MARKETING TERRITORIALE -TRAIETTORIE MODERNE :UN MODELLO DI ANALISI E PROGETTAZIONE TERRITORIALE....

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Dietro ogni impresa di successo c'è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa. Peter Druker 3 3 Peter Ferdinand Drucker (Vienna,19 novembre 1909 - Claremont,11 novembre 2005) è stato un economista e scrittore austriaco natura- lizzato statunitense. Risiedette negli Stati Uniti dal 1937 dopo essere fuggito dalle persecuzioni razziali naziste. Dal 1943 divenne citta- dino statunitense. Autore di fama mondiale per le sue opere sulle teorie manageriali, ha svolto consulenza in tutto il mondo, per imprese di ogni dimensione, per enti governativi e organizzazioni no profit. Ha insegnato Politica e Filosofia al Bennington College e poi, per ol- tre vent'anni, è stato docente di Management alla Graduate Business School di New York, dal 1971 è Clarke Professor of Social Scien- ce alla Claremont Graduate School, in California; ha scritto oltre 30 libri e i suoi scritti sono apparsi sulle più celebri pubblicazioni eco- nomiche, come The Economist, The Wall Street Journal e Harvard Business Review. Il 9 luglio 2002 è stato insignito dal Presidente statuni- tense George W. Bush della Medaglia Presidenziale della Libertà (Presidential Medal of Freedom). confindustriaOK:Layout 1 3-09-2008 16:43 Pagina 1

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UN MODELLO DI ANALISI E PROGETTAZIONE TERRITORIALE DA ME IDEATO E COORDINATO. ( IL MODELLO APPLICATO ALLA PROVINCIA DI ANCONA) www.gabrielemicozzi.it http://officinamarketing.blogspot.com/

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Dietro ogni impresa di successo c'è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa.Peter Druker3

3 Peter Ferdinand Drucker (Vienna,19 novembre 1909 - Claremont,11 novembre 2005) è stato un economista e scrittore austriaco natura-lizzato statunitense. Risiedette negli Stati Uniti dal 1937 dopo essere fuggito dalle persecuzioni razziali naziste. Dal 1943 divenne citta-dino statunitense. Autore di fama mondiale per le sue opere sulle teorie manageriali, ha svolto consulenza in tutto il mondo, per impresedi ogni dimensione, per enti governativi e organizzazioni no profit. Ha insegnato Politica e Filosofia al Bennington College e poi, per ol-tre vent'anni, è stato docente di Management alla Graduate Business School di New York, dal 1971 è Clarke Professor of Social Scien-ce alla Claremont Graduate School, in California; ha scritto oltre 30 libri e i suoi scritti sono apparsi sulle più celebri pubblicazioni eco-nomiche, come The Economist, The Wall Street Journal e Harvard Business Review. Il 9 luglio 2002 è stato insignito dal Presidente statuni-tense George W. Bush della Medaglia Presidenziale della Libertà (Presidential Medal of Freedom).

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LE PERSONE CHE HANNO RESO POSSIBILE IL RAPPORTO DI RICERCA “TRAIETTORIE MODERNE”

Comitato ScientificoFilippo Schittone, Direttore Confindustria Ancona, insieme a Enzo Rullani, Presidente Centro Tedis - Venice Internatio-nal University, e Gabriele Micozzi, Docente Marketing - Università Politecnica delle Marche

Gruppo di rilevazione ed elaborazione statisticheStefania Santolini, Sistema Confindustria Ancona, in collaborazione con Sara Mandolini e Valentina Petrini

Gruppo intervistatori del Sistema Confindustria AnconaClaudio Andreatini; Francesco Angeletti; Stefano Biondini; Daniela Bussotto; Chiara Catalucci; Paolo Centofanti; Fa-biano Falasconi; Franca Fedeli, Giovanna Gallo; Barbara Gambelli; Marcella Gerini; Federico Giuliodori; GiulianaGiustini; Luca Lanari; Marco Manente; Euro Marchetti; Umberto Martelli; Andrea Mattioli; Antonella Nobili; RobertoPajola; Simona Pajola; Roberto Pennacchioni; Sergio Pieroni; Giampaolo Santinelli; Stefano Sansonetti; Stefania San-tolini; Ennio Sassi; Domenico Spina; Filippo Schittone; Patrizia Verdolini

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PREMESSA

Qualcuno ha detto che di fronte al vento del cambia-mento le persone si comportano in differenti modi: c’èchi erige muri di protezione, per difendere il presente (oil passato?); altri, invece, costruiscono mulini a vento,per cogliere al meglio le sfide che il cambiamento impo-ne. Ebbene, l’epoca in cui stiamo vivendo è più di unvento, caratterizzata come è dal concatenarsi di moltiepisodi che modificano irreversibilmente logiche ed as-setti per molto tempo considerati immutabili. Fino ad orail vento del cambiamento era più brezza che tornado,poiché consentiva, per esempio, a tante imprese di evol-vere, giorno dopo giorno, in modo incrementale, all’in-segna della continuità. Oggi lo scenario è profondamen-te diverso e rimette in discussione ogni certezza. Questovale a livello globale, in ambito europeo e nazionale; in-fluisce sulla nostra realtà provinciale, sempre più esposta- e non da oggi - ad un’accesa competizione tra sistemiterritoriali che fanno della qualità di vita, della mobilitàdi conoscenze, competenze e persone, dell’attrattività ingenere, criteri alla base di uno sviluppo economico - so-ciale duraturo, compatibile e diffuso.

Abbiamo pertanto sentito l’esigenza di leggere quelloche sta accadendo in quest’epoca, prediligendo i racconti di nostri Colleghi imprenditori che vivono diconcorrenza e di competizione. Grazie alle loro opi-nioni abbiamo provato a descrivere le tendenze in attonelle aziende, per spiegare dove l’industria locale sistia orientando già oggi, come si stia preparando alle sfide del domani.

Alla luce delle tendenze industriali in atto ci siamo ferma-ti a riflettere su quale possa essere la traiettoria verso lamodernità della nostra provincia. Non è nostra intenzio-ne, infatti, subire passivamente il domani; vogliamo con-tribuire subito a delineare la “traiettoria moderna” dellaMarca anconetana. Siamo infatti preoccupati: crisi eco-nomica a parte - le nubi si addensano anche sulla pro-vincia di Ancona - sono molti i fattori che stimolano innoi riflessioni pesanti. Non è certo questa la parte delrapporto di ricerca dedicato all’elencazione dei punti diforza e di debolezza della nostra provincia. È certo pe-rò che l’epoca attuale necessita di risposte corali, condi-vise, ambiziose e di largo respiro.

Non basta più difendere le singole posizioni; occorredefinire una strategia vera e chiara, che impatti trasver-salmente sull’intero sistema territoriale ed economico-so-ciale. Abbiamo la fortuna di vivere in una realtà per mol-ti esempio di qualità di vita, di benessere sociale diffusoe di operosità. Confindustria Ancona vuole adoperarsiperché questo status resista nel tempo, modificandosi, senecessario, anche con discontinuità rispetto a quanto èoggi. Perché questo obiettivo diventi realtà, occorre ge-nerosità, di vedute e di azione!

Per queste ragioni abbiamo dedicato energie a questorapporto di ricerca che attraversa il nostro mondo asso-ciativo, fatto perlopiù di piccole e medie imprese. Lomettiamo a disposizione di tutti coloro che intendono,senza pregiudizi, costruire con noi oggi il nuovo domanidi Ancona e della provincia. Per Confindustria Anconaquesto rapporto di ricerca rappresenta l’inizio - non ilcompletamento - di un progetto più ampio e aperto, cheattraversi tutti i soci, anche quelli che non abbiamo potu-to coinvolgere in questa prima fase.

La nostra gente sta invecchiando (lo dicono le statisti-che), “le pance” - così come qualche intervistato ha di-chiarato - “sono piene”. Elementi questi, sui quali il rap-porto tornerà a riflettere, che lasciano presagire atteg-giamenti più difensivi che propositivi, meno orientati alladefinizione del domani. Noi, invece, sentiamo il biso-gno di capire quale sia la “traiettoria” da seguire, con-sapevoli che dovremo essere noi stessi, per primi, coe-renti alla linea tracciata e, se necessario, ripensarci.“Traiettorie moderne”, in fondo, è il nuovo contributo diConfindustria Ancona per chi verrà dopo di noi: se noncostruiamo oggi il domani, difficilmente i nostri giovanicresceranno e vivranno nella terra che noi amiamo, cheha prodotto tanto ingegno e operosità, che ha saputoconiugare passione per il fare e amore per l’ambiente,rispetto per il prossimo ed elevato senso civico. Solo inquesto humus, ricco di valori e principi, può germogliarela libera iniziativa e l’impresa; noi ne siamo consapevolie non intendiamo rinunciarvi.

Giuseppe FioriniPresidente Confindustria Ancona

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RINGRAZIAMENTI

Se oggi Confindustria Ancona presenta questo rapporto diricerca in concomitanza dell’Assemblea pubblica dei pro-pri Associati, il merito è delle tante persone che, a diversotitolo, hanno dedicato tempo, passione e disponibilità per-ché un’intuizione potesse prendere corpo e acquisire valo-re. Il merito va riconosciuto ai trecentosette intervistati, traimprenditori e managers di aziende socie, che hanno su-bito un vero e proprio attaccato da parte di trenta “uomini(e donne) di associazione”, perché rilasciassero loro le in-terviste e lo facessero tra maggio e giugno.

Al grazie per tutti gli intervistati si unisce il ringraziamen-to proprio agli “uomini e donne di associazione”, a par-tire dai componenti del Comitato di Direzione, che han-no condiviso, all’inizio forse con un pizzico di incredulitàma alla fine con la consapevolezza di aver partecipatoad un momento strategicamente importane nella vita diConfindustria Ancona, la realizzazione di questo rappor-to di ricerca. I dubbi erano dei più svariati: “che cosaemergerà dalle interviste?”, “come potremo omogeneiz-zare le tante informazioni frutto di tante risposte articola-te?”. Dubbi tutti fugati dal fare corale che ha contraddi-stinto in questi mesi l’associazione, dove ognuno hamesso in campo il meglio della propria professionalitàper tagliare il nastro di “fine cantiere” nei tempi prestabi-liti. È così, per esempio, che cito Stefania Santolini: conpazienza, giorno dopo giorno, ha costruito un data ba-se talmente ampio che è stato pressoché impossibilestamparlo senza dover fare un collage di molti fogli A3.Altrettanto dicasi di Laura Frontini e Roberta Ranalli, quo-tidianamente pressate per fornire dati specifici sulleaziende socie comprese nel campione.

La squadra che ha reso possibile il progetto ha visto an-che il coinvolgimento di qualche “esterno”, a partire daSara Mandolini che ha collaborato nella predisposizio-ne di tutta la parte di rilevazione statistica, dei grafici,della tipicizzazione delle risposte fornite dagli intervista-ti. Che dire poi di Gabriele, all’anagrafe Gabriele Mi-cozzi, che per passione e dedizione al progetto è risul-tato un continuo pungolo affinché “Traiettorie Moderne”diventasse realtà nei modi e nei tempi previsti. Micozziha contribuito in modo significativo nella fase di imposta-zione del lavoro, nella lettura e nel commento dei dati; èstato uno stimolo continuo, franco e costruttivo, prezioso ogni qualvolta l’esigenza fosse il confronto.

Ultimo nella citazione ma, come spesso si dice, non ultimo per importanza il Prof. Enzo Rullani2, Presidente delCentro di ricerca sulle nuove tecnologie della comunica-zione, TEDIS, presso la Venice International University,esperto di fama internazionale di economia della cono-scenza. Ne ho apprezzato la visione prospettica, il prag-matismo, la disponibilità al confronto, la capacità di im-mergersi rapidamente in un territorio differente rispetto alNord Est in cui vive cogliendone a fondo le specificità.

Desiderando ringraziare tutti, uno ad uno, evidenzio allettore che all’inizio di questo rapporto abbiamo elenca-to tutti coloro hanno lavorato a questa ricerca. Mi scusoin anticipo con coloro che avessi eventualmente dimenti-cato di citare: tutti sono stati preziosi ed indispensabiliper realizzare questo progetto.

Avviandomi alla conclusione, ripeto un concetto in cuicredo fermamente: “non spetta a noi attori di questa av-ventura giudicare la bontà del lavoro prodotto. Il giudi-zio è veramente - in questo caso occorre ribadirlo (!) –nelle mani del lettore. Quello che posso assicurare a no-me di tutti noi attori è l’impegno e l’entusiasmo che ab-biamo profuso perché “Traiettorie moderne” possa la-sciare una traccia propositiva nel panorama locale enella logica del “progetto aperto” delineato dal Presiden-te Fiorini rappresenti per noi struttura di Confindustria An-cona lo strumento privilegiato per dialogare continuativa-mente con tutti i “nostri datori di lavoro”, i tantissimi im-prenditori e managers di aziende che annualmente cirinnovano la fiducia, confermando l’adesione all’Asso-ciazione. Non ci piacerebbe assistere all’impoverimentodel territorio a causa della fuga obbligata di giovani cer-velli e dell’industria dalla Marca anconetana con desti-nazione “il resto del mondo”. Vorrebbe dire regalare ilfuturo della nostra comunità ad altri e, sinceramente,questo non è quello che auguriamo al nostro territorio”.

Filippo SchittoneDirettore Confindustria Ancona

2 Tra i suoi temi di ricerca: economia della conoscenza, rapporto locale-globale, impresa e istituzioni nel passaggio dal fordismo e po-stfordismo, distretti industriali e sistemi locali, terziario innovativo e sentieri di sviluppo dell’economia italiana.Tra le pubblicazioni: Innova-re. Reinventare il made in Italy, Egea, Milano, 2007 (con Monica Plechero); Dove va il Nordest. Vita, morte e miracoli di un modello,Marsilio, Venezia, 2006; Innovare che passione. Quaranta modi di essere creativi nel business dei servizi, Angeli, Milano, 2006 (conPaiola M., Sebastiani R., Cantù C., Montagnini F.); Change. Il paese, l’impresa, le persone, Egea, Milano, 2006 (a cura di, con Gior-gio Brunetti); Il capitalismo personale. Vite al lavoro, Einaudi, Torino, 2005 (con A. Bonomi); Intelligenza terziaria motore dell’economia.Alla ricerca dell’Italia che innova, Angeli, Milano, 2005 (con P. Barbieri P., M. Paiola e R. Sebastiani); Piccole imprese crescono. Fare re-te in un’area metropolitana, Egea, Milano, 2005 (con A. Bonomi); Economia della conoscenza. Creatività e valore nel capitalismo dellereti, Carocci, Roma, 2004; La fabbrica dell’immateriale. Produrre valore con la conoscenza, Carocci, Roma, 2004; The TechnologicalEvolution of Industrial Districts (a cura di), Kluwer, Amsterdam, 2003, con F. Belussi e G. Gottardi; Dopo la grande crescita. Idee e propo-ste per un nuovo percorso di sviluppo dell’economia trevigiana (a cura di), Cedam, Padova, 2000.

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INDICE

IL MONDO IN CUI VIVIAMOFrasi autorevoli per contestualizzare l'ambiente in cui l'impresa vive, opera e si sviluppa 06

LA PROVINCIA DI ANCONA ALLA PROVA DEI DATIBenchmark con altre province limitrofe e Club dei 15 12

LA PAROLA AGLI UOMINI DI IMPRESADove l’azienda anconetana si orienta 26

IMPRESE BEST PERFORMERApprofondimento sulle aziende che rilevano le migliori performance 44

ANCONA: QUALCHE IDEA PER PROGETTARE IL FUTURO 50

AGENDA DEL FAREPossibili priorità da concretizzare in tempi rapidi per fare seguire nuovo sviluppo a vecchio sviluppo 70

APPENDICE STATISTICA 78

BIBLIOGRAFIA 80

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Le dinamiche in corso a livello internazionale e locale sono ormaicondivise dalle differenti fonti istituzionali e istituti di ricerca.

Ne riportiamo alcune brevi riflessioni al fine di definire il quadro di riferimento in cui opera l’industria e, più in generale, l’impresa.

Non abbiamo naturalmente la pretesa di riportare uno scenarioesaustivo per il quale rimandiamo ai lavori di seguito citati.

Le fonti che riportiamo sono organizzate per orizzonte di analisi:scenario internazionale, nazionale e regionale.

Il mondo in cui viviamo

Frasi autorevoli per contestualizzare l'ambiente in cui l'impresa vive,

opera e si sviluppa.

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Il mondo in cui viviamo

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2008: INTERNATIONAL MONETARY FUND WORLD ECONOMIC OUTLOOK HOUSING AND THE BUSINESS CYCLE

L'economia del mondo è entrata in uno scenario nuovoe precario. L'economia americana continua ad essere impantanata neiproblemi connessi ai mutui subprime, criticità dapprima limi-tate solo al mercato immobiliare ora condizionanti tutti i set-tori economici su scala mondiale. È probabile che gli effettisul resto del mondo siano significativi. Prevediamo che lacrescita dei Paesi dell’Area Euro diminuisca al 1,4% nel2008 e 1,2% nel 2009.

9 APRILE 2008: PUBBLICAZIONE DEI TRE PRINCIPALIISTITUTI CONGIUNTURALI EUROPEI EURO-ZONE ECONOMIC OUTLOOK IFO, INSEE, ISAE

Dopo aver conseguito risultati ancora positivi all’inizio del2008, la congiuntura dell’Area Euro va incontro ad una fa-se di indebolimento per l’influsso negativo proveniente dal-lo scenario internazionale.Condizioni di credito meno favorevoli freneranno gli investimenti

2006: IBM GLOBAL CEO STUDY EXPANDING THE INNOVATION HORIZON

Il 65% dei 765 manager intervistati dicono che dovrannofare cambiamenti fondamentali nei loro business (“makeyou business model deeply different”) nel corso dei due anni futuri. I CEO vedono opportunità da cogliere ed amplificare attraverso una serie di attenzioni ai modelli disviluppo dell’innovazione: · sviluppo della rete di relazioni nell’ecosistema azienda-le anche su scala globale:“external collaboration is indi-spensabile”;· sviluppo di reti per innovazioni collaborative anche attraverso rapporti più stretti con business partners, clienti,concorrenti. Meno importante sembra la R&D che nasce all’interno dell’impresa;· l'innovazione richiede la sponsorship dal vertice del-l’azienda ma implica anche un team strutturato ed organiz-zato per portarla avanti. Facilitatori sono considerati an-che la tecnologia ed i sistemi di integrazione della cono-scenza ma anche i sistemi di incentivazione premianti.Questo consente di:“think broadly, act personally and ma-nage the innovation mix”

SCENARIOINTERNAZIONALE

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22 MAGGIO 2008: ASSEMBLEA CONFINDUSTRIA INTERVENTO DEL PRESIDENTE, EMMA MARCEGAGLIA

La malattia dell’Italia si chiama crescita zero. Il ritorno allacrescita, ad una crescita sostenuta, deve essere il nostro ve-ro obiettivo strategico. Chi non condivide questa prioritàgioca contro l’Italia e gli italiani. Su questo non possonopiù esistere posizioni neutre. Siamo un paese anziano, viviamo di rimpianti e recrimi-nazioni e poco di progetti. Litighiamo spesso sul passa-to, non ci confrontiamo sul futuro.E chi è troppo curioso delle cose del passato - ricorda Cartesio - rischia di diventare molto ignorante di quelle pre-senti. Dobbiamo guardare avanti, alle cose da fare. La pri-ma è sbloccare gli investimenti che sono pronti a partire.

Compete anche a noi costruire una società più aperta,trasparente, che non sia preda dei privilegi corporativi.Ma ai giovani dico con altrettanta chiarezza: guardate al-la competizione e al merito come valori positivi, pretende-teli nelle scuole e nelle università, non fatevi sedurre daicattivi maestri dell’egualitarismo al ribasso che toglie opportunità a chi ha talento, a chi si vuole impegnare evuole farsi valere.

2008: BANCA D’ITALIA ANDAMENTI MACROECONOMICI, POLITICHE DI BILAN-CIO E POLITICA MONETARIA NELL’AREA DELL’EURO

La dinamica degli investimenti in capitale produttivo si èmantenuta più elevata rispetto alla media in Germania e inSpagna (rispettivamente, 7,6% e 8,1%); in linea con quelladell’area in Francia.

L’Italia ha invece fatto registrare un ristagno, riconducibi-le in larga misura alla debolezza dell’attività industriale.

2008: BANCA D’ITALIA RELAZIONE DEL GOVERNATORE, MARIO DRAGHI

La produttività del lavoro è aumentata a ritmi molto mode-sti, limitando la crescita dell’economia e delle retribuzioniunitarie. Le ultime informazioni disponibili sulla qualità dellaformazione scolastica, uno dei fattori che nel lungo periodoinfluenzano l’efficienza produttiva, confermano il ritardo delPaese; i test condotti dall’OCSE nel 2006 segnalano cheil livello di apprendimento degli studenti italiani delle scuo-le secondarie rimane basso nel confronto internazionale.

SCENARIONAZIONALE

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La distanza che separa i quindicenni italiani dalla mediadell’OCSE equivale alle competenze che si possono acqui-sire con un semestre di scuola per le scienze e la lettura econ un anno per la matematica. Non raggiungono il livellominimo di competenze giudicato necessario in una societàavanzata il 50,9% dei ragazzi nella lettura e nella com-prensione dei testi (oltre 6 punti in più rispetto al 2003 ), il 32,8% in matematica e il 25% in scienze (42,8%, 21%,e del 23,2%, rispettivamente, nella media dell’OCSE).

DICEMBRE 2007: CENTRO STUDI CONFINDUSTRIACONOSCERE PER CRESCEREISTRUZIONE E SVILUPPO ECONOMICO IN ITALIA

Nel confronto internazionale le imprese manifatturiere italia-ne sono penalizzate da costi extra-aziendali che ne decur-tano di almeno un quarto la velocità di espansione.

L’Italia si affaccia sul 2008 subendo il rafforzamento dell’euro,la debolezza della locomotiva americana, il petrolio ai massi-mi storici e i rincari di alcune materie prime alimentari, la crisidi liquidità nei mercati monetari. Ma è forte di un favorevolecambiamento strutturale: la trasformazione selettiva del mani-fatturiero all’insegna di innovazione, qualità, riorganizza-zione e nuovi mercati. Per riportare l’economia italiana su unsentiero di alta crescita occorre agire sui limiti strutturali. La ca-renza di diplomati nelle discipline tecnico-scientifiche è giàuna strozzatura per lo sviluppo. Lo diventerà sempre di più siaperché l’offerta non crescerà nemmeno in misura sufficiente atener testa al turnover sia perché la domanda è destinata a sa-lire rapidamente. Le nuove produzioni sono a crescente in-tensità di conoscenza e capitale umano.

Sul fronte universitario sono urgenti meccanismi premiali nel-la ripartizione dei fondi, occorre rafforzare i poli tecnologi-ci e ampliare la rete dei politecnici. Infine, è opportuna lacreazione di un fondo per l’innovazione del sistema univer-sitario. Senza sistemi di valutazione, tuttavia, ogni risorsaaggiuntiva replica le inefficienze e le carenze del sistemaattuale. Il CSC stima che un anno in più di istruzione rag-giunto dall’Italia entro il 2010 accelera il PIL dello 0,4%.Mentre l’adeguamento per il 2020 del livello di apprendi-mento italiano a quello dei paesi con la popolazione piùistruita innalza del 15% il PIL, pari a 3.900 €.

GIUGNO 2008: PROMETEIA - UNIONCAMERESCENARI DI SVILUPPO DELLE ECONOMIE LOCALI ITALIANE 2008-2011 (GIUGNO 2008)

Nel biennio 2010-2011 si dovrebbe assistere ad un più inci-sivo miglioramento dello scenario internazionale: tanto il PILmondiale quanto il commercio internazionale dovrebbero ri-prendere a crescere secondo ritmi più sostenuti.

Una prospettiva analoga coinvolgerebbe l’economia italia-na il cui PIL dovrebbe aumentare dell’1,3% in media all’an-no. Tale previsione potrebbe essere ulteriormente rafforzatada una sempre maggiore capacità delle imprese italianedi riposizionarsi sui mercati esteri. Se, da un lato, condizioni di cambio più difficili e la sem-pre maggiore concorrenza che caratterizza i mercati inter-nazionali mettono alla prova il sistema produttivo italiano,dall’altro appaiono ancor più evidenti gli effetti sui mercatiinternazionali legati alla ristrutturazione del nostro sistemaindustriale che comporta un graduale riorientamento di par-te della produzione italiana verso beni con valore aggiuntopiù elevato. Pertanto sul fronte della domanda estera siprevede una continua accelerazione delle esportazioni(3,1% nel 2010, 3,6% nel 2011), mentre la crescita gliinvestimenti fissi lordi, in linea con quella del PIL, segnalaun recupero pur senza raggiungere ritmi di sviluppo partico-larmente elevati. Per quanto concerne i consumi delle famiglie il contenimen-to dell’inflazione e il buon andamento del reddito disponibi-le, favorito dall’evoluzione positiva dell’occupazione, com-portano un’accelerazione del ritmo di sviluppo pari a 1,3%nel 2010 e a 1,4% l’anno seguente.

SCENARIOREGIONALE2008: CONFINDUSTRIA MARCHE INDAGINE CONGIUNTURALE TRIMESTRALE

L'industria manifatturiera marchigiana apre il 2008 conun sensibile peggioramento del quadro congiunturale, inlinea con le attese di rallentamento che erano emerse inchiusura del 2007.Secondo i risultati dell'Indagine Trimestrale di ConfindustriaMarche, nel trimestre gennaio-marzo 2008 la produzione in-dustriale ha registrato un calo dell’1,6% rispetto allo stessoperiodo dell'anno precedente, risultato in linea con quello ri-levato a livello nazionale (-1,6% nel trimestre gennaio-marzo).Le dichiarazioni degli operatori intervistati confermano laprogressiva flessione dei livelli di attività produttiva: scendeancora, rispetto al precedente trimestre, la quota di azien-de interessate da miglioramenti dell'attività (36% contro42% della precedente rilevazione), mentre sale sensibilmen-te la frazione di operatori con livelli produttivi in calo (52%contro 36% della rilevazione del quarto trimestre).

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La provincia di Ancona allaprova dei dati

Benchmark con altre province limitrofe e Club dei 15.

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La provincia di Ancona alla prova dei dati

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Nel panorama odierno le imprese italiane si apprestano adaffrontare una profonda fase di trasformazione, alla ricerca diun nuovo posizionamento competitivo in un contesto economi-co nazionale connotato da forti criticità, suscettibili di penaliz-zare il nostro Paese, rispetto alle principali economie europee.Questa tendenza non si concretizzerà con la stessa intensità econ la medesima tempistica in tutte le economie territoriali, da-ti i distinti modelli di sviluppo conosciuti dalle province italia-ne. Per questo, propedeuticamente all’analisi qualitativa su uncampione di aziende socie di Confindustria Ancona, abbia-mo ritenuto opportuno verificare alcune caratteristiche e dina-miche della provincia di Ancona confrontandole con:

a) le restanti province delle Marche;b) altre province che esprimono capoluoghi di Regione,pertanto affini, oltreché per vicinanza geografica, per ruoloamministrativo nell’ambito della regione di competenza (Bo-logna, Firenze, Genova, Perugia e Pescara);c) altre province le cui territoriali di Confindustria fanno par-te del Club dei 15.Il Club è costituito dalle Associazioni industriali delle 15 pro-vince italiane con più elevato tasso di industrializzazione: at-tualmente sono (in ordine alfabetico) Ancona, Belluno, Berga-mo, Biella, Brescia, Como, Lecco, Mantova, Modena, Porde-none, Prato, Reggio Emilia, Treviso, Varese e Vicenza3.

