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Massimo Miglietta G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» Considerazioni sul testo del plebiscito aquiliano alla luce della tradizione giuridica bizantina Estratto dagli ANNALI DEL SEMINARIO GIURIDICO DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO (AUPA) Volume LV (2012)

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  • Massimo Miglietta

    G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO

    «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo»Considerazioni sul testo del plebiscito aquiliano

    alla luce della tradizione giuridica bizantina

    Estrattodagli ANNALI DEL SEMINARIO GIURIDICO

    DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO

    (AUPA)

    Volume LV(2012)

  • ANNALI DEL SEMINARIO GIURIDICOUNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO

    (AUPA)

    DIRETTOREGianfranco Purpura

    CONDIRETTOREGiuseppe Falcone

    COMITATO SCIENTIFICO

    Giuseppina Anselmo Aricò PalermoChristian Baldus HeidelbergJean-Pierre Coriat ParisLucio De Giovanni NapoliOliviero Diliberto RomaMatteo Marrone PalermoFerdinando Mazzarella PalermoEnrico Mazzarese Fardella PalermoJavier Paricio MadridBeatrice Pasciuta PalermoSalvatore Puliatti ParmaRaimondo Santoro PalermoMario Varvaro PalermoLaurens Winkel Rotterdam

    COMITATO DI REDAZIONE

    Monica De Simone (coordinamento), Giacomo D’Angelo, Salvatore Sciortino, Francesca Terranova

    Dipartimento IURA - Diritti e tutele nelle esperienze giuridiche interne e sovranazionali.Via Maqueda, 172 - 90134 Palermo - e-mail: [email protected]

  • INDICE DEL VOLUME M. MARRONE, Per il centenario degli Annali del Seminario Giuridico dell’Università di Palermo . . . . . . . . . I GAIO: PROFILI CONCETTUALI E MODELLI DIDATTICI. Seminario internazionale di Dottorato di Ricerca (Palermo, 20 marzo 2012).

    M. AVENARIUS, L’adizione dell’eredità e la rilevanza della volontà nella prospettiva di Gaio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

    C. BALDUS, I concetti di res in Gaio tra linguaggio

    pragmatico e sistema: il commentario all’editto del praetor urbanus. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

    M. BRUTTI, Gaio e lo ius controversum. . . . . . . . . . 75

    G. FALCONE, Osservazioni su Gai 2.14 e le res incorporales. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125

    R. MARTINI, Gaio e le Res cottidianae. . . . . . . . . . . 171

    A. CUSMÀ PICCIONE, Vincoli parentali e divieti matrimoniali: le innovazioni della legislazione del IV sec. d.C. alla luce del pensiero cristiano. . . . . . . . . . . . 189

    G. D’ANGELO, Occupazione clandestina e lex Plautia de vi. . . 279 G. D’ANGELO, Un’ipotesi sull’origine del non usus. . . . . . 293 M. DE SIMONE, Una congettura sull’arcaico filiam abducere. 321 O. DILIBERTO, La satira e il diritto: una nuova lettura di

    Horat., sat. 1.3.115-117. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 385

  • M. MIGLIETTA, « Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il

    secondo ». Considerazioni sul testo del plebiscito aquiliano alla luce della tradizione giuridica bizantina. . . . 403

    J. PARICIO, Persona: un retorno a los orígenes. . . . . . . . . . 443 G. PURPURA, Gli Edicta Augusti ad Cyrenenses e la genesi

    del SC Calvisiano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 463 M.V. SANNA, Spes nascendi - spes patris. . . . . . . . . . . . . . 519 R. SANTORO, Su D. 46.3.80 (Pomp. 4 ad Quintum

    Mucium) . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . 553 A.S. SCARCELLA, Il bilinguismo nei fedecommessi e il

    ruolo di intermediario del giurista tra istituti giuridici romani e novi cives, come strumenti di integrazione sociale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 619

    S. SCIORTINO, «Denegare actionem», decretum e intercessio. 659 M. VARVARO, Gai 4.163 e la struttura della formula

    arbitraria nell’agere ex interdicto sine poena . . . . . . . . . 705

  • danneggiamento alle piante), dibattuto dalla giurisprudenza coeva e del quale si era interessato, tra gli altri, anche il suo amico Trebazio Testa.

    * * *

    Ma chi è in grado di cogliere la sottigliezza dell’intento parodistico

    oraziano nel testo esaminato? Credo, ragionevolmente, in questo caso, si tratti di un gioco letterario tutto interno ad una ben più ristretta cerchia di lettori (rispetto al complesso del pubblico potenziale), in grado di percepirne, appunto, l’ironia: si tratta di quei giuristi dei quali il poeta era amico, e di Trebazio Testa in particolare, che si era interessato di entrambi gli istituti giuridici menzionati da Orazio, quali esempi paradigmatici da utilizzare nella polemica contro gli stoici che equiparavano tutte le colpe.

    In definitiva, i versi oraziani analizzati sembrerebbero confermare, da un lato, la peculiare dimestichezza del poeta con le tematiche giuridiche, ma, dall’altro, anche quanto già dimostrato qualche anno addietro da Mario Citroni, proprio in relazione alla “duplicità o pluralità dei piani di destinazione” dell’opera oraziana. 45 Oltre al pubblico largo, un più approfondito livello di scrittura (e dunque di lettura) sarebbe stato rivolto a quanti – pochi, specialisti del diritto – avrebbero potuto sorridere dell’ironia loro implicitamente rivolta, in un testo la cui precisione giuridica solo essi avrebbero pienamente compreso e – si può immaginare – anche apprezzato.

    Come ho già avuto modo di sottolineare nel contributo recente più volte richiamato, anche l’analisi sin qui condotta conferma che «ogni atto di lettura è una [… transazione tra la competenza del lettore [… e il tipo di competenza che un dato testo postula per essere letto».46

    ————————— 45 M. CITRONI, Poesia e lettori, cit., 280 ss., 290 s., ma anche 343 e passim. 46 U. ECO, Interpretazione e sovrainterpretazione [Cambridge 19921 , Milano 1995,

    82. Su “giochi letterari” tra autore e lettore, si veda anche il recente S. BARTEZZAGHI, Scrittori giocatori, Torino 2010, 13.

    MASSIMO MIGLIETTA

    « Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo » Considerazioni sul testo del plebiscito aquiliano

    alla luce della tradizione giuridica bizantina

    ABSTRACT

    In this Work – dedicated to Professor Giovanni Nicosia – the Author examines the text of lex Aquilia de damno iniuria dato in the juridical tradition of Byzantium, and the relation between the ‘original’ (tria) capita legis and his translation in the greek language.

    PAROLE CHIAVE

    Lex Aquilia ; B. 60.3 (BT 2749-2769); scholia ad libros Basilicorum (BS 3090-3168); tria capita ; infitiatio ; responsabilità extracontrattuale; azione ‘generale’ di danneggiamento (

    ); giurisprudenza bizantina (Doroteo, Anonimo, Hagiotheodorito); generi letterari (il cosiddetto di Doroteo).

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    SOMMARIO. 1. Breve premessa. 2. Il primo capo e il problema della infitiatio. 3. Il secondo capo. 4. Una singolare interpretazione circa il contenuto del secondo capo. 5. Il terzo capo. Cenni circa l’emersione della pena generalizzata ‘nel doppio’ in relazione alla tutela pretoria (rinvio). 6. Epilogo. 1. Breve premessa. – Trattare della lex Aquilia de damno iniuria dato

    evoca immediatamente, alla sensibilità dello studioso, una tra le fonti del diritto più note e, soprattutto, oggetto di più estesa attenzione da parte sia della dottrina romanistica1, sia di quella storico-giuridica2, sia, ancora, di quella civilistica3.

    ————————— * Dedico al Professor Giovanni Nicosia – nella felice ricorrenza del Suo ottantesimo

    compleanno – quale autentico segno di devozione, stima, affetto. Sento il gradito dovere di ringraziare l’amico carissimo Professor Giuseppe Falcone, e

    con lui il Professor Gianfranco Purpura, per l’onore che mi hanno riservato nell’invitarmi a contribuire al volume destinato a celebrare il secolo di vita della prestigiosa collana degli ‘Annali del Seminario Giuridico’ dell’Università di Palermo. Ho ritenuto non fosse sconveniente, rispetto alla rigorosa tradizione di studi racchiusa negli ‘Annali’, e all’autorevolezza dello Studioso cui sono dedicate, offrire queste riflessioni in tema di plebiscito aquiliano alla luce della scienza giuridica bizantina. Si tratta, infatti, di un argomento sul quale vado conducendo da qualche tempo ricerche che, mi auguro, possano dar presto vita ad una pubblicazione monografica. Questa dovrebbe essere preceduta da un altro lavoro, di carattere preparatorio (in via di ultimazione, e destinato nuovamente agli ‘Annali’ panormitani), intitolato Per lo studio di Bas. 60.3 ‘de lege Aquilia’: confronti testuali e proposte di restituzione palingenetica. Al momento si veda il contributo di M. MIGLIETTA, Reflexiones en torno al título III, libro IV, de la Paráfrasis de Teófilo en materia de daño extracontractual (‘Lex Aquilia de damno iniuria dato’), in Sem. Compl. Der. Rom. 23-24, 2010-2011, 347 ss.: per disguido informatico, la Casa editrice dei ‘Seminarios’ ha pubblicato il lavoro senza apportare parte delle correzioni da me proposte, in bozze; esso verrà, pertanto, riprodotto – nella versione corretta – in P.-I. CARVAJAL, M. MIGLIETTA (a cura di), Estudios Jurídicos en Homenaje al Profesor Alejandro Guzmán Brito, III, Alessandria 2012 [in corso di stampa]; peraltro, il testo corretto può già essere visionato sul sito istituzionale: www.jus.unitn.it/users/miglietta/doc/Separatas_MIGLIETTA_CORREGIDAS.pdf . Si veda anche infra, nt. 73, per l’indicazione di un altro studio, in materia.

    1 Oltre alle indicazioni offerte infra (nt. 2-5) – e nella ‘nota bibliografica’ contenuta in M. MIGLIETTA, Logiche di giuristi romani e bizantini a confronto in materia di stima aquiliana delle ‘causae corpori cohaerentes’, in G.A. FERRARI, M. MANZIN (a cura di), La retorica fra scienza e professione legale. Questioni di metodo, Milano 2004, 275 ss. – è doveroso anticipare la menzione degli studi condotti sistematicamente da Maria Floriana Cursi, la quale, con intelligenza, acribia, e profonda conoscenza critica dei problemi storici e dogmatici (qualità già manifestate in M.F. CURSI, Iniuria cum damno. Antigiuridicità e colpevolezza nella storia del danno aquiliano, Milano 2002, su cui vd. quanto osservato in M. MIGLIETTA, Rec. a EAD., op. cit., in IURA 53, 2002, 296 ss., 322 s. in particolare), ha pubblicato, tra altro, le seguenti indagini: EAD., ‘Danno’ e ‘iniuria’ nella ‘Collatio’, in F. LUCREZI, G. MANCINI (a cura di), ‘Crimina’ e ‘delicta’ nel tardo antico,

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    Meno nota e, di conseguenza, meno studiata, risulta essere, invece, l’elaborazione condotta dalla scienza giuridica dell’impero d’Oriente su questo importante plebiscito. A parte qualche consistente rimandoa fonti specifiche4, o a rare (quanto concise) incursioni sul tema, in

    —————————— Milano 2003, 39 ss.; EAD., Il danno non patrimoniale e i limiti storico-sistematici dell’art. 2059 c.c., in AA.VV., Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato. Obbligazioni e diritti reali, Napoli 2003, 103 ss. [anche in Riv. dir. civ. 6, 2004, 865 ss.]; EAD., Dal danno aquiliano al danno extracontrattuale: le radici romanistiche, in AA.VV., Itinerari giuridici. Per il quarantennale della Facoltà di Giurisprudenza dell’Abruzzo, Milano 2007, 215 ss.; EAD., Danno e responsabilità extracontrattuale nella storia del diritto privato, Napoli 2010; EAD., L’eredità del modello romano della responsabilità per colpa nella configurazione della responsabilità civile dei genitori, in AA.VV., Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato, IV, Napoli 2011, 1 ss., ora in P.-I. CARVAJAL, M. MIGLIETTA (a cura di), Estudios Jurídicos en Homenaje al Profesor Alejandro Guzmán Brito, I, Alessandria 2011, 169 ss.; EAD., Dalla tipicità della tutela del danno extracontrattuale alle clausole generali di responsabilità, in G. SANTUCCI (a cura di), Fondamenti del diritto europeo. Seminari trentini, Napoli 2012, 5 ss.

