Mario Rigoni Stern- L'Anno Della Vittoria

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grande guerra

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  • Mario Rigoni Stern

    Lanno della vittoria

    Nuovi Coralli.

    Copyright 1985 Giulio Einaudi editore s.p.a. Torino.

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  • Il libro

    L'anno della, vittoria quello che va dal novembre 1918 all'invernosuccessivo, e si annuncia con un silenzio profondo e impressionanteche segue i furiosi cannoneggiamenti degli ultimi giorni di guerra.Quando il giovane Matteo, saltando i posti di blocco militari, riesce asalire fino al suo paese sull'Altipiano, che aveva abbandonato quattroanni prima, rimane impietrito. La guerra non ha lasciato pi nulla diquello che il ragazzo aveva custodito nel ricordo, n case, n prati, nboschi. Il regno dei cervi, degli urogalli e degli abeti bianchi non esistepi: affiora soltanto una distesa lunare di macerie e di crateri spenti.Quella che Mario Rigoni Stern racconta la storia di una famiglia e diun paese, il lento e faticato ritorno alla vita. Moderni Robinson, Matteo ei suoi devono arrangiarsi con i relitti di un immane naufragio, riprendereuna fatica di formiche, riannodare i fili degli affetti e dei sentimenti,tornare a cercare un dialogo con la natura di casa, sullo sfond ditensioni e di inquietudini che annunciano le prime violenze fasciste.

    Ancora una volta, Rigoni Stern riesce a tratteggiare con semplicit di mezziespressivi unepopea minima, ma non per questo meno vera e intensa. Il suosentimento dellumano, la sua partecipe intelligenza dei grandi ritmi biologici,la sua lettura della vita vegetale e animale, insieme poetica ed esatta, fanno diquesto libro un nuovo, gradito appuntamento per i lettori della Storia diTnle e di Uomini, boschi e api.

    Mario Rigoni Stern nato ad Asiago nel 1921. Si rivelato nel 1953 con Ilsergente nella neve, che gode da allora di una ininterrotta fortuna.Allesperienza della guerra si rifanno anche Quota Albania (1971) e Ritornosul Don (1973). Dedicati alla sua terra sono due volumi di racconti, Il boscodegli urogalli (1962) e Uomini, boschi e api (1980) e il romanzo Storia diTnle (1980), di cui Lanno della vittoria costituisce il seguito cronologico.

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  • Tutti i suoi libri sono pubblicati da Einaudi.

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  • Capitolo primo

    Il cannoneggiamento era incominciato la notte del 24 ottobre, alle tre. Icannoni dallaltra parte avevano subito risposto e in breve sembrava che tutti,italiani e austriaci, volessero dar fondo alle riserve di munizioni. Nei giornisuccessivi, come trascorreva il tempo e gli austriaci si allontanavano, smiserodi sparare i piccoli calibri, poi smisero anche i medi e solo i grossi cannoniprolungati accompagnavano la ritirata con ferocia spietata. Dopo quelcontinuo boato che sembrava non dovesse mai aver fine, venne finalmenteun silenzio profondo e impressionante che da quattro anni pi nessuno, daquelle parti, aveva ascoltato. Una sera venne anche la notizia che la guerra erafinita, che era stato firmato larmistizio, e le poche campane superstiti nemandarono lannuncio per i piccoli paesi sparsi tra le colline.

    Quella notte non dorm. Stava rannicchiato, come avvolto, nel saccone dicartocci di granoturco: aveva fisso nella memoria la mattina del 16 maggio1916 quando dovettero scappare verso la pianura. Sua madre era andata viadisperata tenendosi stretta Orsola che aveva appena imparato a camminare,mentre Nina si era attaccata ai suoi pantaloni senza piangere ma con gli occhispalancati dalla paura. Ricordava anche il vecchio Tnle e il cane Nero chespingevano via le pecore verso il bosco, in alto. Il vecchio gridava al cane:Di, di Nero! Para! - e alla gente della contrada: - Via, andate!

    Ostia di ferro. Tornerete quando sar passata!

    Con le gambe come fossero legate e il cuore gonfio che sembravascoppiare erano andati via per la strada che costeggia il letto del Grabo;voltandosi indietro avevano visto le loro case senza vita, chiuse le porte e lefinestre come mai lo erano state, nemmeno quando soffiava la tormenta, econ i camini senza il fumo. I carabinieri lungo la strada che andava oltre imonti spingevano i pi restii e facevano fretta e largo ai soldati che salivanodalla pianura. Alle loro spalle il paese bruciava e il campanile sembrava unatorcia.

    Ogni tanto un grosso boato faceva sussultare la terra.

    Ora, in questa prima notte silenziosa, sentiva che anche il nonno non

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  • dormiva e che si voltava e rivoltava nel suo letto. - Non dormi neanche tu,nonno? - gli chiese. - Non si sentono pi sparare i cannoni.

    - Non si sentono. E finita la guerra, ma domani quando vai su devi stareattento. Chiss come sar la nostra casa.

    Si alzarono prima dellalba. Il vecchio discopr le braci e mise sul focolareuna fascina che rischiar la stanza; scese anche sua madre che pos tre fettedi polenta sui mattoni caldi, e quando furono abbrustolite ne mangiarono unaper ciascuno.

    Lasciata la piccola casa del Pr del Giglio dove aveva trovato rifugio con isuoi in quel maggio del 1916, camminava per la nuova strada militare cherisaliva a tornanti le pendici dellAltipiano.

    Andava con passo lesto, sorpassando reparti di soldati euforici cheintasavano la via, incrociava camion 18.L. e XVter che scendevanostrombazzando dalle retrovie, autoambulanze e carriaggi, ma in tutto e in tutticera uno spirito di pace che si manifestava luminoso come una mattinadaprile anche se le nebbie si aggruppavano sui fianchi dei monti. AlFontanello del Vanzo si ferm a bere; l il Genio aveva fatto costruire dellevasche per raccogliere lacqua della sorgente per poi mandarla in linea dovecera sempre tanta sete. Riprendendo la salita si ricord che proprio su quellastrada era morta schiacciata da una masso una ragazza dei Boscardin chelavorava da manovale per i militari con altre donne di Lusiana e di Conco, equella ragazza di quattordici anni che era finita cos aveva fatto piimpressione della morte di tanti soldati. Quasi voleva correre per arrivare sualla Cima di Fonte da dove avrebbe potuto vedere la sua contrada; lacqua gliballonzolava nello stomaco a ogni passo come in una bottiglia semivuota. Poirallent perch gli venne il ricordo di quando avevano abbandonato la loroterra e del paese che bruciava sotto i colpi del cannone che sparava dallaValsugana.

    Allora i soldati in marcia verso il nemico gridavano: - Liberate la strada! Fatelargo! - I pochi beni e gli animali domestici che erano riusciti a portare conloro venivano perduti lungo la via. I soldati avevano anche ucciso a fucilate idue maiali che le sorelle Ballot si trascinavano dietro con fatica. Le donnegiovani e le ragazze dovevano pure difendersi dai violenti desideri deibersaglieri che andavano su a combattere. Ci fossero stati almeno i loro

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  • uomini!

    A Camporossignolo avevano anche incontrato il vecchio Tana con Bepi eToni dei Pne, ragazzi della contrada e amici di giochi, che paravano verso lapianura il loro piccolo gregge e quello pi grande affidatogli dal Mato Parlo.Il Mato era stato richiamato alle armi tre giorni prima e non aveva parenti cuiaffidare il gregge. Era la prima volta nella storia della pastorizia che le pecorein primavera erano costrette a scendere in pianura invece di salire lamontagna! E lungo il cammino nascevano gli agnelli, e non cerano asini percaricarli, n era possibile sostare quel tanto da fargli prendere forza eproseguire al seguito delle madri; cos i soldati che salivano a battaglioni perfermare gli austriaci se li prendevano pagando una lira o anche senza diregrazie. Toni e Bepi erano disperati sia per la fatica di tenere unito il branco inquella confusione, sia per il resoconto dei capi perduti o rubati che avrebberodovuto fare al loro padre che era fuggito per altra strada con le donne e ibambini piccoli, e al Parlo che era stato richiamato negli alpini.

    Poi gli austriaci vennero fermati e i profughi, dalla pianura, guardavanolass ogni volta che il boato dei cannoni annunciava la ripresa della battaglia.Quando i militari scendevano a riposo dalla prima linea e si fermavano neglialloggiamenti a Fara o alla Mortisa, o a Calvene o a Lugo, dove poi si feceroanche due grandi spacci per i soldati inglesi che erano giunti sul finire del1917, lui e sua sorella Nina andavano ogni giorno alle cucine per chiedere aisoldati gli avanzi del rancio o pezzi di pagnotta in cambio di piccoli servizi;raccoglievano anche i fagotti di biancheria da portare a lavare dalla loromadre; e questa era lunica maniera per tirare avanti in attesa della fine dellaguerra perch la paga del nonno che lavorava a contratto a battere ghiaia,cio a spaccare i sassi per inghiaiare le strade che salivano al fronte, non erasufficiente a sfamare tutti, come insufficiente era il sussidio giornaliero diuna lira a persona che il Regio Governo passava ai profughi. Il nonnolavorava a un tanto al metrocubo di sassi spaccati, e stava tutto il giorno sottoun abete a battere il mazzuolo, curvo e con gli occhi socchiusi. Ai soldati chescendevano al riposo chiedeva sempre come andava lass, se le case eranoancora in piedi. Oggi, finalmente, Matteo poteva andare a vedere di persona.

    Il sole aveva fatto sciogliere le nebbie sui fianchi delle montagne e nonsembrava novembre ma un ottobre chiaro e luminoso; saliva per lescorciatoie che univano lun laltro i tornanti e quando ansimante e accaldato

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  • giunse ai Campigoli della Spitzsbain venne fermato da un capitanodellArtiglieria pesante campale che poco lontano aveva ancora in postazionei mortai da 210.

    - I civili, - gli disse con fare autoritario, - e tanto meno i ragazzi, nonpossono andare dove fino a poche ora prima si combattuto per liberare ilsacro suolo della patria! Ci sono tanti morti da seppellire, bombe inesplose,armi dogni genere e, forse, ancora feriti da raccogliere. Ritorna l da dovesei partito!

    - Ma io sono scappato da questi monti nel maggio del Sedici, e ora che laguerra finita vado a vedere la mia casa.

    - Non devi mai dire la parola scappato! - sinfuri il capitano. Gli austriaciscappano! - Poi chiam un sergente mingherlino che stava sorvegliando ilcaricamento di un camion e gli ordin di buttare su anche il ragazzo e dirispedirlo nelle retrovie.

    Il camion, ora che i cannoni avevano saziato la loro fame di bombe, erastato caricato di casse contenenti sacchetti di cordite per riportarli nellepolveriere e scendeva lento e con precauzione verso Granezza; fu qui cheMatteo con un balzo scese a terra e si inoltr nel bosco dove negli autunnipiovigginosi e pacifici accompagnava il nonno a cacciare le beccacce. Il lorobosco era irriconoscibile perch anche nella foresta pi cupa e pi fitta legrosse bombe da 380 austriache che cercavano di colpire le batterie italiane,avevano aperto grandi radure dove i tronchi schiantati e denudatibiancheggiavano come ossa spezzate; il terreno era sconvolto da strade,mulattiere, sbancamenti per far posto alle baracche e scavi per i ricoveri;talmente era cambiato il paesaggio che sul principio fece anche fatica adorientarsi. Poi tra gli squarci del bosco vide le montagne che stavano alte allespalle della sua casa e scese verso il bivio della Bas-saston.

