MENSILE DI INFORMAZIONE SU SALUTE E BENESSERE - N. 8 ...salute dieci piu’ ravenna diabete insipido...

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RAVENNA Salute Dieci Piu’ DIABETE INSIPIDO VITILIGINE MENSILE DI INFORMAZIONE SU SALUTE E BENESSERE - N. 8 - AGOSTO 2020 CORONAVIRUS E DONAZIONI DI SANGUE E PLASMA ARTRITE REUMATOIDE RICCI D’AMARE CHIRURGIA STRAORDINARIA DUE GEMELLE SIAMESI UNITE PER LA TESTA SEPARATE CON SUCCESSO PAG.12 SALUTE_10piu_cover_n.8.2020_CASA NOTIZIE cesena n1.2007 31/07/20 09:26 Pagina 1

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RAVENNASalute Dieci Piu’

DIABETE INSIPIDO

VITILIGINE

MENSILE DI INFORMAZIONE SU SALUTE E BENESSERE - N. 8 - AGOSTO 2020

CORONAVIRUS E DONAZIONIDI SANGUE E PLASMA

ARTRITE REUMATOIDE

RICCI D’AMARE

CHIRURGIA STRAORDINARIA

DUE GEMELLE SIAMESIUNITE PER LA TESTASEPARATE CON SUCCESSO

PAG.12

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ALIMENTAZIONE

2 IL GELATODott.ssa Martina Gozza

SOLIDARIETÀ

9 IL CORONAVIRUS NON FERMA LEDONAZIONI DI SANGUE E PLASMADott. Francesco Levada

SANITÀ

4 DIABETE INSIPIDODott. Andrea Baldisserri

DERMATOLOGIA

6 VITILIGINEDott. Remo Fulvio Gavazzoni

Nr. 8 - AGOSTO 2020 - www.salute10piu.it

SALUTE 10+ - N. 8.2020 - Aut. Trib. Ravenna n. 1381 del 23/11/2011 - www.salute10piu.itProprietà, redazione e realizzazione - Multiservice sas: via A. Gnani, 4 - 48124 Ravenna

Tel. 0544.501950 - [email protected] - Direttore responsabile: Spada GabrieleStampa: Modulgrafica Forlivese Spa - Forlì (FC) - www.modulforlivese.it

Salute Dieci Più

GINECOLOGIA

16 CONTRACCEZIONEDott. Rosalbino Mantuano

OCULISTICA

23 ALIMENTAZIONE E OCCHIDott.ssa Margherita D’Amato

REUMATOLOGIA

26 ARTRITE REUMATOIDEdi Fabio Lironzi

ALIMENTAZIONE

18 DIETA CHETOGENICADott.ssa Daniela Verduci

RICERCA

22 SCOTCH PER RIPARARE GLI ORGANIdi Tiziano Zaccaria

INFETTIVOLOGIA

20 ZANZARE E CORONAVIRUSdi Fabio Lironzi

I NOSTRI AMICI ANIMALI

29 RICCI D’AMAREDott. Massimo Vacchetta

CHIRURGIA

12 SEPARATE DUE GEMELLE SIAMESIUNITE PER LA TESTAProf. Carlo Efisio Marras

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ALIMENTAZIONE

GELATO

Dott.ssa Martina GozzaDietista - Humanitaswww.humanitas.it

Andiamo alla scoperta di questo prodotto ricco di proprietà nutrienti.

Un alimento nutrienteCon tutti i tipi di gelato si introduconoconsistenti quantità di proteine, zuccheri egrassi, con una buona dose di fosforo ecalcio. Quest’ultimo è un elemento che sirivela molto utile sia per i ragazzi in cresci-ta sia per le donne in menopausa, perprevenire l’osteoporosi, sia per gli anzianicon problemi di edentulia.

I gelati alla frutta sono costituitida polpa di frutta, zucchero eacqua, a volte insieme al latte.Hanno un contenuto calorico minore(seppur discreto), ma anche meno pro-teine e calcio, anche se forniscono piùvitamina C: la frutta è usata tale equale a quelle fresca, mantenendo intat-te tutte le sue caratteristiche nutritive.

Per mantenersi in linea anche d’estate èovvio che sono questi ultimi i gelati dapreferire, ma sempre con moderazione.

GELATO ALLA FRUTTA

Con il caldo diventa uno dei protagonistialimentari dell’estate: parliamo del gela-to, una volta considerato solo un dessertda consumare prevalentemente d’estate,mentre oggi servito tutto l’anno.D’estate, quando la voglia di mangiarloaumenta, è bene non considerarlo piùcome un premio straordinario, ma dargli lagiusta collocazione nella dieta quotidiana,senza creare squilibri qualitativi e quantitatividel fabbisogno nutrizionale..

I gusti hanno diverse calorieLe discriminanti sono tre: latte, grassivegetali e frutta. Quelli alla crema dilatte contengono sia il latte che lapanna: in totale fa quattro volte in piùdi grassi, ma anche un buon 30% inpiù di proteine.I gelati con i grassi vegetali, sono simili allatte, ma contengono meno colesterolocon una diversa presenza di vitamineliposolubili. In più, i grassi sono di tipodiverso, perché polinsaturi.

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Alla frutta o al latteIl gelato alla frutta costituirebbe la sceltaideale di fine pasto. Ma non bisognacreare barriere ideologiche inutili con glialtri tipi di gelato. Le qualità del gelato allatte infatti sono molte.

I gelati artigianali o mantecatisono prodotti con una lenta incor-porazione di aria, circa il 30-50 percento, durante la fase di “gelatu-ra” della miscela e ne deriva cosìun gelato cremoso, morbido e,nonostante ciò, anche corposo. Ilgelato industriale o soffiato,invece durante la “gelatura” intro-duce il 100-130 per cento di aria,per cui esso diventa molto sofficee leggero. Volendo fare per forza unascelta, resta sempre da preferire un gelatoartigianale a quello industriale, checomunque è anch’esso di ottima qualità.

GELATO ARTIGIANALEE GELATO INDUSTRIALE

L’apporto energetico e nutritivo di ungelato al latte può sostituire unospuntino, magari il solito panino man-giato in fretta e furia, perché non appe-santisce l’organismo e contribuisce afornire energia per riprendere efficace-mente le attività di studio o lavorative.

Il gelato, in genere, contiene zuccheri sem-plici, prontamente energetici, utili nel ragaz-zo o nell’adulto che fa sport; per esempioun gelato confezionato al fior di lattedel peso di 45 grammi contiene circa9 grammi di zuccheri. F I N E

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SANITÀ

IL DIABETE

non riassorbe la giusta quantità di liqui-di eliminandoli invece con la diuresi.

Varie forme di diabete insipidoIl diabete insipido centrale è in generedi tipo transitorio, perché può essere cau-sato per esempio da traumi cranici, o daaneurismi, encefaliti e meningiti, oppureoperazioni chirurgiche a livello dellaregione ipotalamica e ipofisaria. Quando il danno è permanente, questotipo di diabete può diventare anch’essopermanente.

INSIPIDOÈ una malattia metabolica rara. Le cause, i sintomi e come si cura.

Dott. Andrea BaldisserriMedico-Chirurgo specialista in otorinolaringoiatriaMedicina di Gruppo “Caspita” - FaenzaE-mail: [email protected]

Tra le varie forme di diabete, ce n’è unadella quale si parla meno, perché piùraro, ma ugualmente pericoloso. È il diabete insipido: una malattia causa-ta dalla mancata secrezione dell’ormoneantidiuretico, chiamato anche vasopressi-na o ADH, che può apparire ogni età.Vediamo cause, sintomi e cure di questamalattia.

Le causeOccorre distinguere tra due tipi di diabe-te insipido, quello centrale o neurogeni-co, detto ADH-sensibile, e il diabete insi-pido nefrogenico, o ADH-insensibile. Non ha nulla a che vedere con il diabe-te mellito, che invece è caratterizzato daurine dolci a causa della presenza delglucosio. Entrambi i tipi di diabete, mellito einsipido, hanno in comune la continuanecessità di fare pipì e di bere tanto.

Il diabete insipido è causato dalla man-cata secrezione dell’ormone antidiureti-co, che viene secreto dall’ipotalamo edall’ipofisi posteriore. Ma può anche trattarsi di una scarsa sen-sibilità dei reni all’attività e all’influenzadi questo ormone. In pratica, l’ormoneantidiuretico viene rilasciato quandol’acqua in circolo nell’organismo è poca. L’ormone infatti agisce a livello deireni e stimola l’assorbimento deiliquidi, ma nel caso di diabete insipi-do non riesce a svolgere esattamen-te la sua funzione, quindi l’organismo

LA SETE ECCESSIVA È UNO DEI SINTOMI PRINCIPALI

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Per evitare di perdere liquidi in eccessobisogna seguire una precisa terapia.

Nel caso del dia-bete insipido cen-trale, si agisceimmettendo dellavasopressina, unasostanza sinteticache sostituisce

l’ormone antidiuretico. Nel caso deldiabete insipido nefrogenico, invece,non serve somministrare l’ormone sin-tetico ma solo trattare la causa che èalla base del disturbo.

Il diabete insipido nefrogenico invecepuò essere congenito o acquisito. Nelprimo caso la causa è una mutazione delgene. Nel secondo caso la causa puòessere una malattia renale cronica comeil rene policistico o l’insufficienza renale,ma anche un pesante deficit di potassio,l’ipercalcemia, l’uso di farmaci come ilcarbonato di litio o la demeclociclina.

SintomiIl principale sintomo è la necessità dibere continuamente. Il diabete insipidoè infatti caratterizzato da questi dueaspetti: la poliuria, cioè il fatto che ireni filtrano dai 3 ai 20 litri di urine algiorno invece dei classici uno o due, ela polidipsia, cioè una sensazione disete eccessiva con la necessità di intro-durre delle grandi quantità di acqua eliquidi in genere durante la giornata.

Il diabete insipido viene classificato come unamalattia metabolica rara: colpisce da unoa nove persone su centomila ed ècaratterizzata proprio dalle urineabbondanti ed eccessivamente diluite,perciò prende il nome di “insipido”.

Ad avere maggiore possibilità di con-trarlo sono gli adulti, ma in alcunicasi può colpire anche le donne ingravidanza. In questo caso si parla didiabete insipido gestazionale.

