Marocco 2012

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1 MAROCCO - SAHARA OCCIDENTALE 2012: 6000 km e la voglia di Sud Viaggio realizzato dal 22 settembre al 18 ottobre 2012 da Alberto Casagrande e Barbara Grillo su Land Rover 130 Con 6000 km si conclude questa nuova e bella esperienza africana pensata e voluta dal capitano di ventura Alberto Casagrande. Abbiamo imparato e visto cose nuove, magnifiche, persone belle e brutte, situazioni difficili, momenti divertenti. Quasi tutte le mete sono state raggiunte e molte altre sono state improvvisate. La voglia di andare a Sud ci ha portato fino a Laayoune in Sahara occidentale e se ci chiedete cosa ci piaciuto, la risposta è: giù ancora più a sud la prossima volta perché ha un fascino tutto suo con l’oceano, i pescatori acrobati, il bianco infinito delle piste. Ma anche l’Atlas a questa stagione permette di vedere cose che in inverno non sono fattibili visto che i passi vanno dai 2200 ai 3000 m su piste dall’elevato rischio di dissesto idrogeologico. Bello il sud del Marocco con i suoi paesetti tranquilli e vita economica. Memorabili le due giornate con Hassan, come dice lui: amici una volta amici per sempre. Indimenticabili i momenti con i nomadi, il contatto con la gente umile, gli occhi dei bambini, il loro sorriso. Torniamo a casa anche con qualche nuovo amico, tedesco e marocchino. Non dimenticheremo mai neanche le miriadi di mosche, il gnik gnik della molla e della porta del Land, le gomme da cambiare, i fottuti fusibili dei fari che puntualmente non funzionavano mai… e le mie condizioni di salute degli ultimi giorni… ma per viaggi del genere sono tutte cose che fanno parte del gioco… un gran bel gioco!

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MAROCCO - SAHARA OCCIDENTALE 2012: 6000 km e la voglia di Sud

Viaggio realizzato dal 22 settembre al 18 ottobre 2012 da Alberto Casagrande e Barbara Grillo su Land Rover 130

Con 6000 km si conclude questa nuova e bella esperienza africana pensata e voluta dal capitano di ventura Alberto Casagrande. Abbiamo imparato e visto cose nuove, magnifiche, persone belle e brutte, situazioni difficili, momenti divertenti. Quasi tutte le mete sono state raggiunte e molte altre sono state improvvisate. La voglia di andare a Sud ci ha portato fino a Laayoune in Sahara occidentale e se ci chiedete cosa ci piaciuto, la risposta è: giù ancora più a sud la prossima volta perché ha un fascino tutto suo con l’oceano, i pescatori acrobati, il bianco infinito delle piste. Ma anche l’Atlas a questa stagione permette di vedere cose che in inverno non sono fattibili visto che i passi vanno dai 2200 ai 3000 m su piste dall’elevato rischio di dissesto idrogeologico. Bello il sud del Marocco con i suoi paesetti tranquilli e vita economica. Memorabili le due giornate con Hassan, come dice lui: amici una volta amici per sempre. Indimenticabili i momenti con i nomadi, il contatto con la gente umile, gli occhi dei bambini, il loro sorriso. Torniamo a casa anche con qualche nuovo amico, tedesco e marocchino. Non dimenticheremo mai neanche le miriadi di mosche, il gnik gnik della molla e della porta del Land, le gomme da cambiare, i fottuti fusibili dei fari che puntualmente non funzionavano mai… e le mie condizioni di salute degli ultimi giorni… ma per viaggi del genere sono tutte cose che fanno parte del gioco… un gran bel gioco!

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IL VIAGGIO IN PILLOLE 22-09-12 - Casa - Livorno Km 417 25-09-12 - Tangeri Med - Fes Km 340 26-09-12 - Fes-Arzou - campo 1 Km 150 27-09-12 - campo 1 - Midelt Km 193 28-09-12 - Midelt - Ililchil Km 294 29-09-12 - Imilchil - Agoudal-Tizi n Ouano-campo2 Km 227 30-09-12 - campo 2 - Erfoud Km 300 01-10-12 - Erfoud - Er Rachidia-Nomadi-Erfoud Km 300 02-10-12 - Erfoud - Taouz campo 3 Km 140 03-10-12 - campo 3- Nomadi-Zagora Km 300 04-10-12 - Zagora - lac Iriki campo 4 Km 155 05-10-12 - campo 4 - Tissint-Tata Km 256 06-10-12 - Tata-Fortino - campo 5 Km 381 07-10-12 - campo 5 - TanTan-Tarfaya Km 282 08-10-12 - Tarfaya - Laayouane Smara - Tan Tan Km 585 09-10-12 - TanTan - Plage Blanche- Gouelmine Km 215 10-10-12 - Goulmine-Tafroute - Campo 6 Km 302 11-10-12 - Campo 6-Tizi n Test - Marrakech Km 286 12-10-12 - Marrakech - la Cattedrale campo 7 Km 324 13-10-12 - Campo7- Azilal - Oued Zem Km 307 14-10-12 - Oued Zem - Rabat - Larache campo 8 Km 373 15-10-12 - Campo 8 - Tangeri Km 114 16-10-12 - Tangeri - Porto Tangeri Med Km 50 18-10-12 - Livorno - Casa Km 385 IL DIARIO DI VIAGGIO 22-25 settembre: Casa - Livorno- Tangeri - Chefchaouen Troviamo traffico a Roncobilaccio e facciamo il passo della Futa infilandoci a Firenze. Arriviamo al porto alle 18.00 e saliamo in barca a mezzanotte dopo aver fatto la fila e atteso lontano dal porto per fare check in scortati da una navetta… Questa volta partiamo con la Grimaldi. Passiamo i giorni in nave tra mangia, dormi, leggi, film. Lo sbarco è sempre coronato dai clacson e casini vari. Il porto nuovo di Tangeri Med è tutto moderno e dinamico. Andiamo a vedere il panorama sullo stretto poco più avanti. Prendiamo una pista che tra asfalto e sterrato ci porta a Chefchaouen. Visita alla città sempre molto variopinta e piacevole. A Fes pernottiamo presso Hotel Batha per 60 euro con colazione. Si trova in un posto strategico perché vicino alle mura della città, Dista a 200 m da un negozio della Telecom Maroc, dove compriamo la SIM per navigare in internet a 20 euro per un mese. La guardia notturna per l’auto costa 20 dinari. Lo staff dell’albergo è gentile e ci danno indicazioni sia sul negozio che sul cambio che si trova li a 50 metri.

