Materie plastiche e norme tecniche - promosricerche.org · Il TC61 Plastics dell’ ISO è il più...

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29 U&C n.8 ottobre 2011 dossier Da metà del secolo scorso, l’impiego delle materie plastiche si è andato via via affer- mando e sempre più ampliando in tutti i setto- ri dell’industria, del commercio e dell’agricol- tura. Inizialmente, la plastica è stata considerata un succedaneo di alcuni dei principali mate- riali tradizionali, dalla pelle al legno, venendo classificata spesso (e malvolentieri, dagli operatori del settore) come finta-pelle o finto- legno. Con il passare degli anni, però, i diver- si polimeri e le loro leghe hanno conquistato sempre più spazio, in tantissime, sempre cre- scenti applicazioni non soltanto di uso comu- ne ma anche in quelle per le quali si chiedo- no prestazioni tecniche e funzionali tipiche degli acciai, del vetro ecc.. Una recente campagna pubblicitaria, appar- sa sui principali quotidiani italiani, ha posto ai lettori una domanda dalla risposta univoca: che cosa sarebbe del mondo moderno senza le materie plastiche? In un quadro d’insieme così ampio e com- plesso, gli utenti dei semilavorati e dei pro- dotti finiti in materie plastiche e i consumato- ri finali, privati e pubblici, hanno potuto avere dall’attività normativa di UNIPLAST - ente fe- derato all’UNI - quei riferimenti prestazionali univoci essenziali per valutare, verificare e confrontare le caratteristiche dei principali manufatti. Così la storia e lo sviluppo di UNIPLAST ha coinciso, dagli anni ’50 a oggi, con il crescen- te numero di applicazioni della plastica, nei vari comparti merceologici. Per far fronte alle richieste pervenute col passar degli anni da produttori e utenti, l’atti- vità di UNIPLAST si è articolata in un numero sempre più grande di sottocommissioni spe- cialistiche, che hanno operato con l’apporto di tecnici ed esperti aziendali e, spesso, dei funzionari di enti e autorità utenti finali, che hanno contribuito, su base volontaristica, all’attività normativa con il coordinamento della direzione di UNIPLAST. In questo dossier si è cercato di fornire al let- tore una panoramica significativa, anche se non del tutto esaustiva, sull’attività del nostro ente grazie all’apporto redazionale di alcuni dei responsabili di alcune sottocommissioni, dando in diversi casi riferimenti alla normati- va internazionale, sviluppata in sede CEN e/o ISO, che molte volte è all’origine delle norme italiane ma richiamando l’attenzione anche sulle originalità dei lavori di UNIPLAST, in am- biti in cui il nostro Paese si è finora dimostra- to più sensibile alle finalità normative. Va citato, in proposito, l’esempio della serie di norme UNI che classifica le cosiddette materie prime secondarie, derivanti dal recu- pero e riciclo delle materie plastiche post- consumo, fornendo così all’industria quei ri- ferimenti tecnici che risultano essenziali per definire le caratteristiche e le prestazioni dei materiali che affrontano una “seconda vita” consentendo un risparmio di materie prime vergini. In conclusione va anche fatto un accenno al fatto che, purtroppo, molti utenti intermedi non conoscono (o preferiscono non cono- scere?) le norme e questo penalizza sia l’im- piego dei materiali e dei manufatti plastici, sia l’utenza finale che, quasi sempre a sua in- saputa, ha a disposizione prodotti che non ri- spondono alle norme tecniche elaborate da UNIPLAST e, di conseguenza, non offrono garanzie di uso e durata al momento del loro impiego. Materie plastiche e norme tecniche A cura di Claudio Celata – Presidente UNIPLAST

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dossier

Da metà del secolo scorso, l’impiego dellematerie plastiche si è andato via via affer-mando e sempre più ampliando in tutti i setto-ri dell’industria, del commercio e dell’agricol-tura.Inizialmente, la plastica è stata considerataun succedaneo di alcuni dei principali mate-riali tradizionali, dalla pelle al legno, venendoclassificata spesso (e malvolentieri, daglioperatori del settore) come finta-pelle o finto-legno. Con il passare degli anni, però, i diver-si polimeri e le loro leghe hanno conquistatosempre più spazio, in tantissime, sempre cre-scenti applicazioni non soltanto di uso comu-ne ma anche in quelle per le quali si chiedo-no prestazioni tecniche e funzionali tipichedegli acciai, del vetro ecc..Una recente campagna pubblicitaria, appar-sa sui principali quotidiani italiani, ha posto ailettori una domanda dalla risposta univoca:che cosa sarebbe del mondo moderno senzale materie plastiche?In un quadro d’insieme così ampio e com-plesso, gli utenti dei semilavorati e dei pro-dotti finiti in materie plastiche e i consumato-ri finali, privati e pubblici, hanno potuto avere

dall’attività normativa di UNIPLAST - ente fe-derato all’UNI - quei riferimenti prestazionaliunivoci essenziali per valutare, verificare econfrontare le caratteristiche dei principalimanufatti.Così la storia e lo sviluppo di UNIPLAST hacoinciso, dagli anni ’50 a oggi, con il crescen-te numero di applicazioni della plastica, neivari comparti merceologici.Per far fronte alle richieste pervenute colpassar degli anni da produttori e utenti, l’atti-vità di UNIPLAST si è articolata in un numerosempre più grande di sottocommissioni spe-cialistiche, che hanno operato con l’apportodi tecnici ed esperti aziendali e, spesso, deifunzionari di enti e autorità utenti finali, chehanno contribuito, su base volontaristica,all’attività normativa con il coordinamentodella direzione di UNIPLAST.In questo dossier si è cercato di fornire al let-tore una panoramica significativa, anche senon del tutto esaustiva, sull’attività del nostroente grazie all’apporto redazionale di alcunidei responsabili di alcune sottocommissioni,dando in diversi casi riferimenti alla normati-va internazionale, sviluppata in sede CEN e/o

ISO, che molte volte è all’origine delle normeitaliane ma richiamando l’attenzione anchesulle originalità dei lavori di UNIPLAST, in am-biti in cui il nostro Paese si è finora dimostra-to più sensibile alle finalità normative. Va citato, in proposito, l’esempio della seriedi norme UNI che classifica le cosiddettematerie prime secondarie, derivanti dal recu-pero e riciclo delle materie plastiche post-consumo, fornendo così all’industria quei ri-ferimenti tecnici che risultano essenziali perdefinire le caratteristiche e le prestazioni deimateriali che affrontano una “seconda vita”consentendo un risparmio di materie primevergini.In conclusione va anche fatto un accenno alfatto che, purtroppo, molti utenti intermedinon conoscono (o preferiscono non cono-scere?) le norme e questo penalizza sia l’im-piego dei materiali e dei manufatti plastici,sia l’utenza finale che, quasi sempre a sua in-saputa, ha a disposizione prodotti che non ri-spondono alle norme tecniche elaborate daUNIPLAST e, di conseguenza, non offronogaranzie di uso e durata al momento del loroimpiego.

Materie plastiche e norme tecniche A cura di Claudio Celata – Presidente UNIPLAST

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SC16 MANUFATTI DI MATERIE PLASTICHERINFORZATI CON FIBRESono seguiti i lavori del CEN TC 249/WG15”Fi-bre-reinforced composites”,del CEN TC210”GPR tanks and vessels” e dell’ ISO TC61/SC13”Composites and reinforcement fi-bres”SC17 LAMINATI PLASTICI DECORATIVI 2011Si seguono i lavori del CEN TC 249/WG4"De-corative laminated sheets based on thermo-setting resins", del CEN TC 134/WG9 "Lamina-te floor covering" e del CEN TC249/WG17”Wood Plastics Composites (WPC)”.SC19 APPLICAZIONE DI MATERIE PLASTICHEIN AGRICOLTURA Sono sviluppate norme per applicazioni spe-ciali in campo agricolo e in particolare il pro-getto E13.19.D06.0"Materiali termoplastici bio-degradabili per uso in agricoltura ed orticoltura- Film per pacciamatura-Requisiti e metodi diprova" SC21 APPLICAZIONI DI MATERIE PLASTICHENEGLI IMBALLAGGI Sono seguite le attività del CEN TC 261"Pac-kaging" e della CEN TC 261/SC5 "Primary pac-kaging and transport packaging" e dell'ISO TC122”Packaging”.SC23 REAZIONE AL FUOCO Sono monitorati i lavori dell'ISO TC 61/SC4"Bur-ning behaviour" e del CEN TC 127"Fire safetyin building".SC25 RECUPERO DELLE MATERIE PLASTICHE Sono seguiti i lavori del CEN TC 249/WG11"Pla-stic recycling"SC26 SERBATOI INTERRATI DI PE PER LOSTOCCAGGIO DI IDROCARBURI Sono monitorati i lavori del CEN TC 266 "Ther-moplastic static tanks".UNIPLAST inoltre partecipa attivamente adalcune commissioni miste.Sottocommissione Mista: UNI SALDATURE(IIS)/UNIPLAST -SALDATURA DELLE MATERIE PLASTICHE (SMP) Sono seguiti i lavori del CEN TC 249/WG16"Thermoplastic welding" GL MISTI CIG – UNIPLAST 2011Il gruppo di lavoro GIG- D2GL1 – con l’apportodi esperti UNIPLAST – si occupa della revisio-ne della UNI 9034 “Condotte di distribuzionedel gas con pressione massima di esercizio mi-nore o uguale 0,5 MPa (5 bar) - Materiali e si-stemi di giunzione”. Inoltre, sono seguiti i la-vori del CEN TC 234/WG2 “Gas supply systemsup to and including 16 bar and pressure testing”.Un nuovo gruppo di lavoro misto CIG-UNI-PLAST sta sviluppando un rapporto tecnico su“Usi del polietilene nelle condotte per il tra-sporto e la distribuzione del gas. Tecnologie ri-conosciute e applicabili”

Gianluigi MoroniDirettore UNIPLAST

Premesse generali

UNIPLAST - Ente Italiano di Unificazionenelle Materie Plastiche federato all'UNI -venne costituito il 3 ottobre 1950, con lo spe-cifico scopo di provvedere allo studio, all'e-laborazione e redazione della norme di unifi-cazione delle diverse materie plastiche e re-sine sintetiche e per la determinazione deicorrispondenti metodi di prova.Prima iniziativa di UNIPLAST fu il congressosvoltosi a Torino, pochissimi giorni dopo, dal9 al 13 ottobre, nel quadro delle manifesta-zioni promosse dalla Mostra degli Scambicon l'Occidente, con il patrocinio dell'UNI,sul tema “I metodi di prova delle materieplastiche”.L'inizio delle attività dell'UNIPLAST coinciseanche con la costituzione del comitato tec-nico ISO TC 61”Plastics” e soltanto due set-timane dopo la data di fondazione, preso at-to della decisione dell'ASA (American Stan-dard Association) di assumere la segreteriadel nuovo comitato tecnico ISO, venne assi-curata l’adesione dell’Italia e l'Ente italianoorganizzò la prima riunione operativa nell'ot-tobre del 1951, a Torino, in occasione del"Congresso delle Materie Plastiche" in con-comitanza con il Salone della Tecnica. Nei primi anni '50, UNIPLAST concorse allacostituzione presso l'Istituto di Chimica In-dustriale del Politecnico di Milano, del “La-boratorio Prove delle Materie Plastiche” epoi alla fondazione dell’Istituto Italiano deiPlastici che andrà ad occuparsi del marchiodi qualità per valorizzare le materie plasti-che.A partire dalla metà degli anni '50 UNIPLASTsi struttura in organismi di studio per quantopossibile paralleli alle sottocommissioni e aigruppi di lavoro dell'ISO TC61, facendo inmodo che fossero i delegati italiani nel mag-gior numero a presiedere o a tenere la se-greteria dei gruppi di studio sulle norme in-ternazionali.In tempi successivi, l'Ente ha costituito altresottocommissioni orientate verso le princi-pali applicazioni delle materie plastiche,quali interfacce nazionali di altri comitatiISO ( TC 138 e TC45) e dei comitati tecnicidel CEN (il Comitato europeo di formazione,istituito nel 1961).Inoltre, nei primi anni '60 UNIPLAST era arti-colato in due commissioni tecniche specialiin collaborazione con l'Istituto Superiore diSanità: Tossicologia e Microbiologia.Attualmente le norme di diretta competenzaUNIPLAST sono circa 900, buona parte dellequali sono recepimenti di norme EN; negliultimi anni, è sensibilmente aumentato il nu-mero delle norme nazionali e, a titolo diesempio, va segnalato che nel solo primo

semestre 2011 su un complesso di 44 norme,si è raggiunto il 43% di pubblicazioni origina-li italiane.La Commissione Tecnica UNIPLAST è attual-mente articolata in 17 sottocommissioni:SC1e SC2 PROVE MECCANICHE E FISICO-CHIMICHE Sono seguite le attività dell' ISO TC 61”Pla-stics” e del CEN TC 249”Plastics” sui metodidi prova.SC3 TERMINOLOGIASono seguite le attività dell’ ISO TC 61/SC1”Ter-minology” focalizzate sulla ISO 472”Plastics– Vocabulary” e dell’ ISO 1043-1” Plastics --Symbols and abbreviated terms -- Part 1: Ba-sic polymers and their special characteristics”SC4 INVECCHIAMENTO E RESISTENZA AM-BIENTALESono seguiti i lavori dell'ISO TC 61/SC6 "Ageing,chemical and environmental resistance" e dell’Ad Hoc Group “Lamps”del CEN TC 249”Pla-stics"SC6 MATERIALI TERMOINDURENTI Sono monitorati i lavori dell'ISO TC 61/SC12“Thermosetting materials” e del CEN TC249/WG15”Fibre-reinforced composites” SC8 TUBI, RACCORDI, VALVOLE ED ACCES-SORISono seguite le attività del CEN TC 155 e di tut-ti i suoi gruppi di lavoro per i settori scariconei fabbricati, fognature, adduzione d'acquae distribuzione di gas combustibile, sistemi ditubazioni per acqua calda e fredda, sistemi ditubazioni di GRP.SC9 FOGLIE E FILM La SC9 monitora le attività dell' ISO TC61/SC11/WG3"Plastics film and sheeting" equelle del CEN TC 249/WG14 "PVC-P swim-ming pool liners".SC10 LASTRE Sono seguite le attività del CEN TC128/SC9/WG3 "Prefabricated accessories forroofing – Translucent plastic sheets" SC11 SUPPORTI RIVESTITI Sono monitorate le attività del CEN TC248/WG4" Coated fabrics"SC12 MATERIALI CELLULARI Sono seguiti i lavori dell'ISO TC 61/SC10 "Cel-lular plastics", dell'ISO TC 45/SC4/WG8 "Flexi-ble and semi-rigid cellular material" e del CENTC 249/WG8 "Cellular plastics".SC15 APPLICAZIONI DI MATERIE PLASTICHENELL'EDILIZIA Sono seguite le attività del CEN TC 163 "Sani-tary appliances – Structure" per le vasche dabagno e le cassette di contenimento dell'ac-qua per uso sanitario, del CEN TC 33 "Doors,windows, shutters, building hardware and cur-tain walling – Structure" per i profili finestraed il CEN TC 249/WG5 "Thermoplastic profilesfor building applications" per i profili usati perapplicazioni in edilizia.

