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Protezione del Brevetto e rischi di aggiramento: l’evoluzione della nozione di equivalenza. Avv. Mariangela Bogni, Dottore di Ricerca in Diritto Industriale presso l’Università di Parma, IP_Law_Galli Studio Legale. Le rivendicazioni e le novità introdotte dal D.Lgs. 13 agosto 2010 n. 131. Le recente riforma del Codice della Proprietà Industriale risulta, per quanto riguarda la materia dei brevetti per invenzione, anzitutto improntata all’esigenza di ribadire la centralità delle rivendicazioni nel sistema, come “misura” del brevetto sotto il profilo della determinazione sia dell’ambito di validità sia, e soprattutto, dell’ambito di protezione . Particolarmente significative, in quest’ottica, sono le modifiche introdotte nell’art. 52 CPI, e cioè nella norma che alle rivendicazioni stesse è specificamente dedicata. Anzitutto, al 1° comma non si legge più che “La descrizione deve iniziare con un riassunto che ha solo fini di informazione tecnica e deve concludersi con una o più rivendicazioni in cui sia indicato, specificamente, ciò che si intende debba formare oggetto del brevetto” ma che “nelle rivendicazioni è indicato, specificamente, ciò che si intende debba formare oggetto del brevetto”, a voler rimarcare ruolo autonomo e primario dei claims nell’individuazione dello specifico oggetto della protezione richiesta, ruolo distinto da quello della descrizione (e dei disegni), cui è demandato il compito di fornire le informazioni Relazione presentata in occasione del Salone della PROPRIETA’ INDUSTRIALE 2013 – www.senaf.it

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Protezione del Brevetto e rischi di aggiramento: l’evoluzione della nozione di

equivalenza.

Avv. Mariangela Bogni, Dottore di Ricerca in Diritto Industriale presso l’Università di Parma,

IP_Law_Galli Studio Legale.

Le rivendicazioni e le novità introdotte dal D.Lgs. 13 agosto 2010 n. 131.

Le recente riforma del Codice della Proprietà Industriale risulta, per quanto riguarda la

materia dei brevetti per invenzione, anzitutto improntata all’esigenza di ribadire la

centralità delle rivendicazioni nel sistema, come “misura” del brevetto sotto il

profilo della determinazione sia dell’ambito di validità sia, e soprattutto, dell’ambito di

protezione .

Particolarmente significative, in quest’ottica, sono le modifiche introdotte nell’art. 52

CPI, e cioè nella norma che alle rivendicazioni stesse è specificamente dedicata.

Anzitutto, al 1° comma non si legge più che “La descrizione deve iniziare con un riassunto che

ha solo fini di informazione tecnica e deve concludersi con una o più rivendicazioni in cui sia indicato,

specificamente, ciò che si intende debba formare oggetto del brevetto” ma che “nelle rivendicazioni

è indicato, specificamente, ciò che si intende debba formare oggetto del

brevetto”, a voler rimarcare ruolo autonomo e primario dei claims nell’individuazione

dello specifico oggetto della protezione richiesta, ruolo distinto da quello della

descrizione (e dei disegni), cui è demandato il compito di fornire le informazioni

Relazione presentata in occasione del Salone della PROPRIETA’ INDUSTRIALE 2013 – www.senaf.it

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necessarie per attuare il trovato e quello di chiarire eventuali ambiguità del testo delle

rivendicazioni medesime, ma non quello di costituire una sorta di “riserva” per ampliare

l’oggetto dell’esclusiva oltre ciò che è stato indicato nelle “dichiarazioni di volontà”

effettuate dal titolare appunto nella sedes materiae delle rivendicazioni.

