MENSILE DELL’AZIONE CATTOLICA TICINESE

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87° anno LXXXVII N. 7-8 Luglio-Agosto 2008 in cruce gloriantes MENSILE DELL’AZIONE CATTOLICA TICINESE IN QUESTO NUMERO: 2 Gli auguri dell’assistente 4 Lettera di Dodo 7-10 Speciale Campeggio giovani 11 Il segreto di Bose 14 Quiz estivo Riprendiamo il cammino Riprendiamo il cammino

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87° anno LXXXVII

N. 7-8

Luglio-Agosto2008

in cruce gloriantes

MENSILE DELL’AZIONE CATTOLICA TICINESE

IN QUESTO NUMERO:

2Gli auguri dell’assistente

4Lettera di Dodo

7-10Speciale Campeggiogiovani

11Il segreto di Bose

14Quiz estivo

Riprendiamoil camminoRiprendiamoil cammino

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2 Spighe Luglio-Agosto 2008

la parola dell’assistente

Questa volta giochiamo forse un po’ con le parole… ma non è un esercizio fi ne a se stesso, anzi: spesso le parole e le sfumature, se comprese nella loro profondità, ci possono in-segnare molto.

Un detto latino, che appartiene al sapere teologico, recita: Ecclesia sem-per reformanda, ossia la Chiesa è co-stantemente sottoposta in se stessa ad un processo di riforma interna. La cosa può forse suonare un po’ strana, ma questo principio teologi-co afferma un concetto estremamen-te importante per la vita della Chie-sa: proprio perché va intesa quale comunità in cammino, essa non può mai darsi né una struttura, né un or-dinamento, né un modo di vivere

che valga una volta per sempre.Beninteso, lo stile della vita ec-

clesiale è già stato dato dal nostro Signore alla sua Chiesa, uno stile che si deduce, essenzialmente, dal comandamento “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi” (GV

15,12). D’altra parte la realizzazione concreta di questo stile è sempre defi citario rispetto all’ideale pro-spettato (perché se la Chiesa è san-ta, i fedeli sono peccatori); inoltre, è importante per la Chiesa il profi -larsi in modo tale da essere annun-ciatrice del Vangelo nel suo tempo, e questo implica, senza mai tradire o travisare il Vangelo stesso, un adat-tamento nelle strutture, nei mezzi, nei linguaggi.

È, questo, il dinamismo intrinseco che sottostà alla presenza dello Spi-rito Santo nella Chiesa e nel cuore dei cristiani: “Lo Spirito vi guiderà alla verità tutta intera” (GV 16,13), dentro un cammino che tende sem-pre verso un “di più”, verso un “me-glio” che sta di fronte a noi e che, con l’aiuto della grazia, ci è dato di raggiungere e di incarnare nel pre-sente.

Quando allora, nel nostro modo di parlare intraecclesiale, diciamo che stiamo facendo le “cose nuove”, in fondo stiamo dicendo qualcosa che non è del tutto esatto. Perché non è possibile fare una “Chiesa nuova”, in quanto essa c’è già e, come tale, non può essere rifatta daccapo. Le cose

All’inizio del nuovo anno pastorale, un augurio all’ACT

Tra novità e rinnovamento

Segni di terraFermarsi, rallentare il passo e alzare lo sguardo, per ammirare il cielo, osservare sole, luna e stelle e poi il fuoco e l’acqua, la brezza che ci accarezza il viso mentre camminiamo: il senso del pellegrinaggio è tutto qui, ritrovare se stessi osservando fi nalmente in pace e in silenzio i segni della terra. Questo libro celebra un luogo dell’anima, meta ininterrotta di pellegrini da centinaia di anni, attraverso le parole di grandi uomini, testimoni importanti nel loro campo che qui offrono al lettore una nuova prospettiva, una lettura particolare e suggestiva dei segni della terra: acqua, cielo, terra, luce, fuoco nelle parole e negli interrogativi di Mario Botta, Pier Giacomo Grampa, Sandro Vitalini,

Luigi Bettazzi, Salvatore Mannuzzu, Graziano Martignoni, Ersilio Tonini, Alessandro Pronzato e tanti altri. Il libro è realizzato in collaborazione con il Santuario bergamasco della Cornabusa nel suo 100° anniversario dell’incoronazione della statua della Madonna.Giuseppe Zois, Segni di terra: Sul cammino dei viaggiatori dello spirito, Edizioni San Paolo, 2008, pag. 232, € 14.

Il libro del mese

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possono essere ripensate, riplasmate, riformate… ma questo processo è sempre da intendersi come un rende-re nuovo ciò che già c’è e che già pos-siede una sua identità, affatto come una creazione “ex novo”, come una creazione dal nulla.

Ecco perché quando diciamo, ana-logamente, il “nuovo” programma di AC, il “nuovo” statuto di AC, la ten-sione verso una “nuova” AC, la “nuova” struttura di AC, i “nuovi” responsabili in fondo esprimiamo la pretesa (nostra) di creare con le no-stre forze qualcosa di nuovo; si trat-ta, invece, di discernere ciò che già è in ordine al Vangelo e ciò che non lo è ancora oppure non lo è più: ed è pro-prio questo che occorre riformare, ri-plasmare, rinnovare.

