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RIVISTA FONDATA DA S. GIOVANNI BOSCO NEL 1877 Febbraio 2009 Mensile - Anno CXXXIII - nr. 2 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PD Spedizione nr. 2/2009

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RIVISTA FONDATADA S. GIOVANNI BOSCONEL 1877

Febbraio 2009Mensile - Anno CXXXIII - nr. 2Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PDSpedizione nr. 2/2009

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>> Se da una parte non si può attri-buire tutto lo sviluppo della FamigliaSalesiana a Don Bosco, perché lasua eredità non è un “museo” ma unarealtà viva, dall’altra parte, tutte lesuccessive fondazioni sono ricondu-cibili al suo genuino progetto apo-stolico, come tante volte è stato riba-dito dai suoi successori, garanti del-l’autenticità del suo spirito e della mis-sione salesiana.La miracolosa espansione dei sa-lesiani e dell’opera salesiana nelmondo fu certamente frutto del coin-volgimento di tante forze apostoli-che, specialmente dei cooperatori.Anche oggi, possiamo dire che ilcoinvolgimento della Famiglia Sale-siana continua a essere il segretodell’espansione dell’opera salesia-na, in qualsiasi luogo del mondo.Impegnarci, dunque, nel conoscere,amare e sviluppare la Famiglia Sa-lesiana è stato, è e sarà una carat-teristica comune della comune vo-cazione salesiana e, al tempo stes-so, il segreto della fecondità di que-sto grande movimento spirituale eapostolico che ha avuto le sue origi-ni nel cuore di Don Bosco.

Nel precedente articolo delmese di gennaio, vi ho pre-sentato come Don Boscoabbia dato origine ai primi

quattro gruppi della Famiglia Sale-siana. Egli non è stato semplice-mente il fondatore dei Salesiani,delle Figlie di Maria Ausiliatrice,assieme a Santa Maria DomenicaMazzarello, dei Cooperatori e del-l’Associazione di Maria Ausiliatrice.Infatti, creando un clima di famigliacoinvolgente all’interno e attornoalle sue opere, non solo diede ori-gine a un particolare stile di rappor-ti interpersonali, ma, guidato daDio, fece sorgere un’identità cari-smatica condivisa e condivisibile,che si esprime nello spirito e nellamissione salesiana.In tal modo, l’azione dello SpiritoSanto guidò Don Bosco a dar vitaa varie forze apostoliche, prime,ma non uniche, quelle da lui stessofondate. Il suo progetto originale,non pienamente raggiunto durantela sua vita, restava come un dinami-smo da sviluppare: la Famiglia Sale-siana con i suoi innumerevoli gruppine è la prova storica evidente.

UN VASTOMOVIMENTO PER I GIOVANII gruppi ufficiali della FS

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FEBBRAIO 2009 BS

S T R E N N A 2009di Pascual Chávez Villanueva

La Famiglia Salesianadi Don Bosco è costituitadai tre gruppi centrali(SDB, FMA, CC) alla cuifondazione egli stessodedicò tempo, energie,

impegno formativoe organizzativo,

perché costituisseroil nucleo portante della

sua opera e da unacostellazione di altri

numerosi gruppi… Da luiebbe inizio anche

l’Associazione di MariaAusliatrice (CDC 2).

Gli stemmi dei quattro gruppidella Famiglia salesiana fondatidirettamente da Don Bosco.

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In copertina:Occorre cambiare.

Troppo spesso i nostriragazzi crescono

imparando stili di vitache non promettono

niente di buono e di cuinon sanno immaginarele gravi conseguenze.Foto: Santo Cicco

Febbraio 2009Anno CXXXIIINumero 2

RIVISTA FONDATADA S. GIOVANNI BOSCONEL 1877

Febbraio 2009Mensile - Anno CXXXIII - nr. 2Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PDSpedizione nr. 2/2009

Mensile di informazionee cultura religiosa editodalla Congregazione Salesianadi San Giovanni Bosco

Direttore:GIANCARLO MANIERI

CHIESA12 Le encicliche sociali (2) di Silvano Stracca

CASA NOSTRA14 Don Bosco in trincea di Pierluigi Cameroni

VIAGGI18 La valle dei Namuncurá di Giancarlo Manieri

ATTUALITÀ20 Stili di vita da cambiare di Giuseppe Norelli

IL TEATRO DI DON BOSCO23 Don Bosco - il musical di Michele Novelli

FMA28 Le borse di tucum di Graziella Curti

RUBRICHE2 Il Rettor Maggiore – 4 Ribalta giovani – 6 Lettere al Direttore – 8 In Italia & nel Mon-do – 11 Osservatorio – 16 Box – 17 Zoom – 22 Lettera ai giovani – 27 Bagliori – 30 Li-bri – 32 On Line – 34 Come Don Bosco – 36 Arte Sacra – 37 Laetare et benefacere… –38 Sfide etiche – 40 Dibattiti – 41 Note sulle note – 42 I nostri morti –43 Il mese – 44 Prima pagina – 45 Relax – 46 I nostri santi – 47 In primo piano/Focus

>> Don Bosco aveva dunque ini-ziato la sua opera a favore dei ra-gazzi poveri, fondando la congrega-zione salesiana (la cui sigla SDB si-gnifica Salesiani Don Bosco), quindil’Istituto delle Figlie di Maria Ausilia-trice (la sigla è FMA), i SalesianiCooperatori (SSCC), come anchel’Associazione di Maria Ausiliatrice(ADMA). Ma tutto questo non era cheil seme di cui parla il Vangelo; quelseme piccolissimo, che ha davanti asé un grande avvenire: di diventareun grande albero. Questa immagineoggi per tutti i figli di Don Bosco è di-ventata un’icona, e tutti quelli che co-noscono questa realtà parlano ormaicon piena consapevolezza dell’“albe-ro della Famiglia Salesiana”.Esistono a tutt’oggi ventitré gruppiufficialmente ammessi a fare partedi questa grande famiglia. Si trattaormai di un albero con molti rami,diversi l’uno dall’altro ma facentiparte dello stesso ceppo. In questoarcipelago esistono gruppi con mem-bri consacrati nella vita religiosamaschile e femminile e membri ap-partenenti a istituti secolari e laici.Diversi anche gli ambiti dell’aposto-lato: alcuni lavorano nel settoredell’educazione, altri in quello dellasanità, altri a favore della promozio-ne umana o nel mondo della comu-nicazione sociale. Tutti però, conelementi di un’identità comune chesi rifà al grande cuore del fondatore,Don Bosco, conosciutissimi ormai inogni parte del mondo. �

È possibile leggere in anticipoil prossimo numero, collegandosi

al sito Internet:http://biesseonline.sdb.org

Redazione: Maria Antonia ChinelloNadia Ciambrignoni - Giancarlo De Nicolò - Franco LeverNatale Maffioli - Francesco Motto - Vito OrlandoSegreteria: Fabiana Di BelloCollaboratori: Severino Cagnin - R. DesideratiGraziella Curti - Enrico dal Covolo - Bruno FerreroCesare Lo Monaco - Giuseppe Morante -Vito OrlandoMarianna Pacucci - Gianni Russo - Roberto SaccarelloArnaldo Scaglioni - Silvano Stracca - Maria Antonia ChinelloFotoreporter: Santo Cicco - Cipriano DemarieChiara Fantini - Tadeo Martin - Vincenzo OdorizziGuerino PeraProgetto grafico: Laura TononiImpaginazione: Puntografica s.r.l. - Torino

Il BOLLETTINO SALESIANO si stampa nel mondoin 56 edizioni e 29 lingue diverse. Raggiunge 131 Nazioni,più di quelle in cui operano i salesiani.

Direttore Responsabile: Antonio MartinelliRegistrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949Diffusione e Amministrazione: Luciano Alloisio (Roma)Stampa: Mediagraf s.p.a. - Padova

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BS FEBBRAIO 2009

(L’albero della Famiglia Salesiana,dono dell’ispettoria polacca di Piłaal Rettor Maggiore per l’anno2002). L’azione dello Spirito guidòDon Bosco a dar vita a varie forzeapostoliche.

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RIBALTARIBALTA IOVANIGdi Gionata Di Cicco

Per questo amiamo la musicaEssa è un inseparabile compagno di

viaggio della mia generazione.Dai Beatles ai Radiohead, da Janis

Joplin ad Amy Winehouse. Tanti mieicoetanei la suonano, facendone un

raffinato mestiere. La musica è ilprodotto del lavoro degli uomini,

della loro fatica di esistere.In Italia la musica è esiliata insieme a

tutte le arti, non la musica delle top tendove prevale spesso solo il lato del

business, ma la musica di migliaia ditalenti sconosciuti, che hanno studiatouna vita per raggiungere una maturitàe una profondità di interpretazione sui

propri strumenti. Musicisti che inpratica vivono solo di notte, e grazie al

loro sogno colorato e sonorocontribuiscono a innalzare la qualità

della vita. La musica e l’arte sono tra ipochi prodotti della cultura umana

capaci di innalzare la qualità della vita!Peccato che da noi la musica, a

differenza dei paesi anglosassoni in cuiè una professione riconosciuta e

valutata, è il fanalino di codadell’organizzazione sociale.

La musica è estromessa dalle materiedegne di attenzione fin dalle scuole

elementari. Il giovane che intraprendela professione del musicista è spesso un

estroso e talentuoso visto con ritrosia,sbeffeggiato perché non arriverà a finemese. O semplicemente perché non hascelto di diventare medico o avvocato.

Oppure diventa idolo delle folle,quando fino al giorno prima suonava

nei pub per un pugno di euro.Dove’è il giusto posto per quest’arte, aldi fuori dei programmi di plastica come“Amici”? Un giovane vede solo sudore

nell’intraprendere la strada della musicae tanti muri di gomma. Strano e ingiusto!

Nei fumi di quel traffico e nell’odoreacre delle fogne quelle note lontane mihanno fatto sentire per una volta vivo e

partecipe del Bello, oltre il grigio ditutti i giorni. Una scala musicale può

portarti vicino al cielo se a suonarla c’èun libero pensiero, un musicista ebbro

di libertà e carico di sentimento ...un poeta, insomma.

P

BS FEBBRAIO 2009

MUSICA SOGNICOLORI

Ritrovare l’armonia dell’universo, la musica del creato, la melodiaquotidiana della natura che ti avvolge, ti scherma,

ti sostiene, ti rilassa… La musica!

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Patatrackk!! Ting, drang, crash, biip!È il frastuono quotidiano dello stress

cittadino. Tra lo smog e i clacsonfrenetici delle automobili incolonnate in

interminabili file, nulla intorno tiriconcilia con i tuoi desideri, la tua

essenza. Dove sei perduta Bellezza?In un attimo fuggente mi giunge l’eco

di un suono soave, tra le strade nere dipece. Dall’uscio di una chiesa il canto diun coro sfiora le mie orecchie, facendo

vibrare d’immenso il mio corpo. Unacarezza di suoni pervade i miei spaziinteriori che all’improvviso diventanovalli sterminate di sogni ed emozionidimenticate. La Musica! Antichissimaarte, tra tutte forse la più enigmatica.

Straordinario prodottodell’immaginazione umana, della suaconsapevolezza espressiva, della sua

ricerca del Senso. Ogni parola checerchi di descriverne il significato,

delimita la musica. Le parole, sistemasemanticamente chiuso, non sono

adatte a cogliere la complessità dellerelazioni tra alto, basso, cuore, anima.

La musica è evocazione, impeto,linguaggio che si beffa di convenzioni e

definizioni. In essa ragione, sintassi,calcolo soggiacciono allo slancio

espressivo, che sia musica gridata osussurrata, che sia jazz, rock, o musica

sinfonica. Fin dall’antichità nella musicaè stato impossibile separare l’aspetto

della ratio, della mathesis da quellodell’estro e del sentimento.

Una sola nota è capace di evocarericordi sbiaditi, luoghi lontani.

Nel Novecento dall’incontro di suoni ecolori nacque l’arte astratta, divenendo

una tra le più alte manifestazionedell’espressività umana.

Wassily Kandinsky diceva: “Misembrava che l’anima viva dei colori

emettesse un richiamo musicale,quando l’inflessibile volontà del

pennello strappava loro una parte divita”. Noi giovani amiamo il lato

emotivo della vita e per natura siamosognatori pieni di vitalità e gioia.L’emozione è il primo spunto del

nostro esistere, un punto di partenzadell’espressione della libertà umana.

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soprannaturale?... Perché tan-to doloroso amore? E l’amo-re di chi soffre per amore dichi si vede precluso l’amore,di chi lo sente fortissimo ma– come dicono – non è se-condo i canoni? L’amore ha icanoni?... E non mi citi l’a-more trinitario (trinitario?), odi Cristo per la Chiesa (?) in-comprensibili…

V…una…@...

Caro Signore, il discorsosull’Amore è il più difficile inassoluto, il più misterioso, ilmeno comprensibile da menteumana, il meno definibile. Cihanno provato in tanti: filoso-fi, artisti, letterati, scienziati einfine i teologi. I risultati, aparte la sicumera di qualcu-no, sono stati deludenti. Deltutto. E il perché è comprensi-bile: “Deus Caritas” est, quan-do si parla di Amore si parladi Dio. E Dio è irraggiungibi-le. I risultati degli sforzi uma-ni per capire Dio/Amore sonobalbettii e nulla più. La pre-messa era d’obbligo, per dir-le che… non so cosa dire.Non so, cioè, come risolvereil problema dell’amore, ditanti diversi amori, dell’amo-re di un uomo per un uomo,ecc. Anzi, non so nemmeno seha una soluzione. Dell’amoresi può dire tutto e il contrariodi tutto. Questo l’aveva giàcapito Niccolò Cusano (sia-mo in pieno 1400) quando,spazientito di non riuscire acavare le gambe su Dio, sen-tenziò salomonicamente “Deusest coincidentia opposito-rum”/ in Dio coincidono gliopposti. Forse “l’amore haorrore di tutto ciò che non èse stesso”, qualcosa del gene-re lo scriveva Balzac, se nonricordo male. Se l’effato è ve-ro, deve avere orrore, Dio, dimolte cose, dal momento chenessuno sa che cosa sia que-sto amore. Quindi non le citoproprio niente, perché difronte all’amore sono nudocome lei e come tutti. Non sisa nemmeno com’è fatta lapsiche dell’uomo, con buonapace di psicologi e psicotera-peuti che credono di saperetutto e sparano definizioni

Le ragazze ritratte sono lealunne di un liceo classicosalesiano. L’autore delle fotoè uno dei loro professori, an-che lui salesiano. Nelle fotopubblicate non si vede alcunombelico anche a guardarecon il lentino! E alcuni centi-metri di pelle scoperta non si-gnifica essere mezze nude, ameno che le parole abbianoperso il loro corrispettivo nel-la realtà. Se foto di questo ti-po sono uno “scempio”, allo-ra vuol dire che abbiamo ac-quisito, come uomini e comecristiani, un’ipersensibilitàche non ci permette più di di-stinguere il bello dal brutto,l’onesto dal disonesto, il nudodal vestito, il naturale dalpornografico, in definitiva ilbene dal male. Ma questo, ve-de, è oltremodo pericoloso,perché si fa “d’ogni era unfascio”, il che vuol dire chesiamo in un mondo senza piùredenzione, senza più speran-za, senza più ottimismo; unmondo che ci ha rubato la se-renità del giusto, la capacitàdi selezionare, distinguere,sceverare… Siamo uomini di-midiati, a metà, immersi nellaparte oscura, irredenti. Maquesto significa anche cheCristo è passato invano. Cre-do sia molto pertinente a que-sto punto una forte afferma-zione di san Paolo nella lette-ra a Tito: “Tutto è puro perchi è puro, ma niente è puroper i contaminati e gli incre-duli perché hanno contamina-ta l’intelligenza e la coscien-za” (Tito, 15).

AMORE COS’È? Carodirettore, con un amicosi disquisiva di amore,

anche omosessuale. Lui so-stiene che esso è inferiore aquello tra uomo e donna, aquello oblativo, a quello d’a-micizia che è altra cosa. Machi può capire davvero l’a-more? Come si fa a definireciò che è amore e ciò chenon lo è? Che vuol dire amo-re interessato, amore di con-cupiscenza, amore effusivo,amore di benevolenza, amore

matica, ecc. le assorbe trop-po spesso da quel monitornarrante. Ho qualcosa con-tro la TV? No. Ho piuttostoqualche osservazione da fareai genitori! Personalmenteresto convinto che il contattoumano, la voce, lo sguardo,il monito, il ragionamento,lo scambio di idee, una ca-rezza, ecc. restino la stradamaestra dell’educazione (è ilfamoso terzo pilastro del Si-stema Preventivo). Insiemeall’idea di un Dio che nonvieta, ama; che non poneostacoli alla realizzazione disé, li toglie; che non fomentacontrasti, vuole che si supe-rino con l’idea, propria dimolte religioni, “Non fareagli altri ciò che non vorre-sti fosse fatto a te!”.Perciò non si scoraggi: con-tinui senza stancarsi la suabattaglia educativa. Non vie-ti, ma educhi; lasci parlaresua figlia e sua moglie, maesiga anche che a loro voltalascino parlare lei. E si pre-pari – e bene – alle discus-sioni, in modo che non lo ve-dano esagitato, in difficoltà,arrancante. Sostenga concoraggio la sua linea educa-tiva; il suo arco ha tantefrecce da scoccare, quindinon ceda, non dica mai: “Misono stufato, fai quel che tipare!”. A volte è necessarioimporsi, allora scelga bene itempi, i modi, le parole, i to-ni, e non dimentichi di moti-vare quanto esige. Confidiche il suo esempio, la suacapacità di controllo su sestesso, la nobiltà del tratto,l’abilità dialettica, ma anchela sua fede di credente fac-ciano il miracolo: “Sabatoniente sballo, papà!”.

COPERTINE. Caro di-rettore, mi permettauna forte critica: lei ha

fatto una o due volte coperti-ne con ragazze mezze nude el’ombelico al vento (vedi co-pertina di ottobre 2008).Esprimo la mia indignazioneper questo scempio.

N.N.

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NIGHT E SBALLO.Caro direttore, cerco diconvincere mia figlia a

non frequentare il night e losballo del sabato […]. Sonoun genitore non vecchio maclassico di principi […].Qualche sera fa mi ha rinfac-ciato: “Papà sei un giovanevecchio! Nessuno ti ha maidetto che oggi è vietato vieta-re?”. Non è che ha ragione leie noi siamo ormai tagliatifuori da questa società?

Mario S., Verona

Caro signore, “vietato vieta-re” sembra davvero una ca-ratteristica della societàodierna. Indubbiamente pe-ricolosa… uno tsunami, di-rei. Significa che tutto è pos-sibile, tutto è lecito. Solovietare è illecito! Le conse-guenze sono tragiche. Holetto da qualche parte che unbambino italiano, finite leelementari, ha visto in mediasullo schermo della TV dicasa circa ottomila omicidi epiù di centomila violenze…Oggi la TV è diventata labalia dei figli, ha rubato ilposto alla nonna… È la non-na elettronica che raccontafavole che ... si vedono; chepoi siano truci o violente, osporche, non ha importanza.“Quando Mariuccio è da-vanti alla TV sta buono, al-trimenti è insopportabile!”.Nessuno pensa che l’insop-portabilità, l’insofferenza, ladurezza che porta al bulli-smo, la disobbedienza siste-

FEBBRAIO 2009 BS

E TT E R E AL D I R E TT O R EL

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OGNI MESECONDON BOSCOA CASA TUAIl BollettinoSalesiano vieneinviato gratuitamentea chi ne fa richiesta.Dal 1877 è un donodi Don Bosco a chisegue con simpatiail lavoro salesiano trai giovani e le missioni.

Per la vostra corrispon-denza:

IL BOLLETTINOSALESIANOCasella post. 1833300163 ROMA Bravettafax 06/656.12.643E-mail: [email protected]

Diffondetelo tra iparenti e gli ami-ci. Comunicatesubito il cambiodi indirizzo.

BS FEBBRAIO 2009

7bisogno di misericordia) èpassata senza un cenno, anchese ne ho discusso con il mioparroco […] È o non è un ar-gomento fondamentale? [..]Sono un bacchettone o qualco-sa non va nell’équipe che diri-ge la parrocchia? […]

Mario…@...

Caro signore, la “DivinaMisericordia” è attributofondamentale di Dio, e c’è dipiù: è anche attributo fonda-mentale di Allah e negli am-bienti “alti” non si ha timo-re di affermare che sia pro-prio questo titolo divino ilponte per un possibile dialo-go con l’Islam. In effetti ilcardinale Philippe Barbarin,arcivescovo di Lione ha di-chiarato che la “Misericor-dia” è parola chiave nel rap-porto fra cristiani, musulma-

ni ed ebrei, scrivendo fral’altro: “La riscoperta dellaDivina Misericordia promos-sa da Giovanni Paolo II èdecisiva per la promozionedel dialogo dei cristiani coni musulmani ed ebrei”. Nonper nulla il 30 marzo – do-menica in Albis – il Segreta-rio di Stato cardinale Berto-ne, che come lei sa è un sa-lesiano, ha tenuto presso laChiesa di Santo Spirito inSarsia l’omelia sulla DivinaMisericordia. Insomma, carosignore, si tratta di un temadi prim’ordine per le impli-cazioni ecumeniche che puòavere. È perciò alquanto sin-golare che non se ne facciacenno nella domenica dedi-cata, che non è stata scelta acaso. Nei 99 nomi di Allah ipiù utilizzati sono Ar-Rah-man (Colui che è molto mi-sericordioso) e Ar-Rahim(Colui che è tutto misericor-dioso). Proprio questi dueattributi nelle 5 preghiereobbligatorie di ogni giorno –cui ogni musulmano è tenuto– si ripetono per più di 30volte. In definitiva, il misterodella Misericordia fa partedel “tesoro della Chiesa”.Beh, che dirle? Provi aistruire un po’ il suo parro-co (!) ma, mi raccomando,lo faccia con discrezione,anzi con... “misericordia”.