    Senza saperlo giunse nelle retrovie delle prime linee tenute dalla 48aDivisione del Corpo britannico. I camminamenti scavati seguendo gli strati ei corsi della roccia si addentravano nei boschi come profonde ferite rossastre,sembrava che una vita nascosta e sotterranea, protetta dagli alberi e dallerocce continuasse misteriosa nel sottosuolo, in un silenzio nuovo che ancoranon aveva trovato il modo di manifestarsi allaperto del cielo. Prosegu contimore.

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  • Arriv a un cimitero con delle croci di legno tutte uguali e allineate soprala terra smossa; poco dopo a un ospedaletto da campo che gi si eraannunciato per lodore di cloroformio e di jodio che laria spandeva intorno.Ma anche un altro odore impregnava tutta la valle, un odore a volte secco epiacevole, a volte dolciastro e nauseante; erano gli odori che provenivano dairecipienti di terracotta che avevano contenuto il whisky e che ora facevanomucchi di cocci a ridosso delle baracche e dei ricoveri, dalle latrine recintatedi stuoie, dai rifiuti delle cucine da campo. Pochi soldati inglesi andavano evenivano indaffarati o anche annoiati per i loro lavori e non si curavano diquel ragazzo che camminava guardingo ma sicuro tra bosco e strada come fachi famigliare ai luoghi. Delle barelle con dei feriti vennero portate davantiallospedaletto dove, accanto alla porta bassa e stretta ricavata in una paretedi cemento, un ufficiale medico alto e magro nel suo camice bianco era inattesa fumando la pipa. Attorno ai feriti si avvicinarono i soldati che erano l;Matteo pass via lesto e nessuno gli chiese dove volesse andare conquellandatura frettolosa.

    Alla salita del Mutarhust una profonda trincea tagliava la strada e perpassarla erano stati posati dei tronchi, dopo circa mezzo chilometro ce neraunaltra; alla Luka, lapertura del bosco che si apriva come una finestra suiprati e le contrade, il groviglio dei reticolati, dei cavalli di frisia e dei gabbioniaveva un varco aperto verso la conca. Ma quando giunse sulle alture dellaKlama rimase impietrito: niente pi era rimasto di quanto aveva nel ricordo eche aveva conservato per tanti mesi nella nostalgia dellanima: non erba, nonprati, non case, n orti, n il campanile con la chiesa; nemmeno i boschidietro la sua casa e il monte lass in alto era tutto nudo giallo e bianco.Linsieme sembrava la nudit della terra dilaniata, lo scheletro frantumato. Igas, le bombe di ogni calibro, le mitragliatrici in tre anni avevano distruttoanche le macerie, ed era questo che i suoi occhi vedevano e la ragione nonvoleva ammettere. Sent che le gambe non avevano pi forza per proseguiree con le mani affondate nelle tasche vuote e con la bocca socchiusa cercavaqualcosa di vivo: un segno, un soffio daria, un suono.

    Glielo port un branchetto di cince di passo che dopo essersi posate su unfrassino secco e scorticato erano volate via verso ovest richiamandosifrettolose.

    Lo scosse una voce straniera: - H, le garon! O vas-tu? - Un soldato che

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  • dalla divisa riconobbe per francese era di sentinella al varco aperto neireticolati austriaci a difesa di quelle linee verso la strada del Rodarecchele.Con un gesto lo chiam a s: - Viens ici!

    - E dopo ancora gli chiese: - Mais o est-ce que tu crois aller?

    Matteo cap la domanda e con il braccio teso e la mano aperta indic chel, oltre le macerie che erano state il paese, avrebbe dovuto esserci la suacasa. Il soldato gli fece cenno di no con la testa e Matteo si sedette sulloscavo di una postazione per mitragliatrici.

    Con i gomiti appoggiati alle ginocchia e il mento nella mano guardavafissamente dei soldati, anzi degli scheletri vestiti da soldato, dentro una bucadi granata. - Tas faim? - gli chiese il soldato, e raccolta una galletta dentro iltascapane che aveva a tracolla, gliela butt. Lo guardava mangiare e dopo siaccese una sigaretta. - Tu veux fumer? - gli chiese. - Quest-ce que tu veux,cest la guerre. Mais maintenant cest fini et lon rentre tous la maison.

    Matteo faceva di s con la testa anche se non capiva. Il soldato franceseaccese unaltra sigaretta e gliela porse. Aveva gi fumato qualche sigaretta dinascosto, gliele davano i soldati inglesi quando scendevano a riposo, ma oraper langoscia, lemozione, la stanchezza e la fame, il fumo gli cagionavastordimento e nausea. Dun tratto si alz per andare a vomitare dentro lapostazione. Al soldato francese venne compassione: - Ah, mon garon! Tunes vraiment quun enfant!

    Affond ancora la mano nel tascapane e gli porse unaltra galletta e unastecca di cioccolata: - Va, rentre la maison.

    Matteo si alz in piedi, guard verso la conca e correndo tra armiabbandonate, bombe inesplose, cadaveri insepolti, prese la direzione verso lasua contrada. La sentinella lo richiamava: - H, garon! Garon! pas par l,reviens donc! - Ma ormai Matteo non lo sentiva pi.

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  • Capitolo secondo

    Cercava di andare dove non vedeva soldati, evitava la strada provincialeche era stata sgomberata dai materiali abbandonati dagli austriaci in ritirata esommariamente riparata dai soldati del Genio per permettere il passaggio deireparti addetti al recupero dei cannoni e delle polveriere, e di quelli cheinseguivano il nemico per le valli del Trentino. Matteo aggirava i reticolati ele grandi buche, saltava le macerie badando dove mettere i piedi. AllOrht,dove il ponte scavalcava il Grabo dei Pennar, stava ancora un soldato diguardia e, per evitarlo, scese in un camminamento e pass sotto il ponte. Quisotto, lungo le volte in muratura, erano ammucchiati a catasta cadaveri disoldati italiani e austriaci; con una mano si copr la bocca e il naso, con laltrafece schermo agli occhi e usc fuori dallaltra parte, verso il paese.

    Ma non pass per il paese dove vedeva aggirarsi dei soldati con i loroufficiali, e quando giunse dietro le rovine della Villa Baldin, per il corso deltorrente Ghelpach e la strada della Kerla si avvi per la contrada bene.Dietro i dossi e per la strada erano abbandonati sulla terra cavalli dilaniatidalle bombe, carriaggi capovolti, cassoni di munizioni, armi, zaini, borse,maschere antigas e i corpi senza vita dei soldati austroungarici che due o tregiorni prima erano stati inseguiti sulla via della ritirata dal tiro delle artiglierie.

    Voleva correre via, ma non aveva pi la forza per farlo e, del resto, i suoiocchi e il suo naso si erano anche un poco assuefatti.

    Ancora un poco e sarebbe stato a casa! Non si accorse dei tre soldati inglesimorti e semicoperti da un telo, stesi accanto alle macerie delle case dei Ballot,non vide nemmeno la pattuglia che scendeva dal Moor e che scortava ottoprigionieri che portavano quattro barelle.

    La sua casa non cera pi e il luogo dove sorgeva era un mucchio di sassirotti e travi annerite, e lorto pi in basso era diventato un cimitero dovecroci di legno sghembe o spezzate segnavano i tumuli dove nel 1916 e nel1917 venivano sepolti i soldati italiani che morivano nellospedale da campoche era sorto poco lontano, nelle case dei Chescie.

    Dopo essersi fermato a guardare la linea dei monti e delle colline e aver

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  • visto affiorare il troncone del vecchio ciliegio che cresceva accostato al murodella stalla, si convinse che il luogo era quello.

    Risal, allora, il cumulo di macerie e con le mani incominci a spostare i sassie le travi carbonizzate. Buttava via con furia ogni cosa morta che gli capitava,come se l sotto dovesse esistere ancora qualcosa di vivo da salvare. Trovun pezzo del telaio della finestra, i ferri contorti del letto dei genitori, i restibruciati del piumino, una pentola schiacciata e poi, sotto unasse, la bamboladi pezza con la quale giocavano le sorelline. Era ancora intatta, forse lunicacosa che ancora rimaneva e le ripul il viso e le vesti. Sul viso apparvero labocca ricamata con la lana rossa e gli occhi fatti con la lana nera e celeste.Sulla veste di lino cerano ancora le impronte lasciate dalle manine dellepiccole quando giocavano vicino al focolare.

    Gli venne da piangere, ma con il dorso della mano ricacci le lacrime; misela pupa sul punto pi alto delle macerie e poi sent tanta sete, una grande sete,e si ricord che poco lontano doveva esserci la sorgente del Prunnele.Avrebbe buttato ancora acqua dopo tutto quello che aveva subito la terra?Cerc un recipiente per attingere, cammin attorno e dietro il Grabo dove gliaustriaci avevano piazzato una batteria di cannoni. Trov quanto cercavaperch poco lontano dalle postazioni dei pezzi, i soldati avevano scavato iricoveri addossati al terrapieno costruito in antico per arginare le acque delMadarelo; e l dentro i ricoveri cerano tavole, sgabelli, giacigli, coperte,stoviglie di ferro smaltato. Raccolse una gavetta per andare ad attingere equando si present allimboccatura della nascente rimase sorpreso nel trovareil Prunnele pulito e in ordine e, posata su un sasso, la cazza di rame che dasempre nella sua casa era stata appesa accanto ai secchi per attingere lacqua ebere.

    Bevette avidamente attingendo due volte e gli sembrava che quellacquafosse la migliore di ogni altra; ma ancora non sentiva sazia la sua sete eancora attinse.

    Le ore del giorno erano corse via senza che se ne rendesse conto; le ombredella sera scendevano dal Mosc-iagh verso il Moor e il Kranzenarecche;laggi, tra le macerie del paese, sent una tromba che chiamava ladunata peril rancio. Ritorn a sedersi sulle macerie della sua casa con accanto labambola di pezza e in mano la cazza di rame; un pettirosso venne a posarsisul troncone del pruno come per fargli compagnia. Quando si alz era quasi

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  • buio; dal bosco distrutto di Gallio si lev la luna piena tra gli scheletri deglialberi e lui lentamente si avvi verso i ricoveri degli austriaci. Entr, ericordandosi che prima aveva raccolto e messo in tasca un pezzo di candela,lo cerc e laccese.

    Dopo quanto aveva visto durante la giornata, questo rifugio gli pareva unatana per animali selvatici, anche se conservava ancora un barlume dipresenza umana. Cerc un posto per sdraiarsi e dormire e con la candela inmano guard negli angoli e sulle mensole. Da una branda raccolse untascapane; sgocciol la candela sul tavolo e la fiss sulla cera calda, si sedettesu uno sgabello e frug nella borsa. Nel mettere dentro la mano un topo glisgusci tra le dita, ma da l lev fuori una pagnotta, una scatoletta di sardine euna cartolina illustrata. Aperse la scatola di sardine e lentamente incominci amangiare intingendo il pane duro e acido nellolio.

    Dopo, con curiosit, prese la cartolina e per quel poco di tedesco che avevaimparato dal padre quando parlava con gli altri emigranti eisenponnar edallantico dialetto che tra loro parlavano i nonni, lesse stampato sottolimmagine di un paesaggio con una chiesa, un lago e montagne: Ein Grussvon Krnten e sul retro, scritto con caratteri latini leggeri e chiari: An HerrnFhnrich Walter Kumer 9 I.R. Regiment Feldartillerie - Feld-Post. Lesseseguendo con il dito e computando le parole a voce alta come fosse a scuola:Wir erwarten Dich so schnell wie mglich zu Hause. Mama Papa.

    A casa, anche loro a casa. I nemici. Ripens ai cadaveri che aveva visto trale une e le altre trincee, a quelli sotto il ponte dellOrht e si augur che anchelalfiere Walter Kumer fosse gi a casa.