I criteri in base ai quali sono stati individuati i membri delClub all’atto della sua costituzione sono stati:· alto reddito (20 mila€ per abitante (primo quartile per l’Italia)· contributo dell’industria (comprese costruzioni) al valore ag-giunto superiore al 35%; la UE vanta una media del 29% (Ita-lia 28%) ed individua la soglia dei territori industriali al 30%· quota dell’occupazione industriale superiore al 40%; la UEpresenta una media del 27% (Italia 31%). Nato dall’esigenzadi condividere problemi ed esperienze che contraddistinguo-no le aree a forte vocazione manifatturiera, tale organismo sipropone di valutare la fattibilità di sinergie, volte a rafforzare iservizi erogati alle aziende associate, e di valorizzare la rap-presentatività dei territori industriali, sia all’esterno, sia in senoal sistema confederale. In effetti, a prescindere da alcune spe-cificità territoriali e specializzazioni settoriali e distrettuali, laquasi totalità delle questioni che riguardano i 15 sistemi indu-striali sono comuni. In tutti questi territori sono le attività manifat-turiere a determinare l’andamento dell’economia, a prestareun contributo decisivo al processo di creazione della ricchez-za, a garantire occupazione e performance di rilievo sui mer-cati esteri, ad assicurare elevati livelli di benessere e di qualitàdella vita. D’altro canto, i fabbisogni che consentono il mante-nimento di alti tassi di crescita nel contesto di una marcata vo-cazione industriale sono notevoli: il territorio deve maturare laconsapevolezza della centralità dell’industria, il lavoro devedivenire sempre più qualificato e tutte le infrastrutture devono ri-sultare conformi ad una domanda intensa e crescente.

In definitiva, a nostro avviso, il Club dei15 funge da spac-cato autorevole ed estremamente rappresentativo del mani-fatturiero italiano; costituisce un osservatorio privilegiato pergarantire un confronto più diretto tra il sistema economico -industriale anconetano e quelli delle province italiane pari-menti caratterizzate da elevata industrializzazione.

POPOLAZIONE RESIDENTEMEDIAMENTE POPOLATA, LA PROVINCIA DI ANCONAVEDE LA DISTRIBUZIONE DEGLI ABITANTI CONCENTRA-TA SOPRATTUTTO SULLA COSTA. È L’IMMIGRAZIONECHE ALIMENTA L’INCREMENTO DEMOGRAFICO.

Rispetto alle altre province della regione…· provincia più popolosa;· maggiore densità abitativa;· tasso di urbanizzazione elevato.

Con 470.716 residenti al 31 dicembre 20074, Ancona5

non solo è la provincia più popolosa delle Marche6, mapresenta anche una densità abitativa (240,59 abitanti perkmq) superiore a quella media regionale (pari a 196,24abitanti per kmq). In realtà, nel 2007 l’incremento demo-grafico deriva dalle immigrazioni, che risultano largamentesuperiori alle emigrazioni ed in sensibile crescita rispetto al-l’anno precedente7.

Rispetto alle altre province del Club dei 15…· provincia meno popolosa della media;· tasso di urbanizzazione più contenuto.

Rispetto al dato medio (560.000 abitanti) delle altre pro-vince che compongono il Club dei 15 Ancona risulta menodensamente popolata; si posiziona in nona posizione. Icentri più popolati sono Bergamo, Brescia, Treviso, Varese,Vicenza che risultano avere una popolazione mediamentesuperiore di circa il 100% rispetto a quella anconetana.

Rispetto alle province che esprimono capoluoghi di Regio-ne (Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria)…· solo Pescara ha meno abitanti. Anche concentrando l’analisi sulle province che esprimonocapoluoghi di Regione solamente Pescara ha meno abitan-ti; le prime tre province hanno oltre il doppio degli abitantidi Ancona. Bologna è la più popolosa in assoluto con949.000 abitanti.

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La provincia di Ancona alla prova dei dati

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3 Questo gruppo coincide in larga misura con quello denominato province della solidità industriale nell’ambito del rapporto Censis e delle Unione Province d’Italiadenominato L’ECONOMIA DELLA PROVINCIA - LA NUOVA CARTA SOCIO ECONOMICA DEI TERRITORI ITALIANI, presentato a Roma il 27 Giugno 2007. Leprovince inserite in questo cluster sono: Ancona, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Modena, Pavia, Padova, Parma, Prato, Reggio Emilia,Teramo, Treviso, Varese, Verona, Vicenza. Il gruppo delle “province della solidità industriale” risulta fortemente caratterizzato dagli indicatori economici, che attestanoinnanzitutto una rilevante presenza del settore manifatturiero in termini di valore aggiunto prodotto. In modo speculare, il gruppo si caratterizza in negativo, rispettoalla media provinciale nazionale, per quanto riguarda la quota di Pil riferibile al settore del commercio e dei servizi. A ciò si aggiunge l’elevato valore delle esporta-zioni e la netta propensione all’impiego dei risparmi in investimenti produttivi. Gli alti tassi di attività e di occupazione, nonché il ridotto livello di disoccupazione, atte-stano infine la solidità del locale mercato del lavoro. Il gruppo è formato da 19 province, in cui risiedono più di 11,4 milioni di abitanti, pari al 19,5% della popola-zione nazionale. Si tratta del territorio che rappresenta il cuore produttivo del Paese, che si estende dalla fascia pedemontana lombarda (da Varese a Bergamo, Bre-scia, Cremona, Mantova) fino alle province venete di Verona, Vicenza, Treviso e Padova, con prolungamenti nell’Emilia (Parma, Reggio Emilia, Modena), cui si ag-giungono le province industriali di Prato, Ancona e Teramo. Questo cluster si colloca nel quadrante caratterizzato da una spiccata vivacità socio-economica, da altadensità soggettuale e ragguardevole ricambio demografico, correlati con un elevato grado di autonomia impositiva e finanziaria delle amministrazioni provinciali.4Al 31 dicembre 2007 (Fonte: ISTAT) la popolazione residente nelle Marche ha registrato un ulteriore incremento (+16.965 residenti, pari all’1,1%) dopo quello del2006 (+7.200 abitanti, pari allo 0,5%).5Come afferma Unioncamere “dei 49 comuni che costituiscono la provincia solo 6 superano la soglia dei 20 mila abitanti e in essi si concentra una quota comples-siva di popolazione del 59,11%, percentuale che nel periodo 2003/2006 si presenta in lieve diminuzione; tale tasso di urbanizzazione presenta valori superiori aquelli del Centro (33,97%) ma inferiori a quelli dell'intera nazione (47,19%).”6La distribuzione a livello provinciale assegna il 30,3% della popolazione residente ad Ancona, seguita da Ascoli Piceno (24,9%), Pesaro Urbino (24,2%) edinfine Macerata (20,6%).7Nella fattispecie, con 6.321 unità, in rialzo di circa 1.500 nuovi residenti, Ancona si colloca al 30° posto nella relativa graduatoria, dato invariato rispettoal periodo precedente.8 Saldo naturale: differenza tra il numero dei nati in Italia o all’estero da persone residenti ed il numero dei morti, in Italia o all’estero, di residenti in Italia.

ETÀ MEDIA DELLAPOPOLAZIONERESIDENTEANCONA INVECCHIA RAPIDAMENTE, REGALANDO IL PROPRIO FUTURO AD ALTRI: CON UNA POPOLAZIO-NE ANZIANA È PIÙ DIFFICILE INNOVARE, INTRODURRETECNOLOGIE E RESTARE AL PASSO CON I TEMPI.

Rispetto alle altre province della regione…· saldo naturale minore in assoluto;· massiccia presenza di ultra sessantacinquenni;· prevalenza della componente femminile.

Come avviene ormai da 20 anni, il saldo naturale8 risultanegativo in tutte le province marchigiane. In particolare, Ancona rileva la variazione più significativa (-662). A con-ferma del dato di cui sopra la ripartizione della popolazio-ne per classi di età evidenzia una massiccia presenza di ul-tra sessantacinquenni (22,83%), rispetto all’incidenza deigiovani con meno di 24 anni (19,21%). Non a caso il51,3% della popolazione è costituito dalla componentefemminile: analogamente alla media nazionale (51,4%) lamaggiore consistenza di donne è tipica delle società a piùforte invecchiamento ed è strettamente correlata alla mag-giore longevità femminile rispetto a quella degli uomini.

Rispetto alle province del Club dei 15…· saldo naturale decisamente inferiore alla media;· ammontare della componente femminile allineata al dato collettivo.

A testimonianza del fenomeno in atto, Ancona si confermacome la provincia tra quelle del Club dei 15 con il saldonaturale peggiore; per converso, Brescia, Vicenza, Trevisoe Bergamo si distinguono per un saldo naturale positivo dinotevole consistenza.

Rispetto alle province che esprimono capoluoghi di Regione(Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria)… · solo Pescara ha un saldo negativo inferiore ad Ancona.

Se analizziamo le province che esprimono capoluoghi di Re-gione, rileviamo che esistono alcune province per cui il dato èancora più evidente (Cfr. Bologna, Genova e Firenze) dove ilnumero di morti superano di gran lunga quello delle nascite.

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La provincia di Ancona alla prova dei dati

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IN UN PERIODO DI CRESCITA DELLA COMPETITIVITÀ ALIVELLO INTERNAZIONALE E NAZIONALE, LA PROVIN-CIA DI ANCONA SEMBRA AMPLIFICARE LA DINAMICAPOSITIVA DI CRESCITA DELLA RICCHEZZA MA MENO DIQUANTO ACCADE NELL’AREA “CLUB DEI 15”.

Rispetto alle altre province della regione…· valore assoluto del PIL 2007 superiore al dato medio regionale e nazionale;· variazione percentuale del PIL positiva.

Le informazioni disponibili sull’andamento della ricchezzapro capite nel 2007 confermano un posizionamento prege-vole per la provincia di Ancona. Il PIL pro capite dello scor-so anno ha raggiunto quota 29.125,50€, superando quel-lo medio regionale e nazionale.Anche in termini di variazioni percentuali, la performancedi Ancona si è rivelata migliore di quelle relative alle Marche e all’Italia9.

Rispetto alle altre province del Club dei 15…· valore del PIL 2005 inferiore al dato medio relativo alleprovince in esame;· variazione percentuale del PIL 2005-2004 negativa.

Tuttavia, nell’ambito del Club dei 15 sono numerose le pro-vince che superano la performance ottenuta da Ancona,raggiungendo valori di PIL decisamente più elevati. Nellafattispecie, sono notevoli le performance registrate dalleprovince di Brescia, Bergamo, Biella che, a differenza diAncona, rivelano variazioni percentuali del PIL positive nelperiodo 2005-2004. Il PIL procapite del 2004, pari a26.386 €, nel 2005 è sceso ad un valore pari a26.143€. Quest’ultimo valore è significativamente inferioreal PIL medio procapite 2005 delle province appartenenti alClub dei 15 pari a 27.207€.

Rispetto alle province che esprimono capoluoghi di Regio-ne (Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria)… · Bologna best performer come PIL pro capite con un valoredi 32.653€.

Anche le province che esprimono capoluoghi di Regioneassunte a riferimento registrano variazioni positive del PIL, inparticolar modo Bologna e Genova. In termini assoluti il valore del PIL procapite di Bologna e diFirenze, rispettivamente con 32.653€ e 31.118€, risulta-no molto maggiori rispetto al valore di Ancona.

INDICATORI ECONOMICI

9Fonte Unioncamere: “In provincia di Ancona sono localizzate 41.917 imprese. La composizione settoriale del tessuto produttivo locale evidenzia una maggiorecomponente agricola rispetto alla media del Paese (19,9%, contro il 18,13%); interessanti sono anche la presenza delle aziende commerciali e creditizie. Il com-mercio, con più di 11.400 imprese iscritte, è il settore numericamente più consistente e rappresenta circa il 27,33% di tutte le attività, in linea con i valori italiani.Anche l'industria si mantiene sui livelli medi italiani. L'artigianato (29,2%) riveste maggiore importanza rispetto a quanto si osserva in Italia, pur rimanendo ben al disotto del dato regionale (32,65%). La struttura per età del tessuto imprenditoriale di Ancona mostra una prevalenza di imprese presenti sul mercato dal 1990 al1999 (38,3% contro il 37,44% rilevato a livello nazionale), così come è abbastanza consistente la presenza di medie aziende e ditte individuali. La dinamica im-prenditoriale data dal tasso di evoluzione nel 2006 registra un valore di 0,91 (contro il precedente 2) è inferiore al valore nazionale (1,39%) e questo a causa deltasso di natalità (8,02) e del tasso di mortalità (7,11). La densità imprenditoriale si attesta a 9 imprese ogni 100 abitanti, valore superiore sia a quello nazionale(8,7), che a quello del Centro (8,46), ma decisamente inferiore al dato regionale (10,36). Sono poco più di 15.000 le aziende agricole censite nella provincia, parial 22,7% del totale registrato nelle Marche; decisamente elevata appare, inoltre, la quota di superficie agricola utilizzata (82,5%), con dimensioni delle aziende chesono tra 1 e 10 ettari nell'84% dei casi. Sono 591 gli esercizi turistici complessivi della provincia. Con 49.258 posti letto Ancona si pone al 42° posto nazionale.”

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La provincia di Ancona alla prova dei dati

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ANCONA, PROVINCIA FORTEMENTE INFLUENZATADAL COMMERCIO INTERNAZIONALE: CIRCA 40€ SU100€ DI VALORE AGGIUNTO PROVENGONO DALLEVENDITE DI PRODOTTI ALL’ESTERO.

Rispetto alle altre province della regione…· elevata propensione all’export, seconda nelle Marche;· ampio grado di apertura.

Il ruolo che il commercio internazionale riveste per lo svilup-po e la crescita economica della provincia di Ancona puòessere sinteticamente espresso attraverso la propensione al-l’esportazione10 e il grado di apertura11, indicatori il cui va-lore risulta nettamente superiore al dato medio nazionale12.In ambito regionale, solo la provincia di Ascoli Piceno ottie-ne valori più elevati per gli indicatori in esame (nella fatti-specie, 46,4 contro 40,3 con riferimento alla propensioneall’export; 78,1 contro 66,5 quanto al grado di apertura).Questo è connesso alla maggiore diversificazione produtti-va della provincia di Ascoli rispetto a quella di Ancona,concentrata sulla meccanica e su altri settori ancora conmargini di internazionalizzazione significativi.

Rispetto alle altre province del Club dei 15…· valore delle esportazioni inferiore alla media del Club dei 15.

Con riferimento al Club dei 15 Ancona, con 4,4 miliardi dieuro, denota un valore delle esportazioni inferiore alla me-dia, mentre risaltano le performance di Bergamo, Brescia eVicenza che realizzano esportazioni per un ammontare su-periore a 10 miliardi di euro. Se ponderiamo il valore delle esportazioni con la popolazio-ne residente, solamente Prato (9.118€), Como (8.300€) eBiella (7.916€) hanno valori delle esportazioni inferiori aquelle di Ancona (9.464€). Reggio Emilia risulta prima nellagraduatoria, con 14.943€ di esportazioni pro capite.

Rispetto alle province che esprimono capoluoghi di Regione(Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria)…· solo Bologna ha un valore superiore ad Ancona di esporta-zioni pro capite.

Viceversa, quanto al confronto con le altre province che espri-mono capoluoghi di Regione, solo Bologna e Firenze supera-no in valore assoluto le esportazioni di Ancona, mentre Geno-va, Perugia e Pescara si collocano a livelli decisamente inferio-ri. Considerando le esportazioni pro capite, invece, Bologna èla sola superiore ad Ancona con un valore pari a 10.247€.

VALORE DELLEESPORTAZIONI

10Propensione all’esportazione: incidenza percentuale delle esportazioni sul valore aggiunto.11Grado di apertura: somma delle importazioni e delle esportazioni, in rapporto percentuale al valore aggiunto.12Per quanto riguarda gli scambi con l'estero, sempre secondo il dati UNIONCAMERE, la provincia di Ancona, nel 2006, ha esportato merci per un valore di circa4.395 milioni di euro (per il 81% con l'Europa, il 8% con l'America e l'7,61% con l'Asia), risultando la 22° provincia italiana nella relativa graduatoria nazionale. Leimportazioni, invece, sono state meno numerose (poco più di 2.829 milioni di euro e provenienti dall'Europa, per il 41,56%, ed America 4,2%). La propensione al-l'esportazione (35,8% nel 2003 e 36,4% nel 2004, 13,94 nel 2005) torna superiore al dato nazionale (24,84%) con un valore di 38,43%, così come il tassod'apertura che assume un valore pari a 63,17 contro il precedente 58,53% risulta superiore al dato nazionale 51,29%. Nelle relative graduatorie Ancona si ponerispettivamente in 19° e 28° posizione. Le merci più richieste sono gli apparecchi per uso domestico, macchine per l'agricoltura e gli impieghi speciali. Il settore me-talmeccanico assorbe il 79,55% dell'export totale della provincia, esportati prevalentemente in Francia, Regno Unito, Germania, Spagna e Russia (al settimo posto).Le merci importate più importanti sono il petrolio ed i prodotti chimici. Ai primi posti della classifica dei paesi da cui si importa troviamo due paesi asiatici, ArabiaSaudita e Iran, seguiti da due paesi europei, Germania e Francia, e Cina.

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IN VIRTÙ DEL SISTEMA PRODUTTIVO, ANCONA VAN-TA UN REDDITO MEDIO SUPERIORE A QUELLO DELLEMARCHE13, MA È SOLO 57° IN ITALIA NELLA CLASSIFI-CA DELLE PROVINCE PER TASSO DI CRESCITA DEL RED-DITO PER CONTRIBUENTE (1999 –2007).

Rispetto alle altre province della regione…· reddito medio superiore al dato regionale.

In termini quantitativi il reddito medio per contribuente nellaprovincia di Ancona corrisponde a 16.513€ pari ad unacrescita solo dell’1,8% dal 1999 al 2007. Questo valoreall’interno della provincia ha ampi margini di variazione:Ancona è il primo comune in questa classifica con

19.407€ e Poggio San Marcello l’ultimo comune con11.211€. Questo valore medio pone la provincia di Anco-na al 57° posto in Italia come tasso di crescita del redditomedio per contribuente e al 1° nella regione (sia come tas-si di crescita che come valori assoluti) precedendo PesaroUrbino (14.432€), Macerata (14.226€) e Ascoli Piceno(13.544€). Per un’analisi più dettagliata del territorio dellaprovincia si veda la tabella in Appendice.

Rispetto alle altre province del Club dei 15…· Lecco, prima, supera Ancona di oltre 3.500€ per redditomedio per contribuente;· distribuzione del reddito meno disomogenea nel territorio.

Per quanto concerne la classifica nel Club dei 15 Ancona su-pera solo Belluno (16.046€). La prima in questa classifica èLecco (20.063€) seguita da Varese (19.127€) e Como(19.094€). Rispetto agli altri territori Ancona evidenzia tuttaviauna maggiore omogeneità di distribuzione del reddito nellaprovincia: all’interno delle prime province risulta estremamenteelevata la differenza tra i comuni (Es.: nella provincia di Comoil comune più ricco è Campione d’Italia con un reddito di32.776€ e l’ultimo in classifica è Val Rezzo con 4.326€).

Rispetto alle province che esprimono capoluoghi di Regio-ne (Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria)… · migliore di Perugia e Pescara ma inferiore come valori as-soluti a Bologna, Genova e Firenze. Come tassi di crescitasolo Pescara fa peggio.

Nel confronto con gli altri capoluoghi di Regione il valoredel reddito per contribuente di Ancona risulta superiore aivalori espressi da Perugia (15.251€) e Pescara (14.233€)ma inferiore a Bologna (20.890€), Genova (19.042 €), eFirenze (18.888€). Queste tre province nella classifica inbase ai tassi di crescita del reddito per contribuente (1999-2007) risultano rispettivamente 4° (Genova : +9,6%), 13°(Bologna: +6,8 %) e 17° (Firenze: +6,1%).

REDDITODELLE FAMIGLIE

13 Classifica riportata dal Sole 24 ore del 18 Agosto 2008, n. 227

La provincia di Ancona alla prova dei dati

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La provincia di Ancona alla prova dei dati

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IL QUADRO COMPLESSIVO CHE SCATURISCE DALL’ANALISI DEI PRINCIPALI INDICATORI RILEVATI NEL 2007 MOSTRA UNA SITUAZIONE PER LA PROVINCIA DI ANCONA PIUTTOSTO CONFORTANTE.

Rispetto alle altre province della regione…· tasso di occupazione maggiore nella regione;· prevalenza di occupati nel terziario;· ampio divario tra uomini e donne in fatto di occupazione.

Nel 2007 il tasso di occupazione della popolazionecompresa tra i 15 e i 64 anni raggiunge quota 66,2% ri-spetto al 58,7% del dato nazionale, confermandosi supe-riore al valore attestato per le altre province della regio-ne. La distribuzione della popolazione occupata nei tremacrosettori economici mostra una prevalenza del terzia-rio, seguito dall’industria e, da ultimo, dall’agricoltura.Inoltre, il quadro del mercato del lavoro della provincia diAncona evidenzia un ampio divario tra uomini e donne intermini di occupazione, nonostante la situazione risulti lie-

vemente migliore rispetto a quella regionale e decisamen-te più favorevole rispetto a quella nazionale.

Rispetto alle altre province del Club dei 15…· tasso di occupazione superiore alla media nazionale;· incidenza di occupati nel terziario conforme alle altre province in oggetto;· divario tra uomini e donne allineato a quello delle altreprovince.

La distribuzione accennata nel paragrafo precedente valeper tutte le province che aderiscono al Club dei 15. Nelpanorama dei 15 Ancona ottiene il primato con il 61,22%di occupati nel settore terziario sul totale (seguita da Nova-ra, con il 60,66%).

Rispetto alle province che esprimono capoluoghi di Regio-ne (Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria)… · percentuale di occupati nel settore terziario inferiore rispet-to agli altri capoluoghi.

Ancora più marcata risulta la differenza tra occupati nel ter-ziario e nell’industria con riferimento alle province che espri-mono capoluoghi di Regione oggetto dell’indagine, le cuipercentuali relative al comparto terziario oscillano tra il62,91% (Perugia) e il 78,99% (Genova).

MERCATO DEL LAVORO

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ANCONA, SEMPRE PIÙ CONSAPEVOLE CHE LA QUALITÀ DELLE RISORSE UMANE E L’EFFICIENZA DEIPROCESSI FORMATIVI RAPPRESENTANO ELEMENTI ESSENZIALI DELLA COMPETITIVITÀ DI UN SISTEMAECONOMICO.

Rispetto alle altre province della regione…· maggiore dotazione organica delle scuole statali pergrado di istruzione;· maggiore consistenza degli iscritti.

Rispetto alle altre province della regione, Ancona rileva inprimis una maggiore dotazione organica delle scuole stata-li per ordine e grado di istruzione (dalle scuole dell’infanziafino alle scuole secondarie di 2° grado). Di riflesso, registra anche una maggiore consistenza diiscritti con riferimento a ciascun istituto scolastico.

Rispetto alle altre province del Club dei 15…· dotazione organica delle scuole statali inferiore alla media;· minore consistenza degli iscritti.

Nell’ambito del Club dei 15 Ancona si caratterizza peruna dotazione organica di istituti scolatici e per una consi-stenza di iscritti lievemente inferiori rispetto alla media.Diversamente, le province di Bergamo e Brescia spiccanotra le altre quanto ad entità di iscritti alle scuole statali e di-sponibilità di infrastrutture scolastiche.

Rispetto alle province che esprimono capoluoghi di Regione(Abruzzo, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria)… · dotazione di istituti scolastici e numero totale di iscritti supe-riore a Pescara, ma inferiore agli altri capoluoghi esaminati.

Similmente accade alle altre province (tranne Pescara), chepure riscontrano una maggiore dotazione di istituti scolasticie un maggior afflusso di iscritti, pur non raggiungendo i livelli di realtà quali Bergamo e Brescia.

Nell’ottica di rendere più chiaro e di diretta percezione ilconfronto tra la provincia di Ancona, il suo sistema econo-mico-sociale e gli altri mondi statistici presi a paragone, ab-biamo sviluppato alcune mappe di posizionamento checonsentissero di verificare le seguenti differenze tra le varieprovince prese a confronto:

· prima mappa: incrocia il PIL procapite e la percentuale diiscritti alle scuole statali ogni 100 abitanti.In linea di massima individua una diretta proporzionalità tra ledue variabili per tutte le province. Questo non si verifica per le province di Ancona e Vicen-za, dal momento che alla percentuale superiore di studentiiscritti non corrisponde un’analoga grandezza superiore peril PIL procapite

· seconda mappa: posiziona le province rispetto a PIL proca-pite e valore delle esportazioni pro capite. In questa mappa si evidenzia un posizionamento di Anconavicino a quello di Prato, Lecco e Varese: tutte queste provincehanno valori ridotti di PIL procapite ed esportazioni procapite.Al contrario, province come Reggio Emilia, Vicenza e Mode-na hanno un elevato valore di entrambe le variabili

· terza mappa: incrocia PIL procapite e percentuale di occu-pati nell’industria sulla popolazione residente. Anche in questa rappresentazione Ancona, insieme conNovara e Como, sembra in una posizione distaccata ri-spetto alle altre province avendo un basso PIL procapite re-lativo ed una limitata percentuale di occupati nell’industriarispetto alla popolazione residente.

FORMAZIONE

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La provincia di Ancona alla prova dei dati

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CONFRONTO TRA CONSISTENZA ISCRITTI ALLE SCUOLE STATALI E PILDELLE PROVINCE DEL CLUB DEI 15

20.000,00

22.000,00

24.000,00

26.000,00

28.000,00

30.000,00

32.000,00

34.000,00

10,0000 11,0000 12,0000 13,0000 14,0000 15,0000

Consistenza iscritti scuole statali ogni 100 abitanti (anno 2006-2007)

PIL PROCAPITE(anno 2005)

MO

VIAN

CO

BL

POVA

BI

NORE

PN

LC

BGBS

MN

TV

CONFRONTO TRA VALORE DELLE ESPORTAZIONI E PILDELLE PROVINCE DEL CLUB DEI 15

20.000,00

22.000,00

24.000,00

26.000,00

28.000,00

30.000,00

32.000,00

34.000,00

9,00 10,00 11,00 12,00 13,00 14,00 15,00

Valore delle esportazioni procapite (anno 2006)

PIL PROCAPITE(anno 2005)

BS

VALCANPO

BG

TV

NO

BL

MN

PNVI

MO

RE

CONFRONTO TRA CONSISTENZA ISCRITTI ALLE SCUOLE STATALI E PILDELLE PROVINCE DEL CLUB DEI 15

20.000,00

22.000,00

24.000,00

26.000,00

28.000,00

30.000,00

32.000,00

34.000,00

10,0000 11,0000 12,0000 13,0000 14,0000 15,0000

Consistenza iscritti scuole statali ogni 100 abitanti (anno 2006-2007)

PIL PROCAPITE(anno 2005)

MO

VIAN

CO

BL

POVA

BI

NORE

PN

LC

BGBS

MN

TV

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La provincia di Ancona alla prova dei dati

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ANCONA GUADAGNA LA 30° POSIZIONE IN ITALIACON RIFERIMENTO ALLA QUALITÀ DELLA VITA: PREGE-VOLE RISULTATO NELL’AMBITO DELLE 103 PROVINCEANALIZZATE CHE, PERÒ, NON DEVE ILLUDERE.

