Marconi

24
Augusta Marconi E-LEARNING e INNOVAZIONE PEDAGOGICA Competenze e certicazione ARMANDO EDITORE

description

E-learning e innovazione tecnologica

Transcript of Marconi

Augusta Marconi

E-LEARNING eINNOVAZIONE PEDAGOGICA

Competenze e certifi cazione

ARMANDOEDITORE

Sommario

Introduzione 7

Innovazione pedagogica, docenti e newmedia 17

Studenti hi-tech: the net generation 31

L’e-learning nella scuola italiana 41

La prospettiva europea della formazione a distanza 71

La certifi cazione integrata delle competenze 97

Metodologie e tipologie di certifi cazione in Europa 109

Glossario minimo 125

Principali riferimenti bibliografi ci 133

Sitografi a 153

7

Introduzione

La promozione della partecipazione degli studenti ai processi for-mativi che utilizzano le nuove tecnologie informatiche si va confi gu-rando sempre più come un ambito inedito e specifi co delle metodo-logie di apprendimento, specialmente in relazione alle trasformazio-ni profonde, dovute alle NTIC1 che hanno caratterizzato gli ultimi venti anni2. Tale sviluppo sta accompagnando e interessando tanto i processi produttivi e le culture organizzative quanto il mutamento complesso ed esteso del contesto e dei principi della comunicazio-ne relativi ai fl ussi informativi orizzontali, verticali e trasversali. Il processo di innovazione degli ambienti di apprendimento, pur con i ritardi legati alla resistenza delle organizzazioni formative tradizio-nali, rileva una nuova attenzione per le modalità con cui la comuni-cazione possa prendere forma se ancorata al sistema massmediale.

Le linee d’azione, affi nché questo nuovo assetto possa determi-narsi, interessano almeno tre ambiti:

– una partecipazione alla trasformazione dei processi pedagogi-ci, che dovrebbe vedere un impiego sistematico dell’uso dei nuovi media da parte dei docenti e all’interno delle organizza-zioni delle varie agenzie formative, anche attraverso interventi

1 V. infra: Glossario minimo.2 E. Rullani, La fabbrica dell’immateriale. Produrre valore con la conoscenza,

Carocci, Roma, 2004.

8

estesi che promuovano nuovi modelli per l’insegnamento e innovazioni procedurali;

– il rafforzamento della partecipazione degli studenti che per-metta loro di conoscere e intervenire sia nelle prassi pedagogi-che tradizionali o consolidate, che rappresentano un retroterra attivo e ricco per la crescita integrale dell’individuo, sia nelle nuove sperimentazioni didattiche che dovranno autonomizzar-si per poter fornire elementi e garanzie sostanziali ai processi di apprendimento;

– la costruzione di nuovi luoghi e ambiti di comunicazione che vedano la concomitante partecipazione di docenti e discen-ti nella defi nizione di modelli relativi ai tanti segmenti della condizione formativa.

Questo scenario si confi gura come un’opportunità densa di inno-vazioni e presenta, anche, condizioni urgenti di applicazioni e prassi, dato il ritardo che si registra in molti Paesi, tra cui il nostro.

La partecipazione dei docenti alla trasformazione dei processi pedagogici è considerata, in molte realtà, un traguardo importante, anche se per motivazioni diverse. Nei Paesi dove si investe di più e meglio nell’istruzione non è necessario incoraggiare gli insegnanti a sperimentare e consolidare l’uso delle NTIC per i processi educativi; viceversa, in molti Stati, compreso il nostro, il distacco che si rileva rispetto alla ricerca di nuovi modelli educativi che facciano leva sul sistema massmediale si incrocia con un problema più generale e spe-cifi co di ricostruzione del rapporto tra docenti e società3. Tra le cau-se è possibile elencarne solo alcune: la scarsa fi ducia che da troppo tempo avversa la classe docente, le istituzioni scolastiche e gli attori che tradizionalmente ne hanno caratterizzato fi nora gli sviluppi; la

3 Fondazione Giovanni Agnelli, Rapporto sulla scuola in Italia 2009, Laterza, Roma-Bari, 2009.

9

diffi coltà di adattamento delle organizzazioni scolastiche sul versan-te della propria rappresentanza nella formazione sociale emergente; la domanda continua, crescente e inedita di poter vedere valorizzato il proprio capitale di esperienze e competenze ma anche la volontà di essere consapevoli delle modalità e dei risultati dei processi di apprendimento. D’altronde, il proliferare di agenzie formative alter-native a quelle tradizionali si interseca con le criticità appena rileva-te e trova un suo possibile collocamento all’interno del più ampio e incerto contesto di affermazione della governance di settore4. Se la scuola cerca nell’interdipendenza con la società il suo fulcro di in-novazione e connessione vitale, c’è poi da valutare il ritardo rispetto alle trasformazioni e alla natura dei problemi che attualmente si ma-nifestano: la complessità e la numerosità delle variabili che accom-pagnano i processi ne mostrano anche la mutevolezza e la pressante necessità di avanzare delle proposte organiche ed elastiche.

L’emergere di nuovi fabbisogni formativi, legati non solo alla qualità della vita ma anche all’affermazione di identità multicultu-rali5, deve tener conto di opposizioni importanti derivanti sia dai minori investimenti per istruzione e ricerca, sia dalla diffi coltà nel conciliare i processi educativi individualizzati con quelli più ampi dei gruppi6.