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eccezione delle gomme (per le quali esiste ilTC 45 Rubber and rubber products).Gli obiettivi dell’attività del TC61 sono ben ri-assunti nel Business Plan del comitato1:“Lo scopo del TC61 è la standardizzazionedella nomenclatura, dei metodi di prova edelle specifiche applicabili ai materiali e aiprodotti nel campo dei materiali plastici. L’o-

L’ambito internazionale dell'ISO/TC61 Plastics

Il TC61 Plastics dell’ ISO è il più generale e ilpiù grande dei comitati ISO che trattano ma-teriali polimerici e si occupa della definizio-ne di standards internazionali su tutti i mate-riali polimerici e i relativi semi-lavorati, ad

biettivo del TC61 è lo sviluppo in tempi op-portuni e il successivo mantenimento di me-todi di prova e documenti di riferimento nor-mativo per i materiali e per i prodotti semi-finiti. Tali documenti sono destinati all’indu-stria delle materie plastiche a livello globa-le, devono essere aggiornati al migliore li-vello tecnico e devono rispondere alle ne-cessità e agli interessi del mercato.”Data la ampiezza delle aree di competenzacoinvolte, l’attività del TC61 dell’ ISO si arti-cola necessariamente in un elevato numerodi sottocomitati (SC) e gruppi di lavoro (WG).Come istituzionalmente avviene in ISO, il la-voro è organizzato e condotto dai membridell’ ISO, cioè dagli enti normativi dei paesiassociati. Ciascuna delle segreterie (quelladel TC61 e quelle dei singoli Sottocomitati) èassegnata a un Ente nazionale.Gli enti nazionali stessi poi individuano, neipropri paesi, esperti che accettano di parte-cipare al lavoro tecnico in ISO. Poiché tuttigli enti normativi nazionali sono sostenuti,ol-tre che dai governi, anche dalle impreseoperanti del proprio paese, di regola gliesperti che si incontrano nei gruppi di lavorosono tecnici che lavorano alle dipendenze diindustrie attive nel settore delle plastiche.Non di rado però partecipano anche rappre-sentanti di istituzioni universitarie che nellapropria attività di ricerca trovano interes-sante il lavoro di standardizzazione, comeoccasione di applicazione dei risultati di la-boratorio e di confronto con l’industria. Par-tecipanti attivi sono anche tecnici di istitu-zioni nazionali di ricerca e metrologia qualiNPL (Gran Bretagna) NIST (Stati Uniti) o NI-TE (Giappone), e rappresentanti delle azien-de che producono apparecchiature di te-sting.Le caratteristiche internazionali e strutturalidel comitato ISO TC61 lo rendono una sededi scambio e confronto internazionale unicanel suo genere. Il contesto è quello tipicodelle attività di standardizzazione, orientatoal mercato ed agli interessi industriali, ma laeffettiva e reale globalità dei partecipantirende importanti anche aspetti diversi e diinteresse generale. Esempio di questo è la presenza di un grup-po di lavoro (TC61/WG2), direttamente allo-cato al TC (e non, come di solito, ad un SC),il cui tema è “Guidance on environmentalprovisions in plastics standards”. La costitu-zione di tale gruppo è relativamente recente,ed esso risponde alla necessità, ormai uni-versalmente sentita, di tenere nel dovutoconto le esigenze dell’ambiente. È chiaro quanto questo aspetto sia oggi im-portante nel campo della produzione, dell’u-so, del riciclo e dello smaltimento dei mate-riali plastici.

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Tra le pubblicazioni di cui è responsabilequesto gruppo di lavoro è lo standard ISO15270: 2008 Plastics -- Guidelines for the re-covery and recycling of plastics waste. Il ri-ciclo delle materie plastiche è un tema com-plesso e delicato, che evidentemente coin-volge difficili problemi gestionali e organizza-tivi e richiede, a livello normativo, interventimisurati sulle necessità locali: un organismoglobale come l’ISO non può certo definire re-gole dettagliate, ma lo standard citato vuolecostituire una guida generale di riferimento,come è dichiarato nel documento stesso:ISO 15270:2008 - Scope“Questo Standard Internazionale fornisceuna guida per lo sviluppo di standards e spe-cifiche riguardanti il recupero dei rifiuti dimaterie plastiche, ivi incluso il riciclo. Lostandard stabilisce le diverse opzioni per ilrecupero dei rifiuti di materie plastiche pro-venienti da fonti a monte e a valle del consu-matore finale, come illustrato con il dia-gramma nell’ Appendice A. Lo standard defi-nisce anche i requisiti di qualità che dovreb-bero essere tenuti in considerazione durantetutte le fasi del processo di recupero, e sug-gerisce raccomandazioni generali che, in-cluse negli standards di designazione deimateriali, nei metodi standard di prova enelle specifiche di prodotto, possano agevo-lare il processo di recupero. Conseguente-mente le fasi di processo, le raccomandazio-ni e la terminologia presentate in questoStandard Internazionale sono intese avereuna applicabilità generale.”Argomenti recenti all’ordine del giorno nelTC61/WG2 sono un aggiornamento degli ob-biettivi del WG per includere i concetti di“Sostenibilità” e “Sviluppo sostenibile”, euna proposta di documento riguardante lavalutazione della “Carbon footprint” dei ma-teriali plastici.Un altro tema, più strettamente tecnico ma diinteresse generale, affrontato con particola-re attenzione in ISO TC61 è quello della con-frontabilità dei dati ottenuti in laboratorio sul-la base dei metodi di prova standardizzati.L’esigenza di disporre di dati confrontabili,cioè di metodi di misura tali per cui i valori diuna stessa proprietà, misurati in laboratoriindipendenti su un dato materiale, risultinoequivalenti (o, più precisamente, uguali entroun margine noto di confidenza statistica), ri-sponde alle necessità di un utilizzo “evoluto”dei materiali, in cui esistano progettisti chedevono poter effettuare una selezione deimateriali sulla base di valori credibili delleproprietà. In questo senso, il concetto diconfrontabilità supera l’ utilizzo più elemen-tare e strettamente commerciale dei dati dicaratterizzazione, in cui i valori delle proprie-tà servono sostanzialmente per confrontare

le versioni di uno stesso materiale messe invendita da produttori concorrenti.E’ interessante citare un caso particolare,nel quale ISO TC61 ha ottenuto, riguardo altema della confrontabilità dei dati, un risul-tato originale che non era stato prima realiz-zato da nessun altro ente di standardizzazio-ne. Si tratta della caratterizzazione delle pro-prietà meccaniche dei materiali termoplasti-ci, in cui le misure (trazione, flessione, resi-stenza all’urto ecc.) vengono effettuate suprovini che possono essere ottenuti perstampaggio ad iniezione.I criteri base per gli standard ISO in questocampo specifico sono storicamente derivatidai più diffusi standards preesistenti, tipica-mente quelli ASTM, sviluppati negli Stati Uniti,e i DIN, sviluppati in Germania. In tutti i casi, sitrattava di metodi di prova in cui venivano de-finiti con precisione i parametri geometrici(forma e dimensioni) dei provini, ma non veni-vano fornite indicazioni, se non del tutto gene-riche, sui processi di trasformazione attraver-so cui i provini potevano essere realizzati. Poiché, trattandosi di materiali termoplastici,è naturale (e di solito conveniente) conside-rare tra i processi possibili lo stampaggio adiniezione, ogni laboratorio si trovava di frontead un problema tipico dei materiali polimericitermoplastici: le proprietà meccaniche misu-rate su un provino stampato ad iniezione di-pendono dal materiale, ma dipendono anchedalle condizioni di processo, che inducononel provino orientamenti molecolari, tensioniresidue, variazioni morfologiche delle etero-fasi eventualmente presenti, ecc. Di fatto, modificando il disegno dello stampoe le condizioni di stampaggio è possibile, peruno stesso materiale, realizzare provini conproprietà meccaniche sensibilmente diffe-renti.Il contributo originale del comitato ISO TC61è stato quello di riuscire a definire (in un in-sieme di documenti normativi tra loro coordi-nati) non solo la geometria dei provini, maanche il disegno dello stampo, le condizionigenerali di impostazione del ciclo di stam-paggio ad iniezione e, per ciascuno dei piùimportanti materiali termoplastici, le condi-zioni specifiche di stampaggio (temperature,velocità di flusso, ecc.). Grazie a ciò si è otte-nuto un importante risultato: almeno per al-cuni materiali, i provini stampati, secondoISO, in laboratori diversi sono risultati tra lo-ro equivalenti, cioè tali da fornire lo stessovalore delle proprietà meccaniche, entro lariproducibilità delle misure (v. p. es. ref. 5).Rimanendo nel tema della confrontabilità deidati, va sottolineato come oggi nell’attività diISO/TC61 l’argomento sia considerato di inte-resse generale. Obiettivo dichiarato del co-mitato è che tutti i metodi di prova pubblicati

siano corredati di un “Precision statement”,cioè di un capitolo che riporti valutazionisperimentali della ripetibilità e della riprodu-cibilità del metodo, ottenute attraverso proveinterlaboratorio (Round Robin tests). Inoltre,esiste nel comitato un gruppo di lavoro dedi-cato ai metodi statistici (TC61/SC5/WG21, v.fig.1), che ha tra gli altri il compito di definiree uniformare i criteri e i metodi matematiciper la valutazione quantitativa della precisio-ne delle misure.Un altro argomento “caldo” in ISO TC61 èquello della biodegradabilità delle materieplastiche. Anche in questo caso esiste ungruppo di lavoro specifico, il TC61/SC5/WG22Biodegradability. Come ci si può attendere,dati l’interesse e l’attualità del tema, il grup-po è uno dei più frequentati, con partecipantiprovenienti da molti paesi diversi.Chi parteciperà alle riunioni dei gruppi di la-voro dell’ISO TC61 avrà modo di rendersiconto dall’agenda di riunione come i docu-menti in discussione possano essere identifi-cati da sigle diverse quali ISO/CD o ISO/DIS.Si tratta di stadi diversi dello sviluppo di unostandard, che quando viene definitivamenteapprovato e pubblicato assume la denomina-zione ISO xxxxx:yyyy (xxxxx è il numero cheidentifica lo standard, e yyyy l’anno di pubbli-cazione). Gli stadi successivi di sviluppo di un nuovodocumento normativo sono: NWIP (NewWork Item Proposal); CD (Committee Draft);DIS (Draft International Standard) e FDIS (Fi-nal Draft International Standard). Per ognistadio, il documento viene distribuito aimembri (Enti normativi nazionali) della Sotto-commissione che esprimono il proprio voto(approvazione, opposizione o astensione) ac-compagnato da eventuali commenti tecnici.Il progresso e la durata dello sviluppo di ogninuovo documento vengono controllati co-stantemente dall’ ISO Central Secretariat:oggi, se una nuova proposta di standard nonprogredisce e non raggiunge la pubblicazio-ne definitiva entro quattro anni circa, vienecancellata dal programma di lavoro.Tutti gli standards pubblicati vengono auto-maticamente sottoposti a revisione ogni cin-que anni (questo è il motivo per cui, comenell’esempio sopra riportato, all’ordine delgiorno delle riunioni compaiono oltre a docu-menti in sviluppo, anche standards già pub-blicati).Spesso l’attività del TC61 nel campo dei me-todi di prova determina revisioni o innovazio-ni importanti nelle procedure di test e nelleapparecchiature stesse. L’internazionalitàdel comitato suscita in questo caso un forteinteresse da parte delle aziende produttricidi apparecchiature di laboratorio, in quantola inclusione negli standard ISO di tecnologie

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o strumenti innovativi per le misure è condi-zione importante per la loro diffusione com-merciale.Anche l’ambiente scientifico guarda con in-teresse all’ attività del TC61 sulle tecniche dilaboratorio. Metodologie nuove, oggetto diricerca e di pubblicazione scientifica, trova-no infatti naturale sbocco, quando sufficien-temente validate e consolidate, nella stan-dardizzazione internazionale. Un tipico esempio è nel campo delle proprie-tà meccaniche di resistenza alla frattura ealla fatica, settore di cui si occupa il gruppodi lavoro TC61/SC2/WG7 Fracture and fatigueproperties. Molti dei documenti elaborati da questogruppo sono sviluppati grazie ai collegamentiesistenti tra questo gruppo e gli esperti dimeccanica della frattura dei materiali poli-merici in tutto il mondo. In particolare, l’atti-vità scientifica della European Structural In-tegrity Society (ESIS), che nel suo gruppoTC4 Fracture of Polymers, Composites andAdhesives raccoglie contributi scientifici eorganizza congressi sull’argomento, ha datoorigine a molti degli standards ISO oggi pub-blicati sulla frattura dei materiali plastici 6.

La valenza globale dei documenti pubblicatida ISO ha determinato un legame moltostretto con il Comitato Europeo di standardiz-zazione CEN.L’opportunità di avere standards equivalentin ISO e in CEN è particolarmente evidenteper le norme tecniche di nomenclatura, me-todi di prova e specifiche di prodotti, come èil caso dei documenti prodotti dall’ ISO TC61.Il Vienna Agreement è, quindi, in questo ca-so, molto utile ed efficace. Non solo, la mag-gior parte degli standards pubblicati da ISOTC61 è stata recepita dal CEN, ma un grannumero dei nuovi standard in fase di sviluppovengono elaborati simultaneamente nei dueEnti, con procedure di votazione parallelacodificate appunto nel Vienna Agreement.

