faccia con la morte: “Perché? Perché?Perché?…”●

Ground Zero… i punti di riferimento e i concetti politici tradizionali

sono andati in frantumi con le Twin Towers

di Enzo Orlanducci

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A ncora una volta (enon sarà certo

l’ultima!) la bandierapiù lunga del mondocon i colori del Tricolo-re italiano ce l’ha fatta.È stato quasi un percor-so-abbraccio quando,con i suoi 1670 m. dilunghezza, 100 in più,rispetto alle manifesta-zioni precedenti e i 4.80m. di larghezza, si è di-

spiegato al di là del mare, nelle strade di Villacidro, una caratteristica cittadinadel Campidano. Dal “continente” all’isola di Sardegna, la bandiera dei guinnesscontinua il suo percorso storico-geografico che, dopo Roma e le metropoli ameri-cane, l’ha vista a Saluzzo, in Piemonte, e la vedrà prossimamente a Napoli ed inaltri luoghi significativi della storia dell’Italia.La manifestazione di sabato 12 ottobre, organizzata sotto l’alto Patronato del Pre-sidente della Repubblica e con il patrocinio del Presidente del Consiglio Regio-nale della Sardegna, è iniziata alle 9.30, quando il Tricolore, con la sua superficiedi 8.016 metri quadrati, ha cominciato a distendersi, accompagnato da reparti mi-litari, dalle uniformi storiche del Regno d’Italia, dalle bande musicali, dai sindacidei comuni della zona, dai soci dell’ANRP e delle altre associazioni combattenti-stiche e d’arma e dalle rappresentanze del volontariato. Ma, soprattutto, da tantigiovani festanti. Erano 10.000, infatti, le persone che con autentico entusiasmohanno partecipato alla festa, uniti non solo dalla curiosità dell’evento spettacola-re, ma dal desiderio di aderire a quei valori che il Tricolore rappresenta.“La storia siamo noi”, racconta una famosa canzone di De Gregori. E forse è pro-prio questo che la gente comincia a capire. Al di là del colore politico, al di là deidissensi e delle contraddizioni, c’è la voglia di essere uniti “intorno” a un simbo-lo che accomuni tutti, in un momento di aggregazione e di emozione.È un fenomeno che si è verificato spesso in questi ultimi tempi, in numerose oc-casioni che, al di là dell’obiettivo ufficiale, hanno visto tanta gente accorrere, uni-ta nella partecipazione. Un esempio significativo è stata la Festa della Repubblicadel 2 giugno scorso. Come non rimanere affascinati e commossi di fronte a quellabimbetta bionda che, seduta sulle spalle del papà, si lasciava avvolgere beatamen-te dalla seta di una bandieraTricolore gigantesca, che un si-gnore sconosciuto, vicino a lei,le agitava apposta per farla ri-dere e giocare…Fa sempre un certo effetto, a chiha la possibilità di guardare dauna buona angolazione, vederedispiegarsi la bandiera più lun-ga del mondo, quel lungo nastroanimato dal vento e dalle manidi chi lo sostiene.Sostenere la bandiera è un gioco

Villacidro 12 ottobre 2002

4 La bandiera dei guinnessa cura di Martino Contu, M.Rita Marras, Alberto Monteverde

LA FESTA DELTRICOLORE

La Festa del Tricolore è unamanifestazione che intenderichiamare le istituzionitutte al compito di formarenei cittadini una coscienzacritica sul presente,attraverso la conoscenzadel passato e lacondivisione di valoriuniversali quali la pace, lasolidarietà, la fratellanza.Valori che la bandieraitaliana intenderappresentare insieme aquelli dell’unità del nostroPaese, del rispetto delleminoranze, dell’orgoglio disentirsi cittadini dellanostra Patria. Il tricolore, quindi, è unsegno dell’unità, ma anche“della volontà di pace edell’operosità di unanazione che intendecontinuare a svolgere lasua millenaria missione diciviltà e riconquistare, nelconsesso dei popoli, quellaposizione di prestigio chele compete”.Il 12 ottobre è un sabato enon c’è alcuna ricorrenzama, per noi Sardi, chesiamo sempre stati inprima linea per sostenerela Patria dal Risorgimentoalla Resistenza, sarà unagiornata particolare nelcorso della quale ribadire,pur nella “diversità” eoriginalità della nostrastoria, delle nostretradizioni, della nostracultura e della nostrastessa lingua, la nostrairrinunciabile italianità.Rinvigorire la coesionenazionale, nel rispettodelle autonomie garantitedalla costituzione,attraverso larivisitazione della �

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nostra storia, dalRisorgimento allaResistenza e dallaRepubblica all’UnioneEuropea, è il compitoprecipuo di questamanifestazione. Non è uncaso, infatti, che il logoelaborato per la “Festa delTricolore” raffiguri iquattro mori dellabandiera sarda cheassumono i colori deltricolore italiano e, infine,il colore azzurro intensodel vessillo europeo.Un’immagine perdescrivere, con un unicocolpo d’occhio, il lungo esofferto percorso storicodella nostra unità cheparte dal Regno diSardegna per svilupparsi erafforzarsi nel Regnod’Italia e consolidarsi nellaRepubblica, sino a divenireparte integrante della piùampia unità dell’UnioneEuropea. ●

5La bandiera dei guinness

di squadra. Ti senti unito ad altrisconosciuti, per i quali, a lorovolta, sei uno sconosciuto, madai quali dipendi e i quali, a lorovolta, dipendono da te. Devi in-fatti uniformare il passo, tenere ilritmo, adeguarti alle pause, tene-re sollevato il lembo né troppo inalto, né troppo in basso, intuendole mosse del partner che è dal-l’altra parte della fila e che inquel momento è concentrato apensare le stesse cose che pensitu, in una sincronia necessariaper portare a buon fine l’impresa.Procedere insieme. Essere uniti

da uno scopo comune. In una vita così tumultuosa, frenetica, che ci vede vittime,imbozzolati nelle nostre “monadi”, in cui percepiamo tangibilmente la solitudinedell’uomo moderno, non sono molte le occasioni che ti fanno avvertire lo spirito dicorpo, quel moto inconscio che ti trascina emotivamente in sinergia, con tante altrepersone come te, per agire, per cambiare qualcosa. “Anch’io c’ero… Anch’io ci sono…”. La consapevolezza di partecipare, anchese in un momento goliardico, alla realizzazione di un progetto comune, è la stessaconsapevolezza di appartenere a una Nazione, l’Italia, che è inserita in un più am-pio contesto: l’Europa. La bandiera dell’Italia, una delle tante stelle della bandie-ra dell’Unione Europea, unisce a sua volta sotto lo stesso simbolo tante altre ban-diere, nel rispetto delle “autonomie locali” e del pluralismo culturale, politico esociale. Un evento estremamente significativo, che senza dubbio avrà una positi-va ricaduta in termini d’immagine sull’intera Comunità, che non vuole soffermar-si solo sulla spettacolarità della proposta, quanto piuttosto sulla filosofia e sull’a-zione di pedagogia istituzionale che la sottende.

IL TRICOLORE E LA SUA STORIALa bandiera Tricolore nasce il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia, nell’ambito della Repubblica Cispada-na. Successivamente, è adottata dal Regno Italico (1797-1814) incontrando una notevole popolarità. In quel periodo molte delle varie repubbliche, che sull’onda dell’epopea napoleonica si vanno co-stituendo a danno degli stati assoluti, adottano bandiere ispirate a quella francese del 1790. Il Tricolore diventa così espressione dell’ideale d’indipendenza, simbolo stesso del Risorgimento,paradigma delle libertà conquistate dal popolo. Dopo la Restaurazione, ratificata al Congresso di Vienna, il Tricolore è fatto proprio da quanti lot-tano per la riscossa nazionale. Durante la Prima Guerra d’Indipendenza è lo stesso Carlo Alberto adeliberare che i colori verde, bianco e rosso diventino il segno di riconoscimento dell’EsercitoSardo.Nel 1861 il Tricolore diviene il vessillo del Regno d’Italia. Nel 1925 si codificano per legge i model-li della bandiera nazionale e della bandiera dello Stato con l’aggiunta della corona reale.Con la nascita della Repubblica si stabilisce che “la bandiera è il Tricolore italiano: verde, bianco erosso, a bande verticali e di eguali dimensioni”. È il 24 marzo 1947.Nel corso degli anni si è assistito ad un progressivo logoramento dell’idea e del concetto stesso dinazione. Il Tricolore è parso divenire non il simbolo dell’appartenenza ad una comunità ben indi-viduata, con un territorio ed una cultura propria, ma quasi la rappresentazione di un Paese chenon riconosce e non difende più la propria identità. Oggi la Nazione, nello spirito degli ideali risorgimentali, sembra riscoprire il valore dell’Unità, ilbene prezioso della democrazia, assieme al piacere di riscoprirsi “italiana”. Un patrimonio inesti-mabile anche per l’Italia che verrà.

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Sul palco d’onore c’erano i rappresentanti, nazionali e locali, di tutte le compo-nenti politiche e sociali uniti dal comune entusiasmo per la manifestazione. Il Tri-colore che stava sfilando non surclassava la bianca bandiera con i quattro mori,listata a lutto, degli esponenti di “Sardinia Natzione”, né voleva mettere a tacerela voce dei soci di “Emergency ” che, con discrezione, distribuivano volantinicontro la guerra, per la pace. E non era forse una manifestazione di pace quella a Villacidro? “L’Italia ripudiala guerra” è scritto nella nostra Costituzione. Festeggiare il Tricolore come sim-bolo dell’unità nazionale non è certo un inneggiare al militarismo di un certo tiponé mancare di rispetto a unaRegione che sta lottando per ladifesa della propria identità,come ci hanno raccontato i nu-merosi messaggi in “lingua sar-da” apparsi sul sito del quoti-diano regionale, a commentodell’evento annunciato.La bandiera racchiude in sé lamemoria di quello che si èconquistato in un ampio arcodi storia, primo fra tutti la li-bertà e la democrazia. E i no-stri Reduci lo sanno bene, per-ché l’hanno vissuto in primapersona e ne portano le tracceindelebili. Ben venga, pertan-to, il nostro Tricolore. Il suopercorso segna una traccia in-dimenticabile nella storia dellecittà che attraversa, irripetibilemomento nel cammino diun’autentica e convinta unitànazionale. ● (eneri)

6 La bandiera dei guinness

UNA BANDIERA DAGUINNESS

La bandiera del Guinness,con i colori verde, bianco erosso del TricoloreItaliano, è stata ideata erealizzatadall’Associazione NazionaleReduci dalla Prigionia,dall’Internamento e dallaGuerra di Liberazione(A.N.R.P.). Lunga 1570metri, larga 4 metri e 80centimetri e con unasuperficie di 7.536 mq, labandiera ha inondato, il 10gennaio 1999, il centro diRoma, dal Colosseo alCampidoglio, in occasionedelle celebrazioni delbicentenario della primaBandiera nazionale.Nel quadro di un progettodell’A.N.R.P. denominato“Presenza italiana”, volto afare della BandieraItaliana un mezzo didialogo con i connazionaliall’estero e a rilanciare,con un linguaggio nuovo, ivalori e la cultura originalidi cui la nostra nazione èportatrice nel mondo, ilvessillo Tricolore è statodispiegato l’11 ottobre1999 a New York, nelquartiere di Manhattan,lungo la “Quinta Strada”,nel corso della tradizionaleparata del Columbus Day.Il 5 novembre del 2000, labandiera del Guinness haattraversato le vie diBuenos Aires, con grande ecalorosa partecipazionedella comunità e delleassociazioni Italo-Argentine. Unamanifestazione, seguita dacirca centomila persone,che ha inteso gettare unponte tra il nostro popolo,che tra la secondametà dell’Ottocento �

• Foto: Villacidro avvolta dal Tricolore portato da migliaia di giovani. A pag. 4, foto inbasso, taglio del nastro, da sinistra verso destra: il dott. Sandro Balletto, presidentedella Provincia di Cagliari, l’on. Salvatore Cicu, sottosegratario alla Difesa e ilsindaco di Villacidro, Giorgio Danza.

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e la prima metà delNovecento dovette subire ilproblema dell’emigrazione,e quello argentino che si èformato propriodall’immigrazione, in granparte italiana.Il 2 giugno 2002, festadella Repubblica, surichiesta della Fondazione“Bertoni” Città di Saluzzo,il drappo Tricolore èsfilato per le viedell’antica capitale delMarchesato Piemontese.Sorretto da oltre tremilapersone il Tricolore hainiziato un nuovoitinerario: dopo lemegalopoli atlantiche, essopercorre, in un idealecammino, le tappe de“l’Unità d’Italia”, le vie dipiccole e grandi cittàitaliane, veicolando inmezzo alla gente, grandevela animata dal ventodella memoria e dellastoria.Il 12 ottobre 2002, ilTricolore, su propostadella federazione A.N.R.P.della provincia diCagliari, ha sventolato inSardegna. La cittadina diVillacidro è stata sceltaper ospitare la quintamanifestazione, ma con unelemento di novità. Qui,infatti, si è stabilito ilnuovo Guinness deiprimati: una bandieralunga 1.670 metri, larga4,80 metri e con unasuperficie di 8.016. mq.Dopo tre anni e nove mesiè stato abbattuto il vecchiorecord.L’itinerario storico-geografico della bandieracontinuerà a Napoli, ilprossimo 3 novembre, aMatera, a San Donà diPiave, per proseguire poichissà… ●

7La bandiera dei guinness

Ogni grande idea, ogni grande impresa (e quella della bandiera più grande del mondocontinua ad essere una grande impresa), necessita, per la sua realizzazione della coopera-zione di tante persone che vi dedicano lavoro, tempo e passione.Mentre la bandiera dei guiness prosegue il suo percorso nelle città storiche dell’Unitàd’Italia, sostenuta dall’ entusiasmo di coloro che l’accompagnano nel suo dispiegarsimaestoso e solenne, c’è chi pensa ad accoglierla nei momenti di pausa tra un impegno el’altro. In un opificio bolognese, infatti, un gruppo di artigiani si cura amorevolmentedella sua ordinaria e straordinaria manutenzione.È proprio a queste persone che lavorano dietro le quinte, in una gara di affettuosa dispo-nibilità, che noi vorremmo porgere il nostro “grazie!”. Sono loro, infatti, che dedicano le loro energie al continuo, necessario restauro del Trico-lore più lungo del mondo. Il suo “make up” è ogni volta diverso ed ha bisogno di cura eattenzione. Bisogna ripulire l’eventuale sporco, riparare gli strappi, sostituire talvolta ipezzi degli ingranaggi che lo fanno avvolgere, aggiungere metri e metri di tessuto per al-lungarlo quel tanto da superare il suo stesso primato. Occorrono spazi speciali, macchi-nari speciali, magazzini per la riserva del tessuto, il cui bagno di colore non può essere di-verso da quello già utilizzato. Masoprattutto è importante la presen-za di questa squadra di operai checon amore attendono ad un pa-ziente e meticoloso lavoro. Il prossimo anno la bandiera piùgrande del mondo avrà concluso ilsuo percorso, dalle metropoli d’A-merica ai luoghi storici dell’Unitàd’Italia. Cinque anni di lungo cammino. Unciclo scolare! Ci si potrebbe chie-dere come potremmo perpetuare la“memoria” delle sue straordinarieimprese e, soprattutto, del suo altovalore simbolico. Piuttosto chefarle chiudere i suoi giorni in undeposito, perché non suddividerela sua superficie in decine di mi-gliaia di bandiere da consegnare atanti giovani studenti che conti-nuerebbero ad amarla, seguirla esostenerla?

