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1 Mario Piatti, Enrico Strobino DALLA FILASTROCCA ALLA CANZONE 1 Filastroccantare Possiamo individuare un territorio di frontiera tra filastrocca e canzone, caratterizzato dalla modulazione della voce. Se si ascoltano i bambini quando nelle loro attività spontanee e giocose usano le loro filastrocche (per la conta, per ‘canzonare’ i compagni, per i giochi cantati, ecc.) è facile percepire frammenti di melodie (per altro non sempre costruite su scale tonali): una voce che cantilena, che saltella in su e in giù, che segue metriche non standardizzate. Del resto non è un caso che il testo di molti giochi cantati abbia la struttura delle filastrocche, e come tali vengono anche classificati. È il caso ad esempio di Cecco velluto (cfr. Goitre, Seritti 1980, p. 77): Cecco velluto, suonami l’imbuto, suonamelo bene che San Martino viene. Viene da Roma, che porta una corona d’oro e d’argento, che costa millecento. Centocinquanta la pecorina canta, canta lo gallo, risponde la gallina. Gallo, gallina, la vecchia Menichina s’affaccia alla finestra co’ una ghirlanda in testa. La ghirlanda mi cascò… la mia bimba s’addormentò. Nell’ambito delle filastrocche-giochi cantati, le parole e il canto in genere non sono fini a se stessi, non sono cioè funzionali alla semplice esecuzione cantata, ma sono in relazione appunto al gioco, prevalentemente motorio. La musica e il movimento rappresentano gli elementi più caratteristici dei giochi cantati: tutte le varie evoluzioni-gioco sono scandite da un ritmo stabilito dal canto. Musica e movimento formano il gioco stesso. Il valore musicale e motorio di questi giochi sta nel fatto che essi richiedono ai bambini movimenti ritmici e ginnici senza essere per questo ginnastica o danza. […] Lo stesso discorso vale per l’aspetto musicale che è anch’esso inserito in un contesto che motiva l’apprendimento ritmico e melodico. (Staccioli, Ritscher 1988, p. 23) Va tenuto conto comunque che, con l’uso di filastrocche e giochi cantati, vengono attivati anche processi di socializzazione e di acculturazione specifica. Non si tratta quindi solo di materiale verbale o musicale con pura funzione ludica: il canto e il movimento diventano strumenti di socializzazione, di messa in moto di dinamiche interpersonali, di costruzione di mappe concettuali che favoriscono (o inibiscono) lo sviluppo intellettivo ed emotivo. Ci basta, in questa sede, aver richiamato questo aspetto, rimandando, per gli approfondimenti, agli specifici studi di carattere antropologico e psicologico. Tornando ad aspetti più operativi, è interessante notare come una filastrocca possa essere ‘rivestita’ musicalmente in tanti modi, con ritmi e melodie di vario genere, e quindi assumere particolarti sapori musicali a secondo della tonalità, della metrica, della forma usata. È il caso ad esempio della filastrocca di 1 Capitolo tratto da: Mario Piatti, Enrico Strobino, Anghingò. Viaggi tra giochi di parole e musiche, con CD, Edizioni ETS, Pisa, 2003.

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Mario Piatti, Enrico Strobino

DALLA FILASTROCCA ALLA CANZONE1 Filastroccantare Possiamo individuare un territorio di frontiera tra filastrocca e canzone, caratterizzato dalla modulazione della voce. Se si ascoltano i bambini quando nelle loro attività spontanee e giocose usano le loro filastrocche (per la conta, per ‘canzonare’ i compagni, per i giochi cantati, ecc.) è facile percepire frammenti di melodie (per altro non sempre costruite su scale tonali): una voce che cantilena, che saltella in su e in giù, che segue metriche non standardizzate. Del resto non è un caso che il testo di molti giochi cantati abbia la struttura delle filastrocche, e come tali vengono anche classificati. È il caso ad esempio di Cecco velluto (cfr. Goitre, Seritti 1980, p. 77):

Cecco velluto, suonami l’imbuto, suonamelo bene

che San Martino viene. Viene da Roma,

che porta una corona d’oro e d’argento,

che costa millecento. Centocinquanta

la pecorina canta, canta lo gallo, risponde la gallina.