Sempre nella prospettiva di chiarire che, quanto all’ identificazione dell’oggetto di tutela

della privativa, le rivendicazioni non possono fungere da ‘indicazione di massima’ va

letta anche la modifica al 2° comma della disposizione in discorso, che nel vecchio testo

recitava, nella prima parte, che “I limiti della protezione sono determinati dal tenore delle

rivendicazioni”, mentre ora dispone semplicemente che: “I limiti della protezione sono

determinati dalle rivendicazioni”, con l’eliminazione dell’ambiguo riferimento al

“tenore”.

La modifica più significativa è tuttavia costituita dall’introduzione del nuovo comma

comma 3 bis della disposizione, che ora disciplina in modo espresso la fattispecie della

contraffazione per equivalenti, mutuando la regola di cui al Protocollo di

interpretazione dell’art. 69 della Convenzione (ossia la norma sull’interpretazione dei

brevetti europei, che già costituisce la matrice dei comma 2° e 3° dell’art. 52 c.p.i.)

introdotta con la revisione della Convenzione sul Brevetto Europeo effettuata a Monaco

il 29 novembre 2000 (c.d. EPC 2000). Tale norma dispone che “per determinare

l'ambito della protezione conferita dal brevetto, si tiene nel dovuto conto ogni

elemento equivalente ad un elemento indicato nelle rivendicazioni”, ancora una

volta ribadendo come il termine di riferimento siano appunto i claims.

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Le disposizioni così modificate allineano perfettamente l’ordinamento nazionale al

sistema del brevetto europeo, dove le rivendicazioni hanno un ruolo centrale anche

nella fase dell’accertamento della sussistenza dei requisiti di brevettabilità, ed anzitutto di

quello dell’attività inventiva, dal momento che solo caratteristiche effettivamente

rivendicate possono essere prese in considerazione per stabilire le differenze tra il

brevetto e l’arte nota nell’ambito del c.d. problem-solution approach, ossia dell’approccio che

attribuisce al problema oggettivo risolto dal brevetto rilievo centrale per valutare l’attività

inventiva, e prima ancora per individuare la prior art effettivamente rilevante.

In dottrina si è osservato come la scelta del legislatore di porre il brevetto interno su un

piede di assoluta parità con il brevetto europeo abbia “come corollario la possibilità di

avvalersi anche nell’interpretazione delle norme interne (e nella valutazione dei

brevetti nazionali) dell’esperienza dell’Ufficio Europeo dei Brevetti e di quella

delle giurisdizioni straniere che più da vicino ne condividono l’impostazione

generale”1

Sempre in dottrina si è sottolineata l’importanza sistematica di norma che pongono in

modo chiaro il principio del ruolo autonomo e centrale delle rivendicazioni. Esso

“s’inquadra in una prospettiva che potremmo definire ‘economica’, o pro-

concorrenziale, ma che almeno sino a un certo punto può anche dirsi di diritto naturale,

essendo rivolta a commisurare la protezione dei diritti di proprietà industriale alla portata

1 Cfr. Codice della Proprietà Industriale: la riforma del 2010. Prima lettura sistematica delle novità introdotte dal D. Lgs. 13 agosto 2010 n. 131, a cura di CESARE GALLI, Milano, 2010.

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che essi concretamente assolvono nel ‘mondo della vita’. È infatti certamente vero che il

brevetto svolge una funzione fondamentale nel promuovere l’innovazione, sulla base del

rilievo che, se si vuole stimolare un soggetto a creare qualcosa di nuovo, occorre che il

ritorno economico che il creatore si aspetta dallo sfruttamento della sua creazione sia

superiore ai costi preventivati, e che l’unico strumento compatibile con un sistema

economico di mercato per arrivare a questo risultato è appunto quello della concessione

di un’esclusiva, ossia dell’istituzione dei diritti di proprietà intellettuale. Occorre però in

pari tempo evitare che questo stimolo possa diventare un freno, particolarmente nel

campo della c.d. innovazione derivata, e cioè evitare che dilatando l’ambito dell’esclusiva

si finisca per tradire la ratio di fondo del sistema brevettuale, le cui norme sono proprio