Come si curaCon il diabete insipido si può convive-re e anche in maniera abbastanza sere-na, purché sia diagnosticato in tempo,prima cioè della perdita di ingentiquantità di liquidi, perché in quel casola conseguenza sarebbe una grave disi-dratazione.

CON IL DIABETE INSIPIDO SI AVVERTE LA NECESSITÀ

DI URINARE SPESSO DURANTE LA GIORNATA

F I N E

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DERMATOLOGIA

VITILIGINE

Dott. Remo Fulvio GavazzoniSpecialista dermatologo dell’Istituto Clinico Città di Brescia

Cause, diagnosi e cura di questa malattia delle pelle che colpisce soprat-tutto le donne.

Più la pelle è pigmentata, più la vitiligineè evidente. In un soggetto di razza scura ein uno di razza caucasica, ovviamente, lamalattia ha un impatto diverso.

La vitiligine è una malattia dermatologicache coinvolge la pigmentazione cutanea,causata dalla mancanza di melanina, checolpisce circa 100 milioni di persone nelmondo, con predominanza di casi tra ledonne. Dal punto di vista clinico è possi-bile riconoscerla facilmente, perché siscorgono delle macchie bianche sullasuperficie cutanea.Nella metà dei casi la vitiligine si sviluppaprima dei 20 anni d’età. Però, nei gio-vani che ne soffrono sin dall’infanzia, lasuperficie corporea colpita da questamalattia è meno del 10%. Proprio questa fase, quando ancora nonè eccessivamente espansa, rappresenta ilmomento più opportuno per interveniree combattere il suo decorso.

Le tipologieEsistono due varianti di questa patologia.La prima è la vitiligine bilaterale o sim-metrica, in cui vediamo che i distretti cor-porei sono coinvolti in maniera speculare.

I segni sono riscontrabili principalmente sudorso delle mani e dei piedi, viso, gomiti,ginocchia. La seconda è la vitiligine seg-mentale, che colpisce solo un emisoma,cioè una delle due metà del corpo.

Nelle nostre latitudini ci si accorgedella vitiligine soprattutto in estate,quando ci si espone al sole, dalmomento che appare più evidente il con-trasto tra la pelle sana e le chiazze bianchesulla superficie cutanea.

I SEGNI DELLA MALATTIA

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Cause e patologie correlateSi discute ancora circa la patogenesi dellavitiligine, anche se ormai si pensa che cisia un’acclarata predisposizione genetica,confermata dal fatto che ci sono famiglieintere alle prese con questo disturbo, undisturbo primitivo acquisito, poligenico emultifattoriale. Attualmente si ritiene che la vitiliginesia una malattia autoimmunitaria,perché nel 20-30% dei casi si segnala lapresenza concomitante di altre malattieautoimmuni come, per esempio: - le malattie della tiroide;- l’anemia perniciosa;- la malattia di Addison; - il diabete mellito;- la miastenia;- l’alopecia areata, ecc. Per questo motivo, in presenza di vitiligine,siamo soliti compiere delle indagini ulterioriper scongiurare l’associazione con altrepatologie, che dal punto di vista clinico,oltre ad essere più importanti, possonoavere conseguenze ben più gravi.

Come si cura Oggi abbiamo a disposizione dei tratta-menti certamente più efficaci, che magarinon garantiscono la guarigione completadella malattia, ma assicurano dei migliora-menti significativi. La terapia varia a secon-da dell’estensione della malattia e in baseall’età del paziente.

Assenza di melanina

Melanina

Melanociti Scomparsa dei melanocitie interruzione della produzione di Melanina

Se le lesioni sono limitate ad un ristrettodistretto corporeo, si prediligono delleterapie locali che prevedono l’utilizzodi cortisone, derivati della vitamina D ofarmaci biologici. Quando la vitiligine èpiù estesa, invece, si ricorre dai 12 anniin sù alla microfototerapia, una sor-

gente di lucea base diraggi ultravio-letti UVB checolpisce lezone coinvolte

dalla vitiligine dando buoni risultati. In ogni caso, quando si prescrive la terapia,è fondamentale capire in che fase è lamalattia: esordio, progressione, qui-escenza.

Quando è in attività, infatti, è opportunoutilizzare il cortisone, quando invece èstabile, bisogna stimolare i melanociti(cellule dell’epidermide) prescrivendoprodotti specifici per via sistemica.

Sole e vitiligine Dove c’è la chiazza bianca mancano imelanociti, e ci si ustiona facilmente: è di fon-damentale importanza proteggersiadeguatamente. Tuttavia, soprattutto nellezone foto esposte, possiamo notare una ripigmetazione spontanea della vitiligine nel20% dei casi, favorita dall’esposizione solare.A seconda dei casi, dunque, il sole può esseredannoso e vantaggioso allo stesso tempo. Ilbuon senso dice che è bene esporsi protetti,evitando gli orari meno indicati. F I N E

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SOLIDARIETÀ

IL CORONAVIRUS

Le donazioni hanno visto segnare unforte calo nelle fasi iniziali dell’emer-genza, nonostante tutti i centri di raccolta sulterritorio nazionale fossero pienamente oper-ativi e il Centro Nazionale Sangue (CNS)avesse emesso, fin da subito, linee guida pre-cauzionali per evitare la diffusione dell’in-fezione presso i punti di raccolta tra i donatorie gli operatori, quali donazione su preno-tazione e pre-triage telefonico, distanziamentoall’interno delle strutture, uso dei dispositivi diprotezione individuale per operatori, volontarie donatori. Tale rallentamento è facilmentespiegabile, e assolutamente non biasimabile,con il forte impatto emotivo che tutti abbiamosubìto nei confronti di questo nuovo virus che,a febbraio 2020, si stava purtroppo affaccian-do anche nel nostro Paese, creando paura edisorientamento legati anche alla scarsaconoscenza della malattia da parte del mondomedico-scientifico stesso.

L’accesso a strutture sanitarie, sedi didonazione comprese, veniva vissuto comepossibile fattore di rischio per il contagio, maquesta comprensibile ritrosia stava purtroppo

conducendo al quasi azzeramento dellescorte di unità presenti nelle emoteche dimolte regioni. Per tale motivo il 10 marzo2020 il CNS emise un comunicato, unappello alla donazione, e come tale poiripreso nelle note conferenze stampa dellaProtezione Civile, in cui si ricordava che ilsangue e gli emocomponenti rientrano tra ilivelli essenziali di assistenza, la raccolta dove-va per cui, mantenere dei livelli adeguati perla terapia giornaliera di 1800 pazienti sututto il territorio nazionale, la donazione rien-trava nelle “situazioni di necessità” previstedal DPCM per gli spostamenti dal proprio

NON FERMA LE DONAZIONIDI SANGUE E PLASMA

Dott. Francesco LevadaMedico Selezionatoreper AVIS Provinciale Ravenna

Dall’inizio dell’emergenza sanitaria legata al SARS-CoV-2, in Italia la rac-colta di sangue ed emocomponenti non si è mai fermata.

domicilio e la riduzione delle unità disponi-bili era solo in parte compensata dal rinviodegli interventi chirurgici differibili.

Già il giorno 16 successivo si registrava, al con-trario della settimana precedente, un surplusnazionale di 900 sacche frutto dellagrande disponibilità di chi dona, del lavorodelle associazioni di donatori (che ricordo rap-presentano oltre il 90% della popolazionedonatrice in Italia), dei loro addetti sanitari eamministrativi e dei loro volontari.

RISPOSTA DEI DONATORI ECCEZIONALE

»S E G U E

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terno della centrifuga collegato tramite unsistema di tubi da un lato al braccio deldonatore e dall’altro alla sacca dove verràpoi raccolto il plasma. L’aferesi avviene per stadi, il separatore rac-coglie ad ogni stadio una determinata quan-tità di sangue intero centrifugandolo inmodo da convogliare circa metà plasmanella sacca di raccolta, ad un definito vol-ume di plasma separato la macchina arrestala centrifuga e reinfonde al donatore, tramitelo stesso accesso di prelievo al braccio, tuttele cellule e il plasma non separato, al ter-mine di questa operazione comincerà lo sta-dio successivo fino al raggiungimento dialmeno 600 mL di plasma.

Il plasma può essere conservato tramitecongelamento fino a 24 mesi e puòessere utilizzato per diversi usi clinici e perla produzione di farmaci plasmaderivati (pro-teine quali Albumina, Immunoglobuline,Fattori della coagulazione del sangue).

Il grande sistema delle donazioni che, èbene sottolineare, si basa esclusiva-mente sulla solidarietà, sulla volontari-età e sulla gratuità di un gesto semplicefatto da persone sane che hanno acuore la salute di tutti, era così fortu-natamente ripartito. Gli stessi donatori potevano così rendersiconto che la raccolta era, ed è tuttora, orga-nizzata nella massima sicurezza dei loroconfronti e non c’era nulla da temere nelcompiere quell’azione necessaria al tratta-mento quotidiano di molti malati. Da marzo a oggi, osservando le statisticheconsultabili su www.centronazionale-sangue.it/, le donazioni sono diminuite alivello nazionale rispetto agli stessi periodidel 2019 ma ora si può affermare che,dopo l’iniziale calo traumatico che possi-amo definire di origine “emotiva”, l’attualeriduzione sia dovuta a una più efficienteprogrammazione della raccolta per un cor-rispondente minor utilizzo di unità rispettoall’anno precedente, si raccoglie, quindi, ciòche è necessario al trattamento dei pazientie al mantenimento di scorte strategiche incaso di forti aumenti della richiesta.

Donazione di plasmaUn approfondimento merita la donazionedi plasma per aferesi che tanta curiosità haacceso in molte persone, soprattutto per laforte attenzione mediatica riservata alruolo del plasma iperimmune per la curadella sindrome prodotta dal SARS-CoV-2,nota come COVID-19, soprattutto nelle sue

forme più acute e severe con marcata com-promissione polmonare.

Il plasma rappresenta la parte liqui-da del nostro sangue, in una quantitàche da persona a persona può variare tra il50 e il 60%, tramite la donazione inaferesi si possono ottenere unità disolo plasma con un volume dialmeno 600mL contro i circa 250mlche si possono ottenere da unasacca di sangue intero (450mL)tramite centrifugazione della sacca stessa.