SOLO MALA SA-NITÀ? Caro direttore,Spesso in Italia si parla

di “mala sanità”. Io, al con-trario, sono testimone di“buona sanità”… in occasio-ne del mio ricovero pressouna struttura accreditata conil Servizio Sanitario Naziona-le, dove la grande competen-za dei sanitari è andata di paripasso con l’approccio psico-logico alla mia persona daparte della classe infermieri-stica, tecnica e ausiliariadell’Oncologia di Viagrande(CT). Non posso che essernericonoscente e ringraziare.

Giovanni, Catania

Deo Gratias!

contraddittorie con la piùgran faccia tosta del mondo.Quel che posso dire è che c’èun grande interrogativo ac-canto alla parola amore; è lostesso che c’è accanto allaparola Dio. Ancora, quel cheposso dire è che di dolore èzeppo il mondo, che di dispe-razione trabocca ogni angolodel pianeta, che l’orfanezza èuna componente societaria…e potrei continuare. I proble-mi da risolvere – nel mondo –superano di gran lunga la po-polazione del mondo! Perso-nalmente lascio a Dio il com-pito di districarsi da certigarbugli, cercando, personal-mente, di essere un “onestocittadino e buon cristiano”.

LA DIVINA MISERI-CORDIA. […] Il mioproblema è “la festa del-

la Divina Misericordia”, laparrocchia salesiana che fre-quento sembra che non ne ab-bia mai sentito parlare… An-che quest’anno la domenica inAlbis (che è anche la domeni-ca della Divina Misericordia –e Dio sa quanto ne abbiamo

Non ci è stato possibilepubblicare tutte le letterepervenute in redazione. Cene scusiamo. Provvedere-mo a suo tempo alla pub-blicazione o alla rispostapersonale.

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� Docente 40enne, di otti-ma famiglia e indiscussamoralità, amante della vi-ta e dei viaggi, cerca ami-ci/che che hanno le stesse“passioni”. lluuiissmmaarriioo@@kkaattaa--mmaaiill..ccoomm oo 333333//6699..6611..332288..

� Vendo a privati qualsiasicosa appartenga all’artesacra. In più, a chi è interes-sato, vendo francobolli diMaria Teresa di Calcutta ePadre Pio. La mia e-mail è:rroobbeerrttaa__ppaarrmmaa@@hhoottmmaaiill..iitt..

� Salve! Sono Asia da Ve-nezia. Avrei il piacere di cor-rispondere con nuovi amicie amiche di qualsiasi età eluogo. Vi aspetto: TTrroovvaattooAAssiiaa,, VViiaa CCaassee NNuuoovvee MMaarr--gghheerraa 2288,, 3300117755 VVeenneezziiaa.

� Sono un detenuto delcarcere di Padova. Desi-dererei avere una corri-spondenza con personevolenterose. Devo affron-tare ancora buona partedella mia pena e sarei fe-lice di potermi intrattene-re con chiunque, via epi-stolare. Scrivete a: TTaallaammooMMiicchheellee,, VViiaa DDuuee PPaallaazzzzii3355//AA,, 3355113366 PPaaddoovvaa.

� Sono Anna Maria e ho40 anni. Vorrei corrispon-dere per amicizia conpersone della mia stessaetà che abbiano anchefigli piccoli. Il mio indirizzoè: AAnnnnaa MMaarriiaa SSuullppiizzii,, VViiaaFFaabbrriizziioo LLuusscciinnoo 7788,, 0000117744RRoommaa.

AP P E L L I

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IN ITALIA NEL MONDO&MARATEA, ITALIA

DAGLI APPELLI DEL BS

Da un appello del BS pubbli-cato nel settembre 2004, incui il salesiano don AlmeidaJosé De Freitas chiedeva aiu-to per tanti bimbi poveri dellasua parrocchia di Fortoleza,nel Nord Est del Brasile, è na-

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FEBBRAIO 2009 BS

CREDO IN DIO MA A MODO MIO

di Maurizio Maiore,edizioni creativa

È una specie di catechismoquello di Maurizio Maiore, daanni impegnato nelle missionipopolari della diocesi di Ro-ma. Il presente volume è unromanzo che presenta raccontidi un uomo qualunque con unasua particolare idea di Dio. Lesituazioni, i casi, le vicendesono verosimili: possono ca-pitare a chiunque, il linguag-gio è semplice, diretto, irrora-to di ironia e comicità che nerendono appetibile la lettura,pur affrontando i grandi pro-blemi della fede.

LIMERICK, IRLANDA

LA SCUOLASECONDARIASALESIANA E LACURA DELLA TERRA

Nella scuola secondaria sa-lesiana di Fernbank, unquartiere di Limerick (Irlan-da) da alcuni mesi sventolauna bandiera verde, conse-gnata ai centri educativi“amici” dell’ambiente attra-verso la riduzione deglisprechi, il riciclaggio, la pu-lizia nei luoghi abitati, il ri-sparmio dell’energia elettri-ca. La consegna della BAN-DIERA VERDE è stata l’oc-casione per una manifesta-zione pubblica alla presenzadi suor Bridget O’Connell,

ta una Casa di Accoglienzaove i bambini sono educati,scolarizzati e avviati a un me-stiere. Quell’appello infatti fuallora accolto dall’Associa-zione S.P.E.M. Onlus di Ma-ratea che, invece di inviarequalche aiuto in denaro si èmobilitata per un progettoconsistente e duraturo. Ora ilBarrio Planalto do Pisí pos-siede una casa, dedicata allaBeata Maria Vergine di Vig-

giano, capace di alloggiare500 bambini dove essi ricevo-no un’istruzione, un’educa-zione sociale, una formazionereligiosa. L’exallievo salesia-no dottor Vincenzo Mattia-ce, presidente della OnlusS.P.E.M., esprime la sua sod-disfazione e quella dei suoicollaboratori per l’importanteopera portata a termine. An-che un semplice appello puòfare miracoli.

FMA e direttrice della scuo-la, dei rappresentanti delleautorità civili locali, di tuttoil personale, dell’intera co-munità scolastica. Il primopasso per ottenere il ricono-scimento di “amici” dell’am-biente, è stato la costituzio-ne di un “Comitato ScuolaVerde”, comprensivo di stu-denti, personale docente enon docente, genitori. In se-guito, i rappresentanti di “AnTaisce” – il corpo nazionaleche esamina le scuole chechiedono la bandiera verde –visitano la scuola e ne verifi-cano gli adempimenti e iprogetti educativi per l’edu-cazione all’ambiente. La co-munità educante di Fern-bank ha preso coscienza del-la valenza educativa del-la cura dell’ambiente, parte

dell’approccio integrale ver-so la persona del giovaneper la formazione ad una cit-tadinanza attiva. L’esperien-za si è rivelata anche una

buona opportunità per l’inte-ra comunità della scuola dilavorare insieme e offrirecorsi di leadership per glistudenti.

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GOMA, R.D. CONGO

L’INFERNO DI GOMA

Ancora guerra, ancora sfollati,ancora donne e bambini in fu-ga, ancora fame… L’hannochiamata “la città dei bambiniperduti”; quelli che non sono instrada o in strutture per sfollati,sono nell’esercito, arruolati co-me soldati, con fucili più gran-di di loro. Davanti alla casa sa-

redazionale

FILATELIAa cura diRoberto Saccarello

LOURDES SUL TITANOIl santuario di Lourdes sorge attorno alla grottadi Massabielle, presso il fiume Gave, dove nel1858 la Vergine apparve per ben diciotto volte aBernardette Soubirous, la figlia quattordicenne diun povero mugnaio.

La Repubblica di San Marino ha voluto solenniz-zare il 150° anniversario delle apparizioni dellaMadonna di Lourdes con una serie composta ditre valori, disegnata da Daniela Longo: il francobol-lo da 0,36 € rappresenta il ritratto di Bernadette,tratto da una fotografia dell’epoca e il primo mira-colo avvenuto il 1° marzo 1858: una donna immer-se il braccio slogato nell’acqua della fonte e riac-quistò prodigiosamente la mobilità dell’arto. Il valo-re da 0,60 € raffigura la processione dei fedeli allagrotta e la basilica di Lourdes che si staglia sullosfondo di un cielo stellato, mentre il francobollo da2,00 € ricorda le apparizioni della Madonna a Ber-nadette.

Per informazioni: Azienda Autonoma di StatoFilatelia e Numismatica della Repubblica di SanMarino.Tel. 0549/88.23.80-70E-mail: [email protected].

WARSZAWA, POLONIA

DA 50 ANNI AL SERVIZIO DEL VANGELO

Il 14 ottobre scorso, in occa-sione della Giornata dell’E-ducazione celebrata annual-mente in Polonia, il Presi-dente della Repubblica po-lacca, Lech Kaczynski, haassegnato a suor KrystynaRuczko la medaglia d’oroper i suoi 50 anni di catechi-sta nella scuola media. Laconsegna della medagliad’oro a una religiosa è unfatto straordinario. Fino aqualche anno fa, le autoritàcivili non apprezzavano l’in-

segnamento della catechesinelle scuole. Nel periodo delcomunismo, quando la reli-gione è stata abolita, la cate-chesi è continuata nelle par-rocchie, sovente in situazio-ne di clandestinità. Solo ne-gli anni Novanta, la forma-zione catechistica ha ripresoa svolgersi nelle aule sco-lastiche. L’onorificenza disuor Krystyna è il riconosci-mento di lunghi anni di mis-sione qualificata nello stilesalesiano per la formazionedelle giovani generazioni.La festa di suor Krystyna èstata resa ancora più bel-la dalla lettera di ringra-ziamento inviata dall’arcive-scovo Henryk Hoser, ordina-rio della diocesi di War-szawa-Praga.

lesiana di Ngangi sono file in-terminabili che aspettano, chie-dono aiuto, protezione e paneper la loro endemica fame.Sembra una terra nata per laguerra, ma in tempi di crisi in-ternazionale non fa più nessuneffetto ai paesi ricchi, costrettia ripiegarsi sui propri problemie a leccare le proprie ferite. Isalesiani chiedono ancora unavolta aiuto per chi sta peggio. IlVIS, la struttura salesiana divolontariato, si è impegnato

con tutte le forze perportare aiuto allamartoriata città conun occhio specialeper i più deboli, ibambini che, comeal solito, sono coloroche più di ogni altrosubiscono le conse-guenze deleterie delconflitto.

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[…] È la prima lettera che scrivo nel nuovo anno edebbo affidarle ben dolorose notizie. Siamo giuntiqui stassera circa le 4, sempre lusingandoci che,data la posizione della nostra casa di Messina e lasolidità dell’edifizio, i nostri non dovessero aversofferti molti danni. Invece ecco la spaventevolerealtà. Sono morti dei nostri e rimangono sepoltisotto l’edifizio i confratelli Sacerdoti: PasqualiGiuseppe, Pirrello Vincenzo, Claris Dario, UrsoAntonio, Lo Faro Arcangelo, Rapisarda Mauro; ichierici Manzini Mario, Venia Giuseppe e il coa-diutore Longo Giuseppe. Perirono inoltre trentottoalunni e i famigli Marotta Antonio, Marotta Salva-tore, Pirrello Francesco, Zuccarello Alfio. Moltifurono i feriti, ma nessuno gravemente.Alla notizia del disastro, che a Catania giunse soloalla sera dello stesso giorno, partirono l’indomanil’Ispettore e D. Camuto che stettero sul luogo fin-ché non ci fu più speranza di dare aiuto, essendotutto sepolto in un silenzio di morte!...Ora tutti i superstiti nostri, compreso il direttoreche fortunatamente restò incolume, e diciotto alun-ni, sono ricoverati qui all’Istituto. Altri alunni sonodispersi qua e là in famiglia o negli ospedali.

Il BS di febbraio 1909 fa un resoconto delterribile terremoto del 28 dicembre 1908 aMessina. Fu coinvolto con distruzione, mortie feriti anche l’istituto salesiano.Don Bertello con un espresso ne avvisail rettor maggiore, don Rua.

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ALESSANDRIA,EGITTO

ALLA FIERA

L’Istituto professionale “DonBosco” di Alessandria d’E-gitto ha esposto alla FieraInternazione del Cairo untornio a tre assi di ultima ge-nerazione, il primo che arri-vava in Egitto. La ditta co-struttrice Gildemeister (Ger-mania) l’ha concesso allascuola professionale “DonBosco” di Alessandria che èconsiderata tra le più presti-giose del Paese. Un poster

con la figura di Don Bosco ela scritta MULTIPURPOSEVOCATIONAL CENTER,dava visibilità alla macchinama anche alla scuola salesia-na… Come avvenne ai tem-pi di Don Bosco, quandonell’esposizione nazionale diTorino del 1883 era colloca-ta la più moderna macchina– sempre tedesca – allora incommercio con un ciclo dilavorazione che dagli straccipassava alla carta e da que-sta al libro! Il primo ad ac-quistarla fu proprio Don Bo-sco che meravigliò i visitato-ri anche per la bravura deisuoi ragazzi.

PENSIERI ALL’ALBA

di Fabiano Caso, Guidaeditore

Un libro inusuale, con unaparticolarissima impostazio-ne grafica: ogni pensiero,ogni riflessione, ogni bra-no poetico, ogni confiden-za, ogni idea ogni commen-to, tutto è supportato da unaillustrazione (foto o dise-gno) che aiuta l’approfon-dimento. L’autore, psicolo-go clinico, affronta temi,problemi ed emozioni, para-noie, paure, sofferenze, spe-ranze e illusioni dell’uo-mo, alterazioni percettive e

quant’altro attiene alla fra-gilità umana. È da leg-gere perché… terapeutico!Il cd che l’accompagna hadue canti meditativi che so-stituiscono il leitmotiv deltesto.

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ALICE E GLI ALTRI (19)Divagazioni (mica tanto) su... un fenomeno sempre più quotidiano in troppe famiglie:

madri, figlie e matrimoni più o meno falliti.

Valeria non si parlanopiù, si urlano in facciae basta. Mamma èsempre in ansia: lacontrolla, la spia, lariprende a ogni occa-sione. Valeria apre laporta e se ne va, la -sciandole Filippo e lepreoccupazioni”. “Sem-bra proprio che Valeriaabbia voglia di sentirsiancora figlia, e nonsolo mamma”. “Hai ra -

gione, Alice. Se non ci fosse Filippo sembrerebbedi essere tornati a un paio d’anni fa, quando Vale-ria faceva i suoi casini e mamma dietro a urlare. Tiricordi dell’episodio in discoteca, quando Valeria èstata ricoverata perché aveva assunto pasticchecon alcol?”. “E chi se lo scorda!”. “Sembravaessersi calmata… Poi è rimasta incinta. Dopo unattimo di smarrimento si riprese, appariva posata,consapevole. Ma era solo una finta, adesso haripreso a fare la ragazzina fuori di testa!”.

>> “Un po’ ragazzina lo è, anche se ha un figlio.Ma non credo che abbia finto quando ha presola decisione di tenere il bambino. Però è chiaroche ci sono cose che deve risolvere… lei con sestessa e lei con Paolo. Confrontarsi con la realtànon deve essere facile per lei: tutti i suoi amicifanno progetti per il futuro, il suo invece è giàtutto scritto e forse questo la spaventa. Se poi lecose con Paolo vanno come dici, è chiaro che sisfoga rimettendosi a fare l’adolescente ribelle.Facciamo così. Avvertiamo i tuoi che vieni apranzo da me, così ce ne stiamo un po’ tranquil-le”. “Sicura che non disturbo?”, chiede Violasperanzosa. “Ma figurati! Mamma dice sempreche ti vede troppo poco! E poi… Ti ricordiPamela? L’amica di mamma, quella bionda, cari-na? Lei è psicologa, si occupa di famiglie, maga-ri possiamo chiedere il suo numero e tu potrestifare due chiacchiere con lei. Che ne dici?”.“Dico che sei sempre la mia migliore amica. Misento già un po’ meglio”. �

“Studiamo in sie-me oggi po -me r i gg io ? ” ,

chiede Viola ad Alicementre escono dascuola. “Certo! Da te oda me?”. “Da te, Ali-ce… Casa mia è diven-tata una specie diinferno”. “Beh, anchea casa mia c’è un po’di confusione. Beatricecomincia a farsi senti-re…”. “Non è il bam-bino, purtroppo… “, dice Viola con un sospiro.“Ehi! Che succede? Sei preoccupata?”. “Alice,non ce la faccio più… Le cose vanno malissi-mo… Tra Valeria e Paolo è sempre peggio. Vale-ria ha cominciato a fregarsene del bambino. Stasempre fuori casa. Mia madre, naturalmente lesta addosso e nei pochi momenti che sono insie-me non fanno che urlare”. “Beh, avere un bambi-no così giovani non deve essere facile; evidente-mente tua sorella sente il peso di questa situazio-ne e…”. “Ci doveva pensare prima, allora! Lasciasempre Filippo con i nonni e lei va in giro a farsii fatti suoi! L’altra notte è tornata tardissimo,mamma si è alzata e hanno cominciato a litigare.Se ne sono dette di tutti i colori. Filippo s’è sve-gliato e papà, l’unico ad aver mantenuto un mini-mo di lucidità, si è alzato anche lui, ha mandatoa dormire tutte e due e si è occupato di Filippo. Eio… non ho più chiuso occhio”.

>> “Mi dispiace, Viola. Ma oramai la situazione èquesta e va affrontata. Io penso che Valeria stiasolo cercando di far capire a tutti che in fondo leiha solo diciannove anni”. “Sì, però non è andandoin giro a bere e chissà che altro, che si risolvono iproblemi. Con Paolo, ormai, si vedono solo quan-do lui viene a prendere Filippo per portarlo a casasua; non escono più insieme… Anzi, Valeria diceche si sta vedendo con un’altra”. “Bah! Che lecose non sarebbero state facili, era più che preve-dibile. Bisognerebbe fermarsi e fare il punto dellasituazione”. “Ma che punto vuoi fare! Mia madre e

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O SSERVATORIO Anna Rita Delle Donne

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Dopo la Rerum novarum, loscenario sociale è denso dieventi sociali epocali: la fon-dazione del partito laburista inInghilterra, la ConfédérationGenéral du Travail in Francia, larivoluzione bolscevica di Lenine quella cinese di Mao, il parti-to National socialista dei lavo-ratori tedeschi di Hitler, quelloNational fascista di Mussolini,quello comunista di Gramsci…

Quarant’anni erano trascor-si dalla Rerum novarumdi Leone XIII quando,nel 1931, Pio XI pub-

blicò una nuova enciclica sociale,detta appunto “Quadragesimo an-no”, nel momento cruciale della cri-si mondiale del liberismo, due annidopo il crollo drammatico di WallStreet e l’inizio della “grande de-pressione” che provocò un accesodibattito sulla “crisi del capitali-smo”. Pio XI definiva il documentodel predecessore “la Magna Chartasulla quale deve posare tutta l’atti-vità cristiana nel campo sociale co-me sul proprio fondamento”. Macontemporaneamente sottolineavache “le nuove necessità dei tempi ela mutata condizione delle cose” ri-chiedevano un aggiornamento delladottrina leoniana. La “questioneoperaia” su cui aveva preso posizio-ne la Rerum novarum, era diventataormai la “questione del sistema eco-nomico capitalista” (e del suo con-fronto con il sistema instaurato dalcomunismo in Russia). E fu questala “questione” complessa, dai fortiaspetti ideologici, che venne affron-tata da papa Ratti, primo a usare l’e-spressione “dottrina sociale” (peresteso “dottrina sulla questione so-ciale ed economica”).

IN DIFESA DEI POVERILa Quadragesimo parte dalla di-

fesa dei poveri, riprendendo il du-rissimo riferimento della Rerum alla

pera”. Quella dottrina è chiamata“nuova filosofia sociale” e Pio XI èconsapevole che “non poteva nonprodurre anche in alcuni cattoliciuna certa impressione di sgomento,anzi di molestia e per alcuni anchedi scandalo”. Di qui la variegata ri-cezione della Rerum che “affronta-va coraggiosamente gli idoli del li-berismo e li rovesciava, non tenevain nessun conto pregiudizi invetera-ti, preveniva i tempi oltre ogniaspettazione; ond’è che i troppo te-naci dell’antico disdegnavano que-sta nuova filosofia sociale”, mentre“i pusillanimi, pur ammirando tantaluce”, la reputavano “come un idea-le chimerico”.

Anche papa Ratti è favorevoleall’associazionismo operaio: “quan-do in parecchie nazioni i pubblicipoteri, totalmente asserviti al libera-lismo, poco favorivano, anzi avver-savano apertamente le associazioni

condizione dei ricchi, “classe esiguadi numero”, che “volevano affidatasoltanto alla carità la cura di sovve-nire agli indigenti, come se alla ca-rità corresse l’obbligo di stendereun velo sulla violazione manifestadella giustizia: violazione tolleratanon solo, ma talvolta sancita dai le-gislatori”. Pio XI ricorda l’azione diLeone XIII che volle tutelare, dipersona, la causa degli operai “con-segnati soli e indifesi alla disuma-nità dei padroni e alla sfrenata cupi-digia della concorrenza”, indicandocon coraggio “i diritti e i doveri”dai quali dovevano sentirsi “vicen-devolmente vincolati e ricchi e pro-letari, e capitalisti e prestatori d’o-

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LE ENCICLICHESOCIALI (2)QUADRAGESIMOANNODI PIO XIdi Silvano Stracca

HIESAC

Stemma araldico di Pio XI (Achille Ratti).

Pio XI - Achille Ambrogio Damiano Ratti fu un uomo di vasta erudizione (laureato in filosofia, Diritto canonico e Teologia) con profonde conoscenze letterarie e scientifiche, e un valido educatore, oltre che un appassionato alpinista.

