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DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
MASSIMARIO DI GIURISPRUDENZA
a cura di A. Bodrito, F. Graziano, I. Puglisi
REGISTRO
258. Art. 20 d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 – Operazione complessa – Conferimento di azienda e
successiva cessione delle partecipazione – Qualificazione – Cessione di azienda – Imposizione in
misura fissa – Esclusione – Imposizione proporzionale – Legittimità - Sussistenza.
L’operazione consistente nel conferimento di azienda, seguito dalla cessione delle partecipazioni,
va qualificata quale “cessione di azienda” ex art. 20, DPR n. 131/1986. Infatti, la messa in atto di
diverse operazioni negozio/i miranti a realizzare, attraverso effetti giuridici parziali, un unico effetto
giuridico finale traslativo, costitutivo o dichiarativo, comporta una sola qualificazione giuridica
dell’operazione complessivamente considerata e la sua sottoposizione ad imposta di registro in base
alla natura dell’effetto giuridico finale. Pertanto, nel caso affrontato l’imposta di registro deve
essere corrisposta in misura proporzionale, non già in misura fissa.
Comm. trib. prov. Firenze, sez. XX, 5 novembre 2007, n. 150, in Riv. dir. trib., 2009, II, 553.
259. Art. 20 d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 – Interpretazione degli atti – Principi in tema di abuso del
diritto – Applicazione in materia di imposta di registro – Esclusione – Fattispecie – Cessione di
quote di società comprendente un immobile.
L’art. 20 d.P.R. n. 531 del 1986, TU Registro. non consente di interpretare l’atto sottoposto a
tassazione avvalendosi di elementi estrinseci ma impone di attenersi esclusivamente agli elementi
dallo stesso desumibili, con la conseguenza che non è possibile ricostruire in modo organico e
complessivo le operazioni poste in essere dal contribuente al fine di valutarle sotto il profilo elusivo
o dell’abuso del diritto, trasponendo nel sistema dell’imposta di registro l’elaborazione
giurisprudenziale di principio compiuta ai fitti dell’iva e delle imposte dirette circa il sindacato
dell’atto in relazione al conseguimento di indebiti vantaggi fiscali, senza contare che detta
trasposizione è comunque inibita nel caso di specie in quanto l’operazione compiuta rientra
nell’ambito di applicazione dell’art. 176 comma TUIR e, quindi, non essendo elusiva ai fini delle
imposte dirette non può esserlo neanche ai fini dell’imposta di registro: in ogni caso, non è
dimostrato che cedere le quote di una società che comprende un determinato immobile o vendere
direttamente l’immobile stesso sia esattamente la stessa cosa e produca anche rispetto ai terzi,
esattamente gli stessi effetti giuridici, né esiste una espressa previsione normativa che consenta
all’Ufficio impositore di disconosce,e atti o negozi giuridici posti in essere dalle parti nell’ambito
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della propria autonomia negoziale, difettando una clausola antielusiva generale nel sistema della
imposta di registro.
Comm. trib. prov. Torino, sez. VII, 22 aprile 2009, n. 41, in Giur. mer., 2009, 2020.
260. Art. 52 d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 – Accertamento – Motivazione – Necessità – Indicazione
dei criteri astratti – Sufficienza – Onere della prova – Rilevanza nella sola sede contenziosa.
In tema di imposta di registro e Invim, l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in
rettifica del valore dichiarato mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio
tributario nell’eventuale successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l’esercizio del
diritto di difesa. Ne consegue che in tale atto è sufficiente che l’ufficio enunci i criteri astratti in
base ai quali ha determinato il diverso valore, con le specificazioni che si rendano in concreto
necessarie per il raggiungimento di detto obiettivo, Diversamente in sede contenziosa, non
sussistendo in materia tributaria alcuna presunzione di legittimità dell’avviso di accertamento, grava
sull’amministrazione finanziaria l’onere di provare gli elementi di fatto giustificativi del quantum
accertato nel quadro dei parametri prescelti, mentre il contribuente ha la facoltà di dimostrare
l’infondatezza della pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall’ufficio.
Cass., sez. trib., 16 marzo 2009, n. 6364, in Fin. loc., 2009, 7/8, 120.
261. Art. 76 d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 - Art. 12 l. 13 maggio 1988, n. 154 – Criteri automatici di
valutazione – Conseguente avviso di liquidazione – Termini di prescrizione e decadenza –
Sospensione dei termini per accertamento e riscossione ex lege n. 413 del 1997 – Applicazione –
Legittimità.
In tema di imposta di registro, qualora il contribuente abbia manifestato la volontà di avvalersi del
criterio di valutazione automatica previsto dall’art. 12 del D.L. n. 70/1988, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 154/1988, in riferimento ad un immobile non ancora iscritto in
Catasto, la maggiore imposta liquidata dall’Ufficio a seguito dell’attribuzione della rendita catastale
ha natura di imposta complementare, dal momento che la sua determinazione non ha luogo sulla
base di elementi desunti dall’atto o comunque indicati dalle parti, ma richiede un’attività ulteriore
dell’Amministrazione, avente rilevanza non meramente interna, in quanto produttiva di atti
autonomamente impugnabili: ne consegue che, anche in tale ipotesi, il termine di decadenza,
previsto ai fini della notifica dell’avviso di liquidazione dall’art. 76 del D.P.R. n. 131/1986, è
soggetto alla sospensione dei termini di prescrizione e decadenza riguardanti l’accertamento e la
riscossione delle imposte di cui all’art. 57, comma 2, della legge n. 413/1991, avente portata
generale, ed applicabile anche ai rapporti sorti successivamente alla scadenza dei termini di cui
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all’art. 53 della medesima legge, per i quali il contribuente non poteva più avvalersi della
definizione agevolata.
Cass., sez. trib., 11 dicembre 2008, n. 6515, in GT - Riv. giur. trib., 2009, 684.
262. Art. 1 tar., parte prima, all. d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 – Agevolazioni per la prima casa –
Coniuge del soggetto acquirente – Applicazione dei benefici – Legittimità – Mancanza dei requisiti
di legge – Irrilevanza.
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità il diritto dell’altro coniuge in
regime di comunione legale di fruire delle agevolazioni fiscali ex art. 1 Nota II-bis, della Tariffa,
Parte Prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 richieste dal coniuge resosi acquirente di un
bene immobile ad uso abitativo. L’essere sprovvisto dei requisiti di legge ovvero l’omesso
trasferimento della residenza nel Comune ove l’immobile è ubicato non ostano all’applicazione del
regime agevolato.
Cass., sez. trib., 20 maggio 2009, n. 15426, in Fisco, 2009, 1, 4959.
263. Art. 9 tar., parte prima, all. d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 – Trasferito immobiliare al trustee –
Imposizione proporzionale – Legittimità – Natura anticipatoria dell’imposta dovuta alla cessazione
del trust – Sussistenza – Ragioni – Individuazione.
Il trasferimento della proprietà di beni immobili al trustee costituisce un atto che ha contenuto
patrimoniale con un gravame fiscale, rappresentato dal successivo trasferimento al beneficiario, che
va assoggettato all’imposta di registro nella misura del 3 per cento ai sensi dell’ art. 9 della Tariffa
Parte I, allegata al DPR n. 131/1986. Tuttavia, per eliminare una duplicazione d’imposta, l’importo
pagato dovrà essere considerato dall’Agenzia delle Entrate come un’anticipazione da detrarre
dall’ammontare dovuto al momento della cessazione del trust con assegnazione dei beni al
beneficiano.
