MARTEDÌ 6 DICEMBRE 2011 SCIENZA Le foglie I dai rami spogli...ta e poi astronauta? «In ma-niera...

1
Spazio «Che botte con la Soyuz» Il non agevole rientro sulla superficie terrestre con la navicella russa Nel 2002, Roberto Vittori ha par- tecipato alla missione Marco Polo. Si è trattato di un cosiddetto «taxi fli- ght» destinato a portare una nuova Soyuz alla Stazione spaziale interna- zionale. Gli scopi del volo erano an- che scientifici. A Vittori erano stati affidati quattro esperimenti, tutti basati sulla microgravità. Nel 2005, sempre a bordo della capsula russa Soyuz, l’astronauta italiano è tornato nello spazio con la missione Eneide. Dieci giorni nella Stazione spaziale internazionale, fit- ti di impegni scientifici: esperimen- ti nei settori della biologia, della fi- siologia umana, della dimostrazio- ne tecnologica e della didattica. Dal 2008 al 2011, Vittori segue al Johnson Space Center della Nasa, a Houston, in Texas, l’addestramento per l’ultimo volo dello Shuttle Ende- avour - il penultimo della flottiglia Shuttle - che sarà lanciato da Cape Canaveral, in Florida, il 16 maggio 2011.Vittori, partecipa come specia- lista di missione. I l fico radicato entro i confini di casa ha virato al giallo1e sue foglie e le ha quindi rilasciate come conviene alle piante decidue. Nel fresco sono fo- glie superiormente rugose per cortissimi peli radi il cui contatto spesso produce prurito. Spezzate o stropic- ciate secernono un latice bianco dalle caustiche, infiam- matorie virtù. Certo Adamo e la sua compagna non ne erano a conoscenza quando, scopertisi nudi dopo aver mangiato i1 frutto proibito, «intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture» (Genesi 3.7). Non si sa se provaro- no prurito da quella prima esperienza sartoriale. In que- sta stagione l’albero spogliante disegna su uno scampo- lo di cielo l’architettura della sua ramificazione, mentre le foglie essiccate promuovono Flora ad antesignana del- l’arte povera. Riporto alla lettera da un testo su alberi e arbusti: «Seccate (le foglie) potrebbero essere fumate a guisa di Tabacco». Di mio aggiungo: il fumo fa male. Arturo Crescini IN BREVE S cusi, come è diventato pilo- ta e poi astronauta? «In ma- niera casuale». La storia di Roberto Vittori, astronauta in forza all’Agenzia spa- ziale europea, colonnello dell’Aero- nautica militare, l’unico italiano ad essere stato per tre volte a bordo della Stazione spaziale internazio- nale, ti fa pensare tutt’altro che al caso. Con la tranquillità e il self control che per piloti militari e astronauti è una seconda pelle - ma poi, con i ragazzi delle superiori che ha in- contrato in un affollatissimo audi- torium del Liceo Leonardo duran- te la sua tappa bresciana organizza- ta dall’Ordine degli ingegneri trape- la la verve dei suoi natali viterbesi - ti spiega (noi l’abbiamo intervista- to a margine dell’incontro) che co- sa intende con quell’aggettivo, «ca- suale». Colonnello Vittori, lei ha parlato di casualità nell’inizio della sua carriera. Ci spieghi meglio. «Frequentavo l’università a Pisa e un giorno lessi di un bando dell’Ac- cademia aeronautica di Pozzuoli. Feci domanda come ingegnere e come pilota. E mi presero come pi- lota appunto. Ma un giorno, torna- vo nella mia camera dopo un volo, e seppi che potevo entrare anche come ingegnere. Scelsi di rimanere al corso piloti. Nel corpo astronau- ti dell’Esa sono entrato nel 1998. Rientravo dall’Inghilterra a Pratica di Mare, dove lavoravo come pilota sperimentatore. Seppi da alcuni colleghi del bando dell’Agenzia spaziale europea. E ci provai». Lei ha volato due volte a bordo del- la Soyuz e una, lo scorso maggio, sullo Shuttle. Come trascorre l’equipaggio le ventiquattro ore prima del lancio? «Ci sono alcuni step formali e di ri- to. Diversi, perchè lo sono russi e americani. Già nel nome. I primi li chiamano cosmonauti, i secondi astronauti. A Cape Canaveral, dove decolla lo Shuttle, la sveglia è circa nove ore prima del lancio. Si verifi- ca che tutti i