Leonardo CastellaniPolimeri Europa

L’importanza di UNIPLAST per ilsettore della trasformazione delle materie plastiche

UNIONPLAST, l’Associazione facente partedi Federazione Gomma Plastica, rappresen-ta in Italia l’Industria trasformatrice di mate-rie plastiche, settore industriale che conta alivello nazionale su circa 5.600 imprese,7.150 stabilimenti, 125.000 addetti e che haregistrato nel 2010 un fatturato di 17.750 mi-lioni di Euro.Le politiche associative di sostegno alla quali-tà, alla sicurezza, alla valenza ambientale deimanufatti in materie plastiche, proprie diUNIONPLAST, richiedono una efficace attivi-tà tecnico normativa e la disponibilità di nor-me che costituiscono il necessario riferimen-to per le imprese produttrici, gli utilizzatori ele istituzioni. Da qui l’importanza dell’operatodi UNIPLAST e la necessità di supportate leattività tecnico normative svolte dall’Ente.L’UNIPLAST vede il coinvolgimento significa-tivo delle imprese associate ad UNION-PLAST favorito dalla presenza in ambito as-sociativo di gruppi merceologici rappresen-tativi di particolari settori della trasformazio-ne delle materie plastiche. Attraverso i gruppi le imprese vengono coin-volte nelle attività normative dell’Uniplast esono raccolte le attese per lo sviluppo dinuovi progetti di norma ritenuti necessari perpromuovere la qualità, la sicurezza, il corret-to utilizzo dei prodotti di proprio interesse.Le norme redatte in ambito UNIPLAST nonsolo costituiscono il riferimento qualitativoper l’attività di ogni impresa ma assumo si-gnificato e riferimento nel contesto applicati-vo della legislazione comunitaria ed europeache interessa i manufatti plastici.Sotto questo punto di vista, determinanti edimportanti per il settore sono le attività norma-tive svolte nell’ambito della sottocommissione25 dell’UNIPLAST che si occupa di recuperodi materie plastiche: tali attività hanno porta-to alla pubblicazione di 18 norme UNI (normeUNI 10667) che assumono il significato di re-gole tecniche nel contesto applicativo dellalegislazione afferente la gestione dei rifiuti.Le materie plastiche di riciclo conformi allenorme UNI 10667 rispondono alla definizionedi sottoprodotti e come tali non sono assog-gettabili alle disposizioni previste per la ge-stione dei rifiuti. Il corposo numero di norme, ancora oggi infase di aggiornamento e ampliamento con ri-ferimento alle provenienze alle destinazionid’uso, dimostra l’esistenza sul territorio na-zionale di un importante settore produttivo ri-guardante il riciclo delle materie plastiche eil loro utilizzo.La valenza ambientale di questi materiali è

stata riconosciuta dal legislatore nazionaleed europeo che attraverso opportune dispo-sizioni normative intende favorire il loro uti-lizzo in diverse applicazioni e tra queste gliimballaggi, il settore delle costruzioni, il set-tore di trasporti.IPPR, Istituto per la Promozione delle Plasti-che da Riciclo, collabora con UNIONPLASTper consentire un adeguato supporto all’atti-vità normativa in ambito UNIPLAST riguar-dante la caratterizzazione di questi materialie le loro utilizzo. Il marchio Plastica SecondaVita creato dall’Istituto per promuovere l’usodei materiali riciclati prevede non solo la ri-spondenza del contenuto di riciclato definitodalla normativa sulla fornitura degli appaltipubblici (di cui al Decreto n. 203/03 e allasuccessiva circolare del Ministero dell’Am-biente 4 agosto 2004 ) ma anche la conformi-tà delle materie plastiche di riciclo ai requisi-ti previsti dalle UNI 10667 con riferimento allaparte specifica applicabile al materiale og-getto di certificazione.Oltre ad assumere il significato di regola tec-nica le norme redatte in ambito UNIPLASTcostituiscono un importante supporto alleimprese per quanto riguarda:• l’applicazione delle disposizioni tecniche e

legislative di interesse. Non di rado il tra-sformatore si trova infatti nella necessitàdi poter disporre di indicazioni e modalitàoperative su come adempiere a quantoprevisto da una determinata normativa. Inquesto contesto si colloca, ad esempio, laproposta presentata in ambito UNIPLASTdi redigere una linea guida per l’esecuzio-ne del challenge test previsto dal decreto18 maggio 2010, n. 113 che ha introdotto lapossibilità d’uso del PET di riciclo per laproduzione di bottiglie per acqua minerale;

• la stesura di capitolati di fornitura. Si se-gnala a questo proposito la presentazionedi una linea guida per la stesura di un ca-pitolato di fornitura di film poliolefinici;

• La codifica di procedure mirate a favorirela corretta posa e utilizzo dei manufatti inplastica un funzione della destinazioned’uso. L’attenzione posta dalla azienda ver-so questo campo normativo è crescente egiustificato dall’importanza che assumeuna corretta posa e utilizzo del manufattoin materie plastiche per il mantenimentodelle sue caratteristiche qualitative e fun-zionali.

L’attività normativa promossa e sostenuta daitrasformatori in ambito UNIPLAST non puòprescindere da un sostegno all’attività dicertificazione che vede nell’IIP (Istituto Ita-liano dei Plastici) l’istituto di riferimento.

Marino LampertiUNIONPLAST

Bibliografia1 ISO TC61 “Plastics” – Business Plan;2 http://www.iso.org/iso/home.htm;3 Plastics- the Facts 2010 – Plastics Europe (www.pla-

sticseurope.org);4 http://www.uniplast.info/pagine/index.asp;5 L.Castellani, P.B.Keating, H. Mittnacht, P.Y. Roze, J.R.

Travis "Injection moulding of test specimens accor-

ding to ISO/DIS 294: a CEN Round Robin Test on styre-

nic polymers" Polymer Testing 14, 97-110 (1995);6 “Fracture mechanics testing methods for polymers,

adhesives and composites”, D.R. Moore, A. Pavan and

J.G. Williams eds.; ESIS publication 28; Elsevier Scien-

ce and ESIS, 2001.

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Il panorama europeo in materiadi tubazioni

Nel momento in cui si parla di direttive enormative europee è necessario immediata-mente cercare di capire il diverso significatoche intercorre tra direttive (che vengonoemesse dalla Comunità Europea) e norme(che vengono emesse dagli stati membridella Comunità Europea):L’Unione Europea ha concepito strumenti

originali ed innovativi per eliminare gli osta-coli alla libera circolazione delle merci: le di-rettive. Tra essi un posto d’onore va riserva-to al nuovo approccio alla regolamentazionedei prodotti e all’approccio globale, alla va-lutazione, alla conformità; il tratto distintivodi questi tipi di strumenti è il fatto che vieneridotto all’essenziale l’intervento pubblico elasciata inoltre all’industria la più ampiascelta possibile delle modalità per soddisfa-re gli obblighi pubblici che le incombono.I principi di questa strategia sono:1. L'armonizzazione legislativa si limita ai

requisiti essenziali che i prodotti immessinel mercato nella Comunità devono ri-spettare per poter circolare liberamenteall'interno della Comunità stessa;

2. Le specifiche tecniche dei prodotti, cherispondono ai requisiti essenziali fissatinelle direttive, vengono definite in normearmonizzate;

3. L'applicazione di norme armonizzate o dialtro genere rimane volontaria e il fabbri-cante può sempre applicare altre specifi-che tecniche per soddisfare i requisitiprevisti;

4. I prodotti fabbricati nel rispetto delle nor-me armonizzate sono ritenuti conformi aicorrispondenti requisiti essenziali.

Le norme, quindi, sono specifiche tecnicheper definire le caratteristiche (dimensionali,prestazionali, ambientali, di sicurezza, di or-ganizzazione ecc.) di un prodotto, processoo servizio, secondo lo stato dell'arte e sonoil risultato del lavoro di decine di migliaia diesperti in Italia, in Europa e nel mondo. Un’importante differenza tra direttive e nor-me è il fatto che le prime possono prevederedei controlli (per esempio su prodotti, pro-cesso, sistema ecc) da parte di organisminotificati al contrario dei controlli standardeffettuati dagli enti di certificazione; la diffe-renza è molto importante perché, nel caso dienti di certificazione, la loro validità è limita-ta al territorio nazionale e ogni paese avrà ilproprio ente di certificazione che potrà ri-chiedere anche differenti prove e caratteri-stiche per ammettere un prodotto a compe-tere sul mercato nazionale, mentre l’entenotificato ha validità generale quindi ciò cheviene deciso da parte di questo ente non

può essere contestato in nessun paesemembro della Comunità Europea.Molto importante è stato all’inizio dei lavoril’interfaccia creatosi tra la Comunità Euro-pea (CE) e l’Ente di Normazione Europeo(CEN) infatti la Comunità Europea ha affidatoal CEN, tramite i mandati relativi alle diretti-ve o regolamenti, il compito di elaborare lenorme di prodotto armonizzate (hEN) e i me-todi di prova.Le suddette norme armonizzate (hEN) avran-no una notevole importanza poiché non ga-rantiranno l’alta qualità del prodotto ma ga-rantiranno solamente il superamento dei re-quisiti minimi essenziali e grazie al soddisfa-cimento di questi requisiti il prodotto può es-ser immesso sul mercato con la marcatura“CE”.In proposito, si pongono in evidenza i rischidella attuale situazione.Un importante rischio si può sintetizzaretraendo spunto da un articolo apparso tem-

po fa sulla rivista “L’industria meccanica”,organo ufficiale della FederazioneA.N.I.M.A., che fa riflettere su tutta la situa-zione presente e anche quella futura del set-tore delle tubazioni ma anche di altri settoridel mondo industriale. Nell' articolo venivaspiegato come le aziende abbiano investitomolte risorse per rispettare le regole impo-ste dalle direttive europee in un processolento ma inesorabile di abrogazioni di normenazionali contrastanti per fare spazio ai re-quisiti essenziali stabiliti dalle direttive delnuovo approccio.Inoltre negli ultimi vent’anni il mondo indu-striale, attraverso la partecipazione diretta oper il tramite delle Associazioni di categoria“si è impegnato per sostenere questo cam-biamento, nella speranza che effettivamentele cose migliorassero e, soprattutto, leaziende meno serie, non avvezze a rispetta-re le regole, venissero finalmente eliminate.Purtroppo le cose non sono andate esatta-

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mente come speravamo.”Infatti “in Europa le leggi vengono solamen-te scritte, non vi sono autorità in grado difarle rispettare. La responsabilità dell’appli-cazione delle direttive spetta a ogni Statomembro ed ecco quindi che si ricade nelcaos: quelli più fortunati possono contare suautorità nazionali ben organizzate, ma quellipiù sfortunati devono fare i conti con realtàben diverse”.“In questa situazione viene spontaneo do-mandarsi che fine fanno le regole per unmercato migliore, o meglio, che fine fa l’U-nione Europea se queste regole non sonouguali per tutti”.Questo perché bisogna ricordarsi che i Pae-si più organizzati, quelli con l’ufficio prepo-sto, le regole le fanno rispettare, aggiungen-do però dei piccoli “paletti” per salvaguar-dare il mercato nazionale senza considerarei principi del libero mercato.A questo punto, dopo avere speso tempo erisorse per diffondere i concetti legati allenuove direttive europee, le Associazioni dicategoria devono fare in modo che le Auto-rità prendano atto della situazione e dellesegnalazioni che ricevono e comincino se-riamente a pensare ad adottare un sistemadi controllo nel rispetto di chi alle regole haeffettivamente creduto. E non solo quanto detto suscita grandepreoccupazione, in quei settori manifatturie-ri dove l’Italia ha prodotti di eccellenza: il fu-turo Regolamento (quindi di applicazione im-mediata una volta approvato!!!) sui prodottia contatto con l’acqua per consumo umanosi baserà sui lavori di quattro Stati Membri(4MS) - Francia, Germania, Olanda e GranBretagna - che elaboreranno le liste positivedei prodotti consentiti.Questi 4MS basano i loro studi sui risultatidei loro laboratori nazionali riconosciuti dailoro ministeri preposti.E l’Italia perché non c’è?Non c’è perché non abbiamo nessun labora-torio nazionale riconosciuto a livello ministe-riale (Ministero della Salute o Ministero del-lo Sviluppo Economico o, in seconda battu-ta, Istituto Superiore della Sanità); non lo ab-biamo, ma soprattutto c’è da chiedersi se,realmente, esiste la volontà di averlo a livel-lo istituzionale.

Walter MorettiFIP

Un focus nel settore delle tubazioni in materiale plastico

Il TC155 con cui si interfaccia la sottocom-missione SC8 di UNIPLAST si occupa di si-

In questo caso le norme di prodotto citate inprecedenza hanno codificato una serie defi-nita di classi di applicazione (a seconda del-le temperature di esercizio e della relativadurata) ed una serie di pressioni di progetto,già inserendo nella norma stessa tutti glistrumenti, per poter dimensionare corretta-mente la tubazione.Lo sviluppo di soluzioni sempre più innovati-ve e con tecnologia multistrato, ha reso ne-cessaria però una deviazione da tale ap-proccio. Questi tipi di tubazione non hannoquasi mai sezioni con struttura dei diversistrati predefinita, quindi le norme di perti-nenza sono diventate norme unicamenteprestazionali dove è lasciato libero campoper quanto riguarda la progettazione dellatubazione.Un esempio di tale approccio è dato dallaEN ISO 21003 per sistemi di tubazioni multi-strato per trasporto di acqua calda e freddaall’interno degli edifici e dalla ISO 21004 peril trasporto da acqua fredda all’esterno degliedifici. Le norme non danno alcuna indica-zione di tipo dimensionale (diametri e spes-sori adottabili) e per quanto riguarda i mate-riali lasciano le porte aperte a diversi tipi dimateriali impiegabili. Queste norme classifi-cano due tipologie di tubazioni multistrato, ecioè totalmente plastiche o metallo-plasti-che con uno strato di alluminio all’internodello spessore di parete. In questo caso èlasciato l’oneroso compito di caratterizzareil tubo, non al produttore della materia pri-ma, bensì al produttore del tubo stesso, me-diante curve di regressione reali sul manu-fatto. Unica eccezione avviene per tubi mul-tistrato plastici costruiti con polimeri già tutticaratterizzati da curva di regressione e rela-tivo MRS; in questo caso infatti, la prestazio-ne del tubo viene ottenuta mediante somma-toria pesata sugli spessori dei contributi deivari materiali (vedasi ISO17456).Tutte le norme di prodotto definiscono iparametri ed i metodi di prova per effettuarele verifiche qualitative del prodotto finito,della materia prima e del sistema nella suainterezza.L’insieme dei requisiti e dei metodi di provaoffre una solida base per una corretta edunivoca valutazione del prodotto da partedegli enti di certificazione di qualunque sta-to membro, dando la possibilità di semplifi-care moltissimo la caratterizzazione dei benida certificare.Purtroppo, questo obiettivo, assolutamentecondivisibile e strategico è in questo momen-to parzialmente disatteso. Ci sono ancorapaesi che, giocando sui cavilli delle definizio-ni, evitano di ritirare norme nazionali sovrap-ponibili a norme EN pubblicate o che, tramitel’adozione di linee guida emesse da enti na-

stemi di tubazioni e canalizzazioni in plasti-ca ed ha sviluppato negli ultimi anni alcunistandard di installazione (per esempio:ENV12108 per installazioni di acqua calda efredda all’interno degli edifici ed ENV1046per installazioni di tubazioni all’esterno de-gli edifici), nonché numerosi standard diprodotto per le applicazioni di pertinenza.Fra i principali, quelli per adduzione gas edacqua per condotte in polietilene (EN1555ed EN12201), per adduzione acqua calda efredda negli edifici (in polipropilene - ENISO 15874, in polibutene - EN ISO 15876, inpolietilene reticolato - EN ISO 15875, inPVC-C - EN ISO 15877, in PERT - EN ISO22391, in multistrato - EN ISO 21003 e moltealtre).Per gli scarichi, si ricordano la EN1401 per isistemi in PVC, la EN13476 per i tubi a paretestrutturata, la EN1852 per i sistemi in poli-propilene non caricato e numerose altre.La maggior parte delle norme di prodottocontiene tutte le specifiche per dimensiona-re un sistema di tubi aventi le prestazioni ri-chieste dall’applicazione, in relazione allecaratteristiche della materia prima selezio-nata. In proposito, va precisato che per i tubicostruiti con una materia prima già adegua-tamente caratterizzata e classificata in basea curve di regressione, mediante un sempli-ce esercizio di calcolo risulta facile ottenereil corretto dimensionamento del tubo in fun-zione delle condizioni di esercizio che si vo-gliono ottenere. E’ tanto più semplice per i tubi operanti atemperatura ambiente (per esempio quellidi sistemi in HDPE per trasporto acqua –EN12201) dove il PN (pressione nominale) èdato da:

PN = (20 x MRS)/[ C x (SDR-1) ]

doveMRS = Minimum Required Strength (valorecaratteristico delle material prima ottenutodalla curva di regressione)C = fattore di sicurezza (codificato per le va-rie applicazioni – es: per acqua fredda = 1,25)SDR = Standard Dimensional Ratio (Rapportodimensionale tra diametro e spessori nomi-nali del tubo).Per tubi che trasportano acqua calda, inve-ce, si deve applicare un particolare metododi calcolo, detto “regola del minatore” permodellare correttamente le possibili combi-nazioni di temperatura/tempo caratteristicidelle condizioni operative per ogni tipo diapplicazione (per esempio: acqua calda sa-nitaria per una permanenza a 50 anni a 60°C;oppure acqua calda per riscaldamento adalternanza delle temperature coerentemen-te con i cicli stagionali).

