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MATERIALE di STUDIO esame di primo livello ISTITUTO BUDDISTA ITALIANO SOKA GAKKAI

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MATERIALEdi STUDIO

esame di primo livello

istituto buddista italiano soka gakkai

© Istituto Buddista Italiano Soka GakkaiTutti i diritti riservatiProgetto grafico: PitisTesti a cura del Dipartimento di studio dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Prima edizione: aprile 2016

ISBN 978 88 88155 25 8

IIII ND I C E III

Indice

V — PREFAZIONE

1 — PROFILO STORICO DEL BUDDISMO DI NICHIREN

DAISHONIN

1 — Le origini: Shakyamuni e il Sutra del Loto4 — La vita di Nichiren Daishonin14 — La storia della Soka Gakkai e dei tre presidenti

23 — LE BASI DELLA FEDE

23 — Fede, pratica, studio25 — Il daimoku32 — L’oggetto di culto: il Gohonzon36 — La propagazione: shakubuku e kosen rufu42 — La relazione con il maestro e con i compagni di fede46 — Lo spirito dell’offerta

49 — LA VISIONE BUDDISTA DELLA VITA

49 — Il mutuo possesso dei dieci mondi55 — Il karma e la sua trasformazione58 — Le non dualità: vita e ambiente, corpo e mente

63 — Testo del Gosho: IL CONSEGUIMENTO DELLA BUDDITÀ

IN QUESTA ESISTENZA

68 — È la tua vita stessa69 — Rendere la causa e l’effetto del conseguimento della

Buddità il nucleo e la base della nostra vita71 — La Legge mistica e gli insegnamenti incompleti74 — Richiamare e manifestare la natura di Budda77 — Percepire che la propria vita è Nam myoho renge

kyo78 — Una religione universale per la felicità di tutta

l’umanità80 — Non cercare al di fuori di te81 — Studiare il Buddismo ma cadere negli insegnamenti

non buddisti84 — Cercare l’illuminazione al di fuori della nostra vita

significa essere sconfitti dall’oscurità85 — La fede per conseguire la Buddità in questa

esistenza90 — Lo spirito dei tre primi presidenti arde nella Soka

Gakkai

IV I ND I C EIV

Gli esami?Un’occasioneD I TA M OTS U N A K A J I M A

Quest’anno si terranno gli esami di primo livello delDipartimento di studio, secondo una tradizione che la SokaGakkai porta avanti in tutto il mondo. Ovviamente non è ob-bligatorio prender parte all’esame ma – dal momento che lebasi del Buddismo del Daishonin sono “fede, pratica e studio”– possiamo considerare la nostra partecipazione come un’op-portunità per approfondire la conoscenza dell’insegnamentoe, soprattutto, per rinnovare la decisione di metterla in praticaogni giorno. “Usare il Buddismo nella vita quotidiana” è unafrase chiave per noi discepoli di Nichiren Daishonin. Scrive ilpresidente Ikeda a questo proposito: «I membri di tutto ilmondo hanno approfondito la loro comprensione della fede,della pratica e dello studio, hanno rinvigorito il proprio co-raggio e hanno vinto le loro battaglie per kosen rufu aprendole pagine del Gosho – cioè gli scritti di Nichiren Daishonin –con lo spirito di r icevere consigli e istruzioni direttamente

VPR E FAZ IONE

VI

dallo stesso Nichiren. Se avanziamo con il Gosho come no-stro fondamento non ci troveremo mai a un punto morto».(1)

Avvicinarsi allo studio del Buddismo con un atteggia-mento solo intellettuale, per accumulare dati, conoscenze, ci-tazioni e quant’altro, avrà come conseguenza ultima quella diaumentare la tendenza a diventare arroganti. Scrive il Daisho-nin: «Fra i miei discepoli, quelli che credono di conoscerebene il Buddismo sono quelli che sbagliano».(2) Senz’altro èimportante leggere e conoscere, ma è più importante metterein pratica ciò che si studia, confermarlo con la nostra vita: ilBuddismo, fin dalle sue origini, è sempre stato una religionestrettamente collegata alla realtà. Il presidente Ikeda dice chegli scritti che studiamo sono il risultato della continua lottadel Daishonin per salvare le persone attraverso centinaia dilettere e migliaia di dialoghi. Allo stesso tempo è fondamen-tale avere lo “spirito di ricerca” e l’umiltà di ascoltare – comese fosse sempre la prima volta – le parole del Budda originalee del maestro.

Un famosissimo passaggio del Vero aspetto di tutti i feno-meni afferma: «Impegnati nelle due vie della pratica e dellostudio. Senza pratica e studio, non può esservi Buddismo».(3)

Questa frase significa che il Buddismo non vive nei templi onei sutra, ma nel cuore e negli sforzi di quanti lo studiano elo praticano: «Il Buddismo – spiega Ikeda commentando que-sto brano – esiste e si manifesta nella vita di ogni persona chestudia il Gosho e pratica la sua fede seguendo esattamente gliinsegnamenti del Daishonin».(4)

P R E FA Z IONE

1 — Buddismo e società, n. 106, pag. 382 — L’insegnamento per l’Ultimo giorno della Legge, Raccolta degliscritti di Nichiren Daishonin, IBISG, Firenze, 2008-2013, vol. I, pag. 802.Di seguito citato come RSND.3 — RSND, vol. I, pag. 3424 — Daisaku Ikeda, La vera entità della vita, Esperia, pag. 68

Partendo da queste premesse fondamentali – studiare emettere in pratica – la decisione di partecipare all’esame è giàdi per sé una grande vittoria, a prescindere da quale sarà il ri-sultato finale. Lo sforzo che faremo fino al giorno dell’esame(che spero continuerà poi per tutta la vita) comporterà comebeneficio quello di approfondire la fede e di essere più felici.

VIIPR E FAZ IONE

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Profilo storico del Buddismodi Nichiren Daishonin

L E O R I G I N I : S H A K YA M U N I E I L S U T R A D E L LOTO

Il Buddismo è una religione praticata da milioni di per-sone, principalmente in Oriente. Venne fondato da SiddhartaGautama, principe degli Shakya – una piccola tribù che vi-veva alle pendici dell’Himalaya.

Siddharta, chiamato in seguito Shakyamuni, il “saggiodegli Shakya”, nacque tra il V e il IV secolo a.C. e per ordinedel padre crebbe lontano dai problemi della vita reale, relegatonegli agi del palazzo. Ma, secondo la tradizione, ciò non gliimpedì di fare “quattro incontri”: con un vecchio, un amma-lato, un cadavere e un asceta. Si tratta ovviamente di incontriche hanno un significato simbolico: i primi tre rappresentanol’impatto con la sofferenza, mentre il quarto indica la possibilevia di ricerca. La compassione che provò di fronte alle soffe-renze fondamentali connaturali alla vita di ogni essere umano

PROF I LO STORICO DEL BUDD I SMO DI N ICH IREN DA I S HON IN

– nascita, invecchiamento, malattia e morte – lo spinse a la-sciare il palazzo del padre e a dedicarsi alla via dell’ascesi percercare una risposta. Dopo alcuni anni di estenuanti pratichesi rese conto però che quel percorso non lo avrebbe condottoalla soluzione. Tornò allora a uno stile di vita più moderato eun giorno, dopo profonda meditazione, conseguì l’illumina-zione, riuscendo a liberarsi dall’ignoranza che acceca gli esseriumani e impedisce loro di vivere in armonia con la Leggedella vita; da allora in poi decise di dedicarsi a condividerecon gli altr i questa esperienza, diffondendo il suo insegna-mento per il bene di tutti gli esseri umani fino al momentodella morte, che avvenne all’età di ottant’anni.

I suoi contemporanei lo chiamavano Budda, che in san-scrito significa “risvegliato”, a indicare che la sua esperienzaconsisteva nell’aver squarciato il velo di illusione che copre larealtà e nell’aver percepito nitidamente la vera natura di tuttele cose. Da questo risveglio, o illuminazione, dipendeva il suostato vitale di gioia così intensa e profonda che toccava pro-fondamente chiunque lo avvicinasse.

A differenza di molti altr i fondatori di religioni, chefanno riferimento a modelli di perfezione ultraterreni o si ri-tengono intermediar i del volere di una volontà divina, ilBudda è un essere umano che ha messo a disposizione di altriesseri umani la sua esperienza di comprensione profonda dellavita realizzata attraverso l’automiglioramento, e che ha indi-cato agli altr i esseri umani la via per acquisire la sua stessasaggezza e condizione vitale.

Gli insegnamenti del Budda

I suoi insegnamenti sono riportati in una grande rac-colta di testi chiamati “sutra”. Il modo in cui il Buddismoviene presentato nei sutra è piuttosto vario: ciò deriva da di-versi fattori. Durante la predicazione, durata circa cinquan-

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t’anni, Shakyamuni viaggiò per tutta l’India condividendo isuoi insegnamenti con tutti coloro che incontrava. Nonespose la sua filosofia in modo sistematico, ma la enunciò nelcorso di dialoghi con le persone e attraverso i discorsi ai suoidiscepoli. Frequentando persone molto diverse tra loro –principi, studiosi, mercanti, analfabeti – cercò di rispondere aogni loro quesito o dubbio. Ma, più di ogni altra cosa, cercòdi dare una risposta alle domande fondamentali sull’esistenzaumana: perché siamo nati e dobbiamo affrontare le inevitabilisofferenze di malattia, invecchiamento e morte?

I discorsi di Shakyamuni vennero dapprima tramandatioralmente dai discepoli e iniziarono a essere trascritti solo apartire dal III secolo a.C. (un centinaio di anni dopo la suamorte). La compilazione definitiva avvenne però nei mona-steri buddisti nel corso dei successivi cinque secoli.

Possiamo suddividere l’insieme delle dottr ine in duegrandi filoni che si r iconducono alla tradizione Theravada(scuola degli anziani) o a quella Mahayana (grande veicolo).La differenza tra queste due tradizioni deve essere oggetto diuna trattazione che non è possibile affrontare in questa sede.Possiamo solo dire che ogni scuola si rifaceva a un sutra o aun insieme di sutra, considerandoli come insegnamenti fon-damentali.

La scuola di Nichiren Daishonin si colloca nella tradi-zione mahayana del Sutra del Loto.

Il Sutra del Loto

Si r itiene che il Sutra del Loto sia stato messo periscritto tra il I e il II secolo d.C. In sanscrito esso è conosciutocome Saddharmapundarika-sutra (lett. Sutra del loto bianco delDharma meraviglioso). Come molti sutra Mahayana, il Sutradel Loto si diffuse dall’India fino all’Asia centrale, la Cina, laCorea e il Giappone. Giunto in Cina nel III secolo d.C., si

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dice sia stato tradotto in numerose differenti forme di cinese,di cui sono ancora esistenti tre versioni in forma completa. Latraduzione in cinese di Kumarajiva (344-413 d.C.) del V se-colo è considerata particolarmente pregiata per la limpidezzafilosofica e la bellezza letteraria, fattori che ne hanno favoritola vasta diffusione in tutta l’Asia orientale.

Nichiren Daishonin (1222-1282) individuò nel Sutradel Loto il cuore dell’intero insegnamento di Shakyamuni.

Infatti, in questo sutra, che si compone di otto volumi eventotto capitoli, viene dichiarato:

- che tutti gli esseri viventi possiedono la natura di Budda;

- che non esistono categorie di persone che non possono conseguire la Buddità nella vita presente;

- che il Budda non esiste in qualche luogo speciale non è un essere soprannaturale;

- che la natura essenziale della vita (Buddità) è eternamente inerente a tutti gli esseri viventi.

Nichiren Daishonin considerò “Myoho renge kyo”, ti-tolo del Sutra del Loto, come l’essenza di questa scrittura, ilnome della Legge universale implicitamente rivelata nel su-tra. Sulla base di questa profonda percezione stabilì l’invoca-zione di Nam myoho renge kyo quale fondamento della pra-tica buddista da lui istituita.

L A V I TA D I N I C H I R E N D A I S H O N I N

Gli anni della formazione

Nichiren nacque il 16 febbraio 1222 nel villaggio diKominato, provincia di Awa, una località sulle coste della pe-nisola che delimita a est la baia di Tokyo.

La sua famiglia viveva di pesca, un’occupazione consi-derata di basso rango perché comportava l’uccisione di esseriviventi. Alla nascita fu chiamato Zennichi-maro. Zennichi si-

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gnifica “splendido sole”, mentre maro è un suffisso comuneper i nomi dei ragazzi.

A dodici anni entrò nel tempio Seicho per studiare.All’epoca i bambini di famiglie povere potevano istruirsi sol-tanto nei templi buddisti. Fin da piccolo nutrì il grande desi-derio di sviluppare la saggezza per trovare la risposta alla que-stione fondamentale della vita e della morte, che rappresentala più grande fonte di sofferenza per gli esseri umani, e ripa-gare in questo modo il debito di gratitudine nei confronti deipropri genitori. Così afferma in un suo scritto: «Nessuno, sag-gio o stolto, vecchio o giovane, sa mai che cosa gli accadrà nell’istantesuccessivo. Così va il mondo! Perciò prima di tutto dovrei studiareciò che riguarda il momento della morte e poi tutto il resto».(1)

Con questa forte motivazione formulò il suo pr imo“voto”, quello di diventare l’uomo più saggio del Giappone.A quel tempo il Buddismo nel paese era rappresentato da nu-merose scuole, che predicavano varie dottrine e adottavanodifferenti pratiche religiose. Nichiren si domandava come mail’insegnamento di Shakyamuni si fosse così frammentato, eperché il Buddismo, nonostante fosse nato con lo scopo disalvare le persone dalla sofferenza e di portare pace e stabilitàalla società, non avesse più la capacità di realizzare questiobiettivi.

A sedici anni decise di diventare monaco, dedicandositotalmente agli studi buddisti. Entrò nell’ordine monasticosotto la guida del prete anziano Dozen-bo prendendo il nomedi Zesho-bo Rencho. In seguito lasciò momentaneamente iltempio Seicho per approfondire ulteriormente lo studio dellescritture e le dottrine delle varie scuole nei più importanticentri buddisti di Kamakura, Kyoto e Nara.

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1 — L’importanza del momento della morte, Raccolta degli scritti diNichiren Daishonin, IBISG, Firenze, 2008-2013, vol. II, pag. 714. Di se-guito citato come RSND.

La proclamazione di Nam myoho renge kyo

Grazie a questa esperienza di studio e alla sua stessa il-luminazione ebbe la profonda consapevolezza che l’insegna-mento fondamentale di Shakyamuni fosse il Sutra del Loto, eche il suo titolo, Myoho renge kyo, fosse la Legge che per-mette il risveglio al vero aspetto della vita universale.

Tornato all’età di trentadue anni al tempio Seicho, il 28aprile del 1253, con il nuovo nome di Nichiren (che significa“sole-loto”, a indicare di aver ottenuto l’illuminazione dasolo), tenne un sermone in cui confutò le dottrine delle altretradizioni buddiste, in particolare della scuola della Puraterra, chiamata anche Nembutsu. Con voce risonante recitòNam myoho renge kyo, proclamando che questa grandeLegge era l’unico insegnamento capace di condurre diretta-mente le persone all’illuminazione nell’Ultimo Giorno dellaLegge. Questo evento costituisce la fondazione del suo inse-gnamento e la base per il suo secondo “voto”, quello di pro-pagare la Legge per la felicità degli esseri umani senza rispar-miare la propria vita.

Affermando che le principali scuole buddiste dell’epoca(Pura terra, Zen, Precetti, Vera parola) erano basate su parzialiver ità dei sutra provvisor i che, nell’Ultimo Giorno dellaLegge, non erano più validi e avrebbero portato alla rovina enon alla salvezza, si attirò l’odio di diversi esponenti delmondo politico e religioso.

La notizia della dichiarazione del Daishonin (il termine“Daishonin” è un titolo onorifico che significa “grande sag-gio”) arrivò anche a Tojo Kagenobu, signore del luogo e fer-vente seguace della scuola della Pura terra, che ordinò di ar-restarlo. Prevedendo l’aggressione, Nichiren riuscì a fuggirecon l’aiuto dei suoi primi discepoli. Andò dai suoi genitoriche vivevano nelle vicinanze e li convertì. Poi partì per Ka-makura, sede del governo militare, che sarebbe diventata il

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centro delle attività di propagazione, e prese alloggio a Ma-tsubagayatsu, dove cominciò a diffondere i suoi insegnamenti,convertendo molti discepoli importanti. Scrisse alcune di ri-lievo opere, tra le quali Il conseguimento della Buddità in questaesistenza (1255). In quel periodo il numero dei suoi seguaciaumentò e fu allora che si convertirono, tra gli altri, Toki Jo-nin, Shijo Kingo, Ikegami Munenaka e il giovanissimo preteNikko, che rimase accanto a Nichiren per tutta la vita.

Intanto il paese era afflitto da nubifragi e terremoti, aiquali si aggiungevano carestie, incendi ed epidemie. La popo-lazione era precipitata nella miseria e nella disperazione. Col-pito da questi avvenimenti eccezionali, e per alleviare le sof-ferenze dei suoi connazionali, Nichiren decise di ricercarne lacausa fondamentale nei testi buddisti. Giunse così a scrivere iltrattato Adottare l’insegnamento corretto per la pace del paese(giapp. Rissho ankoku ron) che il 16 luglio del 1260 inviò al-l’ex reggente, Hojo Tokiyori, la persona più potente del go-verno. Nel trattato si dichiara che la causa di quelle calamitàera che la popolazione – sostenendo dottrine erronee e falsimaestr i – aveva voltato le spalle al corretto insegnamentobuddista. I sutra predicevano infatti che sette tipi di disastriavrebbero colpito il paese che si fosse opposto all’insegna-mento corretto. Cinque di essi (pestilenze, cambiamenti stra-ordinari nei cieli, eclissi lunari e solari, tempeste fuori sta-gione e siccità fuori stagione) si erano già verificati, gli ultimidue – la guerra civile e l’invasione straniera – sarebbero se-guiti immancabilmente. Raccomanda perciò ai governanti diprendere provvedimenti immediati accettando e sostenendo ilcorretto insegnamento del Buddismo contenuto nel Sutra delLoto. Questa azione coraggiosa, chiamata “primo ammoni-mento”, scatenò nei suoi confronti una nuova ondata di per-secuzioni.

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Le persecuzioni

I capi del governo ignorarono l’appello di NichirenDaishonin e alcuni seguaci della Pura terra, col tacito soste-gno di notabili del luogo, si prepararono per attaccare diretta-mente Nichiren. La sera del 27 agosto del 1260 presero d’as-salto la sua dimora con l’intenzione di ucciderlo. Questoincidente è noto come la “persecuzione di Matsubagayatsu”.Nichiren riuscì a scampare all’assalto e, per un certo periodo,si allontanò da Kamakura.

Quando vi r itornò nell’anno seguente il governo or-dinò il suo arresto e, senza avere seriamente indagato sulla ve-ridicità delle accuse mosse contro di lui, lo condannò all’esi-lio. Così il 12 maggio 1261 Nichiren partì per Ito, nellapenisola di Izu. Nel febbraio del 1263 ottenne la grazia e ri-tornò di nuovo a Kamakura.

L’anno seguente Nichiren si recò nella sua provincia na-tale per occuparsi della madre, gravemente malata. Comescrisse in seguito, grazie alle sue preghiere la donna non sologuarì dalla malattia, ma prolungò la sua vita di quattro anni.L’11 novembre dello stesso anno Nichiren Daishonin e ungruppo di suoi discepoli caddero in un’imboscata tesa dal so-vrintendente della regione Tojo Kagenobu e dai suoi guer-rieri. Nello scontro un seguace restò ucciso e Nichiren stessoriportò una ferita di spada alla fronte e una frattura al polsosinistro. L’incidente è noto come la “persecuzione di Komat-subara”.

Nel 1268 l’impero mongolo minacciò di invadere ilGiappone se non si fosse sottomesso. Nichiren si rese contoche l’invasione straniera, predetta nel suo trattato Adottare l’in-segnamento corretto per la pace del paese, stava per avverarsi. Nel-l’ottobre di quell’anno scrisse nuovamente a undici influentipersonalità governative e religiose, ricordando loro la sua pre-dizione e chiedendo che venisse indetto un dibattito religioso

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pubblico tra lui e i rappresentanti delle principali scuole bud-diste per dimostrare i loro errori dottrinari. Ma né il governoné i capi religiosi presero in considerazione tale richiesta.

Nonostante il crescente pericolo per la sua vita, Nichi-ren continuò a indicare gli errori delle principali scuole bud-diste e, dopo la seconda serie di messaggi di ammonimento,iniziò il periodo più difficile della sua vita.

Il 10 settembre del 1271 il capo della polizia Hei noSaemon, incitato dal prete Ryokan, capo della scuola dei Pre-cetti-Vera parola, convocò Nichiren per un interrogatorio. IlDaishonin non perse l’occasione per spiegare di nuovo qualefosse, dal punto di vista degli insegnamenti buddisti, il cor-retto atteggiamento che i governanti della nazione avrebberodovuto adottare per assicurare la pace e la sicurezza dei citta-dini. Due giorni dopo fu arrestato con l’accusa di fomentaredisordini e condannato all’esilio nell’isola di Sado, nel mar delGiappone.