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26 settembre: Fes - Arzou - campo 1 Visitiamo la medina di Fes puntando alle concerie. Sempre un gran piacere girovagare più o meno a caso guidati solo da un GPS. Incontriamo un ragazzo, Omar, che insiste perché andiamo sulla terrazza a vedere le concerie. Ogni volta è una emozione visitare questo posto. Ci fa entrare nelle stanze dove stirano la pelle per farla più morbida e mi fanno provare tra le risate generali. Dopo aver comprato un paio di cinture ci porta a vedere il panorama anche dall’altra terrazza. La luce è ottima per fare foto. Omar ci fa scendere e attraversare le vasche bianche, quelle con calce e ammoniaca (cacca di piccione) per portarci a vedere il canale-fiume, dove convogliano tutte le acque della conceria. Ci fanno vedere anche la lavatrice di legno, dove mettono le pelli prima del trattamento. Questo posto è sempre molto affascinante e divertente tralasciando i risvolti ambientali. Facciamo la spesa di frutta e pane nel souk, che si trova a 200 metri dall’albergo. Tra banane, pesche, un melone, carote spendiamo neanche 5 euro... Poi partiamo diretti per Arzou. Quando Alberto prende la prima strada bianca mi viene un po di ansia, perché siamo soli e chissà se la macchina ce la fa… Il paesaggio va da ampi polije in una area vulcanica con i cedri. Un bel ambiente misto tra verde e arido con carso molto maturo ed gli altopiani di lava. Ci fermiamo in una cava e su un cratere ad ammirare e gustare questo strano posto. Arriviamo al grande cedro Gouraud. Qualche macaco nel bosco. Piove. Facciamo campo dopo Arzou in mezzo al bosco, dove Alberto mi sorprende con una tenda Quechua che dio solo sa come faremo a rimetterla apposto! Cala la sera e sentiamo un bestione cavalcare verso di noi. Non facciamo tempo a capire cosa è, ma a prendere tanta paura si! Per fortuna il resto della notte la passiamo tranquilla e in silenzio 27 settembre: campo 1 – Midelt Passiamo più tempo a capire come metter apposto la tenda che altro… Eh eh, era prevedibile! Il cielo è nuvoloso e infatti pioviggina tutto il giorno con tratti di cielo azzurro. La pista si snoda su tracciati comodi e abbastanza puliti, tranne qualche caso dove i versanti sono in frana. Passiamo una serie di altopiani sempre a quota tra i 1700 e 2100 m. Il paesaggio è sempre a polje di contatto tra basalti e calcari. Carso molto maturo, a strati inclinati o orizzontali con qualche torre rocciosa o carso a blocchi. Passiamo il lago in una area umida di importanza comunitaria Sito di Ramsar nel Parco di Ifrane. Fa molto freddo, pare di essere in Norvegia. I tratti piani sono rocciosi e basaltici. La pista si perde fino a quando incontriamo un accampamento e

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due bimbi che vogliono qualcosa. Gli dono quaderni e penne e poi una corda per saltare. Gli mostro come fare e quando li saluto mentre tornano verso casa mi imitano, camminano saltando! Il percorso cambia colore quando dai calcari inizia l’arenaria rosso mattone e cominciano anche i versanti instabili. C’è molta acqua. Normalmente le sorgenti si trovano a contatto tra i rilievi e le piane, che sono coltivate e molto verdi. Ci fermiamo in una scuola dove Alberto si era fermato quattro anni fa. Mostriamo al maestro la foto e ci accoglie in classe. Ha 8 allievi, di cui due bambine dai 5 ai 8 anni. La lavagna è bucata. Ci guardano come fossimo alieni con grandi occhi sbarrati. Il maestro non è solo, ma ha un collega nella stanza di fianco che segue altri 8 dai 8 ai 13 anni. Ci fanno accomodare nel loro dormitorio dove vivono. Tra il caos generale ci sono scatole di libri di testo e quaderni, costa dai 10 ai 21 dinari… altro che i nostri libri! Sono molto illustrati, gli insegnano usando immagini e le azioni sono riprodotte come scene. Da questo punto in poi la pista si snoda tra piccoli villaggi, case isolate, colori rosso e bianco, foresta, campi, torrenti. Doline di subsidenza sui prati. Mucche e pecore un po’ ovunque. Non riusciamo a vedere il panorama sull’Altas in quota, perché si trova nascosto dalle nuvole grigie.. che poi diventano nere. Quando arriviamo a Midelt, una pioggia incessante ci fa optare per il campeggio e hotel Jaafar, dove prendiamo una camera con cena e colazione per 55 euro tutto compreso. La camera è modesta ma ha il bagno ed é ordinata. 28 settembre: Midelt – Ililchil “Fuori di qua sei in mezzo a una strada…bagnata” la frase che ho detto a Alberto perché fremeva per partire. Ha diluviato tutta la notte e la mattina non accennava a smettere. In giro per l’albergo ci sono vasche e vaschette per raccogliere l’acqua che si infila dal tetto nel buco del lampadario... Usciamo quando accenna a smettere e ci troviamo l’arcobaleno. Tentiamo la pista del Circle du Jaafar che porta a Imilchil attraversando le montagne. La situazione non è male all’inizio, poi sui versanti più ripidi la presenza delle argille si rivela pericolosa e molto saponosa tanto da farci desistere dal tentare il giro e decidere di tornare indietro appena trovata una pista che scende verso la pianura. Non ci pare un gran bel J-afar. Il cielo è azzurro ma le nuvole grigie incombono su di noi. Riprendiamo l’asfalto e arrivati a Rich andiamo a destra verso Imilchil. Sono 150 km di strada asfaltata in buone condizioni che si snodano in tratti di ampia vallata e in tratti a canyon. I fiumi sono in piena e nei guadi la gente aspetta che qualcuno che li aiuti a passare. Le donne stanno nei tratti di acqua pulita a lavare i panni. I rilievi hanno creste di drago e pieghe eccezionali soprattutto negli ultimi 20 km per il paese, dove i colori iniziano anche a cambiare perché si trova l’arenaria e argillite viola. Mentre le pieghe più grandi sono in calcare nero. Tutto il percorso si trova tra quota 1900 e 2300 m. Passiamo il paese di Imilchil ed andiamo al primo lagoTislit. Il colore dell’acqua è a dir poco cobalto e incantevole. Visto il freddo, vento e pioggerellina ci fermiamo all’Auberge Bassou che per 400 dinari in due (anche 40 euro dice) ci offre cena, letto e colazione. Camera e bagno sono modesti ma accettabili. Il padrone è molto simpatico.