Comm. trib. reg. Venezia, sez. dist. Verona, sez. XXV, 9 giugno 2008, n. 20, in Riv. dir. trib., 2009,
II, 489.
SUCCESSIONI (Imposta sulle)
264. Art. 11 d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 – Coniugi in regime di comunione legale – Conto
bancario intestato ad uno solo dei coniugi – Scioglimento della comunione mortis causa – Diritto
proprio del sopravvissuto alla metà di frutti e proventi – Sussistenza.
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Il saldo attivo di un conto corrente bancario o postale intestato in regime di comunione legale dei
beni soltanto ad uno dei coniugi, e nel quale siano affluiti proventi dell’attività separata svolta dallo
stesso, se ancora sussistente, deve considerarsi pure facente parte della comunione legale dei beni al
momento del decesso dell’intestatario ai sensi dell’art. 177, primo comma, lett. c) cod. civ.,
allorquando cioè si verifica in concreto lo scioglimento della comunione determinato dalla morte,
con il conseguente riconoscimento, a maggior ragione da tale data, di una titolarità comune dei
coniugi sul predetto saldo; sicché il coniuge superstite, attesa la presunzione di parità delle quote, ha
un diritto proprio e non ereditario sulla metà dei frutti e dei proventi residui persino nell’ipotesi che
essi fossero stati esclusivi del coniuge defunto.
Cass., sez. trib., 6 maggio 2009, n. 10386, in Boll. trib., 2009, 1143.
IVA
265. Art. 19 d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633 – Inerenza – Impresa – Cessioni – Sussistenza in ogni
caso e senza eccezioni – Acquisti – Connessione con l’attività – Prova – Necessità – Onere in capo
al contribuente.
In tema di iva, in base alla disciplina dettata dagli artt. 4, secondo comma, n. 1 e 19, primo comma,
del D.P.R. n. 633/1972, mentre le cessioni di beni da parte di società commerciali sono da
considerare «in ogni caso» - cioè senza eccezioni - effettuate nell’esercizio di impresa, in ordine
agli acquisti di beni da parte delle stesse società, l’inerenza all’esercizio dell’impresa di tali
operazioni passive, ai fini della detraibilità dell’imposta, non può essere ritenuta in virtù della
semplice qualità di imprenditore societario dell’acquirente, ma occorre accertare che le operazioni
medesime siano effettivamente compiute nell’esercizio d’impresa, cioè in stretta connessione con le
finalità imprenditoriali, con onere della prova a carico di chi invochi la detrazione. Il requisito
dell’inerenza, d’altra parte, non può, in teoria, ritenersi escluso per il solo fatto della mancanza od
assoluta sporadicità di operazioni attive.
Cass., sez. trib., 10 aprile 2009, n. 8785, in Corr. trib., 2009, 2211.
266. Art. 19 d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633 – Inerenza – Impresa – Acquisti – Connessione con
l’attività – Prova dei requisiti soggettivi e oggettivi – Necessità – Onere in capo al contribuente.
Ai fini del regime della detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti di cui all’art. 19 del D.P.R. n.
633/1972, le società che svolgono le attività commerciali ex art. 2195 del codice civile devono
comunque dimostrare sia i requisiti soggettivi quanto quelli oggettivi, legati all’inerenza delle
operazioni all’oggetto dell’impresa. Nell’assenza di operazioni attive non opera una presunzione
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sulla base della natura societaria né può ammettersi detrazione dell’Iva qualora il soggetto abbia
concluso esclusivamente operazioni esenti.
Cass., sez. trib., 9 giugno 2009, n. 13197, in Fisco, 2009, 1, 4624.
267. Art. 38-bis d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633 – Rimborso dell’iva – Garanzie a favore del fisco –
Specificità – Sussistenza – Applicazione del fermo amministrativo ex art. 69 r.d. n. 2440 del 1923 –
Esclusione.
Nell’ipotesi di istanza di rimborso ex art. 38-bis del D.P.R. n. 633/1972, l’Amministrazione
finanziaria non è ammessa ad avvalersi dell’istituto del fermo amministrativo di cui all’art. 69 del
R.D. n. 2440/1923 in quanto la disciplina dell’iva accorda un sistema di garanzie volto ad assicurare
l’Erario da eventuali indebite percezioni di rimborsi d’imposta da parte dei contribuenti.
Cass., sez. trib., 1° luglio 2009, n. 15424, in Fisco, 2009, 1, 4797.
268. Art. 17 d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241 – Gruppo – Eccedenza d’imposta – Compensazione
orizzontale – Ammissibilità – Fattispecie.
La società partecipante al gruppo può utilizzare in compensazione “orizzontale” ex art. 17 del
D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, l’eccedenza d’imposta detraibile emergente dalla dichiarazione IVA
relativa all’anno precedente all’opzione della procedura di liquidazione della c.d. iva di gruppo.
Comm. trib. prov. Milano, sez. XVI, 21 ottobre 2008, n. 239, in Boll. trib., 2009, 984.
DAZI DOGANALI
269. Art. 214 d.p.r. 23 gennaio 1973, n. 43 – Art. 137 reg. Cee 12 ottobre 1992, n. 2913 - Regime
di ammissione temporanea – Esonero dai dazi – Containers – Cessione a terzi – Effetto
decadenziale dal beneficio – Esclusione – Condizioni – Individuazione.
Sia il d.P.R. n. 43 del 1973 (all’art. 214), sia il codice doganale comunitario (agli art. 137, 138 e
140) e il regolamento applicativo, prevedono, in tema di tributi doganali, relativamente ai
containers un regime di ammissione temporanea, che permette l’utilizzazione nel territorio
doganale, in esonero dai dazi all’importazione, delle merci non comunitarie destinate alla
riesportazione entro un determinato termine. Nell’arco temporale di noti imponibilità, i container
possono essere ceduti a terzi senza perdere, perciò solo, il diritto all’agevolazione, purché, a seguito
dei necessari controlli da parte dell’autorità doganale — che, a tal fine deve essere informata
dell’operazione — risulti che l’atto di disposizione non ne abbia alterato la specifica funzione di
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recipienti per il transito internazionale delle parti, determinandone la immissione in consumo come
beni generici, e che siano state rispettate le altre condizioni di legge, tra cui la riesportazione nel
termine di dodici mesi da parte del cessionario.
Cass., sez. trib., 2 luglio 2008, n. 18069, in Giust. civ., 2009, I, 1027.
270. Artt. 6 e 8 l. 12 agosto 1982, n. 706 – Carnet Tir – Obbligazione solidale dell’associazione
garante – Azione fiscale verso il garante – Condizioni – Beneficio della preventiva escussione del
garantito – Esclusione – Previa richiesta di pagamento al garantito – Sufficienza.
In tema di trasporto internazionale di merci accompagnate da « carnet Tir», l’art. 8 della
Convenzione di Ginevra 13 novembre 1975 (ratificata e resa esecutiva con legge 12 agosto 1982 n.
