MANUALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO · 2020. 12. 21. · 4 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO Parte...

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G. Giappichelli Editore MANUALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO Seconda edizione Estratto Prova concorso TAR 2020 Diritto amministrativo Vincenzo Lopilato

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  • G. Giappichelli Editore

    MANUALE DIDIRITTO

    AMMINISTRATIVOSeconda edizione

    Estratto

    Prova concorso TAR 2020Diritto amministrativo

    Vincenzo Lopilato

  • Vincenzo Lopilato

    ManuaLe didiritto

    aMMinistratiVoParte generaleParte speciale

    Giustizia amministrativa

    Seconda edizione

    Estratto

    Prova concorso tar 2020diritto amministrativo

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  • Concorso TAR 2020

    Prova di diritto amministrativo

    1.

    Il candidato esamini la sorte del provvedimento amministrativo che risulti conforme a legge nazionale ma difforme da disposizione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Esamini anche il diverso caso in cui il provvedimento amministra-tivo, sempre conforme alla legge nazionale, risulti difforme rispetto a diret-tiva dell’Unione europea non ancora recepita nell’ordinamento italiano. (traccia estratta)

    Estratti da:

    Capitolo 4: parr. 1, 2-2.3, 6, 7, 8, 12, 12.1, 15, 16, 17, 20-22.2, 23, 24, 25, 26. Capitolo 2: parr. 12-12.1.1.

    2. Dopo una breve analisi sulla natura e tipologia degli atti impugnabili davanti al giudice amministrativo, il candidato analizzi le questioni connesse all’impugnabilità degli atti di alta amministrazione e degli atti di natura poli-tica, con particolare riferimento alla tutela esperibile avverso il decreto del Presidente della Repubblica di indizione del referendum relativo a legge di revisione costituzionale. (traccia non estratta)

    Estratti da:

    Capitolo 11: par. 11.4.

    3. Il tempo e l’azione amministrativa. (traccia non estratta)

    Capitolo 11: par. 31.1 Capitolo 17: parr. 14-15

  • 2 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 3

     

     

    Capitolo 4

    Fonti esterne

    SOMMARIO. Parte Prima. Fonti europee. – Sezione I. Sistema delle fonti europee e rapporti con l’ordina-mento nazionale. – 1. Premessa. – 2. Fonti europee e criteri interni ordinatori del sistema. – 2.1. I Trattati. – 2.2. Principi generali del diritto europeo. – 2.3. Le fonti di diritto derivato. – 3. Il siste-ma di giustizia europea: cenni. – 4. Rapporti tra ordinamento europeo e ordinamento nazionale. I criteri ordinatori esterni: principio di attribuzione, sussidiarietà e proporzionalità. – 5. La ricostru-zione dei rapporti tra ordinamenti nella giurisprudenza costituzionale ed europea. – 6. L’attuazione del diritto europeo. – 6.1. Potere sostitutivo legislativo. – Sezione II. Implicazioni nel diritto ammi-nistrativo. – 7. Premessa. – 8. Regole sostanziali, organizzative, procedimentali e processuali eu-ropee. La cd. esecuzione diretta. – 9. Regole sostanziali europee e autonomia organizzativa, proce-dimentale e processuale nazionale. La cd. esecuzione indiretta. – 10. Autonomia organizzativa: limi-ti ed eccezioni (cenni e rinvio). – 11. Autonomia procedimentale: limiti ed eccezioni. La regola pro-cedimentale generale del “diritto ad una buona amministrazione”. – 11.1. Le regole procedimentali specifiche: il procedimento di scelta del contraente e il principio di concorrenza “per il mercato”. – 11.2. Autonomia procedimentale di secondo grado. – 12. Autonomia processuale: limiti ed ecce-zioni. – 12.1. Vizi del provvedimento amministrativo in contrasto con il diritto europeo: rimedi giudiziali. – 12.2. Intangibilità del giudicato amministrativo. – 12.3. Processo amministrativo nel setto-re degli appalti pubblici. Inefficacia del contratto. Tutela cautelare ante causam. Ricorso incidentale. Cenni e rinvio. – 13. Autonomia delle regole negoziali e di responsabilità: limiti ed eccezioni (cenni e rinvio). – 14. Esecuzione composta o integrata: la nozione di procedimenti amministrativi compo-sti o integrati. – Parte Seconda. Fonti internazionali. – Sezione I. Sistema delle fonti internazionali e rapporti con l’ordinamento nazionale. – 15. Il sistema delle fonti internazionali e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. – 16. La collocazione del diritto internazionale e della Cedu nel si-stema delle fonti. – 17. Principio di sussidiarietà ed esecuzione delle sentenze della Corte Edu. – 18. Rapporti tra diritto convenzionale e diritto europeo. – 19. Il sistema multilivello di protezione dei diritti fondamentali. – Sezione II. Implicazioni nel diritto amministrativo. – 20. Premessa. – 21. Cedu e diritto penale: principio di legalità convenzionale e costituzionale a confronto. – 21.1. La nozione di pena e di materia penale. – 22. Le sanzioni amministrative. – 22.1. Garanzie conven-zionali sostanziali applicate alle sanzioni penali e amministrative afflittive. – 22.2. Garanzie con-venzionali processuali. Giusto procedimento e giusto processo. – 22.3. Principio di ne bis in idem e doppio binario sanzionatorio. – 22.4. Giudicato e contrasto con la Cedu. – 23. Proprietà pubblica ed espropriazione: cenni e rinvio. – 24. Misure di prevenzione: cenni e rinvio. – 25. Sanzioni ap-plicate agli enti per responsabilità amministrativa da reato: cenni e rinvio. – 26. Conclusioni.

     

  • 4 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    Parte Prima Fonti europee

    Sezione I Sistema delle fonti europee e rapporti con l’ordinamento nazionale

    1. Premessa

    L’Unione europea è un’organizzazione internazionale, dotata di peculiari caratte-ristiche, creata sulla base di Trattati.

    Il Trattato istitutivo della Comunità Europea è stato sottoscritto il 25 marzo 1957 ed è stato modificato, da ultimo, dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, rati-ficato con la legge 2 agosto 2008, n. 130. In particolare, sono stati stipulati il Trattato sull’Unione europea (Tue) e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue). L’art. 1 del primo dispone che «l’Unione si fonda» su entrambi i Trattati, che hanno lo stesso valore giuridico.

    I Trattati internazionali sono accordi tra due o più Stati, diretti a regolare i rap-porti tra di essi.

    La peculiarità dei Trattati che hanno fondato l’Unione risiede nel fatto che essi danno vita ad un ordinamento giuridico nuovo, dotato di proprie istituzioni, a favo-re del quale gli Stati che ne sono membri hanno limitato, in settori sempre più ampi, i propri poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto tali Stati ma anche i cittadini degli stessi 1.

    L’Unione europea è formata dalle seguenti istituzioni (art. 13 Tue): il Parlamento europeo, composto dai rappresentanti dei popoli degli Stati membri, titolare, insieme al Consiglio, della funzione legislativa (artt. 233-234 Tfue); il Consiglio europeo – com-posto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri, dal suo Presidente e dal Pre-sidente della Commissione (art. 15, par. 2, Tue) – dà «all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali, senza e-sercitare funzioni legislative (art. 15, par. 1, Tue; artt. 235-236 Tfue); il Consiglio – com-posto «da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale, abilitato a impegnare il governo dello Stato membro che rappresenta e ad esercitare il diritto di voto» (art. 16, par. 2, Tue) – esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzio-ne legislativa e la funzione di bilancio (art. 16, par. 1, Tue; artt. 237-243 Tfue); la Com-missione – composta da individui designati dagli Stati membri (art. 17, par. 4, Tue) – è titolare della funzione amministrativa e, in particolare, «promuove l’interesse generale dell’Unione e adotta le iniziative appropriate a tale fine», vigilando «sull’applicazione dei Trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei Trattati» (art. 17, par. 1, Tue; artt. 244-250 Tfue); la Corte di Giustizia dell’Unione europea – comprenden-

    1 Corte giust. un. eur., parere 2/13 del 18 dicembre 2014.

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 5

     

    te la Corte di Giustizia, composta da un giudice per ciascuno Stato e assistista da av-vocati generali, il Tribunale, composto da almeno un giudice per Stato membro, e i Tribunali specializzati (art. 19, par. 2 e 3) – è titolare della funzione giurisdizionale, avendo il compito di assicurare «il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’appli-cazione dei Trattati» (art. 19, par. 1, Tue; artt. 251-281 Tfue); la Banca centrale eu-ropea, con compiti di vigilanza sugli enti creditizi e di attuazione della politica mone-taria (artt. 282-284 Tfue); la Corte dei Conti, preposta all’esame dei conti dell’Unio-ne e dei suoi organi (artt. 295-287 Tfue).

    La sintetica indicazione svolta dimostra come nell’ordinamento europeo sia pre-sente l’articolazione delle funzioni e dei poteri propri degli ordinamenti nazionali, con conseguente distinzione tra legislazione, amministrazione e giurisdizione [cap. 1, par. 1]. Come si esporrà oltre, la parte relativa all’amministrazione europea, per quanto si sia rafforzata negli ultimi anni, ha ambiti di intervento ristretti, in quanto l’Unione eu-ropea si basa ancora oggi sul principio della cd. esecuzione indiretta [par. 9].

    In questa prima parte occorre soffermarsi sul potere normativo europeo, per poi analizzarne le implicazioni nel diritto amministrativo.

    2. Fonti europee e criteri interni ordinatori del sistema

    Il Trattato contiene norme materiali e norme formali che istituiscono ulteriori fonti. Il sistema normativo europeo comprende: i) le fonti di diritto primario, ovvero i

    Trattati istitutivi, che non possono essere considerati una “Costituzione” in senso tec-nico giuridico, in quanto, tra l’altro, si ritiene che una Costituzione legittimata demo-craticamente debba derivare da un consapevole atto costituente del popolo che, nel-la specie, manca; ii) i principi generali del diritto europeo; iii) le fonti di diritto se-condario o derivato, ovvero gli atti emanati dalle istituzioni europee, nei limiti delle competenze e degli effetti sanciti dagli stessi Trattati.