Gallo, gallina, la vecchia Menichina

s’affaccia alla finestra co’ una ghirlanda in testa. La ghirlanda mi cascò…

la mia bimba s’addormentò. Nell’ambito delle filastrocche-giochi cantati, le parole e il canto in genere non sono fini a se stessi, non sono cioè funzionali alla semplice esecuzione cantata, ma sono in relazione appunto al gioco, prevalentemente motorio. La musica e il movimento rappresentano gli elementi più caratteristici dei giochi cantati: tutte le varie evoluzioni-gioco sono scandite da un ritmo stabilito dal canto. Musica e movimento formano il gioco stesso. Il valore musicale e motorio di questi giochi sta nel fatto che essi richiedono ai bambini movimenti ritmici e ginnici senza essere per questo ginnastica o danza. […] Lo stesso discorso vale per l’aspetto musicale che è anch’esso inserito in un contesto che motiva l’apprendimento ritmico e melodico. (Staccioli, Ritscher 1988, p. 23) Va tenuto conto comunque che, con l’uso di filastrocche e giochi cantati, vengono attivati anche processi di socializzazione e di acculturazione specifica. Non si tratta quindi solo di materiale verbale o musicale con pura funzione ludica: il canto e il movimento diventano strumenti di socializzazione, di messa in moto di dinamiche interpersonali, di costruzione di mappe concettuali che favoriscono (o inibiscono) lo sviluppo intellettivo ed emotivo. Ci basta, in questa sede, aver richiamato questo aspetto, rimandando, per gli approfondimenti, agli specifici studi di carattere antropologico e psicologico. Tornando ad aspetti più operativi, è interessante notare come una filastrocca possa essere ‘rivestita’ musicalmente in tanti modi, con ritmi e melodie di vario genere, e quindi assumere particolarti sapori musicali a secondo della tonalità, della metrica, della forma usata. È il caso ad esempio della filastrocca di

1 Capitolo tratto da: Mario Piatti, Enrico Strobino, Anghingò. Viaggi tra giochi di parole e musiche, con CD, Edizioni ETS, Pisa, 2003.