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LA QUESTIONE “CAPITALISMO”

Spietata la critica di Pio XI al“capitalismo” del tempo, alla con-centrazione della ricchezza “cheferisce gli occhi”, all’accumularsidi un “enorme potere economicodispotico in mano di pochi”. Equesti, sovente, “neppure proprie-tari, ma solo depositari e ammini-stratori del capitale”. Dunque, pa-droni non di beni o imprese, masolo “padroni di denaro”. Il Papaintuisce le conseguenze estremedell’internazionalizzazione deimercati finanziari. La concentra-zione di risorse nelle mani di pochiscatena lotte per il dominio mon-diale che determinano due fenome-ni diversi: da un lato, il nazionali-smo o anche l’imperialismo econo-mico; dall’altro, non meno funestoed esecrabile, l’internazionalismobancario o imperialismo interna-zionale del denaro. La Quadrage-simo è infine attenta alle trasfor-mazioni nel socialismo, che ora siè diviso in due partiti principali,“fra loro inimicissimi”: il comuni-smo, che persegue “la lotta di clas-se più accanita e l’abolizione asso-luta della proprietà privata”; e unaltro partito che ha conservato “ilnome di socialismo” e professa unprogramma graduale di riforme afavore degli operai. Ai molti ches’interrogano sulla compatibilitàtra tale partito e la dottrina dellaChiesa, Pio XI risponde: “Procla-miamo che il socialismo, sia consi-derato come dottrina, sia come fat-to storico, sia come azione, se restaveramente socialismo, non puòconciliarsi con gli insegnamentidella Chiesa cattolica”.

(continua)

una questione di giustizia. Però nonè la giustizia, bensì la carità a esige-re che i proprietari usino dei lorobeni a vantaggio di tutti. Lo Statopuò entro certi limiti prendere misu-re perché la proprietà sia ben usata,ma non può usare “arbitrariamente”di tale diritto che lo stesso Stato“non può sopprimere”. Pronuncian-dosi per una riforma generale del-l’ordine socio-economico, Pio XIenuncia in modo esplicito uno deicardini della dottrina sociale dellaChiesa, il principio di “sussidia-rietà”. “Siccome è illecito – scrive –togliere agli individui ciò che essipossono compiere con le forze el’industria propria per affidarlo allacomunità, così è ingiusto rimetterea una maggiore e più alta societàquello che dalle minori e inferioricomunità si può fare”. In sostanza, iprivati devono essere lasciati liberidi fare quanto con le loro forze rie-scono a fare; solo dove le forze deiprivati non bastano, potrà e dovràintervenire lo Stato. L’applicazionedel principio non indebolirà, ma an-zi rafforzerà l’autorità dello Statoche, libero “da pesi non propri”, po-trà intervenire con direttive generalisull’economia.

di operai, e mentre riconoscevanoconsimili associazioni di altre classie le proteggevano, con ingiustiziaesosa negavano il diritto naturale diassociarsi proprio a quelli che più neavevano bisogno per difendersi dal-lo sfruttamento dei potenti. Né man-cava fra gli stessi cattolici, si duolePio XI, chi mettesse in sospetto itentativi di formare tali organizza-zioni, quasi fossero impregnate diun certo spirito socialistico o sov-versivo”. Pio XI rivendica con forza“il diritto e il dovere di giudicarecon suprema autorità intorno allequestioni sociali”. Aggiunge che“non vuole né deve la Chiesa senzagiusta causa inserirsi nella direzionedelle cose puramente umane”. Innessun modo però, sostiene il Papa,“può rinunziare all’ufficio, da Dioassegnatole, d’intervenire con la suaautorità non nelle cose tecniche, perle quali non ha né i mezzi né la mis-sione di trattare, ma in tutto ciò cheriguarda la legge morale”.

LA QUESTIONE “PROPRIETÀ”

Leone XIII, ricorda la Quadrage-simo anno, ha “difeso gagliarda-mente il diritto di proprietà controgli errori dei socialisti del suo tem-po”. Tuttavia il suo magistero haanche messo in luce la doppia natu-ra della proprietà: individuale (per ilsostentamento di ciascuno e dellafamiglia) e sociale (perché i benidella terra servono al bene comunedi tutti). Dimenticando l’aspetto so-ciale si cade nell’individualismo li-berale; dimenticando l’aspetto indi-viduale nel collettivismo. La que-stione della proprietà è innanzitutto

LAICINella Quadragesimo anno Pio XI,ideatore dell’Azione Cattolica, tende a rivalutare il ruolo specifico dei laiciprima ancora del Vaticano II. Siamoancora lontani dalla teologia del laicatosviluppatasi con il Concilio, ma èsignificativa l’attribuzione che il Papa fad’una propria funzione ai laici, accantoa quella propria della Gerarchia. Il

Pontefice distingue tra “dottrinaimmutata e immutabile sulle materiesociali” e “azione sociale”. Elaborare la prima è compito della Gerarchia;attuare la seconda invece spetta ailaici – definiti “ausiliari della Chiesa” –,essendo loro compito applicare “ladottrina immutata ed immutabile dellaChiesa alle nuove necessità”.

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Anche papa Ratti è favorevole all’associazionismo operaio.

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DON BOSCOIN TRINCEA

“Prima di partire per ilfronte rinnovai la miaconsacrazione a MariaAusiliatrice… e partii

rassegnato. Una notte del maggiodel 1916 mi trovavo di vedetta in unpiccolo posto avanzato a pochi passidal nemico: verso le 22.00 il nemicoscatenò un uragano di fuoco sullanostra postazione; trovandomi alloscoperto e non avendo altro riparo,mi appiattii in un piccolo buco pie-no di fango; pallottole della mitra-gliatrice e fucileria s’infiltravanonel fango vicino; bombe e granatedi ogni calibro scoppiavano da ogniparte… rassegnato continuai a pre-gare Maria Ausiliatrice e Don Bo-sco... Il bombardamento continuòsempre più intenso sino all’alba…se rimasi illeso lo debbo alla prote-zione della Madonna. Trascorsoqualche giorno mi trovavo in unatrincea avanzata, quasi distrutta dalcontinuo bombardamento; sul fardella sera il nemico, accortosi deinostri lavori di rafforzamento,sferrò un forte attacco e con l’aiutodi riflettori faceva piombare nume-rose bombe e granate sulle nostretrincee, sconvolgendo e distruggen-do uomini e cose. Cercai di riparar-mi in una specie di caverna ove vierano alcuni soldati con un Tenente,il quale appena si accorse della miapresenza, mi ordinò di ritornare almio posto: ubbidii, trascinandomiove mi trovavo prima; appena fattialcuni metri, scoppiò una bomba in-cendiaria nella caverna. Di quelliche si trovavano dentro, alcuni mo-rirono e bruciarono, altri rimaseroferiti. Nella trincea tutto era distru-zione e morte; rimasi al mio posto,persuaso che non sarei più uscito daquel luogo senza un miracolo diMaria Ausiliatrice, che pregavo con

viva fede in ginocchio dietro alcunisacchetti pieni di terra… All’indo-mani dopo molte sofferenze e dopoaver superato molti pericoli, mi tro-vai all’ospedale… Se ora sono an-cora vivo, lo debbo a Lei (alla Ma-donna n.d.r.). Ora mi trovo qui aRoma, scritturale al Ministero dellaguerra, sono in un buon ufficio edho molta libertà; mangio e dormonella nostra casa del S. Cuore…».

È questa del coadiutore salesianoAmbrogio Giovannini una dellenumerose testimonianze dei salesia-ni/soldato presentate da don Leo-nardo Tullini, che ha svolto una ri-cerca sull’esperienza bellica e l’i-dentità salesiana nella Grande Guer-ra (1915-1918), così come emergedalla corrispondenza dei salesianimilitari con don Paolo Albera, allo-ra Rettor Maggiore e altri superioridel tempo.

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ASA NOSTRAC

Un volumetto di unanovantina di paginevuole testimoniare con quali sentimenti i salesiani “militari”partivano per la guerra(si tratta della PrimaGuerra Mondiale) e lavivevano in trincea…Allora non c’era perpreti e religiosil’esenzione dal serviziodi leva e quindi dalpartire per la guerra. Un coadiutoreracconta.

di Pierluigi Cameroni

Copertina del volume, primo di una nuova collana della ELLEDICI dal titolo “Quaderni di Maria Ausiliatrice”.

Don Paolo Albera (1845-1921) secondo successore di don Bosco e Rettor Maggiore durante la Prima Guerra Mondiale.

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missione visse la propriavocazione e missione inin-

terrottamente sotto lo sguar-do di Maria Ausiliatrice, si

nota come la presenza della Ver-gine nella vita quotidiana di questi sa-lesiani/soldato non è una teoria, maun’esperienza costante nella vita diogni giorno. Le loro vicende al frontesono la continuazione della storia ca-rismatica vissuta dal fondatore. È in-teressante notare come risaltino alcunitratti della devozione salesiana allaMadonna di Don Bosco:

– è sentita come «madre», unapresenza viva che opera con un aiu-to concreto nella vita dei suoi figli:difesa, conforto, sostegno, salvezzadell’anima e del corpo;

– l’esperienza della sua vicinanza edel suo aiuto fa crescere l’affidamen-to filiale e fa sbocciare il senso dellagratitudine e della riconoscenza;

– i segni di questa devozione sono di-versi: il portare con venerazione e fi-ducia la medaglia di Maria Ausiliatri-ce; l’invocarla con la giaculatoria chefu quella del fondatore: «Maria, aiutodei cristiani prega per noi»; il celebra-

re con intensità spirituale le sue feste,in particolare quella liturgica del 24maggio;

– all’amore e alla riconoscenza aquesta “Donna delle donne” sonospesso associati il nome e il ricordo diDon Bosco, a significare l’inscindibilerapporto che lega il santo dei giovania Maria, invocata come «la Madonnadei tempi difficili».

VERSO NUOVE FRONTIEREL’aiuto della Vergine, sperimentato

in una vicenda così drammatica e ri-schiosa come la guerra, abilita questisalesiani, una volta terminato l’even-to bellico, a continuare la propriamis sione con intraprendenza, corag-gio e creatività. Basti pensare quantimilitari/religiosi o forse meglio re-ligiosi/militari diventeranno grandimissionari in diverse parti del mon-do, protagonisti di opere e fondazionistraordinarie. Accenniamo solo alvaltellinese don Carlo Braga, ungrande, che fu missionario in Cina equando ne sarà con altri confratelliespulso dalla rivoluzione maoista,andrà a fondare l’opera salesiana nel-le Filippine. L’esperienza militare,zeppa di tribolazioni e disagi affron-tati con la forza della fede, lo plasmòlanciandolo poi verso l’avventura adgentes. Al termine della guerra, colpi-to dalla «spagnola», quando, secondoi dottori, capì di essere spacciato, siaffidò all’Ausiliatrice. Il medico cu-rante, finito il turno, stava ormaismontando quando, spinto da un irre-frenabile impulso, tornò dal malato egli prescrisse una cura. Guarì in po-chi giorni. Ed egli spenderà la ricupe-rata salute per i giovani, partendomissionario nel 1919. �

L’AIUTO DELLA MADONNALa riconoscenza di questo e di tanti

altri salesiani verso Maria Ausiliatri-ce, alla luce dei loro racconti, non èesagerata né frutto di emozioni mo-mentanee. Don Bosco in trincea, pri-mo volume della collana dei Quader-ni di Maria Ausiliatrice,si propone di ricostruire,anche se brevemente, ilmondo dei valori umanie spirituali che sorressei salesiani soldati neldramma collettivo del-l’evento bellico, per me-glio capire, dall’internoe nel vissuto reale, comela devozione a Maria Ausi-liatrice di questi religiosi siauno dei capisaldi della loro identità,in particolare nel tempo della prova edella difficoltà. Il genere letterariodell’epistolario (sono ben 3389 le let-tere inedite consultate, scritte da 791salesiani corrispondenti), pur tenendoconto del contesto e del particolarerapporto che lega mittente e destinata-rio, offre una vastità di testimonianzeaderenti al vissuto e, soprattutto, rivelala reale percezione dei fatti e le rea-zioni degli autori. I salesiani militari,dislocati in sanità nelle retrovie, o an-che sulle prime linee del fronte, scri-vono al superiore religioso con intenticonfidenziali, mai in modo formale.Rivelano così pensieri, affanni e pro-positi, mettendo a nudo la loro animae le risorse a cui si appigliano di fronteai pericoli morali e fisici che incom-bono o alla stessa prospettiva dellamorte. Consapevoli della loro identitàdi religiosi e di salesiani, chiamati auna missione educativa e apostolica,tendono a riportare tutto nell’alveodella propria vocazione. Vivono ilpresente con atteggiamento aperto alfuturo, come una prova e un’opportu-nità di crescita, in vista della loro spe-cifica missione. Tra i criteri con i qualiguardano alle vicende e alle situazioniquotidiane, eccelle la presenza di Ma-ria Ausiliatrice… Ella aveva aiutatoDon Bosco, avrebbe aiutato anche lo-ro che di Don Bosco erano figli ederedi. Alternando alle testimonianzedei salesiani soldati la testimonianzastessa di Don Bosco, che per sua am-

In trincea nella Prima Guerra Mondiale e, a fianco, la medaglia di Maria Ausiliatrice, diffusa da Don Bosco, che i salesiani in guerra portavano devotamente al collo.

Don Carlo Braga sergente.

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intensa, partecipata. Magdiha parlato di sé, del suo iti-nerario spirituale, della suafaticosa ricerca, dei suoi bi-nomi portanti “verità e li-bertà”, “fede e ragione”,“valori e regole”. Ha espres-so la convinzione che L’Eu-ropa si potrà salvare solo se

ROMA, CAPITOLO GENERALE XXII - FMA

L’assemblea capitolare delleFiglie di Maria Ausiliatrice haeletto il nuovo Consiglio Ge-nerale della congregazionefondata da Don Bosco e Ma-dre Mazzarello.

(da sinistra)María Luisa Miranda, Con-sigliera per la Famiglia Sale-sianaMaria Américo Rolim,Consigliera per la Forma-zioneKathleen Taylor, Consiglie-ra visitatriceVilma Tallone, Consiglieraper l’AmministrazioneMarie-Dominique MwemaMu kato, Consigliera vi sita-triceCarla Castellino, Consiglie-ra visitatriceSilvia Boullosa, ConsiglieravisitatriceYVONNE REUNGOAT, Su- periora generaleEmilia Musatti, Vicaria ge-neraleMaría del Carmen Canales,Consigliera per la PastoralegiovanileGiuseppina Teruggi, Consi-

BOXredazionale

PFORZHEIM, GERMA-NIA. Circa 40 mila ita-liani emigrati da 50 annivivono nella “città dell’o-ro”. Da 20 anni li animaspiritualmente un sale-siano, siciliano, che con-tinua a prodigarsi nonsolo per i suoi parroc-chiani di Pforzheim, maanche per le missioni “adgentes”. Don Santi, checompie 70 anni, è un for-midabile difensore delBollettino Salesiano.

MOSUL, IRAQ. Unacittà de/cristianizzata aforza. Vi rimangono sol-tanto circa 500 cristiani:l’odio estremistico reli-gioso non lascia scampo.Così una delle più anti-che comunità cristianedel mondo sembra con-dannata a morte lenta,come per tante altre è giàavvenuto. Prima dellacaduta di Saddam Hus-sein, a Mosul c’erano ol-tre 25 mila cristiani.

BREVISSIMEDAL MONDO

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gliera per la ComunicazionesocialeChiara Cazzuola, Consigliera visitatriceLucy Rose Ozhukail, Consi-gliera visitatriceMarjia Pece, Consigliera visitatricePiera Cavaglià, SegretariageneraleAlaíde Deretti, Consiglieraper le MissioniSaranno l’anima di 14milasuore sparse nei cinque conti-

ROMA, PISANA

MAGDI ALLAM E GLI ISPETTORID’EUROPAÈ venuto da Milano per in-contrare gli ispettori salesia-ni d’Europa. Un’ora e mezza

nenti, intente alla promozionedella donna, all’educazione diragazze e ragazzi in asili,scuole elementari e medie,negli istituti superiori umani-stici, tecnici e professionali, eancora in parrocchie e oratori,case famiglia, centri di comu-nicazione sociale e in terre dimissione… Un lavoro inten-so, a volte pericoloso masempre prezioso e, ne siamoconvinti, indispensabile che

esige, oggi più di ieri, provatecompetenze, fermezza e au-dacia, e… santità.

terrà fede alle sue radici cri-stiane, rinunciando al sogget-tivismo giuridico, consideran-do buoni i “valori non ne-goziabili” che papa Ratzingernon smette di proclamare, fer-mando la deriva etica che lasta squassando dalle fonda-menta e il relativismo ideolo-gico che in partenza negal’uso della ragione. Ma an-che controllando il multicul-turalismo che crea necessa-riamente dei ghetti, con il ri-schio di far implodere la so-cietà; vigilando perché il pro-cesso di globalizzazione inatto non sia solo di matriceeconomica e tecnologica, masi riappropri della valenza spi-rituale, poiché la vera grandecarenza della vecchia Europaè oggi la spiritualità, a favoredi un laicismo che troppospesso si rivela deleterio peri valori perenni.

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FOGGIA, ITALIAWeek-end di emozioniquello del 1° novembre.L’oratorio della parrocchiaSacro Cuore di Foggia adHalloween ha preferito “Lacorsa dei santi” per soli-darizzare con i ragazzi delCongo. 50 ragazzi sonopartiti per Roma, dove

hanno partecipato alla ga-ra e hanno potuto avvici-nare il Rettor Maggiore, e,il Sindaco di Roma e atletidi livello internazionale. Alritorno hanno raccontatoemozionati la loro espe-rienza. È un invito a parte-cipare esteso, a tutti glioratori d’Italia.

ROMA CAMPIDOGLIOIl Rettor Maggiore dei sa-lesiani don Pascual Chá-vez, ricevuta la cittadinan-za italiana il giorno26/11/2008, ha prestatogiuramento alla Costituzio-ne, in Campidoglio, nellemani del vicesindaco,l’exallievo salesiano on.

Mauro Cutrufo, testimonidon Adriano Bregolin, vi-cario dello stesso superio-re, e il dott. Walter Politano,direttore dell’anagrafe diRoma. Il vicesindaco hadonato a don Chávez il vo-lume della CostituzioneItaliana e la medaglia delCampidoglio.

BARI, ITALIARaccolti attorno a papàGiovannino e mamma Ma-ria, cooperatrice salesiana,che festeggiano il 50° dimatrimonio, figli e nipoti. Untraguardo da ricordare, unevento da sottolineare inun’epoca in cui i matrimoni

durano sempre meno. Unmatrimonio inossidabile èun esempio per quanti delproprio sono delusi. Quellodei signori Meola è esem-plare anche per un altromotivo: hanno rifiutato i re-gali, dirottandoli per operedi bene.

ŽEPČE, BOSNIAInaugurato (18/11/’08) nel-la cittadina rurale di Žepčeun centro giovanile multi-culturale. È un forte se-gnale di speranza per unterritorio tra i più poveridella ex-Jugoslavia, deva-stato da 10 anni di guerra.Il grande il problema sono

i giovani, appartenenti adue etnie contrapposte,quella croata/bosniaca equella bosniaco/musulma-na. Il Centro salesiano èarea free, che a tutti offrela possibilità di vivere con-cretamente i valori dellaconvivenza e del reciprocorispetto.

CITTÀ DEL VATICANOErano circa 2000 i membridel movimento “CançãoNova”, giunti da vari Paesiper celebrare i 30 anni difondazione e il riconosci-mento pontificio della loroassociazione. Fondata asan Paolo del Brasile dal

salesiano monsignor JonasAbib, ha lo scopo di evan-gelizzare attraverso i mezzidi comunicazione sociale,soprattutto Radio, TV e mu-sica. Il movimento circa1100 membri ha chiesto dipoter entrare a far partedella Famiglia Salesiana.

a cura del direttore

CITTÀ DEL VATICANOLa XII assemblea generaleordinaria del Sinodo deivescovi ha eletto tra imembri della Commissio-ne di redazione del testo fi-nale anche due salesiani: il cardinale Oscar AndrésRodríguez Maradiaga, ar-

civescovo di Tegucigalpa,presidente della Conferen-za Episcopale dell’Hondu-ras, rappresentate del con-tinente americano; e mon-signor Thomas Menam -pa rampil, arcivescovo diGuwahati (India), rappre-sentante dell’Asia.

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LA VALLE DEI NAMUNCURÁ

L’ALDEACome Dio volle, dopo una visita

alla piccola chiesetta di Ceferino, cu-stodita dal sobrino/nipote FortunatoCoifín, giungemmo all’aldea del ca-cique Celestino, anch’essa come tan-te altre, protetta da pioppi frangiven-to. Poche capanne in legno ormai an-nerite dagli anni e corrose dall’incle-menza del tempo. La ruca/abitazionedel capo non era molto diversa dallebaracche degli attrezzi: là ci ha accol-to con la moglie, con uno dei figli esua moglie e uno dei nipoti. A primavista mi sembrò un anziano contadi-no: non aveva certo l’aria del grancacique dei mapuche. Ma appena ini-ziò la conversazione, fui costretto acambiare parere: la calma, la so-brietà, la gestualità, la pacatezza, lasaggezza, la lucidità caratterizzavanoil personaggio che doveva aver supe-rato gli 80, ma emanava una forza re-gale e una possanza fisica non comu-ne. Non poteva che essere lui, “il ca-po”, mi dissi. Mi parlò dei suoi 16

fratelli e dei suoi 13 figli, “avuti dauna sola donna!”, precisò don Matteoche era il cappellano dei mapuchedella valle San Ignacio. Mi parlò dellaloro storia di pastori, e del loro prega-re all’alba appena alzati, rivolti versoil sole nascente, con tutta la famigliariunita fuori della ruca: un’invoca-zione a Futa Chao per i figli, i parenti,il popolo mapuche, le bestie, la piog-gia, il vento… perché Dio concedes-se tempi favorevoli ai loro 20.000 et-tari di pampa, acque limpide e ab-bondanti al fiume Aluminé ed erbecommestibili per il foraggio deglianimali, fonte della loro sopravviven-za. Un parlare calmo, nobile, quasimeditativo, che incuteva rispetto. Al-la domanda se e quando si riunivanoinsieme i componenti dell’intera tribùNamuncurá, sparsi ormai un po’ do-vunque nella valle, ma anche fuori, larisposta fu rapida e concisa: “Durantela grande rogativa, la festa della pre-ghiera del mio popolo”.