    2 Si veda, per tutti, l’interessante lavoro di sintesi di G.P. MASSETTO, voce ‘Responsabilità extracontrattuale (diritto intermedio)’, in Enc. dir. 39, Milano 1988, 1099 ss. Sempre utile una attenta visione di C. FERRINI, voce ‘Danni (azione di)’, in Enc. Giur. It., IV.1-3, Milano 1905, 12 ss. (ampio contributo enciclopedico a lungo, e a torto, dimenticato dalla dottrina), nonché G. ROTONDI, Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C.C.: ricerche storico-dogmatiche, in Riv. dir. comm. 14, 1916, 942 ss.; ibid. 15, 1917, 236 ss., ora in ID., Scritti giuridici, II, Milano 1922, 465 ss., al cui ideale séguito si è posto, più di recente, G. VALDITARA, Dalla ‘lex Aquilia’ all’art. 2043 del C.C., in F. MILAZZO (a cura di), Diritto romano e terzo millennio. Radici e prospettive dell’esperienza giuridica contemporanea (Atti del Convegno di diritto romano – Copanello 2000), Napoli 2004, 173 ss. Non si manchi di vedere anche S. SCHIPANI, Pluralità di prospettive e ruolo della ‘culpa’ come criterio elaborato dalla scienza del diritto nell’interpretazione della ‘lex Aquilia’, in Studia Iuridica 12, 1985, 251 ss., ora in ID., Contributi romanistici al sistema della responsabilità extracontrattuale, Torino, 2009, 29 ss. (ma l’intera raccolta è mirata ad illustrare la dimensione storica del tema studiato, e impone grande attenzione). Una segnalazione, almeno, merita l’interesse manifestato per la storia giuridica, in ordine al tema trattato, da M.G. BARATELLA, Le pene private, Milano 2006, 1 ss. (cap. I, ‘Le pene private nel diritto romano’).

    3 Sul punto si veda quanto osservato in M. MIGLIETTA, ‘Servus dolo occisus’. Contributo allo studio del concorso tra ‘actio legis Aquiliae’ e ‘iudicium ex lege Cornelia de sicariis’, Napoli 2001, 1 ss. nonché in ID., Logiche di giuristi romani e bizantini a confronto, cit., 222 ss. Da ultimo, A. RODGER, The Palingenesia of the Commentaries Relating to the Lex Aquilia, in ZSS 124, 2007, 145, apre il proprio studio affermando esplicitamente che «few topics in Roman law have been studied more intensively or been the subject of more literature than the Lex Aquilia».

    4 Cfr. S. SCHIPANI, Responsabilità ‘ex lege Aquilia’. Criteri di imputazione e problema della culpa, Torino 1969, 485 ss. (dall’Indice delle fonti, con apposita sezione dedicata alle

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

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    Meno nota e, di conseguenza, meno studiata, risulta essere, invece, l’elaborazione condotta dalla scienza giuridica dell’impero d’Oriente su questo importante plebiscito. A parte qualche consistente rimandoa fonti specifiche4, o a rare (quanto concise) incursioni sul tema, in

    —————————— Milano 2003, 39 ss.; EAD., Il danno non patrimoniale e i limiti storico-sistematici dell’art. 2059 c.c., in AA.VV., Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato. Obbligazioni e diritti reali, Napoli 2003, 103 ss. [anche in Riv. dir. civ. 6, 2004, 865 ss.]; EAD., Dal danno aquiliano al danno extracontrattuale: le radici romanistiche, in AA.VV., Itinerari giuridici. Per il quarantennale della Facoltà di Giurisprudenza dell’Abruzzo, Milano 2007, 215 ss.; EAD., Danno e responsabilità extracontrattuale nella storia del diritto privato, Napoli 2010; EAD., L’eredità del modello romano della responsabilità per colpa nella configurazione della responsabilità civile dei genitori, in AA.VV., Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato, IV, Napoli 2011, 1 ss., ora in P.-I. CARVAJAL, M. MIGLIETTA (a cura di), Estudios Jurídicos en Homenaje al Profesor Alejandro Guzmán Brito, I, Alessandria 2011, 169 ss.; EAD., Dalla tipicità della tutela del danno extracontrattuale alle clausole generali di responsabilità, in G. SANTUCCI (a cura di), Fondamenti del diritto europeo. Seminari trentini, Napoli 2012, 5 ss.

    2 Si veda, per tutti, l’interessante lavoro di sintesi di G.P. MASSETTO, voce ‘Responsabilità extracontrattuale (diritto intermedio)’, in Enc. dir. 39, Milano 1988, 1099 ss. Sempre utile una attenta visione di C. FERRINI, voce ‘Danni (azione di)’, in Enc. Giur. It., IV.1-3, Milano 1905, 12 ss. (ampio contributo enciclopedico a lungo, e a torto, dimenticato dalla dottrina), nonché G. ROTONDI, Dalla lex Aquilia all’art. 1151 C.C.: ricerche storico-dogmatiche, in Riv. dir. comm. 14, 1916, 942 ss.; ibid. 15, 1917, 236 ss., ora in ID., Scritti giuridici, II, Milano 1922, 465 ss., al cui ideale séguito si è posto, più di recente, G. VALDITARA, Dalla ‘lex Aquilia’ all’art. 2043 del C.C., in F. MILAZZO (a cura di), Diritto romano e terzo millennio. Radici e prospettive dell’esperienza giuridica contemporanea (Atti del Convegno di diritto romano – Copanello 2000), Napoli 2004, 173 ss. Non si manchi di vedere anche S. SCHIPANI, Pluralità di prospettive e ruolo della ‘culpa’ come criterio elaborato dalla scienza del diritto nell’interpretazione della ‘lex Aquilia’, in Studia Iuridica 12, 1985, 251 ss., ora in ID., Contributi romanistici al sistema della responsabilità extracontrattuale, Torino, 2009, 29 ss. (ma l’intera raccolta è mirata ad illustrare la dimensione storica del tema studiato, e impone grande attenzione). Una segnalazione, almeno, merita l’interesse manifestato per la storia giuridica, in ordine al tema trattato, da M.G. BARATELLA, Le pene private, Milano 2006, 1 ss. (cap. I, ‘Le pene private nel diritto romano’).

    3 Sul punto si veda quanto osservato in M. MIGLIETTA, ‘Servus dolo occisus’. Contributo allo studio del concorso tra ‘actio legis Aquiliae’ e ‘iudicium ex lege Cornelia de sicariis’, Napoli 2001, 1 ss. nonché in ID., Logiche di giuristi romani e bizantini a confronto, cit., 222 ss. Da ultimo, A. RODGER, The Palingenesia of the Commentaries Relating to the Lex Aquilia, in ZSS 124, 2007, 145, apre il proprio studio affermando esplicitamente che «few topics in Roman law have been studied more intensively or been the subject of more literature than the Lex Aquilia».

    4 Cfr. S. SCHIPANI, Responsabilità ‘ex lege Aquilia’. Criteri di imputazione e problema della culpa, Torino 1969, 485 ss. (dall’Indice delle fonti, con apposita sezione dedicata alle

    generale,5 singolarmente manca, a tutt’oggi, in dottrina una trattazione complessiva del danneggiamento extracontrattuale alla luce del ius graeco-romanum 6.

    In questa sede mi limiterò ad alcune osservazioni relative al ‘testo’ della legge, in sé considerato, e alle peculiarità manifestate dalle testimonianze racchiuse nei passi dei libri Basilicorum e, soprattutto, nei relativi

    —————————— ‘Fonti bizantine’); U. VON LÜBTOW, Untersuchungen zur lex Aquilia de damno iniuria dato, Berlin 1971, 224 (Quellenregister, III. Byzantinische Quellen); G. VALDITARA, Superamento dell’‘aestimatio rei’ nella valutazione del danno aquiliano ed estensione della tutela ai ‘non domini’, Torino 1992, 536 s. (cfr. Indice delle fonti, III. Fonti bizantine); M. MIGLIETTA, ‘Servus dolo occisus’, cit., 469 e ss. (diffusamente); A. CORBINO, Il danno qualificato e la lex Aquilia. Corso di diritto romano 2, Padova 2008, 195 ss.; ID., Actio directa, actio utilis e actio in factum nella disciplina giustinianea del danno aquiliano, in Studi per Giovanni Nicosia, III, Milano 2007, 1 ss. Interessanti osservazioni, da ultima, in A. FRANCIOSI, Il problema delle origini del plebiscito Aquilio. Una messa a punto in tema di datazione, in F.M. D’IPPOLITO (a cura di), . Scritti per Gennaro Franciosi, II, Napoli 2007, 935 ss. (944 ss., in particolare, in merito a TP. 4.3.15 [ed. Lokin et all., 746-748] e a Sch. 2, , Sch. 3, [= soltanto l’Anonimo?], e Sch. 4, adespota (?), ad B. 60.3.1 [BS 3090-25 = Sch. 1 cpv., Hb. V, 263], richiamati, se non vedo male, nella sola edizione, unificante, ottocentesca, e indicato come «Schol. anon. ad B. 60.3.1» [p. 947], che, a rigore, non è esatto); in merito, si veda anche la puntualizzazione di F. SERRAO, Uomini d’affari, ‘adstipulatores’, ‘lex Aquilia’ alla fine del III secolo a.C., in Studi in onore di Remo Martini, III, Milano 2009, 559 ss. e 574 (il quale attribuisce l’intera serie di commenti all’Anonimo, nonostante l’uso dell’edizione olandese). Per una efficace sintesi del problema, vd. A. CORBINO, Il danno qualificato e la lex Aquilia, cit., 60 s. Su quest’ultimo profilo, vd. infra, § 6 (e nt. 88, in particolare).

    5 Si veda, in particolare, Á. MARTÍNEZ SARRIÓN, Las raíces romanas de la responsabilidad por culpa, Barcelona 1993, 30 ss.: all’indicazione esplicita di voler trattare della lex Aquilia all’interno della Parafrasi di Teofilo segue, in realtà, una rapida e non esauriente delineazione del tema.

    6 Cfr. il titolo della indispensabile, quanto nota, collezione di J. ZEPOS, P. ZEPOS (edd.), Jus graecoromanum, 8 voll., Athen 1931, che raccoglie molti dei lavori sulle fonti dell’impero d’Oriente, ancora fondamentali, dovuti alla scienza di uno tra i maggiori bizantinisti, K.E. ZACHARIÄ VON LINGENTHAL, di cui si veda anche la Geschichte des griechisch-römischen Rechts, Berlin 1892 (rist. Aalen 1955). Vd., e.g., per l’uso dell’espressione richiamata, G. FERRARI DALLE SPADE, voce ‘Diritto bizantino’, in Nov. dig. it. V, Torino 1960, 791 (incipit).

    7 Mi riservo, infatti, se del caso, ulteriori approfondimenti nel lavoro monografico indicato supra, in asterisco.

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

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    2. Il primo capo e il problema della ‘infitiatio’. – Com’è noto, il primo capo del plebiscito aquiliano ci è stato tramandato dalle Institutiones di Gaio – riprese, sul punto, da quelle giustinianee – nonché da un passo tratto dal VII libro ad edictum provinciale dello stesso giurista, e, in forma indiretta, da un escerto dal libro XVIII ad edictum ulpianeo.