““MMaakkee uupp”” ddeellllaa bbaannddiieerraa

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D i concerto con le Università di Palermo e Trieste, uti-lizzando i dati della ricerca Delfhi, nonché con la pre-

sidenza dell’Assemblea Regionale Siciliana si è procedutoalla realizzazione di un concreto piano operativo di presen-za nell’ambito dei Paesi facenti parte del patto di stabilità edei paesi dell’area Mediterranea e del Mar Nero.All’origine di tale percorso vi è il programma Mediterraneo2000 stabilito nel 1999 attraverso la costituzione di un ap-posito trust fund presso l’UNCTAD di Ginevra destinato adaiutare in dieci paesi dell’area Mediterranea, inclusa l’Al-bania, il sistema delle Piccole e Medie Imprese sotto il pro-filo del completamento dell’ordinamento giuridico relativoe sotto il profilo organizzativo, attraverso la predisposizio-ne di una serie di strumenti economici, finanziari, fiscali edorganizzativi atti a dare la stura a una serie di concrete pos-sibilità di partnership fra imprese italiane e imprese dellearee considerate; fra associazioni datoriali delle singolearee viste in termini di settori economici nei quali sono rap-presentativi.Con l’assistenza di dette Università e con la partecipazionedi professionisti aggregati insieme ad alcuni esperti di livel-lo internazionale, di concerto con la Federazione Italianadelle PMI, il Dipartimento internazionale dell’ ANRP el’IDLI (International Development Law Institute), si è pro-ceduto alla costituzione di branch offices nei seguenti paesi:Albania, Slovenia, Libano, Tunisia, Romania e Moldavia.Compito di tali uffici è da una parte assistere i governi loca-li ad ogni livello nel rafforzamento delle strutture democra-tiche e quindi nella sistemazione del processo di privatizza-zione in atto, al fin di consentire al sistema imprese nazio-nale di essere continuamente presente nei singoli territori.Uno dei capitoli attraversati ha riguardato la creazione diuna speciale Camera Arbitrale che in collaborazione con laCamera di Commercio Internazionale Sezione Italiana pos-sa consentire usando le procedure arbitrali e di conciliazio-ne, nonché le più evolute tecniche di ADR.La caratteristica di tale strumento dovrebbe essere quella ditenere estremamente bassi i costi di “Arbitrato” in manieratale che alla misura possano accedere anche gli operatoriche abbiano concluso contratti commerciali con clienti ofornitori europeioccidentali.In contropartita i singoli paesi dovrebbero convenzional-mente impegnarsi a recepire automaticamente nel loro ordi-namento giuridico i lodi emanati da tali collegi arbitrali. Laproposta prevede un sistema di appello ai lodi eventual-mente rilasciati in primo grado.Peraltro, così come previsto dal Trattato di Cotonou, sotto-

scritto tra l’Unione Europea e i paesi ACP in sostituzionedegli accordi di Lomè, tale proposta consentirebbe, in vistadell’allargamento e tenuto conto della prossima creazionedi un’area di libero scambio fra i paesi dell’area del Medi-terraneo, l’attivazione di accordi regionali fra i paesi appar-tenenti alle diverse aree, sull’esempio dell’accordo di colla-borazione economica fra i paesi del Mar Nero.Come noto, il patto di stabilità e i risultati del G8 di Geno-va assegnano all’Italia il compito specifico di assistere sia ipaesi dell’Europa centro/orientale, sia i paesi asiatici affe-renti il Mar Nero, sia i paesi della sponda meridionale delMediterraneo nel loro processo di avvicinamento all’ordi-namento giuridico dell’Unione Europea in vista della rea-lizzazione di un’area complessiva di libero scambio nonpiù fondata sul finanziamento unilaterale dall’Unione Euro-pea e dalle altre organizzazioni internazionali (non vi sonopiù le risorse economiche e finanziarie necessarie) piuttostousando un nuovo strumento di intervento; il trasferimentodi uno strumento di tecnologia avanzata da parte del siste-ma imprese bensì la realizzazione di un sistema di impreseregionali destinate ad alimentare il sistema locale, rispetto-se dei criteri fissati dall’ILO; rispetto dei diritti sindacalidei lavoratori, tutela dei diritti umani in particolare dei cetideboli, tutela dell’ecosistema e protezione dell’ambientenel rispetto della trasparenza finanziaria.Tale strumentazione organica centralizza il ruolo delle Ca-mere di Commercio in maniera tale da unificare le sparseiniziative che il territorio nazionale intraprende in applica-zione della legge sui Balcani, espressamente voluta dal G8e dal nuovo sistema difensivo che da giugno include laRussia nell’ambito NATO.La specificità dell’interesse italiano passa per la ricreazionedi un ambiente favorevole per le montagne nei paesi candi-dati e negli altri paesi come individuati: sotto l’egida delMinistero delle Politiche Agricole e Forestali, attraverso“l’Istituto Nazionale per la Montagna”, dare vita al trasferi-mento di quegli strumenti economici, giuridici e finanziarinonché tecnologici che consentano agli uomini della mon-tagna di trovare una dignità, nonostante la povertà che iluoghi comportano, liberando comunque tale soggetto dalpericolo della nuova schiavitù tecnologica che l’attuale si-stema distributivo comporta.Il secondo criterio d’intervento è quello di assistere la pub-blica amministrazione locale ad ogni livello nel processo diadozione, nell’ambito dell’applicazione degli atti ammini-strativi, dell’uso dello strumento dell’e-governance e nelrealizzare quella trasparenza nella giustizia amministrativa

Patto di stabilità dell’areaMediterranea e del Mar Nero

di Vincenzo Porcasi e Lara Dari

8 Economia & Finanza

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che è il presupposto della partecipazione del cittadino nellagestione della cosa pubblica.Tale iniziativa ovviamente presuppone un’attività di forma-zione continua realizzata attraverso uno strumento di e-learning.Il Ministero incaricato della concretizzazione dell’attività èquello affidato alla cura del super manager proveniente dal-l’IBM.Il vuoto siderale in cui queste iniziative si muovono è rap-presentato dalla mancanza di collegamento organico fra gliordinamenti giuridici e la loro progressiva modificazione.Il mondo islamico non può procedere alle innovazioni senon in via analogica e occorre un laboratorio di analisi diadeguamento.Nei paesi orientali la situazione peraltro è identica, vistoche la legislazione deriva comunque da universalismi: co-munista e ortodosso.Al riguardo, secondo le precise indicazioni fornite dalle Na-zioni Unite, le Camere di Commercio possono divenire losportello unico di servizio ai territori in fruizione della rea-lizzazione di una pratica attività di consulenza riguardantel’applicazione delle normative vigenti nelle singole realtàterritoriali e nelle relative unioni regionali; nonché il canaleper la veicolazione degli strumenti finanziari nazionali emultilaterali a supporto dello sviluppo di iniziative econo-miche miste (investimenti diretti all’estero) e attraverso lefiduciarie per l’internazionalizzazione e il sistema bancario.

Ciò consentirebbe la piena realizzazione dei singoli proces-si di privatizzazione nei paesi de-quo, principiando dal set-tore agricolo e turistico ambedue rispondenti al criterio del-l’alta intensità di lavoro.Peraltro, gli organismi finanziari individuati, avvalendosi dilocali proiezioni, andrebbero a realizzare quelle attività diprevalenza sociale, assistenza sanitaria e integrazione del-l’accumulazione capitalistica che diversamente non potreb-be realizzare una significativa presenza del prodotto localenel contesto internazionale.In concreto, per esempio, non si può procedere alla land re-constructionin Polonia se non si crea un sistema di coopera-zione mutualistica fra i contadini (coltivatori diretti, confcoo-perative, casse rurali, ect.), in maniera tale da arrivare a con-sentire un’offerta unica controllata sul mercato della distribu-zione internazionale (collaborazione con Continental Grain,Johnson & Johnson, Del Monte, Parmalat, Danone, etc.).Tali temi capaci di portare sul mercato internazionale di ca-pitali i paesi anzi detti potrebbero manifestamente avvalersianche della dichiarata disponibilità ad operare a loro favoreda parte di alcuni dei maggiori istituti di credito italiani, pre-senti anche in alcuni comparti del settore assicurativo quali:SanPaolo di Torino, BCI, BCI Soditic, MPS, Mediobanca.Ciò premesso, sotto la direzione del Ministero delle AttivitàProduttive in uno con le istituzioni camerali dallo stesso in-dividuate e in contropartita con i governi dei paesi interes-sati si propone la costituzione di un adeguato pensatoio. ●

IL DEBITO ESTEROARGENTINO

di Allegra Piccini

Ormai è stato appurato che il de-bito estero è un cappio stretto

intorno all’Argentina. Se vogliamoanalizzare qualche numero, è possi-bile notare la crescita esorbitante ca-ratterizzante del debito passata da70.000 milioni di dollari del 1991 aoltre i 140.000 milioni di dollari del2001. Il problema di questo cappio èstato nello stanziare il deficit finan-ziario attraverso un continuo ricorsoal maggior indebitamento (l’emis-sione di titoli nel triennio 1993-1995fu di oltre 5-6.000 milioni di dollari,per arrivare al triennio 1997-2000 asuperare la soglia dei 13-14.000 mi-lioni di dollari) procurando per tanto

uno squilibrio irreparabile delle fi-nanze pubbliche.“La crisi dell’Argentina quindi nonè da considerarsi un fulmine a cielsereno, bensì un epilogo delle rifor-me economiche attuate a partire dalmarzo 1991 attraverso un program-ma di provvedimenti tendenti a ri-stabilire il funzionamento dell’eco-nomia dopo un decennio di instabi-lità ed incertezza, sfociato in un’a-rea di iperinflazione” (Fabio Bo-scherini, Presidente Egida).Tutto trae origine dal lontano 1982in piena dittatura di Domingo Ca-vallo.All’epoca il provvedimento incon-

cepibile di statalizzare il debito digrosse imprese private argentine,che erano in stretti rapporti di amici-zia con i militari, ha portato alla for-mazione del debito pubblico da con-siderarsi, stante la sua natura, conragionevolezza illegittimoDa lì in poi la deuda è cresciuta inmaniera esponenziale fino al rag-giungimento del debito ancora oggiinsoluto.Paradossalmente questa inqualifica-

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bile condotta è stata favorita dai ri-sparmiatori del resto del mondo edalle banche internazionali che han-no sottoscritto quote crescenti dibonds argentini nei propri portafo-gli; solo nel nostro Paese l’ABI hastimato che i titoli in possesso supe-rano il valore nominale di dodici mi-liardi di euro.A peggiorare la condizione di crisi èstato poi il crescere, parallelamente,della fuga di capitali all’estero pie-namente protetta da parte dei gover-ni di turno.Si è giunti quindi oggi all’apice diuna situazione insostenibile: il valoredella moneta locale è precipitato, mi-gliaia di società argentine hanno di-chiarato la bancarotta, le banche han-no chiuso, i risparmiatori hanno per-so i propri investimenti, gli anziani sisono resi conto che le loro pensionisono svanite, i ricchi, i giovani e gliaudaci lasciano il paese, la disoccu-pazione è alle stelle, i poveri sono di-ventati ancora più poveri e i profes-sionisti hanno ingrossato le file dicoloro che non sanno come, e se, po-tranno sfamare le loro famiglie il me-se prossimo (Moises Naim).La situazione è degenerata fino allaconseguenza che le persone, la gen-te, il popolo non credono più in ciòche li circonda, guardano con diffi-denza e paura le istituzioni, i politi-ci, ed è questa sfiducia degli stessiargentini nel loro sistema Paese, epertanto in loro stessi, che ha aggra-vato il debito argentino che non èequiparabile tematicamente a nessunaltro debito classico dei paesi pove-ri, cioè ad un debito dovuto a situa-zioni di emergenza. A rendere la situazione disperatadell’Argentina, ancora più ironica efrusrtante, è il fatto che fino a qual-che anno fa fosse considerata da tutticome un modello da seguire.Con l’esplodere della crisi argentinasi sono inoltre rinnovate delle vec-chie accuse in relazione al compor-tamento contestabile del FMI (Fon-do Monetario Internazionale). Infattisecondo alcuni (Carlo Secchi – ret-tore Università Bocconi – Milano) ilFMI è stato eccessivamente genero-so in situazioni in cui sarebbe stato

opportuno avere maggiore criticità eselettività, e si è trovato a chiederecon ritardo misure fiscali di recupe-ro, peraltro insopportabili sul pianopolitico, chiudendo i rubinetti del

credito nel momento di maggior bi-sogno del Paese.Lo stesso Capo Economista del Fon-do Monetario Internazionale, Ken-neth Rogoff, ha dovuto constatare edammettere che la strategia economi-ca adottata dal governo argentinonon ha conseguito i risultati sperati,ritenendo la combinazione di politi-ca fiscale, di debito e di un regime dicambi non sostenibile, senza conquesta affermazione ammettere mi-nimamente la responsabilità delFondo per il mancato raggiungimen-to del risultato.Infatti le politiche di riduzione dellaspesa pubblica, l’aumento delle tas-se ed il controllo del sistema banca-rio sono state perseguite dal governoargentino proprio per soddisfare lecondizioni poste dal Fondo, (si ri-cordi che l’operato del FMI è giàstato messo in discussione dopo lacrisi messicana del 1994 e quella co-reana del 1997).

Altra opinione, abbastanza curiosa egrottesca, che cito per il semplicefatto che è stata pubblicata dal “Sole24 ore” del 10 gennaio 2002, è quel-la dell’ex vice presidente di Confin-dustria Innocenzo Cipolletta che at-tribuisce la colpa di questa catastrofeagli USA ed alla UE che si ostinanoa chiudere i mercati a quei prodottiagricoli e alimentari di cui questopaese è forte produttore Ma questo sembra un non senso, inquanto le grandi produzioni agricolein Argentina sono concentrate nellemani dei latifondisti e delle multina-zionali, che hanno sempre attuatouna politica produttiva basata sullecoltivazioni intensive a base diOGM (Organismi GeneticamenteModificati), accompagnata da unaforte automazione che ha permessodi risparmiare sulla manodopera equindi sui prezzi di produzione.Queste scelte hanno già portato alfallimento di migliaia di piccoli pro-duttori per la loro impossibilità diessere competitivi sul mercato equesto porta di conseguenza all’inef-ficacia dell’aperture del mercato perla risoluzione del debito pubblico.La drammatica situazione di insol-venza dello Stato però non ha colpi-to solo gli argentini riducendoli aduna situazione insostenibile, ma pur-troppo anche molti risparmiatori ita-liani che hanno investito i loro ri-sparmi, le loro liquidazioni perchélasciati sedurre dalle obbligazioniargentine con rendimenti elevati.Il coinvolgimento è nato nel mo-mento in cui il governo argentino hadichiarato la sua impossibilità diadempiere alle obbligazioni .Visto che Buenos Aires non paga siè deciso di intraprendere la via giu-diziaria con alcune cause pilota, cheper il momento stanno andando peril meglio.Il primo provvedimento legale con-creto è stato il sequestro, in attesadella causa, di alcune linee di creditodell’Italia alla Repubblica Argenti-na. Si tratterebbe di finanziamenti desti-nati a vario titolo all’Argentina, tracui anche alcuni milioni di dollari indiritti speciali di prelievo.

10 Economia & Finanza

“Il rimedio dell’insolvenzanon è un atto dimisericordia, ma digiustizia e ragionevolezzaeconomica. Infatti in ogniprocedura di insolvenza,bisognerebbe dare lapriorità ai diritti umani edalla dignità umana deidebitori e non ad unpagamento incondizionatodel debito”

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Questa decisione, presa il 19 lugliodal giudice del tribunale di RomaAnnalisa Izzo, è stata considerata ri-voluzionaria e unica al mondo dal-l’avvocato Angelo Castelli di For-mia.La sua unicità dipende dalla situa-zione di identificazione di uno Statocome un qualsiasi privato, che an-dando sul mercato deve risponderedei propri debiti, sebbene in forzadel principio consuetudinario uni-versalmente riconosciuto gli statiesteri non sono soggetti alla giurisdi-zione italiana nemmeno svolta nelterritorio italiano.

Questa immunità giurisdizionaleperò è bene specificare si rende vali-da nel momento in cui lo Stato siadopera in attività che sono direttealla realizzazione di finalità pubbli-che, e non nel momento in cui ven-gono messe in atto attività meramen-te private.Oltre tutto, il giudice romano richia-ma nella sentenza l’Accordo di Bue-nos Aires in cui i due Paesi si sonoaccordati sulla promozione e prote-zione degli investimenti.Con tale sentenza è stato ottenuto ilsequestro conservativo di 1 milione378 mila euro per conto di dieci ri-sparmiatori che avevano acquistatotitoli obbligazionari della Repubbli-ca Argentina. Il sequestro ha colpito alcune lineedi credito all’Argentina previste dai

ministeri dell’Economia e degliEsteri, in quanto considerate dona-zioni dello Stato Italiano e pertantonon rientrarti tra i beni destinati a fi-ni pubblici come ad esempio l’am-basciata e la Casa della cultura ar-gentina a Roma, che sono sedi diplo-matiche non pignorabili.È da sottolineare che questa iniziati-va, a parere di alcuni l’unica concre-ta per il recupero dei crediti, per ilpresidente di Adusbef rappresentasoltanto “una cortina fumogena cheequivale ad un pignoramento suMarte” , in quanto se da un puntoprivatistico l’azione è da considerar-

si legittima e potenzialmente effica-ce, la circostanza che il debitore siaun Governo di un Paese rende l’ini-ziativa potenzialmente inefficace. Per il momento la situazione, nondando troppo peso all’opinione sudetta, è rassicurante, pur non avendomaterialmente ottenuto alcuna resti-tuzione delle somme in quanto sel’Argentina rimanesse contumace,con la causa vera e propria i tempi dirimborso potrebbero essere ragione-volmente brevi.In concomitanza di questa risoluzio-ne anche l’Abi (Associazione banca-ria italiana, presieduta da MaurizioSella) ha costituito una speciale taskforce per il recupero dei crediti, an-che se prevede quasi impossibile unnegoziato che avvenga prima delmarzo 2003, quando si terranno le

elezioni presidenziali in Argentina.Sul fronte giudiziario comunque gliavvocati dei risparmiatori non sistanno muovendo solo contro lo Sta-to argentino, ma stanno anche facen-do causa alle banche che hanno ap-profittato della buona fede dei clien-ti che erano all’insaputa dei rischiche correvano. L’avvocato Roberto Vassalle diMantova ricorda infatti che il 21 lu-glio 2001 l’agenzia Moody’s abbas-sò il rating dell’Argentina sotto Bbb:a quel punto le banche italiane si so-no precipitate a rifilare i titoli cheavevano in portafoglio ai clienti piùsprovveduti.Se effettivamente si verificasse il ri-conoscimento di responsabilità dellebanche e degli altri intermediari an-drebbe a restituire un po’ di serenitàe fiducia a chi non riesce più a tro-varla per i troppi imprevisti che sisono verificati in materia di opera-zioni finanziarie.Le vie legali oramai sono partite, ilFondo Monetario Internazionale ilguaio lo ha già combinato, l’unicacosa che mi preme ricordare e checome dice Kunibert Raffer“Il rime-dio dell’insolvenza non è un atto dimisericordia, ma di giustizia e ra-gionevolezza economica infatti inogni procedura di insolvenza, biso-gnerebbe dare la priorità ai dirittiumani ed alla dignità umana dei de-bitori e non ad un pagamento incon-dizionato del debito”.Noi abbiamo dei diritti che ci devo-no essere riconosciuti, ma gli argen-tini non devono essere dimenticatiperché il vero pericolo è che l’Ar-gentina, l’unico Paese del Sud Ame-rica al quale sono stati negati nuovicrediti, è completamente isolata dal-la comunità internazionale e, con laprospettiva di un nuovo attacco all’I-raq, sembra inevitabile che diventil’ultima delle urgenze dell’ammini-strazione Bush, forse effettivamentel’unico che può porvi rimedio.●

• Foto di Buenos Aires in mezzo allatempesta: cifre paurose e sacche dispaventosa povertà.

