Mediakey Special - Awards & Awards, i grandi protagonisti

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CON OLTRE 60 PREMI ALLE SPALLE, ALDO BIASI È SINOMINO DI ECCELLENZA E DI PROGETTI CHE, OLTRE A OTTENERE LA SODDISFAZIONE DEI CLIENTI, HANNO CONQUISTATO ANCHE IL PLAUSO DELLE GIURIE DI ESPERTI. IN QUASI 40 ANNI DI CARRIERA, ALDO BIASI HA VINTO OLTRE 60 PREMI, TRA CUI DUE LEONI D’ORO, TRE LEONI D’ARGENTO, TRE LEONI DI BRONZO AL FESTIVAL INTERNAZIONALE DI CANNES E BEN 16 KEY AWARD, DUE INTERACTIVE KEY AWARD E UN PRESS & OUTDOOR KEY AWARD.

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ALDO BIASI COMUNICAZIONE:CREATIVITÀ VINCENTECON OLTRE 60 PREMI ALLE SPALLE, ALDO BIASI È SINOMINO DI ECCELLENZA E DIPROGETTI CHE, OLTRE A OTTENERE LA SODDISFAZIONE DEI CLIENTI, HANNOCONQUISTATO ANCHE IL PLAUSO DELLE GIURIE DI ESPERTI.

IN QUASI 40 ANNI DI CARRIERA, ALDO BIASI HA

VINTO OLTRE 60 PREMI, TRA CUI DUE LEONI D’ORO,TRE LEONI D’ARGENTO, TRE LEONI DI BRONZO AL

FESTIVAL INTERNAZIONALE DI CANNES E BEN 16KEY AWARD, DUE INTERACTIVE KEY AWARD E UN

PRESS & OUTDOOR KEY AWARD.Per ripercorrere i successi e scoprire obiettivi esfide per il 2014, Media Key ha intervistato AldoBiasi, Presidente della Aldo Biasi Comunicazionee Matteo Biasi Amministratore Delegato del-l’agenzia nonché fondatore di WE-B, nuova di-visione digital della Aldo Biasi Comunicazione

Che cosa rappresentano per voi i riconoscimenti?

Aldo Biasi: Rispondo, in primis, con una battuta:ogni volta che ho vinto un premio, ho avuto poiqualche difficoltà con il cliente. Il che significa chenon sempre i premi portano bene. Ai tempi d’orodella pubblicità, era tutto un tripudio di ricono-scimenti. E, paradossalmente, le agenzie che vin-cevano di più erano osservate con sospetto. Laragione? Si riteneva che i premi fossero una gra-tificazione per l’agenzia e non per il cliente. Dettoquesto, i premi rappresentano la tangibile dimo-strazione della qualità di un lavoro, in quanto as-segnati da giurie composte da professionisti dellacomunicazione, che per antonomasia sono severie critici. Sono un’enorme soddisfazione perl’agenzia in quanto testimonianza di un perfettoconnubio tra idea vincente e qualità nella realiz-zazione, due valori inscindibili.

I premi aiutano a incrementare il business delle

agenzie?

Aldo Biasi: In Italia, relativamente. Discorso di-verso vale nei Paesi anglosassoni, dove vincereun premio significa accreditarsi come una realtàstimabile e di indubbio valore, per questo negliStati Uniti e in Inghilterra il premio per un’agen-zia rappresenta un valore commerciale. Da noi,invece, vincere premi genera un business limita-to. Le ragioni? Diverse. Il motivo principale risie-de nel fatto che le aziende si sentono estraneeal traguardo e il premio, visto come successospecifico dell’agenzia, diventa quasi un risultatodisdicevole. Ancora: di fronte alle vittorie altrui,in Italia scattano invidie e gelosie. Infine, alleaziende italiane piace comandare: non a casola mediocrità è premiante nel nostro Paese. Chiè bravo appare pericoloso, in quanto può se-gnalare errori o pretendere di avere voce in ca-pitolo. Ecco perché in Italia vincere premi pro-duce poco business alle agenzie.

Quali premi le hanno dato maggiore gratificazio-

ne fino ad oggi?