    Si alz dallo sgabello e si stese sul primo giaciglio che trov; si coperse allameglio e spense la candela. Ma non riusciva a prendere sonno, forse eratroppo stanco e troppe cose avevano visto i suoi occhi; allora pens al nonnoe alla madre che certamente erano ancora alzati ad aspettarlo laggi nellacasetta del Pr del Giglio, alle sorelle, alla bambola che avrebbe riportatoloro. E suo padre? Dove era suo padre? Da un mese non avevano nessunanotizia; forse era morto anche lui, come quei soldati; forse era prigioniero; oforse inseguiva gli austriaci su per le valli del Tirolo. Sent un topo passarglisul viso e con una mano lo scacci; mise la testa sotto un pezzo di tela e se lotenne stretto attorno e aderente, lasciando appena un piccolo buco perrespirare e, finalmente, in quella prima giornata di pace, si addorment

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  • profondamente come un sasso sotto il muschio.

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  • Capitolo terzo

    Si svegli con il chiarore dellaurora che entrava dalla porta che avevalasciato aperta. Si alz subito e con la luce del giorno, questo, che alla sera gliera sembrato un buon rifugio, ora gli appariva in tutto il suo aspetto diguerra: il soffitto era di lamiere ondulate a tutto arco e sopra queste sentiva lospessore di travi e di terra per ripararlo dai proiettili; non cerano finestre e iltubo della stufa di ferro usciva lateralmente alla porta. And fuori. Uno scavoriparato con tronchi e sacchetti di terra arrivava zigzagando alla riservetta dimunizioni, e da qui un altro camminamento conduceva alla postazione delcannone. Dentro la riservetta cerano ancora casse di bombe e cariche dilancio gi pronte.

    Usc fuori dai camminamenti, dai ricoveri e dalle trincee scavate lungolargine del Grabo e si mise a camminare alla luce del sole per quelli che untempo erano i prati della sua famiglia. Sullorlo delle buche di granate menorecenti, le prime della guerra, crescevano cardi spinosi e alti epilobiorinsecchiti; nelle buche recenti, e ce nerano di tutte le misure, stagnavanoancora gli odori delle esplosioni; ma pi gi, nella valletta verso lo Stinkar enella Bassa dei Lesce, dove si era fermata liprite, era tutto giallo.

    Dopo essersi fermato ancora un poco sui ruderi della sua casa, si mise incammino per ritornare dai suoi. Aveva preso come riferimento i resti dellecase dei Micheloni e dalla piana si alzavano in volo davanti ai suoi passi igruppetti di allodole che poi, ondeggianti e richiamandosi, andavano aposarsi pi avanti.

    Si sent chiamare per nome e dalle case dellbene vide venirgli incontrouno che gli gridava: - Cosa fai qui? Dove vai?

    Lo riconobbe dal timbro sonoro della voce e poi dallandatura: - Sei tu,Toni Scirn?

    Si guardarono in viso ma non si abbracciarono n si strinsero la manoanche se erano amici, si guardavano stupiti di trovarsi pi cresciuti. Per anni,insieme, avevano attraversato la collina della Gressana per recarsi a scuola inpaese, o per andare a messa la domenica. Erano insieme anche nei lavori del

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  • bosco quando aiutavano nel taglio del faggio per il fabbisogno famigliare;erano stati anche compagni nel gioco della scrognola quando le vacchepascolavano tranquille in autunno sui prati dopo lultimo sfalcio. - Guarda,Matteo, come hanno ridotto i nostri prati, - disse Toni allargando le braccia. -Non c nemmeno un posto per giocare a scrognola! - E fece latto di lanciarela palla di legno con il bastone ricurvo gridando: - Kruschi!

    Si sedettero sui prati dei Scirn dove le buche delle granate erano fitte fitte,e sassi e schegge e reticolati sembravano cresciuti al posto dellerba. - Pensoche i miei non vorranno pi ritornare qui, e che quando mio padre e gli ziiritorneranno dalla guerra ci fermeremo a lavorare in pianura. Ma che cosa hail in mano?

    Erano la bambola di pezza delle sorelline e la cazza di rame per berelacqua dai secchi. - Sono le uniche cose che ho trovato tra le rovine di casamia.

    - Andiamo, andiamo via da qui, - disse Toni Scirn.

    Ripresero il cammino verso il dosso della Gressana che era scavato ebutterato come tutti gli altri dossi attorno al paese. Quando stavano perridiscendere verso il Ghelpach si trovarono davanti una massa di uomini indivisa e senza armi sorvegliati da sentinelle italiane. Era come un formicaiobrulicante, e chi spianava il terreno, chi riempiva buche e trincee buttandodentro lamiere, reticolati, bombe, terra; altri piantavano pali per costruire ungrande recinto e altri ancora su quei pali inchiodavano il filo spinato cheveniva sfilato dalle matasse infilate su paletti; si alzavano tende e baracche.Stettero un poco nascosti a guardare e poi girarono al largo cercando dievitare ogni incontro.

    Alla contrada Klama simbatterono in un plotone del Genio a cui stavanodistribuendo il rancio, con questi soldati cera un civile che portava sulbraccio la fascia dei militarizzati. Loro due avevano molta fame e si fecerocoraggio, e cos raccolsero da terra due gavette di ferro smaltato e siavvicinarono un po guardinghi. Furono stupiti di riconoscere nel civile ilcompaesano Titta Spontn: Buongiorno signor Titta. Ci sarebbe da mangiarequalcosa anche per noi?

    - Ma voi chi siete? Da dove venite?

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  • - Io sono Toni Scirn figlio del Giovanni; e lui il Matteo Schenal, figliodellAngelo. Siamo venuti a vedere le nostre case.

    - Benedetti ragazzi! Ma pericoloso. E proibito venire qui senzalasciapassare e se i carabinieri vi trovano vi mettono le manette! Di, di,svelti; mangiate qualcosa e andate via senza farvi vedere.

    Dalle marmitte un caporale vers ai due un paio di mestoli di risetta scottacondita con pezzetti di carne lessata. Si sedettero su un sasso e mangiarono.Titta Spontn li guardava mangiare con tanta avidit scuotendo la testa: -Poveri ragazzi, - disse, - com ridotta la nostra terra. Avete notizie dei vostri?E dove sono profughe le vostre famiglie?

    - Sono gi, sotto i monti. La mia verso Lugo, la sua a Carmignano sulBrenta, - disse Matteo.

    - E i vostri padri? Io li conosco bene.

    - Da un mese non so niente, - rispose Matteo.

    - Mio padre ha fatto sapere da uno che venuto in licenza che dopo ilSasso Rosso sono andati sul Piave con tutto il battaglione dei paesani.

    - Ma adesso finita e ritorneranno presto tutti. Volete un pezzo di pane?

    Da un tascapane che aveva a tracolla il signor Titta lev una pagnotta e ladivise a met: - Andate diritti dai vostri, ora, senza fermarvi e girate al largodai militari. Per ritornare quass bisogna aspettare lordine del Commissariodel Governo che un generale.

    Nellultima trincea austriaca del Rodarecchele Matteo raccolse uno zainoancora in buone condizioni; dopo averlo aperto e scosso mise dentro lamezza pagnotta, la bambola, la cazza e la gavetta di ferro smaltato con ilcucchiaio di latta dopo averli ripuliti con una manciata di erba secca. Per nonincontrare posti di blocco o carabinieri deviarono per il bosco e sbucaronoalle vecchie cave di marmo del Trle dove per dei soldati di artiglieriastavano svuotando una riserva caricando le bombe rimaste su tre camion.Poco lontano cerano ancora i grandi cannoni della 721a batteria delX Reggimento da Fortezza che avevano sparato fino a tre giorni prima.

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  • Ma ora tutto aveva unaria di disarmo, di fine, e i soldati lavoravanosvogliatamente, e gli ufficiali che stavano seduti sugli affusti fumavanotranquilli e non davano ordini. Nessuno si curava di loro due che eranosbucati sulla scena e non avevano divisa. Un soldato stava seduto in dispartesu una cassa vuota e su unaltra cassa in piedi aveva posato un quadernetto aquadri; accanto, su un ceppo aveva una bottiglietta dinchiostro e ogni tantointingeva la penna e scriveva qualcosa sul quaderno. Alzando gli occhi, comeper ricordare una immagine, vide i due che stavano passandogli davanti.

    Rimase stupito, con la bocca aperta e la penna a mezzaria, come vedesse unaapparizione miracolosa:

    - Ehi, voi! Ma siete veramente ragazzi? Allora la guerra proprio finita! Madove volete andare da queste parti?

    Ripeterono la solita storia, che erano profughi risaliti a vedere le loro case.- E le avete viste? Le avete ritrovate? Sono stato anchio dentro di l e hovisto delle cose terribili. Io mi chiamo Argio e sono di Crevalcore, provinciadi Bologna. Sentite cosa ho scritto in questo mio diario: Sveglia a buonora esiamo partiti per andare a raccogliere il materiale lasciato dai cecchini eabbiamo camminato fino a mezzogiorno su pei monti senza mangiare hoveduto una cosa orribile quanti morti che restava solo lo scheletro erano perterra dalla parte di cecchino che brutto lavoro faceva schifo. Alle tre dopomezzogiorno arrivato il rangio abbiamo mangiato ma non cera acqua perbere. La sete che ho patito non la si pu dire.

    Questo lho scritto il giorno quattro e oggi che ne abbiamo sei ho scritto cos:Seguito a fare il solito mestiere da quattro giorni che non mi lavo sono nerocome uno spazzacamino e una fame in corpo che non ci vedo roba daquando sera in guerra non ne ho mai passati ed ora che siamo in pace stotanto male. Alle dieci di mattina sono fatto andare a mangiare il rangio adAsiago che dista otto chilometri e poi siamo andati sul monte Mossiag che distante da Asiago un dodici chilometri sempre in salita. Adesso devocontinuare ma mi manca il coraggio di scrivere quello che ho visto su quelmonte Mossiag.

    I due ragazzi lo guardavano in silenzio, ogni tanto alzando lo sguardoverso gli ufficiali. Poi Toni disse al soldato: - Ma almeno adesso non sparatepi, e non vi sparano. Cos non muore pi nessuno.

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  • Lartigliere Argio Barbieri da Crevalcore rise apertamente esclamando: -Anche questo vero. La guerra finita e adesso vado proprio a dormireperch sono proprio stanco. E gli ufficiali che se ciaven -. Detto questo tappla bottiglietta dinchiostro, asciug il pennino sui pantaloni bisunti, chiuse ilquaderno e con questo sotto il braccio si alz salutando i ragazzi con unafrase in dialetto che i due non capirono ma che accettarono come un salutoaffettuoso.

    Era met pomeriggio, con il sole gi basso sopra le creste del Pasubio; unanebbiolina leggera e soffice saliva dalla pianura e si aggrappava ai rami deifaggi che avevano le foglie gialle, rosse e brune. Con la luce ultima del sole ele nebbie vaporose e il silenzio della pace la giornata del sei novembremillenovecentodiciotto si spegneva malinconicamente. Giunti alla MalgaSerona invece di scendere per la strada camionabile costruita dai militaripresero direttamente per la Valle di Fonte dove un antico sentiero dicontrabbandieri, eliminando tutti i tornanti, arrivava giusto al Pr del Giglio.

    Vi furono in breve, al crepuscolo, e Matteo invit lamico Toni a fermarsida loro a cena e a dormire e di proseguire poi lindomani per Carmignano.Entrarono in casa.