706) prevede, da un lato, che l’associazione garante si impegna a pagare i dazi e le tasse
all’importazione o all’esportazione esigibili e risponde solidalmente, insieme con le persone
debitrici dei detti importi, del pagamento delle somme stesse, dall’altro, che, allorché le somme
sono esigibili «prima di reclamarle all’associazione garante le autorità competenti devono, nella
misura del possibile, chiederne il pagamento alla(e) persona(e) direttamente tenuta(e) a pagarle ».
Ai fui della legittimità della ingiunzione di pagamento emessa nei confronti dell’associazione
garante, quindi, è sufficiente la previa richiesta di pagamento — « nella misura del possibile » all’
obbligato principale, mentre non è necessaria la sua preventiva infruttuosa escussione .
Cass., sez. trib., 7 febbraio 2008, n. 2848, in Giust. civ., 2009, I, 1098.
TRIBUTI LOCALI
ICI
271. Art. 1 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 – Ici – Soggetti passivi – Individuazione – Titolarità del
diritto reale – Necessità.
Il soggetto passivo dell’imposta comunale sugli immobili è, in via esclusiva, il titolare del diritto di
proprietario o altro diritto reale gravante sul cespite avendo il termine normativo tributario di
possesso, ex art. 1, D.Lgs. n. 504 del 1992, esattamente la medesima portata di cui all’art. 1140 del
codice civile, ovvero di esercizio del potere di fatto sulla cosa - immediato o per il tramite di altro
soggetto che ne ha la detenzione - quale manifestazione del diritto di proprietà o di altro diritto
reale.
Cass., sez. trib., 17 ottobre 2008, n. 25376, in Rass. trib., 2009, 793.
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272. Art. 3 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 – Ici – Soggetti passivi – Concessionari di beni
demaniali – Soggettività – Condizioni – Possesso a titolo di diritto reale – Applicazione del
principio nel tempo – A decorrere dall’istituzione del tributo.
La natura demaniale degli immobili (nella fattispecie, immobile costituenti porto turistico) non è di
ostacolo né alla costituzione in favore di privati — mediante provvedimento di concessione
dell’ente proprietario — di diritti reali o personali che abbiano ad oggetto la fruizione dei beni
medesimi, nella circolazione tra privati di questi diritti, che si atteggiano, nei rapporti privatistici,
come diritti soggettivi perfetti e il concessionario, se è riconosciuto nel provvedimento come
possessore per titolo di diritto reale sugli immobili, diviene, pertanto, soggetto passivo dell’ici. Tale
situazione di soggettività passiva dell’imposta in capo al concessionario di beni demaniali,
sussisteva peraltro anche prima dell’entrata in vigore (al 1° gennaio 2001) dell’art. 18 della legge 23
dicembre 2000, n. 388, che ha esteso la soggettività passiva dell’ici anche al concessionario delle
aree demaniali (con l’aggiunta di un ultimo periodo all’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992),
in considerazione della circostanza che ancora nella disposizione originaria dell’art. 3 (comma 1),
del d.lgs. n. 504 del 1992, si stabiliva che pure i titolari del diritto di superficie e degli altri diritti
reali erano soggetti all’ici, in quanto la modifica apportatavi dall’art. 58, comma 1, d.lgs. n. 446 del
1997 (che ha espressamente ricompreso tra i soggetti passivi il titolare del diritto di superficie) ha
carattere meramente interpretativo della citata disposizione del 1992.
Cass., sez. trib., 13 marzo 2009, n. 6101, in Fin. loc., 2009, 6, 127-128.
273. Art. 3 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 – Separazione personale dei coniugi – Assegnazione
della casa familiare al coniuge non proprietario – Soggettività passiva dell’assegnatario –
Esclusione.
Nel caso della assegnazione di un bene immobile disposta in sede provvedimento di separazione
consensuale dei coniugi, ancorché erroneamente trascritta, l’ICI rimane a carico del proprietario
dell’immobile stesso e non già dell’assegnatario, il quale è titolare di un diritto di abitazione atipico,
finalizzato al assegnatario della casa familiare nell’interesse prioritario dei figli, revocabile, diverso
dal diritto di abitazione previsto dall’art. 1022 c.c., non trascrivibile e, pertanto, privo delle
caratteristiche del diritto reale.
Comm. trib. prov. Reggio Emilia, sez. I, 1 giugno 2009, n. 102, in Boll. trib., 2009, 1068.
274. Art. 7 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 – Esenzioni – Immobili destinati ad attività ricreative o
sportive – Utilizzazione diretta – Necessità – Fattispecie – Mancanza – Beneficio – Applicazione –
Esclusione.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
La norma di cui all’art. 7, D.Lgs n. 504/1992, recante la disciplina delle esenzioni in tema di ici,
veste natura speciale, di deroga all’ordinario regime di imposizione, e - dunque - soggiace a canoni
ermeneutici di stretta interpretazione, trovando applicazione soltanto nelle ipotesi tassative ivi
contemplate e per i soggetti diversi dalle società che non hanno per oggetto esclusivo o principale
l’esercizio di attività commerciali. Conseguentemente, laddove non siano verificate le condizioni
relative all’utilizzazione diretta del bene da parte dei titolare e l’esclusiva destinazione del
medesimo bene alle alle attività (nella specie, ricreative e sportive) ritenute di agevolazione e non
produttive di reddito, l’esenzione in parola non può essere fruita.
Cass., sez. trib., 17 ottobre 2008, n. 25376, in Rass. trib., 2009, 793.
275. Art. 7 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 – Esenzioni – Soggetti non commerciali – Attività
ricreative o sportive – Condizioni – Utilizzo diretto ed esclusivo – Necessità – Sussistenza.
In tema di ici, ai fini dell’esenzione dal tributo prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 504 del
1992, si richiede espressamente che i soggetti (enti non commerciali) di cui all’art. 87, comma 1,
lett. c), d.PR. n. 917 del 1986 (ora, art. 74, comma 1, lett. e) utilizzino gli immobili destinandoli
esclusivamente ad una delle attività esenti, tra le quali quelle ricreative e sportive: l’esenzione è
infatti correlata al concreto ed effettivo esercizio negli immobili di una delle attività indicate, siano
gli stessi destinati o meno, in astratto, anche ad altro e diverso scopo. Infatti, essendo la previsione
normativa di natura speciale, e avendo quindi portata derogatoria della norma generale, essa è di
stretta interpretazione, e, peraltro, non può essere applicata al di fuori delle ipotesi tipiche e
tassative indicate, in forza del divieto non solo di applicazione analogica, ma anche di
inteupretazione estensiva, posto in riferimento alla legge speciale dall’art. 14 disp. prel. cc..
Cass., sez. trib., 13 marzo 2009, n. 6101, in Fin. loc., 2009, 6, 127.
276. Art. 7 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 – Ici – Esenzioni – Ente ecclesiastico – Attività
solidaristica e non lucrativa – Benefici – Applicabilità.