Il primo gioco di parole che dob-biamo porre alla nostra attenzione, dunque, è la distinzione tra “nuovo” e “rinnovato”. Il secondo, invece, è

una distinzione che viene dalla lin-gua greca e che viene ampiamente usata anche dalla Scrittura. Per esprimere il concetto di “nuovo”, il greco ha due possibilità: “neos” op-pure “kainos”. Il primo termine esprime una novità che si manifesta nel tempo cronologico dopo altri av-venimenti che la precedono; il se-condo termine, invece, esprime una novità a livello qualitativo.

Per esempio il “vino nuovo” che troviamo nel Vangelo è propriamen-te questo vino “qualitativamente” nuovo e non tanto “l’ultimo” pro-dotto in ordine di tempo.

Uscendo fi nalmente dai giochi di parole, occorre rilevare, nell’immi-nente inizio d’anno pastorale, i molti fermenti di “rinnovamento qualita-tivo” presenti nei programmi e nei quadri di Azione Cattolica: moltissi-me occasioni di “rinnovamento”.

È questo l’augurio che vorrei por-

gere all’ACT all’inizio del nuovo an-no pastorale 2008-2009: che tutta l’associazione si avvii verso un rinno-vamento, proteso a rendere la comu-nione tra i suoi membri ancora più bella ed effi cace, proteso a quelle che sono le necessità fattive dei membri di AC e della nostra Chiesa. Ma au-spico anche, in questo rinnovamen-to, che si punti effettivamente ad un rinnovamento qualitativo, meno preoccupato di accumulare tentativi su tentativi e meno ancora rivolto ad un semplice aumento numerico o delle attività o del numero dei mem-bri.

Piuttosto un rinnovamento quali-tativo nell’accoglienza della grazia che il Signore ha pensato e guada-gnato sulla croce per noi, qui e oggi.

don Massimo Gaia

Il saluto dei nostri ragazzi sul San Gottardo il 1° agosto

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Il saluto (e il programma...) di Dodo, nuovo presidente dell’Azione Cattolica Ticinese

Protagonisti della storia della salvezza nel nostro tempoCare amiche e cari amici dell’Azio-

ne Cattolica che è in Ticino, vi scrivo per la prima volta come

nuovo presidente della nostra asso-ciazione, dopo il rinnovo delle re-sponsabilità per il triennio 2008 – 2011. Porgo i miei più cari saluti, a nome di tutti, in particolare alle persone che leggono Spighe da an-ni, alle persone che hanno speso tutta una vita nella testimonianza e nel servizio, alle signore dell’Unio-ne Femminile, ai sacerdoti, alle reli-giose, ai religiosi, a tutti i laici che in tutti gli angoli del Ticino ogni giorno vivono la loro fede per il Si-gnore e per la Chiesa in un quoti-diano spesso nascosto. Saluto poi i nostri bambini, i ragazzi, i giovani, i neo lettori di Spighe! Vi scrivo con diversi sentimenti che cerco di con-dividere con voi:

Gratitudine. Prima di tutto a Dio, che ci ha dato tutto, tutto quanto possiamo desiderare e aver bisogno. Gratitudine a quanti ci hanno pre-ceduto in questi due millenni di cri-stianesimo (e ci hanno trasmesso la fede, la speranza e la carità), fi no ad arrivare al nostro tempo. Grazie a chi ha vissuto l’AC prima di noi, grazie a chi l’ha promossa, vissuta anche quando il mondo sembrava andare da tutt’altra parte. Grazie in particolare a chi ha guidato l’asso-ciazione negli ultimi anni: Luigi Maffezzoli – sotto la cui presidenza l’ACT ha trovato un suo statuto ma soprattutto nuovo vigore, unità e forza – Chantal Montandon (ex vi-cepresidentessa) e tutti i responsabi-li degli ultimi anni.

Fedeltà. Il secondo sentimento è

lo stupore per queste fedeltà, per tutti i sì detti da chi si è consacrato, da chi si è sposato, da chi ha accolto il Signore nella propria vita. Ci in-segnano a non tradire la nostra vo-cazione, a non buttare al vento la chiamata del Signore, ci dicono che siamo noi, qui e ora, quelli che de-vono raccogliere un’eredità che deve continuare: ho accettato di metter-mi a disposizione come presidente proprio per questo, perché ognuno di noi ha ricevuto – come nella pa-rabola dei talenti – una vita da met-tere a disposizione per il Signore e per l’avvento del suo Regno nella storia della salvezza. Chi è amato al-lora ama, e l’amore più grande è do-narsi agli altri.

Emozione. Come non provare emozione di fronte alla sollecitudine con cui Dio ci guida, ci dona pasto-ri, sacerdoti, testimoni? È l’emozione di chi semina e vede il prodigio di frutti “divini” maturati grazie ai pic-coli grandi sì “umani”: credo che come laici cattolici dobbiamo vivere nella prospettiva di cogliere sempre in tutto e in tutti la paterna mano di Dio. È l’emozione di portare in un mondo da sempre in cerca di ve-rità, non fi losofi e, teorie o opinioni, ma un messaggio sconvolgente e sal-vifi co: “Dio è amore”!