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  • Capitolo quarto

    Seduto sul focolare il nonno guardava una pignatta di terra cotta cheborbottava sopra la graticola; non si alz, tir su la testa che aveva china epensierosa e disse con voce rauca: - Sei tornato, finalmente. Tanto tempo civoleva per andare e tornare? E questo chi ?

    - Sono stato fermato dai militari e la nostra casa non c pi. Questo ilmio amico Toni Scirn dellEbene.

    - E allora, raccontatemi -. Poi vedendo che Matteo guardandosi attornocercava la madre e le sorelle, aggiunse: - Tua madre su in camera perch lebambine sono ammalate.

    La madre, dalla camera, aveva sentito che erano arrivati e ora scendeva lescale di legno; le sue scarpe di feltro non facevano rumore, cos furono primapresenza le sue parole di ansia e di rimprovero: - Perch hai tardato cos?Dovevi essere di ritorno ancora ieri sera; questa notte non mi hai fattodormire e le tue sorelle hanno la febbre alta -. Poi anche lei si avvicin alfocolare e con un mestolo rigir la zuppa: - Bisognerebbe andare a cercare unpoco di latte per le ragazze. Ma intanto raccontami come lass.

    Matteo raccont quello che sappiamo, ma quando arriv a parlare di tantisoldati morti e di come aveva ritrovato la casa non seppe trattenere unasmorfia di dolore e di rabbia. Il nonno sbuffava cercando nelle tasche vuotele briciole di tabacco per la pipa spenta; sua madre lo guardava in silenzio,poi con le mani che aveva belle ma rovinate dai lavori, gli prese la testadicendo: - Basta, adesso. La casa la rifaremo.

    - Se ci sono ancora sassi e tronchi la casa la rifaremo, - diceva il nonno. -Anche pi grande la rifaremo; e quando ritorneranno i nostri uomini chesono soldati si far anche presto a tirar su muri e tetto!

    Matteo si sfil lo zaino che ancora aveva infilato sulle spalle e Toni lev dauna tasca un mozzicone di sigaro che poi offr al vecchio. Dallo zaino usc lamezza pagnotta, la bambola di pezza e la cazza di rame che subito sua madree il nonno riconobbero: - Ma se hai trovato la pupa delle bambine e la cazzadellacqua vuol dire che c ancora qualcosa!

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  • - Solo questo. Solo questo ho trovato.

    Matteo sal la scala per portare la bambola alle sorelle e quando fu sulpianerottolo dove si apriva la porta della camera sent lodore dolciastro dellafebbre e della malattia: - Sono qui, - disse a voce alta, - e vi ho portato lavostra bambola.

    Le due bambine erano sprofondate nei sacconi di cartocci e con le copertemilitari che avevano distribuito ai profughi tirate fin sul mento; gli occhierano lucidi e il viso affilato: - Vi ho portato la vostra bambola, - ripet, -cos potete ancora giocare.

    La pi piccola tir fuori un braccio magro: - Dammela, dammela!

    La bambola fin tra le coperte, anche lei ammalata che sporgeva la testabuffa e i capelli che erano bioccoli di lana greggia incollati sulla pezza.

    - Adesso vado a cercarvi del latte, cos guarirete.

    Ridiscese in cucina. In quattro tazze di terracotta sua madre avevascodellato il pancotto, non vero pancotto con acqua burro e sale, ma tozzi dipagnotta bolliti con mezza scatoletta di carne. Mangiarono in silenzio ma conbuon appetito. Il nonno ogni tanto guardava Toni Scirn e poi gli chieseancora come era lass tra le montagne e come i suoi se la passavano nellecampagne di Carmignano. La donna fin per prima e si alz; da una ciotolasopra il camino prese una lira e la consegn a Matteo per il latte.

    Era buio, dalle strade che scendevano dalla montagna apparivano esparivano come lucciole i fari ad acetilene dei camion che trasportavano aritroso i materiali di guerra dopo che sullAltipiano avevano portato carichi dibare dabete per seppellire i morti.

    Matteo camminava tra siepi e abbaiare di cani; buss alle case dei Maso, deiDardini, dei Vesene, dei Salbeghi ma i soldati di transito, gli ammalati diinfluenza e i bisogni famigliari avevano consumato tutto il latte dellamungitura serale. Con sconforto e stanchezza, ma anche con una speranza nelcuore giunse fino alla Mare dove conosceva una ragazza della sua et,Caterina, che ridente e felice nella sua giovinezza aveva dimostrato verso dilui tanta simpatia e forse turbamento damore quando in maggio era andato

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  • da loro per la fienagione. La loro casa grande e con fienili e aia era dopo lacappelletta. Buss e apr la porta dopo un deciso: - Avanti!

    Stavano cenando; sulla tavola cerano una grande polenta fumante, unaterrina di fagiolini verdi, un piatto con uova sode tagliate a met. Salut quasitimido e arross allo sguardo luminoso di Caterina. Anche l gli uomini eranovia in guerra e il vecchio che sedeva a capotavola gli chiese: - Come mai daqueste parti? Ma vieni avanti; una fetta di polenta calda c anche per te.

    Matteo restava in piedi imbarazzato ma sentiva tutto quel calore affluirgli alcuore. Inghiott la saliva: - Mi manda mia madre se potete venderci un po dilatte. Ho le sorelle ammalate con la febbre e non hanno voglia di niente.

    - Speriamo non abbiano preso la febbre spagnola, - disse la madre diCaterina. - Di, dammi la gamella.

    La donna and in unaltra stanza e ritorn con il recipiente quasi colmo: -Stai attento a non spanderlo per la strada. Ma aspetta, siediti e mangiaqualcosa con noi.

    Intanto che mangiava la donna mise due cucchiaiate di miele scuro e densosu un pezzo di carta oleata e glielo pos accanto sulla tavola.

    - Non per te, - disse sorridendo, - per le tue sorelle. Di a tua madre discioglierlo nel latte caldo. Vedrai che gli far tanto bene.

    Era confuso e quasi la polenta e luovo non gli andavano gi a causa diquegli occhi sorridenti che lo guardavano. Quando ebbe finito lev dallatasca il denaro per pagare il latte dicendo: - Vi ringrazio tanto; ecco, miamadre mi ha dato una lira.

    Il vecchio a capotavola sorrise: - Non vogliamo soldi, riportali a casa. Nonsei anche tu venuto ad aiutarci al tempo del fieno? Allora avevamo bisognonoi. Vai, vai a casa.

    Al tempo del fieno lavevano per pagato, ed era andato per quegli occhi eper quel sorriso che ora gli facevano tremare le ginocchia.

    Salut tutti con un buonasera e un ciao quasi sussurrato e furtivo aCaterina. Usc in fretta e sulla porta disse grazie quasi fuggendo.

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  • Rifece la strada senza accorgersene, pensava a Caterina e a quel maggio delfieno, dimenticando persino quello che quel giorno aveva visto lass tra lemontagne e i boschi di casa. Ricordava solamente i piedi scalzi di lei sulprato, le caviglie sottili, il grande cappello di paglia che le ombrava il viso e ipiccoli seni che segnavano appena la camicia; e le ciliegie che nelle pause delriposo, mentre il sole seccava lerba sfalciata e sparsa, lui era salito aprendere per lei sullalbero: ciliegie e labbra e denti piccoli e candidi, e occhifelici in un odore derba che seccava sul prato.

    Aldil delle siepi i cani abbaiavano alla luna, dalle montagne scendevano icamion e sullAltipiano gli scheletri biancheggiavano di brina. Giunse a casae quando aperse la porta la sua bocca aveva ancora una piega di sorriso.Porse il latte alla madre e dalla tasca lev il cartoccio con il miele e la lira chenon aveva speso: - I Nicoli della Mare dove ero stato a lavorare al tempo delfieno mi hanno dato tutto senza soldi. Sono proprio brava gente i Nicoli!

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  • Capitolo quinto

    In quei giorni venne fatto sapere ai profughi che nessuno, per ora, e pernessun motivo, poteva ritornare nei paesi abbandonati nel maggio delmillenovecentosedici. Il sindaco Matteo Rigoni Tile, da Noventa Vicentinadove il Comune aveva portato la residenza provvisoria, aveva mandato lavecchia guardia comunale a fare il giro di tutte le famiglie sparse per lapedemontana al fine di far sapere che il ritorno sarebbe incominciato, forse,con la primavera del millenovecentodiciannove. Tutto era sotto il controllodei militari e a comandare su tutto: macerie, materiali, terra era un generaledel Genio. Precisava il Sindaco, con la voce della guardia, che linvernolass, in quelle condizioni, sarebbe stato invivibile per tutti i profughi.

    Vennero istituiti posti di blocco lungo le strade di accesso e i carabinieri sifecero molto rigorosi nel far rispettare gli ordini del Commissario generale.Malgrado tutto questo, per, giovani che erano lesti di gamba e vecchi espertidi tutti i sentieri dove un tempo passavano i contrabbandieri di tabacco,salivano a ritrovare i focolari distrutti. Ma quando ritornavano non avevanoparole per descrivere la desolazione e la distruzione. Alcuni, specialmentequelli che avevano trovato lavoro nelle fabbriche della Lombardia o delPiemonte, decisero con lamaro nel cuore, che lass non sarebbero mairitornati.

    Tra tutto questo affannarsi per riprendere a vivere in pace nella terra deipadri, subdola e terribile lepidemia che era partita dalla Spagna nel maggiodel millenovecentodiciotto giunse anche da noi.

    Avanzava da occidente da regione a regione dando lavoro a medici, preti ebecchini; e tanti, pi numerosi dei caduti sui campi di battaglia, erano coloroche venivano portati in casse dabete nei cimiteri, dove erano state scavatelunghe fosse comuni. A essere colpiti erano per lo pi i bambini, i ragazzi e ivecchi, e dopo quattro o cinque giorni di febbre alta, tosse, emorragie nasali,mal di testa, diarree e polmoniti, chi sopravviveva era fortunato come chiusciva dalle battaglie del Carso o dellOrtigara. Poco potevano fare i medici,e cure erano il chinino di Stato, il letto e le bevande calde.

    La piccola Orsola mor quella notte del sette novembre senza che nessuno

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  • se ne accorgesse. Al mattino la madre era scesa per ravvivare il fuoco eriscaldare un po di latte per le ammalate mentre ancora tutti dormivano.Butt una fascina sulla brace e soffi finch una fiammella si fece viva dairametti pi secchi. Vers il latte in una cuccuma di rame e la pos sullagraticola vicino alle fiamme che ora, allegre, illuminavano tutta la piccolacucina facendo apparire la finestra e il pavimento di ciottoli. In un secchio sirisciacqu mani e viso, si asciug in un canovaccio e poi vers il lattebollente nelle due tazze dove aveva messo prima un cucchiaino di miele. Saldalle figlie.

    La pi grandicella, Nina, apr gli occhi con fatica e appoggiandosi sullebraccia si alz sul busto. Ma Orsola non si mosse. Non si mosse nemmenoquando la madre, dopo aver posato le tazze su una sedia, si avvicin perscuoterla dolcemente. Si rese conto che era morta quando le pos la manosulla fronte, che sent fredda, di quel gelido senza vita, e, abbassando un pole coperte vide il corpicino rigido, rannicchiato, e le mani bianche e diafaneche stringevano contro il petto la bambola di pezza.

    Non chiam nessuno, n pianse. Abbracci la piccola e se la tenne strettaal petto come se con il suo calore avesse potuto ridarle la vita. Anche Ninache scottava per la febbre si era aggrappata a lei.

    Si alzarono anche Matteo e il nonno che dormivano nel vano che una voltaera la stalla della piccola casa, entrarono in cucina dove sulla pietra delfocolare la legna si stava consumando; non sentendo alcuna voce o rumoreMatteo chiam la madre e poi sal le scale. Vide la madre abbracciata allapiccola Orsola e Nina che lo guardava con gli occhi spalancati. Si avvicin alletto e chiam il nonno.