La donazione di plasma risponde aglistessi criteri di qualità, controllo esicurezza della “classica” donazione disangue intero, cambia esclusivamente lamodalità pratica poiché si effettua tramiteun separatore cellulare che altro non è cheuna centrifuga. Il macchinario vieneapprontato con un kit, sterile e monouso,composto da un contenitore inserito all’in-

DONZIONE DEL PLASMA

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da COVID-19, solamente la ricerca scientifi-ca, nei tempi richiesti e coi metodi correttie il più possibile armonizzati, potrà con-durre eventualmente, e auspicabilmente, atale conclusione.

COVID-19 E GRUPPI SANGUIGNI

Tra i molti studi condotti da dicembre2019 riguardo il Coronavirus Sars-CoV-2,diversi hanno riguardato anche il back-ground genetico dei pazienti percapire quali fattori di rischio immodifica-bili, poiché scritti nel nostro DNA,potessero influire sul possibile contagio esull’andamento della malattia. Tra questiuno degli elementi analizzati e confrontatiè rappresentato dal gruppo sanguigno delpaziente. Come riportato in più studi isoggetti di gruppo sanguigno Aappaiono maggiormente colpitimentre coloro che appartengono algruppo O lo sono in maniera minorecome se il primo rappresentasse unfattore di rischio ed il secondo unfattore protettivo. Non bisogna ovvia-mente farsi prendere dal panico se il pro-prio sangue è di gruppo A, solo alcuneipotesi riguardo queste differenze nella pre-sentazione della malattia in soggetti digruppo sanguigno differente, sono stateavanzate e riguardano soprattutto unadiversa espressione anticorpale nei con-fronti del virus. In tutte le ricerche vienericonosciuto il limite riguardante la ridottacasistica di pazienti rispetto al tuttora cres-cente numero di malati colpiti nel mondo ela necessità di ulteriori studi per appro-fondire questi risultati in un’ottica di even-tuale maggiore prevenzione per colororisultassero potenzialmente più a rischio diinfezione e per l’eventuale individuazionedei migliori convalescenti destinati alla rac-colta del plasma iperimmune.

Data la recente insorgenza del virusnon ci sono ancora, così come per tuttii farmaci testati, dati definitivi riguardola certa affidabilità del plasma per lacura di COVID-19.Sono stati osservati miglioramenti dellacondizione clinica di tutti i pazienti ma conparametri di riferimento talvolta molto dis-cordanti nei vari centri, sono stati altresìindividuate diverse problematiche legate alreperimento di donatori, alla quantifi-cazione degli anticorpi presenti in quelplasma e a quella necessaria ad ottenereun risultato clinicamente evidente nelpaziente trasfuso, alle eventuali problem-atiche legate alle reazioni trasfusionali(patologie scatenate dall’infusione diemoderivati, rare ma pur sempre possibili)e come sollevato in alcuni studi inter-nazionali al controllo del plasma donatosoprattutto nei paesi in via di sviluppo.In Italia plasma e sangue sono testatiper AIDS, Epatite B e C, sifilide, per ilplasma iperimmune gli studi hannoconsiderato anche Epatite A ed E eParvovirus B19 dimostrando la sicurez-za trasfusionale del nostro Paese. Si può quindi affermare che l’uso di plas-ma convalescente sia una delle attualimigliori prospettive terapeutiche ma almomento non si possa ancora definirecome un trattamento definitivo per la cura

Il plasma iperimmune è un plasmaricco di anticorpi diretti contro unospecifico agente infettivo raccolto dadonatori convalescenti dalla stessapatologia che può essere trasfuso inpazienti in cui la malattia è ancoraattiva soprattutto in forma severa.L’uso di tale terapia è già stata adottata consuccesso in precedenti epidemie ad esem-pio quella da SARS e dell’influenza H1N1.Diversi studi di ricerca sono stati pubblicatiriguardo l’utilizzo del plasma per COVID-19,già a partire dal paese in cui si sono riscon-trati i primi casi ovvero la Cina, ma anche daaltri ospedali di diversi stati vista l’oramaiampia diffusione mondiale del virus. Il Policlinico di Pavia e l’ospedale diMantova hanno condotto i primistudi congiunti riguardo questa ter-apia in Italia. I protocolli approntati sullabase della Legge Italiana, sulle indicazionidel CNS e sull’esperienza raccolta dalleprime ricerche scientifiche hanno permessodi giungere all’attuale studio TSUNAMI(acronimo di TranSfUsion of coNvaleScentplAsma for the treatment of severepneuMonIa due to Sars-CoV-2) promossodall’Istituto Superiore di Sanità e AIFA con lapartecipazione di oltre 50 centri in 12regioni nazionali.

PLASMA IPERIMMUNE

F I N E

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CHIRURGIA

SEPARATEDUE GEMELLE SIAMESI

L’intervento straordinario preparato al Bambino Gesù di Roma in oltreun anno di studio e in più fasi chirurgiche. Le bambine, giunte dallaRepubblica Centrafricana, erano craniopaghe totali, una rara e com-plessa forma di fusione cranica e cerebrale. Ora stanno bene.

UNITE PER LA TESTA

Due gemelline siamesi centrafricaneunite per la testa sono state separatecon successo all’Ospedale PediatricoBambino Gesù. È il primo caso in Italia, e probabil-mente l’unico al mondo (in letteraturanon sono descritte operazioni simili), diintervento riuscito su una coppia di“craniopagi totali posteriori”, una tra lepiù rare e complesse forme di fusione alivello cranico e cerebrale. Posizionate nuca contro nuca, avevanoin comune la scatola cranica e granparte del sistema venoso. Oltre un anno di preparazione e di stu-dio, con l’ausilio di sistemi di imagingavanzato e di simulazione chirurgica, èculminato in tre interventi delicatissimi. L’ultimo, la separazione definitiva, il 5giugno scorso, con un’operazione di 18ore e l’impegno di oltre 30 persone tramedici e infermieri. Ora le bambinestanno bene.

L’incontro nell’ospedale a BanguiNel luglio 2018 la Presidente del BambinoGesù, Mariella Enoc, era in missione nellaRepubblica Centrafricana, nella capitaleBangui, per seguire i lavori di ampliamentodella struttura pediatrica voluta da PapaFrancesco. In quel luogo ha incontrato ledue gemelline appena nate, decidendo difarsene carico, portandole a Roma, per dareloro maggiori possibilità di sopravvivenza.Ervina e Prefina erano venute alla luce il 29giugno 2018, nel centro medico di Mbaiki,un villaggio a 100 km da Bangui.

Prof. Carlo Efisio MarrasResponsabile U.O.C di NeurochirurgiaOspedale Pediatrico Bambino Gesù - Roma

Nessuna indagine prenatale: lamamma Ermine e i medici scopronoche si tratta di gemelle siamesi soloal momento del parto cesareo.

Il piccolo centro sanitario, però, non è attrez-zato per prendersene cura, così la famigliaviene trasferita nella capitale centrafricana.

L’arrivo al Bambino GesùLa mamma e le gemelline arrivano inItalia il 10 settembre 2018 nell’ambitodelle Attività Umanitarie Internazionalidell’Ospedale Pediatrico della Santa Sede.

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del sangue utilizzato dal cervello verso ilcuore per essere riossigenato) che ha rapp-resentato la sfida più difficile per l’équipedi Neurochirurgia del Bambino Gesù nellapianificazione degli interventi. Per questaparticolare conformazione, le piccole rien-

trano nella rarissima categoria di gemellisiamesi craniopagi “totali”, uniti, cioè, sia alivello cranico che cerebrale. Tante cose incomune, ma non la personalità, diversa edistinta: Prefina giocherellona e vivace,Ervina più seria e osservatrice.

Dopo qualche mese trascorso al BambinoGesù di Palidoro, dove iniziano il percorsodi neuroriabilitazione, le piccole vengonotrasferite nel reparto di Neurochirurgia alGianicolo per gli studi sulla fattibilità delleprocedure di separazione. Le prime indagi-ni confermano che le gemelline godono dibuona salute generale, i parametri neuro-logici e clinici sono nella norma.

C’è però una differenza di pressionearteriosa: il cuore di una delle bam-bine lavora di più per mantenere l’e-quilibrio fisiologico degli organi dientrambe, compreso il loro cervello.

Unite ma diverse Ervina e Prefina sono unite per la regioneparietale e occipitale del cranio, ovveroun’ampia superficie della parte posterioredella testa che comprende la nuca. Hannoin comune ossa craniche e pelle; a livel-lo più profondo, condividono la falce e iltentorio (membrane fibrose che separano idue emisferi cerebrali e questi dal cervel-letto) insieme a gran parte del sistemavenoso (la rete di vasi deputata al trasporto

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Prima di procedere con le fasi chirurgiche,il complesso caso delle gemelline diBangui viene presentato e discusso anche alivello internazionale, a Nuova Delhi, inIndia, dove a febbraio 2019 si è tenuta laprima conferenza mondiale nel campodella chirurgia dei gemelli siamesi. Nella storia dell’Ospedale è il quartocaso di separazione di siamesi: nel 2017le gemelline algerine unite per il torace el’addome (gemelle toraco-onfalopaghe) ele piccole burundesi, unite per la zonasacrale (gemelle pigopaghe). Negli anni80, invece, la prima operazione del generesu due maschietti uniti sempre per il toracee l’addome.

I tre passi della separazioneLa grande sfida, per il buon esito dellaseparazione, è il sistema venoso cerebrale,la rete di vasi sanguigni che le gemellecondividono in più punti. La chirurgiasulle strutture venose del cervello è com-plessa e il rischio di emorragie e ischemieè elevato. L’équipe di Neurochirurgiadel Bambino Gesù decide di procedereper fasi: tre interventi delicatissimi perricostruire progressivamente due siste-mi venosi indipendenti, in grado di con-tenere il carico di sangue che viaggia dalcervello al cuore.

Il primo interventoNel maggio 2019 le gemelline entranoin sala operatoria per iniziare a dareforma alle nuove strutture venose

autonome: i neurochirurghi separanouna parte del tentorio e il primo dei dueseni trasversi in comune che sarannoassegnati a ciascuna delle bambine; poi,con materiali biocompatibili ricostruis-cono una membrana in grado di man-tenere divise le strutture cerebrali primadella separazione definitiva.