Hei no Saemon, però, aveva progettato di giustiziarloin segreto prima che arrivasse a Sado. Così il 12 settembre,poco prima dell’alba, ordinò a un drappello di soldati di con-durre Nichiren in un luogo chiamato Tatsunokuchi (la Boccadel drago), una spiaggia nei pressi di Kamakura dove veni-vano eseguite le condanne a morte. Ma proprio quando Ni-chiren stava per essere decapitato, un oggetto luminoso ap-parve in cielo. In seguito il Daishonin lo descrisse così: «Unasfera brillante quanto la luna, proveniente da Enoshima [una pic-cola isola al largo della spiaggia], attraversò il cielo da sud-est anord-ovest».(2) I soldati, terror izzati, r inunciarono all’esecu-zione. Questo evento è noto come la “persecuzione di Tatsu-nokuchi”.

La mancata decapitazione di Tatsunokuchi è stata estre-

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2 — Le azioni del devoto del Sutra del Loto, RSND, vol. I, pag. 682

mamente significativa per la vita di Nichiren perché, comedice nel Gosho L’apertura degli occhi, a Tatsunokuchi abban-donò il suo stato transitorio di comune mortale e rivelò la suavera identità di Budda originale. Questo rappresenta il puntodi svolta cruciale nella vita di Nichiren.

Dopo il fallito tentativo di decapitazione, il governoconfermò la condanna all’esilio nell’isola di Sado.

Qui Nichiren prese alloggio nella dimora assegnatagli,una piccola cappella in rovina, senza tetto, all’interno del ci-mitero di Tsukahara. Era pieno inverno e dovette affrontare laneve, la scarsità di cibo e di vesti nonché l’ostilità dei seguacidella Pura terra, che costituivano una seria minaccia alla suavita.

Il 16 gennaio dell’anno successivo, 1272, diverse centi-naia di preti e di seguaci laici delle varie scuole buddiste diSado e delle province vicine si riunirono per sfidare Nichirenin un dibattito religioso. Egli accettò la sfida e in quell’incon-tro, noto come il dibattito di Tsukahara, confutò gli argo-menti dei suoi avversari e le dottrine erronee delle scuole cheessi rappresentavano; molti – preti e laici – divennero suoi di-scepoli. Tra questi Abutsu-bo, sua moglie Sennichi-ama e ilprete Sairen-bo.

Durante l'esilio a Sado Nichiren scrisse molte lettere diincoraggiamento ai suoi discepoli e alcuni importanti trattati,tra cui l'Apertura degli occhi e l'Oggetto di culto per l'osserva-zione della mente, che rappresentano le basi teoriche e dot-trinali per l'iscrizione del Gohonzon, l'oggetto di culto per lafelicità di tutta l'umanità.

Nel febbraio del 1274 anche l’esilio a Sado venne con-donato e Nichiren poté tornare a Kamakura. Incontrò nuova-mente Hei no Saemon e, in r isposta a una sua precisa do-manda, predisse che i mongoli avrebbero sicuramente attaccatoil Giappone entro l’anno. Cosa che accadde effettivamente,nell’ottobre del 1274.

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Il ritiro sul monte Minobu

Ma dal momento che le sue rimostranze erano rimasteinascoltate, Nichiren decise di lasciare Kamakura e di ritirarsi(come era consuetudine fare in tali circostanze) sul monteMinobu nel maggio del 1274, da dove intensificò le attività dipropagazione. In quegli anni scrisse molte opere importanti etenne delle lezioni sul Sutra del Loto e su altri argomenti, ri-versando le sue energie nella formazione di discepoli capacidi diffondere il suo insegnamento.

Come già aveva fatto a Sado, scrisse anche molte letterepersonali ai suoi seguaci, incoraggiandoli continuamente nellafede e istruendoli su come affrontare le dure realtà della vitaquotidiana alla luce degli insegnamenti buddisti.

I “martiri di Atsuhara” e la missione della vita diNichiren Daishonin

Dopo il ritiro di Nichiren a Minobu, le attività di pro-pagazione nel distretto di Fuji continuarono sotto la guida diNikko. Per contrastare tale espansione, i preti dei templi Ten-dai di quella regione cominciarono a perseguitare i seguacidel Daishonin. Il 21 settembre 1279 venti contadini che sierano convertiti agli insegnamenti di Nichiren furono arre-stati, con la falsa accusa di avere illegalmente raccolto il risonei terreni di un tempio. Portati a Kamakura vennero interro-gati duramente e torturati perché rinnegassero la loro fede.Ma essi rimasero saldi nella loro convinzione e tre di loro – ifratelli Jinshiro, Yagoro e Yarokuro, chiamati in seguito i “mar-tir i di Atsuhara” - furono giustiziati, mentre altr i vennerobanditi dal loro paese.

Il comportamento dei discepoli della zona di Atsuharaaveva colpito profondamente Nichiren: per la prima volta deicredenti di modesta estrazione sociale – dei semplici contadini

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– senza una relazione diretta con il Daishonin, avevano difesola fede nel suo insegnamento anche a costo della loro vita.

Nichiren Daishonin comprese che si andava realizzandocosì la missione della sua vita. Lo scopo per il quale il Dai-shonin apparve nel mondo, animato dal desiderio di permet-tere a tutte le persone della difficile epoca di mappo di otte-nere l’illuminazione, fu compiuto non solo con l’iscrizionedell’oggetto di culto – il Gohonzon – ma anche con l’appari-zione di discepoli che condividevano il suo spirito e la suamissione di sostenere e praticare la Legge Mistica senza ri-sparmiare la propria vita, cioè con la realizzazione del Buddi-smo della gente comune.

Nel gosho Le persecuzioni che colpiscono il santo, scritto il1° ottobre del 1279, pochi giorni dopo l'inizio della persecu-zione di Atsuhara, Nichiren dichiara di aver realizzato, dopoventisette anni dall’istituzione della recitazione di Nammyoho renge kyo come pratica fondamentale (1253), loscopo della sua vita. Ricorda tutte le persecuzioni che ha do-vuto affrontare e superare, incoraggiando così i discepoli chein quel momento stavano affrontando quella difficile prova acausa della loro fede.

Quello che fu in seguito definito il Gohonzon del se-condo anno dell’era Koan (1279) fu iscritto durante questoperiodo.

All’epoca della persecuzione di Atsuhara, i seguaci delDaishonin si impegnarono nella fede, uniti nello spirito di “di-versi corpi, stessa mente”. Il suo giovane discepolo Nanjo To-kimitsu, amministratore di un villaggio nei pressi di Atsuhara,lavorò instancabilmente per proteggere i compagni di fede.

L’ultimo periodo della vita di Nichiren Daishonin

L’8 settembre 1282 Nichiren designò come suo succes-sore Nikko Shonin e gli affidò tutti i suoi insegnamenti e la

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LE TAPPE PRINCIPALIDELLA VITA DI N ICHIREN

16 febbraio 1222 nasce a Kominato, nell’anticaprovincia di Awa

28 aprile 1253 proclama per la prima volta Nam myoho renge kyo

16 luglio 1260 invia il trattato Adottarel’insegnamento corretto per la pace nel paese a Hojo Tokiyori

27 agosto 1260 persecuzione di Matsubagayatsu

12 maggio 1261 esilio di Izu

11 novembre 1264 persecuzione di Komatsubara

12 settembre 1271 persecuzione di Tatsunokuchi

novembre 1271 esilio a Sado

16 gennaio 1272 dibattito di Tsukahara

aprile 1274 ritorna dall’esilio di Sado

maggio 1274 ritiro sul monte Minobu

settembre 1279 inizio della persecuzionedi Atsuhara

8 settembre 1282 trasmissione degli insegnamenti a Nikko Shonin

13 ottobre 1282 muore presso la residenzadi Ikegami Munenaka

guida della propagazione attraverso il Documento di trasmis-sione di Minobu. Nello stesso mese, Nichiren abbandonò ilmonte Minobu e si mise in viaggio verso la provincia di Hi-tachi. Apparentemente il motivo era di recarsi alle terme percurare la malattia di cui soffriva. Ma lungo il tragitto si fermònella casa di Ikegami Munenaka, suo discepolo, dove poté in-contrare molti dei suoi seguaci e dare le ultime disposizioniprima di morire.

Sebbene avesse inizialmente designato sei preti anzianicome figure di riferimento per la propagazione nelle rispet-tive zone, il 13 ottobre 1282 il Daishonin riconfermò la tra-smissione dei suoi insegnamenti a Nikko (Documento di tra-smissione di Ikegami o Atto di successione di Ikegami), l’unico chene aveva compreso il significato essenziale.

Morì quella stessa mattina mentre recitava Nam myohorenge kyo assieme ai suoi discepoli.

Nei secoli successivi l’insegnamento del Daishoninvenne custodito dal clero della Nichiren Shoshu ma, trannerare eccezioni, perse quasi del tutto lo spirito originario.

Nel 1930 la Soka Gakkai ripartì dallo spirito originariodi Nichiren Daishonin dando un nuovo impulso allo sviluppodi kosen rufu.

L A S TO R I A D E L L A S O K A G A K K A I E D E I T R E P R E S I D E N T I

I primi passi

Il 18 novembre 1930 Tsunesaburo MAKIGUCHI (1871-1944), direttore di una scuola elementare, insieme a JoseiTODA (1900-1958) fondò un’associazione di educatori cheaveva come scopo una riforma del sistema pedagogico, la SokaKyoiku Gakkai (Società educativa per la creazione di valore).

Makiguchi era un colto pedagogista, osteggiato dal go-verno conservatore per le sue idee molto avanzate sull’edu-cazione. Toda era un insegnante elementare che incontrò Ma-

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kiguchi nel 1920 abbracciandone entusiasticamente le idee.Nel 1928 i due si convertirono al Buddismo di Nichi-

ren Daishonin aderendo alla scuola Nichiren Shoshu, che fa-ceva capo al tempio principale Taiseki. Ben presto spostaronol’attenzione dall’ambito educativo allo studio e alla propaga-zione degli insegnamenti di Nichiren Daishonin, perché inessi trovarono la base per le proprie teorie pedagogiche e perlo sviluppo dell’essere umano e della società.

A partire dal 1933 l’organizzazione cominciò a tenerecorsi annuali di studio del Buddismo e, in meno di dieci anni,arrivò a contare circa duemila membri. Con l’inizio della Se-conda guerra mondiale, il governo militarista giapponese co-minciò a reprimere ogni forma di libertà nel paese e in nomedella sicurezza nazionale obbligò tutti i gruppi religiosi a uni-ficarsi sotto l’egida dello Shintoismo, che divenne religione distato. La Nichiren Shoshu accettò di fondersi con le altrescuole Nichiren e di esporre i talismani shintoisti accanto alproprio oggetto di culto, mentre Makiguchi e Toda si oppo-sero con fermezza all’ingerenza del governo e in generale allapolitica militarista di quegli anni.

Da quel momento la persecuzione delle autorità si spo-stò dalla Nichiren Shoshu alla Soka Kyoiku Gakkai e Maki-guchi fu arrestato il 6 luglio 1943 con l’accusa di aver violatola legge per la preservazione della pace e di non aver rispet-tato i santuari shintoisti.

Makiguchi, dopo aver subito un interrogatorio somma-rio, venne rinchiuso in condizioni di estrema durezza. Consu-mato dal freddo e dalla denutrizione morì dopo circa un annoe mezzo, il 18 novembre 1944, a settantatré anni. Anche Todafu arrestato insieme ad altri responsabili, ma fu l’unico a man-tenere le sue convinzioni e dunque trattenuto in carcere. Fuliberato il 3 luglio del 1945. La città di Tokyo era un cumulodi rovine a causa dei bombardamenti e i membri della SokaKyoiku Gakkai erano tutti dispersi.

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Nel periodo precedente alla guerra il primo presidenteMakiguchi aveva avuto il ruolo fondamentale di restituire alBuddismo di Nichiren Daishonin il ruolo di religione attivanella vita quotidiana. Ora con Josei Toda cominciava unanuova fase.

La ricostruzione

In carcere Toda aveva sperimentato il potere della fede,maturando una profonda coscienza della missione della suavita. Propagare gli insegnamenti di Nichiren per realizzare lapace nel mondo diventò così lo scopo principale dell’associa-zione che Toda si impegnò a ricostruire. Nel 1946 ne cambiòil nome in Soka Gakkai (Società per la creazione di valore),che divenne una vera e propria organizzazione religiosa laicabasata sull’insegnamento di Nichiren Daishonin.

La ripresa delle attività nel dopoguerra fu un compitoarduo, quasi tutti i responsabili avevano smesso di praticare. Il14 agosto 1947 Toda conobbe Daisaku IKEDA, allora dicianno-venne, che partecipava per la prima volta a una riunione bud-dista: da quel momento il giovane r imase sempre al suofianco, scegliendolo come maestro, pronto a realizzare tutti isuoi desideri.

Negli anni che seguirono, l’organizzazione conobbe unagrande espansione. Il 3 maggio 1951 Toda divenne il secondopresidente della Soka Gakkai, e decise di convertire 750milafamiglie prima di morire. Dedicò il resto della vita al rag-giungimento di questo obiettivo: nel 1957 alla Soka Gakkaiavevano aderito 765mila famiglie. In quello stesso anno, inpiena guerra fredda, durante una r iunione con migliaia digiovani, Toda pronunciò una storica dichiarazione contro learmi nucleari. Da allora le iniziative per la pace avrebbero co-stituito una delle attività principali della Soka Gakkai. Morìpoco tempo dopo, il 2 aprile 1958.

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Il 3 maggio 1960 Daisaku Ikeda diventò il terzo presi-dente della Soka Gakkai.

Il secondo presidente Josei Toda ha avuto il merito diaver ricostruito la Soka Gakkai dopo la Seconda guerra mon-diale, determinando la diffusione dell’insegnamento di Nichi-ren Daishonin in tutto il Giappone, e di aver stabilito il Bud-dismo della “rivoluzione umana”, cioè il conseguimento dellaBuddità attraverso il profondo cambiamento della vita.

Sotto la guida di Ikeda il movimento per la pace dellaSoka Gakkai si è diffuso oltre i confini del Giappone, por-tando milioni di persone in tutto il mondo a praticare questoinsegnamento.

La Soka Gakkai Internazionale

A partire dal primo anno della sua presidenza DaisakuIkeda iniziò a recarsi all’estero: visitò l’America del Nord edel Sud, il Sud-est Asiatico, l’India, l’Europa. Nell’arco diquindici anni il Buddismo di Nichiren Daishonin si diffuse intutti e cinque i continenti.

Il 26 gennaio del 1975 sull’isola di Guam nell’oceanoPacifico, di fronte ai rappresentanti di cinquantuno paesi, Ita-lia compresa, nacque la Soka Gakkai Internazionale (SGI). Daallora, in molte nazioni si è andata costituendo un’organizza-zione autonoma che aderisce alla SGI, con sede a Tokyo, condiversa struttura a seconda delle esigenze e delle culture.

Dall’inizio degli anni Ottanta la SGI è stata riconosciutapresso le Nazioni Unite come Organizzazione non governa-tiva (ONG) e ha cominciato a impegnarsi in diverse agenzieinternazionali, quali l’UNESCO e l’ACNUR.

Ogni anno, dal 1983, il presidente Ikeda invia alle Na-zioni Unite una Proposta di pace, che contiene r iflessionisulla pace, i diritti umani, l’educazione, la politica e l’econo-mia ispirate all’umanesimo buddista.

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Il distacco dalla Nichiren Shoshu

Il grande sviluppo dell’organizzazione laica sia a livellolocale in Giappone che a livello internazionale portò inevita-bilmente ad una messa in discussione del ruolo e del signifi-cato del clero della Nichiren Shoshu. Come già accennato inprecedenza, Nikko Shonin, il discepolo più vicino a NichirenDaishonin, fondò nel 1289 la scuola Fuji chiamata poi Nichi-ren Shoshu, ccon il compito di trasmettere correttamente gliinsegnamenti del fondatore. Ben presto tuttavia, per diversimotivi legati anche alle trasformazioni sociali e politiche delGiappone, essa perse la sua autonomia uniformandosi ai det-tami del governo, e di fatto abbandonò la sua missione di ko-sen rufu, il desiderio originale del Budda.

Questa situazione si andò cristallizzando nei secoli suc-cessivi, e l’assoggettamento al controllo statale durò fino allaseconda guerra mondiale, quando la Nichiren Shoshu nonoppose nessuna resistenza al governo militarista che volle im-porre l’esposizione del talismano shintoista nel tempio prin-cipale, e favorì l’arresto di Makiguchi e Toda per la loro op-posizione al governo e alla guerra.

A partire dall’immediato dopoguerra, la Soka Gakkai facompletamente sua la missione della propagazione, cercandonel contempo in tutti i modi di far tornare il clero alla suaoriginar ia funzione. Negli anni della presidenza di Toda siapre una fase di proficua collaborazione che vede la realizza-zione di importanti obiettivi : la ricostruzione del Taisekiji, lasede principale della Nichiren Shoshu; la costruzione di nu-merosi templi in tutto il Giappone; la pubblicazione, mai rea-lizzata fino ad allora, della raccolta completa dei gosho, che dàla possibilità a tutti i praticanti di leggere e studiare diretta-mente gli scritti del Daishonin. Inoltre la Nichiren Shoshuaccetta, su richiesta della Soka Gakkai, di consegnare il Go-honzon a ogni persona o famiglia che si converte al Buddi-

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smo di Nichiren, rompendo una secolare situazione di immo-bilismo.

L’attività e il dinamismo del movimento laico dellaGakkai cominciarono a creare malumore all’interno della co-munità di monaci che vedevano via via diminuire il loro po-tere, e si andò creando una fazione che avversava la collabora-zione con la Soka Gakkai.

Quando Daisaku Ikeda assunse la carica di presidentedelle Soka Gakkai nel 1960 iniziò il processo di mondializza-zione del Buddismo di Nichiren Daishonin; nel frattempo perl'afflusso di un numero sempre crescente di praticanti, si resenecessario una nuova e più grande sede per custodire il Go-honzon iscritto il 12 ottobre del 1279 e custodito dal clero.Fu realizzato lo Sho Hondo, un grande edificio di pregevolevalore architettonico con il contributo delle offerte di 8 mi-lioni di membri della Soka Gakkai, in Giappone e nel restodel mondo.

Se la Nichiren Shoshu da un lato accoglieva i successidell’organizzaizone laica traendone ampi benefici, dall’altrone temeva l’espansione e l’autonomia che questa acquistavacon il passare del tempo, temendo che venisse messa in di-scussione la sua autorità di fronte ai credenti. Questa situa-zione portò una parte del clero a fare pressioni per ottenerele dimissioni del presidente Ikeda, cosa che alla fine avvenneil 24/4/1979. Se da una parte si vide costretto a lasciare l’in-carico, dall’altra Ikeda prese spunto da questi eventi per in-tensificare la sua attività di sostegno diretto ai membri dentroe fuori il Giappone, e per allargare la cerchia di amici dellaGakkai, attraverso numerosi incontri internazionali con per-sonalità del mondo accademico e politico. L’anno seguente gliviene chiesto dal nuovo Patr iarca di r iassumere la car ica eIkeda accetta, ma l’ostilità del clero riesplode definitivamentenel dicembre del 1990 con la volontà del patriarca Nikken diestromettere la Soka Gakkai dalla guida del movimento inter-

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nazionale di kosen rufu, per arrivare poi nel 1991 a “scomu-nicare” tutti quei membri di ogni paese che intendevano con-tinuare ad appartenere all’organizzazione laica. Da allora ven-nero sospese le consegne dei Gohonzon e venne emanato ildivieto di visitare il tempio principale a chi non si fosse affi-liato alla Nichiren Shoshu, un atteggiamento in palese con-trasto con l’universalità dell’insegnamento di Nichiren Dai-shonin.

Negli anni successivi la Soka Gakkai ha potuto tornarea consegnare i Gohonzon grazie alla decisione di un preteche, a capo di un tempio dissociatosi dal tempio principale eda Nikken, nel 1993 ha donato un Gohonzon or iginaleiscr itto nel XVIII secolo dal patr iarca r iformatore NichikanShonin, uno dei più illustri della storia della Nichiren Sho-shu. Questo Gohonzon costituisce la matrice dei Gohonzonche vengono oggi consegnati in tutto il mondo ai nuovimembri.

Nel 1998, a riprova della degenerazione e del disprezzoverso i membri laici, il patriarca Nikken insieme al gruppodei monaci radunati intorno a lui, decise di radere al suolo ilnuovo tempio inaugurato nel 1972 – lo Sho Hondo – sim-bolo della sincera dedizione e della pura fede di milioni dicredenti di tutto il mondo.

La missione della Soka Gakkai

Per la Soka Gakkai il distacco dalla Nichiren Shoshu èstato l’occasione per dare un’ulteriore spinta alla diffusionedel Buddismo del Daishonin. Negli anni successivi infatti laSGI ha proseguito la sua espansione a livello mondiale che lavede attualmente presente in 192 paesi e territori con più didodici milioni di membri, uniti dalla fede negli insegnamentidi Nichiren Daishonin.

Si è incrementato l’impegno verso la pace, la cultura,

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l’educazione, l’aiuto umanitario, la difesa dell’ambiente, por-tati avanti sia attraverso l’azione dei singoli individui che at-traverso le tante iniziative promosse dalla SGI nel mondo,come ad esempio le mostre sui diritti umani e sull’ambiente,le raccolte di firme contro le armi nucleari e per la moratoriadella pena di morte.

Il presidente Ikeda sta moltiplicando i suoi sforzi perincoraggiare i membri di tutto il mondo e per creare una retedi amicizia e di dialogo con personalità di paesi diversi, supe-rando ogni differenza culturale o ideologica: accanto a lui suamoglie Kaneko lo sostiene costantemente nei viaggi e nelleattività per la pace.