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29 settembre: - Imilchil - Agoudal-Tizi n Ouano-campo2 Quando ci svegliamo il cielo è ancora nuvoloso. Andiamo a visitare i due laghi. Il paesaggio ricorda vagamente i panorami della Mongolia anche se in scala ridotta. Incontriamo una famiglia di nomadi pastori a cui diamo vestiti. La mamma è molto simpatica e allegra. Ci chiede le scarpe per lei e bimbi. Mi mostra i piedi… sono scalzi quasi tutti… co sto freddo! Non abbiamo idea di dove abbiamo messo le scarpe che abbiamo portato via per donarle, quindi li salutiamo e andiamo a vedere il secondo lago Isli, molto più grande del primo, dalla circonferenza circolare, il colore incantevole. Il letto è tutto in argille, sopra c’era il calcare con le conchiglie della shell. Con l’immagine dei piedi del bimbo in mente apro la mia valigie e seleziono i miei calzini… Poi troviamo le scarpe che Alberto insiste non vadano bene. Riprendiamo la pista e li incontriamo di nuovo. Sono i due bimbi più piccoli che ci corrono incontro, una ha 4 anni e l’altra 8, sembra. A lui dono le scarpe e se le tiene in mano. Lo guardo come per dire:”ma sei scalzo, mettile subito!”. Forse non sa come si mettono e gliele indosso. La sua faccia si riempie di gioia, gli stanno a puntino! Lo abbraccio e con gli occhioni sbarrati pare dirmi grazie. Dono altre cose alla mamma e figlia, salgo in macchina e guardo sullo specchietto il bimbo che batte i piedi per terra tutto contento guardando la mamma che felice gli pare dire:hai visto che fortunati oggi? Il bimbo, la sua faccia, la scena che si è svolta in modo molto veloce e spontaneo, mi hanno lasciato una gran gioia, la sua felicità era anche la mia. Sono emozioni che altrove non si provano. E me le porterò nel cuore pensando a quanto basti poco per far felice un bambino… fan riflettere ste cose. Prendiamo la pista che dovrebbe condurci a Demnate. Si snoda tra asfalto e sterrato in vallate che tagliano crinali dalle creste di drago. Si passa in mezzo a tanti paesetti, anzi si passa proprio in mezzo alle case. I colori dei versanti sono quasi degni di Arlecchino, si va dal nero al grigio, al bianco, al rosa, al rosso che diventa viola, al verde scuro. Ogni colore ha una sua storia geologica che viene da calcari, argille, arenarie, basalti, graniti. E qui si attraversano milioni di anni e tanti ambienti diversi. Le case sono costruite in fango, paglia, argilla. In particolare un paesetto ha tutte le case viola perché i tetti son ricoperti dalle argille del posto. La strada è in ottime condizioni, in parte sterrato e in parte asfalto, fino al paese di Agoudi dove improvvisamente finisce. Le abitazioni sono costruite quasi a ridosso del fiume e gli sterrati sono piuttosto malandati. Quando giriamo a destra per andare nella vallata verso la “Cattedrale” di roccia un signore molto cortese ci spiega che 2 km più in là è impraticabile e volendo andare a Imilchil dall’altra parte è stretta e non in buone condizioni cause le ultime piogge. Tentiamo lo stesso sia una che l’altra, ma

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effettivamente aveva ragione lui. Il guado da fare è troppo pieno di acqua e non ci fidiamo da soli. Dall’altra parte invece è talmente stretta e a tratti con fango scivoloso che rassegnati decidiamo di tornare indietro. Tutta questo tragitto è molto bello, soprattutto il panorama e la discesa per il paese. Il tempo si mantiene sempre nuvoloso e per risalire al passo facciamo 1000 m fino agli altopiani di 2300 m che ci portano a Imilchil via asfalto. Da qui proseguiamo per Agoudal dove prendiamo la pista che porta a Mserir – Boulmane per il passo Tizi n Ouano. Anche questo tratto si rivela molto piacevole. Facciamo il campo a quota 2900 m sul passo al riparo nella costruzione diroccata. Alberto usufruisce di tutti i comfort del suo Land accendendo il webasto, dove possiamo passare alcune ore al calduccio sistemando il programma e le foto. 30 settembre: campo 2 – Erfoud Mentre la tenda si asciuga andiamo a piedi fino alla cima di 3000 m. Cielo limpido, bel panorama. Incontriamo un vecchio pastore che ci invita a casa sua. Ci guardiamo attorno pensando a dove va sto personaggio e con cortesia rifiutiamo. Scendiamo per la bella pista fino a quando la vallata si fa più ampia. A Msemrir prendiamo la pista che unisce Dades a Todra. E’ in buone condizioni e piacevole. Incontriamo gente a cui dare vestiti, ma sono molto più aggressivi, tranne quelli più a nord. Arrivati ad Ait Hani, facciamo il l tratto di asfalto fino a Goulmane. Non passa più il tempo per attraversare il paese verso Erfoud, tanti palmeti. Andiamo a Erfoud per incontrare Hassan al hotel Kasba Tizimi, dove lavora. Lo avevamo conosciuto cinque anni fa nel nostro primo viaggio in Marocco. E’ un arabo beduino ormai con fissa dimora a Erfoud e lavora come guida per i tour operator. Ci invita a casa sua ma prima ci porta al mercato a fare spesa. Conosce tutti. Si è appena sposato (per tradizione beduina però la moglie la prima settimana deve stare a casa sua…). Il mercato di Erfoud è un po’ lontano dalla strada principale ed è ben fornito. Hassan passa davanti alla bancarella della carne, della frutta e verdura e ordina. Poi va a quella successiva e ritorna dopo trovando il sacchetto pronto. Ci ospita a cena a casa sua, dove conosciamo anche le sorelle con i figli. Gli mostriamo film sul viaggio in Libia e gli doniamo vestiti, quaderni penne. Le sue nipotine sono molto dolci. Fatim Sara e Sara. Ci mettiamo a scrivere e disegnare insieme. Dormiamo al Hotel Kasba Tizim per un prezzo amico. Gran bel hotel a 4 stelle. 1 ottobre: Erfoud - Er Rachidia-Nomadi-Erfoud Hassan ci porta a far colazione ad un bar e poi andiamo a Errachidia perché deve sbrigare delle carte per il passaggio di proprietà del Toyota che ha appena comprato.