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I l mio lungo otto settembre èiniziato a Sebenico, al crepu-

scolo di quello stesso giorno. Aquell’ora, dalla porta del miobunker, un grosso cubo di ce-mento piantato sulla roccia dal-matina, vedevo le ombre deimiei bersaglieri vigilare in silen-zio, lungo il muretto di sassi, aldi là del quale iniziava il terrenoche non ci apparteneva, perchécontrollato dai partigiani. Sul-l’elmetto di quegli uomini, ilciuffetto di piume, consunto dalunghi mesi di guerriglia, avevaogni tanto un fremito leggero,per la brezza che veniva dallosplendido mare che ci stava difronte. Sopra le nostre teste, uncielo già pieno di stelle promet-teva un domani altrettanto caldoe sereno.Quando, all’improvviso, vidi le sentinellechinarsi, in un scatto simultaneo, per por-si al riparo della roccia. Dal sottostantependio e dai radi cespugli d’attorno, or-mai immersi nel buio, erano d’un trattopartite violente raffiche di mitra e rapidicolpi di mauser, seguiti da altre grida, chenon erano quelle dello “Juris”, il segnaledi attacco partigiano; ma urla di giubiloed evviva al maresciallo Tito. Uscii dalbunker ad ammirare, con gli altri, quelfuoco d’artificio, che non era diretto con-tro di noi, con le traccianti che solcavanole tenebre come stelle filanti. Di li a poco,risuonò alta una voce, dalla buca del miocentralino: “ C’è l’armistizio! ”, ripetutopiù volte e sempre più forte.Non appena capimmo il senso di quel-l’annuncio collegato agli spari di gioiadei titini, la sorpresa si mutò in sbigotti-mento e quindi in un’eccitazione che mi-nacciò di sovvertire ogni ordine e disci-plina. Dovetti faticare non poco per ri-portare gli uomini alla calma, mentrel’onda dell’emozione rischiava di travol-gere anche me, serrandomi la gola. Final-mente i bersaglieri si fecero assorti e

pensierosi, facendo capannello fra loro,come quando andavano in libera uscita.Ricordo uno di loro, un siciliano, al qua-le, come a tutti i suoi connazionali, erastato invano promesso il rimpatrio, per-ché accorresse a contrastare l’invasionedegli angloamericani, già in atto nellasua isola. Con l’atteggiamento di chi stagià respirando aria di casa, mi chiese:“Signor tenente, ora posso scrivere a miamoglie che sto per tornare? Non la vedoda un anno e mezzo!” A quella domanda,non seppi rispondere, così come alle tan-te altre che i miei uomini andavano rivol-gendomi e che, il progredire degli avve-nimenti avrebbe comunque reso vane.Contrariamente a quanto avveniva inmolti altri presidi, la notizia ci venne ri-petutamente confermata dal comandodella divisione “Bergamo”, dal quale di-pendevamo, ad assicurare quelli fra dinoi ancora sconcertati od increduli.Passammo una notte insonne, senza chei partigiani ci disturbassero, perché an-ch’essi consapevoli del baratro in cuieravamo precipitati, da padroni a scon-fitti. Ma sconfitti da chi? Non certo da

loro! Fra l’altro, la piazzaforte di Sebe-nico era fra le più fortificate del litoraledalmatino, ed era previsto che, al primosegnale di fuoco, partito dal mio fortino,il più avanzato sulla strada di Zara, sa-rebbe iniziato un insuperabile sbarra-mento dell’artiglieria, schierata in pro-fondità, per dar tempo a migliaia di uo-mini di imbarcarsi e salpare verso le co-ste pugliesi, secondo una chiara direttivadel Comando Supremo. Ma nulla di tutto questo avvenne. Nonsolo, ma quando alle prime luci del gior-no, sulla cresta della collina di fronte, siaffacciò una colonna motorizzata tedescache, preceduta da due enormi bandierebianche, era già arrivata sotto il nostro ti-ro, sopraggiunse l’ordine di non sparare;l’esatto contrario delle disposizioni delgiorno prima, date a seguito del proclamaBadoglio, che aveva incitato a reagirecontro qualunque tentativo di resa! E fula fine! Il punto terminale del nostro spi-rito di combattenti, l’approdo amaro del-le speranze di centinaia di giovani comeme, giunti da poco al fronte, con in testaunicamente il senso del dovere e della di-sciplina. Mentre quello era il terribile an-nuncio della resa e del disonore, per es-serci consegnati al nemico senza sparareun sol colpo, magari inutile, come quellidi Cefalonia, ma che, come a Cefalonia,avrebbe segnato per l’Italia un punto dimerito in più, nella storia di quella scia-gurata guerra. Ma il vero volto dellasconfitta mi si presentò il giorno appres-so, nell’immagine stravolta dalla stan-chezza e dallo sconforto dei miei colle-ghi di compagnia, ormai privi della pisto-la e già prigionieri nelle loro baracche,che sulla parola d’onore, avevano avutoil permesso di salire sino al mio fortino,dove ancora sventolava il tricolore.La loro era stata una resa improvvisa, etotale, come quella del loro reggimentoglorioso, il 4° bersaglieri reduce dallecampagne di Grecia e di Albania. Tantosarebbe valso opporsi al tedesco, e cade-re in piedi. Mi chiesero di andare in pri-gione con loro, con la rassegnazione dichi è già privo di ogni speranza. Risposiche ero ancora libero di decidere e chesarei passato ai partigiani. Ma non com-presero la mia scelta. Il loro passato dibravi ufficiali sembrava svanito nel nul-la. In seguito, avrei incontrato centinaiadi uomini come loro, vagare senza meta,

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Il mio otto settembredi Ilio Muraca

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senza ordini, in territorio ostile, ridotti,mano a mano che i giorni passavano, al-la fame più nera e destinati fatalmente acadere nelle mani dei tedeschi. Ma essi,non avevano nessuna responsabilità diquanto stava accadendo. Semmai, la col-pa era di quelli che, abbandonando le re-dini del governo e del Comando supre-mo, si erano già messi al sicuro nell’e-stremo lembo d’Italia, già sgombra di te-deschi. Provavo una profonda pena perla loro disperazione e, ancor più, per laloro indecisione sulle scelte da fare, l’ul-tima delle quali pareva quella di passarecoi partigiani, non fosse altro perchè so-lo da essi ottenevano ancora un pezzo dipane, per sopravvivere.

Ma non fu dappertutto così. Per esem-pio, dalla vicina Spalato, sede del Co-mando del nostro reggimento, ci giunsenotizia che il generale Beccuzzi avevaavviato una proficua collaborazione coipartigiani, destinata a procurare la mortedei suoi tre generali e di quarantasetteufficiali, giudicati traditori da un tribu-nale di guerra tedesco e fucilati nei pres-si di Signj. Le loro salme, dopo anni diricerche, riposano oggi nel tempio voti-vo del Lido di Venezia. Purtroppo, ilBeccuzzi, dopo aver dato quell’ordine,aveva preso il largo su un natante, tantoda subire, dopo la guerra, un lungo pro-cesso per abbandono davanti al nemico,dal quale, tuttavia, uscì assolto.

Ma il tracollo dell’Esercito era ormaievidente dovunque, anche se con il pas-sare dei giorni, e con sempre maggiorefrequenza, furono migliaia i militari ita-liani che, sfuggendo alla cattura, al se-guito dei loro comandanti, fra i quali al-cuni generali, decisero per la via della ri-volta morale, passando nelle fila dei mo-vimenti di liberazione francese, corsi, ju-goslavo, albanese, greco e delle isole delDodecanneso. Ma io ero già uno di loro,per una scelta di libertà che avrebbe con-dizionato tutta la mia vita. Ma questa è un’altra storia: la storia del-la Resistenza dei militari italiani all’este-ro, che un poco alla volta, sta finalmentevenendo alla luce. ●

N el periodo 24 Ottobre-4 Novembre 1942 ebbe luogo laseconda battaglia di El Alamein. Sviluppatasi inizial-

mente in modo incerto, proseguì a partire dal 2 Novembre conesito favorevole per l’8a Armata britannica che riuscì ad aprireuna breccia nel settore settentrionale dell’ACIT (Armata co-razzata italo-tedesca). In quell’occasione vennero sacrificate levalorose Divisioni italiane, mentre quelle te-desche, abbondantemente motorizzate, riu-scivano a ripiegare fino al territorio tunisino.Fra le unità italiane si distinse in particolarmodo la Divisione paracadutisti “Folgore”,dislocata alla estrema destra dello schiera-mento difensivo.La “Folgore” cessò di esistere alle 14.35 del 2Novembre dopo 4 mesi di dura lotta, durantela quale erano state superate difficoltà operati-ve e logistiche di ogni tipo in un ambiente de-solato, calcinato dal sole, privo di vegetazionee di risorse idriche.Era giunta in Africa Settentrionale nel Lu-glio precedente con poco più di 5.000 uomini. A combattimentiultimati ne erano rimasti circa 300. Queste sono cifre che nellaloro laconicità forniscono la drammatica misura del sacrificiodi una G.U. addestrata per compiti particolari ed invece impie-gata come una normale Divisione di Fanteria, dei cui mezzi or-ganici non era stata peraltro dotata a cominciare dalle artiglie-rie di medio calibro.Numerosi furono gli episodi di autentico eroismo, sovente rima-sti sconosciuti. Al riguardo merita di essere ricordato quello delCapitano Gastone Simoni, proveniente dalla Cavalleria, Co-mandante della 10a Compagnia del IV/187° Reggimento para-cadutisti, alla cui testa si trovava temporaneamente il TenenteColonnello Alberto Bechi Luserna, che quel Battaglione aveva asuo tempo addestrato e forgiato.Gastone Simoni era stato Allievo della Scuola Militare Roma,dell’Accademia di Modena, della Scuola di Pinerolo, avevapartecipato alle operazioni sul fronte occidentale ed in Jugosla-

via con il “Genova Cavalleria” e nel 1941 era transitato nellaspecialità paracadutisti.Il mattino del 2 novembre 1942 presidiava con il Reparto unsettore del caposaldo di Dar El Munassib, reiteratamente attac-cato dai carri armati avversari. Constatata la gravità della si-tuazione si avventava, seguito da alcuni animosi paracadutisti,

contro i mezzi avversari che riusciva ad arre-stare con il lancio di bottiglie incendiarie.Purtroppo nell’inseguire alcuni oltre il peri-metro della propria struttura difensiva cade-va falciato da una raffica di mitragliatrice.Verrà decorato, a conflitto ultimato, con laM.O.V.M. Aveva 25 anni, la sensibilità deli-cata di un fanciullo e l’entusiasmo schietto dichi non è guasto dalla vita. Era un “puro”.Così lo ricordava Bechi Luserna nelle suememorie.Gastone Simoni era uno dei tanti Eroi della“Folgore” costretti a combattere in condizio-ni impossibili. “Cuore e muscoli contro l’ac-

ciaio” era una espressione quanto mai appropriata, coniata asuo tempo per sintetizzarne il comportamento.Aveva ancora un padre vivente il Generale di Divisione Simo-ne Simoni, superdecorato (3 Medaglie d’Argento ed 1 di Bron-zo durante la prima guerra mondiale, 1 di Bronzo ed una Croceal Valor Militare in Cirenaica). Residente a Roma, dopo l’ar-mistizio aveva aderito al fronte clandestino della Resistenzainsieme ad un gruppo di altri Ufficiali. All’inizio del 1944 ven-ne individuato, imprigionato, sottoposto ad atroci torture, allequali resisteva stoicamente nonostante le precarie condizionifisiche. Fu giustiziato il 24 Marzo 1944 alle Fosse Ardeatineinsieme ad altri 334 innocenti.I Simoni, padre e figlio, caduti in diverse circostanze, hannoconcluso in modo mirabile la loro vita di dedizione al dovereed alla Patria. Essi costituiscono, soprattutto per le generazioniche non hanno vissuto gli orrori della guerra, un eroico simbo-lo dell’onor militare.●

PATRIAe

ONORE

di Gualtiero Alberghini

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U n libro di memorie di uno scomparso e più anziano compagno di prigioniami giunse qualche mese fa mentre avevo i pensieri rivolti al mio secondo li-

bro di rievocazioni di prigionia che stava facendo “gemere i torchi”, come si di-ceva una volta, e doveva al più presto apparire al pubblico. Però esso era ancoranudo, visto che il progetto della sua copertina stava ancora alla ricerca di un’illu-strazione appropriata che si prestasse a caratterizzare il suo esterno.Mi misi comunque a sfogliarlo con la curiosità che sempre dedico a questo tipo diproduzione libraria, nella prospettiva di trovare qualche notizia o riflessione chearricchisca quelle della mia esperienza diretta. Presto mi avvidi che il libro avevaqualcosa di singolare perché, attraverso la riproduzione di un diario, rivelava sen-za mitigazioni ed opportunismi lo schietto e scoperto carattere di un vecchio ro-magnolo – dunque mio conterraneo, benché di una generazione più anziana – chesi presentava come lo stereotipo di come la Romagna venne recepita nei primidecenni del secolo passato, sanguigna, entusiasta, repubblicana e soprattutto anti-clericale (come conseguenza di un lungo e non raccomandabile dominio civileche mischiava religione e questioni terrene).Mi attrasse l’anomalia di un atteggiamento aprioristico che ormai trova ben piùblande conferme nelle generazioni più giovani, uscite da rinnovate esperienze. In-vece nello scritto del Fantinelli il repubblicanesimo domina ogni giudizio storico edattualistico, senza che ciò turbi la sua decisione di non riconoscere la repubblichinadel Nord e di mantenere la fedeltà giurata ad un governo legittimo che però si dice-va “regio”. (E d’altra parte egli afferma con orgoglio, nel rievocare un’alta decora-zione meritata nell’altra guerra: “ Me l’appuntò al petto Sua maestà il Re!”) .L’anticlericalismo, poi, lo porta a sospettare in qualsiasi occasione dei cappella-ni militari che, dentro i lager, cercavano di offrire alla tentazione di smarrimentospirituale il sollievo di un richiamo religioso: egli li accusa di torbidi progetti:voler preparare alla lontana una riscossa politica! Ma il colmo dell’irragionevo-lezza viene raggiunto quando si scaglia contro il cappellano don Pasa rientratoda Roma, dove era riuscito fortunosamente ad arrivare: egli aveva guidato unacolonna di autocarri destinati al rimpatrio di ammalati ed anziani (fra questi sa-rebbe rientrato lo stesso Fantinelli!) Egli lo accusa di sciacallaggio perché, par-lando della triste situazione della nostra capitale nella primavera del 1945, l’ave-va descritta in preda a turbe di sciuscià, di signorine, di borsari neri e di soldatialleati strombazzanti coi loro automezzi. Aveva persino affermato che, attraver-sando la Francia, aveva constatato come i nostri, caduti prigionieri delle truppegolliste, erano stati trattati forse più disumanamente di quanto avessero fatto itedeschi contro di noi. “Bugiardo. Nessuno può aver trattato i prigionieri peggiodei tedeschi!”Però, a proposito di una ventilata associazione di ex-prigionieri, egli sospettandoun possibile ritorno di reducismo afferma: “Alla Patria si deve dare tutto, senzanulla richiedere!”. Come si vede, atteggiamenti forse un po’ datati, ma certo mo-tivati da effettive ruggini antiche e comunque ispirati a nobili sentimenti.Procedendo nella lettura, ad un tratto diedi un sobbalzo. Il diario ripropone infattiil ricordo di un episodio che avevo personalmente dimenticato e del quale io stes-so ero stato in qualche modo a conoscenza: la sottrazione avvenuta nottetempodall’esterno della nostra baracca di un cartellone disegnato da Guareschi per an-nunciare il programma di una trasmissione della “Radio B 90”, messa in piedi

Un giallo nel lager di Wietzendorf

di Armando Ravaglioli

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È stato ritrovato un belmanifesto-programmadelle trasmissioni di“Radio B 90”, eseguitoda Guareschi edestramente sottratto,una notte di sessant’anniaddietro

Via Processione,16043010 Roncole Verdi (PR)

10 settembre 2002

“Gentilissimo Orlanducci,abbiamo ricevuto congrande piacere il numero7/8 di “rassegna”, con ilbel servizio su Pradipozzoe il carissimo Scovacricchi.Abbiamo letto con moltaattenzione tutto il numerodella rivista, che èveramente ben fatta e conarticoli importanti. Inparticolare ci ha colpiti,quello del Professor Contusulla vicenda delgenerale Trionfi: si �

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• Avviso della trasmissine di“Radio B 90” con vignetta diGuareschi intitolata “Necessarioper viaggio”, riferita ai lunghipreparativi di partenza degli exInternati Militari Italiani.

