Materiali Consultabili

9
Sezione ANPI Aurelio Cavalleggeri 10 Luglio 2012, ore 17 presso Camera del Lavoro-CGIL Roma Nord P.zza S. Giovanni B. De La Salle 3/a, 1° piano Il pareggio di bilancio in Costituzione Gli Stati europei tra rigore finanziario e salvaguardia del Welfare ____________________________________________________________________ MATERIALI INFORMATIVI A. I testi B. Focus sull’art. 81 C. Rassegna stampa minima ____________________________________________________________________ A cura del Gruppo di lavoro della sezione Anpi Aurelio-Cavalleggeri: Dario Marini, Salvatore Speranza, Michele Ferro, Alessandro Ranieri, Francesco Bonazzi, Federico Pucillo. Con la partecipazione di: Mario Olmeda. Supervisione: Carlo Buscalferri, Sandro Guarino.

description

Materiali Consultabili

Transcript of Materiali Consultabili

Page 1: Materiali Consultabili

Sezione ANPI Aurelio Cavalleggeri

10 Luglio 2012, ore 17

presso Camera del Lavoro-CGIL Roma Nord

P.zza S. Giovanni B. De La Salle 3/a, 1° piano

Il pareggio di bilancio in Costituzione Gli Stati europei tra rigore finanziario e salvaguardia del Welfare

____________________________________________________________________

MATERIALI INFORMATIVI A. I testi B. Focus sull’art. 81 C. Rassegna stampa minima

____________________________________________________________________ A cura del Gruppo di lavoro della sezione Anpi Aurelio-Cavalleggeri: Dario Marini, Salvatore Speranza, Michele Ferro, Alessandro Ranieri, Francesco Bonazzi, Federico Pucillo. Con la partecipazione di: Mario Olmeda. Supervisione: Carlo Buscalferri, Sandro Guarino.

Page 2: Materiali Consultabili

A. I testi ____________________________________________________________________ L’introduzione del cosiddetto pareggio di bilancio nella Costituzione Italiana riguarda la riforma dell’articolo 81. Presentiamo qui di seguito il vecchio e il nuovo testo dell’articolo per permetterne il confronto e valutare le innovazioni.

1. Il testo dell’art. 81 prima della riforma costituzionale:

Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.

Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. 2. Il testo dell’art. 81 dopo la riforma costituzionale:

Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo

presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per

periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad

assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale.

2

Page 3: Materiali Consultabili

B. Focus sull’art. 81 ____________________________________________________________________

L’articolo 81 nell’architettura costituzionale. L’articolo è rilevante per l’amministrazione dello

Stato e il suo bilancio. La seconda parte della Costituzione Italiana, infatti, riguarda l'Ordinamento della Repubblica. In particolare il titolo primo, dall' articolo 55 all' articolo 82, tratta del potere legislativo ed è suddiviso in due sezioni: la prima si occupa delle Camere e la seconda della formazione delle leggi. L' articolo 81 è situato alla fine di questa seconda parte e disciplina le regole del bilancio dello Stato.

Il bilancio è il documento attraverso il quale si stabiliscono le entrate e le spese conseguenti all'attività dello Stato in un periodo di tempo annuale. Attraverso l'approvazione del bilancio preventivo e del successivo rendiconto consuntivo il Parlamento esercita, così, una funzione di controllo sull'utilizzo delle risorse pubbliche. Inoltre, entrambi i documenti hanno un significato politico in quanto è attraverso il bilancio che il Governo attua le proprie scelte di politica economica, come, ad esempio, la gestione dei tributi e di altre entrate o la riduzione delle spese mediante tagli alla spesa pubblica. La mancata approvazione del bilancio da parte del Parlamento si traduce generalmente nelle dimissioni dell' esecutivo.

Approvazione ed esercizio del bilancio. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. Qualora il Parlamento non riesca a approvare il bilancio prima dell’inizio dell’anno finanziario, autorizza l’esercizio provvisorio, cioè dà mandato al Governo di applicare il progetto di bilancio non ancora approvato (a riscuotere i tributi e altre entrate e pagare le spese). Sia il vecchio che il nuovo articolo 81 prevedono che l’autorizzazione possa durare al massimo quattro mesi.