Fiducia. Perché non siamo noi a fare, ma siamo lavoratori nella vigna del Signore: siamo i tralci su cui Lui fa crescere i frutti che vuole. Non dobbiamo mai perdere la fi ducia in quello che ci ha detto Gesù: “sarò sempre con voi”, perché senza fede e speranza non si fa nulla. Non dob-biamo neanche perdere la fi ducia

nel nostro mondo, dando la colpa alle giovani generazioni che non so-no come quelle di una volta o a quelle di una volta che hanno rovi-nato quello che hanno ricevuto da quelle precedenti. Io sono ottimista e vedo segnali di apertura, di matu-rità, di disponibilità. Non ho mai parlato con nessuno di religione senza che l’altro abbia almeno ri-spettato la mia fede, così dobbiamo fare noi rispettando le idee e le ri-cerche altrui.

Amore. O carità. Si dice di sì solo per amore e questo è sconvolgente, perché poi l’amore provoca altro amore, si innesca un’onda che si espande… Vi invito a rileggere il bellissimo testo di Luigi Maffezzoli nel suo saluto sul precedente nume-ro di Spighe (giugno 2008), in cui mette a fuoco lo stile con cui dob-biamo vivere il comandamento del-l’amore nelle nostre comunità e tra di noi. Senza amore è meglio che non facciamo nulla: l’inno alla cari-tà di San Paolo potrebbe essere il nostro programma! Dobbiamo voler bene alla nostra gente, al nostro ter-ritorio, alle nostre realtà: la gente di cuore viene sempre ascoltata e sicu-ramente fa passare (spesso inconsa-pevolmente) dei messaggi divini.

Amicizia. Non siamo soli, siamo uniti nel Signore nella Chiesa e sia-mo aderenti della stessa associazione che appartiene alla nostra Chiesa locale ed è “sciolta” in essa. Spesso ci incontriamo, abbiamo un cammi-no in parrocchia, in gruppi, nei mo-menti diocesani, ma la nostra ami-cizia è forse diversa da quella che si vive in altri movimenti ecclesiali:

dal presidente

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noi non ci conosciamo tutti, perché siamo sparsi su tutto il territorio, ab-biamo vite ed età diverse: ognuno vive al servizio della Chiesa locale nel proprio ambito, con gesti che appaiono isolati, invisibili; lo stu-dente che si prepara nello studio per servire gli altri, l’infermiera che cu-ra i malati vedendo in loro Cristo sofferente, il docente che porta mes-saggi positivi ed educativi, la casa-linga che si dedica alla propria fami-glia, il sacrestano che si occupa della cura della chiesetta di un villag-gio… Tutti lontani, anche nascosti, ma un cuore solo e un’anima sola! Amici, continuiamo così!

Sogni. Per chi si ama si sognano le cose più belle! La Bibbia è il rac-conto di questo sogno di Dio sul-l’umanità! Così anche noi dobbia-mo sognare le cose più belle e contribuire a realizzarle! Come sa-rebbe bello se tutti amassero la pro-pria vita, se tutti fossero in pace con gli altri, se tutti potessero vivere con

tutto il necessario, se tutti speri-mentassero l’amore di Dio! Sono questi i veri sogni, non illusioni, ma il progetto di Dio per l’umanità. Co-me AC abbiamo un grande compi-to: aiutare Dio a realizzarlo, essere le mani che operano per Lui, essere i piedi che camminano per Lui, esse-re gli occhi che vedono per Lui, es-sere il cuore che sa amare con Lui…

Cammino. Da tutto questo ecco una gran voglia di camminare, di raggiungere le mete più alte! I no-stri pastori ci accompagnano e pro-prio negli ultimi mesi ci hanno in-dicato delle vie maestre: il papa Benedetto XVI a Roma ci ha indi-cato lo stile con cui vivere il nostro servizio e la nostra appartenenza al-la Chiesa (v. Spighe maggio 2008); mentre il nostro vescovo Pier Gia-como ha tracciato delle priorità in cui impegnarci: creare una rete di famiglie, occuparci dell’emergenza educativa, prestare attenzione alle zone pastorali (vedi Spighe giugno

2008). Assieme ai nostri sacerdoti e alle nostre comunità, in collabora-zione con gli altri gruppi e movi-menti ecclesiali, ci impegniamo a edifi care il tessuto della Chiesa e a camminare con spirito di servizio e disponibilità.

Responsabilità. Ci sentiamo re-sponsabili e appassionati di questo tempo e di questa storia, in cui il Si-gnore vuole sempre intervenire e costruire il suo Regno. Come AC diocesana abbiamo una piccola struttura associativa, fi nalizzata a questa responsabilità, non di certo al comando: siamo 30 persone, 15 giovani e 15 adulti, più gli assistenti, che formano il Consiglio diocesano (per i nomi vedi Spighe giugno 2008) e che provengono da tutti gli angoli del Cantone. Ringrazio que-ste persone per aver assunto questa responsabilità, in particolare il nuo-vo vicepresidente Carlo Vassalli e la segretaria generale Rina Ceppi.