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zionali privati, riconoscono marchi di prodot-to nazionali non basati su norme Europee.Anche gli enti di certificazione, per i quali il“testing” significa “business” spesso noncollaborano nel riconoscere i risultati di testaccreditati ed ispezioni fatti da altri enti dicertificazione, attribuendo questa impossibili-tà alla necessità di effettuare il “sampling” inprima persona e di non poterlo delegare.Purtroppo, gli "individualismi" nazionali, so-no ancora presenti in Europa ed abbastanzaforti. L’Europa normativa dovrebbe veramen-te iniziare ad operare come un corpo conuna sola testa; superare queste onerose so-vrapposizioni nazionali e dare così una ri-sposta forte al business ottimizzando e ridu-cendo ulteriormente i costi della circolazio-ne delle merci all’interno della Comunità Eu-ropea. Non è un obiettivo semplice ma lo sipuò raggiungere …. In che modo? Con un Marchio di Qualità Eu-ropeo, la vera unica testa che si muove conlunghe braccia su tutto il territorio, magariproprio sfruttando i numerosi istituti di certi-ficazione esistenti.

M. Roberta BrusiNupi Geco

Le norme per la progettazione degli impianti del gas edell’acqua

L'Italia è forse uno dei paesi d'Europa cheha il maggior numero di norme tecniche (enon di specifiche private) emesse da un En-te di Normazione riconosciuto secondo laDirettiva 98/34/CE del Parlamento Europeo edel Consiglio del 22 giugno 1998 che preve-de una procedura di informazione nel setto-re delle norme e delle regolamentazioni tec-niche, che sostengono ed aiutano il lavorodei progettisti e delle imprese di installazio-ne nell'ambito degli impianti per il gas e diquelli idrici.Il motivo di tale impiego è da ricercarsi an-che nel lavoro instancabile svolto da UNI-PLAST che ha sempre garantito le necessa-rie competenze tecniche per le differenti ap-plicazioni a cui le tubazioni sono destinate.Inoltre e non di rado l’apporto dell'Ente ita-liano è stato rilevante per l’emissione dellenorme europee da parte del CEN.Le norme europee che sono relative al mon-do del gas e che interagiscono con il polieti-lene sono quelle relative ai prodotti, al siste-ma ed alla formazione del personale [EN1555-1; EN 1555-2; EN 1555-3; EN 1555-4; EN1555-5; EN 1555-7; EN 12007-2 e EN 13067].Tuttavia, nel nostro Paese, che ha recepitodette norme, l’attività normativa prosegue e

fornisce interessanti spunti per il progettistache vuole inquadrare la propria attività inuna prospettiva più ampia. Anche in questocaso possiamo enumerare norme che tratta-no di prodotti, di sistema e di formazione delpersonale, nel proseguo ne analizzeremo,senza entrare nel dettaglio, alcune e vedre-mo come esse sono in grado di stimolarel’attività di ricerca tecnica e scientifica.La norma UNI 9736 enumera le caratteristi-che tecniche di un particolare prodotto, det-to raccordo di transizione, che permette ilpassaggio da un materiale ad un altro (dalmetallo al polietilene, per esempio). In essasono elencati i materiali con cui detto pro-dotto deve essere realizzato ed è ricca di ri-ferimenti normativi dedicati a ciascun mate-riale coinvolto, oltre al polietilene, il rame,l’acciaio, la ghisa, ecc. Per le applicazioni ingas, stabilisce alcune prove aggiuntive chehanno lo scopo di aumentare il livello di si-curezza del prodotto (prova di resistenzaelettrica del rivestimento). Il progettista tro-verà in questa norma lo stimolo per la ricer-ca dei giusti prodotti in funzione del tipo diimpianto con cui si trova ad operare. Sarànecessario, ad esempio stabilire la pressioned’esercizio dell’impianto per individuare lagiusta tipologia di tubo d’acciaio e di polieti-lene per il relativo lato della transizione, ecc..La norma UNI 11024, che è una linea guida, èun vero caposaldo della qualità della costru-zione saldata, in essa il progettista, ma an-che l’impresa di costruzione, può trovaremolti spunti e suggerimenti idonei a ridurre irischi di una progettazione che non tengaconto, come a volte avviene, dell’attività dicantiere. La persona esperta di qualità vedrànella UNI 11024 un importante aiuto per ladefinizione dei requisiti minimi di una salda-tura e dell’intero sistema che deve assistereil fabbricante per tenere sotto controllo ilprocesso speciale. La norma mette in evi-denza il complesso delle operazioni di salda-tura che il progettista deve prevedere nelsuo progetto e può essere utilizzata anchenella fase di redazione di un capitolato d’ap-palto per la valutazione di un fornitore che siaccinge a compiere un’attività, la saldatura,che, per definizione, è un procedimento spe-ciale e quindi non valutabile tout-court. Di rilevante importanza la norma UNI 10761.Essa descrive le competenze tecniche che ilpersonale, preposto all’attività di coordina-mento della saldatura in cantiere, deve avereper poter assolvere con successo ai propricompiti. Questa norma fornisce, tra l’altro, in-dicazioni sui metodi di formazione e di atte-stazione del livello di qualità raggiunto dadetto personale. L’attività di formazione delpersonale destinato al coordinamento dellasaldatura può prevedere, tra le altre cose,

una fase specifica sui controlli dei materialiutilizzati durante la fabbricazione e sullaispezione delle saldature svolte. Durantequesta fase divengono aspetti critici il saperindividuare e riconoscere i criteri di accetta-bilità delle saldature e per fare ciò, il proget-tista dovrebbe aver interpretato i contenutidella norma UNI 11024 precedentementeanalizzata.È da sottolineare, a questo punto, che le nor-me tecniche hanno una doppia identità. Daun lato esse rappresentano lo stato dell’arte,mentre dall’altro sono il punto di partenza dacui sviluppare, con esperimenti e prove, nuo-vi prodotti e campi d’applicazione, esse de-scrivono, in poche parole, i requisiti minimi diprogetto. Per questo motivo sono, innegabil-mente, un trampolino di lancio, uno strumen-to scientifico che, se utilizzato correttamen-te, permetterà lo sviluppo tecnologico delsettore. S’inquadra in questa definizione la specificatecnica sperimentale UNI/TS 11344 relativaalle tubazioni di poliolefine multistrato pergas combustibili.In ultimo per ciò che attiene al mondo delgas, citeremo la norma UNI 9737 relativa allaformazione e qualificazione dei saldatori ditubazioni in polietilene. A differenza dellanorma europea la nostra fornisce, oltre lemodalità di qualifica del personale, un elen-co di requisiti che i centri di formazione de-vono avere allo scopo di garantire una certauniformità di contenuti nei corsi. Questa uni-formità è un elemento molto importante, nonpresente nella norma europea che ha l’in-grato compito di non dover entrare nellospecifico perché la sua applicabilità deve te-nere conto delle differenti realtà formativepresenti nei diversi paesi dell’Unione Euro-pea. La norma italiana, invece, fornisce aicentri di formazione un programma minimo,completo di indicazione oraria per le diffe-renti attività di formazione teorica e pratica.Da quanto fin’ora esposto ci pare chiaro chel’universo delle tubazioni in polietilene ha,nella galassia italiana del gas, una serie distelle che brillano come un riferimento pola-re per chi opera in questo mercato.Nondimeno interessante è il panorama rela-tivo alle tubazioni in polietilene che convo-gliano acqua in pressione. Anche in questocaso le norme europee seguono lo schemagià visto per il mondo del gas, abbiamo nor-me di prodotto, di sistema e di formazionedel personale [EN 12201-1; EN 12201-2; EN12201-3; EN 12201-4; EN 12201-5; EN 12201-7;EN 805; EN 806; EN 13067].Ricorderemo che quasi tutte le norme UNIviste fino a questo punto hanno una doppia,e in alcuni casi anche più, applicabilità. Lenorme UNI 9736, UNI 9737, UNI 10761 e UNI

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11024 possono essere utilizzate dai progetti-sti e dalle imprese anche in ambito acque-dottistico, in più e a differenza del mondo delgas ove le norme di costruzione sono dicompetenza del CIG (Comitato Italiano Gas),abbiamo una norma, la UNI 11149, che trattadegli aspetti costruttivi e di collaudo delletubazioni utilizzate per il trasporto dell’acquapotabile, o in pressione in genere. Oltre afornire chiarimenti su molti aspetti relativialla posa in opera essa si sofferma su unpunto assai critico per le tubazioni in polieti-lene, il collaudo. Così come già la norma eu-ropea EN 805, la norma italiana evidenzia ilcomportamento visco-elastico della materiaprima e punta il dito sulla pericolosità dellanormale procedura di collaudo, descritta nelD.M. 12.12.85 Norme tecniche relative alletubazioni e che prevede una pressione dicollaudo pari a 1,5 la pressione d’esercizio,che può portare allo snervamento dei tubiprima del loro effettivo utilizzo. Nella normaUNI 11149 è descritta una prova di collaudoche non compromette le caratteristichemeccaniche della tubazione e quindi la du-rata dell’impianto. Anche in questo caso l’u-tilizzatore può utilizzare la norma come pun-to di partenza ed investigare sulle qualitàmeccaniche e fisiche del prodotto allo sco-po di divenire un esperto del settore e con-tribuire allo sviluppo scientifico-tecnologicodel mercato.In ultimo vorrei sottolineare come l’attività diUNIPLAST si giovi dei positivi contatti cheha con altre commissioni tecniche dell’UNI,in particolare non possiamo dimenticare le“liasons” con il già citato Comitato Italianodel Gas, CIG, e con la Sottocommissione Mi-sta della Saldatura, che fa capo all’IstitutoItaliano della Saldatura (I.I.S.). In entrambi icasi i gruppi di lavoro portano avanti attivitàtecniche che produrranno, in ultima analisi,delle nuove norme per il mercato che po-tranno stimolare la curiosità degli utilizzatoripermettendo lo sviluppo tecnico e scientifi-co dei prodotti e degli impianti.

Pierpaolo FrassinePlasson Italia

I laminati decorativi ad alta pressione

I laminati decorativi ad alta pressione (HPL)sono pannelli con spessori da 0,5 a 30 mmampiamente utilizzati da quasi cento anniper la realizzazione di mobili, arredi esterni einterni, rivestimenti di pareti e pavimenti inedilizia, trasporti ferroviari, navali e su stra-da. Sono costituiti da strati di fibra di cellulo-sa, impregnati in resine termoindurenti, sot-

toposti all'azione combinata di calore (≥120°C) e alta pressione specifica (≥ 7 MPa)in speciali presse multivano. La policonden-sazione delle resine termoindurenti crea unmateriale omogeneo e non poroso ad altopeso specifico (≥ 1,35 g/cm3).In generale, più del 60% degli HPL è costitui-to da carta o fibre cellulosiche e il restante30-40% da resine sintetiche termoindurentipolimerizzate: resine a base fenolica per glistrati interni del pannello e resine amino pla-stiche o acriliche per la superficie decorati-va.Durante il processo di polimerizzazione, leresine fluidificano e reagiscono in modo ir-reversibile formando legami chimici tridi-mensionali così che gli iniziali e distinti stratidi cellulosa diventano un tutt’uno, con otte-nimento di un materiale stabile, inerte e nonreattivo, aventi eccellenti caratteristiche fi-sico-meccaniche, chimiche ed estetiche.Gli HPL vengono forniti sotto forma di pan-nelli di varia grandezza, spessore e finiturasuperficiale.I laminati HPL sono classificati come mate-riale non pericoloso, quindi non richiedonouna particolare etichettatura o identificazio-ne né in fase di stoccaggio né in fase di tra-sporto.

Le emissioni dei composti organici volatili edi formaldeide degli HPL sono ridotte e vici-ne alla soglia di rilevabilità degli strumenti dicontrollo.Non ci sono migrazioni, pertanto gli HPL so-no approvati per il contatto con i generi ali-mentari.Poiché le superfici decorative sono resi-stenti a tutti i comuni solventi e prodotti chi-mici domestici e sono disinfettabili con ac-qua calda, vapore e i comuni prodotti igie-nizzanti, gli HPL non necessitano di alcunaulteriore protezione superficiale e sono ap-plicati ove la pulizia e l'igiene sono impor-tanti.I laminati HPL si incendiano difficilmente ehanno proprietà che ritardano la propaga-zione delle fiamme, prolungando in tal modoil tempo di evacuazione e per i fumi sono ingrado di fornire le migliori prestazioni tra imateriali da rivestimento organici. Ove si ri-chieda una resistenza al fuoco particolare, illaminato HPL può essere trattato con additi-vi privi di alogeni per renderlo difficilmenteinfiammabile.Avendo un elevato potere calorifico (da 18 a20 MJ/kg), gli HPL sono ideali per il recuperoenergetico negli appositi impianti autorizzati.Gli scarti degli HPL costituiscono rifiuto non

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minato. A differenza di altre Commissioni eu-ropee, il WG4 decise anche di mantenerenella EN 438 una parte 7 la norma armoniz-zata europea contenente l’Appendice ZA inconformità al mandato della CommissioneEuropea sotto la Direttiva Prodotti da Co-struzione (89/106/CEE). L’appendice ZA de-scrive i requisiti essenziali di stabilità mec-canica, resistenza al fuoco, igiene, salute eprotezione ambiente, sicurezza nell’impiego,protezione contro il rumore, risparmio ener-getico e isolamento termico che devono es-sere soddisfatti per ottenere la marcaturaCE, indispensabile per poter mettere in com-mercio all’interno della Comunità Europea ilaminati HPL utilizzati nel settore costruzioni.Nel 2008 e nel 2010 vennero pubblicate duenuove parti relative nuove tipologie di lami-nati.Per distinguere le differenti tipologie di lami-nati HPL è stato adottato un sistema di clas-sificazione a tre lettere XYZ. Nelle tabelle“EN 438 parti” e “Classificazione XYZ” sonoriportate le lettere, il loro significato e le par-ti della EN 438 coinvolte.Dal 2010 la Commissione CEN TC 249 WG4 èal lavoro per una nuova revisione che pro-babilmente verrà pubblicata nel 2013.

pericoloso e sono smaltiti secondo quantoprevisto dalla normativa vigente in materia.