Il quadro che emerge mostra, dunque, forti interconnessioni tra settori e territori, scarsità di investimenti, accelerazione delle inno-vazioni, aspettative diverse da parte dei cittadini, richiesta di rappre-sentanza da parte delle istituzioni formative.

4 G. Biondi, E. Mosa, S. Panzavolta, Autonomia e innovazione: scenari possi-bili tra teoria e pratica, in «Programma Education», Fondazione Giovanni Agnelli, n. 16, febbraio 2009.

5 M. Catarci, All’incrocio dei saperi. Una didattica per una società multicultu-rale, Anicia, Roma, 2004.

6 M. Baldacci, Personalizzazione o individualizzazione?, Centro Studi Erick-son, Trento, 2005.

10

Le ITC7 possono dare, rispetto a quanto detto, un importante contributo perché riguardano sia l’innovazione organizzativa che gli stessi processi di formazione. La sfi da è proprio quella di creare nuovi ambienti digitali che rinforzino le funzioni svolte dai siste-mi educativi e li rapportino alle reti territoriali per garantirne sia la rappresentanza che le possibilità di intervento e lavoro diffuso. Quest’ultimo aspetto è relativo alle trasformazioni delle attività e degli ambienti della produzione che presentano una serie articolata di condizioni: i soggetti interessati evidenziano caratteristiche che mutuano sia costanti che variabili tipiche delle fasi di transizione e, dunque, permangono ancora prassi determinate da uno sviluppo industriale ormai maturo ma si affacciano stili e metodi che saranno perfezionati con l’avanzare dei prodotti immateriali e dematerializ-zati8.

Il ricorso all’uso dei servizi online diventa sempre più esteso, anche se si manifesta un po’ a macchia di leopardo: tra i Paesi pre-si in considerazione, quelli che vedono un protagonismo maggiore sono quelli dove le politiche per la ricerca e la formazione vengono sostenute da cospicui fi nanziamenti e le prassi di cittadinanza atti-va sono entrate nel vivo delle compagini sociali. Alcune differenze sostanziali, nell’utilizzo dell’online, indicano che molta strada deve essere ancora percorsa. Permane, infatti, una differenza tra la forte partecipazione ai contenuti relativi all’informazione e al downlo-ading rispetto a servizi che risultano caratterizzati da maggior li-vello di interazione, la qual cosa denuncia una debolezza oggettiva dell’offerta.

L’uso della rete, inoltre, è più diffuso in Danimarca e nel Re-gno Unito dove, tuttavia, si rileva che negli ambienti dedicati alla formazione emerge la necessità e la richiesta a partecipare ai pro-

7 V. infra: Glossario minimo.8 K. Kumar, Le nuove teorie del mondo contemporaneo. Dalla società post-

industriale alla società post-moderna, Einaudi, Torino, 2000.

11

cessi in essere, anche secondo il proprio punto di vista e il proprio background esperienziale9.

Le trasformazioni tecnologiche in atto evidenziano che sia la rete che le NTIC vengono utilizzate come ausilio alla socialità: è sot-tointeso che siano sempre gli uomini a gestire le fasi di innovazio-ne tecnologica, modifi cando il proprio modo di vivere ed agire nel consesso sociale10. Va, però, rimarcato che la fase in atto mostra una condizione inedita del rapporto uomo-macchine, fosse solo perché siamo riusciti ad esternalizzare parte della nostra intelligenza. La diffusione rapidissima nella vita sociale di nuove tecnologie della comunicazione, la mondializzazione dell’economia, il prorompere dei modelli mediatici con la costruzione di reti telematiche interna-zionali, rendono intenso lo scambio individuale tra membri apparte-nenti a differenti comunità del mondo; allo stesso tempo, fenomeni di omologazione comportamentale e culturale in senso ampio stanno già modifi cando i modelli di vita. I canali di socializzazione della conoscenza sono stati certamente moltiplicati e diversifi cati11. Le competenze, in quanto risorse per rispondere a esigenze individuali e sociali sempre più estese, necessarie per svolgere attività e compi-ti, chiamano in causa dimensioni cognitive e affettive da esplicarsi sapientemente nella vita individuale e collettiva: una mente educata in senso creativo può permettere a chiunque di dare risposte inattese, in grado di fronteggiare il mondo del futuro che, con i suoi moto-ri di ricerca, automi “intelligenti” e le altre potenzialità informati-che, esigerà capacità fi nora ritenute opzionali come quelle di fare scelte adeguate attraverso un intuito ancorato ad abilità di sintesi su cui esso dovrà saldamente poggiare. Il nuovo pensiero per il terzo

9 A.A. Caar-Chellman, Global Perspectives on E-learning. Rethoric and Real-ity, Sage Publications USA, Thousand Oaks, CA, 2005.

10 S. Boca, U. Pace, S. Severino, Apprendimento, relazioni sociali e nuove tec-nologie, Unicopli, Milano, 2009.

11 D. Foray, L’economia della conoscenza, il Mulino, Bologna, 2006.

12

millennio deve potersi dotare di una conoscenza capace di superare l’isolamento e la separazione che caratterizza molti dei saperi della nostra epoca, per realizzare una democrazia cognitiva12. Le trasfor-mazioni cancellano rapidamente l’uso datato degli strumenti di vita quotidiana. La scatola televisiva perde il suo spessore ingombrante e l’unidirezionalità che induceva all’isolamento: anche questo ultimo aspetto è stato, infatti, superato dall’implementazione delle funzio-ni dedicate alla televisione, poiché, con software e collegamenti di ultima generazione, è dato modo di interagire attraverso una molte-plicità di funzioni aggiuntive.