    L’art. 6 del Trattato (Tue) ha disposto, inoltre, che la Carta dei diritti fondamen-tali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000 (cd. Carta di Nizza) ha «lo stesso valo-re giuridico dei Trattati», con la conseguenza che essa deve essere inclusa nell’ambito delle fonti di diritto primario.

    Il Trattato non contiene norme relative ai criteri ordinatori delle fonti. Si può ritenere che i criteri ordinatori interni al sistema delle fonti europee (crite-

    ri cd. infrasistemici) siano gli stessi di quelli già analizzati con riferimento all’ordina-mento nazionale: criterio gerarchico, cronologico e di specialità [cap. 2, par. 2].

    2.1. I Trattati

    Al vertice del sistema delle fonti si pongono i Trattati, che contengono norme so-stanziali e norme formali.

    Le norme sostanziali possono essere direttamente applicabili, quali, ad esempio, quelle in materia di concorrenza, e non direttamente applicabili. Queste ultime ne-cessitano, per la loro generalità, di processi attuativi.

  • 6 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    Le norme formali indicano i soggetti competenti all’adozione di altre fonti nor-mative, nonché le procedure che devono essere seguite.

    2.2. Principi generali del diritto europeo

    I principi generali del diritto europeo hanno funzione: i) interpretativa, venendo in rilievo al fine di chiarire la portata e il significato delle altre fonti europee; ii) inte-grativa di eventuali lacune, contribuendo a garantire omogeneità, unità ed armonia ad un sistema giuridico altrimenti frammentario; iii) limitativa del potere, venendo in ri-lievo anche quali parametri di legittimità per gli atti delle istituzioni.

    Una prima categoria è costituita dai principi originari del diritto europeo, la cui specifica individuazione è essenzialmente dovuta all’attività interpretativa della Cor-te di Giustizia dell’Unione europea. Si tratta di principi desunti dalla natura e dalla finalità dell’ordinamento europeo. In questo ambito si collocano i principi del primato del diritto europeo e dell’effetto diretto.

    Una seconda categoria è rappresentata dai principi espressamente previsti dai Trat-tati. Oltre ai principi di attribuzione, sussidiarietà e proporzionalità [par. 4], vi rientra-no i principi: i) di eguaglianza, sancito sia nella forma generica del divieto di discrimi-nazione (artt. 2 e 3 Tue, artt. 8, 10, 18 Tfue), sia in quella specifica della parità di retri-buzione tra lavoratori di sesso maschile e femminile (art. 157 Tfue); ii) di leale colla-borazione, che impone agli Stati membri di assicurare l’adempimento dei loro impegni europei, garantendo il raggiungimento degli scopi previsti dai Trattati (art. 4 Tue).

    Una terza categoria è costituita dai principi generali del diritto, comuni agli ordi-namenti degli Stati membri, i quali rappresentano un comune denominatore dei prin-cipi dei singoli Stati, elaborati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Rientra-no in questo ambito i seguenti principi: i) certezza del diritto; ii) legittimo affidamen-to; iii) legalità; iv) contraddittorio.

    2.3. Le fonti di diritto derivato L’art. 288 Tfue dispone che, per esercitare le competenze dell’Unione, le istitu-

    zioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri. In questo ambito la più rilevante distinzione è tra diritto europeo “direttamente”

    e “non direttamente” applicabile. Il regolamento ha portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi e diret-

    tamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Esso rappresenta l’equivalente del-la legge negli ordinamenti degli Stati nazionali.

    La direttiva vincola lo Stato membro al raggiungimento del risultato posto, la-sciando ferma la discrezionalità degli organi nazionali in ordine alla forma e ai mezzi dell’attuazione.

    Essa è, pertanto, normalmente non direttamente applicabile. Essendo la direttiva uno strumento di normazione in due fasi, la prima a livello eu-

    ropeo, la seconda a livello nazionale, la stessa implica l’attivazione di un processo di collaborazione tra l’Unione e gli Stati membri.

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 7

     

    La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito il principio secondo cui la direttiva, per la quale sia scaduto il termine di recepimento e che contenga proposi-zioni normative chiare, precise e incondizionate (cd. direttiva self-executing o auto-e-secutiva), deve essere applicata nei rapporti tra le autorità pubbliche e i soggetti del-l’ordinamento.

    L’eventuale effetto diretto delle norme delle direttive è, in questo caso, conseguen-za non solo delle qualità intrinseche dell’atto, ma anche dell’intento sanzionatorio a carico dello Stato inadempiente dell’obbligo di attuazione.

    Si utilizza l’espressione “effetto diretto verticale unilaterale” per indicare che i precetti della direttiva non recepita possono essere fatti valere dai singoli nei confronti dello Stato e non anche da quest’ultimo, proprio perché inadempiente.

    La giurisprudenza europea, a partire, in particolare, dalla sentenza Marshall del 1986 2, ha escluso l’operatività dell’“effetto diretto orizzontale” tra soggetti privati: il motivo sotteso a tale restrizione risiede nella circostanza che, in questi casi, non è ad-debitabile alcuna responsabilità ai singoli per la mancata attuazione della direttiva eu-ropea, ragione per cui non si può invocare alcun effetto diretto che, per i motivi illu-strati, rinviene la propria giustificazione anche in una volontà sanzionatoria.

    In chiave critica si è rilevato come tale distinzione rischi, però, di creare discrimina-zioni tra i destinatari della direttiva stessa: si pensi al caso in cui le misure europee pos-sano essere invocate da dipendenti pubblici nei confronti di una pubblica amministra-zione ma non da dipendenti privati nei confronti del loro datore di lavoro. A questa obiezione la Corte di Giustizia, con la sentenza sopra citata, ha replicato che detti ef-fetti non si sarebbero prodotti se lo Stato membro avesse recepito correttamente la di-rettiva. Uno stimolo al recepimento deriva anche dalla prospettazione della responsa-bilità per la mancata o tardiva attuazione della direttiva stessa [cap. 17, par. 21]. Inol-tre, è possibile ridurre tali effetti potenziando l’obbligo di interpretazione conforme al diritto europeo non direttamente applicabile, il quale ha portata generale e, quindi, investe anche i rapporti orizzontali 3.

    La giurisprudenza europea successiva ha tentato di ampliare l’ambito applicati-vo verticale delle direttive fornendo una nozione più estesa di “autorità pubblica”.

    Nella sentenza Foster del 1990 4 la Corte ha affermato che rientrano in tale am-bito anche gli organismi o gli enti soggetti all’autorità o al controllo dello Stato ov-vero che dispongono di «poteri che eccedevano i limiti di quelli risultanti dalle nor-me che si applicano nei rapporti fra singoli».

    La questione che si era posta è se i requisiti del controllo e della natura dei poteri fossero alternativi o cumulativi, in quanto la suddetta sentenza conteneva parti della motivazione che avrebbero potuto essere interpretati in un senso o nell’altro.

    2 Corte giust. un. eur., 26 febbraio 1986, sentenza M.H. Marshall c. Southampton and South West Hampshire Area Health Authority, causa 152/84.

    3 R. Chieppa-R. Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2016, 32. 4 Corte giust. un. eur., sentenza del 12 luglio 1990, A. Foster e altri c. British Gas PLC, causa C-188/89.

  • 8 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    Nella sentenza Farner del 2017 5 la Corte ha affermato, interpretando la precedente decisione europea, che è sufficiente che ricorra anche uno solo dei suddetti requisiti perché si possa ritenere di essere in presenza di una “autorità pubblica”.

    In questa nuova prospettiva, anche soggetti privati 6 possono essere considerati “autorità pubblica” ai fini della sottoposizione agli obblighi derivanti da una diretti-va non attuata. Si tratta, pertanto, di un ambito in cui viene in rilievo una “nozione eu-ropea di pubblica amministrazione” che, in questo caso, risulta più ampia di quella nazionale [cap. 6, parr. 18-18.4 per l’analisi degli altri casi in cui ricorre tale nozione] 7.

    La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Essa ha portata individuale in quanto, se designa i destinatari, è obbligatoria solo nei confronti di questi (o comun-que dei soggetti facilmente identificabili), siano essi Stati membri, persone fisiche o giuridiche. È generalmente adottata per disciplinare casi concreti e, attese tali carat-teristiche, corrisponde sostanzialmente all’atto amministrativo dei sistemi giuridici na-zionali 8.

    Le raccomandazioni e i pareri sono atti non vincolanti. Le raccomandazioni sono manifestazioni di carattere esortativo indirizzate agli Stati

    membri, ma anche a soggetti privati o a istituzioni europee, affinché orientino il pro-prio comportamento in modo conforme all’interesse generale dell’Unione.

    I pareri sono comunicazioni di carattere conoscitivo mediante i quali le istituzioni europee esprimono opinioni, anche di natura tecnica, su determinati fatti o questioni.

    Pur mancando una norma che ne preveda l’obbligatorietà, raccomandazioni e pa-reri vengono solitamente pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, per fini meramente informativi.

    È bene, infine, sottolineare che, come spesso rilevato dalla Corte di Giustizia del-l’Unione europea, nella classificazione degli atti europei di diritto secondario deve con-siderarsi prevalente il criterio sostanziale rispetto a quello formale basato sulla qualifi-cazione giuridica. Ciò significa che, ai fini della individuazione della natura dell’atto, è necessario avere riguardo ai suoi connotati intrinseci.

    Accanto agli indicati atti tipici esistono atti atipici che si sono formati in via di prassi, quali, ad esempio, decisioni sui generis e accordi interistituzionali.

    omissis

    5 Corte giust. un. eur. Grande sezione, 10 ottobre 2017, n. 413, Elaine Farrell c. Alan Whitty, causa C-413/15.

    6 Nella specie, si trattava della qualificazione giuridica di Motor Insurers’ Bureau of Ireland, l’ente, in Irlanda, responsabile in via esclusiva del risarcimento dei danni richiesti da soggetti rimasti feriti in incidenti stradali nei quali il conducente responsabile non sia assicurato o non sia identificabile.

    7 M. Gnes, L’opponibilità delle direttive agli enti privati con compiti di interesse pubblico, in Giorn. dir. amm., 2018, 590 ss.

    8 Cons. Stato, sez. VI, 16 settembre 2002, n. 4658.

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 9

     

    6. L’attuazione del diritto europeo

    Il diritto europeo non direttamente applicabile deve essere attuato nell’ordina-mento nazionale.