ispirate all’esigenza di far sì che ‘l’invenzione, ancorché brevettata, entri al più presto nel

patrimonio dei dati tecnico-scientifici a tutti accessibili’ e quindi costituisca la base per

innovazione ulteriore’ 2. (…) Corollario pratico di quanto si è appena rilevato è che a un

sistema nel quale la protezione può riguardare anche innovazioni ‘incrementali’, di

contenuto limitato - qual è quello che anche il nostro legislatore ha scelto, coerentemente

all’impostazione del diritto europeo dei brevetti, alla quale è pienamente rispondente la

revisione del Codice operata dal d.lgs. 13 agosto 2010, n. 131 - deve necessariamente

corrispondere, anche in una prospettiva di bilanciamento d’interessi, una correlativa

limitazione della protezione, che sia commisurata a quanto espressamente rivendicato,

con i soli ampliamenti derivanti dall’applicazione del principio dell’equivalenza (e

2 Così Marchetti, Commento all'art. 1 l. invenzioni, in AA.VV., Revisione della legislazione nazionale in materia di brevetti per invenzioni

industriali in applicazione della delega di cui alla legge 26 maggio 1978 n. 260. Commentario, in NLCC, 1981, 677; e più ampiamente Galli, L’uso sperimentale dell’altrui invenzione brevettata, in Riv. Dir. Ind., 1998, I,17 e ss., dove si richiama anche la considerazione dei valori di rango costituzionale in giuoco, ed in particolare di quello della promozione della «ricerca scientifica e tecnica» di cui all'art. 9 Cost., norma che, non va dimenticato, venne posta a fondamento della sentenza con la quale nel 1978 la Corte Costituzionale giudicò illegittimo e fece quindi venir meno il divieto di brevettazione dei farmaci: C. Cost., 20 marzo 1978, n. 20, ivi, 1978, II, 3 e ss.

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naturalmente alla dottrina delle invenzioni dipendenti), inteso però nel senso che si è

detto sopra e cioè sempre misurato sulla portata delle rivendicazioni, che vanno bensì

interpretate, ovviamente, anche alla luce delle rivendicazioni e dei disegni (e più in

generale delle conoscenze dell’esperto del settore, al quale si rivolgono), ma devono

comunque rimanere il punto di riferimento centrale e ineludibile dell’analisi brevettuale”3

La contraffazione per equivalenti.

La centralità delle rivendicazioni al fine di delimitare l’ambito di protezione del brevetto

non è, almeno nelle enunciazioni ‘astratte’, un principio nuovo nel nostro ordinamento,

essendo stato affermato sia in giurisprudenza sia in dottrina.

Vengono sotto questo profilo in considerazione gli insegnamenti della Suprema Corte,

secondo cui “la descrizione svolge la funzione di dimostrazione tecnica della sussistenza

di una invenzione ed altresì di divulgazione della stessa, anche con riguardo al periodo in

cui verrà a scadere l’eventuale privativa; la rivendicazione costituisce una vera e propria

manifestazione di volontà giuridica, tendente alla identificazione della specifica

protezione che si pretende”4; ovvero secondo cui “l’oggetto del brevetto per invenzione

presenta normalmente una struttura di precisazione conclusiva e sintetica, non dovendo

essere necessariamente rivendicato tutto il contenuto di una domanda ma semplicemente

3 Cfr. Codice della Proprietà Industriale: la riforma del 2010. Prima lettura sistematica delle novità introdotte dal D. Lgs. 13 agosto 2010 n. 131, a

cura di CESARE GALLI, Milano, 2010.

4 Cass., 1 settembre 1997, n. 8324, in GADI, 1997, 59 ss.

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il contenuto suscettibile di precisare l’esclusiva”5; e ancora per cui “l’oggetto di una

domanda di brevetto per invenzione è costituito da quanto è contestualmente descritto e

rivendicato”6.