sistemi siano pronti, ci sono il briefing meteo, il pranzo, in cui ti cucinano ciò che vuoi e l’in- contro con le famiglie. La vestizio- ne con la tuta arancione dura tre ore. Ciascuno di noi sceglie se met- tere pochi o tanti oggetti, da un regi- stratore a un coltello, in quello sca- fandro che, in caso di emergenza, diventa la tua casa». «Bisogna tenere conto che in situa- zioni emergenziali la tuta si gonfia. In Russia, nei mesi precedenti il vo- lo, vi fanno entrare in una vasca pie- na di gesso e prendono il calco del- la vostra schiena. È quello, assieme all’ammortizzatore che sta sotto il sedile, che vi salva la vita quando atterrate con la Soyuz». Come è una giornata tipo all’inter- no della Stazione spaziale? So che gli americani danno la sveglia con una musica particolare. «È così. È’ tutto molto organizzato, da quando ti svegli. Sai ad esempio che dalle 8 alle 8 e 50 devi accende- re i computer. La Nasa tende a ricre- are lo scorrere delle ore a terra. A un certo punto della giornata chiu- de gli oblò e accende le luci». Con l’ultima missione Shuttle, de- collata da Cape Canaveral il 16 maggio, lei è rimasto a bordo della Iss due settimane. «Facevo parte del gruppo che dove- va muovere il braccio robotico per togliere dalla stiva il gigantesco Ams, il gigantesco spettrometro di otto tonnellate che ambisce a di- ventare l’Hubble Telescope del fu- turo e metterlo nel magazzino del- la stazione. Per una settimana poi ho lavorato come fossi parte del- l’equipaggio permanente della sta- zione». Vittori parla dello spazio come fos- se un normale momento di vita. Per lui lo è. Per noi terrestri no. Paola Gregorio Spazio Vittori: «I miei giorni sulla stazione Iss» A Brescia il colonnello racconta come si diventa astronautie come si vive a bordo Roberto Vittori è nato a Viterbo il 15 ottobre 1964. Sposato, padre di tre figli, si è laureato nel 1989 all’Ac- cademia Aeronautica di Pozzuoli. Colonnello dell’Aeronautica milita- re, fa parte del Corpo degli astronau- ti dell’Agenzia spaziale europea dal ’98. È stato tre volte sulla Stazione spaziale, le prime due con la Soyuz, la terza con lo Shuttle. Le foglie del fico dai rami spogli RobertoVittori durante lalezione alliceo Leonardo P er l’ultima missione del- l’Endeavour, l’addio allo spazio della navicella e la penultima dello Shutt- le prima del pensionamento, Ro- berto Vittori ha seguito un trai- ning di tre anni al Johnson Space Center della Nasa a Houston, in Texas. Un debutto con l’aereo spaziale che viaggia a 24mila chilometri orari ma non con la Stazione Spa- ziale internazionale dove aveva già soggiornato due volte: nel 2002 con la missione Marco Po- lo, un cosiddetto taxi-flight per cambiare la scialuppa di salvatag- gio della stazione, che deve esse- re avvicendata ogni sei mesi; nel 2005 con la missione Eneide. In entrambi i casi, ci ero arrivato con la russa Soyuz, lanciata dalla base kazaka di Baikonur. «La se- dia dello Shuttle è più comoda di quella della Soyuz. «Facciamo subito una distinzio- ne. Lo Shuttle è un aeroplano. La Soyuz una capsula - precisa Vitto- ri -. Con lo Shuttle si atterra su una pista. Ma senza motori, che si sganciano al decollo. Il rientro con lo Shuttle è morbido». Con la Soyuz è tutt’altra cosa. Co- me stare, dice un mio collega americano, in un barile in fiam- me nelle cascate del Niagara». Il rendez - vous tra lo Shuttle e la stazione spaziale è il momento più delicato. Roberto Vittori, che durante l’at- tracco, stava «al secondo piano» dello Shuttle, «quello senza oblò», doveva controllare che i «ganci si attaccassero corretta- mente alla struttura». Glistudenti durante larelazione UN INGEGNERE COL BREVETTO DI VOLO GLI ESPERIMENTI SULLA MICROGRAVITÀ ESAMI A BORDO ANCHE IN BIOLOGIA L’ULTIMA IMPRESA PER L’ADDIO ALLO SHUTTLE FogliesecchediFicuscarica Verde clorofilla GIORNALEDIBRESCIA MARTEDÌ 6 DICEMBRE 2011 37 SCIENZA

Transcript of MARTEDÌ 6 DICEMBRE 2011 SCIENZA Le foglie I dai rami spogli...ta e poi astronauta? «In ma-niera...