Disponibilità. Concludo con que-sto bellissimo estratto del discorso all’AC di Benedetto XVI:

“Non è forse possibile, ancora oggi, per voi ragazzi, per voi giovani e adul-ti, fare della vostra vita una testimo-nianza di comunione con il Signore, che si trasformi in un autentico capo-lavoro di santità? Non è questo lo scopo della vostra Associazione? Ciò sarà certamente possibile se l’AC continuerà a mantenersi fedele alle proprie profonde radici di fede, nutri-te da un’adesione piena alla Parola di Dio, da un amore incondizionato alla Chiesa, da una partecipazione vigile alla vita civile e da un costante impe-gno formativo.” Sì, è possibile vivere così! Ed è questo il nostro orizzonte, il nostro cammino, la nostra gioia.

Davide De Lorenzi

L’Uffi cio di coordinamento dell’AC Ticinese per il triennio 2008-2011: Davide De Lorenzi (presidente), Carlo Vassalli (vicepresidente), Rina Ceppi (segretaria generale)

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Per l’Azione Cattolica è diventato ormai una tradizione.

Nelle prime settimane di settem-bre, per sottolineare l’inizio delle attività, l’anno sociale viene posto nelle mani della Madonna. A lei viene chiesto di aiutare la nostra associazione a fare unicamente la volontà del Padre e di seguire passo passo il cammino di suo Figlio. Questa protezione particolare viene richiesta durante un pellegrinaggio che si svolge in un luogo o un San-tuario dedicati alla Madonna (ri-cordiamo quelli a Varese, sul lago d’Iseo, alla Madonna del Sasso…).

Anche quest’anno la tradizione verrà rinnovata.

E l’Azione Cattolica si recherà sul Tamaro, sabato 13 settembre, unen-dosi così alla diocesi che lassù, ai piedi della statua della Madonna che Giovanni Paolo II donò ai gio-vani di Lugano, si ritroverà intorno al proprio vescovo per celebrare la Messa.

Sarà una giornata intensa e im-portante per adulti, famiglie e gio-vani. Alla quale tutta l’Azione Cat-tolica è invitata.

Per chi può, il pellegrinaggio si trasformerà anche in cammino concreto, con partenza alle 8 dal Monte Ceneri.

Quest’anno, poi, vi sarà un mo-mento particolarmente solenne che

ci tocca da vicino: la consacrazione di Cristina Vonzun, responsabile di Azione Cattolica, all’interno del-l’Ordo Virginum, un ordine laicale incardinato in diocesi.

E proprio in preparazione a que-sto momento, la sera precedente, venerdì 12 settembre, vi sarà una veglia di preghiera nella basilica del Sacro Cuore di Lugano.

In caso di cattivo tempo (pioggia a catinelle…) la celebrazione si ter-rà sempre sabato pomeriggio, alle ore 15, ma nella Collegiata di Bel-linzona.

vita dell’associazione

Pellegrinaggio d’inizio anno e consacrazione

Sul Tamaro con la diocesi

Programma

Venerdì 12 settembre

ore 20.15 Chiesa del Sacro Cuore a Lugano. Veglia di preghiera animata dal gruppo giovani di Taizé. Presiede il vescovo mons. Renato Boccardo, segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano.

Sabato 13 settembre ore 8.00 salita a piedi a tappe con rifl essione, dal Monte Ceneri al Tamaro. ore 12.00 Angelus all’Alpe Foppa.ore 14.00 Testimonianze all’Alpe Foppa. ore 15.00 Alpe Foppa: Santa Messa presieduta dal vescovo di Lugano

mons. Pier Giacomo Grampa con consacrazione secondo il rito dell’Ordo Virginum di Cristina Vonzun.

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Entusiasmante il Campeggio giovani alla Montanina di Camperio

Il nostro amico Potter: Harry PotterDomenica 22 giugno ha avuto

inizio il campeggio, organizzato dal-l’Azione Cattolica Giovani, a Cam-perio presso la casa “La Montanina”. Il tema di quest’anno era “Harry Potter”, al nostro arrivo siamo stati accolti dagli animatori vestiti come i personaggi del libro. Ho capito su-bito che mi sarei divertita, e cosi è stato. Noi ragazzi siamo stati smi-stati nelle varie case: Grifondoro (la mia), Tassorosso, Corvonero, Serpeverde. In questi quattordici giorni abbiamo potuto fare dei gio-chi sia all’interno che all’esterno della casa, alcuni collegati ad Harry Potter come la partita di Quidditch (ovviamente senza scope volanti perché il nostro preside Rollus Si-lente-don Rolando Leo-non ha fat-to in tempo a procurarle). Abbiamo

fatto delle passeggiate e siamo stati in piscina a Bellinzona. Anche la sera ci divertivamo facendo bivac-chi e una caccia al tesoro notturna, giocando alla corrida. Una sera ab-biamo fatto l’adorazione in cappella ed è stato molto bello poter pregare in silenzio e cantare insieme. Ci so-no stati anche momenti di rifl essio-ne dove noi ragazzi, divisi in gruppi della stessa età, abbiamo discusso di Harry Potter leggendolo con gli oc-chi della Bibbia… Abbiamo cosi potuto parlare di vari argomenti quali ospitalità, amicizia, bullismo e rispetto, umiltà e tanti altri legati ai vari personaggi del libro. Al termi-ne della prima settimana abbiamo organizzato un pic-nic con i genito-ri dove abbiamo potuto giocare e divertirci con loro. Sabato 5 luglio