L’obiettivo della Soka Gakkai è fondamentalmente du-plice: aiutare i membri nel loro percorso di r ivoluzioneumana, facendo in modo che pratichino il Buddismo esatta-mente come ha insegnato Nichiren Daishonin, e diffonderein ogni campo della società l’umanesimo buddista, basato sulrispetto della dignità della vita, al fine di trasformare pacifica-mente la nostra epoca.

Il terzo presidente Daisaku Ikeda, che ha portato ilBuddismo di Nichiren in tutti i paesi del mondo e si è prodi-gato per far conoscere l’insegnamento in moltissimi ambitidella cultura mondiale, è colui che ha favorito l’affermazionedi questo umanesimo buddista.

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Le basi della fede

F E DE , P RAT I CA , STU D I O

I cardini del Buddismo di Nichiren Daishonin sono lafede, la pratica e lo studio.

Nel Gosho Il vero aspetto di tutti i fenomeni si legge: «Im-pegnati nelle due vie della pratica e dello studio. Senza pratica estudio, non può esservi Buddismo. Devi non solo perseverare tu, maanche insegnare agli altri. Sia la pratica che lo studio sorgono dallafede. Insegna agli altri come meglio puoi, anche una sola frase overso».(1)

FEDE significa credere nel Gohonzon, cioè credere nelfatto che sia noi sia tutti gli altri esseri umani possediamo lanatura di Budda e che tutti i fenomeni dell’universo sonomanifestazioni della Legge mistica, Myoho renge kyo. La fede

LE BAS I DELLA FEDE

1 — RSND, vol. I, pag. 342

è la causa profonda che fa emergere la Buddità dalla nostravita, vincendo l’oscurità fondamentale. Nella Raccolta degli in-segnamenti orali il Daishonin afferma: «Questa parola “fede” èuna spada affilata che taglia l’oscurità fondamentale o ignoranza,[…] che taglia via il dubbio e l’incertezza».(2) Una fede libera daldubbio ci consente di affrontare qualsiasi difficoltà e trasfor-mare l’impossibile in possibile.

Una fede di questo tipo non sorge dal nulla, occorre co-struirla sperimentando il funzionamento della Legge nella vitareale. Per questo bisogna esercitarsi nella pratica e nello studio.

La PRATICA consiste di due aspetti: la pratica per sé e lapratica per gli altri. La prima è costituita dalla recitazione quo-tidiana di Gongyo, che significa “pratica assidua” e comprendea sua volta sia il daimoku – la pratica principale del Buddismodi Nichiren Daishonin – sia la recitazione di parte dei capitoliEspedienti e Durata della vita del Tathagata del Sutra del Loto.

La pratica per gli altri è shakubuku, ovvero l’azione diparlare agli altri della Legge di Myoho renge kyo, insegnare apraticarla e incoraggiare ad affrontare la vita sperimentando lafede nel Gohonzon.

Da un punto di vista profondo la pratica per sé e la pra-tica per gli altri non si possono considerare separatamente, inquanto sono entrambe indispensabili per manifestare la Bud-dità nella nostra vita. Nichiren Daishonin scrive a questo pro-posito nel Gosho Sul ricevimento delle tre grandi Leggi segrete:«Adesso però siamo entrati nell’Ultimo giorno della Legge e il dai-moku che io, Nichiren, recito è differente da quello delle epoche prece-denti. Questo Nam myoho renge kyo comprende sia la pratica per sésia l’insegnamento agli altri».(3)

Lo STUDIO consiste essenzialmente nella lettura degli

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2 — The Record of the Orally Transmitted Teachings, Soka Gakkai,Tokyo, 2004, pag. 54. Di seguito citato come ROTT.3 — RSND, vol. II, pag. 925

scritti di Nichiren Daishonin, il Gosho. A questo si aggiun-gono gli scritti di Daisaku Ikeda, come pure di Josei Toda eTsunesaburo Makiguchi, presidenti della Soka Gakkai e guidedel movimento di kosen rufu nel mondo.

Nello studio l’aspetto più importante è lo “spirito di ri-cerca”, il desiderio di mettere in pratica quello che si studiasperimentandolo nella propria vita. Utilizzare il Buddismonella vita quotidiana è il punto chiave per i discepoli di Ni-chiren. Scrive il presidente Ikeda a questo proposito: «Mem-bri di tutto il mondo hanno approfondito la loro compren-sione della fede, della pratica e dello studio, hanno rinvigoritoil proprio coraggio e hanno vinto le loro battaglie per kosenrufu aprendo le pagine del Gosho – cioè degli scritti di Ni-chiren Daishonin – con lo spirito di ricevere consigli e istru-zioni direttamente dallo stesso Nichiren. Se avanziamo con ilGosho come nostro fondamento non ci troveremo mai a unpunto morto».(4)

I L DA I MOKU

“Daimoku” in giapponese letteralmente significa “l’es-senza di un testo” espressa dal suo titolo. Nel Buddismo di Ni-chiren Daishonin si riferisce al titolo del Sutra del Loto nellasua traduzione cinese, Myoho renge kyo, e ne rappresenta il fon-damento. Myoho renge kyo è infatti il nome della Legge uni-versale alla quale Nichiren Daishonin si è illuminato.

Egli fece precedere al nome della Legge universale diMyoho renge kyo la parola nam, variante fonetica di namu,traslitterazione del sanscrito namas che significa “devozione”.

Perciò, recitando Nam myoho renge kyo con fede ri-svegliamo e manifestiamo la nostra innata natura illuminata (o

LE BAS I DELLA FEDE 25

4 — Daisaku Ikeda, L’apertura degli occhi – Lezioni sugli scritti diNichiren Daishonin, Esperia Edizioni, Milano, 2007, pag. V

natura di Budda) che esiste nella nostra vita e in quella deglialtri.

Il Daishonin descrive nel Gosho questo processo di tra-sformazione interna: «Quando veneriamo il Myoho renge kyo cheè nella nostra vita come oggetto di culto, la natura di Budda che è innoi viene richiamata dalla nostra recitazione di Nam myoho rengekyo e si manifesta. Questo si intende per “Budda”. Per fare unesempio, quando un uccello in gabbia canta, gli uccelli che volano li-beri nel cielo sono richiamati e si radunano intorno a lui. E quandogli uccelli che volano nel cielo si radunano, l’uccello in gabbia cercadi uscire fuori. Così, quando con la bocca recitiamo la mistica Legge,la nostra natura di Budda viene r ichiamata e immancabilmenteemergerà».(5)

Il daimoku della fede e il daimoku della pratica

Scrive il presidente Ikeda: «La recitazione del daimokuè la base di tutto l’insegnamento del Daishonin. Il suo Buddi-smo, a differenza delle scuole buddiste del suo tempo, non sibasava sul culto di una specifica divinità o Budda; ciò che ilDaishonin stabilì fu il mezzo per realizzare l’ideale del Sutradel Loto, il raggiungimento dell’illuminazione da parte ditutte le persone.

«Nel Buddismo di Nichiren possiamo distinguere tra ildaimoku della fede e il daimoku della pratica. Il primo ri-guarda l’aspetto spirituale della nostra pratica e consiste es-senzialmente nella battaglia che ha luogo nel nostro cuore percontrastare la nostra condizione interiore illusa, od oscurità. Èuna battaglia contro le forze negative e distruttive interioriper apr ire un varco nell’oscur ità che avvolge la natura di

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5 — Come coloro che inizialmente aspirano alla vita possono conse-guire la Buddità attraverso il Sutra del Loto, RSND, vol. I, pag. 789

Budda e far emergere la condizione vitale di Buddità grazie alpotere della fede.

«Il daimoku della pratica riguarda invece l’azione speci-fica di recitare Nam myoho renge kyo e di insegnarlo agli al-tri, gli sforzi che compiamo, con le parole e con le azioni, perla nostra felicità e per quella degli altri, che sono la dimostra-zione tangibile della nostra battaglia interiore contro l’illu-sione e i nostri aspetti negativi interiori.

«Quando la fede vince sul dubbio e sulle illusioni, il po-tere della natura di Budda viene risvegliato dal suono del dai-moku e si manifesta spontaneamente nella nostra vita.

«Il punto essenziale che differenzia il Buddismo delDaishonin dalle altre scuole buddiste del suo tempo è l’averstabilito questo mezzo concreto per raggiungere la Buddità.Dalla prima volta che proclamò Nam myoho renge kyo finoal momento della morte Nichiren si impegnò ardentementeper insegnare questo supremo sentiero per l’illuminazione atutte le persone della sua terra.»(6)

Di seguito si analizzeranno uno a uno i differenti ideo-grammi e i loro molteplici significati.

Nam

Nel Gosho Cavalli bianchi e cigni bianchi Nichiren scrive:«La parola namu esprime un sentimento di r iverenza e di ade-sione»,(7) e nel Gosho L’offerta del riso bianco precisa: «Qual è ilsignificato di namu? […] Significa dedicare la propria vita alBudda».(8)

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6 — Daisaku Ikeda, Il conseguimento della Buddità in questa esi-stenza – Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, Esperia, pag. 8. Di se-guito citato come Il conseguimento della Buddità in questa esistenza.7 — RSND, vol. I, pag. 9428 — Ibid., pag. 997

La recitazione del daimoku rappresenta la determina-zione e il voto di dedicare la nostra vita alla verità univer-sale di Myoho renge kyo con pensier i, parole e azioni.

La recitazione del daimoku non è un semplice invocareil nome di una “verità esterna”, ma costituisce una pratica perfar emergere e manifestare concretamente la “verità interna”che pervade l’universo e il nostro stesso io, e vivere in ac-cordo con essa.

Myoho

Il termine myoho significa, letteralmente, Legge mistica.In particolare myo significa “mistico”, cioè infinitamente

profondo e impossibile da concepire o esprimere per la menteumana, e si riferisce alla natura insondabile della realtà ultimadi tutte le cose. Ho è il nome dato alle manifestazioni di que-sta natura mistica della vita, o mondo fenomenico.

L’unione di questi due concetti, rappresentati dal sin-golo termine myoho, riflette l’essenziale unicità della realtà ul-tima di tutte le cose e del mondo fenomenico.

Infatti, secondo il Buddismo non esiste nessuna distin-zione essenziale tra la realtà fondamentale e le cose della vitaquotidiana. Chi comprende questo è illuminato, chi non locomprende è illuso.

Inoltre Daisaku Ikeda, nelle lezioni sul gosho Il consegui-mento della Buddità in questa esistenza, scrive: «Il carattere myo dimyoho, o Legge mistica, ha tre significati, tutti impliciti nella re-citazione del daimoku: essere pienamente dotato, aprire e rivi-talizzare. In altre parole nell’azione di recitare daimoku sonocontenuti: 1) il myo della perfetta dotazione, cioè il fatto chel’unica Legge di Myoho renge kyo abbraccia tutti i fenomeni;2) il myo della trasformazione, che “apre” il mondo di Budditànella vita degli esseri dei nove mondi (da Inferno a Bodhi-sattva); 3) il myo del grande beneficio, in virtù del quale un’esi-

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stenza colma di sofferenza viene “rivitalizzata” e diventa pienadi gioia e serenità.

«La nostra vita è un’entità della Legge mistica, e perciòè pienamente dotata di tutti i fenomeni. L’oscurità fondamen-tale e la natura illuminata del Dharma, le illusioni e i desiderie l’illuminazione, i nove mondi e la Buddità – tutti esistonodentro di noi. È proprio per questo che possiamo realizzareuna “r ivoluzione” inter iore, mistica e fondamentale, cam-biando l’oscurità in luce, alimentando la fiamma dell’illumi-nazione “con la legna delle illusioni e dei desideri” e manife-stando perciò il mondo di Buddità nella nostra vita dei novemondi.

«La chiave per raggiungere questa profonda trasforma-zione interiore è il nostro cuore – il nostro atteggiamento difondo o disposizione interiore. Perciò, nel Conseguimento dellaBuddità in questa esistenza, il Daishonin avverte: “Se pensi che laLegge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica maun insegnamento infer iore”.(9) Quando ci sforziamo assidua-mente di recitare daimoku basandoci su questo ammoni-mento, tenendo sempre a mente che è determinante il cam-biamento nel nostro cuore o mente, i tre significati di myo simanifestano con evidenza nella nostra vita.»(10)

Renge

La parola renge letteralmente significa “fiore di loto”.Il Daishonin nel Conseguimento della Buddità in questa

esistenza afferma: «Renge, che significa fiore di loto, simboleggia lameraviglia di questa Legge».(11)

«Di solito» scr ive Ikeda «le piante prima fioriscono e

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9 — Ibid., pag. 310 — Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, pag. 43 11 — RSND, vol. I, pag. 4

poi producono i frutti, e la relazione tra questi due eventiviene utilizzata per illustrare la causalità lineare o sequenzialenella quale i fiori rappresentano la causa e i frutti l’effetto. Alcontrario, il fiore di loto produce simultaneamente i petali eil r icettacolo che contiene i semi, vale a dire che nel mo-mento stesso in cui i petali si schiudono ci sono già anche ifrutti. Il loto simboleggia così il principio di simultaneità dicausa ed effetto.

«Negli insegnamenti provvisori precedenti al Sutra delLoto si afferma che la condizione vitale di Budda si può con-seguire soltanto sottoponendosi a un per iodo incalcolabil-mente lungo di pratica buddista. Quindi la causa e l’effettonon sono simultanei. Gli insegnamenti del Sutra del Loto, in-vece, spiegano che tutte le persone sono dotate originaria-mente dello stato di Buddità e sono in grado di r ivelarloistantaneamente. In altre parole, in un istante la mente illusadi una persona comune viene trasformata nella “mente dimyo” (della suprema illuminazione) di un Budda. Il fiore diloto simboleggia questa simultaneità di causa ed effetto.»(12)

Kyo

Kyo è la traduzione giapponese della parola “sutra”, cheindica gli insegnamenti del Budda Shakyamuni.

Poiché Shakyamuni impartì i suoi insegnamenti solooralmente, per mezzo della voce, alla parola kyo è stato attri-buito a volte il significato di “suono”. Il Daishonin dice: «Kyoesprime le voci e le parole di tutti gli esseri viventi»,(13) indicandoin tal modo che la Legge mistica alla quale il Budda si è illu-minato è inerente a tutti gli esseri viventi.

Inoltre, l’ideogramma cinese che corrisponde a kyo ori-

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12 — Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, pagg. 72-7313 — ROTT, cit., pag. 4

ginar iamente indicava l’ordito di un tessuto, e per questoviene utilizzato anche per indicare il trascorrere del tempo.

Dal punto di vista della nostra esistenza individuale ciòsignifica che «continuando a recitare daimoku, giorno dopogiorno, possiamo accumulare le cause e gli effetti per il conse-guimento della Buddità, che rendono possibile trasformareuna mente annebbiata dall’oscurità innata in una mente cheriflette la natura essenziale dei fenomeni e il vero aspetto dellarealtà. Le virtù di queste cause ed effetti col tempo diventanol’ossatura della nostra vita, dove i benefici sbocceranno comefiori sia nel nostro carattere sia nella nostra vita concreta».(14)

Kyo si riferisce anche alla diffusione della Legge misticada noi agli altri.

Scrive ancora Ikeda: «Possiamo considerare questo mi-stico kyo anche come la diffusione della Legge mistica da noiagli altr i. […] In tal senso potremmo affermare che lo svi-luppo di kosen rufu – cioè tante persone che propagano laLegge mistica e recitano daimoku senza sosta per la propriafelicità e quella degli altri e insegnano anche alle altre per-sone a fare lo stesso – corrisponde al mistico kyo.

«Come abbiamo appena visto, Myoho renge kyo è laLegge connaturata alle nostre vite. La continua trasforma-zione istante per istante, che realizziamo nei nostri cuori ementi recitando daimoku, non solo conduce a un radicalecambiamento inter iore, ma cambia interamente anche ilmodo in cui viviamo, ponendoci sul cammino del raggiungi-mento della Buddità in questa esistenza e suscitando quellapotente ondata di trasformazione di tutta l’umanità che è ko-sen rufu. La forza dinamica per il cambiamento a tutti i livelliè Myoho renge kyo.»(15)

L E BAS I DELLA FEDE 31

14 — Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, pag. 7315 — Ibid., pag. 74

L’OGG ETTO D I C U LTO : I L G OHONZON

La parola giapponese Gohonzon è formata da due parti:go è un prefisso onorifico, mentre honzon significa “oggettodi fondamentale rispetto”.

A differenza di altre scuole buddiste che usavano comeoggetti di culto statue in legno o mandala sui quali eranoscolpite o dipinte immagini di Budda o Bodhisattva, NichirenDaishonin stabilì come oggetto di culto i cinque caratteri diMyo ho renge kyo, la Legge suprema, rivelata dal Sutra delLoto.

Nel Gosho è scritto: «Quando veneriamo il Myo ho rengekyo che è nella nostra vita come oggetto di culto, la natura di Buddache è in noi viene richiamata dalla recitazione di Nam myoho rengekyo e si manifesta».(16)

Scr ive Daisaku Ikeda: «Molte religioni della nostraepoca hanno, consciamente o inconsiamente una visioneesterna dell’oggetto di culto che colloca l’entità suprema o larealtà fondamentale al di fuori dell’essere umano. Ma nel XXIsecolo è necessario un profondo umanesimo che insegni chela vita di tutte le persone possiede in egual misura un aspettoassolutamente nobile e prezioso. Perciò il fatto che nel Bud-dismo di Nichiren l’oggetto di culto sia interno alla vita è diestrema importanza.»

Al centro del Gohonzon c’è scritto “Nam myoho rengekyo – Nichiren” a indicare che il Daishonin considerava ilGohonzon la sua stessa vita, come scrive nel Gosho: «Io, Ni-chiren ho iscritto la mia vita in inchiostro di sumi, perciò credi pro-fondamente nel Gohonzon. Il volere del Budda è il Sutra del Loto,ma l’anima di Nichiren non è altro che Nammyohorengekyo.»(17)

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16 — Come coloro che inizialmente aspirano alla Via possono conse-guire la Buddità attraverso il Sutra del Loto, RSND, vol. I, pag. 78917 — Risposta a Kyo’o, RSND, vol. I pag. 365

Il Daishonin ha iscritto nel Gohonzon la condizionevitale di gioia illimitata di una persona comune come lui, chegrazie alla fede nella Legge mistica - Myo ho renge kyo - e aldesiderio di propagare ampiamente la Legge, nonostante ledifficoltà, manifesta lo stato di perfetta identità con la Leggeeterna o Buddità.

Credere nel Gohonzon di Nichiren Daishonin significacredere che anche noi, come ogni persona senza distinzioni,possediamo la Buddità nella nostra vita e possiamo manife-stare quella stessa condizione vitale di “gioia illimitata”.

Nichiren iniziò a iscrivere dei Gohonzon personali peralcuni discepoli dopo la persecuzione di Tatsunokuchi(18); finoad allora aveva insegnato l’invocazione – il daimoku – manon aveva istituito nessun oggetto di culto concreto.

Dopo quella fondamentale esperienza nella quale r i-schiò di morire e verificò il potere della sua fede, riconobbela sua vera missione di trasmettere all’umanità intera la chiaveper accedere alla saggezza suprema, capace di vincere total-mente l’oscurità fondamentale, come aveva fatto lui stesso inquella circostanza.

Il Daishonin non parla mai di un miracolo riferendosia quanto accadde a Tatsunokuchi, né parla mai della Budditàcome un condizione straordinaria e inaccessibile, bensì comedi qualcosa che noi tutti possiamo sperimentare se mante-niamo una salda fede, anche davanti a grandi ostacoli.

Il significato del mandala Gohonzon e i quattro poteri

Nichiren Daishonin iscrisse il Gohonzon in forma dimandala; “mandala” è una parola sanscrita che significa “accu-mulo di benefici”. Per rappresentare la Legge universale ha

LE BAS I DELLA FEDE 33

18 — Vedi pag. 9

utilizzato caratteri (ideogrammi) scritti e non forme o figure,per permettere di prendere in considerazione il significatodelle parole, più che la forma dell’immagine.

Il Gohonzon è una pergamena sulla quale al centro everticalmente sono scritti in ideogrammi il nome della Legge(preceduta da Nam) e della Persona: “Nam Myoho renge kyo– Nichiren” a indicare che la realtà fondamentale è tutt’unocon la vita individuale illuminata. Intorno sono disposti inomi dei rappresentanti dei Dieci mondi per indicare chetutte le forme e tutti gli aspetti della vita, illuminati dallaLegge mistica, manifestano le loro caratteristiche positive ecoesistono in meravigliosa armonia.

Recitare daimoku di fronte all’oggetto di culto in cuisono rappresentate tutte le funzioni della vita disposte in-torno alla Legge fondamentale, ci permette di riconfermareche la nostra stessa vita così com’è è perfettamente dotata diogni beneficio, perché è esattamente equivalente alla vita co-smica. Questo tipo di convinzione ci permette di sconfiggerele illusioni della mente ed essere realmente in armonia con laLegge.

Mosso dall’infinita compassione del Budda, Nichiren haiscritto per tutta l’umanità il Gohonzon, affinchè ogni per-sona possa creare una relazione diretta con la Legge, che è in-visibile e difficile da espr imere con le parole, e percepirladentro di sé, manifestando così lo stato supremo della vita, laBuddità, nella propria esistenza reale.

Il Gohonzon è l’unica causa esterna appropr iata permanifestare la Buddità, latente nella nostra vita, ma occorreattivare la “causa interna” della fede per manifestare questopotenziale.

Il Buddismo parla dei “quattro poteri”: il potere dellafede, il potere della pratica, il potere della Legge e il poteredel Budda.