    Vediamole con ordine: Gai 3.210: Damni iniuriae actio constituitur per legem Aquiliam,

    cuius primo capite cautum est, ut si quis hominem alienum alienamve quadrupedem, quae pecudum numero sit, iniuria occiderit, quanti ea res in eo anno plurimi fuerit, tantum domino dare damnetur;

    D. 9.2.2 pr. (Gai. 7 ad ed. prov.): Lege Aquilia capite primo cavetur:

    ‘ut qui servum servamve alienum alienamve quadrupedem vel pecudem iniuria occiderit, quanti id in eo anno plurimi fuit, tantum aes dare domino damnas esto’;

    D. 9.2.3 (Ulp. 18 ad ed.): Si servus servave iniuria occisus occisave

    fuerit, lex Aquilia locum habet. Iniuria occisum esse merito adicitur: non enim sufficit occisum, sed oportet iniuria id esse factum;

    I. 4.3 pr.: Damni iniuriae actio constituitur per legem Aquiliam.

    Cuius primo capite cautum est, ut si quis hominem alienum alienamve quadrupedem quae pecudum numero sit iniuria occiderit, quanti ea res in eo anno plurimi fuit, tantum domino dare damnetur.

    Mentre le due testimonianze di natura isagogica coincidono

    praticamente alla lettera8 , Gaio, nel trattato sull’editto provinciale,

    ————————— 8 Circa la coincidenza tra le testimonianze di Gai 3.210 e di I. 4.3 pr. – peraltro

    rilevabile ictu oculi : già A. ZOCCO-ROSA, Imp. Iustiniani Institutionum Palingenesia, Catania 1911, 270 (e 441), osservava opportunamente che il testo imperiale è «copia fedele di Gai III. 210» (cfr. soltanto C.H. CRAWFORD, Roman Statutes, II, London, 1996, 724, ad h.l., per la variante costituit, in Gai 3.210, e constituitur, in I. 4.3 pr.) – vd. C. FERRINI, Sulle fonti delle Istituzioni di Giustiniano, in BIDR 13, 1901, 187, ora in ID., Opere, II, Milano 1929, 401; FIRA, II. Auctores, Firenze, 1964, 144 (apparato critico ad

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    2. Il primo capo e il problema della ‘infitiatio’. – Com’è noto, il primo capo del plebiscito aquiliano ci è stato tramandato dalle Institutiones di Gaio – riprese, sul punto, da quelle giustinianee – nonché da un passo tratto dal VII libro ad edictum provinciale dello stesso giurista, e, in forma indiretta, da un escerto dal libro XVIII ad edictum ulpianeo.

    Vediamole con ordine: Gai 3.210: Damni iniuriae actio constituitur per legem Aquiliam,

    cuius primo capite cautum est, ut si quis hominem alienum alienamve quadrupedem, quae pecudum numero sit, iniuria occiderit, quanti ea res in eo anno plurimi fuerit, tantum domino dare damnetur;

    D. 9.2.2 pr. (Gai. 7 ad ed. prov.): Lege Aquilia capite primo cavetur:

    ‘ut qui servum servamve alienum alienamve quadrupedem vel pecudem iniuria occiderit, quanti id in eo anno plurimi fuit, tantum aes dare domino damnas esto’;

    D. 9.2.3 (Ulp. 18 ad ed.): Si servus servave iniuria occisus occisave

    fuerit, lex Aquilia locum habet. Iniuria occisum esse merito adicitur: non enim sufficit occisum, sed oportet iniuria id esse factum;

    I. 4.3 pr.: Damni iniuriae actio constituitur per legem Aquiliam.

    Cuius primo capite cautum est, ut si quis hominem alienum alienamve quadrupedem quae pecudum numero sit iniuria occiderit, quanti ea res in eo anno plurimi fuit, tantum domino dare damnetur.

    Mentre le due testimonianze di natura isagogica coincidono

    praticamente alla lettera8 , Gaio, nel trattato sull’editto provinciale,

    ————————— 8 Circa la coincidenza tra le testimonianze di Gai 3.210 e di I. 4.3 pr. – peraltro

    rilevabile ictu oculi : già A. ZOCCO-ROSA, Imp. Iustiniani Institutionum Palingenesia, Catania 1911, 270 (e 441), osservava opportunamente che il testo imperiale è «copia fedele di Gai III. 210» (cfr. soltanto C.H. CRAWFORD, Roman Statutes, II, London, 1996, 724, ad h.l., per la variante costituit, in Gai 3.210, e constituitur, in I. 4.3 pr.) – vd. C. FERRINI, Sulle fonti delle Istituzioni di Giustiniano, in BIDR 13, 1901, 187, ora in ID., Opere, II, Milano 1929, 401; FIRA, II. Auctores, Firenze, 1964, 144 (apparato critico ad

    sembra9 – a differenza di Ulpiano10 – aver modellato la propria pagina come se riportasse espressamente la clausola originaria della lex Aquilia 11,

    —————————— h.l.); E. NARDI, Istituzioni di diritto romano, II. Testi, Milano, 1982, 164; S. SCHIPANI, Analisi di ‘culpa’ in J. 4,3, in ID., Contributi romanistici, cit., 91 e nt. 3; M. MIGLIETTA, ‘Servus dolo occisus’, cit., 64 ss. (e nt. 145), ove, per refuso, a p. 66 (Tab. 2), I. 4.3.1 sta per l’esatto I. 4.3 pr.: mi sia permesso osservare che quest’ultimo lavoro risulta essere (singolarmente) sfuggito all’opera, che intenderebbe avere i crismi della completezza, di H.L.W. NELSON, U. MANTHE, Gai Institutiones III 182-225. Die Deliktsobligationen. Text un Kommentar, Berlin, 2007, 211 ss. (segnatamente 216 ss.).

    9 Cfr., infatti, A. CORBINO, Il danno qualificato e la lex Aquilia, cit., 42, il quale parla di conoscenza della lex Aquilia «in modo prossimo all’originale, benché in una versione in qualche aspetto forse linguisticamente ammodernata nella tradizione giurisprudenziale che se ne fece».

    10 A modo di spunto di riflessione, si potrebbe notare l’uso del termine homo (inteso quale sinonimo di servus, in quanto appartenente al genere umano, poiché ex humo natus : cfr., ex mult., la suggestiva pagina di Quint., inst. or. 1.6.34), all’interno delle fonti istituzionali (in particolare: Gai 3.210 e I. 4.3 pr.), e, per contro, l’impiego del binomio servus-serva, in quelle conservate nel Digesto (D. 9.2.2 pr. e D. 9.2.3). Questa coincidenza potrebbe avvalorare la soluzione secondo cui Gaio si rifacesse – più o meno direttamente – al testo originale della lex Aquilia, così come avrebbe fatto Ulpiano a proposito del ‘terzo capo’, in D. 9.2.27.5 (vd. infra, § 5), che, nuovamente, tratta di homo (attraverso l’espressione ‘praeter hominem’ ). È pur vero che la dottrina dominante reputa più prossimo al testo originale il termine servus (cfr., per questa seconda lettura, M.F. CURSI, Iniuria cum damno, cit., 169 e nt. 7, con indicazioni bibliografiche, e vd. M.H. CRAWFORD, Roman Statutes, II, cit., 725). Non credo, tuttavia, vada sottaciuto il fatto che, in Gai 3.210 e in D. 9.2.27.5, laddove si menzionano i capi – rispettivamente primo e terzo – della lex, si parli univocamente di homo (termine sinonimico peraltro già pienamente attestato nella letteratura del II secolo a.C., e quindi senz’altro anteriore: cfr. Th.L.L. VI.3, 2871 ss., ad h.v.), quale genus (che potrebbe rispondere ad una sintesi legislativa risalente: Gai 3.217 – e a ricalco I. 4.3.13 – tratta, a sua volta, soltanto di servus, intendendolo, evidentemente, ricomprensivo anche del segno serva); che, inoltre, il profilo del concorso tra actio legis Aquiliae e iudicium ex lege Cornelia de sicariis è dovuto – tra altro – alla coincidenza del sintagma tecnico ‘hominis occisio’ all’interno delle due leges, e che, in modo del tutto improbabile, il problema concorsuale può essere emerso sulla base delle scelte linguistiche operate dei giuristi, bensì, assai più ragionevolmente, in virtù dei precisi (originari?) verba legum. Infine, ancora a voler insistere sui rapporti interni alla stessa scrittura di Gaio (con riguardo a Gai 3.210 e a Gai 3.217), laddove si riporta la clausola del primo capo, si parla di homo, ma, nello sviluppo del pensiero, in relazione al contenuto del terzo capo, si usa il segno servus, ossia il termine che dovrebbe essere comparso posteriormente nel linguaggio giurisprudenziale. Va detto che questi profili linguistici appaiono, tuttavia, estranei alle fonti bizantine. Sul problema concorsuale delineato, e sulle ‘strutture parallele’ dei commentari ad legem Aquiliam, mi permetto di rinviare alle indagini condotte in M. MIGLIETTA, ‘Servus dolo occisus’, cit., 20 ss., 31 ss. in particolare (cfr. anche interessanti considerazioni ricostruttive, seppure di differente

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

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    dato il sapore arcaicizzante della chiusura, in particolare, caratterizzata dalla forma verbale al futuro imperativo (tantum aes dare domino damnas esto), tipica delle disposizioni autoritative12.

    Venendo, ora, alla tradizione bizantina relativa al caput primum v’è, innanzitutto, da riportare la versione attribuita a Teofilo13:

    PT. 4.3 pr. (ed. Lokin et all., 760) 14 :

    PECUS16.

    PECUDON17

    —————————— natura, in A. RODGER, The Palingenesia of the Commentaries Relating to the Lex Aquilia, cit., 145 ss.).

    11 Vd., sul punto, M.F. CURSI, Iniuria cum damno, cit., 168 s., nonché P. ZILIOTTO, L’imputazione del danno aquiliano. Tra iniuria e damnum corpore datum, Padova 2000, 4 nt. 8. Per la citazione (apparentemente) ‘letterale’ del caput tertium, vd. infra, § 5.

    12 Si veda anche il corretto rilievo stilistico di M.F. CURSI, Iniuria cum damno, cit., 168 nt. 4 (con ampia indicazione di bibliografia specifica).

    13 Vd. nt. seguente. 14 Theophili antecessoris Paraphrasis Institutionum - with a translation by A.F. Murison,

    J.H.A. LOKIN, R. MEIJERING, B.H. STOLTE, N. VAN DER WAL (edd.), Groningen, 2010. Il testo di PT. verrà trascritto, dunque, da questa ultima edizione, con la sola variante dell’iniziale maiuscola dopo il punto fermo. Vd., tuttavia, quanto precisato appena infra, nt. seguente.

    15 Sebbene possa apparire quale registrazione di mere varianti ortografiche – come, talora, in effetti è – pare opportuno segnalare, in questo ma anche nelle altre ricorrenze, le divergenze rispetto ad Institutionum graeca paraphrasis Theophilo antecessori vulgo tributa, E.C. FERRINI (ed.), Berlin 1884 [qui, 398 (lin. 1): Aquílios]. Infatti, in alcuni casi, la divergenza comporta anche l’uso di lettere dell’alfabeto greco in uno con lettere di quello latino per la scrittura degli stessi termini (v., infra, ntt. 17, 46-50, 60, 66-68, 76, 82, 84): si consideri che gli stessi Editori della recente edizione groningana della ‘Parafrasi’ hanno diligentemente ed utilmente censito l’intera gamma di termini similmente composti (cfr. Theophili antecessoris Paraphrasis, cit., 996 ss., ‘Latin Words and Expression’ ), il cui esempio merita di essere seguito. L’edizione dell’illustre Editore italiano verrà citata con l’indicazione della pagina seguita dalla ‘linea’ relativa al testo greco.

    16 (ed. Ferrini, 398-4). 17 (ed. Ferrini, 398-6).

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

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    dato il sapore arcaicizzante della chiusura, in particolare, caratterizzata dalla forma verbale al futuro imperativo (tantum aes dare domino damnas esto), tipica delle disposizioni autoritative12.

    Venendo, ora, alla tradizione bizantina relativa al caput primum v’è, innanzitutto, da riportare la versione attribuita a Teofilo13:

    PT. 4.3 pr. (ed. Lokin et all., 760) 14 :

    PECUS16.

    PECUDON17

    —————————— natura, in A. RODGER, The Palingenesia of the Commentaries Relating to the Lex Aquilia, cit., 145 ss.).

    11 Vd., sul punto, M.F. CURSI, Iniuria cum damno, cit., 168 s., nonché P. ZILIOTTO, L’imputazione del danno aquiliano. Tra iniuria e damnum corpore datum, Padova 2000, 4 nt. 8. Per la citazione (apparentemente) ‘letterale’ del caput tertium, vd. infra, § 5.