Secondo un’analisi condotta da Il Sole 24 Ore14, la provinciadi Ancona si colloca in 30° posizione nell’ambito di una gra-duatoria riferita alla qualità della vita, che vede al primo postola provincia di Trento e all’ultimo quella di Agrigento. Se tuttavia consideriamo che Ancona nel 2006 era in 20°posizione e nel 2001 addirittura 10° è evidente la perdita dicompetitività piuttosto significativa. Tale risultato scaturisce dall’analisi e dalla comparazione diuna serie di indicatori (quali tenore di vita, ordine pubblico,affari e lavoro, popolazione, servizi ambiente e salute, tem-po libero), per ciascuno dei quali è attribuito ad ogni pro-vincia italiana un determinato punteggio15.

In sostanza, Ancona registra la propria migliore performancenell’ambito dei “servizi ambiente e salute”, per i quali ottienela 18° posizione, mentre è 58° in fatto di “ordine pubblico”.

Con specifico riferimento all’indicatore “tenore di vita” Lec-co (9°) è la prima delle territoriali rientranti nel Club dei15, seguita da Varese, Prato, Novara e Brescia. Ancona,46°, è l’ultima del gruppo dei 15.Guardando i sottoindicatori relativi a “tenore di vita” è evi-dente come Ancona sia 29° a livello nazionale per ricchez-za prodotta, 30° come risparmi, 77° come valore degli as-segni per chi è a riposo e 64° come costo dell’abitazionea metro quadrato. Questi indici la fanno collocare al 10° posto come ric-chezza prodotta tra le province del Club dei 15 ed al 9°posto come risparmi.

Rispetto alle altre province della regione, invece, Ancona ri-sulta prima per ricchezza prodotta e risparmi, 3° per costodell’abitazione ed ultima per l’assegno per chi è a riposo.

Rispetto invece alle province che esprimono capoluoghi diRegione, Ancona è migliore rispetto a Bologna, Firenze,Genova e Perugia per costo dell’abitazione.

Con specifico riferimento all’indicatore “Affari e lavoro”, tra leterritoriali del Club dei 15 Belluno è prima a livello naziona-le, seguita da Modena, Reggio Emilia, Biella e Lecco. Anche in questo caso Ancona risulta ultima rispetto a tutte lealtre territoriali del Club dei 15 mentre in ambito regionalerisulta 2° per giovani occupati; per lo stesso indice, rispettoalle altre province che esprimo capoluogo di Regione, inve-ce è posizionata dopo Bologna e Firenze.

TENORE DI VITA

Indicatori Posizione di ANTenore Vita 46Affari e Lavoro 56Servizi Ambiente e Salute 18Ordine Pubblico 58Popolazione 42Tempo libero 25

Tenore di Vita Posizioni assoluteLecco 9Varese 10Prato 13Novara 14Brescia 17

Tenore di VitaPosizione AN

rispetto al Club dei 15Imprese registrate 12Iscrizioni/cancellazioni 14In cerca di lavoro 12Giovani occupati 15

14Dossier realizzato dal Sole-24 Ore: da oltre 15 anni, misura la vivibilità delle 103 province italiane attraverso una serie di dati statistici elaborati in 36 classifiche.Dal reddito all'occupazione, dalla natalità alla sanità, dai reati alle opportunità per il tempo libero, ecco il nostro ritratto dell'Italia.15Tutte le classifiche sono in ordine decrescente direttamente proporzionale alla qualità della vita, pertanto la prima di ogni classifica sarà la migliore e l’ultima la peggiore.16In particolare, in termini di ordine pubblico meglio di Ancona per furti denunciati in casa ogni 100mila abitanti si comportano altre 54 province (Es.: Ancona ha224,73 furti contro i 146 di Ascoli Piceno ed i 162 di Macerata). Sempre in termini di ordine pubblico Ancona risulta 83° in Italia come trend dei delitti denunciati:ponendo il valore 2002 pari a 100 il numero indice che risulta dalla classifica del Sole 24 ore del 2007 è pari a 138, 78.

Affari e lavoroPosizione AN

rispetto al Club dei 15Belluno 1Modena 10Reggio Emilia 11Biella 17Lecco 18

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Nell’ambito dell’indicatore “Affari e lavoro” Ancona è pre-occupantemente quartultima tra tutte le provincie italianeper tasso di natalità delle imprese rispetto alle cancellazionidelle stesse (analisi ott. 2006 - sett. 2007): il rapporto rile-vato per Ancona è infatti di 1,06. In Italia peggio di Anco-na si posizionano solamente Biella, Livorno e Trieste.

Il capoluogo marchigiano sale, invece, al 10° posto nel-l’ambito dell’indicatore “Servizi ambiente e salute”17 per lapresenza di infrastrutture in base all’indicatore Tagliacarne,non distante in graduatoria da Varese (prima classificata al-l’interno del Club dei 15 e 2° in ambito nazionale).

Per quanto riguarda il dato di misurazione dell’ordine pubbli-co, Ancona è migliore rispetto sia al campione delle provin-ce che esprimo capoluoghi di Regione sia a molte delle pro-vince le cui Associazioni territoriali rientrano nel Club dei 15.

Rispetto al Club dei 15 Ancona risulta avere posizioni divantaggio anche per il numero di laureati, il numero di ex-tra UE regolari e l’offerta di tempo libero. Preoccupante in-vece è la posizione di Ancona per il rapporto giovani-an-ziani (Ancona è 72° in Italia, con un rapporto di 0,68 per-sone di 15-29 anni ogni over 65).

La tabella successiva fornisce una descrizione sintetica del-le varie posizioni che le province prese a termine di con-fronto con quella di Ancona hanno ottenuto rispetto ad al-cuni dei parametri presenti nel succitato studio realizzatoda Il Sole 24 Ore.

In blu sono evidenziate le posizioni attribuite alle altreprovince migliori rispetto a quelle rilevate per la provinciadi Ancona.

17Questo indicatore è fortemente influenzato dalla valutazione delle rete ferroviaria per la quale Ancona è considerata 1° in Italia. Tuttavia, se si scompone ul-teriormente l’indice e si prende in considerazione l’indice di dotazione della rete stradale nelle province italiane, Ancona precipita al 43° posto dopo le pro-vince di Pesaro Urbino e Ascoli, mentre solo di poco precede quelle di Macerata. L’analisi prospettica, che tiene conto delle opere in corso, la pone addirit-tura in peggioramento, collocandola per il futuro al 47° posto in Italia.

Infrastrutture Posizione assolutaVarese 2Novara 5Ancona 10Prato 20Como 30

La provincia di Ancona alla prova dei dati

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La provincia di Ancona alla prova dei dati

PROVINCE

TENORE DI VITA AFFARI E LAVORO

Ricchezza prodotta Risparmi

Assegno per chi èa riposo

Abitazione (costo mq)

Imprese registrate

Iscrizioni/cancellazioni

In cerca di lavoro

Giovani occupati

1 Ancona 29 30 77 64 50 100 32 49

2 Pesaro 57 34 73 71 14 63 23 53

3 Macerata 60 38 70 19 33 96 32 35

4 Ascoli Piceno 61 51 72 30 27 58 63 63

5 Belluno 13 61 54 36 75 96 1 20

6 Bergamo 14 12 14 88 47 35 9 24

7 Biella 37 41 11 36 10 101 48 18

8 Brescia 9 15 21 91 21 38 23 38

9 Como 44 36 12 83 42 72 27 15

10 Lecco 24 20 48 68 49 91 13 5

11 Mantova 10 46 40 68 45 49 9 17

12 Modena 4 17 18 93 5 93 7 21

13 Novara 35 28 8 36 58 83 47 30

14 Pordenone 36 48 45 43 53 66 29 12

15 Prato 33 18 16 50 2 83 59 60

16 Reggio Emilia 16 22 25 61 17 61 2 11

17 Treviso 23 26 41 80 20 51 19 9

18 Varese 34 31 7 61 37 82 27 1

19 Vicenza 11 35 28 76 27 88 23 10

18 Bologna 3 4 10 99 18 77 8 3

19 Firenze 5 10 20 100 6 83 42 42

20 Genova 49 19 4 96 29 93 53 55

21 Perugia 59 49 64 71 25 33 55 52

22 Pescara 69 53 68 36 37 35 70 72

SERVIZI/AMBIENTE ORDINE PUBBLICO POPOLAZIONE TEMPO LIBERO

Infrastrutture Indice Sintetico Rapporto giovani/anziani

Laureati rispetto ai giovani

Extra UE regolari/

PopolazioneIndice sintetico

1 Ancona 10 58 72 17 31 25

2 Pesaro 72 38 57 15 11 45

3 Macerata 98 20 70 14 13 18

4 Ascoli Piceno 78 39 61 22 44 48

5 Belluno 102 6 78 36 52 50

6 Bergamo 38 82 27 90 24 33

7 Biella 62 49 89 71 56 49

8 Brescia 70 83 32 99 2 21

9 Como 30 66 44 99 42 72

10 Lecco 49 56 40 53 48 65

11 Mantova 86 64 65 93 9 44

12 Modena 74 93 61 58 7 14

13 Novara 5 92 61 75 40 33

14 Pordenone 100 41 54 49 3 53

15 Prato 20 88 44 92 1 20

16 Reggio Emilia 84 70 56 87 4 31

17 Treviso 59 50 37 57 6 41

18 Varese 2 87 51 61 55 59

19 Vicenza 58 46 32 78 25 37

20 Bologna 12 103 96 72 19 4

21 Firenze 26 98 85 25 9 1

22 Genova 11 101 101 9 52 7

23 Perugia 33 65 65 30 11 36

24 Pescara 20 95 50 4 74 47

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Il campione intervistato ha compreso 306 aziende, pari a circa il 40% del totale dei soci diretti di Confindustria Ancona. Il numero dei dipendenti che le aziende coinvolte nell’indaginerappresentano è di 38.941 unità, ossia l’80% del totale dei dipendenti delle imprese associate a Confindustria Ancona.

La parola agli uomini di impresaDove l’azienda anconetana si orienta

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La parola agli uomini di impresa

1. OBIETTIVI, CAMPIONE, MODELLO DI INDAGINE

Gli obiettivi del rapporto di ricerca basato su interviste qualita-tive al succitato campione di imprenditori e manager apparte-nenti ad aziende socie di Confindustria Ancona sono stati:1. verificare le esigenze delle imprese industriali2. individuarne i modelli e le tipologie di percorsi di inno-vazione in atto, incrociandoli anche con i risultati di gestio-ne 2003-2006 per descrivere le principali macro traiettoriedi riferimento 3. analizzare i modelli di relazione e di consenso con glistakeholders4. delineare il percepito delle imprese nei confronti del con-testo, mappandone le minacce e le opportunità percepite5. Estrapolare le best practice ed i modelli eccellenti attuatiin alcune aziende6. porre i prodomi di un progetto comune, che coinvolgal’intero tessuto economico, al fine di proporre un disegnostrategico per lo sviluppo economico e sociale della provin-cia nel suo complesso.Il metodo di raccolta delle informazioni è stato l’intervista direttadei referenti aziendali da parte dei responsabili dell’Associa-zione. In totale sono stati coinvolti 30 funzionari appartenenti atutte le aree funzionali del Sistema Confindustria Ancona.L’intervista è stata condotta attraverso un questionario strut-turato in 3 parti:

1. analisi del quadro strategico: analisi sulla condotta stra-tegica, analisi di mercato, analisi delle strategie di innova-zione, analisi del contesto, analisi dello scenario territoriale2. monitoraggio della percezione e delle esigenze informativesui servizi dell’associazione (non attinente al presente lavoro)3. mappatura delle nuove esigenze di servizi (non attinenteal presente lavoro).

Accanto all’intervista strutturata sono stati condotti anche fo-cus group ed interviste in profondità, al fine di individuaresegnali deboli, atteggiamenti, problematiche complesse edarticolate, non prevedibili in un questionario strutturato.

La struttura del campione è stata sviluppata in modo tale darappresentare l’universo degli associati. Per questo il cam-pione ha compreso 306 aziende che pesano circa il 40%sul totale dei soci diretti. Il numero dei dipendenti che leaziende coinvolte nell’indagine rappresentano è di 38.941unità che corrisponde all’80% del totale dei dipendenti del-le imprese socie di Confindustria Ancona.Anche il peso delle aziende analizzate in base ai contribu-ti associativi incassati dall’Associazione è pari a oltrel’80% sul totale.

Dall’analisi della distribuzione geografica delle imprese delcampione oggetto dell’indagine emerge come la maggiore

CONFRONTO TRA DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DELLE AZIENDECHE COMPONGONO IL CAMPIONE E DISTRIBUZIONE DELLE AZIENDE ASSOCIATE

ZONA AZIENDE CAMPIONE(valore percentuale)

AZIENDE ASSOCIATE(valore percentuale)

Ancona 24,2% 29,5%Fabriano 7,8% 8,2%Fuori provincia 1,0% 1,7%Jesi 26,1% 25,0%Osimo 26,8% 22,8%Senigallia 14,1% 12,7%TOTALE 100,00% 100,00%

DIPENDENTI DELLE AZIENDE CAMPIONE - DISTRIBUZIONE PER ZONA TERRITORIALE

ZONADIPENDENTI

(valore assoluto)DIPENDENTI

(valore percentuale)Ancona 8414 21,6%Fabriano 16026 41,2%Fuori provincia 1093 2,8%Jesi 6587 16,9%Osimo 4904 12,6%Senigallia 1917 4,9%TOTALE 38941 100,00%

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La parola agli uomini di impresa

CONFRONTO TRA DIPENDENTI DELLE AZIENDE CAMPIONE E AZIENDE ASSOCIATEDISTRIBUZIONE PER ZONA TERRITORIALE

ZONADIPENDENTI AZIENDE CAMPIONE

(valore percentuale)DIPENDENTI AZIENDE ASSOCIATE

(valore percentuale) DELTA

Ancona 21,6% 22,8% -1,2%Fabriano 41,2% 34,9% 6,3%Fuori provincia 2,8% 3,5% -0,6%Jesi 16,9% 16,9% 0,0%Osimo 12,6% 15,3% -2,7%Senigallia 4,9% 6,6% -1,7%TOTALE 100% 100% 0,00%

CONFRONTO TRA DISTRIBUZIONE DELLE SEZIONI MERCEOLOGICHE DELLE AZIENDECHE COMPONGONO IL CAMPIONE E DISTRIBUZIONE DELLE AZIENDE ASSOCIATE

SETTOREDIPENDENTI AZIENDE CAMPIONE

(valore percentuale)DIPENDENTI AZIENDE ASSOCIATE

(valore percentuale)

Meccanica 33,33% 25,79%Costruzioni impianti e tecnologia avanzata 8,96% 8,43 %Legno e arredo 8,24% 5,91 %Plastica e gomma 4,66% 4,28 %Alimentari vario 3,58% 2,52 %Estrattiva 3,23% 2,77 %Informatica 3,23% 4,03 %Trasporti conto terzi 2,87% 3,02 %Turismo 2,51% 2,52 %Abbigliamento 2,51% 2,39 %Chimica 2,51% 2,89 %Strumenti musicali 2,15% 1,38 %Cartotecnica 1,79% 1,89 %Consulenza 1,79% 9,69 %Calzature 1,43% 1,26%Navalmeccanica 1,43% 1,13 %Maglierie 1,43% 1,01 %Articoli religiosi 1,43% 1,26%Trasporto viaggiatori su gomma 1,43% 1,26 %Grafica 1,08% 4,15 %Molini e pastifici 1,08% 0, 88%Calcestruzzo 1,08% 0,63 %altre aziende settori vari con peso <1% 8,26% 13,71%TOTALE 100,00% 100%

concentrazione in termini numerici spetti ai comuni di Osi-mo (26,8%) e Jesi (26,1%), ai quali seguono quelli di Anco-na (24,2%), Senigallia (14,1%) e Fabriano (7,8%). Se ana-lizziamo il campione secondo la distribuzione territoriale delnumero di dipendenti, il 41,2% lavora nelle aziende della zo-na di Fabriano, il 21,6% lavora nella zona di Ancona, il16,9% a Jesi, il 12,6% a Osimo e il 4,9% a Senigallia.

Nella tabella che segue vengono confrontate le distribuzioniterritoriali dei dipendenti delle aziende campione e delle azien-de associate a Confindustria Ancona. Dal confronto emerge unpeso maggiore della zona di Fabriano da imputare al fatto chenel campione sono state inserite alcune grandi aziende ivi loca-lizzate che hanno una presenza, relativamente al numero didipendenti, al di sopra della media.

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Quanto, invece, alla classificazione del campione per settore diattività, la maggioranza delle imprese intervistate operano nel-l’ambito della meccanica (33,3%), delle costruzioni di impiantia tecnologia avanzata (8,96%), del legno e arredo (8,24%) edella plastica e gomma (4,66%). Il confronto della distribuzionepercentuale per settore tra campione e l’universo evidenziauna sostanziale sovrapposizione dei valori di riferimento.

2. PERFORMANCE ECONOMICHE DEL CAMPIONE

Per interpretare meglio le risposte rilasciate dagli intervistati,abbiamo deciso di avvalerci anche delle performance che leaziende del campione hanno registrato in termini di bilanciorelativamente al periodo 2003-2006. Questo è stato possibi-le grazie all’accordo intercorso con la CCIAA di Ancona cheha consentito l’accesso e l’interrogazione alla propria bancadati Telemaco che ha permesso di indagare sull’andamento siadei fatturati sia degli utili aziendali; di seguito richiamiamo iprincipali trend economici rilevati.

1. In merito al trend di crescita del fatturato, emergono risultatidecisamente confortanti: il 22,04% del campione vanta untasso di crescita del fatturato compreso tra il 25% e il 50%; il20,43% registra una crescita compresa tra il 10% e il 25%,mentre un 8,06 % mostra trend di sviluppo tra il 50% e il 75%.

È interessante notare come il 12% delle imprese abbia avutotassi di crescita complessivi nell’arco temporale considerato del75% mentre il 23% del campione abbia avuto una diminuzio-ne del fatturato nello stesso periodo

Con specifico riferimento ai tassi di crescita dei fatturati per set-tore merita evidenziare come gli stessi siano stati particolarmen-te significativi in alcune aziende del settore meccanico, dellagomma plastica ma anche della consulenza e del turismo.

TASSO DI CRESCITA FATTURATI 2003-2006 % IMPRESE

-100% ≤ tasso di crescita fatturato < -75% 1,08%-75% ≤ tasso di crescita fatturato < -50% 1,08%-50% ≤ tasso di crescita fatturato < -25% 3,23%-25% ≤ tasso di crescita fatturato < -10% 6,99%-10% ≤ tasso di crescita fatturato < -5% 6,99%-5% ≤ tasso di crescita fatturato < 0% 3,23%0% ≤ tasso di crescita fatturato < 5% 7,53%5% ≤ tasso di crescita fatturato < 10% 7,53%10% ≤ tasso di crescita fatturato < 25% 20,43%25% ≤ tasso di crescita fatturato < 50% 22,04%50% ≤ tasso di crescita fatturato < 75% 8,06%75% ≤ tasso di crescita fatturato < 100% 4,84%tasso di crescita fatturato > 100% 6,99%TOTALE 100,00%

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2. Del tutto differente appare lo scenario per quanto concerneil tasso di crescita degli utili, con riferimento all’analogo perio-do 2003-2006. La concentrazione in assoluto maggiore (parial 32,80%) si osserva con riferimento alle imprese che rileva-no un tasso di decrescita degli utili inferiore al -100%: trattasidi un risultato preoccupante, che indica come la crescita deifatturati sia spesso stata ottenuta attraverso un’importante sacri-ficio dei margini di contribuzione.

È interessante tuttavia notare in questo scenario come vi siaanche un gruppo significativo di imprese (26,98%) che vantanel periodo 2003-2006 un tasso di crescita degli utili, supe-riore al 100%.

3. L’analisi consente di evidenziare come le aziende chehanno avuto i tassi di crescita più significativi degli utili neltriennio 2003-2006 siano quelle di calzature, impianti e tec-nologia avanzata, estrattive e chimica seguite anche da set-tori tradizionali come meccanica e maglieria, a confermadelle dichiarazioni rilasciate da alcuni imprenditori operantiin questi ultimi due settori:

SETTORETASSO DI CRESCITA

FATTURATO< -100%

-100% ≤ tasso di crescita FATTURATO

< 0%

0% ≤ tasso di crescita FATTURATO

< +100%

TASSO DI CRESCITAFATTURATO

≤ 100%Abbigliamento 0% 67% 33% 0%Alimentari vario 0% 40% 60% 0%Articoli religiosi 25% 75% 0% 0%Calcestruzzo 0% 100% 0% 0%Calzature 0% 67% 33% 0%Cartotecnica 0% 0% 100% 0%Chimica 0% 0% 100% 0%Consulenza 0% 33% 33% 33%Costruzione impianti 0% 31% 69% 0%Dolciaria 0% 50% 50% 0%Estrattiva 0% 0% 100% 0%Grafica 0% 0% 100% 0%Informatica 0% 25% 75% 0%Legno e arredo 0% 13% 81% 6%Maglierie 0% 33% 67% 0%Meccanica 0% 21% 68% 11%Media e comunicazione 0% 100% 0% 0%Molini e pastifici 0% 50% 50% 0%Navalmeccanica 0% 0% 100% 0%Plastica e gomma 0% 17% 67% 17%Strumenti musicali 0% 50% 50% 0%Trasporti conto terzi 0% 50% 50% 0%Trasporto viaggiatori su gomma 0% 25% 75% 0%Turismo 0% 0% 75% 25%Varie 0% 0% 100% 0%Vini e liquori 0% 0% 100% 0%

TASSO DI CRESCITA FATTURATI 2003-2006 % IMPRESE

tasso di crescita utile < -100% 32,80%-100% ≤ tasso di crescita utile < -75% 10,58%-75% ≤ tasso di crescita utile < -50% 7,94%-50% ≤ tasso di crescita utile < -25% 5,29%-25% ≤ tasso di crescita utile < -10% 3,70%-10% ≤ tasso di crescita utile < -5% 1,06%-5% ≤ tasso di crescita utile < 0% 0,00%0% ≤ tasso di crescita utile < 5% 2,65%5% ≤ tasso di crescita utile < 10% 1,06%10% ≤ tasso di crescita utile < 25% 1,06%25% ≤ tasso di crescita utile < 50% 3,17%50% ≤ tasso di crescita utile < 75% 1,59%75% ≤ tasso di crescita utile < 100% 2,12%tasso di crescita utile > 100% 26,98%TOTALE 100,00%

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“…si parla tanto di crisi ma noi investiamo ogni anno, da tanti anni, importanti somme in ricerca, comunicazionee marketing...

...della crisi praticamente non ce ne siamo resi conto; la nostraazienda guarda al futuro; quest’anno siamo cresciuti del 18%;i prossimi 3 anni vogliamo mantenere questo passo…“

COMPOSIZIONE DEL CAMPIONE SUDDIVISO PER SETTORESECONDO IL TASSO DI CRESCITA DELL'UTILE (2003–2006)

% AZIENDE INCALO (< -100%)

% AZIENDE IN CALO( -100%<X<0%)

% AZIENDE IN CRE-SCITA (0%<X<100%)

% AZIENDE IN CRE-SCITA (> 100%) TOT

abbigliamento 75% 0% 0% 25% 100%alimentari vario 80% 20% 0% 0% 100%articoli religiosi 75% 25% 0% 0% 100%calcestruzzo 0% 100% 0% 0% 100%calzature 33% 0% 0% 67% 100%cartotecnica 50% 50% 0% 0% 100%chimica 0% 60% 0% 40% 100%consulenza 33% 33% 0% 33% 100%costr.impianti 12% 35% 0% 53% 100%dolciaria 50% 50% 0% 0% 100%estrattiva 13% 38% 13% 38% 100%grafica 33% 33% 33% 0% 100%informatica 33% 44% 0% 22% 100%legno e arredo 31% 50% 6% 13% 100%maglierie 67% 0% 0% 33% 100%meccanica 29% 17% 20% 35% 100%media e comunicazione 100% 0% 0% 0% 100%molini e pastifici 100% 0% 0% 0% 100%navalmeccanica 100% 0% 0% 0% 100%plastica e gomma 33% 25% 33% 8% 100%strumenti musicali 33% 33% 33% 0% 100%trasporti conto terzi 50% 50% 0% 0% 100%trasporto viaggiatori su gomma 0% 75% 0% 25% 100%turismo 50% 50% 0% 0% 100%varie 25% 0% 0% 75% 100%vini e liquori 50% 50% 0% 0% 100%TOT 33% 29% 12% 27% 100

SETTORE

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3. PRIORITÀ STRATEGICHE Al fine di comprendere la consapevolezza strategica e le prio-rità delle imprese è stato chiesto al campione quali azioni rite-nesse indispensabili per presentarsi alle sfide di domani.Complessivamente, sono state individuate dieci tipologie diesigenze prioritarie e tra queste tre costituiscono quasi il60% delle risposte:

· la priorità principale (23,08%) risulta la necessità di presta-re maggiore attenzione ad aspetti inerenti la strategia, ilmarketing, la vendita, la comunicazione.Come hanno riportato alcuni manager intervistati, …“…le aziende sono sempre più consapevoli che nel conte-sto attuale, caratterizzato da maggiore competitività e piùaccentuata dinamicità, occorre dotarsi di un approcciocustomer oriented. Le parole d’ordine sono flessibilità, adat-tamento, sostenibilità, da cui l’imperativo a “produrre ciòche si è in grado di vendere”, piuttosto che “vendere adogni costo ciò che si è prodotto”.

· La seconda priorità (21,85%) risulta essere la ricerca e svi-luppo, innovazione di prodotto e di processo, segno, comeviene riportato da alcune imprese del campione, di…“…un significativo margine percepito di ottimizzazione nellacatena del valore e di una preoccupazione significativa daparte degli imprenditori in termini di assenza di strade, model-li, best practices, interlocutori di riferimento su questo tema”.

· A seguire, una folta schiera di imprenditori intervistati(13,23%) individua indispensabili azioni sul piano della for-mazione, competenze, organizzazione.Le imprese, infatti, lamentano lacune nel sistema scolastico eformativo, che, citando alcune interviste,…“…troppo spesso non garantisce agli allievi una preparazio-ne adeguata al successivo inserimento nel mondo del lavo-ro. In particolare, sono richieste conoscenze più approfondi-te e specialistiche, al passo con le esigenze correnti delsistema produttivo.”

· Va di seguito evidenziato anche il tema dell’ampliamentodella gamma dei prodotti e servizi (citato dal 9,54% deisoggetti del campione intervistati). Come nel caso della stra-tegia, del marketing, della vendita e della comunicazione,l’esigenza dell’ampliamento della gamma dei prodotti e ser-vizi deriva dalla necessità di rispondere in maniera puntua-le e tempestiva alle richieste del mercato, attraverso unassortimento ampio e dettagliato che soddisfi verosimilmen-te tutti i bisogni dello stesso:“…con una gamma ampia siamo più importanti per il clien-te, diventiamo dei partner di riferimento; siamo più impat-tanti sul suo valore aggiunto; questo consente anche dipoter investire di più sulla soddisfazione e lo sviluppo dellarelazione con il cliente.”

ESIGENZE, AZIONI PRIORITARIE %

Qualità 8,92 %Strategia, marketing, vendita, comunicazione 23,08 %Formazione, competenze, organizzazione 13,23 %Ricerca e sviluppo, innovazione 21,85 %Recupero efficienza 12,00 %Nessuna (inconsapevolezza) 1,85 %Delocalizzazione 2,15 %Logistica 1,23 %Ampliamento gamma (prodotti e servizi) 9,54 %Aggregazioni e acquisizioni 6,15 %TOTALE 100,00 %

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· Altra esigenza improrogabile (rilevata da circa il 6,15% delcampione) consiste nella necessità di procedere ad acquisi-zioni, di stringere alleanze strategiche, ossia di procedere aduna progressiva concentrazione del settore, onde…“…acquisire maggiore potere contrattuale e guadagnarecompetitività, specie nei confronti dei colossi mondiali chedominano la scena internazionale.Tale aspetto assume, peraltro, maggiore rilievo alla luce del-l’assetto produttivo tipico del contesto locale, per naturacaratterizzato da una moltitudine di piccole - medie impreseorganizzate in distretti industriali.”