    La fase di attuazione è demandata sia allo Stato sia alle Regioni in conformità ai criteri di riparto delle funzioni legislative [cap. 2, par. 7]. In particolare, l’art. 117, com-ma 5, Cost. prevede che «le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione de-gli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostituti-vo in caso di inadempienza».

    In relazione alle modalità di esercizio delle competenze statali, la legge 24 dicem-bre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea) ha sostituito la tradizionale legge comunitaria con i due strumenti della legge di delegazione europea e della legge europea: i) la prima, finalizzata al conferimento di deleghe legislative per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell’Unione europea che devono essere recepiti nell’ordinamento italiano (art. 30, comma 2, lett. a); ii) la seconda, volta a pre-vedere norme di diretta attuazione degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unio-ne europea e, in particolare, norme modificative o abrogative di disposizioni statali vi-genti oggetto di procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea o di sen-tenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nonché norme emanate nell’eserci-zio del potere sostitutivo di cui all’art. 117, comma 5, Cost. (art. 30, comma 3, lett. b) ed e) [par. 6.1].

    Il Governo dovrà presentare, entro il 28 febbraio di ogni anno, la legge di delega-zione europea e, se necessario, potrà presentare una seconda legge, la legge europea.

    L’art. 35 della suddetta legge prevede che: i) nelle materie di competenza legisla-tiva esclusiva statale (art. 117, comma 2) già disciplinate con legge, ma non coperte da riserva assoluta di legge, «le direttive dell’Unione europea possono essere recepite mediante regolamento se così dispone la legge di delegazione europea» (comma 1); ii) nelle materie di competenza legislativa esclusiva (art. 117, comma 2, Cost.) non di-sciplinate dalla legge o da un regolamento di delegificazione e non coperte da riserva di legge, «le direttive dell’Unione europea possono essere recepite con regolamento ministeriale o interministeriale (...) o, ove di contenuto non normativo, con atto ammi-nistrativo generale da parte del Ministro con competenza prevalente nella materia, di concerto con gli altri Ministri interessati» (comma 3) 9.

    omissis

    9 La legge n. 234 del 2012 è contenuta per esteso nel Codice di diritto amministrativo, a cura di V. Lopilato, Torino, in corso di preparazione.

  • 10 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    Sezione II

    Implicazioni nel diritto amministrativo

    7. Premessa

    Occorre esaminare quali sono le implicazioni del sistema delle fonti europee nel-l’ambito del diritto amministrativo.

    Nell’esaminare tale complessa questione, occorre tenere distinti, da un lato, le re-gole sostanziali, organizzative, procedimentali e processuali e gli spazi di “autonomia” (organizzativa, procedimentale e processuale) riconosciuti agli Stati membri, dall’al-tro, i concetti di esecuzione diretta, indiretta e integrata.

    Le prime implicano un’analisi del “contenuto” delle regole europee per stabilire su quali ambiti esse possano incidere. I secondi implicano, invece, la trattazione degli apparati organizzativi, nazionali, europei o integrati, che sono deputati a dare concreta attuazione a tali regole.

    8. Regole sostanziali, organizzative, procedimentali e processuali europee. La cd. esecuzione diretta

    Esistono alcuni settori in relazione ai quali i Trattati contemplano una discipli-na sostanziale, organizzativa, procedimentale e processuale di diritto europeo, con attribuzione delle funzioni amministrative di esecuzione diretta ad organismi eu-ropei.

    Sul piano delle regole normative europee sostanziali, si tratta di settori che rien-trano nell’ambito della competenza europea.

    Sul piano delle regole normative organizzative, il Trattato di Lisbona contiene una norma che fa riferimento alla nozione di amministrazione europea: «nell’assolvere i loro compiti le istituzioni, organi e organismi dell’Unione si basano su un’amministra-zione europea aperta, efficace ed indipendente» (art. 298 Tfue).

    Il che significa che esistono organismi europei chiamati a dare attuazione a regole sostanziali europee nel rispetto delle regole procedimentali europee. Le principali funzioni amministrative, come già esposto [par. 1], sono attribuite alla Commissione europea.

    Sul piano delle regole normative procedimentali, si sta facendo strada una nozio-ne di “procedimento amministrativo europeo” posto in essere dai suddetti organismi europei.

    Allo stato manca una disciplina generale del procedimento europeo, anche se so-no in atto iniziative di riforma.

    Nel 2013 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione con la quale ha chie-sto alla Commissione di presentare una proposta di regolamento in materia di pro-

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 11

     

    cedimenti amministrativi, sulla base di una serie di raccomandazioni particolareg-giate 10.

    Nel 2016 lo stesso Parlamento ha adottato una nuova risoluzione con la quale, que-sta volta, ha formulato una vera e propria proposta strutturata di regolamento sul pro-cedimento, articolata in trenta articoli e quarantaquattro considerando.

    In attesa di tale riforma, si applicano le singole norme che rinvengono la loro fon-te in diverse disposizioni di matrice europea.

    Sul piano delle regole normative processuali, nel caso in cui gli organismi europei violino le regole normative sostanziali, la competenza spetta alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

    Un settore in cui si realizza una “concentrazione” di tutte le regole in ambito eu-ropeo è, ad esempio, quello degli aiuti di Stato (art. 107 Tfue) [sulla nozione di aiuto di Stato si v. cap. 1, par. 12.1].

    In questo ambito, infatti: i) le regole normative sostanziali sono europee (in parti-colare, artt. 107-109 Tfue); ii) le regole normative procedimentali, organizzative, con esecuzione diretta, sono europee, in quanto è previsto che sia la Commissione euro-pea a porre in essere il procedimento volto a contestare agli Stati membri l’esistenza di un non consentito aiuto di Stato; iii) le regole normative processuali sono europee, in quanto qualora lo Stato non si conformi a tale decisione la Commissione o qual-siasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di Giustizia dell’Unione europea (art. 108, Tfue, par. 3).

    omissis

    12. Autonomia processuale: limiti ed eccezioni

    L’art. 1 cod. proc. amm. stabilisce che la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo.

    Il diritto europeo, come sottolineato, non contempla la materia processuale nell’am-bito delle attribuzioni dell’Unione. Esiste, anzi, una norma espressa che riserva tale ma-teria alla competenza nazionale: l’art. 19 Tue dispone, infatti, che «gli Stati membri sta-biliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale ef-fettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione» 11.

    La regola è, dunque, quella dell’autonomia processuale, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di effettività della tutela giurisdizionale. La dottrina ha messo

    10 E. Chiti, Adelante con judicio: la prospettiva di una codificazione del procedimento europeo, in Giorn. dir. amm., 2014, 7, 677.

    11 La Carta dei diritti fondamentali consacra il principio del giusto processo: «ogni individuo ha di-ritto che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giu-dice indipendente e imparziale, precostituito per legge» (art. 47, par. 2) [si tratta di una disposizione che presenta una sostanziale identità con il principio costituzionale di cui all’art. 111 e verrà esaminata nella parte dedicata alla giustizia – cap. 26, parr. 2-2.4].

  • 12 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    in rilievo come le norme processuali rappresentino storicamente l’immagine della sta-tualità del potere ordinamentale, quale manifestazione principale delle istanze di so-vranità nazionale 12.

    Anche in questo ambito si contrappongono le due diverse concezioni relative al rapporto tra la regola dell’autonomia processuale e il limite dell’effettività della tutela.

    In questo specifico contesto parte della dottrina mette in rilievo la funzionalizzazio-ne della competenza processuale degli Stati membri al raggiungimento degli obiettivi di tutela giurisdizionale effettiva e, dunque, alla realizzazione dell’effetto utile europeo 13.

    Altra parte della dottrina, invece, rivendica la valenza dell’autonomia processuale e rileva come il canone della garanzia dell’effetto utile finirebbe per elidere ogni ca-pacità selettiva ai criteri dell’equivalenza e dell’effettività, con la conseguenza che si «imporrebbe, più che una limitazione, una vera e propria eliminazione dell’autonomia procedurale degli Stati membri» 14.

    Tale verifica verrà svolta in relazione a due ambiti diversi ma collegati, rappresen-tati: i) dai rimedi giudiziali di impugnazione dell’atto amministrativo in contrasto con il diritto europeo; ii) dalla valenza del principio di intangibilità del giudicato, che è, a sua volta, collegato con l’autotutela decisoria.

    Occorre, infine, ricordare che il diritto europeo impone una cooperazione tra giu-dici nazionali ed europei: i primi possono operare, ai sensi dell’art. 267 Tfue, il rinvio pregiudiziale, di «interpretazione», in caso di dubbi sulla portata della normativa eu-ropea, o di «validità», se ritengono che il diritto europeo derivato contrasti con le nor-me sostanziali dei Trattati [par. 5].

    12.1. Vizi del provvedimento amministrativo in contrasto con il diritto europeo: rimedi giudiziali

    La questione relativa all’individuazione dei rimedi giudiziali di invalidità europea dell’atto amministrativo è affrontata dalla dottrina e dalla giurisprudenza con la fina-lità, da un lato, di fornire interpretazioni in grado di assicurare l’effettività della tute-la, dall’altro, di costruire un sistema relativo al rapporto tra attività amministrativa nazionale e norme europee coerente con quello relativo ai rapporti tra norme nazio-nali e norme europee 15.

    12 C. Figliolia, L’intangibilità del giudicato amministrativo e il principio di autonomia processuale de-gli Stati: il giudicato a formazione progressiva come soluzione di compromesso tra il principio di certezza del diritto e l’effettività del diritto europeo, in Riv. dir. pubb. com., 2015, 925 ss.; F. Siciliano, La legalità amministrativa (comunitaria ed interna) e certezza del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi e istituzio-nali, Milano, 2010, 105; G. Silvestri, La parabola della sovranità. Ascesa, declino e trasfigurazione di un concetto, in G. Silvestri (a cura di), Lo Stato senza principe. Le sovranità dei valori nelle democrazie plura-liste, Torino, 2005, 7 ss.

    13 D.U. Galetta, L’autonomia procedurale degli Stati membri dell’Unione europea. Paradise Lost? Stu-dio sulla c.d. autonomia procedurale: ovvero sulla competenza procedurale funzionalizzata, Torino, 2009.