Devono ritenersi esenti da 1Cl, ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 504/1992, i locali adibiti
all’esercizio - esclusivamente convenzionato - dell’attività di assistenza sociale residenziale nei
confronti di anziani autosufficienti e non, svolta da un ente ecclesiastico riconosciuto come
ONLUS, dovendosi escludere il carattere commerciale di tale attività, non solo perché in regime
convenzionale, ma soprattutto perché il carattere solidaristico e non lucrativo di detta attività è stato
riconosciuto dall’Amministrazione finanziaria nella R.M. n. 189/E/2000.
Comm. trib. prov. Firenze, sez. I, 23 marzo 2009, n. 20, in GT - Riv. giur. trib., 2009, 716.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
TARSU
277. Art. 65 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 – Tariffa Tarsu – Politica tariffaria – Fattispecie –
Discrezionalità – Sussistenza – Sproporzione o irrazionalità – Esclusione.
In sede di adeguamento delle tariffe per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani la scelta
dell’Amministrazione comunale di incidere sulle categorie avvantaggiate dalle tariffe precedenti, e
non anche su quelle già toccate da un livello alto di imposizione, risulta espressione non
irragionevole ed adeguatamente motivata della discrezionalità riconosciuta in materia
all’Amministrazione alla luce del criterio legale della capacità di produzione dei rifiuti previsto
dall’art. 65 comma 1, d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507; segue da ciò che la scelta di differenziare gli
alberghi e campeggi da un lato e i collegi dall’altro e di avvicinare la tassazione dei primi due tipi di
utenza a quella delle banche, degli uffici e degli studi professionali e quella dei collegi alla
tassazione delle abitazioni private, non collide con l’art. 65, d.P.R. 15 novembre 1993, n. 507 né
risulta affetta da profili di sproporzione o irrazionalità suscettibili di sindacato giurisdizionale.
Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2009, n. 750, in Foro amm., 2009, 2, 448 e in Fin. loc., 2009, 6,
132.
278. Art. 65 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 – Tariffe Tarsu – Deliberazione – Criteri di
riferimento per le variazioni tariffarie – Individuazione.
In tema di servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, è legittima la delibera comunale che si
richiami ai criteri previsti dalle disposizioni contenute nel D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, per
l’elaborazione del metodo normalizzato di definizione della “tariffa” di cui al d.lgs. 5 febbraio
1997, n. 22, allo scopo di determinare un aumento dell’aliquota della “tassa” di smaltimento dei
rifiuti solidi urbani per alcune categorie di contribuenti, nella fase di passaggio graduale dal regime
della “tassa” a quello della “tariffa”, e in relazione altresì all’esigenza di assicurare un elevato
quoziente di copertura del costo del servizio anche alla luce della complessiva situazione di bilancio
dell’ente locale e per garantire un avvicinamento graduale alla totale copertura dei costi. Tale scelta
costituisce, in definitiva, un esercizio non irragionevole della discrezionalità che la legislazione
riserva all’amministrazione locale in sede di graduazione ed eventuale accelerazione del processo di
copertura dei costi del servizio.
Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2009, n. 750, in Fin. loc., 2009, 6, 132.
279. Art. 69 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 – Tariffe Tarsu – Determinazione – Delibera –
Motivazione analitica – Necessità – Sussistenza.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
La norma di cui all’art. 69 comma 2, d.lgs. 15 novembre 1993 n. 507 — secondo cui
l’Amministrazione, quando ridetermina le tariffe, deve dar conto delle ragioni dei rapporti stabiliti
tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi di servizio discriminati in base alla loro
classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l’aumento per la
copertura minima obbligatoria del costo prevale, per il suo carattere di specialità e maggiore
garanzia procedimentale, sulla disciplina generale di cui all’art. 3, l. 7 agosto 1990 n. 241, e
comporta pertanto l’obbligo per l’Amministrazione di motivare analiticamente le scelte espresse in
tali deliberazioni, ancorché queste abbiano natura di atto generale.
T.a.r. Latina, 19 febbraio 2009, in Foro amm. TAR, 2009, 466.
IRAP
280. Art. 2 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 – Presupposto – Autonoma organizzazione – Agente di
commercio e promotore finanziario – Integrazione – Condizioni – Individuazione.
In tema di IRAP, a norma del combinato disposto degli artt., 2, comma I, primo periodo, e 3,
comma I, lett. c), del D.Lgs. n. 446/1997, l’esercizio delle attività di agente di commercio - di cui
all’art. I della legge n.2041 1985 - e di promotore finanziario - di cui all’art. 31, comma 2, del
D.Lgs. n. 58/1998 - è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non
autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al
giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando
il ricorrente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi
inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impegni beni
strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit», il minimo indispensabile per
l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di
lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente
non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni.
Cass., sez. un., 26 maggio 2009, n 12108, in Corr. trib., 2009, 2231.
281. Art. 2 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 – Presupposto – Autonoma organizzazione – Agente di
commercio e promotore finanziario – Integrazione – Valutazione del caso concreto – Necessità.
Con riferimento all’agente di commercio e al promotore finanziario (quest’ultimo per l’ipotesi che
lo stesso non sia un “lavoratore dipendente”) deve essere ribadito il principio secondo cui la
soggezione ad irap della loro attività è possibile solo nelle ipotesi in cui sussista il requisito
dell’autonoma organizzazione che costituisce accertamento di fatto spettante al giudice di merito e
non censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
Cass., sez. un., 26 maggio 2009, n. 12108, in Boll. trib., 2009, 1144.
282. Art. 2 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 – Presupposto – Autonoma organizzazione –
Valutazione del giudice di merito – Sindacabilità – Limiti – Vizio di motivazione.
La sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione ai fini dell’applicazione dell’Irap è
oggetto di accertamento in fatto affidato al giudice dei merito e sindacabile in sede di legittimità
esclusivamente per vizi inerenti la motivazione. Il giudice deve, comunque, avere riguardo ai
principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità non potendosi negare rilevanza
alle circostanze (non contestate) per le quali il professionista si avvale di uno studio ubicato
nell’abitazione, con libreria, telefax e sistema di videoscrittura.
Cass., sez. trib., 26 giugno 2009, n. 15110, in Fisco, 2009, 1, 4795.
283. Art. 2 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 – Presupposto – Autonoma organizzazione –
Valutazione del giudice di merito – Valutazione del caso concreto – Necessità.
L’imposta regionale sulle attività produttive è applicabile agli esercenti arti e professioni nella
misura in cui non sia ravvisabile il presupposto dell’autonoma organizzazione, costituito
dall’insieme di risorse, capitali, beni, mezzi e lavoro altrui di carattere non occasionale del quale il
professionista si avvalga e dal quale si presume possa essere conferito un quid pluris di capacità
contributiva rispetto a quella incisa dall’imposizione diretta. E devoluta all’apprezzamento del
giudice del merito la verifica circa l’esistenza fattuale delle condizioni di applicabilità del tributo,
alla luce dell’ausilio di servizi di segreteria di cui il professionista/contribuente fruisce.
Cass., sez. trib., 10 luglio 2009, n. 16220, in Fisco, 2009, 1, 5131.
TIA
284. Art. 49 d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 – Tia – Natura – Individuazione – Natura tributaria.
La tariffa d’igiene ambientale ha natura tributaria, non costituendo, in senso tecnica, il corrispettivo
di una prestazione liberamente richiesta; e rappresentando, invece, una forma di finanziamento di
servizio pubblico attraverso l’imposizione dei relativi costi sull’area sociale che da tali costi ricava,
nel suo insieme, un beneficio.