I giovani hi-tech utilizzano costantemente tecnologie, con cui vengono a contatto nei primi anni dell’infanzia, le quali caratteriz-zano le loro dimensioni emotive e cognitive. Gli strumenti tecno-logici sono vari e con funzioni molteplici, anche se differenziate: i game boy, ovvero una serie di console portatili fornite di piccoli schermi a cristalli liquidi e di pulsanti che permettono di scegliere le mosse dei giochi; le play station, che rappresentano uno sviluppo successivo dei game boy con applicazioni audio e multimediali: dal 1994 ad oggi le versioni delle play station sono state quattro; l’iPod, un lettore di musica digitale di cui, nel susseguirsi degli anni, sono state sviluppate più versioni legate a ben sei generazioni di prodot-ti; l’iPhone, un dispositivo palmare che, oltre ad avere un telefono multimediale, ha tutte le caratteristiche dei pc di ultima generazione; l’iPad, un tablet di piccole dimensioni che offre, attraverso il touch, tutte le possibilità integrate dei più avanzati sistemi multimediali. Gli smartphone e gli iPad permettono di collegarsi senza fermarsi davanti ad un pc e sono “always on”, sempre in rete13. Insieme a questo vortice di oggetti intelligenti è, inoltre, iniziata la rivoluzione

12 A. Gramigna, M. Righetti, Multimedialità e società complessa, Franco An-geli, Milano, 2001.

13 G. Bonaiuti (a cura di), E-Learning 2.0. Il futuro dell’apprendimento in rete, tra formale e informale, Centro Studi Erickson, Trento, 2006.

13

dei contenuti che ha soppiantato la sola ricerca di continue applica-zioni: il fenomeno dei super motori di ricerca come Google, o dei social network che esplode con Facebook, o dell’informazione ri-voluzionaria del data driven journalism14 di Wikileaks, dimostrano che è in atto una partecipazione inedita all’analisi di enormi quantità di dati. È lo stesso inventore del web, Tim Berners-Lee, a intrave-dere un cambiamento epocale nelle democrazie tecnologizzate: gli umani digitalizzati stanno sviluppando nuovi strumenti critici e una fenomenale potenza delle macchine. Ciò che emerge è, ovviamente, una rivoluzione nel campo della comunicazione che si basa sull’in-terazione con macchine intelligenti e permette di modifi care, anche, la stessa interazione tra individui e gruppi sociali: da considerare, inoltre, che ogni individuo ha un proprio modo di rapportarsi con i media e di sviluppare personali modalità di apprendimento. D’al-tronde, se i giovani e, ormai, una platea intergenerazionale di in-dividui, ritengono indispensabile l’uso delle NTIC, ne deriva che la motivazione all’apprendimento attraverso i nuovi mezzi diviene imprescindibile.

La formazione è indissociabile dall’autoformazione e, quindi, dalle spinte motivazionali che generano l’apprendimento effi cace15. La motivazione all’apprendimento, con la multimedialità, viene sup-portata dalle stesse possibilità immediate di simulazione che pro-ducono, seppur virtualmente, esperienze di vario tipo: è possibile, ad esempio, entrare in un laboratorio virtuale ed eseguire, con un proprio avatar16, i passaggi previsti per apprendere una tecnica o per eseguire un esperimento. Si può, contemporaneamente, far ri-

14 Con data driven journalism si intende il giornalismo che, grazie all’enorme mole di dati e informazioni presenti sulla rete, utilizza sistemi digitali sofisticati per l’aggregazione di informazioni che possono afferire anche a sistemi protetti e riservati.

15 C. Biasin, Che cos’è l’autoformazione, Carocci, Roma, 2009. 16 V. infra: Glossario minimo.

14

ferimento ad ambienti, tradizionali o di ultima generazione, dove è normale interagire e acquisire segmenti di competenze che, attraver-so un percorso personalizzato, permettono di costruire la conoscen-za e accedere ai saperi. L’apprendimento diventa, quindi, attivo e il sistema multimediale consente di eliminare tutta una serie di criticità tipiche della formazione in presenza: specialmente la componente emotiva e le condizioni che generano stress o ansia per la correzio-ne dell’errore o, anche, per la valutazione degli stessi tempi e ritmi di apprendimento come pure dei risultati raggiunti17. D’altronde, se anche è possibile individuare i diversi stili di apprendimento che gli studenti attivano in base alle proprie capacità e propensioni, nel caso di ambienti e didattica face-to-face diventa diffi cile offrire una metacondizione che soddisfi le esigenze di ognuno.

Si tratta, comunque, di calibrare quanta parte dell’apprendimento possa avvenire, e in quale modo, usufruendo delle NTIC e, anche, quanta possa trovare un apporto sostanziale dai tradizionali meto-di di insegnamento. Non si vuole, in questa sede, operare confronti quanto, invece, evidenziare diversità importanti che rendono autore-voli entrambi i sistemi, i quali si sviluppano in modo autonomo pur presentando tratti estesi di interdipendenza.