I primi due poteri, quelli della fede e della pratica, sono

MATER I A L E D I S TUD IO34

nelle nostre mani perché si riferiscono alla forza della nostrapersonale convinzione e all’assiduità della nostra pratica ( persé e per gli altri), mentre i secondi due, quelli della Legge edel Budda, sono inerenti alla Legge mistica. Il potere dellaLegge si riferisce alle infinite funzioni benefiche della vita, ilpotere del budda è la manifestazione del decimo mondo conle sue qualità specifiche.

La presenza nella nostra casa dell’oggetto di culto cipermette di allenare quotidianamente la nostra fede e la no-stra pratica e rappresenta “l’occasione esterna” per far emer-gere la Buddità e sconfiggere l’oscurità fondamentale ognivolta che appare a stimolare le nostre tendenze negative.

Data la sua importanza, e poichè lo riceviamo basandocisulla decisione di praticare esattamente come insegna Nichi-ren Daishonin, il modo in cui accogliamo e custodiamo ilGohonzon nelle nostre case è molto importante.

Porlo nel posto migliore possibile della nostra abita-zione, ben illuminato, alla giusta altezza in modo che losguardo sia leggermente sollevato, mantenerlo pulito e senzainutili ornamenti od oggetti intorno, approfondisce la nostrarelazione con il Gohonzon.

Il Gohonzon e kosen rufu

Il Daishonin ha iscritto il Gohonzon per realizzare lapiù ampia propagazione della Legge, per la felicità di tutti gliesseri umani. Il Gohonzon quindi rappresenta questa compas-sione di Nichiren Daishonin, l’impegno di tutta la sua vita eanche l’appello rivolto ai discepoli affinchè si alzino per pro-teggere e diffondere la Legge con la sua stessa determinazionee lo stesso coraggio.

Una pratica legata solo al beneficio personale non cipermette di manifestare completamente il nostro massimopotenziale: “La Buddità – dice Daisaku Ikeda – si manifesta

LE BAS I DELLA FEDE 35

nella vita degli individui di forte fede che fanno proprio ilvoto del Budda e dedicano la loro vita a realizzarlo”. Perquesto si dice che il Gohonzon è il vessillo di kosen rufu.

LA P ROPAGAZ I ON E : S HAKU BU KU E KOSE N R U FU

Shakubuku

Il termine shakubuku significa far conoscere la Leggealle altre persone apertamente e con coraggio, con lo scopo dimetterle in grado di diventare felici.

L’azione di shakubuku è l’espressione concreta della no-stra fiducia nell’esistenza della natura di Budda in noi e neglialtri: è un atto umanistico che esprime il massimo rispetto do-vuto a ogni essere umano. È l’azione fondamentale che con-sente di trasformare il karma individuale e quello dell’umanità.

«L’Ultimo Giorno della Legge» scrive il presidente Ikeda«è un’epoca di conflitto. […] L’impulso irresistibile che con-duce al conflitto sorge dall’“ignoranza”. Nel Buddismo “igno-ranza” significa mancanza di consapevolezza o fede nel fattoche le persone posseggono la natura di Budda. È anche l’im-pulso oscuro che conduce a mancare di r ispetto alla vitaumana e a violarne la dignità innata […]. Proprio per questola diffusione della pratica del Buddismo del Daishonin, cheidentifica la natura di Budda come nucleo essenziale della no-stra umanità, è così importante. Solo il Buddismo del Daisho-nin può curare la profonda malattia dell’epoca attuale causatada un’assenza di umanità, dalla mancanza dell’impegno diporre al primo posto il benessere e la dignità delle persone».(19)

Shakubuku rappresenta la lotta incessante contro l’oscu-rità fondamentale inerente alla vita.

Lo stesso Nichiren Daishonin, subito dopo aver procla-

MATER I A L E D I S TUD IO36

19 — Daisaku Ikeda, Il mondo del Gosho, Esperia Edizioni, Mi-lano, 2011, pagg. 508-509. Di seguito citato come Il mondo del Gosho.

mato Nam myoho renge kyo, iniziò a insegnare la recitazionedel daimoku ai suoi genitori e al suo maestro Dozen-bo, enon smise neanche per un momento della sua esistenza diportare avanti lo shakubuku. In seguito cominciò a incorag-giare energicamente i suoi discepoli a unirsi a lui in questagrande impresa per condurre le persone all’illuminazione.

La pratica di shakubuku non va intesa come una praticafanatica, esclusivista o di proselitismo. Il presidente Ikedascrive: «Nella pratica di shakubuku sono contenuti due ele-menti fondamentali: la compassione e la filosofia. La compas-sione è il desiderio del Budda di alleviare la sofferenza dellepersone. Nella nostra pratica significa preoccuparci della feli-cità e del benessere dei nostri amici e si manifesta nel corag-gio e nella perseveranza con cui continuiamo a parlare pro-fondamente alle persone degli insegnamenti buddisti. Lafilosofia è un’incrollabile convinzione nell’insegnamento delSutra del Loto secondo cui tutte le persone possono conse-guire la Buddità e ognuno ha il diritto di diventare felice. [...]L’essenza di shakubuku è il desiderio del Budda di permetterea ogni persona di raggiungere la vera felicità e il voto dei veridiscepoli è quello di far proprio questo spirito, lottando perkosen rufu. È il voto dei Bodhisattva della terra.

«La parola giapponese per compassione è jihi. Ji significaamore, significa guidare le persone come se fossero i proprifigli, e hi significa dispiacersi delle loro sofferenze e condivi-derne il dolore come se fosse nostro.»(20)

Parlare a qualcuno del Buddismo di Nichiren Daishoninè un’azione del massimo valore che crea la condizione neces-saria affinché quella persona possa ottenere l’illuminazione.Perciò il beneficio di fare shakubuku è infinito, anche sequella persona non prenderà subito fede nella Legge.

Il secondo presidente della Soka Gakkai, Josei Toda, os-

LE BAS I DELLA FEDE 37

20 — Ibid., pag. 519

servò a proposito: «Ci sono due tipi di semina [nel Buddi-smo]: seminare permettendo alle persone di ascoltare l’inse-gnamento e seminare conducendo le persone a prendere fedenell’insegnamento. Poniamo che incontr iate per la pr imavolta qualcuno e gli parliate del Buddismo del Daishonin maquella persona non si converta. Questo è “seminare permet-tendo alle persone di ascoltare l’insegnamento”. Ma suppo-niamo che in seguito un altro praticante si avvicini a quellapersona parlandole nuovamente della fede nella Legge misticae questa decida di ricevere il Gohonzon. Questo è “seminareconducendo le persone a prender fede nell’insegnamento”. Sitratta sempre di seminare i semi della Buddità e il beneficio èlo stesso. È sempre la stessa nobile azione di insegnare laLegge mistica agli altri. In entrambi i casi il beneficio che siriceve, agendo come inviati del Budda, è illimitato».(21)

Quando permettiamo agli altr i di udire la Legge mi-stica, la natura di Budda che esiste profondamente nella lorovita viene immancabilmente attivata.

Reagire negativamente o decidere di convertirsi di-pende da ciascuna persona; ma in ogni caso la sua natura diBudda latente viene senza alcun dubbio stimolata. Perciò, in-dipendentemente dal fatto che le persone prendano fede omeno, la cosa importante è pregare per la loro felicità e sfor-zarci sinceramente per il loro bene, spiegando loro coraggio-samente la grandezza del Buddismo.

La figura che nel Sutra del Loto e nella tradizione bud-dista meglio incarna tutte le caratteristiche della pratica dishakubuku è il bodhisattva Mai Sprezzante (giapp. Fukyo).Questi aveva preso fede nel Sutra del Loto e ogni volta cheincontrava una persona si inchinava riverendo la sua natura diBudda. Il bodhisattva Mai Sprezzante veniva deriso e scac-ciato per questo suo atteggiamento e spesso colpito con pietre

MATER I A L E D I S TUD IO38

21 — Ibid., pag. 538

o bastoni. Ma lui non si curava di tali reazioni: si metteva alr iparo a debita distanza e continuava a ribadire la sua lode,convinto che ogni vita avesse inerente la Buddità. Grazie allaperseveranza in questo comportamento poté non solo prolun-gare la sua vita ma alla fine ottenne il rispetto di coloro chelo avevano maltrattato e rinacque come il Budda Shakyamuni.

Da ciò si comprende che la pratica del bodhisattva MaiSprezzante, cioè la pratica di shakubuku, è la via diretta per latrasformazione del karma negativo e per il conseguimentodella Buddità nostra e degli altri.

Kosen rufu

Il termine kosen rufu esprime un concetto di fonda-mentale importanza per i membri della Soka Gakkai. Vienespesso usato come sinonimo di “pace nel mondo”, intesa peròin un senso più vasto della semplice “assenza di guerre”. Sipotrebbe definire come pace omnicomprensiva, ottenuta at-traverso un radicale cambiamento nella mente e nel cuoredelle persone grazie alla diffusa adozione di valori umanisticiquali l’assoluto rispetto per la dignità della vita.

L’espressione kosen rufu ha un’origine antica e apparenel ventitreesimo capitolo del Sutra del Loto, Precedenti vi-cende del bodhisattva Re della medicina. Nel passo del Sutra delLoto: «Dopo la mia estinzione, nell’ultimo periodo di cinque-cento anni, dovrai diffonderlo in tutto Jambudvipa e non per-mettere mai che la sua diffusione sia interrotta»(22) l’espres-sione «dovrai diffonderlo [il Sutra del Loto]» viene resa daNichiren Daishonin con il termine kosen rufu.

I quattro ideogrammi che compongono l’espressione si-gnificano: ko “ampiamente”, sen “dichiarare”, ru “corrente

LE BAS I DELLA FEDE 39

22 — Il Sutra del Loto, a cura di Burton Watson, Esperia Edizioni,Milano, 2014, pag. 394. Di seguito citato come Il Sutra del Loto.

dell’acqua” e fu “tessuto”, costituito dalla trama e dall’ordito.Kosen indica quindi l’azione di far conoscere ampia-

mente la Legge, mentre rufu indica la propagazione comeflusso incessante che scorre nella vita quotidiana delle per-sone e nelle relazioni sociali.

Poiché, secondo la visione buddista, la Legge mistica èla Legge della vita che permette alle persone di diventare fe-lici consentendo loro di manifestare il più grande potenziale(o Buddità), ed è quindi il motore del progresso degli esseriumani e della società, agire per realizzare kosen rufu significalavorare per costruire una società pacifica e felice.

Il Daishonin decise da solo e spontaneamente di realiz-zare kosen rufu nel mondo, spinto dalla compassione per tuttigli esseri umani, sicuro che molti l’avrebbero seguito. «Dap-prima solo Nichiren recitò Nam myoho renge kyo, ma poi due, tre,cento lo seguirono, recitando e insegnando agli altri. La propaga-zione si svilupperà così anche in futuro. Non vuol dire ciò “emergeredalla terra”? Infine, al tempo in cui la Legge si diffonderà ampia-mente [il tempo di kosen rufu, n.d.r.] l’intero paese del Giapponereciterà Nam myoho renge kyo; questo è certo come una freccia che,puntata verso terra, non può mancare il bersaglio».(23)

Naturalmente kosen rufu non indica la conversione ditutti gli abitanti della terra al Buddismo del Daishonin. Poi-ché le vite di tutte le persone sono collegate nel profondo, uncambiamento radicale di un individuo avrà un effetto positivosu tutti coloro con cui entra in contatto, soprattutto conquelli con cui condivide un forte legame. Il presidente Ikedascrive: «La rivoluzione umana di un singolo individuo contri-buirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurràinfine a un cambiamento nel destino di tutta l’umanità».(24)

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23 — Il vero aspetto di tutti i fenomeni, RSND, vol. I, pag. 34124 — La rivoluzione umana, Esperia Edizioni, Milano, 2007, vol. I,pag. IV

«Ciò che conta» scrive ancora Ikeda «è che lo spir ito dellagrande filosofia di pace che il Sutra del Loto espone quandospiega che tutte le persone sono Budda sia pienamente appli-cato alla società nel suo complesso. […] Significa far sì che ilfondamento e la forza propulsiva della società siano i concettidi dignità umana e santità della vita».(25)

In questo senso, kosen rufu si realizza a partire dal cam-biamento di ogni singola persona, una trasformazione che av-viene attraverso il continuo sforzo di avvicinare la propria in-tenzione, il propr io comportamento e le propr ie azioni aquelle del Budda. Questa è la via della “rivoluzione umana”,come la definì Josei Toda, attraverso la quale possiamo co-struire pace e felicità durature.

Infine, è importante comprendere che kosen rufu nonrappresenta un obiettivo finale o un capolinea.

In tal senso, la realizzazione di kosen rufu non implicala fine degli inevitabili conflitti e delle contraddizioni che ca-ratterizzano la società. Piuttosto, si può pensare a kosen rufucome alla costruzione di un mondo in cui un profondo e dif-fuso rispetto per la vita sia la base su cui vengono affrontati erisolti in modo pacifico e creativo i conflitti stessi. Inoltre,non è qualcosa da attendere passivamente. Il Buddismo inse-gna che kosen rufu è qualcosa che possiamo cominciare a rea-lizzare proprio ora, nelle nostre comunità, attraverso l’esem-pio della nostra rivoluzione umana e l’azione di shakubukubasata sulla compassione verso le altre persone.

«Il Buddismo di Nichiren» scrive Ikeda «è la “religionedi kosen rufu”. Senza la decisione di diffondere la Legge mi-stica e gli sforzi pratici per metterla in atto, gli insegnamentidel Daishonin rimangono parole vuote. Il suo insegnamento èindubbiamente esistito in forma scritta per settecento anni,ma non è mai stato ampiamente diffuso ed è stato il nostro

LE BAS I DELLA FEDE 41

25 — Il mondo del Gosho, pag. 89

predecessore Tsunesaburo Makiguchi che ha fatto rivivere gliscritti del Daishonin secondo le vere intenzioni di quest’ul-timo. L’apparizione della Soka Gakkai è la testimonianza dellavalidità del Buddismo del Daishonin.»(26)

Oggi i membri della Soka Gakkai stanno realizzandokosen rufu perché praticano e diffondono Nam myoho rengekyo e il Gohonzon condividendo l’intenzione del Daishonindi rendere felici tutte le persone.

LA R E LAZ IONE CON I L MAESTRO E CON I COMPAGN I D I

FEDE

Nel Buddismo di Nichiren Daishonin esistono due re-lazioni di fondamentale importanza per praticare corretta-mente l’insegnamento e assicurarne la trasmissione: quellacon il maestro e quella tra i compagni di fede. Le due rela-zioni sono in stretto rapporto l’una con l’altra.

Per fare un’analogia, si pensi alla tessitura di una stoffa:«I legami tra i membri della comunità buddista (in sanscritosangha)» scrive Daisaku Ikeda «possono essere assimilati all’or-dito e alla trama di un tessuto. Per tessere, si stende l’orditonel senso della lunghezza e poi lo si intreccia con la trama.L’ordito rappresenta il legame tra maestro e discepolo, latrama quello tra i membri, e attraverso il loro intreccio si crealo splendido broccato di kosen rufu. Nella maggior parte deitessuti l’ordito costituisce la struttura portante, mentre latrama forma il disegno. Allo stesso modo, finché alla base dellaSoka Gakkai vi sarà la relazione tra maestro e discepolo, saràpossibile forgiare uno splendido disegno di solidarietà tra idiscepoli».(27)

MAT ER I A L E D I S TUD IO42

26 — Il mondo del Gosho, pag. 7727 — Cfr. Il mondo del Gosho, pag. 159

La relazione di non dualità tra maestro e discepolo

In generale, la relazione tra maestro e discepolo si stabi-lisce quando il discepolo vuole apprendere una particolare di-sciplina e si rivolge a chi è esperto in quel campo. Questa re-lazione si realizza quindi attraverso una trasmissione diconoscenza ed esperienza. Le persone considerano come loromaestro chi le aiuta a migliorarsi e a sviluppare se stesse.

Nel Buddismo ciò che lega maestro e discepolo è la tra-smissione della Legge fondamentale della vita. «Nell’insegna-mento buddista del Sutra del Loto il maestro Shakyamuni, ba-sandosi sul suo r isveglio alla Legge, si impegnò insieme aidiscepoli per fare sì che essi potessero far emergere il più ele-vato e nobile potenziale di esseri umani. Questa Legge era laLegge mistica, che i discepoli non erano in grado di percepireda soli poiché la loro consapevolezza era offuscata dall’oscu-rità fondamentale che li rendeva incapaci di concepirla. An-che se fossero state date loro spiegazioni teoriche della Leggeo fosse stato detto loro di praticare per superare la sofferenza,non sarebbe stato possibile trasmettere lo stato vitale dellaBuddità solo attraverso le parole. Fu piuttosto attraversol’ispirazione che essi sentirono venendo a contatto con il ca-rattere umano del Budda, oltre alle istruzioni da lui ricevute,che essi furono in grado di risvegliarsi alla Legge con la lorostessa vita. La Legge fu comunicata loro in questo modo. Pertutti questi motivi la relazione tra maestro e discepolo rivestecosì tanta importanza nel Buddismo. La Legge è trasmessa at-traverso il legame da vita a vita tra il maestro e il discepolo;ed è basandosi su questa Legge che possiamo realizzare la no-stra rivoluzione umana».(28)

L E BAS I DELLA FEDE 43

28 — Daisaku Ikeda, L’eredità della Legge fondamentale della vita –Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, Esperia Edizioni, Milano, 2008,pag. 114

Nel Buddismo il maestro non è concepito come un es-sere sovrumano, trascendente o mistico, ma come una personache per prima ha messo in pratica gli insegnamenti del Buddafacendo propr io il suo voto di condurre all’illuminazionetutte le persone. “Maestro” è quindi chi pratica correttamentela Legge e la incarna nella sua vita, “discepolo” è chi si impe-gna con tutto se stesso a condividere con lo spirito e con leazioni l’intento del maestro. Questo impegno permette dicrescere e di uscire dal ristretto confine del proprio piccoloio, di trasformare il karma e superare e vincere tutte le diffi-coltà. Quando il maestro e il discepolo sono uniti possonorealizzare gli scopi più grandi. La caratteristica fondamentaledi questa relazione è quella della “non dualità”, un’espres-sione che indica la fondamentale uguaglianza di maestro e di-scepolo come esseri umani che condividono lo stesso voto.

Nell’Ultimo Giorno della Legge il maestro originale èil Budda Nichiren Daishonin, che ha r ivelato la Legge diNam myoho renge kyo per l’illuminazione di tutta l’umanitàe ne ha stabilito il metodo di propagazione.

Nell’epoca attuale i maestri sono i primi tre presidentidella Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, Josei Toda e Dai-saku Ikeda, che si sono risvegliati al grande voto di realizzarekosen rufu – il desiderio del Budda – e hanno lottato perquesto senza risparmiarsi. Mettendo in pratica loro stessi larelazione di non dualità tra maestro e discepolo hanno trion-fato su tutti gli ostacoli e le difficoltà creando le basi per ko-sen rufu nel mondo.

La relazione di unità tra i discepoli

«La relazione di non dualità tra maestro e discepolo e larelazione di unità tra i discepoli sono inseparabili come le dueruote di un carro. Se non si condivide il cuore o spirito delmaestro, che aspira a realizzare kosen rufu, non può esserci

MAT ER I A L E D I S TUD IO44

una vera unità di intenti tra compagni di fede così diversi traloro. D’altra parte, se non abbiamo a cuore l’armoniosa co-munità dei praticanti e non ci sforziamo costantemente dimantenere l’unità, non possiamo essere definiti veri discepoliche manifestano lo stesso spirito del maestro.»(29)

Nichiren Daishonin aveva così a cuore l’unità dei disce-poli che la definì il vero scopo della sua propagazione. Scriveinfatti: «In generale che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitinoNam myoho renge kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”senza alcuna distinzione tra loro, uniti come i pesci e l’acqua, questosi chiama “eredità della Legge fondamentale della vita”. In ciò con-siste il vero scopo della propagazione di Nichiren. Se è così anche ilgrande desiderio di un’ampia propagazione potrà realizzarsi. Ma sequalcuno dei discepoli di Nichiren distrugge l’unità di “diversi corpi,stessa mente” sarà come chi distrugge il proprio castello dall’in-terno».(30)

Qui il Daishonin non parla di unità tra persone simili odi soppressione della personalità dell’individuo, ma usa il con-cetto di “diversi corpi, stessa mente” proprio per porre l’ac-cento sull’unità nella diversità.

L’espressione diversi corpi (i = diversi, tai = corpi) si ri-ferisce al fatto che noi discepoli siamo individui con vite, per-sonalità, interessi e funzioni diverse. Stessa mente (do = stesso,shin = mente, cuore o spirito) significa coltivare il desiderio direalizzare insieme un ideale o un nobile obiettivo. Dal puntodi vista buddista, avere “la stessa mente” significa avere “lastessa mente del Budda”, cioè far proprio il grande desideriodella propagazione del Buddismo per la felicità di tutta l’uma-nità. Avere a cuore l’unità dei credenti e mantenerla significarispettarsi e apprezzarsi l’un l’altro come individui diversi e

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29 — Daisaku Ikeda, Gli insegnamenti della speranza – Lezioni sugli scrittidi Nichiren Daishonin, Esperia Edizioni, Milano, 2009, pag. 22030 — L’eredità della Legge fondamentale della vita, RSND, vol. I, pag. 190

insostituibili, cercando di mettere in evidenza la parte mi-gliore di ciascuno, incoraggiandosi e sostenendosi a vicenda.Chi si impegna attivamente con questo spirito di unità riescea liberarsi dalla sofferenza che deriva da un eccessivo attacca-mento all’io, dalla tendenza alla discriminazione e all’egoismo,e arriva a vincere in tutti gli ambiti della propria vita.