Correlata alla questione precedente che, di fatto, mira adun recupero di efficienza e competitività, appare la conside-razione espressa dagli intervistati in merito all’opportunità didelocalizzare la produzione (circa il 2,15% degli imprendi-tori contattati si dichiara favorevole a valutare ipotesi didelocalizzazione).

· Da ultimo, desta preoccupazione anche la totale inconsa-pevolezza seppur riscontrata solo presso l’1,85% del cam-pione, che ammette di non disporre di una chiara percezio-ne delle azioni prioritarie da attuare per il prossimo futuro:“…viviamo alla giornata. Di questi tempi è difficile capirenon solo dove andare ma anche chi siamo…”

4. MERCATI DI RIFERIMENTO

A questa prima indagine, condotta in via preliminare al finedi cogliere quali siano le priorità di ordine strategico delleaziende della provincia di Ancona, è seguito un quesitofinalizzato ad individuare i principali mercati nei quali ope-rano le imprese, ed i modelli di sviluppo perseguiti. L’analisievidenzia come solo il 20% delle imprese operano nel mer-cato mondiale mentre il 29% si limita ad operare nel merca-to europeo. La maggior parte del campione opera, invece,nel solo mercato nazionale.

In particolare, con riferimento alle azioni prevalenti che leimprese adottano per conquistare il mercato locale e nazio-nale, vengono indicate azioni tradizionali come“…la partecipazione a fiere di settore, la ricerca e selezio-ne di segmenti medio-alti, l’estensione dei servizi erogati, lacustomizzazione dell’offerta, la fidelizzazione dei clienti atti-vi attraverso programmi specifici, lo sviluppo di standardqualitativi elevati.”

MERCATI DI RIFERIMENTO %

Mercato solamente nazionale 49,87%Mercato nazionale + europeo 29,35%Mercato mondiale 20,78%TOTALE RISPOSTE 100,00%

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In sostanza, a fronte della crescita esponenziale dell’offerta,specie quella a basso costo proveniente dai Paesi asiatici,le imprese della provincia di Ancona rispondono con unamaggiore attenzione al mercato di riferimento e una produ-zione qualitativamente migliore.

Quanto alle modalità di accesso al mercato europeo, alcu-ne imprese optano per il potenziamento della propria retedistributiva interna, mentre altre ricorrono…“…alle alleanze strategiche con strutture in loco per ottene-re contatti diretti con il bacino di riferimento.”

Da ultimo, tra le scelte implicite all’ingresso nei mercati extraeuropei, figurano principalmente la delocalizzazione dellaproduzione (che, oltre a consentire un recupero di efficien-za in termini di costi, permette di guadagnare visibilità sulmercato locale) e la partnership stipulata con altre aziende,per lo più del territorio di riferimento (in quanto arma vincen-te per accedere al mercato individuato come obiettivo).

Una successiva analisi ha consentito di individuare anche iprincipali Paesi in ambito europeo ed extraeuropeo con iquali interagiscono le imprese della provincia di Ancona.In particolare, con riferimento al contesto europeo, i soggettidel campione intervistato indicano18 Germania, Francia eGran Bretagna come principali mercati di esportazione dellemerci, rispettivamente con il 14,15%, il 12,26% e il 10,38%.

Viceversa, sul fronte dei mercati extraeuropei19 spiccano gliUSA, al primo posto con il 20,0%, seguiti dal MedioOriente con il 16,67% e dalla Cina, che guadagna la terzaposizione con il 13,33%.

18Non si tratta della percentuale di fatturato sviluppato in ogni Paese ma si trat-ta delle percentuali di imprese che operano nei differenti mercati.19Il 20,78% del campione ha dichiarato di operare su mercati internazionali.

MERCATO EUROPEO

PAESE %Albania 1,89%Austria 0,94%Bulgaria 2,83%Cipro 0,94%Francia 12,26%Germania 14,15%Gran Bretagna 10,38%Grecia 2,83%Irlanda 2,83%Montenegro 0,94%Paesi Bassi 3,77%Polonia 6,60%Portogallo 1,89%Repubblica Ceca 3,77%Romania 4,72%Russia 6,60%Scandinavia 0,94%Serbia 0,94%Spagna 9,43%Svizzera 4,72%Ucraina 2,83%Ungheria 3,77%TOTALE 100,00%

MERCATI EXTRAEUROPEI

PAESE %Asia 8,33%Australia 1,67%Canada 3,33%Centro America 3,33%Cina 13,33%Corea 5,00%Giappone 3,33%India 6,67%Medio Oriente 16,67%Nord Africa 10,00%Sud America 8,33%USA 20,00%TOTALE 100,00%

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5. MODELLI INNOVATIVI

L’analisi è poi proseguita con l’approfondimento del livello di sensibilità degli imprenditori verso il tema dell’innovazione ela verifica dei modelli strategici di innovazione in atto.

DISPONIBILITA’ VERSO FORME DI INNOVAZIONE % SÌ % NO TOTALE

Disponibilità ad agevolare colleghi con la propria esperienza 37,28% 62,72% 100,00%Innovazioni di processo e tecnologia 49,10% 50,90% 100,00%Innovazioni di prodotto 48,39% 51,61% 100,00%Innovazioni di marketing, comunicazione e vendita 41,22% 58,78% 100,00%Innovazioni organizzative interne 14,70% 85,30% 100,00%Inserimenti di personale 8,96% 91,04% 100,00%Innovazioni organizzative esterne 35,48% 64,52% 100,00%Innovazioni di sistemi informativi 35,13% 64,87% 100,00%

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In prima approssimazione si riscontra come la maggioranzadei soggetti intervistati non sia disposta ad agevolare un col-lega imprenditore che decida di affacciarsi negli stessi mer-cati di competenza, condividendo conoscenze ed esperien-ze maturate: coloro che esprimono parere favorevole rap-presentano una discreta minoranza, equivalente al 37,28%del campione intervistato.Trattasi di un fenomeno grave, frutto di una concorrenza esa-sperata, che induce, come viene riconosciuto da moltiimprenditori,“…a schierarsi gli uni contro gli altri, piuttosto che allearsi edaccrescere il proprio potenziale.In sostanza, nella cieca ostinazione a contendersi quote di

mercato sempre più ridotte, molti rinunciano a stringere alle-anze strategiche, foriere di probabili ulteriori conquiste com-merciali ed in ogni caso utili anche nello sviluppo di possi-bili modelli innovativi collaborativi”.

Quanto, invece, alle strategie di innovazione, quelle che inassoluto riscuotono maggiore successo sono le innovazioni diprocesso o tecnologia, indicate dal 49,10% dei soggetti inter-vistati. Tale risultato corrisponde, peraltro, a quanto rilevato insede di analisi delle azioni prioritarie da attuare: anche inquella fase, infatti, gli imprenditori intervistati insistevano sulleinnovazioni di processo, intese come premessa indispensabi-le per guadagnare e mantenere competitività.

Similmente, altro aspetto dal quale si desume non sia piùpossibile prescindere, consiste nell’innovazione di prodotto,indicata come prioritaria dal 48,39% del campione. In realtà secondo molti intervistati “…l’innovazione di prodotto è destinata ad assumere mag-giore rilevanza rispetto a quella di processo.

Molte aziende hanno già compiuto in termini di processodifficilmente perfettibili. Viceversa, ottime prospettive si pre-vedono sul fronte del made in Italy, sinonimo di prodottiesclusivi, di altissima qualità, per i quali il fattore prezzo noncostituisce un asset rilevante”.

Per molti, inoltre, l’innovazione di prodotto è connessa a“…dare valori immateriali ed intangibili a tutta l’organizza-zione, all’azienda e quindi al prodotto stesso”.

Di seguito sono annoverate le innovazioni di marketing,comunicazione e vendita, che si collocano in terza posizio-ne con il 41,22% dei consensi.A questa dichiarazione di intenti si contrappone tuttavia lanon volontà delle imprese anconetane di rafforzare le speci-fiche competenze interne di marketing.A conferma di ciò, secondo una recente indagine condottadalla Camera di Commercio di Ancona, risultano molto esi-gue le richieste di personale specializzato nelle attività dimarketing e comunicazione (per un’incidenza sulle assunzio-ni pari al 0,3%). Tra l’altro, la scarsa attenzione delle imprese della provinciadi Ancona verso queste competenze specifiche assumeancora più evidenza dal confronto con quanto accade nelresto del Paese, dove si registra una percentuale dell’1%.

Solo in quarta posizione compare l’innovazione organizza-tiva esterna, intesa come alleanze con altre imprese, con unpunteggio pari a 35,48%.In definitiva, trova conferma quanto esposto nei paragrafiprecedenti, dove si evidenziava una certa resistenza oppo-sta dalle imprese a qualunque forma di aggregazione, vis-suta come limite alla propria autonomia.

Fonte: Camera di Commercio di Ancona, elaborazione su dati Unioncamere nazionale

Assunzioni programmate nellaprovincia di Ancona nel 2007

Assunzioni2007

Incidenza su assunzioni Marche Centro Italia

Professioni della ricerca e della progettazione 208 2,6 522 6048 26190

Professioni per l'innovazione nel processo produttivo 205 2,6 667 4231 19123

Professioni per il marketing e la comunicazione 22 0 0,3,3 92 1083 6723

Professioni per l'innovazione nella logistica 9 0,1 37 195 1738

Professioni legate alla gestionedelle risorse umane

0 0 8 242 1123

TOTALE 444 5,7 1326 11799 54897TOTALE HIGH SKILLS 1404 17,9 4280 31218 152312TOTALE ASSUNZIONI 7858 25125 173533 839455

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Seguono le innovazioni in termini di analisi strategica egestione delle informazioni, che complessivamente ottengo-no il 35,13% dei consensi. Evidentemente è matura nellacoscienza collettiva delle imprese la consapevolezza delruolo strategico che, ad oggi, assume la gestione dellaconoscenza. Infatti, come indicano alcuni imprenditori:“…ogni giorno transitano in azienda milioni di informazioni,che opportunamente rilevate e gestite consentono di acqui-sire un patrimonio di conoscenze dal valore inestimabile.Così, scopo fondamentale del sistema di knowledge mana-gement che abbiamo sviluppato (Ckm) è quello di acquisireinformazioni e conoscenze approfondite sul target di riferi-mento, in modo da poterne anticipare o gestire i bisogni inrelazione all’offerta di prodotti e servizi aziendali”.

Per converso, risulta scarso l’interesse degli imprenditori perinnovazioni organizzative di carattere interno (menzionatedal 14,70% del campione) le quali, sostanzialmente, riguar-dano l’assetto organizzativo futuro, l’inserimento eventualedei figli, la distribuzione dei ruoli e delle responsabilità. Tale fenomeno appare del tutto allineato alla tendenza cor-rente, che vede gli imprenditori eludere e, in alcuni casi,rifiutare il tema del passaggio generazionale. Nella fattispe-cie, la resistenza di cui sopra si manifesta nel fatto cheappena il 45% dei soggetti intervistati ha introdotto figli inazienda, la cui età, peraltro, risulta piuttosto elevata.

Correlato al precedente, anche il quesito relativo alle prospet-tive di inserimento di nuovo personale riscuote scarsi consensi:appena l’8,96% del campione intervistato dichiara di attribui-re al tema carattere strategico e comunque di predisporre abreve programmi di inserimento strutturati in modo consapevo-le a fronte anche di piani strategici formalizzati20. Molti infatti dicono:“…penseremo ad assumere quando serve… …tante volte non abbiano neppure il tempo di delegare,insegnare e formare le nuove risorse”;“…di stage se ne fanno troppi e troppo brevi… …non si riesce a valutare le risorse… ...spesso sono inoltre poco seguite… ...non sanno nulla dell’azienda… …e si perdono opportunità… …non hanno voglia di lottare e sacrificarsi”.

6. IMPRESA E SOVRASISTEMI DI RIFERIMENTO

Gli imprenditori sono stati invitati anche ad esprimere unparere in merito al sistema politico nazionale, a quello loca-le, finanziario, scolastico-formativo e competitivo, al fine diconsentire di declinare le richieste più urgenti provenienti dalmondo delle imprese verso gli altri stakeholders.In particolare, le urgenze più significative del sistema industria-le della provincia di Ancona sembrano rivolte al sistema poli-tico nazionale, al sistema finanziario ed al sistema scolastico.

In sintesi, queste sono le priorità delle imprese della provin-cia di Ancona:“…modificare la politica industriale, avvicinare il sistemafinanziario e scolastico e universitario alle imprese...”

In aggiunta, nel tentativo di approfondire l’indagine svolta erendere esplicite le attese del tessuto imprenditoriale locale,con riferimento a ciascun contesto sono stati individuati alcu-ni temi ricorrenti sui quali, evidentemente, si concentra l’inte-resse degli intervistati.In primis, per quanto concerne il contesto locale, le esigen-ze prioritarie espresse dagli imprenditori riguardano le infra-strutture21 (che si configurano al primo posto con il 56,90%di interventi), seguite a breve distanza dal rapporto con glienti (istanza presentata dal 43,10% del campione).In definitiva, gli imprenditori lamentano scarsa sensibilità econseguenti scarsi investimenti nelle infrastrutture, ritenutepremessa indispensabile allo sviluppo economico-produttivodi qualsiasi contesto territoriale. Al contempo, gli stessi protagonisti del sistema produttivolocale denunciano la debolezza del rapporto con gli entilocali, che spesso derogano dal prestare supporto alleimprese, anzi talvolta l’attività imprenditoriale viene conside-rata, come riportato da alcuni intervistati:

20Come confermato dall’indagine Excelsior della Camera di Commercio delle 6270 nuove assunzioni previste per il 2008 limitate sono quelle relative ai settori indu-striali in senso stretto: 1940 riguardano il settore del turismo, 1670 il commercio, 1470 il credito e le assicurazioni. Si tratta tuttavia per lo più di contratti a tempodeterminato o stagionali. Lo stesso studio mostra invece come siano in calo le richieste di personale sia specializzato che generico nei settori industriali, in particolarenel tessile - abbigliamento, nella produzione di elettrodomestici, nella fabbricazione di macchinari industriali.21Il Rapporto sulla qualità della mobilità nelle province italiane elaborato dall’ACI e EURISPES ha stilato una “Graduatoria delle province italiane relativa all’Indice diQualità della Mobilità” (basato su 40 indicatori base) che pone Ancona al 34° posto in Italia, ultima tra le realtà marchigiane. L’IQM, Indice di Qualità della Mobi-lità Provinciale, è stato calcolato applicando il Classification Method - Revised 1®1, metodo di classificazione utilizzato dalla Industrial Relations Section della Prin-ceton University, New Jersey - Usa, nello studio Quantitative Analysis of Modernization and Development, effettuato da Harbison, Murhnic e Resnick nel 1970. Fu utilizzato, poi, nel 1975 presso la FAO da E. Szczepanik per uno studio su Agricultural Policies at Different Levels of Development. Il Classification Method - Revi-sed 1®1 si costruisce sulla base di innumerevoli indicatori statistici che, attraverso una sintesi, forniscono un unico valore (indice) rappresentativo del fenomeno presoin esame. L’esame della classifica riporta tra i primi venti posti ben dieci province dell’Italia centrale (nell’ordine, Siena, Pisa, Terni, Lucca, Arezzo, Perugia, Massa,Firenze, Pesaro ed Ascoli Piceno), sei del Nord-Ovest (Aosta, Mantova, Trento, Biella, Cuneo, Brescia) e quattro del Nord-Est (Parma, Ravenna, Udine e Bologna).

PRIORITÀ DELLE IMPRESE %

Sistema politico locale 16,14%Sistema politico nazionale 26,48%Sistema finanziario 24,96%Sistema scolastico 23,29%Sistema competitivo 9,13%TOTALE 100,00%

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“…un fastidio per la collettività. Girando il mondo ti rendiconto come in alcuni sistemi competitivi in grande crescitasia in Europa, come la Spagna, sia in altre parti del mondo,come l’Asia, avviene un sinergico patto di collaborazionetra le istituzioni al fine di favorire lo sviluppo economico eprogettuale del Paese. Scuola, finanza, industria e decisorepubblico lavorano ad un medesimo progetto. Da noi esisto-no tanti progetti frammentati che vengono poi contraddettiquando cambiano i vertici politici di Comuni, Province,Regioni e Stato”.

Lo stesso difetto di supporto alle piccole-medie imprese rile-va con riferimento allo scenario politico-nazionale, dovetale aspetto figura tra quelli più salienti: il 48,85% delcampione intervistato invoca un maggiore intervento deglienti a sostegno delle realtà imprenditoriali e della crescitaeconomica. Ancora elevato risulta il bisogno di efficienza e stabilità(51,15%), a livello politico-nazionale, che rivendicano gliimprenditori, in quanto presupposto di un’economia sana eprosperosa e progettuale.

Quanto al contesto politico-locale, ricorrono invece nuova-mente i temi delle infrastrutture e del rapporto con gli enti,che suscitano l’interesse degli intervistati rispettivamente peril 77,08% e il 22,92%.Di notevole interesse sono pure le informazioni elaboratecon riferimento al sistema finanziario, per il quale gli impren-ditori auspicano maggiore trasparenza e competitività(richiesta formulata dal 59,15% del campione) e maggioreattenzione ai progetti di sviluppo delle piccole-medie impre-se (istanza presentata dal 40,85% dello stesso).Come affermano alcuni intervistati,“…troppo spesso gli istituti bancari concedono finanziamentiesclusivamente sulla base delle disponibilità finanziarie in atto,piuttosto che valutare le effettive potenzialità dei progetti di svi-luppo presentati… …non condividono con noi nessun proget-to di sviluppo del territorio e nessun rischio, non supportano l’in-novazione ed i veri innovatori”.“…Molte aziende sottocapitalizzate hanno bisogno di progettidi ingegneria finanziaria per affrontare con successo il futuro”.“…Banche: non fare troppi danni. Le aggregazioni tra ban-che non sono virtuose”.

CONTESTO LOCALE %

Infrastrutture 56,90%Rapporto con Enti 43,10%TOTALE 100,00%

SISTEMA POLITICO NAZIONALE %

Supporto alle PMI 48,85%Efficienza, stabilità 51,15%TOTALE 100,00%

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Altro tema rilevante è quello che riguarda il sistema scolasti-co e formativo, che al momento non risulta erogare una for-mazione specifica e coerente (opinione rivelata dal 65,36%degli intervistati) e non prevede proficue e sistematiche col-laborazioni con il mondo del lavoro (secondo quantoespresso dal 34,64%). Nella fattispecie, gli imprenditori dichiarano di aver bisognodi manodopera più qualificata e specializzata e, di conse-guenza, chiedono programmi scolastici più allineati e con-formi alle effettive esigenze delle imprese. A conferma diquanto sopra, suggeriscono di“…instaurare collaborazioni più fattive con gli istituri scola-stici tramite tirocini formativi o project work presso le azien-de di 6-12 mesi; occorre anche ridefinire i programmi for-mativi, preparare i professori meglio e valutare in modocostante la loro adeguatezza. Spesso un cattivo insegnante determina non solo un pessimolavoratore ma anche un pessimo uomo. Al contrario, un’in-segnante competente e motivante determina spesso il suc-cesso di una cariera…”

Da ultimo, alcuni riferimenti al sistema competitivo, per ilquale emerge chiaramente l’esigenza di stringere alleanzestrategiche (65%), capaci di conferire ai player maggiorepotere contrattuale, e di operare in un contesto fondato sullacorrettezza e sulla trasparenza. In particolare come afferma-to da uno degli intervistati:“…la società è investita da forze evolutive sempre più impe-tuose, che incidono sul mercato dell’offerta e su quello delladomanda. La globalizzazione, le nuove tecnologie, la liberalizzazionedei mercati e la convergenza tra settori limitrofi costituisconoi principali fattori che governano lo scenario imprenditoria-le. Questo causa, specie nei settori più esposti, un innalza-mento del tasso di mortalità delle aziende (soprattutto quelledi piccole dimensioni).Resistono alla competizione soltanto le imprese che operanoin più mercati e risultano dotate di ingenti risorse e di poten-ziale competitivo. Pertanto, in considerazione dell’assettoframmentato del nostro sistema produttivo l’opportunità di sti-pulare accordi e partnership tra gli operatori assume uncarattere decisamente strategico”.

7. PUNTI DI FORZA E DEBOLEZZAL’analisi si è conclusa con alcuni quesiti le cui risposte sonovolte a fornire delle indicazioni di sintesi sulla percezionedello scenario territoriale. Nella fattispecie, abbiamo inda-gato sui principali punti di forza e di debolezza riscontrati,sulle principali opportunità e minacce percepite e sulla mis-sione strategica del territorio prospettata.

Si osserva come i punti di forza sociali ed economici com-plessivamente rilevati (65,69%) prevalgano sulle corrispetti-ve aree di debolezza (53,41%), a testimonianza che, nono-stante il trend crescente della congiuntura economica sfavo-revole, gli imprenditori credono ancora nelle potenzialità delsistema produttivo locale.

Entrando nel merito dei principali punti di debolezza segnala-ti, ricorrono alcuni dei temi trattati in precedenza, quali quellodel supporto alle piccole-medie imprese e delle infrastrutture.

Nello specifico, il 32,21% dei soggetti intervistati contestail mancato sostegno prestato alle imprese e il deludente rap-porto con gli enti incaricati della programmazione e dellaprogettualità del territorio.

Il 30,87% del campione oggetto dell’indagine denuncial’inadeguatezza delle infrastrutture, che allo stato attualerisultano incompatibili con prospettive di sviluppo economi-co del territorio.

Altri ancora (26,85%) ravvisano nell’eccessiva frammenta-zione del sistema produttivo locale un limite alle potenzia-lità di crescita, in quanto le piccole-medie imprese rischia-no di essere fagocitate dalla competizione globale, se nonsi organizzano altrimenti attraverso qualche forma di colla-borazione.

SISTEMA FINANZIARIO %

Trasparenza e competitività 59,15%Attenzione ai progetti di sviluppo delle PMI 40,85%TOTALE 100,00%

SISTEMA SCOLASTICO E FORMATIVO %

Collaborazione 34,64%Formazione specifica e coerente 65,36%TOTALE 100,00%

SISTEMA COMPETITIVO %

Partnership e collaborazione 65,00%Correttezza e trasparenza 35,00%TOTALE 100,00%

PUNTI DI FORZA E DEBOLEZZA %

Punti di debolezza sociali ed economici 53,41%Punti di forza sociali ed economici 65,59%

PUNTI DI DEBOLEZZA %

Infrastrutture 30,87%Frammentazione del sistema produttivo 26,85%Supporto alle PMI e rapporto con enti 32,21%Sistema scolastico e formativo 10,07%TOTALE 100,00%

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La parola agli uomini di impresa

Tra i punti di debolezza viene riconfermato con forza il siste-ma scolastico e formativo (10,07%), che non adempie allerichieste del mondo del lavoro, alla costante ricerca di per-sonale qualificato e specializzato, “…di intelligenze costruttrici del futuro”.

Viceversa, sul fronte opposto dei fattori chiave di successodel contesto territoriale di riferimento, spicca fra tutti il meri-to di figure imprenditoriali capaci e la voglia di fare, ilcoraggio, la capacità di lottare della manodopera.In termini quantitativi, il 45,90% dei soggetti intervistati rico-nosce elevate capacità e competenze ai vertici delle impre-se e attribuisce estrema rilevanza al capitale umano impie-gato, anche se necessitano, come rilevano molti, di“…inserimenti strategici, innovativi, talvolta anche destabi-lizzanti.”

Proprio la configurazione tipica del sistema produttivo costi-tuisce, secondo una folta rappresentanza (22,95%), un ulte-riore punto di forza della provincia di Ancona.

Consistente è pure la percentuale (21,86%) di quanti identi-ficano nel tessuto sociale e nella cultura industriale un ulterio-re elemento a favore del contesto produttivo locale.Da ultimo, come quarto punto di forza, anche se di impattodecisamente inferiore rispetto ai precedenti il 9,29%, rilevail contesto territoriale di riferimento, inteso come localizza-zione, specificità culturali e origini.

8. MINACCE ED OPPORTUNITÀ Diversamente da quanto rilevato con riferimento ai punti diforza e di debolezza, gli imprenditori recepiscono l’ambien-te esterno come prevalentemente ostile (55,56%), piuttostoche come fonte di opportunità (41,58%).

I principali timori che attanagliano il tessuto imprenditorialelocale sono l’assetto produttivo e la delocalizzazione(34,19%), la concorrenza serrata e la globalizzazione(29,03%), il sistema economico e politico instabile e scarsa-mente progettuale (25,16%) e la perdita di competitività(11,61%). Evidentemente, i soggetti intervistati vivono la glo-balizzazione come una minaccia. Molti, infatti, dicono che“…non vediamo un vero progetto industriale europeo……le imprese locali sono costrette a delocalizzare la produ-zione, perdendo, talvolta, in termini di standard qualitativi.

Per questi motivi, gli imprenditori reclamano a gran voce l’in-tervento del sistema politico, perché fornisca loro il suppor-to necessario ad affrontare una competizione sempre piùaccentuata ed aiuti a posizionare le produzioni europee nelmercato complessivo del mondo”.

Per converso, altri scorgono nella globalizzazione e nella con-seguente apertura dei mercati una notevole opportunità. Gli stes-si Paesi intesi da alcuni come minacce sono al contempo consi-derati come opportunità, in quanto racchiudono un potenzialeenorme in termini di mercato; alcuni, infatti, dichiarano che“…sono dieci anni che stiamo lavorando per conquistarei mercati oriental... ...ora abbiamo un grosso bagaglio diesperienza”.

In definitiva, i soggetti intervistati riconoscono come princi-pali opportunità: in primis, il tessuto imprenditoriale e la con-figurazione del sistema produttivo (30,17%), a cui seguonole potenzialità del territorio (26,72%), la globalizzazione el’apertura ai mercati esteri (25,00%) e l’orientamento allaqualità e all’innovazione (18,10%). Oltre al dato sulla glo-balizzazione, contrasta con quanto emerso in precedenzaanche quello relativo al tessuto imprenditoriale e all’assettoproduttivo locale: da un lato, alcuni lo ritengono una minac-cia (34,17%), dall’altro, esiste chi lo reputa un’opportunità(30,17%), anche se, in definitiva, sono i primi a prevalere.

Viceversa, riceve ulteriore conferma il dato relativo al conte-sto territoriale che, secondo il parere degli imprenditori, con-sente significative opportunità“…per centralità rispetto al Mediterraneo ma soprattutto perla solidità ancora dei valori di riferimento”.

Da ultimo, emerge uno spiccato orientamento del tessutoimprenditoriale alla qualità e all’innovazione, nella convinzioneche queste costituiscano le armi migliori per presentarsi alla cre-scente sfida competitiva e mantenere la posizione acquisita.

PUNTI DI FORZA %

Figure imprenditoriali e manodopera locali 45,90%Contesto territoriale ancora ricco di valori 9,29%Sistema produttivo diffuso, e flessibile nelle difficoltà 22,95%Tessuto sociale, cultura industriale, qualità della vita 21,86%Totale 100,00%

MINACCE %

Concorrenza e globalizzazione 29,03%Perdita di competitività 11,61%Assetto produttivo e delocalizzazione 34,19%Sistema economico e politico 25,16%TOTALE 100,00%

OPPORTUNITÀ %

Globalizzazione e apertura ai mercati esteri 25,00%Potenzialità del territorio 26,72%Tessuto imprenditoriale e configurazione delsistema produttivo 30,17%Orientamento alla qualità e all'innovazione 18,10%TOTALE 100,00%

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La parola agli uomini di impresa

A completamento dell’analisi appena proposta riportiamo alcune delle affermazioni a nostro avviso particolarmente signifi-cative per quanto concerne le minacce e le opportunità percepite dagli imprenditori e manager intervistati.