Il nuovo articolo 81 della Costituzione Italiana. Le turbolenze finanziarie che hanno investito l’Euro

e i problemi relativi ai debiti dei singoli Stati membri della UE hanno posto l’esigenza di introdurre nella Costituzione norme severe sulla finanza pubblica. La discussione sulla costituzionalizzazione delle regole europee di bilancio è nata anche in seguito alla recente riforma tedesca e ad altre proposte di modifica costituzionale di altri Stati membri.

Il 18 aprile 2012 il Senato ha approvato in seconda lettura il disegno di legge di revisione costituzionale dell' art. 81, che prevede l'introduzione del cosiddetto pareggio di bilancio. Essendo stata raggiunta la maggioranza qualificata dei due terzi, è impossibile richiedere un referendum confermativo su tale modifica. È da notare che il tanto discusso termine “pareggio di bilancio” non è presente nel testo ed è stato sostituito dalla formula “equilibrio tra le entrate e le spese”, e la differenza tra i due termini non è solo lessicale. Il “pareggio” significherebbe eguaglianza di spese e entrate, mentre l’”equilibrio” si otterrebbe anche con un certo livello di indebitamento (rispetto al Pil). L’indebitamento, tuttavia, viene consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

Un dato rilevante: nel nuovo articolo 81 è stata eliminata l'impossibilità di stabilire nuovi tributi e nuove spese tramite legge di bilancio in maniera da permettere la correzione della politica economica in sede di approvazione della legge di bilancio al fine di poter, appunto, raggiungere l'equilibrio tra spese ed entrate ed evitare il ricorso all'indebitamento. Comunque, l'articolo affida alla legge la determinazione di quei criteri che dovranno assicurare il suddetto equilibrio e le norme fondamentali della sua applicazione. Sarà, quindi, il Parlamento e la sua maggioranza a dover regolare in maniera più o meno stringente i vincoli e i criteri per il raggiungimento dell'equilibrio, e anche eventuali meccanismi di controllo e regolamentazione come, ad esempio, quello di un aumento automatico dell'IVA in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi.

Il dibattito sulla riforma. Alla maggioranza parlamentare che ha votato a favore della riforma

dell’art. 81 perchè disciplinerebbe i conti dello Stato e l’indebitamento, sono state mosse, da posizioni diverse, numerose critiche: c’è chi ritiene che tale riforma imponga falsi vincoli e che, in sostanza, non sia in grado di limitare l'indebitamento e c’è chi la considera un colpo mortale allo Stato sociale e a qualsiasi politica economica di intervento pubblico.