Il secondo interventoA giugno 2019 il secondo intervento.L’équipe, coadiuvata dal gruppo dianestesia, separa i seni sagittali superiori(la metà posteriore dei canali venosi checorrono tra i due emisferi cerebrali) e iltorculare di Erofilo, ovvero il punto di con-giunzione dei seni venosi del cervellodove confluisce tutto il sangue che va alcuore. È una fase cruciale: lo spazio oper-atorio è di pochi millimetri e i neu-rochirurghi procedono con la guida delneuronavigatore.

La separazione definitivaIl 5 giugno 2020, un anno dopo, è ilmomento della separazione definitiva. Lebambine sono cresciute, la nuova architet-tura delle vene si è consolidata e funziona;la porzione di pelle necessaria a coprire ilcranio di ciascuna delle piccole è stataampliata con gli espansori posizionatiqualche mese prima con una serie diinterventi di chirurgia plastica e si puòdare il via all’ultima fase. In sala opera-toria è pronta un’équipe di oltre 30 per-sone tra medici, chirurghi e infermieri.

Uno studio durato oltre un annoIl caso di Ervina e Prefina è difficilissimo.Per farle sopravvivere, da separate,bisogna studiare ogni aspetto, pianificareil minimo dettaglio.

Con questo obiettivo, si forma un gruppomultidisciplinare composto da neu-rochirurghi, anestesisti, neuroradiologi,chirurghi plastici, neuroriabilitatori, ingeg-neri, infermieri di differenti aree specialis-tiche e fisioterapisti. Viene coinvolto ilComitato Etico che condivide un percorsoterapeutico che possa dare a entrambe lebambine le stesse chance di qualità dellavita. Sulla base dell’esperienza maturatacon i precedenti casi di siamesi separaticon successo, l’équipe del Bambino Gesùmette a punto il programma. Nel corso dei mesi anche legemelline vengono preparate allaseparazione: con la neuroriabilitazioneraggiungono un livello di sviluppo cogni-tivo e motorio analogo a quello delle lorocoetanee; con l’ausilio di numerosi sistemiposturali, che le aiutano a trascorrere legiornate nella migliore posizione possibile,affrontano le complesse fasi del tratta-mento; con il sistema di specchiimparano a riconoscere il volto e leespressioni dell’altra e a stabilireuna relazione visiva.

PREPARAZIONEALLA SEPARAZIONE

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In sala operatoria sono stati utilizzati ipiù avanzati sistemi di neuronav-igazione, strumenti particolarmenteutili in casi così complessi e rari cheindicano al chirurgo, con precisionemillimetrica, la posizione delle strut-ture più delicate.

Il futuro di Ervina e PrefinaOggi le gemelline stanno bene. Pochigiorni di monitoraggio in terapia inten-siva e poi il ritorno in reparto, nellastanza con due lettini singoli.Il 29 giugno hanno festeggiato 2anni, guardandosi negli occhi emuovendo le manine, in braccio allamamma. Hanno superato operazioni difficilis-sime; le ferite impiegheranno deltempo a rimarginarsi; il rischio diinfezione resta presente. Proseguono il programma di neurori-abilitazione e per alcuni mesi dovran-no indossare un casco protettivo.Ma i controlli post-operatori indicanoche il cervello è integro. Il sistemaricreato funziona, il flusso di sangue siè adattato al nuovo percorso. Si trovano in una condizione che daràloro la possibilità di crescere regolar-mente sia dal punto di vista motorioche cognitivo, e di condurre una vitanormale.

Craniopagi totali posteriori:siamesi rari tra i rariLa nascita di una coppia di siamesi è unevento raro e, tra le varie tipologie, igemelli uniti per la testa (craniopagi) sonoi più rari: 1 su 2,5 milioni di nati vivi, 5casi ogni 100.000 gemelli, soprattuttofemmine. Nella letteratura scientifica sonodescritte solo poche decine di casi. Il craniopago è definito “parziale”quando il punto di contatto tra ledue teste è limitato alle ossa e allapelle, “totale” quando la fusionecoinvolge anche le strutture cere-brali e in particolare il sistemavenoso. Anche tra i craniopagi totali cisono differenze: i più “comuni” sono igemelli uniti per la sommità del capo(craniopagi verticali), più rari quelli unitiper la nuca (craniopagi posteriori).Secondo i dati disponibili, fino a pochianni fa il 40% dei craniopagi moriva allanascita. Per il restante 60% l’attesa di vitanon superava i 10 anni. Fino agli anni 60i tentativi di separazione dei craniopagitotali avevano un tasso di mortalità vicinoal 100%. Successivamente, con lo svilup-po tecnologico e con l’introduzione dellachirurgia per fasi, sono aumentate soprav-vivenza, attesa e qualità di vita. Negli ultimi 20 anni, in Europa, si hanotizia di due soli casi di craniopagi totaliseparati con successo: si tratta di due cop-pie di gemelli uniti per la sommità dellatesta (verticali) operati in più step aLondra. Nessun caso descritto in letteratu-ra, invece, con le caratteristiche dellegemelline di Bangui, ovvero craniopaghetotali unite per la nuca (posteriori).

L’intervento dura 18 ore: prima ven-gono rimossi gli espansori cutanei, poiviene separato il secondo seno trasverso eil relativo tentorio; vengono infine divisele ossa del cranio che tengono unite ledue bambine.

Una volta separate le gemelline,l’operazione prosegue in duediverse camere operatorie, con dueéquipe distinte, per ricostruire la mem-brana che riveste il cervello (dura madre),rimodellare le ossa della scatola cranica ericreare il rivestimento cutaneo.

Il ruolo della tecnologiaOgni fase del percorso delle gemelline èstata studiata e pianificata con l’ausiliodei sistemi di imaging avanzato disponi-bili in Ospedale: TAC e risonanze mag-netiche tridimensionali, angiografia 4D,software per la ricostruzione 3D, neu-rosimulatore. Con queste tecnologie,combinate tra loro, è stata ricreata in3D la scatola cranica delle bambinecon tutti i dettagli anatomici interni,compresa la rete vascolare.Contemporaneamente, è stato possibilevalutare la funzionalità delle singole strut-ture del cervello, quantificare il flusso san-guigno e fare una previsione di comeavrebbe funzionato il nuovo sistema dopogli interventi.

F I N E

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GINECOLOGIA

CONTRACCEZIONE SCEGLIERE IL METODO PIU’ ADATTO

Pillola anticoncezionaleLa pillola anticoncezionale è il meto-do forse più utilizzato; richiede l’as-sunzione quotidiana per un certonumero di giorni al mese (21,24,28)di una compressa per bocca. Questa compressa rilascia all’interno dell’or-ganismo due ormoni: un estrogeno ed unprogestinico. Il flusso mestruale si presen-terà mensilmente ma l’ovulazione saràimpedita garantendo così una efficacesicurezza anticoncezionale.

I metodi di controllo delle nascite sono statiutilizzati fin dai tempi antichi, ma metodiefficaci e sicuri si sono resi disponibili solonel XX secolo. Gregory Pincus e John Rock,con l'aiuto della Planned ParenthoodFederation of America, svilupparono laprima pillola anticoncezionale nel 1950,resa disponibile al pubblico nel 1960.

Tecniche contraccettive Il ginecologo rimane lo specialista di riferi-mento per le donne che vogliono effettuareuna scelta consapevole in merito alla pianifi-cazione delle gravidanze. La contraccezione genericamente intesa siavvale di diverse tecniche contraccettive far-macologiche e non farmacologiche.Quest’ultime si dividono in metodi naturali(calcolo dei giorni fertili, metodo Billings esilmili) di barriera (profilattico, diaframmavaginale) e metodi intrauterini (cosiddettaspirale o più correttamente dispositivointrauterino - IUD), mentre le prime tecnichefarmacologiche, comprendono sistemi checontengono sostanze attive farmacologica-mente (generalmente estradiolo,etinilestradiolo e derivati ad azione prog-estinica in combinazione varia tra loro).

Per effettuare una scelta oculata, person-alizzata ed efficace è quindi necessarioparlarne approfonditamente col proprioginecologo.Sarà opportuno effettuare la visitaginecologica per verificare lo stato disalute del sistema riproduttivo, even-tualmente, se necessario, il ginecolo-go consiglierà di effettuare esami dilaboratorio mirati ed il pap test.La scelta potrà ricadere su uno dei varimetodi tenendo conto dell’esigenze delladonna, della coppia, della facilità d’uso,del costo, delle indicazioni e fattori di ris-chio eventualmente presenti.

Dott. Rosalbino MantuanoGinecologo - Medicina Ravenna

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Lo IUD può essere tenuto nell’utero per unadurata diversa a seconda dei modellicomunque dai tre ai cinque anni.

Contraccettivo impiantabile Esiste in Italia anche uno strumentoContraccettivo Impiantabile nella cute del

braccio e di duratadi tre anni com-mercializzato colnome di“Nexplanon”. E’un piccolo sottile

serbatoio che rilascia ormoni progestinici eimpedisce così l’ovulazione e la gravidanza;viene inserito facilmente dal ginecologo e siestrae alla fine dei tre anni di uso.

Contraccezione d’emergenzaNei casi in cui non è stato possibile program-mare una corretta contraccezione e ci si trovanella condizione di aver avuto un rapporto a

Alcuni preparati prevedono l’assunzionedella pillola senza interruzione per tre cicli.In questo caso il flusso mestruale si presen-ta solo alla fine dell’assunzione del farmaco.

Cerotto e anello vaginaleI preparati ormonali possono essere assuntianche con l’apposizione cutanea di uncerotto per tre settimane e che va sostituitoogni sette giorni e con una sospensione diuna settimana ogni tre o tramite l’uso di unanello vaginale che agisce similmente allapillola ed al cerotto; l’anello flessibile vieneposizionato in vagina molto facilmente etenuto per 21 giorni. Alla fine dei ventunogiorni e dopo una settimana di pausa, si sos-tituisce, proprio come per il cerotto e per lapillola. Il cerotto e l’anello vaginale,rispetto alla pillola, evitano dimenticanzedi assunzione ed hanno un meccanismo diassorbimento da parte dell’organismo unpo’ diverso rispetto alla pillola. Questi siste-mi infatti saltano il primo passaggio epaticopoiché non vengono assunti per bocca.