Aldo Biasi: Senza dubbio, ricordo con profondasoddisfazione il Leone d’Oro ottenuto al FestivalInternazionale di Cannes per lo spot di JohnnyLambs, creato a cavallo fra gli anni Ottanta e iNovanta per lanciare questa nuova linea di ab-bigliamento e intimo maschile che giocava sulmarchio ammiccante. Non dimenticherò mai lo

scrosciante applauso dei migliaia di colleghi riu-niti in platea, tutti rigorosamente in piedi. Tral’altro, quello spot fu trasmesso anche in Ameri-ca, dove fu apprezzato grazie alla vena ironicae al senso dello humor che lo caratterizzavano.Memorabile, poi, lo spot per l’amaro Petrus Boo-nekamp, quello del famoso claim: ‘Il successo haun gusto amaro’, pieno di simboli da decifrare,con protagonista un uomo intento a scenderedall’auto per prendere una bottiglia di Petrus,che veniva aggredito da una donna con la pi-stola. Non solo vinse un Bronzo a Cannes, maal Festival ottenne anche l’ambito premio deigiornalisti internazionali, riconoscimento dellastampa specializzata ormai ridotta al lumicino.E ancora: ricordo con piacere lo spot per Grap-pa Libarna, Leone d’Argento a Cannes, perchéfaceva emergere la cultura italiana in un mix diterre, profumi, gusti e umanità, con gli anzianiimpegnati a giocare a carte. A proposito, unacuriosità: Grappa Libarna arrivò in finale ancheal premio promosso dall’ANIPA, l’associazionedelle case di produzione. Non scorderò mai laserata di premiazione: la conduzione era affi-data a Maurizio Costanzo, la giuria compostada un team di creativi di primo piano, tra cuime. Si votava pubblicamente, uno dopo l’altro.I primi due giurati avevano scelto Grappa Libar-na e, una volta arrivato il mio turno, anch’io vo-tai per il mio spot. Non lo avessi mai fatto! Laplatea comincia a fischiare, Costanzo si avvicina

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ALDO BIASI (A SINISTRA), PRESIDENTE DELLA ALDO BIASICOMUNICAZIONE E MATTEO BIASI (DESTRA)AMMINISTRATOREDELEGATO DELL’AGENZIA NONCHÉ FONDATORE DI WE-B.

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e mi domanda: “Ma lei è pazzo? Vota il suofilm? In Italia non si fa”. Risultato? Arrivai secon-do, dopo lo spot di Prosciutto Unibon. A distan-za di anni, non ho dubbi: fu colpa della miasfacciataggine. Il punto è che in Italia il vincentedeve apparire sempre fintamente perdente. So-no certo che se, con buonismo e bonarietà, aves-si votato per lo spot concorrente, Grappa Libar-na avrebbe vinto il primo premio. Infine, è statoun grande piacere ricevere il 37° Key Award perlo spot ‘Coloreria Italiana - Happy Housewife’,

uno dei primissimi esempi di viral, creato con unlinguaggio nuovo pensato per la rete. Protago-nista, una giovane donna impegnata con il bu-cato. All’arrivo del marito peloso, bruttino e ar-rapato, lei lo getta nella lavatrice insieme a Co-loreria e lo trasforma così in un aitante e musco-loso nero. Fu un successo. Eppure, nonostantesia stato molto premiato in paesi come America,Giappone e in Canada, ottenendo anche il pri-mo posto al Finalist Award New York Film Festi-val, in Italia il video non ha ricevuto riconosci-

menti, fatta eccezione per il 37° Key Award nel-la categoria Family Lifestyle. Un premio che con-servo nel cuore perché ha dimostrato una sceltacoraggiosa da parte dei giurati. Tradizionale, inquanto orchestrato con logiche tipiche degli anni‘80, il Key Award è un premio molto contempo-raneo, con un’ampia visione. Il suo merito è ave-re sempre dato un segnale, indicando delle stra-de da percorrere. Il caso di ‘Coloreria Italiana -Happy Housewife’ è emblematico.

Oggi come dovrebbe essere, secondo lei, la pre-

miazione ideale, alla luce dei cambiamenti avve-

nuti nel mondo della comunicazione?

Aldo Biasi: In una location fisica, perché il luogodi aggregazione è essenziale, ma totalmenteconnessa. Il segreto della modernità risiedenell’orizzontalità e nella democrazia della co-municazione: la partecipazione è fondamentale,di conseguenza la premiazione dovrebbe pre-vedere la partecipazione attraverso i social net-work. Penso, per esempio, a una mega discote-

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SOPRA, ALCUNIFRAME DELLACAMPAGNA‘COLORERIAITALIANA’ PREMIATAAL 37° KEY AWARDPER LA CATEGORIAFAMILY LIFESTYLE.SOTTO, ALCUNEIMMAGINI DEGLISPOT REALIZZATI PER CONAD.

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ca, senza presentatori né palcoscenici, ma conmega schermi che proiettano le immagini dellecampagne e degli spot vincitori. Una sorta di fe-sta della comunicazione, con gente che balla,ascolta musica e quando vuole può votare ecommentare quanto vede su Twitter e i social.