A pagina precedente:• da “Il Fogliaccio” notiziario diapprofondimento e divulgazionedell’opera di GiovanninoGuareschi a cura del “Club deiVentitrè”.

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dallo stesso Guareschi e da altri ospiti della baracca 90 (fra i quali il futuro attoredi prosa Tedeschi, il maestro di musica e compositore Coppola, il regista cinema-tografico Gandin ed io stesso). Guareschi, pur in qualche modo lusingato da quel-l’esuberante plagio alla sua inventiva caricaturale, mostrava indignazione per lamancanza di rispetto verso la fatica di chi, in varie forme, senza ricavarne vantag-gi di sorta, si prodigava ad organizzare quella manifestazione a sollievo dello sta-to d’animo del campo. Appelli e ricerche erano risultati vani. Il responsabile dellasottrazione né si presentò, né venne scoperto.Eppure ecco che nel diario, sotto la data del 7 luglio (1945) trovo la rivelazione:“Ho portato via il cartellone di ‘Radio B 90’ con una magnifica vignetta di Gua-reschi rappresentante un IMI” (Della stessa radio aveva scritto pochi giorni pri-ma: “Radio Baracca 90 fa le sue trasmissioni culturali ed argute. Essa è compostadi giovani di buona volontà che fanno una critica serena e simpatica di ciò chesuccede nel campo e fuori, cercando con sincerità e passione di inquadrarsi nelmomento che attraversano. Fra tutti primeggiano Ravaglioli di Forlì, Guareschi eTedeschi. È una palestra di uomini liberi che si sono scossi da quel giogo che pertanti anni li ha oppressi”).Due giorni dopo la sparizione del manifesto, il 9 di luglio, trovo scritto: “ ... miaspettava Ravaglioli per raccontarmi l’incazzatura di Giovannino Guareschi peril trafugamento del programma... Ravaglioli ha mantenuto, il segreto”. Benchénon ricordi nulla di preciso, mi sembra normale che, date le circostanze ed essen-domi reso conto delle non prave intenzioni del responsabile, io non abbia intesorivelare il piccolo mistero del quale ero venuto a conoscenza. Ma ecco che mi siaffaccia l’idea di una possibile utilizzazione di quel manifesto per la soluzionedel problema della mia copertina, ammesso che esso esista ancora. Così, in rapidasuccessione, avvengono telefonate dalle quali risulta accertato che il grande affis-so è stato conservato, sotto vetro e in cornice, nel salotto della casa forlivese. Pre-ghiera al figlio di volermene fornire una copia e sollecito arrivo della riproduzio-ne dentro pochi giorni. Purtroppo, poiché il manifesto si sviluppa in orizzontale,esso risultò inadatto ad una riproduzione in copertina. Ma, in fondo, fu chiaro chesarebbe bastato utilizzare la sola vignetta ed è quello che venne fatto: con risulta-to positivo, mi sembra.A questo punto mi prese la curiosità di ricercare qualche eventuale riferimento a

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questa vignetta fra la vasta produzione libraria del Guareschi dedicata all’espe-rienza di prigionia; ebbi così la fortuna di imbattermi in una puntuale e minuziosadescrizione della vignetta stessa, compresa nel famoso cartellone: Giovanninol’aveva diffusa in una delle ultime trasmissioni della nostra Radio ed in seguitol’aveva compresa fra il vario materiale inerente a quell’esperienza di giornalismoradiofonico, inserito nel suo volume “Ritorno alla base”. Posso trascriverne quiqualche passo per fornire un’interpretazione autentica del significato che l’ autoreaveva inteso dare alla sua raffigurazione: “L’individuo ...ha una barba lunghissi-ma che egli ha ingegnosamente avvoltolato attorno al collo e che fa da sciarpa.Come copricapo porta una grossa scatola da conserva assicurata sotto il mentocon una legaccia di fil di ferro al posto delle scarpe porta al piede sinistro unacassetta di legno e al piede destro un gomito per tubo da stufa, assicurati agli stin-chi con fili telefonici e cordicelle. L’individuo è infilato dalla cintola sino al gi-nocchio in un barile sfondato che gli funge da pantalone e che egli sostiene conbretelle inchiodate sull’orlo del recipiente. ...Privo completamente di giacca, l’in-dividuo va a dorso nudo e in molti punti la pelle è rammendata e rattoppata, spe-cie sui gomiti... Sulle spalle porta un sacco pieno di barattoli, pentole, sacchetti,scatole, con in cima una piccola stufa accesa sulla quale bolle un tegame pieno dipatate. Nella mano destra ha un bastone di precisione con spillo e cannocchialeper la raccolta di microcicche...”Se questa vignetta può essere ammirata sulla copertina delle mie ‘Storie di variaprigionia’, voglio offrire nel contesto di questo scritto anche l’intera riproduzionedel cartello che annunciava il programma con i suoi punti variati, letti e cantatidai diversi interpreti. Inutile precisare che i punti forti – e i più attesi – delle tra-smissioni erano in ogni caso rappresentati dai ripetuti interventi dell’umoristaGuareschi che aveva la virtù di farci ridere di noi stessi con un senso di compli-cità compiaciuta del nostro aver saputo resistere, nonostante ogni difficoltà. Maanche i pezzi più impegnati con il ragionamento (come il mio commento al di-scorso Parri di quei giorni, compreso nel programma dell’8 luglio e nel quale sot-tolineavo lo stile scarno, alieno dagli imbonimenti suggestivi ed invitante al dia-logo), trovavano non pochi orecchi attenti e disposti a riprendere il discorso nellecamerate con varietà di reazioni.Da programmi di quel tipo, preparati con puntiglio dall’équipe raccolta nella ba-racca 90 e messi in atto da interpreti impegnati al loro meglio, con intermezzimusicali di canzoni scritte nel lager e di esibizioni della fisarmonica del maestroCoppola, il morale del campo riceveva un contributo di rasserenamento ed unpassatempo dignitoso. Del resto, vari passi del diario Fantinelli ne danno atto conla consueta schiettezza.Circa la pubblicità data alle modalità della riscoperta della vignetta utilizzata po-teva sorgere qualche perplessità: si trattava pur sempre... di un’indebita appro-priazione. Ma sono prevalse altre considerazioni. Quali: a) l’evidente culto perl’opera del Guareschi tenuta in onore per 58 anni nel posto d’onore di una casaromagnola; b) il lasso di tempo trascorso che sana ogni irregolarità d’origine conuna prescrizione che va ben oltre ogni termine previsto; c) il fatto che entrambi iprotagonisti – il disegnatore e il suo fan ... manesco – si siano da tempo incontratiin quel luogo di serenità che spetta a quanti sono stati travagliati in vita per unagiusta causa, come la nostra prigionia.Mi accorgo che, con quanto ho scritto, ho fatto una duplice presentazione tantodel mio libro che del diario Fantinelli. Poiché la grande editoria risulta attualmen-te restia a pubblicare simili documenti, considerati ormai fuori tempo (ma, a no-stro avviso, vale sempre la pena di richiamare alla memoria i fatti di grande fie-rezza della vita personale e nazionale), questi volumi non conoscono una grandecircolazione nelle librerie. Per averli bisogna avere la pazienza di rivolgersi allafonte [Mario Fantinelli: “Memorie di guerra e di prigionia” Società editrice “IlPonte Vecchio”; Casalini editori in Cesena ]. Ma se ne trae il vantaggio di goderedell’alta tensione di momenti indimenticabili nell’esperienza di chi ha avuto ilgrave privilegio di viverli. ●

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è documentato conmolta serietà, e ha saputomettere bene in evidenzache qualcuno, per il poveroTrionfi, non rispettando ipatti, lo ha condannato amorte, chissà per qualimotivi. Sempre su questonumero di “rassegna”abbiamo trovato la storiadel Generale GiuseppeAmico, che ci è più voltesaltato fuori da ricercheche nulla avevano a chefare con lui. Ricopiandol’agenda del Lager dinostro padre abbiamotrovato alcuni appunti ilcui significato non ci èchiaro ma che, secondo noi,hanno a che fare con ilGenerale Amico.Nel foglio numero 1 siparla di una strage sullaspiaggia di Lapad.Nel foglio numero 2 siparla di uno scontro traitaliani e tedeschi (anchese nel’43 erano alleati).Nel “Candido” numero 32del 1947 nostro padre,parlando del colonnelloGigi Scotti nomina ancheAmico.Ci piace cercare diriannodare fili spezzati datanti anni, qualche voltariusciamo, molte altre no,ma è pur sempre un mododi ricordare l’eroismo ditante persone che la storiasi è ostinata per troppianni a trascurare. Leauguriamo di riuscire asmuovere e a risolvere lavergognosa vicenda degliindennizzi: l’abbiamo vistaa “Forum” e siamo moltocontenti per il fatto chequalcosa si stia movendo eche la gente cominci asapere e a capire. Grazie e buon lavoro”

Carlotta e AlbertoGuareschi

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L a prigionia militare italiana in Africa Orientale, se-guita alla caduta dell’Impero, nel maggio 1941, ha

tratti particolari di negatività che si sommano al già pe-sante quadro generale della prigionia in Africa.Innanzi tutto la cattura. Questa avviene in ambienti par-ticolari, in luoghi inaccessibili o a seguito del tradimentodi elementi ausiliari militari indigeni, assumendo spessola caratteristica di odio razziale e rivincita contro l’uomobianco, se non addirittura della vendetta contro l’italia-no. L’alleanza tra l’indigeno ed il “nemico” contro il do-minatore italiano è un tratto ben marcato in questa pri-gionia; ed il “nemico”, cioè l’inglese, non si accorge cheattizzando l’odio e la vedetta contro il bianco italiano,associandosi alla voglia di rivincita dell’elemento indi-gino getta i semi della rivolta anticoloniale che di lì apoco travolgerà, soprattutto in Kenya, la struttura colo-niale britannica attraverso il movimento dei Mau Mau. Sarà questa una miopia “inglese” che diventerà un col-lante per gli elementi indigeni nazionalisti anticoloniastied antiinglesi, che comprendono che l’uomo bianco, el’italiano né è una prova evidente, può essere sconfitto.Odio razziale e spirito di vendetta saranno presenti an-che in Tunisia nel 1943, quando le truppe italiane si ar-renderanno ai francesi della “Francia Libera”. Anche ifrancesi, che si accaniranno contro i prigionieri italianiin modo efferato e crudele – trattando con umanità e ri-spetto i tedeschi che occupano il loro territorio metropo-litano con il tallone di ferro, cancellando ogni simulacrodi indipendenza della Francia, dopo aver spazzato viaanche le forze collaborazionistiche di Petain – attizzanol’odio e la vendetta contro l’italiano. Con ciò gettano so-lide basi i movimenti indipendentistici, tunisino e algeri-no, che saranno uno dei motivi più laceranti, insieme aquello indocinese, della vita della Francia del secondodopoguerra.In Africa, quindi, la prigionia assume questi ulteriori con-notati, che sono le condizioni peggiori capitate ai prigio-nieri italiani nella seconda guerra mondiale. Da una partecadere nelle mani delle bande di ribelli o neoribelli, so-prattutto quelle negussine che non avevano dimenticato

l’attacco del 1936 e tutto quello che è succeduto sotto ilGovernatorato del Maresciallo Graziani, significava la fi-ne, anche efferata, fisica, con buona pace della Conven-zione di Ginevra, asprirando i soldati del Negus solo allavendetta fisica sui prigionieri, dall’altra sia i soldati chegli ufficiali inglesi e francesi che venivano a contatto coni prigionieri sfogavano ogni loro odio e risentimento evoglia di rivincita con l’inerme e disarmato soldato italia-no, simbolo di tutto quello che era male.Al momento della cattura in Africa Orientale, nonostan-te che l’oleografia della caduta dell’Amba Alagi con l’o-nore delle armi al Vicerè e alle truppe italiane che scen-dono in ordine di marca ci dia un’immagine positiva, inrealtà gli inglesi si orientano ad una perquisizione minu-ta su ogni prigionierio a scopo di prendere tutto quelloche poteva servire. In questo senso le testimonianze so-no concordi. Scrive Berretta, nel suo noto “Prigionieri di Churcill(Milano edizione Europa, 1953):“Appena disarmati, an-che se era stato… concesso l’onore delle armi i soldatiitaliani venivano affidati ad un sottufficiale britannico ilquale si serviva dei suoi uomini di colore per la perqui-sizione e la disciplina. Come primo provvedimento i pri-gionieri venivano denudati, sena distinzione di età ogrado e alleggeriti di ciò che possedevano: indumenti,oggetti, ricordi personali, lirette. Tutto veniva tolto a ti-tolo di “souvenir” che era una parola di moda. Il pri-gioniero veniva lasciato senza scarpe, in mutande e di-menticato.”Un’altra testimonianza, di P. Belli, conferma l’assunto:“Fin dall’inizio si vide subito che piega prendeva laperquisizione. Coperte, lenzuola, lamette da barba, sa-pone, carta per scrivere, penne, lapis, specchi, medici-nali, accendisigari, tutto quanto poteva far comodo aivincitori era silenzionsamente confiscato. Chi osavaprotestare si sentiva eplodere sotto il naso il grido ‘co-me on’; e a non filare subito si rischiava di assaporarela più formidabile delle pedate…”Abbiamo accennato nel numero precedente di “rasse-gna” alla prassi instaurata dagli inglesi di far passare in

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Africa Orientale 1941-1946

UUmmiilliiaazziioonnee ggrraattuuiittaaddeeii pprriiggiioonniieerrii iittaalliiaannii

di Massimo Coltrinari

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colonna i prigionieri italiani attraverso città e villaggi,con la popolazione indigena invitata a schernire e deri-dere “quei straccioni degli italiani”. È un altro tratto delmodo in cui si materializza l’odio verso l’italiano daparte di elementi inglesi e francesi. Questo non avvienesolo in Abissinia (citammo nel numero scorso come fu-rono fatti sfilare ad Addis Abeba i prigionieri italiani) oal Cairo (“Come non ricordare l’umiliazione al Cairodove la popolazione coprì di sputi e d’insulti i prigionie-ri italiani che pur erano giunti valorosamente combat-tendo alle porte d’Alessandria e nel cuore dell’Egitto”,scrive ancora Berretta), ed a Tunisi capitali di paesi di-rettamente coinvolti dalla guerra, e quindi appare in par-te giustificato far vedere il frutto del trionfo delle pro-prie armi, ancorchè fuori dalla Convensione di Gineva enon degno di nazioni cosidette civili come la Gran Bre-tagna e la Francia, ma anche in città africane o indianedistanti dai teatri di guerra e per nulla coinvole neglieventi bellici. Soprattutto in citta indiane, “espordando”quindi il seme della rivolta anche fuori dell’Africa.Sempre dalla testimonianza di Berretta, ecco come sonoaccolti i prigionieri italiani a Monbasa:“…Ad attendere iprigioneri c’era una colonna di autocarri, ma l’ufficialeinglese comandante la scorta ordinò che i P.O.W. rag-giungessero il campo a piedi con il bagaglio in spalla: ecosì sfilammo per le strade di Mobasa. Un sergente su-dafricano somministrava curbasciate ai più lenti persvegliarli, tra le risa e gli applausi degli scaricatori in-digeni del porto che si divertivano allo spettacolo, perloro nuovissimo, di vedere staffilare un bianco; chi piùdi tutti provocò le risa fu il tenente colonnello Toscano ilquale, vecchio e ammalato, di curbasciate ne buscò pa-recchie…”Questo trattamento ebbe un riverbero estremanete im-portante in questa prigionia. Accecati dalla vendetta, edall’odio, in presenza di truppe indigene irregolari oppu-re di truppe europee di seconda o terza scelta, la Con-venzione di Ginevra non fu tenuta presente. Oltre al trattamento riservato che non è giustificabile, viè un aspetto particolare, che si vuole sottolineare.L’obbligo di immatricalare al momento della cattura tuttii prigionieri e di comunicare alla Croce Rossa Interna-zionale queste liste non fu rispettato. L’immatricolazione avveniva, sia per gli inglesi che per ifrancesi, al momento dell’arrivo al campo finale di de-stinazione. È da quel momento che il militare italianoassumeva lo “status” di prigionierio di guerra, con tutti idoveri ed i diritti che comportava.Questo non è un semplice fatto burocratico o una “fissa”di qualche cultore del diritto umanitario. Essendo i pri-gionieri italiani censiti in un secondo momento, si creòun intervallo di tempo tra la cattura e il censimento, ov-vero il censimento avveniva dopo marce di trasferimen-to, viaggi, attraversamenti in terreni impervi in condizio-ni estremamente disagiate. Tutto quello che succedeva in questo intervallo era allamercè degli uomini della scorta.