Analogamente, in dottrina si è affermato che la regola per cui l’ambito di protezione del

brevetto è determinato dalle rivendicazioni ha “un suo contenuto sicuro proprio nel

ruolo centrale che assegna alle rivendicazioni quale elemento di garanzia dell’interesse

collettivo”7; che “le rivendicazioni sono dichiarazioni di volontà con le quali il privato

rivendica a sé la esclusività dello sfruttamento della propria invenzione, determinando

così l’oggetto della esclusiva”, con la conseguenza che “l’ambito della esclusiva non può

essere (…) determinato che attraverso la interpretazione di questi atti (con l’ausilio,

naturalmente della descrizione e dei disegni), atti ai quali quindi debbono farsi risalire gli

effetti della brevettazione. Le rivendicazioni, dunque, rappresentano il nucleo costitutivo

del procedimento di brevettazione”8; e ancora che “le rivendicazioni segnalano i punti

per i quali il richiedente intende acquisire il diritto di esclusiva e vengono dunque a

rivestire un ruolo centrale di garanzia dei terzi in ordine all’estensione della privativa”9.

Tali principî sono tuttavia spesso rimasti delle mere “clausole di stile”, prive di riscontro

pratico nella soluzione dei conflitti tra titolari e soggetti terzi.

5 Cass., 3 giugno 1998, n. 5445, in GADI, 1998, 84 ss. 6 Cass., 8 febbraio 1999, n. 1072, in GADI, 1999, 46 ss., spec. 49. 7 Così DI CATALDO, in Vanzetti-Di Cataldo, Manuale di diritto industriale6, 449 8 In tal senso SENA, I diritti sulle invenzioni e sui modelli industriali3, 302.

9 V. ABRIANI-COTTINO-RICOLFI, Diritto Industriale, in Trattato di Diritto Commerciale diretto da G. Cottino, Padova, 2001, 221

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Nella pratica giudiziaria e nelle consulenze, si riscontra infatti una certa tendenza alla

sottovalutazione del ruolo centrale delle rivendicazioni nel delimitare l’ambito di

protezione del brevetto e ad affermare la sussistenza della contraffazione attraverso il

richiamo proprio della dottrina degli equivalenti, in casi in cui il prodotto asseritamente

contraffattorio ha in comune con il trovato brevettato la cosiddetta “idea di

soluzione” ovvero gli “elementi essenziali” dell’invenzione, e non l’invenzione

così come individuata dalle rivendicazioni, seppur con l’eventuale sostituzione di

specifici elementi rivendicati con altri di cui a priori si poteva conoscere

l’idoneità a svolgere la stessa funzione dell’elemento sostituito10.

La prassi sopra descritta rappresenta una chiara distorsione del principio degli

equivalenti. Esso costituisce infatti la risposta alla giusta esigenza del titolare di

disporre di un’esclusiva che sia tale anche in concreto e non solo sulla carta,

situazione quest’ultima che si verificherebbe inevitabilmente ove la protezione avesse ad

oggetto esclusivamente la contraffazione letterale e non la ripresa per equivalenti del

trovato rivendicato; e tuttavia il medesimo non può essere spinto sino all’esito estremo

di travolgere ed annullare l’esigenza di certezza dei terzi – ovviamente non meno

rilevante, nella prospettiva dell’equilibrio fra monopolio e concorrenza cui il sistema

brevettuale è ispirato, nel quadro dei valori costituzionali –, cosa questa che avviene

qualora la contraffazione per equivalenti venga misurata non sul trovato così come

rivendicato, ma su una sorta di trovato ottenuto ‘per sottrazione’ da questo (escludendo

10 Per una disamina critica di questa tendenza cfr. GALLI, Per un approccio realistico al diritto dei brevetti, in Dir. Ind., 2010, 133 ss.; e

FRANZOSI, Non ovvietà, in AA.VV., Studi Vanzetti, Milano, 2004561 ss.

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le caratteristiche pur rivendicate ma reputate – a posteriori – non essenziali), sulla base

della ricostruzione della ‘generale’ idea di soluzione e non della specifica soluzione

oggetto dei claims.