  • Spazio «Che botte con la Soyuz»Il non agevole rientro sulla superficie terrestre con la navicella russa

    ■ Nel 2002,Roberto Vittori ha par-tecipato alla missione Marco Polo.Siètrattato di un cosiddetto«taxi fli-ght» destinato a portare una nuovaSoyuzallaStazionespazialeinterna-zionale. Gli scopi del volo erano an-che scientifici. A Vittori erano statiaffidati quattro esperimenti, tuttibasati sulla microgravità.

    ■ Nel 2005, sempre a bordo dellacapsula russa Soyuz, l’astronautaitaliano ètornato nello spazio conlamissione Eneide. Dieci giorni nellaStazionespaziale internazionale,fit-ti di impegni scientifici: esperimen-ti nei settori della biologia, della fi-siologia umana, della dimostrazio-ne tecnologica e della didattica.

    ■ Dal 2008 al 2011, Vittori segue alJohnson Space Center della Nasa, aHouston, in Texas, l’addestramentoper l’ultimo volodello ShuttleEnde-avour - il penultimo della flottigliaShuttle - che sarà lanciato da CapeCanaveral, in Florida, il 16 maggio2011.Vittori, partecipacomespecia-lista di missione.

    Il fico radicato entro i confini di casa ha virato algiallo1e sue foglie e le ha quindi rilasciate comeconviene alle piante decidue. Nel fresco sono fo-gliesuperiormenterugose percortissimipeliradiil

    cui contatto spesso produce prurito. Spezzate o stropic-ciatesecernono unlatice biancodallecaustiche,infiam-matorie virtù. Certo Adamo e la sua compagna non neerano a conoscenza quando, scopertisi nudi dopo avermangiato i1 frutto proibito, «intrecciarono foglie di fico

    e se ne fecero cinture» (Genesi 3.7). Non sisa se provaro-nopruritoda quella prima esperienzasartoriale. In que-sta stagione l’albero spogliante disegna su uno scampo-lo di cielo l’architettura della sua ramificazione, mentrelefoglieessiccatepromuovonoFloraadantesignanadel-l’arte povera. Riporto alla lettera da un testo su alberi earbusti: «Seccate (le foglie) potrebbero essere fumate aguisa di Tabacco». Di mio aggiungo: il fumo fa male.

    Arturo Crescini

    IN BREVE

    Scusi, come è diventato pilo-ta e poi astronauta? «In ma-niera casuale».La storia di Roberto Vittori,

    astronautain forza all’Agenzia spa-zialeeuropea, colonnello dell’Aero-nautica militare, l’unico italianoad essere stato per tre volte a bordodella Stazione spaziale internazio-nale, ti fa pensare tutt’altro che alcaso.Con la tranquillità e il self controlche per piloti militari e astronauti èuna seconda pelle - ma poi, con iragazzi delle superiori che ha in-contrato in un affollatissimo audi-torium del Liceo Leonardo duran-te la sua tappabrescianaorganizza-tadall’Ordine degli ingegneri trape-la la verve dei suoi natali viterbesi -ti spiega (noi l’abbiamo intervista-to a margine dell’incontro) che co-saintende conquell’aggettivo, «ca-suale».Colonnello Vittori, lei ha parlatodi casualità nell’inizio della suacarriera. Ci spieghi meglio.«Frequentavo l’università a Pisa eun giorno lessi di un bando dell’Ac-cademia aeronautica di Pozzuoli.Feci domanda come ingegnere ecome pilota. E mi presero come pi-lota appunto. Ma un giorno, torna-vo nella mia camera dopo un volo,e seppi che potevo entrare anchecome ingegnere. Scelsi di rimanereal corso piloti. Nel corpo astronau-ti dell’Esa sono entrato nel 1998.Rientravo dall’Inghilterra a Praticadi Mare, dove lavoravo come pilotasperimentatore. Seppi da alcunicolleghi del bando dell’Agenziaspaziale europea. E ci provai».Leiha volato due volte a bordo del-la Soyuz e una, lo scorso maggio,sullo Shuttle. Come trascorrel’equipaggio le ventiquattro oreprima del lancio?«Ci sono alcuni step formali e di ri-to. Diversi, perchè lo sono russi eamericani. Già nel nome. I primi lichiamano cosmonauti, i secondi