    14 G. Greco, A proposito dell’autonomia procedurale degli Stati membri, cit., 11 ss. 15 M. Chiti, L’invalidità degli atti amministrativi per violazione delle disposizioni comunitarie e il rela-

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 13

     

    È necessario distinguere tre diverse fattispecie: i) diritto europeo direttamente ap-plicabile, con competenza del giudice comune; ii) diritto europeo non direttamente applicabile, con competenza della Corte Costituzionale; iii) diretto europeo diretta-mente o non direttamente applicabile, con competenza della Corte Costituzionale.

    La prima fattispecie è quella di maggiore rilevanza ed in relazione ad essa occorre distinguere le ipotesi di “violazione immediata” e “mediata” del diritto europeo.

    L’ipotesi della “violazione immediata” si realizza nel caso in cui manchi un atto normativo nazionale di intermediazione tra le fonti europee e l’attività amministrativa, con la conseguenza che il provvedimento si pone in immediato contrasto con il pa-rametro europeo. Questa evenienza dovrebbe costituire la regola in presenza, in una materia di competenza europea, di una normativa direttamente applicabile (regola-mento, norme self-executing di Trattati e direttive) che, in quanto tale, non necessita di un momento attuativo di derivazione nazionale.

    L’ipotesi della “violazione mediata” si realizza nel caso in cui sia stata adottata una normativa nazionale che si collochi tra la fonte europea e l’attività amministrati-va, impedendo una relazione immediata tra provvedimento e parametro europeo.

    Ciò accade in presenza di una disciplina europea direttamente applicabile che, sebbene non necessiti, per sua natura, di una normativa nazionale di recepimento, venga comunque recepita con apposita norma.

    In altri termini, il criterio di attribuzione che sta alla base della ricostruzione dei rapporti tra fonti appartenenti all’ordinamento nazionale ed europeo non dovrebbe consentire che una norma nazionale occupi un ambito riservato alla competenza eu-ropea ma nella prassi, in ragione della complessità dei rapporti, questa evenienza può verificarsi.

    Tale possibile duplicità di fattispecie non incide sul giudizio di invalidità dell’atto amministrativo, in quanto ciò che muta è il complessivo meccanismo che presiede alle forme di tutela che, nel secondo caso, deve necessariamente passare attraverso la tecnica della “non applicazione” della normativa interna in contrasto con il diritto eu-ropeo 16.

    La dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato diverse ricostruzioni. Si possono, a tale proposito, distinguere due orientamenti minoritari e un orien-

    tamento prevalente. Gli orientamenti minoritari hanno tentato di offrire una ricostruzione del sistema

    di tutela diverso da quello che caratterizza il regime della ordinaria invalidità ammi-

    tivo regime processuale, in Dir. amm., 2003, 687; S. Valaguzza, Sulla impossibilità di disapplicare provve-dimenti amministrativi per contrasto col diritto europeo: l’incompatibilità comunitaria tra violazione di legge ed eccesso di potere, in Dir. proc. amm., 2005, 1117; M. Ramajoli-R. Villata, Contrasto di un atto con il dirit-to europeo, in Treccani. Libro dell’anno del Diritto 2012, Roma, 2012; N. Pignatelli, L’illegittimità “comu-nitaria” dell’atto amministrativo, in Giur. cost., 2008, 3663; G. Greco, Efficacia della normativa comuni-taria nei confronti degli atti amministrativi nazionali, in Argomenti di diritto amministrativo, Milano, 2013, 130 ss.; G. Massari, L’atto amministrativo antieuropeo, verso una possibile tutela, cit., 643.

    16 È evidente che se, a seguito di tale “non applicazione” della legge perché in contrasto con il dirit-to europeo, l’atto amministrativo risulti, invece, ad esso conforme, non si procederà al suo annullamento.

  • 14 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    nistrativa. L’ispirazione di fondo che muove queste ricostruzioni è quella di valorizzare il limite costituito dal principio di effettività rispetto alla regola dell’autonomia proces-suale, al fine di assicurare il primato del diritto europeo mediante la previsione di un sistema di tutela che, prescindendo dall’esigenza di impugnare nei termini decadenzia-li, eviti che un provvedimento amministrativo, che presenti un contenuto sostanziale contrario al diritto europeo, continui a rimanere nel sistema.

    In questo ambito, una prima tesi ritiene che l’atto interno difforme dal diritto eu-ropeo dovrebbe essere “disapplicato” d’ufficio dal giudice.

    Lo scopo sopra indicato viene perseguito mediante la previsione di un sistema di protezione delle situazioni giuridiche che prescinde dal regime di impugnazione, con attribuzione al giudice amministrativo di un potere di disapplicazione [cap. 25, parr. 22-22.3 sul potere di disapplicazione] 17.

    Una prima variante di questo orientamento, ponendosi in una relazione di sim-metria con la disapplicazione normativa che sta alla base della tecnica della “non ap-plicazione” e quindi in coerenza con la teoria dualista, ritiene che non si tratti di un giudizio di invalidità dell’atto amministrativo ma di sola sua inefficacia. Tale giudi-zio, che normalmente si svolge in presenza dell’istituto processuale interno della di-sapplicazione, in questo caso non sarebbe possibile proprio perché l’ordinamento eu-ropeo è separato anche se coordinato con quello nazionale e dunque non può costitui-re il parametro di validità dell’atto.

    Una seconda variante della ricostruzione in esame propone il rimedio in modo non collegato alla teoria dualista e ritiene, quindi, che l’atto disapplicato sia invalido ed ef-ficace.

    In chiave critica si è osservato come questa tesi realizzi una “discriminazione alla rovescia”, in quanto le posizioni giuridiche soggettive di rilevanza europea ricevereb-bero un trattamento più favorevole rispetto alle posizioni giuridiche soggettive mera-mente interne, per le quali opera la regola dell’impugnazione nel rispetto di un termi-ne decadenziale, essendo il potere di disapplicazione contemplato soltanto in presenza di atti amministrativi a contenuto normativo [cap. 3, par. 8.1.1 sulla disapplicazione dei regolamenti]. Si introdurrebbe, pertanto, nel sistema un rimedio non previsto per la tutela di posizioni soggettive di rilevanza interna. La tesi criticata incide, inoltre, sul principio di certezza dei rapporti, che ha anche rilevanza europea [par. 2.2].

    Una seconda tesi ritiene che l’atto sia sempre nullo, con conseguente rilevabilità d’ufficio del vizio, indipendentemente dai motivi di ricorso. In particolare, si è affer-mato che «se la norma che l’amministrazione pretende di applicare non esiste o per qualunque ragione non produce effetti all’interno dell’ordinamento nel quale è destina-ta ad operare la pronuncia giurisdizionale, il giudice non può che accertare l’inesistenza del necessario parametro per la valutazione della legalità dell’azione amministrativa e,

    17 M. Chiti, L’invalidità degli atti amministrativi per violazione delle disposizioni comunitarie e il relativo regime processuale, cit., 701; G. Massari, L’atto amministrativo antieuropeo, verso una possibile tutela, cit.

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 15

     

    siccome non esiste attività amministrativa legibus soluta, egli non può che dare atto della nullità dell’atto medesimo» 18.

    Lo scopo comune sopra indicato è questa volta perseguito mediante la previsione di un sistema di tutela che non prescinde dall’impugnazione, ma la assoggetta a for-me di azione non costrette, alla luce delle regole esistenti al momento in cui la tesi è stata proposta, nei brevi termini decadenziali cui è soggetta l’azione di annullamen-to. L’azione di nullità poteva, infatti, essere fatta valere senza limiti di tempo e rileva-ta d’ufficio dal giudice.

    In chiave critica si è osservato che i motivi di nullità, previsti dall’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990, a seguito della riforma del 2005, sono tassativi 19 e tra essi non è ricompreso il contrasto con il diritto europeo [cap. 11, par. 28] 20.

    Inoltre, si realizzerebbe, anche in questo caso, una “discriminazione alla rovescia” rispetto alle posizioni soggettive meramente interne, la cui tutela si fonda sul bino-mio annullabilità-nullità. Si tenga conto, inoltre, che la ragione giustificativa dell’o-rientamento in esame ha assunto connotati di minore rilevanza a seguito dell’adozio-ne, nel 2010, del codice del processo amministrativo, che ha previsto, anche per l’azio-ne di nullità, il rispetto del termine decadenziale di centottanta giorni (art. 31 cod. proc. amm.) [cap. 26, par. 10.2, anche per l’analisi del rapporto tra la previsione di detto termine e il potere di rilievo d’ufficio del vizio].

    Alla luce di tali critiche, l’orientamento prevalente in dottrina e giurisprudenza ri-tiene che si applichino i rimedi ordinari dell’annullabilità e, nei casi previsti, di nullità.

    La regola generale è rappresentata dal vizio di annullabilità. La nullità, quale diretta conseguenza del contrasto con il diritto europeo, costi-

    tuisce una ipotesi residuale che potrebbe essere configurabile nel solo caso in cui l’am-ministrazione abbia esercitato un potere in attuazione di una legge nazionale ma in contrasto con il diritto europeo che non ammette l’esercizio di tale potere.

    Si pensi al caso in cui la normativa statale preveda la possibilità che un’autorità pub-blica conceda un finanziamento che, nella prospettiva europea, costituisce un non con-sentito aiuto di Stato [cap. 1, par. 12.1] tale da alterare le regole della concorrenza tra imprese.

    In questa fattispecie, il giudice amministrativo dovrebbe “non applicare” la legge nazionale, con la conseguenza che il potere pubblico, non essendoci neanche una di-sciplina europea, rimarrebbe privo di una base legale e, dunque, risulterebbe adottato in difetto assoluto di attribuzione, il quale costituisce una delle ipotesi ammesse di nul-lità dell’atto amministrativo 21. Si potrebbe, inoltre, postulare anche la nullità del prov-

    18 Trib. amm. reg., Piemonte, 8 febbraio 1989, n. 34, con nota di R. Caranta, Inesistenza (o nullità) del provvedimento amministrativo adottato in forza di una norma nazionale contrastante con il diritto co-munitario, in Giur. it., 1989, 149.

    19 Tale norma prevede che «è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essen-ziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giu-dicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge».