    Al mattino dopo ci furono i funerali. La cassettina dabete bianca eodorosa era portata da quattro ragazze con un velo bianco sulla testa tenutoda un nastro celeste; davanti camminava il parroco di Calvene con duechierichetti di cui uno portava la croce; Matteo, sua madre, il nonno equalche donna venivano dietro in silenzio.

    Nientaltro.

    Nina, che era pi robusta, dopo qualche giorno super la crisi acuta dellaspagnola e Matteo saliva sovente in camera per tenerle compagnia. Le

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  • raccontava qualche storiella e che in primavera sarebbero ritornati nella lorocasa, su nelle montagne.

    Ricevettero una lettera dal padre; ora il suo battaglione era in Austria, suiconfini della Slovenia dove gli slavi volevano prendersi la Carinzia, madiceva anche che presto sarebbero rientrati in Italia e che le classi anzianesarebbero state le prime a essere congedate.

    Per Natale sperava di essere a casa con loro. Di Orsola non diceva niente,certo non aveva ancora ricevuto la lettera che gli raccontava della morte.

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  • Capitolo sesto

    Una sera che and a prendere il latte dai Nicoli non vide Caterina.

    La cerc con lo sguardo e la madre di lei, che aveva notato i loro sentimenti,gli disse che la ragazza era a letto con linfluenza. Nel ritornare a casa per lastrada illuminata dalla luna piena sentiva dentro una grande tristezza e unostruggimento da piangere. Passando poco lontano da dove erano le baracchedei soldati inglesi sent che l dentro facevano un grande chiasso, forsegiocavano delle partite di boxe perch ogni tanto, come a ondate, gliarrivavano incitamenti e grida che violentavano la sera. Lungo le strade chescendevano dalle montagne i fari dei camion facevano rilucere la brina.

    Caterina, che sembrava avesse superato la crisi, un pomeriggio del tardonovembre spir. Matteo lo seppe nella bottega del fornaio della Mortisa dovesi era recato per comperare un pane bianco per la sorella convalescente. Sentil cuore restringersi come quando vide sua madre abbracciare Orsola e,ritornato a casa, stette per lungo tempo in silenzio e immobile a fissare lebraci del focolare.

    Finalmente il nonno gli chiese che avesse.

    - Anche la Caterina dei Nicoli morta di spagnola. Lanno scorso e anchequestanno abbiamo lavorato insieme il fieno.

    Si alz e usc perch non aveva niente da dire. Il vecchio, rimasto solo,frug con un chiodo da maniscalco nel fornello della pipa, batt sul palmodella mano i resti umidi del tabacco e se li cacci in bocca pensando: Semastico tabacco tengo lontano la febbre spagnola.

    Caterina era vestita a festa e con il velo bianco e il nastro celeste sul capo;le mani posate sul petto tenevano tra le dita la corona del rosario di vetroperlaceo; lateralmente al corpo rigido, lungo la cassa dabete che odorava diresina perch le tavole erano state appena piallate, erano posati due rami dimargherite gialle. Il suo viso era ritornato come quello di una bambina esembrava sorridesse. I Nicoli stavano recitando le litanie. Matteo rinchiuse laporta con riguardo e si mise in un angolo della cucina, rispondendosottovoce alle ultime preghiere.

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  • Quando ebbero finito si avvicin a uno dei fratelli per chiedergli se potevarestare per la veglia. Poteva fermarsi. Sul focolare venne posato un grossoceppo di gelso e sulla tavola un fiasco di vino bianco, pane biscotto eformaggio a disposizione di tutti. I rimasti, quasi tutti giovani, parlavanosottovoce. Un vecchio dei Salbeghi che si era fermato a veglia forse per bereun bicchiere di vino, filosof sulla morte: su quella dei poveri soldati inbattaglia e su quella dei ragazzi e dei bambini che morivano di febbrespagnola. - Perch Dio fa morire cos la povera gente? - si chiedeva. - E se laguerra causata dalla cattiveria degli uomini, come dice il parroco, perchDio vuole richiamarli sulla retta via, che cosa centra con questo la morte diuna brava e bella ragazza come Caterina?

    Fra questi sussurri, vicino al ceppo incandescente che si consumava sulfocolare rischiarando e scaldando lampia cucina, ogni tanto guardavano labara posata su due sedie nellangolo pi lontano, dove stava Caterina con ilviso rivolto alla porta. Matteo non parlava, non mangiava, non beveva;guardava la grande brace del ceppo incandescente. Ripensava alla sua estatefelice con il fieno le ciliegie e i profumi intensi del meriggio. A lei. A quandoassieme andavano a prendere lacqua fresca nella sorgente tra le acacie perpoi portarla ai falciatori sudati e alle donne in opera; rivedeva quegli occhiluminosi e il suo camminare ondoso con i piedi nudi sullerba, riudiva la suavoce di donna appena sbocciata. Ricordava quella domenica che assieme atanti altri ragazzi e ragazze erano saliti sui prati verso Perpiana per raccoglierei narcisi e loro due si erano un po appartati dentro il bosco di castagni perscambiarsi il primo timido bacio. Al ricordo cos vicino e rivissuto il suo visodi ragazzo dove una leggera peluria era illuminata dal fuoco, si incarnava dirossore e si trasfigurava.

    Si alz e si avvicin alla bara dove due occhi chiusi non facevano pivedere la loro luce. Usc sulla porta. Il sole dalla parte del Grappa stavaschiarendo il cielo e laggi, verso le colline lontane, le nebbie parevaprendessero un colore rosa; i galli cantavano da cortile in cortile, qualchescuro si apriva cigolando e il vapore usciva dalle porte delle stalle assiemeallodore degli animali e del latte. Sulla strada che portava a Sandrigo e aVicenza avevano ripreso a passare gli autocarri dei militari inglesi cheritornavano in patria e le trattrici Pavesi-Tolotti che trascinavano via icannoni, o nelle officine per rimetterli in ordine, o nei magazzini per unaltraguerra.

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  • Matteo camminava sentendo un grande freddo, come gli venisse da dentro,dalle viscere, e niente gli pareva valesse ancora la pena di vivere. Arriv acasa che tutti dormivano, o forse sua madre era a letto con gli occhi aperti adaspettare lui e suo padre. Si avvicin al focolare, apr la cenere e mise a nudoalcune braci, ravviv il fuoco e si ferm immobile, in piedi, a guardare lefiamme e le faville che salivano su per la cappa nera. Silenziosamenteincominci a piangere, sentiva che con quel fuoco e con quelle lacrime finivaanche la sua giovinezza.

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  • Capitolo settimo

    Alcune autorit, di loro iniziativa, avevano levato il sussidio giornaliero,sussidio a volte indispensabile e in certi casi unica fonte di sostentamentoche, con il soldo che mandavano a casa i soldati al fronte, permetteva dicomperare un po di polenta o di latte. Dicevano alcuni Prefetti, oSottoprefetti, o Commissari Governativi, che essendo terminata la guerracessava pure la condizione di profugo di guerra; ma se questoragionamento poteva filare dal punto di vista burocratico, non certo eracorrispondente allo stato reale dei fatti; e cos ci vollero proteste,dimostrazioni silenziose di gruppi famigliari davanti ai municipi, interventi diqualche sindaco o di qualche deputato per ripristinare questo piccolo maimportante diritto di avere una lira al giorno per ogni persona, e che valevaben di pi, ben di pi, di ogni discorso patriottico sulla luminosa vittoria. Maforse, anche non tutti i nostri profughi poterono continuare ad averlo. Che nepotevano sapere quei piccoli nuclei dispersi a centinaia di chilometri dallaloro terra? Se quelli che avevano trovato scampo in Lombardia, Piemonte oEmilia erano i meno disgraziati perch donne e bambini avevano lavoro nellefabbriche o nelle campagne, quelli, ed erano i pi, che si erano fermati aridosso dellAltipiano per sentirsi pi vicini alle loro montagne, allasituazione di disagi e miseria vedevano aggiunta lindifferenza delle Autorite di chi ora vociava per Fiume, per la Vittoria Mutilata e per i QuattordiciPunti di Wilson.

    Intanto i battaglioni alpini dove prestavano servizio i nostri montanari sierano spostati oltre la nuova frontiera, in Austria, e ancora non si parlava dismobilitazione o di congedo perch le Autorit militari e politiche pensavanoche la gradualit della smobilitazione imposta da necessit dordinemilitare e di esigenze sociali. Occorre conservare in efficienza i repartistanziati in territorio austriaco o vigilanti sulla nuova frontiera, o quelliimpiegati in Albania; ed evitare il massiccio ritorno alla vita civile, in troppobreve spazio di tempo, di una massa imponente di uomini, moltissimi deiquali non troverebbero occupazione Ma tutto questo discorso era perch igovernanti temevano quello che era accaduto in Russia e che stavaaccadendo in Germania.

    Il Natale, nella misera casa del Pr del Giglio, si presentava triste e gramo.

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  • Il nonno, ora che non cera pi bisogno di tanta ghiaia lungo le strade chesalivano al fronte, con altri civili era stato mobilitato dal Genio militare persmontare le baracche delle retrovie; partiva alla mattina che era ancora buio eritornava alla sera che era gi buio, e anche se la paga non era tanta era pursufficiente per aggiungere un po di companatico alla polenta e al latte. Ungiorno, salendo con il camion verso la piana di Granezza dove cerano dasmantellare delle segherie, parl con il maresciallo che comandava il gruppochiedendo un lavoro qualsiasi per il nipote che aveva compiuto i quattordicianni. Il maresciallo del Genio, un pugliese delle Murge, promise diinteressarsi e, dopo aver preso informazioni dal brigadiere dei carabinieri,una mattina disse al vecchio: - Domani mattina tuo nipote pu presentarsi alComando del Genio a Lusiana. Lo manderanno a smontare le baracche delcomando verso il monte Bertiaga; ma devi raccomandargli di non portare vianemmeno un chiodo!

    Fu cos che Matteo mise sul braccio sinistro la fascia di militarizzato epot consegnare alla madre la prima paga, la somma di tante ore a trentatrecentesimi.

    Le baracche dei comandi erano le pi belle e le pi comode perch, anchese costruite uguali alle altre come misure e materiali, dentro avevano pispazio libero e pi comodit: brande con materassi e non tavolacci, stufe interracotta e non di lamiera, tavoli, cucine e cessi interni. Alle pareti eranoancora appese le carte geografiche e topografiche con segni rossi e blu,cerchietti e scarabocchi; sui pavimenti erano sparsi moduli e formulari,tabelle e specchietti, giornali, riviste illustrate. Carte utili e inutili venivanoraccolte e riposte in casse di munizioni svuotate e tutte le suppellettili caricatesui camion che le riportavano nei magazzini delle caserme e nei depositi.Anche le baracche venivano smantellate e gli elementi, dicevano i graduatiche sorvegliavano le operazioni, sarebbero poi serviti a ricostruire lebaracche per i profughi nei paesi dorigine.

    Gli ufficiali stavano attenti affinch non un oggetto di uso militare venissesottratto e quando sorpresero un ragazzo di Conco che dentro un sacco avevanascosto una pistola lanciarazzi con una dozzina di cartucce perch volevafesteggiare il Capodanno, venne licenziato su due piedi e denunciato alTribunale Militare per furto darmi da guerra. Malgrado ci, e pensandoalla ricostruzione della sua casa, un giorno Matteo riusc a nascondere in una

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  • fessura della roccia, verso la Rossingruba, alcune pentole, tazze, delle posatee una serie di piatti di ferro smaltato; poi coperse tutto con del muschio emise alcuni segnali per ritrovare il posto. Nel fare questo pensava: Avremobisogno di queste cose perch le nostre sono andate tutte in pezzi.