3

Page 4: Materiali Consultabili

C. Rassegna stampa minima

________________________________________________________________________________ NOTA: la Camera ha discusso la modifica dell’art. 81 in ottobre-novembre 2011, il 30 novembre l’ha approvata in prima deliberazione. Il Senato l’ha discussa in dicembre e approvata in prima deliberazione il 15 dicembre 2011. Per poi, dopo seconda lettura e approvazione della Camera (6 marzo 2012), approvarla definitivamente il 18 aprile 2012. Gli articoli 1. e 2. sono commenti fatti durante la prima fase di discussione alla Camera. Gli articoli 3. e 4. sono commenti dopo l’approvazione definitiva del Senato. ________________________________________________________________________________ 1. la Repubblica Economia & Finanza, 14 novembre 2011 Il pareggio di bilancio rischia di strozzare la crescita di MARCO RUFFOLO Ha senso impegnarsi ad azzerare il deficit già nel 2013 anche a costo di precipitare di nuovo in recessione? E’ indispensabile un passo del genere per riacquistare credibilità agli occhi dei mercati e dell’Europa? O potrebbe essere controproducente? Lo scorso luglio, in piena fibrillazione finanziaria, Mario Monti, spiegava in un’intervista il suo pensiero al riguardo: "Nelle valutazioni della Commissione europea e delle agenzie di rating, da qualche mese la nota più preoccupante per l’Italia non è il contenimento del disavanzo pubblico, ma la constatazione che la crescita economica è insufficiente e che non sono stati messi in opera interventi strutturali per garantire un aumento del Pil nei prossimi anni". E ancora: "L’interrogativo è per quanto tempo saranno sostenibili i miglioramenti raggiunti in questo periodo sul fronte del deficit. Usando un termine ciclistico, se si va verso il pareggio o al limite il surplus nel bilancio facendo il surplace nell’economia, i mercati non lo traducono affatto in un esempio di virtuosismo". Le perplessità di Monti sul pareggio di bilancio erano rivolte all’impegno, sottoscritto da Tremonti, ad azzerare il deficit entro il 2014. Poi è intervenuta la famosa lettera con cui Draghi e Trichet ci hanno chiesto di anticipare di un anno quel traguardo. Così, inevitabilmente, le aspettative dei mercati si sono posizionate su quell’obiettivo, facendone una specie di feticcio finanziario, di discrimine per l’Italia tra risanamento e bancarotta. Vediamo però che cosa comporta assicurare il pareggio di bilancio nel 2013. Significa in poche parole una manovra aggiuntiva di circa 20 miliardi nel 2012 e di almeno 25 nel 2013. E questo per due motivi: 1) perché si è passati da una crescita dell’1% circa a una crescita zero, e questo ha alzato il rapporto deficit/Pil; 2) perché il decollo dei tassi sui titoli di Stato ha già messo in conto una maggiore spesa per interessi. A questi due "inconvenienti" si aggiunge per altro anche l’incognita della delega assistenziale, dalla quale il governo Berlusconi si aspettava, non si sa come, 20 miliardi di euro a regime. Si potrà obiettare che una nuova pesante manovra taglia-deficit potrà essere tollerata se nel frattempo verrà rilanciata la crescita. Ma per far ripartire il Pil in così poco tempo c’è solo una strada: forti sgravi fiscali per imprese e lavoratori, misura questa del tutto esclusa se il deficit andrà prosciugato di 20-25 miliardi l’anno. E allora? E allora una manovra così pesante rischierà a sua volta di deprimere ancora di più la domanda interna e il Pil, e di allontanare nel tempo lo stesso azzeramento del rapporto deficit/Pil. In queste condizioni, insomma, più si cercherà di raggiungere il traguardo e più quel filo di lana si allontanerà. Non sarebbe meglio a questo punto posporre nel tempo gli impegni sul pareggio di bilancio e nel frattempo mettere in cantiere alcuni interventi - dalle pensioni al mercato del lavoro, dallo spending review alle semplificazioni fino alle liberalizzazioni - coniugando rigore ed equità e allo stesso tempo redistribuendo reddito e ricchezza dai più abbienti ai ceti medio-bassi per rilanciare la domanda? Non sarebbe questo per i mercati un traguardo molto più utile e realistico ai fini della credibilità e della affidabilità di un debito sovrano?

4

Page 5: Materiali Consultabili

2. L’Unità, 1 dicembre 2011 Giavazzi: "Sì a pareggio bilancio ma senza frenare investimenti" Intervista all'economista della Bocconi. "Finalmente un’ancora al debito pubblico, se l’avessimo avuta vent’anni fa ci saremmo salvati". Di Andrea Carugati Il pareggio di Bilancio in Costituzione? Una regola giusta», dice Francesco Giavazzi, professore di Economia politica alla Bocconi. «Ma resta un problema relativo agli investimenti pubblici, che non sono citati nel nuovo articolo 81 della Costituzione. Non si consente l’ammortamento degli investimenti negli anni, cosa che invece avviene per le aziende private, e questo è un limite. Che rischia di aggravare una situazione in cui gli investimenti pubblici sono quasi a zero». Si riferisce al Patto di stabilità? «Sì, bisognerebbe sempre prevedere nelle regole di bilancio una salvaguardia per gli investimenti. Senza che questo consenta di far passare di tutto attraverso questa definizione. Ad esempio, gli stipendi dei professori o le spese correnti non possono essere considerati investimenti...». Quale vantaggio porterà questa riforma al nostro Paese? «Finalmente ci sarà un’ancora al debito pubblico, se l’avessimo avuta vent’anni fa non saremmo nella situazione attuale. Si torna all’articolo 81 così come era stato pensato da alcuni membri della Costituente, e che è stato stravolto sin dagli anni Cinquanta. Ci fu un bel dibattito tra Einaudi e Pella, che era ministro del tesoro in quel periodo, quando si iniziò a derogare al principio del pareggio di bilancio. L’articolo 81, nella formulazione in vigore, è ambiguo, e questo portò a un abuso del finanziamento in disavanzo. Mentre Einaudi era perfettamente consapevole che si trattava di un errore, solo che nessuno gli ha dato retta». Cambiare la Costituzione adesso non è come chiudere la stalla dopo che sono scappati i buoi? «Non direi, perché applicando le nuove regole si potrà favorire la discesa del rapporto debito-Pil». Forse non basta se non c’è crescita... «Certo, è una misura un po’ rudimentale, anche perché per far scendere il rapporto debito Pil bisogna tenere conto anche dei dati di crescita, dei tasso di interesse, dall’avanzo primario». Vede rischi per i servizi sociali? «Questa norma mette gli Stati davanti a delle scelte precise. Bisogna mettere tutti gli elementi sul tavolo e pesarli. Ad esempio, se voglio più welfare devo mettere più tasse». Come giudica il voto unanime della Camera? «Ce l’ha imposto l’Europa, e nessuno se l’è sentita di dire no». Lo Stato avrà le mani legate? «Io le avrei volute più legate nelle spese per stipendi, e meno per gli investimenti. Anche perché se il deficit fosse stato previsto solo per investimenti, a lungo termine lo stock di debito sarebbe stato uguale allo stock di capitale pubblico». Come giudica il nuovo organismo di controllo indipendente sui conti pubblici? «Visto che la legge lascia un margine di flessibilità, ad esempio in caso di recessione, questo organismo indipendente è fondamentale per stabilire quali sono i casi in cui si può derogare. Nel mondo ci sono molte esperienze di comitati di questo tipo, che devono rispondere al Parlamento ma senza essere controllati dal governo». 5