abbiamo organizzato una grigliata con i genitori prima del nostro rien-tro, purtroppo al mattino durante la Messa abbiamo avuto una cattiva notizia durante la notte Enea un nostro compagno, aveva perso sua sorella in un incidente stradale ac-caduto nella notte. La Messa era dedicata a lei e don Rolando ha detto una preghiera che mi è rima-sta impressa. Diceva: “Preghiamo per Enea e per la sua famiglia per-ché Dio gli permetta di affrontare questo dolore con la forza di Gesù”. Questo è quello che ti auguriamo anche noi Enea, forza!

Spero di rivedere tutti l’anno prossimo a Camperio.

Alice

spazio giovani

Vivere il Campeggio in qualità di responsabile è senz’altro un’espe-rienza diversa: le attività da coordi-nare, le dinamiche tra il gruppo animatori da gestire, la cucina (così importante…) i ragazzi da ascoltare ma anche da richiamare, senza con-tare gli imprevisti… insomma, es-sere responsabili di un campo simile signifi ca avere un sacco di cose da fare. Ma prima di tutto signifi ca es-serci quale referente, quale confi -dente, esserci quale consulente… esserci al 100% per tutti. A questo punto chi legge si potrebbe chiede-

re perché mai Carlo ed io accettia-mo un simile compito, in cui si deve dare in continuazione: “ma chi ce lo fa fare?” era infatti la domanda che ironicamente ci rivolgevamo la se-ra, seduti in Direzione a rifl ettere sulla giornata assieme a don Rolan-do. Beh, credo proprio che la rispo-sta è insita nella domanda: tutto quanto viviamo e diamo durante il Campeggio è volontà di Chi ci chiama ogni giorno al servizio. Cer-to, si fa fatica e le ore di sonno son poche, ma Chi ci chiama non pre-tende solo che diamo: ogni giorno

sono una moltitudine le occasioni in cui riceviamo, in cui cresciamo a nostra volta.

Essere responsabili di un’espe-rienza quale il Campeggio, in defi -nitiva, è fors’anche un onere, ma è soprattutto un onore e un prezioso dono offertoci da Chi ci chiama. Essere responsabili signifi ca avere la fortuna di vivere due magnifi che settimane di crescita reciproca: un grazie a tutti i ragazzi per quanto ci hanno saputo dare e agli animatori per il loro prezioso contributo!

Il punto di vista dei responsabili

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Un grazie di cuore all’AC giovani anche da parte dei genitori

spazio giovani

L’inizio di ogni vacanza scolastica estiva è contraddistinto da un av-venimento importantissimo per le famiglie: il campo di Azione Catto-lica Giovani.

A questo riguardo, anche in pas-sato, abbiamo letto i commenti e le testimonianze dei partecipanti, de-gli animatori e del responsabile. Pe-rò ci siamo detti: manca soltanto la voce dei genitori! E noi stavolta non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo mancare di mettere in ri-salto la bellezza di questa esperienza che ogni anno viene offerta ai no-stri ragazzi.

Abbiamo una grande ammirazio-ne e siamo immensamente grati a Dio e all’AC per questo dono del Cielo! Davvero questo campo è molto speciale, perché qui tutti tro-vano il loro posto: vi arrivano ra-gazzi e ragazze così diversi di età e carattere, alcuni più maturi, altri

alla ricerca di un senso per la loro vita, altri ancora un po’ spaesati o magari soltanto perché obbligati, ma ciascuno, in quei quindici gior-ni, trova il suo proprio posto speri-mentando la bellezza dell’accoglien-za di Dio nella comunità del campeggio che è una comunità del-la Chiesa.

Certo, nella nostra società la pos-sibilità di vacanze comunitarie e di campeggi è molto variata: si va dal-lo sport, alla natura, al mare, alla montagna, e chi più ne ha più ne metta. Tutte esperienze positive ed arricchenti, ma senza togliere nien-te a queste, bisogna riconoscere che il Campo ACG ha qualcosa di spe-cifi co che lo rende unico: la possibi-lità di vivere un’esperienza di fede non fatta di parole, ma di fatti con-creti, cioè di condivisione della vita quotidiana gomito a gomito, con tutte le conseguenze che ciò com-

porta, quindi con il confronto e il perdono, l’incomprensione e l’ascol-to.

Insomma è la trasposizione in grande di quello che si cerca di at-tuare nel piccolo ambito famigliare.

Per dei genitori è molto consolan-te sapere che durante l’estate “Dio non va in vacanza”, ma continua la sua presenza accompagnando i no-stri adolescenti, i quali per loro na-tura devono sì uscire dalla famiglia, ma non per incontrare il nulla, ben-sì, come sempre speriamo, per colti-vare il seme della fede che è il dono più importante della vita.