    Ora, per la paga che il ragazzo e il vecchio prendevano ogni quindicigiorni, e per il rancio che mangiavano a mezzogiorno sul posto di lavoro, erapossibile una certa abbondanza che permetteva alle due donne unaalimentazione sostanziosa e che fece riprendere a loro un po di colore sulleguance smunte. Il luned prima di Natale le due donne salirono sulla corrierache le port fino a Thiene; era giorno di mercato e pensavano di fare alcunecompere. L ebbero occasione di incontrare altre donne delle nostremontagne e cos si scambiarono afflizioni e speranze. Comperarono due paiadi zoccoli, alcune maglie da portare sotto, delle matasse di lana per fare calze,qualche asciugamano e quattro lenzuola per quando sarebbero ritornate lass.

    Anche Matteo pot avere ai piedi un paio di scarpe quasi nuove, alte sinoalle caviglie e robuste, di cuoio giallo: un giorno di dicembre, inquellinverno del 1918-19 la neve venne tardi e poca, con altri civili e soldatiera andato a raccogliere i soldati austriaci rimasti insepolti ai piedi delKaberlava, dove il bosco distrutto si raccordava al pascolo reso sterile dallebombe. Tra quei morti, ed erano tanti, cera chiss come portato dallevicende della battaglia, il corpo di un militare inglese, e in quellammasso dicorpi in cui per fortuna il freddo aveva fermato la decomposizione,risaltavano le scarpe gialle dellinglese. Matteo not subito quelle scarpequando ripose il corpo in un telo per dargli poi sepoltura nel cimitero delBarental e si present allufficiale che dirigeva loperazione per chiedergli sepoteva prenderle. Lufficiale guard i piedi di Matteo e scosse il capo, poidisse: - Ma s, prendile, a lui non servono pi.

    La guerra era terminata da pi di un mese e i nuclei famigliari dei profughicercavano di avvicinarsi ai piedi delle montagne per essere pi pronti alritorno con larrivo della primavera. Prendevano alloggio nei locali lasciatiliberi dalla truppa e nelle baracche, anche se qualche volta poi dovevanocontestare gli ordini dei Comandi che volevano smantellarle. Le classianziane vennero congedate e i richiamati delle classi 1874 e 1875 si riunivanoalle famiglie; i nostri alpini arrivavano in divisa e con un pacco di vestiariocivile sotto il braccio, in tasca avevano anche la polizza del combattente di

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  • lire mille pagabile a venticinque anni dalla vittoria. Qualcuno di questi,sfidando carabinieri e autorit, risaliva al paese per vedere cosa era rimasto,ma ritornava subito in pianura con lanimo straziato e la bocca piena dimaledizioni.

    Alla vigilia di Natale Matteo arriv a casa con un pezzo di lardo e uno diformaggio, a darglieli era stato un sergente della Sussistenza forse preso dapiet dal suo aspetto. La madre pot mettere insieme lardo fuso con patate,farina gialla, latte acido, un po di zucchero, qualche mela e qualche ficosecco per fare limpasto che, spianato in una teglia, mise a cuocere tra braci ecenere. Cos facevano qualche volta durante linverno, lass a casa.

    Quella sera per le strade dei paesi sentirono cantare La Nina che non eracome la loro antica canzone natalizia, un poco misteriosa e dalla melodiaprimitiva. Le campane che erano rimaste, una o due per campanile perchcon le altre avevano fatto armi, suonarono tutte insieme cos che sembrava lavoce di tutte, anche di quelle che non cerano. La mattina, quandorientrarono a casa dopo la messa dellalba, trovarono sul tavolo mezza gallinada fare lessa: forse erano stati i Salbeghi o gli Scalchi, non vennero mai asaperlo, e se anche una grande malinconia gravava sui loro animi quellamezza gallina e il dolce rustico rallegrarono un po il loro Natale.

    In quel pomeriggio Matteo non sapeva cosa fare, n dove andare; forse aMarostica o a Breganze erano aperte le sale cinematografiche, ma non avevasoldi da spendere in queste cose, o per losteria; allora usc a camminare perle strade lungo le colline tra i filari di viti, sentiva nelle gambe come unaforza incontrollabile che lo spingeva a camminare in su, verso le montagne,dove cerano tante cose da fare. O niente?

    Finalmente fin anche quel giorno carico di tristezza e quando il sole caldietro le brume dellinverno rientr in casa dove pur sempre cera un fuoco.Gi pensava che lindomani avrebbe ripreso il lavoro con i soldati del Genio,pens anche che, finalmente, le giornate ritornavano ad allungarsi e appenaappena il sole aveva spostato il suo punto di tramonto: si andava verso laprimavera.

    Che venne! con i primi timidi fiori tra le siepi e i canti dei passeri in amore.Alla sera prima di cena i ragazzi e le ragazze delle contrade si riunivano nellecorti o nelle piazzette per i loro giochi; i giovanotti alla sera andavano a

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  • morose da un paese allaltro, da una casa allaltra. Matteo non era pi ragazzoda giocare nei gruppi chiassosi dei cortili, ma non era ancora giovanotto davagabondare a morose e, a fine giornata, quando rientrava stanco si sedevasu un muretto a guardare i giochi. Qualche volta gli veniva da intervenire e sialzava per correre o giocare con i ragazzi e le ragazze, ma subito dopo sisentiva estraneo a quellallegria, a quel loro modo di giocare e di parlare e ungrande struggimento lo prendeva al ricordo di Caterina che non cera pi agodere con lui quella primavera che ritornava.

    Lass, sullAltipiano, era ancora inverno, e nei boschi devastati, nelletrincee profonde, nelle buche delle granate resisteva ancora il gelo che nonpermetteva alla terra di andare in amore. Ormai le baracche erano statesmontate e in parte rispedite in pianura, altre ammucchiate nei loro elementiai lati delle strade camionabili. Anche i depositi di munizioni e le artiglierieerano stati recuperati e gli ultimi soldati dei corpi di spedizione francese einglese erano ripartiti per le loro case. Restavano i cimiteri e i rottami dellaguerra e i prigionieri austroungarici di nazionalit polacca e croata chevenivano trattenuti per bonificare il terreno e per seppellire i cadaveri chesarebbero riapparsi allo sciogliersi delle nevi sulle quote pi alte. Dopotuttoquesti prigionieri preferivano restare qui ancora per qualche mese perch,almeno, avevano da mangiare.

    Una sera di fine febbraio, rientrando a casa, Matteo trov suo padre. Quelgiorno, per lui, era stato particolarmente disgustoso e amaro perch sul Coldel Rosso, in un ramo di trincea austriaca semifranata, avevano dissepoltouna decina di soldati italiani con i crani fracassati. In un ricovero due mazzeferrate testimoniavano la vicenda: feriti durante il combattimento forse eranostati deposti l dai compagni; nel corso della battaglia, quando le trinceecambiavano occupante, capit l una squadra di bosniaci e li finirono.

    Suo padre, ancora in divisa da soldato, era seduto accanto il fuoco, tenevasulle ginocchia la figlia e stava parlando con il nonno e la mamma. Si alz inpiedi e lo abbracci forte. Non dicevano niente, forse le cose da parlare eranotroppe, troppe domande per ambedue e i pensieri si frammischiavano senzapoter essere formulati in ordine. Suo padre ritorn a sedersi e guardandolodisse: - Come sei cresciuto mi hanno detto che vai a lavorare. Stavodicendo a loro che sono stato congedato. Sono venuto in treno fino a Thienee poi a piedi fin qui.

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  • Dopo un silenzio lungo e imbarazzante si alz nuovamente in piedi e disse:- Vi ho portato un po di roba da vestire della naia. Ecco qui.

    Si lev la giacca militare, si sfil la camicia di flanella che teneva sotto, poiunaltra camicia sotto questa, un farsetto a maglia, un altro. Restava ancoracon un farsetto sulla pelle e dalla cinta in su appariva magro come un pollospennato. - Sotto queste braghe, - disse, - ne ho un altro paio e anche duepaia di mutande di lana. Serviranno per voi. Per le donne, non ho portatoniente -.

    Restava l impacciato e buffo e da sopra i pantaloni gli usciva attorno alla vitail bianco sporco della fascia panciera dordinanza.

    Poi, dimprovviso, si ricord dello zaino che aveva deposto vicino alla porta;lo prese e laperse tra la curiosit di tutti. Lev due pezzi di sapone, duepacchetti di medicazione, un paio di asciugamani di tela e un pacco di pezzeda piedi ancora nuovo: - Nella consegna del corredo ho imbrogliato un po ilmagazziniere pensando che questa roba potrebbe servire meglio a te, - disserivolto alla moglie. - Ma ho ancora quattro gallette, due scatole di carne ecinquanta lire.

    Ora che era ritornato, che si era levato giubba e cappello, suo padre gliappariva invecchiato e stanco. Lo ricordava quando era partito con gli altririchiamati nellinverno del Quindici e nelle piazze delle grandi cittdimostravano le folle perch lItalia entrasse in guerra; sembrava, allora, chein pochi mesi tutto dovesse finire e che liberate Trento e Trieste sarebberoritornati a casa con fanfare e bandiere. Ma il vecchio Ghllar quando alsabato si recava al mercato si fermava davanti allOsteria della Faiona apredicare che la guerra non pastasciutta! N polenta quanti orfani,quante vedove

    I benpensanti lo prendevano per un buffone rimbambito ma un giorno ilbrigadiere dei carabinieri, da tutti conosciuto con il nomignolo di Kaiserper il suo cipiglio lo fece rinchiudere in prigione. Ma anche un generaleaveva fatto portar via e processare il parroco di Cesuna che predicava pace.Insomma pochi mesi, dicevano, e si vincer. Di mesi, invece, ne eranopassati cinquanta; tutte le case e i boschi erano stati distrutti; moltissimi eranostati i morti; poche volte suo padre era venuto in licenza, e sempre per brevetempo perch unoffensiva o una ritirata abbreviavano la sua sosta.

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  • Sembrava persino, si diceva, che i Superiori Comandi non mandassero conbenvolere in licenza questi soldati le cui famiglie erano profughe e i loropaesi occupati dal nemico. Ma ora era ritornato per sempre, e vivo, ossiasenza ferite o mutilazioni; e presto si sarebbe ritornati lass a ricostruire lacasa e tutto. Ma quanti non sarebbero ritornati?

    Anche il santolo Enrico non sarebbe pi ritornato perch era arrivata lanotizia della sua morte in combattimento. Suo padre laveva saputo quandoerano entrati in Austria; ma una sera aveva sentito che suo padre e sua madreparlavano di una strana e anche triste storia. Il santolo era stato in licenza unmese prima della ritirata di Caporetto ed era giunto dalle parti di Padova doveera profuga la sua famiglia. Si diceva che dopo aver notato lindifferenza disua moglie, che era una bella donna, e anche una insolita abbondanza di ciboe molta ricchezza di vestiti gli venne chiaro che qualcosa non andasse per ilsuo verso. Allo scadere della licenza finse di andarsene via sconsolato, mainvece di raggiungere il reparto al fronte la notte dopo ritorn a casa e trovsua moglie a letto con un capitano dellIntendenza. Se ne and. Ma perlevarsi la colpa la donna ne commise una ancora pi grande e convinse il suoamante a denunciare ai carabinieri il mancato rientro di suo marito albattaglione. Il santolo Enrico vagabond per due giorni pensando ai due figlipiccoli e quando raggiunse i suoi compagni in trincea il fonogramma che lodava disertore era gi arrivato al Comando di reggimento. Il capitano lochiam dentro il ricovero per parlare faccia a faccia. Subito dopo lufficialechiese di parlare con il comandante di battaglione; ma restava pur semprequel fonogramma dei carabinieri che aveva fatto la trafila gerarchica.Insomma i suoi superiori, giacch era sempre stato un bravo soldato, glievitarono il processo e forse la fucilazione, ma non il passaggiovolontario a un reparto di arditi, in cui trov la morte durante una battagliaper il Monte Val Bella.