    12 Si veda anche il corretto rilievo stilistico di M.F. CURSI, Iniuria cum damno, cit., 168 nt. 4 (con ampia indicazione di bibliografia specifica).

    13 Vd. nt. seguente. 14 Theophili antecessoris Paraphrasis Institutionum - with a translation by A.F. Murison,

    J.H.A. LOKIN, R. MEIJERING, B.H. STOLTE, N. VAN DER WAL (edd.), Groningen, 2010. Il testo di PT. verrà trascritto, dunque, da questa ultima edizione, con la sola variante dell’iniziale maiuscola dopo il punto fermo. Vd., tuttavia, quanto precisato appena infra, nt. seguente.

    15 Sebbene possa apparire quale registrazione di mere varianti ortografiche – come, talora, in effetti è – pare opportuno segnalare, in questo ma anche nelle altre ricorrenze, le divergenze rispetto ad Institutionum graeca paraphrasis Theophilo antecessori vulgo tributa, E.C. FERRINI (ed.), Berlin 1884 [qui, 398 (lin. 1): Aquílios]. Infatti, in alcuni casi, la divergenza comporta anche l’uso di lettere dell’alfabeto greco in uno con lettere di quello latino per la scrittura degli stessi termini (v., infra, ntt. 17, 46-50, 60, 66-68, 76, 82, 84): si consideri che gli stessi Editori della recente edizione groningana della ‘Parafrasi’ hanno diligentemente ed utilmente censito l’intera gamma di termini similmente composti (cfr. Theophili antecessoris Paraphrasis, cit., 996 ss., ‘Latin Words and Expression’ ), il cui esempio merita di essere seguito. L’edizione dell’illustre Editore italiano verrà citata con l’indicazione della pagina seguita dalla ‘linea’ relativa al testo greco.

    16 (ed. Ferrini, 398-4). 17 (ed. Ferrini, 398-6).

    Il Parafraste, come consuetamente avviene, si rende latore di informazioni che sono reperibili all’interno delle fonti latine (ossia circa l’origine storica e del nome del testo normativo18, e circa la sua composizione in tre capi19), arricchendole, nel corso della scrittura, di considerazioni esplicative,20 con l’aggiunta dell’affermazione di voler chiarire le espressioni che appaiono essere oscure (

    ).Questo stile si adegua, evidentemente, all’esigenza di consentire ai

    discenti piena comprensione dell’argomento trattato. Anche la relazione del caput primum presenta qualche elemento

    degno di nota: intanto, nel riferirne il contenuto, si afferma che questo tratta dei pecudes (

    PECUS...), ragione per la quale – riportata la clausola che, ovviamente, non può non contenere anche la menzione degli schiavi

    ...) – e precisato, come si è già accennato appena prima, che intenzione dell’antecessore è sciogliere i nodi problematici – si prosegue osservando che, quanto stabilito a proposito dei servi, non solleva particolari incertezze interpretative

    ————————— 18 Accenno, qui, appena al problema dell’Autore della lex Aquilia e al momento

    cronologico della sua emanazione. Intorno a questo secondo profilo, in particolare, nel confronto tra Gai 3.218; I. 4.3.15 e PT. 4.3.15, vd. infra, § 6.

    19 Sulla questione relativa al numero dei capita tornerò nel séguito del lavoro, §§ 2-3, anche a riguardo delle affermazioni contenute in PT. 4.3.14 (ed. Lokin et all., 770-772).

    20 Non manca, infatti, una certa, quasi compiaciuta, ‘dilatazione’ del dettato aquiliano (anche se riportato come se fosse stato trascritto quello originale):

    PECUDON

    Si insiste, in altre parole, sulla res che è stata ‘uccisa’, e l’anno ‘in cui è avvenuta l’uccisione’, in relazione al criterio estimativo del quanti plurimi (in ordine al quale vd. infra, § 5). Quest’ultima precisazione denuncia l’ansia circostanziatrice e ripetitiva, a fini chiarificatori (e di tendenziale ispirazione completome), quale fenomeno stilistico abbastanza tipico della giurisprudenza bizantina.

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    412 AUPA 55/2012

    «)21.

    Degna di più capillare attenzione appare, invece, alla sensibilità del Parafraste la determinazione del concetto di pecus, a cui viene dedicato il paragrafo appena successivo22.

    Ora, il primo capo della legge è stato oggetto di relazione anche da parte di un ampio, quanto interessante commento, che, in passato, si è ritenuto 23 essere stato tratto dal normalmente detto di

    ————————— 21 È già stato notato in dottrina come il susseguirsi dei frammenti all’interno di D.

    9.2 segnali l’ispirazione di un progetto chiaro e costante, almeno per quanto riguarda quelli che vanno dal primo al ventinovesimo, in relazione appunto alle fattispecie considerate nel primo capo (cfr. S. SCHIPANI, Responsabilità ‘ex lege Aquilia’, cit., 406 s., ripreso letteralmente da G. VALDITARA, Superamento dell’‘aestimatio rei’, cit., 316, nonché da M. MIGLIETTA, ‘Servus dolo occisus’, cit., 43 s.). La occisio hominis parrebbe essere stata oggetto, dunque, di una riflessione lineare.

    22 Cfr. PT. 4.3.1 (ed. Lokin et all., 760-762):

    PECUDON [pecú n, ed. Ferrini, 398-15]

    PECUDON [pecú , ed. Ferrini, 398-17; 398 nt. 13],

    PECUDON [pecúd n, ed. Ferrini, 399-1]

    AELIOS MARCIANOS [ Aélios Marcianòs, ed. Ferrini, 399-4] INSTITUTOIS [Institútois, ed. Ferrini, 399-5],

    23 Cfr. Hb. VI. Manuale Basilicorum, 242 (ad D. 9.2.1). A riguardo delle attribuzioni proposte dall’Editore tedesco è necessario un importante ‘caveat’, che deve valere tutte le volte in cui il Manuale venga richiamato. Tali indicazioni di paternità dei testi (laddove, ovviamente, non siano tratte testualmente dall’incipit degli scholia che la dichiarano espressamente: vd., e.g., , in Sch. 2, ad B. 60.3.1 [BS 3090-25 = Sch. 1 cpv., Hb. V, 263], richiamato più sopra, nt. 3; in Sch. 6*, ad B. 60.3.2 [BS 3091-21 = Hb. V, 264], .), debbono considerarsi congetturali – sebbene non possa essere omesso il dato, non certo secondario, della profonda conoscenza e conseguente padronanza di quelle fonti da parte del Heimbach, tale da non consentire un ragionevole, aprioristico rifiuto delle soluzioni date (da cui la necessità scientifica di indicare sempre la relativa [scl. proposta di] attribuzione: vd. infra, in questa stessa nota, e nelle ntt. 36, 43-44, 52, 69 e 74). Certo è, però, il dato secondo il quale non gode di certezza l’attribuibilità dei testi a Doroteo, né che egli sia stato autore di un índix. Lo

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    AUPA 55/2012 413

    «)21.

    Degna di più capillare attenzione appare, invece, alla sensibilità del Parafraste la determinazione del concetto di pecus, a cui viene dedicato il paragrafo appena successivo22.

    Ora, il primo capo della legge è stato oggetto di relazione anche da parte di un ampio, quanto interessante commento, che, in passato, si è ritenuto 23 essere stato tratto dal normalmente detto di

    ————————— 21 È già stato notato in dottrina come il susseguirsi dei frammenti all’interno di D.

    9.2 segnali l’ispirazione di un progetto chiaro e costante, almeno per quanto riguarda quelli che vanno dal primo al ventinovesimo, in relazione appunto alle fattispecie considerate nel primo capo (cfr. S. SCHIPANI, Responsabilità ‘ex lege Aquilia’, cit., 406 s., ripreso letteralmente da G. VALDITARA, Superamento dell’‘aestimatio rei’, cit., 316, nonché da M. MIGLIETTA, ‘Servus dolo occisus’, cit., 43 s.). La occisio hominis parrebbe essere stata oggetto, dunque, di una riflessione lineare.

    22 Cfr. PT. 4.3.1 (ed. Lokin et all., 760-762):

    PECUDON [pecú n, ed. Ferrini, 398-15]

    PECUDON [pecú , ed. Ferrini, 398-17; 398 nt. 13],

    PECUDON [pecúd n, ed. Ferrini, 399-1]

    AELIOS MARCIANOS [ Aélios Marcianòs, ed. Ferrini, 399-4] INSTITUTOIS [Institútois, ed. Ferrini, 399-5],

    23 Cfr. Hb. VI. Manuale Basilicorum, 242 (ad D. 9.2.1). A riguardo delle attribuzioni proposte dall’Editore tedesco è necessario un importante ‘caveat’, che deve valere tutte le volte in cui il Manuale venga richiamato. Tali indicazioni di paternità dei testi (laddove, ovviamente, non siano tratte testualmente dall’incipit degli scholia che la dichiarano espressamente: vd., e.g., , in Sch. 2, ad B. 60.3.1 [BS 3090-25 = Sch. 1 cpv., Hb. V, 263], richiamato più sopra, nt. 3; in Sch. 6*, ad B. 60.3.2 [BS 3091-21 = Hb. V, 264], .), debbono considerarsi congetturali – sebbene non possa essere omesso il dato, non certo secondario, della profonda conoscenza e conseguente padronanza di quelle fonti da parte del Heimbach, tale da non consentire un ragionevole, aprioristico rifiuto delle soluzioni date (da cui la necessità scientifica di indicare sempre la relativa [scl. proposta di] attribuzione: vd. infra, in questa stessa nota, e nelle ntt. 36, 43-44, 52, 69 e 74). Certo è, però, il dato secondo il quale non gode di certezza l’attribuibilità dei testi a Doroteo, né che egli sia stato autore di un índix. Lo

    Doroteo (sebbene sia, forse, scelta migliore, oggi, considerare l’opera una ‘traduzione non pedissequa’)24:

    —————————— stesso Editore tedesco ha, infatti, operato una attribuzione sulla base di un criterio, per così dire, ‘quantitativo’ (cfr. Hb. VI. Manuale Basilicorum, 242 nt. s, ad rubr.: «Non nego, Stephanum etiam ad hunc Digestorum titulum indicem et adnotationes scripsisse, sed ex indole indicis, qui brevior esse solet, quam index Stephani, malim Dorotheum auctorem eius habere»). In realtà, almeno per Sch. 1 ad B. 60.3.1, il richiamo all’insegnamento (è assai eloquente l’uso del verbo ) delle Institutiones (

    ) potrebbe far escludere la paternità dell’illustre Commissario giustinianeo (sul quale vd. infra, nota seguente). La migliore e più recente dottrina ha chiarito, infatti, con convincenti argomentazioni, che l’opera di Doroteo non fosse mirata – se non occasionalmente – all’attività isagogica (che, per contro, l’inciso ora richiamato farebbe presupporre), bensì fosse diretta ‘essenzialmente’ alla pratica forense: cfr., per tutti, F. BRANDSMA, Dorotheus and his Digest Translation, Groningen 1996, 70 («the work not only comprises the Digest books dealt with in the legal educational system, but all of the Digest and so appears in the first place to have been intended for the legal practice») ss. (e 278 ss.), nonché G. FALCONE, ‘Legum cunabula’ e ‘antiquae fabulae’ (cost. ‘Imperatoriam’ 3), in C. RUSSO RUGGERI (a cura di), Studi in onore di Antonino Metro, II, Milano, 2010, 283 ss. (290 e nt. 16, 295 ss., in particolare). A quest’ultimo Autore si deve d’aver ben evidenziato il valore delle espressioni di richiamo, da parte di giuristi bizantini (segnatamente di Taleleo), alle Institutiones, in grado di manifestare lo stile rivolto all’insegnamento, fenomeno improbabile per quanto concerne Doroteo (cfr., infatti, B. 10.19.3 [BT 583-28 = Hb. I, 527]; Sch. 1 ad B. 11.1.73 [BS 326-3 = Hb. I, 655], che Hb. VI. Manuale Basilicorum, 351, assegna a Taleleo così come lo Sch. 5 ad B. 11.2.23 [BS 400-3 = Sch. 4, Hb. I, 695]: cfr. Hb. VI. Manuale Basilicorum, loc. cit.; Sch. 2 ad B. 24.1.22 [BS 1729-23 = Hb. III, 10] ivi Taleleo è espressamente indicato; Sch. 3 ad B. 24.1.23 [BS 1730-10 = Sch. 2, Hb. III, 10]: paternità di Taleleo in Hb. VI. Manuale Basilicorum, 363; Sch. 1 ad B. 28.5.37 [BS 1863-9 = Hb. III, 213]: stessa attribuzione in Hb. VI. Manuale Basilicorum, 374, e, infine, Sch. 2 ad B. 38.1.55 [BS 2186-29 = Hb. III, 701], sempre assegnato allo stesso giurista: Hb. VI. Manuale Basilicorum, 381 – del resto, a titolo di ipotesi di lavoro, anche testimonianze come quella salvata in Sch. 3 ad B. 11.1.88 [BS 335-18 = Hb. I, 663], contenente un esplicito rimando alle Institutiones, potrebbe pur sempre appartenere allo stesso antecessor, autore certo, peraltro, del titolato, e di poco appena precedente, Sch. 1 ad B. eod. [BS 335-9 = Hb. I, 663]: ). Altri, connessi ed interessanti profili, da ultimo, in G. FALCONE, Premessa per uno studio sulla produzione didattica degli antecessores, in J.H.A. LOKIN, B.H. STOLTE (a cura di), Introduzione al diritto bizantino. Da Giustiniano ai Basilici, Pavia 2011, 147 ss. (vd. 155 e nt. 29, in particolare).