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IAGGIV

Tra i sobbalzi provocati da unasterrata impossibile e numerosi“passaggi” di mate (per attutire isobbalzi?) la camionetta di Ra-

mon ci trasportò attraverso la grandeValle di San Ignacio fino alla tolderiadi Celestino Namuncurá, attuale caci-que dei mapuche, diretto discendentedi Manuel Namuncurà, padre di Ce-ferino e suo pronipote.

Una valle ampia, quella di SanIgnacio, desolata, sotto un sole fred-do che custodisce la tipica vegetazio-ne pampeana di arbusti spinosi ed er-be dai nomi impossibili: coirón, qui-lembai, colapiche, retama, jume, al-pataco e via di questo passo. Il pano-rama aveva un che di grandioso e mi-sterioso insieme, avvolto da un gran-de silenzio, appena disturbato da unvento pungente che intirizziva i lobidelle orecchie. Una magnifica deso-lazione/Magnificent desolation, avreb-be detto Aldrin come quando sbarcòsulla Luna. Precisamente in quelladesolazione pascolavano mucche ecapre alla insistita ricerca di erbacommestibile che solo loro riusciva-no a trovare nell’infertile terreno chesi estendeva a perdita d’occhio, fino alambire le montagne.

La visita alla tolderia dei Namuncurá dov’erastato confinato Manuelcon il resto della suatribù, dopo lo sfratto da Chimpay. La terra, i pascoli, il fiume e ilcultrum di Ceferino.

La “magnifica desolazione” della Valle San Ignacio e il tempio “Cultrum” di Ceferino Namuncurá.

Il Monte de la Cruz con il cippo di Ceferino, che sovrasta e veglia sulla Valle San Ignacio.

di Giancarlo Manieri

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assegnatogli) assieme ai suoi ani-mali e alla sua famiglia, ma non loconsidera di sua proprietà, esso ap-partiene alla tribù. Così sente e ra-giona un mapuche, né ci sono leggiche possano fargli cambiare idea.Da lui appresi che a Quito, capitaledell’Ecuador, esiste una piazza conbandiere e cippi dedicata ai piùgrandi uomini latino americani. Trai tanti ci sono anche Calfucurá eNamuncurá, altro motivo di orgo-glio per il vecchio cacique.

VERSO IL MONTE DE LA CRUZ

Poi Celestino ci indicò il Monte dela Cruz che domina la grande Valle,invitandoci a salire sin lassù, doveaccanto alla croce troneggia il bustoin cemento di Ceferino, sentinella diSan Ignacio. Ci avviamo. Don Mat-teo faceva da guida e non cessava diraccontare “virtù e miracoli” del luo-go e dei suoi abitanti: la loro naturasostanzialmente pacifica, la loro con-cezione della vita, la fedeltà alle tra-dizioni, la venerazione per gli antece-sores/antenati, e l’orgoglio di avereCeferino. Salendo, l’orizzonte si al-largava man mano e la valle mostra-va nel silenzio la sua selvaggia bel-lezza. Eccoci alla rampa finale. Unacinquantina di metri più in alto, il cu-cuzzolo con la croce e il mezzo bustodi Ceferino posato su un cippo di pie-tre. Pensavo tra me che il giovaneeroe della pampa aveva mantenuto lapromessa: nonostante la sua prematu-

ra scomparsa, o forse proprio a moti-vo di quella, egli è stato davvero utilealla sua gente. Fu durante la sosta,prima di affrontare l’ultimo ripidotratto di salita, che don Matteo rac-contò un fatto curioso avvenutoquando la scultura di Ceferino venneportata fin lassù per esservi installata.La tribù seguiva la statua caricata suun carro tirato da buoi. Canti e pre-ghiere nella loro lingua accompagna-vano la processione. Tutto bene finoall’ultimo strappo. Quando i buoi at-taccano la ripida salita finale, fannosolo pochi metri e si fermano, ci ri-provano, niente da fare, non riesconoa stare in piedi, il rischio di rotolare èalto… D’improvviso gli animali pie-gano i ginocchi fino a terra, il timonesi stabilizza… Incitati, i buoi provanoad avanzare ginocchioni. Miracolo! Ilcarro si muove: avanza lentissimo,ma avanza. Così gli ultimi 50 metrisono stati percorsi dagli animali inginocchio tra la commozione di tutti,che anche in questo hanno visto unsegno beneaugurante. Tornando ver-so la strada principale, rimuginavoquanto avevo visto e sentito. Certonon è facile convincersi che il discen-dente di Calfucurá, imperatore dellaPampa, vivesse in un’aldea che nes-sun occidentale avrebbe esitato a de-finire squallida. Eppure lì tra loscompiglio tipico di un insediamentocontadino e il fetore di stallatico ebbil’impressione di una grande nitidezzacome poche volte si avverte nelle ul-trapulite case occidentali. Il fiumescorre pigro in un lato della valle, lebestie pascolano libere nella pampaignaciana, l’aria gelida tiene lontaniinsetti e profumi sgradevoli; i pioppi,sentinelle dell’aldea, sono all’ertacontro il vento. Partiamo… e quasiquasi mi dispiace partire! �

VISITA AL CULTRUMPoi lo stesso Celestino volle ac-

compagnarci in visita al nuovo san-tuario dedicato a Ceferino che i Na-muncurá stavano costruendo nelpunto più visibile della valle, nonlontano dall’aldea del lonco/capo.Non ancora terminata, la costruzioneha forma e aspetto in tutto simili alcultrum, il sacro tamburo che chiamaa raccolta e accompagna la rogativa.Isolato in mezzo alla valle, ma sug-gestivo nella sua magnifica sempli-cità, la grande teca a forma di tambu-ro è stata fatta per contenere i restimortali del loro “santo”. In realtàCeferino è “beato”, ma i mapuchenon sottilizzano troppo, distinguendotra “santo” e “beato”. Ceferino, chenon ha potuto né abitare, né vederela terra assegnata alla sua gente, orasi insedia definitivamente tra loro,come a condividerne la vita e la fati-ca. Insomma, quello che non poté fa-re da vivo – “ser útil a mi gente” – lofa da morto, da beato, anzi, per i suoiconnazionali da santo!

Certamente è difficile per la “gen-te della terra” capire perché sia statoloro assegnato solo questo segmen-to di pampa destinato a loro esclusi-vo consumo. La terra è madre, ed ètutta di tutti: una madre non si puòsezionare, è un delitto! Celestino èorgoglioso di essere un mapuche eun Namuncurá, felice anche di abi-tare il suo “paraje” (il pezzo di terra

L’Aldea dell’attuale cacique dei mapuche.

Il gran cacique dei mapuche, Celestino Namuncurá, diretto discendente di Manuel Namuncurá, padre di Ceferino.

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STILI DI VITA DA CAMBIAREdi Giuseppe Norelli

Zancan sulla povertà e l’esclusionesociale. Del resto un altro rapporto,quello dell’Organizzazione per laCooperazione e lo Sviluppo Econo-mico (Ocse), rivela che nel Belpaeseaumenta il divario tra ricchi e poveri,rispetto ad altri Paesi, dove le diffe-renze di reddito sono più limitate.Ritornando ai dati Caritas-Zancan, il55% degli italiani ha un reddito chenon supera i 15 mila euro l’anno,mentre il 10% da solo possiede il45% della ricchezza nazionale.

IN FILATra i Paesi dell’Ocse siamo in pri-

ma fila per le disparità economichee sociali. E non è un bel primato.Ecco, le file! Sono lo specchio deitempi: in fila per il traffico, alcheck-in per prendere l’aereo, da-vanti ai cancelli dello stadio, davantiai parchi giochi (Mirabilandia, Gar-daland, ecc.), per entrare ai musei,dal medico, dal barbiere, davanti al-le casse dei supermarket. In banca, e

non solo lì, la fila è istituzionalizzatacon tanto di tagliandino numerato.Si è in fila perfino per entrare nellabasilica di San Pietro. Le code sonodiventate un evento. Con i costi cheil progresso non riesce a evitarci.Forse perché non sempre è vero pro-gresso. Se il progresso ha bisognodella crescita morale dell’umanità –come ribadisce da tempo il Papa –quando è solo tecnico, invece diproiettare in avanti può procurarebruschi ritorni da quel futuro, mes-sianico solo in apparenza, che nonmantiene quanto promette. ”Non èla scienza che redime l’uomo”, sot-tolinea ancora Benedetto XVI nellaSpe Salvi. Del resto ogni giorno hala sua parte di pena, ma non la suaparte di pane. Perché non è vero chetutto il mondo è paese. Anche con lacrisi finanziaria in atto su tutti i mer-cati c’è paese e paese, c’è fila e fila.E mentre le file per le novità tecno-logiche sono urbanamente diffusenei paesi ricchi e nelle isole residen-ziali dei paesi meno ricchi, quelledel pane sono esclusiva di un’utenzadi Terzo e Quarto Mondo, che ha al-tri numeri e altre file. E sono piùlunghe, molto più lunghe delle no-stre. Purtroppo. Il mondo tecnologi-co moderno ci mette in fila, ma nes-suno se la sente di darsi da fare nondico per eliminarle, ma almeno perridurle, le file. Perché il mondo che

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TTUALITÀA

Occorre cambiare! L’esi-genza di dare una svoltaagli stili di vita diventapiù pressante ogni giorno.

Le file notturne per accaparrarsil’iPhone, l’ultima diavoleria tecnolo-gica, sembrano lontane benché sianotrascorsi solo pochi mesi… Escesempre qualche novità che catturacuore e portafoglio. Ma non sarannoquesti supermarchingegni sostenutidal tam tam mediatico a trasformareun’esistenza sempre più complicata,sempre meno sostenibile. Le crisi fi-nanziarie si susseguono e non c’ècontinente che ne sia immune. È re-cessione. Globale. Papa Benedettoinvita a non mettere il denaro al pri-mo posto. E con ogni probabilità haragione lui: con il denaro non si puòfare tutto, anche se tutto – semprepiù spesso – si fa per e in nome deldenaro. E mentre c’è chi spende 500euro per il super telefonino, il 13%della popolazione in Italia deve vive-re un mese con la stessa somma: èuno dei dati del Rapporto Caritas-

L’era supertecnologicache viviamo rischia dirubarci un po’ diumanità. Alcuni dei nostriragazzi assorbono stili divita deleteri per se stessie per gli altri… Occorreche si faccia ogni sforzoper cambiare; una bellasfida per educatori egenitori.

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Nel mondo moderno, file dappertutto.

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logiche di mercato, ma,guarda caso il mercato,

fiore all’occhiellodel liberismo oc-cidentale, con lacrisi delle bancheè piombato nel

buio dell’incertez-za... E due miliardidi persone vivono

con un dollaro algiorno.

SEMPRE PEGGIO?La fame, oltre a produrre dispera-

zione e morte, è causa d’instabilità.L’odierna crisi internazionale ha pro-dotto 100 milioni di poveri in più. Insintesi: crescita demografica, caroenergia, protezionismo dei Paesi ric-chi, conversione di enormi aree agri-cole in colture per ricavare biocarbu-ranti, cambiamenti climatici che han-no inciso sulla produttività di alcuneregioni; corruzione nei paesi poveriche si mangia quasi metà degli stan-ziamenti di aiuti annuali globali sono,secondo l’osservatorio anticorruzioneTrasparency International, solo alcu-ni dei mali di oggi. Se è vero quelche dice Tremonti, “Il mercato findove è possibile, il governo quando ènecessario”, è altrettanto vero chequesta non è una situazione possibileper il mercato perché non si può fareaffidamento sulle sue virtù equilibra-trici per cambiarla. Né si può rimane-re ancorati solo al mondo del busi-ness. “L’uomo non è solo una mac-china per fare soldi: all’uomo piacefare del bene per gli altri, cambiare lavita degli altri, migliorare il mondo.Sono cose che mancano al mondo delbusiness. Devono esserci almeno due

tipi di business: uno che miraal profitto e l’altro che ha co-me scopo la realizzazione diobiettivi sociali anziché lamassimazione degli utili”,dice ancora Yunus, inventoredel sistema del microcreditoche solo nel Bangladesh hadimezzato il numero dei po-veri. In fondo Yunus ha rea-lizzato grandi cose facendocose comuni, prestando de-naro a chi ne aveva vera-mente bisogno. Anche il

business sociale, un’iniziativa econo-mica capace di attivare le dinamichemigliori del libero mercato, è unostrumento utile per rendere il mondopiù giusto e più umano.

È ORA DI CAMBIAREDobbiamo cambiare lo stile di vita.

Secondo Yunus è necessario pensarein altro modo perché il mondo possacambiare. L’immaginazione è fonda-mentale. Purtroppo la nostra genera-zione è impacchettata: troviamo diffi-cile uscire dalle scatole perché amia-mo rinchiuderci nelle scatole. E blin-darci nelle file. A volte per scelta,spesso per necessità le file sono iden-tità della nostra non identità. Espe-rienza di percorsi caotici e non sem-pre umanamente comprensibili, la fi-la soffoca sempre di più il nostrotempo nei binari morti della vita.Però, in una società che cambia conrapidità eccessiva e per questo liqui-da e più incerta, la risposta non puòsclerotizzarsi nella scia stanca di chiripete quello che – nel migliore deicasi – crede di aver capito. Non sipuò aver paura se si vuole lasciare ilmondo in condizioni migliori di co-me l’abbiamo trovato. �

ci circonda è il prodotto di ciò chepensiamo e finché non penseremo inmodo diverso le cose non cambie-ranno. Così parlò Mohammad Yu-nus, Nobel per la pace 2006.

STILI DI VITA Con la tecnologia ci si illude di da-

re risposte ai bisogni, di controllarel’orticello personale in cui si è crea-tori dimenticando di essere creature.Tolto il “riferimento” a Dio, l’uomofinisce per credere in tutto e in nien-te, vittima di una mentalità fossile.Ai ritmi e stili di vita occidentali sicontrappongono ritmi e stili di 923milioni di poveri che devono risolve-re ben altri dilemmi, la fame primadi tutto. Qualche dato può risvegliarebarlumi di coscienza. Dei 36 Paesicolpiti dall’emergenza alimentare, 21si trovano in Africa e solo 2 in Euro-pa; sono 24 mila le persone che ognigiorno muoiono di fame, di cui 18mila bambini al di sotto dei 5 anni.Eppure nei Paesi ricchi si dirottanocento milioni di tonnellate di cerealidall’alimentazione ai combustibili….La vita è un equilibrio sulla follia.“La causa principale della fa-me è la chiusura dell’essereumano nei confronti deipropri simili che dissolvela solidarietà, giustifica imodelli di vita consumisticie disgrega il tessuto socia-le”, dice Benedetto XVI. Sel’individuo si chiude all’al-tro i suoi stili di vita finisco-no per essere determinati da

Mohammad Yunus, inventore del microcredito.

Giulio Tremonti, ministro delle finanze.

Noi siamo alle prese con le diete, in Africa con la fame.

L’iPhone... da quale altra diavoleria sarà scalzato?

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A volte si straripa, si scatena una tempestaemotiva. ho visto tanti scoppiare in lacrime:piccoli e grandi. Per una delusione amorosa, unlutto improvviso, uno scoppio d’ira... Sono segnodi debolezza? Non direi.È un qualcosa d’irrefrenabile che la natura umanatiene in serbo.Piangere è come mendicare: ascoltami, dimmi, dammi, aiutami.A volte i pensieri-dentro sono a livello di guardia,tracimano. Ti chiedono in prestito una spalla sucui ancorarsi, un cuore con cui aprirsi, un rifugioin cui nascondersi. Le lacrime vere non sono untrucco per sedurre, una strategia perconquistare.Ritrovare la rotta in un mare in burrasca èl’approdo vero.Piangere fa bene. Non aver paura di piangere.L’effetto domino è inevitabile se trovi un amico, unpadre, un santo sacerdote. Ti danno ristoro. Nonti rendono nevrotico come quando vuoi tenere

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tutto dentro di te. Solo chi piange si rivela perquello che è. Osservati quando piangi.Le tue lacrime non sono fredde, gelide comevenissero da lontano, come non fossero tue. Sonovere, calde, spontanee: il cuore, i sentimenti isogni sono in ebollizione.Non sono ambiziose, scivolano in bassofino a inumidire le tue labbra per dirti quello che a parole sembra impossibile.È un dono, una trovata di Dio per capire leprofondità del tuo essere. Stanno a mezzastrada tra l’anima e il corpo.Quando piangi gli occhi sono aperti. Le lacrime tifanno vedere la strada da percorrere, cambiano ilmodo di guardare il mondo, ti fanno scoprire ciòche accade dentro di te.Fanno da lente di ingrandimento alle piccole coseda cui ripartire e quelle inezie all’apparenza senzasignificato che poco a poco hanno provocatol’esplosione di una bomba.Le lacrime lasciano le loro impronte sull’arena deltuo volto. Scompaiono quando ritorna l’altamarea della vita. Solo l’amore ridarà lucee verginità al tuo viso. Impara dai bambini.In loro le lacrime e il sorriso vanno a braccetto. Si zoppica se manca l’uno o le altre. Piangere tiripulisce, ti rinnova.Conosco un fiore che di giorno si apre e di notte si chiude. L’ibisco.La notte non dura più del giorno.Se piangi, in agguato c’è un sorriso che tiattende.Viceversa se sei luminoso come il sole,all’orizzonte è in arrivo una nuvoletta che tiporterà via la luce per un po’ di tempo.Ti saluto

Carlo Terraneo

Che c’è di più misterioso delle lacrime?

FEBBRAIO 2009 BS

AI GIOVANI

GATTA CI COVA...

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Marco Talon

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IL TEATRO

DI DON BOSCO

Dopo “Andiamo

ragazzi”, nato in

ambito salesiano

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con la figura

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“Scusi, lei crede

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alcune musiche.

DON BOSCOIL MUSICAL

di Michele Novelli

BS FEBBRAIO 2009

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preventivo (il che ci porterà, ilgiorno che sarà liberalizzata laproduzione, a doverlo mettere inscena “reinventandolo” per porlosui binari che l’intuitocomunicativo ed educativo diDon Bosco ci ha tracciato e consegnato come carisma)specialmente per il fattograditissimo che il mondo dellospettacolo si sia interessato alprete dei giovani.

AL CENTRO DI UN’ATTENZIONETra le tante graduatoriecomparse in ogni campo, pur seirriverente, fece la sua comparsaanche quella sulla popolarità deisanti italiani. Ai primissimi postisan Francesco, sant’Antonio,santa Rita. Si sono aggiunti direcente Papa Giovanni, Padre Pio,Madre Teresa. A Don Bosco erariservato un posto subito a ridossodei big, comunque in eccellenteposizione. Anche il mondo dellospettacolo professionistico non siè sottratto alla condivisagraduatoria. Così gli stessi cheavevano ottenuto un successotravolgente con “Forza, venitegente” (il musical su sanFrancesco) e un buon gradimentocon “Madre Teresa”, eccoli

cimentarsi con Don Bosco,mentre altri hanno provveduto aPadre Pio (“Actor Dei”). Figuraaffascinante quella di Don Bosco,ma poliedrica a tal punto da far“tremare le vene e i polsi” a chi siaccinge a raccontarne le “gesta”attraverso canzoni e coreografie.Occorrono delle scelte e si troveràsempre chi si lamenta di qualcheaspetto omesso o sfumato. Ebbeneci sembra che nel musical chepresentiamo la figura di DonBosco sia emersa con forzaconvincente. E siamo alla prima.Il 17 ottobre, ore 21, il TeatroOlimpico di Roma è gremitoall’inverosimile, tanto da indurregli organizzatori a replicare ilgiorno successivo. La maggiorparte degli spettatoriappartenevano alla FamigliaSalesiana e trepidavano dicuriosità per vedere come questomusical, annunciato alla grande,rispondesse alle attese di tantobattage. In prima fila, i colleghi di lavoro del protagonista, queipersonaggi del programmatelevisivo domenicale in cuiMarcello Cirillo lavora. A quanti,più addentro nella conoscenza

Non è agevole, da questecolonne, parlare di “DonBosco – il Musical”. Perl’intero anno 2008

abbiamo tratteggiato le linee checaratterizzano il “Teatrino” di DonBosco, fatto di spontaneità,ricerca di contenuti, creatività,semplicità, povertà di mezzi,giovanile, comunitario... “DonBosco – il Musical” nascenell’ambito della produzioneprofessionistica e quindi inun’area che ha valenze sueproprie, alcune delle qualipossono intersecarsi con i valorieducativi esigiti dall’intuizioneeducativa voluta da Don Boscoper il suo teatro, ma partono datutt’altra prospettiva. Solo peresemplificare un aspetto: non èconsentito spaziare con ipersonaggi, perché a libro-paga la contabilità non tollera che unnumero congruo di partecipanti.Tuttavia è giusto recensire illavoro, pur con questo “distinguo”

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dei recenti musical su Don Bosco,si domandavano quali e quanteattinenze avesse questo lavorocon il precedente “Scusi, lei credeai miracoli?” (non fosse altro perla stessa firma degli autori), larisposta non si è fatta attendere: ladiscendenza di questo dall’altro èevidente. Ovviamente tutto è stato“impastato” di nuovo, dallari/orchestrazione dei braniprecedenti all’inserimento deinuovi, passando per timbri piùmoderni, fino al rap. Vari, in sala,canticchiavano i motiviconosciuti, con la sensazione diassistere a una nuova produzionesu basi già entrate nell’orecchio.Nuove, invece, la regia, lamessainscena, le coreografie,le interpretazioni.