Nei viaggi per mare la regola era chiara: “truppe (ingle-si) sul ponte, prigioneri italiani nelle stive”.In merito ad un viaggio per mare, ancora Berreta scrive:“Nel giugno 1941 la motonave ‘Dilowara’ attracca conil suo carico di settecento P.O.W. italiani nel porto diMonbasa. Il viaggio attraverso l’Oceano Indiano erastato come tutti quelli compiuti dai prigioneridi guerraitaliani che ci avevano preceduti e che ci seguirono:fummo buttati nella stiva, con gli obò chiusi e ci fu con-cessa un’ora di aria al giorno. Stavamo in centocin-quanta in uno spazio di venti metri per otto. Durante ilgiorno le parti di ferro della nave si arrovventavano e lavita diventava un inferno. Il vitto: un gavettino di tè sen-za zucchero al mattino e poi, durante il giorno, mezzagalletta e un mestolo di acqua calda con un cucchiaio diriso senza condimento. Durante la traversata i prigio-nieri vennero privati del lor bagaglio che all’arrivo,venne gettato dall’alto del piroscafo sulla banchina”.I trasferimenti per terra furono ancora più terribili, e visono prove che durante tali viaggi, oltre alle condizionidisagiate ed inumane, si compirono veri e propri efferatidelitti di prigionieri.Questo signfica che tutti quei prigionieri che persero lavita nell’intervallo tra la cattura e l’immatricolazione,sono “dati” come caduti in combattimento o dispersi. Innessun caso si poteva, o si può, protestare o fare ricorsocontro chi si macchiò di delitti contro i prigionieri. Larealtà è che tutto rimane impunito, ogni crimine rimastotale, scivolando la questione velocemente nell’oblio.Il trattamento che la Gran Bretagna riservò ai nostri pri-gioneri dell’Africa Orientale è pesante, inumano e spes-so non in linea con gli interessi britannici in quelle aree(come dimostrò l’accordo di Eldoret del giugno 1942 dicui ne faremo oggetto della prossima nota); ma ancorapiù incomprensibile apparre questo atteggiamento versoi nostri prigionari se si pensa al comportamento tenutodagli inglesi nel caso del generale Nicola Bellomo, fuci-lato come criminale di guerra.Vi fu una volontà ferrea di punire con la morte il genera-le Bellomo che, nel 1942, aveva ordinato di aprire il fuo-co, in un campo di concentramento in Puglia, verso pri-gioneri inglesi in fuga. Due di essi persero la vita.Il generale Bellomo, che salvò il porto di Bari all’indo-mani dell’armistizio dalla distruzione tedesca, fu fucila-to nel 1945 come “criminale di guerra” per aver violatola Convenzione di Ginevra sui prigionieri.È chiaro che se lo stesso metro si applicasse in Africa aseguito del comportamento tenuto verso i prigioneri ita-liani, di “criminali di guerra” ne avremmo parecchi. Ciònon è possibile e non è questa la sede di avanzare recri-minazioni o alimentare discordie, ma ciò che è possibileè sapere e ricordare quello che è successo e tenerlo pre-sente. Il vincitore ha sempre ragione, ma una Nazione è“Civile” a prescindere se in una guerra sia vincitrice omeno. E la Gran Bretagna, e la Francia, in Africa neiconfronti dei prigionieri di guerra italiani hanno scrittouna pagina non certo edificante. ●

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TESTO DELLA SCHEDA DICOLLABORAZIONE“A causa dell’armistiziofirmato dalle Nazioni Uniteed il governo dell’Italia, edanche a causa dello stato diguerra che esiste adesso fral’Italia e la Germania,ricerco io come volontario,impiego in una delle UnitàItaliane di Serviaio. Se misia accordata questa ricercad’impiego: lo PROMETTO chelavorare in favore degliStati Uniti d’America a nonimporta quale luogo, inqualsisia lavoro militareassegnatomi e che aiutarogli Stati Uniti come megliopotronel proseguimentodella loro lite contro ilnemico comune, la Germania.Lo PROMETTO di non abusarela feda e la fiduciaaccordatemi viatrasgredimento diqualunque delle condizioniche regolano i privilegispeziali datimi, risultantidalla mia promessa. LoPROMETTO d’ubbidire tuttigli ordini o regolamentipromulgati dalle autoritamilitari americane e capiscoche, si io non faccia così, siritiraranno i miei privilegie saro soggetto all’azionedisciplinare seconda gliarticoli di Guerra degli StatiUniti d’America, predettiarticoli gia lettimi.Sottoscritto . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Grado . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Numero di serie delprigioniero di guerra . . . . . . .

Degli oltre 50.000prigionieri di guerraitaliani ristretti nei campiamericani accettarono lacollaborazione firmando lascheda loro presentata in35.780 dei quali 33.000soldati e 2.780 ufficiali,oltre il 75 per cento deltotale dei Pow Italiani.

19POW in USAa cura di Giorgio R. Fanara

GLI EX POW IN USA

Avranno mai giustizia dallo Stato italiano?

Anche per gli ex prigionieri di guerra italiani negli USA, come per gli ex interna-ti italiani (militari e civili) in Germania il tempo passa e degli indennizzi nemme-no l’ombra.E intanto gli ultraottantenni, che allora scamparono ai reticolati, non la scampanooggi all’inesorabile logica della burocrazia.Esattamente 15 mesi or sono venne istituita dal Ministero della Difesa un’apposi-ta Commissione “per individuare il numero presumibile dei destinatari dei pre-sunti crediti degli ex POW negli USA e il relativo onere finanziario. In particola-re, la Commissione, sulla base della documentazione ancora in possesso del-l’Amministrazione militare, sta compiendo una serie di accertamenti preventiviper verificare se gli attuali richiedenti (circa 6.000 istanze sono state presentaten.d.r.) abbiano, a suo tempo, già percepito o meno il rimborso di detto credito.Come comprensibile, atteso il notevole lasso di tempo dall’epoca dei fatti e dallachiusura dell’apposita contabilità speciale (avvenuta oltre 33 anni fa), le ricer-che procedono in alcuni casi con molte difficoltà”.Noi diremmo con lenta anzi lentissima attenzione. Infatti, dopo 15 intensi mesi dilavoro, cioè dopo oltre 300 giornate lavorative, pari a 1.800 ore che, moltiplicateper i 25 dipendenti della dotazione organica di detta Commissione, ammontano aun totale di oltre 45.000 ore di “duro lavoro”, non hanno ancora concluso i lavoridi ricerca.Eppure in un ordine del giorno del Senato, nel corso dell’esame della legge finan-ziaria del 2001, che era stato accolto dal Governo, ci si impegnava ad attivare im-mediate procedure, da concludersi entro un anno: cioè entro il 2001. Ora siamoquasi alla fine del 2002 e nulla appare all’orizzonte. E’ penoso perfino continuarea sollecitare una qualsiasi risposta dal Ministero della Difesa. Penoso, perché lasofferenza umana e il lavoro (e che sofferenza e che lavoro per gli ex POW inUsa!) non meritano questo indifferente silenzio.E intanto sui tavoli della “task force” della Commissione, ad hoc istituita dal Mi-nistero della Difesa per dare una definitiva risposta alle 6.000 richieste di giusti-zia dei sopravvissuti, le domande inoltrate “riposano” in pace. ●

Nel febbraio 1944, il generale americano Eager istituisce le ISU(Italian Service Units). Per entrare nelle ISU i POW devono fareapposita domanda scritta. Gli americani, prima con le lusinghepoi con le minacce, incitarono i prigionieri italiani a firmare unascheda di collaborazione. [testo, scritto in un discutibile italiano, riproposto nella colonna a fianco].

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…nella sua ultima riunione il Comitato di Coordinamento ha ritenuto opportuno e dovero-so fare il punto su quanto fin qui accaduto e realizzato in merito al Programma in oggetto.Abbiamo preso atto, con soddisfazione, che 1.532 richiedenti hanno ricevuto la primaparte di indennizzo (50%) e che tra loro è stato possibile “recuperare” alla fascia piùalta alcuni deportati, purtroppo ignorati persino dai benefici per loro previsti dalleleggi italiane.Nota stonata che a partire dal 12.08.2002 tale percentuale è stata innalzata al 75% dimenti-cando di aggiornare le somme precedentemente assegnate.Un unico neo: gli eredi (vedove/i o figli) degli aventi diritto, deceduti dopo il 16.2.1999,nulla hanno ricevuto e nulla di ufficiale hanno saputo dall’OIM per quanto concerne i tem-pi previsti per i pagamenti loro spettanti. Salvo comunicazioni verbali, di cui il Coordina-mento ha preso atto, pervenute dal prof. Valter Merazzi e da Aldo Pavia che, in sedi diver-se e sempre in stretto collegamento con il Coordinamento, hanno svolto e svolgono l’atti-vità di collaborazione con l’OIM, nel reciproco interesse e soprattutto in difesa di quellodei 120.000 richiedenti.Se queste sono le note positive, purtroppo ben più pesanti sono quelle negative. Inparticolare è emerso che:1) non si è avuta ancora una risposta alla richiesta di inserimento nelle liste ufficiali deiLager, di varia natura, emessi a suo tempo dalla Fondazione. E, detto con chiarezza, que-sto silenzio non può che ingenerare pessimismo;2) anche alla luce del mancato riscontro, non si può non pensare che la risposta – negativa nellastragrande maggioranza – ai richiedenti non arriverà entro l’anno. Ciò non farà che aumentare– in quantità e in rabbia – le lamentele (per non dir di peggio) che già pervengono alle associa-zioni, ai sindacati ed ai patronati che fanno parte del Coordinamento, ma soprattutto all’OIM;3) la lettera di risposta che è stata inviata, quale “esperimento” concordato, è stata ritenuta,in particolare per il futuro, insufficiente nella motivazione. Infatti siamo a conoscenza chemolti militari hanno indicato nella domanda di esser stati internati a Buckenwald, Dachau,Mauthausen o in altri KZ, pur non potendo allegare una precisa documentazione, e chie-dendo contestualmente all’OIM, come per altro previsto dalla stessa, di esperire tutte le ri-cerche possibili, ed in tutte le direzioni, atte a reperire la documentazione necessaria. Lalettera di risposta di cui parliamo non accenna a ricerche e si richiama ad una affermazio-ne, pura e semplice, di uno status di IMI. Non solo, ma indica, parlando di ricorso, la con-dizione che il richiedente si faccia carico di una documentazione aggiuntiva ed integrativa.E ciò smentisce l’impegno proclamato dall’OIM;4) ancora più oscura ed incerta la sorte dei civili deportati e utilizzati come lavoratori for-zati. Anche perchè nessuno dei richiedenti ha mai saputo – sin dall’inizio dell’attivazionedel programma – che l’indennizzo era previsto solo se il lavoro fu prestato in particolarilocalità e col presupposto delle “condizioni particolarmente dure” che, secondo la Fonda-zione, furono applicate esclusivamente agli slavi. Presunzione corretta, ma non nel sensoche nessun altro ebbe a vivere identiche realtà di durezza e crudeltà. Vorremmo solo ricor-dare il Lager di Kahla di cui abbiamo richiesto il riconoscimento molto stupiti che nonl’abbiano fatto prima di noi altre nazionalità, i polacchi in particolare…

Enzo Orlanducci

…La ringrazio per la Sua lettera del 23 settembre u.s. nella quale mi informa di quantoemerso durante l’ultima riunione del Coordinamento.Per quanto riguarda le modalità di indennizzo degli aventi diritto, la procedura in vigoreassegna priorità ai diretti beneficiari ancora in vita; l’indennizzo in favore degli erediavrà inizio a seguito della conclusione di questa fase.

20 hanno detto… hanno scrittoa cura di Maristella Botta

Pubblichiamo, qualeaggiornamento per inostri lettori, la nota,datata 23 settembre 2002,del segretario generaledell’ANRP, prof. EnzoOrlanducci, che, a nomedel Comitato diCoordinamento, hainviato al dott. LucaDall’Oglio, CapoMissione e CoordinatoreRegionale per ilMediterraneo dello OIMOrganizzazioneInternazionale per leMigrazioni, partner dellaFondazione tedesca“Memoria, Responsabilitàe Futuro”.Di seguito la risposta diDall’Oglio, a none delloIOM, con lettera datata 8 ottobre 2002

Programma tedesco di indennizzo per gliex lavoratori forzati sotto il regime nazista

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21hanno detto… hanno scritto

Come noto, la Fondazione tedesca ha riconosciuto finora circa 1700 campi, in aggiunta aquelli già pubblicati sulle Gazzette Ufficiali tedesche del 1977 e del 1982, mentre 900 so-no ancora in attesa di riconoscimento ufficiale da parte della Fondazione. L’OIM ha ripe-tutamente sollecitato la stessa affinché ci comunicasse una decisione in merito e siamotuttora noi stessi in attesa di una risposta.Relativamente al problema dei tempi per l’invio delle risposte scritte a ciascun richieden-te, La informo che l’argomento è stato discusso con la Sede Centrale, a Ginevra, duranteuna riunione lo scorso 23 settembre ed è stato confermato che la spedizione delle lettere dirigetto inizierà dalla metà di Novembre. Desidero sottolineare che ai richiedenti detenutinei campi in attesa di riconoscimento, non sarà per il momento inviata tale lettera, confi-dando di conoscere nel frattempo la decisione della Fondazione tedesca.Desidero osservare che la lettera di rigetto OIM intende motivare chiaramente la non am-missibilità all’indennizzo fondata sullo status di Internato Militare Italiano (IMI) e d’altrocanto, rendere nota la possibilità di un ricorso per quegli IMI che dichiarano di esserestati deportati anche in campi di sterminio, potendo fornire qualche evidenza in tal senso.L’impegno dell’OIM ad adoperarsi affinché tali nominativi siano sottoposti al vaglio delServizio Internazionale delle Ricerche della Croce Rossa (SIR) rimane senz’altro, comeelemento di verifica contestuale e ulteriore.Si tratta quindi di offrire la possibilità di non chiudere definitivamente il caso, portandoall’attenzione dell’OIM nuovi elementi in relazione alla deportazione in un campo KZ.Per quanto riguarda, infine, la situazione dei deportati civili mi spiace informarLa chenon ci è tuttora possibile fornire ulteriori dettagli oltre a quanto già comunicato in prece-denza, infatti, la decisione della Fondazione si basa sulle presunte migliori condizioni deideportati dell’Europa Occidentale rispetto a quelle dei deportati dell’Europa Orientale,salvo poi poter dimostrare, mediante documentazione ufficiale, la deportazione in uno deicampi riconosciuti dalla Fondazione quali campi in cui vigevano condizioni di lavoroestremamente dure…

Luca Dall’Oglio

La nota dell’OIM ci facomprendere quanto èrimasto ancora da fareper addivenire allasoluzione della vertenza equanto sia più che mainecessaria lamobilitazione di tutti

Da marzo 2000 il Comune di Marburg sta portan-do avanti uno studio sulla storia degli “schiavi

di Hitler” nella città. I primi risultati della ricercahanno portato alla compilazione di una banca daticon i nominativi di circa 1.700 persone di diversenazionalità. Tra questi numerosi sono anche gliitaliani. Il Comune di Marburg hadeliberato il pagamento di 2.000Euro ad ex internato ancora in vita(al momento della delibera) co-stretto ai lavori forzati durante laseconda guerra mondiale all’inter-no dell’attuale territorio comuna-le. Al momento della deliberazioneè stato esplicitamente sottolineatoche si tratta di una cifra simbolica,concepita solo come riconoscimen-to tardivo alle vittime, dato chenon è certo possibile risarcirepropriamente le sofferenze e le ingiustizie subite.Riguardo alla ricerca storica sul tema dei lavoriforzati, la Città di Marburg invita le vittime di met-tere a disposizione la loro esperienza per far lucesulle concrete condizioni di vita e di lavoro delledonne e degli uomini che lavorarono a Marburg.