Un premio così non esiste ancora. Si sentirebbe

pronto per organizzarlo?

Aldo Biasi: Senza dubbio: sono nella fase dellavita in cui ideare una campagna non mi bastapiù. È giunto il momento che faccia qualcosa perla categoria. Mi piacerebbe dare un nuovo spi-rito e un nuovo spazio al nostro mestiere, in que-sti ultimi anni criticato, screditato e sottopagato.Il mondo della comunicazione è fondamentale:dovrebbe riconquistare dignità e la consapevo-lezza di avere un ruolo chiave nella società.

Un progetto che vi ha regalato particolare soddi-

sfazione nel 2013?

Aldo Biasi: Il riposizionamento di Conad.Obiettivo, trasformare l’identità di un’insegnadella grande distribuzione da marca legata apromozioni e sconti ad azienda dal forte carat-tere sociale, con uno spiccato senso di respon-sabilità e una concreta capacità di risoluzionedei problemi dei clienti. In questa logica, ab-biamo coniato il claim ‘Comprendere viene pri-ma di vendere’. E all’interno di questo percor-so, nel 2013, è uscito lo spot: ‘C’è un problematra di noi? No, tra la gente’, una campagna disuccesso, che ha riscosso molti apprezzamenti,ma anche diverse critiche. Tra le altre, quella diLuciana Littizzetto, testimonial di Coop, che inun monologo a Che tempo che fa ha preso ingiro lo spot. Scelta inammissibile dal punto divista etico e discutibile da quello commerciale:ha usato, senza possibilità di replica, un pal-coscenico come Rai 3, che esiste anche grazieagli investimenti pubblicitari di Conad. Chiusala parentesi, l’ultimo passo, poco prima di Na-

tale, è stato il nuovo spot Conad Stella di Na-tale che spronava ad acquistare la stella di Na-tale Conad, di cui gran parte del ricavato vienedevoluto alla fondazione Ant. ‘Gli auguri sonoimportanti’, recita lo spot, ‘ma le persone lo so-no molto di più’.

Uno sguardo alle prossime sfide. Che cosa può

anticiparci?

Aldo Biasi: Nel corso del 2014 il riposiziona-mento del brand Conad subirà un ulteriore svi-luppo grazie ai nuovi film, già girati, che rac-conteranno l’evoluzione del rapporto tra il pro-tagonista maschile, simbolo del socio Conad, ela moglie, incarnazione della consumatrice.

L’ambizione di Aldo Biasi per il 2014?

Aldo Biasi: Ho dato vita all’interno dell’agenziaa WE-B, un reparto dedicato specificatamenteal web, specializzato in web reputation, web pr,

network, guidato da Matteo Biasi. La mia ambi-zione è che nel 2014 cresca più dell’agenzia esi rafforzi ulteriormente. Siamo stati tra i primi acomprendere le potenzialità del web, un mondoin parte ancora inesplorato, e sono certo che laprossima Aldo Biasi Comunicazione sarà dedi-cata al 90% alle attività di comunicazione in retee al 10% alla comunicazione tradizionale.

Qual è la ricetta per ottenere successo in una cam-

pagna social?

Matteo Biasi: La capacità di utilizzare il maggiornumero di spazi e strumenti messi a disposizionedalla rete in modo sinergico e coerentemente aun concept centrale.

Gli errori da evitare in una campagna social?

Matteo Biasi: Bisogna evitare le over promise ele tradizionali iperboli pubblicitarie. Insomma,occorre fare in modo che gli utenti non si senta-no strumentalizzati.

La realizzazione di una campagna virale di suc-

cesso o di un’efficace attività promossa sulle piat-

taforme social provoca un aumento di fatturato?

Quando e in che misura?

Matteo Biasi: Non si è in grado di garantire au-menti di fatturato. Quello che si può ragionevol-mente prevedere è un incremento del valore del-la marca percepito nel consumatore. Risultatoche si può ottenere in tempi rapidissimi, a pattoche l’attività all’interno del network sia significa-tiva. Detto questo, la storia insegna che a unapiù alta percezione della marca corrisponde, intempi medi, un aumento del fatturato.

Come aiutate le aziende a gestire al meglio Face-

book e i social?

Matteo Biasi: Mettendo a loro disposizione com-petenze autentiche e, soprattutto, non promet-tendo miracoli!

di Nicole Cavazzuti

SOPRA, IL SITO INTERNETMYSECRETCASE.COM E, A DESTRA,L’ALBERO DI NATALE ADDOBBATO CONSEXY TOY. SOTTO, L’ANNUNCIO ‘ANGELICADEPURAZIONE’.

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