L’armoniosa unità dei credenti può manifestare unaforza molto superiore alla somma delle capacità individualiperché condividendo la “stessa mente” del Budda ogni per-sona può esprimere il proprio potenziale unico e irripetibile.Questa è l’unica via per realizzare kosen rufu.

LO SP I R ITO DE LL’OFFERTA

Nella storia del Buddismo l’offerta ha sempre rivestitoun ruolo centrale. Nel Buddismo mahayana la donazione è laprima delle sei paramita,(31) i sei tipi di pratica che i bodhi-sattva dovevano osservare vita dopo vita per poter conseguirela Buddità.

La pratica della donazione consisteva nel fare offertemateriali e spirituali per salvare chi soffre, senza volere nullain cambio. Quest’ultimo aspetto è il “cuore” dell’offerta per-ché sottolinea l’importanza dello spirito sincero e disinteres-sato con cui agiamo sia per il nostro miglioramento sia persostenere gli altri.

Nei vari sutra sono riportate molte storie che descri-vono la retr ibuzione che segue le sincere offerte fatte alBudda e Nichiren le cita come esempi per la corretta praticabuddista in numerosi Gosho: «Nel passato il giovane Virtù vitto-riosa offrì una torta di fango al Budda e rinacque come il re Ashokache regnò su tutto Jambudvipa. Una povera donna si tagliò i capelli

MATER I A L E D I S TUD IO46

31 — Paramita è una parola sanscrita che significa “raggiungerel’altra sponda”, ovvero passare dalla sofferenza all’illuminazione.

e li vendette per comprare olio [per il Budda] e nemmeno i venti chesoffiano impetuosi dal monte Sumeru poterono estinguere la fiammadella lampada alimentata da quell’olio.»(32) oppure: «[...] perquanto una persona possa essere ignorante e le sue offerte misere, sesono indirizzate a chi sostiene la verità allora il suo merito saràgrande. Quanto è più vero questo nel caso di persone che in tuttasincerità fanno offerte al corretto insegnamento!»(33)

Oggi è la Soka Gakkai che mette in pratica il desideriodi Nichiren Daishonin di propagare la Legge per condurre lepersone alla felicità; le offerte in denaro che i membri fannoper sostenere le sue attività hanno il valore di quelle offertedescritte nel gosho e sono la causa da cui si originano im-mensi benefici e un elevato stato vitale.

Anche dedicare il tempo, così prezioso per noi, per larecitazione del daimoku, per parlare agli altri della pratica, perlo studio del buddismo, per le attività di sostegno degli altrisono offerte di grande valore, che aumentano la nostra for-tuna e la gioia di vivere.

Ci può sembrare di togliere qualcosa alla nostra vita main realtà, come spiega bene il Gosho La torre preziosa, stiamobeneficiando la nostra vita stessa: «Potresti pensare di aver fattoofferte alla torre preziosa del Tathagata Molti Tesori,(34) ma non ècosì. Le hai offerte a te stesso. Tu stesso sei un Tathagata da sempreilluminato e dotato dei tre corpi.»(35)

Poter offrire al movimento per kosen rufu qualcosa cheper noi ha valore, sia esso un bene materiale (come il denaroper mantenere i centri culturali - “kaikan” - o la nostra casaper le riunioni) oppure un bene immateriale (come il tempoper l’attività o l’incoraggiamento a una persona in difficoltà)

LE BAS I DELLA FEDE 47

32 — Risposta a Onichi-nyo, RSND, vol. I, pag. 96533 — Il corpo e la mente delle persone comuni, ibid., pag. 100634 — Termine sanscrito che si riferisce al Budda.35 — La torre preziosa, RSND, vol. I, pag. 264

è una grande opportunità per accrescere la nostra fede e pertrasformare gli attaccamenti in cause per benefici sempre piùvasti e profondi nella nostra vita.

MAT ER I A L E D I S TUD IO48

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La visione buddista della vita

I L M UTUO POSSESSO D E I D I E C I MON D I

«La vita in ogni istante è dotata dei dieci mondi. Al tempostesso ognuno dei dieci mondi è dotato di tutti gli altr i diecimondi».(1)

Il Buddismo spiega che la nostra vita non è limitata airistretti confini dell’io, ma include gli altr i esseri viventi, ilmondo esterno e addir ittura l’intero universo. Ogni feno-meno è considerato parte di un tutto, ed è fondato sulla realtàfondamentale, eterna e immutabile che il Daishonin deno-minò Myoho renge kyo.

La nostra coscienza abitualmente percepisce la vita indi-viduale come separata da quella degli altri, e il nostro interno

LA V I S IONE BUDD I STA DELLA V ITA

1 — L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, RSND, vol. I,pag. 313

separato dall’esterno. Questa visione della vita genera moltialtr i dualismi (corpo-mente, materia-spir ito, individuo-am-biente...) che sono alla radice di gran parte dei problemidell’umanità.

Secondo il Buddismo il risveglio a una vita più grandeche trascenda i confini dell’io, ma non separata da noi stessi,ci permette di attingere a una fonte di gioia e di creatività in-teriore in grado di trasformare le sofferenze di vita e morte edi ritrovare la profonda connessione con gli altri e con l’uni-verso.

La reciproca inclusione di tutti i fenomeni nella realtàfondamentale della vita è stata spiegata da T’ien-t’ai, maestrobuddista cinese del VI secolo, con la teoria dei tremila regni inun singolo istante di vita (ichinen sanzen), secondo la quale inun singolo istante di vita (ichinen) è contenuto l’insieme ditutti i fenomeni (sanzen) dell’universo.

Il primo tipo di classificazione dei fenomeni che com-pone la complessa teoria di ichinen sanzen è il principio delmutuo possesso dei dieci mondi.

Questo principio comprende un’accurata analisi dei di-versi stati esistenziali, definiti “mondi”, sperimentati da ognisingola vita di momento in momento, che condizionano lapercezione della realtà e la capacità di interagire con l’am-biente. Esso descr ive la dinamicità della vita, mostra comecostantemente ognuno dei “mondi” interiori passi dallo statolatente a quello manifesto e viceversa. L’alternarsi delle con-dizioni vitali è condizionato sia dall’apparire di uno stimoloappropriato esterno, sia delle nostre tendenze interne.

Così Nichiren descr ive il succedersi delle pr ime seicondizioni vitali o mondi in una persona: «Osservando di tantoin tanto il viso di una persona, talvolta lo troviamo gioioso, talvoltarabbioso, talvolta calmo; a volte mostra avidità, a volte stupidità, avolte servilismo. La rabbia è il mondo di inferno, l’avidità è ilmondo degli spiriti affamati, la stupidità è quello degli animali, il

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servilismo è il mondo di asura, la gioia è il mondo del cielo e lacalma quello degli esseri umani».(2)

Ma il cuore del concetto del mutuo possesso dei diecimondi è che ogni condizione vitale contiene il mondo diBuddità: ciascuno di noi, in qualsiasi istante della propria vitae con qualunque stato d’animo, ha il potenziale per speri-mentare e manifestare la Buddità. Grazie a questa teoria si èin grado non solo di riconoscere lo stato vitale presente, maanche di cambiarlo istantaneamente, facendo apparire la con-dizione di Buddità con la recitazione di Nam myoho rengekyo, che ne rappresenta lo stimolo appropriato. Inoltre pos-siamo meglio comprendere i sentimenti delle altre personepensando che anch’esse sono dotate dei dieci mondi, com-presa la Buddità.

Il Sutra del Loto espone il mutuo possesso dei diecimondi per rivelare che le persone comuni possono manife-stare la propria Buddità così come sono, senza dover rinascerein un’altra forma o in un’altra terra. Scrive Ikeda nel Mondodel Gosho: «Il vero significato di percepire i dieci mondi den-tro la propr ia mente consiste nel manifestare il mondo diBuddità che esiste nella propria vita. […] Per esempio, suppo-niamo di trovarci in una condizione senza speranza, in cui sof-friamo nel mondo d’Inferno. Se percepiamo la realtà del mu-tuo possesso dei dieci mondi e siamo convinti che nella nostravita esiste senza alcun dubbio la grande forza vitale della Bud-dità, riusciremo a superare qualsiasi cosa e infine a vincere».(3)

I dieci mondi sono: Inferno, Avidità, Animalità, Collera,Umanità, Cielo, Apprendimento, Realizzazione, Bodhisattva eBuddità.

I primi tre mondi - Inferno, Avidità e Animalità - sono

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2 — L’oggetto di culto per l’osservazione della mente, RSND, vol. I,pag. 3173 — Il mondo del Gosho, pagg. 339-340

chiamati i “tre cattivi sentieri”, condizioni in cui la singolavita, pr iva di coscienza di sé e forza di volontà, è in baliadell’angoscia impotente, del desiderio e degli istinti.

Il primo mondo, quello di INFERNO, indica uno statodel tutto privo di libertà, una condizione di estrema soffe-renza e disperazione in cui si è spinti dalla rabbia a distrug-gere se stessi e gli altri.

Il secondo è il mondo di AVIDITÀ. In questo stato siamogovernati dalla costante bramosia di determinati oggetti, opersone, o esperienze come la ricchezza, il potere, il piacereecc.

Il terzo mondo è quello di ANIMALITÀ: quando ci tro-viamo in questa condizione siamo come animali guidati dal-l’istinto di sopravvivenza e privi delle virtù di autocontrolloquali la ragione o la morale.

Questi primi tre mondi, insieme ai tre successivi, Col-lera, Umanità e Cielo, vengono definiti i “sei sentieri” o i seimondi inferiori, perché sono comunque attivati o disattivatidalle circostanze esterne, condizionati dalla realizzazione omeno di desideri e impulsi.

Il quarto è il mondo di COLLERA, in cui compare unaprima forma di coscienza dell’io, anche se è una coscienzacompetitiva, determinata a prevalere sugli altri a tutti i costi. Inquesto stato diamo valore solo a noi stessi e disprezziamo glialtri anche se, per comparire superiori, possiamo assumere at-teggiamenti gentili e benevolenti. In questa condizione vitaleesiste più energia e perseveranza che nei mondi precedenti.

Il quinto è il mondo di UMANITÀ. In questa condizionesiamo in grado di disporre della ragionevolezza e del con-trollo sulle nostre pulsioni istintive e agiamo in armonia conl’ambiente e con gli altri così da far emergere qualità “uma-ne” quali l’amore e il senso di giustizia, basate sulla distin-zione fra bene e male.

Il sesto mondo è quello di CIELO, in cui sperimentiamo

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la gioia che si prova quando si realizza qualcosa che si è desi-derato a lungo o si supera una sofferenza. Per quanto intensasia la sensazione di soddisfazione che si prova in questa con-dizione, essa non è duratura, perché estremamente dipendenteda condizioni e influenze esterne.

Il Buddismo sottolinea che la maggior parte delle per-sone trascorre la propria vita alternando questi sei stati, senzarendersi conto di essere del tutto alla mercé delle proprie rea-zioni all’ambiente esterno.

«Qualunque felicità o soddisfazione possiamo ottenerein questi mondi» scrive Ikeda «è totalmente dipendente dallecircostanze ed è perciò transitoria. Ma quando siamo intrap-polati nei sei mondi inferiori non riusciamo a capire questaverità, basiamo la nostra felicità, e addirittura la nostra stessaidentità, su fattori esterni e non siamo quindi in grado di tra-sformare la nostra vita. Quando perciò r iconosciamo chetutto quello che sperimentiamo nei sei mondi inferiori è im-permanente, e siamo allora spinti a cominciare la ricerca diuna verità duratura, entriamo nei mondi successivi, il mondodi Apprendimento e quello di Realizzazione».(4)

I “quattro mondi nobili” sono Apprendimento, Realiz-zazione, Bodhisattva e Buddità. A differenza degli stati vitaliprecedenti, caratterizzati da una reazione più o meno passivaall’ambiente, in questi mondi l’io fa uno sforzo deliberato ecosciente di autonomia r ispetto alle circostanze, basato sulmiglioramento personale e sulla ricerca della verità.

Nel mondo di APPRENDIMENTO cerchiamo di creareuna vita migliore tramite l’autoriforma e lo sviluppo perso-nale imparando da idee, conoscenze ed esperienze degli altri.Si sperimenta il mondo di Apprendimento quando si è ani-mati da uno spirito di ricerca.

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4 — Daisaku Ikeda, I misteri di nascita e morte, Esperia Edizioni,Milano, 2004, pag. 139

Il mondo di REALIZZAZIONE è una condizione in cui sipercepisce l’impermanenza di tutti i fenomeni e – nellosforzo di emanciparsi dalla sofferenza dei sei sentier i – sicerca di scoprire una verità più profonda tramite la propriapercezione diretta o l’intuizione. È lo stato vitale degli scien-ziati, dei filosofi, degli artisti, ma anche di tutti coloro che ri-flettendo su un particolare problema e cercando risposte den-tro di sé, riescono a comprenderlo e risolverlo.

Nel mondo di BODHISATTVA la caratteristica principaleè quella della compassione e del comportamento altruistico.Non si cerca l’illuminazione solo per sé ma insieme agli altri,consapevoli dei profondi legami di interdipendenza che uni-scono tutti gli esseri viventi. In questa condizione vitale lapiù grande soddisfazione deriva dal comportamento altrui-stico. Ma fino a questo nono mondo non emerge ancora l’il-luminazione.

Il decimo mondo, la BUDDITÀ, designa la condizione incui la saggezza innata si esprime al massimo livello e la veritàdi tutti i fenomeni viene compresa naturalmente. Questo ri-sveglio conferisce una sensazione di perfetta e assoluta libertàin cui la vita è percepita senza limiti. Il comportamento chederiva da questa condizione vitale è quello della condizionedi Bodhisattva, nella quale la felicità propria e quella degli al-tri non sono vissute come separate, ma sono sentite come ununico, autentico e profondo desiderio.

Secondo l’insegnamento buddista, quando stabiliamo laBuddità come condizione vitale di base possiamo dir igeretutte le attività fisiche e mentali degli altri nove mondi versomete altruistiche e di valore, producendo una riforma nellanostra esistenza e, allo stesso tempo, un cambiamento positivonel nostro ambiente.

«Nei quattro nobili sentieri» scrive Ikeda «si costruisceun cuore adamantino, si passa da un io in balìa dell’ambientea un io che influenza l’ambiente. Questa è la r ivoluzione

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umana e lo spirito di ricerca dei due veicoli ne costituisce lefondamenta».(5)

Infine, gli stati da Inferno a Bodhisattva sono collettiva-mente chiamati i nove mondi, per denotare la condizione nonilluminata dei comuni mortali influenzati dal karma, in con-trapposizione con il decimo mondo, la Buddità, uno stato diperfetta e assoluta libertà dai condizionamenti del karma cheè caratterizzato dal risveglio alla realtà dei fenomeni.

I L KARMA E L A SUA TRAS FORMAZ I ON E

Il Buddismo spiega che la felicità e l’infelicità che vi-viamo nel presente der ivano dalle cause poste nel passato.Queste cause sono le azioni positive e negative compiute inquesta vita e in quelle precedenti, dove per azioni si inten-dono sia i pensieri, sia le parole sia le azioni vere e proprie.

Secondo la legge di simultaneità di causa ed effetto,ogni volta che compiamo un’azione (causa), questa porta consé il suo effetto latente o potenziale, che diventerà manifestonelle condizioni opportune (causa esterna o relazione). L’ef-fetto latente che si viene a creare nella vita determina un’in-fluenza che continua nel futuro.

La totalità delle azioni compiute nelle vite passate e inquella presente, fino a oggi – e il loro potere di influenza – sichiama “karma”, una parola sanscrita che significa “azione”.

Il karma è detto positivo o negativo: quello positivoporta serenità e gioia, quello negativo porta sofferenza.

Da un certo punto di vista, quindi, nel presente “su-biamo” il potere di influenza delle cause poste nel passato.Nichiren Daishonin, utilizzando le scritture buddiste, espo-ne in modo molto chiaro questo concetto nel passo se-

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5 — Daisaku Ikeda, La saggezza del Sutra del Loto, Esperia Edi-zioni, 2014, vol. II, pag. 322

guente: «Il Sutra dell’osservazione della mente come la terraafferma: “Se vuoi conoscere le cause del passato, guarda gli effettidel presente; se vuoi conoscere gli effetti del futuro, guarda le causedel presente”».(6)

Qui viene descritto il funzionamento della cosiddetta“legge generale di causa ed effetto” (o causalità generale). Inbase a tale concetto di causalità, solo dopo esserci purificati ditutte le cause passate potremo vivere esistenze libere dallepreoccupazioni, sperando di non fare nulla di sbagliato nelfrattempo.

Il Buddismo di Nichiren Daishonin, pur rispettando lalegge generale di causa ed effetto, espone il principio ancorapiù profondo della causalità della Legge mistica. Con essachiarisce in cosa consiste la “negatività” di un’azione che creakarma negativo, e insegna come trasformare la nostra vita po-sitivamente senza dover aspettare di “espiare” ogni singolacausa posta nel passato.

Il Daishonin identifica un’unica causa generatr ice ditutto il karma negativo di tutte le vite passate: questa è l’a-zione di “offendere” la Legge.

Scrive il presidente Ikeda: «In sostanza offendere la Leg-ge significa non credere, dubitare dell’esistenza della natura diBudda in noi e negli altri. Questo dubbio è la causa fonda-mentale che impedisce al mondo di Buddità di emergere eche genera vari tipi di karma negativo. Sradicare questo dub-bio e far emergere il mondo di Buddità è la legge causale piùimportante che ci rende possibile trasformare il karma».(7)

Questo atteggiamento interiore di non riconoscimentodella nostra vera natura è chiamato “oscurità fondamentale” oignoranza, presente nella nostra vita al pari dell’illuminazione.È l’ignoranza del fatto che tutte le vite, anche la nostra, sono

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6 — L’apertura degli occhi, RSND, vol. I, pag. 2527 — Il mondo del Gosho, pagg. 459-460

entità della Legge mistica, la Legge fondamentale che permeal’universo, un’ignoranza che genera le illusioni e una spiraledi azioni negative.

Possiamo trasformare definitivamente in questa esi-stenza il karma negativo che abbiamo creato nelle vite passatesconfiggendo questa ignoranza, credendo nella Legge misticae lottando per realizzare kosen rufu, affrontando con corag-gio ogni difficoltà.

Questa è la strada più diretta ed efficace per trasformaredefinitivamente il potere di influenza del karma negativo ac-cumulato.

Nichiren Daishonin ce ne ha dato testimonianza perprimo, ci ha spiegato come realizzarla lasciandoci la praticadella recitazione del daimoku davanti al Gohonzon per risve-gliare incessantemente una fede profonda nella nostra naturadi Budda e sconfiggere costantemente l’oscurità fondamen-tale, r isvegliata dalle relazioni karmiche negative di cui èpiena la nostra vita quotidiana.

Nel momento stesso in cui noi facciamo sorgere dallanostra vita, attraverso la fede, la saggezza del Budda, l’igno-ranza scompare immediatamente e ci sentiamo rivitalizzati epieni di energia. Così come, per fare un esempio, quando ac-cendiamo la luce in un luogo buio, tutto si illumina subito.

Quindi, credendo nella Legge mistica, non solo cancel-liamo il potere di influenza in questa vita del karma passatoma cambiamo la direzione di tutte le esistenze future.

L’espressione “trasformare” il karma non significa chegli effetti delle azioni fatte nelle vite passate vengono cancel-lati, ma che li riceviamo in forma più leggera e che la dire-zione della nostra vita cambia radicalmente, perché si innescauna spirale positiva che porta a un bene sempre più grande inquesta vita e in quelle successive e ci permette di superareogni difficoltà.

La chiave della trasformazione del karma sta dunque

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nella trasformazione del nostro cuore(8) rispetto alla Legge mi-stica: da una condizione in cui non si crede a una condizionein cui si crede. E noi possiamo credere nella Legge misticaperché la natura di Budda è inerente alla nostra vita.

I livelli successivi della trasformazione sono quelli del-la parola e dell’azione, che diventano parole e azioni che cre-dono nella Legge, la proteggono e la propagano. Così la tra-sformazione del karma avviene a tutti i livelli delle azioni, esi manifesta nel nostro carattere e nel nostro modo di vi-vere.

In questo processo diventa fondamentale la relazionemaestro-discepolo: sforzandoci di allineare il nostro cuore aquello del maestro, che dedica la vita a credere, proteggere ediffondere la Legge, realizziamo anche noi la trasformazionedel nostro karma.

LE NON DUAL I TÀ : V I TA E AM B I E NTE , COR PO E M E NTE

Nel modo corrente di pensare sia la vita e l’ambiente,sia il corpo e la mente vengono considerati – in base alla loroapparenza – come entità distinte. Secondo il Buddismo peròquesti fenomeni derivano dalla stessa forza vitale cosmica, laLegge fondamentale della vita, e sono quindi, a un livello piùprofondo, un’unica realtà.

Questo concetto di non dualità (o di “unicità”, giapp.funi) si applica non solo alle due relazioni che stiamo esami-nando ma a tutte le relazioni che legano tra loro i fenomenidell’universo.

Il principio buddista di “non dualità di vita e ambiente”

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8 — La parola “cuore” è la traduzione dell’ideogramma cinesekokoro (o shin), che non ha equivalenti in italiano in quanto denota eabbraccia la totalità di mente, spirito, emozioni e volontà. Viene tra-dotto con cuore o mente, o più generalmente vita.