IL PROTAGONISTACirillo ha dato vita a un Don

Bosco brillante, gioioso, affabile,sprizzante simpatia da tutti i pori.Ci ha restituito l’immagine di unprete di cui i suoi contemporaneidicevano: “Oggi Don Bosco è piùallegro del solito, si vede chedeve avere più guai delsolito”. Il protagonistaaccentua la “fisicità” delpersonaggio, quellavoglia di “stareaccanto”, ditoccare e farsitoccare, disfiorare con unacarezza,un’arruffata dicapelli… comepiaceva a Don Bosco(tra le foto storiche delSanto c’è quella in cuiegli ha il bracciopoggiato sulla spalladi un ragazzo che si èimpadronito della suamano). In conferenzastampa Cirillo haraccontato come sisia “preparato” alruolo. Oltre cheleggere, l’esperienzapiù toccante è statala visita alla “CasaFamiglia” del Borgo

Don Bosco di Roma. Lì haincontrato i “preferiti” del Santoche avrebbe dovuto interpretare,quei ragazzi più bisognosi di unsostegno, di un padre, diun’educazione, di unriconoscimento della loro identitàe dignità. Lì l’attore ha potutopercepire la loro umanità, la vogliadi protagonismo, le potenzialità

che possono sprigionarsi sequalcuno offre loro l’opportunitàdi liberarle. Sulla scena Cirillodimostra una carica umana, unapartecipazione emotiva, un

bisogno profondo di spendersiper quei ragazzi a

cui nessuno pensa(toccante la scenadel colera), che tutti i

lustrini dellospettacolo nonriescono astemperare.

Quantaconsuetudine egli ha

avuto con il mondo salesianolo ha raccontato inconferenza stampa, dicendoche già i suoi fratellifrequentavano a Soverato,in Calabria, l’oratoriosalesiano, ma anche lui aRoma ha frequentatol’oratorio del Pio XI, sullaTuscolana. Chi gli haimpresso un marchio per lavita, è stato un salesiano

incontrato nel tempio Don Boscoa Cinecittà, il giorno che erascappato di casa e dopo un lungovagare si era ritrovato, stanco, ariposarsi su quei banchi. Quelprete aveva asciugato le suelacrime, si era fatto raccontare isuoi contrasti di adolescente conla famiglia, e pacatamente lo avevaconvinto a tornare a casa, perchésenza una famiglia non è vita.

LE DONNEForte è la presenza femminile

nello spettacolo: obbedisce aglistandard della narrazionedrammaturgica che vuole,accanto al protagonista, unafigura femminile rilevante checomunemente sostiene l’eroe,crede nelle sue risorse, a volte sene innamora, fino al “e visserofelici e contenti”. Nel nostro casola donna è Mamma Margheritanel primo tempo e MariaMazzarello nel secondo. L’apicedella presenza della mamma diDon Bosco è, paradossalmente, ilmomento della sua morte: scena,musiche, luci ricreano l’atmosferastruggente di vuoto e di contenutodolore, poiché viene a mancare lamamma di tutti quei ragazzi chela consideravano e la amavanopiù di quella che molti nonavevano neppure conosciuto.Margherita Occhiena Bosco fu

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trova qui un pari livello.L’antagonista è la figura delcardinale, cui tiene bordone ilsegretario, reso a macchiettaesagitata e superficiale. Il personaggio si altalena traun’accondiscendenza benevola e un’ostilità preconcetta neiconfronti di Don Bosco.L’equivoco nasce allorché si èvoluto cristallizzare in un unicopersonaggio la memoria di uncardinale (in realtà arcivescovo)molto disponibile verso Don Boscoche fu Franzoni e i contrasti delsuccessore, monsignor Gastaldi,impegnato nel riordino delladiocesi. L’equivoco non renderagione all’intero clero torinese epiemontese, entro cui Don Boscoaveva amici e benefattori, e pressocui godeva di larga stima evenerazione. Allo spettatoredigiuno della biografia di DonBosco, il cardinale del musical dàl’impressione che gerarchia esacerdoti fossero tutti contro DonBosco. Storicamente non fu così.

L’ALLESTIMENTOLa professionalità dei protagonistiè fuori discussione, hanno offertouna prova di sicuro impatto emotivo.Brillanti le coreografie per un corpodi ballo di elevata esperienza;essenziale la scenografia limitata aun portico di colonnato (Valdocco?)cui si aggiungevano spezzati epannelli secondo le circostanze. Il disegno scenico ha avuto il topnel piano-luci che ben si sonoadattate ai vari momenti delracconto, dai toni soffusi per i branipiù toccanti, al balenio travolgentenelle scene di festa, fino ai toni cupie incombenti di scene come quelladell’esorcismo. Godibilissimemusica e canzoni, affidate a vocisicure e di effetto. Canzoniorecchiabili e gradevoli, testiadeguati, come l’Operaio di Dioche fa da leit-motiv allo spettacoloe ha suggerito al grafico dirappresentare Don Bosco con unavanga in mano che guarda verso ilsole nascente di una nuova giornata.Lo spettacolo è da non perdere.

Michele Novelli

una donna saggia come erano ledonne che la Bibbia descrive.Sebbene illetterata, possedevaquella sapienza tipica dellecontadine di una volta (tuttaviameno dotta di quanto il musical lamostri). Sulla scena è preoccupatadei bisogni materiali cui far fronte,a volte spazientita, spessodiscepola di suo figlio nell’averfiducia di quella Provvidenza che,invece, fu lei a inculcare inGiovannino, fin dalla più tenerainfanzia.Molto calibrata la figura di

Madre Mazzarello, colta nella suaesuberante giovinezza. Ella siallinea allo stile di Don Bosco.Non stupisce che operi dacontrofigura a Don Bosco, vistoche il musical riguarda lui. Maammiriamo la sua presenza frescae genuina e la decisa volontàdegli autori di offrirle uno spazioche in esperienze precedenti eraassente. Ci è sembrato di coglierela soddisfazione delle consorellesalesiane per quel ruolo che nerisalta la personalità.

L’ANTAGONISTAAltro cliché della drammaturgiateatrale è la figura di un“antagonista”. Non manca in “DonBosco – il Musical”, come nonmancava in “Forza venite gente”.Ma la sublimità raggiunta da quelPietro di Bernardone (per lamirabile interpretazione di SilvioSpaccesi) con il suo soffertodramma di padre che non capiscele utopie spirituali del figlio, non

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SILVIO: I SUOI VENERDÌDI PASSIONE

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Solo undici le primaveredel piccolo Silvio Cirielli,ma dischiusecompletamente alla vitaproprio come ogni fioreche sboccia nellastagione del risvegliodella natura.

Forte come una roccia, Sil-vio eccelleva in tutti glisport che praticava (patti-nava, nuotava, cavalcava,pedalava…). Rigoglioso

come un prato in fiore, la sua in-telligenza vivace, brillante, frescalo rendeva un bambino singolare,decisamente sveglio e attivo. Co-me tutti i bambini, non mancava dimostrare anche il suo lato piùcreativo soprattutto nei giochi deiquali era spesso l’ideatore; e cometutti i bambini più vivaci e creati-vi, era un po’ impulsivo, a volte fi-no alla prepotenza, per ottenere ilmeglio. Tuttavia, se redarguito,reagiva senza serbare il minimorancore verso chi lo aveva richia-mato o chi lo aveva infastidito.Sembrava duro e inflessibile comeil granito, ma aveva in realtà unanimo buono e sensibile. Tant’èche quando la sua giovane vita in-contrò la sofferenza, seppe accet-tarla fino in fondo, perché Diostesso l’aveva accettata nel corpodel suo Figlio Gesù. Per una sin-golarissima coincidenza i momen-ti più importanti della sua vita

hanno in comune lo stesso giornodella settimana: nasce venerdì 3gennaio 1930; riceve la cresimavenerdì 2 maggio 1940; inizia lasua personale via crucis venerdì 4aprile 1941.

� A undici anni, giovane prea-dolescente, coltivava sogni di futu-ro e faceva progetti per prepararsi agrandi cose. Ma proprio allora unciclone di inaudita violenza si ab-batte sulla sua ancor acerba esi-stenza come, di riflesso, su quelladei suoi cari, spazzando via ineso-rabilmente sogni e progetti. Un im-provviso attacco acuto di appendi-cite lo prostra in breve tempo. Sil-vio tuttavia lo sopporta da eroe,preparando così corpo, anima epsiche alla sofferenza che sta perarrivare. Il fisico non regge quasipiù ma tutto il resto è sempre almassimo. Non si indebolisce la fe-de, non vacilla nemmeno per un at-timo la sua forza morale. Tutt’altro:il dolore lo matura velocemente edegli è capace di offrirsi come sacri-ficio. Qualche giorno dopo quelvenerdì di passione un altro attaccoobbliga i genitori a chiamare d’ur-genza i medici. La diagnosi fu diperforazione e infiammazione peri-toneale. Per 36 ore lotta tra la vita ela morte perché le sue precariecondizioni fisiche rendevano im-possibile un intervento chirurgico.

� Nel letto dell’ospedale nondimentica di recitare tutte le serele sue preghiere insieme alla

mamma che le sta sempre accantoe una volta gli chiede: “ Silvio chiti è vicino in questi momenti incui soffri tanto?”. E Silvio convoce sottile ma decisa: “Dio”, ri-spose. Trascorse quelle ore lun-ghe e terribili, i medici con stupo-re constatarono buone le condi-zioni del polso e disposero ognicosa perché avesse luogo l’inter-vento. Dopo 35 giorni di degenza,quel “cavallino da pista” come luistesso si definiva, fece ritorno acasa, ma la sua situazione nonmigliorò. Il 30 giugno all’ospeda-le di Bari viene nuovamente ope-rato. A fine intervento ecco l’epi-logo: delirio e un’arsura bruciantedurati 23 ore, al termine dellequali Silvio lasciò la sofferenzaterrena per ricongiungersi al Pa-dre. Aveva accettato quel dolore.Nelle ore in cui lottava tra la vitae la morte diceva alla mamma: “Èproprio il Signore che lo ha volu-to, perciò mi ci rassegno”. Nellesue ultime parole, suggeriteglidalla madre, è espressa con fervo-re la volontà di unirsi a Dio:“Grazie Gesù, ti amo, sono tuoper la vita e per l’eternità”. �

Silvio Cirielli (03/01/1930-30/06/1941).

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LE BORSE DI TUCUMdi Graziella Curti

Sono passati quasi 10 anni daquando a São Gabriel da Ca-choeira (Brasile) è nata lasperanza. Attaccata al filo del

tucum, una fibra tessile prodotta inabbondanza da una palma del luo-go. In questa zona urbana, a due oredi aereo da Manaus, lungo il fiume,la gente vive male. Gli agglomeratidi baracche sono disordinati esquallidi. Tale situazione genera fa-me, prostituzione infantile con altolivello di alcolismo e di alienazionedella popolazione dai propri ele-menti culturali.

Studiando a fondo il contesto, leFiglie di Maria Ausiliatrice hannoideato un progetto di promozionefemminile partendo dalla sensibilitàartistica della gente e dalla loro re-lazione connaturale con la MadreTerra. Protagoniste dell’esperienzasono 70 donne indigene.

Il prodotto è costituito da ele-ganti borse che valorizzano la già

esistente espressione artigianaledelle donne dell’Alto Rio Negro.Si è voluto, attraverso questa espe-rienza, rinforzare una produzionepiù consistente, creativa e rifinitaoffrendo una migliore possibilitàdi commercializzazione del pro-dotto.

LAVORO COOPERATIVOLa signora Regina Cordeiro Pai-

va e suor M. Lúcia Barreto sono lementi del Progetto, e ritengono cheoffra una concreta possibilità perle donne di essere visibili nell’am-bito della produzione e dell’inter-scambio. Inoltre, richiedendo unlavoro d’insieme, proprio di rete,come avviene per l’intreccio dei fi-li del tucum, «questo tipo di arti-gianato – affermano le coordinatri-ci – favorisce un gioco di squadrae una coralità di intenti, che a suavolta genera comunità». La produ-

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Siamo in Brasile, precisamente nell’Amazzonia: MAF

Sulle rive dell’Alto RioNegro, in Amazzonia,cresce con arte esuccesso un’esperienzadi microeconomia afavore delle donneindigene e delle lorofamiglie. La storia diquesto Progetto è statarecentementepresentata all’ONU e ha interessato molteONG per la promozionefemminile.

L’essiccazione delle fibre.

La raccolta delle foglie.

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vengono portati alla città di Ma-naus, centro turistico di fama. Lì sifissano i prezzi. Per garantire lacontinuità del Progetto, si manten-gono i contatti con i negozi e glihotel che attuano la vendita».

Un piano perfetto perché nulladel lavoro e della fatica di questagente vada perduto. Niente è la-sciato al caso e ogni passaggio diquesta esperienza di microecono-mia è stato studiato a fondo ed ela-borato insieme. Anche la possibi-lità di presentare lo stesso Progettoall’ONU è stata una scelta comuni-taria. Si direbbe che queste donne,appassionate e forti, che non de-mordono di fronte alle difficoltà,hanno capito che agire è il verbodella speranza. �

l’artigianato indigeno diventa prodotto di mercato.

IL FILO DELLASPERANZA

Attorno alla pro- duzione delle bor-se di tucum c’èun’organizzazioneche richiama i me-todi delle case pro-duttrici di articoli fir-mati. Le donne nonvengono lasciate sole.«Esiste un monitoraggio che vie-ne realizzato attraverso cartelle

personalizzate in cui vengonoriportati la quantità di materialericevuto, il risultato program-mato, la scadenza per la con-segna del prodotto finito, ilvalore monetario del lavoroda realizzare».

Esiste anche un pro-gramma per la commer-cializzazione delle borse.«Il nostro Centro – rac-conta suor M. LúciaBarreto – con gli altriCentri delle sorellesalesiane della Re-gione, agisce comeintermediario per lacommercializzazionedei prodotti. Essi

ESTIMONIANZA ALL’ONULa Cinquantaduesima sessione dellaCommissione sullo Satuts della donnaall’ONU (2008) ha avuto come tema“Finanziamento per l’uguaglianza e ilpotenziamento delle donne”. LaCommissione sullo Status della donna- ONU è un foro dei governi che siinteressa della definizione dellepolitiche per la promozionedell’uguaglianza di genere. L’Istitutodelle Figlie di Maria Ausiliatrice hapartecipato con suor BernadetteSangma dell’Ambito per la Famigliasalesiana e suor Rosangela Giorgidell’Ambito per l’Amministrazione, piùalcune sorelle e giovani che hannoportato le loro testimonianza. Infatti,l’obiettivo di tale presenza eraquello di «condividerel’esperienza maturata

nell’Istituto circa la significatività delmicrocredito e la microimprenditorialitàper l’empowerment delle donne e ilsostegno delle famiglie». Ma,soprattutto, «mettere in evidenza la dimensione educativa delleesperienze, in particolare laformazione al lavoro, al cooperativismoe all’autofinanziamento e lo sviluppo diuna cittadinanza attiva». E, infine,«dare voce ad alcune esperienze localicome apporto ai livelli mondiali e comeincoraggiamento alle ispettorie acontinuare oppure a iniziare questerealtà di cooperazione allo sviluppo».Tra le esperienze presentate, c’èappunto quella delle borse di tucum.

T

La lavorazione.

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I prodotti di tucum.

zione di borse, tende e centriniprevede stadi diversi di intervento:la raccolta e l’estrazione della fi-bra, la filatura, l’intreccio dei dise-gni, la tessitura e rifinitura. Ledonne lo realizzano in momenti di-versi, tenendo conto delle propriespecializzazioni, ma soprattutto in-tegrandosi nell’armonia e bellezzafinale del prodotto.

Obiettivi dell’esperienza sono quel-li di promuovere un Progetto redditi-zio attraverso la produzione e lacommercializzazione delle borse; au-mentare il reddito delle famiglie chemigrano dalle zone rurali alla perife-ria urbana e s’imbattono in situazionidi disoccupazione e gravi difficoltàeconomiche. Una finalità molto im-portante di questo lavoro è quella dipromuovere l’autostima nelle donneindigene rendendole economicamen-te autosufficienti.

Accanto alla produzione delleborse, che risulta la più redditizia, sisono aggiunti altri tipi di artigianatoche prevedono delle attività prelimi-nari, come la raccolta di semi, lacoltivazione e la raccolta di frutti ti-pici, la raccolta della manioca.

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SANTITÀ

SALESIANA APPROFONDIRE

LA BIBBIA

APPUNTI PER UNA«STORIA SPIRITUALE»DEL SACERDOTE GIO’ BOSCO di Giuseppe Buccellato ELLEDICI, Leumann (TO)2008, pp. 167

L’autore vuole ricostruire lastoria spirituale di Don Bo-sco andando alla ricercadella sua genesi e dellestrutture portanti, cercandodi capire anche le possibili“ispirazioni” che sono allabase di scelte concrete cheDon Bosco ha fatto. Questaricerca si estende anche alleradici dei tratti spirituali checostituiscono lo specifico delprogetto di vita cristiana ereligiosa del movimento dalui fondato. Secondo le di-chiarazioni dello stesso au-tore, si tratta di un contributoper arricchire la conoscenzadel vissuto spirituale del fon-datore, nella sua vita e pro-getto apostolico, mettendoanche in evidenza alcuniaspetti che non sempre so-no attentamente considerati.Con i suoi “appunti”, l’autoreha voluto riservarsi, quasi almargine della storia di DonBosco, la possibilità di pene-trare nella sua vita intima escoprirne i principi che laanimano.

PAOLO DI TARSO IL REALIZZATORE DEL PROGETTO DI CRISTO di Fabio FerrarioELLEDICI, Leumann (TO)2008, pp. 158

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a cura di Vito OrlandoIL MESE IN LIBRERIA

CONOSCERE GESÙ di Lois Rock

CONOSCERE I CRISTIANI di David Self, ELLEDICI,Leumann (To)Messaggero, PadovaVELAR, Gorle (BG)2008, pp. 127 ciascuno

Due libri che possonoaiutare a conoscereGe sù di Nazaret, il con-testo storico in cui nac-que, la sua missione dimaestro, la sua morte erisurrezione e la diffu-sione del suo messag-gio di fede, speranza ecarità in tutto il mondoa opera dei suoi disce-poli; aiutare a conosce-re la sua storia, la fedee le tradizioni del cri-stianesimo e compren-dere ciò che esso rap-presenta nel mondo at-tuale. Entrambi i testisono una sintesi moltointeressante e formanouna vera piccola enci-clopedia del cristianesi-mo; essi sono anchearricchiti di magnifi-che illustrazioni, carti-ne, gra fici e fotografieche rendono piacevolela lettura e la consulta-zione. Ne possono trar-re vantaggio giovani emeno giovani che desi-derano arricchire la lo-ro conoscenza di Gesùe del cristianesimo.

LUOGHI E PAROLE

DI GESÙI LUOGHIDELL’INCARNAZIONE,DELL’INIZIAZIONE,DELL’ANNUNCIO EDELLA RIVELAZIONE.

I LUOGHI DELLAPASSIONE, DELLAMORTE E DELLARISURREZIONEELLEDICI, Leumann (TO)Messaggero, Padova, 2008

Entrambi i piccoli testi (126pagine il primo e 76 il se-condo) sono accompagnatida un DVD documentario esono un video-viaggio allascoperta della Bibbia, rileg-gendo i passi più significati-vi attraverso i luoghi in cui,secondo la tradizione, sisono svolti i fatti. È un viag-gio diviso in tappe e in cia-scuna vengono presentati iresti archeologici dei luo-ghi, la loro situazione attua-le e le pagine evangelicheche raccontano i momentidella vita di Gesù. I sussidi(video e testi) possono es-sere proficuamente utilizzatiin riunioni di giovani e diadulti, avendo anche rifles-sioni e approfondimenti dibiblisti e domande stimoloalla fine di ogni capitolo. Undizionarietto finale offrespiegazioni sintetiche deitermini ricorrenti.

Il testo offre anzitutto un’at-tenta biografia dell’Aposto-lo, cui fa seguito l’esposi-zione del pensiero teologi-co. L’intento è quello di mo-strare la continuità tra Cri-sto e Paolo nella diffusionedella Chiesa, evidenziandoun rapporto armonico traCristo-fondatore e Paolo-realizzatore. Paolo può es-sere definito il “realizzatoredel progetto di Cristo” per-ché è riuscito a dare com-pimento al progetto origi-nale della Chiesa aprendol’annuncio ai gentili ed en-trando in dialogo con lacultura ellenista. L’autoreconclude dicendo che Pao-lo consumò la sua vita fa-cendosi tutto a tutti, per su-scitare la fede e realizzaree modellare il volto armo-nioso e splendente dell’u-nica Chiesa progettata daCristo. Il testo può essereuna proficua lettura pergiovani e adulti in questoanno Paolino.

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LAICI CRISTIANI,TESTIMONI DI SPERANZA (a cura di) Rita Mazzieri Edizioni MessaggeroPadova 2008, pp. 135

Il volume è nato comeraccolta degli atti del Con-vegno del Gruppo Laico“Seguimi”, che è stato fat-to nel mese di aprile2007. L’insieme degli in-terventi vuole aiutare a ri-flettere su come porsi dacristiano nel mondo di og-gi; come operare in eco-nomia e in politica; comeessere segni di speranzain situazioni difficili e sca-brose, quando manca illavoro e la legalità non ècertamente un impegnoprioritario da parte di tutti.Ci si è anche chiesti se èpossibile una mediazionetra cooperazione interna-zionale, sviluppo dei pae-si emergenti e responsa-bilità personale. Questeproblematiche hanno ani-mato anche dei workshope motivato le presenzeche il gruppo laicale “Se-guimi” cerca di realizzarenelle varie parti del mon-do e particolarmente inEuropa e in Africa.

LAICI E SOCIETÀ

NON SI FA VENDITA PER

CORRISPONDENZA. I libri

che vengono segnalati si pos-

sono acquistare presso le li bre -

rie cattoliche o vanno ri chie sti

direttamente alle ri spet tive Edi-

trici.

LA PAROLA DI DIO VITA DELLA CHIESA di Giorgio Zevini (a cura) LAS, Roma 2008, pp. 192

LE CRISI FINANZIARIE E IL “DERIVATUSPARADOXUS” di Alberto BerriniEditrice Monti, Saronno(VA), 2008, pp. 215

In questo momento di crisifinanziaria mondiale l’auto-re aiuta a capirne le causediscutendo circa il ruolo deimercati finanziari e del lorooperare con strumenti perlo più fuori controllo. Daglianni ottanta si è verificatouno squilibrio tra finanzaed economia reale che nonha trovato ancora una so-luzione. Per riformare il ca-pitalismo bisogna riuscirea “democratizzare” la finan-za. Si tratta di un’idea am-biziosa che mette in di-scussione la filosofia dellafinanza contemporanea eche chiede a tutti maggioreattenzione. L’autore cercadi spiegare tutto ciò in mo-do rigoroso ma anchesemplice, per aiutare acomprendere la realtà ecapire meglio i danni chepossiamo subire, facendoparte di questa realtà.