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Gianni Rodari Girotondo di tutto il mondo (Rodari, 1972, p. 74), un testo che ha attratto parecchi musicisti2, e che quindi assume, di volta in volta, un carattere diverso. Per altro verso, scopriamo che i giochi verbali e il nonsense che abbiamo visto nei capitoli precedenti entrano talvolta anche nelle canzoni, e non solo in quelle per i bambini. Come ricorda Luca Serianni, … gli storici della canzone hanno dato il giusto risalto a episodi sanremesi come Papaveri e papere (di Mascheroni e Panzeri, 1952), tra l’altro salutati da grande successo di pubblico. Accanto ai possibili messaggi politici, dissimulati nell’innocente gioco della filastrocca (siano essi progressisti o, come ritiene Borgna, reazionari: ma quel che importa è che sia possibile una seconda lettura, di là dal significato superficiale del testo), andranno sottolineati alcuni requisiti linguistici, non usuali nel grigiore del festival. Prima di tutto, il riemergere di quel nonsense song che aveva dato così buone prove di sé negli anni Trenta con Rodolfo De Angelis e che tornerà ad essere popolare nei Sessanta con Enzo Jannacci, ma del quale sarebbe difficile indicare altri campioni significativi oltre la fine dei Quaranta (la celebre Eulalia Torricelli di Redi, Olivieri e Nisa è del 1947). Poi, il gusto per i giochi fonici, le associazioni di significanti che si traducono in significati imprevisti e paradossali e che, proprio per questo, stimolano più interpretazioni diverse (ferma restando, s’intende, la possibilità del puro gioco verbale che ha in sé stesso la propria ragion d’essere): “La Papera al Papero disse: Papà / pappare i papaveri come si fa?”. (Borgna, Serianni 1994, p. VI) Nel testo a cura di Borgna e Serianni si fa anche notare, con riferimento alla canzone degli anni trenta e quaranta, come, il successo del genere comico possa essere attribuito a varie cause: prima di tutto la voglia di allegria in tempi sempre più cupi, il bisogno di rifugiarsi nell’assurdità, almeno superficialmente innocua, dei testi comici. I temi umoristici, con la connessa libertà di combinazione ed invenzione linguistica ed il ricorso al non-sense, erano certamente adattabili alle esigenze di ritmi veloci, quali il fox-trot, la rumba, lo swing, che in quegli anni andavano diffondendosi, venendo quasi a costituire un fronte d’opposizione alla tradizionale musica melodica. (ivi, p. 16) È interessante poi notare, seguendo sempre le indicazioni del testo citato con riferimento agli anni Cinquanta e Sessanta, come accanto a testi di canzoni prevalentemente legati ai temi dell’amore o ad argomenti politico-religiosi, si trovi anche … un cospicuo numero di motivetti ludici, storielle, filastrocche, spesso dotate di formulette nonsense o di facili giochi verbali [è il caso, per esempio, di Cirillino-ci (1954) e di Piripicchio e Piripacchio (1954)]. Il testo esemplare nel genere è certamente Papaveri e Papere (1952): Su un campo di grano, che dirvi non so, un dì Paperina col babbo passò e vide degli alti Papaveri al sole brillar… e lì s’incantò […] L’attacco tipico delle fiabe viene qui reso al v. 2 con “un dì” (= c’era una volta), che fa riferimento a un tempo indeterminato, aggiungendosi all’indicazione (v. 1) di un luogo altrettanto indeterminato (“Su un campo di grano, che dirvi non so” = c’era un campo di grano), secondo un procedimento funzionale, volto a stimolare la curiosità degli ascoltatori. Caratteristiche sono poi l’iterazione (di parole: “alti, alti, alti”; o di interi versi: “… e tu sei piccolina”) e la ricorsività dei moduli narrativi, che si ripresentano tra una strofa e l’altra, anche se a volte variati per opposizione, nella stessa sequenza. (ivi pp. 56-57). L’analisi compiuta nel testo citato si sviluppa anche su testi di autori più recenti, da Fabrizio De André a Francesco De Gregori, da Claudio Baglioni, a Lucio Battisti (con particolare riferimento ai testi di Pasquale Panella) e a Paolo Conte, del quale riportiamo, a titolo documentativo, alcuni versi tratti da High-bat:

Afro afrore fra bufali cafri

confabulano zufoli sussurreggiano giade di Giuda (chi guida?) fra guadi e giunchi

2 Da una recente ricerca (cfr. Piatti 2001) la filastrocca risulta musicata da (in ordine alfabetico e con la data della edizione): Giuseppe Dati (1999), Donato Falco (s.d.), Mauro Goia (1991), Mario Gonzo (1983), Giuseppe Lenardon (1993), Sergio Liberovici (1962), Maria Pia Pasoli (1975), Mario Piatti (1980), Mira Pratesi (1973), Antonio Virgilio Savona (1999), Roberta Sbordoni (s.d.), Alberto Soresina (1979).

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biade giganti già fragranti e

fragorose, rosee come froge frige

fra frumento e fronde esco, ecco, tra le frasche

[…] gli usi degli usignoli

sì, gin gong

ginseng gen sing

sembilang […] A quanto pare tiritere, nonsense, filastrocche e giochi di parole non sono solo cose da bambini... E per passare dalla filastrocca alla canzone, giochiamo un po’ con le parole:

Fila Filastro

Filastrocca Filastroccare

Filastroccantare Se metti tante parole in fila

puoi fare anche una filastrocca che può risultare bella e intelligente, o anche un po’ curiosa o sciocca.

Chi fa le scarpe è il calzolaio, chi fa il pane è il fornaio,

chi fa il gelato è il gelataio, chi fa le filastrocche è il filastroccaio, e chi, oltre a fare filastrocche, le canta

è il filastroccantante. Una canzone per cominciare...

Story E. Strobino

Once upon a time the world was round And you could go on it around around

C'è una storia che il mondo sa E in giro tondo poi si canterà

C'è una storia che il mondo sa E in giro tondo poi si danzerà.