La norma europea EN 438Gli HPL sono disciplinati dalla norma euro-pea EN 438 e dalla norma internazionale ISO4586.La revisione 2004 della ISO 4586 non è piùstata sostanzialmente aggiornata, anche acausa di non secondari problemi organizza-tivi e logistici dell’ISO TC 61 SC 11 WG 2, e ri-calca l’impostazione originaria simile allaprima EN 438.La prima edizione della EN 438 fu pubblicatanel 1991 e consisteva di due parti: la primacontenente lo scopo, i campi di applicazionee le specifiche; la seconda dedicata ai me-todi di prova.Nella parte 1 erano elencati i requisiti minimiper gli HPL a partire da uno spessore di 0,5mm. Non venivano date descrizioni o distin-zioni sostanziali per le applicazioni da inter-no o esterno, né altre tipologie prestazionalio produttive oltre a quelle basilari di orizzon-tali, verticali, usi generici, di alto spessore,per forti sollecitazioni, postformabili e resi-stenti al fuoco.Nel corso degli anni il miglioramento delle

tecnologie di produzione, l’ampliamento dellagamma di prodotti, le nuove esigenze di mar-keting e l’innovazione del design hanno fattomaturare la necessità di una revisione, nonsolo per quanto stabilito nelle specifiche edescritto nei metodi di prova, ma soprattuttonell’impostazione della struttura complessiva.Nel 2005 fu pubblicata la prima revisione conuna veste sostanzialmente diversa. Fu unascelta molto importante, quella attuata dallacommissione CEN TC 249 WG4, di non crearetante norme diverse quante potevano esserele diverse tipologie ma di realizzare un unicocorpo di norma con la stessa esistente nume-razione principale e composta da diverseparti ciascuna dedicata ad uno specifico tipodi laminato. Questa scelta oggi è ampiamentepremiante in quanto la nuova struttura ha ilvantaggio di essere facilmente riconoscibilee rintracciabile e di consentire l’introduzionedi ulteriori parti seguendo l’evolversi del mer-cato e lo sviluppo tecnico e tecnologico, sen-za dover modificare l’intera norma.Nell’edizione 2005 della EN 438, la parte 1 di-ventò una guida informativa, fu riscritta laparte 2 relativa ai metodi di prova portando itest da 24 a 30, furono elaborate singole partidalla 3 alla 6 dedicate ai differenti tipi di la-

EN 438 parti1 2 3 4 5 6 7 8 9

Guida e informazioni generali �

Metodi di prova �

Costruzioni-edilizia (interno) � � � �

Costruzioni-edilizia (esterno) �

Transporti � � � �

Mobili � � � �

Rivestimento di pavimenti �

Marcatura CE per costruzioni-edilizia (interno e esterno) �

Classificazione XYZlettere XY significato EN 438 parteH Horizontal grade – HPL per applicazioni orizzontali 3C Compact laminate – HPL con spessori ≥ 2 mm 4, 8, 9T Thin laminate < 2mm – HPL con spessori < 2 mm 8, 9V Vertical grade – HPL per applicazioni verticali 3E Exterior grade – HPL per applicazioni all’esterno 6AC (da AC1 a AC6) Abrasion Class for flooring grade – HPL resistente all’abrasione per rivestimenti di pavimenti

in accordo con EN 13329 5A Pearlescent laminate – HPL con superficie perlescente 8M Metal laminate – HPL con superficie metallica 8W Wood veneer laminate – HPL con superficie legno 8B Coloured core laminate – HPL con strati interni colorati 9R Metal reinforced core laminate – HPL con strati interni rinforzati con fogli di metallo 9lettera Z significato EN 438 parteG General purpose or moderate use – Laminati per impieghi generali o moderati 3, 4, 6D Heavy duty or severe use – Laminati per impieghi intensi e severi 3, 4, 6S Standard grade – HPL per applicazioni comuni 3, 4, 6, 8, 9P Postforming grade – HPL formabile a caldo 3, 8F Flame-retardant grade – HPL difficilmente infiammabile 3, 4, 6, 8, 9

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sione per i sacchetti in materiali biodegra-dabili resi obbligatori da una recente normadi legge.

Cassette di materia plastica destinate alcontenimento di bottiglie - UNI 8185Questa norma è stata richiesta dalle aziendeimbottigliatrici di acque minerali, bibite e viniper costituire un' alternativa alle cassette inlegno ed alle cassette prodotte con filo me-tallico. Si tratta di una norma che garantiscele prestazioni meccaniche con prove di ca-duta e di compressione. Grazie a questanorma queste cassette si diffusero rapida-mente ma oggi l'impiego si è molto ridotto acausa della diffusione delle bottiglie di PETper acque minerali e bibite e delle bottigliedi vetro monouso per i vini.

Imballaggi parallelepipedi monouso di EPSper prodotti ortofrutticoli - UNI 9918Negli anni '90 si diffuse l'impiego dell'EPS indiversi settori dell'imballaggio. Le ottime ca-ratteristiche di leggerezza, coibenza e stabili-tà dimensionale delle cassette realizzate conquesto polimero espanso sono apprezzateper il trasporto dei prodotti ortofrutticoli. Lastesura della norma ha contribuito a ottimiz-zare le prestazioni e ad aumentare l'apprez-zamento dell'impiego di questo imballaggio.

Le norme relative al recuperodelle materie plastiche post-consumoIl 5 febbraio1998 venne pubblicato il DecretoMinisteriale "Individuazione dei rifiuti nonpericolosi sottoposti alle procedure semplifi-cate ai sensi degli articoli 31 e 32 del Decre-to Legislativo 5 febbraio 1997 n°22". QuestoDecreto è stato poi aggiornato con il Decre-to Ministeriale n°186 del 5 aprile 2006.In questi Decreti per quanto concerne i "ri-fiuti di plastiche" si stabilisce che l'attività direcupero per la produzione di materie primesecondarie per l'industria delle materie pla-stiche deve effettuare trattamenti per l'otte-nimento di materiali plastici conformi allespecifiche UNIPLAST-UNI 10667.Pertanto i lavori svolti dalla specifica sotto-commissione UNIPLAST hanno avuto comeobiettivo la stesura di norme che regolamen-tano il recupero dei diversi tipi di plastiche"post-consumo". Attualmente le norme pub-blicate sono 18; le prime sono state redattenel 1998, le ultime nel 2011. Alcuni esempi:• UNI 10667-1 E' la Norma "ombrello" che

definisce le caratteristiche minime e co-muni a tutta la serie di Norme relative allaqualità del prodotto recuperato;

• UNI 10667-2 e -11 LDPE proveniente da re-sidui industriali e/o materiali da pre e/opost-consumo (2) - proveniente da foglie e

galleggiabilità, per poter recuperare casset-te cadute accidentalmente in mare; accata-stabilità; resistenza agli urti ed alle cadute.Da allora, le cassette che rispondono allaUNI 6427 sono prodotte in HDPE con la tec-nologia dello stampaggio a iniezione.

Sacchi di LDPE per la raccolta di rifiuti soli-di urbani - UNI 7315Questa norma fu richiesta all'inizio degli an-ni '70 da parte dei Comuni che desideravanoaver un capitolato tecnico di semplice appli-cazione per valutare la resistenza e l'imper-meabilità dei sacchi. Questa fu la prima nor-ma che ammise l'uso di PE riciclato ancheperché definisce le prestazioni del sacco fi-nito e lo spessore può essere adeguato inrelazione alle prestazioni richieste e alle ca-ratteristiche del materiale plastico.

Sacchi di LDPE per imballaggi industriali -UNI 7642Da molti anni, questi sacchi costituisconoun' alternativa interessante per la garanziadi impermeabilità all'acqua e la norma chedefinisce le prestazioni fisico-meccanichedei sacchi è ancora oggi un riferimento es-senziale.

Recipienti di HDPE per trasporto e distribu-zione di petrolio per riscaldamento - UNI7643Negli anni '70 il petrolio da riscaldamento(cherosene per uso domestico) poteva esse-re trasportato soltanto con taniche metalli-che. La ragione del divieto era legata al fattoche il polimero HDPE è un materiale combu-stibile. Poi fu eseguita una sperimentazioneda parte dei Vigili del Fuoco per confrontarele prestazioni dei fusti metallici con quelli diHDPE in caso di incendio. L'esito della speri-mentazione fu positivo poiché i fusti pieni digasolio in HDPE immersi in una zona incen-diata si dilatavano fino a rompersi per effettodel calore e quindi bruciavano assieme alcherosene. Al contrario, i fusti metallici sotto-posti alle fiamme non si dilatavano ma esplo-devano provocando proiezioni di cheroseneincendiato. In seguito a questa sperimenta-zione i fusti di HDPE furono omologati per iltrasporto e lo stoccaggio di cherosene pur-ché rispondessero ai requisiti della UNI 7643che include una serie di controlli di resisten-za meccanica e tenuta della chiusura a vite.

Sacchetti a bretelle di LDPE per il trasportodei generi distribuiti al dettaglio - UNI8055La norma relativa ai sacchetti largamenteusati nei negozi e nei supermercati nacquenegli anni '80 su richiesta della Standa. E'stata poi via via aggiornata e attualmente edoggi è in corso la stesura di una nuova ver-

I principali elementi di novità della revisionein corso sono le correzioni editoriali del te-sto con l’aggiornamento dei riferimenti nor-mativi, l’adeguamento di requisiti e tolleran-ze per le specifiche di alcune tipologie diHPL e le modifiche di alcuni metodi di prova.Da evidenziare è il miglioramento del meto-do di calibrazione dell’apparecchiatura perla determinazione della resistenza al graffio.Si sta sviluppando anche un nuovo metodoper la determinazione della resistenza su-perficiale allo sfregamento basato sul TestMartindale, in parallelo a quanto stanno ela-borando le commissioni CEN TC 134 WG9“Rivestimenti di laminato per pavimenti” eCEN TC 207 “Mobili”.La parte 7 dovrà essere riesaminata in con-siderazione dell’entrata in vigore dal 24 apri-le 2011 del “Regolamento Prodotti da Co-struzione” 305/2011 che ha sostituito la “Di-rettiva Prodotti da Costruzione”(89/106/EEC). Sicuramente la problematicadella sostenibilità, della compatibilità am-bientale, delle sostanze pericolose e deiComposti Organici Volatili così come solleci-tato dalla Commissione europea e dalla Se-greteria Centrale del CEN, avranno un pesorelativamente importante nei futuri sviluppidi questa parte della EN 438.

Gianmichele FerreroArpa Industriale

Le materie plastiche nell'imballaggio e nel riciclo

L'esigenza di avere norme tecniche che ga-rantissero determinate prestazioni in funzio-ne dell'impiego fu molto sentita da fabbri-canti e utenti fin dalle prime applicazionidella plastica per manufatti monouso e plu-rimpiego. Questa esigenza nasceva da ri-chieste precise del mercato che aveva biso-gno di metodi e controlli sicuri in funzionedelle prestazioni dei manufatti.Per quanto si riferisce agli imballaggi puòesser interessante riferire alcuni esempi diredazione di norme studiate in ambito UNI-PLAST, richieste espressamente in funzionedell'impiego finale di tali imballaggi.

Cassette di materia plastica per il trasportodi pesce fresco - UNI 6427Negli anni '60 le cooperative di pesca cheoperavano principalmente nell'Adriaticoavevano interesse ad avere cassette plurim-piego per conferire il pescato ai mercati al-l'ingrosso. Si trattava di produrre casse cheavessero caratteristiche molto precise, fracui: costanza di peso per garantire una tarasicura; facilità di lavaggio; indeformabilità;

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film per agricoltura (11) destinati a impie-ghi diversi;

• UNI 10667-3 PP proveniente dal riciclo diresidui industriali e/o materiali da pre e/opost-consumo destinato ad impieghi di-versi;

• UNI 10667 -4 e -5 e -6 PVC rigido prove-niente da contenitori per liquidi (4) - pla-stificato proveniente dal riciclo di residuiindustriali e/o materiali da pre e/o post-consumo (5) - rigido proveniente da serra-menti (6) destinati ad impieghi diversi;

• UNI 10667 -7 e -8 e -9 e -15 PET in scaglieproveniente dal riciclo di contenitori post-consumo destinato a produzione di fibre(7) - destinato a produzione dicrpi cavi (8)- destinato a produzione di lastre e foglie(9) - destinato al riciclo chimico (15);

• UNI 10667-10 e -12 PS e HIPS provenientedal riciclo di residui industriali e/o mate-riali da pre e/o postconsumo (10) EPS pro-veniente dal riciclo di residui industrialie/o materiali da pre eo postconsumo (12)destinati ad impieghi diversi;

• UNI 10667-13 cariche ottenute da macina-zione di scarti industriali e/o da postcon-sumo di compositi di materiale termoindu-rente;

• UNI 10667-14 Miscele di materiali polime-rici di riciclo e di altri materiali a base cel-lulosica di riciclo da utilizzarsi come ag-gregati nelle malte cementizie;

• UNI 10667-16 Miscele di materie plasticheeterogenee a base di poliolefine prove-nienti da residui industriali e/o da materia-li post-consumo destinate a processi diestrusione e/o per stampaggio ad iniezio-ne.

Oreste PasquarelliPresidente SC 21 e SC 25

Ruolo degli standard nel settore dei materiali plasticibiodegradabili

Il settore dei materiali plastici biodegradabiliè in grande fermento perché prodotti che, fi-no a pochi anni or sono, erano ancora neilaboratori di ricerca o venduti in mercati dinicchia, si stanno affacciando sul mercatodei prodotti di largo consumo. La standardizzazione ha un ruolo fondamen-tale per i prodotti innovativi. La biodegradabi-lità, il contenuto di sostanze rinnovabili, l’im-patto ambientale non sono caratteristiche di-rettamente percepibili dai consumatori. D’al-tra parte, è proprio su asserzioni di questanatura che si basa il successo commercialedei prodotti alternativi. E’ ovvio quindi che,per garantire la trasparenza del mercato, oc-

corrono strumenti normativi che leghino inmodo chiaro le dichiarazioni, che diventanodi fatto propaganda commerciale, con le ca-ratteristiche effettive dei prodotti e coi bene-fici riconosciuti. Questo a difesa dei consu-matori, che devono essere messi in grado difare un acquisto informato, delle industrieche competono nel mercato e che devonopoterlo fare in quello che gli anglosassonichiamano “level playing field”, ossia con re-gole chiare, e anche degli amministratoripubblici, che devono vigilare sul rispetto del-la salute e dell’ambiente e dei consumatori.Il rilevante lavoro di standardizzazione mes-so in campo negli ultimi 15 anni nel settoredelle bioplastiche e degli imballaggi biode-gradabili e compostabili è un esempio del

ruolo della standardizzazione nella società ea supporto all’innovazione.