Note informative:• La scadenza per la presentazione della domandaè fissata per il 31 dicembre 2002. In casi motivatiil Consiglio comunale può stabilire deroghe a tale

data.• Possono essere indennizzati an-che gli eredi in caso di decessodell’interessato dopo il 26.04.2002,data della delibera del consigliocomunale.• Le domande informali debbonoessere indirizzate alla città diMarburg con la documentazionedel lavoro coatto nel territoriodella città di Marburg, indipen-dentemente dalla durata di taleperiodo.

• Non esiste distinzione fra prigionieri e internati,fra militari e civili.• Altre città tedesche, quali Francoforte, Darmstadt,Hilden, Tübingen, Friburgo, Schwäbisch-Hall e Reu-tlingen, hanno o stanno deliberando ricerche o in-dennizzi simili a quelli di Marburg.

IL CORAGGIO DI MARBURG

Per informazioni eassistenza nellacompilazione delle domandegli interessati possonorivolgersi alla sedeprovinciale dell’ANRP diPadova:via Bezzecca, 13 tel. 049.87.11.538

dal lunedì al venerdì dalle ore 9.30 alle ore 11.30

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Egregio Signor Conte, la ringrazio della Sua lettera. Purtroppo però devo dirLe che non potrò

essere a Sua disposizione per la manifestazione che si sta organizzando. Laquestione in merito a una giusta soluzione per gli Internati Militari Italiani deveessere discussa e decisa a livello politico. Io ho semplicemente realizzato una pe-rizia su una questione giuridica. Per questo motivo credo di non essere la giustapersona di riferimento per Lei.

Distinti saluti.Christian Tomuschat

Egregio Prof. Tomuschat,rispondo alla Sua lettera del 13 maggio 2002, citando “La Sura” XLVI: “Ma

no! L’uomo prevarica appena crede d’esser ricco. Non hai visto se è sulla rettavia. Non hai visto se smentisce e fugge?”. E Lei, gentile Professore, fugge, temedi affrontare il “dibattito” previsto nel Forum Internazionale organizzato dal-l’ANRP, con la partecipazione di eminenti giuristi provenienti da vari Paesi. Te-me, perché il suo parere è una somma di contraddizioni utile solo quale strumen-to perché la “Germania di oggi neghi di fatto che vi sia stato da parte di quella na-zista di ieri, sfruttamento senza limiti, né giuridici né materiali, escludendo gliitaliani dall’indennizzo e dal diritto rivendicato.” (dal messaggio del SegretarioGenerale dell’ANRP, Prof. Enzo Orlanducci, 25 settembre 2001 – “Solo unitipossiamo far valere i nostri diritti”).

Solo tre mesi prima la stampa italiana dava la notizia: “Via libera dal Bunde-stag per pagare i risarcimenti ai forzati di Hitler”…”Finalmente ci siamo, final-mente possiamo dichiararci soddisfatti”, ha dichiarato il Cancelliere Schröder”…“Abbiamo voltato pagina solo nel senso finanziario, nel campo morale non potre-mo mai voltare la pagina del capitolo più buio della nostra storia”, ha detto il con-te Otto Lambsdorff, leader anziano del partito Liberale.

Purtroppo la Germania non ha ancora chiuso alcun capitolo, e la tanto decanta-ta Fondazione “Memoria, Responsabilità e Futuro” è servita solo a fortunati, abilimestieranti, siano essi avvocati o consulenti legali, ad arricchirsi; l’art.12 cap.2della Fondazione, recita appunto: “Nei costi a carico della Fondazione, apparten-gono anche le spese per avvocati e consulenti legali che hanno contribuito attra-verso le loro attività a favore degli aventi diritto… oppure in altra maniera abbia-no collaborato alla sua concretizzazione…”.

E mi permetto domandarLe: se agli Avvocati americani che rappresentano gliex deportati costretti a lavorare nelle officine del Terzo Reich, l’onorario stabilitoda due esperti indipendenti è di 54,6 milioni di dollari, oltre 120 miliardi di vec-chie lire; quale sarà stata l’entità della sua “parcella”, se, con il suo parere la Ger-mania democratica, risparmia decine di miliardi? Crede Lei che il conte OttoLambsdorff possa ancora… andare superbo?

Carmelo Conte

22 hanno detto… hanno scritto

Pubblichiamo la rispostanegativa, data dalprofessore CristianTomuschat, il 13 maggio2002, all’avvocatoCarmelo Conte, che loaveva invitato alSimposio internazionale,promosso dall’ANRP,sugli Internati MilitariItaliani. Il professore ChristianTomuschat, docente didiritto internazionale alla Facoltà diGiurisprudenzadell’Università Humboldtdi Berlino, è l’autoredella perizia,commissionata dalGoverno tedesco, perescludere gli IMIdall’indennizzo.Inoltre pubblichiamo lasucessiva replica, datata18 maggio, dell’avvocatoConte, internato militareitaliano in Germania, trai fondatori dell’ANRP, dicui è stato segretariogenerale per molti anni,autore, tra l’altro, delvolume “Prigionierisenza tutela”, pubblicatoda Giuffrè Editore

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Mercoledì 2 ottobre 2002,in tempo di record, la IVCommissione PermanenteDifesa della Camera deiDeputati, presiedutadall’on. Luigi Ramponi econ l’intervento, per ilGoverno, delsottosegretario di stato perla difesa Filippo Berselli,ha iniziato l’esame delleproposte di legge diiniziativa parlamentare – C.2577 Olivieri, C.2586Rivolta e C. 2646 Lucidi –in favore dei cittadiniitaliani vittime dellepersecuzioni naziste

23In Parlamento

IV COMMISSIONE PERMANENTE DIFESA CAMERA DEI DEPUTATI(Sede Referente)

Interventi in favore dei cittadini italiani vittime delle persecuzioni naziste. C.2577 Olivieri, C.2586 Rivolta e C. 2646 Lucidi.(Esame e rinvio - Nomina di un Comitato ristretto).La Commissione inizia l’esame. Giuseppe Fallica (FI), relatore, rileva che le proposte di legge in esame sonovolte ad attribuire un riconoscimento ai cittadini italiani internati nei lager tede-schi durante la seconda guerra mondiale e costretti ai lavori forzati. In particola-re, vengono presi in considerazione i militari cui il Terzo Reichnon ha attribuitolo status di prigionieri di guerra, ai sensi della Convenzione di Ginevra. A tal fine viene istituita una «Giornata della memoria», da celebrarsi il 20 set-tembre, viene assegnata una speciale onorificenza e viene riconosciuto un inden-nizzo. Dopo aver evidenziato le differenze esistenti tra le proposte di legge C. 2577, C.2586 e C. 2646, propone la costituzione di un Comitato ristretto con il compito dielaborare un testo unificato. Luigi Olivieri (DS-U) condivide le considerazioni svolte dal relatore e ringrazia ilpresidente per la celerità con la quale il provvedimento è stato inserito nel calen-dario dei lavori della Commissione. Sottolineato l’alto valore morale delle propo-ste di legge in esame, che meritano un approfondimento anche per gli aspetti con-cernenti i rapporti con la Repubblica federale tedesca, ritiene tuttavia che esistanole condizioni per una rapida approvazione, eventualmente anche attraverso il tra-sferimento alla sede legislativa. Roberto Lavagnini (FI), nel condividere la finalità delle proposte di legge in esa-me, evidenzia la necessità di approfondire taluni aspetti, tra cui quelli relativi alladisponibilità della Germania a concedere un indennizzo ed alla individuazionedei beneficiari. Sottolinea inoltre l’opportunità di tenere conto delle disposizionirecate dalle proposte di legge, già all’esame della Commissione, che prevedonola concessione dell’onorificenza di «Cavaliere della Patria» a tutti coloro chehanno combattuto nella seconda guerra mondiale, tra cui anche agli internati. Il sottosegretario Filippo Berselli, pur condividendo pienamente le motivazionidelle proposte di legge in esame, fa presente che già sono previste altre giornatedi ricordo delle persecuzioni naziste, esprimendo la preoccupazione che la molti-plicazione di tali iniziative possa far perdere solennità e rilievo alle stesse.Fa inoltre presente che le proposte di legge concernenti l’istituzione dell’ordinedi «Cavaliere della Patria» riguardano esclusivamente gli ex combattenti, men-tre in alcune di quelle in esame si prevede la concessione di un’onorificenza an-che ai civili. Luigi Ramponi, presidente, nel ritenere possibile il trasferimento alla sede legi-slativa del testo unificato che sarà elaborato dal Comitato ristretto, sottolineal’opportunità che l’indennizzo previsto non sia qualificato come «simbolico» esia di importo non esiguo. Si associa altresì alle considerazioni del rappresentantedel Governo.Nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluso l’esame preliminare. La Commissione delibera quindi di nominare un Comitato ristretto. Luigi Ramponi, presidente, rinvia il seguito dell’esame ad altra seduta.

1943/45 “schiavi di Hitler”

GLI INTERNATI…al Parlamento Luigi

Ramponi

GiuseppeFallica

RobertoLavagnini

FilippoBerselli

a cura di Alessandro Marongiu

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CAMERA DEI DEPUTATIPROPOSTA DI LEGGE N. 2577d’iniziativa dei deputati Olivieri e Detomas

Interventi in favore dei cittadini italiani militari e civili vittime delle persecuzioni naziste (Presentata il 26 marzo 2002)

Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge nasce da una lodevole iniziativa delle ACLI delTrentino che, tramite il proprio patronato, si sono fatte promotrici di un incontro per il giu-sto riconoscimento di un indennizzo agli ex lavoratori forzati sotto il regime nazista, chein Trentino sono circa 2.000, e che hanno riproposto all’attenzione dell’opinione pubblicaun’incresciosa situazione.Infatti, tra l’8 settembre 1943 e l’8 maggio 1945 oltre 700 mila italiani militari e civili fu-rono deportati ed internati in Germania e furono costretti a servire l’economia e la macchi-na bellica del regime nazista. Il 20 settembre del 1943 Adolf Hitler non riconobbe comeprigionieri di guerra questi deportati italiani per poterli schiavizzare senza alcun controllo;li classificò, infatti, come internati militari italiani (IMI), categoria ignorata dalla Conven-zione di Ginevra sui prigionieri del 1929.0 di questi prigionieri persero la vita nei lager. I sopravvissuti furono ipocritamente eti-chettati nell’agosto 1944 come “lavoratori civili volontari/obbligati”. Dunque per la Ger-mania nazista, aggirando i trattati internazionali, gli IMI non erano prigionieri di guerra,tanto più che il Regno d’Italia dichiarò guerra al Reichil 13 ottobre del 1944.Il 2 agosto 2000 la Germania ha istituito la Fondazione “Memoria-responsabilità e futuro”per dare un giusto indennizzo a coloro che sono stati internati nei campi e nei lager tedeschie dunque l’invito a presentare le domande a tutti coloro che erano stati indotti al lavoro for-zato ha suscitato in decine di migliaia di italiani, già necessariamente innanzi con gli anni,la speranza di ottenere un equo, seppur tardivo, riconoscimento sia morale che economicodel loro dramma. In Italia, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migra-zioni, 80.000 persone hanno presentato la domanda di indennizzo. Tuttavia, in una circolaredel 12 marzo 2001, relativa al programma tedesco di indennizzo basato sulla legge del 2agosto 2000, si rende noto che il Governo tedesco avrebbe deciso di escludere dal risarci-mento sia gli ex internati militari italiani che gli ex lavoratori forzati, parificati anch’essi aimilitari e considerati, a tutti gli effetti, prigionieri di guerra con l’obbligo, imposto da quelregime, di dover prestare il proprio lavoro senza alcun titolo di indennizzo; e dunque esclu-de di fatto quasi tutti gli IMI italiani dagli aventi diritto a chiedere questo riconoscimento.Indipendentemente, dunque, dalla presente iniziativa di legge che si prefigura lo scopo difar ottenere ai cittadini italiani il giusto riconoscimento del loro sacrificio, sarà necessarioche il Governo italiano intervenga con iniziative diplomatiche in modo decisivo affinchéla Germania modifichi il suo orientamento, riconsiderando la questione degli IMI e conce-da il preannunciato. Questa situazione accade oltretutto proprio nel momento in cui è già avvenuta una primalettura al Senato ai sensi dell’articolo 138 della Costituzione del disegno di legge costitu-zionale (atto Senato n. 77-B) avente ad oggetto l’abrogazione del secondo comma dellaXIII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che impedisce il rientro e il sog-giorno in Italia dei discendenti maschi di casa Savoia. Le due questioni sono sicuramentediverse e separate ma per addivenire ad un assoluto clima di pacificazione è indubbio chedebba trovare una soluzione la questione degli ex internati militari e civili che conobberoquella sorte anche per responsabilità della allora regnante casa Savoia. È dunque un dovere morale e civile il riconoscere da parte della Repubblica italiana il va-lore storico, militare e morale, dei militari italiani internati durante la seconda guerra mon-diale in Germania, ai quali lo Stato tedesco non riconobbe lo statusdi prigionieri di guerrasecondo la citata Convenzione di Ginevra, né oggi riconosce loro alcun indennizzo e isti-tuire la “Giornata in memoria dei militari italiani caduti nei campi di internamento tede-schi” con la deposizione di una corona commemorativa presso l’Altare della Patria il 20settembre 2003.

24 In Parlamento

TESTO PROPOSTA DI LEGGE N. 2577Art. 1. - 1. La Repubblicariconosce il valore storico,militare e morale dei militariitaliani internati durante laseconda guerra mondiale inGermania, ai quali il Reichtedesco non riconobbe lostatus di prigioniero diguerra ai sensi dellaConvenzione relativa altrattamento dei prigionieri diguerra, stipulata a Ginevra il27 luglio 1929, resa esecutivadal regio decreto-legge 23ottobre 1930, n. 1615, ed aiquali, attualmente, laRepubblica federale diGermania non riconosce alcunindennizzo.Art. 2. - 1. La Repubblicaistituisce la “Giornata inmemoria dei militari italianicaduti nei campi diinternamento tedeschi”,celebrata con la deposizionedi una corona commemorativapresso l’Altare della Patria, inRoma, il 20 settembre 2003.Art. 3. - 1. La Repubblicaconsegna ai familiari degliitaliani internati militari ecivili deportati ed internatinei lager nazisti e destinati allavoro coatto per l’economiadi guerra, ai quali, se militari,è stato negato lo status diprigionieri di guerra, ai sensidella citata Convenzione diGinevra, dal Governo nazista edeceduti prima del 15febbraio 1999, una medagliaalla memoria conferita dalPresidente della Repubblicacon cerimonia solenne.Art. 4. - 1. Ai cittadini italianigià militari internati, viventialla data del 15 febbraio 1999,lo Stato italiano riconosce unindennizzo simbolico pari a40.000 euro a titolo diindennizzo per le sofferenzesubite e per il lavorocoatto eseguito in �

Luigi Olivieri

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condizioni di schiavitùnei campi di internamentonazisti. Ai fini di cui alpresente comma, lo Statoitaliano ha diritto di surroganei confronti della Repubblicafederale di Germania per leeventuali somme, pari ocomunque non superiori a40.000 euro, che la medesimaRepubblica riconoscerà atitolo di indennizzo.2. All’onere derivantedall’attuazione del comma 1 siprovvede mediante riduzionedello stanziamento iscritto, aifini del bilancio triennale2002-2004, nell’ambitodell’unità previsionale di basedi parte corrente “Fondospeciale” dello stato diprevisione del Ministerodell’economia e delle finanzeper l’anno 2002.

