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Macchine Edili 10 dicembre 2011 26 P interventi AA di Marco Giussani A Pieve Emanuele in provincia di Milano, Armofer ha proceduto alla demolizione controllata per ribaltamento con l’impiego di cariche esplosive di due edifici multipiano di 33 m di altezza per nove piani fuori terra e 73,5x14,5 m di dimensioni ciascuno. Quasi 100.000 m 3 di calcestruzzo abbattuti davanti a un folto pubblico composto da varie autorità, parecchi esponenti della stampa specializzata e locale e molti addetti ai lavori. La demolizione – appaltata da Infrastrutture Lombarde Spa – è un esempio concreto di trasformazione urbana e rappresenta un primo passo importante per la realizzazione del progetto di recupero di un’area da troppo tempo abbandonata a se stessa. L’abbattimento di queste prime due torri dell’area ex-Enpam rientra in un progetto – sottoscritto da Regione Lombardia, Comune di Pieve Emanuele e Aler Milano, con l’adesione di Infrastrutture Lombarde e Asset srl – per un nuovo quartiere con 706 alloggi destinati a ospitare quasi 2.000 abitanti, oltre a strutture commerciali, edifici direzionali, un complesso scolastico, un grande parco centrale connesso al Parco agricolo Sud Milano e un centro polifunzionale per i servizi socio-ricreativi. La complessiva demolizione interessa, infatti, un’area di 200.000 m 2 , composta da 12 immobili abbandonati da molti 3 secondi. Un lavoro perfetto Una demolizione controllata mediante cariche esplosive richiede un elevato studio progettuale e un impegnativo lavoro preparatorio unito a mirate demolizioni meccaniche. Il tutto – gestito da Armofer e con la collaborazione di Dea Ingegneria – per uno «spettacolo» di grande intensità e di enorme valenza tecnica.

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P interventi

AA di Marco Giussani

A Pieve Emanuele in provincia di Milano, Armofer ha proceduto alla demolizione

controllata per ribaltamento con l’impiego di cariche esplosive di due edifici multipiano di 33 m di altezza per nove piani fuori terra e 73,5x14,5 m di dimensioni

ciascuno. Quasi 100.000 m3 di calcestruzzo abbattuti davanti a un folto pubblico composto da varie autorità, parecchi esponenti della stampa specializzata e locale e molti addetti ai lavori. La demolizione – appaltata da Infrastrutture Lombarde Spa – è un esempio concreto di trasformazione

urbana e rappresenta un primo passo importante per la realizzazione del progetto di recupero di un’area da troppo tempo abbandonata a se stessa. L’abbattimento di queste prime due torri dell’area ex-Enpam rientra in un progetto – sottoscritto da Regione Lombardia, Comune di

Pieve Emanuele e Aler Milano, con l’adesione di Infrastrutture Lombarde e Asset srl – per un nuovo quartiere con 706 alloggi destinati a ospitare quasi 2.000 abitanti, oltre a strutture commerciali, edifici direzionali, un complesso scolastico, un grande parco centrale connesso al Parco agricolo Sud Milano e un centro polifunzionale per i servizi socio-ricreativi. La complessiva demolizione interessa, infatti, un’area di 200.000 m2, composta da 12 immobili abbandonati da molti

3 secondi. Un lavoro perfettoUna demolizione controllata mediante cariche esplosive richiede un elevato studio progettuale e un impegnativo lavoro preparatorio unito a mirate demolizioni meccaniche. Il tutto – gestito da Armofer e con la collaborazione di Dea Ingegneria – per uno «spettacolo» di grande intensità e di enorme valenza tecnica.

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Demolizione

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Noleggio& Servizi

anni e contraddistinti da gravi problemi di degrado strutturale, mancanza di sicurezza e frequenti occupazioni abusive. Vediamo, in tutte le sue fasi, come è stata preparato ed eff ettuato l’abbattimento dei primi due palazzi.

Dal progetto all’indebolimento strutturaleLa progettazione dell’intervento e il progetto esecutivo è stato curato da Dea Ingegneria, mentre Armofer (titolare dell’appalto

pubblico) ha preparato gli edifi ci, l’area del cantiere e si è occupata di tutte le demolizioni meccaniche. «In fase progettuale – ci spiega l’ Ing. Massimo Viarenghi di Dea Ingegneria – sono state prese in

considerazione diff erenti tecnologie: dalla demolizione meccanica agli esplosivi. È stata privilegiata la seconda in quanto più performante su edifi ci di elevata altezza, tanto più che i palazzi soggetti alla demolizione

La parola all’espertoLa presenza di Massimo Viarenghi ci ha dato l’opportunità di cogliere alcune battute in

merito alla demolizione e, in particolare, sui materiali utilizzati nello specifi co ambito

degli interventi con esplosivo.