    20 Cons. Stato, sez. V, 2 luglio 2018, n. 4040; Cons. Stato, sez. III, 8 settembre 2014, n. 4538. 21 Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579.

  • 16 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    vedimento per mancanza di elementi essenziali richiesti dal diritto europeo con il quale esso si rapporta in modo immediato.

    Questa ricostruzione si pone in linea con gli orientamenti della Corte di Giustizia, la quale sostiene che la previsione del termine di sessanta giorni possa ritenersi non in contrasto con il limite costituito dal principio di effettività della tutela. Del resto, lo stesso sistema di tutela europeo si fonda, per assicurare il rispetto del principio di cer-tezza dei rapporti, sulla previsione di termini perentori di impugnazione 22.

    La Corte di Giustizia ha aggiunto, però, che, nell’ipotesi in cui detto termine non sia stato osservato proprio a causa di un comportamento tenuto dalla stessa amministra-zione che ha fatto sorgere un legittimo affidamento in capo al privato in ordine alla non necessità di una impugnazione immediata, il giudice è tenuto ad una sua appli-cazione che tenga conto delle circostanze concrete 23. In questo caso, non muta il si-stema di tutela, che rimane quello di impugnazione, ma si consente al giudice naziona-le di non applicare le norme interne che prevedono la decadenza dall’azione, ricono-scendo alla parte l’esimente dell’errore scusabile [cap. 26, par. 3].

    In conclusione, si potrebbe ritenere che rimane ferma la regola dell’autonomia pro-cessuale, con una conformazione minima delle regole di impugnazione non tanto per assicurare il principio di effettività della tutela, quanto per assicurare il principio euro-peo di tutela dell’affidamento.

    In questo caso, si garantisce l’effetto prevalente del diritto europeo, mentre l’effetto immediato è assicurato dal fatto che il sindacato sull’atto amministrativo è svolto in modo diffuso dal giudice amministrativo.

    L’affermazione di questa regola si colloca nell’ambito della ricostruzione dei rap-porti tra ordinamenti, analizzati nella prospettiva dell’invalidità europea, secondo la

    22 Si pensi al ricorso per annullamento (per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, viola-zione dei Trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione) di atti delle istituzioni euro-pee (tra le altre, Commissione, Consiglio, Banca centrale europea), che si deve proporre (da parte dello Stato membro, dal Consiglio, dalla Commissione o qualsiasi persona fisica o giuridica lesa direttamente e individualmente) alla Corte di Giustizia «nel termine di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pub-blicità dell’atto, dalla sua notificazione al ricorrente, ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza» [art. 263 Tfue; si v. intero articolo sub nota 9].

    23 Corte giust. un. eur., sentenza 27 febbraio 2003, C-327/00, dopo avere affermato il principio genera-le della legittimità del termine di sessanta giorni, ha puntualizzato che tale affermazione deve essere calata nell’ambito della specifica controversia. Nel caso analizzato, la Corte ha ritenuto che la stazione appal-tante, con la sua condotta, avesse creato incertezze in ordine al significato da assegnare ad una clausola del bando che, per il suo effetto escludente, avrebbe dovuto essere impugnata nel termine di sessanta giorni. L’operatore economico, invece, «ha potuto conoscere l’effettiva interpretazione» della clausola del bando di gara «soltanto quando è stato informato della decisione di esclusione». Da qui la formulazione del seguente principio: «una volta accertato che un’autorità aggiudicatrice con il suo comportamento ha reso impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario a un cittadino dell’Unione leso da una decisione di tale autorità – impone ai giudici nazionali competenti l’obbligo di dichia-rare ricevibili i motivi di diritto basati sull’incompatibilità del bando di gara con il diritto comunitario, dedotti a sostegno di una impugnazione proposta contro la detta decisione, ricorrendo, se del caso, alla possibilità pre-vista dal diritto nazionale di disapplicare le norme nazionali di decadenza in forza delle quali, decorso il ter-mine per impugnare il bando di gara, non è possibile invocare una tale incompatibilità».

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 17

     

    logica della integrazione tra ordinamenti. Il parametro europeo costituisce, infatti, regola di validità dell’atto amministrativo, sul presupposto che la disciplina europea, in una nozione allargata del principio di legalità, collocandosi in un sistema unitario delle fonti, vincoli direttamente l’attività amministrativa al rispetto dei precetti norma-tivi in essa contenuti.

    Si potrebbe, pertanto, ritenere che la “logica della separazione” sta alla base della risoluzione delle antinomie normative, con conseguente qualificazione della legge na-zionale in contrasto con il diritto europeo come legge valida ma inefficace, mentre la “logica della integrazione” sta alla base del giudizio di legittimità degli atti amministra-tivi, con conseguente qualificazione dell’atto amministrativo in contrasto con il diritto europeo come invalido. Tale diversità conferma come la soluzione sia dipendente non tanto da una previa adesione ad un modello generale dei rapporti tra ordinamenti, quanto dall’esigenza di fornire una risposta applicativa coerente con i principi del pri-mato e dell’effetto diretto, con possibilità di modulare la soluzione alla luce della diffe-rente natura degli atti (normativi primari e amministrativi).

    La seconda fattispecie ricorre in presenza di una norma di diritto europeo non direttamente applicabile.

    Nella fase antecedente all’attuazione interna, la rilevanza per il diritto amministrati-vo può riguardare, in primo luogo, l’eventuale attuazione delle direttive mediante re-golamenti o atti amministrativi generali nei casi ammessi [cap. 3, par. 4]. Nel caso in cui tali atti provvedano in modo non conforme alle prescrizioni europee da attuare gli atti stessi potranno essere impugnati secondo le modalità previste in ragione della natura normativa e amministrativa generale degli atti che vengono in rilievo [cap. 3, parr. 8.1.2, 11]. In secondo luogo, l’esistenza di una disciplina europea incide comun-que sul regime dell’attività amministrativa, in quanto esiste anche per l’amministrazio-ne un obbligo di interpretare la disciplina nazionale conformemente al diritto euro-peo. Inoltre, le direttive «potrebbero costituire un limite o un indirizzo alla discrezionali-tà amministrativa», con eventuale irragionevolezza della scelta amministrativa che ne ignori le prescrizioni 24.

    Nella fase successiva all’attuazione con legge in contrasto con la direttiva, il giu-dice amministrativo non potrà procedere ad un sindacato diffuso mediante la tecnica della “non applicazione” ma dovrà sollevare, ai sensi dell’art. 117, comma 1, Cost., questione di legittimità costituzionale della disciplina interna in contrasto con il di-ritto europeo per difetti connessi alla fase dell’attuazione. Se la Corte Costituzionale dichiara costituzionalmente illegittima la legge, le implicazioni sull’attività amministra-tiva sono le medesime di quelle già analizzate in relazione al regime dell’atto in contra-sto con la Costituzione: il provvedimento amministrativo, basandosi su una legge in-valida ma efficace, deve considerarsi sempre annullabile [cap. 2, par. 12.1].

    La terza fattispecie ricorre nell’ipotesi in cui l’intervento della Corte Costituzio-nale si inserisca nell’ambito di un giudizio di costituzionalità proposto in via princi-

    24 G. Greco, Efficacia della normativa comunitaria nei confronti degli atti amministrativi nazionali, in Argomenti di diritto amministrativo, Milano, 2019, 204-205.

  • 18 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    pale dallo Stato o dalla Regione sul presupposto che una legge, rispettivamente, re-gionale o statale, violi il diritto europeo, direttamente o non direttamente applicabile. Le conseguenze sono quelle sopra esposte in relazione al vizio dell’atto adottato sulla base di una legge incostituzionale [cap. 2, par. 12.1].

    Infine, un orientamento dottrinale ritiene configurabile il vizio dell’atto anche nel caso di contrasto dello stesso con una decisione europea vincolante ovvero con una raccomandazione o un parere non vincolante 25 [par. 2.3].

    Nel primo caso, non essendo ammissibile che sul medesimo rapporto siano con-testualmente efficaci due precetti del caso concreto tra di loro incompatibili, se l’atto nazionale è anteriore alla decisione, questa ne impedisce la protrazione di efficacia; se l’atto nazionale è successivo alla decisione, questa ne determina l’inefficacia.

    Nel secondo caso, gli atti sopra indicati, anche se non vincolanti, impongono che l’atto amministrativo contenga una adeguata motivazione che giustifichi la decisione di discostarsi da essi.

    In conclusione, può affermarsi che l’orientamento prevalente in dottrina e in giu-risprudenza, in relazione al vizio dell’atto in contrasto con il diritto europeo diretta-mente applicabile, segue il modello dell’autonomia processuale, configurando l’atto come nullo o annullabile con il limite dell’effettività, che impone di dare rilevanza al principio di affidamento.

    Se, invece, il diritto europeo non è direttamente applicabile, la legge va dichiarata incostituzionale e quindi la sorte dell’atto amministrativo è quella dell’atto adottato sulla base di una legge dichiarata incostituzionale e, dunque, va ritenuto sempre an-nullabile [cap. 2, par. 12.1].

    È bene aggiungere che accanto alle forme di tutela processuale si pongono le for-me di autotutela dell’amministrazione. L’orientamento prevalente ritiene, come già esposto [par. 11], che rimane ferma l’autonomia procedimentale, con tendenziale ap-plicazione delle regole prefigurate dalla legge n. 241 del 1990.

    omissis

    25 G. Greco, Efficacia della normativa comunitaria nei confronti degli atti amministrativi nazionali, cit., 205 ss.

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 19

     

    Parte Seconda Fonti internazionali

    Sezione I

    Sistema delle fonti internazionali e rapporti con l’ordinamento nazionale

    15. Il sistema delle fonti internazionali e la Convenzione europea dei di-ritti dell’uomo

    Le fonti di diritto internazionale pubblico sono costituite, in particolare, dalla con-suetudine internazionale e dai Trattati internazionali.

    La consuetudine è fonte generale non scritta, posta al vertice del sistema delle fonti, che vincola l’intera comunità internazionale e presuppone l’esistenza di comportamenti reiterati nel tempo dagli Stati e la convinzione della loro vincolatività giuridica. L’art. 10 Cost. prevede che «l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del di-ritto internazionale generalmente riconosciute». Si tratta di un processo di adegua-mento automatico di ingresso di questa particolare fonte nel nostro ordinamento.