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Per strada incontriamo un pozzo di acqua molto ferrosa e tanti pozzetti attorno come geyser, ma di acqua fredda. Ha creato pisoliti rosse e gialle sul pavimento! A Erfoud prendiamo la pista per le miniere e per l’area dei nomadi. La prima cosa che ci mostra sono le cave e gli affioramenti di calcare a ortoceratidi, veramente molto grandi! Passiamo a trovare alcuni amici di Hassan e la miniere dove lavora suo fratello. Ci ospitano a bere il thè nel loro riparo con cucina “Berloni”, il primo della serie di questa lunga giornata. I ragazzi lavorano senza tante maschere e protezione per 150 dinari al giorno, si sente nell’aria la polvere che dà fastidio. Mi infilo dentro il filone per vedere da vicino cosa cavano. La barite si sfalda e polverizza facilmente, quindi la cavano con la pala e tirano su con secchio. Mentre siamo lì fanno esplodere un botto con polvere da sparo per continuare lo scavo. Poi inizia la ricerca dei nomadi. Passiamo vicino a una tenda dopo aver chiesto a un pastore. Hassan conosce proprio tutti ovunque! Ci fermiamo da quelli che sono gli zii della bimba che stiamo cercando e gli lascio roba da vestire per bambini. Uno ha l’otite ma non posso far niente. Ci spingiamo fino a pochi km al confine con l’Algeria. Il traffico di contrabbando è aumentato e le vedette della polizia sono spuntate ogni 5 km. Passiamo un controllo e via verso la tenda che speriamo sia quella giusta. Infatti la troviamo. La bimba, Fatim, è cresciuta ed è molto bella. Si presenta quando la chiamo avanzando decisa, mi da la mano e poi si bacia la sua come segno di saluto. Ho notato che i nomadi lo fanno spesso. Sia lei che i fratelli sono timidi, ma lentamente accettano quaderni, penne e giochi. Per i vestiti Hassan mi spiega che devo mettermi di fianco al nonno capofamiglia e dividere in due parti il borsone perchè le mamme sono due avendo sposato i figli del capo branco. Ci offrono il thè, bagigi, pane e olio. Appena arriva gente ho visto che le donne si attivano per preparare quel che serve. Ci vorrebbero offrire anche la cena ma ormai il sole sta tramontando e ce ne andiamo. Arriviamo a Erfoud con il buio. Hassan ci fa cenare a lato strada comprando la carne da un negozio e facendola cucinare da un altro. Che storie! Ci riporta dormire al hotel kasba per un prezzo sempre molto amico. 2 ottobre: Erfoud - Taouz campo 3 Hassan ci porta a far colazione nel migliore dei bar di Erfoud dove fanno delle brioches con miele e cappuccino con cacao molto buoni. Loro prendono sempre omelette. Si parla per molto tempo e tutto in relax. Vuol fare una società di viaggi e un sito internet e l’idea del gruppo è Maroc Desert Experience. Lui ha una tenda bivacco sotto il cordone di dune a nord dell’Erg Chebbi che gestisce con la famiglia e si chiama Sahara Garden. Per tutti i contatti basta andare al Hotel Tizimi e chiedere di lui. Lo portiamo a Merzouga perchè deve sbrigare le carte per la macchina, ma prima ci fermiamo al mercato di Rissani che avviene tre volte la settimana, martedì, giovedì e

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domenica. Lo conoscono anche qui e ce lo fa visitare tutto, dove vendono le pecore mucche, asini, tutti legati un po’ troppo a dire il vero ma è tradizione,,,. Molto bello, locale, dinamico, pittoresco. Facciamo affari a comprar tappeti e un narghilè che loro qui chiamano Hasiscia o roba simile. Anche Hassan alla fine si stufa di trattare, perché ne usciamo dopo circa una ora e mezza e tre thè! Lo salutiamo a Merzouga. A Taouz ci fa incontrare un suo amico, Omar, che ci porta alle miniere dei fossili di dinosauro. Circa mezza ora di pista e siamo sotto un plateau. In 10 minuti a piedi ci porta sopra, dove ci sono molti cunicoli di scavo. Qui hanno trovato alcune ossa e anche noi troviamo qualche dentino di sauro. L’affioramento si trova tra due banconi di arenaria di cui è ben visibile la stratificazione incrociata delle dune con sfumature rosse. Loro scavano in interstato su un livello di hardground dove ci sono dei livelli di sale, orizzonti rossi con noduli di arenaria fine viola. Fuori ci sono delle formazioni nodulari rotonde simili a concrezioni di calcite, ma lui dice che è una sorta di rosa del deserto. A volte le si trova a “palle”singole, a volte tutte unite tra loro. Spesso si trovano sulle bancarelle. Omar ci porta a casa sua dove ha una modesta ma fornita collezione privata di fossili e minerali. Ricambiamo la compagnia con l’acquisto di alcuni campioni e una mancia. Prendiamo la pista per Zagorà percorrendo l’hamada. Il colore che domina è il nero perché siamo controluce. Facciamo campo in parte ad un guado. La temperatura è ottima e c’è poco vento. 3 ottobre: campo 3- Nomadi-Zagora Giornata dedicata a trovare cose e persone. Quando ci svegliamo al mattino troviamo molte impronte e scopriamo che il fennec è passato a trovarci. La pista è molto frequentata dai camion e grazie a uno di loro che sappiamo che il cassone si è aperto e abbiamo perso bagagli… Ritroviamo il mio beauty 5 km prima e poi anche il metro. La pista è un tracciato misto tra basse dune, sterrato roccioso, hamada piatta, due passi, un paio di sebkha. Si incontrano almeno quattro alberghetti visto che in queste piste correvano quelli della Parigi Dakar. Passiamo vicino a diverse miniere, una di galena, barite e malachite. Visitiamo anche la rocca con la città perduta, molto suggestiva. Riusciamo a trovare anche la famiglia di nomadi che ci avevano aiutato cinque anni fa mostrando la foto a unafamiglia che dista poco lontano. Il bimbo con l’occhio strano ora è cresciuto e sempre vivace. Si chiama Akmed. Ci ospitano a bere il thè e datteri. Lui tutto felice si riconoscersi nelle fotografie. Gli regalo un po’ di roba da vestire. La mamma gli dice di pulirsi il naso e lo vediamo correre 50 metri fuori la tenda, piegarsi, tirar un soffione, pulirsi sulla maglietta e poi tornare verso di noi tutto contento e pulito! Il padre non è presente e forse per questo la mamma è un po’ schiva. Peccato non averlo rivisto. Passiamo due posti di controllo fino a quando viene buio. La strada sugli ultimi 60 km è a toule ondulè, non piacevole e stancante. Arriviamo al camping Oasis a Zagorà ormai a sera, stanchi dopo 300 km. 4 ottobre: Zagora - lac Iriki campo 4 Partiamo da Zagorà dopo esserci uniti ad un gruppo di tedeschi (un Mercedes e due Toyota) che volevano fare il nostro percorso ma non avevano le tracce. Il capogruppo Mattias, medico di famiglia, ci dice che sono lenti e sarà il tormentone del giro. Effettivamente sono molto lenti!