Lo standard armonizzato UNI EN13432 ed il contesto normativoeuropeoL’origine ed il quadro normativo di riferi-mentoLo standard UNI EN 13432 “Requisiti per im-ballaggi recuperabili mediante compostag-gio e biodegradazione- Schema di prova ecriteri di valutazione per l’accettazione fina-le degli imballaggi” definisce le caratteristi-che degli imballaggi (di qualunque natura;quindi sia plastici, che di natura cellulosica,che misti) che possono essere riciclati sfrut-tando la biodegradazione. E’ stato preparato

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compost. I rifiuti di imballaggio trattati perprodurre compost devono essere sufficien-temente biodegradabili in modo da • non ostacolare la raccolta separata e • il processo o l'attività di compostaggio in

cui sono introdotti. (3d) Imballaggi biodegradabili. I rifiuti di im-ballaggio biodegradabili devono essere dinatura tale da poter subire una decomposi-zione fisica, chimica, termica o biologicagrazie alla quale la maggior parte del com-post risultante finisca per decomporsi inbiossido di carbonio, biomassa e acqua.Questa differenziazione in imballaggi recu-perabili sotto forma di compost (3c) e Imbal-laggi biodegradabili (3d) presente nell’Alle-gato II ha fatto nascere l’idea che i primifossero stati definiti operativamente nellaEN 13432 mentre per i secondi mancasseuno status normativo. Ossia che esistesse lospazio per degli “imballaggi biodegradabili”differenti dagli “imballaggi compostabili”.In realtà il Mandato della Commissione Eu-ropea chiede al CEN di preparare “lo stan-dard deputato a fornire presunzione di con-formità ai requisiti essenziali riguardanti gliimballaggi recuperabili in forma di compo-staggio o biodegradazione” ossia in lineacon “l’ allegato II § 3, (c) e (d) della Diretti-va”. Ovvero, compostaggio, biodegradazio-ne e riciclo organico sono usati come sino-nimi e normati dalla UNI EN 13432 come giàevidente dal titolo (Requisiti per imballaggirecuperabili mediante compostaggio e bio-degradazione- Schema di prova e criteri divalutazione per l’accettazione finale degliimballaggi). I rifiuti di imballaggio possonoconsistere di frazioni che sono biodegrada-bili oppure no. Tuttavia la mistura dei rifiutida imballaggio devono “non ostacolare laraccolta separata e il processo o l'attività di

compostaggio in cui sono introdotti”. Que-sto è il punto chiarito dall’Allegato II.Lo standard EN 13432, approvato all’unani-mità dai membri del CEN è stato poi suppor-tato dalla Commissione Europea. Infatti l’ EN13432 è uno standard armonizzato, ossia èmenzionato7 nella Gazzetta Ufficiale delleComunità Europee come standard di riferi-mento della Direttiva Europea sugli imbal-laggi e rifiuti di imballaggio (94/62/EC). Cometale fornisce presunzione di conformità airequisiti essenziali degli imballaggi perquanto riguarda gli “imballaggi recuperabilisotto forma di compost” e gli “imballaggibiodegradabili” in accordo con la DirettivaEuropea e, a livello Italiano, col Decreto Le-gislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in ma-teria ambientale” .Il contenuto tecnicoDa un punto di vista pratico la definizionedei criteri di “riciclabilità organica” è moltoimportante perché materiali non compatibilicol compostaggio o con la digestione anae-robica (le plastiche tradizionali, il vetro, imateriali contaminati con metalli pesanti,ecc.) possono diminuire la qualità finale delcompost e renderlo non adatto all’agricoltu-ra e quindi commercialmente non accettabi-le. Ossia possono bloccare il riciclaggio, checome noto è in genere processo molto sen-sibile alle contaminazioni. La UNI EN 13432è attualmente un punto di riferimento per iproduttori di materiali biodegradabili, le au-torità pubbliche, i compostatori ed i consu-matori.Secondo la UNI EN 13432, le caratteristicheche un imballaggio “biodegradabile e com-postabile” deve avere sono le seguenti:• Biodegradabilità, ossia la tendenza del

materiale ad essere convertito in CO2 gra-zie ai microrganismi. Questa proprietà è

dal Comitato Europeo di Normazione (CEN)su Mandato1 della Commissione Europea al-lo scopo di permettere l’applicazione dellaDirettiva sugli Imballaggi e rifiuti di Imballag-gio (94/62/EC). Come noto per immettere sul mercato euro-peo degli imballaggi occorre dimostrare chesoddisfino i cosiddetti "requisiti essenziali"specificati nella Direttiva europea2. La verifi-ca della conformità a tali requisiti viene de-mandata all'applicazione degli standard eu-ropei armonizzati. Infatti la Direttiva Imbal-laggi è stata preparata applicando il “nuovoapproccio” della Commissione Europea, chelimita l'armonizzazione legislativa all'appro-vazione, mediante direttive, dei requisiti es-senziali e delega poi agli organi competentiper la normalizzazione industriale il compitodi elaborare le specifiche tecniche. Il CEN, a seguito del Mandato, ha sviluppatouna serie di standard sulla prevenzione3, sulriuso4, sul riciclo5, sul recupero energetico6

ed infine sul recupero organico dei rifiuti daimballaggio. In particolare il Mandato avevarichiesto al CEN di preparare uno standardper gli imballaggi recuperabili mediante re-cupero organico. La Direttiva infatti aveva in-trodotto nel 1994 questo elemento di novità:gli imballaggi possono essere anche recupe-rati mediante il “riciclaggio organico” che,sfrutta la biodegradabilità. La definizionepresente nell’Articolo 3 della Direttiva enun-cia che il “riciclaggio organico è il tratta-mento aerobico (compostaggio) o anaerobi-co (biometanizzazione) via microrganismi ein condizioni controllate, delle parti biode-gradabili dei rifiuti da imballaggio, con pro-duzione di residui organici stabilizzati e dimetano. L’interramento in discarica non puòessere considerato una forma di riciclaggioorganico.” I residui organici stabilizzati è ilcompost stabilizzato, ossia un terriccio ri-usabile nel settore agricolo e florovivaistico.Si tratta quindi di un vero riciclo, anche sedifferente da quello “meccanico” che preve-de la immissione sul mercato di un materialeuguale a quello iniziale. In questo caso il pro-dotto è completamente differente da quellooriginale ma con un valore economico edecologico che ne assicura un reale “ciclo”. E’ interessante qui notare un dettaglio chepuò sfuggire ma che serve a dirimere unadiscussione nata recentemente sulla que-stione degli imballaggi “biodegradabili” con-trapposti agli imballaggi “compostabili”. In-fatti il legislatore europeo specifica, per laverità in modo piuttosto contorto, le intenzio-ni per quanto riguarda il riciclo organico neipunti 3c e 3d nell'Allegato II della Direttiva,quando fornisce le definizioni sui requisitiessenziali: (3c) Imballaggi recuperabili sotto forma di Figura 1. La compostabilità è un insieme di requisiti ciascuno necessario ma non sufficiente

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misurata col metodo ISO 148558. Il livellodi biodegradazione minimo è pari al 90%da raggiungere in meno di 6 mesi. Questoalto valore di biodegradazione è stato avolte considerato come indicazione che ilriciclaggio organico è in realtà un incene-rimento “freddo” degli imballaggi compo-stabili che così non contribuiscono in mo-do rilevante alla formazione di compost.Questo non è vero; si confonde il metododi prova di laboratorio, messo a punto perevidenziare la biodegradabilità inerente,con il comportamento su scala reale. Oc-corre fare una breve digressione. La bio-degradazione di una sostanza è una con-versione metabolica che prevede duestrade in parallelo: una (catabolica) serveagli esseri viventi per produrre energia ecomporta la demolizione completa dellasostanza fino a CO2; la seconda (anaboli-ca) invece comporta la trasformazionedella sostanza in massa biologica (bio-massa) necessaria per lo sviluppo degliorganismi. Il metodo di laboratorio misurala CO2 ma non la biomassa, ed è stato per-tanto massimizzato il catabolismo, ossia laconversione in CO2, proprio per arrivarealla conferma della completa biodegrada-zione. Non necessariamente in un impian-to su scala reale, si otterrà la totale con-versione in CO2, perché in condizioni realisi avrà anche la produzione di biomassache va a formare il compost finale. Altraquestione emersa in questi anni di utilizzoriguarda la domanda: perché 90% e non100%? Rimane un residuo pari al 10%? Larisposta è che fattori sperimentali qualil’errore nella misura e la formazione dibiomassa, rendono difficile il preciso rag-giungimento del 100%; per questo motivola soglia di accettabilità è stata fissata al90% e non al 100%.

• Disintegrabilità, cioè la frammentazione eperdita di visibilità nel compost finale (as-senza di contaminazione visiva). Misuratacon una prova di compostaggio su scalapilota (EN 140459 equivalente a ISO1692910). Campioni del materiale di provasono compostati insieme con rifiuti orga-nici per 3 mesi. Alla fine il compost vienevagliato con un vaglio di 2 mm. La massadei residui del materiale di prova con di-mensioni superiore a 2 mm (frazione nondisintegrata) deve essere inferiore al 10%della massa iniziale. Anche in questo ca-so è stata permessa una tolleranza del10% tenendo conto del tipico errore di mi-sura nelle analisi biologiche.

• Assenza di effetti negativi sul processo dicompostaggio. Verificata con una prova dicompostaggio su scala pilota o su scalaindustriale.

• Bassi livelli di metalli pesanti (al di sotto divalori massimi predefiniti) e assenza dieffetti negativi sulla qualità del compost(esempio: riduzione del valore agronomi-co e presenza di effetti ecotossicologicisulla crescita delle piante). Una prova dicrescita di piante (test OECD 208 modifi-cato) e altre prove analitiche sono esegui-te su campioni di compost dove è avvenu-ta la degradazione del materiale di prova.Non si deve evidenziare alcuna differenzacon un compost di controllo.

Ciascuno di questi punti è necessario per ladefinizione della compostabilità ma, da solo,non è sufficiente (Fig. 1). Ad esempio, unmateriale biodegradabile non è necessaria-mente compostabile perché deve anche dis-integrarsi durante un ciclo di compostaggio.D’altra parte, un materiale che si frantumadurante un ciclo di compostaggio in pezzi

microscopici che non sono però poi total-mente biodegradabili non è compostabile.I limitiLo scopo dichiarato dello standard UNI EN13432 è identificare gli imballaggi che pos-sono essere recuperati in strutture di tratta-mento biologico dei rifiuti “comunali o indu-striali”. E’ escluso pertanto il cosiddetto"compostaggio domestico". Peraltro il com-postaggio domestico dei rifiuti di imballaggionon è stato preso in considerazione dal le-gislatore europeo al momento di licenziarela Direttiva Imballaggi (94/62/EC) così comenon è stato preso in considerazione lo smal-timento con mezzi incontrollati (rilascio inambiente o discarica). Come noto il compo-staggio domestico è il trattamento dell’erbae dei residui di potatura, ottenuti dalla ma-nutenzione dei giardini privati in piccoli reat-tori detti “compostiere domestiche”. Il "com-

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postaggio domestico" si differenzia da quelloindustriale per due principali ragioni: 1) è unprocesso che avviene a bassa temperaturaed è quindi lento; viceversa il compostaggioindustriale è "caldo" (termofilo) ed è veloce;2) le compostiere domestiche non sono ge-neralmente controllate e le relative condi-zioni possono non essere sempre ottimali;viceversa gli impianti di compostaggio indu-striale sono gestiti da personale qualificatoe mantenuti in condizioni ottimali di lavora-zione, per assicurare alta produttività. Lecaratteristiche definite dallo standard UNIEN 13432 non assicurano che un imballaggioimmesso in una compostiera domestica sicomposti in modo soddisfacente e secondole aspettative dell’utente. L’utilizzoA livello Europeo lo standard EN 13432 haavuto una grande diffusione ed ha inoltre

dato origine ad una fiorente attività di certifi-cazione. Gli enti di certificazione più attivisono stati Vinçotte (Belgio) e DINCerto (Ger-mania). In Italia la certificazione che ha rag-giunto la più alta diffusione è quella di CER-TIQUALITY, supportata dal Consorzio Italia-no Compostatori (CIC) e la certificazione for-nita dall’Istituto Italiano dei Plastici.In Italia lo standard UNI EN 13432 ha recen-temente assunto una grande importanza conl’entrata in vigore il 1 gennaio 2011 del divie-to di commercializzazione dei sacchi aspor-to merci non biodegradabili. Infatti nellalegge11 si stabilisce il divieto per i sacchiche, secondo i criteri fissati dalla normativacomunitaria e dalle norme tecniche appro-vate a livello comunitario, non risultino bio-degradabili. Il termine “biodegradabile” hadato luogo ad alcune disquisizioni per lechiare implicazione di natura commerciale acui l’interpretazione del termine può dareluogo. E' vero che da un punto di vista acca-demico "biodegradabilità" è un concetto dif-ferente da "compostabilità" e da "riciclo or-ganico" (biodegradabilità è una condizionenecessaria ma non sufficiente della compo-stabilità). Ma necessariamente, nel momen-to in cui in Europa si discute di imballaggi (eil sacchetto asporto merci è un imballaggio)occorre avere come riferimento normativola Direttiva la quale considera la biodegra-dabilità come caratteristica necessaria alrecupero degli imballaggi per via biologica(riciclo organico), come visto sopra.E’ quindi tramite l’applicazione dello stan-dard europeo armonizzato UNI EN 13432, al-la luce delle definizioni della Direttiva Imbal-laggi, che è possibile discriminare tra imbal-laggi biodegradabili (che quindi possono es-sere recuperati mediante riciclaggio organi-co) e imballaggi non biodegradabili. Occorre precisare che gli standard armoniz-zati (quale l’UNI EN 13432) non sono obbliga-tori bensì conservano il carattere di normevolontarie. Tuttavia le amministrazioni sonoobbligate a riconoscere ai prodotti fabbricatisecondo le norme armonizzate una presuntaconformità ai «requisiti essenziali» fissatidalla direttiva. Quindi la persona responsa-bile dell'immissione di un imballaggio sulmercato che usa gli standard armonizzati sitrova già nella condizione di presunta con-formità. Altrimenti, se non intende usare perqualche motivo gli standard armonizzati de-ve dimostrare, con altri mezzi, che l'imbal-laggio risponde ai requisiti essenziali fissatidalla Direttiva12. ConclusioniLe prime plastiche messe in commercio inItalia col termine “biodegradabile”, alla finedegli anni ‘80, erano prodotte con polietileneaddizionato con piccole cariche di sostanze