    I Trattati sono accordi internazionali che vincolano esclusivamente gli Stati firmatari e devono, in applicazione del criterio gerarchico, rispettare il diritto consuetudinario.

    La Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) è uno dei più importanti Trattati ed è stata pattuita tra i Paesi aderenti al Consiglio d’Europa. Quest’ultimo è un’organizzazione internazionale, che ha sede a Strasburgo, sorta dopo il secondo con-flitto mondiale nel 1949 per iniziativa di dieci Stati. Oggi aderiscono alla Cedu qua-rantasette Stati.

    Si tratta di un Trattato che rispetto ai “normali” Trattati presenta taluni tratti di-stintivi che lo rendono originale.

    In primo luogo, a differenza dei Trattati che si occupano prevalentemente di que-stioni economiche o di politica estera, la Cedu ha un contenuto particolare in quanto ha istituito un sistema di protezione collettiva dei diritti e delle libertà individuali di natura prevalentemente giudiziaria. Si tratta di una «soglia minima di tutela comune», in funzione sussidiaria rispetto alle garanzie assicurate dalle Costituzioni nazionali 26.

    In secondo luogo, la Cedu, per assicurare il rispetto degli impegni derivanti dalla Convenzione stessa, ha istituito la Corte Europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu), riconoscendo a tale organo sovranazionale una competenza estesa a tutte le questioni concernenti l’interpretazione e l’applicazione della predetta normativa (artt. 19 e se-guenti Cedu).

    Alla Corte Edu possono proporre ricorso: i) sia uno Stato contraente contro un altro Stato ai sensi dell’art. 33 Cedu 27 (cd. ricorso interstatale); ii) sia «una persona

    26 Corte cost. n. 43 del 2017. 27 Tale norma prevede che «ogni Alta parte contraente può deferire alla Corte qualunque inosservanza del-

  • 20 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di individui che sostenga d’esse-re vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti rico-nosciuti nella Convenzione o nei suoi Protocolli» ai sensi dell’art. 34 Cedu (cd. ricorso individuale).

    16. La collocazione del diritto internazionale e della Cedu nel sistema delle fonti

    L’art. 117, comma 1, Cost. prevede che le leggi statali e regionali devono rispetta-re non solo i vincoli derivanti dall’ordinamento europeo ma anche gli obblighi inter-nazionali.

    Il diritto internazionale deve, pertanto, ritenersi “norma interposta”, con la con-seguenza che la sua inosservanza comporta violazione indiretta della Costituzione che ad esso ha inteso assegnare copertura.

    Il giudice, in attesa dell’accordo di adesione all’Unione europea, non può, pertanto, “non applicare” il diritto interno contrastante con il diritto internazionale, ma deve sollevare questione di legittimità costituzionale 28.

    Allo stato, dunque, i compiti del giudice nazionale si sostanziano nell’obbligo di procedere ad una interpretazione convenzionalmente orientata del diritto interno 29 e, soltanto quando ciò non sia possibile, non ammettendosi un sindacato diffuso me-diante la tecnica della “non applicazione”, è necessario sollevare questione di legittimi-tà costituzionale, evocando quale parametro l’art. 117, comma 1, Cost. 30 (cd. rimedi preventivi).

    Alla luce di quanto esposto, risulta evidente la diversità del rapporto tra ordina-mento europeo e ordinamento nazionale e tra ordinamento convenzionale e ordina-mento nazionale.

    Nel primo caso: i) si attua un riparto di competenze sulla base del principio di at-tribuzione, corretto con il principio di sussidiarietà; ii) si applica, per effetto della avvenuta cessione di sovranità, il principio dell’effetto diretto e prevalente; iii) è pre-visto un potere diffuso di non applicazione della normativa interna contrastante con quella europea.

    Nel secondo caso: i) il particolare contenuto della Cedu fa sì che siano individua-bili non ambiti materiali di competenza internazionale, ma diritti fondamentali che hanno valenza trasversale e che, a prescindere dal settore di riferimento, quando ven-

    le disposizioni della Convenzione e dei suoi Protocolli che essa ritenga possa essere imputata a un’altra Alta Parte contraente».

    28 Corte cost. nn. 303, 236, 113, 80, 1 del 2011; Corte cost. nn. 187 e 138 del 2010; nn. 317 e 311 del 2009; n. 39 del 2008; Corte cost. nn. 349 e 348 del 2007; v. anche Cons. Stato, Ad. plen., 4 marzo 2015, n. 2.

    29 Corte cost. n. 239 del 2009. 30 Corte cost. n. 111 e 80 del 2011.

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 21

     

    gono in rilievo devono essere tutelati nel rispetto degli standard di garanzia interna-zionale; ii) non si è avuta cessione di sovranità; iii) il potere di controllo è accentrato in capo alla Corte Costituzionale e non diffuso.

    17. Principio di sussidiarietà ed esecuzione delle sentenze della Corte Edu

    Le considerazioni appena svolte attengono ai sistemi di tutela preventivi di riso-luzione delle antinomie normative, nazionali e internazionali.

    Qualora il giudice ritenga di non attivare tali sistemi e si pervenga così ad una sen-tenza passata in giudicato, che la parte ritiene in contrasto con i diritti fondamentali di matrice convenzionale, possono essere attivati sistemi di tutela successivi.

    La Cedu dispone, infatti, che possono proporre ricorso alla Corte Edu non sol-tanto i singoli Stati (art. 33), ma anche le persone fisiche (art. 34).

    Il rapporto tra giudici nazionali e Corte Edu è costruito secondo il principio di sussidiarietà: spetta in prima battuta agli Stati membri e alle loro istituzioni tutelare i diritti fondamentali; solo dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interno si può adire la Corte nel termine di sei mesi dall’adozione della decisione nazionale finale (art. 35 Cedu) 31.

    Il 2 ottobre 2013 è stato adottato il Protocollo 16, il quale prevede la possibilità per gli organi giurisdizionali nazionali di livello apicale di chiedere in corso di giudi-zio un parere non vincolante alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

    Essendo il sistema basato sul cd. previo esaurimento dei rimedi interni, la Corte accerta normalmente le violazioni dei precetti convenzionali soltanto dopo il passaggio in giudicato della sentenza interna, con la conseguenza che, nella maggior parte dei ca-si, l’adozione delle misure giudiziarie individuali di esecuzione impone l’incidenza sul giudicato [par. 22.4, per l’esame del regime del giudicato in contrasto con la Cedu].

    In particolare: i) l’art. 46 Cedu, la cui rubrica reca «Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze», dispone che «le Alte parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie di cui sono parte»; ii) l’art. 41 Cedu, la cui rubrica reca «Equa soddisfazione», dispone che «se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa».

    La fase esecutiva è normalmente demandata alla discrezionalità degli Stati mem-bri ma la Corte Edu, negli ultimi anni, ha prescritto quali debbano essere le specifi-che misure da adottare.

    31 La Corte Edu ha affermato che un ricorso interno può considerarsi effettivo «quando è disponibile tanto in teoria quanto in pratica all’epoca dei fatti, vale a dire quando è accessibile, può offrire al ricorrente la riparazione delle violazioni denunciate e presenta ragionevoli prospettive di successo». Si è precisato che «il mero fatto di nutrire dubbi quanto alle prospettive di successo di un dato ricorso che non è, secondo ogni evidenza, destinato al fallimento non costituisce un motivo valido per giustificare il mancato utilizzo di ricorsi interni» (sentenza 16 dicembre 2014, ric. n. 39386/10).

  • 22 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    In particolare, la Corte ha interpretato queste norme nel senso che esse compor-tano, per lo Stato responsabile di una violazione, non solo l’obbligo di corrispondere alle parti lese la somma eventualmente liquidata a titolo di equa soddisfazione, ma anche di adottare misure generali e/o individuali dirette a porre fine alla violazione ac-certata e a farne cessare le conseguenze 32.

    Ne consegue che l’esecuzione delle sentenze della Corte può richiedere interventi sia di natura legislativa, per porre rimedio alle carenze ordinamentali riscontrate, sia di natura giudiziaria, per reintegrare sul piano individuale il diritto leso, che possono consistere nella revisione del processo ovvero nella cancellazione in fase esecutiva degli effetti della sentenza nazionale passata in giudicato. A tale ultimo proposito, si è sotto-lineato come la finalità delle misure individuali sia costituita dalla restitutio in inte-grum del ricorrente il quale, per quanto possibile, deve essere posto in una situazio-ne equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se non vi fosse stata l’accertata inos-servanza delle prescrizioni della Cedu 33.

    In definitiva, l’obbligo di conformazione alle sentenze della Corte Edu ha un con-tenuto variabile 34, dipendente dalla natura della violazione riscontrata.

    Questa diversa modalità di accesso alla Corte di Strasburgo, rispetto alla Corte di Lussemburgo, spiega anche le possibili diverse incidenze che le relative sentenze han-no sul giudicato: soltanto nel primo caso, infatti, si è in presenza di una espressa statui-zione del giudice convenzionale che accerta il contrasto tra il giudicato interno e le nor-me della Convenzione.

    omissis

    Sezione II

    Implicazioni nel diritto amministrativo

    20. Premessa

    La particolarità del Trattato che viene in rilievo giustifica anche la particolarità del-l’incidenza sul diritto europeo.

    La Cedu non prevede materie di diritto amministrativo di sua competenza. Essa non ha competenza a dettare regole sostanziali di diritto amministrativo. Esiste, pertan-

    32 Corte eur. dir. uomo, 13 luglio 2000, Scozzari e Giunta c. Italia, ric. n. 39221/98 e 41963/98; G. Lattanzi, Aspetti problematici dell’esecuzione delle sentenze della Corte Edu in materia penale, in Cass. pen., 2014, 3192 ss.

    33 Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia, ric. n. 10249/03; Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 20 settembre 2016, Karelin c. Russia, ric. n. 926/08, par. 97; Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 5 febbraio 2015, Bochan c. Ucraina, ric. n. 2251/98, par. 58; si v. anche Corte cost. n. 123 del 2017.