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Tagliamo prima di arrivare a M’Hamid per uno sterrato con dunette e tamerici, un po’ monotono. Passiamo per la oasi della sorgente sacra e ci delude un po’ perché si pensava fosse qualcosa di più grande, invece è semplicemente una polla tra le palme. Ci infiliamo nell’Erg Gaga pensando di schivare il maltempo e invece ci troviamo in mezzo a una tempesta di sabbia. I tedeschi della “pension car” non vogliono spostarsi ma per fortuna ci danno 15 minuti di tempo per trovare un altura e spostarci fuori dall’Erg. Il vento non molla per un paio di ore. Ci da il tempo solo di mangiare , poi riprende. Io bevo una birra offerta da loro e troppo fredda mi causa congestione, vomito e notte in bianco… non passava più! E’ stato un peccato non aver potuto condividere in stati migliori questa serata. 5 ottobre: campo 4 - Tissint-Tata Dopo una notte insonne passata a vomitare riprendiamo il viaggio. Attraversiamo l’Erg Gaga con grande affronto al mio malessere fisico. Ce la facciamo anche se ci piantiamo una volta e perdiamo un bullone e decidiamo di toglierla. L’uscita dall’Erg consiste in una pista che a volte sparisce, il Lago di Iriqui non è fattibile se piove o ha appena piovuto. Ogni tanto qualche colpo di vento alza delle brevi tempeste di sabbia. Il caldo si fa sentire. Siamo intorno ai 40° e l’aria è come quella dell’asciugacapelli. All’orizzonte si vede che sulle montagne c’è maltempo. Nasce una bella amicizia con i tedeschi tanto da prender in giro il Mercedes che diventa la “pension car“ visto quanto lenti vanno… anche detti da Mattia “piede lento”. La parte più bella di questa pista è quella finale quando sulla piana del lago tutto si fa liscio e piatto e si può correre a manetta in quinta. Nella parte finale si trova calcare a ortoceratidi. Ci salutiamo con foto e video finale. Loro vanno a nord e noi a sud. Il paesaggio si mantiene costante come hamada, a tratti anche monotono. Le piste a volte hanno toule ondulè. Arriviamo all’asfalto quasi che è buio, il maltempo imperversa sui monti, lampi a giorno. Ci fermiamo a Tissint nell’unico hotel che hanno, dopo aver visto la camera senza bagno decidiamo di proseguire. Parlando con un poliziotto fermo poco più avanti ci assicura che più in là troveremo di meglio. Ormai è sera, arriviamo a Tata dove troviamo un albergo decente per 260 dinari colazione compresa. La doccia è fredda e la notte molto calda. Cena in paese a base di pollo e patatine con i locali molto simpatici: quando si ordina una cosa, il ristoratore attraversa la strada, va in macelleria, torna con il sacchetto di pollo e te lo cucina! Può anche capitare che se ne vada con il motorino e torni dopo un po’! 6 ottobre: Tata-Fortino - campo 5

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Dopo aver sistemato un po’ la macchina e aver fatto un po’ di spesa (una coca da 2 litri costa 1 dirham), proseguiamo verso sud tenendoci a distanza abbastanza costante dal confine con l’Algeria. Il paesaggio è per alcune centinaia di km abbastanza monotono: hamada a sinistra e bassi rilievi a destra con qualche paesetto abbarbicato sotto le montagne nelle oasi. Il caldo è notevole, pare di essere con la faccia costantemente davanti all’asciugacapelli! Dicono che la temperatura sfiora i 40°C. Qualche lucertola ci attraversa la strada: hanno dimensioni da kilo! Lungo il percorso vediamo diversi gruppi di dromedari, alcuni di loro tentano di rotolarsi per terra e fanno ridere con la gobba! Passiamo per il paese di Akka, dove compriamo un set di chiavi a torks per 5 euro. Attraversiamo anche Assa, ma più giù andiamo e meno gente gira per strada tanto che i paesi sembrano isolati. A Aouinet Torkoz prendiamo la pista per Tan-Tan. Le strade segnate su carta come asfaltate però non è detto che lo siano e viceversa. Quindi troviamo una strada ben asfaltata che dopo 20 km finisce e continua in sterrato. Il caldo qui si fa sentire di meno. Il tracciato è molto bello, il paesaggio cambia completamente e compaiono i primi cactus bassi come puff da salotto. Passiamo un guado con un paesetto tra montagne con stupende e originali pieghe. Qui la varietà litologica è notevole passando da rocce sedimentarie a vulcaniche: alternanze di calcari, argilliti, arenarie, tufi (un conglomerato a ciottoli di quarzo da bianco a rosa con matrice vulcanica) rendono alcuni fianchi dei rilievi quasi come fossero una opera artistica. Salendo verso il passo scopriamo che stanno allargando la strada e che la asfalteranno. Nel tratto che scende infatti ritorna l’asfalto. Quando la strada però arriva in paese sparisce anche l’asfalto e non si sa dove andare. Se ci si ferma a chiedere arrivano in 5 a dirti 5 cose diverse. Troviamo una prosecuzione che si apre in una ampia vallata e facciamo campo a pochi km dal fortino sotto i rilievi. Mentre facciamo tranquillamente foto in notturna una macchina va di corsa verso le montagne e poi per quasi una ora punta i fari in giro anche con gente a piedi. Il suo fare sospetto non ci tranquillizza a tal punto che decidiamo di smontare tutto al buio e andarcene vicino alle case. La sensazione di tensione è alta. Arriviamo alla oasi e ci piazziamo in mezzo al fortino di Aioun. Tanti cani ci accolgono, buon segno, significa che c’è vita. Un signore esce da dietro il fortino e ci accoglie con molto cortesia. Il suo cane ci fa sorridere perché per avvicinarsi striscia tirandosi con le zampe anteriori e scodinzola di gioia per farsi accarezzare. 7 ottobre: campo 5 - TanTan-Tarfaya Mentre dormo sonni tranquilli, Alberto ha lo squaraus e per farselo passare si mette a fare foto in notturna alle 4 del mattino in compagnia del cane da lui soprannominato “Graton le balets”. Poi la mattina arrivo io con la medicina! Il fortino ha un invaso della sorgente (molta acqua!) datato 1891 e qui la gente è molto cordiale, non vuole niente in cambio.