Page 6: Materiali Consultabili

3. L’Espresso, 25 aprile 2012

Che bufala il 'pareggio di bilancio' di Fabio Chiusi Zitti zitti, hanno cambiato la Costituzione, inserendo un articolo in cui si dice che 'lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese'. Gli economisti spiegano che nel migliore dei casi non cambierà nulla, nel peggiore costringerà i governi a taroccare i conti

Non ce ne siamo quasi accorti, ma dal 18 aprile la nostra Costituzione è cambiata. Grazie ai voti dell'intero arco parlamentare, Lega e Idv esclusi, l'Italia ha raggiunto Germania e Spagna tra i Paesi dell'Unione Europea che hanno adottato il principio del pareggio di bilancio nella carta costituzionale.

Si potrebbe rinfacciare ai partiti la ormai proverbiale incoerenza. Basti pensare al leader Pd, Pierluigi Bersani, che solo l'11 agosto scorso - quando cioè era l'allora titolare dell'Economia Giulio Tremonti a promuovere la norma - diceva: «Non si parli di cose che non esistono in nessun posto al mondo (sic), come il pareggio di bilancio in Costituzione. Non vogliamo castrarci nei secoli di qualsiasi politica economica.» Pochi mesi dopo, ecco giungere il suo via libera. Ma ha cambiato idea anche la Lega: oggi contraria, a settembre 2011 favorevole. Federico Bricolo, per esempio: «Il Nord non è più disposto a pagare per gli altri», diceva, ma «con il federalismo fiscale e con il pareggio di bilancio in Costituzione non sarà più così. Ognuno dovrà fare da sé e se Napoli non sarà in grado di raccogliere i suoi rifiuti dovranno pensarci loro, così se Roma non sarà in grado di ridurre il suo debito dovrà farlo da sola.»

Si potrebbe chiedere conto di questi cambiamenti repentini d'umore, si diceva, se non fosse che gli italiani hanno problemi ben più gravi a cui pensare. Per esempio, capire che cosa effettivamente comporti l'introduzione del principio in questione nel testo fondativo della Repubblica. Nella peggiore delle ipotesi, il rischio che sia stato legalizzato il sacrificio dei diritti sociali (dall'istruzione alla sanità) all'altare del rigore dei conti pubblici. Nella migliore, che non cambi nulla. Con buona pace del presidente del Consiglio, Mario Monti, che ha giustificato il suo voto favorevole in qualità di senatore a vita dicendo: «E' un voto importante. Bisognava esserci e io c'ero.» Perché la norma oramai definitivamente approvata, e con un numero di consensi tale da precludere ai cittadini la possibilità di indurre un referendum confermativo, ha un unico pregio: mettere d'accordo critici e sostenitori del principio del pareggio di bilancio in Costituzione.

Per capire le perplessità che economisti e costituzionalisti spiegano all'Espresso, bisogna tuttavia partire dal dettato del nuovo articolo 81 della carta costituzionale. Che, nella nuova dicitura, recita: «Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico». Un particolare risalta immediatamente: il termine «pareggio» non c'è. Il 'fiscal compact', firmato da tutti i leader dell'Unione Europea (Gran Bretagna e Repubblica Ceca escluse), fissa l'obbligo a partire dal gennaio 2013 e parla di un deficit strutturale, cioè corretto per il ciclo economico, al massimo dello 0,5 per cento. Ma che significa? Che l'equilibrio si può ottenere anche in perdita, mentre il pareggio (cioè l'uguaglianza di spese ed entrate) evidentemente no.