    24 Cfr. gli studi condotti da F. BRANDSMA, Dorotheus and his Digest Translation, cit., passim (e cfr. op. cit., 289-290, per una sintesi efficace), il quale osserva – dopo attenta analisi delle fonti e della stilistica doroteana – che la ‘Translation’ del giurista bizantino non corrisponde né ad uno dei (semplici) , né ad una ‘Paraphrase’ di naturaeminentemente didattica (ossia, appunto, ad un ), ma copre la posizione intermedia, se vogliamo, della ‘Versione greca’ (vd. anche supra, nt. precedente). Quanto allo stesso Doroteo, fu illustre giurista d’epoca giustinianea, ed antecessor a Berito, chiamato

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    Sch. 1 ad B. 60.3.1 (BS 3090-6 = Hb. V, 263)25:

    —————————— dall’Imperatore a far parte delle commissioni per la compilazione sia delle Institutiones, sia dei Digesta, sia del Codex (cfr. Imp. maiest. 3; Tanta- 9; Omnem inscript. e § 2; Cordi 2); viene indicato dal giurista Stefano come ‘beato’ ( ), poiché, evidentemente, defunto da poco tempo (vd. STEPHANUS, Th.L.Gr. VI, 515 – ed anche 514-B, voce ; per simili considerazioni, a riguardo di Teofilo, e indicazione di fonti vd. M. MIGLIETTA, Riflessioni intorno a Bas. 23.1.31.1: problemi testuali e prospettive di giuristi bizantini, in L. GAROFALO [a cura di], La compravendita e l’interdipendenza delle obbligazioni nel diritto romano, II, Padova, 2007, 715 e nt. 82). Cfr. Hb. VI. Prolegomena, 12 e nt. 11-12; J.-A.-B. MORTREUIL, Histoire du droit byzantin, I, Paris 1843 (ed. anast. Osnabück 1966), 279 ss.; H.J. SCHELTEMA, Byzantine Law, passim ed ID., L’enseignement de droit des antécesseur, passim, in N. VAN DER WAL, J.H.A. LOKIN, B.H. STOLTE, R. MEIJERING (a cura di), Opera minora ad ius historiam pertinentia, Groningen 2004, 38 ss., 58 ss. Si vedano anche: P. JÖRS, voce ‘Dorotheos [22]’, in PWRE V, Stuttgart 1905, 1572 s.; R. ORESTANO, voce ‘Doroteo’, in Nov. dig. it. VI, Torino 1960, 256; A. SCHMINCK, voce ‘Dorotheos’, in A.P. KAZHDAN ET ALL. (eds.), The Oxford Dictionary of Byzantium, I, New York - Oxford 1991, 653; A. AGUDO, voce ‘Doroteo’, in R. DOMINGO (ed.), Juristas universales, I, Madrid - Barcelona, 2004, 237 s.

    25 È parso opportuno indicare, oltre al luogo in cui i passi dei libri Basilicorum sono situati all’interno dell’edizione olandese di Scheltema et all., anche quello corrispondente dell’edizione di Heimbach. Intanto è sempre operazione (almeno) utile facilitare il lettore nel reperire le testimonianze in entrambe le versioni. Non sarebbe possibile opporre in contrario – con effetto dirimente – il fatto che l’edizione olandese riporti a margine l’indicazione del luogo corrispondente a quella tedesca: intanto ciò non è vero per la serie del testo dei Basilici (series A, BT I-VIII), ma soltanto per quella degli (series B, BS I-IX). Ragioni di simmetria (e di completezza) consigliano, dunque, di offrire la doppia informazione; inoltre, il reperimento dei commenti dall’edizione Heimbach rispetto a quella Scheltema, e viceversa, non sempre è così agevole, come potrebbe apparire a prima vista. Gli scolii marginali, di mano posteriore (segnalati in BS con il simbolo di *), e, soprattutto, quelli interlineari (contraddistinti dal simbolo di §), vengono posti dagli autori olandesi a conclusione delle rispettive teorie di commenti, per così dire, ‘ordinari’ pertinenti il singolo passo dei Basilici, mentre Heimbach li interponeva, a seguire quelli, secondo la scansione dei singoli paragrafi del testo commentato. Per questo, i richiami ad Heimbach, in BS., vedono il susseguirsi delle pagine (e.g., Hb. V, 265; V, 266 e V, 277, e, quindi, la ripresa, da capo, di Hb. V, 266 e Hb. 277: cfr. BS 3093-3 fino a BS 3095-27), ingenerando una ricerca non sempre facile, che spero, invece, di poter – seppure assai limitatamente – aver agevolato.

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    AUPA 55/2012 415

    Sch. 1 ad B. 60.3.1 (BS 3090-6 = Hb. V, 263)25:

    —————————— dall’Imperatore a far parte delle commissioni per la compilazione sia delle Institutiones, sia dei Digesta, sia del Codex (cfr. Imp. maiest. 3; Tanta- 9; Omnem inscript. e § 2; Cordi 2); viene indicato dal giurista Stefano come ‘beato’ ( ), poiché, evidentemente, defunto da poco tempo (vd. STEPHANUS, Th.L.Gr. VI, 515 – ed anche 514-B, voce ; per simili considerazioni, a riguardo di Teofilo, e indicazione di fonti vd. M. MIGLIETTA, Riflessioni intorno a Bas. 23.1.31.1: problemi testuali e prospettive di giuristi bizantini, in L. GAROFALO [a cura di], La compravendita e l’interdipendenza delle obbligazioni nel diritto romano, II, Padova, 2007, 715 e nt. 82). Cfr. Hb. VI. Prolegomena, 12 e nt. 11-12; J.-A.-B. MORTREUIL, Histoire du droit byzantin, I, Paris 1843 (ed. anast. Osnabück 1966), 279 ss.; H.J. SCHELTEMA, Byzantine Law, passim ed ID., L’enseignement de droit des antécesseur, passim, in N. VAN DER WAL, J.H.A. LOKIN, B.H. STOLTE, R. MEIJERING (a cura di), Opera minora ad ius historiam pertinentia, Groningen 2004, 38 ss., 58 ss. Si vedano anche: P. JÖRS, voce ‘Dorotheos [22]’, in PWRE V, Stuttgart 1905, 1572 s.; R. ORESTANO, voce ‘Doroteo’, in Nov. dig. it. VI, Torino 1960, 256; A. SCHMINCK, voce ‘Dorotheos’, in A.P. KAZHDAN ET ALL. (eds.), The Oxford Dictionary of Byzantium, I, New York - Oxford 1991, 653; A. AGUDO, voce ‘Doroteo’, in R. DOMINGO (ed.), Juristas universales, I, Madrid - Barcelona, 2004, 237 s.

    25 È parso opportuno indicare, oltre al luogo in cui i passi dei libri Basilicorum sono situati all’interno dell’edizione olandese di Scheltema et all., anche quello corrispondente dell’edizione di Heimbach. Intanto è sempre operazione (almeno) utile facilitare il lettore nel reperire le testimonianze in entrambe le versioni. Non sarebbe possibile opporre in contrario – con effetto dirimente – il fatto che l’edizione olandese riporti a margine l’indicazione del luogo corrispondente a quella tedesca: intanto ciò non è vero per la serie del testo dei Basilici (series A, BT I-VIII), ma soltanto per quella degli (series B, BS I-IX). Ragioni di simmetria (e di completezza) consigliano, dunque, di offrire la doppia informazione; inoltre, il reperimento dei commenti dall’edizione Heimbach rispetto a quella Scheltema, e viceversa, non sempre è così agevole, come potrebbe apparire a prima vista. Gli scolii marginali, di mano posteriore (segnalati in BS con il simbolo di *), e, soprattutto, quelli interlineari (contraddistinti dal simbolo di §), vengono posti dagli autori olandesi a conclusione delle rispettive teorie di commenti, per così dire, ‘ordinari’ pertinenti il singolo passo dei Basilici, mentre Heimbach li interponeva, a seguire quelli, secondo la scansione dei singoli paragrafi del testo commentato. Per questo, i richiami ad Heimbach, in BS., vedono il susseguirsi delle pagine (e.g., Hb. V, 265; V, 266 e V, 277, e, quindi, la ripresa, da capo, di Hb. V, 266 e Hb. 277: cfr. BS 3093-3 fino a BS 3095-27), ingenerando una ricerca non sempre facile, che spero, invece, di poter – seppure assai limitatamente – aver agevolato.

    La testimonianza appena trascritta – che riporta al suo interno le tematiche affrontate originariamente da D. 9.2.1 pr-1 (Ulp. 18 ad ed.) e da D. 9.2.2 pr.-2 (Gai. 7 ad ed. prov.) – accede a B. 60.3.1 e precede il passo, di natura sostanzialmente ripetitiva, conservato in B. 60.3.2.

    Vediamoli entrambi:

    B. 60.3.1 (BT 2749-4 = Hb. V, 263): Ulpi. 26

    B. 60.3.2 (BT 2749-6 = Hb. V, 263): Ga u.27

    ————————— 26 in Hb. V, 263. 27 in Hb. V, 263.

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    416 AUPA 55/2012

    La densa pagina dello Scoliaste si apre con il dato secondo cui la legge Aquilia – di cui si specifica, appena dopo, che non fu una lex rogata, bensì un plebiscito (

    ), poiché emanata dal tribuno Aquilio, che ne propose l’approvazione ai relativi concilia (

    )28 – avrebbe provveduto a privare di vigore le precedenti disposizioni tese a disciplinare il danno, comprese anche quelle contenute nella lex duodecim Tabularum, sulle quali peraltro – così come già concludeva Ulpiano, sua fonte diretta – il giurista non ritiene necessario soffermarsi più approfonditamente (

    )29. —————————

    28 A questo segue la precisazione (che trae spunto da I. 1.2.4, e di cui si è già trattato supra, nt. 23): (BS 3090-12 = Hb. V, 263):

    Si vedano anche, a questo riguardo, gli Sch. 2-4 ad B. 60.3.1 (BS 3090-25 = Hb. V, 263): 2.

    . Per questi commenti vd. anche infra, § 6.