Perciò grazie di cuore e un “bravi-bravissimi” all’assistente don Ro-lando e a tutti gli animatori, che con entusiasmo e dedizione hanno dedicato ai nostri fi gli il loro tempo libero e le loro energie.

Delfi na e Mario Schwaller

Un Campo con qualcosa di speciale

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Incontro con Gioele Fadini, monaco ticinese di Bose ed ex giovane di AC

“Si ritrova se stessi nel silenzio e nella preghiera”

Un sorriso solare, uno sguardo sereno ed accogliente. Così mi si presenta Gioele Fadini, giovane ti-cinese, ora monaco nella comunità di Bose, dove ho trascorso una set-timana per seguire uno dei corsi biblici offerti durante l’estate. Gioele ha vissuto l’Azione cattolica quando era in Ticino, quindi è un amico di tutti noi, sia per chi lo co-nosce sia per chi legge ora questa intervista, gentilmente concessami.Gioele, puoi dirci dapprima come si svolge una tua giornata?

Ci alziamo molto presto al matti-no perché le ore iniziali della gior-nata sono le migliori e, nel raccogli-mento della propria cella, le

dedichiamo alla lectio divina che è una lettura, un ascolto, e una medi-tazione della Parola. Da essa possia-mo trarre il nutrimento per la gior-nata.. Il primo momento comune è la preghiera delle 6 in chiesa per le lodi. A seguire c’è un momento di capitolo, in cui ci sono le informa-zioni per la giornata o si prendono piccole decisioni, e in cui è possibi-le la correzione fraterna. Dopo il capitolo si torna in cella nel silenzio e nella meditazione. Dalle 8 ci si dedica al lavoro: ognuno di noi svolge un lavoro professionale che porta avanti con continuità. Alle 12.30 ci si ritrova in chiesa tutti as-sieme per l’ora media. Una volta al-

la settimana, oltre ovviamente alla domenica, c’è l’eucaristia alle 12. Subito dopo ha luogo il pranzo: una parte della comunità mangia in re-fettorio, l’altra mangia con gli ospiti nelle sale da pranzo.

Alle 14 riprende il lavoro, fi no al-le 17 circa. Alle 18.30 ci si ritrova nuovamente per la preghiera, quin-di segue la cena. Alle 20 (alle 20.30 d’estate) il suono della campana ci richiama al grande silenzio: fi no al-le 8 del mattino seguente ognuno vive la cella.

Hai parlato di correzione fraterna: che cosa è?

Nella vita comune è molto im-

spiritualità

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portante la correzione fraterna: se non ci si corregge l’un l’altro, se non si accetta di essere corretti, o la vita comune diventa un inferno o si rischia di cadere nel cinismo e nel-l’indifferenza; a quel punto non si ha più vita comune, ma si vive as-sieme mentre ognuno coltiva il pro-prio orticello. La correzione frater-na è una delle manifestazioni dell’affetto fraterno, e anche se sul momento, come dice san Paolo, causa dolore, poi porta un frutto abbondante.

Il tuo lavoro in cosa consiste?Io mi occupo delle icone stampa-

te, ossia le riproduzioni fotografi che montate su un supporto di legno. In comunità però abbiamo anche dei servizi come le pulizie, la cucina, ecc. che svolgiamo a turno.

Che differenze vedi tra la nostra vita e la vostra?

Anche se può sembrare strano, la nostra vita di monaci in monastero non è poi tanto diversa dalla vita delle altre persone, prima di tutto perché dedichiamo gran parte della giornata al lavoro. Viviamo senz’al-tro più momenti di solitudine. Non è però scontato che la vita in mo-nastero sia più tranquilla: dovrebbe esserlo, ma occorre una vigilanza costante per preservare il silenzio e la vita interiore. Non abbiamo tele-fonini né televisori, ma ci sono co-munque molte possibilità per di-sperdersi.

Credo che una vita di preghiera seria possa sussistere anche al di fuori di qui. D’altronde qui non sia-mo in clausura, ma in continuo contatto con il mondo, incontria-mo molti ospiti e noi usciamo per lavoro; siamo informati attraverso i quotidiani, la radio e Internet. Però abbiamo fatto una scelta diversa,

nel senso che, mentre un uomo e una donna si scelgono, si vogliono bene e poi decidono di fare storia assieme, noi scegliamo d’accogliere e amare un nuovo fratello che bussa alla nostra porta, ancor prima di conoscerlo. Questa è una differenza di modo di vita.

Quali sono gioie e dolori della vita in comune?

La vita in comune è molto arric-chente perché è molto ampia. D’al-tra parte si vive la solitudine molto più che nella vita di coppia, in cui c’è molta intimità. Nella vita comu-ne in monastero esiste il rischio di “imboscarsi” e restare ai margini della comunità, andando lentamen-te alla deriva. C’è sempre un’atten-zione fra noi affi nché tutti siano coinvolti nella vita comune. Essa non è sempre facile: dato che non ci si è scelti, ci sono simpatie ed anti-patie da superare; però al tempo stesso c’è una ricchezza inesprimi-bile data dall’essere in molti.