Cass., sez. I civ., 5 marzo 2009, n. 5297, in Fin. loc., 2009, 7/8, 122.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
285. Art. 49 d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 – Tia – Art. 2752 c.c. – Privilegi – Tia – Natura tributaria
– Sussistenza – Conseguenze – Privilegi assistenti i tributi comunali – Applicazione – Legittimità.
Fino all’anno 1993 il privilegio generale sui beni mobili del debitore previsto dall’art. 2752, comma
3 del codice civile — subordinatamente a quello dello Stato — per le imposte, tasse e tributi
comunali, doveva essere applicato ai crediti relativi alla tassa sui rifiuti solidi urbani. Tuttavia,
avendo la tariffa d’igiene ambientale, attualmente vigente, mantenuto la sua natura di tributo locale,
rimanendo, quindi, pur sempre nell’ambito della normativa relativa alla finanza locale — ancorché
delocalizzata per ragioni sistematiche in un diverso contesto normativo — l’art. 2752, comma 3
citato può correttamente interpretarsi, in via estensiva, e continuare ad applicarsi ad essa.
Cass., sez. I civ., 5 marzo 2009, n. 5297, in Fin. loc., 2009, 7/8, 122.
CONTENZIOSO
286. Art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Sanzioni irrogate da uffici finanziari – Lite –
Giurisdizione tributaria – Limiti – Natura tributaria del rapporto cui la violazione inerisce.
Il solo fatto che l’organo competente ad irrogare una sanzione sia un ufficio finanziario non è
sufficiente ad attribuire alla giurisdizione tributaria la competenza a decidere, prescindendo dalla
natura tributaria del rapporto cui tali sanzioni ineriscono, e deve ritenersi che la Commissione
tributaria difetti di giurisdizione sull’impugnazione dell’atto di contestazione o di irrogazione delle
sanzioni previste dagli artt. 10 e 11 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, a carico degli operatori
bancari per l’omessa, tardiva o incompleta ottemperanza alle richieste di dati, notizie e
comunicazioni ad essi inoltrate dagli Uffici tributari.
Comm. trib. prov. Nuoro, sez. II, 20 ottobre 2008, n. 103, in Boll. trib., 2009, 1051.
287. Art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Processo tributario – Oggetto – Atto e rapporto –
Conseguenze – Individuazione.
L’impugnazione davanti al giudice tributario attribuisce a quest’ultimo la cognizione non solo
dell’atto — come avviene nelle ipotesi di “impugnazione-annullamento”, che sono orientate
unicamente all’eliminazione dell’atto —, ma anche del rapporto tributario, trattandosi di una
cosiddetta “impugnazione-merito” perché diretta alla pronuncia di una decisione di merito
sostitutiva (nella specie) dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria, implicante per il
giudice l’obbligo di quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dalle domande di parte. Ne
consegue come il giudice che ritenga invalido l’avviso di accertamento non per motivi formali, ma
di carattere sostanziale (nella specie, incongruenza delle motivazioni e dei dati posti a base della
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
pretesa dell’ufficio), non deve limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel
merito la pretesa tributaria, e, operando una motivata valutazione sostitutiva, ed eventualmente
ricondurla alla corretta misura, sempre entro i limiti risultanti dalle domande di parte”.
Cass., sez. trib., 16 marzo 2009, n. 6364, in Fin. loc., 2009, 7/8, 120.
288. Art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Tia – Giurisdizione tributaria e amministrativa –
Confini – Individuazione.
In base all’art, 2, comma 2, d.lgs. n. 546 del 2992 appartengono alla giurisdizione tributaria le
controversie relative alla debenza del canone per lo smaltimento dei rifiuti urbani, mentre sono
devolute al giudice amministrativo non già gli atti applicativi della T.I.A., bensì le deliberazioni che
hanno istituito e modificato la tariffa in questione: nella prima ipotesi, è pacifica la sussistenza della
giurisdizione tributaria anche nel caso in cui fossero fatti valere vizi degli atti amministrativi
presupposti concernenti la determinazione in via generale dei criteri di applicazione della tariffa,
mentre spetta invece al giudice amministrativo la cognizione delle controversie che riguardano
unicamente la legittimità degli atti amministrativi generali.
T.a.r. Toscana, sez. I, 26 marzo 2009, in Foro amm. TAR, 2009, 695.
289. Art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Confini catastali – Definizione grafica – Lite –
Giurisdizione – Giudice tributario.
Spetta al giudice tributario la giurisdizione esclusiva delle questioni in ordine all’accertamento
dell’esatta definizione grafica dei confini catastali dei terreni, attenendo essa alla materia
dell’estensione, delimitazione e classamento dei terreni e delle singole unità immobiliari, attribuita
alle commissioni tributarie dall’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 2009, n. 1871, in Fin. loc., 2009, 7/8, 129.
290. Art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Responsabilità per danni dell’amministrazione –
Attività estranea al rapporto d’imposta – Giurisdizione – Giudice ordinario.
Quando la domanda di risarcimento dei danni (patrimoniali o non patrimoniali) è basata su
comportamenti illeciti tenuti dall’amministrazione finanziaria o da altri enti impositori, al di fuori
del rapporto sostanziale che trovi riscontro in una delle ipotesi e situazioni disciplinate dall’art. 2
del d. lgs., n. 546 del 1992, la controversia, avendo ad oggetto una posizione sostanziale di diritto
soggettivo del tutto indipendente dal ricordato rapporto sostanziale con l’amministrazione
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
medesima o con lente pubblico impositore, è devoluta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria
ordinaria.
Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 2009, n. 1871, in Fin. loc., 2009, 7/8, 129.
291. Art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Sanzioni irrogate da uffici tributari – Violazione di
norme non tributarie – Impugnazione – Giudice tributario – Giurisdizione – Esclusione.
Deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice tributario in merito alla controversia
relativa all’irrogazione di sanzioni, disposta da uffici dell’amministrazione finanziaria, relative alle
violazioni di disposizioni non aventi natura tributaria (nella specie, ritardata comunicazione relativa
alla richiesta di informazioni formulata ex art. 32 del D.P.R. n. 600/1973).
Comm. trib. prov. Nuoro, sez. II, 23 aprile 2009, n. 81, in Fisco, 2009, 1, 4803.
292. Art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Lite di rimborso – Iva – Giurisdizione tributaria e
ordinaria – Confini – Individuazione.
La domanda diretta a conseguire la restituzione di somme versate a titolo di iva, una volta che
l’amministrazione abbia esplicitamente o implicitamente rifiutato il rimborso, rientra nella
giurisdizione delle Commissioni tributarie, anche quando sia proposta, anziché dal contribuente, dal
terzo resosi cessionario del relativo credito. La giurisdizione delle Commissioni tributarie è esclusa
solo nel caso in cui l’ente impositore abbia riconosciuto formalmente il diritto del contribuente al
rimborso, sì che la controversia non riguarda la risoluzione di una questione tributaria, ma un mero
in debito oggettivo di diritto comune.
Cass., sez. un., 23 aprile 2009, n. 9668, in Corr. trib., 2009, 2263.