    Per qualche giorno suo padre rimase in casa; non voleva lavorare damilitarizzato perch per troppi mesi aveva sentito comandi, e ora che erasopravvissuto a tante battaglie ed era in famiglia, non voleva pi aver a chefare con il Regio Esercito. And allora per le case pi sparse nella campagnae nelle colline per cercare lavoro nelle vigne o nei campi; ma ora che stavanoritornando anche i contadini un lavoro, per qualche giornata, lo trovavasolamente dove gli uomini erano morti in guerra. Ma un giorno di metfebbraio, senza dire niente in casa, anzi dicendo che andava a lavorare a

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  • Bassano, si rec al Comando dei carabinieri dove al tenente chiese ilpermesso per lui e per suo figlio Matteo di poter andare sullAltipiano dovecerano i loro beni. Voleva rendersi conto di cosa era rimasto lass e se conlarrivo della buona stagione avesse potuto dar mano a qualche lavoro.

    Partirono una domenica di buon mattino e a mano a mano che salivano lamontagna saliva anche il sole nel cielo. Sulle rive era tutto un cantare diallodole, e pi su di tordi e di merli; ma poi nei boschi distrutti dalleartiglierie, dagli scavi e dai tagli di guerra, si rifece silenzio. La neve era tuttasporca.

    Per tre volte vennero fermati nei posti di blocco, lultimo era allingressodel paese che poi attraversarono da una parte allaltra per lungo, dai FumegaiallEcchele lungo la via dei Bonora, la Maggiore, la Piazza della Fontana, laStrada del Mazzacavalli. Ma erano solo macerie, cumoli di macerie coperti daun leggero strato di neve. In mezzo a tutte quelle macerie restava in piedi, sulsuo basamento, la statua della beata Giovanna che pareva mestamentecontemplare la distruzione della sua terra.

    A ridosso di qualche mozzicone di muro i soldati, o i prigionieri, avevanocostruito delle baracche in legno, come base per i primi servizi e per isuccessivi interventi. Incontrarono dei soldati annoiati che sorvegliavano ungruppo di prigionieri polacchi che svogliatamente liberavano una via facendopassamano di sassi, mattoni e travi; quanto era rimasto delle case dopobombardamenti, incendi, saccheggi, combattimenti, uso di difesa o di offesa.Matteo e suo padre guardavano con il cuore stretto, senza parlare: quelle perloro non erano solamente macerie ma la fine di un mondo, di un paese e diun costume che erano iniziati quando i nostri antenati scelsero per viverequesta terra che nessuno voleva perch isolata, scomoda da raggiungere eselvaggia, ossia coperta da forti selve. Forse queste cose i due non lesapevano per istruzione ma lo sentivano distinto perch erano parte diqueste macerie di case, di questi boschi senza pi alberi vivi, di questi pascolisenza erba.

    Raggiunsero la loro contrada su un dosso al sole e si aggirarono per lerovine e le travi bruciate che erano state tetti, pavimenti, mura, camini, stalle,fienili. Aggirandosi cos a un certo punto, in un luogo nascosto a occhiindiscreti, videro uscire un po di fumo da un ricovero di fortuna e, su unreticolato teso l vicino, pendere una decina di volpi impagliate. Diedero una

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  • voce, socchiusero una porticina e l dentro, seduto accanto a una stufa datrincea, videro il vecchio Tana. Alz la testa, li riconobbe e li salutinvitandoli ad entrare e a sedersi a mangiare un boccone con lui. Il padre diMatteo lev dal tascapane una pagnotta, un pezzo di formaggio e una bottigliadi vino.

    Il vecchio Tana raccont che non si sentiva di restare ancora in pianura peraltri mesi, tra quella gente che non capiva quello che diceva; e poi quellariagli era pesante. Per questo senza aspettare gli altri era partito per conto suoevitando carabinieri, posti di blocco e soldati. Qui, intanto, si era costruitoquesto ricovero con le lamiere e le tavole lasciate dagli austriaci; aveva anchetrovato da mangiare e in un angolo si era fatta una riserva con un paio dicasse di gallette del Regio Esercito Italiano, scatolette di carne, scatole diminestra Chiarizia e di Torregiana.

    - Ma che cosa fate con quel fucile? - chiese Matteo. Era un fucile austriaco,un Mannlicher, e rispose che gli serviva per sparare ai corvi che di giornovenivano a mangiare dove erano stati sepolti i soldati, qui sotto negli orti deiLesce: di notte venivano le volpi a discoprirli e a mangiare e di giornovenivano i corvi. Quando cera la luna sparava anche alle volpi. Non leavevano viste qui fuori impagliate e appese?

    Accesero la pipa dopo che il vecchio Tana aveva accettato con entusiasmolofferta del tabacco. Se non fosse per il terreno che ancora gelato e copertoin parte di neve, diceva il padre di Matteo, anche loro sarebbero saliti dallapianura per dar mano a ripulire i campi per seminare le patate, e gli orti, etirar su un tetto per mettere intanto sotto la testa. Ma tra un mese, affermava,saremo qui anche noi. Prima dei saluti il vecchio Tana raccomand che allaprossima venuta gli portassero tabacco da naso e da pipa; tra le macerie dellecase dei P-ne aveva s trovato un vaso di tabacco, ma ora laveva finito e trale cose abbandonate dagli eserciti non cera verso di trovare mezzo sigaro.

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  • Capitolo ottavo

    Con linizio della primavera altri soldati vennero congedati, ma tra iprofughi incominci a premere un forte desiderio di mettersi in strada perritornare a casa. Dalla Lombardia, dal Piemonte e anche da laggi oltre il Pole famiglie raggiungevano il Veneto e le pianure ai piedi dei nostri monti; sisistemavano come meglio potevano in case o in baracche o in opificiabbandonati in attesa di un segnale, di un qualcosa che desse il via: il tuonodi primavera o il canto del cuculo. Invece si aspettava una circolare delleautorit governative.

    Un giorno il padre di Matteo ricevette lavviso di recarsi al Deposito delbattaglione, a Bassano, per ritirare il congedo perch sino allora era daconsiderarsi in licenza straordinaria. Al Deposito incontr Mos Stern, lexfuriere della sua compagnia, che oltre a essere compaesano conosceva tutti edera conosciuto sullAltipiano per il commercio che i suoi praticavano primadella guerra e anche perch aveva scritto e riscritto tutti i nomi dei richiamatie dei permanenti delle coscrizioni avvenute nei nostri paesi. Mos vollesapere se era ritornato lass e alla sua risposta affermativa chiese se le nostrecase erano come le avevano viste dopo lazione dellOrtigara, quando tanticompaesani erano morti e i sopravvissuti mandati a riposo. Alcuni di loroavevano fatto una corsa sino al paese e Mos ricordava che lAttilio Giosaveva ritrovato e portato con s i ritratti dei suoi vecchi che erano restatiappesi sullunico muro della casa rimasto in piedi, e il Toni Moro le scarpettedi sua figlia Antonietta raccolte tra le rovine; lui, invece, aveva sperato diritrovare i documenti di famiglia nella cassapanca del tinello, ma nellavecchia casa con il tetto di scandole il fuoco aveva bruciato tutto. Il nostropaese ora peggio, diceva il padre di Matteo, alle cannonate degli italiani edegli austriaci si erano aggiunte quelle degli inglesi e dei francesi. Non cerapi niente. Macerie e cadaveri di soldati.

    Mos volle sapere dove aveva la famiglia e come se la passavano.

    Disse che i suoi erano profughi in Emilia ma suo padre gli aveva scritto chetra pochi giorni sarebbero venuti in su, forse a Chiuppano; anche lui speravadi venire presto congedato, perch era stanco e nauseato di dover compilareliste di morti, di materiale disperso o fuori uso, specchietti e moduli. Cera

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  • ben altro da fare!

    Infine gli diede il buono per prelevare al magazzino il pacco vestiario chelEsercito donava agli ex combattenti, gli consegn anche il brevetto con lacroce di guerra e poi gli chiese: - Vuoi la polizza della vittoria di mille lirepagabili tra venticinque anni, o vuoi cinquecento lire subito?

    - Penso siano meglio le cinquecento lire. Tra venticinque anni chiss cosasar.

    - Hai ragione, tutti i nostri scelgono cos. Nelle nostre condizionicinquecento lire fanno comodo -. Il furiere compil moduli e ricevute chefece firmare.

    Con quei soldi in tasca e il pacco vestiario sotto il braccio ritorn a casacome avesse un tesoro. Il panno era buono e sua moglie lo tast tra le ditaper sentirne la qualit; le cinquecento lire vennero depositate su un libretto dirisparmio postale per averle al momento di ricostruire la casa.

    Nel mese di marzo sorsero tra i profughi segni di impazienza e ribellione,nascevano comitati di agitazione e si tenevano comizi.

    Erano stanchi di parole, di circolari, di promesse: ora che da cinque mesi laguerra era finita e vinta volevano ritornare alle loro terre dove cera tanto dalavorare. E poi, se si vuole mangiare dinverno bisogna seminare aprimavera. Ma che cosa aspettava il Governo a levare i posti di blocco elasciare libero il ritorno? A Treviso funzionava un Commissariato per le TerreLiberate che dipendeva dal ministro Raineri e a queste Terre Liberate eranostati assegnati amministrativamente anche i nostri Comuni, anche se dal 1866erano dentro i confini del regno. Ma questo Ministero non prendeva nessunainiziativa: o le trafile burocratiche non erano ancora arrivate allultima firma,o le necessit e i bisogni erano cos urgenti e tanti che non sapevano da cheparte incominciare.

    Intanto i soldati che venivano via via congedati e raggiungevano lefamiglie si facevano insofferenti per tante lungaggini e, forti per quello cheavevano visto e patito al fronte e per come avevano ritrovato i loro cari,ignorando visti e posti di blocco risalivano ai paesi distrutti spinti da unistinto incontenibile come gli uccelli migratori. Cos persino lautorit militare

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  • e governativa, personificata dal Commissario colonnello Lino Carrara,raccolse le proteste e diede allingegnere Girolamo Girardi lincarico dipredisporre un piano regolatore per la ricostruzione.

    Un pomeriggio nella casa del Pr del Giglio il padre di Matteo arriv conun mulo. A Thiene cera stata unasta di quadrupedi dellEsercito e cos perpoche decine di lire era riuscito a farsi aggiudicare un muletto grigio chenessuno voleva; gli era sembrato di buona indole e anche se fiaccato e magropensava che con lerba novella si sarebbe presto ripreso. Lo avrebbe servito aportare su quelle quattro cose che avevano e come aiuto a trasportare ilmateriale per ricostruire la casa.