L'economista e senatore ex Pd Nicola Rossi lo aveva scritto già a dicembre 2011, ricordando inoltre come la distinzione tra i due termini sia oggetto addirittura di una sentenza della Corte Costituzionale - non una semplice disputa lessicale, dunque. Il collega di Fli Mario Baldassarri, che pure aveva sostenuto la proposta originaria di Rossi di inserire il pareggio in Costituzione - ma chiamandolo 'pareggio' e vincolando al contempo o la spesa pubblica (al massimo al 45 per cento del Pil) o la pressione fiscale - oggi è talmente critico verso il compromesso raggiunto dall'esecutivo da aver disertato la votazione («perché sono più rigoroso di quanto non sia quel provvedimento»), unico nel suo gruppo parlamentare. «Non scrivere 'pareggio' ma 'equilibrio' significa lasciare le mani libere alla politica». 'Equilibrio' potrebbe dire deficit strutturale zero, ma congiunturale di 20 miliardi. Tradotto: il debito, pur in 'equilibrio', aumenta di 20 miliardi. Insomma, una formulazione «demagogica», secondo Baldassarri, che «vende ai mercati il pareggio ma non vincola i partiti rispetto ai cittadini, lasciando loro la libertà di spendere e tassare per coprire le spese.» 6

Page 7: Materiali Consultabili

4. LeggiOggi.it quotidiano di informazione giuridica, 26 APRILE 2012

Il pareggio di bilancio è norma costituzionale: c’è consapevolezza di quanto approvato? Una svolta di questo tipo avrebbe richiesto un dibattito aperto, che purtroppo è mancato, sull’onda emotiva della demagogia e dell’antipolitica

Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Legge Costituzionale 20 aprile 2012 n. 1, il principio del pareggio di bilancio entra nella nostra Costituzione. Il provvedimento entrerà formalmente in vigore il prossimo 8 maggio anche se, come previsto dall’art. 6, le disposizioni della legge costituzionale si applicheranno a decorrere dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014. Visto che in seconda lettura sia alla Camera dei Deputati sia al Senato della Repubblica è stata raggiunta la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti, non si dovrà ricorrere al referendum confermativo. La riforma costituzionale dà così attuazione a uno degli impegni assunti prima dal precedente governo di Silvio Berlusconi e poi confermato dall’esecutivo di Mario Monti per rassicurare i mercati sulla sostenibilità del debito pubblico italiano. Tale modifica prende spunto dalla necessità di rafforzare l’impegno italiano a risanare le finanze pubbliche, in attuazione dei vincoli posti dal “Patto Europlus” nel marzo 2011 e nel “Six Pack” nell’ottobre 2011 dal Consiglio ECOFIN (successivamente ribaditi nel “Fiscal Compact” nel gennaio 2012). Stupisce il silenzio che ha accompagnato questo processo di modifica costituzionale in corso ormai da mesi, mentre in altri paesi europei su questi temi e sul connesso Fiscal Compact si stanno sviluppando discussioni e confronti assai vasti. Stupisce come in un Paese come il nostro in cui su questioni di scarsa rilevanza si fanno spesso campagne di stampa ampiamente sopra le righe, su un tema di così rilevante portata, che tocca un cardine della Costituzione e la strumentazione della politica economica presente e futura, il silenzio è totale. Ma c’è consapevolezza di ciò che è stato approvato? È ammissibile che ciò sia avvenuto su un tema così importante? Il Prof. Valerio Onida, Presidente emerito della Corte Costituzionale, ancora nel 1969, scriveva che il pareggio del bilancio deve essere un obiettivo politico e non un obbligo giuridico. Con un’analisi che risulta ad oggi attualissima, il prof. Onida sosteneva già allora come il pedissequo perseguimento del principio del pareggio non soltanto non potesse assicurare il contenimento della spesa pubblica bensì – a fronte di circostanze cicliche o congiunturali – potesse addirittura ostacolare il puntuale ricorso agli strumenti finanziari ritenuti invece migliori, in rapporto alla concreta situazione di fatto. E, con riferimento alla situazione italiana, si chiedeva se si potesse ritenere che dal circuito di responsabilità concorrente e condivisa – in materia di equilibrio di bilancio – fra Corte dei conti, Corte costituzionale e Corte di giustizia europea non possa conseguire una sensibile contrazione dello Stato sociale – sistema la cui costruzione, storicamente, è stata proprio la Consulta a favorire – a causa della sopravvenuta esigenza di ridimensionare la portata della pronunce (di spesa) già funzionali ad attivare i diritti costituzionali, alla luce del principio di eguaglianza sostanziale. Come non tenere conto nel dibattito dell’appello sottoscritto da ben cinque premi Nobel per l’economia ed altri illustri economisti al Presidente Obama in cui si chiede che: “venga respinta qualunque proposta volta ad emendare la Costituzione degli Stati Uniti inserendo un vincolo in materia di pareggio del bilancio. Vero è che il Paese è alle prese con gravi problemi sul fronte dei conti pubblici, problemi che vanno affrontati con misure che comincino a dispiegare i loro effetti una volta che l’economia sia forte abbastanza da poterle assorbire, ma inserire nella Costituzione il vincolo di pareggio del bilancio rappresenterebbe una scelta politica estremamente improvvida. Aggiungere ulteriori restrizioni, cosa che avverrebbe nel caso fosse approvato un emendamento sul pareggio del bilancio, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose. Nei momenti di difficoltà economica diminuisce il gettito fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione. Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto. Chiudere ogni anno il bilancio in pareggio aggraverebbe le eventuali recessioni. Nell’attuale fase dell’economia è pericoloso 7