293. Art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Preavviso di fermo dei veicoli – Fondato su un credito
tributario – Impugnazione – Giudice competente – Giudice tributario.
Il preavviso di fermo ex art. 86 del d.p.r. n. 602/1973, che riguardi una pretesa creditoria dell’ente
pubblico avente natura tributaria (nel caso: contributi dovuti a consorzi di bonifica) è impugnabile
davanti al giudice tributario in quanto atto funzionale, in una prospettiva di tutela del diritto di
difesa del contribuente e del principio di buon andamento della Pubblica amministrazione, a portare
a conoscenza del contribuente stesso, destinatario del procedimento di fermo, una specifica pretesa
tributaria, rispetto alla quale sorge ex art. 100 c.p.c. l’interesse del contribuente alla tutela
giurisdizionale per il controllo della legittimità alla pretesa impositiva.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
Cass., sez. un., 11 maggio 2009, n. 10672, in Corr. trib., 2009, 2090.
294. Art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Art. 96 c.p.c. – Danni da lite temeraria – Processo –
Giurisdizione – Giudice ordinario.
Il giudice nazionale è tenuto a disapplicare la disposizione che sia incompatibile con il diritto
comunitario, particolarmente se costituisca una illegittima discriminazione fra diversi soggetti. Non
rientra nella materia devoluta al giudice tributario la pronuncia sulla domanda di risarcimento del
danno derivante dalla temerarietà della lite, ex art. 96 del codice di procedura civile. Il contribuente
è ammesso ad adire il giudice ordinario al fine di ottenere una pronuncia di merito sul punto.
Comm. trib. reg. Perugia, sez. III, 28 maggio 2009, n. 21, in Fisco, 2009, 1, 4963.
295. Art. 7 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Documenti non esibiti all’ufficio – Utilizzabilità nel
processo – Esclusione – Fattispecie – Deposito in atti – Mancata eccezione di inutilizzabilità da
parte dell’ufficio – Rilievo d’ufficio della inutilizzabilità – Legittimità.
La commissione tributaria può considerare inutilizzabili quei documenti versati in giudizio di cui
risulti incontrovertitamente la mancata esibizione all’ufficio finanziario da parte del contribuente,
anche in assenza di corrispondente tempestiva eccezione della parte pubblica.
Cass., sez. trib., 26 maggio 2008, n. 13511, in Foro it., 2009, I, 1856.
296. Art. 7 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Documenti probatori – Mancata produzione –
Mancata acquisizione d’ufficio – Vizio processuale – Configurabilità – Esclusione.
L’amministrazione finanziaria è attore sostanziale del processo tributario ed è tenuta ad assolvere
l’onere probatorio circa la sussistenza degli elementi di fatto e di diritto a sostegno della fondatezza
della pretesa fiscale fatta valere nei confronti del contribuente. Conseguentemente, non è
ammissibile la doglianza relativa all’omessa attività istruttoria ex art. 7 del d.lgs. n. 546/1992 da
parte del giudice tributario laddove la parte interessata non abbia tempestivamente prodotto la
documentazione a conforto delle proprie tesi. La citata disposizione costituisce norma eccezionale e
non può operare per sopperire alle lacune probatorie delle parti processuali, in ossequio al principio
dispositivo di cui all’art. 115 del codice di rito, applicabile al processo tributario.
Cass., sez. trib., 9 giugno 2009, n. 13201, in Fisco, 2009, 1, 4429.
297. Art. 7 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Prova testimoniale – Inammissibilità – Dichiarazione
di terzi – Ammissibilità – Valenza – Prova – Esclusione – Indizi - Sussistenza.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
Il divieto relativo all’acquisizione della prova testimoniale nel processo tributario, di cui all’art. 7
del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, trova fondamento nell’esigenza di celerità e speditezza del rito.
Tuttavia, le dichiarazioni rese da terzi e raccolte dalla polizia tributaria possono assumere valenza di
indizi utilizzabili dal giudice non essendo annoverabili fra le prove testimoniali per difetto dei
presupposti di sostanza e di forma.
Cass., sez. trib., 19 giugno 2009, n. 14290, in Fisco, 2009, 1, 4627.
298. Art. 10 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Società in accomandita – Fallimento – Unico socio
accomandatario – Notificazione di atto impositivo – Legittimazione a impugnare – Sopravvivenza –
Legittimità.
La dichiarazione di fallimento del socio di società di persone comporta l’esclusione di diritto dalla
società con relativa estinzione dei poteri amministrativi. Tuttavia, nell’ipotesi di unico socio
accomandatario fallito in proprio e di cessazione della società senza liquidazione permane in capo al
socio fallito il potere di impugnazione dell’atto impositivo con il quale l’Amministrazione
finanziaria ha rettifìcato il reddito imponibile della società in quanto la privazione della capacità
processuale è relativa ed è suscettibile di eccezione esclusivamente dal curatore, nell’interesse della
massa dei creditori.
Cass., sez. trib., 25 giugno 2009, n. 14980, in Fisco, 2009, 1, 4957.
299. Art. 12 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Difesa tecnica – Obbligo – Mancanza – Ordine alla
parte di munirsi del difensore – Omissione – Sentenza di inammissibilità – Eccezione di nullità –
Mancata proposizione – Conseguenze – Legittimità della sentenza.
L’assistenza di un difensore tecnico non è, nel processo tributario, condizione di ammissibilità degli
atti processuali ma soltanto fonte di un dovere per il giudice adito di invitare le parti a munirsi di
idonea assistenza, derivando l’inammissibilità del ricorso solo dall’inottemperanza di detto ordine;
la mancata emanazione di detto invito può essere rilevata solo dalla parte di cui sia stato leso il
diritto ad essere adeguatamente assistita, per cui la sentenza che accolga il ricorso del contribuente
senza rilevare l’accennato difetto di rappresentanza non è nulla, non avendo la parte pubblica un
interesse giuridicamente tutelato a rilevarne l’irregolarità, che ad essa non nuoce.
Cass., sez. trib., 8 febbraio 2008, n. 3051, in Boll. trib., 2009, 1129.
300. Art. 12 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Difesa tecnica – Obbligo – Mancanza – Ordine alla
parte di munirsi del difensore – Omissione – Sentenza di inammissibilità – Nullità.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
Per effetto dell’interpretazione adeguatrice degli art. 12, quinto comma, e 18, terzo e quarto comma,
del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza 13 giugno
2000, n. 189, nelle controversie tributarie di valore superiore a lire 5 milioni (all’equivalente
importo in euro) non può essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso se al contribuente non sia
stato preventivamente ordinato dal presidente della Commissione tributaria di munirsi di un
difensore abilitato, e se a tal fine non sia stato fissato un relativo termine, dal momento che
l’assistenza tecnica costituisce una condizione di ammissibilità della domanda, di talché la mancata
fissazione di detto termine si traduce in un vizio attinente la regolare instaurazione del
contraddittorie, con la conseguenza che la causa deve essere rimessa ad un’altra sezione della
Commissione tributaria presso la quale si sia generato il vizio stesso.
Cass., sez. trib., 12 novembre 2008, n. 23457, in Boll. trib., 2009, 973.
