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1 UNIVERSITÀ PER STRANIERI DI PERUGIA Master in didattica dell'italiano lingua non materna a.a. 2008-2009 Mamme magrebine e comunicazione con la scuola. Alcune proposte didattiche di Federica Aucone Relatrice Prof.ssa Fernanda Minuz

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UNIVERSITÀ PER STRANIERI DI PERUGIA

Master in didattica dell'italiano lingua non materna a.a. 2008-2009

Mamme magrebine e comunicazione con la scuola.

Alcune proposte didattiche

di

Federica Aucone

Relatrice Prof.ssa Fernanda Minuz

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Premessa

Nel lavoro proposto l’attenzione sarà focalizzata sulle donne immigrate in particolare su quelle che

sono giunte in Italia seguendo il percorso più “tradizionale” del ricongiungimento familiare. Si

tratta di una peculiare componente dell’immigrazione femminile, costituita in larga misura da

immigrate arabofone provenienti dai Paesi del Nordafrica. Queste donne, non inserite nel mercato

del lavoro, rimangono il più delle volte confinate nel ruolo di mogli e madri e sono destinate così

ad una situazione di marginalità rispetto al contesto italiano. Trattasi di una situazione che,

offrendo loro pochissime occasioni di interazione linguistica, le pone in una condizione

particolarmente svantaggiata rispetto all’acquisizione della L2. La competenza d’uso della lingua

nelle donne in questione è infatti estremamente limitata e il loro apprendimento dell’italiano è

quasi sempre spontaneo. Se facciamo riferimento alla tipologia di Hannerz (1992) sui modi di vita

urbana, le immigrate in questione apparterebbero al tipo dell’”incapsulamento”. La loro vita

sociale è “incapsulata” ossia è tutta racchiusa in un solo ambito con accesso limitato a quanto

accade all’esterno. “Quanto alle ripercussioni di tale tipologia sul vissuto linguistico, si può

ritenere che facilmente un immigrato "incapsulato" sviluppi varietà di apprendimento piuttosto

elementari, tendenzialmente pidginizzate”1. Inoltre è da rilevare che, per alcune di loro, la poca

conoscenza della lingua si sovrappone a una condizione di “analfabetismo funzionale” e si

intreccia con essa2. Le carenze linguistiche creano molte difficoltà alle donne immigrate dotate di

1 Hannerz (1992) distingue quattro tipi di modi di vita. L’incapsulamento:la vita sociale dell’individuo è “incapsulata” in un solo ambito; segregazione:gli ambiti in cui vive un individuo sono nettamente scissi fra loro e non comunicabili; isolamento: è la condizione, di norma transitoria, di un individuo con scarsi ruoli e legami, tipica dei primi momenti della migrazione quando l'individuo non ha un lavoro e spesso è privo di una rete amicale e di vicinato; integrazione: l'individuo possiede un repertorio di ruoli piuttosto ampio e mobile, con ambiti di vita comunicanti fra loro. “Quanto alle ripercussioni di tale tipologia sul vissuto linguistico, si può ritenere che facilmente un immigrato "incapsulato" sviluppi varietà di apprendimento piuttosto elementari, uno"isolato" riesca a conservare molto bene la L1, ma a fatica ottenga un input in L2 sufficiente per la sua acquisizione; nel caso di "divisione" di ruoli e ambiti, è plausibile che LI e L2, solitamente associate ad ambiti diversi, abbiano le condizioni più favorevoli per un mantenimento (di LI) ed uno sviluppo (di L2) relativamente autonomo uno dall'altro; in contesti "integrati" saranno invece più probabili comportamenti bilingui, con frequenti commutazioni di codice, prestiti, ibridismi (laddove l'immigrato si incontri con altri bilingui).”Chini, M., Il contesto della ricerca, in Chini, M. (a cura di), Plurilinguismno e immigrazione in Italia, F. Angeli, Milano, 2004, pp. 15-68 la citazione è a pp 22-23 2 Con il termine “analfabeta” non si fa riferimento solo a chi non sa scrivere e leggere. Ci sono 3 distinzioni dei termini: analfabeta primario cioè la persona a cui mancano le abilità tecniche per scrivere, leggere e far di conto, analfabeta funzionale cioè chi è incapace di partecipare alle attività in cui l’alfabetismo è necessario per il funzionamento efficace della loro comunità, e l’alfabeta multiplo che sa appropriarsi dei diversi alfabeti in uso nei flussi attuali di comunicazione, imparando perciò a “leggere” testi non necessariamente linguistici e padroneggia modalità di alfabetizzazione, legate ai diversi usi, funzioni sociali e spazi della scrittura nelle diverse comunità linguistico-culturali, nonché alla diversità delle lingue e delle culture. (cfr. Minuz, F. , Italiano L2 e alfabetizzazione in età adulta, Carocci, Roma, 2005).