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La fiacca colpisce Alberto e per questa mattina guido un po’ io. Tagliamo la montagna per paesaggi dal fondo granitico sempre con cactus bassi. Senza saperlo entriamo e usciamo dal fiume Draa che attraversa montagne dalle rocce metamorfiche. La pista che troviamo sul momento è bella e in alcuni tratti un po’ tecnica. Incontriamo l’asfalto e il paesaggio piatto che prelude al Sahara Occidentale. Il paese di Tan Tan è abbastanza grande e si trova di tutto. Le banche però non hanno gli sportelli come gli altri e quindi niente cambio. Il tratto fino a Tarfalya è interessante per la parte costiera perché è animato da pescatori dalle lunghe lenze sulla falesia: se ci si avvicina si trovano anche punti dove hanno ancorato una scaletta artigianale che usano per scendere i 30m fino all’acqua. Ci sono uomini che sfidano le onde con il martellino per togliere dalla roccia le cozze per 20 dinari al kilo. Ognitanto la monotonia della parte continentale si rompe da qualche gruppo di dune che sembrano soffici cuscini e dal passaggio di qualche canale di mare. Le saline sono molto estese. Si trovano nel parco nazionale del Khenifiss. A Tarfalya dormiamo al primo hotel che si vede entrando in paese per 300 dinari. Qui puzza di sardine e mare. I ragazzi dell’albergo parlano inglese e sono molto cordiali. Facciamo una passeggiata in paese alla ricerca di un po’ di zuppa e pollo e la troviamo per 4 dinari. 8 ottobre: Tarfaya - Laayouane Smara - Tan Tan La colazione è molto buona e abbondante: cappuccino, omelette, succo, pane, marmellata. Visto dove siamo è quasi inattesa una cosa del genere. 2 litri di coca cola costa 10 dinari e due baghette costano 2 dinari. Il sud conviene in tutti i sensi! Un bimbo gioca con una gomma di motorino nella strada come facevano una volta anche qua da noi. Alberto gli regala il sacchetto di biglie, una a te e una a me e non stanno più in mano. Allora Alberto gli da anche una bottiglia di plastica come contenitore e loro contenti procedono alla divisione. Ci dirigiamo verso sud costeggiando sempre l’oceano, ogni tanto correndo anche sulla sabbia. La spiaggia è ricca di conchiglie anche di grandi dimensioni. Mi prende una voglia di trovarne il più possibile e la caccia al pezzo più grosso continua per un po’ sotto il sole e una aria fresca molto piacevole. Tutta la costa ha casette di guardia ogni 500 m a “5 stelle”. Quando si supera il confine virtuale con ilSahara Occidentale diventano a 5 stalle! Le condizioni sono nettamente peggiori. Una costante del Sahara occidentale è la presenza di militari e di avere un paesaggio piatto, infinito, bianco. La città di Laayoune è in via di espansione, si vede che girano soldi. Decidiamo di andare a Smara. Lungo il percorso vediamo parte del nastro trasportatore più lungo del mondo in un paesaggio che ricorda vagamente la Libia nel tratto di Zilla – Gharyan. Incontriamo un gruppo di dromedari su 200 km, di cui uno eccezionalmente grande con il collo molto più grosso degli altri. Ci attira molto l’attenzione tanto che rimaniamo a guardarlo per un bel po’.