301. Art. 14 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Società di capitale e soci – Distribuzione di utili non
dichiarati – Litisconsorzio necessario – Esclusione.
Non sussiste litisconsorzio necessario tra società e soci, né soltanto tra i soci quando un socio di
società di capitali abbia impugnato un avviso di accertamento di utili che, in base al disposto
dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.p.r. n. 600/1973, si presumono distribuiti fuori bilancio da una
società di capitali a ristretta base azionaria.
Cass., sez. trib., 2 ottobre 2008, n. 24441, in Giur. it., 2009, 1295.
302. Art. 14 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Società di persone e soci – Accertamento – Processo
– Partecipazione solo di alcuni soci – Litisconsorzio necessario – Violazione – Sentenza – Nullità –
Conseguenze – Rinvio in primo grado.
La celebrazione del processo tributario avente ad oggetto la rettifica del reddito di società di
persone nei confronti soltanto di alcuni dei soci deve essere dichiarata nulla per violazione del
litisconsorzio necessario con rimessione del giudizio alla commissione tributaria provinciale
competente.
Cass., sez. trib., 25 giugno 2009, n. 14980, in Fisco, 2009, 1, 4957.
303. Art. 19 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Preavviso di fermo amministrativo – Impugnabilità –
Sussistenza.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
Il “preavviso di fermo”, essendo l’unico atto facente parte della sequenza procedimentale finalizzata
all’adozione del fermo amministrativo, formalmente comunicato al contribuente, deve ritenersi
impugnabile dinnanzi al giudice tributario. Non costituisce ostacolo la mancata espressa previsione
del preavviso di fermo nell’elenco degli atti impugnabili contenuto nell’art. 19, d.lgs. n. 546/1992,
in quanto tale elencazione va interpretata in senso estensivo, in ossequio alle norme costituzionali di
tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della pubblica amministrazione
(art. 97 Cost.).
Cass., sez. un., 11 maggio 2009, n. 10672, in Riv. dir. trib., 2009, II, 539.
304. Art. 22 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Appello – Attestazione di conformità tra originale e
copia – Mancanza – Rilevanza – Esclusione – Rilevanza della sola difformità effettiva –
Sussistenza.
Nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, è causa di inammissibilità dell’appello notificato
per posta o per consegna diretta, non la mera mancanza dell’attestazione della conformità dell’atto
di impugnazione notificato rispetto a quello depositato nella segreteria della commissione tributaria,
ma solo la loro effettiva difformità che è onere dell’appellato eccepire: deve pertanto escludersi tale
inammissibilità sia quando l’appellato si sia costituito in giudizio e non abbia sollevato alcuna
eccezione al riguardo, sia quando l’appellato non si sia costituito in giudizio e abbia, perciò,
rinunciato a sollevare tale eccezione.
Cass., sez. trib., 20 marzo 2009, n. 6780, in Foro it., 2009, I, 1393.
305. Art. 50 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Impugnazione – Appello – Oggetto – Giudizio
sull’atto e sul rapporto.
La cognizione della Commissione tributaria regionale sulla pretesa fiscale fatta valere discende
dalla natura di mezzo di impugnazione a carattere sostitutivo dell’appello. Conseguentemente, il
giudice adito deve adottare la decisione sul merito della questione non potendo limitarsi ad una
mera pronuncia di illegittimità e di annullamento dell’atto impugnato. Siffatta decisione ricorre,
infatti, soltanto nelle ipotesi di vizi formali dell’accertamento o di atti presupposti che ne
costituiscano fondamento giuridico o fattuale.
Cass., sez. trib., 3 luglio 2009, n. 15717, in Fisco, 2009, 1, 4961.
306. Art. 51 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Appello – Termine breve – Notificazione sentenza –
Luogo della notificazione – Domicilio eletto presso il procuratore costituito.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
In assenza di specifica disposizione nell’ordinamento dei contenzioso tributario ed in virtù del
generale rinvio alla disciplina del codice di rito, il luogo della notificazione della sentenza di grado
d’appello idoneo all’inizio della decorrenza dei termine breve per la proposizione del ricorso per
cassazione è quello del domicilio eletto presso il procuratore costituito in giudizio.
Cass., sez. trib., 17 ottobre 2008, n. 25376, in Rass. trib., 2009, 793.
307. Art. 56 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Appello – Eccezione di decadenza dell’azione fiscale
– Riproposizione – Mancanza – Conseguenze – Abbandono – Ragioni – Eccezione rilevabile su
istanza di parte e non d’ufficio.
Nel giudizio tributario la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dall’esercizio del potere di
accertamento nei confronti del contribuente, in quanto stabilita in favore e nell’interesse esclusivo
di quest’ultimo in materia di diritti da esso disponibili, configura una eccezione in senso proprio che
deve essere dedotta dal contribuente, non potendo essere rilevata d’ufficio dal giudice, sicché
l’abbandono in appello dell’originaria prospettazione di intervenuta decadenza comporta l’effetto
preclusivo di cui all’art. 56 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Cass., sez. trib., 11 gennaio 2008, n. 478, in Boll. trib., 2009, 974.
308. Art. 57 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Appello – Divieto di eccezioni nuove – Estensione –
Individuazione.
Il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, previsto dall’art. 57 comma 2, d.lgs. 31 dicembre
1992, n. 546 riguarda soltanto quelle proponibili esclusivamente dalla parte e non anche le mere
difese attinenti ai fatti costitutivi della pretesa che il giudice deve in ogni caso verificare d’ufficio.
Comm. trib. reg. Vicenza, sez. XXII, 23 gennaio 2008, n. 22, in Riv. dir. trib., 2009, II, 583.
309. Art. 62 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Ricorso per cassazione plurimo – Quesiti di diritto –
Quesiti corrispondenti a ciascuna questione sollevata – Necessità.
Nel motivo di ricorso per cassazione cd. plurimo debbono essere formulati, a pena di
inammissibilità, tanti specifici quesiti di diritto quante sono le questioni giuridiche sollevate nel
motivo.
Cass., sez. trib., 12 marzo 2009, n. 5926, in GT - Riv. giur. trib., 2009, 692.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
310. Art. 62 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Ricorso per cassazione – Introduzione – Notifica
mediante consegna diretta all’ufficio – Ammissibilità - Esclusione – Conseguenza – Inammissibilità
del ricorso.
La consegna del ricorso per cassazione eseguita direttamente dalla parte presso il “front office”
dell’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate non è una modalità di introduzione del giudizio
equipollente ad una notificazione nel senso tecnico del termine (che è atto dell’ufficiale giudiziario),
costituente l’unica modalità di introduzione del giudizio di cassazione, al quale comunque non si
applica l’art. 17 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, dettato esclusivamente per il giudizio dinanzi
alle commissioni tributarie, cosicché ne deriva che una siffatta forma di “notificazione” del ricorso
è del tutto inesistente e comporta la conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso, a
nulla rilevando l’intervenuta costituzione in giudizio della controricorrente Agenzia delle entrate.
Cass., sez. trib., 19 maggio 2009, n. 11620, in Boll. trib., 2009, 1057.
311. Art. 22 d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 – Istanza di autorizzazione alla misura cautelare –
Provvedimento decisorio – Natura – Natura di ordinanza non impugnabile.