Lo IUDLo IUD è un piccolo dispositivo di formageneralmente a T che viene inserito dalginecologo nella cavità uterina; puòessere dotato di un filamento di rameavvolto a spirale intorno all’asse o contenere

un piccolo serbatoiocon progestinici chevengono progressi-vamente e costante-mente liberati nellacavità uterina.

rischio di gravidanza è possibile in Italia se siè maggiorenni, ricorrere alla assunzione dellacosiddetta contraccezione d’emergenza.Consiste nella assunzione di una compressache può essere acquistata in farmacia. senzaricetta (per le minorenni è necessaria laricetta medica). Esistono due tipologie dicompresse: quella classica che ha uneffetto di circa 72 ore e una più recenteche ha effetto fino a 120 ore.Naturalmente l’efficacia è buona solo se

non è già avvenuta l’ovulazione per cui èsempre consigliato un consulto col proprioginecologo appena possibile.

La scelta contraccettiva è una deci-sione molto importante nella vita diuna coppia. Una scelta consapevole chetenga conto di tutte le implicazioni di ordinefisico, psicologico, economico deve sempreavvalersi della consulenza del ginecologoche orienterà la paziente verso il sistema piùaffidabile ed efficace. F I N E

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ALIMENTAZIONE

LA DIETACHETOGENICA

Dott.ssa Daniela VerduciFarmacista, consulente alimentare e ricercatriceindipendente di sani percorsi alimentari.E-Mail: [email protected]: OfficinaAlimentare

Il nostro tempo rappresenta un’epocadifficile da tanti punti di vista e sopratut-to per chi ha intenzione di mangiarebene e restare in forma. Ci sono tanti imput da seguire, dati nellemodalità più disparate, che spesso attin-gono a fonti non prorpiamente su misuraper tutti ed efficaci in egual misura dalpunto di vista nutrizionale.

La prima cosa che va detta molto impor-tante è che, se vogliamo intraprendereun regime alimentare nuovo per qualsi-asi motivo esso sia (dimagrimento,detox, problemi di salute), occorre riv-olgersi ad una persona esperta di ali-mentazione (il medico, il dietologo oun nutrizionista) che sicuramente sapràconsigliarci la strada migliore daintraprendere per modificare la nostradieta.

È certo che ognuno di noi ha un istintoprimordiale che lo porta a fare scelte ali-mentari opportune per il proprio statodi salute tali da optare per alcuni ali-menti piuttosto che per altri, ma spessoquesto istinto è condizionato da mode,false credenze e informazioni parzial-mente vere. Tra le tante diete propostedal web per il mantenimento dellaforma fisica troviamo in gran voga ladieta chetogenica, che consiste nell’in-troduzione di un regime low-carb dovegli zuccheri introdotti risultano esseredrasticamente ridimensionati.

È una strategia nutrizionale basata sulla riduzione dei carboidrati ali-mentari, che “obbliga” l’organismo a produrre autonomamente ilglucosio necessario alla sopravvivenza. Facciamo attenzione.

In pratica consiste in una dieta in cuisi ottiene una manipolazione delmetabolismo dei grassi utilizzati perottenere energia al posto degli zuc-cheri attraverso la formazione dicorpi chetonici che sono necessariper il nutrimento delle cellule.

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Attenzione, però, la chetosi è una con-dizione tossica perl’organismo (l’acetonedei bambini piccoli èproprio dato da unasituazione di questo tipocon l’alito caratteristico,

febbre e vomito) in cui si sovraccarica illavoro dei reni e l’organismo viene atrovarsi in acidosi metabolica.

Quando è indicataquesto tipo di dieta?Sicuramente un regime così drasticoprevede lo smobilitamento delle riserve digrasso e quindi per un breve periodo e/o incaso di obesità severa può essere funzionaleintraprendere questo tipo di percorso.

L’utilizzo dei grassi a fini energetici inoltrepuò avere aspetti interessanti che possonoportare a ridurre il rischio di diabete ofenomeni di infiammazione, sino a ridi-mensionare le crisi epilettiche. Il problema è che questa condizione puòessere sostenuta dall’organismo per unperiodo breve anche perché poi il rischiopiù grande a cui si può andare incontro èdato dal fatto che gli zuccheri (intesi anchecome cereali e frutta) vanno reintrodottinella dieta molto gradatamente al fine dievitare che il beneficio del dimagrimento siperda immediatamente.

Il fatto che la dieta chetogenica funzioni a pic-cole dosi può essere quindi un vantaggio perchi non vuole stare a dieta in eterno, dall’al-tra parte è però importante farsi consigliarebene ed evitare di arrivare a soluzioni “ fai date” che non fanno bene all’organismo.

ULTIMO CONSIGLIOFare appello alle proprie risorse interne, chesono in grado di valutare la cosa migliore pernoi in ogni istante della nostra vita.

Se è vero che una dieta ricca di car-boidrati rallenta il metabolismo e puòportare a sonnolenza durante il giorno(il piatto di pasta abbondante del pran-zo induce sicuramente sonnolenza post-prandiale), questa dieta mantiene piùattivi in termini energetici ed anchepiù svegli e operativi durante la gior-nata. Attenzione però a chi ha proble-mi di insonnia o a chi tendenzialmenteè un po’ inquieto.

F I N E

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INFETTIVOLOGIA

LE ZANZARELa conferma è arrivata da due esperimenti svolti in Italia.

La zanzara tigre e quella comune non sonoin grado di trasmettere Sars-Cov-2, il virusresponsabile di Covid-19. Se fino a qualche tempo fa era soloun’ipotesi, ora la comunità scientificapuò dirlo con certezza, grazie ai risultatidi uno studio condotto dall’Istitutosuperiore di sanità (Iss) e dall’Istitutozooprofilattico sperimentale delleVenezie (IzsVe), che in due esperimentiindipendenti hanno escluso la capacitàdi trasmettere il patogeno delle duespecie di zanzare.

di Fabio Lironzi Fabrizio Montarsi, biologo del Laboratoriodi parassitologia dell’IzsVe e coautore dellostudio, ha dichiarato: «L’esperimento è natoper rispondere ad una questione che si sta-vano ponendo in molti l’arrivo dei mesi piùcaldi, e cioè se le zanzare fossero coinvoltenella trasmissione del nuovo coronavirus. Dicomune accordo con l’Istituto superiore disanità abbiamo effettuato due esperimentiindipendenti, nelle rispettive sedi, seguendo lostesso protocollo in modo da poter compara-re agevolmente i risultati».

L’esperimentoGli scienziati hanno selezionato un centi-naio di zanzare di allevamento e le hanno

divise in due gruppi, di cui uno di con-trollo. Al primo gruppo di insetti è statofatto mangiare del sangue infettatocon Sars-Cov-2, mentre il gruppo dicontrollo è stato alimentato consangue non infetto.Analizzando gli insetti dei due gruppi,sarebbe stato possibile capire se il virusavesse qualche effetto nocivo sulla salutedelle zanzare. Tutto è avvenuto in laboratori di massimasicurezza, attrezzati per manipolare ilvirus. In seguito le zanzare sono state sop-presse e analizzate a diversi giorni di dis-tanza dal pasto di sangue.

NON TRASMETTONO IL CORONAVIRUS

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passano ad un nuovo ospite tramite lapuntura. Sars-Cov-2, invece, non riesce asuperare questa barriera e resta confinatonell’intestino, fino a scomparire del tutto adigestione ultimata».

Viceversa, altri virus ed altri patogenihanno la capacità di superare la barrieraintestinale durante la digestione e di dif-fondersi in tutto il corpo, raggiungendoanche le ghiandole salivari, da cui poi

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«Il loro tempo di digestione è dell’ordine deigiorni, e l’insetto non punge finché non hadigerito completamente il pasto precedente– ha spiegato lo scienziato - Perciò abbiamocercato di capire se, dopo la digestione, ci fos-sero ancora tracce di virus negli insetti. E LA RISPOSTA, PER FORTUNA, ÈNEGATIVA: IL VIRUS NON RIESCEMAI A USCIRE DALL’APPARATODIGERENTE DELL’INSETTO, CHE PER-TANTO NON PUÒ TRASMETTERLOCON LE PUNTURE SUCCESSIVE».

I risultatiEntrambi gli esperimenti hanno datorisultati comparabili: ciò conforta ancoradi più la loro fondatezza. A questo punto viene spontaneochiedersi come mai alcuni patogeni(oltre a virus, ci sono i batteri e i proto-zoi, come nel caso della malaria) sianotrasmessi dalle zanzare e altri no: «È unaquestione di adattamenti evolutivi - haspiegato Montorsi - I coronavirus, cosìcome il virus dell’influenza, si sono evo-luti per trasmettersi attraverso aerosol.

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RICERCA

UNO SCOTCH

Un nastro adesivo al posto dei puntidi sutura. È quanto stanno studiando al Mitdi Boston, dove hanno messo a punto unaspecie di scotch per riparare gli organi erichiudere le ferite gravi. I ricercatori ameri-cani si sono ispirati alle trame delle ragnateleper ottenere il nastro adesivo ideale per gliorgnai umani: sembra essere resistente efacile da mettere e togliere. Dopo anni di sperimentazioni, i primi risulta-ti favorevoli sono stati descritti in uno studiopubblicato sulla rivista Pnas.

C’è voluto tempo perché ricreare qualcosache si potesse attaccare ai tessuti interni delcorpo umano, come si può ben compren-dere, non è affatto semplice. Sono superficiumide, spesso ricoperte da sottili strati piùacquosi, che rendono molto difficile l'ade-sione di un banale cerotto.

Lo stanno sperimentando al Mit di Boston. Andrebbe a sostituire ipunti di sutura nelle operazioni chirurgiche. Sembra funzionare.

di Tiziano Zaccaria

PER RIPARARE GLI ORGANI

I ricercatori si sono così affidati alle abilitàingegneristiche dei ragni: basta pensareche i fili di una ragnatela restano incollati traloro anche quando piove o è molto umido.

La soluzione, quindi, era quella diricreare un reticolo simile ad unaragnatela. Gli scienziati del Mit lo hannofatto utilizzando l'acido poliacrilico, uncomposto in grado di assorbire velocemen-te le molecole d'acqua presenti sulle super-fici sulle quali viene applicato. In gergo tecnico si dice igroscopico. Acompletare l'intreccio si sono utilizzati alcolpolivinilico e l'NHS (N-idrossisuccinimmi-de), che serve per formare legami con gliatomi di azoto e idrogeno presenti nei tes-suti dei quali sono costituiti gli organiumani. Ecco perché è sufficiente una leg-gera pressione, della durata di 5 secondi,per farlo aderire alle superfici umide.