Once upon a time the world was round And you could go on it around around

E' la storia di chi dice che

Il mondo gira anche senza te È la storia di chi dice che

Il mondo gira anche grazie a te.

Once upon a t ime the world was round And you could go on it around around

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C'è un regalo che il mondo fa

La luna in cielo a chi la guarderà C'è un regalo che il mondo da Un orizzonte a chi camminerà

Once upon a time the world was round And you could go on it around around

E’ arrivato un bastimento carico di... C’è un vecchio gioco che si può fare in un gruppo di persone sedute in cerchio. Uno dei partecipanti ha un fazzoletto annodato; dopo aver pronunciato la frase che dà il titolo al gioco fa una pausa e, all’improvviso, mentre sceglie una lettera dell’alfabeto, lancia il fazzoletto a sorpresa verso uno del gruppo: è arrivato un bastimento carico di...A! Il destinatario del lancio deve prendere il fazzoletto e nello stesso tempo pronunciare una parola che comincia in questo caso per A. Chi non ha la risposta pronta o non riesce ad afferrare il fazzoletto fa penitenza e il fazzoletto resta al giocatore che l’ha lanciato. In caso contrario il nuovo giocatore va al centro per lanciare il fazzoletto, scegliendo una nuova lettera (Dossena G. 1997, p.86). Un altro gioco da fare con vocali e consonanti: a coppie, uno di fronte all’altro, ci si guarda negli occhi mentre uno dei due distende un poco la mano verso l’altro che, improvvisamente, cercando dentro di sé il momento preciso in cui scattare, cercherà di afferrare la mano del compagno. Colui che prende emetterà in concomitanza col suo gesto un suono-punto (vocale o consonante), molto energetico; chi scappa accompagnerà il suo gesto di reazione con un suono-linea (vocale o consonante).3 Il primo gioco ha ispirato la filastrocca di Gianni Rodari, qui trasformata in canzone, con l’aggiunta di una nuova strofa:4

3 Un paesaggio musicale nato da questo gioco si può ascoltare nel CD allegato, in Sumaloko Suite. Ringrazio qui Yves Favier per avermelo insegnato. 4 La canzone è già stata pubblicata in Mario Piatti, E’ arrivato un bastimento, Pro Civitate Christiana, Assisi. Nel CD allegato ne presentiamo una variante che, tra l’altro, aggiunge nel testo alcune parole (segnalate in corsivo) per esigenze metriche.

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Il bastimento G. Rodari, M. Piatti

E’ arrivato un bastimento

E’ arrivato carico di A E’ arrivato un bastimento

E’ arrivato carico di A.

Aranci, avvocati, ananassi, antenati artigiani, accattoni, aquile, aquiloni,

accendini, armistizi, alabarde, avventizi, arazzi, armonie ed anche le mie zie, con altre astruserie e molte amenità

quel bravo bastimento tutto carico di A.

Dopo una settimana è arrivato un altro bastimento: era tutto carico di B.

I bastimenti ci impiegavano una settimana per arrivare dal paese dell’alfabeto.

Fu così che dopo diciassette settimane...

E’ arrivato un bastimento E’ arrivato carico di S

E’ arrivato un bastimento E’ arrivato carico di S.

Scarpe, scimmioni, satelliti, saponi,

scafandri, sacchetti, squadre, scudetti, sculture, stagnini, sceicchi, spazzolini, salami, scienziati, maestri licenziati,

con sogni mai sognati e storie già successe, quel bravo bastimento tutto carico di S.

Con sogni mai sognati e storie già successe, quel bravo bastimento tutto carico di S.