Gli ambienti virtuali sono caratterizzati da un alto grado di fl es-sibilità, dovuto alla differente condizione dell’utilizzo del tempo e dello spazio. In pochi secondi si può tornare indietro per ritrovare un contenuto o fi ssare un concetto, si può andare avanti per controllare eventuali sviluppi di quanto già appreso, si possono aprire fi nestre che diano delucidazioni su ulteriori integrazioni e informazioni, ecc. Lo stesso spazio diventa compresente nei suoi diversi aspetti e assu-me quelle forme che proprio il discente cerca o riesce a visualizzare. Le grandi prospettive offerte dalla multimedialità creano condizioni

17 G. Trentin, La sostenibilità didattico-formativa dell’e-learning. Social net-working e apprendimento attivo, Franco Angeli, Milano, 2008.

15

che sono diffi cili da fi ssare, anche per la rapidità con cui gli strumen-ti si innovano tecnologicamente, azzerando sempre più i tempi e le coordinate spaziali: la rete internet, poi, si estende continuamente costruendo universi di saperi che, seppur spesso frammentati e so-vrapposti, possono permettere di accedere ad aggiornamenti regi-strati in tempo reale. La questione che si pone, ormai da almeno un decennio, è quella relativa agli strumenti critici necessari a tali nuo-ve modalità di apprendimento: qui, l’insegnamento gioca un ruolo di primo piano sia nell’individuazione di tali strumenti che nella conse-guente coniugazione con quelli già riconosciuti18.

D’altro canto, la rete internet è una metafora del territorio, la smaterializzazione di uno spazio organizzato o, quantomeno, con-giunto attraverso più nodi che tracciano la posizione dei siti e dei domini: lo stesso ricorso a termini dalle accezioni applicabili per più sistemi (istruzione, organizzazione aziendale, territorio, moda-lità lavorative) può, forse, indicare come le nuove tecnologie siano esse stesse esemplifi cative dei mutamenti sociali e culturali che la mondializzazione impone. Utilizzarle signifi ca, allora, entrare pie-namente nei cambiamenti strutturali che accompagnano i processi di globalizzazione, costruiti grazie ai raccordi reticolari che tessono una tela invisibile tra i nodi in cui vengono scomposti e riaggregati i vecchi e i nuovi saperi.

18 Progetto Alfa-MIFORCAL: verso un modello di e-learning intercontinentale per la formazione degli insegnanti, Working paper, Conference DIDAMATICA, Cesena 10-12 maggio 2007 (http://www.europeanphd.eu/public/progetti/DIDA-MATICA_MODELO_MIFORCAL.pdf).

INNOVAZIONE PEDAGOGICA,DOCENTI E NEWMEDIA

19

Le nuove tecnologie e il loro inserimento nelle comunità scola-stiche e negli ambienti di apprendimento sottostanno ad almeno due tipi di problemi: da un lato la scarsa consuetudine e preparazione dei docenti all’utilizzo delle nuove tecnologie, dall’altro, il mancato inserimento delle tecnologie all’interno dei programmi d’insegna-mento1. I testi scritti restano, ancora, gli strumenti privilegiati nella didattica mentre le nuove tecnologie vengono intese come possibili-tà accessorie, il cui utilizzo, si ritiene, possa essere anche trascurato. Spesso, inoltre, si ricorre ai nuovi media utilizzandoli come se fosse possibile fare le stesse cose che si fanno con i testi, sintomo, tutto ciò, di una scarsa propensione al cambiamento e di un diffuso timore nell’innovazione determinata dalle tecnologie avanzate.

È, tuttavia, facile intuire che le tecnologie informatiche e della comunicazione si basano su linguaggi specifi ci che includono anche i linguaggi non verbali e multimediali: questa specifi cità comunica-tiva ha un proprio status che intrinsecamente ne distanzia la stessa natura da quella dei testi e dalle modalità didattiche ad essi correlate. D’altronde è la prevaricazione dell’immagine, e la conseguente su-balternità della parola, che provoca e attiva un apprendimento com-pletamente diverso: l’immagine, solo per citarne un effetto comples-so, entra nelle profondità cognitive e della stessa coscienza anche a

1 G. Biondi, La scuola dopo le nuove tecnologie, Apogeo, Milano, 2007.

20

livello subliminale2. Una nuova realtà, dunque, crea uno iato tra la scuola e le generazioni che la frequentano: un divario che diventa ancora più marcato perché digitale e separatore evidente dei nativi tecnologici dai migranti delle TIC3. Storicamente, la produzione di questo divario inizia con la fruizione e il sopravvento del piccolo schermo: le giovanissime generazioni sono fi glie della televisione e dei mass-media, la cui velocità di trasformazione della rappre-sentazione e dell’interazione con il reale crea proprio delle barriere all’interno degli stessi strati giovanili che vivono, nel susseguirsi dei tempi corti occupati dalla nascita di nuove tecnologie, un parziale discrimine dovuto a segmenti differenziali intergenerazionali. Inol-tre la velocità propria dei nuovi mezzi richiede ritmi e tempi inediti per l’apprendimento previsto nell’insegnamento tradizionale.