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una insufficiente scolarità, sia quando devono svolgere funzioni sociali che richiedono l’utilizzo

della lingua scritta sia, e ancor più, quando nel ruolo di madri sono chiamate a partecipare a

funzioni sociali più complesse, fra le quali, per esempio, prendere parte al percorso educativo dei

figli interagendo con le insegnanti e con l’istituzione . Non a caso per molte donne immigrate lo

sviluppo della competenza d’uso della lingua seconda è legato ad un riappropriarsi della

condizione generatoriale perché questa permetterà loro di esercitare nella società ospite, e in L2, un

ruolo che la cultura di appartenenza ha loro assegnato e di ritornare a prendere parte al percorso

scolastico dei figli. In questo modo è data loro l’opportunità di trovare una rappresentazione di sé

definita e soddisfacente nella nuova società che le accoglie.

Alla luce di queste problematiche nella tesina saranno presentati dei percorsi didattici mirati allo

sviluppo delle abilità che possono aiutare le donne immigrate a comprendere testi informativi a

loro destinati e in cui sono riportate comunicazioni scolastiche. Ciò sarà fatto tenendo presente che

le difficoltà che questi testi presentano non sono solo di tipo linguistico ma anche socio-culturale,

il più delle volte, infatti, essi sono la rappresentazione indiretta di un sistema educativo estraneo e

quindi difficile da comprendere.

In particolare si lavorerà su un avviso scritto per i genitori si tratta di un testo autentico reperito in

una scuola dell’infanzia di Roma. I percorsi didattici proposti hanno l’obiettivo di preparare le

discenti a fronteggiare questo tipo di evento comunicativo e aiutare le mamme immigrate a

diventare sempre più “alfabete funzionali e multiple”, presenze forti e attive nel processo di

educazione dei figli.

Dopo una breve analisi delle peculiari caratteristiche dell’immigrazione femminile in Italia

seguiranno un’analisi dei bisogni linguistici e delle difficoltà delle donne del ricongiungimento e

un accenno ai percorsi formativi ad esse destinate. In conclusione verranno illustrate le proposte

didattiche.

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1. Immigrazione femminile in Italia: donne immigrate e mogli di immigrati

Nel nostro paese la realtà migratoria al femminile è una realtà significativa e importante non solo

per la sua rilevanza numerica (l’immigrazione attuale si caratterizza per una forte presenza

femminile che ha raggiunto quasi la metà degli immigrati, precisamente il 50,42%)3 ma in

particolar modo per la forma e la modalità che ha assunto nei diversi decenni. In Italia, a differenza

di ciò che è successo nei vari contesti europei, meta da più tempo dei flussi migratori, la

“femminilizzazione” dell’immigrazione è avvenuta nella prima fase del ciclo migratorio. Sono le

donne che per prime partono, sono le donne che costruiscono quella che viene definita la catena

migratoria. Possiamo individuare alcune tappe importanti nella storia dell’immigrazione femminile

nel nostro paese. Negli anni ‘70 fino alla metà degli anni 80 assistiamo all’arrivo delle “pioniere”,

delle prime donne giunte qui come collaboratrici domestiche. In questi anni arrivano

prevalentemente le donne dell’America Latina, del centro America, delle Filippine oltre alle donne

di Capo verde e dell’Eritrea. Nel decennio successivo, le donne continuano ad arrivare sia per

esigenze economiche e lavorative sia per bisogno di libertà e crescita culturale . In questo periodo

si viene delineando e rafforzando “un reticolo informale di sostegno e di aiuto all’immigrazione

femminile”4. Le donne immigrate in precedenza preparano e organizzano la partenza e

l’accoglienza delle parenti e amiche, che vanno ad occupare i posti di lavoro lasciati liberi dalle