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Abbiamo già parlato del piacere dell’elencazione, una forma di litania basata su parole in qualche modo vicine una all’altra, per assonanza o per altre parentele. Il principio compositivo sta alla base di vari esempi di poesia popolare: si tratta di allacciare le strofe inserendo in ciascuna un elemento appartenente ad un insieme ordinato (numeri, mesi, giorni, parti del corpo, ecc.). Nascono così i canti enumerativi, i canti alfabetici, destinati appunto a far pratica dell’alfabeto ma che sottintendono anche un significato rituale; i canti cumulativi, che sommano progressivamente il materiale delle strofe precedenti (per es. Alla fiera dell’est, Alla fiera di Mastr’André, Mia mama vol chi fila, ecc.). Rimanendo nel campo dell’alfabeto l’allitterazione definisce la rassomiglianza iniziale di due parole (parole con suono o lettera iniziale uguale, chiamata anche tautogramma), o di parole con alcuni suoni o alcune lettere iniziali uguali. A volte con questo termine si indica anche una rassomiglianza mediana o incrociata di due parole. Molti sono per esempio gli scioglilingua basati su questo meccanismo che di per sé assicura un buon effetto filastrocca:

Tikete taket i tak te me taket i tak a mi?

mi takàt i tak a ti? taketi ti i to tak tikete taket i tak

Lo scioglilingua milanese (21 T, 12K e 3M) mette in scena il dialogo fra un ipocrita e un ciabattino: “Tu che attacchi i tacchi, puoi attaccare i tacchi a me?” E il ciabattino all’ipocrita, anche lui realtà ciabattino: “Io attaccare i tacchi a te? Attaccateli tu, i tuoi tacchi, tu che attacchi i tacchi!” (Dossena, 1997, p.66-67). L’Alfabeto Apocalittico, di Edoardo Sanguineti (Sanguineti,1987) dedicato a Enrico Baj, si compone di 21 ottave, ciascuna tautogrammatica in una delle 21 lettere dell’alfabeto; l’alfabeto si apre naturalmente con la “a”:

Anime amiche all’aspro astro afrodittico, abnepoti dell’albero adamitico,

audite le mie angui & di anguille arcialfabetiche: apro abissi di aleppi apocalittiche,

ansimo ansie di angoscie & di asme asfittiche: adattemi auricole atte & attente,

annunzio un acre, acerrimo accidente: e si chiude con la “z”:

zinne & zanne di zanni in zanzariera, zìngare con zigàni in zuccheriera, zecche di zecca & zane di zerbini,

zanfate di zolfare in zatterini, zebre alla zuava, a zimarre, a zucchetti,

zighe zaghe di zuffe con zibetti: zuppo di zeta è il zozzo zibaldone, zampilla zuppa di zuzzurellone.5

Ci sono poi i testi monovocalici, scritti cioè utilizzando una sola vocale, e che quindi rappresentano un caso particolare di allitterazione. Utilizzando frammenti dei testi monovocalici di U. Eco (Eco, 1991, p.39) si può costruire uno sfondo in U al quale sovrapporre un testo in I:

5 Per una canzone costruita sull’allitterazione in Z si veda di Paolo Cerlati, Zanzare, in.......

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Coro B:

S’impilin libri difficili, distillin brividi di risi

inscindibili. Irridi i limiti critici,

gli stilisti ritriti, scintillin intimi distici, lirici bisbigli di cigni,

trillin i tirsi, i sistri Lici. Fillidi, miti silfidi, mirin i miti Ittiti,

Dimmi di scibili ripidi. Licht!

O ancora cercare o rivestire melodie esclusivamente con vocali, come la seguente:6