biodegradabili (generalmente amido, 5% inpeso) e, in taluni prodotti, anche con “pro-ossidanti”, ossia catalizzatori aggiunti peraumentare la fotodegradazione e la termo-degradazione. Massima diffusione di questi prodotti si eb-be nel periodo in cui era in vigore la tassa-zione di 100 lire per i sacchetti per l’asportomerci fatti con plastica non biodegrada -bile13. Per evitare la tassa, molti produttori disacchetti si convertirono alle plastiche bio-degradabili. La mancanza di definizioni e dimetodi di misura standardizzati creò peròuna notevole anarchia. I metodi che furonoallora utilizzati per dimostrare la biodegra-dabilità delle plastiche erano in realtà statiideati per lo scopo opposto: ossia quello didimostrare la refrattarietà di una plasticaalla crescita di muffe ed altri microrganisminon desiderati. Erano cioè metodi sviluppatiper studiare e, se necessario contrastarecon l’ausilio di opportuni biocidi, il deterio-ramento microbico. Particolarmente utiliz-zato era il cosiddetto metodo di attacco fun-gino14, in cui spore di funghi notoriamenteattivi nei processi di degradazione sono ino-culate su campioni di film. La crescita deifunghi viene valutata qualitativamente ed èun indice della maggiore o minore suscetti-bilità all’attacco fungino. Nessuna crescitavisibile significa che la plastica è resistentementre una maggiore o minore crescita se-gnala il rischio di problemi in applicazioni inambienti umidi. E’ chiaro che il metodo èsoddisfacente per valutare se un materialeè resistente alla crescita microbica ma nonpuò certo discriminare tra prodotti total-mente biodegradabili o “un po’” biodegra-dabili. La presenza di piccole quote d’ami-do o di altre frazioni biodegradabili permet-te una chiara crescita microbica ma il re-stante polietilene, plastica tradizionale re-calcitrante all’azione biologica, non subiscealcun effetto15.Ben presto questo mercato dei sacchettibiodegradabili a base di polietilene additiva-to finì, quando, chiarita la reale natura deimateriali in commercio, la tassazione fuestesa a tutti i sacchetti sanzionando la finedi un progetto non andato a buon fine. Inquesto caso il legislatore aveva anticipato itempi del progresso tecnico e scientifico edella standardizzazione. Allora non esisteva-no metodi di prova standard affidabili e col-laudati per misurare la biodegradazione deiprodotti plastici e non esistevano definizionicondivise, necessarie per discriminare traprodotti biodegradabili e prodotti non biode-gradabili. Oggi lo scenario è cambiato. Esi-stono metodi di prova standard e criteri perla definizione univoca della biodegradabilitàe della compostabilità.

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Il pieno, e soprattutto duraturo, sviluppocommerciale di nuove applicazioni, quali leplastiche biodegradabili, può solo basarsisulla assicurazione di alti livelli di qualitàche, in questo caso, hanno valenza soprat-tutto ambientale. L’attività di normazione haquindi una importanza fondamentale nelcampo delle innovazioni tecnologiche, comenel caso delle plastiche biodegradabili.

Francesco Degli InnocentiNovamont

Norme UNIPLAST e riciclo

La competitività delle imprese passa attra-verso la qualità del prodotto: tale afferma-zione vale sempre di più anche per il com-parto delle imprese che riciclano la plasticae producono le cosiddette materie primesecondarie.Il processo produttivo delle imprese che ri-ciclano la plastica è tecnologicamenteavanzato e il comparto vanta un know-howdi primo livello.Fenomeno specifico del mercato è la con-correnza che sviluppa non solo tra prodottisimilari di plastica riciclata (che siano sca-glie o granuli o altro), ma anche e soprattut-to tra questi materiali e i corrispettivi di ma-teria prima vergine.La concorrenza tra il riciclato e il vergine hasubito e subisce delle “interferenze” inquanto l’Unione Europea e a seguire gli or-dinamenti nazionali, hanno definito percorsi(poi attuati solo parzialmente) per affermareperlomeno in quota parte la MPS in diversisettori e manufatti (in particolare della pub-blica amministrazione).E’ del tutto evidente che la funzione ambien-tale, anche se con importanti risvolti econo-mici e sociali, influenza e determinerà sem-pre più le scelte politiche del legislatore.Il D.M. 05 febbraio 1998 come successiva-mente modificato e integrato, fornisce un’in-dicazione - a seconda della tipologia di re-cupero - dei parametri da controllare per ve-rificare che il rifiuto da recuperare abbia lecaratteristiche tali per poter essere sottopo-sto ai test contemplati dalle varie normeUNI, specifiche per le MPS (Materie PrimeSecondarie).Il decreto prevede il recupero degli scartiderivanti da materiali plastici nell’Allegato 1,Suballegato 1, in quanto “Recupero di mate-ria”.Sono prescritte le tipologie dei rifiuti in pla-stica, la provenienza, le caratteristiche delrifiuto e delle materie prime secondarie con-formi alle specifiche UNIPLAST-UNI 10667 eprodotti in plastica nelle forme usualmentecommercializzate.La norma tecnica di riferimento la UNI10667, nelle sue 18 parti, definisce i requisitie i metodi di prova da applicare sulle mate-rie plastiche destinate ad essere utilizzatecome MPS.Le specifiche da rispettare dipendono dal ti-po di polimero oggetto della volontà di esse-re sottoposto al recupero e dalla MPS finaleche si vuole ottenere.Infatti, giova precisare, come le modalità direcupero dei vari polimeri variano al variaredegli stessi: ad esempio il polietilene (PE)potrebbe essere “ri-estruso all’infinito”, al

contrario il polivinilcloruro (PVC) può esseresolamente macinato e mescolato ad altrimateriali per dare origine a prodotti finiti nonnecessariamente costituiti di sola plastica(per esempio, le malte cementizie).Le parti contemplate, anche in riferimentoalla tipologia di polimero, dalla UNI 10667sono le seguenti:• UNI 10667-1 1998/A1 gennaio 2010 “Mate-

rie plastiche di riciclo - generalità”;• UNI 10667-2 novembre 2010 “Polietilene

destinato ad impieghi diversi, provenientedal riciclo di residui industriali e/o mate-riali da pre e/o post consumo”;

• UNI 10667-3 giugno 1998 “Polipropileneproveniente da residui industriali e/o damateriali da post consumo destinato adimpieghi diversi”;

• UNI 10667-4 giugno 1998 “Polivinilcloruroproveniente da contenitori per liquidi, de-stinato ad impieghi diversi”;

• UNI 10667-5 gennaio 2000 “Polivinilcloru-ro proveniente da applicazioni plastificatediverse destinato ad impieghi diversi”;

• UNI 10667-6 febbraio 1999 “Polivinilcloru-ro proveniente da serramenti, destinatoad impieghi diversi”;

• UNI 10667-7 1998/A1 gennaio 2000 “Polie-tilentereftalato proveniente da post-con-sumo destinato alla produzione di fibre”;

• UNI 10667-8 1998/A1 2000 “Polietilenteref-talato proveniente da post-consumo de-stinato alla produzione di corpi cavi”;

• UNI 10667-9 1998/A1 2000 “Polietilenteref-talato proveniente da post-consumo de-stinato alla produzione di lastre e foglie”;

• UNI 10667-10 maggio 2000 “Polistireneproveniente da post-consumo destinatoad impieghi diversi”;

• UNI 10667-11 dicembre 2009 “Polietilenee copolimeri provenienti da foglie e filmper agricoltura destinato ad impieghi di-versi”;

• UNI 10667-12 agosto 2006 “Polistireneespanso proveniente da residui industrialie/o da post consumo destinato ad impie-ghi diversi”;

• UNI 10667-13 dicembre 2009 “Cariche ot-tenute da macinazione di scarti industrialie/o da post consumo di compositi di mate-riale plastico termoindurente rinforzatoproveniente da BMC e SMC”;

• UNI 10667-14 dicembre 2009 “Miscele dimateriali polimerici di riciclo e di altri ma-teriali a base cellulosica di riciclo da uti-lizzarsi come aggregati nelle malte ce-mentizie”;

• UNI 10667-15 settembre 2008 “Polietilen-tereftalato proveniente da post-consumo,scarti industriali e residui da riciclo mec-canico, destinato al riciclo chimico perdepolimerizzazione”;

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Note1 M/200 Mandate to CEN for standardisation and study

related to packaging and packaging waste http://ec.eu-

ropa.eu/enterprise/standards_policy/mandates/data-

base/index.cfm?fuseaction=search.detail&id=235# 2 "Requisiti essenziali concernenti la composizione e la

riutilizzabilità e la recuperabilità (in particolare la ri-

ciclabilità) degli imballaggi"3 UNI EN 13428:2005 – Imballaggi - Requisiti specifici

per la fabbricazione e la composizione - Prevenzione

per riduzione alla fonte4 UNI EN 13429:2005 – Imballaggi - Riutilizzo5 UNI EN 13430:2005 – Imballaggi - Requisiti per imbal-

laggi recuperabili per riciclo di materiali6 UNI EN 13431:2005 – Imballaggi - Requisiti per imbal-

laggi recuperabili sottoforma di recupero energetico

compresa la specifica del potere calorico inferiore

minimo7 O.J. of the European Communities L 190 12/07/2001

p.0021-00238 UNI EN ISO 14855 Determinazione della biodegrada-

bilità aerobica finale dei materiali plastici in condi-

zioni controllate di compostaggio - Metodo di analisi

della anidride carbonica sviluppata9 UNI EN 14045 Imballaggi - Valutazione della disinte-

grazione dei materiali di imballaggio nelle prove di uti-

lizzo reale nelle condizioni di compostaggio specifi-

cate10 ISO 16929 Plastics -- Determination of the degree of

disintegration of plastic materials under defined com-

posting conditions in a pilot-scale test11 Legge 27 dicembre 2006, n. 296 "Disposizioni per la for-

mazione del bilancio annuale e pluriennale dello Sta-

to (legge finanziaria 2007)" pubblicata nella Gazzetta Uf-

ficiale n. 299 del 27 dicembre 2006 - Supplemento or-

dinario n. 24412 “Guide to the implementation of directives based on

the New Approach and the Global Approach”

http://ec.europa.eu/enterprise/policies/single-market-

goods/files/blue-guide/guidepublic_en.pdf 13 Legge 475 9/11/1988 G.U. 264 10/11/198814 American National Standard ANSI/ASTM G21-70

“Standard Recommended Practice for determining

resistance of synthetic polymeric materials to fungi”15 Musmeci L. Volterra L. Gucci P.M.B. Semproni M. Coc-

cia A.M. (1993) Applicabilità e limiti del metodo di Sturm

modificato per valutare la biodegradabilità di polime-

ri plastici. Ingegneria ambientale 22 :43-47

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• UNI 10667-16 dicembre 2009 “Miscele dimaterie plastiche eterogenee a base dipoliolefine provenienti da residui indu-striali e/o da materiali da posto-consumodestinate a processi di estrusione e/o perstampaggio ad iniezione”;

• UNI 10667 - 17 e - 18 2011 “Miscele di ma-terie plastiche eterogenee a base di polio-lefine provenienti da residui industriali e/oda materiali post-consumo destinate aprocessi di riduzione in altoforno (17) de-stinate a conversione in combustibili liqui-di e/o gassosi (18)”.

La verifica della MPS realizzata passa quindiattraverso un analisi di conformità della nor-ma di riferimento. Indipendentemente da quale sottosezionedella norma (una delle 18 della 10667) si vo-glia effettuare la verifica di conformità, de-vono essere fornite le informazioni in meritoalla composizione, ai requisiti e in alcuni ca-si per il campo di utilizzoIl materiale di MPS viene, infatti, citato sola-mente in alcune sottosezioni, in quanto essopuò essere solo indicativo dell’utilizzo finaledello scarto recuperato (ad esempio, nelcampo di utilizzo del PE la sottosezione 2 in-dica come campo di utilizzo “soffiaggio cor-pi cavi” e “stampaggio”, ma già nell’ambitodello stesso “stampaggio” possono essereapplicate varianti di tale tecnologia, quali

“stampaggio ad iniezione”, piuttosto che“stampaggio rotazionale” o “stampaggio acompressione”). Per “composizione” si intende la percentua-le delle sostanze che compongono il polime-ro, oltre al polimero stesso (impurezze, cari-che e pigmenti, altri polimeri diversi).Per quanto riguarda, invece, i “requisiti” siritiene che sia fondamentale rispettare lecaratteristiche chimico-fisiche, come ripor-tate nelle schede tecniche per ciascun poli-mero.L’attività di grande collaborazione presso laSC 25 dell’UNIPLAST, cabina di regia sul re-cupero delle materie plastiche, da parte diASSORIMAP è quindi essenziale per la defi-nizione di norme sostenibili dalle imprese.

Walter RegisASSORIMAP

Il settore dei compositi: un approfondimento

Assocompositi è l'Associazione di riferimen-to del settore dei materiali compositi in Italiae tutela e promuove l’industria dei materialicompositi allo scopo di favorire lo sviluppodi tutte le potenzialità tecniche ed economi-che di questi materiali. E’ finanziata con il

contributo delle quote di iscrizione dei Soci(più di 50 Aziende ed Enti di ricerca), si avva-le della collaborazione di docenti universita-ri e di professionisti e svolge attività di pro-mozione della cultura dei compositi e, grazieall'adesione a Federazione Gomma Plastica,di tutela del mercato e di rapporti con le isti-tuzioni. Assocompositi è da sempre attivamente co-involta nella promozione della cultura tecni-ca dei materiali compositi anche attraversol’organizzazione o la partecipazione a tavolitecnici pre-normativi sui diversi argomenti diinteresse per i propri Soci. Attualmente l’As-sociazione si trova impegnata su tre diversitemi: edilizia e costruzioni, saldature di tubiin vetroresina e riciclo.Per quanto riguarda le applicazioni dei ma-teriali compositi come rinforzo esterno perla riabilitazione di costruzioni esistenti, As-socompositi ha partecipato alla stesura delDocumento Tecnico DT 200-2004 e successi-ve revisioni, promosso dal CNR, che ha por-tato nel luglio del 2009 all’accettazione, daparte del Consiglio Superiore dei Lavori Pub-blici, di un documento intitolato “Linee Gui-da per la Progettazione, l’Esecuzione e ilCollaudo di Interventi di Rinforzo di strutturein c.a., c.a.p. e murarie in FRP” largamenteispirato al DT 200. A tale documento sonopoi seguite diverse circolari esplicative, l’ul-