“vecchie immigrate”5. Dalla metà degli anni novanta si intensifica l’arrivo delle donne del

ricongiungimento familiare che sono l’immagine “più tradizionale” dell’immigrazione femminile

quelle cioè giunte qui per ricongiungersi al coniuge precedentemente immigrato: le mogli, quelle

del ruolo tradizionale nell’emigrazione. Si tratta in questo caso di donne appartenenti soprattutto a

paesi arabi e a gruppi costituiti fino a quel momento solo da uomini. Contemporaneamente,

continua l'arrivo delle donne lavoratrici appartenenti a Paesi e a gruppi diversi.

3 ISTAT, La rilevazione sui bilanci demografici dei cittadini stranieri, in http://demo.istat.it,2008 4 Favaro G., Tognetti Bordogna M., Donne dal mondo. Strategie migratorie al femminile, Guerini & A. , Milano, 1991 5 Favaro G., Donne immigrate e formazione in www.educational.rai.it/ioparloitaliano/doc/donne_immigrate_e_formazione.rtf, 2006

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2. Difficoltà, timori e bisogni linguistici delle donne del ricongiungimento familiare

Il ricongiungimento familiare rappresenta un fatto sociale totale nella vita delle persone coinvolte

un vero e proprio “appuntamento esistenziale”6. Le donne straniere giunte in Italia per il

ricongiungimento familiare, prive dunque di un progetto migratorio che prevede l’inserimento nel

mercato del lavoro, restano il più delle volte confinate nei ruoli di mogli e madri. Nel paese

d'origine la loro vita relazionale era basata quasi sempre su una ricca rete di legami amicali e

parentali che permettevano loro di vivere il ruolo domestico serenamente e apertamente. In Italia la

scarsa padronanza della lingua comporta l'impossibilità di comunicazione con il contesto che le

circonda e fa sì che esse abbiano una limitata o addirittura una totale assenza di rapporti con la

popolazione italiana o di altra origine e talvolta con altre donne dello stesso gruppo etnico. Tutto

ciò le destina ad una condizione di isolamento nella maggior parte dei casi non scelta ma subita per

necessità. Il caso più significativo riguarda il ricongiungimento delle donne che provengono

dall'area nordafricana di cultura musulmana. La donna magrebina quando arriva in Italia si trova a

dover affrontare una serie di problemi. Primo fra tutti il venir meno della cosiddetta "famiglia

allargata femminile", che le permetteva nel paese d'emigrazione di uscire dall'ambiente domestico;

una possibile conseguenza di ciò è l’isolamento e l’“estraniamento" che non permette o rallenta la

ricostruzione di legami amicali e affettivi che possano sostenerla nei momenti critici

dell'esperienza d'inserimento nella società locale. Del resto la situazione diviene ancora più

difficile in presenza dei figli perché è proprio nell’educare i figli all’estero che le donne migranti

sono chiamate ad affrontare “una serie di situazioni di incontro e confronto con persone e

istituzioni del Paese di accoglienza che le costringono a elaborare, più o meno volontariamente e

consapevolmente, strategie di mediazione e dialogo tra diversità per loro inedite”7 Cruciale in

questo senso è il momento dell’inserimento dei figli a scuola. Emerge infatti “la necessità per le

madri immigrate di comprendere l’istituzione che hanno dinanzi, di decifrarne i criteri di

valutazione, di preparare il figlio all’ingresso” necessità questa che “impone loro uno sforzo

notevolissimo di mediazione tra codici, di disponibilità ad aprirsi a nuove forme

6 Demetrio D., Manuale di educazione degli adulti, Laterza, Roma-Bari, 2003 7 Tognetti Bordogna M., Le donne e i volti dell’immigrazione” 2003 reperibile in: ttp://www.women.it/ginger/index.php?option=com_remository&Itemid=41&func=startdown&id=166