Euo da Coyote, B. Mc Ferrin

6 La melodia è presente nel CD allegato, all’interno di Sumaloko Suite.

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Le canzoni di Gelsomino Le canzoni di Gelsomino Questa è la storia di Gels omino, come egli stesso me l’ha raccontata: per ascoltarla tutta sono quasi diventato sordo, nonostante mi fossi cacciato nelle orecchie un mezzo chilogrammo di bambagia. La voce di Gelsomino, infatti, è così squillante, che quando egli parla, per modo di dire, “sottovoce”, lo possono sentire anche i passeggeri degli aeroplani a reazione, a diecimila metri di altezza sul livello del mare e dalla testa di Gelsomino. Egli è oggi un tenore celebre da un polo all’altro, e possiede un nome d’arte altisonante e un po’ pomposo, che non vale la pena di riferire qui, perché lo avrete letto cento volte sul giornale: Gelsomino è il suo nome da ragazzo, e con quel nome comparirà nella nostra storia. C’era dunque una volta un bambino qualunque, forse perfino un po’ più piccolo degli altri, il quale però fin dai primi strilli si rivelò proprietario di una voce strepitosa...(Rodari 2000, p.9) Con la sua voce Gelsomino ne combina di tutti i colori: i suoi strilli appena nato svegliano tutta la gente della città, rendendo inutile l’uso delle sirene che annunciavano l’inizio dei turni di lavoro nelle fabbriche; a scuola, rispondendo all’appello del maestro, rompe i vetri e le lavagne; allo stadio devia in gon i palloni; nell’orto fa cadere le pere mature senza fatica, tanto che tra i suoi compaesani c’è che lo ritiene uno stregone, chi un santo. Alla fine però Gelsomino decide di lasciare il paese: “me ne andrò per il mondo e proverò a far fortuna con la mia voce”. Fu così che Gelsomino capitò nel paese dei bugiardi, governato da Giacomone, ex pirata che insieme ai suoi compagni d’avventura, occupò una intera nazione, e – commenta Rodari – “… fin qui niente di straordinario: succede abbastanza spesso che una banda di pirati si impadronisca di questo o di quel paese in qualche parte del mondo. […] Ma per essere sicuro che a nessuno saltasse mai in testa di dire la verità sul suo conto ordinò ai suoi ministri di riformare il vocabolario”. Dapo varie vicende vissute con l’amico gatto Zoppino [… lasciamo i lettori con un po’ di suspence…] succede che “Gelsomino canta sul serio; / segue una fuga e un putiferio”, e infine “Gelsomino con una canzone / mette in fuga anche Giacomone”. Come documentato altrove (Piatti 2001), usando le tecniche che lo stesso Rodari propone nella Grammatica della fantasia , le storie possono costituire un buon nucleo generativo per attività pluri e interdisciplinari in cui la musica giochi un ruolo non secondario. Nella storia di Gelsomino (oltre al lavoro sulla tematica di fondo del rapporto verità/bugia) si trovano utili spunti per lavorare con la voce e sulla voce, oltre che inventare una drammatizzazione utilizzando le canzoni di Gelsomino, che Rodari riporta al termine della storia: Ho trascritto alcune delle canzoni di Gelsomino: ce n’è di buffe, di bislacche e di serie. Voi potete scegliere quelle piacevoli e dimenticare le altre (Rodari 2000, p.143). Così abbiamo fatto: ne abbiamo scelte alcune e le abbiamo musicate, altre le abbiamo tralasciate, alcune dimenticate. Una era in un’altra storia e quindi in un altro cassetto: l’abbiamo inserita nel gruppo perché ci stava bene.

Le bugie G. Rodari, M. Piatti

A me piacciono le bugie

non le tue non le mie Quelle che il muto può dire al sordo e il sordo narrare a un topo morto, se il topo morto quando le ascolta

fa un inchino e una giravolta.

A me piacciono le magie non le tue non le mie

Quelle che Harry può fare a Silente

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e Silente insegnare a un serpente, il serpente quando le impara prima canta e poi si spara.7

Anghingò G. Rodari, M. Piatti, E. Strobino

An-ghin-gò

tre galline e tre cappò dove andavano non so:

forse andavano al mercato a comprare il pan pepato.

An-ghin-gò

tre galline e tre cappò dove andavano non so: forse andavano nell’orto

a beccare un porto storto;

An-ghin-gò tre galline e tre cappò

dove andavano non so: forse andavano in città

a studiare che cento bugie non fanno una verità.

7 La seconda strofa è stata composta da ragazzi e ragazze di prima media.

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Il pane G. Rodari, E. Strobino

Se io facessi il fornaio vorrei cuocere un pane così grande da sfamare chi non ha da mangiare

Un pane più grande del sole, dorato,

profumato come le viole

Un pane così verrebbero a mangiarlo dall’India e dal Chilì i poveri, i bambini,

i vecchietti e gli uccellini.

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Sarà una data da studiare a memoria:

un giorno senza fame! Il più bel giorno di tutta la storia il più bel giorno di tutta la storia.8

Le tasche di Gelsomino G. Rodari, Anna Strobino (10 anni)

Prima tasca il fazzoletto

seconda tasca il portafortuna, terza tasca il portamonete,

ma di monete non ce n’è una.