MINACCE· Le distanze da alcuni centri, i relativi disagi infrastrutturali ele modalità di mobilità disponibili sono un gap (200 kmBologna/250 km Firenze): questo limita le nostre potenziali-tà. Mancano le dorsali per bypassare l’Appennino.· Ancona, al pari delle Marche, soffre l’ingranaggio”Regione, Provincia, Comuni”: dove non c’è stessa azionepolitico-partitica, l’ingranaggio si inceppa ed il mondo produt-tivo paga dazio.· È grave la debolezza dei docenti, spesso sono autoreferen-ziali, non conoscono il mondo reale. Abbiamo necessità difare formazione interna. C’è povertà professionale diffusa.· Università di Ancona: deve essere più attrattiva, diventan-do sempre più di nicchia.· Servono figure professionali di adeguato livello. Nonbastano investimenti spot.· Punti di debolezza: debito pubblico; delinquenza, scuola chenon funziona; giustizia che non funziona. Infrastrutture obsolete.· Occorre meno ostilità preconcetta alle imprese/imprendito-re: è un problema ideologico, non della gente comune.· Manca visione e progetto del territorio; si va avanti spessocon l’improvvisazione.· Non sappiamo vendere il territorio: serve marketing territoria-le. Ancona non è città attrattiva; è una città lenta.· Oggi siamo a rischio di “demanifatturizzazione”. Perplessitàsul turismo, perché non basta in termini né occupazionali nédi produzione ricchezza.· Difficoltà di reclutamento per il settore: non c’è la “fame” persacrificarsi. La pancia è piena: difficoltà al cambiamento. È un problema culturale.· Attenzione! Siamo una regione non autosufficiente dalpunto di vista energetico! Abbiamo un Governo Regionale,timido, che ha paura di decidere.

OPPORTUNITÀ· La firma “Made in Marche”, come espressione di serietà,etica, valori umani, può essere un’opportunità di marketingper vendere la nostra terra. La qualità della vita è un patri-monio da difendere, tutelare con forza, da migliorare.Dobbiamo vendercela.· Chi ha ruolo di vertice nella filiera industriale dovrà essere“polmone” dei più piccoli.· Noi, in azienda, abbiamo vinto la sfida creando aggre-gazioni e network tra imprese.· Avrà un ruolo importante l’onda lunga del turismo prove-niente da Toscana e Umbria, ma solo sull’entroterra.Sulla costa si è già fatto quanto era possibile; di più mi paredifficilmente percorribile.· Sono elevate le potenzialità del Porto di Ancona perchéha una propria vocazione rispetto al Mediterraneo; è peròfondamentale un’alleanza sul territorio: unica opzione èdare immediatamente concretezza al Distretto del Mare;non può essere mero strumento politico e centro di potere.Deve essere fattivamente a fianco delle aziende navalmec-caniche, nautiche e delle filiere· Una delle opportunità è il coraggio, la voglia di lottare e labuona volontà che la gente tuttora dimostra di possedere.· Siamo stati aiutati da ICT/informatica per i rapporti confornitori: tutte le nostre macchine hanno teleassistenza e pos-siamo essere presenti in ogni parte del mondo 24 su 24.· Sarebbe opportuno creare un network di imprese eccellen-ti locali; noi attualmente siamo costretti a lavorare con forni-tori di fuori regione.

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9. MISSIONE DEL TERRITORIO Nell’ultima parte delle ricerca gli imprenditori sono stati invi-tati ad esprimere la loro opinione in merito a quella cheritengono la missione futura del territorio. Nella fattispecie,la moltitudine degli apporti forniti è stata classificata secon-do cinque categorie, in modo da consentire una letturaimmediata del percepito degli imprenditori.

Merita rilevare che solamente il 50% degli intervistati haespresso il proprio parere in merito a testimonianza chemolti hanno difficoltà ad individuare una chiara riflessione dicarattere strategico.Sempre più frequentemente“…noi figure al vertice delle imprese siamo costretti dallagravità degli eventi dell’oggi a concentrarci su orizzonti tem-porali di breve periodo, trascurando di definire la rotta,ossia di pianificare e fissare obiettivi a lungo termine”.

Analizzando i contributi ricevuti sul futuro del comprensorio,emerge che gli imprenditori auspicano, in particolare,“…una comunicazione più efficace ed una politica di mar-keting più consapevole, le quali sappiano valorizzare lepeculiarità del territorio e del suo tessuto produttivo… …dobbiamo fare marketing territoriale nel mondo… …far conoscere le nostre colline, la nostra gente, i nostriprodotti, le nostre origini……in un mondo massimificato dobbiamo parlare una linguaunica diversa… …dobbiamo fare sistema e non vendere i singoli comuni matutta la provincia e le Marche”.In definitiva, circa il 29,05% degli imprenditori complessiva-mente intervistati attribuisce a tale aspetto carattere strategi-co, nella più assoluta convinzione che questo sia l’elementodi differenziazione che consentirà di rafforzarsi nell’attualecontesto competitivo.

Di seguito (20,95%), gli imprenditori identificano nell’inno-vazione, nella crescita delle competenze, nel know howstrutturato, nella meritocrazia e nella managerializzazioneulteriori elementi a sostegno dello sviluppo economico futurodel territorio:“…centrale sarà il ruolo assegnato alle conoscenze, allecompetenze, alle capacità dei protagonisti del sistema pro-duttivo, alla capacità di fare formazione reale e non solopercorsi formativi che servono esclusivamente ai docenti,professori e consulenti… ...dobbiamo impegnarci a costruire le braccia e i cervelli delfuturo ed inserirli in percorsi progettuali in reti mondiali”.

In terza posizione compare il supporto rivendicato dalle pic-cole-medie imprese, in termini di infrastrutture e servizi avalore aggiunto (20,27%). Evidentemente, gli imprenditoriavvertono un certo vuoto a livello di PubblicaAmministrazione e reclamano maggiore assistenza all’attivi-tà imprenditoriale.

Di nuovo, tra le strategie individuate al fine di resistere allasanguinosa competizione in atto ricorre l’opzione di istaura-re preziose collaborazioni con partners che operino nelmedesimo settore (18,92%):“…spesso la piccola dimensione delle imprese locali costi-tuisce un limite alla proficua permanenza sul mercato; o noiimprenditori saremo in grado di mettere da parte il nostroorgoglio e diffidenza verso gli altri o saremo spazzati viadalla tempesta”.

Da ultimo, alcuni ritengono che convenga ritagliarsi dellenicchie di mercato alle quali offrire prodotti di eccellenza, alriparo dalla più spietata competizione, che imperversa neisettori di fascia medio-bassa (10,81%).

STRATEGIE DA SVILUPPARE PER LANCIO TERRITORIO %

1 Sviluppo eccellenze di nicchia nel mercato internazionale 10,812 Creare reti tra sistemi economici produttivi, pubblici, finanziari, servizi nel territorio e con i territori

eccellenti del mondo attraverso un approccio dinamico 18,923 Innovazione, crescita delle competenze, know how strutturato, meritocrazia, managerializzazione 20,954 Supportare la crescita delle imprese medio-piccole con servizi e infrastrutture a valore aggiunto 20,275 Comunicazione ed attrattività del territorio attraverso una specifica politica di comunicazione, marketing e

salvaguardia delle proprie specialità e la difesa delle risorse ambientali, culturali e sociali 29,05TOTALE 100,00

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Imprese Best PerformerApprofondimento sulle aziende che rilevano le migliori performance

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Imprese Best Performer

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Di seguito si indicano brevemente le strategie, i comporta-menti e le specificità delle imprese (26,98% dell’intero cam-pione) che nel periodo 2003–2006 hanno registrato untasso di crescita dell’utile oltre il 100%, che di seguito defi-niremo “imprese best performer”. Questo al fine di fornirealcune possibili chiavi di lettura e modelli di riferimento. Inquesta logica il capitolo propone una selezione di afferma-zioni dichiarate dagli intervistati “best performer”, suddivisain più macro-argomenti, con l’intento di individuare alcunetraiettorie moderne possibili e replicabili in altre situazioni.

Analizzando i dati qualitativi emersi dalle interviste possia-mo verificare come in tutte le “best performer” sia evidenteun approccio allo sviluppo di una rete di conoscenza diffu-sa. “Le reti che servono - afferma Rullani - devono fornire leconoscenze e le relazioni giuste per far fronte ai due "moto-ri" dell'attuale sviluppo economico: la globalizzazione e lasmaterializzazione nella produzione di valore economico.

Nel nuovo capitalismo delle reti che distribuisce competen-ze e funzioni all’interno e all’esterno del circuito proprietario,stabilendo un confine labile - superabile - tra ciò che sta (tem-poraneamente) dentro e ciò che sta (temporaneamente)fuori, la logica organizzativa con cui viene gestita la reteinterna, rivolta ai dipendenti ai servizi direttamente controlla-ti, tende inevitabilmente ad assomigliare a quella che si usanella rete esterna, rivolgendosi ai fornitori e ai professionistiindipendenti della filiera.” Anche con riferimento alla missio-ne strategica che le imprese migliori intendono perseguireemerge, innanzitutto,

“…la volontà di creare reti tra sistemi economico-produttivi,pubblici e finanziari, che consentano di dotare le impresedegli strumenti necessari a sostenere la sfida globale”.

Allo stesso tempo le aziende auspicano una maggioreaggregazione tra i protagonisti del sistema produttivo, che

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Imprese Best Performer

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permetta loro di guadagnare maggiore potere contrattuale emantenere competitività. Tale aspetto assume, peraltro, rilevan-za cruciale, in considerazione dell’eccessiva frammentazioneche caratterizza il tessuto produttivo locale. A conclusione delcapitolo indichiamo, con la succitata selezione di affermazionipiù significative raccolte durante le interviste agli esponentidelle “imprese best performer”, le cinque principali reti emerse

1 RETE DELLE RELAZIONI DI VENDITA: DAL PRODOTTO AL CLIENTE· L’azienda si è spostata dal prodotto al cliente: volevamo evogliamo servire i primi player a livello mondiale, rimettendociin discussione ogni volta, in ogni settore.· Non parliamo più di servizio, ma di servizi, perché lavoran-do a fianco dei nostri clienti dobbiamo essere capaci di forni-re loro soluzioni complesse e complete, che vanno dalla pro-gettazione al macchinario finito, con valori aggiunti che spa-ziano dalle tecnologie al design.

· Il servizio è fondamentale; abbiamo sviluppato un vero net-work di magazzini così da servire i clienti in 24 ore.· Abbiamo puntato all’innovazione di prodotto attraverso lamassima customerizzazione: il prodotto mirato alle esigenzespecifiche del singolo cliente.· Ci siamo evoluti passando dai volumi alle piccole serie dialta qualità, pensate per anticipare i bisogni del cliente convelocità.

2 RETE DELLE COMPETENZE INTERNE· La nostra imprese è diventata captive delle migliori intelli-genze e competenze.· Abbiamo deciso di tenere nel territorio la testa e le mae-stranze ad alto valore aggiunto.· Con competenze elevate siamo in grado di prendere deci-sioni molto rapide.· Abbiamo anche organizzato soluzioni per ospitare chilavora con noi al fine di tenere vicino a noi i migliori.

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Imprese Best Performer

· Abbiamo programmato un costante miglioramento dei pro-cessi e l’ottimizzazione dei costi. Abbiamo integrato le com-petenze con le soluzioni organizzative ed informatiche: sup-ply chain, SAP, sistemi di business intelligence.· Non è più il mondo per l’imprenditore individuale; bisognasaper CONVIVERE, CONDIVEDERE, COLLABORARE.

3 RETE DELLE PROGETTUALITÀ: DA PRODOTTI A SOLU-ZIONI, CON PROGETTAZIONE CREATIVA E FLESSIBILE· Presentarsi ai mercati non più con prodotti, ma con “solu-zioni” sviluppate attraverso un network coordinato di com-petenze.· Noi, di fatto, assembliamo componenti reperibili nel mer-cato ma le integriamo con il nostro sapere: elettronica, soft-ware e tutto quello che possiamo mettere in campo.· Lavoriamo per progetti, ossia piccoli lotti ma ad alto valo-re aggiunto; ogni volta in settori differenti; individuiamo inmodo veloce le opportunità di mercato nel mondo, creandogruppi progettuali per poterle coglierle.· Perseguendo la frontiera dell’efficienza tecnologica ènecessario avere pluricompetenze e visione integrata; que-sto sposta la logica aziendale da prodotto di massa a pro-duzioni più evolute, complesse e flessibili: si parte dal pre-sales, per poi lavorare in termini di comunicazione e marke-ting, fino alla formazione dei nostri clienti.· La nostra strategia è differenziare, fare qualità, non pensa-re ai volumi, puntare a prodotti con valore aggiunto pensa-ti in modo intelligente.· Abbiamo organizzato un team di Market Managers spe-cializzati per incrementare l’intelligenza strategica dellanostra impresa.· Nostro obiettivo è ricercare la specializzazione produttiva,ricercare prodotti che sempre più abbiano successo nel sod-disfare le nicchie mondiali.· In Europa stiamo passando da azienda di prodotto adazienda servizio.

4 RETE DEI VALORI TERRITORIALI· Insieme al nostro brand, con la nostra filosofia e la culturadell’ospitalità promuoviamo, insieme all’azienda, anche ilnostro territorio e le Marche; per attrarre intelligenze abbia-mo anche dovuto recuperare case per ospitare chi lavoracon noi.· Prima dei nostri prodotti vendiamo l’idea della specificitàculturale del nostro territorio.· Noi vogliamo lavorare con chi fornisce le migliori oppor-tunità possibilmente in questo territorio.

5 CONTROLLO DI UNA RETE A VALORE AGGIUNTO DISPECIALISTI A LIVELLO MONDIALE· Nelle Marche resta parte del centro nevralgico della nostrarealtà che si è trasformato nel tempo da manifattura a real-tà di comando, di ricerca.

· I siti locali restano se efficienti. Laddove manca efficienza,la dovremo trovare.· Ai nostri fornitori chiediamo di passare da contoterzista aspecialista.· Noi vorremmo fornitori che ci spingessero all’industrializza-zione avanzata.· Il sistema industriale locale e, più in generale, le Marchedevono riconvertirsi velocemente da “cinesi d’Europa aCalifornia del mondo”.· I fornitori devono crescere qualitativamente e innovativamente.· È fondamentale salvaguardare il distretto prediligendo lamultifornitura e, soprattutto, selezionando i fornitori che sonoin grado di seguirci all’estero.

· Noi ragioniamo su alleanze commerciali con i produttoridel Nord Italia per andare all’estero. Se tutto andrà benedecideremo uno scambio di azioni.· È indispensabile fare alleanze su ingegnerizzazione, mar-keting, commerciale. La prima fase dell’alleanza potrebbe essere sviluppare unnuovo marchio per l’export dove far confluire prodotti traloro complementari e specifici per l’estero; la seconda, poi,lo sviluppo di una holding per lo scambio di partecipazionie la pianificazione di nuove e ulteriori alleanze.· Le concentrazioni a valle (clienti) e quelle a monte (distribu-tori) obbliga ad operare in termini di concentrazioni e/ointegrazioni tra noi produttori.· Stiamo puntando sull’ampliamento del mercato: in Cinacon un impianto di alta qualità riusciamo a servire anche ilGiappone.· Per sviluppare uno stabilimento in Cina abbiamo creatosquadra ad hoc. Abbiamo selezionato 10 ingegneri della nostra provincia,che sono stati istruiti per un anno. L’essere in Cina, tra l’al-tro, ci consente di comprare in questo momento materialedirettamente in loco, con risparmi del 30%, perché bypas-siamo la rete commerciale cinese in Europa.

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Ancona: qualche idea per progettare il futuro

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1 LE DUE CHIAVI DEL FUTURO: PIÙ CONOSCENZA E PIÙ RETISempre più spesso ci capita di interrogarci, non senzaqualche preoccupazione, sul futuro che ci attende. Da mil-le segni percepiamo che il “capitalismo di territorio”, cheha portato l’Italia fuori dalla crisi del fordismo, è oggi se-riamente messo in discussione dalle dinamiche della glo-balizzazione. E questo vale sicuramente anche per la pro-vincia di Ancona. Le imprese intervistate vivono quotidia-namente questa sfida.Le imprese, infatti, devono ormai guardare sempre più spes-so a quello che accade oltre i confini del territorio, perché lapartita della concorrenza si gioca a tutto campo, integrandoil vicino e il lontano, senza barriere precostituite. I distretti siscompongono e si allargano, diventando poco a poco nodidi reti assai più ampie e complesse; i settori non sono piùben demarcati come un tempo. Al contrario, si ibridano traloro, mescolando processi, prodotti e idee di diversa prove-nienza, dando così luogo a sviluppi imprevisti. Molte delle vecchie distinzioni, che abbiamo ereditato dal-la storia e cristallizzato nelle rappresentazioni della teoria,non reggono più: la tecnologia irrompe nei settori tradizio-nali, superando la barriera tra high tech e low tech, rime-scolando le carte tra settori che una volta sembravano ap-partenere a logiche ben distinte. Nelle filiere il piccolo (for-nitore) si lega col grande (committente), le imprese che svol-gono le lavorazioni collaborano a tutto campo con quelleche forniscono idee, conoscenze, servizi. E questo modo diprodurre diventa la regola man mano che si espande laproduzione a rete, basata sulla specializzazione delle com-petenze e su estese catene di outsourcing. Il risultato, in ter-mini di valore, è che l’industria non è più soltanto o princi-palmente identificabile con la fabbrica, il capannone, ilmagazzino; diventa un sistema molto più complesso e arti-colato, che mette in movimento catene estese di fornitori, al-leati, applicatori, distributori, clienti e che, in ciascuna fasedi questa catena, somma aspetti materiali e immateriali, as-sociando le prestazioni fisiche del prodotto materiale con isignificati, le esperienze e i servizi associati al prodotto.

L’indagine che abbiamo realizzato, su un campione significa-tivo di imprese socie di Confindustria Ancona, ci restituisce ilsenso di questa ricerca di strade nuove, in cui l’impresa si tro-va ad esplorare un terreno diverso dal passato. Le voci rac-colte su questo versante - delle cose da fare, dei cambiamen-ti da introdurre nei modelli di business esistenti - sono tante ediverse ma, nonostante la polifonia delle tante idee e appli-cazioni, tracciano comunque una traiettoria, perché si muo-vono quasi tutte nella stessa direzione. Un punto di arrivostrategico ambizioso, che va oltre i risultati raggiunti finora,mettendo insieme due innovazioni molto impegnative:

a) investire in conoscenze originali, che possano diventa-re idee di business non facilmente imitabili dai concorrentilow cost, che ormai le imprese incontrano sempre piùspesso sui mercati;b) estendere le reti di approvvigionamento, di produzione edi commercializzazione a cui l’impresa ha accesso, pas-sando da una dimensione locale a una nazionale, interna-zionale e alla fine globale.

Tutte le imprese intervistate, dal più al meno, sono impegna-te su questi due fronti. Per quanto riguarda le conoscenze, incerti casi si tratta di fare innovazione tecnologica, nel pro-prio campo, prima e meglio dei concorrenti. Ma quello checonta è soprattutto l’innovazione di uso, che usa conoscen-ze di vario tipo (non solo tecnologiche) per fornire valore alcliente, lavorando sulla qualità del prodotto, sul suo signifi-cato, sui servizi associati, su soluzioni flessibili e creative.Ossia su “buone idee” che il cliente sia disposto a ricono-scere e pagare. In effetti le risposte delle imprese testimonia-no una attenzione che si rivolge in primis all’innovazione dimarketing e di prodotto (considerata prioritaria dal 33% delcampione) anche se l’attenzione verso i processi e verso latecnologia in senso stretto prevalgono nel 18% dei casi.

L’interesse per le reti emerge, invece, dal fatto che il 14%delle imprese intervistate danno priorità a rapporti di col-laborazione, essendo anche disposte a mettere la propriaesperienza a vantaggio di altri. Ed è testimoniato anchedalla rilevanza data alle innovazioni organizzative ester-ne (13%) e ai sistemi informativi (13%) che una volta ave-vano un rilievo soprattutto interno (sistemi di programma-zione e controllo, contabilità), ma che oggi possono di-ventare un punto di appoggio importante per arricchire irapporti rivolti ai fornitori, ai clienti, agli interlocutori pre-senti nel territorio (centri di ricerca, pubblica amministra-zione, banche, consulenti ecc.).Come controprova di questa propensione verso l’esternaliz-zazione, c’è il fatto - piuttosto significativo - dello scarso ri-lievo dato dalle imprese alle innovazioni organizzative in-terne e all’inserimento di personale, considerati prioritari so-lo dal 5% e dal 3% (rispettivamente) degli intervistati.

Le reti, su cui le “buone idee” devono correre, possono es-sere di varia natura. Ma sono ormai divenute, nel tempo,abbastanza estese. Solo un terzo del campione serve ilmercato locale, con poche puntate oltre i confini provincia-li e regionali. Quasi il 70% del campione opera sul merca-to nazionale. Di questi, una parte pari al 40% del campio-ne lavora anche sul mercato europeo. Un po’ meno (29%)ha ormai sviluppato una dimensione di mercato che lo por-ta ad operare nel mondo, nei mercati extra-europei.

22Il presente capitolo è stato redatto dal Prof. Enzo Rullani, Presidente Centro Tedis - Venice International University e coordinatore scientifico del presente rapporto di ricerca.

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Ancona: qualche idea per progettare il futuro

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Dal punto di vista dei Paesi, abbiamo un modello di exportpiuttosto differenziato, perché non c’è un mercato prioritarioprevalente, ma Germania, Francia, Gran Bretagna, Spa-gna, Stati Uniti e Medio Oriente si contendono la pool po-sition, con una quota vicina al 10% delle risposte, con unaleggera prevalenza della Germania (14%). Anche Cina,Russia e Polonia hanno ormai un gruppo di imprese, abba-stanza numeroso, che le considerano uno sbocco priorita-rio, segnalando l’importanza dei cambiamenti che sono in-tervenuti negli ultimi anni. Semplificando, possiamo dire che in provincia di Ancona,dal punto di vista dei mercati di sbocco, abbiamo un’econo-mia tripartita: a fronte di un terzo del sistema che lavora subase locale, dal lato opposto abbiamo un altro terzo che siavvia ad avere una capacità di vendita e di movimento ascala globale. A metà del guado sta il terzo restante, l’eco-nomia di mezzo che possiamo immaginare in una fase ditransizione, in lento movimento tra il locale e il globale.Ci sono però tantissime modalità di essere presenti sui mer-cati esteri: l’indagine fornisce una rappresentazione moltoarticolata, che va dalla mera presenza nelle fiere di settorea modalità più impegnative e durevoli (investimenti diretti diproduzione, investimenti diretti nella rete commerciale, jointventures, alleanze, reti di approvvigionamento stabili, rela-zioni dirette e continuative con clienti fidelizzati). Non esiste, insomma, un modello prevalente o “superiore”(in linea di principio) di allargare le reti e il proprio ambitodi relazioni, propagando e valorizzando le conoscenzeche ad esse si appoggiano. Quello che conta è che, perl’una o per l’altra via, le “buone idee” (prodotti, soluzioni,servizi, significati ecc.) arrivino a contattare tutti i clienti po-tenziali che possono trarre vantaggio da quell’idea e che,dunque, sono disposti a pagare al produttore il prezzo cor-rispondente. Marchi, brevetti, reti commerciali, una gammadiversificata di applicazioni possono essere i moltiplicatoriscelti per mettere insieme i due elementi essenziali del nuo-vo modello di business: reti sempre più estese e conoscen-ze sempre più originali.

2 UN MOTORE A DUE TEMPIReti e conoscenze sono, in questo senso, due risorse com-plementari, non alternative, anche se le singole imprese in-tervistate, a seconda dei casi, mettono l’accento sull’una osull’altra. In realtà si tratta di due risorse strettamente colle-gate, che si richiedono e si sostengono a vicenda. Il motore che manda avanti lo sviluppo è, infatti, un motorea due tempi: ad ogni passo che accresce le competenze ele conoscenze disponibili deve seguire un passo cheespande le reti funzionali alla loro propagazione, riducen-do i rischi e abbattendo i costi di produzione. È in questo modo che l’investimento fatto in conoscenze ori-ginali diventa sostenibile, nel lungo periodo: facendo ren-

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dere le conoscenze stesse grazie all’effetto che le reti han-no su costi e ricavi.Per diverse ragioni. Innanzitutto, se le re-ti a monte sono sufficientemente ampie, è possibile ridurre icosti e i rischi della produzione di nuova conoscenza, gra-zie alla possibilità di specializzarsi in una funzione di ec-cellenza e di usare fornitori specializzati e co-produttori pertutto il resto. In secondo luogo, se le reti a valle sono abba-stanza estese, diventa possibile moltiplicare, grazie alla lo-ro ampiezza, i ricavi ottenuti dalle applicazioni della cono-scenza, utilizzata per aumentare i volumi e per servire mer-cati ed esigenze differenziate. L’investimento fatto nella costruzione di un sistema efficientedi reti a monte e a valle è spesso la premessa - per azien-de grandi o piccole - per affrontare con buone speranze disuccesso l’innovazione che porta a prodotti, servizi, solu-zioni originali da fornire ai potenziali clienti.D’altra parte, è anche vero il contrario: l’investimento fattonella produzione di conoscenze originali può essere una ri-sorsa chiave per stabilire alleanze e forme convenienti didivisione del lavoro nei mercati a monte e a valle, alimen-tando per questa via l’ulteriore crescita della rete.Ecco la cifra della trasformazione in corso: spostare in altol’asticella perchè, in ciascuna impresa si produca un nume-ro maggiore di buone idee (originali e dotate di valore peril cliente), propagandole ad ampio raggio con un sistemaesteso di reti, in modo che rendano.Che si tratti sia di “avvicinare le produzioni ai mercati divendita” sia di passare “dal prodotto di massa a produzio-ni più evolute e complesse”, come ci è stato detto, le impre-se intervistate sono consapevoli del salto di qualità, da faresui due fronti sopra richiamati. Un salto che quasi sempre èin programma e che, dal più al meno, quasi tutte stannogià sperimentando. Ciascuna impresa ha, come è naturale,una sua precisa visione delle priorità, che differenzia lestrategie enunciate e i percorsi intrapresi. Ma non è diffici-le, scavando un po’, trovare una chiave comune. Sui duepunti che confermano quanto abbiamo detto: il maggioreimpegno che le imprese si sentono di assumere sul frontedella produzione di conoscenze utili al cliente, spostandosidalla vendita del prodotto a quella del servizio, o di solu-zioni; e l’impegno - altrettanto importante – che tendono adassumere sul fronte dell’internazionalizzazione, ossia dellereti, sviluppando le forme di partnership, alleanza, investi-mento diretto che più servono nei singoli casi.

3 CONTINUITÀ E DISCONTINUITÀ: COME SARÀ LO “SVILUPPO DOPO LO SVILUPPO”Nel percorso di costruzione del futuro che abbiamo davan-ti, il motore a due tempi che espande insieme conoscenzae reti è destinato a portarci lontano. Ma verso dove? Versoquale modello di produzione e di business?

Bisogna dare un nome al porto di arrivo. E lo hanno fattogli intervistati stessi, uno dei quali ha detto: in prospettiva,dobbiamo smettere di essere i “cinesi d’Europa” e proporcidi diventare la “California del mondo”.