«In questi anni è cambiato l’approccio tecnico alla demolizione e non solo a quella

con esplosivo. Si è capito come le demolizioni debbano essere eseguite da aziende

competenti e con un adeguato supporto tecnico: il mercato oggi chiede una sempre

maggior specializzazione tecnica. Nel campo specifi co delle demolizioni con esplosivo,

purtroppo in Italia paghiamo un grosso defi cit dovuto all’utilizzo dei materiali da

cava, che sono stati studiati per un altro tipo di impiego. Il mercato delle demolizioni

con esplosivo è talmente piccolo che non invoglia i produttori

a investire in questo comparto – cosa che invece avviene

all’estero – e così ci si trova a lavorare con limiti notevoli.

Per esempio, all’estero si utilizzano i detonatori elettronici che

non necessitano di un collegamento fi sico: ogni elemento è

programmato con il suo ritardo attraverso una centralina.

E le imprese sarebbero disposte a investire in queste migliori

tecniche, ma questi materiali non sono in vendita, perché non

autorizzati per l’utilizzo in campo civile».

La parola alle istituzioniAnche in un contesto tecnico qual è quello di Macchine Edili, diamo breve testimonianza delle

fasi precedenti la demolizione che sono state scandite da alcuni brevi discorsi tenuti dalla autorità

presenti. Il Sindaco di Pieve Emanuele, Rocco Pinto, ha esordito con «Finalmente! È questa l’unica

parola che mi sento di dire in questo momento. Questo evento segna l’inizio di una riqualifi cazione

che investe non solo un quartiere ma tutti il territorio della città di Pieve Emanuele». Sulla stessa

lunghezza d’onda anche Loris Zaff ra, Presidente di Aler Milano, che ha sottolineato come quest’opera

così importante «sia stata possibile grazie a una qualità tipica dell’operare delle amministrazioni in

Lombardia: la collaborazione istituzionale; e come quest’opera sia anche una grande occasione di

lavoro per molte persone». Infi ne la parola è passata a Domenico Zambetti, Assessore regionale

alla Casa, che ha rivolto

il proprio «grazie verso

coloro che hanno lavorato

per dare la massima

sicurezza all’intervento

di demolizione» che

concretizza un progetto di

riqualifi cazione il cui termine

è fi ssato per il 2015.

L’Ing. Massimo Viarenghi di Dea Ingegneria

Rocco Pinto, Sindaco di Pieve Emanuele.

Loris Zaff ra, Presidente di Aler Milano.

Domenico Zambetti, Assessore regionale alla Casa

Il detonatore. Se la fase esplosiva è certamente quella più spettacolare, non vanno dimenticate tutte le procedure antecedenti che, partendo dalla progettazione, concorrono alla riuscita dell’intero intervento di demolizione.

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out che è andata a rimuovere tutti i materiali differenti da quelli recuperabili». Sono quindi stati eliminati cartogesso, moquette, linoleum, finestre, vetri e tutti gli elementi metallici di serramenti e lattoneria che avrebbero potuto essere proiettati durante l’esplosione. Dopo questa

«Il primo intervento – racconta Viarenghi – ha riguardato la bonifica degli edifici determinata dalla presenza di materiali contenenti amianto, anche in matrice friabile, a causa degli atti vandalici cui i vari corpi di fabbrica erano stati oggetto. In un secondo tempo è stata effettuata un’opera di strip-