L’istruzione risulta, così, fuori dalla realtà quotidiana e non ba-sta, purtroppo, una lavagna interattiva multimediale4 a determinare l’avanzamento e il progresso di una scuola al passo con le trasforma-zioni della rivoluzione tecnologica. Infatti spesso le LIM5 vengono utilizzate come le lavagne normali, anche perché la loro introduzio-ne, pur avendo il merito di forzare la didattica quotidiana, è accom-pagnata da processi che teoricamente affondano i propri presupposti negli stessi approcci didattici tradizionali. La scuola non deve certo scimmiottare l’uso delle TIC ma ne deve comprendere i linguaggi per poter, poi, utilizzare quelle stesse tecnologie nella didattica e nel più ampio contesto pedagogico.

2 S. Turkle, La vita sullo schermo. Nuove identità e relazioni sociali nell’epo-ca di internet, Apogeo, Milano, 2005.

3 V. infra: Glossario minimo.4 L. Parigi, Interfaccia a misura di scuola? La Lavagna Interattiva Multimedia-

le nella percezione degli insegnanti, Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Au-tonomia Scolastica, Firenze (http://www.itctannoia.it/Didamatica/2009/lavori/parigi.pdf).

5 G. Bonaiuti, Didattica attiva con la LIM. Metodologie, strumenti e materiali con la Lavagna Interattiva Multimediale, Centro Studi Erickson, Trento, 2009.

21

Una grave emergenza è rappresentata proprio dalla disorganicità della formazione destinata ai docenti che non permette loro di lavo-rare con i nuovi mezzi, partendo, proprio, dai mezzi stessi. È ovvio che nella scuola permangono barriere e resistenze dovute ad aspetti strutturali e organizzativi come l’orario, la diversa distribuzione del-le discipline, la struttura della classe, i metodi di valutazione (che oggi vedono primeggiare quello per competenze): tutto viene calato dall’alto, perché il riferimento è quello di un’immagine stereotipata e anacronistica dell’insegnante.

Le contraddizioni, tuttavia, si generano proprio da condizioni di novità che si scontrano con retaggi conservativi e creano la crisi e la disgregazione della stessa scuola. Probabilmente sarebbe necessario defi nire una nuova organizzazione del lavoro del docente e raffor-zarne anche una professionalità più aderente ai processi in atto e all’interno dell’organizzazione scolastica e formativa6. Intervenire in questo ambito signifi cherebbe fare un salto ed agganciare le ri-forme scolastiche a quella della fi gura del docente, il quale deve or-ganizzare i processi di apprendimento in funzione delle esigenze e della realtà sociale in cui la scuola vive. Ne potrebbe derivare così anche la possibilità di ricorrere a strumenti didattici alternativi al te-sto adottato e far rientrare, in questo campo, fi nalmente le TIC e l’e-learning. Tutto ciò comporta il superamento del lavoro solitario del docente che deve invece inserirsi in una dimensione collegiale, dove l’elaborazione e la programmazione del gruppo di ricerca individua-no le linee educative e metodologiche per raggiungere gli obiettivi che la scuola si prefi gge. Ma il gruppo non può essere chiuso e tan-tomeno può avere a che fare, sporadicamente, con esperti o percorsi di aggiornamento. Si tratta, piuttosto, di inserire nuove fi gure pro-fessionali, come quella di un coordinatore didattico (data anche la

6 M.C. Michelini, Progettare e governare la scuola. Democrazia e partecipa-zione: dalla progettazione educativa all’organizzazione scolastica, Franco Angeli, Milano, 2006.

22

trasformazione manageriale della fi gura del dirigente scolastico) o quella del progettista della formazione, per le linee programmatiche decise dal collegio-docenti e ratifi cate nei piani dell’offerta formati-va, e le molte previste per far vivere l’e-scuola7.

Le stesse classi dovrebbero essere scardinate nella loro struttura chiusa e datata per permettere l’incontro e la formazione di gruppi mobili di studenti su tematiche e obiettivi precisi: laboratori e classi aperte con la compresenza di più insegnanti, inseriti in una comu-nità professionale organizzata attraverso le reti scolastiche stesse; che poi, sono le stesse reti che ricalcano la modalità di vita dei so-cial network e delle realtà virtuali: un sistema di nodi relazionali e professionali potrebbe collegare gli operatori scolastici e il mondo accademico alla complessità dei territori, nella ricerca di un coordi-namento aperto che permetta confronti e sintesi su metodi, contenuti e fi nalità, per una visione unitaria e integrata dei processi educativi e formativi.

Per far questo è però necessario che la scuola e l’università siano investite dal dibattito sul ruolo e la professionalità dell’insegnante all’interno di una nuova organizzazione del lavoro. Inoltre è ormai impellente uno sguardo d’insieme che interconnetta il sistema scola-stico secondario a quello della formazione professionale con i rami postsecondari e universitari della formazione, non solo riguardo alle entrate e alle uscite nel e dal sistema secondario stesso ma, anche, per i problemi di processo legati alle qualifi che che vengono, oggi, completamente rivoluzionati dalle politiche europee di settore8. Un

7 F. De Biase, A. Garbarini, High Tech High Touch. Professioni culturali emer-genti tra nuove tecnologie e relazioni sociali, Franco Angeli, Milano, 2003.

V. Benigno, E. Vallarino, Clicca il mondo: una comunità in rete per lo sviluppo professionale dei docenti, CNR-Istituto Tecnologie Didattiche (http://www.itd.cnr.it/tdmagazine/PDF37/benigno-vallarino.pdf).