8 Il testo della prima strofa è stato leggermente variato rispetto all’originale per esigenze metriche: “[...] così grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha da mangiare”.

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Quanti bugiardi G. Rodari, M. Piatti

Ci sono delle cose

che fanno finta di essere altre cose.

Un rotolo di corda

se ne sta lì tutto arrotolato

e finge di essere un pitone addormentato.

Una nuvola finge di essere un castello,

una balena un cammello.

Ieri uno specchio ha finto

di essere la mia faccia e mi mostrava i denti e mi mostrava i denti.

Con tanti bugiardi in giro

bisogna stare attenti. Con tanti bugiardi in giro

bisogna stare attenti.

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L’isola dei quadrati C’è una bella storia che Pinin Carpi ha scritto basandosi su personaggi, luoghi e cose che il pittore Paul Klee ha rappresentato dipingendo e disegnando (Carpi, 1973): ne abbiamo tratto alcuni frammenti e alcune immagini. [...] Il vento e la grandine erano cessati. L’acqua era calma e c’era ancora la luna. Però tutto quello che vedeva attorno sembrava insolito. Perché l’acqua era fatta di quadrati: più chiari, più scuri, più gialli sotto la luna, più blu e anche neri nel buio. Era acqua, la barca si muoveva su di essa come in qualsiasi altra acqua, ma invece delle onde c’erano tanti quadrati. [...]«Cos’è questa storia?» pensò, e si mise a sedere. Così si accorse che, lontana dalla riva del lago, si alzava, su due colline, una città. Ma. come l’acqua del lago, era tutta fatta di quadrati: le sue case erano tanti quadratini, piccoli e grandi, larghi e stretti, di tanti colori diversi che, nella luce chiara del mattino sembravano lievi lievi: giallini, rosa, verdini, celesti, lilla.

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Estratto da: Paul Klee, Città su due colline, 1927. Curioso come sempre, il marinaio mise in acqua i remi e raggiunse la riva. Con una corda fissò la barca a un masso, che sembrava uno scatolone, e si diresse verso la città. Trovò un sentiero con tanti sassolini che parevano dadi, mentre intorno c’erano molti cespugli tutti di forma un po’ quadrata. Naturalmente era allegrissimo e si mise a cantarellare una cantilena che diceva proprio:

Struzzo sfacciato, cammello sfaccendato pinguino scamiciato, confusione in mezzo al prato.

Fiato sfiatato, chi corre a perdifiato,

sudato e scalmanato, soffia e sbuffa trafelato.

Pizza pepata, aringa affumicata salciccia rosolata ho una fame indiavolata.

[...] Il marinaio si alzò in piedi e, tra i rametti del cespuglio, vide venire avanti una strana famiglia tutta un po’ fatta di quadrati. Davanti c’erano due cagnolini che trotterellavano. Poi veniva il papà, un po’ panciuto e dall’aria distratta. Poi c’era la mamma con un grande cappello e una borsetta che teneva per mano una bella bambina con una palla: una bambina bella per modo di dire, nel senso che pareva carina e gentile, ma sembrava imbronciata.

Estratto da: Paul Klee, Passeggiata di famiglia , 1929.

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La storia di P. Carpi e i disegni di P. Klee possono essere utilizzati come inizio di un viaggio su una fantomatica Isola dei quadrati da inventare in proprio, raccontando, scrivendo e disegnando, dove i “diversi” sono ovviamente tutti quelli che hanno il corpo arrotondato, come noi. Oppure possono essere introdotti solo a fine percorso, o ancora prendendone in prestito esclusivamente l’idea. Noi ne abbiamo fatto una canzone.

L’isola dei quadrati

E. Strobino

Quadri quadrati quaderni quadrettati quadretti riquadrati

quattro quadri disegnati.

Qui può nascere una storia due colline e una città

il sole, un lago, i fiori, un prato tutto al quadrato s’inventerà.

Una famiglia un poco strana

con due cani ed un papà una mamma col cappello

e due sorelle sul sofà.