    34 In questo senso, Corte cost. n. 123 del 2017, cit.

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 23

     

    to, autonomia sostanziale, organizzativa, procedimentale e processuale degli Stati mem-bri, con alcuni e rilevanti limiti posti dalla Cedu a tutela di diritti fondamentali.

    Sul piano sostanziale, in alcuni settori del diritto amministrativo rilevano particolari libertà individuali e diritti. Si tratta dei settori delle sanzioni amministrative, della pro-prietà pubblica e dell’espropriazione, nonché delle misure di prevenzione.

    In tali ambiti la Cedu non ha la competenza a prevedere illeciti amministrativi, fat-tispecie di ablazione reale o misure di prevenzione amministrativa, ma pone regole di garanzia convenzionale sostanziale idonee a conformare l’autonomia degli Stati mem-bri. Tale conformazione si risolve, in particolare, come si esporrà oltre [parr. 23-24], nella stessa costruzione della regola normativa nazionale sostanziale che deve rispetta-re il principio di legalità convenzionale.

    21. Cedu e diritto penale: principio di legalità convenzionale e costituzio-nale a confronto

    La ricostruzione del sistema sanzionatorio interno nella prospettiva delle norme convenzionali presuppone che si tratti della rilevanza della Cedu per il diritto pena-le, ponendo a confronto la legalità costituzionale e convenzionale.

    La Cedu non disciplina direttamente i reati e le pene. Essa si occupa soltanto di fornire uno standard minimo di tutela dei diritti fondamentali. Nondimeno, il perse-guimento di tale finalità determina una rilevante incidenza sul sistema penalistico.

    A tale proposito, l’intervento convenzionale incide nell’ambito penalistico su due diversi, ma connessi, ambiti, concorrendo ad individuare: i) i diritti fondamentali che il diritto penale deve rispettare (i diritti del reo); ii) i diritti fondamentali che il dirit-to penale deve tutelare (i diritti delle vittime) 35.

    Ne consegue che: i) in relazione al primo ambito, si realizza normalmente un ef-fetto riduttivo, di tipo generale o specifico, dell’area della punibilità; ii) in relazione al secondo ambito, si realizza normalmente un effetto estensivo dell’area della pu-nibilità, mediante la previsione di obblighi di incolpazione quando essi sono ritenu-ti la misura necessaria per assicurare un determinato livello di protezione di tali di-ritti.

    Occorre prendere in esame le garanzie convenzionali processuali e sostanziali po-nendole a confronto con le corrispondenti garanzie costituzionali.

    In relazione alle garanzie processuali, sul piano convenzionale, l’art. 6 Cedu pre-vede quali sono le condizioni che devono essere rispettate perché si abbia un «equo processo». In particolare, si prevede che «ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sul-

    35 V. Manes, Diritto penale e fonti sovranazionali, in G. Insolera-N. Mazzacuva-M. Pavarini-M. Za-notti (a cura di), Introduzione al sistema penale, Torino, 2012, 208.

  • 24 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    le controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accu-sa penale formulata nei suoi confronti» (par. 1, primo inciso) [cap. 26, par. 1].

    Sul piano costituzionale, l’art. 111 Cost. prevede che: i) «la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge»; ii) «ogni processo si svolge nel con-traddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo e imparzia-le»; iii) «la legge ne assicura la ragionevole durata».

    Le suddette disposizioni, poste a confronto, contemplano un sistema di tutela so-stanzialmente analogo, fermo restando quanto si esporrà oltre in relazione alle san-zioni amministrative [par. 22].

    In relazione alle garanzie sostanziali, sul piano convenzionale, l’art. 7 Cedu disci-plina il principio di legalità convenzionale e i suoi corollari, nonché il principio di col-pevolezza. In particolare, si prevede che: i) «non può essere inflitta una pena più grave di quella che sarebbe stata applicata al tempo in cui il reato è stato consumato» (ultimo inciso par. 1); ii) «il presente articolo non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole di un’azione o di una omissione che, al momento in cui è stata com-messa, costituiva un crimine secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle Na-zioni civili» (par. 2).

    Sul piano costituzionale, l’art. 25, comma 2, Cost. prevede che «nessuno può esse-re punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commes-so». L’art. 27 Cost. prevede che «la responsabilità penale è personale». La stretta con-nessione tra legalità e colpevolezza attiene soprattutto alla rilevanza eventuale dell’er-rore di diritto che esclude la colpevolezza nel caso in cui esso venga ritenuto, ai sensi dell’art. 5 cod. pen., inevitabile e quindi scusabile proprio in ragione della formula-zione della disposizione penale 36.

    Le suddette disposizioni, poste a confronto, contemplano sistemi di tutela non so-vrapponibili per le ragioni di seguito indicate.

    Il primo corollario del principio di legalità, sul piano costituzionale, è costituito dalla riserva di legge 37. Si tratta di una riserva assoluta che assegna la competenza in via esclusiva al Parlamento, quale organo rappresentativo della volontà popolare. La fonte legale di produzione legislativa assicura maggiori garanzie, sia perché il proce-dimento di formazione della legge si caratterizza per la dialettica tra maggioranza e opposizione, sia perché essa è sottoposta al controllo della Corte Costituzionale. Se-condo un certo orientamento è possibile assegnare una funzione di integrazione tec-

    36 L’art. 5 cod. pen, prevede che «nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale». La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 364 del 1998, ha dichiarato incostituzionale tale norma «nella parte in cui non esclude dall’inescusabilità della ignoranza della legge l’ignoranza inevitabile».

    37 Secondo il prevalente orientamento, nel concetto di riserva di legge sono ricompresi anche i decreti-legge [cap. 2, par. 4] e i decreti legislativi [cap. 2, par. 4], in quanto il controllo parlamentare avviene me-diante, rispettivamente, la legge di conversione e la legge delega che fissa i principi e criteri direttivi cui deve attenersi il legislatore delegato [cap. 2, par. 4].

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 25

     

    nica mediante regolamenti. In questa prospettiva, la riserva di legge sarebbe tenden-zialmente assoluta 38.

    Sul piano convenzionale, nell’ordinamento Cedu non è prevista una riserva di legge in materia penale. Nella nozione di legge rientra, pertanto, tanto il diritto di fonte legi-slativa quanto il diritto di fonte giurisprudenziale. Si utilizza l’espressione di “base le-gale convenzionale” o di “principio di giuridicità”. La ragione di tale allargamento de-riva dal fatto che la Cedu è stata stipulata anche da Stati per i quali vige il sistema di common law.

    La diversità dei piani è netta. Essa giustifica anche la valorizzazione del criterio so-stanziale della qualità delle norme ai fini della individuazione dei requisiti che la base legale convenzionale deve avere.

    Il secondo corollario del principio di legalità, sul piano costituzionale, è rappre-sentato dal principio di tassatività, il quale «vincola da un lato il legislatore ad una de-scrizione più possibile precisa del fatto di reato e, dall’altro, il giudice ad una interpre-tazione che rifletta il tipo descrittivo così come legalmente configurato» 39. A questo principio si unisce il divieto di analogia, che vieta al giudice di applicare, in base al-l’identità di ratio, all’ipotesi di specie, non regolata espressamente da alcuna norma, disposizioni che disciplinano casi o materie simili. Si tratta di un divieto di carattere relativo che opera soltanto per le norme penale sfavorevoli (divieto di analogia in malam partem) e non anche per quelle favorevoli (ammissibilità dell’analogia in bo-nam partem) 40.

    Sul piano convenzionale, la giurisprudenza europea richiede che il precetto pena-le presenti i caratteri della “accessibilità” ai suoi destinatari, mediante la previsione di idonee forme di pubblicità, e della “prevedibilità” del trattamento sanzionatorio al mo-mento della commissione del fatto 41.

    La diversità dei piani è conseguenza della stessa diversità nella individuazione della base legale. I concetti di “accessibilità” e “prevedibilità” assegnano una funzio-ne di particolare rilevanza alla giurisprudenza, in quanto il reale significato della nor-ma deriva non tanto dall’astratta previsione legale, ma dalla concreta applicazione giu-risprudenziale. La Corte di Cassazione ha sottolineato, in modo efficace, come «an-che la legge più indeterminata potrebbe da sola essere compatibile con il principio di legalità europea se l’incertezza della sua formulazione sia compensata da una giurispru-denza applicativa uniforme; così come viene a porsi in contrasto con il principio di lega-

    38 G. Fiandaca-E. Musco, Manuale di diritto penale, Bologna, 2019, 54. 39 G. Fiandaca-E. Musco, Manuale di diritto penale, cit. 94. 40 Secondo un certo orientamento occorre distinguere: i) il principio di precisione, che vincola il le-

    gislatore a formulare norme penali il più chiare possibili; ii) il principio di determinatezza, che esprime il concetto di “verificabilità processuale” con obbligo per il legislatore di formulare norme penali che descrivano fatti suscettibili di essere accertati e provati nel processo; iii) il principio di tassatività, che pone il divieto di analogia a sfavore del reo (G. Marinucci-E. Dolcini-G.L. Gatta, Manuale di diritto penale, Milano, 2019, 69-86).

    41 Cfr. Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia, ric. n. 10249/03, cit.

  • 26 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    lità quella legge che, per quanto formulata in maniera chiara e precisa, sia caratterizzata da un’interpretazione giurisprudenziale non uniforme» 42.

    In questa prospettiva, se sussiste un contrasto giurisprudenziale sincronico (al mo-mento della commissione del fatto), nell’ottica europea, si ritiene normalmente che manchi una base legale accessibile e prevedibile. Nell’ottica interna, detto aspetto non è ritenuto dirimente, neppure sul piano della colpevolezza, in quanto, in caso di dub-bio derivante dal contrasto interpretativo, occorre astenersi dal porre in essere la con-dotta 43.

    Il terzo corollario, sul piano costituzionale, è rappresentato dall’efficacia nel tem-po delle sanzioni penali.