non erano segregati da altri corpi e c’erano quindi tutte le premesse per operare in sicurezza. In particolare la soluzione utilizzata è una tecnica mista tra implosione e ribaltamento, che consente un’ottima resa con un minore utilizzo di indebolimenti meccanici e un contenuto quantitativo di esplosivo». Del resto in questa tipologia di interventi è necessario garantire la certezza dell’effetto, cioè la sicurezza che la struttura cada con il cinematismo voluto, e allo stesso tempo si deve contenere l’utilizzo dell’esplosivo, che inevitabilmente genera una serie di disturbi nell’ambiente circostante che possono creare disagio o anche danni se non tenuti sotto controllo. Molteplici i disturbi che devono essere previsti (e contrastati) in fase progettuale. Tra questi: la vibrazione per spostamento d’aria, la vibrazione causata dall’edificio che impatta a terra, il rumore prodotto dalla detonazione delle cariche cha va tenuto sotto i limiti di sicurezza per la popolazione ma anche per le superfici vetrate vicine e, infine, le eventuali proiezioni di materiale. Anche la polvere è un effetto collaterale di significativo impatto. Per questo a Pieve Emanuele Armofer ha messo in campo una nutrita batteria di nebulizzatori che hanno minimizzato l’impatto di questo agente, soprattutto in corrispondenza delle aree limitrofe ancora abitate.

Gli uomini e le macchine Armofer hanno demolito alcuni corpi più bassi collegati agli edifici oggetto dell’abbattimento con esplosivo. Le macerie sono state utilizzati come cumuli per attutire l’impatto al suolo delle strutture.

La perforatrice cingolata che ha seguito un preciso schema di progetto: l’esplosivo è stato infatti inserito in tutti i pilastri portanti di cui era previsto il miraggio sui piani terra, primo e terzo.

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La parola ai titolari dell’appalto: ARMOFER CINERARI LUIGI SRLABBIAMO SCAMBIATO ALCUNE BATTUTE CON EMILIO CINERARI, DIRETTORE GENERALE DI ARMOFER, LA SOCIETÀ CHE HA GESTITO LA DEMOLIZIONE MECCANICA E CON ESPLOSIVO A PIEVE EMANUELE.

Qual è stato il ruolo operativo di Armofer durante la fase preparatoria dell’intervento di demolizione?«Armofer, titolare dell’appalto, ha in

affi damento i lavori di demolizione sia

meccanica sia con l’impiego di esplosivo

dei quattro edifi ci di via delle Rose a

Pieve Emanuele. Un ruolo operativo

estremamente impegnativo già durante la

fase di preparazione. Circa un paio di mesi

prima della data del 10 settembre siamo

stati impegnati in cantiere per diverse

attività: l’intervento di bonifi ca ambientale

e le operazioni di strip out con gli

escavatori cingolati a braccio lungo, oltre

a interventi di demolizione vera e propria.

È stato abbattuto meccanicamente il

corpo di fabbrica basso retrostante a

ciascun edifi cio. Abbiamo eliminato tutti i

serramenti a nastro, i telai metallici, i vetri

e la lattoneria per separare correttamente

e avviare al recupero i materiali e in modo

che non costituissero pericolo durante

l’esplosione. Abbiamo infi ne tagliato i

comparti vano scale e ascensori, blocchi

massicci in calcestruzzo armato, all’altezza

del terzo piano per favorire il crollo per

ribaltamento.

Del resto il nostro ruolo in cantiere

è sempre proattivo: proponiamo le

soluzioni operative più idonee perché

tutte le operazioni si svolgano nei tempi

concordati e in piena sicurezza. Ritengo

che questo sia un plus valore off erto da

Armofer alla propria committenza grazie a

50 anni di esperienza sul campo e una non

comune fl essibilità aziendale».

In particolare, com’è stata gestita la giornata di sabato 10 settembre?«È stata gestita di concerto con

Infrastrutture Lombarde, Dea Ingegneria

e Tecnomine per la parte tecnica e con le

Autorità di Pieve Emanuele, i Carabinieri

e la Polizia Locale oltre a un cospicuo

numero di persone della Protezione Civile

per la logistica e l’organizzazione. Grazie

alla collaborazione di tutti, la giornata è

stata un successo dal punto di vista sia

tecnico sia organizzativo, inoltre è stato un

emozionante spettacolo per centinaia di

nostri ospiti e qualche migliaio di persone

che hanno aff ollato le strade limitrofe».

Come proseguono ora i lavori in cantiere?«Stiamo procedendo alla demolizione

secondaria dei 100.000 m3 abbattuti:

frantumazione, deferrizzazione e riduzione

volumetrica delle macerie. Inoltre due

escavatori meccanici a braccio lungo,

rispettivamente 33 e 42 m al perno,

stanno demolendo gli altri due edifi ci

appartenenti a questo lotto di appalto».