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dell’apprendimento, a cimentarsi, a fianco dei figli, nel miglioramento del proprio italiano per

poter essere di maggiore aiuto ai figli stessi”. Del resto le difficoltà rimangono anche quando i figli

sono regolarmente inseriti a scuola. Infatti le mamme immigrate, prive degli strumenti linguistici

essenziali, hanno difficoltà a capire le comunicazioni ai genitori e ad avere un rapporto con gli

insegnanti. Il più delle volte gli unici “mediatori culturali” tra scuola e famiglia sono proprio i

ragazzini in età scolare. Il tutto si aggrava maggiormente se consideriamo le madri di bimbi piccoli

che frequentano la scuola dell’infanzia. L’incapacità di comprendere il percorso educativo dei figli

e ad esserne coinvolte porta una grande frustrazione e una totale crisi delle mamme immigrate

proprio rispetto al loro ruolo genitoriale.

3. L’apprendimento della lingua italiana

3.1 Modalità di apprendimento della lingua italiana

L’apprendimento dell’italiano da parte di questa tipologia di immigrate è quasi sempre spontaneo e

non guidato. Si sviluppa pian piano attraverso gli input linguistici colti nelle pochissime

interazioni quotidiane con gli autoctoni ma soprattutto attraverso la televisione che rappresenta la

fonte più accessibile di input linguistico. Fonte questa che non è nient’altro se non un interlocutore

virtuale che pretende solo un ascolto passivo ed esclude una interazione. Le donne immigrate

hanno quindi poca possibilità di esercitare la lingua, soprattutto quella parlata. L’interlingua

sviluppata da alcune di loro spesso si ferma alla fase prebasica relativa ai primi tentativi di

produzione della L2. Nella varietà prebasica la modalità comunicativa è essenzialmente

pragmatica, l’apprendente fa leva sul contesto situazionale e discorsivo, sulle conoscenze

condivise, si aiuta con gesti, e si affida molto alla collaborazione dei parlanti nativi. Le produzioni

linguistiche ruotano attorno ad alcune parole chiave, l’organizzazione della frase è di tipo

nominale, la morfologia è assente o del tutto casuale e la sintassi rudimentale.8 Emerge quindi un

bisogno formativo e la necessità di dargli una risposta che tenga conto, dei vincoli, dei bisogni e

dei desideri delle donne dell’immigrazione .

8 Alcuni autori (ad es. Bernini 1995a; Klein & Perdue 1992; Perdue 1996) distinguono fra una varietà “pre-basica” e una “varietà basica” : la seconda si differenzierebbe dalla prima per una maggiore ampiezza nel repertorio di avverbi che incorniciano gli eventi, per l’uso di strategie di costruzione di frase più variate e complesse e in generale per la presenza di principi organizzativi non solo pragmatici ma anche semantici e sintattici. Pallotti G. La seconda lingua, Bompiani, 1998.

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3.2 Percorsi formativi

Le donne immigrate, soprattutto quelle che hanno una famiglia e sono impegnate in lavori precari o

casalinghe, sono considerate un pubblico molto difficile da raggiungere. I ritmi imposti dal lavoro

domestico lasciano infatti alle donne lavoratrici pochi spazi di libertà e di tempo per sé da investire

in un percorso formativo. Anche la condizione di chi arriva come moglie di immigrato e mamma

difficilmente si può conciliare con i tempi dell’attività formativa . I corsi di formazione linguistica

destinati alle donne immigrate devono quindi essere pensati come interventi specifici e mirati che

tengano conto delle condizioni di vita e di lavoro delle donne e che facilitino loro l’accesso e la

frequenza. Ci sono molte esperienze di interventi ad hoc, un esempio su tutti un corso di

alfabetizzazione in lingua seconda realizzato da un CTP della zona appenninica9: la sede scelta per

il corso è la scuola frequentata dai figli delle donne, il corso si svolge di mattina (cosa non comune

nei centri di educazione per gli adulti) e prevede la possibilità di tenere in classe i figli più piccoli.

Spesso, infatti, la possibilità di portare con sé i figli è la conditio sine qua non per la partecipazione

delle mamme straniere ai corsi.