Tali due opposte esigenze (del titolare da un lato, la cui esclusiva non deve poter essere

elusa semplicemente evitando di riprodurre letteralmente il trovato, e dei terzi dall’altro,

che devono poter determinare con ragionevole sicurezza l’ambito della condotta vietata

in quanto interferente con l’esclusiva) trovano il loro bilanciamento ancora nel

riferimento alle rivendicazioni, nel senso che anche l’equivalenza va determinata in

rapporto a ciò che il titolare del brevetto ha scelto di proteggere, e dunque si estende a

tutte le soluzioni equivalenti all’idea di soluzione rivendicata, in quanto realizzate

attraverso sostituzioni non inventive degli elementi dell’invenzione per i quali il titolare

ha chiesto espressamente protezione.

In tal modo anche nel determinare i confini della contraffazione per equivalenti la

protezione brevettuale rimane ancorata ad un dato oggettivo conoscibile ai terzi. Queste

prescrizioni e questi insegnamenti verrebbero invece disattesi, e il bilanciamento

d’interessi da essi realizzato verrebbe compromesso, se l’equivalenza venisse valutata

non in relazione alle caratteristiche rivendicate, ma ad una supposta ‘idea generale’ di

incerta individuazione, ricavata a posteriori, prescindendo dalle rivendicazioni e dunque

ricostruendo l’oggetto del brevetto in modo difforme da quanto il titolare di esso ha

dichiarato di voler proteggere ed i terzi sono stati messi in condizione di conoscere,

appunto attraverso le rivendicazioni di esso.

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Il nuovo comma 3 bis dell’art. 52 del Codice della Proprietà Industriale, mutuato dal

Protocollo interpretativo dell’art. 69 della Convenzione sul brevetto Europeo nel testo

introdotto da EPC 2000, non costituisce altro che un richiamo all’ordine nel senso della

necessità di realizzare tale bilanciamento attraverso il costante riferimento alle

rivendicazioni.

Esso prevede infatti, come si è visto, “per determinare l'ambito della protezione

conferita dal brevetto, si tiene nel dovuto conto ogni elemento equivalente ad un

elemento indicato nelle rivendicazioni”: cosicché, appunto, la contraffazione per

equivalenti dovrà affermarsi non già in tutti i casi in cui il trovato brevettato ed il

prodotto asseritamene contraffattorio abbiano in comune una sorta di ‘concezione

generale’, ma soltanto quando il secondo riprenda letteralmente o con sostituzioni

equivalenti le caratteristiche dell’invenzione indicate nelle rivendicazioni.

Anche prima della revisione introdotta con EPC 2000, il Protocollo di Interpretazione si

poneva in questo solco, dal momento che esso prescriveva già “l’Art. 69 non dovrebbe

essere interpretato nel senso che l’ambito di protezione conferito da un brevetto

europeo debba essere determinato come quello definito dal significato ristretto e

letterale delle parole usate nelle rivendicazioni, la descrizione e i disegni servendo

soltanto per dissipare un’ambiguità individuata nelle rivendicazioni. Neppure esso

dovrebbe essere interpretato nel senso che le rivendicazioni servano soltanto

come una linea guida e che l’effettiva protezione conferita possa estendersi a

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quanto, considerando la descrizione ed i disegni da parte di una persona esperta

nel ramo, il titolare del brevetto ha contemplato. Al contrario essa deve essere

interpretata come definente una posizione fra questi estremi che assicura al tempo

stesso una protezione equa per il titolare del brevetto ed un ragionevole grado di

certezza per i terzi”.