Un cambiamento decisivo per il nostro posizionamento dimercato: non più vantaggi competitivi basati su conoscen-ze importate, da applicarsi a lavoro disponibile a bassocosto, ma vantaggi competitivi ancorati alla produzione diidee nuove, che abbiamo imparato a produrre e far frutta-re, compensando in questo differenziali di costo del lavoro(e di altro genere) che ormai non giocano più a nostro van-taggio, ma sono pericolose leve competitive in mano anuovi concorrenti low cost. Le nuove idee, ovviamente, nonnascono dal niente, ma dall’elaborazione delle competen-ze prodotte dalla storia e dalla re-invenzione dei precedentimodelli di business. Bisogna certo recuperare alcuni ele-menti dei vantaggi competitivi ereditati dal passato (le nic-chie, la qualità, l’attenzione al cliente, la flessibilità), collo-candoli però all’interno di una nuova cornice, dove conta-no le idee di cui si è portatori e le reti a cui si ha accesso.

In questo accelerarsi del tempo, che rimette in discussionei “fondamentali” di un mondo che sembrava solido e ac-quisito, molti vecchi equilibri cadono, rendendo deperibiliidee e rendite di posizione che sembravano garantite. Laforza delle cose ci porta, insomma, lontano dal nostroconsueto modo di lavorare e di competere. L’Asia - con isuoi costi sproporzionatamente bassi e con i suoi tassi dicrescita sproporzionatamente alti - sta diventando il nuovobaricentro dell’economia mondiale, specialmente in cam-po manifatturiero e specialmente per i prodotti di massa(ma non solo per questi). Nessuno dei vantaggi che hannosegnato la geografia competitiva nel secolo scorso resteràindenne da questo terremoto.

Tutto passa rapidamente e - come direbbe Woody Allen -se Dio è morto, anche noi non ci sentiamo tanto bene.Eppure, dopo lo sviluppo non ci sarà il non-sviluppo, ladecrescita, annunciata e auspicata da nuovi apprendististregoni23. Ci sarà, invece, un altro sviluppo: un diversomodo di dare senso al lavoro, alla produzione, al consu-mo. E di dare forma alla concorrenza. Mantenendo inmarcia la macchina della produzione.

Ecco la sfida che dobbiamo raccogliere: quella di immagi-nare, progettare e condividere un disegno che prepari losviluppo dopo lo sviluppo, dando forma riconoscibile egovernabile ad una discontinuità nel percorso evolutivo co-nosciuto sin qui, in termini di qualità, competenze, merca-ti, vantaggi competitivi.

23Latouche S., La scommessa della decrescita, Feltrinelli, Milano, 2007

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4 IL CALABRONE CHE VOLA (NONOSTANTE TUTTO)È un disegno che richiede un progetto e che richiede condi-visione. Due cose che da noi è più difficile che altrove spo-sare alla meccanica dello sviluppo. Abbiamo, infatti, alle spalle un modo di produrre valore edi crescere che la teoria economica non ha ancora capitotanto bene, ma che ha funzionato egregiamente nella prati-ca. Finora, almeno. Sarà capitato a tutti di sorridere sullametafora del calabrone24 che vola contraddicendo le (sup-poste) leggi della fisica, secondo cui, fatti i dovuti calcoli,non dovrebbe volare. Però lui - per fortuna - quelle legginon le conosce. E ci prova. Scoprendo che è possibile.In effetti è una metafora che rende conto del modo sponta-neo, non progettato, con cui lo sviluppo è andato avanti fino-ra: senza un disegno consapevole e condiviso, ma trovandola sua fisionomia e il suo senso ex post, man mano che pren-deva forma compiuta sul territorio. Niente di male, fino a cheil motore dello sviluppo spontaneo va avanti da solo. Ma quando il motore si ferma, quando il contesto in cui cisi deve muovere cambia, bisogna avere un progetto. Per riparare il motore in panne bisogna capire bene dovemettere le mani: quali pezzi vanno cambiati e quali no.E qui tutti i nodi vengono al pettine. Perché chi crede al“declino” dirà che bisogna cambiare tutto, e ricominciareda capo. Mentre chi, al contrario, crede nelle virtù dellapiccola impresa in quanto tale dirà che bisogna soltantoattendere tempi migliori. E poi tutto si aggiusterà, all’inse-gna della continuità.L’idea che emerge dall’indagine fatta in provincia di Anco-na, è un’altra: chi sta davvero in trincea, impegnato a re-spingere ogni giorno la concorrenza, sa che ambedue lestrade sopra richiamate - il rovesciamento radicale del mo-dello di sviluppo, da una parte, e la continuità “a prescin-dere”, dall’altra - non portano a niente.In effetti, le imprese reali vogliono cambiare e stanno gior-no per giorno cambiando: la loro attenzione al nuovo respin-ge di fatto l’idea consolatoria che il mondo possa continuaread andare avanti così, senza scostarsi troppo da quello chegià conosciamo. In questa ricerca del nuovo, tuttavia, nonpensano affatto di ricominciare da zero (chi potrebbe davve-ro farlo?). Piuttosto, tutte basano la costruzione del nuovo mo-dello di business, che hanno intenzione di realizzare, sulla re-interpretazione del vecchio, partendo dalle esperienze e dailegami ricavati dal passato. Tra cui il territorio.Nessuno pensa davvero di tagliare le radici con la propriastoria o col territorio di origine: ma ci si rende sempre piùconto del fatto che, in un mondo che cambia a ritmi sem-pre più veloci, non basta andare avanti sulla traiettoria con-solidata, e rassicurante, della continuità che ripropone –con qualche aggiustamento minore - i prodotti, le pratiche,

le competenze e i mercati di sempre. Bisogna invece stabi-lire una distanza progettuale tra vecchio e nuovo che con-senta di utilizzare l’eredità del passato utilizzandola versonuovi punti di orientamento, alla ricerca di nuove possibili-tà e nuove traiettorie.Dalle interviste si ricava quanto il senso di questa disconti-nuità necessaria sia entrato nella vita di tutti i giorni, ispiran-do molte delle scelte compiute. Le imprese – anche quelleche hanno avuto successo - non possono stare ferme ripro-ponendo sempre gli stessi modelli di business e gli stessiprodotti/mercati. Volenti o nolenti devono reagire, e reagi-scono, ad una situazione competitiva che è diventata flui-da. Vedono la concorrenza crescere, alimentata dal rapidopropagarsi delle tecniche di produzione moderna nei Paesilow cost. I margini ricavabili sui mercati tradizionali ne sof-frono di conseguenza. È una morsa a cui le nostre impreseriescono a sottrarsi solo contrattaccando sul terreno dell’in-novazione e della qualità.

5 IL RIPOSIZIONAMENTO IN CORSO PRODUCE DIFFE-RENZE, PIÙ CHE IDENTITÀSotto la pressione della nuova concorrenza, le aziende –un po’ tutte - stanno cambiando. Ma lo fanno in modo dif-ferenziato, caso per caso. In questo cambiamento, nonemergono modelli distrettuali o di settore “vincenti” e model-li “perdenti”. Piuttosto possiamo leggere nel campione tantipercorsi e tanti risultati individuali.

La prima cosa che si percepisce, analizzando i tassi di in-cremento 2003-2006 del campione esaminato, è l’estre-ma varietà delle performances in termini di crescita del fat-turato e di crescita degli utili. Su ambedue i versanti, per-formances estremamente negative si accompagnano a per-formances eccezionalmente positive, con una limitata con-centrazione intorno ai valori medi.In termini di fatturato, la crescita nel periodo è stata general-mente buona: se si considera il 25% (in tre anni) di una sogliasoddisfacente di crescita delle vendite, troviamo che poco piùdel 40% del campione sta sopra questa soglia. Metà di que-sta percentuale riguarda imprese che hanno superato la sogliadel 50% di crescita, ossia imprese che hanno realizzato un’ot-tima performance sul terreno delle vendite.Se i fatturati crescono abbastanza bene, nei tre anni dal2003 al 2006, questo non accade agli utili. Qui la diver-genza tra il gruppo delle imprese che migliorano i risultati(poco più di un terzo del campione) e il gruppo di quelle cheli peggiorano (i restanti due terzi) è ancora più marcata: infat-ti, è molto elevata la percentuale (33%) delle imprese che ri-ducono il loro utile del 100% (o più), mentre sono solo il 27%le imprese che, dal lato opposto, lo raddoppiano (o più).

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24Giacomo Becattini, il più illustre – insieme a Giorgio Fuà – tra i teorici dei distretti e dell’economia diffusa, ha dedicato appunto al calabrone che vola (nonostante tutto)uno dei suoi ultimi libri: Becattini G., Il calabrone Italia. Ricerche e ragionamenti sulla peculiarità economica italiana, Il Mulino, Bologna, 2008.

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Si tratta, dunque, di una evoluzione che mantiene elevata lacrescita (per lo meno la crescita delle vendite) ma a scapito –mediamente – del profitto. All’interno di questo trend, tuttavia,si segnalano alcune aziende che invece riescono a mantene-re margini elevati, che si associano con un percorso rapidodi crescita del fatturato. In particolare, se si considerano i mi-gliori (best performer) e i peggiori (worst) in termini di crescitadell’utile, i settori che si segnalano per le performances positi-ve sono quelli della meccanica e della costruzione impianti.Vanno invece male, sotto questo profilo, i settori alimentare,dell’abbigliamento e anche del turismo.In generale, la varianza delle performance - tendente nel tem-po mediamente a peggiorare per quanto riguarda l’utile - se-gnala un fenomeno di scomposizione interna del sistema pro-duttivo, in cui le singole aziende - riposizionandosi sul pro-prio mercato - separano la propria storia dalle altre. Nellostesso distretto, in effetti, c’è chi innova e chi no. Nello stessosettore c’è chi si sposta da una parte e chi dall’altra.Le categorie care alle vecchie teorie strutturalistiche (che usava-no come variabili esplicative macro-strutture come il settore, ladimensione, il luogo) passano in questo modo in secondo pia-

no rispetto alle strategie e differenze individuali, delle singoleimprese o al massimo delle singole filiere. L’ordine settoriale,dimensionale, territoriale che esisteva in precedenza, con lesue omogeneità e ricorrenze, viene oggi, giorno per giorno,de-costruito dall’intensificarsi della concorrenza su base globa-le. Per contro, il capitalismo delle reti che emerge da questoprocesso de-costruttivo, ha una trama intessuta a livello di sin-gole imprese, non più di distretto, di settore o di territorio. È,infatti, un capitalismo “abitato” dalle imprese che hanno cer-cato di reagire, portando avanti propri percorsi di innovazio-ne, e organizzato dalle reti che collegano i loro interlocutori,locali e non locali. Questo tipo di evoluzione è molto delicatae importante per il territorio, perché tende ad aumentare la di-stanza potenziale tra le imprese leader, sempre più impegnatead operare su un fronte ampio (con molti e diversi interlocutori)e il sistema territoriale che una volta cresceva ed operava insintonia con le imprese locali maggiormente dinamiche e in-fluenti. Adesso non tutti i fornitori, i servizi, le istituzioni politi-che e di rappresentanza, non tutte le banche sono pronte amodificare i loro comportamenti per seguire le nuove esigenzee convenienze delle imprese leader.

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Le imprese leader, in una prospettiva del genere, tendono a“liberarsi” dalla cornice collettiva in cui erano in precedenzainquadrate e riacquistano possibilità di azione e di differenzia-zione individuale. Le forme locali di organizzazione e di azio-ne non scompaiono dal loro orizzonte strategico, ma diventa-no piuttosto dei second best, soluzioni temporanee o di ripie-go che non tengono il passo con il cambiamento in corso. In-vece, le imprese più dinamiche, mentre de-costruiscono i pre-cedenti legami, acquistano la libertà di costruirne altri, chepossono diramarsi in altri luoghi e settori o ad altri tipi di im-prese. Le forme collettive di azione da esse ri-costruite cessanodi essere legate alla appartenenza “oggettiva” (non scelta) adun certo settore, ad un certo luogo, ad una certa fascia di-mensionale per diventare espressione di libere aggregazionidi interessi e di progetti. Le reti di impresa diventano trans-set-toriali e trans-territoriali, mettono insieme filiere di grandi e dipiccole imprese, collegando attività manifatturiere, di servizioe di ricerca, appunto. Non è un caso se, anche sul terrenodella politica economica, si comincia a discutere seriamentedi quale sia la forma di intervento più appropriata a questa re-altà in cambiamento. I distretti cambiano, e tendono a rifoca-lizzarsi; emergono le reti, che hanno da poco trovato ancheun riconoscimento legislativo. Ma il punto essenziale è che leforme organizzative assunte diventano contingenti, perchéquello che conta è, come si è detto, attestarsi sulla produzionea rischio di conoscenze originali, che possano essere appog-giate ad un sistema di propagazione e ri-uso ampio, tale dafar rendere gli investimenti cognitivi fatti. Le reti che di volta involta vengono usate a questo scopo possono, nella realtà, es-sere molto diverse e possono mutare rapidamente nel tempo.Assistiamo ad un processo continuo di formazione e trasforma-zione di reti che mettono insieme imprese magari appartenentia settori, territori, fasce dimensionali diverse. Qualche volta sitratta di un addensarsi spontaneo, non programmato, in clusterfunzionali che attraversano il territorio e i settori tradizionali; al-tre volte le imprese delle nuove reti si collegano per portare alsuccesso uno stesso progetto.In un contesto mobile del genere,ciascuna azienda è più libera e più sola. Ma la logica dellarete la porta non tanto ad agire da sola quanto a ricercarenuove forme di ordine e di legame che possano sostituire leprecedenti. Si tratta tuttavia di forme di ordine e di legame che,in linea di principio, scavalcano i confini territoriali e che pos-sono essere attratte ancora da un baricentro territoriale solo seil territorio sviluppa esso stesso innovazioni e accetta cambia-menti tali da rendere conveniente associarlo alle nuove filiere.

6 FILIERE E TERRITORIO VANNO RICOMPOSTI, IN NOME DI UN PROGETTO CONDIVISOIn che misura i fornitori locali, i servizi territoriali, la pubblicaamministrazione, il mercato del lavoro, le banche del territoriosono capaci di trasformarsi assecondando le nuove esigenzedelle imprese e, di conseguenza, essendo scelti dalle impresecome partners importanti delle nuove reti?

È importante vedere quanto gli attori territoriali possano inse-rirsi in questo processo ricostruttivo e quanto le imprese più in-novative sentano il bisogno di non recidere i legami storiciche hanno accumulato nel tempo con questi interlocutori.A prima vista, la differenziazione dei percorsi individualidelle imprese rischia di far saltare le identità condivise chehanno preso forma, finora, nella filiera locale, nel territoriodi origine, nel settore di appartenenza. L’innovazione, co-me abbiamo detto, segue adesso percorsi differenziati e in-dividuali, determinando ritmi e direzioni di evoluzione di-versi nei modelli di business delle imprese. C’è materia per-ché i traguardi, i comportamenti, gli interessi divergano, an-che pericolosamente. Questa cesura tra l’interesse della sin-gola azienda e l’interesse del luogo o del settore di appar-tenenza crea, in effetti, un potenziale conflitto, assai diffici-le da sanare e da gestire. Il suo primo effetto è quello dimettere in contrasto le esigenze delle singole aziende conquelle del territorio, facendo saltare la convergenza dellediverse visioni sul valore dello sviluppo, una volta conside-rato come fondamentale bene comune, da tutelare nel no-me dell’interesse generale. Oggi, in sistemi provinciali co-me quello anconetano, dove c’è, in pratica, la piena occu-pazione e la gente comincia ad assaporare i frutti del con-quistato benessere, i nuovi insediamenti industriali hannomolto meno fascino di una volta. Non sembrano portare,automaticamente, più redditi o più posti di lavoro - questisono già assicurati dell’esistente - mentre rischiano, agli oc-chi di una parte della popolazione, di avere effetti negativiin termini di congestione dei flussi e di sovraccarico am-bientale. La crescita estensiva - delle quantità - non seducepiù e incontra in effetti sempre maggiori resistenze. Ma og-gi le imprese che sono più da vicino interessate dal riposi-zionamento competitivo globale non sono al servizio dellacrescita delle quantità, ma della crescita della qualità: cre-scita del sapere, della produttività, del valore generato daogni ora di lavoro, da ogni metro quadro di territorio, daogni euro di capitale investito. Separare le traiettorie delle imprese innovative da quelledel resto del territorio - i subfornitori, i lavoratori, i servizi lo-cali - sarebbe dunque un esito deleterio dal punto di vistadella crescita qualitativa dell’intero sistema territoriale. Leimprese maggiormente dinamiche finirebbero per cercarealtre soluzioni, spostando la loro attenzione verso territoriconcorrenti, in grado di offrire prestazioni migliori non solonelle lavorazioni a basso costo, ma anche nelle funzioni di-rettive, finanziarie, intellettuali e relazionali che sono la par-te “pregiata” della filiera. E che bisogna attrarre o trattene-re sul territorio provinciale inducendo gli attori del territorioa fare la loro parte nei processi di innovazione in corso. In-somma, il territorio non deve essere visto come un vincolo oun freno allo sviluppo innovativo, perché questo alla lungaincentiverà i piani di delocalizzazione e di sganciamentodai legami territoriali da parte delle componenti maggior-

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mente attive del sistema locale. Il territorio deve invece con-tinuare ad essere, come in passato, una risorsa per chi vuo-le imparare, investire, progredire. È una prospettiva niente af-fatto teorica. In effetti, quando si chiede agli imprenditori inter-vistati, quali siano le minacce principali che avvertono, il 34%delle risposte richiama problemi di assetto produttivo e proces-si di delocalizzazione, che rompono l’assetto territoriale attua-le. Il sistema economico (nazionale e locale), che si avvia ver-so una perdita di competitività per aumento dei costi e dellatassazione, e il sistema politico non aiutano: anzi costituisconominacce alla competitività aziendale rispettivamente per il12% e per il 25% degli intervistati. Dunque, se un terzo circadegli intervistati ha in mente minacce provenienti dall’esterno(pensando alla concorrenza sempre più serrata dei paesiemergenti e all’apertura globale dei mercati), i restanti due ter-zi hanno del problema un’altra rappresentazione, per cui laminaccia alla competitività aziendale non nasce dall’esterno,ma viene auto-generata dal funzionamento del nostro sistema,ossia dalle scelte contrastanti che vedono in ordine sparso lesingole imprese, le istituzioni della rappresentanza e il sistemapolitico. Incapaci di adottare una visione comune delle cose edunque di perseguirla con comportamenti convergenti.Essere consapevoli di questa possibile deriva è importanteper prevenirla. Il territorio infatti ha ancora bisogno delle im-prese, che sono i naturali snodi di collegamento con le mi-nacce e le opportunità dell’economia globale. E le impresepossono ancora aver bisogno del territorio, per trovare risor-se differenziali importanti, da utilizzare nella competizioneglobale. In effetti, sono queste le forze che vengono evocatequando si passa dalle minacce alle opportunità. In questocaso la forza delle singole imprese rimane in primo pianoper il 18% delle risposte, da associare con un 25% che cre-de nelle opportunità rese accessibili dalla globalizzazione edalla crescita dei mercati esteri. Ma la maggioranza delle ri-sposte guarda ad altro: alla forza del tessuto imprenditorialelocale (30%), nella sua specificità distintiva (impresa diffusa,radicata nel luogo) e alle potenzialità del territorio (27%) co-me sistema di idee e di risorse distintive, da rendere ricono-scibili e valorizzare nella concorrenza globale.Al territorio non si chiede poco: nonostante il bisogno di infra-strutture e di servizi utili, le persone intervistate hanno in men-te una strategia che assegna al territorio un ruolo non mera-mente utilitaristico, centrato sostanzialmente su due funzioni:a) l’aumento della sua attrattività, che va migliorata in termi-ni di specificità ambientali, culturali e sociali e comunicatacon opportune politiche di marketing territoriale e di comu-nicazione esterna;b) la sedimentazione di una rete di esperienze innovative cheportino ad una crescita delle competenze, del know how edella professionalità locale, compresa quella manageriale.Questo è importante e va sottolineato. Le imprese intervistatenon chiedono al territorio di essere meramente un supportopassivo per le loro esigenze. In questo, con una apertura di

credito che non deve essere lasciata cadere, chiedono cheil territorio si auto-organizzi, rigenerando quella vitalità inno-vativa e le conoscenza che stanno pericolosamente invec-chiando di fronte ai grandi cambiamenti in corso. Se poi siva a guardare le risposte date dai best performer (selezio-nando quelli con la maggiore crescita degli utili nel perio-do 2003-2006) prende quota anche un’altra esigenza: sidemanda al territorio un ruolo più attivo nella creazione direti nazionali e internazionali, che consentano alle aziendedi muoversi in modo più consapevole e sicuro nel mondo,collaborando con altri territori. Una logica di vera e propriarete che l’azienda non pensa di assumere uti singuli macoinvolgendo forme di imprenditorialità collettiva a cui è,presumibilmente, disposta a partecipare attivamente. Ecco,in questa confluenza tra vitalità competitiva del sistema im-prenditoriale e potenzialità del territorio, la piattaforma sucui trovare la nuova sintesi tra i soggetti che innovano e illoro retroterra. La chiave è quella di un disegno condivisodi reciproco avvicinamento, che rendano le imprese leader,i subfornitori, le imprese di servizio, le banche e le istituzio-ni locali alleati - pur nella reciproca autonomia - nel costrui-re reti e modelli di business diversi da quelli ereditati dalpassato. Un nuovo “patto per lo sviluppo” passa perun’evoluzione in cui:a) le imprese continuano ad utilizzare, per compiti più com-plessi e impegnativi, le filiere, i servizi, i lavoratori qualifica-ti, i centri di ricerca e di formazione, le banche e le infra-strutture del territorio, contribuendo con i loro investimenti ela loro intelligenza progettuale ad alimentare processi localidi apprendimento e di innovazione;b) i subfornitori, le imprese di servizi, i lavoratori, i centri diricerca, le scuole di formazione, le banche e le infrastrutturedel territorio fanno proprie le esigenze competitive delle im-prese più dinamiche e si trasformano di conseguenza, fa-cendo gli investimenti che servono e assumendo i rischiconseguenti;c) le associazioni di rappresentanza e la politica fanno dacollante e forniscono le necessarie garanzie per mettere inmoto questa evoluzione parallela, fornendo una visione co-mune e una governance condivisa alla interdipendenza trai molti soggetti coinvolti o da coinvolgere.Il patto per lo sviluppo cambia natura: non si tratta più dialimentare la crescita estensiva (più fabbriche, più volumi,più posti di lavoro), ma di aumentare la sua qualità, ossia ilsuo contenuto di conoscenza e il suo valore. Il territorio habisogno delle imprese che sono maggiormente impegnatesul fronte dell’innovazione per accrescere le conoscenzeoriginali, i servizi rari e le professionalità localizzate che sa-ranno fattori di attrazione per il futuro. D’altra parte, le im-prese hanno bisogno che il territorio raccolga questi ele-menti, li organizzi in modo sistematico nelle sue strutture e lirenda nuovamente disponibili alle imprese, sotto forma diconoscenze, servizi e professionalità nuovi e abbondanti.

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7 IL CONTESTO DEVE EVOLVERE, USANDO LA “FORZA DEI LEGAMI DEBOLI”Se questo è vero, la domanda da porsi è: come si può riu-scire a fare evolvere il contesto in modo da innescare que-sta spirale virtuosa di cambiamenti a due facce?La via maestra, certamente, potrebbe essere quella di unaccordo tra le parti in causa, in nome del comune interesseallo sviluppo di qualità. Ma è facile prevedere gli ostacoliche si frappongono ad un disegno di razionalità collettivadi questo genere. Ogni percorso verso l’eccellenza compe-titiva è infatti necessariamente selettivo, perché deve distin-guere non solo tra chi ha una buona idea e chi non cel’ha, ma anche tra chi investe e assume rischi a proprio ca-rico e chi, invece, preferisce stare alla finestra, tenendosi lemani libere. Con il proposito di partecipare ai benefici, seci saranno, ma di non darsi carico - in caso contrario - de-gli investimenti da fare e dei rischi da assumere.Dunque, lo sviluppo che richiede di fare investimenti e diassumere rischi - non solo di essere d’accordo su una piat-taforma - è per sua natura selettivo. Per andare avanti suuna strada del genere bisogna scegliere. Ed è proprio que-sto il difficile. L’abbraccio collettivo, il fare squadra tantoper non lasciare fuori nessuno, sono metodi che difficilmen-te portano al risultato.

Esistono altre vie, altri metodi per legare tra loro gli attoriche si alleano in un percorso di innovazione? In un famoso articolo sulle reti25, il sociologo Mark Grano-vetter ci ha suggerito la risposta. Il titolo dell’articolo enun-cia la tesi intorno a cui è costruita l’ipotesi di rete: la forzadei legami deboli. La rete è forte grazie al fatto che i suoilegami sono deboli. È questa debolezza che, paradossal-mente, spiega perché molte relazioni a rete hanno una ele-vata capacità di resistenza e conservano la loro capacitàdi attrazione nel tempo. La ragione è che le parti di una re-lazione del genere - sapendo quanto il legame sia debole -fanno di tutto per mantenere vivo nella controparte l’interes-se a continuare la collaborazione e la relazione in essere. Al contrario, i rapporti di puro mercato, in cui ciascunopensa soltanto per sé, sono per definizione precari, contin-genti. Ma anche quelli garantiti da un potere gerarchicoben stabilito possono vacillare e arenarsi nel corso del tem-po: se una parte si lega in modo permanente ad un’altra,infatti, nasce una condizione di “monopolio bilaterale” incui ciascuna parte sa di dipendere dall’altra e viceversa. Ilrapporto, in questo modo, tende a sfociare nel conflitto per-ché ciascuno cerca di sottrarsi alle richieste della contropar-te per aumentare il proprio potere contrattuale, in un rap-porto a cui la controparte non può sottrarsi, se non con co-sti molto elevati. Questa idea si applica anche al rapportotra impresa e territorio di origine. Fino a che l’impresa e il

territorio sono rimasti vincolati l’una all’altro dalla mancan-za di alternative, stabilendo tra loro una relazione di “mo-nopolio bilaterale”, il conflitto di interessi era forse inevitabi-le: stava scritto nella ricerca da parte di ciascuno di un po-tere contrattuale creato sottraendosi al condizionamentodella controparte. E contando sulla sua impossibilità di usci-re dalla relazione, cercando altrove quello che la relazionenon dà.Ma oggi, come abbiamo visto, questa condizione di lega-me necessario, privo di alternative tende ad attenuarsi e avenire meno per un numero crescente di imprese e per unnumero crescente di territori. Le singole imprese rimangonosolo se il territorio fa quello che serve perché le imprese inesso localizzate rimangano competitivi con altri territori. Malo stesso vale anche per il territorio: anch’esso può sceglie-re se “tenersi” le imprese e le persone che ha o avviare unprocesso mirato a sostituirle con altri attori, maggiormentedinamici. E il territorio – sfruttando la maggiore mobilità efluidità del sistema economico globale - oggi può farlo, in-ducendo alcuni tra gli attuali residenti (imprese a bassa pro-duttività, lavori poveri o “fuori mercato”, mestieri parassitari,percettori di rendite) a chiudere la loro attività o a spostarsialtrove. Nello stesso tempo, bisogna che il territorio sia ca-pace, con appropriate misure, di attrarre imprese e perso-ne, particolarmente interessanti, dal di fuori. Si tratta di unaprospettiva, a due vie, che è meno astratta di quella chepuò sembrare: ci sono Paesi (come Irlanda, India e Cina)che hanno fatto passi da gigante, facendo posto ad impre-se multinazionali provenienti dall’esterno e dedicando aquesta politica di attrazione gran parte delle proprie risor-se; ci sono altri (Stati Uniti) che vivono da secoli di immigra-zione e che hanno da tempo imparato a sfruttare crediti einvestimenti di capitale, provenienti dal resto del mondo edisposti a finanziare la crescita locale, che può così esseresuperiore ai mezzi di cui il territorio effettivamente dispone.Dunque, tra territorio e imprese si sta inaugurando una nuo-va stagione: cresce la distanza, ma anche la reciproca li-bertà di stare insieme o di separarsi. I legami si fanno de-boli e dunque possono diventare più forti, per dirla conGranovetter. È un ripensamento dei rapporti tra imprese eterritorio a cui anche la provincia di Ancona deve preparar-si, trasformando la minaccia della delocalizzazione (ostile)in una opportunità di condivisione dei progetti di cambia-mento che sono nell’interesse comune degli innovatori. Che si trovano in tutti i settori di attività: nel mondo delle impre-se, in quello della cultura, in quello della rappresentanza e del-la politica. Fino a che restano divisi e magari in conflitto tra lo-ro, gli innovatori rimangono quasi sempre minoranza nei rispet-tivi settori. Ma non è detto che le cose continuino ad andareavanti così. È venuto il momento di unire le loro forze, per dareuna prospettiva strategica alla provincia nel suo insieme.