Benché la legge lo qualifichi espressamente sentenza, il provvedimento emanato sull’istanza di
concessione di provvedimento cautelare ai sensi dell’art. 22 d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 ha
natura di ordinanza non impugnabile al pari di quello previsto dall’art. 669- terdecies c.p.c..
Comm. trib. reg. Venezia Mestre, sez. XVIII, 6 novembre 2008, n. 25, in Riv. dir. trib., 2009, II,
507.
312. Art. 1, 197° comma l. 27 dicembre 2006, n. 296 – Comuni – Esercizio delle funzioni catastali –
Convenzione tra l’Anci e l’Agenzia del Territorio – Impugnazione – Mancata notificazione all’Anci
– Violazione del contraddittorio.
Nella disposizione dell’art. 1, comma 197, della legge n. 296 del 2006 (“Legge finanziaria 2007”, è
prevista sia la facoltà dei comuni di stipulare convenzioni soltanto con l’Agenzia del territorio per
l’esercizio di tutte o di parte delle funzioni catastali elencate nell’art. 66 del d.lgs. n. 112 del 1998,
sia la determinazione, con decreto del Presidente del consiglio dei ministri, dei requisiti e degli
elementi necessari al convenzionamento e al completo esercizio delle funzioni catastali elencate,
tenuto conto delle indicazioni contenute nel protocollo di intesa — da ritenersi atto
endoprocedimentale — concluso dall’Agenzia del territorio e dall’Associazione nazionale dei
comuni italiani, considerata, quest’ultima, come l’organo esponenziale istituzionale dei comuni.
Pertanto, il ricorso presentato al giudice amministrativo (nella fattispecie, T.A.R. Lazio) contro le
determinazioni contenute nel decreto del Presidente del consiglio dei ministri e il protocollo di
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
intesa, citati, deve essere notificato alla Associazione nazionale dei comuni italiani, quale titolare di
un interesse opposto e speculare a quello fatto vale, e dal ricorrente e, in caso di mancata
notificazione del ricorso, la sentenza pronunciata da tale giudice va annullata, con rinvio allo stesso
T.A.R. in diversa composizione, previa integrazione del contraddittorio da parte dell’originario
ricorrente alla medesima Associazione nella qualità di controinteressata necessaria pretermessa in
primo grado.
Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 2009, n. 2174, in Fin. loc., 2009, 6, 128.
RISCOSSIONE
313. Art. 170 c.c. – Fondo patrimoniale – Esecuzione – Riconducibilità del debito alle esigenze
della famiglia – Accertamento – Compete al giudice di merito.
Compete al giudice del merito accertare se il debito per il quale l’agente della riscossione intende
agire esecutivamente sui beni del contribuente soggetti alla costituzione di fondo patrimoniale ex
art. 170 del codice civile sia riconducibile alle necessità della famiglia. Il divieto di esecuzione
forzata sui beni ricompresi nella convenzione estende la propria efficacia ai crediti sorti
anteriormente alla formazione del fondo, salva l’esperibilità dell’azione revocatoria giusta la
disciplina stabilita dall’an. 2901 del codice civile.
Cass., sez. trib., 7 luglio 2009, n. 15862, in Fisco, 2009, 1, 5127.
314. Art. 2948 c.c. – Credito per imposte non versate – Prescrizione quinquennale – Decorrenza
dalla notifica della cartella – Prova della notificazione – Necessità - Sussistenza.
Ad impedire la decorrenza della prescrizione quinquennale del diritto di credito
dell’Amministrazione finanziaria per imposte non versate ex art. 2948, n. 4, c.c., nei confronti dei
soci di una società in accomandita semplice dichiarata fallita non è sufficiente l’indicazione,
contenuta nell’avviso di mora, che la notifica della cartella di pagamento sarebbe avvenuta in un
determinato giorno, qualora non venga dimostrato che essa sia stata effettivamente eseguita nei
confronti dei singoli soci ipoteticamente responsabili; il termine per la notifica della cartella di
pagamento, a suo tempo previsto dall’art. 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nella versione
introdotta dall’art. 3 del D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920, era di carattere perentorio, e quindi il suo
mancato rispetto provocava la decadenza dell’Amministrazione dal diritto a riscuotere le somme ivi
reclamate.
Comm. trib. prov., Treviso, sez. VII, 16 luglio 2008, n. 65, in Boll. trib., 2009, 1061.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
315. Art. 86 d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602 – Fermo dei veicoli – Preavviso - Indicazione del
termine per proporre ricorso – Necessità – Mancanza – Conseguenze – Illegittimità – Sospensione
giurisdizionale – Effetti – Trascrivibilità del fermo sul registro – Esclusione.
Anche la procedura di fermo amministrativo dei veicoli per debiti tributari deve essere preceduta da
un avviso con l’indicazione del termine entro cui è possibile proporre ricorso, a pena di illegittimità,
e comunque qualora la commissione tributaria adita dal contribuente abbia sospeso il fermo, il
concessionario della riscossione non può trascrivere all’A.C.I. il relativo provvedimento cautelare,
pena la condanna alle spese del giudizio.
Comm. trib. prov. Treviso, sez. VII, 9 luglio 2008, n. 51, in Boll. trib., 2009, 975.
SANZIONI
316. Art. 8 l. 10 marzo 2000, n. 74 – Fatture per operazioni inesistenti – Perfezionamento del reato
– Effettività dell’evasione – Necessità – Esclusione.
L’emissione di fatture per operazioni inesistenti, disciplinata dall’art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000 [e dal
previgente art. 4, comma 1, lettera d), del D.L. 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con
modificazioni, dalla L. 7 agosto 1982, n. 516] costituisce fattispecie incriminatrice di pericolo
astratto. La norma tutela la potestà di accertamento fiscale dello Stato, anticipando a momenti
antecedenti la presentazione della dichiarazione, ed a comportamenti suscettibili di integrare
fenomeni di evasione d’imposta, la reazione dell’ordinamento penale tributario. Non è, dunque,
richiesta effettiva evasione dei tributi essendo sufficiente la potenzialità lesiva dell’evento o della
condotta.
Cass., sez. III pen., 14 luglio 2009, n. 28654, in Fisco, 2009, 1, 5133.
317. Art. 11 l. 10 marzo 2000, n. 74 – – Immobile alienato a società terza – Rapporto di coniugio
tra debitore erariale e amministratore – Fraudolenta sottrazione – Configurabilità – Sussistenza.
L’alienazione di un bene immobile a terzi costituiti da società il cui legale rappresentante sia il
coniuge convivente è idonea a configurare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle
imposte di cui all’art. 11 del D. Lgs. n. 74/2000. La fattispecie incriminatrice, a latere dell’elemento
soggettivo di dolo specifico finalizzato all’evasione dei tributi, integra un reato di pericolo e non di
danno. La condotta non richiede infatti l’intervenuta attività di verifica, di accertamento o di
riscossione tramite iscrizione a ruolo. È, dunque, sufficiente il pregiudizio patrimoniale alle ragioni
dell’Erario in quanto l’esecuzione è una mera evenienza.
DIRITTO E PRATICA TRIBUTARIA
Cass., sez. III pen., 17 giugno 2009, n. 25147, in Fisco, 2009, 1, 4799.