LA SOLUZIONE

COME FUNZIONA IL BIOADESIVO

Si applicacon leggerapressione

Applicazionedella soluzione

per la rimozione

RimozioneBioadesivo

<5 minutiper la

rimozione

<5 secondiadesione istantanea

resistente anchesul’umido

Acqua

Tessuto

Hyunwoo Yuk, ricercatore del dipartimen-to di Ingegneria meccanica del Mit e coau-tore dello studio, ha commentato così: «È unsistema diverso dagli adesivi usati oggi, dovel’effetto è ottenuto grazie alla solidificazione deicollanti. E funziona». Dopo una prima spe-rimentazione con risultati positivi su topie maiali, ora dovrebbe iniziare quellasugli esseri umani. Ci vorranno almeno unpaio d’anni per capire se veramente questonuovo strumento, destinato ai chirurghi,potrebbe rivelarsi più sicuro ed efficace delclassico ago e filo, non sempre in grado diassicurare chiusure perfette.

ConclusioniOgni anno sul pianeta si effettuano 230 milio-ni di operazioni chirurgiche importanti, moltedelle quali richiedono suture per chiudere laferita, che possono procurare stress ai tessuti ecausare infezioni, dolore e cicatrici. Questoapproccio totalmente differente potrebbe quin-di cambiare la storia della chirurgia. F I N E

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OCULISTICA

ALIMENTAZIONEE SALUTE

DEGLI OCCHIQuesto frutto tropicale è ricco di un grassomonoinsaturo l’acido oleico, implicato nelmantenimento e benessere del nostrocorpo e dell’apparato visivo.La concentrazione di carotenoidi (luteina,betacarotene, neoxantina, e altri), flavonoi-di, omega 3, nell’avocado, lo rendeprezioso per i nostri occhi. La luteina, in par-ticolare, e il suo isomero, la zeaxantina,sono gli unici due che attraversano la barri-era emato-retinica per formare un pigmen-to maculare nella retina (struttura neuro-sensoriale dell’occhio).

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In particolare l’acido linoleico, l’acido ole-ico, i polifenoli, l’omega 3, la Vitamina E, Ae D e alcuni carotenoidi hanno un ruoloprotettivo nei confronti di alcune patologieoculari connesse all’invecchiamento, primafra tutte la Degenerazione Maculare Senile(patologia oculare che colpisce la parte cen-trale della retina, la macula, e che è unadelle più comuni cause di cecità).Altro importantissimo alimento chesvolge un ruolo simile anti-invecchia-mento e anti-stress per i nostri occhi, èl’avocado.

L’alimentazione sana influenza positivamentela salute del nostro corpo e anche dei nostriocchi. In questo articolo, tratteremo alcunidegli alimenti in grado di aiutare la funzion-alità di tale organo.

Primo fra tutti l’olio extravergine di oliva(EVO) che aiuta a prevenire alcune patolo-gie oculari connesse all’invecchiamento.Le proprietà antiossidanti dell’olio

extravergine di oliva,legate alla presenzadi tocofenoli,carotenoidi e com-posti fenolici, rapp-resentano un verotoccasana per i nos-tri occhi. Assunto

nelle giuste quantità e soprattutto se con-sumato a crudo, evitando così l’alterazionee la produzione dei radicali liberi, è fonda-mentale per il nostro organismo e la salutedei nostri occhi.

»S E G U E

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Inoltre, secondo gli ultimi studi scientifici,anche la Vitamina A (contenuta anch’essanella avocado) gioca un ruolo importante:è infatti fondamentale per il manteni-mento dell’idratazione oculare. Un carenzadi tale vitamina infatti è responsabile di unagrave forma di occhio secco, un disordinedella superficie oculare. Esso è causato da defi-cienza nella qualità e quantità delle lacrime ed

Come dimostrato da molteplici studi scientifi-ci, la luteina svolge un ruolo cardine nellafunzione visiva e cognitiva per tutta la duratadella vita. Luteina e zeaxantina si accu-mulano selettivamente nella partecentrale della retina e sono in grado dirallentare la progressione dellaDegenerazione Maculare Senile.

è associato a infiammazione, discomfort ocu-lare e disturbi visivi. Continuiamo la nostrarassegna con ilPomodoro anche essofonte di antiossidanti,carotenoidi vitaminaE, A, minerali, fibre e licopene, per tale moti-vo sempre più ricerche scientifiche ne appro-fondiscono gli effetti nel nostro corpo.

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F I N E

LE SPEZIE

In particolare il licopene è un potenteantiossidante e antitumorale. NellaDegenerazione Maculare legata all’età, si èstudiato che la progressione di questapatologia può essere prevenuta attraversol’anti-infiammazione e l’anti-ossidazionenelle cellule della retina, per cui il licopenecon le sue proprietà potrebbe ridurre ildanno cellulare in tale patologia.

A tale proposito l’ OMS promuoveun consumo di circa 400 g di fruttae verdura al die per il loro contenutodi antiossidanti. L’assunzione dilicopene, nello specifico, dovrebbeaggirarsi dai 5 ai 7 mg.

Anche le zucchine hanno un ruolo simileper la loro concentrazione in carotenoidi(beta-carotene,luteina, zeaxantina), essendopigmenti che influenzano la funzione visiva,

potrebbero ral-lentare la pro-gressione dialcune patologieoculari come la

Degenerazione Maculare Senile.Altro importantissimo capitolo è rappresen-

tato dagli Agrumi,ricchi di vitaminerappresentano unavera e propria dife-

sa naturale contro le malattie, supportandovarie funzioni cellulari del sistema immuni-tario innato e adattativo.

Inoltre, proteggono anche dallo stressossidativo ambientale.Gli essere umani sono incapaci di sinte-tizzare la Vitamina C per cui è fonda-mentale assumerla con la dieta medi-ante frutta e verdura.Per la salute degli occhi, gli agrumi giocanoun ruolo importantissimo grazie all’azioneantiossidante della vitamina C, aiutano, quin-di, a proteggere l’apparato visivo dallepatologie legate all’età (come laDegenerazione Maculare senile). Importanteanche la concentrazione di Vitamina A negliagrumi, che aiuta a proteggere laRetina. Grazie alla Vitamina A, infatti, ifotorecettori della Retina, emettono il segnaleelettrico permettendo la visione.Salmone e pesce azzurro, altri importan-tissimi alimenti, aiutano a ridurre lo stressoculare prevenendo il progressivo deficitvisivo dovuto all’invecchiamento e migliora-

no la pro-duzione dilacrime. Questecapacità sonoda annoverare

alla concentrazione di un carotenoide (astax-antina) potente antiossidante e anti-infi-ammatorio e alla concentrazione di Omega3 (grassi polinsaturi essenziali). Nello specifi-co, i costituenti del Salmone, stimolerebberoalcune cellule dell’apparato visivo renden-dole più abili a superare lo stress, ad esem-pio dovuto ad una riduzione del flusso san-guigno a carico di questo organo.

Il consumo regolare degli Omega 3aiuta a favorire la produzione di lacrime,rendendole sia più abbondanti sia qualitati-vamente migliori, riducendone la evapo-razione ( di grossa utilità nella Sindromedell’occhio secco).

Continuiamo con le Spezie che aiutano acombattere l’invecchiamento cellulare e aiu-tano a mantenere il nostro benessere psico-fisico. Fondamentale è la loro naturaanti-ossidante che le rende potenti stru-menti per combattere l’invecchiamento cellu-lare. Tra le piùconosciute eimportanti trovi-amo il peperon-cino (ricco di vita-mina C), la curcuma (potente antiossi-dante), lo zenzero (potente stimolante delsistema immunitario), lo zafferano, etc l’elen-co è lunghissimo. Un occhio particolare allo

Zafferano chesecondo alcunistudi scientifici,integrato giornal-mente nella nostra

dieta, può indurre beneficio sulla funzionevisiva nei pazienti affetti da DegenerazioneMaculare senile.

Nutrirsi bene significa rispettare il nos-tro organismo e proteggerlo contro idanni legati all’età e non solo.

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REUMATOLOGIA

ARTRITE REUMATOIDE

Questa rivelazione inaugura un nuovo filone di ricerca e potrebbe apri-re la strada ad una cura definitiva.

SCOPERTI I MACROFAGI “POMPIERI”

Femore

Tibia

Infiammazionee gonfiore

Rotula

Aumento del liquidosinoviale

Ispessimentodella capsulasinoviale

di Fabio Lironzi

L’artrite reumatoide è la più comune e lapiù grave malattia infiammatoria cronicadelle articolazioni. Da qualche anno i pazi-enti dispongono, oltre agli antinfiamma-tori tradizionali, anche di terapie potenti,dai farmaci biologici, ai più moderni far-maci di sintesi, che tuttavia non rappresen-tano la cura definitiva ed ai quali nonrisponde ancora il 40% circa dei pazienticon la malattia in forma grave. Molte persone vanno in remissione graziealle terapie, ma mancano biomarcatoriaffidabili che consentano di stabilire qualesia il momento migliore per scalare osospendere questi farmaci.

A tutto ciò potrà forse rispondere uno stu-dio italo-britannico pubblicato su NatureMedicine. La ricerca, frutto del lavoro deiricercatori della UOC di Reumatologia dellaFondazione Policlinico UniversitarioAgostino Gemelli IRCCS e dell’UniversitàCattolica del Sacro Cuore, campus di Roma,in collaborazione con l’Università diGlasgow e con il consorzio britannico RACE(Research into Inflammatory ArthritisCentre “Versus Arthritis”), ha puntato i riflet-tori sul ruolo dei macrofagi, cellule resi-denti nel tessuto articolare che svolgo-no un ruolo fondamentale nel regolarel’infiammazione in tutte le fasi dimalattia.

LA RICERCA

Il ruolo della sinoviaLa sinovia è una sorta di cellophan cheriveste tutte le articolazioni, tutt’altro cheinerte.

Una ricerca durata quattro anni haconsentito di scoprire che nelle arti-colazioni dei pazienti si svolge unalotta tra macrofagi “piromani” (quel-li che scatenano l’infiammazione) emacrofagi “pompieri” (quelli chegettano acqua sul fuoco). Riuscire adallearsi farmacologicamente con i macrofa-gi “pompieri”, individuati per la prima voltaproprio da questo studio, potrebbe consen-tire la remissione dell’artrite reumatoide e,forse, aprire la strada a una cura definitivaper questa condizione invalidante.