    Quella stessa sera a cercare un posto per dormire la notte arriv inaspettatoma bene accolto Toni Ballot. Veniva dalla Lombardia e la sua famiglia, comemolte altre in quei giorni di fine maggio del 16, era stata caricata alla rinfusasu una tradotta di carri-merce. Dopo una settimana che li mandavano da unastazione allaltra e loro chiedevano la carit di un pezzo di pane trovaronobuona accoglienza e lavoro perch il signor Baumann, che sia benedetto,diceva il Ballot, aveva letteralmente spalancate ai profughi le porte del suopalazzo e ben centocinquanta tra donne ragazzi e vecchi avevano trovatoospitalit. Era un bel palazzo, diceva, con pavimenti lustri, bagni, camere conmaterassi di lana coperte e lenzuola. Cose da signori. Da camminare scalzi.Dove si parlava sottovoce. E poi aveva messo a disposizione anche la cucinae cibo. Ma anche i compaesani si erano comportati bene, non ci furonovillanie e non approfitt di un cucchiaio nemmeno chi ne era senza. Dopo,quasi tutti avevano trovato da lavorare negli stabilimenti o nelle campagne.Anche lui e suo fratello Angelo avevano lavorato in una fabbrica dimunizioni.

    Toni si sedette a tavola con loro a mangiare minestrone di riso e fagioli: -Vi siete anche trovata la morosa? - chiese scherzando il nonno.

    - Beh, insomma, la morosa proprio, no, - rispose Toni arrossendo Cancora gente buona che ha compassione, e poi quelle terre sono molto ricche.Ma forse sulle nostre montagne si sta meglio -. Detto questo trasse di tasca unfoglio di carta stampata, con fregio e capolettera, si accost al lume e lesse:Ai Profughi di Guerra che lasciano il Circondario di Varese. Profughi delleProvincie Venete!

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  • Mentre state per rivedere le vostre amate terre natie e per rientrare alle vostrecase che avete dovuto precipitosamente abbandonare nelle mani del feroce etracotante nemico, sentiamo il bisogno di ripetervi con rinnovata fede, queisentimenti di sincera fratellanza che, interpreti anche della intera popolazionenostra, abbiamo cercato di dimostrarvi nel miglior modo che ci fu possibilein questi mesi di vostra permanenza fra noi.

    Sbalzati qui a frotte innumerevoli, nelle ore pi grigie della nostra guerra edella nostra storia, dopo la improvvisa e spaventosa visione del nemicoirrompente nelle vostre case e il tumultuoso e triste viaggio verso un oscuroavvenire noi abbiamo cercato con tutte le nostre forze di assolvere il mandatoche la popolazione nostra con generoso slancio ci aveva affidato. Al vostroavvenire pensava la Patria e pensavano i vostri fratelli con affettuosapremura.

    Cos, raccolti in citt o sparsi nei pittoreschi paesi dei dintorni, avete potutoattendere, con immutata fede, il giorno radioso della riscossa: e alla saldezzadi questa fede noi abbiamo cercato di portare il nostro contributo,assistendovi in ogni vostra contingenza e dandovi quellappoggio morale emateriale che ci era consentito dal nostro mandato.

    Noi vi seguiamo col nostro saluto cordiale e col fervido voto che il ritornoalle vostre case si accompagni col coronamento di tutte le vostre miglioriaspirazioni e delle vostre maggiori speranze. E non dimenticheremo maicome voi non dimenticherete i giorni qui passati insieme, perch il saldovincolo di fratellanza che ci unisce, fu riconsacrato nei giorni pi oscuri dellasventura e nei giorni pi radiosi della vittoria.

    Poi Toni lesse ancora: Varese ventisei febbraio millenovecentodiciannove.La Commissione: Cavalier Silla Badini Presidente - Cavalier AvvocatoTaccheo Briere Nobile Carlo - Giovanni Bagaini.

    - Che belle parole, - disse il padre di Matteo. - La nostra terra, la nostrapatria, le nostre case, la vittoria. La patria che pensa al nostro avvenire. Malass la nostra patria stata distrutta. Non c pi. Loro dicono cos perchnon sanno e non hanno visto. Intanto che predicavano, a noi morta unabambina. E non abbiamo niente; tutto ci ha portato via la loro patria.

    Era la prima volta che nominava la piccola Orsola morta di febbre

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  • spagnola e due grosse lacrime gli scesero sulle guance. Pos sulla pietra delfocolare il piatto di minestra che teneva sulle ginocchia e usc. Sua moglie losegu con lo sguardo e fu come se un grosso peso le venisse levato dal cuore.Toni, Matteo e il nonno finirono di mangiare in silenzio, guardando il fuocoche stava spegnendosi.

    Quando scese la sera il padre rientr e ora pareva che le lacrime gliavessero lavato gli occhi. Ripresero a parlare. Matteo chiese a Toni quandosarebbe venuto dalla Lombardia anche suo fratello Angelo e fecero i progettiper quando tra pochi giorni, caricati tutti i loro beni sul mulo grigio,sarebbero ritornati alla loro contrada.

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  • Capitolo nono

    Per maggio bisognava seminare quel poco che era possibile, ma primadella semina, da quello che si era visto, cera molto lavoro: ripulire i terrenida bombe e reticolati, riempire le trincee, livellare le buche delle esplosioni.Ma prima ancora posare un tetto su quattro mura per mettere sotto la testa. Ilpadre di Matteo and al Comando dei carabinieri e poi sino a Vicenza dalCommissario del Governo per lAltipiano a farsi rilasciare il permesso per ilritorno. Gli impiegati non volevano darglielo perch lass, dicevano, non eraancora possibile la vita civile e non cera ancora niente di organizzato che lapermettesse. Cerano solo militari e prigionieri di guerra addetti alla bonificae al recupero. Allora chiese di parlare personalmente con il colonnelloCarrara, anzi, usando i termini militari domand di essere messo a rapportocon il Commissario. Tanto insistette che fu fatto passare.

    Il colonnello volle sapere dove aveva combattuto e con chi, e quando sentnominare il battaglione, i comandanti, i luoghi e i fatti e visto il foglio dicongedo che lui si portava in tasca, lasci vedere una certa disponibilit ecomprensione. Infine gli chiese dove era la sua casa, in che contrada.

    - Non c pi niente l, tutto distrutto. Come farete a vivere con ibambini? - gli chiese alle sue risposte.

    - Ce la caveremo signor colonnello. Ci dia il permesso di ritornare.

    - Ma mezzi ne avete?

    - Abbiamo un mulo e qualche risparmio.

    Il commissario Carrara stette un po soprappensiero, infine prese unmodulo e si fece dare le generalit e lindirizzo: - Deve ritornare tra qualchegiorno con lo Stato di Famiglia rilasciato dal Comune di residenza e con ilcertificato di profugo rilasciato dal vostro Sindaco. Siete tra i primi a cui do ilpermesso, non dovete procurarmi guai. E mi raccomando di rispettare leordinanze!

    Quando ritorn al Pr del Giglio aspett con impazienza il rientro diMatteo dal lavoro e quella sera, mentre cenavano, annunci prossimo il

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  • ritorno alle loro montagne. - Forse andremo su domenica, - disse. - E tu,ragazzo, ricordati di dire al maresciallo che da luned ti ritieni licenziato; cossabato potrai avere anche la tua paga.

    Negli occhi di tutti finalmente dopo tanti mesi si accese unallegra speranzae Nina batt le mani gridando: - Ritorniamo a casa! Domani andiamo a casa!

    - Quanti soldi disponibili abbiamo? - chiese il nonno. - Bisogner fare unpo di conti.

    La madre dopo cena riassett subito la cucina e preso un lapis copiativo eun foglio di quaderno si accost al lume a petrolio e incominci a faresomme dopo aver chiamato accanto a s il marito: Cinquecento lire di premioper la vittoria, cinquanta lire mi hai portato dalla guerra la paga di tuopadre quando spaccava sassi per far ghiaia, la paga di Matteo a trentatrecentesimi lora per nove ore al giorno Matteo, quanti giorni hai fatto con ilgenio militare? Abbiamo millenovantadue lire.

    - Con questo possiamo farcela, se la salute ci assiste, - comment il nonno.

    Per avere il passaporto, cos chiamavano il documento che permetteva ilrientro, bisogn pagare una tassa sul bollo e quando finalmente arriv edecisero di partire era il quattro di marzo, ma con lobbligo di non usciredalle strade e dai tracciati indicati da apposite tabelle: troppe bombe inesploserestavano ancora sui campi e gi diversi incidenti mortali erano accaduti tracoloro, prigionieri e militari, che erano addetti alla bonifica. Da quando senzapermessi e senza tasse sul bollo avevano abbandonato tutto ed erano fuggitisotto le bombe che demolivano le case come fossero di cartone, eranotrascorsi trentaquattro mesi.

    Ora, finalmente, ritornavano. Prima di mettersi in viaggio erano andati tuttiassieme al cimitero di Calvene a pregare sulla tomba di Orsola perchproteggesse il loro ritorno. L una piccola croce di legno e una targhetta dilamiera indicava il luogo e il nome come per la tomba di un soldato. Matteo,quel giorno, volle ritornarci da solo per portare un saluto a Caterina. Lungole siepi aveva raccolto un mazzetto di viole azzurre e profumate, le prime, elo divise sulle due tombe delle ragazze. Era una bella sera, dolce; i pratiincominciavano appena a rinverdire e le robinie gonfiavano le gemme, ipasseri in amore si rincorrevano lungo le file dei gelsi, le campane

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  • suonavano e gi, lontano, verso il mare, il cielo aveva un colore verdolinocome riflettesse lacqua. Sentiva malinconia e speranza premergli il petto,infine usc dal piccolo cimitero sulla collina dopo aver fatto ciao con lamano.

    Il padre di Matteo, anche se il piccolo affitto era stato pagato dal Comunecon i fondi messi a disposizione dallo Stato, and dal proprietario dellacasetta per salutare e ringraziare: - Vi lascio tutto in ordine e pulito, - disse.

    Salutarono anche i contadini che abitavano nelle case pi vicine: i Maso, iPozza, i Salbeghi. I Nicoli della Mare diedero a Matteo anche un sacco conuna trentina di chili di patate: - Ti serviranno per la semina, - dissero. - Noine abbiamo in pi e a voi faranno comodo.

    Anche i Salbeghi vollero donare una decina di chili di farina gialla: - Viservir per le prime polente. Dicono che lass non si trova niente.

    Caricarono sul mulo grigio, Reno era il nome che gli avevano datonellesercito, le coperte, le pentole, i sacconi di cartocci e quanto potevaportare; altre cose se le caricarono in spalla Matteo e suo padre dentro insacchi legati con corde agli angoli a modo di zaino; due sporte avevano ilnonno e la madre. Nina teneva stretta al petto la sua bambola di pezza; lacazza dellacqua era invece agganciata a una corda che teneva il carico suldorso del mulo.

    Andarono cos in fila: davanti il padre che conduceva Reno alla cavezza;poi Matteo, il nonno, Nina e la madre. Presero il sentiero che univa lacontrada delle Giare alla contrada del Monte di Calvene e quando furono allaCurva del Fontanello si fermarono per far riposare un po il mulo cheansimava per la salita ma anche per dare ancora uno sguardo laggi, nellaradura prativa circondata dal bosco, dove rosseggiavano i coppi della casadel Pr del Giglio.

    Nina si era attaccata alla sottana della madre e quando giunsero al Pr delCavalletto dove in bellordine erano stati sepolti i soldati inglesi, chiese diessere portata in braccio perch era stanca.

    Arrivarono alle Mazze dove incontrarono la squadra di operai con cui avevalavorato anche Matteo; stavano smontando ancora baracche e dei camion 18

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  • B.L. erano in attesa di essere caricati: - Le mandiamo ad Asiago per iprofughi che stanno ritornando, - disse il maresciallo.

    - E magari proprio una di queste potrebbe essere la vostra. Vengono date inuso gratis. Auguri e buona fortuna!

    Proseguirono per la Barental. Matteo e suo padre avevano gi visto comela guerra era passata e cosa aveva provocato, ma per il nonno e la madre eraquesta la prima volta che vedevano il disastro e guardavano pi stupiti eincreduli che addolorati. Solo quando giunsero allapertura