Ci puoi spiegare come sei arrivato qui a Bose? Come hai conosciuto la comunità?

Sono venuto qui vari anni come ospite, insieme ad amici. È però la vita monastica in sé che mi ha atti-rato: mi affascinava l’idea di una vita semplice, il binomio preghiera e lavoro, la vita comune, all’inizio forse da me un po’ idealizzate. Quando sono venuto qui, quasi die-ci anni fa, per fare discernimento, ho scoperto che questa era la mia strada.

Secondo te, che cosa manca alla nostra società?

Credo che se ogni cristiano si im-pegnasse veramente a non far man-care l’amore, questo renderebbe il mondo davvero migliore. Il Nuovo

Testamento è pieno di raccoman-dazioni sulla carità. Dobbiamo però veramente impegnarci in prima persona, non dire “Gli altri dovreb-bero…”, non tirarci indietro.

Che cos’è per te la felicità?È possibile vivere la felicità, se si

trova un senso alla vita. La felicità vera non sta nell’avere tutto ciò che si vuole, sta nell’essenziale, dal qua-le troppo spesso siamo distratti.

Che cosa della tua esperienza vorresti condividere con gli altri e con i lettori di Spighe?

Il cammino di vita monastica percorso fi no a qui mi ha insegnato una realtà che ritengo importante per tutti: è fondamentale trovare nella propria giornata momenti di silenzio e solitudine; non di isola-mento, ma di solitudine in senso positivo, per fermarsi a pensare, per vivere con se stessi e non essere tentati di sfuggire dalla nostra real-tà personale facendo mille cose. Trovare tutti i giorni un momento dedicato al ritrovare se stessi, aiuta a lottare contro la dispersione, a portare il fratello nella preghiera, ad avere uno sguardo diverso anche sul mondo.

Chantal Montandon

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Luglio-Agosto 2008 Spighe 13

Il monastero di Bose: ritorno alle origini

A partire dai primi secoli vi sono stati uomini e donne, chiamati ben presto monaci, che hanno abbando-nato tutto per tentare di vivere radi-calmente l’Evangelo nel celibato e riuniti in comunità. Bose si innesta in questa tradizione, propria del-l’oriente e dell’occidente cristiani, per vivere oggi il progetto del mona-chesimo, sotto la guida di una regola e di un padre spirituale, chiamato priore, che hanno il compito di ri-mandare costantemente all’unica luce dell’Evangelo di Gesù Cristo.

• «Bose» è una comunità monastica di uomini e donne provenienti da chiese cristiane diverse

• è una comunità monastica in ricerca di Dio nel celibato, nella comunione fraterna e nell’obbedienza all’Evangelo

• è una comunità monastica presente nella compagnia degli uomini e al loro servizio Il fondatore della comunità è fra

Enzo Bianchi (foto), che iniziò la vi-ta a Bose, nei pressi di Biella, negli anni ’60. Nel corso dei quarant’anni della sua storia, la comunità di Bose si è arricchita di volti nuovi prove-nienti da numerose regioni italiane e anche dall’estero. Essa è composta attualmente da circa ottanta mem-bri, tra fratelli e sorelle, di sette na-zionalità differenti. Sono pratica-mente tutti laici, nel solco della tradizione del monachesimo primiti-vo e a riprova della semplicità e della poca visibilità e rilevanza che Bose vuole assumere in seno alla Chiesa,

nella quale vuole servire con la po-vertà e la semplicità di chi nel batte-simo si è impegnato a servire l’Evan-gelo e nient’altro. I tre presbiteri presenti a Bose garantiscono i servi-zi del loro ministero per i membri della comunità e per gli ospiti. (da www.monasterodibose.it )

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Che tipo di credente sono

• Se avete risposto esattamente a tutte le domande, sapete davvero in cosa credete. Annunciatelo, fatelo sapere a tutti. Magari promuovendo e guidando un gruppo di Azione Cattolica.

• Se avete risposto esattamente a più della metà delle domande, la conoscenza della vostra fede si è forse ferma-ta al catechismo che avete imparato da ragazzi: frequentate gli incontri di Azione Cattolica.

• Se ne avete azzeccata una sola, o addirittura nessuna, forse è venuto il momento di fare amicizia con qualcu-no dell’Azione Cattolica, che vi possa spiegare in cosa crede.

Quale delle tre? Quiz estivo per lettrici e lettori

In cosa crede chi crede?

intermezzo

Gioco liberamente ispirato a Maurizio Ferraris, autore di “Babbo Natale, Gesù adulto. In cosa crede chi crede?”. Nel libro ci si domanda se i cristiani siano davvero coscien-ti della ricchezza e della grandezza della loro fede, o se invece non la annacquino con false credenze, in-farcendola di oroscopi o di favole che raccontano dell’esistenza delle fate o di Babbo Natale…

Indicare la risposta esatta fra le tre proposte ➙

Risposte esatte (guardatele solo dopo aver risposto):

A: 2 B: 3 C: 2 D: 1 E: 3

A. “Immacolata concezione” signifi ca: 1. Concepimento senza rapporti sessuali 2. Concepimento senza trasmissione del peccato originale 3. Ragionamento che non fa una pecca

B. Nell’Ostia consacrata è presente: 1. Una metafora di Gesù Cristo 2. Pane azzimo realizzato con farina e acqua benedetta 3. Il corpo reale di Gesù Cristo

C. Il termine “salvezza” indica: 1. Superare con successo i “Play Out” 2. Raggiungere la vita eterna 3. Ottenere la liberazione dalle ingiustizie

D. Gesù Cristo è: 1. Una delle tre persone della Trinità, cioè Dio. 2. Un uomo come noi, fi glio di Dio. 3. Il più grande dei profeti.