è la traduzione dell’espressione giapponese esho funi: il temineesho deriva dalla contrazione di shoho, vita o individuo sog-gettivo, e eho, ambiente oggettivo, mentre funi significa “duenei fenomeni ma non due nell’essenza”. La vita e il suo am-biente sono quindi due fenomeni distinti ma una cosa solanella loro essenza fondamentale.

Per “vita” si intende il sé soggettivo che sperimenta glieffetti delle azioni passate ed è capace di creare nuove causeper il futuro. Per “ambiente” si intende il luogo oggettivo do-ve gli effetti karmici di questa vita prendono forma. Ogni es-sere vivente ha il suo ambiente unico, che ha molti aspetti: lafamiglia, il lavoro, la comunità sociale, come pure l’ambientenaturale.

Ogni essere vivente crea l’ambiente fisico che riflette lasua realtà interiore e percepisce l’ambiente che lo circondaattraverso la propria condizione vitale. Nel Gosho Sui presagiNichiren Daishonin utilizza questo paragone: «L’ambiente èparagonabile all’ombra e l’essere vivente al corpo. Senza il corponon può esistere l’ombra e senza vita non c’è ambiente. Inoltre, lavita è modellata dall’ambiente».(9)

Il sé (la vita) e il mondo oggettivo (l’ambiente) esistonoquindi in una relazione di continuità e di reciproca influenza.Gli individui possono influenzare e riformare il proprio am-biente tramite un cambiamento interiore, ossia elevando leloro tendenze di base.

Nel Conseguimento della Buddità in questa esistenza Ni-chiren Daishonin afferma: «Se la mente degli esseri viventi è im-pura, anche la loro terra è impura, ma se la loro mente è pura, lo èanche la loro terra; non ci sono terre pure e terre impure di per sé: ladifferenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostramente».(10)

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9 — RSND, vol. I, pag. 57410 — Ibid., vol. I, pag. 4

Diversamente dalla tendenza umana a cercare sia lecause sia le soluzioni della sofferenza all’esterno di se stessi,dal punto di vista del Buddismo la riforma dell’ambiente sipuò ottenere a partire dal cambiamento del nostro atteggia-mento interiore, credendo nella Buddità propria e degli altrie recitando daimoku; tale trasformazione ci porta a percepirel’ambiente sotto una nuova luce, con una più alta condizionevitale, e a modificare così totalmente il tipo di interazionecon esso attraverso azioni compassionevoli; questo nostrocomportamento è in grado di trasformare positivamentel’ambiente.

Il principio di “non dualità di corpo e mente”, e più ingenerale di fenomeni materiali (visibili) e spirituali (non visi-bili) è detto shiki shin funi. Shiki indica gli aspetti concretidella vita, la mater ia e tutti i fenomeni fisici, compreso ilcorpo umano, ma anche le azioni e il comportamento. Shinindica l’insieme dei fenomeni non materiali come i pensieri,le emozioni, le sensazioni, la volontà, l’intenzione, ecc. Funisignifica unicità o non dualità.

La Legge della vita si manifesta e si r ivela nell’essereumano attraverso i due aspetti del corpo e della mente. L’in-terrelazione profonda intuita dal Buddismo è confermata oggianche dalla fisiologia e dalla psicologia e da altre branchedella scienza.

Nella Raccolta degli insegnamenti orali Nichiren Daisho-nin afferma che «la terra rappresenta l’elemento del corpo, mentrel’aria rappresenta l’elemento della mente, ma dovremmo capire checorpo e mente non sono due entità differenti».(11) E anche: «Le pa-role “Legge meravigliosa” indicano che il corpo e la mente non sonodue entità differenti».(12)

Il Daishonin spiega qui che l’universo nel suo com-

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11 — ROTT, pag. 9512 — Ibid., pag. 108

plesso può essere visto come un’interazione tra materia e spi-r ito, anche se a un livello più profondo, dal punto di vistadella Legge mistica, l’aspetto spirituale e l’aspetto fisico nonsono affatto diversi o separati ma sono indivisibili nell’essenzain quanto entrambi aspetti della stessa realtà fondamentale.

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Il conseguimento della Buddità in questa esistenza(1)

Se vuoi liberarti dalle sofferenze di nascita e morte che sop-porti dal tempo senza inizio e ottenere sicuramente la suprema illu-minazione in questa esistenza, devi cogliere la mistica verità che èoriginariamente inerente(2) a tutti gli esseri viventi. Questa verità è

I L CONSEGU IMENTO DELLA BUDD ITÀ IN QUESTA ES I STENZA

1 — RSND, vol. I, pagg. 3-5. Questo Gosho è stato scritto nel1255, a trentaquattro anni, a Kamakura, ed è destinato a Toki Jonin. Iltitolo originale è Issho Jobutsu Sho (Gosho Zenshu, pag. 383), reso conl’espressione “il conseguimento della Buddità in una sola esistenza”. Iltermine issho significa letteralmente “una singola nascita” e si riferisceall’attuale rinascita, ossia a questa esistenza. “Una sola esistenza” vieneusato da T’ien-t’ai in contrapposizione a ryakkoshugyo che indica lepratiche (shugyo) che gli ascoltatori della voce, i risvegliati all’originedipendente (pratyekabuddha) e i bodhisattva dei sutra provvisori dove-vano adempiere per innumerevoli kalpa (ryakko) e quindi attraverso in-numerevoli rinascite prima di conseguire l’illuminazione.2 — In giapponese Honnu: hon significa letteralmente origine, èlo stesso di hon di honmon (insegnamento dell’illuminazione originale) e

Myoho renge kyo. Di conseguenza recitare Myoho renge kyo ti per-metterà di cogliere questa mistica verità innata in tutti gli esseri vi-venti.

Il Sutra del Loto è il re dei sutra, autentico e corretto sia nellalettera che nella teoria. I suoi caratteri sono il vero aspetto di tutti ifenomeni e questo vero aspetto è la Legge mistica. È chiamata Leggemistica perché spiega la relazione di mutua compenetrazione tra unsingolo istante di vita(3) e tutti i fenomeni. È questa la ragione percui tale sutra è la saggezza di tutti i Budda.

“Mutua compenetrazione tra un singolo istante di vita e tuttii fenomeni” significa che la vita in ogni singolo istante(4) abbraccia il

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di honbutsu (Budda originale), e u significa letteralmente essere presenteo esserci. Quindi: originariamente presente.3 — L’espressione “un singolo istante di vita” corrisponde algiapponese ichinen, letteralmente “un singolo istante di pensiero” o “ilpensiero in un singolo istante”.4 — L’espressione “vita in ogni singolo istante”, che ricorre piùvolte nel testo, corrisponde all’espressione giapponese ichinen no kokoroche significa “la mente in ogni singolo istante di pensiero”. Mente,cuore, vita sono tre parole che nella nostra lingua possono indicareconcetti anche molto diversi ma che spesso corrispondono, in partico-lare nei testi buddisti, allo stesso carattere giapponese: kokoro (o shin,che corrisponde alla seconda lettura dello stesso carattere). Nel GoshoIl conseguimento della Buddità in questa esistenza il termine kokoro o shin èstato tradotto quasi sempre con “mente” e talvolta con “vita”: indi-chiamo di seguito in breve le ragioni di queste scelte. Kokoro o shin ingenerale indica contemporaneamente sia la mente sia tutte le attivitàumane di cui essa sarebbe il centro, non solo quindi del pensiero e dellavolontà ma anche dei sentimenti. Nel principio buddista di shikishinfuni, non dualità di corpo e mente, shin (mente) è utilizzato in opposi-zione a shiki (corpo) – tutto ciò che ha forma e colore, ossia l’aspettofisico dell’esistenza – e indica quindi ciò che non ha né forma né co-lore, l’aspetto mentale e psichico della vita. Dunque kokoro o shin desi-gna sia la mente sia tutte le funzioni mentali, come ad esempio la fedeo la fiducia, la determinazione, il coraggio, la compassione, ecc., altreespressioni con cui spesso questo termine viene tradotto. Anche se initaliano è stato reso a volte con il termine “cuore”, non risulta che vadamai interpretato come “cuore” nel senso di “sede dei sentimenti” sepa-ratamente da “mente” intesa come “sede del pensiero”, bensì in termini

corpo e la mente,(5) l’io e l’ambiente di tutti gli esseri senzienti deidieci mondi e anche di tutti gli esseri insenzienti dei tremila regni:le piante, il cielo e la terra, fino alla più piccola particella di polvere.La vita in ogni singolo istante permea l’intero regno dei fenomeni esi manifesta in ognuno di essi. Quando ci risvegliamo a questa ve-rità abbiamo compreso la mutua compenetrazione tra un singoloistante di vita e tutti i fenomeni. Tuttavia, se reciti e credi in Myohorenge kyo ma pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai abbrac-ciando non la Legge mistica ma un insegnamento inferiore. “Inse-gnamenti inferiori” sono quelli diversi da questo sutra, che sono tuttiespedienti e insegnamenti provvisori. Nessun espediente o insegna-mento provvisorio conduce direttamente all’illuminazione e, senza ladiretta via all’illuminazione, non si può conseguire la Buddità, ne-anche praticando vita dopo vita per innumerevoli kalpa. Raggiun-gere la Buddità in questa esistenza sarebbe dunque impossibile. Per-ciò, quando invochi myoho e reciti renge(6) devi sforzarti di credereprofondamente che Myoho renge kyo è la tua stessa vita.(7)

Non devi mai pensare che qualcuno degli ottantamila sacri in-segnamenti di Shakyamuni o qualcuno dei Budda e bodhisattvadelle tre esistenze e delle dieci direzioni sia al di fuori di te. La pra-tica degli insegnamenti buddisti non ti solleverà affatto dalle soffe-renze di nascita e morte a meno che tu non percepisca la vera naturadella tua vita.(8) Se cerchi l’illuminazione al di fuori di te, anche ese-guire diecimila pratiche e diecimila buone azioni sarà inutile come se

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di “vita” che può essere profondamente diretta verso la Legge o versol’errore.5 — Il termine tradotto qui con “mente” indica l’aspetto men-tale o psichico della vita. È lo shin di shikishin funi, non dualità di corpoe mente. Ha un significato meno ampio di kokoro (vedi nota 4). 6 — «Invocare myoho e recitare renge» significa recitare il Dai-moku della Legge mistica, cioè Nam myoho renge kyo.7 — Letteralmente “ogni tuo singolo istante di pensiero”, o “divita”.8 — Letteralmente “la natura della mente”, vedi nota 4.

un povero stesse giorno e notte a contare le ricchezze del suo vicino,senza guadagnare nemmeno mezzo centesimo.

Per questo il commentario della scuola T’ien-t’ai afferma: «Senon si percepisce la natura della propria vita,(9) non si possono sradi-care le proprie gravi colpe».(10) Questo implica che finché non si per-cepisce la natura della propria vita,(11) la pratica sarà un’infinita edolorosa austerità. Perciò queste persone che studiano il Buddismovengono tacciate di essere non buddiste. Come afferma Grandeconcentrazione e visione profonda: «Benché studino il Buddi-smo, le loro idee non sono diverse da quelle dei non buddisti».

Sia che tu invochi il nome del Budda,(12) che reciti il sutra osemplicemente offra fiori e incenso, tutte le tue azioni virtuose met-teranno nella tua vita(13) buone radici e benefici. Pratica la fede conquesta profonda convinzione. Il Sutra di Vimalakirti afferma che,quando si ricerca l’emancipazione del Budda nella mente degli essericomuni, si scopre che gli esseri comuni sono l’entità dell’illumina-zione e che le sofferenze di nascita e morte sono nirvana. Affermainoltre che, se la mente degli esseri viventi è impura, anche la loroterra è impura, ma se la loro mente è pura, lo è anche la loro terra;non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la differenza sta uni-camente nella bontà o malvagità della nostra mente.

Lo stesso vale per un Budda e una persona comune. Quandouna persona è illusa è chiamata essere comune, quando è illuminataè chiamata Budda. È come uno specchio appannato che brillerà comeun gioiello se viene lucidato. Una mente annebbiata dalle illusioniderivate dall’oscurità innata è come uno specchio appannato cheperò, una volta lucidato, sicuramente diverrà chiaro e rifletterà la na-

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9 — Letteralmente “mente”, vedi nota 4.10 — Annotazioni su Grande concentrazione e visione profonda. 11 — Letteralmente “mente”, vedi nota 4.12 — «Il nome del Budda» in questo contesto denota Nammyoho renge kyo.13 — Letteralmente “in ogni singolo istante di pensiero” ossia“in ogni singolo istante di vita”.

tura essenziale di tutti i fenomeni e il vero aspetto della realtà. Ri-sveglia in te una profonda fede e lucida con cura il tuo specchio nottee giorno. Come dovresti lucidarlo? Solo recitando Nam myoho ren-ge kyo.

Cosa significa myo (mistico)? È la misteriosa natura(14) dellanostra mente in ogni singolo istante, che la mente stessa non riesce acomprendere e le parole non possono esprimere. Guardando la nostramente in ogni singolo istante, non possiamo dire che esiste perché nonne percepiamo né colore né forma. Non possiamo dire che non esiste,poiché pensieri differenti sorgono di continuo. Riguardo a questamente in ogni singolo istante, non si dovrebbe pensare né che esistané che non esista. È una realtà inafferrabile che trascende sia le pa-role che i concetti dell’esistenza e della non esistenza. Non è né esi-stenza né non esistenza, e tuttavia manifesta le caratteristiche di am-bedue. È la mistica entità della Via di mezzo che è l’unica verarealtà. Myo è il nome dato a questa misteriosa natura della vita(15) eho quello attribuito alle sue manifestazioni. Renge, che significa fioredi loto, simboleggia il mistero di questa Legge. Se comprendiamo chela nostra vita(16) in questo singolo istante è myo, allora comprende-remo che la nostra vita(17) è la Legge mistica anche in tutti gli altri i-stanti.(18) Tale comprensione è il mistico kyo, o sutra. Il Sutra del Lotoè il re dei sutra, la diretta via all’illuminazione, poiché spiega chel’entità della nostra vita(19) in ogni singolo istante, dalla quale sor-

I L CONSEGU IMENTO DELLA BUDD ITÀ IN QUESTA ES I STENZA 67

14 — Il termine qui tradotto con “misteriosa” significa in realtà“insondabile” e il carattere qui reso con “natura” letteralmente significa“luogo”. Nel lessico buddista è spesso usato per indicare il luogo da cuisorgono le funzioni mentali, ma qui indica la misteriosa natura dellavita.15 — Letteralmente “mente”, vedi nota 4.16 — Ibid.17 — Ibid.18 — Questa frase si può interpretare anche: «Se comprendiamoche la nostra vita in questo singolo istante è myo, allora comprende-remo che anche tutte le altre vite sono entità della Legge mistica».19 — Letteralmente “mente”, vedi nota 4.

gono sia il bene che il male, è in realtà l’entità della Legge mistica.Se hai una profonda fede in questa ver ità e reciti Myoho

renge kyo, sicuramente raggiungerai la Buddità in questa esistenza.Questo è il motivo per cui il sutra afferma: «Dopo la mia estin-zione, dovrebbe abbracciare e sostenere questo sutra. Tale persona si-curamente, senza alcun dubbio, conseguirà la Via del Budda».(20)

Non dubitare mai minimamente.Con profondo rispetto.Questa è la fede [e la pratica] per il conseguimento della

Buddità in questa esistenza. Nam myoho renge kyo, Nam myoho renge kyo.Nichiren

È L A T U A V I TA S T E S S A (21)

Recitare Nam myoho renge kyo significa entrare in co-munione con la Legge mistica; è la pratica buddista per fon-dere le nostre vite con la Legge mistica e al tempo stesso èuna battaglia per vincere l’oscurità interiore che impediscequesta fusione. Quando sconfiggiamo l’oscurità dell’illusionee dell’ignoranza attraverso la fede e diventiamo una sola cosacon la Legge mistica, il potere infinito di questa grande Leggesi manifesta nella nostra vita. Tale è il beneficio incommensu-rabile della recitazione di Nam myoho renge kyo.

Recitare Nam myoho renge kyo con spirito di ricercanella fede è l’essenza della pratica di recitare il daimoku isti-tuita e propagata da Nichiren Daishonin. «È il cuore che è im-portante»(22) afferma il Daishonin. Perciò, quando recitiamo do-

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20 — Il Sutra del Loto, pag. 37821 — Testo della spiegazione di Daisaku Ikeda tratto dal volumeIl conseguimento della Buddità in questa esistsenza, Esperia, Milano, 2008,pag. 31 e segg.22 — La strategia del Sutra del Loto, RSND, pag. 889.

vremmo soprattutto fare appello dentro di noi a una fede co-raggiosa per vincere le illusioni senza essere sconfitti dai treostacoli e dai quattro demoni.

Rendere la causa e l’effetto del conseguimentodella Buddità il nucleo e la base della nostra vita

Myoho renge kyo è il nome della mistica verità fonda-mentale e Nam myoho renge kyo è il nome dello stato vitaledei Budda che incarnano e rivelano questa verità. Quando re-citiamo Nam myoho renge kyo con spirito di ricerca, il bene-ficio infinito di Myoho renge kyo si dispiega nella nostra vita.Far emergere il mondo di Buddità significa questo.

Qui è all’opera il principio di “causa ed effetto in unsingolo istante di vita”,(23) nel quale la fede è la causa e la ma-nifestazione della condizione vitale di Buddità l’effetto.Quando continuiamo a recitare Nam myoho renge kyo sia neimomenti di sofferenza sia in quelli di gioia, mentre ci sfor-ziamo per la felicità nostra e degli altri, possiamo far sì che lacausa e l’effetto del conseguimento della Buddità – entrambicontenuti nella pratica della recitazione del daimoku – diven-tino il centro e la base della nostra vita. Allora la condizionevitale indomita della Buddità emerge dentro di noi. Questosignifica “conseguire la Buddità in questa esistenza”.

Nel suo trattato L’oggetto di culto per l’osservazione dellamente il Daishonin afferma: «Il Budda Shakyamuni, che ha otte-nuto la perfetta illuminazione, è la nostra carne e il nostro sangue;

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23 — “Causa ed effetto in un singolo istante di vita”. Questoprincipio insegna che la causa e l’effetto del conseguimento della Bud-dità esistono nella vita di tutte le persone in ogni istante. La fede e lapratica basate sulla Legge mistica sono la causa che permette di rag-giungere istantaneamente la Buddità e manifestare le virtù del mondodi Buddità che esiste nella nostra vita.

le sue pratiche e le virtù che come conseguenza egli ottenne sono lenostre ossa e il nostro midollo»,(24) spiegando che abbracciareMyoho renge kyo è già ottenere l’illuminazione.(25) Il poteredella recitazione di Nam myoho renge kyo ci permette diconcretizzare il principio di causa ed effetto in un singoloistante di vita, vale a dire che la fede (causa) ci conduce a ma-nifestare la Buddità (effetto).

In questo senso la nostra voce che recita il daimoku è la“voce della fede incrollabile e dello spirito di ricerca” che de-molisce l’oscur ità interna dell’ignoranza e dell’illusione espazza via qualsiasi ostacolo o funzione demoniaca. È anche ilcoraggioso “ruggito del leone” che scaturisce dalla Budditàche abbiamo rivelato come effetto del daimoku.

La recitazione di Nam myoho renge kyo non è solo la“voce della fede” delle persone comuni, è anche la “vocedella Buddità”. Per questa ragione dovremmo sempre cercaredi recitare un daimoku risonante, con un ritmo vibrante e vi-goroso come quello di un cavallo al galoppo.

Recitare daimoku è un’azione con la quale affermiamodi essere intrinsecamente entità di Myoho renge kyo. È unalotta per fare ritorno alla nostra vera identità originale e at-tingere la forza vitale innata che possediamo sin dal temposenza inizio.

Il Daishonin dice: «Non c’è vera felicità per gli esseri umani

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24 — RSND, vol. I, pag. 32525 — Abbracciare Myoho renge kyo è di per sé illuminazione. LaLegge mistica è la Legge fondamentale grazie alla quale tutti i Buddadelle tre esistenze ottengono l’illuminazione. Nichiren Daishonin lapercepì nella sua vita e la manifestò concretamente nella forma delGohonzon, l’oggetto di devozione fondamentale. Recitare Nam myohorenge kyo con fede nel Gohonzon costituisce la pratica di osservare lapropria mente per raggiungere la Buddità percependo la Legge misticaall’interno della propria vita. Questo è il principio di “abbracciare ilGohonzon è di per sé illuminazione”.

al di fuori del recitare Nam myoho renge kyo».(26) Questa felicità èla “gioia senza limiti della Legge”.(27) La gioia della Legge èl’incrollabile felicità e pace interiore che è intr inseca nellavita e nell’esistenza stessa. Sperimentare questa gioia equivalea gustare e godere pienamente dell’infinita forza vitale che èuna sola cosa con la Legge mistica.

Il Daishonin afferma che l’unico modo che abbiamoper assaporare la gioia della Legge mistica è recitare Nammyoho renge kyo.

La Legge mistica e gli insegnamenti incompleti

Tuttavia, se reciti e credi in Myoho renge kyo ma pensi che laLegge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica,ma un insegnamento inferiore. “Insegnamenti inferiori” sono quellidiversi da questo sutra, che sono tutti espedienti e insegnamentiprovvisori. Nessun espediente o insegnamento provvisorio conducedirettamente all’illuminazione e, senza la diretta via all’illumina-zione, non si può conseguire la Buddità, neanche praticando vitadopo vita per innumerevoli kalpa. Conseguire la Buddità in questaesistenza sarebbe dunque impossibile. Perciò, quando invochi myohoe reciti renge(28) devi sforzarti di credere profondamente che Myohorenge kyo è la tua vita stessa.