LA PAROLA

E LA CHIESAVILLAGGIO

SOLIDALECOMUNICAZIONE E RELAZIONE. COMEGESTIRE DIALOGHI E LEGAMI NELQUOTIDIANO di Maria Menditto Edizioni Erickson, Trento2008, pp. 342

COMUNICAZIONE

Il volume raccoglie gli inter-venti fatti durante il Conve-gno Biblico Nazionale sultema “La parola di Dio nellavita e nella missione dellaChiesa”. L’intento del Con-vegno era quello di offrireun contributo al Sinodo deivescovi, sul tema della Pa-rola del Signore. Gli inter-venti raccolti sono numero-si e interessanti. Affrontanotematiche che riflettono sul-la Parola di Dio e le sue in-cidenze pastorali; la Parolariferita alla catechesi, allaliturgia e alle esperienzepastorali che coinvolgonola famiglia, i gruppi eccle-siali, i fanciulli, i giovani el’intera missione della Chie-sa. La presenza della Paro-la nel dialogo ecumenico ele difficoltà circa la sua in-terpretazione. Vi è anchechi riflette sugli aspetti ca-renti e le diverse forme dipatologie nel rapporto Pa-rola-comunità.

Viviamo nella società dellacomunicazione. I mezzi anostra disposizione sono tan tie sempre più sofisticati. Pos-siamo collegarci in modi di-versi e con più persone perchattare, possiamo inviaremessaggi verbali, vocali evideo quando e a chi voglia-mo. Tutto questo, tuttavia,non ci salva dal pericolo disentirci soli. Tutto ciò che im-pariamo è orientato al suc-cesso nella vita, ad acquisi-re capacità e competenzeche possano risultare vin-centi. Ci mancano le qualitàe capacità che ci consenta-no di migliorare il nostroquotidiano, che ci aiutino adaccrescere la nostra autosti-ma, la forza d’animo, la ric-chezza interiore, il ben-es-sere. Per tutto questo dob-biamo imparare a relazio-narci con gli altri, migliorare inostri rapporti, accrescere lanostra sicurezza interiore.

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so scrive di essere stato educato senza religione. Ebbeperò la fortuna di avere per amico un ragazzo, che abita-va vicino a casa sua e frequentava la scuola cattolica.S’incontravano ogni mattina mentre si recavano allerispettive scuole. Il destino volle che ambedue diventas-sero salesiani e coadiutori. L’amico si chiamava JamesHamilton ed è morto a 90 anni, cinque mesi prima di lui,il 28 maggio 2007! Peter perse il padre in un incidentenel 1931 quando aveva appena 11 anni. Fu un traumaduro da assorbire. “Ma poi ho superato… Sai ero un po’bricco… bricco si dice?” . “Peter, in italiano il bricco è unrecipiente con manico e beccuccio per servire bevande,come il caffè…”. “Oh, mi piace caffè italiano. Buono. Maio no buono come caffè, io, peggiorativo…”. “Ho capito,insomma volevi dire briccone, birbante, birichino”. “Ecco,sì. No tanto tanto, ma sì un po’ bricco…”. “… ne! Bricco-ne!”. “Sì!”. Questa sua vivacità fu la sua fortuna, poichéla mamma decise di affidarlo ai salesiani e Peter siritrovò a Sunbury, dove il caso – o la Provvidenza? – vol-le che ritrovasse il suo amico James, che aveva decisodi diventare salesiano.

Glielo avevo promesso, quandoscherzando, non so fino a chepunto, mi disse: “Poi anche memetterai in Bollettino!”.

Era uno dei salesiani più amati dell’ispettoria Australia-na. “Una bontà da far paura! ”, provai a dirgli un giornoin cui ero andato a farmi tradurre qualche riga di ingle-se un po’ ostico – almeno per me! “Di chi tu dici? ”. “Dite! ”. “Tu scherza sempre! ”. Non insistei, ma ne eroconvinto. Un uomo che non diceva mai di no. Lo facevifelice con una birra o un saluto. Non dava fastidio anessuno: riservato, sorridente, gentile… Quando haceduto, vinto da un tumore, a 86 anni, era a Engadina:“Faccio pensionato felice”, scrisse in una e-mail conquel suo italiano che spesso dava adito a simpaticiequivoci. In realtà faceva sì il pensionato ma intrattene-va fitti rapporti epistolari – ammesso che le e-mail sipossano chiamare epistole – con tanti amici ed ex-alunni sparsi nel mondo. Sapeva di avere i giorni con-tati, se l’era fatto dire dai medici, e attraverso la postaelettronica si preoccupava di salutare tutti prima di par-tire definitivamente. Ma aveva anche voglia di lasciarequalcosa di scritto perché, mi disse un giorno, “nonvoglio che dicono cose non vere di mio lavoro e miapersona”. Ma di lui non si poteva dire che bene.

TRATTI BIOGRAFICIEra nato a Prahran nei dintorni di Melbourne nel 1920.Si trasferì presto in un sobborgo della capitale e ivi fre-quentò le primarie in una scuola del tutto laica. Lui stes-

ON LINE ALESIANI COADIUTORI

Un profilo del salesiano coadiutore prof. Peter Swain (20/11/1920–13/10/2007)

UOMOPER TUTTE LE STAGIONI

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di Giancarlo Manieri

Il signor Peter Swain (1920/2007).

Peter con i suoi ragazzi.

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SCHERZI DELLA PROVVIDENZAA Sunbury Peter fece in fretta a diventare cattolico.Ricevette i sacramenti e si distinse per la bontà e rettitu-dine dell’animo tanto che venne invitato a far parte delgruppetto dei ragazzi cui apparteneva anche James,seguiti da salesiani eccezionali, alcuni dei quali avevanoconosciuto il Fondatore. Come il direttore, il padre irlan-dese O’Grady che, giovane studente, fu invitato dallostesso Don Bosco a farsi salesiano. Ora don O’Gradyfece lo stesso con Peter. E lui accettò, ormai conquistatodai salesiani, dal loro modo di vivere, di trattare i ragaz-zi, di lavorare… Così nel 1934 si ritrovò in Inghilterra afare il noviziato. “Ti avevano convinto! ”. “Sì, ma… io maipiù pentito di avere fatto quello fatto”. L’italiano era unpo’ approssimativo ma si faceva capire. A 16 anni Peterpresentò domanda per il noviziato. C’era un intoppo: eranato da un matrimonio misto (suo padre non era cattoli-co), il che costituiva un impedimento per diventaresacerdote. Ripiegò verso lo stato di religioso laico edivenne coadiutore, emettendo la sua prima professionenel 1939, proprio quando stava iniziando la seconda ter-ribile grande guerra mondiale. Rimase in Inghilterraancora quattro anni per completare gli studi all’Univer-sità di Londra, quindi tornò in Patria.

SALESIANO A TEMPO PIENONel gennaio 1944 Peter inizia il suo apostolato nellascuola. “Peter, ti volevano bene gli alunni?”. “Yes, cer-to! Facevo mio dovere. Sempre pronto, esigente perscuola, disciplina e risultato. Anche spirituale!”. Ecco,dalla sua stessa bocca, svelato il segreto della suarapidissima carriera. Peter fu professore, sportmaster,direttore della scuola, formatore degli insegnanti,ispettore scolastico, presidente della Pubblica Istru-zione, formidabile educatore… “E chi più ne ha, piùne metta”, esclamai, senza fargli terminare l’elenca-zione! “Come?”. “Volevo dire che non ti fermavi mai!”.“Salesiano non ferma!”. “Non si ferma! ”. “Ecco, sì! ”.“E l’apostolato?”. “Sì. Io stato national director di ClubSavio. Voi qui dite… come dite?”. “Amici di DomenicoSavio, ADS”. “Come?”. “ADS, la sigla di Amici Dome-nico Savio”. “Ecco, sì. E anche… direttore campiscuola estivi, segretario di Festival di Eucarestia,poi…”. Diceva queste cose meravigliose con unasemplicità disarmante, come se fosse del tutto natu-

rale. Anche quando mi disse che aveva radunato finoa 5000 ragazzi in uno stadio e che al festival eucari-stico le persone erano 30 o 40 mila. Ma la cosa chemi ha fatto più piacere fu quando quasi en passantbuttò là: “Poi stato anche editor di Bollettino Salesia-no, come tu! ”. “Qua la mano, caro collega!”, esclamaientusiasta. Restò un po’ sconcertato da quella espan-sività e allungò titubante la mano che strinsi vigorosa-mente. “Very special voi italiani!”, disse ridendo. Glis-sai: “Beh, non mi dici come sei capitato alla Pisa-na?”. “Pisana fine carriera!”. “In che senso?”. “Ormaivecchio. Ora di chiudere porta”. “Aspetta, ché si pian-ge bene in questa valle di lacrime! ”. “Come dice? ”.“Lascia perdere”. Aveva 76 anni quando il Rettor Maggiore don Vecchi lochiamò presso la Casa Generalizia a Roma. “A fareche cosa?”. “Segretario di Regione Asia-Pacifico”. Unaresponsabilità delicata per un uomo a prova di discre-zione. Di problemi ce n’erano, comprendendo, laRegione, Paesi come India, Thailandia, Cina, Taiwan,Filippine, Vietnam, Corea, Giappone, Australia, Indone-sia e isole del Pacifico. “Ti trovi bene qui alla Pisana?”.“No, no bene, very very bene, bene…issimo! Anni piùbelli di mia vita”. Quando andavo a fargli tradurre qual-che frase idiomatica o a fargli leggere qualche paroladifficile: “Peter, la tua lingua è ben strana”. “No tanto!”.“Oh, sì! Guarda, come si legge questo… wrought?”.“Rot!”. “Ma come; scrivete sette lettere e pronunciatesolo tre suoni? ”. Restava interdetto. Nessuno gli avevamai fatto un’osservazione simile! “Tranquillo, Peter,dico per ridere. Per esempio dove sta la effe nellaparola laugh?”. Altra indecisione e altra risata, vistoche laugh/laf significa ridere! “E perché scrivete downe leggete dawn e scrivete dawn e leggete down?”.Allora sbotta: “Scrittura senza regole, ma vita sì, conregole! ” Giusto! Nel 2004 tornò in Australia. In pensio-ne. Scriveva un po’ a tutti, Ecco l’ultima e-mail: “Comeva tuo Bollettino? Letto bello profilo di signor Dante DeMaria e riso tanto… Grazie per parlare bene di noibrothers! ”. Caro Peter! Forse non pensava che avreiparlato anche di lui nel BS. Il tumore l’ha rapito il 13aprile 2007. �

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ON LINE ALESIANI ALESIANI CCOADIUTORIOADIUTORI

Gioca con i suoi ragazzi.

Peter da direttore del Bollettino Salesiano dell’Australia.

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COME DON BOSCO l’educatoredi Bruno Ferrero

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UNA MENTE RISPETTOSA

Sono tornate di moda le tribù o molto più probabilmente non sono mai passate di moda.

zioni o sermoncini. Né si va moltolontano con il falso riguardo di chifa buon viso a chi sta sopra e mor-tifica chi sta sotto. Non si trattasemplicemente di fingere per con-venienza umana, soprattutto quan-do i riflettori sono accesi, ma di evi-tare di pensare in termini di grup-po, di noi e loro, di “dobbiamoassolutamente batterli” perché “que-sta vita è una guerra”. Si tratta dicostruire, secondo la definizione diHoward Gardner, una menterispettosa. Il compito di far nascereil rispetto tra gruppi diversi e di dar-ne pubblicamente testimonianzadovrebbe, idealmente, es sere distri-buito tra i soggetti del vivere socia-le. Genitori, vicini di casa, leaderpolitici, capi religiosi, i mezzi dicomunicazione di massa, la gammadelle organizzazioni comunitarie:tutti do vrebbero esibire quel rispet-to. E, non limitandosi a questo,dovrebbero anzi premiare coloroche dimostrano rispetto e isolare openalizzare coloro che ne sono pri-vi: tutti colo ro che “dis” (disprezza-no, disistimano, disconoscono...) glialtri. Se famiglia e scuola si coaliz-zassero sinceramente e concreta-mente per co struire una mente diquesto tipo, a cominciare dai piùpiccoli, il mondo diventerebbe unposto migliore dove vivere.

�� I modelli idea li non sono lamaggioranza. È molto probabileche, crescendo, il bambino incontriun’ampia varietà di modelli, alcuniforse ammirevoli, ma molti altri con-traddittori o anche decisa menteostili. È sufficiente passare i canalidella tv o scorrere i programmi del-la radio in cerca dei dibattiti. Soven-te si coglie una dissociazione tra lepubbliche espres sioni di tolleranzae i più sottili segni di snobismo, dipregiudi zio e di schietto rifiuto. In questo campo la scuola ha uncompito facilmente descrivibile. Maè la famiglia che deve dare l’im-pronta decisiva per formare unastruttura di rispetto. Lo può farecon la riscoperta di una virtù total-mente disistimata, forse perché tipi-camente cristiana: l’umiltà. L’umiltàcristiana non consiste nel sentirsiun verme spregevole. Significa pos-sedere un giusto rispetto di se stes-si e degli altri: umiltà è il nome cri-stiano dell’autostima. L’umiltà libe-

Gli esseri umani mostrano unaradicata tendenza a costituir siin gruppi, a fornire ai gruppi

marchi distintivi, ad assumere atteg-giamenti nettamente positivi o netta-mente ostili nei con fronti di altre ag-gregazioni, vicine e lontane. Bastapensare alle squa dre di calcio, ai par-titi, ai branchi giovanili. I rapporti va-riano dall’amicizia durevole al durevo-le antago nismo all’inimicizia mortale.La nobile massima «Dobbiamo amar-ci l’un l’altro o morire» non viene ap-plicata. Tutti parlano della necessità dimettere fuori legge le armi e la guer-ra, ma nessuno lo fa. Ogni grupponon si fida dell’altro e ogni giorno sicombattono guerre grandi o piccolenegli ambienti più disparati.All’età in cui imparano a camminare,i bambini si strappano di mano i gio-

cattoli, si punzecchiano a vicenda,fanno la lotta, escludono un indivi-duo (“sei piccolo”) o un gruppo(“questo angolo è solo per imaschi”) dalle attività più prestigiose.All’età di cinque anni, le linee dell’a-micizia o dell’ostilità, dell’inclusionenel gruppo o dell’esclusione dalgruppo, dell’amore o dell’odio sonogià state tracciate. I bambini sonoconsci delle identità e dei profili digruppo. A partire da quello cheosservano, hanno già incominciatoad adattare i propri at teggiamentinei confronti dei gruppi cui apparten-gono, di quelli da cui si sentonoesclusi, e di quelli cui desideranoap partenere. Nelle sedi delle societàcommerciali, nei giornali, nelle clini-che e nelle università le cose sonodello stesso tipo. C’è sempre unnemico, un rivale, un concorrente,uno diverso da “noi” da battere.

�� Una forma di mentalità si puòeliminare solo con un’altra formamentale, non certo con pii inviti,accorate esortazioni, raccomanda-

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Gli esseri umani mostrano unaradicata tendenza a costituir si in gruppi, a fornire ai gruppi marchi distintivi, ad assumere atteggiamenti che li contraddistinguono…

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il genitoredi Marianna Pacucci

Mi sono sempre appassionataalle etimologie delle parole:quelle vere, ma ancor più

quelle inventate da felici quanto arbi-trarie connessioni della mente e delcuore con le varie questioni della vitaquotidiana. Il termine “rispetto” dentrodi me si associa spontaneamente con“rispecchio”. Vuol dire che, al centrodella mia riflessione morale, c’è laconsapevolezza che desidero per l’al-tro esattamente ciò che vorrei per mestessa, fatte salve le inevitabili diffe-renze fra le persone, ma anche te-nendo in debito conto la comune di-gnità, che ci rende simili ma nonuguali. Non sto dicendo niente di nuo-vo; tutta la tradizione cristiana riposasull’idea che non si deve fare agli altriciò che non si vorrebbe subire. Ma seGesù può esprimersi in modo diretto(ha una grande autorevolezza e si ri-volge a gente semplice) per fissare iconfini di un’etica della prossimità, iodebbo fare i conti, anche per i miei fi-gli, con i disorientamenti del mondocontemporaneo, le trappole della sog-gettività e i travestimenti dell’egoismo,la difficoltà – non soltanto giovanile –di declinare il valore del rispetto nelletante situazioni e relazioni che richie-dono una testimonianza coerente.

�� E poiché si tratta di un atteggia-mento esigente – come sempreaccade quando bisogna migliorare ilproprio modo di pensare e di agi-re – bisogna cominciare presto:il rispetto è un elemento fonda-mentale per le relazioni educati-ve, soprattutto quelle che riguar-dano la famiglia. Se una mammae un papà non manifestanoanche nelle situazioni più spiccio-le la capacità di saper rispettare i

propri figli, difficilmente potrannochiedere loro di sviluppare una per-sonale sensibilità e attenzione versoquesto valore. Occorre, innanzitutto,dimostrare consapevolezza dellediversità che possono renderci estra-nei l’uno all’altro, insieme alla fermavolontà di integrare queste differenzesenza limitarci a farle coesistere piùo meno pacificamente. Ci vogliono,poi, grande disponibilità e impegnoda parte di noi adulti, se davverovogliamo comprendere i ragazzi e icambiamenti che vivono durante laloro crescita. I figli hanno bisogno disentirsi accolti, accettati, amati; mapian piano si rendono conto che lirispettiamo anche quando esprimia-mo, se necessaria, una dissonanzacritica verso i comportamenti chenon condividiamo. Quel che conta, èche questo dissenso non sia maidemolitore dell’identità che i giovanifaticosamente cercano di costruire.Abbiamo il diritto, come genitori, dinon condividere alcune loro scelte,ma mai possiamo ritenerle pregiudi-zialmente sbagliateo dettate dacattiva fede.

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ra dalla rivalità, dall’obbligo di misu-rarsi con gli altri. L’umiltà trasmettela giusta ambizione, in modo da riu-scire a fare quello che si è in gradodi fare, liberando l’uomo dalle illu-sioni, perciò anche dalle frustrazio-ni, riguardo a quello che non è ingrado di fare.

�� Umiltà significa liberazionedall’impulso a reclamare per sé ilcentro del palcoscenico, accettandodi recitare una parte nella storiache si condivide con gli altri, manon necessariamente il ruolo princi-pale. Come accade spesso, questavirtù significa vivere nel mondo rea-le in cui non sempre siamo le star.Solo così può esistere un vero dia-logo. L’umiltà è la virtù che ci rido-na il coraggio, con una compren-sione realistica di chi siamo e diche cosa possiamo essere conl’aiuto degli altri e di Dio e possia-mo così intraprendere le scalatedelle vette. L’umiltà è la virtù piùliberante perché libera dalla con-centrazione su di sé e consentequindi relazioni vere e vitali, chestrutturano la persona e le permet-tono di giocare “in squadra” moltipli-cando quindi le sue possibilità disuccesso. Non cresciamo senzacompetizione, ma la competizionesenza rispetto reciproco è barbarae autodistruttiva. Sono molte leoccasioni concrete in cui i genitoripossono trasmettere ai figli questosenso della normalità, che significasentire di appartenere gli uni aglialtri, solo perché si è persone uma-ne, l’unico distintivo che possiamoportare con fierezza. �

TI RISPETTOSE MI RISPECCHIO IN TE

Il rispetto? Che cos’è? Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te.

l ’educatore

I figli hanno bisogno di sentirsi accettati; ma pian piano si rendono conto che li rispettiamoanche quando esprimiamo dissonanza verso comportamenti che non condividiamo.

La tradizione cristiana riposa sull’idea che non si deve fare agli altri ciò che non si vorrebbe subire.

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�� Credo che il rispetto implichianche la pazienza, perché la cre-scita ha spesso un ritmo asincrono,cadute all’indietro e accelerazioniproblematiche; non è scontata nellasua traiettoria e nei suoi esiti. Sedavvero vogliamo agevolare il cam-mino verso la maturità, non possia-mo forzare i ragazzi ad asseconda-re le nostre aspettative e necessità.Rispettarli implica una disponibilitàdi servizio che non può esserecomunicata in modo occasionale.Chi rispetta i figli, si impegna a par-tire dalle loro esigenze e dalle loropossibilità e mette da parte definiti-vamente la presunzione di essere ilfulcro sul quale ruota tutta la rela-zione educativa. Questo può perfino significare, tal-volta, lasciare che i nostri ragazzicommettano qualche errore. È unasorta di passaggio obbligato perchépossano riconoscere e apprendereil legame fra autonomia e responsa-bilità e avvertire che i loro educatorisono pronti ad amarli e a sostenerlinon solo quando tutto va bene, maancor più quando creano delusionee disagio.

�� Del resto si sopravvive a que-ste esperienze un po’ sgradevoli,da un lato e dall’altro, se la relazio-ne educativa abitualmente è im -prontata al senso del rispetto, cioègovernata dal dialogo, dalla colla-borazione, dalla solidarietà. In casa dobbiamo sforzarci di es -sere credibili nel rispettare i piccoli,se vogliamo concretizzare la spe-ranza che i ragazzi siano a lorovolta rispettosi con tutti quanti,anche al di fuori delle mura dome-stiche, dove può prevalere la vo -glia di competere e di imporsi suglialtri. Nel rapporto con il mondoesterno, dobbiamo guidarli a nontirarsi mai indietro quando c’è daaffermare la dignità di tutti esoprattutto delle persone più fragili;ma anche a saper perdere, quan-do il raggiungimento di un traguar-do può significare calpestare i dirit-ti altrui. Su questo piano, non cipossono essere compromessi: sevogliamo che i nostri figli siano vin-centi a tutti i costi, non potremomai educarli davvero al rispetto dise stessi, che è, in definitiva, lacondizione che rende possibile ilrispetto del prossimo. �

Marcellino Campara è senzadubbio un grande mosaici-sta. Questa vetusta arte hauna storia plurimillenaria se

è vero che le prime decorazioni a conidi argilla dalla base smaltata di diversicolori, impiegate per proteggere la mu-ratura in mattoni crudi, compaiono3000 anni prima di Cristo. Ma è con ilfiorire della cultura latina che il mosai-co giunge ai suoi più alti livelli espres-sivi, dapprima rappresentando tipologieprevalentemente pagano-mitologiche epoi con l’irruzione del cristianesimosostituendo via via alle prime, temi dicarattere biblico-neotestamentario. Nel-l’al to medioevo, grazie soprattutto aldecisivo contributo dell’arte bizantina,la tecnica del mosaico vive una dellesue più belle stagioni.