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Nei pazienti con gravi forme di artrite, infat-ti, brulica di cellule infiammatorie, che pro-ducono sostanze “corrosive” per l’osso,responsabili del danno strutturale a lungotermine. È qui che i ricercatori hanno indi-viduato i macrofagi “piromani”, cellule chearrivano dal sangue circolante nell’artico-lazione, dove scatenano l’infiammazione chela danneggia gravemente insieme all’osso

circostante. Nei pazienti che vanno in remis-sione grazie alla terapia, i macrofagi “piro-mani” vengono sostituiti da quelli “pom-pieri”, che prendono il sopravvento, spen-gono l’infiammazione e istruiscono unaserie di operai specializzati (i fibroblasti dellasinovia) a riparare la membrana sinovialedanneggiata dalla malattia. “Nessuno avevamai studiato prima la fase di risoluzione dell’ar-

trite – spiega il dottor Stefano Alivernini,reumatologo, primo autore dello studio –perché ci si concentrava sulle fasi acute dellamalattia. Fino a qualche tempo fa, inoltre,il tessuto sinoviale veniva studiato nellasua globalità; adesso, attraverso la tec-nica del single cell, è possibile analiz-zarne le singole componenti cellulariindividualmente. »S E G U E

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va aumenta di 16 volte. Finora, nella deci-sione se scalare o sospendere la terapia nelpaziente in remissione, ci si basava su cri-teri clinici, eventualmente corredati daun’ecografia articolare o da esami di labo-ratorio. Ma questo studio sulle biopsiesinoviali apre nuovi orizzonti soprattuttonell’ambito della medicina personalizzata”.“La scoperta dei macrofagi “pompieri” –commenta la professoressa Elisa Gremese,coautrice senior dello studio – apre nuoveopportunità nel trattamento dell’artritereumatoide e fa fare un passo avanti verso lamedicina di precisione e personalizzata.

Noi ci siamo concentrati sui macrofagi, le cel-lule che insieme ai fibroblasti sono i normaliresidenti della sinovia e sono le prime celluleinteressate nei processi infiammatori, chepossiedono un armamentario di citochinepro-infiammatorie (le “bombe Molotov” del-l’infiammazione), prodotte in corso di artrite.Con la tecnica del single cell, abbiamo studi-ato come si modificano le popolazioni dimacrofagi nel corso della malattia, dallaforma attiva alla remissione”.

In piena infiammazione, nel tessutosinoviale predominano i macrofagiMerTK negativi (i “piromani”), mentrein fase di remissione predominano imacrofagi “pompieri”, in grado di speg-nere l’infiammazione. I pazienti cherestano in remissione alla sospensionedella terapia, sono quelli con il maggiornumero di cellule MerTK positive. Alcontrario i pazienti che recidivano, hannoun alto numero di cellule MerTK negative.

Nuovi orizzonti nella medicina personalizzata“Con questa analisi abbiamo stabilito chese nella sinovia dei pazienti in remissioneclinica la percentuale dei macrofagi ‘pom-pieri’ è inferiore al 50% del totale, il ris-chio di avere una recidiva alla sospensionedel farmaco aumenta di 13 volte –aggiunge il dottor Stefano Alivernini - Se ilrapporto tra macrofagi MerTK positivi eMerTK negativi è inferiore a 2,5 volte, allasospensione del farmaco il rischio di recidi-

Riteniamo che nei pazienti con artritereumatoide, la biopsia sinoviale vadaproposta non solo all’inizio del tratta-mento, ma anche in fase di remissione,in quanto si associa ad un’elevata capacitàprognostica nei pazienti che sospendono il far-maco. La “firma” del tessuto sinoviale in remis-sione profonda, quello che più si avvicina allanormalità, è la chiave per studiare qualipotrebbero essere dei nuovi target terapeutici.

LA TECNOLOGIA SINGLE CELL ci ha con-sentito di identificare alcune sottopopolazionidi macrofagi legate alla resistenza al tratta-mento e altre, collegate alla remissionesostenuta che, se potenziate, potrebbero agirecome regolatori antinfiammatori in questamalattia purtroppo debilitante”.

»

F I N E

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I NOSTRI AMICI ANIMALI

RICCI

Dott. Massimo Vacchetta - VeterinarioFondatore e coordinatore del centro “La Ninna”per la cura e riabilitazione del riccio - Novello (CN)

D’AMARE

Ha un aspetto buffo e simpatico, un delizio-so musetto appuntito, un corpicino tozzo aforma di pera. È facile intenerirsi davanti adun riccio. Conosciamo meglio questo ani-maletto diffuso nelle nostre campagne e,sempre più, nelle aree suburbane, nei par-chi cittadini e lungo i bordi delle strade.

Conosciamo meglio questi animaletti importanti peri nostri ecosistemi. Come comportarsi quando se neincontra uno.

Cosa fare se si trova un riccio ferito?È necessario affidarlo alle cure del più vici-no Cras (Centro recupero animali selvatici).

L’elenco nazionale dei Cras si trova su

WWW.RECUPEROSELVATICI.IT/ELENCO.HTM

Nel frattempo possiamo metterlo in unascatola con una ciotola d’acqua e un pannocaldo, lasciandolo tranquillo in un luogobuio, senza fornirgli alcun alimento.

Cosa fare quando se ne incontra uno?Il riccio è un animale notturno, per cui vasoccorso soltanto se lo troviamo in pienogiorno, all’aperto, fermo e debole, mag-ari ferito, con tracce di sangue sul corpo.Se ne vediamo uno appallottolato sul cigliodi una strada, sarebbe opportuno fermarsi everificare se è ferito, facendo naturalmenteattenzione a non farsi investire. Se invece nonha tracce di sangue ed è solo spaventato, vapreso delicatamente con un paio di guanti eportato in un luogo verde un po’ lontanodalla strada. Se troviamo un riccio intrappo-lato dentro una botola va soccorso. Potrebbeessere lì da tempo, deperito e disidratato.

Si può tenere un riccio in casa,come animale da compagnia?No. Il riccio nostrano (europeo) è unaspecie protetta dalle leggi italiane: nonsi può cacciare, né detenere in cattività.Perciò, quando se ne trova uno ferito,va sempre consegnato ad un Centrorecupero animali selvatici. Da evitareassolutamente le cure “fai da te”.In commercio esistono dei ricci africani,venduti come animali esotici. È legaledetenerli in cattività, ma consiglio di farnea meno. »S E G U E

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» Se ad un riccio piace vivere nel mio giardino?In effetti i ricci possono trovare in un gia-rdino un ambiente favorevole nel quale“accasarsi”.

L’Associazione gestisce lo spazio culturale STARE INSIEME- Via Carducci, 14 presso Città@ttiva -

un importante punto di riferimento per le donne straniere presenti a Ravenna, per tante “assistenti familiari”, per tutti i cittadini.

Uno spazio dove è possibile incontrarsi, organizzare feste e ricorrenze ma anche capire come affrontare e risolvere i problemi legati

al mondo lavorativo ed ai rapporti sociali.

Organizza incontri di “formAzione” breve per le assistenti familiari, tutto questo a beneficio non solo delle singole operatrici

ma anche degli assistiti e delle loro famiglie.

L’associazione è apartitica, non confessionale e non ha fini di lucro. Il suo principale obiettivoè quello di valorizzare le culture e di favorire lo scambio e l’integrazione culturale.

è nata nel 2003 e si è data, fin da subito, il fine dell’accoglienza dei cittadini stranieri(soprattutto le DONNE) indipendentemente dalla religione, dalla provenienza, dallo status sociale.

L’Associazione Rumeno-Moldava Romania Mare

Per agevolarli, è necessario tenerel’area verde il più naturale possibile:non usare diserbanti, lasciare l’erba unpo’ alta, fare delle piccole aperture nellarecinzione, predisporre un cumulo difoglie e ramagli o un piccola catasta dilegno, in modo che il riccio possa trasfor-marli in un nascondiglio in cui rifugiarsi

durante il giorno.Occorre poi nonfargli mancareuna ciotola bassadi acqua pulita.

In ogni caso, va lasciato libero dimuoversi come meglio crede.

Possiamo dargli del cibo?Si possono lasciare delle crocchette per igatti: le apprezza. Evitiamo invece di som-ministrargli il cibo delle nostre tavole.

IMPORTANTE Non diamogli maidel pane e del latte e suoi derivati: il lattosiogli provoca forti diarree e può portarlo allamorte. Da evitare anche i salumi, le man-dorle e le nocciole, che gli sono tossiche.

SE AVETE UN PO’ DI TEMPO DA DEDI-CARE A QUESTE CREATURE, MEGLIOFARE DEL VOLONTARIATO IN UNCENTRO DI RECUPERO, DOVE C’ÈSEMPRE BISOGNO DI UNA MANO.

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Perché è utile?È un animaletto “ecologico”, essendoprincipalmente insettivoro. Si nutre di lombrichi, grilli, scarafaggi,lumache, formiche, ragni, millepiedi epiccoli parassiti dannosi alle piante ealle coltivazioni. A volte mangia ancheuova di uccelli.

Che differenza c’è con l’istrice e il porcospino?Ricci ed istrici vengono spesso confusi,ma appartengono a famiglie diverse.L’istrice è molto più grande, può rag-giungere una lunghezza di 60 centimetried un peso di 15 chili. Inoltre gli aculeidell’istrice sono disposti diversamenterispetto a quelli del riccio.

Il termine “porcospino” è semplicementeun sinonimo con il quale si indica a voltel’istrice, a volte lo stesso riccio.

Se abbiamo un cane o gatto?Con il gatto nessun problema: ricci e mici nonsi temono, anzi tendono a stabilire un rappor-to di pacifica convivenza. Il cane, invece,potrebbe non gradire la sua presenza: è con-sigliabile tenerlo chiuso in casa di notte, quan-do il riccio esce dal proprio nascondiglio.