    Con riguardo al principio di irretroattività della legge penale sfavorevole, la giuri-sprudenza costituzionale ritiene che la ragione giustificativa del divieto di retroattivi-tà della legge penale sfavorevole sia quella «di tutelare la libertà di autodeterminazio-ne individuale, garantendo al singolo di non essere sorpreso dall’inflizione di una san-zione penale per lui non prevedibile al momento della commissione del fatto» 44. La giurisprudenza nazionale esclude che tale principio operi anche in caso di sopravve-nuto mutamento giurisprudenziale in malam partem conseguente ad un overruling, che determina un contrasto diacronico [cap. 2, par. 13]. Sembra, pertanto, che possa assegnarsi valenza retroattiva anche ai cambi di orientamento giurisprudenziale. In questi casi, la esclusione di responsabilità potrebbe, eventualmente, conseguire all’ap-plicazione dell’errore di diritto, che è rilevante quando l’ignoranza della legge è ine-vitabile (art. 5 cod. pen.). La presenza, infatti, di un orientamento giurisprudenziale consolidato al momento della commissione del fatto dovrebbe costituire un elemento idoneo a dimostrare che la violazione della legge penale sia stata conseguenza di un er-rore inevitabile e, quindi, scusabile. Deve rilevarsi come non sia, invero, coerente attri-buire valenza retroattiva agli overruling in materia civile e anche amministrativa per tutelare l’affidamento dei cittadini e la certezza delle regole di azione [cap. 2, par. 13] ed escluderla in materia penale, con sola indiretta rilevanza derivante dall’applicazio-ne del citato art. 5.

    Sul piano convenzionale, la Corte di Strasburgo, in ragione della maggiore am-piezza e autonomia della “base legale convenzionale”, ritiene, invece, che il princi-pio di irretroattività operi anche quando la produzione dell’effetto retroattivo sia conseguenza di una sopravvenuta diversa interpretazione giurisprudenziale.

    Con riguardo al principio di retroattività della legge più favorevole, esso non ha fondamento nell’art. 25, comma 2, Cost. e ciò «per l’ovvia ragione che, nel caso conside-rato, la lex mitior sopravviene alla commissione del fatto, al quale l’autore si era libera-

    42 Cass. pen., sez. VI, ordinanza 22 marzo 2019, n. 21767. 43 Cass. pen., sez. VI, 25 gennaio 2011, n. 6991, secondo cui: «in caso di giurisprudenza non conforme o

    di oscurità del dettato normativo sulla regola di condotta da seguire non è possibile invocare la condizione soggettiva di ignoranza inevitabile, atteso che, in caso di dubbio, si determina un obbligo di astensione dall’intervento, con l’espletamento di qualsiasi utile accertamento volto a conseguire la corretta conoscenza della legislazione vigente in materia».

    44 Corte cost. n. 63 del 2019.

  • TRACCIA 1 – ESTRATTA 27

     

    mente autodeterminato sulla base del pregresso (e per lui meno favorevole) panorama nor-mativo» 45. Il fondamento costituzionale di tale principio va rinvenuto nell’art. 3 Cost. «che impone, in linea di massima, di equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesi-mi fatti, a prescindere dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l’en-trata in vigore della norma che ha disposto l’abolitio criminis o la modifica mitigatrice» 46. Ciò in quanto, in via generale, «non sarebbe ragionevole punire (o continuare a punire più gravemente) una persona per un fatto che, secondo la legge posteriore, chiunque altro può impunemente commettere (o per il quale è prevista una pena più lieve)» 47.

    Sul piano convenzionale, la Corte Edu ha ritenuto, invece, che la sfera di garanzie coperte dall’art. 7 della Cedu includa, implicitamente, anche il principio di retroatti-vità della lex mitior, senza, però, che sia intaccato il valore del giudicato 48. Ne conse-gue che tale principio, sul piano interno, rinviene un fondamento anche nel comma 1 dell’art. 117 Cost., che impone il rispetto degli obblighi internazionali 49.

    Pur in presenza di tale duplice fondamento costituzionale, interno (art. 3) ed ester-no (art. 117, comma 1), la Corte Costituzionale ha puntualizzato che esso non ha ca-rattere assoluto, ben potendo il legislatore «introdurre deroghe o limitazioni alla sua operatività, quando siano sorrette da una valida giustificazione» 50.

    21.1. La nozione di pena e di materia penale

    Le garanzie convenzionali, sopra riportate, sono state estese dalla giurisprudenza europea, tra l’altro, anche a sanzioni formalmente amministrative ma sostanzialmen-te penali, facendo propria una nozione allargata di materia penale e di pena.

    In particolare, la Corte Edu ha elaborato propri e autonomi “criteri sostanziali” (cd. criteri Engel 51), al fine di stabilire la natura penale o meno di un illecito e della relativa sanzione.

    In particolare, sono stati individuati tre criteri, costituiti: i) dalla “qualificazione giuridica dell’illecito” nel diritto nazionale, con la puntualizzazione che la stessa non è vincolante quando si accerta la valenza “intrinsecamente penale” della misura; ii)

    45 Corte cost. n. 394 del 2006, richiamata da Corte cost. n. 63 del 2019, cit. 46 Corte cost. n. 394 del 2006, cit., richiamata da Corte cost. n. 63 del 2019, cit. 47 Corte cost. n. 236 del 2011, richiamata da Corte cost. n. 63 del 2019, cit. 48 Orientamento che si è consolidato a partire da Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 17 settembre

    2009, ric. n. 10249/03, cit.; si v. anche Corte cost. n. 230 del 2012 e n. 236 del 2011. Corte eur. dir. uomo, 12 gennaio 2016, Gouarré Patte c. Andorra, ric. n. 33427/2010, e 12 luglio 2016, Ruban c. Ucraina, ric. n. 8927/11, occupandosi del problema dell’applicabilità retroattiva di una norma penale più favorevole quando la condanna era già divenuta definitiva, ha affermato che l’eventuale cedevolezza del giudicato rispetto alla lex mitior è consentita in quanto prevista dall’ordinamento interno e non in quanto imposta dall’art. 7 Cedu.

    49 La Corte Costituzionale ha affermato che la giurisprudenza europea non avrebbe mai riferito l’appli-cazione di questo principio anche al caso di mutamenti giurisprudenziali favorevoli (Corte cost. n. 230 del 2012).

    50 Corte cost. n. 236 del 2011, cit. 51 Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, 8 giugno 1976, Engel e altri c. Bassi, par. 82.

  • 28 PROVA DI DIRITTO AMMINISTRATIVO

     

    dalla “natura dell’illecito”, desunta dall’ambito di applicazione, di carattere generale, della norma che lo prevede (deve essere rivolto alla generalità dei consociati) e dallo scopo perseguito, che deve essere non risarcitorio ma afflittivo; iii) dal “grado di seve-rità della sanzione” 52, che è determinato con riguardo alla pena massima prevista dalla legge applicabile e non di quella concretamente applicata.

    Questi criteri sono alternativi e non cumulativi. Nondimeno, la Corte Edu si è ri-servata la possibilità di adottare un approccio cumulativo qualora l’analisi separata di ciascun criterio non le consenta di pervenire ad una conclusione chiara quanto all’esi-stenza di una accusa in materia penale.

    22. Le sanzioni amministrative

    Occorre adesso verificare come tali qualificazioni incidano sul piano interno, ini-ziando l’analisi dalle sanzioni amministrative.

    Le sanzioni, irrogate dalla pubblica amministrazione nell’esercizio di funzioni am-ministrative, rappresentano la reazione dell’ordinamento alla violazione di un pre-cetto.

    L’orientamento interpretativo prevalente 53, valorizzando il profilo funzionale, di-stingue le sanzioni in senso lato dalle sanzioni in senso stretto: le prime hanno una finalità ripristinatoria, in forma specifica o per equivalente, dell’interesse pubblico leso dal comportamento antigiuridico [si v. le sanzioni edilizie, cap. 18, par. 19]; le seconde hanno una finalità afflittiva, essendo indirizzate a punire il responsabile dell’illecito allo scopo di assicurare obiettivi di prevenzione generale e speciale.

    Le principali tipologie di sanzioni in senso stretto sono pecuniarie, quando consi-stono nel pagamento di una somma di denaro, ovvero interdittive, quando impedi-scono l’esercizio di diritti o facoltà da parte del soggetto inadempiente.

    La disciplina generale delle sanzioni pecuniarie, modellata alla luce dei principi di matrice penalistica, è contenuta nella legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).

    La disciplina delle altre sanzioni è contenuta nelle singole discipline di settore, cui si applicano, ove compatibili, i principi generali sanciti dalla predetta legge.

    In questa prospettiva, anche una sanzione “formalmente amministrativa”, se ri-sponde al modello sopra delineato, dovrà considerarsi, agli effetti dell’applicazione del-le norme Cedu, come “sostanzialmente penale”.

    L’allargamento delle garanzie convenzionali, sostanziali e processuali, deriva dal-l’esigenza di evitare la cd. “truffa delle etichette”, scongiurando che lo Stato possa sottrarre un illecito all’applicazione delle norme sopra riportate attraverso l’espediente

    52 Corte eur. dir. uomo, 4 marzo 2014, ric. n. 18640/10, resa nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio 2009, ric. n. 1439/03, resa nella causa Zolotoukhine c. Russia; si v. anche Corte giust. un. eur., Grande sezione, 5 giugno 2012, C-489/10.

    53 Da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2017, n. 5420.

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    di qualificare quella condotta come non penalmente rilevante 54.

    22.1. Garanzie convenzionali sostanziali applicate alle sanzioni penali e ammi-nistrative afflittive

    È necessario accertare come operi l’estensione delle garanzie convenzionali, pro-cessuali e sostanziali, proprie del sistema penale “puro” al sistema amministrativo af-flittivo.

    Sul piano delle garanzie convenzionali sostanziali, i punti in comune e le differen-ze tra i due sistemi sono i seguenti.

    Con riferimento al principio di legalità, i corollari della prevedibilità e accessibili-tà sono estensibili all’intera “materia penale”, incluse le sanzioni.

    Il corollario afferente all’efficacia della legge penale nel tempo deve essere esami-nato distinguendo le leggi penali sfavorevoli e quelle favorevoli.

    In relazione alle prime, la Corte Costituzionale ha ritenuto estensibile a tutte le sanzioni di carattere punitivo il principio di irretroattività della legge penale più sfavo-revole 55.

    In questa prospettiva, l’art. 1 della legge n. 689 del 1981 – nella parte in cui di-spone che «nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione» – co-stituisce espressione di regole costituzionali.

    In relazione alle seconde, la principale diversità attiene all’operatività del principio di retroattività della legge penale più favorevole.

    In particolare,