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26 — Felicità in questo mondo, RSND, vol. I, pag. 60727 — La gioia senza limiti della Legge. È il beneficio che si ot-tiene abbracciando la Legge mistica, la descrizione della condizione il-luminata di un Budda. In Felicità in questo mondo il Daishonin afferma:«Non c’è vera felicità per gli esseri umani al di fuori del recitare Nammyoho renge kyo. Il sutra afferma: “E là gli esseri viventi sono felici e aproprio agio” (Il Sutra del Loto, pag. 318). Potrebbe forse indicare qual-cosa di diverso dalla gioia senza limiti della Legge?» (RSND, pag. 607).28 — “Invocare myoho e recitare renge” significa recitare il dai-moku della Legge mistica, o Nam myoho renge kyo.

Poiché il daimoku ha un significato profondo, quandorecitiamo dobbiamo sempre ricordarci che Myoho renge kyoè la nostra vita. Se perdiamo di vista questo punto allora, perquanto daimoku possiamo recitare, saremo lontani dalla pra-tica che insegna Nichiren Daishonin.

Perciò nel Conseguimento della Buddità in questa esistenzail Daishonin ammonisce severamente: «Tuttavia, se reciti e crediin Myoho renge kyo, ma pensi che la Legge sia al di fuori di te, staiabbracciando non la Legge mistica ma un insegnamento inferiore».Inferiore qui significa incompleto. La Legge mistica è la ve-rità fondamentale, perfetta e completa, mentre un insegna-mento incompleto espone soltanto una verità parziale.

Il passo citato contiene una filosofia della fede determi-nante per realizzare un’autentica felicità, una filosofia pro-fonda che permette di superare una delle trappole più graviin cui le religioni tendono a cadere. La religione viene gene-ralmente considerata l’impresa universale di collegare l’essereumano all’infinito, all’assoluto e al divino. In un certo sensoquesto è vero, eppure molte religioni sin dall’inizio postulanouna separazione tra il secolare e il divino, tra gli esseri umanie gli dèi o i Budda, e ricercano di conseguenza un ponte persuperare questa frattura.

Il Daishonin considera incompleti gli insegnamenti chevedono l’assoluto o il divino separato dagli esseri umani, e citacome esempi gli insegnamenti provvisori precedenti al Sutradel Loto esposti da Shakyamuni. Questi insegnamenti nonespongono i principi o la pratica che permettono alle personecomuni di conseguire la Buddità in questa esistenza, e spie-gano invece che prima di riuscire a ottenere l’illuminazioneoccorre sottoporsi a innumerevoli kalpa di pratiche austere.

Secondo gli insegnamenti provvisori precedenti al Sutradel Loto esiste un abisso sostanzialmente invalicabile tra iBudda e gli esseri umani. Solo un piccolo gruppo di credentieccezionali, dopo aver praticato le austerità per innumerevoli

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kalpa, può forse cercare di raggiungere l’obiettivo dell’illumi-nazione.

Inoltre, secondo questi insegnamenti, è inconcepibileche chi è diventato un Budda ritorni a essere una persona co-mune. Normalmente il mondo in cui abitano i Budda non èil travagliato mondo di saha in cui vivono le persone comuni.Budda e persone comuni sono completamente separati; per-ciò, finché sussiste questa divisione tra il mondo di Buddità ei nove mondi (il regno degli esseri comuni), non può essercialcun mezzo col quale tutte le persone possano ottenere l’il-luminazione. Secondo questa visione del mondo le personecomuni e i Budda idealizzati stanno agli antipodi, e le per-sone comuni non possono aspirare alla salvezza se non attra-verso l’assistenza e l’intervento di questi Budda.

Questa percezione di separazione tra i nove mondi e ilmondo di Buddità viene di fatto annullata dalla dottrina delSutra del Loto dei tremila regni in un singolo istante di vita,cioè dalla dottrina per cui «i nove mondi possiedono la Buddità ela Buddità possiede i nove mondi».(29) Da ciò comprendiamol’immensa importanza del principio contenuto nel Sutra delLoto del “mutuo possesso dei dieci mondi”.

Il Daishonin ha aperto la strada alla realizzazione con-creta di questo principio, che è la chiave per raggiungere laBuddità in questa esistenza, istituendo la pratica della recita-zione di Nam myoho renge kyo, la forma più matura e com-pleta dell’insegnamento buddista che ricerca l’illuminazioneper tutti gli esseri umani.

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29 — La scelta del tempo, RSND, vol. I, pag. 480. «i nove mondipossiedono la Buddità e la Buddità possiede i nove mondi» significa chela vita degli esseri dei nove mondi, da Inferno a Bodhisattva, è dotatadel mondo di Buddità e che anche la vita dei Budda è dotata dei novemondi. Vale a dire che le persone comuni e i Budda sono essenzial-mente uguali e senza distinzioni fra loro.

Richiamare e manifestare la natura di Budda

La Legge mistica è la Legge fondamentale dell’universoe, in tal senso, ha un’universalità che trascende l’io indivi-duale. Tuttavia, come si comprende dalla definizione che nedà il Daishonin, «la mistica verità innata in tutti gli esseri vi-venti»(30) esiste anche dentro la nostra vita. Essa è al tempostesso dentro e fuori di noi. Da un altro punto di vista, laLegge mistica è inerente alla nostra vita perché è la Legge on-nicomprensiva che pervade ogni cosa nell’universo.

In Come coloro che inizialmente aspirano alla via possonoconseguire la Buddità attraverso il Sutra del Loto, il Daishoninspiega così l’essenza di Myoho renge kyo: «Quanto a Myohorenge kyo, si chiama Myoho renge kyo il principio per cui la naturadi Budda di noi persone comuni, la natura di Budda di Brahma,Shakra e delle altre divinità, la natura di Budda di Shariputra,Maudgalyayana e degli altr i ascoltator i della voce, la natura diBudda di Manjushri, Maitreya e degli altri bodhisattva, e la misticaLegge che è l’illuminazione dei Budda delle tre esistenze, sono unasola identica cosa».(31)

Myoho renge kyo, egli afferma, non è soltanto la nostranatura di Budda ma anche la natura di Budda di tutte le divi-nità celesti, degli ascoltatori della voce, dei bodhisattva e cosìvia. Inoltre questa natura di Budda è identica alla Legge mi-stica alla quale sono illuminati i Budda delle tre esistenze.

Il Daishonin prosegue spiegando che recitare daimoku èuna pratica con la quale “si chiama e si manifesta” la natura diBudda originariamente presente in tutti gli esseri dei diecimondi: «Perciò, quando recitiamo una volta Myoho renge kyo, conquesto singolo suono chiamiamo e manifestiamo la natura di Budda

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30 — Ibid., pag. 331 — Ibid., pag. 789

di tutti i Budda, di tutte le esistenze, di tutti i bodhisattva e gliascoltatori della voce, di tutte le divinità come Brahma, Shakra e ReYama, il sole, la luna e le miriadi di stelle, di tutti gli dei celesti eterreni, di tutti gli abitanti dell’inferno, degli spiriti affamati, ani-mali, asura, esseri umani e celesti e di tutti gli altri esseri viventi.Questo è un beneficio immenso, incalcolabile».(32)

Riguardo al significato di recitare il daimoku aggiunge:«Quando veneriamo il Myoho renge kyo che è nella nostra vita comeoggetto di culto, la natura di Budda che è in noi viene richiamatadalla nostra recitazione di Nam myoho renge kyo e si manifesta.Questo si intende per “Budda”.»(33)

L’espressione “chiamiamo e manifestiamo” si riferisce alsignificato profondo della Legge mistica. Con una bellissimametafora il Daishonin spiega questo principio di richiamare erivelare la nostra natura di Budda interiore. «Per fare un esem-pio, quando un uccello in gabbia canta, gli uccelli che volano liberinel cielo sono richiamati e si radunano intorno a lui. E quando gliuccelli che volano nel cielo si radunano, l’uccello in gabbia cerca diuscire fuori».(34)

Il canto dell’uccello in gabbia è il daimoku recitatodalle persone comuni, imprigionate dalle catene dell’oscuritàfondamentale, delle illusioni e dei desideri, che risvegliano insé la fede nella Legge mistica. In altre parole, è il daimoku re-citato con una fede determinata a vincere su tutti gli ostacolie a diventare sicuramente felici grazie al potere della Leggemistica.

Il potere di un daimoku così forte e determinato r i-chiama la natura di Budda in tutti gli esseri viventi. Non so-lo si manifesta la natura di Budda di Brahma, Shakra, deiBudda e bodhisattva di tutto l’universo, ma coloro che reci-

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32 — Ibid.33 — Ibid.34 — Ibid.

tano Nam myoho renge kyo sono anche in grado di spezzarele catene dell’oscurità fondamentale e dell’illusione e di rive-lare la propria natura di Budda. È il potere della nostra voceche recita Nam myoho renge kyo a collegare le nostre vitecon la Legge mistica che pervade tutti i fenomeni dei tremilaregni.

In Lettera a Niike il Daishonin spiega ulteriormente il si-gnificato di recitare daimoku attraverso la famosa analogiadella mamma uccello e dell’uovo,(35) paragonando la recitazionedi Nam myoho renge kyo al calore della mamma uccello.

Dapprima nell’uovo c’è solo liquido, ma grazie al caloredella mamma uccello si formano il becco, gli occhi e lepiume, fino a che il piccolo r iesce a spezzare il guscio, faschiudere l’uovo e vola in cielo come sua madre. In questaanalogia la sostanza contenuta nell’uovo rappresenta la naturadi Budda di tutti gli esseri viventi, e la mamma uccello è ilBudda che conduce le persone all’illuminazione. La recita-zione di Nam myoho renge kyo è al tempo stesso la “vocedella fede” delle persone comuni e una funzione dello statovitale di Buddità.

L’avvertimento più importante del Daishonin riguardoall’ottenimento dell’illuminazione attraverso la recitazione diNam myoho renge kyo riguarda il fatto che non dobbiamoconsiderare la Legge come qualcosa di esterno a noi perché,in tal caso, regrediremmo a quella divisione fra Budda e per-

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35 — Scrive Nichiren Daishonin: «L’uovo di un uccello all’iniziocontiene solo acqua, ma da questa acqua, senza l’intervento di nessuno,si sviluppano un becco, due occhi e tutto il resto e infine un uccelloche vola nel cielo. Anche noi, benché abbiamo un corpo vile chiuso nelguscio dell’ignoranza, covati dalla recitazione di Nam myoho renge kyosviluppiamo il becco delle trentadue caratteristiche maggiori del Buddae le piume degli ottanta segni minori e possiamo volare nel cielo delvero aspetto di tutti i fenomeni e della realtà di tutte le cose» (Lettera aNiike, RSND, pag. 914).

sone comuni che si ritrova negli insegnamenti precedenti alSutra del Loto.

Percepire che la propria vita è Nam myoho renge kyo

Il daimoku di Nam myoho renge kyo ha un potere be-nefico incommensurabile. Josei Toda, secondo presidente dellaSoka Gakkai, descriveva così l’infinito potere della Legge mi-stica: «È come giacere supini in un grande spazio aperto, conle braccia e le gambe distese, e guardare il cielo sovrastante.Tutto ciò che desideri immediatamente appare. Per quanto tupossa donarne agli altri, non si esaurisce mai. Prova a vederese riesci a raggiungere questa condizione vitale».(36)

Nam myoho renge kyo può veramente essere parago-nato a un gioiello che esaudisce i desideri. Come possiamosviluppare questa condizione vitale senza limiti che, al biso-gno, ci permette di attingere la forza che ci è necessaria? Ilpresidente Toda soleva spesso dire: «Se davvero vuoi raggiun-gere questo stato vitale devi combattere con ogni grammo deltuo essere per il Sutra del Loto, per kosen rufu!».

Significa impegnarsi per sempre al fianco dei Buddadelle tre esistenze, di Brahma e di Shakra – ovunque possiamotrovarci nell’universo – per realizzare un mondo di pace e fe-licità indirizzato alla creazione di valore, aiutando le personea superare infelicità e sfortuna e le sofferenze di nascita, in-vecchiamento, malattia e morte. Questo era il vasto e incon-dizionato spirito del mio mentore.

In ogni situazione Toda continuava risolutamente a ri-cercare la Legge che esiste soltanto all’interno della nostravita, e sottolineava l’importanza di rimanere fedeli a se stessi.I suoi punti di partenza erano la profonda consapevolezza,

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36 — Citato in D. Ikeda, La saggezza del Sutra del Loto, EsperiaEdizioni, 2013, vol. I pag. 25.

raggiunta in carcere, del fatto che il Budda è la vita stessa, e ilrisveglio alla sua identità di Bodhisattva della terra.

Egli parlava spesso anche dell’atteggiamento nella fedenecessario per percepire la Legge mistica dentro di noi: «Do-vete essere pienamente convinti che Nam myoho renge kyo èla vostra vita stessa!» o «Propagare la Legge mistica nell’Ul-timo Giorno significa credere fermamente che la vostra vitanon è altro che Nam myoho renge kyo!».

Questo è ciò che insegna il Daishonin quando afferma:«Quando invochi myoho e reciti renge devi sforzarti di credere pro-fondamente che Myoho renge kyo è la tua stessa vita».

Una religione universale per la felicità di tuttal’umanità

Le religioni in genere parlano di qualche entità infinitaed eterna che trascende sia gli esseri umani sia l’imperma-nenza di questo mondo, e la chiamano “dio” o “legge”. Que-sta entità eterna e infinita è considerata in vari modi dalle di-verse religioni: può incutere paura o timore reverenziale,essere un oggetto di culto, un grande vuoto o una sorgente diamore onnicomprensivo.

Il Daishonin vide il potere della Legge mistica, che ab-braccia e sostiene tutte le cose nell’universo, all’interno degliesser i umani, e stabilì un mezzo per manifestare concreta-mente questa Legge nella loro vita.

Nella mia seconda conferenza a Harvard (nel settembre1993) suggerii tre ambiti in cui il Buddismo mahayana potevacontr ibuire alla civiltà moderna: nel favor ire la creazionedella pace; nel tracciare la via verso la trasformazione e la ri-vitalizzazione dell’umanità; nel fornire una base filosofica perla coesistenza simbiotica di tutte le cose. Riguardo al secondopunto sottolineai l’importante significato dell’approccio delBuddismo di Nichiren, che insegna a non fare affidamento in

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maniera unilaterale ed esclusiva né sul proprio potere indivi-duale né su qualche potere esterno. Fu una r iflessione chetrovò d’accordo molti studiosi.

Secondo il Buddismo del Daishonin è solo pregando efondendosi con il potere esterno della verità eterna e immu-tabile, che trascende i nostri sé limitati e finiti, che possiamopienamente attivare il nostro potere; al tempo stesso peròquesto potere esterno, eterno e onnicomprensivo, esiste con-cretamente e intrinsecamente nella nostra vita. Il Daishoninscrive: «Ora, negli insegnamenti del Sutra del Loto, le persone trag-gono la propria forza dall’interno, e tuttavia non la traggono dal-l’interno [...] Inoltre, negli insegnamenti del Sutra del Loto, le per-sone traggono la loro forza dall’esterno, e tuttavia non la traggonodall’esterno».(37)

Credo che ciò significhi che possiamo manifestare ilpotere trascendente che esiste dentro di noi se non ci basiamoesclusivamente né su un potere esterno né sul nostro potereindividuale. E recitare Nam myoho renge kyo ci permette difarlo.

In tal modo il Buddismo del Daishonin inaugura unanuova visione allargata di una religione universale per la feli-cità di tutta l’umanità che trascende l’approccio di quegli in-

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37 — Il Daishonin afferma: «Ora, negli insegnamenti del Sutradel Loto le persone certamente sono determinate da se stesse e tuttavianon lo sono. Questo perché il proprio sé, o vita, possiede allo stessotempo la natura di tutti gli esseri viventi dei Dieci mondi. Perciò que-sto sé possiede sin dall’inizio il proprio regno di Buddità e i regni diBuddità posseduti da tutti gli altri esseri viventi. Perciò quando si con-segue la Buddità non si assume qualche nuova o “altra” identità diBudda. Inoltre, negli insegnamenti del Sutra del Loto, le persone sonocertamente determinate dall’altro e tuttavia non lo sono. I Budda, chesono considerati separati da noi, in realtà sono contenuti nel nostrostesso sé, ovvero nelle vite di noi persone comuni. Questi Budda mani-festano i regni di Buddità di tutti gli esseri viventi nello stesso modo incui lo facciamo noi.» (RSND, vol. II, pag. 63).

segnamenti che creano una r igida separazione fra il potereesterno e quello individuale, e che privilegiano l’uno rispettoall’altro.

N O N C E R C A R E A L D I F U O R I D I T E

Combattere l’ignoranza

Il carattere myo di myoho, o Legge mistica, ha tre signi-ficati,(38) tutti impliciti nella recitazione del daimoku: esserepienamente dotato, aprire e rivitalizzare. In altre parole nel-l’azione di recitare il daimoku sono contenuti: 1) il myo dellaperfetta dotazione, cioè il fatto che l’unica Legge di Myohorenge kyo abbraccia tutti i fenomeni; 2) il myo della trasfor-mazione, che “apre” il mondo di Buddità nella vita degli es-seri dei nove mondi (da Inferno a Bodhisattva); 3) il myo delgrande beneficio, in virtù del quale un’esistenza colma di sof-ferenza viene “rivitalizzata” e manifesta grande gioia e sere-nità.

La nostra vita è un’entità della Legge mistica e perciò èpienamente dotata di tutti i fenomeni. L’oscurità fondamen-tale e la natura illuminata del Dharma, le illusioni e i desiderie l’illuminazione, i nove mondi e la Buddità – tutti esistonodentro di noi. È proprio per questo che possiamo realizzareuna “r ivoluzione” inter iore, mistica e fondamentale, cam-biando l’oscurità in luce, alimentando la fiamma dell’illumi-nazione «con la legna delle illusioni e dei desideri»(39) e manife-

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38 — Nel Daimoku del Sutra del Loto si legge: «Myo vuol dire“pienamente dotato”, che a sua volta significa “perfetto e completo”»(RSND, pag. 128); «Il carattere myo significa aprire» (Ibid., pag. 127);«Myo significa r ivitalizzare, r ivitalizzare significa r itornare a vivere»(Ibid., pag. 132).39 — Raccolta degli insegnamenti orali, Buddismo e società, n. 109,pag. 43

stando perciò il mondo di Buddità nella nostra vita dei novemondi.

La chiave per raggiungere questa profonda trasforma-zione interiore è il nostro cuore – il nostro atteggiamento difondo o disposizione interiore. Perciò, nel Conseguimento dellaBuddità in questa esistenza, il Daishonin avverte: «Se pensi che laLegge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica maun insegnamento inferiore». Quando ci sforziamo assiduamentedi recitare daimoku basandoci su questo ammonimento e ri-cordandoci sempre che è determinante il cambiamento nelnostro cuore (o mente), i tre significati di myo si manifestanocon evidenza nella nostra vita.

Inutile dire che la Legge contenuta nella pratica dellarecitazione propagata dal Daishonin è veramente meravi-gliosa. Ma anche il potere di una Legge tanto meravigliosanon può pienamente manifestarsi in una vita oscurata dal-l’ignoranza. L’ignoranza è l’oscurità interiore che ci impedi-sce di credere nella Legge mistica e di concentrarci sulla na-tura di Budda nostra e degli altri. La pratica della recitazionedel daimoku ci permette di rompere questa oscurità e di faremergere con forza il mondo di Buddità. La lotta interioreper combattere l’ignoranza è l’essenza della recitazione deldaimoku.

Studiare il Buddismo ma cadere negli insegnamentinon buddisti

Non pensare mai che qualcuno degli ottantamila sacri inse-gnamenti di Shakyamuni o qualcuno dei Budda e bodhisattva delletre esistenze e delle dieci direzioni sia al di fuori di te. La praticadegli insegnamenti buddisti non ti solleverà affatto dalle sofferenzedi nascita e morte a meno che tu non percepisca la vera natura dellatua vita. Se cerchi l’illuminazione al di fuori di te, anche eseguirediecimila pratiche e diecimila buone azioni sarà inutile, come se un

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povero stesse giorno e notte a contare le ricchezze del suo vicino,senza guadagnare nemmeno mezzo centesimo.

Per questo il commentario della scuola T’ien-t’ai afferma: «Senon si percepisce la natura della propria vita, non si possono sradi-care le proprie gravi colpe». Questo implica che, finché non si perce-pisce la natura della propria vita, la pratica sarà un’infinita e dolo-rosa auster ità. Perciò queste persone che studiano il Buddismovengono tacciate di essere non buddiste. Come afferma Grandeconcentrazione e visione profonda: «Benché studino il Buddi-smo, le loro idee non sono diverse da quelle dei non buddisti».

Sia che tu invochi il nome del Budda, che reciti il sutra osemplicemente offra fiori e incenso, tutte le tue azioni virtuose met-teranno nella tua vita buone radici e benefici. Pratica la fede conquesta convinzione.

Nel passo in esame il Daishonin ci ammonisce ulterior-mente: «Non devi mai pensare che qualcuno degli ottantamila sacriinsegnamenti di Shakyamuni o qualcuno dei Budda e bodhisattvadelle tre esistenze e delle dieci direzioni sia al di fuori di te». Credoche la parola “mai” in questo contesto rivesta un profondo si-gnificato.