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tima delle quali, discussa nell’assemblea ge-nerale del Consiglio dell’11 luglio 2011, è sta-ta istruita dal professor L. Ascione dell’Uni-versità di Salerno e perfezionata grazie adun tavolo tecnico organizzato da Assocom-positi a cui hanno partecipato aziende e pro-gettisti provenienti da tutt’Italia.Il tavolo ha affrontato il tema molto impor-tante della qualificazione dei sistemi di rin-forzo in FRP per il settore delle costruzioni eha prodotto un documento di proposta perimportanti modifiche da introdurre nella Cir-colare esplicativa n. 617 del 2 febbraio 2009.Questa iniziativa ha offerto a tutte le Aziendeimpegnate nel settore un'importante oppor-tunità per introdurre nella Circolare non soloi prodotti standard già esistenti ma anche ul-teriori tipi di sistemi di rinforzo preformati etipi ex-novo per i sistemi realizzati “in situ”non solo per calcestruzzo e muratura ma an-che per materiali lapidei, elementi metallicie membrature il legno per elementi struttu-rali che tanta importanza hanno nel costrui-to italiano, in particolare per il patrimoniostorico e artistico.Le prescrizioni per i sistemi preformati, soli-tamente ottenuti per pultrusione, hanno ri-guardato i controlli di produzione, la rintrac-ciabilità dei prodotti qualificati e le procedu-re di controllo in fase di accettazione in can-tiere prima della posa in opera. Per quantoriguarda invece i sistemi realizzati “in situ”la procedura di qualificazione è risultata es-sere diversa poiché deve essere applicatanon tanto ai prodotti finiti quanto alle mate-rie prime (fibre di rinforzo, resine e adesivi)che vengono laminate in fase di posa inopera. In questo caso i controlli di accetta-zione in cantiere dovranno anche prevedereprove sui laminati e sugli adesivi applicati alsubstrato di particolare interesse.Il secondo tema (giunzione di tubazioni inFRP) è stato affrontato a partire dal 2010 conl’organizzazione di un tavolo di lavoro che haprodotto un documento tecnico intitolato “Cri-teri generali per l’esecuzione di giunzioni per-manenti testa-a-testa in tubazioni di vetroresi-na con il procedimento della laminazione”.Questo documento è stato quindi sottopostoalla sottocommissione SC8/GS6 di UNIPLASTper la redazione di una specifica tecnica perla saldatura di tubazioni in vetroresina da pro-porre in ambito normativo nazionale.Il terzo tema al quale Assocompositi è statainvitata a portare il proprio contributo tecni-co e di coinvolgimento dei propri Soci èquello del riciclo dei materiali compositi, cheè oggi di estrema attualità anche a livello in-ternazionale. Su tale importante argomentoè stato avviato con UNIPLAST un tavolo diconfronto all’interno della sottocommissione25 per la revisione della UNI 10667-13. Al ta-

volo partecipa anche UCINA, l’ associazioneitaliana dei produttori di imbarcazioni da di-porto, che ha già avviato un programma peril riciclo delle attrezzature produttive (in par-ticolare gli stampi) in vetroresina delle im-barcazioni dismesse che oggi costituisconoun potenziale problema ambientale per i no-stri litorali.

Roberto FrassineAssocompositi

L'attività di laboratorio a supporto della normazione

Negli Anni Cinquanta tra i lavori di ricercacondotti nell'Istituto di Chimica Industrialedel Politecnico di Milano sotto la guida diGiulio Natta (premio Nobel per la Chimica –1963) si andavano intensificando le ricercheintese ad ottenere nuove classi di polimeri, astudiarne la struttura e l'eventuale applica-zione nei diversi settori della vita civile edindustriale. Ne veniva, di conseguenza, lanecessità di procedere alla caratterizzazio-ne ed allo studio delle tecnologie di trasfor-mazione dei nuovi polimeri. Per rispondere atali esigenze scientifiche fu istituito il Labo-ratorio Prove sulle Materie Plastiche.Il Laboratorio nasce nel 1953 con il compitodi operare nel campo dell’attività tecnico -scientifica per la caratterizzazione dei mate-riali polimerici, per la ricerca e lo studio del-le loro applicazioni. Nel 1990, mediante De-creto del Presidente della Repubblica, il La-boratorio ha assunto la personalità giuridicadi Fondazione e cambiato la denominazionein Fondazione Laboratorio Prove MateriePlastiche.

Atleta artificialeFin dalle sue origini l’attività di collaborazio-ne della Fondazione con UNIPLAST è sem-pre stata intensa: dalla reciproca partecipa-zione negli organi di governo dei due enti, alsupporto della commissione tecnica dell’U-NIPLAST, dove esperti della Fondazione so-no sempre a disposizione per le riunioni del-le varie sottocommissioni e dei gruppi di stu-dio, nonché per la valutazione dei progetti dinorma.L’esperienza e le conoscenze che organizza-zioni quali la Fondazione possono mettere adisposizione agli Enti di unificazione ed inparticolare ad UNIPLAST, sono di fonda-mentale importanza affinché le normativetecniche e quelle di prodotto siano realizza-te con criteri tecnico-scientifici efficaci esostenibili a garanzia soprattutto degli utiliz-zatori finali dei prodotti.Attualmente il Dirigente Tecnico della Fon-

dazione è il rappresentante UNIPLAST nellacommissione europea CEN/TC 249/AHG, chesta lavorando all’emanazione di una normarelativa ad un “metodo di invecchiamentoalla luce accelerato mediante lampade amercurio a media pressione”. Questo tipo dilampade presentano dei costi di acquistoestremamente ridotti rispetto le lampadetradizionali e una durata media di 5000/6000ore rispetto la durata media di 1000/1500 oredi quelle tradizionali.I paesi europei rappresentati nella commis-sione sono: Francia, Belgio, Olanda, Germa-nia e Italia.La principale attività attualmente svolta dal-la commissione è stata l’effettuazione di unRound Robin Test per la valutazione della lu-ce emessa da differenti lampade al mercurioin commercio, poiché, come hanno poi di-mostrato i risultati di tale test, si nutrivanodubbi circa la riproducibilità della luceemessa dalle diverse lampade commerciali.I risultati ottenuti sono allo stato attuale indiscussione e valutazione da parte dellacommissione che in parallelo sta comunquesviluppando una bozza di tale norma che ègiunta alla versione “draft“ WD4.L’esperienza specifica nella commissioneeuropea CEN/TC 249/AHG, unitamente alleprecedenti esperienze del personale di Fon-dazione in diverse commissioni tecniche na-zionali ed internazionali, consente una seriedi riflessioni di seguito riportate.In primo luogo la durata delle procedure ne-cessarie all’elaborazione di una norma che,richiedendo tempi tecnici minimi per la defi-nizione di un “draft”, la sua discussione,l’approvazione e la pubblicazione, è oggi re-lativamente lunga e spesso poco compatibi-le con le esigenze dell’industria.A fronte della necessità assoluta di garanti-re la completezza dei contenuti, questo po-ne in evidenza alcuni limiti:• nel caso di “norme tecniche”, dove si do-

vrebbe rappresentare lo “stato dell’arte”di una determinata tecnica sperimentale,

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si rischia di pubblicare norme non più ag-giornate, che non seguono l’evoluzionedegli strumenti di misura e delle cono-scenze tecnico-scientifiche disponibili;

• nel caso di “norme di prodotto”, la situa-zione risulta ancora più complicata. Almomento dell’immissione nei canali com-merciali di nuovi materiali/manufatti, que-sti ultimi spesso non possono disporre diuna norma di riferimento. La procedura

per l’elaborazione della norma, come ab-biamo visto, richiede tempi tecnici di unacerta entità. Inoltre, quando la realizzazio-ne di un prodotto/manufatto è limitata aduna o ad un numero ristretto di realtà pro-duttive, il percorso di messa a punto diuna norma può diventare oneroso per ilsoggetto richiedente.

Oltre alla necessità di gestire questa com-plessa procedura, gli Enti di normazione

sperimentano oggi una continua riduzionedel budget sia di tipo diretto, attraverso le ri-duzione delle quote associative versate dal-le aziende, che di tipo indiretto, attraverso lasempre minore partecipazione del loro per-sonale alle sottocommissioni o ai gruppi distudio. In ambito internazionale si rischiaquindi di consegnare ai Paesi più attivi (at-tualmente quelli asiatici) il monopolio nelladefinizione delle caratteristiche dei prodotti,anche a scapito delle aziende nazionali.Il confine tra gli aspetti puramente tecni-co/scientifici e gli aspetti tecnico/commer-ciali rappresenta un ulteriore elemento dicriticità. Sicuramente ogni attività d’impresadeve essere tutelata dal punto di vista delprofitto e quest’ultimo deve godere dellapriorità anche nelle scelte normative: parti-colare attenzione va tuttavia posta anche al-la definizione dei requisiti dei prodotti, inmodo che siamo salvaguardati gli aspettitecnici a tutela dell’utilizzatore e non si operiun’arbitraria selezione di prodotti per scopicommerciali o lobbistici.I limiti evidenziati da queste considerazionisuggeriscono l’opportunità di esaminare al-cune possibili alternative:• l’incentivazione all’utilizzo di strumenti

complementari alla normativa. Quest’ulti-ma, pur mantenendo il suo carattere do-verosamente prioritario, potrebbe, in alcu-ni casi, essere preliminarmente e tempo-raneamente affiancata da una “certifica-zione a capitolato”, intesa come definizio-ne della corrispondenza tra le proprietàmisurate di un prodotto e le caratteristi-che del prodotto stesso stabilite in un ca-pitolato definito di comune accordo tra ilproduttore e l’ente terzo di certificazione,che poi ne valuterà e riconoscerà la corri-spondenza. Questo schema di certifica-zione consentirebbe in tempi più rapidi dipoter disporre di una certificazione delprodotto anche durante l’iter di sviluppodella nuova normativa;

• rendere le aziende consapevoli che lenorme non sono emanate “dall’alto” masono sviluppate grazie alla partecipazioneattiva di tutti i soggetti interessati, tra cuianche e soprattutto le aziende che opera-no nel mercato. E’ quindi fondamentalemantenere e incentivare la partecipazionedi esperti provenienti dal mondo industria-le, al fine di garantire la pubblicazione dinorme che interpretino in maniera il piùpossibile condivisa le esigenze dell’interafiliera di realizzazione e commercializza-zione del prodotto.

Gabriele DepintoFondazione Laboratorio Prove Materie Plastiche

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Norme e certificazioni

L’Istituto Italiano dei Plastici (IIP) costituiscedal 1956 una realtà riconosciuta nell’ambitodel settore dei servizi di certificazione diprodotto, di sistemi di gestione (per la Quali-tà, Ambiente, Sicurezza etc.) ed in generaledel conformity assessment in ambito nazio-nale e nel panorama degli Organismi di Cer-tificazione. La proposta di servizi di IIP è sta-ta sempre caratterizzata da una specializza-zione merceologica che ha riguardato in-nanzitutto il settore delle trasformazione del-le materie plastiche e gomma e successiva-mente settori vicini quali quello degli imbal-laggi in materiali vari, delle attrezzature ditrasformazione, e dei servizi professionali(es. formazione, servizi ambientali etc..). Og-gi circa un migliaio di aziende utilizzano inmodo costante i servizi di certificazione disistemi, prodotto e prove di IIP con migliaiadi prodotti certificati a fronte di norme nazio-nali ed internazionali che trovano applica-zione principalmente dei settore dell’ediliziaed in particolare nel settore del trasporto difluidi, dell’isolamento termico, dei serramen-ti, dei prodotti da riciclo , degli imballaggi.

Accreditamenti e riconoscimentiI.I.P. è accreditato, in conformità alla normaUNI CEI EN ISO IEC 17021, dall’ente naziona-le di accreditamento (Accredia) a certificarei sistemi aziendali di gestione ed i prodottinei settori di specializzazione. Il laboratorio di caratterizzazione di I.I.P. diDalmine è accreditato in conformità allanorma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 da Accre-dia .In modo complementare alle attività di certi-ficazione, I.I.P. effettua il servizio di ispezio-ne per conto terzi (accreditata da Accrediasecondo la norma UNI CEI EN ISO/IEC17020) di prodotti, progetti, processi di pro-duzione ed installazioni nei settori merceolo-gici dei materiali termoplastici, termoindu-renti e degli elastomeri.Inoltre I.I.P. opera nell’ambito delle certifi-cazioni cogenti previsti dalle Direttive Euro-pee ai fini della marcatura CE. In particolareè notificato dai Ministeri competenti (infra-strutture, sviluppo economico) secondo ladirettiva 89/106/CE sui prodotti da costruzio-ne (cosiddetta CPD).Infine, I.I.P., per la parte certificazione di Si-stemi di Gestione, fa parte della FederazioneCISQ attraverso CISQ di IQNet, networkmondiale che raggruppa gli organismi dicertificazione operanti in 30 paesi.

La partecipazione di IIP Srl alleattività di normazioneI.I.P. ritiene requisito essenziale per la sua

attività di certificazione dei prodotti la par-tecipazione attiva ai gruppi di lavoro italianied europei sulle norme e sul loro aggiorna-mento-innovazione con specifico riferimentoai settori industriali ed applicativi di signifi-cativa presenza di I.I.P. nel mercato e diprevedibile sviluppo; questa attività è in col-laborazione-coordinamento con le Istituzio-ni italiane ed europee di normazione e vedeattualmente la partecipazione di I.I.P. neigruppi di lavoro UNIPLAST e CEN relativi aiseguenti prodotti:• tubazioni in materiali plastici;• prodotti per isolamento termico;• imballaggi;• riciclo di materiali plastici.

Comunicazione e pubblicazioniTra le finalità istituzionali di I.I.P. c’è quella difare conoscere la normativa tecnica e la co-noscenza relativa alle materie plastiche nel-le loro possibili applicazioni.A tale scopo l’attività è iniziata alcuni anni facon la pubblicazione di documenti tecnicirelativi alla corretta scelta e utilizzazione dimanufatti plastici per diverse applicazioni,ad esempio si citano documentazioni qualila Guida alla corretta installazione delle tu-bazioni in PE per il trasporto di fluidi in pres-sione distribuite a utilizzatori, progettisti edin generale a soggetti decisori quali stazioniappaltanti, contribuendo alla diffusione dellaconoscenza tecnica relativa all’utilizzo deimanufatti plastici.Nel corso degli anni gli strumenti di divulga-

zione si sono aggiornati arrivando alla pub-blicazione della newsletter Notiziario IIP ini-zialmente distribuito con la rivista Macplas esuccessivamente distribuito in modo auto-nomo ad oltre 10.000 destinatari tra stazioniappaltanti, progettisti, aziende ed operatoridel settore della normazione e certificazioneCon la diffusione di internet, il Notiziario haassunto la forma di newsletter periodica concadenza quadrimestrale inserendo le notiziepresenti sul notiziario IIP (quali informazionisulle certificazioni emesse, nuove iniziative,corsi di formazione, convegni, ecc.) sul sitowww.iip.it.Accanto a questa attività di comunicazioneistituzionale si è affiancata quella più direttarappresentata da workshop ed incontri di-retti con le aziende quali quelle recenti rela-tive dei Sistemi di Gestione per la Sicurezzao per l’Energia o di prodotto nel settore degliimballaggi.Anche le pubblicazioni tecniche hanno avu-to una evoluzione nella forma e nei contenu-ti aggiornati quali la guida per l’installazionedelle condotte in polipropilene per il settorecondotte di scarico interrate, sulla compati-bilità ambientale dei manufatti in materiaplastica o come la guida alla certificazionedei prodotti plastici riciclati con l’etichettaPlastica Seconda Vita.

Eugenio BestettiMauro La CiaceraCiro Liguori Istituto Italiano dei Plastici