Acqua acquarello poi sciacqua il tuo pennello

acquaforte acquatinta se ti piace ricomincia.

Cerchi accerchiati cercati circondati

cercando circolando cento cerchi disegnando.

Qui può nascere una storia...

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Si possono fare molti altri giochi con i quadrati, per esempio tentare di costruire quadrati magici. Ci sono quelli numerici, in cui all’interno di una griglia la somma dei numeri dà sempre lo stesso risultato, in orizzontale, in verticale o in una o l’altra delle diagonali; ci sono anche quelli letterali come quello costruito con la frase latina Sator arepo tenet opera rotas, scoperto per la prima volta su un muro di Pompei, che si può leggere quattro volte (da sinistra a destra e da destra a sinistra orizzontalmente, dall’alto in basso e dal basso in alto verticalmente).

8 6 4 2 4 2 8 6 2 4 6 8 6 8 2 4

Mescolando i meccanismi dell’acrostico e della permutazione delle lettere nasce un altro tipo di gioco, sempre basato sul quadrato letterale, come nell’esempio di Luca Chiti (Aragona R., 2002, p.35): Caos C A O S A O S C O S C A S C A O Confonde Antitesi, Offusca Segni, Addenta Onnivoro, Spacca Congegni: Occulta Sintesi Che, Avidamente, Spariglia Calcoli All’Onniscente. Lo stesso meccanismo di L. Chiti, che vede cadere a ogni nuovo verso la lettera della parola situata al primo posto, andandosi a collocare in posizione finale, finché il processo non si conclude sul gradino che precede il passaggio che, se realizzato, ricondurrebbe condizione iniziale, è stato utilizzato anche da Steve Reich per comporre il brano Clapping music. Il brano è eseguibile con un esecutore (o un gruppo) che ripete tredici volte la frase n°1, mentre un secondo esecutore (o gruppo) percorre le dodici frasi in sequenza, per poi ritrovarsi all’unisono nell’esecuzione della prima frase. Ovviamente sono proponibili altre soluzioni esecutive, che utilizzino totalmente o solo in parte lo schema-partitura. Anche il brano di Brian Dennis, Crosswords, utilizza un gioco di simmetrie costituito da suoni-punto e pause da interpretare da parte di uno o più esecutori, scegliendo un modo per dargli forma musicale.

S A T O R A R E P O T E N E T O P E R A R O T A S

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Clapping music Steve Reich

Crosswords Brian Dennis

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...e due per finire

Lucciola lucciola vien da me Mario Piatti

(elabor. di un testo tradizionale)

Lucciola lucciola vien da me ti darò il pan del re

pan del re e della regina lucciola lucciola vien vicina.

Vieni lucciola da me

senza il pane e senza me ti darò la mia regina vieni lucciola vicina.

Una lucciola regina

con il pane e la farina non andava dal suo re li portava solo a me.

Se la lucciola è vicina

con il re e con la regina le darò il pan del re:

lucciola lucciola vien da me.

Lucci cullami con te se ridacchi un po’ con me, nappe allegre e brevvicina

lucci cucciola vicina.

Nevi e lacci col turchè senza il pane e con filè darti virpa nera e fina vacci cilluca con lina.

Una ciccola gerina

senza pena e con rafina dondolava sul tueché

e rapava i torsolè.

Sacci cola alla collina con il re della gerina dar pannello di lamè lucci cullami con te.

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Bella nave9 G. Rodari, E. Strobino

Bella nave che vai sul mare, quante cose puoi portare,

bella nave che vai

Bella nave che vai sul mare, quante cose puoi portare,

bella nave che vai

Posso portare mille persone, cento sacchi di carbone,

tre scialuppe ed una lancia e un capitano con la pancia.

Bella nave…

Corro in men che non ti dico

Dalla Cina a Portorico, la tempesta ed il tifone

mi fanno il solletico al timone

Bella nave…

Ma se un giorno del malanno Di bombe e cannoni mi caricheranno

Sai che faccio per ripicco? Colo a picco

Bella nave…

9 da: Filastrocche lunghe e corte, Einaudi, Torino...........