Page 8: Materiali Consultabili

tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente. I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale necessari per raggiungere questo scopo, danneggerebbero una ripresa già di per sé debole”. La riforma costituzionale ha, tra l’altro, così riformulato l’art. 81 della Costituzione: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”. Il ricorso all’indebitamento è quindi consentito soltanto “al verificarsi di eventi eccezionali” che al successivo art. 5, comma 1, lett. d) della legge costituzionale vengono qualificati come: “gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali” e soltanto previa autorizzazione delle Camere a maggioranza assoluta. Il portato normativo di questa disposizione pare introdurre, quindi, un divieto di indebitamento – salvi i casi, alle condizioni e con le procedure aggravate previste dal testo della legge di riforma – misura ben più pervasiva dell’obbligo di garantire l’“equilibrio tra le entrate e le spese” del bilancio dello Stato con cui si apre invece il primo comma del nuovo art. 81. L’ultimo comma della nuova disposizione rimette, comunque, ad una futura legge costituzionale la definizione della normativa di principio nel cui contesto una successiva legge, approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, dovrà provvedere a dare attuazione alla riforma. Se da un lato l’espressione “equilibrio tra le entrate e le spese” di cui al primo comma dell’art. 81, sembra lasciare un margine alla discrezionalità delle politiche economiche a seconda della congiuntura, dall’altro maggiori problemi interpretativi porrà, invece, nella prassi applicativa la formula “ricorso all’indebitamento” di cui al secondo comma. E’ un riferimento specifico ai saldi di bilancio? Può essere considerato un sinonimo di deficit ai sensi dei trattati europei e del Patto di stabilità e crescita? Dobbiamo ritenere che, a regime, la Costituzione italiana vieti il ricorso a soglie anche minime di deficit pubblico se non ai limitati fini e con le procedure di cui al nuovo secondo comma dell’art. 81? Il necessario ricorso alla maggioranza assoluta per assumere le decisioni sottrae la disponibilità di questo fondamentale strumento di politica economica a qualunque maggioranza politica, a qualunque governo – salvi i benefici di un occasionale sistema elettorale ad ampio effetto maggioritario – implicando il necessario coinvolgimento di parte delle opposizioni anche solo per sfruttare gli effetti di una congiuntura economica particolarmente favorevole. Abbiamo già avuto modo di soffermarci sugli effetti che la riforma produrrà sull’autonomia finanziaria di Regioni ed enti locali e ci permettiamo di rinviare alla nostra precedente analisi sull’argomento, sempre su questa rivista. Come ha rilevato il costituzionalista Francesco Bilancia, a fronte di una disciplina di bilancio che, nel testo originario della Costituzione e a prescindere dagli errori e dalla scarsa attenzione all’equilibrio dei saldi imputabili nel tempo al sistema politico, non comprometteva la scelta per un determinato modello sociale, l’attuale testo costituzionale determinerà radicali mutamenti nella forma di Stato, per i significativi riflessi che la scelta di costituzionalizzazione della opzione di politica economica implicata dalle formule normative richiamate determinerà sul sistema delle autonomie regionali e locali e sulla garanzia dei diritti fondamentali in effettiva condizione di eguaglianza. La gestione della crisi finanziaria mondiale e di sostenibilità del debito pubblico italiano, pur in fase di superamento grazie a politiche di bilancio finalmente rigorose e attente, viene pertanto assunta quale