>> Il Campara predilige soggetti pre-valentemente figurativi spaziando dal-l’immagine sacra a mosaici composti,utilizzando marmi naturali e granitiesotici, cercando in ogni lavoro artisti-co di trovare la sua personale autenti-cità che però tragga ispirazione dallalunga e maestosa tradizione a lui pre-cedente. L’artista vuole inserirsi quin-di in un solco già tracciato, diremmoclassico, per poi imprimere il propriosegno distintivo in cui emergano coesiinsieme idealismo e valori spirituali,meditazione e impegno costanti. Unadelle sue ultime realizzazioni è l’inter-pretazione del Crocifisso di SanDamiano nella basilica di Santa Chia-ra in Assisi. Posto su di una strutturain legno massiccio, la figura di Gesù,

riprodotta quasi a grandezza naturale,viene mostrata non tanto nella sua for-ma canonica di “patiens” quanto giàin quella di “triumphans”, liberatodalle piaghe, lavato con il suo stessosangue dalle umiliazioni e dalle vessa-zioni subite. Gesù ha conosciuto ilrifiuto, il tradimento, l’abbandono e lapaura. Nel crocefisso-mosaico re/inti-tolato “Omaggio a San Francesco”,notevoli sono i significati simbolici el’impiego stesso dei materiali come ilgranito bluastro del Brasile e piccoletessere vetrose rosse e gialle a signifi-care l’umanità della croce, e i due“emblemata” posti ai fianchi di Gesù:la rosa, simbolo dell’amore e l’ulivoemblema della pace. Ma ciò che piùcolpisce, poiché risulta di stridenteattualità, è ancora l’immagine diGesù, vincente nel momento dellasconfitta: sembra di sentirlo ripeterenella sua maniera, dolce, decisa e duraallo stesso tempo, le parole che fannoda propellente alla nostra vita “Nonabbiate paura: io ho vinto il mondo”.

>> Le varie tessere del mosaico pos-sono ben rappresentare la Chiesa, l’as-semblea dei convocati, il corpo delCristo vivente che avanza con la forzadello Spirito, vincitore sul peccato esulla morte. Gesù, primo uomo nuovo,ha sradicato dal mondo il male/pecca-to, facendosi peccato lui stesso, por-tando a compimento il compito per ilquale era stato mandato: “Egli infattimorì, e morì al peccato una volta pertutte; ora invece vive e vive per Dio”(Lettera ai Romani 6,10). �

Di Roveré Veronese, classe 1952.Insegnante e autore di pubblicazioni distoria e arte locale veronese, studioso e cultore dell’arte del mosaico. Ha all’attivo varie mostre personali e rassegne collettive.

ARTE SACRA: CROCIFISSIdi Filippo [email protected]

MARCELLINO CAMPARATESSERE DI VITA

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AFORISMI di Francesco Ferrara1) Quanti uomini “liberi” stanno in carcere!2) Sono solo un’ipotesi. Questa è la mia tesi.

LAETAREET BENEFACERE…

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A proposito diSinodo…

Parola pregano, la Parola meditano, esentono di dover ritornare nelle loroterre come apostoli e missionari deirispettivi fedeli, facendosi carico deiloro problemi, delle domande, dellesperanze, delle miserie, delle con-traddizioni del gregge loro affidato...Grande e terribile il loro compito:colmare la sete di verità e di giustizia,riempire di speranza le menti e i cuo-ri. La Parola è Roccia. Solida, com-patta, inamovibile, che trasmette allavita umana quella sua “solidità” chenon è possibile rintracciare in nessunaltro ambito. Ha detto BenedettoXVI: “Sulla sabbia costruisce chi co-struisce solo sulle cose visibili e tan-gibili, sul successo, sulla carriera,sui soldi. Apparentemente queste so-no le vere realtà, ma vediamo adesso,nel crollo delle grandi banche, chequesti soldi scompaiono, che sononiente, così come tutte queste chesembrano essere le vere realtà sulle

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UN INCONTRO CHE SPINGE ALLA MISSIONEdi Giovanni Russo [email protected]

Interessante e sempre sorpren-dente: vescovi da tutto il mon-do, da tutti i continenti e cultu-re, che si incontrano come “di-

scepoli” della Parola. In effetti, dellaParola si mettono in “ascolto”, dallaParola si lasciano interpellare, con la

F IDE ET ICHEper ragazzi, genitori, educatoriS

quali contiamo sono solo realtà disecondo ordine. Chi costruisce la suavita su questa realtà – sulla materia,sul successo e su tutto ciò che appare– costruisce sulla sabbia”.

TUTTO PARLA DI DIONessuno può dire: “Dio non l’ho

mai incontrato”. “Dovunque” è unpossibile luogo d’incontro. BrunoLauzi canta: “Ho incontrato Dio sullaspiaggia… L’ho riconosciuto dallasua risata”. “A 16 anni lo bestemmia-vo a 17 l’ho incontrato”, ha scritto Ni-no Baglieri per 14 anni immobile suun lettino. “Io l’ho incontrato!”, gridail giornalista André Frossard; “Ho in-contrato Dio e tutto è cambiato”, can-ta Nando Bonini, chitarrista storico diVasco Rossi. E Metastasio: “Ovunqueil guardo io giro immenso Dio ti ve-do… La terra il mar le sfere parlan deltuo potere”. Dio è nella sua creazione,un’immensa pagina aperta davantiall’intera umanità: “I cieli narrano lagloria di Dio, l’opera delle sue maniannuncia il firmamento” (Sal 19). Co-me anche il salmo 33: “Dalle paroledel Signore furono creati i cieli, dalsoffio della sua bocca tutto il loroesercito… perché egli ha parlato e tut-to fu, ha ordinato e tutto esistette”.Anche l’intelligenza umana parla diDio, rivela la sua presenza, con la sualuce, la sua verità. Il cuore, con le sueragioni, il senso del bene e dell’altrui-smo parlano di Dio. E la coniugalità,

in Gruppo e in Famiglia� Possiamo dire che abbiamo suffi-

cienti possibilità di contatto con laBibbia? Ne abbiamo una a casa?

� La Bibbia come viene considerata infamiglia, nell’educazione o nella ca-techesi?

� Come ci accostiamo alla SacraScrittura nella preghiera liturgica ein quella personale?

� La Parola di Dio scritta è regola perle nostre scelte di vita?

� Come Maria può essere modello delcristiano che ascolta, medita e vivela Parola di Dio?

CONFRONTIAMOCI

Il Rettor Maggiore dei salesiani parla al Sinodo dei Vescovi della Chiesa l’11 ottobre 2008.

La voce della Parola deve risuonare anche attraverso la radio, le arterie informatiche di Internet, i canali della diffusione virtuale on line, i cd-rom, i dvd, i podcast e così via.

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per cui uomo e donna sono “immagi-ne” di Dio (Gn 1). Tutte queste “paro-le” s’incontrano nella grande “Parola”che è “Dio” che ha mille nomi, maAmore li riassume tutti. La Parola diDio precede ed eccede la parola scrit-ta, la Bibbia che pure è “ispirata daDio” (2 Tm 3); la fede, quindi, non haal centro un libro ma una storia, quellaincredibile di un Dio che si nascondein una grande fragilità, la carne, sog-getta ai mille insulti del tempo e dellaStoria. La Parola fatta carne si chiamaGesù; la Parola fatta guida si chiamaSpirito Santo che “guida a tutta la ve-rità” (Gv 16). È questa la grande Tra-dizione, che ha il magistero come in-terprete voluto da Gesù stesso per evi-tare il rischio che ciascuno piegasse laBibbia ai propri interessi. D’altronde,se ci si fermasse alla sola “lettera”, laBibbia rimarrebbe soltanto un solennedocumento del passato, una nobile te-stimonianza etica e culturale. Certo, laScrittura è diventata una sorta di “im-menso vocabolario” (Paul Claudel) edi “atlante iconografico” (Marc Cha-gall), a cui hanno attinto la cultura el’arte cristiana; Goethe era convintoche il Vangelo fosse la “lingua mater-na dell’Europa”. La Bibbia è “il gran-de codice” della cultura universale.Gli artisti hanno idealmente intinto illoro pennello in quell’alfabeto colora-to di storie, simboli, figure; i musicistiattorno ai testi sacri hanno intessuto leloro armonie; gli scrittori hanno persecoli ripreso quelle antiche narrazio-ni che divenivano parabole esistenzia-li; i poeti si sono interrogati sul miste-ro dello spirito, sull’infinito, sul male,sull’amore, sulla morte e sulla vitaraccogliendo i fremiti poetici che ani-mavano quelle pagine (Messaggio delSinodo, 6.15).

[…] La parola di Dio è co-me una scala sulla qualepossiamo salire e, con Cri-sto, anche scendere nellaprofondità del suo amore. Èuna scala per arrivare allaParola nelle parole”.

MISSIONARI DELLA PAROLA

Nutriti non di solo pane,ma “di ogni Parola che escedalla bocca di Dio”, usciamolungo le strade del mondo perincontrare il grande pellegri-naggio che i popoli della terrahanno intrapreso alla ricercadella verità, della giustizia edella pace. Nel mondo secola-rizzato e tecnologizzato ci so-no, in fondo, un anelito nasco-sto, una speranza germinale, un

fremito d’attesa: ci sono fame e se-te di Verità. A questa fame si ri-sponde con la testimonianza, chivive di verità vive di Dio. La Bib-bia è tutta attraversata da appelli a“non tacere”, a “gridare con for-za”, ad “annunciare la parola almomento opportuno e non oppor-tuno”, a essere sentinelle che lace-rano il silenzio dell’indifferenza.La voce della Parola deve risuona-re anche attraverso la radio, le arte-rie informatiche di Internet, i canalidella diffusione virtuale on line, icd-rom, i dvd, i podcast e così via;deve apparire sugli schermi televi-sivi e cinematografici, nella stam-pa, negli eventi culturali e sociali.La famiglia, racchiusa con le suegioie e i suoi drammi, è uno spaziofondamentale in cui far entrare laParola. Ogni casa deve avere la suaBibbia, custodita in modo dignito-so, letta ogni giorno, pregata…perché giovani e ragazze, vecchiinsieme ai bambini ascoltino, com-prendano, lodino e vivano la Paro-la di Dio (Messaggio del Sinodo,11,12). Come Maria, maestra e ma-dre nell’ascolto della Parola diDio, accogliamo la Parola, faccia-mola diventare carne della nostracarne, portandola con gioia a quan-ti il Signore ci concede di incontra-re sul nostro cammino. � �

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NELLE PAROLE “LA” PAROLA

Durante il Sinodo il Papa ha par-lato del rischio che l’uomo, inquanto essere finito, non riesca atrovare nelle parole la Parola: “Èun grande pericolo anche nella no-stra lettura della Scrittura: ci fer-miamo alle parole umane, paroledel passato, storie del passato, enon scopriamo il presente nel pas-sato, lo Spirito Santo che parla og-gi a noi nelle parole del passato.Così non entriamo nel movimentointeriore della Parola, che in paroleumane nasconde e apre le paroledivine […] Dobbiamo essere in ri-cerca della Parola nelle parole.Quindi l’esegesi, la vera letturadella Sacra Scrittura, non è sola-mente un fenomeno letterario, nonè soltanto la lettura di un testo. È ilmovimento della mia esistenza. Èmuoversi verso la Parola di Dionelle parole umane. Solo confor-mandoci al Signore che è la Parola,possiamo entrare all’interno dellaParola, possiamo trovare veramen-te in parole umane la Parola di Dio

Chagall (1887-1985): La creazione dell’uomo. L’artista chiamava la Bibbia un “Atlante iconografico”.

La Bibbia, scritta per gli uomini, va annunciata a tutti “opportune et importune”, come a dire sia che lo vogliano sia che non lo vogliano.

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La Giornata dellalingua madre sicelebra sabato 21febbraio. È importantee necessario usare lapropria lingua madre,ma è altrettantoimportante impararnealtre: l’UNESCOpropone lo studio dipiù lingue per evitareuna nuova Babele ecomunicare oltre ogniconfine.

ogni lingua contiene parole che inmaniera univoca rendono un’ideae, quando le parole si perdono,spariscono le idee.

Una lingua madre daparlare e tre da studiare?

Sono chiare le ragioni autorevolia favore della lingua madre, ma so-no altrettanto chiare anche le conse-guenze disastrose della chiusura digruppi nel proprio guscio. L’isolarsidagli altri può significare condan-narsi a morire. La soluzione apparedifficile al momento: il rischio chemolti paventano è che una culturaforte (come può essere ad esempioquella anglosassone) colonizzi len-tamente ma inesorabilmente quellepiù deboli, innescando un processodi “deculturazione” fatale alla pro-pria identità e dunque anche allalingua. Forse la soluzione è quellaprospettata dal titolo di questo para-grafo, che la lingua madre continui

a essere parlata da un popolo, mache nessuno sappia una sola lin-gua, in modo che possa entrare inrelazione con persone di altra nazio-ne, sempre più numerose anche sulnostro suolo.

Tradizioni da rinverdireLa Giornata del 21 febbraio potrà

aiutare a capire che dobbiamo, sì,parlare la lingua dei nonni, conosce-re le antiche tradizioni regionali, gliusi, i costumi, le feste e le ricette lo-cali, ma anche studiare lingue stra-niere. Tutti! I ragazzi lo fanno conpiù facilità, gli anziani devono sfor-zarsi almeno un poco, ma qualcosasi può fare, se è vero com’è veroche c’è chi ha preso una laurea a 90anni! Del resto – e per certi versipurtroppo – comunicazioni interna-zionali, linguaggi tecnici e informa-tici, scambi, ecc. si faranno sempremeno in italiano e, ovviamente,niente proprio in dialetto. �

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“Io sogno in chamicuro, manon posso raccontare i mieisogni a nessuno, perchénessuno parla più il chami-

curo. È triste essere l’ultima”. Cosìha detto piangendo Natalia Sanga-ma, anziana donna dell’Amazzonia.Le lingue contano e sono necessarieper salvare l’identità di un popolo,le proprie origini, la propria cultura,ma da sole non bastano più soprat-tutto nell’era della globalizzazione.Per questo gli ultimi anni registranoincontri determinanti ai fini dell’e-conomia, della pace e anche dellafede. Le lingue contano è lo slogandell’UNESCO, con l’invito ad adot-tarne una per salvarla dall’estinzio-ne cui sembra condannata proprio acausa della globalizzazione, comeaccennavamo. I linguisti avvertono:

I BATT I T IGiornate MondialiD

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LA LINGUA MADREPER PARLARE AL MONDOdi Severino Cagnin

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&continue strizzate d’occhio all’elet-tronica; interpretazione ora algida,ora più intensa ma mai piatta oanonima. Nei testi delle canzoni siparla prevalentemente d’amore ma,tra molte metafore e qualche intel-lettualismo, si sfiorano anche pic-cole-grandi questioni di senso cheassillano l’uomo del nostro tempo:il rapporto tra istinto e razionalità; iltedio della quotidianità; l’ossessio-ne del divertimento.

>> Qualcosa di più viene fuori inVita digitale. Le parole mettono inluce un desiderio di fuga dalle re-sponsabilità, dall’obbligo di “inven-tarsi” la propria strada, dalla faticadi sentirsi continuamente in movi-mento; sembra inutile anche fer-marsi, staccare, prendere delle pau-se per guardarsi dentro: l’unica viad’uscita è “congelarsi”, per nonsentire più niente. Il tema, inquietante, è solo in parte

stemperato dalla musica. Lamelodia parte con brevi fram-menti che, come in un giochinoda game-boy, si stoppano, ripren-dono, poi si serrano in una sorta difredda cantilena; l’arco melodico sifa poco più ampio e disteso nel ri-tornello ma è ancora lontano dal-l’acquistare calore. Anche l’arran-giamento rimane piuttosto “distac-cato”: alla ritmica imperturbabile eai riff squadrati delle chitarre fannoda contrappunto bip elettronici davetusti videogiochi. Tutto ciò comu-nica sì quel “gelo” di cui sopra, maha anche l’effetto di far viaggiare lacanzone in superficie, di non di“mordere” il problema.

>> In questo modo, forse voluta-mente, forse solo per caso, dipingequasi alla perfezione la paura di af-frontare scelte definitive che è tristeappannaggio del pensiero comunevigente. �

Prima c’erano i Madreblu. Sia-mo nel 1997: Gino Marcelli,Valerio Artusi e Raffaella De-

stefano, con il loro album d’esordioPrima dell’alba, vengono apprezzatiper la ricerca sonora e per i testidelle canzoni che interpretano isommessi turbamenti interiori e in-tellettuali di quella generazione. Ilmercato discografico, si sa, è al-quanto volubile e, nonostante unacerta costanza nel livello della pro-duzione, il successo del debuttonon viene replicato dai due dischisuccessivi e il gruppo si scioglie.

>> Adesso c’è Raffaella Destefano,questa volta da sola. Giungiamo al-la fine del 2007 e il suo singoloDomani raccoglie tali consensi dasuggerire la produzione di un al-bum che, sia pur a distanza di quasiun anno, arriva “a grande richiesta”e porta il titolo Filologica.Lo stile musicale della Destefanorecupera l’esperienza del gruppod’origine con qualche opportunoaggiornamento: melodie fresche edirette che conquistano l’orecchiosenza mai rischiare la ripetitività;arrangiamenti molto curati basatisui suoni delle chitarre elettriche,del basso e della batteria ma con

VITA DIGITALEdi Lorenzo Angelini

NOTE

SULLE NOTE

�Un’esistenza ordinata, programmata, senzaimprevisti a cui dover far fronte con fantasia è diventata talmente consueta da risultaredesiderabile.

&Voglio una vita digitale / che non mi fac-cia dubitareChe si ripeta costante / che non mi tolgamai nienteVoglio una vita lineare / per continuare adormireChe mi cancelli i ricordi / che non siamai troppo tardi

Preferisco stare sola qui con me / misembra tutto inutileCiò che voglio veramente è congelarmi /fino a che non sentirò niente

Voglio una vita digitale / che non mi pos-sa fare maleChe mi regali solamente parole felici /cancelli con la gomma tutti i miei nemici

Una vita balneare sotto l’ombrellone / dimesi al mare senza l’ossessioneDi non avere il tempo di rallentare / tudevi stare attenta e partecipare ancora

Preferisco stare sola qui con me / misembra tutto inutile Ciò che voglio veramente è congelarmi /fino a che non sentirò nientePreferisco stare sola qui con me / mi sen-to così fragile perché Ciò che voglio veramente è congelarmi /fino a che non sentirò nientefino a che non sentirò niente / fino a chenon sentirò niente

VITA DIGITALE di Raffaella Destefano

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I NOSTRI MORTIPER SOSTENERELE OPERE SALESIANE

Notifichiamo che la DirezioneGenerale Opere Don Bosco consede in Roma, riconosciuta conD.P.R. 2-9-71 n. 959, e l’Isti tu toSalesiano per le Mis sio ni consede in Torino, a ven te per sona-lità giuridica per Regio De cre to13-1-1924 n.22, possono ri ce ve -re Legati ed Eredità. Que ste le formule:

se si tratta di un Legatoa) di beni mobili“… Lascio alla Direzione Ge ne -rale Opere Don Bosco, con se dein Roma (o all’Istituto Sa le sianoper le Missioni, con se de in Tori-no) a titolo di legato la somma di€ … o titoli, ecc. per i fini isti-tuzionali dell’Ente”.

b) di beni immobili“… Lascio alla Direzione Ge ne -rale Opere Don Bosco, con se dein Roma (o all’Istituto Sa le sianoper le Missioni, con sede in Tori-no) l’immobile sito in… per i fi-ni istituzionali del l’En te”.

Se si tratta invece di nominareerede di ogni sostanza l’u no ol’altro dei due enti sopraindicati“… Annullo ogni mia preceden-te disposizione testamentaria.Nomino mio erede universale laDirezione Generale O pe re DonBosco, con sede in Ro ma (o l’I-stituto Salesiano per le Missioni,con sede in Torino) la sciando adesso quanto mi ap partiene aqualsiasi titolo, per i fini istitu-zionali dell’Ente”. (Luogo e data) (firma per disteso)

NB. Il testamento deve essere scritto perintero di mano propria dal testatore.

INDIRIZZIDirezione Generale Opere Don BoscoVia della Pisana, 111100163 Roma-BravettaTel. 06.65612678 – Fax 06.65612679C.C.P. 462002

Istituto Salesiano per le MissioniVia Maria Ausiliatrice, 32 10152 TorinoTel. 011.5224247-8 – Fax 011.5224760C.C.P. 28904100

BIANCHI sac. Pietro, missionariosalesiano, † Imphal, Manipur (India), l’08/03/2008, a86 anni

Don Pietro fu un grande salesiano e ungrande missionario; è morto 11 mesi fa mail suo ricordo è ancora vivissimo presso iconfratelli, i familiari, e soprattutto pressocoloro in mezzo ai quali ha svolto il suoapostolato. Romagnolo doc, classe 1922,fin da piccolo sente forte e chiaro il deside-rio di dedicare la sua vita agli altri e di par-tire missionario. Così nel 1937 decide difarsi salesiano e l’anno dopo, a 18 anni, ègià in India dove fa il noviziato e compie glistudi. Impressionato dalle tribù del nord, of-fre tutto il suo zelo, le sue forze, la sua in-tera vita alle varie comunità indigene, so-prattutto ai Naga e ai Kiki-Chin. Catechesie omiletica sono le sue armi; tra questi uo-mini semplici ma intelligenti lascerà un se-gno indelebile. Don Pietro fu davvero unapostolo che non si risparmiò né si smarrìdi fronte alle difficoltà. Un’idea l’ha sempresostenuto: “Físsati una meta e sii risolutonel raggiungerla per essere quello che haideciso di essere. Non deviare mai”. Cosìpensano solo i grandi!