Cos’altro sapere del riccio?• È un mammifero lungo circa 25 centimetrie pesante quasi un chilo.• Ha un olfatto e un udito potenti, mauna vista scarsa.• Sul corpo è protetto da circa 6000 aculei(sono peli ricoperti di cheratina) che cambianodi colore a seconda della stagione: in autunnoe inverno sono marroni scuro, in primavera edestate diventano più chiari.• È un animale notturno. Di giorno riposa,dormendo anche dodici ore filate, nascosto inuna tana ricavata fra rami e foglie. Durante lanotte esce alla ricerca di cibo.• Il riccio ha abitudini solitarie: in genere evitai contatti con i suoi conspecifici.• Da ottobre ad aprile, è solito caderein letargo: si ritira nella sua tana, si raggomi-tola e dorme quasi ininterrottamente.• Molti ricci vivono ormai negli ambi-enti suburbani delle città, nelle zone resi-denziali e nei parchi cittadini, perché in moltecampagne, a causa dei pesticidi, non trovanopiù un habitat ideale.

A NOVELLO (CUNEO) UN CENTRO UNICO IN ITALIAIl centro “La Ninna” è un piccoloospedale per la cura e la riabili-tazione del riccio situato a Novello(Cuneo), nel cuore delle Langhe, inPiemonte. La struttura, gestita dalveterinario Massimo Vacchettaassieme ad un gruppo di appas-sionati volontari, offre un’assisten-za medica 24 ore al giorno, 7giorni alla settimana Al centrovivono oltre 200 ricci, alcuni dis-abili non autosufficienti, bisognosidi cure continue.

INFO 337.352301

Il veterinario piemontese Massimo Vacchettaè autore di tre libri sui ricci, tutti best seller. Ilprimo è stato “25 grammi di felicità”, in cuiracconta l’amicizia conuna piccola riccia orfana,trovata sul ciglio di unastrada, che ha chiamatoNinna. Il pianto disperatoe continuo di questa crea-turina di 25 grammi,affamata, infreddolita ed impaurita, ha scalfi-to la corazza di abitudini ed apatia diMassimo, dandogli un nuovo scopo nellavita: creare a Novello un Centro di recuperoper aiutare i ricci in difficoltà e feriti. Però Ninna è anche un animale selvatico e hainiziato a reclamare la sua libertà. Così, una

volta cresciuta, Massimol’ha lasciata libera: «Non èstato facile, ma dovevofarlo. Ho pianto quando l’hovista sparire in mezzo alverde». Il secondo libro

scritto da Vacchetta è “Cuore di riccio”, in cuiracconta altre storie com-moventi dei ricci disabiliportati al Centro diNovello. Infine, l’ultimasua fatica editoriale è“Ninna un piccolo ricciocon un grande cuore”.

PICCOLE STORIE COMMOVENTI DI RICCI

ISTRICE

F I N E

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Dott. Andrea Costa - Laurea in tecniche audioprotesiche

Dott. Ugo Cimberle - Studio Oculistico Dal Fiume-CimberleRavenna - E-mail: [email protected]

Dott. Andrea DreiPronto Soccorso Medicina d’Urgenza

Ospedale di Faenza - E-mail: [email protected]

Paola Ferrari - Medico Veterinario della Società ScientificaItaliana di Medicina Veterinaria PreventivaEmail: [email protected]

Dott.ssa Alice Finazzer - www.ambulatoriozama.it

Dott. Andrea Flamigni - Specialista Idrologia MedicaDirezione Sanitaria Terme di RIOLO

Dott.ssa Alessia FronteMedico Veterinario - E-mail: [email protected]

Dott. Battista Galli - Medico Veterinariowww.clinicaveterinariacmv.it

Dott. Emanuele GiordanoDirettore Sanitario Centro Veterinario Riminese

Valentina Giorgi - D.O.D.O.P. - Specialista in riabilitazione

neurologica infantile c/o Madicina Ravenna, via Porto Coriandro, 7

Dott. Valerio NobiliResponsabile di Malattie Epato-MetabolicheOspedale Pediatrico Bambino Gesù - Roma

Dott. Roberto Nonni Direttore Sanitario

San Pier Damiano Hospital - Faenza - E-mail: [email protected]

Dott. Gianfranco NieddaOtorinolaringoiatra

E-mail: [email protected]

Dott. Aladar Bruno IanesDirettore medico di Korian Italia - www.korian.it

Dott. Stefano Palo - Medico Chirurgo Specialistain Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica

Cell: 393.4825681 - E-mail: [email protected]

Dott. Massimiliano Perrone - Medico Chirurgo Oculista Direttore

Sanitario Poliambulatorio Privato DSC - Bologna Tel. 051.242588

E-mail: [email protected]

Dott.ssa Anna Pasi - Medico Specialista in ginecologiae ostetricia c/o Studio Medico DonnaSiCura

Ravenna - Tel. [email protected]

Dott.ssa Simonetta SantisiFisioterapista c/o Studio Medico DonnaSiCura

Ravenna - Tel. [email protected]

Dott. Francesco GiambelliSpecialista in Ginecologia e Ostetricia

Unità Operativa di Ginecologia e OstetriciaPresidio Ospedaliero di Ravenna

Dott. Mauro StronatiPresidente S.I.N.

Società Italiana Neonatologia

Dott.ssa Sara VignoliFisioterapista - Studio MedicoVia Anastagi, 2 - Ravenna -

Cell. 333.3537612 - [email protected]

Dott. Giovanni LughezzaniUrologo - Humanitas

Dott.ssa Daniela Verduci - Farmacista, consulente alimentare e ricercatrice indipendente di sani

percorsi alimentari. E-Mail: [email protected]

Dott.ssa Maria Nives VisaniFarmacista - Naturopata -

E-mail: [email protected]

Dott. Massimo VincenziDietologo e gastroenterologo - Faenza

Dott. Alfonso ZaccariaEx Direttore Dipartimento Oncologia

ed Ematologia Azienda USL di Ravenna

Prof. Silvio DaneseResponsabile Centro Malattie InfiammatorieCroniche Intestinali di Humanitas - Milano

Prof. Franco LocatelliDirettore del Dipartimento di Onco-Ematologia,

Terapia Cellulare e Genica Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma

Viola TofaniAssociazione Luca Coscioni

www.associazionelucacoscioni.it

Prof. Antonio CostanzoResponsabile di Dermatologia di Humanitas

Dott.ssa Giselle CavallariPsicologa e psicoterapeuta RogersianaPsicoterapia del benessere Emozionale

Dott.ssa Patrizia BenvenutiMedico di Base - Ravenna - Via Berlinguer, 36

Dott. Roberto CerianiResponsabile della Sezione Day Hospital Epatologico ed

Epatologia Interventistica in Humanitas

Nando TessitoreEducatore cinofilo comportamentalista

Allevamento “Delle Code Allegre” Fossalto - Campobasso

Dott. Renato CuteraResponsabile Unità di Bronco-Pneumologia

Ospedale Bambino Gesù - Roma

Prof. Antonino Di PietroMedico-Dermatologo - Presidente fondatore Isplad,

società internazionale di dermatologia plastica, rigenerativa e oncologica. Direttore Istituto Dermoclinico Vita Cutis - Milano

Prof. Nicola SpecchioResponsabile di Epilessie rare e complesse

del Bambino Gesù di Roma

Dott.ssa Beatrice SalvioliGastroenterologa di Humanitas - Milano

Dott. Filippo OngaroProfessore presso l’Università di Bologna Medico Chirurgo -

Direttore scientifico di Medicina Rigenerativa e Antiaging (Ismerian) - Treviso

Prof. Giuseppe BarillaroDipartimento di Ingegneria dell’Informazione

dell’Università di Pisa

Dott. Alessandro RepiciResponsabile Endoscopia Digestiva - Humanitas Milano

Prof. Riccardo PolosaDirettore Centro di Ricerca del Danno da FumoDipartimento Medicina Clinica e Sperimentale

dell’Università di Catania [email protected]

Davide AcitoFondatore di Action Project Animal

Dott.ssa. Laide AntonioniPsicologa scpecializzata in terapia psicomotoriae Psicoterapeuta a orientamento psicodinamico

presso Centro Psicopedagogico Dorantea Ravenna - Cell. 339.4950100

Dott. Giuliano MontaltoClinica Veterinaria S. Gaetanino Circ. San Gaetanino, 203/205Ravenna Tel. 0544.456328

Dott. Pier Andrea Della CameraUrologo - Ospedale Careggi di Firenze

E-mail: [email protected]

Dott.ssa. Michela MancinelliBiologa Nutrizionista - Ravenna

Dott. Vincenzo TulloNeurologo e Responsabile dell’ambulatorio

sulle cefalee di Humanitas

Dott. Francesco PurrelloPresidente della Società Italiana di Diabetologia

Dott. Ennio DragoniSpecialista in urologia presso

Policlinico S.Orsola Malpighi - BolognaE-Mail: [email protected]

Tel Tel. 051.2142514

Dott.ssa Serena De SimonePsicologa e psicoterapeuta - Roma

E-mail: [email protected]

Dott. Pietro QuerzaniDirettore Unità Operativa di Neurologia - Ravenna

AUSL della Romagna

Dott. Andrea BaldisserriMedico-Chirurgo specialistain otorinolaringoiatriaE-mail: [email protected]

Ti piacerebbe vedere pubblicato un articolo firmato con il tuonome? Stiamo ricercando collaboratori motivatied interessati a scrivere per SALUTE 10+.Contattaci allo 0544.501950 oppure scrivi a [email protected]

Dott.ssa Daniela VerduciFarmacista, consulente alimentare e ricercatriceindipendente di sani percorsi alimentari.E-Mail: [email protected]

Dott. Remo Fulvio GavazzoniSpecialista dermatologo dell’Istituto Clinico Città di Brescia

Prof. Carlo Efisio MarrasResponsabile U.O.C di NeurochirurgiaOspedale Pediatrico Bambino Gesù - Roma

Dott. Rosalbino MantuanoGinecologo - Medicina Ravenna

Dott.ssa Margherita D’AmatoMedico Chirurgo Oculista - Riceve per appuntamento:- Studio: Piazza della Resistenza, 3 Alfonsine (RA)Medical Center Ravenna (RA) E-mail: [email protected]

Dott. Massimo Vacchetta - VeterinarioFondatore e coordinatore del centro “La Ninna”per la cura e riabilitazione del riccio - Novello (CN)

Dott.ssa Martina GozzaDietista - Humanitaswww.humanitas.it

Dott. Francesco LevadaMedico Selezionatoreper AVIS Provinciale Ravenna

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