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25Granovetter M., "The strength of weak ties", American Journal of Sociology 78, 6, 1973, pp. 1360-80.

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Il fatto che le imprese oggi insediate nella provincia di An-cona possano avere chances alternative, e che il territoriopossa pensare di attrarre in loco altre attività e altre perso-ne, sembra a prima vista indebolire i legami tra le impresee territorio di origine. Ma, come abbiamo detto, non è ne-cessariamente così. In effetti, le imprese che sono state in-tervistate hanno attribuito un grado di priorità piuttosto bas-so al loro rapporto col contesto locale (9%) e col sistemapolitico locale (7%). Un interesse assai maggiore è prestatoal sistema politico nazionale (26%), al sistema finanziario(25%) e al sistema scolastico (23%). Dietro le quinte rimaneuna certa attenzione - non prioritaria - anche per le situazio-ni e le regole che, sul mercato, disciplinano la competizio-ne (9%). Alla politica si chiedono soprattutto infrastrutture edialogo tra imprese ed Enti pubblici. Più importanti appaio-no le domande rivolte alla politica nazionale, che riguarda-no il supporto alle piccole imprese e la vigilanza sulle rego-le del gioco competitivo. Alle banche si chiede trasparenzae competitività, alla scuola una formazione specifica e coe-rente con la domanda delle imprese sul mercato del lavoro.Meno “gettonate”, ma presenti, soluzioni dialogiche di colla-borazione e supporto da parte di banche e scuola in rappor-to alle imprese. Per il mercato, invece, l’idea chiave che gliimprenditori esprimono è quella di affrontarlo non tanto sulpiano formale (correttezza e trasparenza) quando su quellodelle reti, basate su collaborazione e della partnership.

In che modo il territorio può trovare spazio in un quadro divalutazioni e aspirazioni del genere?La scommessa è quella di “mettere al lavoro” i legami de-boli che cominciano ad esserci tra le imprese maggiormen-te dinamiche e il territorio. Non per arrivare al loro sciogli-mento, ma per inquadrarli in una logica di rete e dunque dipartnership progettuale. L’impresa motrice, che innova, re-sterà se il territorio accetterà di essere esso stesso della par-tita, portando avanti gli investimenti e prendendosi i rischiche servono allo scopo. È proprio perché quell’impresa po-trebbe effettivamente allontanarsi alla ricerca di altre possi-bilità, che diventa possibile mobilitare gli attori locali inte-ressati ad essere parte del processo innovativo e a mante-nere il rapporto con l’impresa innovatrice. Serve tuttavia undisegno progettuale, una linea di convergenza che consen-ta di realizzare, a scala locale, l’alleanza degli innovatori.

8 SPECIFICITÀ DA MANTENERE: QUANDO SI ACQUISTA COSCIENZA DI SÈIl progetto condiviso deve organizzarsi intorno ad una do-manda chiave: come ridefinire l’identità del territorio e co-me raccordare questa identità con i vantaggi competitivi(differenziali) delle imprese collegate alle molte reti che loattraversano e lo collegano con il resto del mondo? L’identitànon può essere conservata così com’è, ma nemmeno re-inven-tata a tavolino. Essa deve emergere da una traiettoria di movi-

mento sincrono, o per lo meno convergente, che coinvolge leforze di innovazione presenti sul territorio. Non si tratta di fareuna mediazione (al ribasso) che accontenti un po’ tutti: ma dipuntare ad un riposizionamento che dia chances di competiti-vità e di reddito a chi investe e rischia in proprio sulle nuoveopportunità, puntando verso la prospettiva condivisa o almenoverso un’evoluzione potenzialmente di interesse generale. Unbuon punto di partenza per un disegno del genere è quelloche porta alla superficie la “coscienza di sé” presente nel si-stema industriale, chiarendo che cosa le imprese pensano co-me punti di forza da valorizzare nel confronto internazionale. Che cosa ne pensano le imprese intervistate? Quali sono se-condo loro gli assets strategici su cui fare leva?Il massimo dei voti (dal 46% degli intervistati), in questo ambi-to, viene assegnato agli uomini, ossia alla qualità degli im-prenditori e dei lavoratori locali. La qualità del sistema produt-tivo, con la sua imprenditorialità diffusa, viene considerata unpunto di forza prioritario dal 23% del campione (ma addirittu-ra dal 32% del gruppo dei best performers).A fronte di questo “capitalismo dal volto umano” che vieneconsiderato capace di muoversi e innovare, rispondendo ade-guatamente alle sfide della concorrenza globale, stanno - agiudizio degli intervistati - due fattori importanti di debolezza:il mancato sostegno politico alle piccole e medie imprese(32%); il mancato adeguamento delle infrastrutture (31%).Qualche dubbio viene nutrito sulla frammentazione eccessivadel sistema produttivo (richiamata dal 27%), mentre l’inade-guatezza del sistema scolastico e formativo viene considerataprioritaria solo dal 10% degli intervistati.Da questa auto-rappresentazione che gli imprenditori propon-gono come coscienza di sé, attraverso i punti di forza e didebolezza ricordati, è possibile identificare il sentiero percor-ribile per ricercare - insieme agli altri soggetti del territorio -una nuova identità. Il riferimento al ruolo critico degli uomini,con la loro intelligenza fluida e creativa, è un punto di ap-poggio importante: qui gli uomini hanno sempre contato mol-to, più delle macchine e più dei capitali. L’impresa è stata erimane “personale”, anche se alcune tra le maggiori impresecercano di incrociare questa radice imprenditoriale basatasulla persona con meccanismi organizzativi e di controllo me-no fluidi e con competenze manageriali provenienti dall’ester-no, ancorate a modelli organizzativi più formalizzati. Gli uo-mini, però, possono oggi avere idee e svolgere il ruolo inno-vativo che ad essi devono sempre di più essere attribuiti seimparano a lavorare in rete. Il rapporto diretto con le cose econ le persone non basta più: non basta per convincere uncliente che, se sta in America o in Giappone, non può essereconvinto “toccando con mano” materiali, macchine, processie prodotto finito, per accertarsi della qualità e avere fiducianel modo di lavorare del fornitore. Qualità e fiducia possonoessere comunicate e garantite solo attraverso linguaggi for-mali che esprimano queste due caratteristiche in linguaggicomuni, di carattere globale e non locale.

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Man mano che le reti si allargano, gli uomini devono impa-rare a lavorare in rete entrando in rapporto con conoscen-ze, macchine, sistemi di azione che non sono gestibili sulpiano dell’esperienza diretta e interpersonale - come si èfatto sinora - ma che richiedono la mediazione di linguaggiformali e di conoscenze codificate. Linguaggi che riguarda-no in primis la tecnologia, certo, ma non solo. Un investi-mento importante nei linguaggi (e dunque nelle reti) dell’in-

gegneria, dell’informatica, delle nanotecnologie, del bio-tech, e di tutte i promettenti sviluppi del sapere tecnologicofa, dunque, parte dell’evoluzione da mettere in conto pertutte le imprese, piccole e grandi che siano. E per le attivitàuna volta considerate tradizionali: ma quanta tecnologicaormai troviamo nell’attrezzatura di uno yacht, in un ingra-naggio meccanico o in un processo di lavaggio? Il tradizio-nale ha infatti bisogno della tecnologia e la tecnologia dei

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significati e della cultura ereditate dalla tradizione. La retedeve mettere in comunicazione questi due ambienti, por-tandoli a convivere nell’esperienza della stessa persona enelle specializzazioni presenti nelle reti con cui le singolepersone lavorano.Ma certo, i linguaggi tecnologici non sono tutto. Per lavorarein rete, serve anche altro. Servono, ad esempio, anche i lin-guaggi formali dell’economia, del management, del control-lo, della logistica, del diritto, dell’estetica e altre forme di sa-pere che oggi sono ancora troppo spesso presenti solo inmodo informale, nella testa e nella esperienza di vita di chiintraprende o di chi lavora. Il progetto di costruzione di una identità comune passa dun-que per il capitale umano, ma soprattutto per un cambiamentorilevante del tipo di intelligenza produttiva ad esso associata.L’intelligenza personale deve diventare anche intelligenza direte, e dunque specializzarsi e integrarsi in sistemi ampi, dovele specializzazioni possano avere le economie di scala per ri-sultare convenienti e sostenibili, nel lungo termine. Il primo pas-saggio necessario, dunque, è quello di fare evolvere gli uomi-ni, dotandoli dei mezzi comunicativi, logistici e di garanzianecessari per farli lavorare in rete. Ma questo non basta: il se-condo step è quello che deve raccordare questo nucleo por-tante (l’intelligenza personale in rete) con le infrastrutture e il so-stegno politico che ancora, nelle risposte date dalle impreseintervistate, vengono valutate come insufficienti, e dunque ca-renti rispetto al disegno ambizioso sopra delineato. Tuttavia, la vitalità del territorio si coglie soprattutto guardan-do alla capacità del sistema economico di auto-generare leforze del nuovo sviluppo: se capitale umano e reti tendonogradualmente ad integrarsi nella logica dell’economia glo-bale e della produzione di conoscenza, esiste un solido ter-reno a cui ancorare tutto il resto. Infrastrutture e politica in-dustriale potranno più facilmente allinearsi alle linee di for-za scaturite dal circuito innovativo, all’opera sul territorio enelle imprese. Sempre che questo circuito sia capace di tro-vare la sua coesione interna e di esprimere chiaramente lapropria domanda politica.Il sistema produttivo, per cambiare in modo coeso, e con-sapevole, deve portare a sintesi interessi e visioni differenti.È molto difficile farlo se le imprese e i gruppi di interessinon si riconoscono come parti di una comunità di uominiche, al di là delle diverse funzioni e posizioni di ciascuno,condivide certi valori etici. L’etica non riguarda in questocaso singoli comportamenti o singole scelte: ma il quadro,la cornice di insieme, entro cui comportamenti e scelte sicollocano. Questo quadro suggerisce di puntare sulle risor-se della condivisione e della collaborazione tra soggettiche sono in grado di adottare un metro comune di misura,per le cose da fare, e di vedere il senso collettivo, non soloindividuale, di quanto si sta facendo. Avendo la pazienzadi fare un passo indietro ogni volta che serve, in attesa cheil progetto condiviso si compia.

9 ALCUNI NODI DA SCIOGLIERELa società e la storia della provincia di Ancona fornisconoargomenti all’idea che questa coesione intorno a valori einteressi comuni si può trovare. Purchè la classe dirigentelocale sappia assumersi le proprie responsabilità. Questaprospettiva, secondo le risposte date dagli intervistati, sem-bra capace di crescere e di convincere. Ma, perché sipossa fare un passo importante in questa direzione, riman-gono alcuni importanti nodi da sciogliere.Il primo riguarda la quantità e la qualità degli investimentidestinati a rinnovare e qualificare il capitale umano. Da questo punto di vista, c’è una latente contraddizione trale risposte che, da una parte, mettono al centro la produ-zione di nuove conoscenze, associato allo sviluppo di piùrobuste e moderne capacità professionali, mentre, dall’al-tra, rivelano criteri e comportamenti delle imprese, sul mer-cato del lavoro, che, in prevalenza, sembrano ispirati aduna logica abbastanza diversa. La ricerca mette in eviden-za come, ad esempio, le imprese dichiarino la priorità stra-tegica assegnata al marketing e all’innovazione di prodot-to. Ma poi, nei dati delle assunzioni (fonte Unioncamere),il numero dei professionisti assunti a questo scopo (nel cam-po della ricerca, dell’innovazione, del marketing, della lo-gistica, della gestione delle risorse umane) rimane esiguo:400 neo-assunti in programma per tutte le imprese dellaprovincia, solo il 5% del totale.In generale, l’aumento qualitativo e quantitativo della pro-fessionalità del lavoro non riceve ancora una adeguata at-tenzione nella prassi quotidiana delle imprese. Comeobiettivo prioritario, non è sufficientemente riconosciuto,avendo - nelle risposte - un posto minore nella gerarchiadelle variabili strategiche ritenute importanti: l’organizza-zione interna rimane dietro a tante altre funzioni; la forma-zione non ha ancora il ruolo fondamentale che le spette-rebbe; la politica delle assunzioni guarda in prevalenzaad altro, essendo orientata alla copertura delle funzioni esi-stenti invece che allo sviluppo di nuove capacità e attività,proiettate oltre l’orizzonte del “business as usual”. L’impren-ditore finora ha affrontato il problema delle nuove compe-tenze e delle nuove professionalità mettendo in campo lasua intraprendenza e la sua intelligenza fluida: ma non sipotrà andare avanti per molto su questa base.Le aziende hanno effettivamente bisogno di una svolta suquesto terreno, perché i percorsi di innovazione avviati de-vono essere sostenuti dalla creazione di nuove professiona-lità manageriali e lavorative, non potendo rimandare - nel-la stessa misura che in passato - alla vitalità e all’intelligen-za del solo imprenditore, coadiuvato dalla famiglia. Nel capitale umano bisogna dunque investire, facendo po-sto all’intelligenza diffusa da far crescere nel territorio. Per adesso siamo ai primi passi di un percorso che deveancora andare avanti, ben oltre quanto già è stato fatto esi sta facendo. Il nodo, in altri termini, resta da sciogliere e

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non può essere sciolto solo dalla parte delle imprese: serveun impegno corale del territorio al riguardo. Il secondo no-do critico da affrontare è quello dei servizi, ossia delle fun-zioni immateriali che devono arricchire il valore del prodot-to materiale, associandolo a significati, esperienze, garan-zie, personalizzazioni da sviluppare in rapporto al singolocliente o a gruppi specializzati di utilizzatori. Nelle filiere globali, le funzioni immateriali - ricerca, idea-zione, progettazione, programmazione e controllo, quali-tà, gestione dell’outsourcing, comunicazione, marchio, lo-gistica, distribuzione, assistenza post-vendita, finanza e si-mili - hanno ormai assunto una grande rilevanza e sono ingrado di “catturare” valore in misura spesso superiore allefunzioni di fabbricazione del prodotto materiale. Non per niente, nelle filiere, sono queste le funzioni princi-palmente svolte dalle aziende leader, che spesso decentra-no le lavorazioni ad un vasto sistema di subfornitura o aproduttori esteri, magari nei paesi low cost. Non per nien-te nei paesi industrializzati cresce la quota del lavoro intel-lettuale e relazionale, che frutta anche retribuzioni media-mente superiori al lavoro manifatturiero classico. Queste competenze e questi servizi, specie se richiedonospecializzazioni “rare” o molto focalizzate, non possonosvilupparsi economicamente in imprese che sono troppopiccole o da sistemi produttivi che sono confinati in circuitilocali troppo ristretti: in ambedue i casi manca la scala ne-cessaria per fornire sbocchi remunerativi.Questa esigenza di scala chiama in causa il ruolo delle città edel circuito dei servizi specializzati e “rari” che esse ospitano.In particolare, in ogni regione, chiama in causa il capoluogoregionale o la città comunque più importante della regione,che è in grado di fornire servizi qualificati ad un’area vasta,di estensione molto maggiore del solo retroterra comunale oprovinciale. Milano e Roma, in Italia, svolgono ruoli metropoli-tani importanti, tali da attrarre la domanda di un territorio va-sto, che, per certe cose, gravita su di loro. Ma, in altre regio-ni, anche città di media dimensione come Torino, Genova,Bologna e Firenze servono - nel campo dei servizi “rari” - unospazio metropolitano che va oltre la provincia, specializzan-dosi in attività collegate alla produzione di conoscenza e al-l’investimento nelle risorse connettive (comunicazione, logisti-ca, garanzia) che tengono insieme le reti. Rispetto ad altre cit-tà capoluogo, Ancona risulta ancora indietro nel processo diformazione di imprese di servizi e di competenze immaterialia sostegno della struttura manifatturiera, che è stata sinora ilsuo asset produttivo e strategico fondamentale. Nonostante ilporto, che qualifica Ancona come un nodo logistico vocatoper tutto ciò che va sul mare, Ancona, pur essendo capoluo-go regionale e svolgendo il ruolo amministrativo che ne conse-gue, non ha la dimensioni e le funzioni per essere una metro-poli capace di attrarre una consistente domanda di competen-ze e di servizi dal territorio regionale o extra-regionale. La suamodesta specializzazione nei servizi lo testimonia.

In effetti, la dimensione delle città marchigiane non è così dif-ferenziata da creare una gerarchia metropolitana scontata. Inrealtà, ci troviamo di fronte ad un sistema che - come il Venetoo il Friuli Venezia Giulia - ha un capoluogo poco specializzatoin funzioni connettive e di governo e ancora abbastanza simi-le, quanto a vocazioni e funzioni produttive, alle altre medie epiccole città della regione. Il confronto con altre città capoluo-go rivela questa condizione non gerarchica della regione: lacompresenza di molte province con vocazione manifatturiera(tra cui Ancona) e un sistema di servizi diffuso, ma non ancoraabbastanza forte e specializzato, come forse l’evoluzione in-dustriale stessa richiederebbe. In sistemi del genere, le funzionimetropolitane - competenze di alta specializzazione e servizi“rari” messi al servizio di un vasto bacino di domanda - fannofatica a crescere e qualificarsi, in mancanza di baricentri for-ti, che gerarchizzino la domanda regionale. Cosicchè quan-do le imprese locali hanno bisogno di competenze e servizidi questo tipo tendono a rivolgersi ad un’offerta di funzionimetropolitane fornita da produttori esterni (di Milano, di Ro-ma, per non dire di Londra o di Shangai). Le Marche sono una piccola regione che, con la sua popo-lazione complessiva, non arriva alla scala di una “normale”metropoli dell’attuale economia globale. Senza coltivare di-segni velleitari, però, bisogna anche dire che non è beneaffidare all’esterno competenze e servizi specializzati che,nelle supply chains trans-territoriali, acquistano sempre piùvalore. Si rischia infatti di cedere la “polpa” e di tenersil’”osso”, nell’attuale divisione del lavoro. L’evoluzione delleimprese manifatturiere verso il valore generato (per il clien-te) dalla qualità, dalla flessibilità e dalla creatività, aumentainfatti la domanda di conoscenze e competenze specializ-zate nel campo della ideazione, progettazione, design,approvvigionamento, programmazione e controllo, com-mercializzazione, marchi e brevetti. Tutte cose che non pos-sono trovare adeguatamente posto in un’azienda di 10 oanche di 20 addetti, e che rimandano alla formazione diun nutrito nucleo di imprese specializzate nella produzionee vendita di servizi B2B, rivolti alla modernizzazione delleimprese e delle loro pratiche manageriali. Lo spostamentodella domanda e del valore verso questo tipo di attività ri-chiede, da parte del territorio, una risposta meno facile del-la soluzione che rimanda le proprie imprese a competenzee servizi forniti da altre regioni, vicine e lontane. Se non sivuole alla lunga indebolire le competenze presenti nella re-gione e ridurre in proporzione la quota del valore “cattura-ta” dalle Marche nelle catene globali di produzione, biso-gna immaginare processi di specializzazione di scala me-tropolitana tra le città della regione, organizzando un siste-ma allargato di servizi per cui la domanda e l’offerta non siincontrano più all’interno dei circuiti provinciali, ma si muo-vono in un’area vasta di riferimento, che comprende le spe-cializzazioni sviluppate dalle diverse città, a seconda dellevocazioni di ciascuna, o all’esterno.

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In particolare, Ancona si trova di fronte due passi importan-ti per andare in questa direzione:a) scegliere le proprie vocazioni in termini di area vasta, ri-spetto ad altre città della regione e ai grandi fornitori ester-ni già presenti e attivi in questo campo;b) contribuire insieme alle altre province marchigiane ad in-tegrare le specializzazioni urbane in uno spazio metropoli-tano che facili l’accesso della domanda all’offerta di servizidi area vasta, superando i confini provinciali in tutti i casi incui questi sono troppo ristretti per sostenere lo sviluppo dicompetenze e servizi “rari”.Il nuovo ruolo delle città che cercano le loro vocazioni e leloro reti nello spazio metropolitano diventa un fattore abili-tante per le imprese - grandi e piccole - che sono alla ricer-ca di competenze e servizi specializzati, su cui non posso-no investire in proprio, ma che possono ottenere da una re-te di outsourcing bene organizzata a scala metropolitana.Investimenti nella creazione di reti globali e di conoscenzeoriginali non potranno e non dovranno, in effetti, essere fattida ciascuna singola impresa della filiera. In molti casi sa-ranno i leader a fare il primo passo. In altri, dovranno na-scere nuove imprese, specializzate in funzioni (immateriali)che, in un sistema di grande impresa, sarebbero probabil-mente rimaste all’interno della manifattura, sotto forma diterziario implicito. E che invece, in un sistema decentratocome il nostro, devono necessariamente prendere corpo al-l’esterno, sotto forma di imprese specializzate nella produ-zione e vendita di servizi e conoscenze. Lo sviluppo delnuovo terziario, a scala metropolitana, è dunque importan-te non perché debba sostituire la manifattura, ma perché -con il suo sviluppo di competenze e di relazioni - può arric-chire il valore dei prodotti in uscita dalla fabbrica, consen-tendo di sviluppare da noi lavori sottratti, per quanto possi-bile, alla pressione competitiva al ribasso che proviene daipaesi low cost. Ancona, come abbiamo detto, è in ritardosu questa strada, rispetto agli altri capoluoghi di regione.Ma un po’ tutto il sistema marchigiano sembra non avereancora fatto sufficiente esperienza in questa direzione. Peravviarsi, bisogna considerare i vantaggi che possono esse-re conseguiti favorendo la nascita di neo-imprese di servizi,che vendano le loro competenze a molti clienti (facendo lenecessarie economie di scala) e puntando sulla progressivaintegrazione dello spazio metropolitano a scala regionale oanche sovra-regionale. Molto si può fare per mettere a sistemalo spazio metropolitano dei servizi e delle conoscenze che su-pera i confini provinciali e che può dare ad Ancona una fun-zione metropolitana ancora non pienamente esercitata. Ma diquesto parleremo tra poco, nel successivo paragrafo. Il terzonodo da sciogliere è quello dell’investimento. Tutte le cose dicui abbiamo parlato (produzione di conoscenza originale, al-largamento delle reti, aumento del capitale umano, nascita diun terziario produttivo al servizio della crescita del valore) ri-chiedono investimenti e sollecitano assunzioni di rischio.

Ma le imprese oggi esistenti non sono state in passato sele-zionate per questo scopo. Esse hanno potuto crescere eproliferare nel territorio, usando gratuitamente il “capitalesociale” delle conoscenze e delle relazioni liberamente ac-cessibili nel distretto o nel sistema locale. Oggi che si trattadi investire in nuove conoscenze e in nuove reti di relazio-ne, si scopre che le imprese non sono attrezzate per farcrescere notevolmente il capitale investito e dunque la rac-colta finanziaria che lo sostiene.Molte cose si possono fare al riguardo. Innanzitutto, comeabbiamo detto, bisogna rendere convenienti gli investimentiin conoscenza e in relazioni che le imprese e le famiglie sistanno preparando a fare. Non bisogna solo integrare me-glio il sistema di ricerca con quello di produzione, per ab-battere i costi del nuovo, o di ampliare le reti che consento-no di sfruttare su larga scala le idee “vincenti”. Si tratta difare molto di più, sul terreno dei rapporti con i lavoratori(formazione, apprendimento on the job) e con i giovani(scuola, inserimenti professionali). Bisogna poi mobilitare la finanza disponibile per consentireun incremento diffuso dell’investimento mediamente fattodalle imprese. Da questo punto di vista, è necessario pen-sare al passaggio generazionale e a forme di inserimentoin azienda dei nuovi soci (managers, fornitori, clienti, con-correnti, lavoratori dipendenti), cercando anche la regia el’appoggio finanziario delle banche.Per sciogliere il nodo finanziario che oggi frena l’investi-mento in nuove idee e in nuove possibilità, è necessario co-minciare a sperimentare forme di finanziamento diverse dalconsueto e tali da consentire all’impresa di progettare solu-zioni innovative, contando sull’intervento di una banca ca-pace e disposta a finanziarle.

10 IL FUTURO DI ANCONA,TRA DUE POSSIBILI VOCAZIONIL’evoluzione di Ancona, se si vorranno affrontare i tre nodi so-pra ricordati (capitale umano, servizi, investimenti/finanzia-menti), può seguire due strade abbastanza diverse. Oggi An-cona ha una doppia vocazione: è città industriale a tutti gli ef-fetti, data l’elevata incidenza della manifattura nella strutturaproduttiva della provincia; ma è anche il nucleo di un possibilespazio metropolitano che stimoli la sua specializzazione in cer-ti campi elettivi: nel campo della manifattura di eccellenza,certo, ma soprattutto in quello dei possibili servizi rari che po-trebbe fornire ad un’area più vasta di quella provinciale. Peradesso la prima vocazione, frutto della storia di sviluppo indu-striale conosciuta nell’ultimo mezzo secolo, prevale sulla secon-da. L’importante è che non la soffochi, perché Ancona e il si-stema regionale hanno bisogno di organizzare le competenzee i servizi rari in un ambito metropolitano, sovra-provinciale. Idati ricavati dai confronti inter-provinciali e mostrati nella ricer-ca indicano chiaramente questa ambivalenza che è ancheuna possibile causa di ambiguità strategica nel lungo termine.

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Il confronto col cosiddetto Club dei 15 mette in evidenza ilsostanziale allineamento della provincia di Ancona sui mo-delli occupazionali e culturali tipici dell’industria diffusa: fortepeso della manifattura, pur in presenza di una crescita conti-nua dei servizi; nuclei importanti di fabbriche distribuite nelterritorio e nei piccoli centri della provincia; forte immigrazio-ne; difficoltà logistiche ecc.. Ma Ancona non è solo una cit-tà industriale, come può essere Bergamo o Vicenza. È an-che, in nuce, una città terziaria della conoscenza, dei servi-zi e della comunicazione, come accade ad altre città capo-luogo, con cui è stato effettuato il confronto. Pur avendo al-cune delle qualità che identificano le città terziarie deglispazi metropolitani attuali, Ancona è ancora lontana dalmodello di città che presidia uno spazio metropolitano diarea vasta. Le mancano, al riguardo, le caratteristiche fon-damentali: forte investimento in funzioni connettive (logisti-che, comunicative, normative); presenza di centri di ricercae di elaborazione dei significati (media, pubblicità, esteti-ca); offerta di servizi rari ad un bacino ampio di utilizzatoriche superano i confini dello spazio provinciale. In un certosenso, insomma, i dati relativi all’esistente collocano Anconaa metà strada: sospesa tra una vocazione industriale cheproviene dal passato e segna ancora in modo importante ilpresente; e proiettata in avanti verso funzioni maggiormenteterziarie, che tuttavia non sono ancora oggi abbastanza for-ti da cambiare il carattere prevalente della città.