E. Per Trinità si intende: 1. Parto trigemellare monozigote 2. Patto fra tre nazioni alleate. 3. Dio, in tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo.

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Luglio-Agosto 2008 Spighe 15

il teologo risponde

Ha senso seguire il rosario alla radio?Devota del S. Rosario desidererei sapere le sue origini, se è valevole seguire mentalmente il S. Rosario alla radio e perché in qualche immagine della Vergine del Rosario sono raffi gurati i Santi Domenico e Rosa.

Ringrazio di cuore e saluto cordialmente.Una fedele abbonata

Il rosario è preghiera sviluppatasi nel medioevo grazie in particolare all’Ordine di san Domenico. La prima parte dell’Ave è tolta di peso dal Nuovo Testamento, la seconda si è aggiunta nei secoli. E’ una preghiera privata, che può anche asso-ciarci a chi la recita alla radio, e che, nella sua ripetizione, ci aiuta a restare in un atteggiamento di contemplazione, anche se non lo avvertiamo. Così, sgranando il rosario in auto, ci è più facile associare nella preghiera anche l’autista che ci sor-passa sulla destra che non maledirlo.

E’ preghiera attuale che si trasforma in abituale e ci aiuta a vivere in una atmo-sfera di ascolto, di silenzio, di raccoglimento ispirandoci così a Gesù e Maria.

Sandro Vitalini

Magalì Anna (in braccio al papà) di Edwin e Nuria Drack-Arrando: nata il 6.2.2005, battezzata il 5.7.2008

Matteo Luigidi Nadine e Davide Molteni:

nato il 19.5.2008

Gioele Josephdi Maria Elena e Giorgio Gianolli: nato il 12.5.2008 e battezzato il 15.6.2008

• Il 17 giugno 2008 è nato Nicola, di Elisa e Andrea Roth, Giubiasco

• il 29 marzo 2008 è stato celebrato a Gordola il matrimonio di Marily Maggisano e Martin Gilgen

in famiglia

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il teologo & il catechismo

Concepito per opera dello Spirito Santo

I Vangeli di Matteo e di Luca, fonti indipendenti che ci parlano dell’in-fanzia di Gesù, precisano la sua con-cezione miracolosa, operata dallo Spi-rito creatore. Il testo greco non ha l’articolo e sarebbe più esatto precisare “concepito da Spirito Santo”, nel sen-so che è tutta la Trinità che fa sì che Maria generi la natura umana, anima e corpo, di Gesù.

La concezione verginale è preparata dalla spiritualità dell’Antico Testa-mento che sottolinea come là dove l’uomo percepisce il suo nulla, Dio in-terviene e realizza le sue opere. Maria e Giuseppe dovevano aver deciso da fi danzati un “matrimonio bianco” per dedicarsi più pienamente alla preghie-ra. E Dio trae da questa coppia l’uma-nità di suo fi glio, senza concorso uma-no. Paolo, scrivendo ai Corinti (1Cor 7, 5), ricorda che ci si può astenere per un tempo dai rapporti coniugali per

dedicarsi più intensamente alla pre-ghiera. E’ celebre il caso dei coniugi Raïssa e Jacques Maritain, che vissero un “matrimonio bianco” amandosi in-tensissimamente. La verginità accom-pagna in un certo senso la vita di ogni uomo e connota la sua capacità di do-narsi senza attendere una risposta, un contraccambio. La verginità è presen-te dunque anche negli sposi che si ge-nerano e generano con un amore cre-scente, disinteressato. Si pensi ad una sposa che si immola per anni nell’assi-stere lo sposo gravemente malato o a quei genitori che sostengono con la preghiera, l’affetto, la fi ducia anche un fi glio criminale. La verginità di Maria e Giuseppe è un vertice di fecondità che si realizza in modo miracoloso, per opera di Spirito Santo. Ma analoga-mente tutti noi siamo chiamati a ge-nerare verginalmente, a impegnarci per gli altri, a lavorare per la famiglia,

la parrocchia, la chiesa e il mondo. Se il nostro dono è gratuito, verginale, non ci pentiamo della nostra generosi-tà anche se siamo presi a calci. Infatti, il nostro donarci non è nostro, ma profl uisce dalla Trinità e trasforma noi e il prossimo.

Sandro Vitalini

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94. «Concepito per opera dello Spirito Santo…»: che cosa signifi ca quest’espressione?Signifi ca che la Vergine Maria ha concepito il Figlio eterno nel suo grembo per opera dello Spirito Santo e senza la collaborazione di uomo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te» (Lc 1,35), le ha detto l’Angelo nell’Annunciazione.