8 La questione dell’ammodernamento delle qualifiche professionali è in ambito europeo una delle priorità per il settennio 2007-2013: la Commission’s consultation on the European Qualifications Framework (EQF) è stata creata per riconoscere

23

sistema integrato, così come già sperimentato e avviato in parecchi territori europei, permetterebbe l’interscambio di esperienze e con-tenuti anche per la programmazione di interventi individualizzati e per l’inclusione di soggetti dalle caratteristiche e dalle esigenze di-verse9.

Se si potesse rivoluzionare l’organizzazione scolastica per dar-le un’impronta omologa a quella delle reti virtuali, sarebbe facile costruire dei blog e dei forum per l’incontro di gruppi: insegnanti, genitori, forze sociali, dirigenti scolastici, studenti, stakeholder10 potrebbero avviare lavori e discussioni con la consapevolezza re-ciproca di essere accomunati da qualcosa d’importante. Molto è già accaduto e le attività educative, in questo nuovo scenario, hanno reso sempre meno distanti le differenze tra istruzione e formazione: l’autoistruzione formalmente è prevista all’interno dei sistemi for-mativi; il decentramento11, che ha caratterizzato il settore dei servizi avanzati, ha prodotto una molteplicità di agenzie formative.

L’innovazione tecnologico-scientifi ca è, parallelamente e trasver-salmente, l’agente che modifi ca la conoscenza, la società, il lavoro, offrendo inedite possibilità all’insegnamento e all’apprendimento. Le nuove tecnologie, nonostante le resistenze individuali e di siste-ma, entrano nel sistema formativo sia come ausilio dei compiti e

le competenze tra diversi sistemi di qualifiche, determinanti sia ai livelli interna-zionali che nazionali e settoriali, in modo da permetterne il trasferimento intrasi-stemico.

9 M. Catarci, op. cit. Di Cintio M., La “maschera” dell’altro. Etica e dialogo interculturale nella civiltà complessa, Pensa MultiMedia, Lecce, 2008.

10 Gli stakeholders sono tutti coloro che, a qualunque titolo, hanno qualcosa a che fare con un’attività oggetto di valutazione. Il termine deriva dall’inglese holder of stake, detentore di una posta in gioco. Gli stakeholders possono essere individui, gruppi o organizzazioni. I beneficiari, per esempio, sono uno specifico gruppo di stakeholders. In italiano il termine dovrebbe essere tradotto con “detentori di inte-ressi”, oppure con “attori rilevanti”.

11 N. Bottani, Insegnanti al timone?, il Mulino, Bologna, 2002.

24

delle funzioni dell’organizzazione scolastica, sia come risorse per il lavoro dei docenti e l’apprendimento degli studenti12.

In generale, ci sembra di poter affermare, anche in base a ciò che si è prodotto in altri Stati che prima del nostro sono ricorsi ad un’al-fabetizzazione informatica di massa, che sotto il profi lo pedagogico sono state potenziate le opportunità per sviluppare le capacità di ra-gionamento e di problem-solving.

L’economia della conoscenza pone come dirimente il rapporto integrale della scuola e delle agenzie formative con l’innovazione scientifi co-tecnologica, anche se è ancora in itinere il processo di intervento pedagogico-didattico e la sua estensione alla totalità del sistema educativo.

La cosiddetta infosocietà esprime ed evidenzia il valore culturale generale dell’informatizzazione, che, da settore riservato a specia-listi, è diventato un ambito trasversale ai campi più svariati delle attività umane. Ne sono un esempio i Poli dell’innovazione, già esi-stenti in Europa, che sono ormai realtà acquisite nelle aree più avan-zate del nostro Paese e che prevedono l’interazione sistemica tra università, centri di ricerca, imprese. I Poli utilizzano e sviluppano le attuali e le future infrastrutture di ricerca scientifi ca e innovazione tecnologica presenti sui territori con riferimento ad uno specifi co settore (dominio) tecnologico e applicativo, svolgendo la funzione di intermediazione specializzata della ricerca e dell’innovazione, fa-vorendo e supportando sia il rafforzamento del collegamento tra il sistema scientifi co e il sistema imprenditoriale sia la collaborazione tra le imprese, al fi ne di innalzare la propensione all’innovazione dei sistemi produttivi13. I Poli dell’innovazione, dunque, devono recepi-re e interpretare le esigenze tecnologiche delle imprese, con lo scopo

12 F. Butera et al., Organizzare le scuole nella società della conoscenza, Ca-rocci, Roma, 2002.

13 M. Lazzeroni, Geografia della conoscenza e dell’innovazione tecnologica. Un’interpretazione dei cambiamenti territoriali, Franco Angeli, Milano, 2004.

25

di indirizzare, su specifi ci problemi tecnologici rilevanti, le azioni di sostegno alla ricerca e all’innovazione; hanno il compito di trasferire la conoscenza tecnologica a livello intersettoriale; devono favori-re asset innovativi intangibili; conseguono la mobilità del capitale umano tra sistema della ricerca e imprese; sviluppano comunità e reti internazionali della ricerca scientifi ca avanzata e dell’innova-zione; recepiscono e interpretano le esigenze formative che passano attraverso i cambiamenti reali, anche in funzione di sistemi più ampi che sottostanno ai processi di internazionalizzazione.

Ce ne è abbastanza per comprendere i cambiamenti in atto che trasformano le prospettive di un sistema formativo complesso più aderente alle innovazioni che pervadono e invadono questa fase.