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La condizione dell’asfalto è molto buona. Ogni tanto qualche albero inclinato dal vento verso sud con il suo color verde rompe la monotonia del bianco di queste piane a tratti sebka. La lotta contro le mosche è sempre ferrea, meglio correre che fermarsi, ma la cosa è d’obbligo nei posti di blocco che da Laayoune sono più fiscali. Ci fermano due volte nell’arco di poche centinaia di metri con la stessa richiesta: fisch di imbarco, passaporto, professione. Ed è cosi anche per entrare e uscire da Smara, paese fortemente militarizzato. Non c’è copertura satellitare per 100 km da qui fino al confine marocchino direzione Tan-tan. Facciamo un giretto per il paese ma non ci ispira e proseguiamo nuovamente. La strada è dritta e molto scorrevole, incorniamo pochi mezzi. Da questa parte molto Toyota pick up militari, mentre nella parte costiera dominano i vecchi Land Rover. Arriviamo a Tan-tan ormai a sera e pernottiamo in hotel Les sable d’or per 200 dinari senza colazione. Ottime condizioni visto il posto, ha anche il phoon! Andiamo a fare un passeggiata lungo la via principale e ceniamo in una ristorantino-fast food: la gente arriva in macchina, affianca il tipo che fa la griglia di pollo, ordina e porta via. Una sorta di Mc Donald africano insomma! Per 94 dinari in due mangiamo verdura, spiedini di tacchino, patatine e contorni di olive e verdurine. Molto buono! 9 ottobre: TanTan - Plage Blanche- Gouelmine Colazione tra le mosche, che qui a sud sono una costante. Siamo andati dal gommista per controllare una molla e si è accorto che le due gomme posteriori si sono aperte a metà… stavamo viaggiando su due bombe a orologeria! Difetto di fabbrica se dopo 10000 km sono cosi. Ne compriamo una e mettiamo quella di scorta. Facciamo un pezzo di asfalto fino a prendere la pista dedicata ai 4x4 sulla valle del Draa. Visitiamo lo ksar Tafnidit abbandonato lungo la sponda alta del fiume. La pista è carina e colorata fino a quando si sale sulla piana. Gli ultimi 10 km per arrivare alla costa sono monotoni e dal fondo roccioso che non permette di correre. Quindi non merita tanto.Si fiancheggia la falesia, ma il tempo è nuvoloso. Qualche casetta di pescatori rompe la monotonia. Arriviamoal fortino di Aoreoa è grande ma ne restano pressoché le mura, scendiamo sulla Plage Blanche . Tentiamo la pista ma la sabbia è troppo molle per fare da soli 80 km. Neanche a dirlo che è meglio tornar indietro che ci piantiamo. Veniamo aiutati da un gruppo di quoadisti spagnoli che al incitamento di “andale andele escuciame taca la corda” ci tirano fuori col verricello con una cordina da 6 mm, un filo da pesca insomma! Percorriamo verso est tutto il canale che sta dietro la Plage blanche, a tratti sabbioso, a tratti roccioso, a tratti bagnati. Molto carino con il verde che contrasta. Finito il canale risaliamo sul tavolato dove si corre abbastanza bene. Incontriamo dromedari e per caso un camaleonte ci attraversa la pista! Quando arriviamo all’asfalto alla nostra destra piove e per arrivare a Goulmine attraversiamo due tempeste di sabbia e qualche lampo. Pernottiamo in hotel Salam per 150 dinari. Semplice ma pulito. Passata la bufera andiamo a cercare un posto dove mangiare. Per strada si trovano molti venditori ambulanti e ci infiliamo in una specie di ristorante. Ci offrono piatto misto di polletto, verdure, riso, frutta. 10 ottobre: Goulmine-Tafroute - Campo 6

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Cerchiamo un posto per far colazione ed è quasi una impresa. Un caffelatte e un thè costano 1 dinaro. Partiamo alla volta delle montagne sempre via asfalto. I paesaggi di questa tratta sono molto belli: attraversiamo territori caratterizzati da notevole varietà litologica che si alterna su tutta la gamma di rocce esistenti: da sedimentarie a rocce granitiche, poi metamorfiche e di nuovo sedimentarie. La morfologia del paesaggio è fortemente influenzata dal tipo di roccia. Le vette tozze e crinali allungati sono tutti di origine vulcanica. Ci colpiscono i mulini a vento per tirar su acqua, qui sono molto diffusi nei campi e nelle case. Vanno a stantuffo come quelli per tirar su petrolio. I paesi sembrano spenti, non gira nessuno, tutto chiuso. Decisamente pittoresco e impressionante i graniti dipinti di blu, verde, rosa di Paint Rok che stanno appena prima di Tagounite. Sono frutto della fantasia di un artista belganel 1984. Pare di essere in una Moab africana. Prevale il granito rosa. Passato il paese, l’unico animato di tutto il giro, si arriva in una vallata dove le creste delle montagne si elevano davanti a noi come muri ripidi. Il contatto tra metamorfico e vulcanico qui è molto evidente e affascinante. Facciamo passi tra i 1700 m e 1800 m con una vegetazione a tratti alpina- tundra (prati verdi, morfologie modellate dove c’è metamorfico). 11 ottobre Campo 6-Tizi n Test – Marrakech Giornata difficile perché io sto molto male e la passo sui sedili posteriori del Land a dormire. Abbiamo comunque fatto il Passo Tizin Test. Le vallate sono belle, colorate, pendii molto dolci, morfologie modellate, con strade in tratti anche molto strette e trafficate. Dopo il passo a scendere verso la pianura i versanti si fanno molto ripidi con grossi problemi di dissesto idrogeologico. Arriviamo a Marrakech e io sono in stati pietosi. Febbre a 39 e malesseri vari. Dopo aver cercato un hotel con parcheggio interno ci fermiamo al Hotel Ibis per 640 dinari. La notte è difficile ma mi ristabilisco abbastanza in fretta. 12 ottobre: Marrakech - la Cattedrale campo 7 Pare che sto meglio e quindi proseguiamo. Visitiamo il grande lago barrage di Bin el Ouidane . Il contrasto del colore rosso delle rocce con il blu dell’acqua è notevole. Qui ci sono calcari sulla diga ad arco, argilliti e arenarie rosse su tutto il resto dei versanti. Ci sono problemi di dissesto idrogeologico notevoli e le forme calanchive dei pendii a colori bianco, grigio e rosso ne sono una testimonianza. Molto piacevole il giro. La strada è in buone condizioni fino all’ultimo paese, poi sparisce l’asfalto e per arrivare alla “Cattedrale” di roccia ci sono 12 km su sterrato. Il giro passa dai 1500 ai 1800 m di quota in media. Senza saperlo siamo finiti in un area Geoparco che parte da Imilchil e finisce a Demnate comprendendo la seconda quota sopra i 4000 m dell’Atlas. La pista è molto traffica da uomini a cavallo di asino e camion. La cattedrale è un imponente monolite di dolomia e calcare che si erge come un monoblocco in mezzo alla vallata, visibile anche dal passo.

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E’ rimasto isolato dall’erosione del fiume che ha portato via i conglomerati presenti, accumulati in una fase precedente per centinaia di metri. Nell’incertezza di come continuare decidiamo di andare verso la valle Assif Melloul l il passo a 2650 m. La strada si snoda su pendii ripidi lungo tutto il corso del fiume. Le vette alla nostra sinistra sono tavolati in calcare. Ci sono casette sparse un po’ ovunque anche se difficile vederle. Non pare sia un tratto frequentato dai turisti. La strada quando si avvicina al fiume peggiora le sue condizioni. Infatti pensiamo sia per questo che ne stanno costruendo una a quota più elevata. Probabilmente la asfalteranno. Facciamo campo vicino alla strada, uno dei pochi posti dove ci si può fermare perché non ci sono molto spiazzi. 13 ottobre: Campo7- Azilal - Oued Zem Ci svegliamo presto e troviamo una ragazzina con bimbo in braccio in appostamento a 50 metri da noi. Gli porto biscotti e penne e gradisce in modo molto umile. Passiamo il paese di Ahansal con casette ben costruite sotto il livello della strada. La strada è in ottime condizioni. Facciamo un paio di passi tra i 2600 e 2800 m che mostra una bella successione di rocce torbitiche (calcari marnosi, argilliti, arenarie). Tutta la pista è un cantiere Le vette alla nostra sinistra sono tavolati di 700 metri di spessore dolomitico-calcaree e si aggirano sui 3200 m. Le case si trovano fino a quota 2400 m dopodiché si vede solo qualche pastore e prati. I fianchi dei rilievi sono a tratti ripidi, ma meno impressionanti di quelli visti fino ad ora. Arriviamo fino a un passo dove si vede il Monte M’Goun, il 4067 m, la seconda più alta vetta dell’Atlas nonché cuore