8

Page 9: Materiali Consultabili

strumentale occasione per modificare a regime la forma di Stato ponendo le premesse giuridiche per il superamento, di fatto, dell’impianto sociale dell’economia di mercato. Entro il 28 febbraio 2013 dovrà dunque essere approvata, a maggioranza assoluta delle due Camere, la “legge di bilancio” che dovrà disciplinare: – le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica; – l’accertamento delle cause degli scostamenti rispetto alle previsioni, distinguendo tra quelli dovuti all’andamento del ciclo economico, all’inefficacia degli interventi e agli eventi eccezionali; – il limite massimo degli scostamenti negativi cumulati corretti per il ciclo economico rispetto al prodotto interno lordo, al superamento del quale occorre intervenire con misure di correzione; – la definizione delle gravi recessioni economiche, delle crisi finanziarie e delle gravi calamità naturali quali eventi eccezionali, ai sensi dell’articolo 81, secondo comma, della Costituzione, al verificarsi dei quali sono consentiti il ricorso all’indebitamento non limitato a tenere conto degli effetti del ciclo economico e il superamento del limite massimo di cui al punto precedente sulla base di un piano di rientro; – l’introduzione di regole sulla spesa che consentano di salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica; – l’istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio; - le modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi degli eventi eccezionali, anche in deroga all’articolo 119 della Costituzione, concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali; - il contenuto della legge di bilancio dello Stato; – la facoltà dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all’indebitamento, ai sensi dell’articolo 119, sesto comma, secondo periodo, della Costituzione; – le modalità attraverso le quali i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni. La normativa vigente oggi individua nella cosiddetta “legge di stabilità”, insieme alla legge di bilancio, la manovra di finanza pubblica per il triennio di riferimento e lo strumento principale di attuazione degli obiettivi programmatici definiti con la Decisione di finanza pubblica. Essa sostituisce la legge finanziaria e rispetto a quest’ultima prevede novità sia in ordine ai tempi di presentazione sia in merito ai contenuti. Il disegno di legge di stabilità viene presentato in Parlamento entro il 15 ottobre (in passato era il 30 settembre), un mese dopo la data di presentazione della Decisione di finanza pubblica. La Legge di stabilità deve oggi contenere: il livello massimo del saldo netto da finanziarie e del ricorso al mercato; la variazione delle aliquote delle imposte; l’importo dei fondi speciali; l’importo complessivo destinato al rinnovo dei contratti pubblici; le norme eventuali necessarie all’attuazione del Patto di stabilità interno e alla realizzazione del Patto di convergenza; le misure correttive delle leggi che comportano oneri superiori a quelli previsti; altre regolazioni meramente quantitative. La previsione della nuova “legge di bilancio” da parte della Legge Costituzionale 1/2012 modificherà certamente l’impianto normativo attuale. Nulla è previsto in caso di mancata approvazione della legge di bilancio entro il 28 febbraio 2013. [ … ] Si profila un rischio altissimo di contenzioso costituzionale, di conflitti dinnanzi alla Corte Costituzionale, di ingessamento di ogni possibile iniziativa legislativa che risulta condizionata dalla previsione costituzionale, così come modificata, ed agli stringenti limiti e condizioni che saranno posti dalla “legge di bilancio”, rafforzata non derogabile se non da legge approvata con maggioranza qualificata, con tutte le difficoltà politiche che questo comporta. Una svolta di questo tipo – consapevole o no da parte dei nostri Parlamentari – avrebbe richiesto un dibattito aperto, che purtroppo è mancato. E’ mancato nei partiti, troppo impegnati ad occuparsi di sé stessi e della loro sopravvivenza; è mancato sulla stampa, in gran parte presa a cavalcare l’onda emotiva della demagogia e dell’antipolitica. fine

9