    29 Cfr., infatti, D. 9.2.1 pr.-1 (Ulp. 18 ad ed.): Lex Aquilia omnibus legibus, quae ante se de damno iniuria locutae sunt, derogavit, sive duodecim tabulis, sive alia quae fuit: quas leges nunc referre non est necesse. 1. Quae lex Aquilia plebiscitum est, cum eam Aquilius tribunus plebis a plebe rogaverit. Com’è noto, è ampia la discussione sulla portata del plebiscito aquiliano in ordine alle norme già esistenti in materia di danneggiamento. In particolare, risulta interessante il verbo derogare, che potrebbe far riferimento, piuttosto che ad una ‘abrogazione’ (che sappiamo non essere mai stata completa: si consideri, ad esempio, la permanenza dell’actio de arboribus succisis, senz’altro precedente – vd. Gai 4.11, e cfr. O. LENEL, Edictum perpetuum 3, Leipzig 1927, 337 s. – e, soprattutto, concorrente con l’actio legis Aquiliae – vd. D. 12.2.28.6 [Paul. 28 ad ed.] – ciò che non potrebbe essere se la forma più antica fosse stata ‘cancellata’ dalla più recente), ad una sorta di ‘sottrazione’ di (alcune) ipotesi di danno ai testi normativi in vigore (laddove si consideri la simmetrica contrapposizione tra rogare e de-rogare : vd., con osservazioni ineccepibili, C.A. CANNATA, Sul testo della lex Aquilia e la sua portata originaria, in L. VACCA [a cura di], La responsabilità da atto illecito nella prospettiva comparatistica. Atti Aristec 1993, Torino 1995, 25 s.), per isolarle unitariamente in un nuovo testo (vd. ancora C.A. CANNATA, Sul testo originale della lex Aquilia: premesse e ricostruzione del primo capo, in SDHI 58, 1992, 202 s.). È questo, infatti, il significato del termine (cfr., ex mult., Auct. ad Heren., rhet. 2.10.15: Cum duae leges inter se discrepant, videndum est

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    AUPA 55/2012 417

    La densa pagina dello Scoliaste si apre con il dato secondo cui la legge Aquilia – di cui si specifica, appena dopo, che non fu una lex rogata, bensì un plebiscito (

    ), poiché emanata dal tribuno Aquilio, che ne propose l’approvazione ai relativi concilia (

    )28 – avrebbe provveduto a privare di vigore le precedenti disposizioni tese a disciplinare il danno, comprese anche quelle contenute nella lex duodecim Tabularum, sulle quali peraltro – così come già concludeva Ulpiano, sua fonte diretta – il giurista non ritiene necessario soffermarsi più approfonditamente (

    )29. —————————

    28 A questo segue la precisazione (che trae spunto da I. 1.2.4, e di cui si è già trattato supra, nt. 23): (BS 3090-12 = Hb. V, 263):

    Si vedano anche, a questo riguardo, gli Sch. 2-4 ad B. 60.3.1 (BS 3090-25 = Hb. V, 263): 2.

    . Per questi commenti vd. anche infra, § 6.

    29 Cfr., infatti, D. 9.2.1 pr.-1 (Ulp. 18 ad ed.): Lex Aquilia omnibus legibus, quae ante se de damno iniuria locutae sunt, derogavit, sive duodecim tabulis, sive alia quae fuit: quas leges nunc referre non est necesse. 1. Quae lex Aquilia plebiscitum est, cum eam Aquilius tribunus plebis a plebe rogaverit. Com’è noto, è ampia la discussione sulla portata del plebiscito aquiliano in ordine alle norme già esistenti in materia di danneggiamento. In particolare, risulta interessante il verbo derogare, che potrebbe far riferimento, piuttosto che ad una ‘abrogazione’ (che sappiamo non essere mai stata completa: si consideri, ad esempio, la permanenza dell’actio de arboribus succisis, senz’altro precedente – vd. Gai 4.11, e cfr. O. LENEL, Edictum perpetuum 3, Leipzig 1927, 337 s. – e, soprattutto, concorrente con l’actio legis Aquiliae – vd. D. 12.2.28.6 [Paul. 28 ad ed.] – ciò che non potrebbe essere se la forma più antica fosse stata ‘cancellata’ dalla più recente), ad una sorta di ‘sottrazione’ di (alcune) ipotesi di danno ai testi normativi in vigore (laddove si consideri la simmetrica contrapposizione tra rogare e de-rogare : vd., con osservazioni ineccepibili, C.A. CANNATA, Sul testo della lex Aquilia e la sua portata originaria, in L. VACCA [a cura di], La responsabilità da atto illecito nella prospettiva comparatistica. Atti Aristec 1993, Torino 1995, 25 s.), per isolarle unitariamente in un nuovo testo (vd. ancora C.A. CANNATA, Sul testo originale della lex Aquilia: premesse e ricostruzione del primo capo, in SDHI 58, 1992, 202 s.). È questo, infatti, il significato del termine (cfr., ex mult., Auct. ad Heren., rhet. 2.10.15: Cum duae leges inter se discrepant, videndum est

    A questo riguardo, è utile osservare che già il ‘preambolo’ della lex Aquilia (racchiuso in D. 9.2.1) risulta fortemente compresso nel corrispondente brano di B. 60.3.1: in questo, infatti, non si fa menzione della legge delle XII Tavole, né del fatto che appare superfluo menzionare gli altri in materia di danneggiamento.

    I Basilici, tuttavia, puntualizzano fin dalle battute d’esordio del relativo titolo – e questo è decisamente rilevante – che il

    « ». Si allude, con questa espressione, ad una tra le caratteristiche fondamentali rinvenibili nella costruzione dogmatica bizantina della responsabilità extracontrattuale, ossia l’attribuzione della natura di ‘rimedio generale’ per danneggiamento ai mezzi processuali che derivano, più o meno direttamente, dal nostro plebiscitum, al punto che la relativa azione in factum viene definita, addirittura, come (o, meglio, )30.

    —————————— primum num quae obrogatio aut derogatio sit, deinde utrum leges ita dissentiant ut altera iubeat, altera vetet, an ita ut altera cogat, altera permittat), al punto che derogator si identifica con il calumniator nel senso moderno del termine ‘detrattore’ (vd., e.g., Tertull., adv. Marc. 4.29: quasi derogator creatoris). Su questa linea interpretativa parrebbe condurre anche il Lexikon a Hexabiblos aucta A.1 [ed. M.T. Fögen, in L. BURGMANN ET ALL. (edd.), Fontes minores, VIII, Frankfurt a.M., 1990, 162-1]:

    (il testo richiama B. 60.3.1 – così, correttamente, M.T. FÖGEN, loc. cit., apparato critico ad lin. 1-2): interessante, infatti, l’uso della forma , che pare alludere più ad un ‘prevalere’ della lex Aquilia, che ad una cancellazione di precedenti norme. Quanto, invece, all’impiego del verbo si veda quanto riportato infra, nt. 42.

    30 Cfr. l’intuizione di V. ARANGIO RUIZ, La compilazione giustinianea e i suoi commentatori bizantini (da Ferrini a noi), in Scritti di diritto romano in onore di C. Ferrini, Milano 1946, 98, ora in ID., Scritti di diritto romano, IV, Napoli 1977, 18, il quale sottolineava puntualmente l’effetto di «trasformazione dell’actio legis Aquiliae in azione generale di risarcimento del danno» dovuto ai testi racchiusi in Bas. 60.3, con relativi scholia (sebbene, forse, la conclusione vada piuttosto esplicitamente rivolta al destino subito dell’actio in factum). Per l’individuazione dell’actio in factum ‘generalis’ vd., precisamente, I. ALIBRANDI, Delle azioni dirette ed utili, in Opere storiche e giuridiche del Prof. Ilario Alibrandi, I, Roma 1896, 176; H. ERMAN, Zur Behandlung der Aktionen in der nachklassischen Rechtsbüchern, in Mélanges Fitting, II, Montpellier 1908, 594 ss.; B. BRUGI, Il nome dell’azione nel libello procedurale del diritto greco-romano, in Scritti per il centenario della nascita di M. Amari, II, Palermo 1910, 289 e 300; ID., Dell’azione sussidiaria in Teofilo, 1, 24, 2, in Mélanges P.F. Girard, I, Paris 1912, 143. Credo sia opportuno sottolineare, a tal riguardo, il commento (adespota) salvato in Sch. 6 ad B. 60.3.1 (BS 3091-3 = Sch. 2, Hb. V, 263):Riferendosi, infatti, ai verba (così Hb. loc. cit., ma vd. ad v. in BT 2749,

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    418 AUPA 55/2012

    Quanto allo scolio attribuito da Heimbach a Doroteo, merita la nostra attenzione il fatto che, appena dopo la relazione del primo capo della legge (

    ) 31 , si affermi: , riferendosi, con questo,

    al fatto che il plebiscito aquiliano conteneva la sanzione della infitiatio adversus negantem 32.

    A questo proposito è necessario osservare che, a mio parere33, lo scoliaste lega – senza dimostrare alcuna soluzione di continuità – il testo del primo capo della legge Aquilia e la norma sulla infitiatio, di modo che, con questa costruzione, non viene confortata la tesi di chi ha intelligentemente intravisto, con riguardo a quest’ultima, la possibile presenza di un capo ulteriore (un ipotetico ‘quarto’ capo) –così come la disposizione sulla nossalità avrebbe potuto rappresentare un ipotetico ‘quinto’ caput legis Aquiliae 34. —————————— ‘Scholia’, ad h.l.), lo Scoliaste precisa che, trattandosi di ‘normativa generale (‘universale’)’, questa non opera ‘alcuna differenza’ (ciò che è pienamente comprensibile: si applica la tutela prevista, in via generale, a tutte le ipotesi di danneggiamento – purché, va da sé, rispondano ai requisiti richiesti dalla legge stessa), né ‘alcuno scambio di pena’ (nel senso – mi parrebbe di capire – dell’applicazione della sanzione prevista, senza possibilità di confusione tra varie normative – i.e. quelle precedenti l’emanazione del plebiscito aquiliano – che qualche incertezza e sovrapposizione potevano aver causato). Per la traduzione del termine come ‘poena’, la scelta è stata basata su E.F. LEOPOLD, Lexicon graeco-latinum manuale, Leipzig 1852, 304 ad h.v.

    31 Cfr. D. 9.2.2 pr. (Gai. 7 ad ed. prov.), trascritto supra, nel testo. 32 Cfr. D. 9.2.2.1 (Gai. 7 ad ed. prov.): [...] et infra deinde cavetur, ut adversus

    infitiantem in duplum actio esset. 33 Cfr. anche M. MIGLIETTA, Reflexiones en torno al título III, libro IV, de la Paráfrasis

    de Teófilo, cit., 356.34 La teoria del ‘quarto’ capo risale, in realtà, a P.E. HUSCHKE, Zum vierten Buch des

    Gaius, in ZRW, 13, 1846, 267 s., la cui specifica menzione Gaio avrebbe taciuto trattandosi di norma meramente processuale (critica puntuale, però, già in G. ROTONDI, Teorie postclassiche sull’‘actio legis Aquiliae’, in ID., Studii sul diritto romano delle obbligazioni, Milano [s.d.], p. 422 e s.). Cfr., quindi, A. PERNICE, Zur Lehre von den Sachbeschädigungen nach römischem Rechte, Weimar 1867, p. 11; D. LIEBS, Damnum, damnare und damnas, in ZSS, 85, 1968, p. 245 nt. 306 (che richiama parte dello Sch. 1 ad B. 60.3.1, cit., il quale, come si chiarirà appena oltre, prova il contrario); C.A. CANNATA, Sul testo originale della lex Aquilia, cit., 210 ss.; ID., Considerazioni sul testo e la portata del secondo capo della lex Aquilia, in Index 22, 1994, 151 ss.; ID., Sul testo della lex Aquilia e la sua portata originaria, cit., 25 ss. Si vedano anche P. ZILIOTTO, L’imputazione del danno aquiliano, cit., 6 e nt. 10, e M.F. CURSI, Iniuria cum damno, cit., 212 ss. (che si

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    AUPA 55/2012 419

    Quanto allo scolio attribuito da Heimbach a Doroteo, merita la nostra attenzione il fatto che, appena dopo la relazione del primo capo della legge (

    ) 31 , si affermi: , riferendosi, con questo,

    al fatto che il plebiscito aquiliano conteneva la sanzione della infitiatio adversus negantem 32.