La complessità nella formazione va, oggi, dalla valutazione dei bisogni individuali all’uso di programmi di autoapprendimento, dal-la consuetudine al lavoro cognitivo in nuovi ambienti didattici fi no alla ricerca di costruzione della conoscenza attraverso la multime-dialità. La scuola, se deve preparare al futuro, non può che fornire gli strumenti intellettuali necessari per entrare nell’innovazione dettata dal sapere scientifi co, anche attraverso i suoi sviluppi tecnologici, e nella possibilità di sviluppare, contemporaneamente, le capacità creative dei singoli, dei gruppi e delle comunità14.

Sono proprio le nuove tecnologie a segnare un bordo incerto tra informazione, conoscenza, formazione: se, infatti, non può dirsi che oggi l’informazione non sia invasiva e pervasiva, allo stesso tempo questo non permette di affermare che la conoscenza prodotta sia co-noscibile da tutti e che la formazione possa utilizzare sia lo stadio dell’informazione che quello della conoscenza15. Ne è dimostrazio-ne il fatto che l’introduzione delle nuove tecnologie nelle scuole non è accompagnata dalla costruzione di ambienti didattici e di program-

14 A. Calvani (a cura di), Rete, comunità e conoscenza. Costruire e gestire di-namiche collaborative, Centro Studi Erickson, Trento, 2005.

15 D. Foray, op. cit.

26

mazioni disciplinari: più facilmente, nella maggior parte dei casi, l’aula informatizzata o la LIM vengono forzosamente introdotte come strumenti a cui ricorrere per segmenti di intervento didattico ma non entrano a far parte di un più ampio e organico disegno pe-dagogico e organizzativo. Inoltre, siamo in presenza di un cambia-mento delle stesse modalità di apprendimento che, necessariamente, discendono da un nuovo confronto culturale dettato dalla orizzonta-lità della circolazione e produzione dei saperi: va studiato, profon-damente, il passaggio dall’apprendimento legato al “fare” rispetto a quello determinato dal “concepire”. Perché è indubbio che siano interessate, a queste nuove modalità, tutte le facoltà umane di perce-zione, memorizzazione, interpretazione, analisi, elaborazione16.

L’incorporazione dell’intelligenza nei processi e nei prodotti del-le attività umane, condizione oggi inedita perché estesa cognitiva-mente, ne determinerà anche la progressiva dematerializzazione che attualizzerà le stesse possibilità creative del lavoro umano.

Gli insegnanti sono consapevoli di un cambiamento irreversibile che si è prodotto nei processi di apprendimento: l’intelligenza col-lettiva è legata all’apprendimento cooperativo17 e gli stessi docenti imparano insieme ai loro studenti. Questa prospettiva muta la prio-rità di alcuni compiti della funzione docente: la trasmissione tradi-zionale dei saperi è, di fatto, indebolita dall’enorme mole di dati e informazioni presenti sul web mentre resta diffi cile orientarsi nella ridondanza e compresenza di materiali che si presentano come en-ciclopedie e summe aperte contemporaneamente o nella possibilità di partecipare a incontri virtuali di esperti che dibattono sulle più diverse tematiche e questioni.

16 F. Abbona, G. Del Re, G. Monaco (a cura di), Complessità dinamica dei processi educativi. Aspetti teorici e pratici, Franco Angeli, Milano, 2008.

17 A. Veggetti, L’apprendimento cooperativo. Concetti e contesti, Carocci, Roma, 2004.

27

“A questo punto, la funzione principale dell’insegnante non potrà più essere la diffusione di conoscenze, ormai assicurata più effi ca-cemente da altri mezzi. La sua competenza deve spostarsi e trasfor-marsi in una provocazione all’apprendimento e al pensiero. L’inse-gnante diventa l’animatore dell’intelligenza collettiva dei gruppi di cui è responsabile. La sua attività sarà incentrata sull’assistenza e la gestione degli apprendimenti: l’incitamento allo scambio dei saperi, la mediazione relazionale e simbolica, la guida personalizzata ai per-corsi di apprendimento eccetera”18.

I nuovi compiti del docente afferiscono alla sfera dell’individua-lizzazione e personalizzazione dell’apprendimento19 che avviene, però, all’interno dei gruppi; all’individuazione dei ritmi di appren-dimento e degli stili personali che ogni studente esige; alla co-pro-duzione di materiali e prodotti; alla coniugazione tra apprendimento attivo ed esperienziale.

Sarà necessario, inoltre, ricorrere a tutta una serie di fi gure pro-fessionali e di ausili inediti: progettista educativo, intelligent tuto-ring system, educational modelling, educational designer, computer assisted language, computer mediated communication technolo-gy based instructional model. Il docente sarà sempre più portato a costruire una didattica per problemi che cambierà la natura stessa dell’errore, la cui gestione, individuazione e correzione diventeran-no contributi fondamentali per la conoscenza20. L’alternanza tra l’au-la fi sica e l’aula virtuale (il cosiddetto ambiente blended) permette, oggi, un’interazione effi cace perché agevola l’accesso ai contenuti,

18 P. Lévy, Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Feltrinelli, Mi-lano, 1999, p. 167.

19 AA.VV., Personalizzare l’insegnamento, trad. di S. Nosari, il Mulino, Bo-logna, 2008.

20 L. Toselli, Il progettista multimediale, Bollati Boringhieri, Torino, 1998.

28

sviluppa condizioni di coinvolgimento attivo, socializza l’apprendi-mento, prolunga e diversifi ca i tempi dell’attenzione21.