SACCO sig. Paolo Maria, exallievosalesiano, † Spinetta Marengo (AL), il 05/09/2008,a 57 anni

“Penso alla vita… all’infinito”. È uno degli ul-timi ricordi del signor Sacco, un uomo pienodi vita e della gioia di vivere. Ottimista, alle-gro, sportivo… traboccante di idee, di attivitàe di fede. Diceva: “Uno dei più grandi doniche ho ricevuto è la fede in Dio”. Ed egli l’hatrasmessa ai suoi quattro figli. Amava leg-gere la vita dei santi, ma tra tutti, diceva dipreferire Don Bosco. Il santo dei giovani l’a-veva ben conosciuto durante gli anni in cuiaveva frequentato la scuola salesiana. Da al-lora Don Bosco era diventato il suo protetto-re e lui un suo fan: lo amava tanto che spes-so raccontava di averlo sognato benedicen-te. Un uomo come pochi, il signor Sacco,che recitava quotidianamente il rosario af-finché la Madonna gli fosse vicina nel lavo-ro e proteggesse la sua famiglia. Ha affron-tato il terribile male che l’ha rapito all’affettodei suoi cari con una serenità invidiabile.Non sarà dimenticato.

ANGIOLINI sr. Anna, Figlia di Maria Ausiliatrice,† Sant’Ambrogio Olona (VA), il 09/03/2008,a 84 anni

Suor Anna ha vissuto la missione salesianacome insegnante ed educatrice attenta, de-licata, solerte e creativa nella scuola ele-mentare, nella secondaria di primo e secon-do grado e nei corsi professionali. La suapreparazione le ha offerto la possibilità di ac-compagnare il cammino di crescita e diapertura alla vita di fanciulli, preadolescentie adolescenti. In particolar modo nella realtàdi Castellanza ha operato con grande zelonell’oratorio che amava intensamente e nelquale ha dato il meglio di sé, come respon-sabile e animatrice instancabile. Semplice eschiva nel suo modo di porsi, sapeva farsi“accoglienza” a ogni giovane che varcava ilcancello.

POZZI sr. Adriana, Figlia di MariaAusiliatrice,† Milano, il 02/03/2008, a 62 anni

Chiamata alla vita, alla vocazione religiosa,al servizio educativo e di autorità, ha semprerisposto: “Eccomi, Signore”. Si è sempre di-stinta nella sua azione educativa per la pas-sione carismatica per i giovani, è stata ma-dre e sorella in mezzo alla gente e nella co-munità. Donna di profonda interiorità, ditenera devozione mariana, aveva radicato lasua fede nella carità che “tutto crede, tuttosopporta, tutto spera”. Se n’è andata silen-ziosa, rapidissimamente e dolcemente nelcuore della notte.

MAGANETTI sr. Matilde, Figlia di Maria Ausiliatrice,† Marseille (Francia), il 20/03/2008, a 89 anni

Partì per la Francia nel 1926, dove fece laprima professione. Ritornò in Italia e aiutònell’economato della Casa Generalizia. Inseguito fu missionaria in Algeria e visse glianni difficili della guerra, facendo l’infermie-ra in clinica, dove fu apprezzata per la ge-nerosità e lo zelo con cui si dedicava ai ma-lati. Donna forte, disponibile e sempre fidu-ciosa nell’aiuto di Dio, fino a tarda età è stataanche animatrice di comunità, interessan-dosi di tutti come una vera madre.

PIRAS sr. Lidia, Figlia di MariaAusiliatrice,† Roma, il 12/04/2008, a 90 anni

Nata in una famiglia numerosa composta da8 fratelli e 5 sorelle, ha assorbito dai genito-ri i valori umani e cristiani che l’hanno so-stenuta per tutta la sua lunga esistenza.Maestra nella scuola dell’infanzia in Sarde-gna, a Roma e in altre case si è sempre im-pegnata con mirabile dedizione anche all’in-segnamento della musica e del canto. Ama-va molto la preghiera e si raccomandavasempre alla Madonna con fiducia.

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“Reciso in terra

torna a fiorire

nel giardino di Dio”

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FEBBRAIO

ACQUE BIBLICHE MAR MORTOIl mar Morto è in realtà un lagosituato tra Israele e Giordania,con il bacino a 408 m sotto illivello del mare. Lungo circa 75km e largo circa 15, ha unaprofondità massima di 400 m euna superficie di 1000 km2; le suedimensioni si stanno riducendoper il sempre minore apporto idri-co del Giordano, conseguenteall’irrigazione. Nel mar Mortoconfluiscono l’Arnon e alcuni tor-renti. L’assenza di emissari e l’altaevaporazione fanno sì che l’ac-qua abbia una salinità dieci vol-te superiore a quella degli ocea-ni, il che impedisce la presenzadi pesci e di vita. Ha spondedesertiche e disabitate, salvoqualche industria. La salinità hadato all’acqua proprietà curati-ve. Non lontano dalla spondanord-occidentale, si vedono lerovine di Qumran, la comunità diEsseni. Vicino ci sono le grottedove per quasi due millenni sonorimasti nascosti molti manoscritti,soprattutto dell’Antico Testamen-

to. Nella Bibbia il mar Morto ècitato nove volte, ma è chiama-to anche mare Salato (Gen14,3), mare dell’Araba (Gs 3,16),mare Orientale (Ez 47,18). A essofa riferimento il racconto di Lot edella distruzione di Sodoma eGomorra (Gen 19,23-29).

LUCI DAL MEDIO EVO>> 1111 ffeebbbbrraaiioo 11330044:: con la bolla“Dum levamus”, Benedetto XI ap-prova l’Ordine mendicante deiServiti, fondato attorno al 1241-45, da sette mercanti fiorentini(BBoonnffiigglliioo,, BBoonnaaggiiuunnttaa,, MMaanneettttoo,,AAmmaaddiioo,, UUgguucccciioonnee,, SSoosstteeggnnoo eeAAlleessssiioo, canonizzati nel 1888). Og-gi è presente in 26 nazioni e testi-monia la fraternità evangelicaispirandosi alla Vergine, attraver-so parrocchie, santuari, missioni.>> 1155 ffeebbbbrraaiioo 11111133:: con la bolla“Piae Postulatio Voluntatis”, Pa-squale II riconosce l’Ordine diSan Giovanni, fondato nel 1048dal beato GGeerraarrddoo per assistere ipellegrini in Terra Santa. I cava-lieri erano religiosi, legati dai votimonastici. Per secoli, contrasta-rono l’avanzata musulmana nel

Mediterraneo; dal 1834 il SovranoMilitare Ordine Ospedaliero hasede a Roma, gode di extraterri-torialità e prosegue la missioneumanitaria e sanitaria in oltre 120Paesi.>> 2233 ffeebbbbrraaiioo 11000033:: alla presenzadi Arduino, re d’Italia, è posata laprima pietra dell’abbazia di Frutta-ria (TO), fondata da GGuugglliieellmmoo ddaaVVoollppiiaannoo. Nel 1265, l’abbazia pos-siede 85 chiese in Italia, Francia eAustria; i monaci sono 1200. Nel1585 il monastero è soppresso; nel1770 viene abbattuto per costruireuna nuova chiesa; il 19 marzo1990, presente papa Wojtyła, l’ab-bazia è riaperta ai fedeli.>> FFeebbbbrraaiioo 11001144:: per opera di PPiiee--ttrrooaallddoo, abate di san Colombano,nasce la sede vescovile di Bobbio(Piacenza); l’abbazia è stata fon-data nel 614 dal santo irlandese ein poco tempo è diventata uno“scriptorium” famoso in tutt’Euro-pa, grazie al quale si sono conser-vate decine di manoscritti greci elatini. Oggi la chiesa con le reliquiedei santi Colombano, Attala, Ber-tulfo, Bobuleno, Cumiano e altriabati è parrocchia. �

FEBBRAIO

il Mese Savina Jeminail Mese

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PRETI SCIENZIATI ■ LAZZARO SPALLANZANI

Nasce a Scandiano (RE) il12/01/1729, primo di nove figli.A 15 anni entra nel collegiodei Gesuiti di Reggio. Nel 1757insegna fisica e matematicaall’Università cittadi-na. Pochi anni dopo,dimostra l’infonda-tezza della tesi dellagenerazione sponta-nea degli organismi.Nel 1762 è ordinatoprete. Nel 1769 èchiamato da MariaTeresa d’Austria ainsegnare Storia al -l’Università di Pavia e nediventa rettore. Nel 1777 ottie-ne la prima fecondazione arti-ficiale da uova di rana erospo. Compie scoperte su

digestione e respirazione. È incorrispondenza con persona-lità come Cesare Beccaria,Voltaire, Lavoisier. Compieviaggi scientifici all’estero, per

confrontarsi con altristudiosi e raccoglieremateriali per il museodell’ateneo pavesee per la propria rac-colta. Du rante unviaggio a Costanti-nopoli e nei Balcani ilcustode del museo,istigato da alcunidocenti, lo accusa di

aver rubato reperti; la vicendasi conclude con l’assoluzionedi Spallanzani e l’allontana-mento dei calunniatori. Muorel’11 febbraio 1799.

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P RIMA PAGINA Redazionale

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Spettacolare la Corsa del 1° novembre, promossa dalla Onlus “Don Bosco nel Mondo” e organizzatadalla Prime Time Promotions. Alla gara competitiva (10 km attraverso i luoghi storici più belli diRoma) hanno partecipato circa 2500 atleti tra cui molti olimpionici, 500 circa a quella non competi-

tiva, tra i quali anche il sindaco Gianni Alemanno.

>> Il Rettor Maggiore dei salesiani, lo stesso Sindaco e varie altreautorità hanno premiato i vincitori: 1° il campione italiano dei10500 m Daniele Meucci, 2° e 3° due keniani; 1ª delle donneAnna Incerti, campionessa italiana di mezza maratona, ecc.

>> Il Santo Padre siè rivolto ai parteci-panti dalla finestradel suo studio, sot-tolineando “la gioiae la fatica di corre-re” nella vita maanche nella fede e

nell’amore. L’evento e la campagna di solidarietà “pro ragazzidi strada del Congo” hanno avuto la copertura televisiva diMediaset. �

LA CORSA DEI SANTIRoma San Pietro

1 Il Papa benedice.

2 Atleti alla partenza.

3 Il sindaco arriva al traguardo.

4 Il Rettor Maggiore, il vincitore Meucci, il sindaco Alemanno, la signora Scorpio della P.T. Promotions.

5 Anna Incerti premiata dal sindaco di Roma.

6 Enzo De Caro e Daniele Meucci.

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INSEMINAZIONECALVARIO DELLE DONNE

Sono una donna di 41 anni. Gra-zie alla lettura del B.S. ho esperi-mentato la forza della fede. Spo-sata da quattro anni, con mio ma-rito ho cercato di avere un figlio,ma tutti i tentativi sono stati vani. Imedici erano del parere di ricorre-re all’inseminazione artificiale, og-gi di gran moda, anche per lo spro-positato guadagno che essi vi ri-cavano. Spinta, forse, da questoparere dei medici che ritenevanol’unica soluzione per la gravidan-za, anch’io tentai questa strada.Fin dai primi interventi ebbi talicomplicazioni, che dovetti inter-rompere ogni cura. Non mi dilun-go a descrivere il calvario delledonne che intraprendono questatecnica medica, poiché essa com-porta ansie, delusioni e depressio-ni sempre in agguato. Io e mio ma-rito decidemmo dunque di abban-donare ogni metodo artificiale: seun figlio avessimo potuto avere,l’avremmo avuto solo attraverso ilmetodo naturale. Mia mamma miregalò l’abitino di san DomenicoSavio. Incominciai la novena con il

cuore pieno di speranza, fino agiungere felicemente alla mater-nità il 21 settembre 2007, giornodella nascita di Giulia, nostra gioia,e miracolo della vita.

Antonella Alba, Agrigento

IL MIRACOLODELLA VITA

Michela è la piccola bimba nata il15 ottobre 2007 grazie alla prote-zione di san Domenico Savio edi Maria Ausiliatrice. Gigliola,mamma di Michela, ha indossatoper tutto il tempo della gravidan-za l’abitino di san Domenico Sa-vio che io le avevo procurato. Lagravidanza non è stata tanto fa-cile. Iniziata nell’ottobre 2006,viene bruscamente funestata al

I NOSTRI SANTIa cura di Enrico dal Covolo postulatore generale

Per la pubblicazione non si

tiene conto delle lettere non

firmate e senza recapito. Su

richiesta si potrà omettere

l’indicazione del nome.FEBBRAIO 2009 BS

mantenere una calma incredibile.Non c’è stato bisogno di mettere ilbambino nell’incubatrice, ma sol-tanto nella culla termica. Salvatorealla nascita pesava kg 2,240, e do-po 27 giorni kg 2,900. È stata ri-scontrata una disfunzione fisiolo-gica nel suo corpo, non grave; percui potrebbe essere necessariopraticargli una incisione, ma sispera di evitarla. La grande graziadi essere mamma mi riempie digioia; perciò ringrazio il Signore eprego che conceda anche ad altremie amiche questa grazia.

Naso Roberta, Sommatino (CL)

GIOIA DI AVERE UN FIGLIO

Sono un’exallieva, educataper quattro anni nell’Istitutodelle Figlie di Maria Ausiliatri-ce di Alì Terme. Sono mammadi tre figli e nonna con settenipoti. Nel 2005 sono ritorna-ta, dopo 40 anni, nel mio Isti-tuto per visitarvi la tomba del-la beata Maddalena Morano,Figlia di Maria Ausiliatrice.L’ho pregata, chiedendo per lasua intercessione grazie spi-rituali e materiali per la mia fa-miglia, per i nipoti, e in parti-colare per mio figlio e mianuora. Questi ultimi sono spo-sati da otto anni, ma senza fi-gli. Il 20 di agosto 2006 sonoritornata, con mio figlio e mianuora, presso la tomba dellabeata Maddalena Morano.Abbiamo pregato, affinché perla sua intercessione ci fosseconcessa la grazia di avereun figlio, promettendo di ren-derla pubblica, quando l’aves-simo ottenuta. I primi di otto-bre 2006 il test di gravidanzaha dato esito positivo e, tra-scorsi nove mesi senza nes-suna difficoltà, il 14 giugno2007 è nata la piccola Bene-detta, una splendida bimba,grande dono di Dio.

Pluchino Palmina, Vittoria(RG)

Maddalena Morano.

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secondo mese da un abortospontaneo. Gigliola, mia sorella,è comunque determinata a vole-re un bambino e a gennaio 2007resta di nuovo incinta. Le rimaneil grande timore che possa dinuovo abortire; ma fortunata-mente i mesi trascorrono e tuttosembra procedere per il meglio.Data l’età di 43 anni, Gigliola sisottopone all’amniocentesi, i cuirisultati si fanno attendere oltreun mese. Vengono poi comunica-ti in modo erroneo e incompleto.Si vivono momenti di incubo;sembra quasi che la nascitura siaaffetta da una gravissima malfor-mazione, tanto da costringere lapartoriente ad affrontare un abor-to terapeutico. Gigliola rimanesconvolta e profondamente di-sperata ed io ho vissuto giornateterribili, tra la rabbia e la frustra-zione, sentendomi impotente. Maecco che avviene il “miracolo”; ilginecologo ricomunica il vero esi-to dell’amniocentesi: a livello ge-netico c’è un’anomalia, ma ciònon comprometterà lo sviluppo ela crescita della bambina. Giglio-la, che gode di una discreta salu-te, viene comunque sottoposta adiverse ecografie per tenere sot-to controllo la situazione. Viene ri-levato che la bimba è piccola, macon il passare del tempo aumen-ta la speranza che il suo svilup-po sia costante. Il parto avvieneper taglio cesareo e finalmentemamma Gigliola può abbraccia-re la sua cara Michela, che iniziala grande avventura della vita.

Fè Maria Pia, Carnago (VA)

LA GRAZIA DI DIVENTAREMAMMA

Il mio bambino Salvatore Domeni-co è venuto al mondo prima deinove mesi, esattamente dopo 33settimane e 5 giorni, e tutto è an-dato bene. Ho sempre pregato,ancora prima di essere incinta, te-nendo in mano l’immagine di sanDomenico Savio e chiedendo lagrazia di diventare mamma. Tuttocominciò il 30 agosto 2007, alle17.45 con una corsa al pronto soc-corso. Il parto è avvenuto ad Agri-gento, alle ore 24.20 del 31 ago-sto 2007, con taglio cesareo, men-tre io riuscivo per grazia di Dio a

HANNO SEGNALATO GRAZIEPer intercessione di s. Giovanni Bosco: Radico Romano, Pescara

Per intercessione di s. Domenico Savio: C.E. Trieste - G. Giusy, Agrigento - L.L. Taranto - N.N. Minusio(Svizzera) - Inastasi Debora e Giovanni, Marsala - Ferrara Isa-bella, Roma

Per intercessione di Maria Ausiliatrice e di s. Domenico Savio:Di Dio Emanuele e Angela, Gela (CL) - Mangili Ugolotti Edda,Campione d’Italia (CO) - Riva Marco e Giovanna, Lecco

Per intercessione di s. Giovanni Bosco e di s. Domenico Savio:Zaccone Federica, Alessandria

Per intercessione di s. Giovanni Bosco e di Mamma Margherita:Santos de Munaretto Gladys, San José (Uruguay) - Bay PatriziaMaria, Chieri (TO)

Per intercessione di san Domenico Savio e altri:N.N., Milazzo (ME)

Per intercessione della venerabile Mamma Margherita:L.L. Taranto - Battaglia Giuseppina, Ragusa - P. E. Torino

Per intercessione del venerabile mons. Vincenzo Cimatti:Gana Ambra, S. Gregorio (CT)

Per intercessione del beato Michele Rua:De Polo Laura, Montesilvano (PE) - Ghelardoni Russo Lina, Mi-lano

Per intercessione del servo di Dio don Francesco Convertini:Talamona Wanda Braga, Sigirino (Svizzera)

Per intercessione del servo di Dio don Casimiro Wojciechowski:Dr. Ballarini Gianfranco, Verona

B. Filippo Rinaldi B. Michele Rua

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IN PRIMO PIANO redazionale

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MISIKIR E MESERET

Sette e cinque anni, due pul-cini ancora, due sorelline che sivogliono un bene dell’anima,giocano sempre insieme, corro-no qua e là come se fosseroun’unica persona, e vanno a farla spesa per la mamma che hasempre tante cose da fare. An-che quella mattina ci andarono.Mamma aveva raccomandato dicomperare il pane e loro dueavevano obbedito a puntino.Con il loro piccolo fardello e te-nendosi per mano si avvianoverso casa. Ma ecco all’improv-viso un pullmino che sbanda ele prende in pieno. Muoiono sulcolpo le due bimbe. Poco dopoecco le urla disperate dellamamma che lavorava proprionella missione, aveva sentito loschianto e si era affacciata a ve-dere quel che stava succedendo.Ora Misikir e Meseret riposano,ancora insieme, in un’unicatomba, nel piccolo cimitero del-la missione. La strada fa stragianche qui, anzi, forse più quiche non nelle superprotette stra-de dei paesi industrializzati, do-ve mille cartelli invitano allaprudenza, impongono divieti,limitano la velocità, ecc. Qui inEtiopia troppi viaggiano senzaregole e le stragi di bambini chegiocano per strada sono tante,t r o p p e ,p e r c h éc’è sem-pre qual-cuno chenon con-sidera lavita pro-pria eq u e l l ad e g l ialtri co-me “sa-cra”.

BS FEBBRAIO 2009

• Perché ha scelto di andare in missione?Non l’ho scelto. Me l’hanno proposto e io ho accettato. Così mi

sono ritrovato in Brasile, precisamente a Porto Alegre dove, per 28anni, ho diretto il laboratorio di grafica.

• Dunque lei è un grafico?A dir la verità sono nato come linotipista al Colle Don Bosco ma,

come ben sa, in missione bisogna reinventarsi ogni giorno. E così,con un po’ di sacrificio e di buona volontà sono diventato anchegrafico.

• E dopo Porto Alegre?Sono stato nominato economo a Rio Grande e contemporanea-

mente ho continuato a fare il direttore del laboratorio di grafica, manel 1997 sono stato trasferito a Viamão. Ora sono a Porto Alegre elavoro anche con i “meninos de rua”, i ragazzi di strada.

• Come si è trovato in Brasile?Credo di essermi bene adattato alla cultura di quella nazione: co-

me lei sa, per essere accettati bisogna inculturarsi. Mi sento realiz-zato e non mi sono mai pentito di aver accettato l’obbedienza mis-sionaria. Lavoro con i giovani delle favellas, come dire i più poverie abbandonati, i più a rischio di tutti.

• Che opera c’è a Viamão?Una scuola professionale: falegnameria, elettricità, informatica,

cucito, barbieria, artigianato. All’oratorio teatro, musica, sport,danza… I brasiliani sono grandi danzatori, basta che sentano unamusica, qualsiasi musica, e subito si scatenano. Oltre all’oratorioc’è anche una scuola speciale per bambini in difficoltà.

• Che cosa ha trovato in Brasile di più esaltante?I brasiliani. Sono un po’ come i nostri meridionali: aperti, colla-

borativi, portati all’allegria disinvolti e pronti ad aiutare coloro acui vogliono bene.

ELIGIO CALLIGARISSalesiano coadiutore, dal 1962 missionario in Brasile. Lavora nel gruppo di coordinazione dei religiosi del nucleo di Gravatai. Attualmente lavora nella casa ispettoriale di Porto Alegre.

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NEL PROSSIMO NUMERO

FMAdi Graziella CurtiLa scelta di Serena

VIAGGI di Giancarlo ManieriCeferino e i salesiani

CHIESAdi Silvano Stracca

Un Pio XII sociale

ANNIVERSARIdi Francesco MottoDon Bosco e De Amicis

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