TESTO PROPOSTA DI LEGGE N. 2586Art. 1. (Finalità).1. La presente legge dettadisposizioni finalizzate atributare il doverosoriconoscimento per lesofferenze ingiustamentesubite dai militari italianiinternati nei lager tedeschidurante le seconda guerramondiale, ai quali non è statoriconosciuto dal Reich tedesco,all’epoca della loro prigionia,lo status di prigioniero diguerra ai sensi dellaConvenzione relativa altrattamento dei prigionieri diguerra, stipulata a Ginevra il27 luglio 1929, resa esecutivadal regio decreto-legge 23ottobre 1930, n. 1615, né,successivamente, dallaRepubblica federale tedesca ildiritto ad alcun indennizzo.Art. 2. (Istituzione dellaGiornata commemorativa).1. È istituita la “Giornata inmemoria dei militariitaliani caduti nei

25In Parlamento

CAMERA DEI DEPUTATI PROPOSTA DI LEGGE N. 2586d’iniziativa dei deputati Rivolta, Palmieri e Ramponi

Riconoscimento del valore storico, morale e militare del sa-crificio dei militari italiani internati nei campi di concentra-mento tedeschi durante la seconda guerra mondiale (Presentata il 27 marzo 2002)

Onorevoli Colleghi! - Il 20 settembre del 1943 Adolf Hitler non riconobbe come prigionie-ri di guerra 650.000 militari italiani catturati e deportati in territorio tedesco, con il prete-sto che il Regno d’Italia non era in guerra con il Terzo Reich (lo stato di belligeranza fu di-chiarato dal governo italiano solo il 13 ottobre 1943), e con il fine di poterli utilizzare neicampi di lavoro in condizioni di schiavitù.Dalla Germania nazista essi furono infatti classificati internati militari italiani, categoriaignorata dalla Convenzione di Ginevra del 1929 sui prigionieri di guerra.Seguirono a ciò venti mesi di violenze fisiche e morali, di fame, di malattie. Oltre 50.000italiani persero la vita nei lager. I sopravvissuti furono ipocritamente etichettati dalla Ger-mania nazista come “lavoratori civili volontari/obbligati”.In seguito la Repubblica federale tedesca decise di riconoscere un indennizzo agli “schiavidi Hitler”, a coloro cioè che nel corso della Seconda guerra mondiale si trovarono esatta-mente nelle condizioni dei nostri connazionali internati e costretti in schiavitù.Secondo idati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), che si occupa in ambitoONU del problema, in Italia furono presentate 80.000 domande di indennizzo.Nell’agosto2001 la Repubblica federale tedesca cambiò opinione e riconobbe a posteriori i militariitaliani internati (IMI) come “prigionieri di guerra”, come cioè se essi fossero stati nutritied assistiti dalla Croce Rossa, curati e non obbligati a lavorare, così come prevede la Con-venzione di GinevraGli 80.000 italiani che presentarono domanda restano così esclusi dalnovero di coloro che ricevono l’indennizzo dallo stato tedesco.Non si può fare a meno disottolineare che l’invito alla presentazione della domanda di indennizzo a tutti coloro cheerano stati costretti al lavoro forzato ha suscitato in decine di migliaia di italiani già innan-zi con gli anni delle aspettative. Aspettative strettamente legate non tanto alla somma ma-teriale che si sarebbe potuta ottenere, essendo sensazione comune che si dovesse trattare diun riconoscimento simbolico, quanto alla percezione che questo riconoscimento avrebbedi fatto certificato la partecipazione ufficiale alla loro sofferenza e l’assegnazione di unparticolare significato ad un momento particolarmente doloroso della loro vita.La Repubblica italiana non può ignorare questi sentimenti di attesa fiduciosa di tanti suoianziani cittadini. Per questo motivo la seguente proposta di legge ha l’obiettivo di:a) asse-gnare un riconoscimento morale ai militari italiani internati ormai defunti con la consegnaai loro familiari di una medaglia alla memoria;b) riconoscere un indennizzo economico,seppur simbolico, agli ex IMI viventi al 15 febbraio 1999, unitamente ad un attestato checomprovi la loro appartenenza agli IMI;c) istituire una giornata commemorativa, identifi-cata nel giorno del 20 settembre 2003, in occasione del cinquantenario del giorno in cuiHitler non riconobbe ai militari italiani lo statusdi prigionieri di guerra, rendendoli pertan-to schiavi del Terzo Reich.La Repubblica italiana, con l’approvazione di questa proposta di legge, renderebbe final-mente giustizia a quei suoi figli che, in un momento tragico per tutta l’umanità, furono vit-time di ulteriori abusi e violenze, solamente perché avevano un’unica “colpa”: quella diservire la propria Patria.

Comunicato ai lettori:sul sito www.anrp.it è possibile conoscere l’attività dell’Associazione,

le azioni di giustizia sociale proposte e consultare “rassegna”.È anche attiva la casella postale elettronica [email protected]

Dario Rivolta

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CAMERA DEI DEPUTATI PROPOSTA DI LEGGE N. 2646d’iniziativa dei deputati Lucidi, Violante, Olivieri,Ranieri, Angioni, Battaglia, Bellini, Benvenuto, Bielli,Bonito. Bova, Burlando, Carboni, Cazzaro, Chiaromonte,Chiti, Colucci, Cordoni, Diana, Duca, Filippeschi, Folena,Gambini, Giacco, Giulietti, Grandi, Grillini, Innocenti,Leoni, Lucà, Lumia, Magnolfi, Manzini, R. Mariani,Mariotti, Martella, Maurandi, Mazzarello, Minniti, Montecchi, Motta, Negra,Oliverio, Ottone, Pinotti, Pollastrini, Preda, Quartiani, Rossiello, Rotundo,Ruzzante, Sciacca, Spini, Susini, Trupia, Vianello, Zanotti e Zunino.

Interventi in favore dei cittadini italiani militari e civili vittime delle persecuzioninaziste (Presentata il 15 aprile 2002)

Onorevoli Colleghi! - Nel settembre del 1943 i tedeschi deportarono, nei territoridel Terzo Reich,come “preda bellica”, circa 700 mila militari italiani fedeli alproprio esercito, al fine di disarmare le Forze armate italiane, fino all’8 settembrealleate della Germania a tutti gli effetti, nonché per impedirne un loro presumibi-le reimpiego contro il Terzo Reiche poter procedere con maggiore sicurezza al-l’occupazione militare del territorio italiano e dei territori europei già occupatidagli italiani, imponendovi l’autorità germanica.Dopo il trasferimento forzato, Hitler non li riconobbe come prigionieri di guerra(KGF), ma li volle classificare come internati militari italiani (IMI), classificazio-ne impropria in questo contesto perché secondo il diritto internazionale è infattida considerare internato il militare di una potenza belligerante che entra nel terri-torio di una potenza non belligerante. In questo modo si è voluto sottrarre questiinternati al controllo e all’assistenza del Comitato internazionale della Croce ros-sa e privarli delle garanzie previste dalla Convenzione di Ginevra sui prigionieridi guerra del 1929. Alla brutale deportazione fecero seguito venti mesi di inauditeviolenze fisiche e morali. I prigionieri subirono la fame, le malattie, i lavori for-zati, dissimulati dall’ipocrita etichetta del “lavoro civile volontario-obbligato”. Ilregime hitleriano, aggirando completamente l’osservanza delle norme dei trattatiinternazionali, privò i militari dello statusdi prigionieri di guerra, e li rese, neifatti, suoi “schiavi”. Adesso la nuova Germania, a distanza di più di cinquant’an-ni, con una legge dell’agosto del 2000, ha istituito una Fondazione, “Memoria,responsabilità e futuro”, che predispone un programma di indennizzi a favore deicittadini di quei Paesi che, durante il regime nazista, sono stati deportati nei lagerposti sul territorio tedesco od occupato da Forze armate germaniche. Con talelegge la Repubblica federale di Germania intende saldare il debito contratto dallaGermania nazista, nei confronti di tutti coloro che aveva espropriato dei propri La legge in questione, istitutiva di una forma di indennizzo, esclude però dal go-dimento del beneficio i prigionieri di guerra, in quanto la citata Convenzione diGinevra a cui sono soggetti riconosce alla potenza detentrice la facoltà di far la-vorare i prigionieri, salvo che in attività connesse alla produzione bellica. Conun’operazione che si può abbastanza facilmente definire “funambolica”, la Ger-mania dà e allo stesso tempo toglie: Hitler aveva infatti privato i prigionieri diguerra della loro dignità di militari, non classificandoli come prigionieri di guerrama come IMI, ed ora la Germania, con un lodo di parte, li considera prigionieri diguerra privandoli, nei fatti della possibilità di usufruire del beneficio istituito co-me riconoscimento dell’ingiustizia subita.Con la presente proposta di legge si intende dunque, finalmente, fare in modo dioffrire un vero riconoscimento al sacrificio dei cittadini italiani, militari e civili,deportati ed internati e costretti al lavoro forzato nei lager nazisti e nei territoridel Terzo Reich.Il provvedimento, tra le altre cose, prevede la concessione di unindennizzo simbolico (articolo 1, comma 3) e l’istituzione di un Fondo presso ilMinistero della difesa (articolo 2).

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campi di internamentotedeschi”, che è celebrata il20 settembre 2003, con ladeposizione di una coronacommemorativa presso l’Altaredella Patria, in Roma.Art. 3. (Onorificenza).1. La Repubblica insignisce imilitari italiani deceduti neicampi di internamentotedeschi della medaglia allamemoria conferita dalPresidente della Repubblica.L’onorificenza sarà consegnataai familiari dei militari concerimonia solenne inoccasione della “Giornata inmemoria dei militari italianicaduti nei campi diinternamento tedeschi”.2. L’onorificenza è altresìconferita ai reducisopravvissuti dei militariitaliani internati, previoriconoscimento del periodo didetenzione nei lager tedeschimediante attestato rilasciato daicompetenti distretti militari.Art. 4. (Indennizzo).1. Ai cittadini italiani, giàmilitari internati ai sensidell’articolo 1, viventi alladata del 15 febbraio 1999, èriconosciuto un indennizzosimbolico.2. All’onere derivantedall’attuazione del comma 1,pari a 45 milioni di euro siprovvede mediantecorrispondente riduzionedello stanziamento iscritto, aifini del bilancio triennale2002-2004, nell’ambitodell’unità previsionale di basedi parte corrente “Fondospeciale” dello stato diprevisione del Ministerodell’economia e delle finanzeper l’anno 2002, allo scopoparzialmente utilizzandol’accantonamento relativo alMinistero degli affari esteri.3. Il Ministro dell’economia edelle finanze èautorizzato ad �

Marcella Lucidi

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apportare, con propridecreti, le occorrentivariazioni di bilancio.Art. 5. (Attribuzionedell’onorificenza edell’indennizzo).1. Ai fini del riconoscimentodello status di internatimilitari italiani e dellaconseguente attribuzionedell’onorificenza edell’indennizzo ad essispettante sono consideratevalide le domande presentatedagli interessati allaOrganizzazione internazionaleper le migrazioni (OIM) entroil 30 giugno. 2. Al fine di cui al comma 1,l’OIM, tramite la sua missionedi Roma, trasmette allacommissione di cui all’articolo6 le istanze di riconoscimentopervenute unitamente alladocumentazione allegata.Art. 6. (Commissione).1. È istituita una commissioneper l’esame delle domande dicui all’articolo 5, comma 1,composta da unrappresentante per ognunodei seguenti organismi: a)Presidenza del Consiglio deiministri; b) Ministerodell’interno; c) Ministero delladifesa; d) OIM; e) Associazionenazionale reduci e prigionieridi guerra.2. La commissione stabilisce icriteri e le modalità per lavalutazione e l’accoglimentodelle domande, trasmessedall’OIM. Ai fini dell’esame, lacommissione si avvale delpersonale, delle dotazioni edelle strutture messi adisposizione dalla Presidenzadel Consiglio dei ministri.3. L’attività della commissioneè stabilita da un appositoregolamento elaborato dallamedesima commissione edapprovato con decreto delPresidente del Consiglio deiministri.

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TESTO PROPOSTADI LEGGE N. 2646Art. 1.(Principi).1. La Repubblica riconosceil sacrificio dei propri citta-dini militari e civili depor-tati, internati, costretti allavoro forzato nei lager na-zisti e nei territori del Ter-zo Reich dallo stesso occu-pati militarmente.2. Ai cittadini italiani vitti-me delle persecuzioni nazi-ste di cui al comma 1 aiquali, se militari, fu negatoil riconoscimento dellaqualifica di prigionieri diguerra ai sensi della Con-venzione relativa al tratta-mento dei prigionieri diguerra, stipulata a Ginevrail 27 luglio 1929, resa ese-cutiva dal regio decreto-legge 23 ottobre 1930, n.1615, nonché ai familiaridei deceduti in prigionia osuccessivamente, che nehanno titolo, è concessauna medaglia. 3. Ai soggetti di cui alcomma 2 viventi alla datadel 15 febbraio 1999 è ero-gato un indennizzo in de-naro, a carattere simbolico,pari a 500 euro, da erogarein un’unica soluzione, a ti-tolo di riconoscimento del-le sofferenze subite.Art. 2.(Istituzione del Fon-do per gli interventi in fa-vore deicittadini italianimilitari e civili vittime del-lepersecuzioni naziste).1. È istituito presso il Mini-stero della difesa il Fondoper gli interventi in favoredei cittadini italiani militari

e civili vittime delle perse-cuzioni naziste, al quale af-fluiscono:a) il contributodello Stato di cui all’artico-lo 4; b) eventuali liberalitàdi enti pubblici e privati,fondazioni, associazioni esingoli cittadini; c) even-tuali contributi di prove-nienza estera erogati dasoggetti privati, aziende,istituzioni e Stati.2. Il Fondo è utilizzato, invia prioritaria, per il finan-ziamento degli interventi dicui all’articolo 1, nonché diiniziative e di progetti voltialla conservazione dellamemoria, alla testimonian-za ed alla ricerca storica, alfine di prevenire il ripetersidi simili ingiustizie per ilfuturo.Art. 3. (Istituzione dellaCommissione).1. È istituita una Commis-sione, nominata con decre-to del Presidente del Consi-glio dei ministri, di concer-to con i Ministri della dife-sa, dell’interno, degli affariesteri e dell’economia edelle finanze, incaricata diindividuare i soggetti di cuiall’articolo 1, comma 2,nonché all’erogazione del-l’indennizzo di cui al me-desimo articolo, composta:a) da un rappresentantedella Presidenza del Consi-glio dei ministri, che lapresiede, e da un rappre-sentante di ciascuno dei ci-tati Ministeri;b) da un rap-presentante per ciascunadelle seguenti Associazio-ni: Associazione nazionale

ex deportati nei campi na-zisti, Associazione nazio-nale ex internati e Associa-zione nazionale reduci dal-la prigionia, dall’interna-mento e dalla guerra di li-berazione;c) da un rappre-sentante dell’Organizzazio-ne internazionale per le mi-grazioni, incaricato di ge-stire il Programma tedescodi indennizzo per gli ex la-voratori forzati sotto il re-gime nazista, sulla basedella documentazione rice-vuta nell’ambito del mede-simo Programma.Art. 4. (Copertura finan-ziaria).1. All’onere derivante dal-l’attuazione della presentelegge, ivi comprese le spe-se per il funzionamentodella Commissione di cuiall’articolo 3, pari a 15 mi-lioni di euro per ciascunodegli anni 2002, 2003 e2004, si provvede mediantecorrispondente riduzionedello stanziamento iscritto,ai fini del bilancio triennale2002-2004, nell’ambitodell’unità previsionale dibase di parte corrente“Fondo speciale” dello sta-to di previsione del Mini-stero dell’economia e dellefinanze per l’anno 2002,allo scopo parzialmenteutilizzando l’accantona-mento relativo al medesi-mo Ministero. 2. Il Ministro dell’econo-mia e delle finanze è auto-rizzato ad apportare, conpropri decreti, le occorrentivariazioni di bilancio.