In dottrina, quanto alla contraffazione per equivalenti, si è sottolineata “l’esigenza del

terzi di non trovarsi di fronte ad ostacoli non (facilmente) identificabili è un’esigenza

primaria. L’economia non potrebbe altrimenti svilupparsi. Il brevetto non è solo uno

strumento che consente all’inventore di monopolizzare una soluzione tecnologica, ma

una pubblicazione che insegna ai terzi certe soluzioni. Infatti i terzi possono non solo

riprodurre l’invenzione alla scadenza del brevetto, ma anche fin dalla data di

pubblicazione del titolo acquisire quelle nozioni e procedere a proprie ideazioni, con

un’attività di ‘designing around’. Il contenuto normativo del brevetto è riservato

all’inventore, ma il contributo scientifico è posto a disposizione di tutti. Quindi è

ragionevole porre a carico del brevettante l’onere di parlare chiaro più che ai terzi di

comprendere lo scuro. E quindi se una soluzione poteva essere prevista dall’inventore, e

lo stesso non l’ha menzionata, si deve pensare che lo stesso non abbia voluto o saputo o

non si sia dato pena di rivendicarla»; e lo stesso autore ha anzi aggiunto che “la tendenza

di molti C.T.U. di largheggiare con l’equivalenza spesse volte è diretta, anche se

inconsciamente, a coprire (mi si consenta l’impertinenza) un lavoro non perfetto da parte

del consulente brevettuale, che si traduce in manchevolezze nella stesura del brevetto.

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Questo atteggiamento è da respingere: i brevetti vanno scritti con cura, poiché dalla loro

violazione discendono conseguenze assai gravi (addirittura penali, in certi casi)”11

In giurisprudenza, benché il tema sia stato ampiamente trattato, la dottrina degli

equivalenti non è ancora stata oggetto di affermazioni prive di ambiguità.

In un’ottica vicina a quella del nuovo comma 3 bis dell’art. 52 CPI si pone chi ha

affermato che “il giudizio di equivalenza pone a confronto l’invenzione brevettata con la

realizzazione del terzo, verificando dapprima l’identità degli elementi di struttura e

funzione dei due termini di paragone, in relazione alla soluzione del problema tecnico

offerto dall’invenzione” 12

Uno spunto in senso analogo si può cogliere anche in una pronuncia della Corte di

Cassazione, che ha affermato che “Per valutare se la realizzazione accusata di

contraffazione possa considerarsi equivalente a quella brevettata, occorre chiedersi se …

essa presenti carattere di originalità, offrendo una risposta non banale, né ripetitiva, della

precedente” 13, e che solo se la risposta a questa domanda è negativa si può parlare di

equivalenza In dottrina si è osservato come tale affermazione sembri “indicare che la

contraffazione per equivalenti presuppone necessariamente la sussistenza di una reale e

completa identità funzionale, naturalmente ai fini della soluzione del problema tecnico

oggetto del brevetto, fra gli elementi presenti nel trovato brevettato e quelli ad essi

11 Così Franzosi, Il concetto di equivalenza, in Dir. Ind., 2005. 12 Trib. Roma, 9 settembre 2004, in GADI, 2005, 462 e ss.

13 Cass., 13 gennaio 2004, n. 257, in GADI, 2004, 69 e ss.

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sostituiti dal preteso contraffattore, consistendo tale contraffazione nella (banale e

ripetitiva, appunto) sostituzione da parte del contraffattore di (alcuni elementi) della

struttura o del processo rivendicato con altri che a priori potevano essere considerati

idonei a conseguire lo stesso risultato oggetto del brevetto. E questo corrisponde

esattamente a quanto l’art. 52 c.p.i. ora afferma espressamente, grazie all’aggiunta del

comma 3 bis operata dal d.lgs. 13 agosto 2010, n. 131, e prima ancora all’integrazione del

Protocollo interpretativo all’articolo 69 c.b.e. operata da EPC 2000” 14.

14 Cfr. Codice della Proprietà Industriale: la riforma del 2010. Prima lettura sistematica delle novità introdotte dal D. Lgs. 13 agosto 2010 n. 131, a

cura di CESARE GALLI, Milano, 2010.

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