Per il futuro, tuttavia, bisogna legare la vocazione ereditatadalla storia alla nuova, che emerge dalle spinte evolutive incorso. Il patto territoriale per lo sviluppo deve realizzare inmodo condiviso questa delicata operazione di trasforma-zione che usa il passato per preparare il futuro.Come abbiamo già detto, la logica non deve essere quelladi contrapporre due ideologie o due modelli alternativi dicittà, stressando la contrapposizione tra materiale e immate-riale, tra industria e terziario intesi in senso tradizionale.Piuttosto bisogna rafforzare la vocazione industriale, sele-zionando il tipo di attività e di funzioni che può trarre van-taggio della presenza, in loco, di una intelligenza terziaria

di tipo metropolitano, che innerva il sistema provinciale manon solo, allargandosi – nei suoi campi di specializzazione- alle altre realtà regionali ed extra-regionali.Un esempio per tutti: il mare e la specializzazione di com-petenze e funzioni che già Ancona ha in questo campo. In-dustria nautica e servizi, tra cui anche i servizi logistici le-gati al porto, trovano già adesso nel mare la saldatura ne-cessaria a creare competenze di eccellenza e servizi “rari”che certo non sono saturati dal solo ambito provinciale. Questa sintesi tra produzione materiale e intelligenza terzia-ria, che si specifica nel rapporto col mare, potrebbe cre-scere, mettendo la propria capacità creativa al servizio diun sistema adriatico di area vasta, che si allarga alle rela-zioni con i Balcani, sull’altra sponda dell’Adriatico.La riorganizzazione degli spazi in senso metropolitano èdestinata ad andare avanti comunque. Ma la cosa miglioreche un sistema provinciale possa fare per preparare il pro-prio futuro è di non seguirla, obtorto collo, e di non ostaco-larla, per inerzia o paura. Prendendo coscienza di sé, biso-gna invece prepararla: cominciando col rappresentarla co-me possibilità condivisa, che non riguarda pochi, ma l’inte-resse generale.Certo, non si può fare questa piccola/gran-de rivoluzione geografica e funzionale, da soli. Ossia nelchiuso di tanti sistemi provinciali che erigono barriere difen-sive, invece di adottare logiche di specializzazione in reteche renderebbero meno costosa ed economicamente reddi-

tizia la conoscenza di ciascuno. In uno spazio metropolita-no, domanda e offerta di servizi e competenze rare devo-no potersi incontrare in un bacino di mercato ampio, cheattraversa senza troppi ostacoli i confini provinciali. Non èsolo nell’interesse di Ancona. L’integrazione dello spaziometropolitano, in un unico e vasto bacino di produzione edi uso di servizi e competenze specializzate, è una costru-zione utile a tutti coloro che usano la rete, non del solo ca-poluogo regionale. Anche in questo caso, si tratta di situar-si in una traiettoria di evoluzione che nasce non dal caso edall’inerzia della storia, ma da un progetto condiviso. Fatto con chi ci crede e con chi ci sta.

Ancona: qualche idea per progettare il futuro

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Agenda del farePossibili priorità da concretizzare

in tempi rapidi per fare seguire nuovo sviluppo a vecchio sviluppo

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I capitoli precedenti indicano che il futuro della provincia diAncona passa attraverso un atto tanto doveroso e responsa-bile nei confronti della comunità che fino ad oggi ha realiz-zato un modello economico-sociale virtuoso quanto irrinun-ciabile ed improcrastinabile: decidere in quale direzioneprocedere, con quale strategia territoriale muoversi e doveorientare le energie migliori delle istituzioni, del mondo dellarappresentanza, della politica, dell’economia e della finan-za locale. È una decisione da assumersi nella consapevolez-za che la sfida in atto non consente più di salvaguardareposizioni intermedie. Occorre invece individuare le unicità ele eccellenze locali, valorizzarle perché diventino i veri ele-menti attrattivi della comunità locale; è necessario costruirereti di relazioni, di competenze e di conoscenze vaste, dina-miche e flessibili, capaci, da un lato, di trattenere il sistemaindustriale già presente nel territorio, consentendogli di cre-scere qualitativamente senza fratture con il contesto in cuiopera; dall’altro, facendo della provincia di Ancona ambito

ideale dove insediare nuovi business, progetti innovativi,avanzati e ad alto valore aggiunto.

Decidere la traiettoria verso la quale può tendere il compren-sorio anconetano non è certo atto facile: richiede un altosenso di responsabilità dell’intera classe dirigente; deveessere tanto corale nell’impegno quanto selettivo nell’indivi-duazione degli asset su cui investire il futuro.Occorre guardare oltre la siepe leopardiana “che da tantaparte de l'ultimo orizzonte il guardo esclude” e definire ilfuturo delle generazioni che verranno dopo noi: è un dove-re morale che compete alla classe dirigente attuale; inassenza di una chiara assunzione di scelta la comunitàanconetana - sempre più vecchia, come dice l’analisi stati-stico-economica che integra questo rapporto di ricerca - assi-sterà passivamente al proprio impoverimento demografico,economico ed intellettuale. In quest’ottica, ConfindustriaAncona avanza alcune prime proposte finalizzate a produr-

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re quegli effetti virtuosi che il prof. Rullani, nelle pagine pre-cedenti, auspica per affrontare “i tre nodi da sciogliere” sesi vuole parlare ancora di sviluppo dopo lo sviluppo: capi-tale umano, servizi e investimenti. Solo fornendo risposte aquesti tre nodi, si potrà delineare il nuovo sviluppo dellaMarca anconetana: si stanno manifestando forti accelera-zioni che impattano anche sul sistema economico-socialelocale, mettendo in crisi certezze consolidatesi negli anni,aprendo spiragli di luce fino a pochi anni fa non visibili nelcomprensorio. Si pensi, per esempio, all’effetto negativoche l’attuale crisi mondiale sta determinando nel mondodegli elettrodomestici e a quello positivo che contestualmen-te determina nel settore della nautica di lusso.

È opinione diffusa, anche in ambito aziendale, che è sem-pre più conveniente rilanciare e reinventarsi giorno dopogiorno, creando uno stacco dal presente ma senza discon-tinuità, anziché difendere le proprie posizioni.In questa logica, pertanto, occorre un nuovo salto in avantianche del mondo d’impresa locale, oggi contraddistinto damolti eccellenti capitani, concentrati più sul business azien-dale che a definire strategie di medio-lungo periodo. La tra-iettoria disegnata soprattutto dai cosiddetti best performerascoltati in occasione di questo rapporto di ricerca (cfr. 5°cap.) indica nel passaggio “da capitano d’impresa a leaderindustriale” il cambiamento culturale secondo cui il leaderindustriale è colui che va oltre al business (il presente concre-

to), che pone il proprio sguardo (la strategia) verso l’alto(ossia il domani, il futuro). Il leader industriale, infatti, è coluiche, autorevolmente, non insegue i fatti, ma li crea, che nonpensa solo ai fatti suoi, ma, appunto va oltre la contingen-za immediata e individuale. Questa trasformazione cultura-le nella classe imprenditoriale, perché avvenga rapidamen-te e naturalmente, necessità di un contesto - nel caso di spe-cie la provincia di Ancona, intesa come mix tra territorio edinfrastrutture, comunità locale, istituzioni, finanza e servizi -fertile e ideale, dove le idee ed i progetti trovino accoglien-za positiva per radicarsi e svilupparsi. Un imprenditore inter-vistato ha auspicato che il nostro sistema si trasformi in“California d’Europa”. La sua affermazione non è dissimiledalla visione che Confindustria Ancona ha della provincia,perché sia culla di innovazione sistemica, in quanto discon-tinuità nel sapere e nel saper fare. Grazie all’innovazionediffusa, infatti, a parità di risorse si fanno più cose (sviluppo),o si fanno le stesse con meno risorse (sostenibilità). L’idea diprodurre di più o di produrre meglio (ossia sviluppo e soste-nibilità), proprio grazie all’innovazione, si tradurrebbe inol-tre in più reddito o più tempo libero (qualità della vita) e inun miglior utilizzo delle risorse (più ambiente). Quello di cuiAncona ha bisogno è diventare culla dell’innovazione inmodo esteso (per tutti) e persistente (nel tempo). L’idea non èquella di avere in provincia una sola Microsoft piuttosto cheuna sola Google; Ancona deve traguardare ad essere culladi innovazione sistemica e trasversale, che abbracci l’inter-

Agenda del fare

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Agenda del fare

mo mondo imprenditoriale, generando per il territorio il van-taggio competitivo che risiede nella conoscenza, nel know-how e si traduce in un valore attrattivo anche nei confrontidi altri sistemi economico-imprenditoriali. Questo significaimpegnarsi per un territorio dove il circolo virtuoso dell’inno-vazione sia strutturale, sia un modo di essere del territorio.In questo modo la provincia di Ancona avrà al suo internola capacità di innovarsi, cogliendo costantemente le tenden-ze e sapendo massimizzare il vantaggio competitivo dellapropria massa critica e della propria vocazione. In un simi-le contesto, chi oggi è capitano d’impresa potrà dedicare leproprie energie non solo al business corrente (la trincea),che insegue la realtà, ma anche alla strategia, che la creasecondo un progetto di ampio respiro. Perché questa visio-ne - Ancona culla di innovazione sistemica - diventi realtà,occorre che istituzioni e pubblica amministrazione, banche,mondo della formazione, della rappresentanza datoriale esindacale, si adoperino alla costruzione di un progetto comu-ne, forte per unità di intenti e per perseveranza nell’inseguirli.

Appare pertanto necessaria la definizione di un PATTO TER-RITORIALE PER IL NUOVO SVILUPPO che:1. consenta la definizione di un’area vasta sulla costa adria-tica di cui Ancona, città e provincia, possa rappresentarebaricentro multirelazioni, anche con riferimento ai Paesi“oltre Adriatico” ex Balcani;2. accrediti Ancona città, parimenti agli altri capoluoghi diRegione, come snodo multiservizi, purché a valore aggiun-to, a supporto dei vari centri industriali presenti in provincia;3. veda nel sistema infrastrutturale e nel trasporto pubblicoasset indispensabili.In questa logica, logistica, reti e infrastrutture soft, devonorappresentare il plus competitivo che differenzi Ancona dalresto del Centro Italia;4. riconosca, senza equivoci, la valenza strategica dellarisorsa mare. Aldilà delle attività logistico-portuali in essere edella timida convivenza fra nautica, navalmeccanica ediportistica con il resto della città, il mare non viene ancoravissuto come patrimonio e volano di sviluppo. Al contrarioappare disorganico alla città, in alcuni casi, barriera e frenoalla sua crescita. Dare valenza strategica al mare significa:a. investire in competenze e tecnologie avanzate per la can-tieristica;b. valorizzare la rete, oggi ancora non emersa, di impreseche possono integrarsi nelle tecnologie del mare;c. investire su progetti distintivi, attinenti alle tecnologie delmare, strettamente coniugati con la salvaguardia ambienta-le e il risparmio energetico5. individui alcuni ambiti tecnologici che diventino campi diricerca e sviluppo duraturi nel tempo per il comprensorio.Oltre alle succitate tecnologie del mare, ConfindustriaAncona propone:

a. elettronicab. ingegneria ambientalec. bio-ingegneriad. energia.In questa logica, il polo per l’innovazione proposto daConfindustria Ancona nel marzo scorso, può essere il naturalecollegamento facilitatore tra R&D e industria locale; può gene-rare la necessaria economia di scala “della conoscenza” chesi addice ad un sistema economico, formativo e industriale,come quello locale, contraddistinto perlopiù da piccole emedie dimensioni. Oggi per investire in conoscenza, soprattut-to in quella avanzata, ossia quella alla base della produzionedelle “buone idee” (Cfr. capitolo precedente) occorrono ener-gie, economiche e non, significative. Per questo mettere a fat-tore comune conoscenze e problematiche consente di investirein professionalità adeguate.Sempre in ambito tecnologico su cui investire, è utile prendere inconsiderazione le potenzialità derivanti dalla produzione agrico-la, ben radicata e diffusa nella provincia, tra l’altro in costantefase di qualificazione anche in termini commerciali. Tecnologiae agricoltura, correlate anche ai temi della qualità delle produ-zioni, dell’energia e dell’eco-sostenibilità, possono rappresen-tare asset su cui investire in formazione avanzata ed R&D6. crei le premesse per investire in: progetti specifici su turi-smo e agro-industria, al fine di rafforzare l’identità e il patri-monio di tradizioni locali; eco-innovazioni nel compartoindustriale e manifatturiero in genere7. tenda ad un sistema formativo selettivo, specialistico, for-temente relazionato con il mondo, al punto di consentire pro-getti di interscambio, anche coinvolgendo l’industria, con isistemi internazionali della formazione8. dia avvio ad una piattaforma finanziaria innovativa cheveda nel sostegno iniziale ai soli progetti innovativi credibi-li delle PMI locali la propria funzione, al fine di certificare labontà e l’eticità di queste iniziative imprenditoriali e conse-guentemente facilitarne la messa in relazione con i centrifinanziari di livello nazionale ed internazionali.

Se su queste priorità si troverà concreta e piena condivisio-ne, ogni iniziativa sarà dettagliata e calendarizzata inmodo tale da assicurare sempre il controllo circa lo “statoavanzamento lavoro” da parte di chiunque.

Dopo questa prima proposta - definizione e sottoscrizione diun PATTO TERRITORIALE PER IL NUOVO SVILUPPO - provia-mo anche a declinare alcune idee progettuali secondo unalogica matriciale.Fine ultimo di questo esercizio è quello di tracciare la possi-bile traiettoria evolutiva del comprensorio, che ad avviso diConfindustria Ancona dovrà caratterizzarsi per un uso equi-librato del territorio, un’economia sempre più dell’innovazio-ne, delle reti e della conoscenza e un ulteriore sviluppo delbenessere socio-economico e culturale.

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Agenda del fare

Nella matrice che segue, al pari di quanto fatto nelle pagineprecedenti, non è stato menzionato un tema caro aConfindustria Ancona, sul quale appare necessario prestareattenzioni e dedicare energie speciali: promuovere modelli diimprese virtuose per etica e responsabilità sociale. Su questotema Confindustria Ancona sta avviando un progetto di comu-nicazione, culturale e di supporto alle aziende socie; l’accor-do siglato poche settimane fa con le segreterie provinciali sin-dacali ne è un primo importante passo. Contrattazione disecondo livello, flessibilità, sicurezza nei luoghi di lavoro e for-mazione sono i punti cardine dell’accordo, innovativo nelpanorama locale e nazionale, che si segnala per la forte con-divisione sui contenuti e sulle logiche gestionali dei singoli temi.

Sul ruolo etico e sociale dell’impresa occorre investiremolte energie; enti ed istituzioni, ma anche mondo banca-rio, dovrebbero stimolare con premialità (es.: snellimentoprocedure burocratiche; maggior attenzione nell’erogazio-ne di finanziamenti) questi approcci virtuosi nelle imprese.È una strada ad oggi non completamente sondata; inizia-tive congiunte, in collaborazione con ConfindustriaAncona, potrebbero incidere positivamente e diffusamentesui comportamenti gestionali delle aziende. Investiresull’“etica” significherebbe caratterizzare fortemente lanostra comunità e fare della nostra industria un modellodistintivo ed attrattivo sul quale puntare anche per iniziati-ve di marketing territoriale.

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NODIDA SCIOGLIERE

OBIETTIVILE PROPOSTE

DI CONFINDUSTRIA ANCONA

CAPITALE UMANO

Ridurre la distonia traproduzione di nuoveconoscenze e svilup-po di nuove capacitàprofessionali.

Impegno diretto e diffuso del mondo Confindustria Ancona per collaborare con istituti tecnici ed università, senza peraltro rinunciare a quanto già realizza nell’ambito della formazione.1. ISTITUTI TECNICI: progettazione condivisa di un corso sperimentaleper l’industria; il programma formativo sarà frutto della condivisione traIstituti e Confindustria Ancona, la quale assicurerà anche docenze e testimonianze dirette da parte di uomini di impresa.All’inizio il progetto sarà sperimentato in 1 istituto tecnico per bacino territoriale coerente con quelli di riferimento ai Comitati Territoriali, poi progressivamente esteso ad altre realtà.2. UNIVERSITÀ: disponibilità a contribuire alla definizione dei programmi formativo-accademici inizialmente per i corsi di laurea in Ingegneria, Economia e Commercio, Giurisprudenza. In condivisione con l’Università introduzione di materie di specifico interesse per il mondo industriale, previsione di docenze e testimonianze dirette di uomini di impresa.3. PROGETTAZIONE STAGE: sia per diplomati che per Laureati - in sedi estere di aziende socie4. PROGETTO WORLDWIDE: elaborazione di una banca dati conspecifico riferimento alle esigenze di internazionalizzazione delle impresee l’interesse di studenti stranieri. In questo modo incrociando esigenzecommerciali delle imprese con gli interessi di ricerca degli allievi dellemigliori scuole del mondo, si potranno sviluppare progetti di collabora-zione per favorire lo studio e l’esplorazione dei mercati, l’analisi deicompetitors, la verifica dei canali distributivi.ISTAO: rilanciare la Fondazione voluta con determinazione da Fuà perché diventi centro dell’alta formazione per la classe dirigentee per il passaggio generazionale, il cui raggio di azione sia secondouna logica di area vasta, interregionale sulla dorsale adriatica.

SERVIZI

Stimolare percorsicompetitivi sani tra glistudenti universitari,anche attraversoborse di studio

PROGETTO TALENTOConfindustria Ancona, entro fine 2009, presenterà un bando di garaper l’assegnazione di una borsa di studio destinata al neolaureatotecnologo che, secondo predeterminati requisiti, si metterà in eviden-za. La borsa di studio sarà destinata ad abbattere i costi per lo svol-gimento di un master, coerente con la laurea acquisita, all’estero.Condizione per l’erogazione della borsa di studio: terminata questaesperienza, il giovane dovrà rientrare in provincia di Ancona per unaesperienza lavorativa.

Agenda del fare

Traiettorie moderne è un progetto aperto al contributo di chi, responsabilmente, vuole impegnarsi a favore del “nuovo sviluppo” della provincia. Ogni contributo in merito può essere inviato all’indirizzo di posta elettronica [email protected]

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NODIDA SCIOGLIERE

OBIETTIVILE PROPOSTE

DI CONFINDUSTRIA ANCONA

SERVIZI

Arricchire il valoredelle produzioni, nell’ottica di passaredalla “manifattura tradizionale” alla “manifattura intelligente”

1. Fare dell’innovazione la fonte di crescita e di sviluppo del territorio,individuando però alcuni ambiti tecnologici specifici su cui concentrareiniziative e risorse per specializzare (elementi distintivi) il comprensorio.Tra le tante: elettronica, scienze dei materiali, nanotecnologie, bioingegneria, ingegneria ambientale.2. Polo per l’innovazione: proposto a marzo 2008, assume pienamen-te il ruolo di volano facilitatore per la messa in rete di conoscenze neipiù svariati ambiti dell’innovazione, che faciliti anche l’ingegnerizzazionedell’innovazione. La sua implementazione sarebbe propedeutica all’avviodi progetti ulteriori che renderebbero la provincia anconetana sede ido-nea per un terziario più che avanzato.3. Realizzare servizi ad alto valore aggiunto specifici per la cantieristica. È tempo di vedere nel mare un opzione di sviluppo tecnologico, di servizi ed occupazionale, anziché una barriera naturale alla crescita e sviluppo tecnologico del comprensorio.4. Spostare l’attenzione dalle tecnologie alla tecno-scienza, ossia un mix assai delicato tra tecnologie magari già presenti sul mercato e scienze, meno tangibili ma più fruibili per definire nuove strategie di sviluppo innovativo5. Avviare un osservatorio sui processi di internazionalizzazioneproduttiva dell’industria locale.6. conseguentemente sviluppare strumenti innovativi di esplorazione dei mercati e di analisi della domanda a supportodell’internazionalizzazione commerciale delle imprese.

Con funzioni trasversaliad alto valore aggiun-to, Ancona può ambi-re ad essere baricentrodella dorsale adriatica,in una logica di multiservice di area vasta

1. Rafforzare la logistica, completando immediatamente le piattaformelogistico intermodali già esistenti2. Accelerare gli investimenti in reti e infrastrutture soft, anche al fine di innovare le forme di trasporto pubblico (es.: integrazionetariffaria tra ferro e gomma; sistemi di localizzazione satellitare)

Integrare in loco lafinanza d’impresa

1. Finanza innovativa per sostenere in fase iniziale la capacità proget-tuale innovativa delle PMI: in sostanza costituire un fondo, non di grandidimensioni economiche, destinato ad esercitare il ruolo di garanziaetica e di qualità del progetto industriale nei confronti delle reti finan-ziarie più strutturate e meno attratte, in una prima fase, da iniziative divalenza locale e di piccole dimensioni (progetti da 1 milione di euro)

Dedicare risorse, economiche e umane,per sviluppare progettidi medio-lungo perio-do che incrementinol’attrattività dell’area

1. Promuovere ogni “eco innovazione” per il settore produttivo ed ambientale2. Investire su turismo, quale leva di valorizzazione dei luoghi, dell’ambiente, della tipicità e dell’offerta culturale locale 3. Agro-alimentare come fattore di integrazione del territorio, rafforzandone l’identità per essere elemento attrattivo dell’area

Agenda del fare

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167,

72

78

APPENDICE STATISTICA

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Page 79: MARKETING TERRITORIALE -TRAIETTORIE MODERNE :UN MODELLO DI ANALISI E PROGETTAZIONE  TERRITORIALE. GABRIELE MICOZZI

Comune Reddito 2007 per contribuente

Var.% 99-07 Reddito 2007per abitante

Var.% 99-07 Reddito 2007per famiglia

Var.% 99-07

ANCONA 19.407 22,4 14.616 16,8 32.122 4,3 FABRIANO 17.937 18,6 13.682 17,9 32.541 3,5 JESI 17.689 23,9 13.930 23,8 34.347 16,7 FALCONARA MAR. 17.591 21,6 13.100 19,1 31.250 20,1 MONSANO 17.310 25,9 13.351 28,1 35.456 24,1 NUMANA 17.167 19,7 13.724 30,8 28.940 35,7 SIROLO 17.125 33,7 13.479 34,4 30.160 21,9 AGUGLIANO 16.340 23,5 11.846 27,0 31.044 18,3 CAMERANO 16.308 23,7 12.384 23,0 32.640 10,6 OSIMO 16.223 23,3 12.486 27,6 31.095 16,8 MONTEMARCIANO 16.130 22,4 11.492 24,2 27.790 17,1 SENIGALLIA 15.942 24,7 12.263 25,0 28.928 16,2 CHIARAVALLE 15.850 18,6 12.062 16,8 28.479 8,3 POLVERIGI 15.775 28,3 11.816 36,2 30.461 23,4 MONTE ROBERTO 15.726 25,3 11.667 26,1 30.284 13,2 CASTELFIDARDO 15.661 16,6 11.703 18,7 30.505 11,0 OFFAGNA 15.525 26,8 11.698 35,7 30.631 25,6 CERRETO D'ESI 15.398 18,9 11.600 18,9 29.139 5,8 MONTE SAN VITO 15.337 20,8 11.551 22,5 28.634 14,8 CAMERATA PICENA 15.272 22,6 11.664 26,0 30.251 15,9 MAIOLATI SPONTINI 15.026 21,8 11.427 21,0 29.089 15,2 LORETO 14.980 16,3 11.222 18,6 29.813 21,2 CASTELBELLINO 14.713 21,7 11.206 27,7 27.856 15,4 ROSORA 14.412 20,8 11.389 23,1 28.155 18,3 CASTELPLANIO 14.353 21,6 10.987 20,0 27.131 8,8 SERRA DE' CONTI 14.146 25,0 11.223 24,2 28.608 19,5 SAN MARCELLO 14.146 22,6 10.983 27,5 28.951 16,1 SASSOFERRATO 13.716 18,8 10.637 20,3 25.456 16,2 MORRO D'ALBA 13.593 22,7 10.368 23,9 26.504 12,1 FILOTTRANO 13.422 21,8 10.496 23,0 28.275 11,9 GENGA 13.379 24,0 10.665 24,2 25.864 24,7 MERGO 13.362 16,0 9.670 14,7 25.333 14,7 RIPE 13.073 19,5 9.707 21,7 25.092 14,8 SERRA SAN QUIRICO 13.048 18,2 10.083 16,4 24.336 7,5 OSTRA 12.902 17,0 9.713 15,8 25.447 9,7 CUPRAMONTANA 12.874 14,6 9.785 9,3 24.159 5,8 MONTECAROTTO 12.824 17,9 10.369 15,2 25.502 4,4 SANTA MARIA NUOVA 12.806 17,3 9.633 19,2 25.729 17,0 CORINALDO 12.715 15,8 9.896 15,2 25.582 9,4 SAN PAOLO DI JESI 12.703 3,6 10.070 6,5 24.423 -4,2 BARBARA 12.304 14,8 9.584 16,5 24.586 10,9 MONTERADO 12.269 17,6 9.465 20,5 22.801 9,6 OSTRA VETERE 12.216 13,6 9.431 12,5 26.224 5,5 BELVEDERE OSTRENSE 12.213 15,2 9.602 17,1 26.196 11,5 CASTELLEONE DI SUASA 12.046 20,1 9.120 22,8 23.851 16,0 STAFFOLO 11.951 16,3 8.950 12,7 22.916 8,6 ARCEVIA 11.678 14,4 9.608 13,7 23.850 7,1 CASTEL COLONNA 11.252 17,0 9.017 18,7 22.531 6,2 POGGIO SAN MARCELLO 11.211 14,0 8.546 9,7 20.047 8,8

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REDDITO PER CONTRIBUENTE E VARIAZIONE COMUNI DELLA PROVINCIA DI ANCONA

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TESTI DI APPROFONDIMENTOACI- EURISPES, RAPPORTO SULLA QUALITÀ DELLA MOBILITÀ NELLE PROVIINCE ITALIANE, 13 Settembre 2006

Banca d’Italia, Relazione del Governatore, 2007

Banca d’Italia, Bollettino Economico, n. 51 Gennaio 2008

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Centro Studi Confindustria, “Conoscere per crescere” Istruzione e sviluppo economico in Italia Dicembre 2007 N.1

Censis-Unione delle Province d’Italia, L’economia della Provicia, La nuova carta socio economica dei territori italiani,Mappatura tipologica delle Province, Analisi in componenti principali e cluster analysis, Roma 27 Giugno 2007

Confindustria, Relazione Assemblea Pubblica 2008, Presidente Emma Marcegaglia

Centro Studi Confindustria Marche, Indagini congiunturali trimestrali 2008

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IBM GLOBAL CEO STUDY 2006, EXPANDING THE INNOVATION HORIZON

ISTAT Conti economici territoriali: stima anticipata della dinamica di alcuni aggregati economici nelle grandi ripartizioni geografiche. Anno 2007, 5 giugno 2008.

ISTITUTO GUGLIELMO TAGLIACARNE - UNIONCAMERE, La dotazione delle infrastrutture nelle Province italiane, 2006

Prometeia - Unioncamere, Scenari di sviluppo delle economie locali italiane 2008-2011 (giugno 2008)

Unioncamere, Sistema informativo Excelsior, Sistema Informativo per l’occupazione e la formazione, undicesima edizione, 2008

United Nations ,World Economic Situation and Prospects 2008 (United Nations publication, Sales No.E.08.II.C.2),released in January 2008. New York, 2008

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