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D omenica 29 settembre 2002, piove a dirotto, ma lanostra giornata comincia al coperto nella cattedrale

di S. Cetteo, in Pescara, per la S. Messa in ricordo deiCaduti di tutte le guerre e le prigionie.Segue, in un’inaspettata schiarita, la cerimonia della de-posizione della corona di alloro al vicino monumento aiCaduti tra gli squilli di tromba e gli onori delle armi pre-sentate dal picchetto armato del 123° Regg.to Fanteria“Chieti”.Risuona l’Inno di Mameli e il socio, ufficiale GianniMannozzi, recita la preghiera dell’internato e subito do-po i colleghi Alessandro DeStefano e Walter Sbrolli de-pongono la corona tra il si-lenzio e la commozione ge-nerale.L’inno del Piave ci ricorda itanti compagni e parentiscomparsi nelle continueguerre della prima metà delNovecento.Ad eccezione del gonfalonecomunale e delle massimeautorità militari locali: Eser-cito, Marina e Carabinieri, èda notare, complice il cattivo tempo, l’assenza di quellecivili e - cosa strana - anche quella delle associazioni re-ducistiche; neppure il Vescovo ha presenziato, come diconsueto, il rito ecclesiastico.Lo speaker dà il benvenuto a tutti i presenti e il presiden-te avv. Sanseverino, rivolge un breve saluto ed un rin-graziamento ai presenti ed in particolare alle autorità mi-litari, al Comandante del Distretto Militare di Chieti Col.Emidio D’Angelo e al Col. Giuseppe Scarpantonio cheha curato il rito nei minimi particolari.L’ammaina bandiera, eseguito dal socio Remo Borletto,pone fine alla cerimonia che è stata ripresa gentilmentedal prof. Merazzi, direttore dell’Istituto di Storia Con-temporanea di Como, e dalla sua equipe, che nel pome-riggio intervisteranno i soci sulle loro vicende personaliquali combattenti ed internati nel conflitto 40/45.Alle 18,30 nel grande salone Congressi dell’HotelAdriatico di Montesilvano, ove il pescarese e nostro so-cio dott. Ennio Campitelli e la figlia prof.ssa Danielahanno organizzato in maniera encomiabile il nostro ra-duno e le gite nella bella Aquila, a Scanno e a Pescasse-roli nel Parco Nazionale degli Abruzzi è in programmala presentazione del libro: “…la scelta! Balcania: set-tembre ’43. Tre modi diversi per onorare la Patria” del-l’amico Aldo Colombai, edito dall’A.N.R.P.Premessa necessaria per comprendere l’opera di Colom-bai è il teatro d’azione dell’intera vicenda, non la Ger-mania con i suoi Lager, né la Polonia o l’Austria bensì laJugoslavia e il suo caos nel biennio 43/45: trattasi di treamici d’infanzia che le vicende belliche o meglio le loro“scelte” personali divideranno per ritrovarsi poi nei luo-ghi di origine, in Campania, dopo il rimpatrio e la loro

amicizia nonostante tutto si rinnoverà più forte di prima.Tutto ciò sarà possibile perché a Napoli non v’è stata laguerra civile e i nostri tre protagonisti all’atto del rimpa-trio non hanno trovato il clima avvelenato del Nord Italiaove tuttora odi, risentimenti e rancori covano sotto la ce-nere, ove ancora oggi è difficile parlare di politica o delsecondo conflitto mondiale e solo l’avvento delle futuregenerazioni risanerà l’ambiente fra qualche decennio!Ma tralasciando queste riflessioni torniamo al nostro in-contro: al tavolo della Presidenza siedono il dott. Massi-mo Coltrinari, della Società di Storia Militari; la prof.ssa

Anna Maria Isastia, docentedi Storia Contemporanea al-l’Università la “Sapienza”di Roma; il prof. Enzo Or-landucci, Segretario Genera-le dell’Associazione Nazio-nale Reduci dalla Prigionia,dall’Internamento e dallaGuerra di Liberazione; pre-siede l’avv. Antonio Sanse-verino anche presidente delG.U.I.S.Co (Gruppo Uffi-ciali Internati nello Strafla-ger di Colonia).

Il Presidente, illustrati brevemente i motivi dell’incon-tro, dà la parola al prof. Orlanducci che evidenzia l’inte-resse con cui l’A.N.R.P. ha accolto il “singolare” libro diColombai, ove per la prima volta si dà testimonianza ditre scelte diverse, antitetiche e i cui particolari sono tra-scritti nei tre diari dei protagonisti - amici fraterni, napo-letani, che all’8 settembre 1943 si trovarono in armi inGrecia e catturati dai tedeschi dopo aspri combattimenti- dovettero fare la loro “scelta” personale!Aldo (l’Autore) finisce prigioniero dei tedeschi, Albertodecide di continuare a combattere a fianco dei tedeschi eCarlo si schiera con i partigiani di Tito combattendo perla dittatura del proletariato.Chiarito quanto sopra Orlanducci dà la parola al dott.Massimo Coltrinari.E si inizia a parlare di “scelta” perché proprio attorno adessa, come avrete capito, tutto ruota: sono infatti questetre scelte in così stridente contrasto tra loro da approfon-dire, da motivare meglio e per Coltrinari ognuna di esseoltre che essere rispettabile - perché operata in coscienzatra il bene e il male - è soprattutto decisa in piena “one-stà di intenti”.Quindi ogni scelta è giusta purché sia onesta, tenga fedeai propri ideali e sia un modo diverso per onorare la Pa-tria e nell’esprimere tale giudizio l’oratore prescinde daogni altra considerazione di carattere storico e giuridicoe non tiene conto dei revisionismi di moda e di parte.Inizia poi la prof.ssa Isastia che privilegia il lato umanodelle scelte fatte e sfilano così, davanti a noi, uno peruno i tre protagonisti:Alberto segue in territorio slavo l’armata fino ai confinicon l’Austria e combatte i titini.

28 Incontri & Convegni

La scelta! Come e perchè

di Raimondo Finati

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Alla resa della Germania, fatto prigioniero dei serbi, ècostretto a marciare per 40 giorni attraverso buona partedella Jugoslavia, esposto al dileggio, alle bastonature,agli sputi alle sassate delle popolazioni appositamenteradunate nei centri attraversati.È la marcia “penitenziale” voluta da Tito e che spessosfocia in spoliazioni e purtroppo anche in massacri edesecuzioni sommarie.Aldo fatto prigioniero dai tedeschi a Corfù, dopo la stre-nua difesa delle isole Joniche, segue la sorte dei suoicommilitoni in un estenuante viaggio attraverso la Gre-cia, la Macedonia e la Serbia raggiungendo Belgrado.Liberati dai partigiani nell’ottobre del ‘44 gli italiani do-vettero fare una nuova scelta: aderire e passare nelle for-mazioni titine o essere adibiti ai lavori agricoli nelle fat-torie serbe.Il rimpatrio, aguerra finita, av-venne solo nel47/48 dopo innu-merevoli traver-sie.Carlo unitosi aipartigiani di Titocombatte in pri-ma linea i tede-schi, fa parte del-l’E.P.L.J. (Eser-cito Proletario diLiberazione del-la Jugoslavia) di-venendo per ilvalore dimostrato Commissario politico.La guerra terminerà con la resa della Germania alle Ar-mate Russe.Ma nel libro vi sono descritti soprattutto i rapporti uma-ni intrattenuti con la popolazione greca, con le donne in-contrate nelle zone presidiate, con i commilitoni diCorfù, con i compagni di prigionia e la prof.ssa Isastia

elogia l’Autore per aver voluto - primoin assoluto - spiegare a se stesso e agli al-tri la motivazione della sua scelta, delsuo “No” a collaborare con i tedeschi equelle dei suoi amici Alberto e Carlo cherispetta senza riserve: sono per lui tremodi diversi di onorare la Patria.La narrazione non si fa mai aspra anziassume sempre toni sfumati e pieni dicomprensione ed evidenzia talvolta an-che l’entusiasmo che ciascuno dei prota-gonisti pone nella propria scelta fatta pertener fede al proprio “personale” idealecioè quello di servire sempre e comun-que la Patria.La prof.ssa Isastia termina così la sua ap-passionata disamina fra gli applausi deipresenti.

Seguono brevi interventi sollecitati dal prof. Orlanducci:il mio di pieno consenso e quello del prof. Merazzi chepone l’accento sui riflessi storici delle tre scelte compiu-te e che oggi - a distanza di 60 anni - appaiono in luce

diversa a causa dell’affermarsio del tramontare delle ideolo-gie del nostro passato remoto erecente, congruo motivo que-sto per evitare giudizi o con-danne che potranno essere datesolo in un lontano futuro dacoloro che rivisiteranno questenostre vicende in un’ottica ve-ramente imparziale.L’incontro ha termine, il Presi-

dente dichiara chiusa la seduta e gli intervenuti si allon-tanano commentando a viva voce quanto ascoltato e giu-dizi lusinghieri per l’Autore si sentono qua e là.Un vivo ringraziamento ad Aldo Colombai per avercidato materia viva di alto dibattito e ad Orlanducci checon la sua generosa disponibilità ha reso possibile l’o-dierna manifestazione. ●

29Incontri & Convegni

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A Riccione il 42° Radunodel Gruppo “Ceva-Roma”Ormai la rinomata stazione balneareadriatica, che prese il posto dell’an-tico borgo di pescatori, guadagnan-dosi poi, di fatto, il ruolo di gemelladella più celebre Rimini, ora capo-luogo di provincia, è divenuta la se-de stabile dei raduni annuali delGruppo “Ceva-Roma”, costituito da-gli ex allievi del 2° Battaglione d’i-struzione del 1943 (quasi tutti pro-mossi sottotenenti a titolo onorificoin base alla legge 277/99) e loro fa-miliari. Dal 2 all’8 settembre 2002,come al solito sotto la guida di GinoGhia e di Augusto Raiteri, si è svoltoil 42° di tali raduni (ai quali, in effet-ti, debbono aggiungersi quelli pri-

maverili di Asti), a dimostrazionedella vitalità del Gruppo, costituitosinel 1961 per iniziativa del compian-to Bruno Maggiora. È stato, anchequesta volta, un incontro festoso, peril quale ha inviato un beneaugurantemessaggio la Signora Marise, vedo-va del generale Aldo Di Leo che, fi-no alla sua scomparsa, fu Presidentedel Gruppo.Si è parlato molto: del passato, delpresente e del programma per ilprossimo anno, in cui ricorrerà il 60°anniversario del Battaglione Ceva-Roma, presso il quale si svolse il 5°

corso per “comandanti di squadra”.Sono stati, inoltre, ricordati concommosse parole gli ex commilitoniche non sono più, fra i quali AldoGavosto, apprezzato poeta, mancatoai vivi pochi mesi or sono.Di lui e di altri autori, di varia levatu-ra, tutti appartenenti e inneggianti alSodalizio, l’Amico Piero Denari haraccolto i versi, unitamente ai propri,in un fascicolo che è stato presentatoin occasione del 42° raduno e distri-buito ai partecipanti, che ovviamentel’hanno molto gradito.Il fascicolo era accompagnato dalleriproduzioni di alcuni quadri dipintidallo stesso Denari, fra i quali face-va spicco – quale emblematico rife-rimento al carattere rievocativo del-l’incontro – la composizione “Violedel pensiero”.Da citare, a complemento di quantosopra riferito, le gite turistiche com-piute a Rimini, alla Rocca di SanLeo nel Montefeltro ed alla Chiesa eConvento dei Francescani di VillaVerucchio.Nella mattinata di domenica 8 set-tembre, infine, i convenuti hanno as-sistito alla Messa, durante la quale ilsacerdote celebrante si è compiaciu-to per la loro presenza.Una nota gioiosa: nel corso di unodei trattenimenti conviviali, un brin-disi particolarmente caloroso è statorivolto all’indirizzo di Renzo Raverae Signora, che festeggiano le loro“nozze d’oro”.

Notizie da Vicenza…Di tutto rispetto, come ci riferiscel’Amico Silvio Adrogna, nostro diri-gente, è la partecipazione dei nume-rosi ex A.U.C. del’43 – divenuti fi-nalmente sottotenenti per effetto del-la legge 277/99 – all’attività dellaSezione Alpini di Vicenza cui appar-tengono.

La detta Sezione, sia detto per inci-so, vanta un organico di circa 20 mi-la soci, distribuiti in 135 Gruppi nelterritorio della Provincia, e festeggiaquest’anno l’80° della sua fondazio-ne, con un programma denso di ma-nifestazioni, fra le quali primeggial’Adunata dei soci, svoltasi nellegiornate del 21 e 22 settembre.Gli ex A.U.C., anche se ottantenni, siritrovano tutti gli anni in occasionedelle Adunate Nazionali degli Alpini.Per il 2003, ricorrendo il 60° del lo-ro corso presso il 62° Battaglione diistruzione, essi stanno progettandouna iniziativa mirata ad un Radunoproprio a Merano, Caserma Rossi diMaja Bassa (nel 1943 sede del Cor-so), in concomitanza con la cerimo-nia ufficiale di un giuramento dellereclute che lì prestano servizio al18° R.A.R. “Edolo”.Le giovani reclute compiranno que-sto solenne atto davanti al Tricoloreed alle Autorità, ma anche davantiad un gruppo di “veterani” che, sul-lo stesso posto, giurarono fedeltàalla Patria nel 1943, in clima diguerra.

…e da PistoiaL’Amico Antonio Vinaccia ha scrit-to numerose lettere a parlamentaried a personalità politiche, onde otte-nere che, mediante il loro appoggio,venga approvato al più presto il di-segno di legge n. 1341 del sen. Be-din, inteso a far sì che vengano am-messi al beneficio della promozioneonorifica a sottotenente coloro chene sono stati ingiustamente esclusiin sede di applicazione della legge277/99.Ci ha inviato, per opportuna cono-scenza, copie delle lettere di rispostapervenutegli da parte del Vice Presi-dente della Camera dei Deputati,l’on. avv. Publio Fiori, delPresidentedel Gruppo Parlamentare MargheritaDL l’Ulivo, on. Pierluigi Castagnettie del Presidente dell’AssociazioneNazionale fra Mutilati ed Invalidi diGuerra, sen. Gerardo Agostini, tuttecontenenti precisi affidamenti al ri-guardo.Ringraziamo Antonio Vinaccia perla sua preziosa collaborazione. ●

30 A.U.C. del ’43a cura di Alvaro Riccardi

Gruppo Ufficiali ex A.U.C. del ’43

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31Anniversari

U na sentita e partecipata cerimonia si èsvolta domenica 29 settembre 2002 al

Tempio dell’Internato Ignoto a Terranegra (Pa-dova), a ricordo dei Caduti nei lager nazisti e diquelli deceduti dopo il rientro in Patria e nelquarto anniversario della consegna della Meda-glia d’Oro al Valor Militare all’Internato Igno-to.Alla cerimonia era presente, in rappresentanzadel Comune di Padova il prof. Giancarlo Zotti;l’on. Piero Ruzzante, l’on. Bemporad e l’on.Martino Scovacricchi, per il comando regiona-le militare Nord, il generale Silvio Torre, il presidente di quartiere Francesca Degani.Dopo la lettura del messaggio del Presidente della Repubblica si sono susseguiti alcu-ni oratori tra cui l’on. Martino Scovacricchi, Vice Presidente nazionale dell’A.N.R.P.,che ha ribadito come il successo della manifestazione patavina regga all’usura deglianni alimentando il ricordo di tanto sacrificio di fronte alla progressiva scomparsa deitestimoni; soprattutto nel Veneto ancor ricco di caldi sentimenti di patria e al compia-cimento si è aggiunta la ferma doglianza per la mancata concessione degli indennizziagli “Schiavi di Hitler”.Scovacricchi ha sottolineato inoltre il calore della partecipazione dei consoci veneti,accompagnati dal presidente provinciale prof. Ugo Pertile e dal segretario Bruno En-galdini, che videro sorgere, per opera soprattutto del compianto Don Giovanni Fortin,il Tempio che dal 1953 custodisce la salma di un Caduto Ignoto nel lager.Ha preso quindi la parola il prof. Giancarlo Zotti, per ricordare con toccanti parole itristi fatti dell’8 settembre 1943 che i Reduci mai hanno dimenticato, ricordando contanta devozione gli oltre 60.000 Caduti in Germania.Il ricordo dei tragici avvenimenti del passato ha lanciato il monito a non far accaderepiù violenze, guerre e ad ergere reticolati nel mondo.Intensi e toccanti sono stati i momenti dell’alzabandiera e della deposizione della co-rona d’alloro al Sacello del-l’Internato Ignoto da partedelle autorità locali, mentreun cuscino di fiori è stato de-posto dai Reduci.Al termine della messa conce-lebrata dal parroco don Ro-berto Bicciato e dal rettore del

Tempio, Don Celeghin (che hamanifestato a tutti i presenti paro-le di speranza per un futuro mi-gliore di vera pace e serenità) èstato rivolto un appello “mai piùreticolati nel mondo” ● (a.o.)

Da Padova un monito:“mai più reticolati”

COSA SI ASPETTAPER UNA RICERCASISTEMATICA SUGLIIMI?

Si stima che oltre 130.000IMI erano ancora viventinel 1997 e, procedendooltre, sarebbe suggestivoe utile, apprendere quantiIMI erano effettivamentein vita nel dicembre del2001, data ultima discadenza delle domandedi indennizzo presentateall’OIM OrganizzazioneInternazionale per leMigrazioni, incaricatadalla Fondazione tedesca“Memoria, Responsabilitàe Futuro”.Ufficialmente forse non losapremo mai. A chiinteressa una costosa edifficile ricercasistematica sugli IMI? Sindal loro rientro in Patria,dopo due anni trascorsinel Lager disseminatinelle terre del 3° Reich,lo Stato li ha guardati consospetto, perché… eranoin troppi. Questa la sola“motivazione” affermataanche da Rochat, che siriferiva ancor piùefficacemente al milione e350.000 prigionieri diguerra italiani rientratiin Patria da tutti icontinenti. ●

Page 32: mensile socio-culturale della a.n.r.p.lnx.anrp.it/wp-content/uploads/2016/10/9-10-2002.pdf · 2016. 10. 3. · dei comuni della zona, dai soci dell’ANRP e delle altre associazioni

L’ANRPnon abdicherà mai al dovere di tutelare, in ogni sede, i propri associati.Da soli si fa poco e la via giudiziaria,per ripristinare la verità della memoria storica e del diritto,costa molto. L’unione fa la forza,non solo: riduce, e non di poco, anche i costi.

“C’è chi vorrebbe dimenticare,

c’è chi vorrebbe falsificare.

Noi cerchiamo di conservare

la verità della memoria storica”

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