    astronauti. A Cape Canaveral, dovedecolla lo Shuttle, la sveglia è circanove ore prima del lancio. Si verifi-ca che tutti i sistemi siano pronti, cisono il briefing meteo, il pranzo, incui ti cucinano ciò che vuoi e l’in-contro con le famiglie. La vestizio-ne con la tuta arancione dura treore. Ciascuno di noi sceglie se met-terepochi otanti oggetti, daun regi-stratore a un coltello, in quello sca-fandro che, in caso di emergenza,diventa la tua casa».«Bisogna tenere conto che in situa-zioni emergenziali la tuta si gonfia.InRussia, nei mesiprecedenti il vo-lo,vi fannoentrarein unavasca pie-na di gesso e prendono il calco del-la vostra schiena. È quello, assiemeall’ammortizzatore che sta sotto ilsedile, che vi salva la vita quandoatterrate con la Soyuz».Come è una giornata tipo all’inter-no della Stazione spaziale? So chegli americani danno la sveglia conuna musica particolare.«È così. È’ tutto molto organizzato,da quando ti svegli. Sai ad esempioche dalle 8 alle 8 e 50 devi accende-reicomputer.LaNasa tendearicre-are lo scorrere delle ore a terra. Aun certo punto della giornata chiu-de gli oblò e accende le luci».Con l’ultima missione Shuttle, de-collata da Cape Canaveral il 16maggio, lei è rimasto a bordo dellaIss due settimane.«Facevo partedel gruppo che dove-va muovere il braccio robotico pertogliere dalla stiva il gigantescoAms, il gigantesco spettrometro diotto tonnellate che ambisce a di-ventare l’Hubble Telescope del fu-turo e metterlo nel magazzino del-la stazione. Per una settimana poiho lavorato come fossi parte del-l’equipaggio permanente della sta-zione».Vittori parla dello spazio come fos-se un normale momento di vita.Per lui lo è. Per noi terrestri no.

    Paola Gregorio

    Spazio Vittori:«I miei giornisulla stazione Iss»A Brescia il colonnello racconta comesi diventa astronauti e come si vive a bordo ■ Roberto Vittori è nato a Viterbo

    il 15 ottobre 1964. Sposato, padre ditre figli, si è laureato nel 1989 all’Ac-cademia Aeronautica di Pozzuoli.Colonnello dell’Aeronautica milita-re,fa partedel Corpo degli astronau-ti dell’Agenzia spaziale europea dal’98. È stato tre volte sulla Stazionespaziale, le prime due con la Soyuz,la terza con lo Shuttle.

    Le fogliedel fico

    dai rami spogli

    Roberto Vittori durante la lezione al liceo Leonardo

    Per l’ultima missione del-l’Endeavour, l’addio allospazio della navicella ela penultima dello Shutt-

    le prima del pensionamento, Ro-berto Vittori ha seguito un trai-ning di tre anni al Johnson SpaceCenter della Nasa a Houston, inTexas.Un debutto con l’aereo spazialeche viaggia a 24mila chilometriorari ma non con la Stazione Spa-ziale internazionale dove avevagià soggiornato due volte: nel2002 con la missione Marco Po-

    lo, un cosiddetto taxi-flight percambiarela scialuppadisalvatag-gio della stazione, che deve esse-re avvicendata ogni sei mesi; nel2005 con la missione Eneide. Inentrambi i casi, ci ero arrivatocon la russa Soyuz, lanciata dallabase kazaka di Baikonur. «La se-dia dello Shuttle è più comoda diquella della Soyuz.«Facciamo subito una distinzio-ne. Lo Shuttle è un aeroplano. LaSoyuzuna capsula - precisa Vitto-ri -. Con lo Shuttle si atterra suuna pista. Ma senza motori, che

    si sganciano al decollo. Il rientrocon lo Shuttle è morbido».Con la Soyuz è tutt’altra cosa. Co-me stare, dice un mio collegaamericano, in un barile in fiam-me nelle cascate del Niagara».Il rendez - vous tra lo Shuttle e lastazione spaziale è il momentopiù delicato.Roberto Vittori, che durante l’at-tracco, stava «al secondo piano»dello Shuttle, «quello senzaoblò», doveva controllare che i«ganci si attaccassero corretta-mente alla struttura».Gli studenti durante la relazione

    UN INGEGNERECOL BREVETTO DI VOLO

    GLI ESPERIMENTISULLA MICROGRAVITÀ

    ESAMI A BORDOANCHE IN BIOLOGIA

    L’ULTIMA IMPRESAPER L’ADDIO ALLO SHUTTLE

    Foglie secche di Ficus carica

    Ver

    de

    clo

    rofil

    laGIORNALE DIBRESCIA MARTEDÌ 6 DICEMBRE 2011 37SCIENZA