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edifi ci dopo l’esplosione). Contemporaneamente ogni palazzo è stato oggetto di mirati indebolimenti strutturali al fi ne di preparare la struttura al crollo. «A tale scopo – continua Viarenghi – si eseguono, in modo meccanico o con tagli con fi lo diamantato, aperture ad hoc in modo che

fase è iniziato il lavoro vero e proprio di indebolimento. Ogni singolo edifi cio ha visto l’abbattimento meccanico, eseguito dalle macchine e dagli uomini Armofer, di un corpo posteriore di minore altezza (i cui detriti sono stati deferrizzati e utilizzati come cumuli di caduta per attutire l’impatto a terra degli

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opportuni ritardi, sono poi stati collegati tra loro in serie per garantire l’esplosione delle cariche». Ogni detonatore ha un numero di ritardo in quanto la sequenza di rimozione degli elementi portanti della struttura determina il cinematismo del crollo. A Pieve Emanuele le cariche sono state fatte detonare dal centro verso l’esterno, per massimizzare il contenimento della struttura all’interno dei volumi iniziali, mentre la sequenza è stata finalizzata a ottenere la rotazione dei palazzi lungo la direzione di caduta. E l’effetto di tutto questo lavoro si è visto in poco meno di tre secondi: un botto (solo le orecchie più sensibili hanno potuto captare i ritardi di 250 millesimi di secondo) e i due palazzi sono caduti al suolo esattamente con la dinamica voluta e senza alcun danno agli edifici limitrofi che, in ogni caso, verranno abbattuti nei prossimi mesi.

quale non sono ammessi errori. Una fase in cui emerge con assoluta evidenza la sinergia che ci deve essere tra tutti i soggetti coinvolti: l’impresa che esegue i lavori, i progettisti e la società incaricata del caricamento e brillamento. «Nel caso di Pieve Emanuele – sottolinea l’ingegnere di Dea – è stato caricato circa un chilo di esplosivo per metro cubo da demolire, di conseguenza sono stati utilizzati in totale 100 kg di esplosivo suddiviso sulle due strutture demolite. All’interno di ogni foro è stata introdotta una carica (cartucce di gelatina dinamite ad alto contenuto di nitroglicerina) in funzione delle dimensioni del pilastro e il collegamento dei fori è stato eseguito con la miccia detonante (un cordone al cui interno si trova un quantitativo lineare di pentrite). A ogni pilastro è stato abbinato un detonatore elettrico contenente un piccolo quantitativo di pentrite. Questi, dotati degli

Dalla perforazione alla detonazioneLa fase successiva ha visto la realizzazione dei fori per l’alloggio delle cariche di esplosivo, grazie all’impiego di una perforatrice cingolata che ha seguito un preciso schema di progetto: l’esplosivo è stato infatti inserito in tutti i pilastri portanti di cui era previsto il minaggio. Prosegue Viarenghi: «è stato eseguito un numero di fori decrescente partendo dal piano terra (5 fori), in cui si voleva l’effetto massimo di detonazione, fino al terzo piano (3 fori). Come ultima operazione, prima di procedere al caricamento dell’esplosivo, sono state installate, in corrispondenza dei piani minati, le protezioni costituite da una rete metallica e geotessuto, il cui utilizzo è andato a contenere le proiezioni prodotte dalla detonazione». Infine è cominciata la fase di caricamento e brillamento che è ovviamente la procedura più delicata e durante la

l’edificio risulti preparato per collassare in una determinata direzione. In particolare, gli indebolimenti sono andati a interessare i corpi più rigidi delle strutture, cioè i vani scale-ascensore, e sono stati eseguiti in corrispondenza di tutti i piani minati che, nel caso di Pieve Emanuele, corrispondevano ai piani terra, primo e terzo. Per ottenere il cinematismo voluto sono stati minati i corpi scale-ascensore considerandoli come torri a se stanti; tutta l’intelaiatura è stata fatta implodere minando due delle tre serie di pilastri esistenti. Infatti lungo la direzione di caduta, e su tutti i piani, una serie di pilastri non è stata minata per garantire il fulcro della rotazione del palazzo».

La fase di caricamento e brillamento è la procedura più delicata, durante la quale non sono ammessi errori. Una fase in cui emerge con assoluta evidenza la sinergia che ci deve essere tra tutti i soggetti coinvolti: l’impresa che esegue i lavori, i progettisti e la società incaricata del caricamento e brillamento.

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