    A questo proposito è necessario osservare che, a mio parere33, lo scoliaste lega – senza dimostrare alcuna soluzione di continuità – il testo del primo capo della legge Aquilia e la norma sulla infitiatio, di modo che, con questa costruzione, non viene confortata la tesi di chi ha intelligentemente intravisto, con riguardo a quest’ultima, la possibile presenza di un capo ulteriore (un ipotetico ‘quarto’ capo) –così come la disposizione sulla nossalità avrebbe potuto rappresentare un ipotetico ‘quinto’ caput legis Aquiliae 34. —————————— ‘Scholia’, ad h.l.), lo Scoliaste precisa che, trattandosi di ‘normativa generale (‘universale’)’, questa non opera ‘alcuna differenza’ (ciò che è pienamente comprensibile: si applica la tutela prevista, in via generale, a tutte le ipotesi di danneggiamento – purché, va da sé, rispondano ai requisiti richiesti dalla legge stessa), né ‘alcuno scambio di pena’ (nel senso – mi parrebbe di capire – dell’applicazione della sanzione prevista, senza possibilità di confusione tra varie normative – i.e. quelle precedenti l’emanazione del plebiscito aquiliano – che qualche incertezza e sovrapposizione potevano aver causato). Per la traduzione del termine come ‘poena’, la scelta è stata basata su E.F. LEOPOLD, Lexicon graeco-latinum manuale, Leipzig 1852, 304 ad h.v.

    31 Cfr. D. 9.2.2 pr. (Gai. 7 ad ed. prov.), trascritto supra, nel testo. 32 Cfr. D. 9.2.2.1 (Gai. 7 ad ed. prov.): [...] et infra deinde cavetur, ut adversus

    infitiantem in duplum actio esset. 33 Cfr. anche M. MIGLIETTA, Reflexiones en torno al título III, libro IV, de la Paráfrasis

    de Teófilo, cit., 356.34 La teoria del ‘quarto’ capo risale, in realtà, a P.E. HUSCHKE, Zum vierten Buch des

    Gaius, in ZRW, 13, 1846, 267 s., la cui specifica menzione Gaio avrebbe taciuto trattandosi di norma meramente processuale (critica puntuale, però, già in G. ROTONDI, Teorie postclassiche sull’‘actio legis Aquiliae’, in ID., Studii sul diritto romano delle obbligazioni, Milano [s.d.], p. 422 e s.). Cfr., quindi, A. PERNICE, Zur Lehre von den Sachbeschädigungen nach römischem Rechte, Weimar 1867, p. 11; D. LIEBS, Damnum, damnare und damnas, in ZSS, 85, 1968, p. 245 nt. 306 (che richiama parte dello Sch. 1 ad B. 60.3.1, cit., il quale, come si chiarirà appena oltre, prova il contrario); C.A. CANNATA, Sul testo originale della lex Aquilia, cit., 210 ss.; ID., Considerazioni sul testo e la portata del secondo capo della lex Aquilia, in Index 22, 1994, 151 ss.; ID., Sul testo della lex Aquilia e la sua portata originaria, cit., 25 ss. Si vedano anche P. ZILIOTTO, L’imputazione del danno aquiliano, cit., 6 e nt. 10, e M.F. CURSI, Iniuria cum damno, cit., 212 ss. (che si

    Se la testimonianza gaiana, infatti, affermava: et infra deinde cavetur..., et rell. – potendo lasciare intendere di presupporre la presenza di una norma specifica e, quindi, separata da quella racchiusa nel primo capo – la scrittura di Doroteo (o di chi per lui) impiega la forma, assai meno cogente, da questo punto di vista, ..., et rell., che non segue l’impostazione appena enunciata.

    Laddove, tuttavia, questo argomento di ordine lessicale apparisse ugualmente gracile35, non può essere taciuto quanto afferma un altro scholium, adespota36:

    Sch. 24 ad B. 60.3.27 (BS 3124-31 = Hb. V, 290):

    Non vi può essere dubbio che l’anonimo commentatore affermi, espressamente, che il terzo capo ( ) del plebiscito aquiliano condanna ( ) al doppio in virtù della negazione della propria responsabilità, da parte dell’agente, così come ( ...) faceva il primo capo ( [sott. ]).

    La coppia di termini al caso nominativo () sono retti, significativamente, dalla medesima (ed unica)

    forma verbale, .La conformazione sintattica dello scholium non sembra concedere

    spazio all’ipotesi che la sanzione connessa alla infitiatio fosse racchiusa in un caput ad hoc, bensì sembra fondare la diversa conclusione che fosse parte del primo e del terzo capo37 – ciò che doveva valere, in origine, anche per il secondo38.

    —————————— esprime nei termini di ‘previsione delle clausole processuali’, ma con opportune precisazioni a p. 212 e nt. 137).

    35 A questo livello, tuttavia, non avrebbe minor intensità rispetto alla soluzione per cui debba ritenersi essere esistito un ‘quarto capo’ sulla base della espressione ‘et infra deinde caventur...’ del frammento salvato in D. 9.2.2.1 (Gai. 7 ad ed. prov.), e riportato supra, nt. 32.

    36 Cfr. Hb. VI. Manuale Basilicorum, 243 ad D. 9.2.27.5, senza attribuzione. 37 Probabilmente la stessa conclusione si deve trarre anche da D. 9.2.23.10 (Ulp. 18

    ad ed.): Haec actio adversus confitentem competit in simplum, adversus negantem in duplum. È l’azione stessa (qui, ex capite primo) che ‘compete’ in simplum o in duplum. Non diversamente la simmentrica versione di B. 60.3.23.10 (BT 2756-7 = Hb. V, 285):

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    420 AUPA 55/2012

    Da ultima, quale considerazione di tipo logico, non si può omettere il dato di ciò che potremmo definire come ‘tradizione letteraria’ tramandata dalla riflessione sia da parte dei giuristi romani sia da parte di quelli bizantini 39 . Le fonti, infatti, comunicano costantemente il riferimento al ‘primo’, o al ‘secondo’, o, ancora, al ‘terzo’ capo, senza mai lasciar scorgere l’esistenza positiva di ulteriori capi della lex Aquilia .

    L’argomento trova, del resto, fondamento nello stile costante dei giuristi (romani) – ma anche dei retori – di restituirci il tenore delle singole norme, unitamente all’indicazione precisa, se conosciuta, delnumero del capo che le contengono. Si consideri, assai significativamente, l’indicazione ‘programmatica’ salvata in

    Coll. 4.2.1 (Paul. l.s. de adult.): Brevem interpretationem [i.e. legis

    Iuliae, FIRA II, 553] de adulteriis coercendis facturus per ipsa capita ire maluit ordinemque legis servare.

    Il giurista Paolo, pur affermando di intendere esporre un succinto

    commento alla legge augustea in materia di morale coniugale, non manca di dichiarare espressamente di voler seguire i capi della stessa, nonché la sequenza degli argomenti in essa contenuti40. ——————————

    38 Arg. ex Gai 3.216: [...] nisi quod ea lege adversus infitiantem in duplum agitur. Per il testo completo vd. immediatamente infra, § 3.

    39 Una interessante, quanto consistente, traccia di questo fenomeno si rinviene anche nell’opera di uno scrittore del secolo XI, non giurista di professione, ma ugualmente e notoriamente informato di questioni di diritto. Alludo a Mich. Psell., syn. leg. 494-510 [ed. G. Weiss, in D. SIMON (ed.), Fontes minores, II, 179]: [...]

    [vv. 496 (495)-498 (497)], testo probabilmente tratto da Sch. 1 ad B. 60.3.1, cit., nonché da altre fonti (quali PT. 4.3 pr., PT. 4.12, B. 60.3.27.4, Sch. 6 ad B. 60.3.9 [BS 3100-15 = Hb. V, 271] – testo, quest’ultimo, che rispecchia la ‘corretta’ dogmatica in materia di concessione di actio directa, actio utilis e actio in factum : per i rimandi testuali vd. G. WEISS, loc. cit., apparato critico ad lin. 494-510). Sul personaggio cfr., per tutti, A. KAZHDAN, voce ‘Psellos, Michael’, in A.P. KAZHDAN ET ALL. (eds.), The Oxford Dictionary of Byzantium, III, New York - Oxford 1991, 1754 s.

    40 Intorno a questi profili, anche con riguardo alla lex Cornelia de sicariis e, più in generale, alle leges rogatae, ai senatusconsulta, alle clausole edittali, nonché ad alcuni testi letterari, mi permetto di rinviare a M. MIGLIETTA, ‘Servus dolo occisus’, cit., 80 ss.

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    AUPA 55/2012 421

    Da ultima, quale considerazione di tipo logico, non si può omettere il dato di ciò che potremmo definire come ‘tradizione letteraria’ tramandata dalla riflessione sia da parte dei giuristi romani sia da parte di quelli bizantini 39 . Le fonti, infatti, comunicano costantemente il riferimento al ‘primo’, o al ‘secondo’, o, ancora, al ‘terzo’ capo, senza mai lasciar scorgere l’esistenza positiva di ulteriori capi della lex Aquilia .

    L’argomento trova, del resto, fondamento nello stile costante dei giuristi (romani) – ma anche dei retori – di restituirci il tenore delle singole norme, unitamente all’indicazione precisa, se conosciuta, delnumero del capo che le contengono. Si consideri, assai significativamente, l’indicazione ‘programmatica’ salvata in

    Coll. 4.2.1 (Paul. l.s. de adult.): Brevem interpretationem [i.e. legis

    Iuliae, FIRA II, 553] de adulteriis coercendis facturus per ipsa capita ire maluit ordinemque legis servare.

    Il giurista Paolo, pur affermando di intendere esporre un succinto

    commento alla legge augustea in materia di morale coniugale, non manca di dichiarare espressamente di voler seguire i capi della stessa, nonché la sequenza degli argomenti in essa contenuti40. ——————————

    38 Arg. ex Gai 3.216: [...] nisi quod ea lege adversus infitiantem in duplum agitur. Per il testo completo vd. immediatamente infra, § 3.

    39 Una interessante, quanto consistente, traccia di questo fenomeno si rinviene anche nell’opera di uno scrittore del secolo XI, non giurista di professione, ma ugualmente e notoriamente informato di questioni di diritto. Alludo a Mich. Psell., syn. leg. 494-510 [ed. G. Weiss, in D. SIMON (ed.), Fontes minores, II, 179]: [...]

    [vv. 496 (495)-498 (497)], testo probabilmente tratto da Sch. 1 ad B. 60.3.1, cit., nonché da altre fonti (quali PT. 4.3 pr., PT. 4.12, B. 60.3.27.4, Sch. 6 ad B. 60.3.9 [BS 3100-15 = Hb. V, 271] – testo, quest’ultimo, che rispecchia la ‘corretta’ dogmatica in materia di concessione di actio directa, actio utilis e actio in factum : per i rimandi testuali vd. G. WEISS, loc. cit., apparato critico ad lin. 494-510). Sul personaggio cfr., per tutti, A. KAZHDAN, voce ‘Psellos, Michael’, in A.P. KAZHDAN ET ALL. (eds.), The Oxford Dictionary of Byzantium, III, New York - Oxford 1991, 1754 s.

    40 Intorno a questi profili, anche con riguardo alla lex Cornelia de sicariis e, più in generale, alle leges rogatae, ai senatusconsulta, alle clausole edittali, nonché ad alcuni testi letterari, mi permetto di rinviare a M. MIGLIETTA, ‘Servus dolo occisus’, cit., 80 ss.

    3. Il secondo capo. – In ordine alla natura, e al destino, del secondo

    capo del testo normativo voluto dal tribuno Aquilio, possediamo un certo numero di testimonianze, delle quali la più nota, e significativa (poiché l’unica pervenuta in forma completa), è senza dubbio quella dovuta alle Istituzioni gaiane41. Vediamole con ordine.

    Gai 3.215-216: Capite secundo adversus adstipulatorem, qui

    pecuniam in fraudem stipulatoris acceptam fecerit, quanti ea res est, tanti actio constituitur. 216. Qua et ipsa parte legis damni nomine actionem introduci manifestum est. Sed id caveri non fuit necessarium, cum actio mandati ad eam rem sufficeret; nisi quod ea lege adversus infitiantem in duplum agitur.