3.3 “La storia di Naima”: un percorso di apprendimento dell’italiano L2 per donne immigrate

Un interessante percorso di apprendimento dell’italiano L2 pensato e realizzato per le donne

immigrate è La storia di Naima10 di Graziella Favaro e Nella Papa. In forma di diario sono

raccontate vicende ed emozioni di Naima una donna nordafricana, arabofona, che si ricongiunge al

marito in Italia. Attraverso il racconto autobiografico vengono ripercorsi gli eventi cruciali e le

tappe di inserimento delle donne nel paese di accoglienza: il momento dell’arrivo, l’impatto con la

nuova realtà, i primi passi nella città da scoprire, gli eventi cruciali della gravidanza e del parto, la

festa per la nascita del figlio e le prime cure. Naima è un personaggio immaginario che racchiude

in sé i sogni, le paure e i desideri di molte donne immigrate. Il diario è bilingue, in italiano e in

arabo, la lingua è quella delle emozioni e dell’intimità. Nelle unità, sviluppate a partire dalle pagine

9 “ Le due principali motivazioni su cui hanno convenuto docenti e partecipanti ai corsi sono dal un lato il desiderio di comprendere la comunicazione fra scuola e famiglia e prendervi parte, dall’altro la percezione che l’essere analfabete e il non conoscere a sufficienza la lingua comporta nel nuovo ambiente sociale una condizione di svantaggio che si riflette non solo sulla donna analfabeta stessa, ma anche sulla sua relazione con i figli e le figlie e forse sui figli e le figlie stesse” Minuz F., Italiano L2 e alfabetizzazione in età adulta, Carocci, Roma, 2005 10 Favaro G., Migrazione femminile e racconto di sé, in Adultità n. 4/1996

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del diario, vengono presentate forme linguistiche da usare in una vasta gamma di situazioni e molte

informazioni utili sui servizi.

Qui di seguito riportiamo un esempio di unità didattica tratta dal testo “La storia di Naima”. Ciò

che si prende come riferimento in questo esempio non è la scelta dell’insegnamento bilingue

(scelta esclusa in questa tesina) ma l’approccio : basare il percorso di apprendimento insegnamento

a partire dall’esperienza personale degli apprendenti, dalla biografia, dal vissuto quotidiano.

Unità didattica tratta dal testo “La storia di Naima”

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4. Proposte didattiche

4.1 Destinatari e contesto delle attività proposte

Le attività sono rivolte ad una classe composta da immigrate magrebine scolarizzate di livello A2

(chi si trova a questo livello presenta una varietà li lingua successiva alla pre-basica di cui detto

sopra) che imparano l’italiano nel contesto di L2. Sono casalinghe e probabilmente usano la lingua

italiana nel dominio pubblico, nelle interazioni, scarse, con i negozianti, e iniziano ad usarla con

l’istituzione scolastica. Nel dominio privato cominciano ad utilizzare l’italiano come lingua tramite

con altre donne straniere e nelle interazioni con donne italiane. Come già precedentemente detto fra

i loro bisogni in questa tesina sarà data particolare attenzione a quello di seguire il percorso

educativo e scolastico dei figli attraverso la comunicazione con gli insegnanti e l'istituzione in

generale. Sarà presentato un avviso scritto (trovato in una scuola per l’infanzia di Roma) che ha lo

scopo di informare i genitori circa le attività scolastiche.

Verranno proposti alcuni percorsi didattici che mirano alla comprensione del testo scritto sia dal

punto di vista linguistico che socio-culturale.

4.2 Selezione delle fotografie. Alcune considerazioni.

Nella fase motivazionale saranno presentate alcune fotografie di animali. Nella scelta si è tenuto

conto dell’ambiente di provenienza dei destinatari proponendo anche tipologie di animali in essa

presenti ma non considerate dal Quadro Comune Europeo nella competenza lessicale di un A2. Si è

ritenuto opportuno procedere in questo modo per coinvolgere le studentesse e motivarle.

L’avvicinamento alla cultura italiana avviene a partire dalla realtà. L’avviso riguarda una gita ad

una fattoria didattica e tocca alcuni nodi culturali:

- il rapporto con la natura e gli animali in situazioni rurali e in situazioni urbane;

- le pedagogie (apprendere attraverso l’esperienza diretta).

Ecco perché la fase motivazionale solleva il rapporto infanzia (delle apprendenti) – animali; città –

campagna.

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