del Geoparco..Da qui scendiamo nettamente di quota fino a 1800 – 1500 m in una ampia e bella vallata dai colori sgargianti: il verde degli orti e campi contrasta con il viola e rosso delle rocce. Ci sono molti bambini per strada che giocano. Incontriamo anche una mercedes che non parte e lo trainiamo per un po’ finché va in moto. Arriviamo fino al paese di Agouti sotto la cima del Monte M’Goun da dove partono i trekking e le piste. Sembra quasi un campo base dei 1800 m da dove partire come per andare sull’Hymalaya. I negozi sono molto piccoli, difficile scrutare dentro e capire cosa

c’è. Si intuisce che non c’è molta roba. La gente è sempre colorata e c’è sempre movimento. Arrivati ad un bivio giriamo per Azilal anziché procedere per la vallata che porta a Demnate. La parte che facciamo è comunque stata oggetto di recenti dissesti: le terre rosse sono una costante di queste parti e in certi tratti con le recenti piogge hanno ingombrato la strada per quasi un metro di spessore. Quindi sono tracciati che pur essendo sui 1500 m di quota sono sconsigliabili sia con neve che con piogge. Il percorso si chiude arrivando alla diga di Bin el Ouidane . Ci dirigiamo a Beni Mellah e poi Kasba Tadla. Non troviamo un albergo che ci ispiri e facciamo l’ultimo tiro fino a Oued Zem dove troviamo un hotel a 4 stelle per 550 dinari. Non li merita, ma visti gli altri due a mezza stella con acqua in bagno e senza wc, anche se venivano 150 dinari (quelli del sud erano decisamente migliori) non c’era di meglio. Facciamo un giro per il centro, che pullula di gente per strada. Ci mangiamo un pollo intero in una rosticceria lungo la strada principale in compagnia dei soliti gatti.

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14 ottobre: Oued Zem - Rabat - Larache campo 8 Nei 550 dinari non è compresa la colazione e litighiamo un po’ perché il prezzo è troppo alto per il servizio dato. Il tragitto per Rabat è piacevole e tutto altro che piatto: è caratterizzato da dolci colline e pianure tutte coltivate con bei colori. Entriamo in città per la Avenue Mohamed VI. Il primo approccio è di una città tranquilla, forse perché è domenica. C’è un forte contrasto tra ricchi e poveri. Gli edifici del re sono presidiati da militari armati. Andiamo nella via dove pensiamo di trovare il museo delle scienze naturali, invece troviamo quello archeologico. Ci spiegano che il dinosauro di 12 metri che stiamo cercando non è esposto ancora e che comunque il museo dove si trova non è aperto di domenica. Ci invitano a vedere questo e lo facciamo volentieri pensando che essendo museo nazionale forse ha qualcosa che vale. Lo troviamo un po’ spoglio, con poca roba anche se di pregio e valore per chi se ne intende. Ci delude e visitiamo la città visto che il traffico lo permette. Case dai muri bianchi, chiuse dentro le mura. Facciamo la costiera e andiamo a visitare i giardini esotici per passare un paio di ore molto piacevoli immersi nella natura e nella pace. Nel vivarium ci sono rettili tipici del Marocco. Procediamo per Larache dove ci fermiamo nel secondo campeggio/area parking per 50 dinari. Ha anche un ristorante self-service dove si mangia bene. Con 10 euro si mangia in due pollo, patate, riso allo zafferano, polpetta, pane caldo, gamberi, bibita. Ottimo! 15 ottobre Larache - Tangeri Durante la notte ha fatto un acquazzone che ci ha svegliato da tanto rumore. Al mattino partiamo con calma verso Tangeri. Io continuo a non stare tanto bene. Facciamo un giro per Cap Spartel a visitare la costa. E’ una bella giornata di sole e l’oceano è sempre affascinante. Andiamo direttamente all’hotel Marco Polo (35 euro) e poi ci facciamo la visita alla città. Pranziamo al ristorante Petit Berlin, dove conosciamo un doganiere e un architetto che che ci offrono un piatto di buon pesce e poi ci invita a visitare il suo ufficio. La città è animata da un gruppo di persone che celebra a suon di tamburi il festival del teatro universitario. Ogni tanto ci sono anche dei botti. Andiamo a vedere la Medina. La gente è molto più tranquilla di anni fa e la visita è decisamente molto più piacevole. La giornata si conclude a spasso per la città. 16-17-18 ottobre Campo 8 - Tangeri – Casa

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La mattinata scorre via con calma Arrivati a Tangeri Med, in dogana alcuni uomini fanno a rissa per sbrigare le nostre pratiche. Con 5 euro ci fanno i biglietti. Al controllo della polizia ci portano nella zona franca in un capannone a fare lo scanner della macchina: in tutto abbiamo fatto 10 km all’interno della dogana prima di arrivare alla nave, Ci si imbarca alle ore 15.00 e si parte alle 18.00 locali. Il mare è calmo fino a Barcellona, poi mi riserva qualche problema fino a Livorno… Il rientro a casa in autostrada anche mi riserva qualche intoppo: causa un incidente rimaniamo bloccati a Roncobilaccio (sempre lo stesso posto dell’andata ma un mese dopo!) per diverse ore e quando pensavo fosse finita riprendo a stare male… Ometto i particolari ma considerato le mie condizioni di salute degli ultimi giorni la frase che conclude questo bel viaggio, dai tratti umani indimenticabili e dai colori impressionabili, è: Huston, si torna a casa con il Marocco nel cuore e 6000 km sul Land!