Nel passo si afferma che il Buddismo nella sua interezzaè contenuto nella nostra vita e il Daishonin conclude che “gliottantamila sacri insegnamenti di Shakyamuni” e “i Budda ebodhisattva delle tre esistenze e delle dieci direzioni” sonotutti fenomeni inerenti alla nostra vita.

Il Daishonin prosegue dicendo che, finché cerchiamol’illuminazione fuori di noi, anche se eseguiamo “diecimilapratiche e diecimila buone azioni” (cioè tutte le praticheesposte negli insegnamenti predicati da Shakyamuni) e cre-diamo nella protezione dei Budda e dei bodhisattva attraversole tre esistenze (cioè delle funzioni benevole dell’universo),tutto ciò sarà inutile come contare i soldi del proprio vicino,perché personalmente non ne trarremo alcun guadagno.

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Il Daishonin cita poi un passo di un commentario dellascuola T’ien-t’ai che afferma: «Se non si percepisce la naturadella propria vita, non si possono sradicare le proprie gravi colpe». Senon comprendiamo questo punto, ci avvisa il Daishonin, tuttele pratiche esteriori e le buone azioni che possiamo compiereper ottenere l’illuminazione alla fine diventeranno «un’infinitae dolorosa austerità».

Cosa significa che se non percepiamo la natura dellanostra vita non possiamo sradicare le nostre gravi colpe? Qui“gravi colpe” indica l’ignoranza, che è la fonte di tutti i mali.La grave colpa dell’offesa sorge dal denigrare la Legge, o ilcorretto insegnamento del Buddismo, spinti dall’oscurità in-nata o ignoranza.

Nel Buddismo di T’ien-t’ai si può sradicare questaignoranza solo attraverso la pratica dell’osservazione dellamente, cioè attraverso la saggezza. Nel Buddismo del Dai-shonin l’oscurità fondamentale si vince con la spada affilatadella fede, secondo il principio di “sostituire la saggezza conla fede”.(40) Questa è l’essenza della pratica di recitare dai-moku.

Ricapitolando, se cerchiamo l’illuminazione fuor i dinoi non stiamo percorrendo la via dell’osservazione dellamente che ci consente di vincere il male fondamentale del-l’ignoranza o oscur ità. In tal caso tutti i nostr i sforzi e lebuone azioni per ottenere l’illuminazione saranno privi del-l’ingrediente essenziale e saranno vani come contare le im-mense ricchezze di un vicino.

Inoltre, poiché nessuno di questi sforzi ci aiuta a sradi-care l’ignoranza, essi diventeranno solo «un’infinita e dolorosaausterità».

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40 — È il principio secondo il quale la fede è la vera causa perottenere la suprema saggezza e che solo la fede conduce all’illumina-zione.

Questa battaglia contro l’ignoranza è il cuore del Bud-dismo. Si dice che l’illuminazione di Shakyamuni consistenell’identificare l’oscurità o ignoranza come la causa fonda-mentale delle sofferenze di nascita, invecchiamento, malattia emorte, e nell’esporre la via per il superamento di tale igno-ranza.

Quindi, finché ricerchiamo la via dell’illuminazione aldi fuori di noi, qualsiasi pratica e buona azione che com-piamo devierà dalla vera essenza del Buddismo. Per questo ilDaishonin afferma che tali persone che studiano il Buddismovengono tacciate di essere non buddiste.

Cercare l’illuminazione al di fuori della nostra vitasignifica essere sconfitti dall’oscurità

Un punto importante di questo passo è l’ammonimentodel Daishonin secondo il quale anche noi che pratichiamo ilBuddismo di Nichiren corriamo il rischio di cadere in modidi pensare non buddisti se ricerchiamo la Legge al di fuoridalla nostra vita. Quindi, come discepoli del Daishonin, dob-biamo sempre tenere presente il suo avvertimento: «Non devimai pensare che qualcuno degli ottantamila sacri insegnamenti diShakyamuni […] sia al di fuori di te».

Recitare daimoku è una pratica per rivelare la “misticaverità che è originariamente inerente” a ogni persona(41) e rag-giungere la Buddità in questa esistenza. È una “pratica meravi-gliosa”(42) che non ha eguali, in quanto rappresenta il mezzo colquale tutti gli esseri viventi possono ottenere l’illuminazione.

Se però dimentichiamo l’ammonimento del Daishonin

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41 — La Legge fondamentale, la Legge mistica o la natura diBudda di cui tutta la vita è originalmente dotata.42 — Cfr. Raccolta degli insegnamenti orali, Buddismo e società, n.113, pag. 51

a non ricercare mai la Legge fuori di noi allora, per quantopossiamo praticare alacremente, perderemo di vista la via cor-retta per l’illuminazione universale e finiremo col praticareun insegnamento non buddista. Per questo il Daishonin è cosìsevero su questo punto.

L’essenza della pratica buddista è percepire la vera na-tura della nostra vita, della nostra mente. Per fare questo dob-biamo intraprendere una lotta interiore. Se permettiamo a noistessi di essere sconfitti dai tre ostacoli e dai quattro demoninon saremo in grado di raggiungere l’illuminazione. Per que-sto combattere l’oscur ità o ignoranza dentro di noi è unaparte inevitabile del processo per diventare Budda.

In altre parole, il fatto di combattere continuamente lanostra ignoranza innata o di non farlo è l’unico fattore deter-minante per conseguire la Buddità. Non dobbiamo mai di-menticarlo.

Impegnandoci in questa lotta possiamo manifestare lasaggezza del Budda dentro la nostra vita e quindi confrontarcicon la nostra oscurità e superarla. Ma se non intraprendiamoquesta lotta l’ignoranza avvolgerà e nasconderà la nostra na-tura di Budda. L’ignoranza inasprisce e aggrava in noi le cin-que inclinazioni illusorie di avidità, collera, stupidità, arro-ganza e dubbio. È questo ciò che accade quando si cede allacredenza che la Legge sia al di fuori di noi.

La fede per conseguire la Buddità in questaesistenza

Naturalmente il Gohonzon è di per sé smisuratamentegrande. Negli Scritti in sei volumi Nichikan Shonin afferma:«Anche chi non ha ancora risvegliato una vera fede riceveràimmensi benefici grazie al legame stabilito con il corretto og-getto [di culto, cioè il Gohonzon]».

La Soka Gakkai, che ha r icevuto la vera eredità della

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fede, si dedica a far conoscere ampiamente questo infinito eillimitato potere del Gohonzon a innumerevoli altre persone.La fede che si pratica nella Soka Gakkai richiede uno sforzoattivo per manifestare la Legge mistica nella propria vita eproduce anche una chiara prova concreta sotto forma di be-nefici. Quando avanziamo insieme alla Soka Gakkai tendiamoa interiorizzare in modo naturale la pratica corretta della fedeinsegnata da Nichiren Daishonin.

Perciò coloro che recitano sinceramente Nam myohorenge kyo davanti al Gohonzon e partecipano assiduamentealle attività della Soka Gakkai non possono mancare di diven-tare Budda. Lo scopo della fede è realizzare liberamente ilproprio pieno potenziale e brillare ciascuno nella sua propriae unica maniera. Perciò è importante continuare ad avanzaree sfidare se stessi pensando: «Mi sforzerò nella pratica. Appro-fondirò la mia fede. Farò del mio meglio come membro dellaSoka Gakkai». Questa è la via sicura verso il conseguimentodella Buddità in questa vita.

Con tale consapevolezza applichiamo concretamente erigorosamente nella nostra pratica quotidiana l’ammonimentodel Daishonin: «Se pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai ab-bracciando non la Legge mistica ma un insegnamento inferiore». Ri-cercare la Legge mistica fuori di noi equivale a evadere dallaresponsabilità della propria vita.

Praticare il Buddismo del Daishonin significa non oscil-lare qua e là ma costruire un io saldo e risoluto come l’impo-nente monte Fuji. Se trascuriamo questo punto e invece foca-lizziamo altrove le nostre energie finiremo, senza nemmenoaccorgercene, col ricercare la Legge all’esterno.

Per esempio, se recitiamo daimoku davanti al Gohonzonma accusiamo sempre gli altr i o il nostro ambiente per ciòche ci accade, stiamo evitando la sfida di affrontare la nostraoscurità inter iore o ignoranza, e così facendo r icerchiamol’illuminazione al di fuori di noi. È cambiando noi stessi a un

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livello più profondo che possiamo iniziare a migliorare la no-stra situazione, e la preghiera è la forza motr ice di questocambiamento.

È importante anche non cadere nella trappola di prati-care una “fede dipendente”, atteggiamento con cui si sperache la nostra preghiera abbia risposta grazie al potere divino otrascendente di dèi o Budda. Questo è un tipico esempio delconsiderare la Legge esterna a noi. I Budda provvisori degliinsegnamenti precedenti al Sutra del Loto(43) si prestavano as-sai bene a questo tipo di fede, la cui essenza è la tendenza aevadere dalla realtà.

Pur soffrendo palesemente, le persone che hanno questotipo di fede dipendente evitano di guardare ai loro problemi,non hanno il coraggio né fanno alcuno sforzo per affrontare lecircostanze. Ma senza lotta non possiamo avviare il motoredella nostra rivoluzione umana. E in una situazione del genere,a essere sinceri, la fede viene semplicemente usata come qual-cosa dietro cui nascondersi per evitare di affrontare la realtà.

Per fare un’analogia con l’alpinismo, se ci limitiamo acamminare attorno alla base della montagna e non compiamoalcuno sforzo per scalarne le pareti, per quanto tempo passinon raggiungeremo mai la cima. Così, se evitiamo di affron-tare i nostri problemi, non riusciremo mai a rafforzare e svi-luppare noi stessi, e non avremo la possibilità di conseguire laBuddità in questa esistenza.

Inoltre è anche importante cercare di liberare la nostravita dal dubbio e dalla mancanza di fede, così come dalle re-

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43 — Gli insegnamenti provvisori, precedenti al Sutra del Loto,non prevedono che il mondo di Buddità esista in tutte le persone e de-scrivono i Budda come esseri superiori e idealizzati. Per esempio, ladottrina Nembutsu o della Pura Terra spiega che invece di fare affida-mento sui propri sforzi bisognerebbe far dipendere la propria salvezzada uno di tali Budda, in questo caso il Budda Amida.

criminazioni e dalla lamentela. Alla base della convinzione er-rata che Myoho renge kyo (la Legge mistica) esista fuori dallanostra vita c’è l’incapacità di credere che tutte le persone, noie gli altri, possiedono la natura di Budda. Questa incredulitàha origine dall’oscurità fondamentale o ignoranza.

Per quanto riguarda l’atteggiamento nella fede, questatendenza a considerare con scetticismo la natura di Buddacome un bell’ideale che però non serve a cambiare la realtàdei fatti si manifesterà in una preghiera debole, vaga e priva difiducia. Se i nostri sforzi nella fede sono poco convinti nonriusciremo a cambiare il nostro atteggiamento o a trasformarein maniera fondamentale la nostra vita.

Come indica il Daishonin in questo scr itto quandodice: «Risveglia in te una profonda fede», se speriamo di raggiun-gere la Buddità in questa esistenza dobbiamo continuare asforzarci di approfondire la nostra fede e la nostra preghiera.Quando la fede si approfondisce essa si manifesta in una pre-ghiera fiduciosa e concreta.

Poiché lo scopo della pratica è il conseguimento dellaBuddità in questa esistenza, quando si recita è assolutamenteindispensabile avere una mente, un atteggiamento, ferma-mente concentrati. È come cercare di scagliare una freccia:senza un obiettivo chiaro non saremo in grado di tenderel’arco con vera energia e determinazione. Allo stesso modo lenostre preghiere si potranno realizzare solo quando sostitui-remo vaghi aneliti con concrete determinazioni e con un dai-moku fiducioso di realizzare senza alcun dubbio le nostresperanze.

Brontolare e lamentarsi sono le porte del dubbio e dellamancanza di fede. Anche se sappiamo che si tratta di compor-tamenti sbagliati, ci può capitare di metterli in atto nostromalgrado. Ma se diventano abitudini saranno un freno pe-renne alla nostra crescita e ci faranno dimenticare di progre-dire e di migliorare noi stessi. Quando ciò accade, di fatto

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stiamo bloccando le nostre potenzialità, e cadiamo nell’atteg-giamento di ricercare la Legge al di fuori di noi. Smettere dilamentarsi e di brontolare può essere veramente un’impresa,ma la Legge mistica ci dà la saggezza per controllare questetendenze e usarle come una sorgente di crescita e di sviluppo.

Guardiamoci attentamente anche dall’offendere i nostricompagni di fede. L’offesa, il risentimento e la gelosia versogli altri ci portano a rinnegare la loro natura di Budda. E nonriuscire a credere nella natura di Budda degli altri – così comenon riuscire a credere nella propria – ci spinge fuori rotta, allaricerca della Legge fuori di noi. È la nostra natura di Buddache fondamentalmente ci sprona a realizzare la felicità nostrae degli altri. Non credere nella natura di Budda significa ne-gare lo spirito del Sutra del Loto che insegna che tutte le per-sone hanno il potenziale per ottenere la Buddità. Di conse-guenza il Daishonin ammonisce severamente che se andiamocontro lo spirito del sutra non solo le nostre preghiere perraggiungere la Buddità in questa esistenza non saranno esau-dite, ma alla fine commetteremo un’offesa alla Legge.(44)

Inoltre, a meno che non pratichiamo insieme secondo ilprincipio di “diversi corpi, stessa mente”, non potremo realiz-zare il grande desiderio di kosen rufu.(45)

Riconfermiamo nuovamente che recitare Nam myohorenge kyo per la felicità nostra e degli altri è il vero mezzo

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44 — Nelle Quattordici offese Nichiren Daishonin scrive: «C’è unadifferenza se si recita il daimoku e allo stesso tempo si va contro l’in-tento di questo sutra. […] Non dimenticare che coloro che abbraccianoil Sutra del Loto non dovrebbero, per nessun motivo al mondo, insul-tarsi l’un l’altro perché chi ha fede nel Sutra del Loto diventerà sicura-mente un Budda e chi offende un Budda commette una grave colpa»(RSND, vol. I, pagg. 670-671).45 — Nell’Eredità della Legge fondamentale della vita si legge: «Ingenerale, che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino Nam myohorenge kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, senza alcunadistinzione fra loro, uniti come i pesci e l’acqua, questo si chiama ere-

per raggiungere la Buddità in questa esistenza. Ogni personaha il potenziale per diventare un Budda.

Lo spirito dei primi tre presidenti arde nella SokaGakkai

Una dottr ina buddista che afferma l’esistenza dellaLegge all’interno della vita di ogni persona valorizza l’indivi-duo. Risveglia ogni essere umano, ne incoraggia la r ivolu-zione umana individuale e cerca di condurre tutti all’illumi-nazione. Nell’appar izione di tante persone che una dopol’altra abbracciano la fede vediamo all’opera il principio deibodhisattva che emergono risolutamente dalla terra per pro-pagare la Legge, e l’immutabile formula di kosen rufu.(46)

Questo è il cammino della Soka Gakkai che i primi trepresidenti, Tsunesaburo Makiguchi, Josei Toda e io stesso,hanno seguito con decisione. Questo è il motivo per cui laSoka Gakkai ha conseguito un così eccezionale sviluppo ekosen rufu si è diffuso in tutto il mondo.

Per contro, gli insegnamenti buddisti che considerano laLegge al di fuori della vita dell’individuo tendono a essereautoritari e formali, a disprezzare e reprimere le persone. Ten-dono a porre l’accento sui r ituali o sull’autorità del clero,mentre i loro seguaci cercano passivamente di sedare la pro-pria ansia attraverso la dipendenza dalle cerimonie e dai preti.Inoltre, traendo vantaggio dal fatto che una delle maggiori

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dità della Legge fondamentale della vita. In ciò consiste il vero scopodella propagazione di Nichiren. Se è così, anche il grande desiderio diun’ampia propagazione potrà realizzarsi» (RSND, vol. I, pag. 190).46 — Nel Vero aspetto di tutti i fenomeni si legge: «Dapprima soloNichiren recitò Nam myoho renge kyo, ma poi due, tre, cento lo segui-rono, recitando e insegnando agli altri. La propagazione si svilupperàcosì anche in futuro. Non vuol dire ciò “emergere dalla terra”?» (RSND,vol. I, pag. 341).

fonti di angoscia per l’essere umano è la morte e ciò che av-verrà dopo, in Giappone le scuole buddiste che seguono que-sti insegnamenti si occupano quasi esclusivamente di funeralio cerimonie in suffragio, degenerando in quello che vienechiamato “Buddismo dei funerali”. Non offrono una filosofiache dà potere alle persone e le rende capaci di migliorare lapropria vita.

Il fondatore della Soka Gakkai, Makiguchi, asserì che ilBuddismo di Nichiren Daishonin è un «insegnamento per tra-sformare la vita». Credere che la Legge mistica esiste dentro dinoi significa avere la fiducia che diventeremo assolutamentefelici e raggiungeremo la Buddità in questa esistenza. Fede si-gnifica anche adoperarsi attivamente per kosen rufu, facendoconoscere agli altri il Buddismo del Daishonin, con la con-vinzione che in esso risiede la chiave della loro felicità comedella nostra. Questa fede autentica caratterizza la Soka GakkaiInternazionale. La grandezza della Soka Gakkai e lo spirito dinon dualità di maestro e discepolo dei primi tre presidenti siriflettono nell’impegno di questi ultimi per realizzare la piùdifficile delle imprese: r isvegliare le persone alla Legge cheesiste all’interno della loro stessa vita.

Toda soleva dire: «Dovreste decidere con convinzione:“Io sono Myoho renge kyo”». La Legge mistica è la «medi-cina molto efficace»(47) per alleviare le sofferenze di tutte lepersone, il grande magazzino pieno di tesori che porta for-tuna e felicità a tutti. La cosa importante è vivere costante-mente basandoci sulla Legge mistica e in totale sincronia conessa, facendo permeare e rafforzare le nostre vite dalla Leggemistica.

La realtà quotidiana è costellata da un’infinita serie diproblemi, ma con la ferma convinzione che la nostra vita è

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47 — Il Sutra del Loto, pag. 315

Myoho renge kyo dovremmo affrontarli tutti con coraggio econ l’incrollabile certezza che riusciremo a vincere qualsiasidifficoltà e a diventare senza dubbio felici. Quando mante-niamo una fede profonda basata sulla convinzione che «iosono Myoho renge kyo» possiamo affrontare qualsiasi pro-blema con coraggio. La chiave per la vittoria nella vita sta nelriuscire a tirar fuori il coraggio: di fronte agli ostacoli non èdi una timidezza esitante che abbiamo bisogno, ma del corag-gio di sfidarli.

Quali che siano gli ostacoli che incontriamo nel corsodella pratica, non dovremmo mai arretrare di un solo passo,non dovremmo esserne spaventati o sorpresi. È importantenutr ire una profonda fiducia nel fatto che il potere dellaLegge mistica può trionfare su tutto.

Temere le sofferenze, lamentarsi o prendersela col pro-prio ambiente equivale a vivere credendo che la Legge sia aldi fuori della nostra vita. Lo stesso accade quando perdiamofiducia nella capacità di risolvere la nostra situazione e ci ri-volgiamo agli altr i sperando che ci salvino, o quando attri-buiamo loro la colpa dei nostri problemi, o quando cadiamonella disperazione e nella rassegnazione.

Quando i problemi ci affliggono, indipendentementedalla loro gravità dovremmo vederli chiaramente per quelloche sono, cioè ostacoli e funzioni demoniache, e combatterlisenza retrocedere. Così vivono le persone che recitano Nammyoho renge kyo e dedicano la vita alla Legge mistica. Dice ilDaishonin: «Ricorda, come ho sempre detto, che i discepoli di Ni-chiren non possono realizzare niente se sono codardi».(48) In ac-cordo con queste parole bandiamo qualunque viltà e fac-ciamo del coraggio la nostra principale virtù.

Chi ha una fede coraggiosa può aprire una breccia nelle

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48 — L’insegnamento, la pratica, la prova, RSND, vol. I, pag. 427

nuvole nere della paura, dell’ignoranza e dell’illusione perpermettere al sole di Myoho renge kyo di r isplendere e alloto della Legge mistica di sbocciare nella propria vita.

Agli albor i del nostro movimento il presidente Todadiede la seguente guida alle giovani donne: «Dovreste esserfiere di possedere la stessa vita del Budda dell’Ultimo Giorno.Vincete nella vita con spir ito nobile. Non dovete mai, pernessun motivo, sminuire voi stesse».

Il Buddismo di Nichiren Daishonin parte dalla com-prensione che la suprema condizione vitale della Buddità esi-ste in ognuno di noi. È un insegnamento che rende possibilerealizzare la trasformazione interiore più profonda, la trasfor-mazione del nostro atteggiamento di base, della nostra dispo-sizione interiore. Per questo il Daishonin sottolinea così tantol’importanza del nostro cuore o mente.

E scrive: «Sia che tu invochi il nome del Budda, che reciti ilsutra o semplicemente offra fiori e incenso, tutte le tue azioni vir-tuose creeranno nella tua vita buone radici che produrranno benefici.Abbi questa profonda convinzione».

Tutti i nostr i sforzi nella fede, compresa la pratica diGongyo mattina e sera e le varie attività della Gakkai, sonoazioni virtuose che piantano nella nostra vita «buone radici cheprodurranno benefici». Chi avanza con questa profonda consape-volezza sarà un vero vincitore che percorre la strada che portaal conseguimento della Buddità in questa esistenza.

Teniamo sempre alta la grande filosofia riassunta nelleparole del Daishonin: «È il cuore che è importante», e condu-ciamo vite meravigliose e vincenti.

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