    Le altre testimonianze, invece, si limitano ad informare circa la

    caduta in desuetudine della norma. Così afferma D. 9.2.27.4 (Ulp. 18 ad ed.): Huius legis secundum quidem

    capitulum in desuetudinem abiit. Le Iustiniani Institutiones si adeguano al dettato ulpianeo – il quale,

    tuttavia, impiega, al posto di caput, il termine capitulum – riferendo semplicemente il dato della ‘attuale’ mancanza di efficacia della norma:

    I. 4.3.12: Caput secundum legis Aquiliae in usu non est. Anche la Parafrasi di Teofilo riflette, naturalmente, il tenore del

    passo giustinianeo, per mezzo dell’espressione

    —————————— Fondamentale la ricostruzione di M.H. CRAWFORD, Roman Statutes, II, cit., 749 ss. (ed e.g. per quanto riguarda la lex Cornelia sull’omicidio).

    41 Vd., in particolare, C.A. CANNATA, Considerazioni sul testo e la portata del secondo capo della lex Aquilia, cit., 153 ss., e, da ultimo, A. CORBINO, Il secondo capo della ‘lex Aquilia’, in O. CONDORELLI (a cura di), ‘Panta rei’. Studi dedicati a Manlio Bellomo, II, Roma 2004, 1 ss. Per la presenza del sostantivo capitulum in D. 9.2.27.4 (Ulp. 18 ad ed.), di cui appena infra, nel testo, vd. A. CORBINO, Il danno qualificato e la lex Aquilia, cit., 44.

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    422 AUPA 55/2012

    PT. 4.3.12 (ed. Lokin et all., 768):

    Per completezza, possiamo senz’altro indicare anche due testi che ribadiscono, rispettivamente, il primo, in modo diretto, che il

    della lex Aquilia ‘è caduto in desuetudine’ (), ‘come affermato in I. 4.3.10’ [rectius : I. 4.3.12],

    espressamente richiamate, mentre la seconda testimonianza, deputata a commentare il medesimo concetto, osserva in generale che il , scritto o non scritto, può essere ‘abrogato’ per ‘non uso’ (

    )42. Si vedano, infatti,

    Sch. 122* ad B. 60.3.27 (BS 3133-11 = Sch. 17, Hb. V, 289):

    ed inoltre

    Sch. 18 ad B. eod. (BS 3124-4 = Sch. 19, Hb. V, 289):

    ————————— 42 In ordine alle espressioni utilizzate nei due scholia appena richiamati, vd., in

    particolare, F. GORIA, La teoria della consuetudine nell’‘Ecloga Basilicorum’ (sec. XIII), in Nozione, formazione e interpretazione del diritto dall’età romana alle esperienze moderne. Ricerche dedicate al Professor Filippo Gallo, III, Napoli 1997, 188 nt. 78: «lo stesso vocabolo è usato sia per le abrogazioni espresse sia per quelle a seguito di non uso». L’Autore censisce, inoltre, alcune fonti pertinenti, tra cui Nov. 89.15 (scl. principium) e PT. 4.16.1 (vd. ed. Lokin et all., 926-20), circa la caduta in desuetudine del calumniae iudicium (e cfr. Gai 4.176, opportunamente segnalato dall’ed. Ferrini, 484 nt. a, in uno con il rimando ad O. LENEL, Edictum perpetuum, cit., 107 [= 88, I ed.]). Il concetto ( ), inteso, assai efficacemente, come «Tollere leges ex medio, i. e. Abrogare leges, s. Antiquare, aut Abolere», è proprio già della letteratura greca ‘classica’ del IV secolo a.C.: vd., e.g., Demosth., in Audrot. 22.20 (

    ), nonché Æschin., in Ctesiph. 3.16, 3.39 e 3.191 – in quest’ultima ricorrenza, tuttavia, con riferimento al (cfr. anche STEPHANUS, Th.L.Gr. II, 380-D, voce

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    AUPA 55/2012 423

    PT. 4.3.12 (ed. Lokin et all., 768):

    Per completezza, possiamo senz’altro indicare anche due testi che ribadiscono, rispettivamente, il primo, in modo diretto, che il

    della lex Aquilia ‘è caduto in desuetudine’ (), ‘come affermato in I. 4.3.10’ [rectius : I. 4.3.12],

    espressamente richiamate, mentre la seconda testimonianza, deputata a commentare il medesimo concetto, osserva in generale che il , scritto o non scritto, può essere ‘abrogato’ per ‘non uso’ (

    )42. Si vedano, infatti,

    Sch. 122* ad B. 60.3.27 (BS 3133-11 = Sch. 17, Hb. V, 289):

    ed inoltre

    Sch. 18 ad B. eod. (BS 3124-4 = Sch. 19, Hb. V, 289):

    ————————— 42 In ordine alle espressioni utilizzate nei due scholia appena richiamati, vd., in

    particolare, F. GORIA, La teoria della consuetudine nell’‘Ecloga Basilicorum’ (sec. XIII), in Nozione, formazione e interpretazione del diritto dall’età romana alle esperienze moderne. Ricerche dedicate al Professor Filippo Gallo, III, Napoli 1997, 188 nt. 78: «lo stesso vocabolo è usato sia per le abrogazioni espresse sia per quelle a seguito di non uso». L’Autore censisce, inoltre, alcune fonti pertinenti, tra cui Nov. 89.15 (scl. principium) e PT. 4.16.1 (vd. ed. Lokin et all., 926-20), circa la caduta in desuetudine del calumniae iudicium (e cfr. Gai 4.176, opportunamente segnalato dall’ed. Ferrini, 484 nt. a, in uno con il rimando ad O. LENEL, Edictum perpetuum, cit., 107 [= 88, I ed.]). Il concetto ( ), inteso, assai efficacemente, come «Tollere leges ex medio, i. e. Abrogare leges, s. Antiquare, aut Abolere», è proprio già della letteratura greca ‘classica’ del IV secolo a.C.: vd., e.g., Demosth., in Audrot. 22.20 (

    ), nonché Æschin., in Ctesiph. 3.16, 3.39 e 3.191 – in quest’ultima ricorrenza, tuttavia, con riferimento al (cfr. anche STEPHANUS, Th.L.Gr. II, 380-D, voce

    Simile discorso, relativo all’‘attuale’ effettività, o meno, delle norme – in senso positivo per il primo e per il terzo capo (

    ), negativamente per il secondo ( ) – è ribadito anche da

    Sch. 1 ad B. 60.3.2 (BS 3091-8 = Hb. V, 264):

    nonché dalla chiusa ( ) di un commento (probabilmente) dovuto all’Anonimo43:

    Sch. 3 ad B. eod. (BS 3091-13 = Hb. V, 264):

    Quest’ultima testimonianza rileva anche per la circostanza di contenere l’affermazione secondo cui, essendo venuto meno quello descritto da Gai 3.216, il terzo capo si sarebbe ‘trasformato’, a sua volta, nel secondo, di cui avrebbe preso, anche nominalisticamente, il posto.

    Mi riferisco al periodo– da cui trae spunto il titolo di

    queste pagine. Tale concetto viene ribadito, peraltro, nell’adespota

    Sch. 11 ad B. 60.3.16 (BS. 3110-14 = Sch. 8, Hb. V, 279):

    ————————— 43 Cfr. Hb. VI. Manuale Basilicorum, 242 (ad D. 9.2.2). Si vedano anche, infra, § 4,

    lo Sch. 6* ad B. 60.3.2 (BS 3091-21 = Hb. V, 264), laddove, con riferimento al secondo capo, appunto, si afferma:

    ..., et rell., nonché Sch. 1 ad B. 60.3.29 (BS 3139-7 = Hb. V, 301):

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    424 AUPA 55/2012

    e, ancora, nella parte finale di un’altra fonte, nuovamente attribuita all’opera di Doroteo44:

    Sch. 20 ad B. 60.3.27 (BS. 3124-20 = Hb. V, 290): [...]

    Il richiamo finale, e generico, al titolo IV.III delle Institutiones consente di aggiungere che lo Scoliaste propone il ‘cambio’ sostanziale di numero di capi – che, poi, l’Anonimo ricalcherà – riprendendo la tradizione che si rispecchia nella Parafrasi attribuita a Teofilo (del cui periodare l’Autore dello Sch. 20, cit., sembra essere, in qualche misura, debitore)45:

    PT. 4.3.14 (ed. Lokin et all., 770-772):

    AQUILIO46

    PECUS48

    CULPA49

    ————————— 44 Cfr. Hb. VI. Manuale Basilicorum, 243 (ad D. 9.2.27.5). Il testo integrale dello

    Sch. 20, cit., è riportato infra, § 5. Quanto alla paternità del brano, se fosse da attribuire alla stessa mano sia la parte per così dire contenutistica, sia la chiusa «

    », dovremmo dubitare che possa trattarsi di Doroteo (per le ragioni espresse supra, nt. 23), stante anche l’ampia latitudine del passo. Non pare improbabile, tuttavia, che il rimando alle Institutiones possa essere frutto di una chiosa posteriore, tanto più che non corrisponde ad un memento derivante dall’esperienza didattica, quanto piuttosto alla (mera) indicazione di un passo parallelo (ossia una ).

    45 Con poche varianti, infatti, PT. 4.3.14 e Sch. 20, cit., almeno nelle parti di nostro interesse, possono essere in gran parte sovrapposti.

    46 (ed. Ferrini, 404-2).47 (ed. Ferrini, 404-2).48 pécus (ed. Ferrini, 404-3).49 cúlpa (ed. Ferrini, 404-4).

  • M. Miglietta, «Il terzo capo della lex Aquilia è, ora, il secondo» [p. 403-442]

    AUPA 55/2012 425

    e, ancora, nella parte finale di un’altra fonte, nuovamente attribuita all’opera di Doroteo44:

    Sch. 20 ad B. 60.3.27 (BS. 3124-20 = Hb. V, 290): [...]

    Il richiamo finale, e generico, al titolo IV.III delle Institutiones consente di aggiungere che lo Scoliaste propone il ‘cambio’ sostanziale di numero di capi – che, poi, l’Anonimo ricalcherà – riprendendo la tradizione che si rispecchia nella Parafrasi attribuita a Teofilo (del cui periodare l’Autore dello Sch. 20, cit., sembra essere, in qualche misura, debitore)45:

    PT. 4.3.14 (ed. Lokin et all., 770-772):

    AQUILIO46

    PECUS48

    CULPA49

    ————————— 44 Cfr. Hb. VI. Manuale Basilicorum, 243 (ad D. 9.2.27.5). Il testo integrale dello

    Sch. 20, cit., è riportato infra, § 5. Quanto alla paternità del brano, se fosse da attribuire alla stessa mano sia la parte per così dire contenutistica, sia la chiusa «

    », dovremmo dubitare che possa trattarsi di Doroteo (per le ragioni espresse supra, nt. 23), stante anche l’ampia latitudine del passo. Non pare improbabile, tuttavia, che il rimando alle Institutiones possa essere frutto di una chiosa posteriore, tanto più che non corrisponde ad un memento derivante dall’esperienza didattica, quanto piuttosto alla (mera) indicazione di un passo parallelo (ossia una ).

    45 Con poche varianti, infatti, PT. 4.3.14 e Sch. 20, cit., almeno nelle parti di nostro interesse, possono essere in gran parte sovrapposti.

    46 (ed. Ferrini, 404-2).47 (ed. Ferrini, 404-2).48 pécus (ed. Ferrini, 404-3).49 cúlpa (ed. Ferrini, 404-4).

    PECUDU50

    4. Una singolare interpretazione circa il contenuto del secondo capo. – La caduta in desuetudine del caput secundum della legge Aquilia, e la relativa mancanza di registrazione, per altra via, del suo contenuto, ha prodotto – fino al giorno del rinvenimento del Palinsesto veronese – il fiorire, in dottrina, di diverse congetture circa il suo effettivo oggetto, a partire dalla possibile considerazione del lucro cessante (ipotesi dovuta, addirittura, a Cuiacio) 51 , per giungere alla considerazione della servi corruptio 52 – congettura che godette di ampia eco –

    ————————— 50 pecúdu (ed. Ferrini, 404-6).51 Assai interessante la relativa pagina contenuta in Paratitla in libros L. Digestorum,

    ad lib. IX, tit. II, in CUIACIUS, Opera, III, Prato 1837, 72-73: «Secundum quod in desuetudinem abiit, videtur fuisse de quavis alia ratione damni dati, etiamsi non fuerit læsa res nostra, sed intercepta nobis forte utilitas quædam, ut adversus piscatorem socium a Plinio proditum est libro IX. Naturalis historiæ, qui Anthiam conciliatorem capturæ, et