Per la scuola si tratta di avviare un processo strategico volto a innovare metodi e strumenti per l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze: questo sarà possibile solo creando comunità pro-fessionali allargate che vadano oltre i sistemi scolastici e universi-tari. Nuove fi gure professionali possono intervenire, rivoluzionando l’organizzazione scolastica e lo stesso ruolo del docente: animatori informatici, facilitatori di laboratorio, gestori di mediateche, esperti in archivi elettronici e data-base, progettisti di formazione, elabo-ratori di software educativi, architetti di ambienti didattici, esperti nella realizzazione di learn-object, ecc.

Infatti, seppure è certo che la ricerca dei docenti non possa anco-rarsi troppo al contingente, è indubbio che il lavoro degli insegnanti diventerà quello assai complesso di coniugare l’innovazione delle conoscenze tecnico-scientifi che alla lettura delle dinamiche econo-miche e sociali che permettono il cambiamento stesso: tutto questo non può avvenire in situazione autoreferenziale, è necessario ricor-rere all’esterno della scuola ed andare oltre il docente, fosse anche un docente ricercatore22!

La pluralità dei soggetti e delle reti che intervengono nel cambia-mento sono, infatti, determinanti per comprendere i nuovi modelli dei saperi e trasferire sul piano teorico lo studio dei sistemi com-plessi che accompagnano l’evolversi della società della conoscen-za. I nuovi linguaggi, che sono legati a questa fase, includono ma

21 G.P. Bonani, Formazione digitale: progettare l’e-learning centrato sull’uten-te, Franco Angeli, Milano, 2003.

22 Più che di un superamento si può parlare di un’evoluzione della ricerca-azione in ricerca-azione partecipata e trasformativa. Il prevalere dell’interazione cooperativa e lo sviluppo dell’e-learning portano, necessariamente, a modificare e innovare il ruolo del docente-ricercatore a vantaggio di un’intelligenza collettiva che produce una conoscenza partecipata.

29

superano sia quelli scritti che quelli orali perché afferiscono ad una condizione integrata che va di pari passo con la continua evoluzione degli strumenti tecnologici23.

Un problema conseguente a quanto detto è quello relativo alla stessa organizzazione della scuola e dell’università24: queste due braccia del sistema formativo vivono in modo scoordinato la ten-sione verso il cambiamento e la torsione verso la conservazione. Specialmente la scuola tarda ad aprirsi ad una società che chiede di essere interpretata e vuole una formazione basata sulla ricerca scien-tifi ca e sulla verifi ca continua dei problemi.

Probabilmente molti insegnanti potrebbero imparare ad utiliz-zare le nuove tecnologie dai propri studenti ma questo rappresenta solo una parte della destabilizzazione professionale a cui i docenti devono sottoporsi per riqualifi carsi. Non si tratta di competere con le nuove generazioni nell’utilizzo delle tecnologie: a ben vedere, si tratta, invece, di recuperare una funzione di integrazione tra i saperi, di orientamento e di guida che solo un insegnante può esercitare. Soltanto che questa fase di recupero di funzioni e di avanzamen-to nell’utilizzo dei linguaggi informatici e multimediali cambia lo status dell’insegnante perché lo mette in relazione con i fenomeni sociali ma anche con quelli dell’innovazione tecnologica25.

I nuovi alfabeti, che costruiscono un’inedita sintassi dei linguag-gi legati agli strumenti tecnologici di ultima generazione, non sono ancora pienamente determinanti per confi gurare un impianto meto-dologico che attraversi i diversi ambiti disciplinari. In effetti, il ri-

23 S. Poertner, K. Massetti Miller, L’arte di dare e ricevere feedback. Come re-alizzare un’efficace comunicazione interpersonale per migliorare la performance individuale e di gruppo, Franco Angeli, Milano, 2009.

24 U. Margiotta, E. Balboni (a cura di), Progettare l’università virtuale. Co-municazione, tecnologia, progettazione, modelli, esperienze, UTET Università, Torino, 2005.

25 G. Biondi, op. cit.

30

corso alle tecnologie e all’e-learning prevede la partecipazione attiva degli studenti ed anche l’individualizzazione dei processi didattici e di apprendimento: è necessario, quindi, rivedere gli stessi obiettivi pedagogici dell’istruzione perché non venga meno la formazione di capacità critiche in una fase delicata come quella che la scuola e la società stanno attraversando26.

La pedagogia ha quindi, di fronte, una serie di sfi de che riguarda-no la metarifl essione complessiva relativa all’uso della tecnica: un mondo che vede l’esplosione dei saperi scientifi ci e l’innovazione continua delle tecnologie presenta, però, come rovescio della meda-glia, contraddizioni enormi sulla qualità della vita e sulla condizione stessa dell’uomo. Se, in fondo, le tecnologie non sono altro che stru-menti di cui l’uomo può servirsi per sviluppare la molteplicità della propria intelligenza, non è ormai più rinviabile una ricerca integrata che delinei i processi educativi per costruire una società tecnologiz-zata della conoscenza che sia al contempo inclusiva e democratica.

26 G. Trentin, La sostenibilità didattico-formativa dell’e-learning. Social net-working e apprendimento attivo, Franco Angeli, Milano, 2008.